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NECRO  �

A settant’anni dalla sua morte anche NECRO rende omaggio a H.P. Lovecraft e alle sue sto-rie rivoluzionarie, senza dimenticare i principali film “di genere” che stanno per approdare (o sono già approdati) nelle sale italiane, Spider-Man 3 e Grindhouse in testa.Gli scrittori Tim Lebbon e Claudia Salvatori, entrambi dediti alla narrativa “oscura”, ammorbano le nostre pagine con due racconti inediti, il loro collega Luca Di Fulvio ci ammalia con le sue parole in una lunga intervista. Le opere dell’artista Paola Sala vi sorprenderanno con i loro piccolissimi determinanti particolari, mentre la cantante (ma non solo) Edera tiene a battesimo la rubrica The beautiful People, dedicata alle interviste fotografiche. Fumetti, strisce, articoli di saggio e la consueta scorpacciata di recensioni letterarie e musicali appagheranno completamente la vostra sete di sangue, in attesa che ritornino dal prossimo numero le rubriche Bloody Robin e La Posta della Mannaia. Quando leggerete queste mie parole l’estate sarà imminente e lo staff di NECRO sarà già al lavoro sul terzo numero del magazine: le novità saranno tante e la carne da addentare varia e saporita. Qualche anticipazione? Il sadico Hostel 2 di Eli Roth (nella foto), il ritorno del maestro Dario Argento e della sua La Terza Madre, un racconto del grande Jack Ketchum, il ritorno del Professor Rantolo e un lungo fumetto interamente a colori.Avete racconti, poesie, articoli, recensioni, illustrazioni e fotografie che vorreste vedere pubblicati sulle nostre pagine? Non abbiate così tanta paura di noi, siamo qui per premiare i migliori di voi e conce-dere spazi ai più meritevoli. A aspettiamo anche le vostre lettere e i vostri commenti. Muoriamo dalla voglia di leggervi...

EDITORIALE

03. Editoriale + Sommario

05. Sottoterra

Lovecraft&Co.06. Creatore di universi07. H.P. Lovecraft, 5 racconti findamentali09. I Miti di Cthulhu nei giochi di ruolo

11. Intervista a Luca Di Fulvio14. Necrotales Vampiro d’Autunno un racconto di Claudia Salvatori18. Il male è dentro di noi

Necrocinema20. The Return21. 28 Settimane dopo22. Spider-Man 324. Le Colline hanno gli Occhi 226. Grindhouse

29. L’Arte di Paola Sala

32. The Beautiful People: Edera35. Necrosounds: recensioni musicali

39. When dreams come true: Tim Lebbon41. Necrotales L’ombra più lunga un racconto di Tim Lebbon47. Necrobooks: recensioni letterarie

51. I volti di Bélmez

Anno I  Numero II  Maggio 2007

La NECROGOTHGIRL di questo numero: Lo

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�  NECRO

THANX&RIGHTSI diritti delle opere e degli articoli che appaiono sulla rivista sono dei rispettivi autori e sono tutelati da Copyright. Ogni loro uso senza previa autorizzazione dei rispettivi autori è da considerarsi vietato e perseguibile a norma di legge.

Foto alle pagine 3, 13, 32, 33, 34, 35, 36, 37, 38, 52 © by Studio Absorbitorium, Elena Giordano 2007

Striscia Kurt alle pagine 47, 48, 49, 50 © by Marco Giorgini 2007Striscia Carpe Diem alle pagine 13, 20, 36, 38, 52© by Adriano Manciocchi 2007Fumetto Sottoterra alla pagina 5© by Adriano Manciocchi 2007

Illustrazioni alle pagine 6, 8, 9, 10 © by Andrea Bonazzi 2007Illustrazione alla pagina 19 © by Pierluigi Casolino 2007Logo alle pagine 32, 33, 34 © by Massimo Cavenaghi 2007Opere alle pagine 29, 30, 31 © by Paola Sala 2007

L’Ombra più lunga (Casting longer shadows)testo originale © by Tim Lebbon 2007traduzione © by Elvezio Sciallis 2007

Vampiro d’Autunno© by Claudia Salvatori 2007

Questo numero non si sarebbe mai potuto realizzare senza i contributi di:SinFactory.it, MemorieDalBuio.com, OperaNarrativa.com, KurtComics.com, Absorbitorium.com, Mal-pertuis.blogspot.com, LaTelaNera.com

I vestiti della NecroGothGirl di questo numero sono stati gentilmente forniti da:

Sin FactoryCult Store Dark Gothic Fetish Vintagevia Cellini, 21 - MilanoTel. 02.76013190 Mail [email protected]

NECROweird things, dark stuff, odd people

Numero IIAnno IMag-Giu-Lug 2007

Direttore Generale:Alessio [email protected]

Caporedattore:Elvezio [email protected]

In Redazione:Marco Andreoletti, Alessandro Boriani, Simona Cremonini, Giulio De Angelis, Ian Delacroix, Luca Di Gialleonardo, Andrea Franco, Andrea Galla, Andrea Garbin, Elena Giordano, Smaniotto Maxence, Dome-nico Nigro, Matteo Poropat, Luigi Rubino, Matteo Servili, Virginia von Aschenbach

Hanno Collaborato:Andrea Bonazzi, Pierluigi Casolino, Massimo Cavenaghi, Simone Corà, Matteo Ferraro, Alberto Genovese, Angelo Iocola, Francesco Lomuscio, Adriano Manciocchi, Errico Passaro

Fotografa:Elena Giordano

Sito Internet:www.necro.it

EditoreAss. Cult. Cagliostro E-Pressvia Cocciuto, 403043 Cassino (FR)[email protected]

Presidente:Giorgio Messina

Vicepresidente:Alessio Valsecchi

NECRO è una rivista riservata al circuito fieristico e alle librerie specia-lizzate in fumetti che aderiscono ai circuiti di distribuzione Pan, Alastor e Star Shop.

Questo albo non è a scopo di lucro.

NECRO copyright © 2007 Cagliostro E-Press.

