30) RECPRIGOGINE
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Ilya Prigogine Le leggi del caos
tr. it. a cura di C. Brega e A. De Lachenal Laterza, Roma‐Bari 2008, pp. 117, € 8
Questo volume nasce da un ciclo di
lezioni tenute da Ilya Prigogine
all’Università Statale di Milano
presso la cattedra di Filosofia della
Scienza del prof. Giulio Giorello e
la sua forza consiste nel tentativo
di avvicinare il lettore a tematiche
di alta complessità che riguardano il
caos e le sue leggi. Il libro non è
di lettura semplicissima pur essendo
pensato per un pubblico di non
addetti ai lavori; la ricchezza di
contenuti di fisica teorica e di
matematica applicata alla fisica (con in più un’Appendice
all’interno della quale vengono mostrate e discusse tutte le
dimostrazioni delle varie equazioni presentate) risulta essere sì
complessa ma comunque necessaria e in un certo senso veramente
efficace in quanto l’autore (e lo dice chiaramente) sente
l’esigenza di mostrare come le sue speculazioni abbiano un
fondamento matematico riscontrabile e dimostrabile.
Sicuramente si tratta di una tematica molto forte dal punto di
vista dell’immaginario, forse ancora di più che dal punto di vista
fisico‐teorico o matematico. È indubbio che da Esiodo in poi (il
quale legge la realtà come sgorgante dal caos primordiale),
passando per tutti i sistemi filosofici e metafisici che
l’Occidente ci ha regalato, inserendovi al loro interno anche il
Cristianesimo e in generale la dimensione religiosa, l’idea guida
è stata quella di fondare una stabilità, anzi forse la necessità
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della fondazione di una stabilità, come bisogno profondamente
umano di pensare il mondo come un tutto ben organizzato e
regolato. Il caos rappresenterebbe così sempre un orizzonte
traumatico dal quale risollevarsi con la forza stabilizzante di
una ragione ordinatrice.
In questo testo dalle forti implicazioni filosofiche Prigogine
cerca di costruire una parentela tra alcuni elementi, la quale
permetterebbe di costruire una nuova immagine del mondo e una
rinnovata forma di rispecchiamento tra l’uomo e la natura. Questi
elementi sono vari ed eterogenei, si va dal caos ovviamente (il
quale è da intendersi in una forma “allargata” includente le
nozioni di probabilità e irreversibilità), si passa per il tempo
(da intendersi come freccia che procede da un passato e si
incammina verso un futuro), fino a giungere alla creatività
(capacità immanente alla natura di creare sistemi differenti).
Punto di partenza e vero e proprio nucleo concettuale della
ricerca decennale del Premio Nobel per la Chimica Ilya Prigogine è
proprio l’analisi del ruolo e della funzione della freccia del
tempo all’interno della visione del mondo propria della fisica
teorica: «la fisica, da Galileo a Feynman e Hawking, ha ripetuto
la più paradossale delle negazioni, quella della freccia del tempo
che pure traduce la solidarietà della nostra esperienza interiore
con il mondo in cui viviamo» (p. IX).
In realtà, ciò che viene messo in discussione attraverso
l’utilizzazione della freccia del tempo all’interno della
“dinamica classica” così come all’interno della stessa “dinamica
quantistica”, è proprio l’idea di “legge di natura” la quale «era
associata a una descrizione deterministica e reversibile del
tempo, in cui futuro e passato avevano lo stesso ruolo» (p. 3).
Per formulare una “legge di natura” in senso classico era
necessario che un determinato procedimento fosse reversibile e
sempre si ripetesse alla stessa maniera, in poche parole era
necessaria l’eliminazione di quella che Prigogine chiama freccia
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del tempo. Eliminare la dimensione temporale dall’analisi fisica
del mondo denota un’impostazione in un certo senso “ideologica” o
comunque metafisica: «io ho sempre pensato che in tutto ciò
l’elemento teologico abbia giocato un ruolo importante», «per Dio
tutto è dato; novità, scelta o azione spontanea dipendono dal
nostro punto di vista umano, mentre agli occhi di Dio il presente
contiene il futuro come il passato», «in quest’ottica lo studioso
grazie alla conoscenza delle leggi della natura si avvicina
progressivamente alla conoscenza divina» (p. 7). Sono state due,
secondo Prigogine, le scoperte fondamentali che hanno cominciato a
incrinare la fede in una razionalizzazione assoluta della natura
attraverso il dominio delle leggi immutabili e irreversibili, da
un lato la termodinamica, segnatamente il secondo principio che
tiene conto dell’irreversibilità di tutta una serie di eventi
termodinamici e che introduce la questione dell’entropia,
dall’altro e in maniera ancora più decisiva l’evoluzionismo
darwiniano che, differentemente dalla termodinamica che muove
dall’ordine verso il disordine e dirige il tempo verso una morte
termica, parla un vocabolario fatto di novità e creazione di nuove
forme, di modi di adattamento e di nicchie ecologiche.
