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L’INDUSTRIAL DESIGN Conoscenze • il rapporto tra forma e funzione nell’oggetto di design • l’evoluzione e le tendenze del design 1 E. Tornaghi, La forza dell’immagine e Il linguaggio dell’arte. Seconda edizione – © Loescher editore, 2010. 2b 2a 2 (a) Marcel Breuer, poltrona Vasilij, 1925-27 (prod. Knoll dal 1968); (b) Alessandro Mendini, redesign della poltrona Vasilij, 1978 (prod. Alchimia). Alla fine degli anni Settanta Mendini ridisegnò alcuni pezzi classici del design, sia perché era convinto che i progettisti non potessero più creare nulla di nuovo, sia per dimostrare che un banale intervento decorativo può conferire un diverso contenuto intellettuale a un oggetto. Si tratta quindi di un redesign particolare, diverso dal comune styling a scopo consumistico. 1 1 Achille e Pier Giacomo Castiglioni, lampada Snoopy, 1967 (prod. Flos). Che cos’è l’industrial design? Il termine «design», diffuso in Italia dalla metà del secolo scorso, è un’ab- breviazione dell’espressione inglese industrial design («disegno industria- le») che si riferisce alla progettazione di oggetti producibili industrial- mente, in serie (oggetti d’uso, mobili e complementi d’arredo, come lam- pade, elettrodomestici, utensili, mezzi di trasporto e così via). Tale proget- tazione appare incentrata sulla ricerca di una perfetta simbiosi tra for- ma e funzione, ossia di un’integrazione il più possibile efficace e armoni- ca tra aspetti tecnologico-funzionali e qualità estetico-formali. Per questo motivo non appartengono all’ambito del design prodotti industriali nella cui progettazione vengono studiati unicamente caratteri funzionali e tec- nici (ingranaggi di macchine, componenti di un motore o circuiti di un computer), ignorando quelli estetici. Allo stesso modo, non sono oggetti di design tutti quei prodotti in cui viene privilegiato l’aspetto estetico, di ri- cerca formale e volumetrica, senza tenere conto della funzionalità o di nuove soluzioni tecniche. Quando un oggetto già esistente viene solo “rivisitato” a livello estetico, sen- za apporti tecnici o funzionali significativi, si parla di redesign o styling, os- sia di un’operazione di «cosmesi» (così definita dal critico d’arte Gillo Dor- fles) tesa a rinnovare l’immagine dell’oggetto per incentivarne il consumo, non elaborando però un progetto nuovo (figg. 2a e 2b). Ciò avveniva, ad esempio, negli anni Trenta nel mercato delle automobili americane, in cui i nuovi modelli presentavano solo abbellimenti estetici della carrozzeria.

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L’INDUSTRIAL DESIGNConoscenze• il rapporto traforma e funzionenell’oggetto di design• l’evoluzione e le tendenze del design

1E. Tornaghi, La forza dell’immagine e Il linguaggio dell’arte. Seconda edizione – © Loescher editore, 2010.

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2 (a) Marcel Breuer,poltrona Vasilij, 1925-27(prod. Knoll dal 1968); (b) Alessandro Mendini,redesign della poltronaVasilij, 1978 (prod. Alchimia).Alla fine degli anni SettantaMendini ridisegnò alcunipezzi classici del design, sia perché era convinto che i progettisti nonpotessero più creare nulla di nuovo, sia per dimostrareche un banale interventodecorativo può conferire un diverso contenutointellettuale a un oggetto. Si tratta quindi di un redesign particolare, diverso dal comune stylinga scopo consumistico.

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1 Achille e Pier GiacomoCastiglioni, lampada Snoopy,1967 (prod. Flos).

Che cos’è l’industrial design? Il termine «design», diffuso in Italia dalla metà del secolo scorso, è un’ab-breviazione dell’espressione inglese industrial design («disegno industria-le») che si riferisce alla progettazione di oggetti producibili industrial-mente, in serie (oggetti d’uso, mobili e complementi d’arredo, come lam-pade, elettrodomestici, utensili, mezzi di trasporto e così via). Tale proget-tazione appare incentrata sulla ricerca di una perfetta simbiosi tra for-ma e funzione, ossia di un’integrazione il più possibile efficace e armoni-ca tra aspetti tecnologico-funzionali e qualità estetico-formali. Per questomotivo non appartengono all’ambito del design prodotti industriali nellacui progettazione vengono studiati unicamente caratteri funzionali e tec-nici (ingranaggi di macchine, componenti di un motore o circuiti di uncomputer), ignorando quelli estetici. Allo stesso modo, non sono oggetti didesign tutti quei prodotti in cui viene privilegiato l’aspetto estetico, di ri-cerca formale e volumetrica, senza tenere conto della funzionalità o dinuove soluzioni tecniche. Quando un oggetto già esistente viene solo “rivisitato” a livello estetico, sen-za apporti tecnici o funzionali significativi, si parla di redesign o styling, os-sia di un’operazione di «cosmesi» (così definita dal critico d’arte Gillo Dor-fles) tesa a rinnovare l’immagine dell’oggetto per incentivarne il consumo,non elaborando però un progetto nuovo (figg. 2a e 2b). Ciò avveniva, adesempio, negli anni Trenta nel mercato delle automobili americane, in cui inuovi modelli presentavano solo abbellimenti estetici della carrozzeria.

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E. Tornaghi, La forza dell’immagine e Il linguaggio dell’arte. Seconda edizione – © Loescher editore, 2010.

5 Jonathan Ive,amplificatore per bassefrequenze iSub, 1999 (prod. Harman Kardon).L’amplificatore iSub è a tutti gli effetti un elementod’arredo: costituito da un involucro dalla formaaccattivante e perfettamentetrasparente, lascia vedere gli elementi e i circuiti postial suo interno.

Il rapporto tra forma e funzione nell’oggetto di design L’autentico industrial design dovrebbe tendere a una sempre maggiore ef-ficacia del rapporto forma-funzione, non privilegiando uno solo dei dueaspetti ma valutandoli e sviluppandoli parallelamente nell’iter proget-tuale, in modo che risultino totalmente integrati nel prodotto finale. Ogniprogetto di design dovrebbe apportare un’innovazione o una modifica si-gnificativa, capace di elevare la qualità complessiva dell’oggetto – a livel-lo funzionale, estetico, materico, tecnologico – rispetto a prodotti prece-denti della stessa tipologia. Il rapporto tra forma e funzione può nondimeno essere concepito in mol-ti modi diversi: alcuni designer cercano di nascondere la struttura o le so-luzioni tecniche (meccanismi, ingranaggi o impianti elettrici) che deter-minano la funzionalità dell’oggetto, altri tendono invece a evidenziarle e avalorizzarle (fig. 5). Alcuni progetti si basano principalmente sulla ricerca di funzioni e proces-si produttivi avanzati, altri sullo studio di nuovi volumi e forme visivamen-te accattivanti o sull’utilizzo di materiali esaltati nelle loro peculiarità este-tiche e strutturali (texture, colore, proprietà fisiche e così via). Nel corso degli anni, si è inoltre sviluppata una crescente attenzione al-l’ergonomia, scienza applicata tesa a ottenere la massima funzionalità dioggetti, strumenti e macchine in rapporto alle modalità di utilizzo, quin-di alle proporzioni e alle caratteristiche anatomiche del corpo umano. Un rapporto ideale tra forma e funzione, però, vista anche la ricchezza del-le possibilità oggi offerte al progettista dal progresso tecnologico, si haquando esiste un perfetto equilibrio tra i due aspetti, ossia quando lescelte estetiche compiute sembrano conseguenti alla funzione e viceversa,senza prevaricazioni o forzature.

4 (a) Alberto Meda e Paolo Rizzatto, lampadada tavolo Fortebraccio, 1998(prod. Luceplan). Gli snodiconsentono la perfettamobilità della lampada e il suo orientamento (b).

3 Achille e Pier GiacomoCastiglioni, lampada da tavolo Taccia, 1962 (prod. Flos). La lampada, dal disegno estremamente

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elegante, nasconde nella base un faretto, la cui luce si diffonderiflettendosi sulla parteinterna del coperchio.