Finito di stampare nel maggio 2007 presso Cagliostro E-Press - Cassino (Fr)NECRO è stampato in E-Service il nuovo servizio di print-on-demand della Cagliostro E-Press powered by XEROX. Per info e preventivi sul servizio scrivere a: [email protected]

Le collane stampate della Cagliostro E-Press sono gratuite per gli iscrit-ti all’associazione e in vendita al pubblico tramite ordine sui cataloghi Mega, Anteprima e presso le migliori librerie specializzate in fumetti che aderiscono ai circuiti di distribuzione Alastor Distribuzione, Pan Distribu-zione, StarShop Distribuzione e Libreria Europa.

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Quali sono dunque i cinque più importanti racconti nella produzione di Howard Phillips Lovecraft? Già arduo definire dei parametri di importanza fra valore dell’opera in sé, influenza letteraria etc., ma proviamo a individuare e circoscrivere un tale fatidico numero di titoli.

Dagon (Dagon)Scritto nell’estate del 1917, appena dopo il primo racconto La tomba, e inizialmente pubblicato dall’amatoriale The Vagrant nel 1919, costituisce l’esordio professionale dell’autore con la sua uscita su Weird Tales nell’ottobre del 1923.

Sull’orlo del suicidio, il narratore descrive la propria traumatica esperienza di naufrago nell’Oceano Pacifico, approdato su un’isola appena riemersa dagli abissi ove s’imbatte in un enorme antico monolito, inciso coi simboli di una civiltà di uomini-pesce, e nella creatura che dal mare giunge ad adorarlo.

Edgar Allan Poe rappresenta il principale modello per le storie gotiche del primo periodo lovecraftiano, così come Lord

Dunsany per le fantasie tra l’onirico e il meraviglioso. Come in Poe, per esempio, il solitario protagonista è in uno stato mentale alterato, e la credibilità del suo resoconto si affida alla sola fiducia e immedesimazione del lettore. Ma già in questo breve racconto si rivelano alcuni dei più tipici e personali temi dello scrittore: la sopravvivenza di civiltà non umane; la rivelazione sconvolgente che sovverte la percezione dell’uomo di essere il centro del proprio mondo; un orrore che si slega dal classico elemento soprannaturale per affrontarne uno che va oltre il naturale, in razionale addizione al possibile.Le opere migliori di Lovecraft, quelle che hanno portato un vero, originale ed essenziale contributo al Fantastico del ventesimo secolo, sono quelle della maturità nel periodo che segue il suo ritorno a Providence, nel 1926, dopo i due problematici anni vissuti a New York. Senza porsi sullo stesso livello, Dagon trova tuttavia una certa importanza come base per un intero ciclo narrativo in seguito etichettato come “Miti di Cthulhu”, con almeno due notevoli storie, Il richiamo di Cthulhu e La maschera di Innsmouth, che ne rappresentano una sostanziale riscrittura.

Il richiamo di Cthulhu(The Call of Cthulhu)Composto fra l’agosto e il settembre del 1926, pubblicato nel febbraio 1928 da Weird Tales, dopo un iniziale rifiuto.

Un quadro spaventoso delle reale posizione umana nel cosmo si rivela al protagonista, ricomposto come un puzzle attraverso gli appunti dell’erudito prozio scomparso, i sogni straordinari di tormentati artisti, le indagini sulla recrudescenza di sinistri ed esotici culti, e la testimonianza di un marinaio di fronte al ritorno di un’antica e aliena minaccia.

Perno di una vera e propria rivoluzione copernicana nella concezione dell’orrore fantastico, il racconto ne ribalta la tradizionale visione antropocentrica e soprannaturale in favore di un punto di vista esterno, distaccato e “cosmico”, con la rappresentazione di un universo indifferente verso le sorti dell’umanità, se non incidentalmente ostile. Un realismo scientifico che rimette in discussione la percezione delle cose, applicato a uno stile narrativo che accumula allusioni, indizi, rivelazioni e atmosfere.Le entità minacciose e perturbanti non

H.P. Lovecraft: � racconti fondamentaliScaviamo nella produzione migliore del solitario di Providence

di Andrea Bonazzi

LOVECRAFT&CO.

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Intervista a Luca Di FulvioAbbiamo intervistato l’autore de L’Impagliatore e La Scala di Dioniso

di Elena Giordano

La scala di Dioniso è il titolo del tuo ultimo romanzo, pubblicato nella collana Omnibus di Mondadori e ora anche negli Oscar. Tutti gli altri tuoi libri erano ambientati ai nostri giorni, qui invece siamo a cavallo tra l’800 e il ‘900: come mai questa scelta?È la domanda che mi sono posto io stesso quando ho cominciato a scriverlo. Cosa permette a un autore di raccontare una storia che non è ambientata nel proprio tempo (di cui, per definizione, la scrittura dovrebbe essere specchio)? E visto che non riuscivo a trovare una risposta convincente, mi ero arenato anche nella scrittura, al punto che stavo per mollare il progetto perché si sarebbe ridotto a una trama e non sarebbe mai diventato una storia. Poi mi capitò di prendere in mano le Baccanti di Euripide, e ho capito cosa volevo veramente scrivere. L’800 era apollineo e il 900 dionisiaco. Era questo passaggio di consegne che volevo descrivere e parlare del presente visto da un secolo di distanza, non del passato. Ho usato il mio serial killer per raccontare il nostro secolo violento, tant’è che ho chiuso il libro con il crollo di due torri. I personaggi fanno uso di droghe moderne come l’eroina (messa in commercio dalla Bayer nel 1896) o usano mezzi meccanici (la prima motocicletta Daimler ma anche l’elettricità e le macchine nelle industrie). Inizia la psicologia, le lotte di classe, le rivendicazioni sindacali, nasce l’individuo libero come lo intendiamo oggi. E racconto della difficoltà di abbandonarsi all’amore e i prodromi delle moderne nevrosi. Insomma, ho parlato del nostro mondo cogliendolo in un momento in cui, pur essendo ancora un neonato, aveva già tutte le qualità e le tare di quando sarebbe

diventato adulto. Infine, mantengo uno dei temi che mi sono più cari, e cioè il rapporto genitori-figli, che ritengo particolarmente rappresentativo della nostra società.

