3 TTRE 2016 n.141 16 MAGAZINE Ecco cosa presenterà Tomb ...

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MAGAZINE n.141 / 16 3 OTTOBRE 2016 Rivoluzione elettrica tutte le novità da Parigi Tecnologia e automobili ormai sono una cosa sola: siamo andati al salone di Parigi per vedere cosa succederà nei prossimi anni Viaggio alla scoperta dei simulatori dove si addestrano gli ufficiali Costa Procedure, metodo, gioco di squadra e tanta tecnologia per allenare i comandanti delle navi super tecnologiche 04 GoPro Karma Il drone più atteso di sempre Tomb Raider e Playstation VR Da far girare la testa 22 Ecco cosa presenterà Google all’evento del 4 ottobre 16 iPhone 7, i dettagli fanno la differenza Un prodotto eccezionale, migliorato dove serve L’ecosistema Apple si dimostra un’arma vincente Braun Series 9: la rivoluzione della rasatura batte una barba ribelle Abbiamo messo a dura prova il nuovo rasoio Braun con una difficilissima barba di 5 giorni 47 Forza Horizon 3 Divertimento in HDR 45 FIFA 17 o PES 2017? Scopriamo chi vince 23 36 41 32 SIAE si fa bella con i soldi degli altri Sabato scorso SIAE ha emanato il bando “Sillumina” per il finanziamento a fondo perduto di una serie di progetti di soste- gno ai giovani artisti, come previsto dalla legge di stabilità 2016 e dal successivo Atto di Indirizzo del Ministero dei Beni Culturali. I fondi per finanziare questi progetti sono prelevati, in ragione del 10%, dalla raccolta dei discussi compensi per copia privata, aumentati fortemente a partire dallo scorso anno: la raccolta nel 2015 è salita a circa 130 milioni di euro con previsioni stabili per il 2016. L’Atto di Indirizzo del Ministero ha stabi- lito una serie di paletti e tutti gli ambiti in cui i progetti devono articolarsi: lo sviluppo delle attività culturali e artistiche nelle periferie urbane; la realizzazione di nuove opere; la formazione artistica; le performance live e la promozione inter- nazionale; la traduzione e distribuzione all’estero di opere. Il tutto destinato ad artisti giovani, sotto i 35 anni. SIAE ha fatto il resto predisponendo sul sito sillumina.it tutti i bandi e i fac simile delle documentazioni da consegnare per la partecipazione nelle diverse sezioni. Un lavoro di certo complesso e – per quanto si vede al momento – ben fatto, con molti aspetti dettagliati e esplicita- zione dei criteri secondo i quali verranno effettuate le valutazioni dei progetti, che non riassumeremo qui. Citeremo due fatti che vengono agli occhi. Primo: la somma degli importi stanziati è pari al 5% della raccolta prevista 2016 (e non al 10%) e non se ne capiscono i motivi. La legge istitutiva è la Legge di Stabilità 2016, in vigore da inizio anno, e l’Atto del Ministero, che è di circa metà anno, non fa altro che definire alcune regole; parallelamente l’erogazione dei fondi inizierà solo nel 2017 avanzato (sarà quasi sempre a consuntivo delle attività). Sembra l’ennesima applicazione della politica di ratei e risconti inscatolati di SIAE che non consente mai di chiude- re i conti e che porta la società a saldare sempre molto tardi. Ai giovani artisti mancano quindi 6 milioni all’appello. Secondo: a fronte di tanta precisione nella messa a punto del bando, SIAE non chiarisce affatto chi sarà a valutare tutte le candidature: i bandi si limitano a indicare che “La valutazione sarà ef- fettuata da un’apposita Commissione di valutazione”. SIAE sembra avere quindi piena discrezionalità nella composizione della commissione e c’è da augurarsi che si tratti di una compagine al di sopra di ogni sospetto e soprattutto i cui mem- bri siano resi pubblici, per evidenti motivi di trasparenza e di verifica della non sussistenza di conflitti di interesse. segue a pagina 2

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MAGAZINEn.141 / 163 OTTOBRE 2016

Rivoluzione elettrica tutte le novità da ParigiTecnologia e automobili ormai sono una cosa sola: siamo andati al salone di Parigi per vedere cosa succederà nei prossimi anni

Viaggio alla scoperta dei simulatori dove si addestrano gli ufficiali Costa Procedure, metodo, gioco di squadra e tanta tecnologia per allenare i comandanti delle navi super tecnologiche 04

GoPro Karma Il drone più atteso di sempre

Tomb Raider e Playstation VR Da far girare la testa 22

Ecco cosa presenterà Google all’evento del 4 ottobre 16

iPhone 7, i dettagli fanno la differenza Un prodotto eccezionale, migliorato dove serve L’ecosistema Apple si dimostra un’arma vincente

Braun Series 9: la rivoluzione della rasatura batte una barba ribelle Abbiamo messo a dura prova il nuovo rasoio Braun con una difficilissima barba di 5 giorni