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Le origini dell’industrial design L’applicazione di ricerche estetico-formali proprie delle arti a oggetti funzio-nali, di utilizzo quotidiano, ha origini antiche: anche nel passato, infatti, mol-ti artisti si sono occupati dell’ideazione di oggetti comuni (arredi e suppellet-tili) che venivano prodotti artigianalmente. Nel XIX secolo, con l’avvento dell’industrializzazione, dopo una prima e lun-ga fase in cui i prodotti seriali abbinavano funzionalità e tecnologia a unascarsa qualità estetica, molti architetti e artisti cominciarono a dedicarsi al-la progettazione industriale, in alcuni casi sollecitati dagli imprenditori.L’industrial design nacque quindi dall’esigenza di elevare, soprattutto dalpunto di vista estetico, gli oggetti fabbricati in serie dall’industria al livellodi quelli, più pregevoli e costosi, prodotti dall’artigianato artistico. Dagli ultimi decenni dell’Ottocento, e per tutto il corso del Novecento, diver-si movimenti e scuole di arti applicate e design hanno dimostrato che è pos-sibile conferire all’oggetto industriale un alto valore formale. Partico-larmente significative appaiono, sul piano storico-artistico e tecnologico, leesperienze delle Arts & Crafts in Gran Bretagna e del Bauhaus in Germania.

Il movimento delle Arts & Crafts sorse in Inghilterra intorno al 1880 periniziativa di un gruppo di artisti e intellettuali, tra i quali William Morris.Dopo un primo periodo in cui rifiutarono la produzione industriale in se-rie, vista come distruzione della tradizione artigianale, essi affermarono lanecessità di porre rimedio alla mediocre qualità tecnica ed estetica degli og-getti prodotti industrialmente, e si impegnarono a tale scopo (figg. 6-8).

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6 William Morris, carta daparati Pimpernel, 1876. L’arte«del popolo per il popolo»promossa da Morris si ispiròinizialmente al Medioevo.

Il linearismo raffinato diquesta decorazione floreale,però, riflette già pienamentel’eleganza della nascente Art Nouveau.

8 Charles R. Ashbee, caraffacon montatura in argento,1901 (prod. Guild ofHandicraft). Il designer e architetto inglese fondò la School of Handicraft di Londra (1888) e fu uno

dei fondatori del movimentoArts & Crafts. In seguito,però, mutò le sue concezioni,anticipando l’ideologia«macchinista» che avrebbecaratterizzato il design a partire dagli anni Venti.

7 Christopher Dresser,portatoast, 1880 ca. Il portatoast in metalloargentato è estremamenteattuale nella concezione enella forma, pur risalendo a 130 anni fa. Dresser

fu un versatile creatore di oggetti innovativi, a voltegeometricamente rigorosi – anticipando tendenze future– a volte decorati in modovistoso ma elegante, secondoil gusto del suo tempo.

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Molto importante fu poi l’esperienza della scuola del Bauhaus. Essa fufondata in Germania da Walter Gropius nel 1919 e venne chiusa dal regi-me nazista nel 1933 per reprimere gli ideali democratici che l’animavano.Questa scuola, in cui insegnarono molti tra i più grandi artisti del tempo,si pose l’obiettivo di superare la distinzione tra arte, artigianato eproduzione industriale attraverso l’elaborazione di linguaggi nuovi el’interazione tra esperienza artistica, tecnologia industriale e studio dellapsicologia e della fisiologia umana. Uno degli scopi principali del Bauhausfu quello di ideare oggetti di qualità prodotti in serie, in cui avessero gran-de rilevanza gli aspetti di carattere estetico-artistico, la funzionalità e gliaspetti tecnologici relativi alla scelta dei materiali e ai costi dei processiproduttivi. Il design industriale assunse quindi un importante ruolo socia-le, in quanto mirava alla diffusione di oggetti esteticamente e funzional-mente validi ma il più possibile economici, al fine di elevare per tutti laqualità della vita. Gli ideali etico-sociali e le ricerche formali, strutturali,materiche e tecnologiche elaborate al Bauhaus ebbero fondamentali e pro-fonde conseguenze sulla storia del design: si proponeva infatti una nuovaconcezione dell’oggetto, la cui bellezza non coincideva più con la ricchez-za decorativa del costoso pezzo artigianale, ma con una purezza geometri-co-lineare strettamente legata all’efficacia funzionale e all’economicitàproduttiva (figg. 9-11).

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11 (a) Marianne Brandt,servizio da tè e caffè, 1924 (prod. Alessi); (b) Richard Sapper, bollitore,1983 (prod. Alessi). Il linguaggio della sintesiformale, della geometriapura, va oltre il mutare dei tempi e delle mode: lo dimostra l’analogiavolumetrica e materica tra il bollitore di Sapper per Alessi e il servizioprogettato al Bauhaus dallaBrandt sessant’anni prima.Quest’ultimo è stato infattirimesso in produzioneproprio da Alessi nel 1985,insieme ad altri celebri pezzidei designer del Bauhaus.

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9 Gunta Stolzl, arazzo,1927-28, lana su trama di lino, h. m 1,30 (prod. Bauhaus).

10 Marcel Breuer, sedia,1923 (prod. Bauhaus).L’intelaiatura è in legno,mentre la seduta e loschienale sono in tessuto.

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I princìpi del Bauhaus

da un volantino del Bauhaus scritto da Walter Gropius (1926)

Il Bauhaus vuol dare il suo contributo allo sviluppo contemporaneo del problemadell’alloggio, dal più semplice utensile domestico alla casa d’abitazione rifinita intutti i suoi particolari.Nella convinzione che tutto ciò che fa parte dell’arredamento e dell’utensileria do-mestica abbia una relazione con l’insieme, il Bauhaus si propone di determinare, at-traverso un lavoro sistematico di ricerca, teorico e pratico, nei campi formale, tecni-co ed economico, la forma di ogni oggetto sulla base delle sue funzioni e del suo con-dizionamento naturali. […]Perché un oggetto – un recipiente, una sedia, un’abitazione – possa funzionare inmodo appropriato bisogna innanzitutto indagarne la natura; esso deve infatti con-formarsi perfettamente alla sua finalità, cioè deve assolvere in modo pratico le suefunzioni, e dev’essere durevole, economico e «bello». […]Solo non perdendo mai di vista i progressi della tecnica e scoprendo nuovi materia-li e nuovi metodi di costruzione, l’individuo che si occupa della progettazione di nuo-ve forme acquista la capacità di stabilire una relazione viva tra gli oggetti e la tra-dizione e di sviluppare, a partire da questo punto, un nuovo atteggiamento verso latecnica:– risoluta accettazione dell’ambiente vivo delle macchine e dei veicoli;– figurazione organica degli oggetti sulla base della loro propria legge legata al pre-sente, senza abbellimenti romantici e stravaganze;– limitazione a forme e colori fondamentali tipici, comprensibili per chiunque;– semplicità nel molteplice, economia di spazio, materia, tempo e denaro. […]Le officine del Bauhaus sono essenzialmente laboratori in cui si realizzano e si per-fezionano continuamente modelli, tipici del nostro tempo, fino a renderli maturi perla produzione in serie. In questi laboratori il Bauhaus formerà un nuovo tipo, fino-ra inesistente, di collaboratori per l’industria e l’artigianato; questi uomini padro-neggeranno in ugual misura gli aspetti tecnici e quelli formali della produzione.

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12 Wilhelm Wagenfeld,lampada da tavolo, 1924 (prod. MDF).

La lampada è ancora un modello per il designdel settore.

13 (a e b) GustavHassenpflug, tavolopieghevole, 1928. Il tavolo chiuso ha una larghezza di soli9 cm. Esso dimostral’interesse dei designerdel Bauhaus per labellezza e la funzionalitàdegli oggetti.

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Il design contemporaneo Il design ha presentato molteplici concezioni nel corso della sua storia, inquanto è sempre stato profondamente legato al contesto storico, culturale,artistico, sociale e geografico di appartenenza, quindi al pensiero di proget-tisti e scuole differenti.

Negli Stati Uniti a partire dagli anni Trenta del Novecento si sviluppò unatendenza definita styling, che privilegiava lo studio dell’aspetto estetico de-gli oggetti, finalizzato prevalentemente all’incentivazione del consumo deiprodotti industriali.