Occhi di Cristallo, la versione cinematografica de L’impagliatore: che cosa pensi di questa pellicola?Luci e ombre. Ma è più un problema generale legato al rapporto narrativa-cinema. Un regista, nel momento in cui decide di mettere in scena una storia scritta da un altro, ha il dovere/necessità di tradirla secondo la sua visione. In Occhi di cristallo è evidente che il regista e gli sceneggiatori abbiano voluto concentrarsi sul plot thriller e questo li ha costretti a seguire una strada diversa dal romanzo (o da quello che il romanzo è per me). Uno dei miei riferimenti era l’Edipo di Sofocle (ancora una tragedia greca, lo so, ma i greci – insieme a Shakespeare – hanno scritto tutto quel che c’era da scrivere). Lo sciopero dell’immondizia, che doveva rappresentare la peste (e quindi salire fino a intossicare la città, così come accade a Tebe nell’Edipo), è diventato un contorno sfumato, aneddotico e non metaforico. La madre dell’assassino (Edipo che va a letto con la madre, per intenderci, nel caso dell’Impagliatore è un totem di madre che si costruisce con le sue vittime) nel film non c’è più.

Ed è un peccato, in effetti. La psicologia introspettiva – che nel libro cerca di dare motivazioni tanto all’assassino che al suo antagonista, stabilendo dei parallelismi, in modo da non tracciare una riga netta tra il Bene e il Male – è sacrificata all’azione. Infine il finale: il mio assassino – così come

Edipo, giudice di se stesso, si acceca da solo – si uccideva pur potendo prevalere sul buono. Nel film invece l’assassino fa la fine di tutti i cattivi del cinema. Sono scelte…

Dopo Occhi di Cristallo sono in previsione altre due trasposizioni: La scala di Dioniso e Dover Beach. Puoi spifferarci qualcosa? Al progetto de La Scala di Dioniso ho partecipato, insieme a Carla Vangelista e Antonio Leotti. Siamo un gruppo molto affiatato ed è stato un piacere lavorare con loro. All’inizio erano spaventati perché, si sa, l’autore rischia di essere un gran rompiscatole, troppo legato a quel che ha scritto e poco elastico. Dopo poche riunioni si sono spaventati di più, però. Ero io quello che voleva cambiare tutto. E in effetti (la prima stesura è ultimata con grande soddisfazione) li ho convinti a tradirmi moltissimo. Anche per ciò che ho detto prima di Occhi di cristallo, io non sono convinto che sia il plot a rispettare un’opera letteraria ma il suo senso più profondo. È il solito, vecchio problema tra forma e significato. Io mi batto per il significato.

Il Significato è un sasso in bocca al Significante, diceva qualcuno…Mi pareva, senza stare a fare tante distinzioni, che significante fosse una parola tronfia, da trombone, che fa aggrottare le sopracciglia mentre ci si interroga dicendo: che cazzo vuol dire? Comunque in certi casi mi basterebbe che si comprendesse il significato.Di attori è prematuro parlare. Si sono fatti grossi nomi internazionali. Di certo è un film che il mercato italiano non può sopportare economicamente (costerà almeno 30 milioni di dollari) perciò, oltre ai nostri capitali, ne avrà di americani e dovrà essere un film internazionale in cui solo alcune voci (autore, sceneggiatori e Gabriele Salvatores alla regia) saranno italiani. Date: fine 2007. L’inizio delle riprese? Speriamo. Gabriele si è innamorato di questa storia quando ancora non era scritta, gliela raccontai una sera a cena e la comprò a scatola chiusa. L’entusiasmo è un gran propulsore (e non inquina). Nel frattempo Gabriele sta preparando un altro film e i produttori lavorano alacremente per portare a buon fine questo ambizioso progetto.Dover Beach: paradossalmente (avendolo scritto prima, venduto al cinema prima ed essendo un film a budget accessibile) è più indietro nella preparazione. Ma è una storia molto dura. Non me ne sono occupato però due sceneggiatori di cui mi fido ciecamente e coi quali sono in grande sintonia, Carla Vangelista e Ivan

NECROWORDS

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NECROTALES

VAMPIRO D’AUTUNNOUn racconto di Claudia Salvatori

Abel pensa che, per un vampiro, essere prete cattolico sia veramente chic, e anche un segno che il mondo sta cambiando: o almeno, che sta ulteriormente cambiando, da quando la scuola progressista del Pensiero Estremo ha indotto l’umanità a superare ogni paura delle diversità più diverse, e i mostri vivono fra noi. Un prete cattolico vampiro è il massimo di quello che chiamano monstersmirk, il ghigno del mostro, che sarebbe qualcosa come l’umorismo yiddish: un cocktail di autosberleffo, vittimismo aggressivo e provocazione. Monstersmirk è la mania dei vampiri di portare vistosi crocifissi barocchi e gemme di tutti i colori incastonate nei canini. E’ quando un lupo mannaro si tinge il pelo di verde, fucsia e blu elettrico e dice: guardate il mio look, non è da urlo? O quando gli zombi fanno scherzi agli amici sbucando dagli angoli delle strade truccati come i cadaveri ambulanti dei vecchi film. Monstersmirk era quel vampiro eccentrico che si era fatto una dozzina di plastiche per somigliare a Nosferatu di Murnau, e passeggiava appoggiandosi a un bastone da passeggio di legno di frassino. Guizzante, bifida ironia, che serpeggia e avvolge umani e mostri come la lingua di una serpe. Lui stesso, Abel, è un po’ monstersmirk, quando si presenta dicendo di essere un po’ morto, alludendo al suo quarto di sangue zombi che gli viene dalla madre, Vida Dark, figlia di un santone resuscitato di Haiti e di una intellettuale newyorchese. Lo stesso nome che si è scelto all’interno della Non Human Defence, l’associazione che si batte per la difesa dei mostri e la loro integrazione sociale, è una rivendicazione tipicamente monstersmirk: Alive. Ma questo risale a un periodo della sua vita in cui era ancora fragile, e non avrebbe sopportato di essere trattato da mostro. Come tutti i non umani belli, vincenti e dotati di una diversità non visibile, a lungo si è spacciato per umano; più tardi, disprezzandosi per la sua vigliaccheria, ha attraversato una fase in cui sentiva il bisogno di dichiarare a tutti, in qualsiasi situazione, quello che è. Fino a quando, all’inaugurazione di una galleria d’arte, una pittrice lo ha schizzato, alzando le spalle con un sorrisetto annoiato: Sei un pelino zombi, e allora? Non è un privilegio da sbandierare, né una vergogna da nascondere. Da allora, Abel non confessa di essere in parte mostro, se non glielo chiedono. Ma, se glielo chiedono, non ha difficoltà ad ammetterlo.

