30) RECPRIGOGINE

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RECENSIONI&REPORTS recensione 332 Ilya Prigogine Le leggi del caos tr. it. a cura di C. Brega e A. De Lachenal Laterza, RomaBari 2008, pp. 117, € 8 Questo volume nasce da un ciclo di lezioni tenute da Ilya Prigogine all’Università Statale di Milano presso la cattedra di Filosofia della Scienza del prof. Giulio Giorello e la sua forza consiste nel tentativo di avvicinare il lettore a tematiche di alta complessità che riguardano il caos e le sue leggi. Il libro non è di lettura semplicissima pur essendo pensato per un pubblico di non addetti ai lavori; la ricchezza di contenuti di fisica teorica e di matematica applicata alla fisica (con in più un’Appendice all’interno della quale vengono mostrate e discusse tutte le dimostrazioni delle varie equazioni presentate) risulta essere sì complessa ma comunque necessaria e in un certo senso veramente efficace in quanto l’autore (e lo dice chiaramente) sente l’esigenza di mostrare come le sue speculazioni abbiano un fondamento matematico riscontrabile e dimostrabile. Sicuramente si tratta di una tematica molto forte dal punto di vista dell’immaginario, forse ancora di più che dal punto di vista fisicoteorico o matematico. È indubbio che da Esiodo in poi (il quale legge la realtà come sgorgante dal caos primordiale), passando per tutti i sistemi filosofici e metafisici che l’Occidente ci ha regalato, inserendovi al loro interno anche il Cristianesimo e in generale la dimensione religiosa, l’idea guida è stata quella di fondare una stabilità, anzi forse la necessità

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RECENSIONI&REPORTS recensione 

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Ilya Prigogine  Le leggi del caos 

tr. it. a cura di C. Brega e A. De Lachenal  Laterza, Roma‐Bari 2008, pp. 117, € 8 

 

 

Questo  volume  nasce  da  un  ciclo  di 

lezioni  tenute  da  Ilya  Prigogine 

all’Università  Statale  di  Milano 

presso la cattedra di Filosofia della 

Scienza  del  prof.  Giulio  Giorello  e 

la  sua  forza  consiste  nel  tentativo 

di  avvicinare  il  lettore  a  tematiche 

di alta complessità che riguardano il 

caos  e  le  sue  leggi.  Il  libro  non  è 

di  lettura  semplicissima  pur  essendo 

pensato  per  un  pubblico  di  non 

addetti  ai  lavori;  la  ricchezza  di 

contenuti  di  fisica  teorica  e  di 

matematica  applicata  alla  fisica  (con  in  più  un’Appendice 

all’interno  della  quale  vengono  mostrate  e  discusse  tutte  le 

dimostrazioni delle varie equazioni presentate) risulta essere sì 

complessa  ma  comunque  necessaria  e  in  un  certo  senso  veramente 

efficace  in  quanto  l’autore  (e  lo  dice  chiaramente)  sente 

l’esigenza  di  mostrare  come  le  sue  speculazioni  abbiano  un 

fondamento matematico riscontrabile e dimostrabile. 

Sicuramente  si  tratta  di  una  tematica  molto  forte  dal  punto  di 

vista dell’immaginario, forse ancora di più che dal punto di vista 

fisico‐teorico o matematico. È indubbio che da Esiodo in poi (il 

quale  legge  la  realtà  come  sgorgante  dal  caos  primordiale), 

passando  per  tutti  i  sistemi  filosofici  e  metafisici  che 

l’Occidente ci ha regalato, inserendovi al loro interno anche il 

Cristianesimo e in generale la dimensione religiosa, l’idea guida 

è stata quella di fondare una stabilità, anzi forse la necessità 

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della  fondazione  di  una  stabilità,  come  bisogno  profondamente 

umano  di  pensare  il  mondo  come  un  tutto  ben  organizzato  e 

regolato.  Il  caos  rappresenterebbe  così  sempre  un  orizzonte 

traumatico  dal  quale  risollevarsi  con  la  forza  stabilizzante  di 

una ragione ordinatrice.  