Nei paesi scandinavi invece si sviluppò, sull’esempio delle ricerche dell’ar-chitetto finlandese Alvar Aalto, un design che puntava sull’uso di materia-li di origine naturale e sulla realizzazione di oggetti di facile utilizzo. Lafunzionalità non era l’unico obiettivo perseguito da Aalto e dagli altri desi-gner, poichè gli oggetti da loro realizzati con materiali tradizionali, come illegno o il vetro, dovevano anche essere in grado di soddisfare i bisogni psi-cologici dei loro utenti, risultando esteticamente piacevoli e “naturali” gra-zie alle loro forme curve e organiche (figg. 14 e 15). Essi si ponevano cosìin decisa polemica con l’approccio al design proposto dal Bauhaus, che perl’eccessivo rigore formale non era apprezzato dal grande pubblico.

Nel secondo dopoguerra in Germania, grazie soprattutto ai designer dellaScuola superiore di Progettazione di Ulm, diretta da Max Bill (formatosi al-la scuola del Bauhaus) e in seguito da Tomás Maldonado, fu ulteriormenteapprofondito il rapporto tra l’attività progettuale del designer e i processi diproduzione industriale. Le teorie elaborate a Ulm portarono alla definizio-ne di un linguaggio detto della «buona forma» (in tedesco gute Form), cheassunse un carattere internazionale. Tale linguaggio, che si basava su unacostante ricerca di praticità, razionalità, semplicità ed economicità, costituìanche il principio stilistico di base del Funzionalismo (fig. 16).

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15 Alvar Aalto, vaso Savoy,1936 (prod. littala). Per la forma di questo vaso Aalto si ispirò a un paesaggionaturale, a lui e ai suoi utenti molto familiare: il profilo delle coste finlandesi.

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14 Tapio Wirkkala, sedia,1955 (prod. Asko). Wirkkalaincideva personalmente i laminati per conferire loro una venatura simile a quella presentenaturalmente nel legno.

16 Jakob Jensen, giradischiBeogram 4000, 1972, (prod. Bang & Olufsen). 16

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18 Sergio Pininfarina,Testarossa, 1984 (prod. Ferrari). Il design di automobili, moto,biciclette, ma anche di altri mezzi di trasportoquali pullman, treni e barche rappresenta un settore molto vastodell’industrial design.

Generalmente gli oggetti progettati in ambito funzionalista furono carat-terizzati, oltre che da una qualità formale molto alta, da una notevole at-tenzione all’utilità pratica, da un discreto grado di sicurezza e di resi-stenza, da forme ergonomiche e da una chiara visualizzazione d’uso,che consentisse cioè di comprendere immediatamente come maneggiarlio utilizzarli. Secondo la teoria funzionalista, quindi, le funzioni dell’oggetto devono esse-re immediatamente evidenti e tradotte in forme caratterizzate da un elevatolivello di ordine geometrico, nel rispetto del principio irrinunciabile della«forma che segue la funzione»: tutto ciò che può essere considerato super-fluo o inutile rispetto alla pura funzione va eliminato (fig. 17).

Il caso italianoL’Italia assunse, a partire dal secondo dopoguerra, un ruolo di guida a livel-lo internazionale nell’ambito del design automobilistico con Nuccio Ber-tone e gli allievi Sergio Pininfarina (fig. 18) e Giorgetto Giugiaro, dellelampade e dei mobili con designer quali i fratelli Castiglioni, Joe Colombo,Vico Magistretti (fig. 19), Carlo Scarpa e Carlo Mollino, delle macchineper ufficio con Marcello Nizzoli (fig. 20) e Rodolfo Bonetto, solo per citarealcuni esempi.

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17 Hans Gugelot e Dieter Rams,radiogiradischi PhonosuperSK 4, 1956 (prod. Braun).Oltre al Phonosuper, anche molti altri oggettiprogettati da designer

funzionalisti venneroprodotti da Braun. Questaazienda tedesca, nata negli anni Venti, era moltoattenta a coniugareprogresso tecnologico,funzionalità ed estetica.

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19 Vico Magistretti,lampade Eclisse, 1967 (prod. Artemide). Il paralume può ruotare, lasciando a vistal’intera fonte luminosa ocoprendola progressivamentecome accade, appunto,nell’eclissi di sole o di luna.

20 Marcello Nizzoli, Lettera 22, 1950 (prod.Olivetti). Si tratta della prima macchina per scrivereportatile, da cui derivarono i modelli successivi:certamente funzionale, ma anche bella da vedere.

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21 Ettore Sottsass, libreria Carlton, 1981 (prod.Memphis). Questo mobiledivisorio in laminato plasticoappartiene a una serie di arredi molto costosi e certamente di nicchia. Il gruppo Memphis,movimento internazionale di arti applicate attivo anche

22 Alessandro Mendini,sedia Scivolando, 1983 (prod. Gavina per Alchimia).

Nel corso degli anni Settanta e Ottanta nacque il Radical Design, una ten-denza in contrasto con il design di stampo funzionalista, che proponeva ilrecupero della decorazione, delle tradizioni popolari e del kitsch (ter-mine comunemente usato come sinonimo di «cattivo gusto», che indicaanche oggetti sovraccarichi di elementi decorativi oppure che imitano ma-teriali e stili). I gruppi Archizoom Associati, Memphis (guidato da Ettore Sottsass) e Al-chimia (guidato da Alessandro Mendini) hanno in genere prodotto oggettiche rientrano in questa tendenza in cui, in linea con le ricerche postmoder-ne, l’ostentazione dell’originalità estetica e dell’aspetto ludico preval-gono sulla ricerca tecnica e sulla funzionalità (figg. 21-23). Tali gruppi, riconducibili al movimento dell’Anti-Design, hanno elabora-to oggetti usando nuovi linguaggi più liberi e fantasiosi, irrazionali edespressivi, assimilabili per alcuni aspetti a quelli delle arti figurative. Adesempio, alcuni dei loro progetti furono realizzati presso laboratori artigia-nali in pezzi unici o in un numero molto limitato di esemplari, e venneropoi venduti come opere d’arte a un pubblico elitario attraverso un circuitodi gallerie specializzate. Questi designer hanno quindi infranto i confini traarte e artigianato, svincolandosi dalla progettazione industriale e dalla fun-zione sociale comunemente attribuita al design.

23 Archizoom, spaziomodulare Safari, 1968 (prod. Poltronova).

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nella produzione, nacque a Milano nel 1981 da un’idea di Sottsass e di altridesigner, e propose unaconcezione antifunzionalistadel design. Nella libreriaCarlton il valore decorativodel laminato, materialepovero, viene valorizzatotramite colori e texture.

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Le tendenze degli ultimi anniIn ambito internazionale il design attuale si confronta con le rivoluziona-rie innovazioni operate dai grandi designer del Novecento allo scopo di su-perarle, coniugando alta tecnologia e materiali naturali o artificiali a unapluralità di funzioni e linguaggi formali. A dispetto della complessità del panorama più recente, si possono eviden-ziare due tendenze fondamentali: l’una di stampo funzionalista applicataa tutti i settori della produzione industriale (figg. 24 e 25), l’altra che dàgrande rilievo alle valenze estetiche ed espressive ed è applicata preva-lentemente ai mobili, agli oggetti d’arredamento e alle lampade. Quest’ulti-ma tendenza, i cui maggiori esponenti sono Ron Arad (fig. 26), PhilippeStarck (fig. 27) e Michael Graves, punta molto sugli aspetti psicologici deldesign creando oggetti dalle forme particolarmente “seducenti”.

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24 Norman Foster, tavolo Nomos, 1986-88(prod. Tecno).

25 Mario Bellini, sedia Cab,1976 (prod. Cassina).

26 Ron Arad, lampadaestensibile Ge-Off Sphere,della serie Not Made byHand, Not Made in China,2000 (prod. GalleryMourmans).