Queste sono più o meno le riflessioni di Abel mentre si dirige verso la parrocchia di Santa Maria Goretti, nella sezione 6 dell’hinterland, dove Padre Gabriel lo ha convocato. A mezzanotte, sotto una luna piena lattiginosa diluita in una nuvola, la fatiscente chiesa barocca erosa da un milione di epoche barocche, incastrata in un’architettura di vetro, metallo, plastica e cemento, sembra avvolta da morbide dita d’ombra. A un lato della

chiesa, c’è un cimitero di automobili. All’altro lato, un cimitero gotico: finto, ricostruito dal parroco vampiro per far giocare i membri più piccoli della sua comunità. Padre Gabriel raccoglie intorno a sé mostri impazziti o drogati, zombi senza tetto, puttane in fuga da mercanti di carne non umana, vampire bambine create dai succhiasangue pedofili. Abel trova Padre Gabriel in sacrestia, intento, come al solito, a guardare la televisione. La teledipendenza dei vampiri è una barzelletta ormai; in realtà, la tivù è il solo strumento che hanno a disposizione per vedere la vita che si svolge durante il giorno, e bisognerebbe ben capire quanto possano esserne avidi. Padre Gabriel ha scelto, come molti della sua specie, un nome da angelo o da demone o da antico re o mago, e ha la propensione a lasciar cadere in disuso il cognome. Veste con eleganza vampiresca, di stoffe fruscianti e setose grigie o nere; stanotte porta la tonaca e un piccolo crocifisso d’argento. E’ una specie di Cristo sbarbato, con lunghi capelli biondi e lisci che ricadono in due bande su un volto nevrotico e convulso, e non dimostra più di diciotto anni, sebbene ne abbia vissuti almeno trenta. Le parrocchiane lo trovano deliziosamente tragico, e affollano in massa le sue messe celebrate al crepuscolo o un’ora prima dell’alba, messe che pur non essendo nere devono sembrare loro un po’ confuse nella tenebra. Perfino Abel, una volta, ha provato un brivido alla schiena nel vederlo celebrare un funerale. Non c’è dubbio che i mostri abbiano un talento per la morte; gli snob umani adorano far seppellire i parenti defunti a zombi e vampiri, e molti zombi sono impresari di pompe funebri. “Si tratta di Merlin Vandoor” dice Padre Gabriel, ad Abel che gli chiede il motivo della convocazione. “Il solo che può scoprire se e come è morto, sei tu.” Abel non ricorda di aver mai assistito a un concerto di Merlin Vandoor, il poeta e musicista vampiro; come tutti, naturalmente, ha ascoltato i suoi dischi. Aveva dodici o tredici anni quando Merlin è scomparso, in circostanze misteriose. “Vuoi che indaghi sulla sua morte dopo tutto questo tempo? Perché?” “Perché sei Abel Sparrow, nome in codice Alive, e difendi noi mostri dalla crudeltà del mondo umano.” “Non crederai anche tu che lo abbiano assassinato?” “Non credo niente, voglio la verità. E non solo perché Merlin è la nostra icona. Ho anche un motivo più personale… è stato lui a farmi.” Bene, questa è una rivelazione. Abel si è sempre chiesto se Padre Gabriel ha cominciato la sua carriera essendo vampiro e poi santo, o il contrario. “Ero andato a uno dei suoi concerti” ricorda Padre Gabriel, nostalgico. “Allora ero un ragazzino… Tutti quelli della mia età sbavavano per diventare vampiri, io no. Pensa che, quando guardavo i vecchi film, mi immedesimavo

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NECROMOVIE

Spider-Man �Per la terza volta nella tela di Sam Raimi e Peter Parker

di Francesco Lomuscio

“Questa storia è iniziata da tempo e continuerà così. Alcune cose, in questo terzo episodio, raggiungeranno una conclusione, ma non finiranno; la storia di Peter Parker, quindi, andrà avanti, perché è ancora giovane. La love story sarà la cosa principale della sua vita, il cardine centrale della sua storia è la ragazza”.Con queste parole, Avi Arad, storico produttore delle versioni su celluloide dei fumetti Marvel, a partire da Blade (1998), anticipa le tematiche che si troveranno alla base dell’attesissimo Spider-Man 3, annunciato come il lungometraggio più costoso della storia del cinema (con 300 milioni di dollari di budget), ancora una volta diretto, come i primi due splendidi episodi, da quel geniaccio della cinematografia a stelle e strisce che porta il nome di Sam Raimi, progressivamente evolutosi da maestro del terrore (la trilogia Evil dead/La casa) a raffinato autore (Soldi sporchi), toccando un po’ tutti i generi, dalla commedia (I 2 criminali più pazzi del mondo) al western (Pronti a morire), senza dimenticare il racconto sentimentale (Gioco d’amore), il thriller soprannaturale (The gift) e lo pseudo-fumetto (Darkman).

Peter Parker vs Sandman vs Venom vs Goblin Vs Spider-ManTrattandosi della nuova avventura dell’arrampicamuri più famoso della carta disegnata, è ovvio che lo script, a opera dello stesso Raimi, suo fratello Ivan e Alvin Sargent (già tra gli sceneggiatori di Spider-Man 2), sia costituito da una fitta ragnatela di segreti, vendette, amore e perdono.Tobey Maguire torna infatti a vestire i panni del fotoreporter Peter Parker, vera identità del supereroe mascherato protagonista, diviso tra la preoccupazione per la salute della debole zia May, la sua storia d’amore con l’amata Mary Jane Watson, cui concede nuovamente il volto

Kirsten Dunst, e l’arrivo di due nuovi, temibili nemici: Sandman, evoluzione di Flint Marko, interpretato dal Thomas Haden Church di Sideways - In viaggio con Jack (2004), entrato a contatto con una sostanza chimica, e Venom, generato dall’ involontario incontro di Eddie Brock, novellino freelance al Daily Bugle con le fattezze del Topher Grace di In good company (2004), e un simbionte extraterrestre.Ma, mentre si prevede pure la presenza di Goblin, alter ego dell’ex amico del cuore Harry Osborn/James Franco, anche per lo stesso Spidey, come si può tranquillamente apprendere dalle foto di scena e dai trailer spoileranti che circolano, è arrivato il momento di trasformarsi: improvvisamente, infatti, il suo costume comincia a colorarsi di nero, parallelamente al notevole aumento dei suoi poteri, i quali finiscono per lasciare emergere il lato più oscuro e vendicativo della personalità di Peter che, sotto questo effetto, inizia a trascurare coloro che gli sono vicino.