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Forza Horizon 3 Divertimento in HDR

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FIFA 17 o PES 2017? Scopriamo chi vince

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SIAE si fa bella con i soldi degli altriSabato scorso SIAE ha emanato il bando “Sillumina” per il finanziamento a fondo perduto di una serie di progetti di soste-gno ai giovani artisti, come previsto dalla legge di stabilità 2016 e dal successivo Atto di Indirizzo del Ministero dei Beni Culturali. I fondi per finanziare questi progetti sono prelevati, in ragione del 10%, dalla raccolta dei discussi compensi per copia privata, aumentati fortemente a partire dallo scorso anno: la raccolta nel 2015 è salita a circa 130 milioni di euro con previsioni stabili per il 2016.

L’Atto di Indirizzo del Ministero ha stabi-lito una serie di paletti e tutti gli ambiti in cui i progetti devono articolarsi: lo sviluppo delle attività culturali e artistiche nelle periferie urbane; la realizzazione di nuove opere; la formazione artistica; le performance live e la promozione inter-nazionale; la traduzione e distribuzione all’estero di opere. Il tutto destinato ad artisti giovani, sotto i 35 anni.

SIAE ha fatto il resto predisponendo sul sito sillumina.it tutti i bandi e i fac simile delle documentazioni da consegnare per la partecipazione nelle diverse sezioni. Un lavoro di certo complesso e – per quanto si vede al momento – ben fatto, con molti aspetti dettagliati e esplicita-zione dei criteri secondo i quali verranno effettuate le valutazioni dei progetti, che non riassumeremo qui. Citeremo due fatti che vengono agli occhi.

Primo: la somma degli importi stanziati è pari al 5% della raccolta prevista 2016 (e non al 10%) e non se ne capiscono i motivi. La legge istitutiva è la Legge di Stabilità 2016, in vigore da inizio anno, e l’Atto del Ministero, che è di circa metà anno, non fa altro che definire alcune regole; parallelamente l’erogazione dei fondi inizierà solo nel 2017 avanzato (sarà quasi sempre a consuntivo delle attività). Sembra l’ennesima applicazione della politica di ratei e risconti inscatolati di SIAE che non consente mai di chiude-re i conti e che porta la società a saldare sempre molto tardi. Ai giovani artisti mancano quindi 6 milioni all’appello.

Secondo: a fronte di tanta precisione nella messa a punto del bando, SIAE non chiarisce affatto chi sarà a valutare tutte le candidature: i bandi si limitano a indicare che “La valutazione sarà ef-fettuata da un’apposita Commissione di valutazione”. SIAE sembra avere quindi piena discrezionalità nella composizione della commissione e c’è da augurarsi che si tratti di una compagine al di sopra di ogni sospetto e soprattutto i cui mem-bri siano resi pubblici, per evidenti motivi di trasparenza e di verifica della non sussistenza di conflitti di interesse.

segue a pagina 2

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MAGAZINEn.141 / 163 OTTOBRE 2016

di Roberto PEZZALI

Ssi è conclusa con una vittoria delle

aziende il ricorso contro i decreto

Bondi del 2009 presentato davanti

al tribunale amministrativo del Lazio, poi

proseguito in ambito europeo. Nokia (ora

Microsoft), Hewlett-Packard, Telecom Ita-

lia, Samsung, Dell, Fastweb, Sony e Wind

avevano portato di fronte al TAR il fami-

gerato decreto che ha dato il via in Italia

all’odiato compenso per la copia privata,

e ora la Corte di Giustizia Europea ha dato

loro ragione mettendo in luce tre aspetti

del decreto che sono incompatibili con la

direttiva UE in materia. In prima istanza,

e questa era la distorsione più evidente,

trattandosi di un decreto per la “copia

privata” dovrebbe essere indirizzato ai

consumatori e non ai professionisti che

utilizzano i supporti: fino ad oggi infatti i

professionisti pagavano il “balzello” e,

successivamente potevano richiedere

il rimborso dimostrando che i materiali

erano stati acquistati per scopi professio-

nali. Questo secondo la Corte Europea

non è corretto, per i professionisti deve

esserci l’esenzioni prima dell’acquisto

del bene. Non è neppure corretto che

sia la SIAE a decidere in piena autonomia

con accordi sottobanco chi deve essere

esentato e chi no. Il caso eclatante per

esempio è quello delle console da gioco,

che non pagano eppure sono comunque

in grado di riprodurre contenuti copiati. Il

terzo aspetto è legato proprio all’esen-

zione post pagamento: l’Unione Europea

concorda sul fatto che il rimborso dopo

MERCATO La Corte Europea di giustizia bacchetta la SIAE e il Mibac sul decreto Bondi

Equo compenso, bocciato il decreto Bondi Ma per i comuni mortali non cambia nulla Vincono solo le aziende e a guadagnarci saranno coloro che usano supporti e dispositivi per uso professionale: i consumatori continueranno invece a pagare per la “copia privata”

aver acquistato il bene può essere una

alternativa all’esenzione dal pagamento,

ma che in ogni caso questo non deve ap-

plicarsi ai professionisti. Se un consuma-

tore finale dimostra che usa un prodotto

per cui ha pagato l’equo compenso per

una finalità diversa dalla riproduzione di

contenuti copiati da opere protette dal

diritto d’autore potrebbe essere rimbor-

sato. Inutile precisare che è molto difficile

che questo accada, ma in ogni caso l’UE

lascia un piccolo spiraglio.