27 Philippe Starck, lampada da tavolo Arà, 1988 (prod. Flos).

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Con la crescente globalizzazione dell’economia di mercato, il design ha assun-to un ruolo sempre più rilevante nel consentire ai produttori di raggiungeremercati diversi con oggetti sempre più accattivanti e competitivi. Tale finalitàè esplicitamente dichiarata dallo studio Lunar Design di Palo Alto in Califor-nia: «Il nostro obiettivo è risolvere i problemi di marketing, mettendo in con-tatto marchi, tecnologia e consumatori in modi innovativi e coinvolgenti». Il design oggi è arrivato a comprendere una tale gamma di prodotti, tenden-ze, idee e tecnologie da condizionare la nostra esperienza del mondo e lapercezione che abbiamo dell’ambiente. I grandi designer dei nostri giorni sono dunque coloro che hanno la capaci-tà di intuire i bisogni della gente: essi lavorano al fine di migliorare la qua-lità della vita attraverso la progettazione di soluzioni innovative, che tal-volta trascendono la natura e la forma tradizionale degli oggetti. Il design attuale presenta così tipologie oggettuali assolutamente nuove eoriginali. Sono sempre più numerosi, ad esempio, mobili e oggetti multi-funzionali e trasformabili, ideati per gli spazi ridotti dell’abitare attuale:essi rappresentano nuove tipologie ibride capaci di fondere più funzioni di-verse in un unico oggetto o elemento d’arredo (figg. 29 e 30).

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29 Shin e Tomoko Azumi,sedia trasformabile in tavolino, 1998 (prod. Shin + Tomoko Azumi).

30 Lorenzo Damiani,Cometumivuoi, 2003. Il tavolo e le panchepossono essere rapidamenteassemblati per formare undivano: rovesciando il tavolosi ottengono lo schienale e i braccioli; le panche si uniscono e formano la seduta: dentro una di essesono contenuti dei cuscini. Il rivestimento di questimobili dalla duplice funzioneè in spalmato poliuretanicozigrinato ed è perfettamentelavabile.

28 Lunar Design, luce notturna Glimo, 1999.28

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32 Ron Arad, Lolita, 2004(prod. Swarovski). Questolampadario è formato da più di mille LED che si illuminano formando il testo degli SMS inviati

dai telefoni cellulari: le parole, ricevute da un dispositivo elettronico, si formano alla sommità perscendere lentamente lungola spirale formata dalle luci.

31 Werner Aisslinger, sedia e sgabello Soft Cell, 2000 (serielimitata). Le sedute sono realizzate in gel di poliuretano.

Nuovi materiali e tecnologie innovative Una delle principali ragioni della continua innovazione che caratterizza ildesign degli ultimi anni è la sempre maggior disponibilità di materiali dinuova elaborazione forniti, in buona parte, dalla ricerca in ambito scienti-fico. Possono così essere usati materiali con caratteristiche talmente nuoveda disorientare la nostra percezione come, per fare qualche esempio, le cera-miche flessibili, le plastiche in grado di emettere luce, le schiume di metalloo il cemento talmente leggero da poter “galleggiare” nell’acqua. La complessità del lavoro progettuale, nel lungo e spesso difficile iter checonduce dall’idea alla produzione effettiva, oggi si accompagna quindi aun’offerta sempre più ampia di tecnologie sofisticate e di materiali, che con-sentono la realizzazione, un tempo impensabile, di progetti dotati di carat-teristiche estetiche e funzionali originali e innovative. Ad esempio, i gel dipoliuretano, come il TechnoGel, il Levagel e l’Ergogel, utilizzati in campomedico per i teli dei tavoli operatori, per i cuscini antidecubito e per i dispo-sitivi ortopedici (ginocchiere, cavigliere e così via), sono stati impiegati di re-cente anche nel design per realizzare sedili o braccioli morbidi ed ergonomi-ci (fig. 31).

Anche nel vasto ambito dell’illuminazione le sperimentazioni sono infinite, alivello sia formale che materiale. Recente è l’utilizzo dei LED (Light Emitting Dio-de, dispositivi elettronici in grado di visualizzare informazioni digitali sottoforma di caratteri luminosi) nella creazione di lampade innovative (fig. 32).

I materiali tradizionali come stoffe, rafia, giunco, metalli, cartone (per mobi-li da montaggio fai da te) e legno possono essere lavorati e impiegati in mo-do innovativo (fig. 33). Ad esempio, alcuni giovani designer hanno recente-mente utilizzato in modo sperimentale il coverflex strutturale: pannelli dilegno opportunamente fresati e quindi dolcemente curvati per ottenere di-versi elementi d’arredo.

Trasparenza, adattabilità, leggerezza unita a resistenza, uniformità e uso dimateriali prima inutilizzabili sono qualità spesso consentite da nuovi pro-cessi di lavorazione e produzione.

33 Frank O. Gehry, poltrona Little Beaver, 1980(prod. Vitra). Con la seriedenominata ExperimentalEdges, Gehry ha sperimentatole potenzialità del cartoneondulato nella progettazionedi arredi. Tale serie è stataprodotta in edizione limitata.

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34 Ron Arad, poltroncinaMT3, 2005 (prod. Driade).

35 Singgih Kartono,Wooden Radio, 2009 (prod. Magno). Questa radio è stata realizzata dal designer affiancato da trenta artigiani in un piccolo villaggiodell'Indonesia. Il legnoutilizzato per produrla èstato scelto nelle immediatevicinanze del villaggio e gli alberi abbattuti sonostati sistematicamentesostituiti da nuove piante.

36 Pia Wallén, pantofole in feltro, 1992 (prod. Cappellini). La tecnica per ottenere il feltro è il modo più antico di lavorare le fibre tessili. Pia Wallén ha volutorealizzare così degli oggettiche unissero il nuovo designa una tradizione “povera”che per molto tempo ha rappresentatoun’indispensabile risorsa per l’uomo.

L’influenza delle nuove tecnologie informatiche, applicate sia alla pro-gettazione con i software CAD (Computer Aided Design) sia alla produzionecon i software CAM (Computer Aided Manufacturing), ha consentito di creareoggetti altamente innovativi, multifunzionali, dalle forme complesse o mi-niaturizzati. Tali tecnologie permettono anche l’automazione del percorsoche conduce dall’ideazione allo stampaggio: i progetti, elaborati al compu-ter, viaggiano in rete e vengono direttamente tradotti in modelli in resinatramite i recenti processi di rapid prototyping (RP) o «prototipazione rapida».Da qui possono passare alla fabbricazione, consentendo un continuo e ve-loce scambio di informazioni. Internet ha così contribuito a facilitare la diffusione di ricerche e la realiz-zazione di prototipi riducendo i tempi necessari alla progettazione e i costidella messa in produzione.

Anche nella realizzazione effettiva dei prodotti sono state sviluppate nuo-ve tecniche. Un esempio è il rotomoulding, o «stampaggio rotazionale», gra-zie al quale si ottengono corpi cavi in plastica (fig. 34). In precedenza nonesistevano soluzioni adeguate per realizzare oggetti di questo tipo.

Tutti i progressi e le sperimentazioni riguardano sia la ricerca di innovazio-ni tecnologico-produttive, materiche, ma anche formali e funzionali, inrapporto a nuovi stili di vita.

La nascita di un’etica del design Alcuni designer stanno promuovendo da qualche anno l’uso della tecnologiafinalizzato alla realizzazione di oggetti semplici che tengano conto delle rea-li necessità umane, rivalutando l’uso di materiali naturali e processi pro-duttivi a bassa tecnologia o comunque a basso impatto ambientale. Le ricerche più all’avanguardia nell’ambito del design sono attualmenteproprio quelle che considerano ogni singola idea valutando attentamentetutte le conseguenze della sua realizzazione in termini di risorse energeti-che, di materiali, di processi di produzione, di gestione degli scarti e riduzio-ne degli imballaggi, fino alla valutazione delle modalità di riciclaggio edeliminazione dell’oggetto dopo l’uso. Il compito del designer contemporaneo sarebbe quindi quello di indirizza-re i consumatori verso linee di prodotti sostenibili e in grado di risponderecon semplicità ai bisogni reali della società (figg. 35 e 36). Dalla consapevo-lezza che i designer dimostrano per le conseguenze delle loro scelte è nataun’etica del design, che molto probabilmente influenzerà il futuro dellaprogettazione industriale.