Piccoli ragni crescono È quindi evidente che, se nel primo Spider-Man abbiamo avuto modo di fare conoscenza con l’ingenua personalità del liceale Parker, alle prese con le difficoltà dell’adolescenza e gli imprevisti dell’amicizia, e nel secondo, eccezionale episodio, vero e proprio film d’autore, la figura del super-eroe veniva attualizzata rendendola capace, come ogni comune mortale, di essere indebolita dall’effetto distruttivo dell’amore rifiutato, è arrivato ora il momento di fare i conti con il cinico universo degli adulti.D’altra parte, come la serie ci ha insegnato, da un grande potere derivano grandi responsabilità, Peter, quindi, se da un lato si trova costretto a scegliere tra il fascino seduttivo del nuovo costume e l’eroe buono che era un tempo, dall’altro

porta avanti un vero e proprio rapporto di competizione professionale con il nuovo arrivato Eddie, mentre provvede anche a mantenere l’equilibrio tra i suoi doveri di paladino della giustizia e la dedizione all’amata M.J.Equilibrio, tra l’altro, che viene seriamente messo in pericolo dall’entrata in scena di Gwen Stacy, personaggio assai noto ai seguaci della serie a fumetti, incarnata dalla Bryce Dallas Howard di The village (2004) e Lady in the water (2006). La figlia del colonnello Stacey, infatti, che a quanto pare farà conoscenza con Spider-man nel corso della festa cittadina a lui dedicata (e si vocifera anche di un bacio a testa in giù, come quello presente nel capostipite), provvederà non poco a rendere complicata la vita sentimentale del povero Parker, ormai convinto di voler sposare Mary Jane, tanto che si è parlato perfino di un triangolo amoroso.

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Come l’esistenza di quasi tutti i comuni mortali che si rispettino, quindi, anche quella dell’Uomo Ragno si troverà contesa tra due figure femminili, fino all’attesissimo, culminante scontro finale, che le vedrà nelle mani dei due super-cattivi, in quella che si prospetta essere una emozionante sequenza traboccante innovativi effetti speciali visivi.

Dopo Spider-Man 3…Considerando il successo della saga cinematografica in questione e il fatto che al suo centro si trovi una vera e propria icona immortale ormai entrata a far parte dell’immaginario collettivo, è ovvio che, con ogni probabilità, Spider-Man 3 non rappresenterà l’epilogo definitivo al tutto, anche perché la Sony non ha mai tenuto nascosto il fatto di essere intenzionata realizzare ben sette film, e lo stesso Raimi non ha mai negato di voler rilegare la serie a pochi capitoliNonostante le dichiarazioni da parte di Tobey Maguire, il quale aveva annunciato tempo fa che avrebbe abbandonato i panni ormai stretti di Peter Parker dopo questa terza avventura, Avi Arad ha già provveduto a rassicurare i fan: “Se Tobey Maguire o qualche altro attore se ne andrà, la saga continuerà senza di loro;

probabilmente Tobey sta facendo queste dichiarazioni per mettere sull’attenti la Sony, in quanto aveva firmato per tre film e, dovendo ridiscutere il contratto, farà il prezioso”. Ma, ancora più rassicurante, è una recente dichiarazione rilasciata dallo stesso Maguire a SciFi Wire: “Mi sento molto orgoglioso dei tre lungometraggi che abbiamo realizzato, perché le storie meritavano di essere raccontate e, se mi proporranno un bel film e il team vorrà tornare al lavoro pensando di ottenere un buon risultato, ovviamente non potrò dire di no.”Come c’era da aspettarsi, se si dovesse fare uno Spider-Man 4, non mancherà neppure Kirsten Dunst, la quale, nel momento in cui si è sentita chiedere se la Sony farà o meno un altro capitolo anche senza Raimi alla regia, ha risposto: “Sarebbe una crudeltà, non credo proprio

che accadrà: io, Sam e Tobey siamo ormai un team e non c’è modo che succeda una cosa simile. Credo che il quarto capitolo arriverà più avanti, in modo che Sam, per ora, possa riposare, anche perché non abbiamo ancora una storia da raccontare”.

E, per quanto riguarda il cattivo di turno, si vocifera che potrebbe essere la volta del viscido Lizard…

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CruxshadowsDreamcypherDancing Ferret2007

Con i primi due album, usciti alla fine degli anni novanta, non era dif-ficile presagire per gli statunitensi Cruxshadows un futuro di sicuro successo. Avvenire che, per quan-to riguarda la popolarità e le ven-dite è stato sicuramente all’altezza, anche se lo stesso non si può dire per la qualità dei dischi. Le opere successive non hanno fatto altro che ripetere una formula – elettro-nica, voce maschile, piano, violino – che, se all’inizio poteva presenta-re caratteristiche peculiari, presto è risultata eccessivamente ripetitiva e stagnante. Questo Dreamcypher (ultimo album con Rachel McDonnell al violino, secondo quanto affermato dalla stessa band), uscito quattro anni dopo Ethernaut, segue le coordinate tracciate dai precedenti lavori, e sono sicuro che l’orecchiabile suo primo singolo, Sophia, verrà riproposto nei dancefloor dai dark club di tutto il mondo, e il popolo cyber gioirà. L’album è sicuramente un passo avanti rispetto a Ethernaut, ma la sostanza non cambia: le canzoni finiscono per assomigliarsi un po’ tutte, la creatività delle prime due opere sembra essere lontana, abbandonata per la semplicità di soluzioni-fotocopia. La dimensione live, nonostante l’uso massiccio di campionamenti e sintetizzatori, è ancora quella in cui i Cruxshadows possono dare le maggiori soddisfazioni al loro pubblico, con Rogue, nella sua veste di animale da palco, che recita alla perfezione il ruolo. Il paragone con un’altra dark-band statunitense che fa uso di elettronica, i The Last Dance,

viene inevitabilmente alla mente: grande presenza scenica, ma ultime produzioni in studio che ristagnano nella ripetitività. Ma, almeno a giudicare dalle vendite e dal gradimento, al popolo cyber sembra andare bene così.(Ian Delacroix)