Il disordine e il caos non portano, secondo Prigogine, alla morte
termica, alla “fine del mondo”, ma sono elementi di novità
dall’alto potenziale creativo. Ecco la prima connessione
fondamentale: il caos non come forza che porta alla fine, ma come
forza che riproduce continuamente il miracolo creativo del nuovo.
Ma la riflessione – e il lettore più attento se ne accorgerà
subito – ha una certa tonalità bergsoniana (pur non essendo mai
citato, all’interno di questo libro, il filosofo francese). La
connessione fondamentale tra la dimensione temporale e la
dimensione della creatività (sullo sfondo di un’idea “positiva” di
caos) viene esposta in questi termini: «la riconsiderazione del
“caos” porta anche a una nuova coerenza, a una scienza che non
parla solamente di leggi, ma anche di eventi, la quale non è
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condannata a negare l’emergere del nuovo, che comporterebbe un
rifiuto della propria attività creatrice» (p. X).
Gli elementi fondamentali di questa creatività del caos sono
dunque due: in primo luogo «la freccia del tempo ha il ruolo di
creare strutture» (p. 23), a questo Prigogine giunge attraverso
l’analisi delle cosiddette strutture dissipative (quelle, in poche
parole, che esistono soltanto fino al momento in cui l’energia
viene dissipata e contemporaneamente viene mantenuto il livello di
interazione con il mondo esterno); in secondo luogo ammettendo che
«i fenomeni irreversibili non si riducono a un aumento di
“disordine”, come si pensava un tempo, ma al contrario hanno un
ruolo costruttivo importantissimo» (p. 23).
Tutta la parte centrale del volume è dedicata al tentativo di
riformulare daccapo e in maniera conseguente le leggi fondamentali
della dinamica classica, quantistica e relativistica, in vista
dell’inserimento all’interno di esse della freccia del tempo con
la sua creatività essenziale. La priorità di Prigogine è mostrare
che parlare di tempo irreversibile non significa abbandonarsi al
determinismo del caso o dell’evento, significa invece percorrere
nuove strade all’interno delle quali attraverso probabilismo e
irreversibilità sia possibile mostrare come “funziona” il caos e
come da esso si possano originare sia ordine sia disordine, sia la
creatività della “vita” sia la possibilità di una “morte”.
Infine – e su questo punto l’autore insiste sia nelle premesse sia
nelle conclusioni – bisogna lasciar perdere e mettere
definitivamente in soffitta il “dualismo cartesiano” che a detta
dell’autore domina ancor’oggi la stessa percezione delle scienze
(anche di quelle umane); il dualismo cartesiano ha portato a un
dualismo di culture che fa sentire il suo peso ancora nella nostra
contemporaneità. Ancora una volta è la determinazione fondamentale
del tempo ad avere la centralità: nella dimensione interiore e più
in generale in tutte le attività umane si immagina il tempo come
irreversibile e creativo e si parla spesso di “sistemi complessi”,
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nel mondo esteriore e più in generale all’interno del mondo
microfisico e macrofisico si immagina il tempo come reversibile e
si parla dunque di “sistemi semplici”. Ciò che Prigogine vuole
affermare è che mondo umano e mondo fisico rispondono alle stesse
leggi di complessità, che la creatività non risiede soltanto in
quell’eccezione rappresentata dalla biologia e ancor di più dal
fenomeno umano, ma che è la stessa struttura della realtà a
determinarsi attraverso la freccia del tempo, è il cosmo stesso a
essere creativo.
Nella conclusione del libro Prigogine lo afferma chiaramente: «il
messaggio di questo mio volume vuole essere ottimistico», «la
scienza inizia a essere in grado di descrivere la creatività della
natura, e il tempo, oggi, è anche il tempo che non parla più di
solitudine, ma dell’alleanza dell’uomo con la natura che egli
descrive» (p. 85). Questa professione di ottimismo accompagnata al
sentimento della nascita di una nuova epoca per la scienza e più
in generale per la cultura umana è il filo conduttore fondamentale
di questo piccolo e prezioso libro.
DELIO SALOTTOLO