L’INDUSTRIAL DESIGN

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Il lavoro del designer L’industrial designer, comunemente abbreviato in «designer» (da non con-fondere con il visual o il WEB designer, che operano nel settore grafico emultimediale), è un progettista di oggetti d’uso, mobili e suppellettili desti-nati alla produzione industriale, laureato in architettura o in disegno indu-striale. Anche molti creatori di oggetti formalmente ricercati si autodefini-scono designer, benché siano in realtà degli artigiani-artisti. L’industrial designer è quindi l’ideatore del progetto di cui elabora la formain rapporto alla funzione, studiando inoltre nuove soluzioni di carattere tec-nico, sperimentando nuovi materiali e metodi produttivi, generalmente conl’ausilio di uno staff di collaboratori: assistenti progettisti, disegnatori ese-cutivisti, prototipisti, tecnici specializzati e ingegneri per consulenze speci-fiche, e addirittura esperti di marketing se progetta per grandi aziende. Talelavoro di équipe è finalizzato a raggiungere il miglior esito funzionale,estetico e commerciale, contenendo il più possibile i costi e favorendo co-sì la diffusione dell’oggetto a un’utenza più ampia possibile – a meno chenon si voglia ottenere un prodotto di élite destinato a pochi fruitori moltoabbienti, come spesso accade per un certo design d’avanguardia (fig. 37). Sitratta quindi di un lavoro svolto analizzando e sviluppando contemporanea-mente diversi aspetti, in modo che nessuno prevalga a scapito di un altrocompromettendo la qualità globale e la fattibilità del progetto.

L’idea iniziale (il concept) nasce generalmente dall’osservazione attenta del-la realtà e dalla conoscenza dei molteplici fattori che contribuiscono allarealizzazione del progetto. Infatti, pur potendosi esprimere liberamente at-traverso scelte formali, materiche e tecniche, il designer – a differenza del-l’artista – deve tener conto di numerosi vincoli, ponendo in primo piano lafunzionalità, la scelta dei materiali più idonei in rapporto alle tecnologiedisponibili per la produzione e l’assemblaggio, i costi, l’aspetto ecologico, iltutto in base alle esigenze del committente e dei futuri fruitori. Ogni ogget-to nasce quindi solo dopo un’approfondita analisi dell’esistente e dellenuove possibili richieste del mercato, con un costante aggiornamentorelativo alle ricerche già in atto nei diversi ambiti inerenti allo sviluppo delprogetto.

E. Tornaghi, La forza dell’immagine e Il linguaggio dell’arte. Seconda edizione – © Loescher editore, 2010.

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37 Ettore Sottsass, vaso Senza Spiegazioni, dalla serie RuinsCollection, 1992 (prod. Design Gallery Milano).

38 (a) Philippe Starck,studio progettuale per lo spremiagrumi Juicy Salif,1988, e (b) l’oggettorealizzato, 1990 (prod. Alessi). Il celebredesigner francese, le cuiopere dalle forme sinuose e accattivanti sono le più prodotte nel mondo, è riuscito a rinnovare unatipologia molto tradizionale:lo spremiagrumi, primastrumento esclusivamentefunzionale, è infatti divenutoun oggetto bello da esibire,per la forma originalissima e le proporzioni slanciate. Si noti che lo studio graficopresenta una varianterispetto all’oggettodefinitivo.

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ANTI-DESIGN:vedi p. 8

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Nella progettazione l’idea viene progressivamente elaborata, dapprima conschizzi grafici, poi tramite disegni più definiti o con la creazione di un pri-mo modello di studio tridimensionale. Si tratta di fasi importanti, che con-sentono di sperimentare, apportando continue correzioni e modifiche, lavalidità e l’effettiva realizzabilità del progetto.

La progettazione trova ulteriore sviluppo nell’esecuzione di disegni tecnicidefinitivi in scala, svolti ancora a mano dai grandi designer del secolo scor-so (fig. 39), ma ormai da tempo eseguiti a computer tramite CAD e program-mi di modellazione solida. Tali software vengono costantemente rinnovati,per simulare sempre meglio la struttura del futuro oggetto e studiarne neiminimi dettagli l’aspetto volumetrico, materico e cromatico (fig. 40). Conil computer è possibile evidenziare e risolvere problemi in modo rapido edeconomico prima di procedere alla realizzazione dei diversi prototipi che,valutati e progressivamente corretti, conducono al prototipo definitivo, or-mai molto simile al prodotto finale. Se tutto funziona, una volta testate le reali caratteristiche del progetto, sipassa alla produzione, quindi alla distribuzione e alla vendita.

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40 Due schermate delsoftware di progettazioneCATIA (Computer Aided Three-dimensional InteractiveApplication). Nella figura a èpossibile vedere il passaggiodalle proiezioni ortogonaliall’automobiletridimensionale; nella figura buna parte di un apparecchiofotografico viene elaborata,mentre l’oggetto intero è visibile da un altro punto di vista. Il CATIA è statosviluppato dalla softwarehousefrancese Dessault Systèmesed è distribuito da IBM.

39 Achille Castiglioni,disegno della poltronaSanluca, 1960. Il designer ha studiato i vari pezzi che costituiscono la poltronae il loro assemblaggio.

L’INDUSTRIAL DESIGN

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L’evoluzione storica di un oggetto di design:la sedia Così affermava nel 1953 il designer George Nelson: «Tutte le idee profonda-mente originali, tutte le rivoluzioni in materia di design, tutte le sperimen-tazioni di materiali nuovi, tutte le innovazioni tecnologiche relative allaproduzione di mobili, hanno trovato la loro espressione più compiuta nel-la sedia». In questo modo egli sintetizzava un dato importante: l’evoluzio-ne tecnologica ed estetica che caratterizza l’industrial design si riflette pie-namente in quella della sedia, elemento d’arredo con cui si sono misuratitutti i maggiori designer.

Un progetto complesso nella sua semplicità Nella sua apparente semplicità, la sedia deve rispondere efficacemente anumerose esigenze funzionali: anzitutto il riposo del corpo, ma anche lapossibilità di mangiare, leggere, scrivere, lavorare o aspettare comodamen-te. Deve garantire una postura corretta e quindi essere ergonomica; deveavere un’altezza «standard», ossia adatta a una persona di statura media,permettendo di poggiare i piedi a terra e di scaricare il peso sulle ossa delbacino e delle gambe. Molte persone trascorrono gran parte della giornatasedute, perciò un’unica sedia deve consentire di variare spesso la posizionedel corpo, assumendo molteplici posture.

È inoltre importante il significato simbolico della sedia, concepita comeespressione di uno status sociale, di potere (la sedia del “capo”, ad esempio,è una poltrona girevole imponente e comoda, lussuosa e costosa, diversadalle sedie dei normali impiegati).

Infine, ha grande rilievo la scelta del materiale: le sedie massicce e pesan-ti del passato non esistono più, lo sviluppo tecnologico ha consentito l’ela-borazione e l’utilizzo di materiali nuovi sempre più leggeri, più adatti allafabbricazione in serie, e quindi meno costosi. Quest’ultimo aspetto apparefondamentale per l’autentico industrial design, che ricerca nella progetta-zione dell’oggetto caratteristiche che consentano una produzione indu-striale sempre più elevata, con costi minori e la conseguente diffusione aun’utenza sempre più vasta.

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42 (a) Konstantin Grcic,sedia da ufficio 360°, 2009(prod. Magis) e (b) schizziche mostrano gli elementiprincipali della sedia. La sediapuò ruotare di 360° e ci si può sedere sopra in tutte le direzioni. Alle accuse discarsa sensibilità all’ambiente(la seduta è in poliuretanonon riciclabile), scarsaergonomicità ed eccessivoformalismo, il designer ha replicato che era suaintenzione ideare «una cosa su cui sedersi», grazie a cui potersi girare in ognidirezione e da cui alzarsirapidamente per cambiarescrivania. Grcic ha creato la360° in pochi esemplari peracquirenti attenti all’aspettoformale degli oggetti.

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41 Shigeru Ban, sediamodulare 1 Unit System,2007 (prod. Artek). Questasedia è formata da 10moduli a «L»: orientandoverso il basso una delle aste si ottengono una parte della seduta e unagamba; ruotandola verso

l’alto si ha un altro pezzodella seduta e una partedello schienale.Aggiungendo elementi si crea una panca conschienale; tenendo tutti i moduli rivolti verso il bassosi ottiene uno sgabello conmolte gambe ravvicinate.