Dying FetusWar on AttritionRelapse2007

Quattro anni di attesa tra un disco e l’altro possono far crescere le aspettative dei fan a livelli pericolosamente elevati, continui cambi in line up possono influenzare assai negativamente la compattezza di un suono riconoscibilissimo da tutti i grind freak del mondo e minare una concezione di musica maturata sputando sangue sugli assi dei palchi di mezzo mondo per anni. Per di più aver fissato più volte gli standard del proprio genere non aiuta certo a farsi venire in contro, soprattutto quando ci si presenta con un lavoro come War On Attrition. Che, detto per inciso, suona come uno dei migliori dischi death dell’anno, soprattutto se confrontato con il mare di banalità in cui spesso questo genere si bagna oziosamente, lasciandosi cullare dalla sicurezza data dagli introiti certi che si hanno proponendo musica indirizzata ad una nicchia considerata “sicura”. Ma dopo l’assalto sensoriale di

un disco velenoso come Stop At Nothing anche un ritorno alle luci della ribalta di questa caratura può perdere significato, ritrovandosi investiti da tracce violentissime ma canoniche, a tratti clamorosamente telefonate. Il letale groviglio

ritmico di brutal, grind, hard core che carat ter izzava il precedente capolavoro del combo è un ricordo lontano, le chitarre non sono che un riflesso sbiadito del muro di rumore sollevato precedentemente dai deathsters del Maryland, all’epoca del disco citato additati dal solito zoccolo duro

di essersi svenduti ai nuovi trend (un po’ la stessa cosa che successe ai dispersi Cryptopsy). Un ritorno che lascia l’amaro in bocca a chiunque cerchi sempre nuove evoluzioni del suono estremo, un ottimo disco per chi si accontenta dell’impatto come massima espressione di violenza. (Marco Andreoletti)

MoonsorrowViides luku: HävitettySpikefarm Records2007

Avendo ancora come punto di rife-rimento il fondamentale Kivenkan-taja e nello stereo lo splendido Verisäkeet, era lecito aspettarsi qualcosa di fuori dall’ordinario, qualcosa all’altezza dei poderosi predecessori. Aspettative positiva-mente ripagate. Viides luku: Hävi-tetty è un altro centro, un album epico come ne girano pochi, sicura-mente una delle pietre miliari della discografia dei Moonsorrow. Ci si chiede veramente come possa una band essere sempre così fresca e innovativa pur tenendo fede al pro-prio stile. L’album è formato da sole due tracce, lunghissime, splendide. Rumori di fondo e il sibilo del vento introducono Jäästä Syntynyt / Varjojen Virta, trenta minuti di riff uno più azzeccato dell’altro che viaggiano su un tappeto di tastiere che creano le giuste atmosfere senza risultare invasive. Un crescendo continuo di emozioni. La successiva Tuleen Ajettu Maa non avrebbe nemmeno bisogno di spiegazioni. Splendida, epica, come sempre i Moonsorrow riescono ad amalgamare assieme tutti gli strumenti senza che l’uno “rubi la scena” all’altro. Disco epocale ma tratti piuttosto difficile da digerire per chi non è avvezzo a questi “colpi di testa”. Il solo ostacolo di questo disco è costituito dalla durata delle due tracce che, comunque sia, non possono annoiare l’ascoltatore, in quanto sono talmente varie che sembrerà di ascoltare almeno sei canzoni anziché due. Questo vi porterà probabilmente ad esclamare “ma è già finita?” ogni volta che una di esse finisce. Penso sia proprio questa capacità nell’evitare che l’ascoltatore s’annoi che ha portato codesta perla vichinga ad arrivare alla sedicesima posizione dei dischi più venduti in Finlandia.

I fans dei Moonsorrow possono stare tranquilli: la leggenda è viva e vegeta. (Smaniotto Maxence)

WatainSworn to the darkSeason of mist/NoEvDia2007

Se vi è stato un prepotente ritorno ad una dimensione occulta, ad un’ortodossia del male religioso, parte del merito va tributato alla Norma Evangelium Diaboli, label capace di darsi un deciso percorso contenutistico prima che musicale, raccogliendo sotto le proprie ali i principali artefici di questa restituzione tematica: gruppi come i Deathspell Omega o i Watain hanno allontanato l’attenzione dal nichilismo depressivo e dal culto pagano/naturalista che sembrava dominare la scena black metal, dando nuova vita a quella poetica che si era imposta nel genere con De Mysteriis Dom Sathanas dei (defunti ?) MayheM.Visto da molti come un tradimento, il passaggio alla Season of Mist (a dispetto della versione vinile che rimarrà sotto la NoEvDia) preannunciava, al di là dei prevenuti proclami per l’approdo ad una realtà meno underground, una volontà da parte degli svedesi Watain (trio formato da C., P. e H.) tanto la volontà di innalzare qualitativamente (in fase di produzione) e quantitativamente (leggasi, allargare la propria

schiera) la strada intrapresa.Chiariamolo subito: “Sworn to the Dark”, che sia anche per un produzione relativamente limpida, non raggiunge la polverosa oscurità dell’esordio “Rabid Death’s Curse”, ne tanto meno sia avvicina a quella gemma sinistra di “Casus Luciferi”, tuttavia questa terza opera non tradisce quella buia cattiveria. Quell’ossessivo dispiegamento malevolo di cui erano carichi i precedenti lavori, viene in qualche modo mitigato da una composizione maggiormente varia, dove, accanto alle sfuriate melodiche di stampo svedese (di una melodia tutt’altro che rassicurante sempre si parla) e agli arpeggi disarmonici, i primi figli di quella riconoscenza per gli storici Dissection (l’opener è dedicata a Jon Nödtveidt), i secondi delle intuizioni dei Deathspell Omega, parti dove la qualità è sempre

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When dreams come true...Un breve viaggio nell’arte di Tim Lebbon

di Elvezio Sciallis

Tim Lebbon è nato nel 1969 a Londra, ha poi vissuto gran parte della sua vita adulta a Newport per decidere infine di trasferirsi con moglie e prole in un piccolo villaggio in campagna. Più ancora delle sue opere, di cui comunque discuteremo fra poco, è la sua stessa carriera a essere insieme esempio e sprone per chiunque intenda fare della scrittura il centro della sua stessa esistenza senza per questo mai abbandonare una ferma presa sulla realtà che ci circonda. La cosa migliore che possiate fare, se conoscete l’inglese, è spulciare tutta la lunga serie di news presenti nel suo sito, www.timlebbon.net, risalendo fino al 2001.