In  questo  testo  dalle  forti  implicazioni  filosofiche  Prigogine 

cerca  di  costruire  una  parentela  tra  alcuni  elementi,  la  quale 

permetterebbe  di  costruire  una  nuova  immagine  del  mondo  e  una 

rinnovata forma di rispecchiamento tra l’uomo e la natura. Questi 

elementi sono vari ed eterogenei, si va dal caos ovviamente (il 

quale  è  da  intendersi  in  una  forma  “allargata”  includente  le 

nozioni di probabilità e irreversibilità), si passa per il tempo 

(da  intendersi  come  freccia  che  procede  da  un  passato  e  si 

incammina  verso  un  futuro),  fino  a  giungere  alla  creatività 

(capacità immanente alla natura di creare sistemi differenti). 

Punto  di  partenza  e  vero  e  proprio  nucleo  concettuale  della 

ricerca decennale del Premio Nobel per la Chimica Ilya Prigogine è 

proprio  l’analisi  del  ruolo  e  della  funzione  della  freccia  del 

tempo  all’interno  della  visione  del  mondo  propria  della  fisica 

teorica: «la fisica, da Galileo a Feynman e Hawking, ha ripetuto 

la più paradossale delle negazioni, quella della freccia del tempo 

che pure traduce la solidarietà della nostra esperienza interiore 

con il mondo in cui viviamo» (p. IX).  

In  realtà,  ciò  che  viene  messo  in  discussione  attraverso 

l’utilizzazione  della  freccia  del  tempo  all’interno  della 

“dinamica classica” così come all’interno della stessa “dinamica 

quantistica”, è proprio l’idea di “legge di natura” la quale «era 

associata  a  una  descrizione  deterministica  e  reversibile  del 

tempo, in cui futuro e passato avevano lo stesso ruolo» (p. 3). 

Per  formulare  una  “legge  di  natura”  in  senso  classico  era 

necessario  che  un  determinato  procedimento  fosse  reversibile  e 

sempre  si  ripetesse  alla  stessa  maniera,  in  poche  parole  era 

necessaria l’eliminazione di quella che Prigogine chiama freccia 

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del tempo. Eliminare la dimensione temporale dall’analisi fisica 

del mondo denota un’impostazione in un certo senso “ideologica” o 

comunque  metafisica:  «io  ho  sempre  pensato  che  in  tutto  ciò 

l’elemento teologico abbia giocato un ruolo importante», «per Dio 

tutto  è  dato;  novità,  scelta  o  azione  spontanea  dipendono  dal 

nostro punto di vista umano, mentre agli occhi di Dio il presente 

contiene il futuro come il passato», «in quest’ottica lo studioso 

grazie  alla  conoscenza  delle  leggi  della  natura  si  avvicina 

progressivamente alla conoscenza divina» (p. 7). Sono state due, 

secondo Prigogine, le scoperte fondamentali che hanno cominciato a 

incrinare la fede in una razionalizzazione assoluta della natura 

attraverso il dominio delle leggi immutabili e irreversibili, da 

un  lato  la  termodinamica,  segnatamente  il  secondo  principio  che 

tiene  conto  dell’irreversibilità  di  tutta  una  serie  di  eventi 

termodinamici  e  che  introduce  la  questione  dell’entropia, 

dall’altro  e  in  maniera  ancora  più  decisiva  l’evoluzionismo 

darwiniano  che,  differentemente  dalla  termodinamica  che  muove 

dall’ordine verso il disordine e dirige il tempo verso una morte 

termica, parla un vocabolario fatto di novità e creazione di nuove 

forme, di modi di adattamento e di nicchie ecologiche. 

Il disordine e il caos non portano, secondo Prigogine, alla morte 

termica,  alla  “fine  del  mondo”,  ma  sono  elementi  di  novità 

dall’alto  potenziale  creativo.  Ecco  la  prima  connessione 

fondamentale: il caos non come forza che porta alla fine, ma come 

forza che riproduce continuamente il miracolo creativo del nuovo. 