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Le sedie risalenti al XIX secolo spesso non risentivanoancora delle esigenze di standardizzazione per la fab-bricazione industriale: molte creazioni di esponentidell’Art Nouveau, ad esempio, sono opere artistico-artigianali caratterizzate da forme sinuose e deco-razioni che esprimono appieno l’elegante lineari-smo di quello stile.

Nei primi anni del Novecento il design cominciò aconiugare efficacemente estetica, funzionalità e rea-lizzazione seriale. A questo proposito sono molto si-gnificative le sedie di Charles R. Mackintosh, chepropongono forme geometriche basate su lineeortogonali, presenti anche in molte sedie e poltronedi progettisti coevi, tra cui alcune del celebre archi-tetto Frank Lloyd Wright.

Charles Rennie Mackintosh

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44 Arthur Heygate Mackmurdo, sedia,1882-83 (prod. Goodall & Co. per CenturyGuild). La sedia disegnata dall’artista èancora concepita come un prezioso pezzoartigianale: lo schienale, in legno scurointagliato, presenta i raffinati linearismidecorativi d’ispirazione vegetale che caratterizzarono l’Art Nouveau.

45 Charles Rennie Mackintosh, Hill House, 1904 (prod. A. Martin). Pur risalendo a più di un secolo fa, questasedia appare ancora attuale, in quantofondata su un rigore geometrico senzatempo. L’alto schienale e le linee ortogonali,che a volte formano grate poste comediaframmi spaziali, caratterizzano moltesedie di Mackintosh, influenzato anchedall’arte e dall’artigianato giapponesi.

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Risalgono alla seconda metà del XIX secolo i capola-vori di Michael Thonet, tra i quali la sedia Modellon. 14 (1859). Frutto di una lunga sperimentazionesulla curvatura del legno massello, la n. 14 presen-ta una sintesi formale tesa a facilitare la produzionein serie che continua tutt’oggi.

Michael Thonet

43 Michael Thonet, Modello n. 14, 1859(prod. Thonet). Capolavoro tra le celebrisedie Thonet, la n. 14 evidenzia linee curveed eleganti tipiche del gusto dell’epoca,unite però a un’inedita essenzialità formalevolta alla produzione industriale: nel 1930ne erano già stati venduti 50 milioni di esemplari in tutto il mondo.

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La sedia dall’Ottocento a oggiAnche se alcune sedie rinascimentali, o addirittura medievali, appaiono giàmoderne nella concezione, l’evoluzione estetica e tecnologica della sediasubì una svolta radicale soprattutto a partire dal tardo Ottocento, con l’av-vento dell’industrializzazione e dell’industrial design.

Arthur Heygate Mackmurdo

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L’INDUSTRIAL DESIGN

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Il limite massimo del processo di sintesi formale ap-pare in alcune sedie progettate da Gerrit Rietveld,esponente del Neoplasticismo olandese, il movi-mento artistico che, sorto nel 1917, aveva sviluppatoun linguaggio fondato sull’espressività delle formegeometriche pure. Nella sedia Zig-Zag (1932-34) Riet-veld introdusse la linea obliqua per risolvere il pro-blema della tensione tra linee verticali e orizzontali(le uniche ammesse dal pittore Piet Mondrian, ilmassimo esponente del movimento neoplasticista).

Gerrit Rietveld

Negli anni Trenta furono fondamentali le creazionidi Alvar Aalto, che nel Modello n. 31 (1931-32), per laprima volta, utilizzò un laminato per realizzare unastruttura basculante. Inoltre, ricorrendo a laminatodi betulla, betulla massello curvata e compensatocurvato laccato per la seduta, egli ottenne una nuovaomogeneità materica.

Alvar Aalto

47 Gerrit Rietveld, Zig-Zag, 1932-34 (prod. Cassina). Il modello più semplice di questa sedia, che presenta una sintesiformale e lineare estrema, è in rovere con guarnizioni in rame. Ne seguironoversioni colorate.

48 Alvar Aalto,Modello n. 31, 1931-32(prod. Artek). Tra i numerosi modelli di sedie progettati dal designer finlandese,questo è il piùrivoluzionario eformalmente elegante.

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Con le ricerche sperimentali dei maestri del Bauhausdivenne centrale l’esigenza di progettare sedie capacidi unire sintesi lineare e massima funzionalità.Esse, inoltre, dovevano essere tecnologicamente in-novative e concepite per una produzione in serie chene consentisse la massima diffusione a basso costo. Aquesto proposito sono da segnalare i progetti di Wal-ter Gropius, Mies Van der Rohe e soprattutto le sediee poltrone di Marcel Breuer. In pochi decenni, con ilBauhaus, il gusto mutò radicalmente a favore diun’essenzialità lineare geometrica e rigorosa.

Marcel Breuer e il Bauhaus

46 Marcel Breuer, Cesca, 1928 (prod. Gavina). Tra le sedie di Breuer,basate su una decisa sintesi formale,questa è sicuramente una delle più celebri.Oltre al linguaggio formale e aiprocedimenti di fabbricazione, appaionoinnovativi l’utilizzo dell’acciaio tubolarecurvato per la struttura e della paglia di Vienna per la seduta e lo schienale, che sono ergonomici perché non rigidi,quindi adattabili alla posizione assunta.

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Tra gli anni Cinquanta e Sessanta emerse sempre piùl’eccezionale qualità del design italiano, anchegrazie alle sperimentazioni dei fratelli Castiglioni, lecui opere sono ancora molto diffuse perché innova-tive. Alcune delle loro soluzioni erano talmente radi-cali da venire prodotte quasi trent’anni dopo.

Achille e Pier Giacomo Castiglioni

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Il designer finlandese Eero Saarinen, alla metà deglianni Cinquanta, sviluppò la ricerca di un’unica for-ma in un solo materiale, eliminando al contempola «confusione di gambe» tipica delle sedie tradizio-nali, con il Tulip Pedestal Group, elementi d’arredosorretti da un’unica gamba centrale. Tale serie, checomprende anche tavoli e poltroncine, è di gusto at-tualissimo e ancora in produzione.

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E. Tornaghi, La forza dell’immagine e Il linguaggio dell’arte. Seconda edizione – © Loescher editore, 2010.

50 Eero Saarinen, Tulip, Modello n. 150,1955-56 (prod. Knoll). La base delle sedia è in alluminio rivestito di plastica, la sedutaè in fibra di vetro e il cuscino in schiuma di lattice. Come si evince dal nome, le forme convesse e avvolgenti della sedia si ispirano a quelle di un fiore: il tulipano.

51 Achille e Pier Giacomo Castiglioni,Sella, 1957 (prod. Zanotta dal 1983). Si tratta di un ironico ready-made, ispiratoa quelli del celebre artista Marcel Duchampe realizzato assemblando un sellino di bicicletta da corsa, uno stelo in acciaiotubolare dipinto e una base in ferro; un analogo ready-made fu compiuto con un sedile da trattore. Il progettoapparve decisamente troppoall’avanguardia per l’epoca e fu prodotto solo negli anni Ottanta.

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Se il legno curvato era ormai impiegato diffusamen-te con straordinaria libertà, la rivoluzionaria sediaLCW (1945) dei coniugi inglesi Charles e Ray Eames èl’esito di lunghe ricerche finalizzate a trovare un me-todo efficace ed economico di stampaggio del com-pensato. Gli Eames, instancabili sperimentatori dimateriali diversi, giunsero così a elaborare sedie co-stituite da forme curve continue in compensato,in fibra di vetro e in poliestere, tra le prime ad essererealmente prodotte in serie, quindi antesignane del-le numerosissime sedie successive in materiale pla-stico realizzate mediante stampaggio.

Charles e Ray Eames

49 Charles e Ray Eames,LCW (Lounge Chair Wood),1945 (prod. Evans e H. Miller). La struttura della sedia è in compensatocurvato, la seduta e lo schienale hannoun’impiallacciatura inbetulla, le sospensioni sonoin caucciù. Le numerosesperimentazioni di forme e di materiali diversicondotte dagli Eames furono fondamentali per la successiva evoluzione del design.