Tim Lebbon comincia a scrivere prestissimo e pubblica la sua prima storia a venticinque anni su una rivista indipendente inglese. Quella è la scintilla d’avvio per una brillante e continua ascesa che lo porta a essere conosciuto nel campo degli scrittori horror, partendo dai volumi iniziali per alcuni editori inglesi fino a raggiungere il grande mercato dei tascabili statunitensi. In parallelo a questa progressione potete notare la continua lotta di uno scrittore forzato, per i 17 anni durante i quali ha avuto un posto di lavoro “normale” presso una ditta, a comprimere la scrittura durante i week end, le ferie le pause pranzo e intere notti in bianco.Man mano che editori più importanti cominciano a interessarsi ai suoi lavori Tim Lebbon riesce a sganciarsi dal suo

“daily job” e passa prima a un part time per poi, pochi mesi fa, tagliare l’agognato traguardo del professionismo totale, licenziarsi dalla dita e mettersi a scrivere notte e giorno.Diciassette anni. Vuol dire avere una forza di volontà e una tenacia non comuni. Il tutto condito dalla necessaria (con le naturali eccezioni, chiaro) iniezione di una normalità fatta di moglie, figli, concerti rock, grandi sbronze, lutti e gioie e tutto quel bagaglio di emozioni e sensazioni che, filtrate attraverso le capacità intellettuali e artistiche, vanno poi a creare la giusta base per romanzi e racconti.La produzione di Lebbon è ormai vasta e consistente, con una ventina circa di volumi all’attivo, parecchie collaborazioni e molte inclusioni in antologie di chiara fama quali i Mammoth book of… e Year’s Best Fantasy & Horror. Innumerevoli anche i premi raccolti dallo scrittore inglese che vanta ormai un ottimo palmares fra Bram Stoker Awards, British Fantasy Awards e altri ancora. È stato anche vice presidente della Horror Writers Association e ha tenuto lezioni di scrittura creativa all’università di Cardiff.Tim Lebbon nasce come scrittore horror e continua a esserlo nonostante l’evidente bisogno di diversificare la sua produzione ora che è entrato nell’arena del professionismo totale e ci sono esigenze di mercato che sarebbe folle ignorare da parte di chiunque intenda vivere della propria scrittura. Ecco quindi che accanto alla canonica produzione del genere da noi preferito ha recentemente sfornato alcuni titoli apertamente fantasy (Dusk, l’imminente Dawn) senza dimenticare l’affascinante mix fra horror e western presente nella sua serie Assassins.Lebbon incarna la figura dello scrittore professionista non solo per quanto riguarda l’eterogeneità delle tematiche e dei contenuti ma anche per quanto concerne il tipo di stile usato che muta e si adatta alle situazioni con estrema facilità. La cifra media di Lebbon è comunque identificabile in un prosare asciutto rispetto a tanti altri colleghi amanti dell’iper-aggettivazione; buona confidenza con i dialoghi e un senso del ritmo e della composizione in grado di fargli strutturare le storie in un continuo crescendo, con un forte aggancio iniziale e un controllo del finale che gli evita cali o climax troppo concitati.Una delle situazioni che più ama descrivere e presentare ai lettori è quella dell’umanità (o anche solo di un gruppo) in una situazione limite quale una epidemia o un attacco da parte di agenti soprannaturali o comunque un ambiente

naturale ostile e difficile da gestire. Con la svolta verso il professionismo per autori quali Lebbon e i tantissimi altri che non riescono a raggiungere il numero uno nelle classifiche di vendita, diventa necessario diversificare e intensificare sempre di più la produzione: pur avendo un mercato assai più florido e sano del nostro, in America uno scrittore di questo livello è spesso tenuto a pubblicare fino a 3 (Brian Keene parla addirittura di 4!) romanzi all’anno per riuscire a guadagnare il necessario per vivere ed è inevitabile che non tutte le ciambelle riescano con un buco artisticamente perfetto.Ecco quindi le incursioni nel fantasy di Dusk che brilla di luce propria solo nelle parti ancora legate al terreno più familiare all’autore, ovvero quelle più spiccatamente horror ed ecco anche gli scritti legati al noto personaggio dei fumetti (e film) Hellboy, del quale Lebbon ha scritto Unnatural Selection, sorta di romanzo compendio che scaglia la creatura di Mike Mignola e i suoi amici del BPRD in una girandola vertiginosa di situazioni-limite fra grifoni, licantropi, fenici e draghi.Con tutto il rispetto per questa serie di prove necessarie a consolidare mestiere e continuità, ci sembra però che Lebbon brilli di luce più intensa in occasione di altri titoli, dall’apocalisse improvvisa e radicale di The Nature of Balance al dittico zombesco Naming of Parts/Changing of Faces fino all’anomalo Desolation nel quale troviamo Cain, un ragazzo tenuto isolato da un padre intenzionato a sperimentare e indurre nel figlio i poteri paranormali legati a una condizione chiamata Pure Sight. Quando il padre di Cain muore, il sedicenne si trova a dover

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La ragazza dei miei sogniFrancesco DimitriGargoyle Books, 2007Pagine 200, 10,5€Codice ISBN: 8889541180

Cosa succede quanto incontri la ragazza dei tuoi sogni? Cosa succede se dopo un lungo periodo di solitudine giunge la ragazza perfetta, l’incarnazione di ogni tuo desiderio d’amore, di sesso, di amicizia? Potresti semplicemente esserne felice. Ma potresti anche incontrare un mago punk, svelare l’Incanto che scorre tra le strade di città, scoprire che la realtà nasconde meraviglie ed orrori di cui non sospettavi l’esistenza. Perché ogni amore presenta un volto oscuro, e dietro ogni sogno l’incubo è in agguato. Non è possibile affrontarlo senza sacrificare qualcosa…