Ma  la  riflessione  –  e  il  lettore  più  attento  se  ne  accorgerà 

subito – ha una  certa tonalità bergsoniana (pur non essendo mai 

citato,  all’interno  di  questo  libro,  il  filosofo  francese).  La 

connessione  fondamentale  tra  la  dimensione  temporale  e  la 

dimensione della creatività (sullo sfondo di un’idea “positiva” di 

caos)  viene  esposta  in  questi  termini:  «la  riconsiderazione  del 

“caos”  porta  anche  a  una  nuova  coerenza,  a  una  scienza  che  non 

parla  solamente  di  leggi,  ma  anche  di  eventi,  la  quale  non  è 

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condannata  a  negare  l’emergere  del  nuovo,  che  comporterebbe  un 

rifiuto della propria attività creatrice» (p. X). 

Gli  elementi  fondamentali  di  questa  creatività  del  caos  sono 

dunque due: in primo luogo «la freccia del tempo ha il ruolo di 

creare  strutture»  (p.  23),  a  questo  Prigogine  giunge  attraverso 

l’analisi delle cosiddette strutture dissipative (quelle, in poche 

parole,  che  esistono  soltanto  fino  al  momento  in  cui  l’energia 

viene dissipata e contemporaneamente viene mantenuto il livello di 

interazione con il mondo esterno); in secondo luogo ammettendo che 

«i  fenomeni  irreversibili  non  si  riducono  a  un  aumento  di 

“disordine”, come si pensava un tempo, ma al contrario hanno un 

ruolo costruttivo importantissimo» (p. 23). 

Tutta  la  parte  centrale  del  volume  è  dedicata  al  tentativo  di 

riformulare daccapo e in maniera conseguente le leggi fondamentali 

della  dinamica  classica,  quantistica  e  relativistica,  in  vista 

dell’inserimento all’interno di esse della freccia del tempo con 

la sua creatività essenziale. La priorità di Prigogine è mostrare 

che parlare di tempo irreversibile non significa abbandonarsi al 

determinismo del caso o dell’evento, significa invece percorrere 

nuove  strade  all’interno  delle  quali  attraverso  probabilismo  e 

irreversibilità sia possibile mostrare come “funziona” il caos e 

come da esso si possano originare sia ordine sia disordine, sia la 

creatività della “vita” sia la possibilità di una “morte”.  

Infine – e su questo punto l’autore insiste sia nelle premesse sia 

nelle  conclusioni  –  bisogna  lasciar  perdere  e  mettere 

definitivamente in soffitta il “dualismo cartesiano” che a detta 

dell’autore domina ancor’oggi la stessa percezione delle scienze 

(anche di quelle umane); il dualismo cartesiano ha portato a un 

dualismo di culture che fa sentire il suo peso ancora nella nostra 

contemporaneità. Ancora una volta è la determinazione fondamentale 

del tempo ad avere la centralità: nella dimensione interiore e più 

in generale in tutte le attività umane si immagina il tempo come 

irreversibile e creativo e si parla spesso di “sistemi complessi”, 

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nel  mondo  esteriore  e  più  in  generale  all’interno  del  mondo 

microfisico e macrofisico si immagina il tempo come reversibile e 

si  parla  dunque  di  “sistemi  semplici”.  Ciò  che  Prigogine  vuole 

affermare è che mondo umano e mondo fisico rispondono alle stesse 

leggi  di  complessità,  che  la  creatività  non  risiede  soltanto  in 

quell’eccezione  rappresentata  dalla  biologia  e  ancor  di  più  dal 

fenomeno  umano,  ma  che  è  la  stessa  struttura  della  realtà  a 

determinarsi attraverso la freccia del tempo, è il cosmo stesso a 

essere creativo.  

Nella conclusione del libro Prigogine lo afferma chiaramente: «il 

messaggio  di  questo  mio  volume  vuole  essere  ottimistico»,  «la 

scienza inizia a essere in grado di descrivere la creatività della 

natura, e il tempo, oggi, è anche il tempo che non parla più di 

solitudine,  ma  dell’alleanza  dell’uomo  con  la  natura  che  egli 

descrive» (p. 85). Questa professione di ottimismo accompagnata al 

sentimento della nascita di una nuova epoca per la scienza e più 

in generale per la cultura umana è il filo conduttore fondamentale 

di questo piccolo e prezioso libro. 

DELIO SALOTTOLO