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Eero Saarinen

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Una delle sedie più economiche mai prodotte e dienorme diffusione si deve a Robin Day: nel modelloPolyprop (1962-63), ispirato alle sedie in plastica degliEames, seduta e schienale sono realizzati con un pez-zo unico di polipropilene, materiale plastico leggero,resistente, poco costoso e all’epoca innovativo, lavo-rato tramite stampaggio a iniezione. Con un unicostampo si potevano fabbricare 4000 sedie alla setti-mana, ottenendo così un vero e proprio prodotto dimassa. Anche prima della diffusione delle nuovetecniche di stampaggio, Day voleva creare progettiqualitativamente elevati, ma di costo contenuto. Inseguito elaborò diversi modelli concettualmente si-mili a Polyprop.

Robin Day

Negli anni Sessanta e Settanta il design si contraddi-stinse per forme curvilinee, volumi tondeggianti, co-lori vivaci e sperimentazioni decisive, soprattutto re-lative a nuovi materiali plastici (poliestere, schiu-ma di poliuretano e così via). Basti pensare agli origi-nalissimi oggetti di Joe Colombo, che con la rivolu-zionaria Tube (1969-70), sistema di tubi componibilia piacere, realizzò uno dei primi progetti che preve-deva l’intervento del fruitore nella creazione del mo-bile. È significativo che, analogamente, alcune ten-denze artistiche degli anni Sessanta sollecitassero lapartecipazione dello spettatore nell’opera d’arte.

Joe Colombo

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19E. Tornaghi, La forza dell’immagine e Il linguaggio dell’arte. Seconda edizione – © Loescher editore, 2010.

53 Robin Day, Polyprop, 1962-63 (prod. Hille & Co.). Seduta e schienalesono in polipropilene lavorato tramitestampaggio a iniezione, la base è in acciaiotubolare smaltato e curvato. Prodotta a Londra dal 1963 a oggi, è stata venduta in oltre 13 milioni di esemplari.

54 Joe Colombo, Tube, 1969-70 (prod. Flexform). Tube è un sistema componibiledi cilindri semirigidi in

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Risale al 1957 il capolavoro – ancora oggi in produ-zione – realizzato dal celebre architetto Gio Ponti: lasedia Superleggera. Definita dal suo autore «normale,semplice» nella forma, e ispirata alla tipologia tra-dizionale della sedia italiana, è considerata inve-ce da molti «la sedia per eccellenza». Per testarne laresistenza fu gettata dal quarto piano, e rimase intat-ta pur essendo molto leggera.

Gio Ponti

52 Gio Ponti, Superleggera, 1957 (prod. Cassina). La struttura è in frassino(naturale o verniciato, nero o bianco), la seduta in giunco intrecciato. Pur essendo leggerissima è moltoresistente, e tali caratteristiche la rendonoun progetto senza tempo, per questo è ancora in produzione.

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«Arcipiuma» laccata, con imbottitura in schiumapoliuretanica foderata di tessuto,giunti in acciaio e gomma.

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Le ricerche di numerosi designer contemporanei so-no tese alla realizzazione di oggetti leggeri e allostesso tempo molto resistenti. Questo obiettivo èstato perseguito anche da Riccardo Blumer che, conLaleggera, ha dato vita a una sedia formalmente sem-plice e molto innovativa: essa sembra scolpita in ununico blocco di legno, ma in realtà la sua superficiecontinua cela una struttura interna composta da le-gni massello curvati assemblati tra loro. Tale struttu-ra rende la sedia leggerissima ma anche compatta erobusta.

Riccardo Blumer

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E. Tornaghi, La forza dell’immagine e Il linguaggio dell’arte. Seconda edizione – © Loescher editore, 2010.

57 Riccardo Blumer, sediaimpilabile Laleggera, 1996 (prod. Alias). Sull’esile scheletrointerno di legni massello curvativengono fissati in stampo acaldo due fogli in legno di 5 mmdi spessore, pretagliati in basealla sagoma della seduta. Nei vuoti interni alla strutturascatolare ottenuta, autoportantee leggera, viene iniettato del poliuretano che conferiscecompattezza e resistenza agliurti. Tale sistema, utilizzatoanche per altre tipologie dioggetti, è stato elaborato in treanni di studi e sperimentazioni.

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Negli ultimi anni sono numerose le sedie che pre-sentano una struttura in metallo (ferro, alluminio oacciaio) o in legno sottoposto a svariate lavorazioni.In particolare, la sedia Wooden Chair (1992) dell’au-straliano Marc Newson evidenzia l’importante evo-luzione in corso nella realizzazione di sedie in com-pensato: non più strutture rigide, ma morbidi intrec-ci che danno vita a strutture autoportanti.

Marc Newson

56 Marc Newson,Wooden Chair, 1992(prod. Cappellini). La forma della sediasembra nata conassoluta naturalezza da un semplicemovimento dicurvatura. Inoltre, la forma e la struttura, in listelli di faggiocurvato, coincidono.

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L’evoluzione del design è avvenuta tramite l’innova-zione tecnologica e la sperimentazione di nuovimateriali e metodi produttivi. A ciò si sono as-sommate, negli anni Sessanta e Settanta, elaborazio-ni formali molto libere e l’utilizzo sempre maggioredei materiali plastici: i modelli di sedie «monobloc-co» comode, leggere, economiche e impilabili sonoinfiniti. Tra queste, è ancora attualissimo il capolavo-ro del danese Verner Panton, la prima sedia prodottatramite stampaggio a iniezione in un solo pezzo e inun unico materiale (1959-60). Negli anni Settantaquesto designer progettò anche altre sedute speri-mentali e innovative a livello formale e materico.

Verner Panton

55 Verner Panton, Panton, 1959-60 (prod. Vitra). Nuovamente prodotta, in quantoattualissima per la sua linea elegante e sinuosa,fu la prima sedia monoblocco in un unicomateriale plastico.

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La Air Chair diJasper Morrison

La sedia impilabile Air Chair, opera del designeringlese Jasper Morrison, a prima vista non appa-re particolarmente originale o innovativa: è unasedia colorata in materiale plastico, caratterizza-ta da una linea molto semplice e pulita. Si tratta,invece, di un progetto più volte premiato per l’uti-lizzo efficace di una tecnologia innovativa deno-minata air moulding, con un ottimo esito a livel-lo funzionale ed estetico. Un’analisi approfondita permette di rilevare le ca-ratteristiche distintive della sedia, costituita da unpezzo unico (il cosiddetto «monoblocco») in poli-propilene, caricato al 20% con fibra di vetro. Comeabbiamo visto, sedie monoblocco in materiale pla-stico furono realizzate già nella seconda metà delsecolo scorso, ma con metodi ed esiti assai differen-ti. Il corpo di questa sedia ha infatti uno spessoremolto sottile e sembra piegato dolcemente, senza al-cuna irregolarità e senza spigoli: la superficie èperfetta, ogni curvatura tra un piano e l’altro ap-pare assolutamente naturale. Le proporzioni sonoergonomiche. Lo schienale presenta una lieve cur-vatura, e da esso si dipartono le gambe posteriori,leggermente inclinate, anch’esse sottili. Purezza formale e cura del dettaglio sono favoritedalla tecnologia dell’air moulding, che consistenell’introduzione nello stampo di un gas inerte in-sieme alla massa plastica. In questo modo, all’in-terno della sezione plastica si crea un vuoto che

permette di utilizzare una quantità minore di ma-teriale, alleggerendo notevolmente la sedia ed evi-tando la formazione di segni di ritiro sulla super-ficie. L’air moulding – da cui la sedia prende ilnome – richiede un’attenta messa a punto dellostampo, che deve essere studiato e disegnato conmolta precisione, anche tramite l’analisi dei flussidel materiale plastico. Nella progettazione di Air Chair, elaborazioneformale e tecnologia produttiva sono state svilup-pate in parallelo e quindi appaiono perfettamenteintegrate: lo stampo è stato concepito con un dise-gno il più semplice possibile, non solo per fini este-tici, ma per evitare la formazione di striature de-rivanti dall’eventuale movimento della sedia al-l’interno dello stampo. Il processo di stampaggio èstato curato nei minimi dettagli, e ciò contribuiscea determinare la qualità globale del prodotto fina-le. Sono stati attentamente studiati, infatti, il posi-zionamento dello stampo e dei punti di iniezione(del materiale plastico) e di estrazione (del pezzofinito): questi sono posti tutti sullo stesso lato e nonsono visibili per rispondere a esigenze di lavora-zione, ma anche estetiche. Air Chair è quindi unasedia “bella e intelligente”: semplice, lineare, sotti-le, colorata, impilabile, leggera ed economica, ca-pace di risparmiare materiale sfruttando tecnolo-gie innovative e guadagnando in leggerezza, effet-tiva ma anche visiva.