La Gargoyle Books, ormai leader in Italia per la pubblicazione di horror, si è decisa al “grande passo”: La ragazza dei miei sogni è infatti il primo romanzo di un “giovane autore italiano dell’orrore” pubblicato nel suo catalogo. E che romanzo! Del libro ha detto Gianfranco Manfredi (maestro autore dell’unico altro titolo made in Italy pubblicato dalla casa editrice romana, l’ottimo Magia Rossa): “finalmente un po’ d’aria fresca nella palude del gotico italiano… Un esordio convincente… Dimitri sa cosa raccontare e come farlo...” e noi non possiamo che essere d’accordo con lui.Va detto che Francesco Dimitri, per quanto anagraficamente giovane (solo 26 anni), tanto “giovane” editorialmente parlando non è. Ha pubblicato quattro saggi, Comunismo magico (2004), Guida alle case più stregate del mondo (2004), Neopaganesimo (2005) e Manuale del cattivo (2006), oltre ad essere co-autore di Dies Iraq (2003), tutti con Castelvecchi. Sorretto da queste esperienze editoriali (decisamente inusuali per un “giovane”) Dimitri si è lanciato nella narrativa horror con consapevolezza di mezzi e conoscenza della materia, producendo un romanzo che non ammicca a modelli esteri ma anzi fa del “essere italiano” il suo punto di forza. Opera “profumata” di narrativa mainstream nella prima

parte, La ragazza dei miei sogni nella seconda dà libertà assoluta al fantastico e all’orrore, un mix riuscito di magia, esoterismo, morte e mitologia pagana. La scrittura di Dimitri è fresca e pienamente attuale, solletica la curiosità e trascina nel vortice (nero) degli eventi, il tutto in poco meno di duecento pagine sostenute da un buon ritmo e senza perdersi in sterili tentativi di “alta (noiosa e boriosa) letteratura”.Consigliatissimo, soprattutto ai lettori under 35.(Alessio Valsecchi)

NeroOlivier PauvertMondadori, 2006Pagine 238, 15€Codice ISBN: 8804557885

Una festa di nozze in un golf nella zona di Nizza. Una ragazza viene assassinata. Uno degli invitati che era nelle vicinanze della scena del crimine senza sospettare quello che stava accadendo viene arrestato dalla polizia. Mentre lo portano via su un furgone accade un terribile incidente, un’esplosione e l’uomo è il solo superstite. Dopo un bizzarro vagabondaggio in un parco misterioso dove fa degli incontri inverosimili, riesce a fare ritorno a Parigi, da sua moglie. Ma lei praticamente non lo riconosce: sono passati 12 anni dalla festa di nozze. A rendere ancora peggiore la situazione c’è il fatto che l’uomo scopre che gli specchi

non restituiscono la sua immagine riflessa...

Nero, di Olivier Pauvert, è un libro di difficile catalogazione, poiché i generi che lo compongono, fantascienza, horror e noir, sono amalgamati perfettamente, fusi in una storia cruda e allucinata.Il protagonista, voce narrante delle vicende, dopo aver scoperto un orrendo omicidio, si ritrova a essere principale indiziato. Catturato dalle forze dell’ordine, nel tragitto fino al commissariato è vittima di un incidente stradale e, dopo una lieve incoscienza, scoprirà di essere l’unico superstite.Da qui, inizia la sua indagine per scoprire il reale assassino, ma soprattutto i suoi tentativi di fare luce sul proprio passato. Perché, dopo l’incidente, il Tempo sembra essere impazzito: in una notte sono passati dodici anni, di oblio e di cambiamenti epocali, in una Francia attonita e anomala. Dodici anni che per lui sembrano non essere mai trascorsi.Con uno stile fitto e tortuoso, dove aggettivazioni coraggiose colorano e scuriscono ogni paesaggio, Pauvert ci racconta una storia oscura, dove l’uomo è lentamente scivolato verso un oblio intellettivo e una radicale svolta verso una destra estremista, a tratti nazista.Il romanzo, e il futuro prossimo dove è collocata la vicenda, sono una chiara allegoria del nostro tempo, del pericolo di una deriva umana intollerante e razzista. In questa Francia del futuro, un oscuro partito, derivato dal partito Nazionale, governa lo stato, erigendo barriere razziali,

psicologiche e fisiche, verso la popolazione di colore, e verso ogni tipo di diversità; dettami allucinati che però nessuno sembra poter, e voler, contrastare.In questo ambiente cupo e reale, la vicenda tra brusche sterzate e sorprendenti rivelazioni accompagnerà il lettore fino a un finale perverso e ineluttabile, quasi un ultimo giudizio sul nostro tempo. I personaggi che accompagnano, e spesso contrastano, il protagonista, sono pochi ma ben caratterizzati, ognuno calato in un ruolo perfetto e sorprendente. Altre protagoniste del romanzo sono le Motociclette, ognuna particolareggiata e amata fino all’eccesso, che aiuteranno l’antieroe nella sua personale ricerca della verità.Le duecento pagine del romanzo scorrono veloci, tranne forse all’inizio, quando il buio, il Nero, è ancora troppo accecante anche per il protagonista.Un libro che vale la pena esser letto, per l’acume con cui l’autore ci presenta un futuro che potrebbe essere il nostro, fatto di indifferenza, apatia e odio razziale, e per una storia carica, a tratti blasfema, ben orchestrata e oscura. (Andrea Galla)

L’amore e altre forme d’odioLuca RicciEinaudi, 2006Pagine 141, 11€Codice ISBN: 8806182382

I mariti e le mogli che popolano questi racconti vivono una tranquilla vita di coppia, che include una casa, alle volte un figlio e spesso un’amante. I loro gesti e riti quotidiani sono fotografati con sguardo distaccato, ma inquietudini e presentimenti sono ben visibili sotto la limpida lastra di ghiaccio delle relazioni. A volte sono gli oggetti a raccontare le ipocrisie, i silenzi, i tragicomici inganni della vita di tutti i giorni; altre volte l’esistenza dei personaggi tende a sdoppiarsi, riflettendo le trame oscure dei loro desideri.

Già in passato mi sono ritrovato a parlare di Luca Ricci come di un “maestro”, il maestro del

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