59 La praticità di questomodello si esprime, tra l’altro, nella possibilità di impilare molte sedie una sull’altra.

58 Jasper Morrison, Air Chair, 2000 (prod. Magis). Così si è espresso il designer a proposito della difficoltà di progettare sedie: «Per varie ragioni disegnare una sedia non è paragonabile a disegnarenessun altro oggetto... La sedia è un rompicapo,non credo che la sediaperfetta sia mai statadisegnata, nemmeno da Eames».

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LABORATORIAbilitàsaper applicare il metodo progettuale a un elemento di design

vedi pp. 13-14

DESIGN E ARREDO URBANOUn settore del design in ampio sviluppo è quello che si occu-pa della progettazione di elementi per l’arredo urbano comepanchine, fioriere, fontanelle, lampioni, cestini per la raccoltadei rifiuti o pensiline per le fermate degli autobus. Questi elementi sono spesso realizzati tenendo conto del con-testo in cui si inseriscono e con cui interagiscono, caratteriz-zando visivamente lo spazio urbano (piazze, vie, cortili) o na-turale (parchi, giardini pubblici, spiagge e così via).Particolarmente interessante è il tema della seduta: esso ha da-to origine in questi anni a soluzioni che hanno permesso dicaratterizzare fortemente e vivacizzare gli spazi urbani, comenel caso del distretto culturale del Museums Quartier di Vien-na (fig. 1).

Progetta una panca o un sistema di seduta Studia un elemento di arredo urbano con funzione di sedutada collocare in un parco pubblico. Puoi concentrarti su una so-luzione modulare e polifunzionale come quella della figura 1(modulo a forma di virgola), puoi studiare panche con o sen-za spalliera oppure sedili monoposto o, ancora, pensare a si-stemi di seduta più complessi utilizzabili da molte personecontemporaneamente. Puoi anche ispirarti a modelli di sedute più particolari comequella della chaise-longue o della sedia a sdraio che consento-no un maggiore relax (fig. 2).

• Dopo aver osservato alcune soluzioni esistenti e averne valutatole qualità formali e le possibilità d’uso, inizia a elaborare alcunepossibili soluzioni mediante rapidi disegni.

• Sviluppa attraverso disegni sempre più definiti l’idea che ritienipiù interessante, considerandone sia le possibilità d’uso e la fun-zionalità sul piano ergonomico sia l’aspetto estetico-formale.Considera inoltre i materiali, i colori e i principali aspetti tecnico-strutturali della seduta da te ideata.

• Realizza infine disegni in scala dell’oggetto progettato e una suarappresentazione prospettica o assonometrica, usando tecnichegrafico-pittoriche o mediante le più moderne tecniche di rendering.

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1b1 Sedute di fronte al Museums Quartierdi Vienna. La forma di queste sedutepermette al corpo

di assumere unaposizione moltorilassata. Inoltre, pur essendo legate leune alle altre, possono

essere disposte in varimodi all’interno dellapiazza: in cerchio, in fila, lontane o ravvicinate.

2 Sdraio sullungomare di SanBenedetto del Tronto(Ascoli Piceno).

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E. Tornaghi, La forza dell’immagine e Il linguaggio dell’arte. Seconda edizione – © Loescher editore, 2010.

3U LA PITTURA

p.1: (ad) Achille Castiglioni, 1967 / FLOS; (bs) M. Breuer, 1925 / Knoll;(bd) A. Mendini, 1978 / Studio Alchimia; p.2 : (ad) A. & P.G. Castiglio-ni, 1962 / Floss; (cs) A. Meda & P. Rizzatto, 1998 / Luceplan /www.nest.co.uk; (bd) J. Ive, 1999 / Harman Kardon; p.3: (ad) Victoriaand Albert Museum, Londra; (bs) © Scala, Firenze / V & A Images /Victoria and Albert Museum, Londra; (bd) © The Fine Art Society,London, UK / The Bridgeman Art Library / Archivi Alinari, Firenze;p.4: (as) Bauhaus, Berlino; (cd) M. Brandt, 1924 / Alessi / Bauhaus-Ar-chiv, Berlino; (bs) © Digital Image, The Museum of Modern Art, NewYork / Scala, Firenze; (bd) R. Sapper, 1983 / Alessi; p.5: (as) W. Wagen-feld, 1924 / Bauhaus, Dessau; (b) G. Hassenpflug, 1928; p.6: (as) T.Wirkkala, 1955 / Asko; (bs) A. Aalto, 1936 / Karhula (prodotto poi daLittala) / Museo delle Arti Decorative, Montreal; (bd) J. Jensen, 1972/ Bang & Olufsen; p.7: (ad) D. Rams & D. Gugelot, 1956 / Braun /Science & Society Picture Library; (cs) S. Pininfarina, 1984 / Ferrari;(bs) V. Magistretti, 1967 / Artemide / www.treddi.com; (bd) M. Nizzo-li, 1950 / Olivetti; p.8: (cs) E. Sottsass, 1981 / Memphis / MondadoriElecta, 2005; (cd) A. Mendini, 1983 / Gravina / Studio Alchimia; (bd)Archizoom, 1967 / Poltronova / www.davisefranceschini.it; p.9: (cs)N. Foster, 1986 / Tecno / A.K. / County Museum of Art, Los Angeles;

(cd) M. Bellini, 1967 / Cassina; (bs) R. Arad Associates, 2000 / GalleryMourmans; (bd) P. Stark, 1988 / Flos; p.10: (as) Lunar Design /www.design-engine.com; (c) S. & T. Azumi / J.Hawkins, 2001; (bd) L.Damiani, 2003 / www.ideamagazine.net; p.11: (ad) Studio Aisslinger,2000 / P.Radowitz, 2001; (bs) F. Gehry, 1980 / Vitra / www.nest.co.uk;(bd) R. Arad, 2004 / Swarovski; p.12: (as) R. Arad, 2005 / Driade; (cs) S.Kartono, 2009 / Magno; (bd) P. Wallén, 1992 / Cappellini; p.13: (ad) E.Sottsass, 1917 / Design Gallery, Milano; (bs) P. Stark, 1989 / Alessi;p.14: (cs) A. Castiglioni, 1960; p.15: (ad) S. Ban, 2007 / Artek; (bs) K.Grcic, 2009 / Magis / www.patamagazine.com; (bd) K. Grcic, 2009 /Magis / www.designboom.com; p.16: (ac) M. Thonet, 1859; (cd) A.H.Mackmurdo, 1882 / Century Guild; (bc) C.R. Mackintosh, 1904 /A.Martin, 2005; p.17: (ac) M. Breuer, 1960 / Gavina / Mondadori Elec-ta, 2005; (bd) A. Aalto, 1931 / Artek; p.18: (ac) C. & R. Eames, 1945 /Evans e H.Miller; (c) E. Saarinen, 1950 / Knoll; (bc) A. & P. G. Casti-glioni, 1957 / Zanotta; p.19: (ac) G. Ponti, 1957 / Cassina; (c) R. Day,1962 / Hille International / P.Chave; (bc) J. Colombo, 1969 / Flex-form; p.20: (ac) V. Panton, 1959 / Vitra; (c) M. Newson, 1992 / Cappel-lini; (bd) R. Blumer, 1996 / Alias; p.21: J. Morrison, 2000 / Magis; p.22:(as) Furibond, 2008; (cs) K.Yap, 2009; (bs) Castelle, 2007.

Referenze iconografiche

© Loescher Editore S.r.l. – 2010

Realizzazione editoriale: Vittoria Napoletano, Coming Book Studio Editoriale, Novara

Redattore responsabile: Maria Alessandra Montagnani

Ricerca iconografica: Manuela Mazzucchetti, Giorgio Evangelisti

Fotolito: Graphic Center, Torino

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