Elio Catania, presidente di

Confindustria Digitale, ha accolto con

“grande soddisfazione la sentenza della

Corte di Giustizia europea che conferma

definitivamente l’illegittimità del paga-

mento del compenso per copia privata

per gli usi professionali da parte di pro-

duttori ed importatori”, “Abbiamo denun-

ciato – dichiara Catania - fin dall’ema-

nazione del cosiddetto decreto Bondi

la contrarietà al diritto comunitario delle

norme italiane che disciplinano il com-

penso per copia privata sugli usi profes-

sionali. Ora auspichiamo che la nuova

regolamentazione sul tema recepisca

integralmente le indicazioni date dalla

Corte e che le aziende siano prontamen-

te risarcite per quanto indebitamente

versato ad oggi”.

Una vittoria per le aziende, ma per i con-

sumatori non cambia nulla e la SIAE si

affretta a precisarlo: “la sentenza di oggi

della Corte di Giustizia non mette in al-

cun modo in discussione la legittimità

della copia privata, né mette in discus-

sione l’intero decreto Bondi o la corret-

tezza del nostro operato”. Per la SIAE è

comunque una sconfitta, perché nelle

sue casse non entreranno più i compen-

si derivati dalle vendite tra professionisti

che a questo punto sono esentati dal

pagamento all’origine. Ma purtroppo è

una sconfitta anche per il consumatore:

oggi gli smartphone e i dispositivi che

pagano i compensi per la copia priva-

ta risarciscono due volte gli autori, una

volta tramite il compenso SIAE e una se-

conda volta quando ascoltano la musica

tramite i servizi di streaming legali. Sono

finiti i tempi degli MP3 scaricati, dei CD

rippati e della musica che viaggia su file:

oggi grazie alle alternative legali, anche

gratuite, il concetto di “copia privata”

è medioevale quanto il decreto che su

quel principio rinpingua ogni anno le

casse della SIAE.

Malgrado questi punti interrogativi da sanare, noi rinviamo al sito sillumina.it tutti i giovani artisti e gli enti eventual-mente interessati, perché i tempi per la consegna dei progetti sono decisamen-te ristretti: a dispetto della (corretta) complessità dei documenti richiesti, c’è solo un mese e mezzo per consegnare le candidature, dato che il termine ulti-mo è il 15 novembre prossimo. Faccia-mo quindi anche noi la nostra parte di promozione dell’iniziativa per favorire la massima partecipazione, che dovrebbe corrispondere a una maggiore qualità dei progetti vincenti.

Anche SIAE ha scelto di promuovere l’iniziativa, pubblicando generosi inserti pubblicitari sui principali quotidiani e – sottolineiamo – questo è un bene, dato che un bando così importante richiede la massima visibilità. Il baco è che SIAE “si fa bella” con soldi non suoi, sia per quello che riguarda i finanzia-menti a fondo perduto che per quello che riguarda organizzazione, sito web e pubblicità. Tutto sembra far credere, infatti, che sia SIAE a istituire il bando e stanziare i fondi; insomma che sia SIAE a sostenere l’attività dei giovani artisti. A partire dallo slogan, che ovviamente campeggia gigantesco non solo sul sito sillumina.it ma anche su quello SIAE, “Mettiamo in luce i vostri progetti”. I soldi dei finanziamenti, invece – va detto chiaramente – sono degli aventi diritto che, a norma di legge, devono ri-nunciarvi a favore di questi investimenti. E tutti i soldi necessari per l’allestimento del sito, dei bandi, delle selezioni, della distribuzione dei fondi e anche della pubblicità, sono invece spesati da SIAE a piè di lista e – si legge nelle dispo-sizioni del Ministero - prelevati dalla raccolta generale per Copia Privata.

In questa fase storica SIAE deve giusti-ficare il proprio monopolio de facto e per l’Italia anche de jure nei confronti dell’Europa che ci chiede, procedure di infrazione alla mano, di procedere a una completa liberalizzazione del mercato delle collecting society. È una brutta stonatura che SIAE si metta in mostra sembrando “benefattrice” ma operando, totalmente spesata, con soldi non suoi e mischiando – ancora una volta – un ruolo pubblico con la propria immagine di ente di diritto privato. E ba-sta questo per capire che, prima ancora della liberalizzazione della raccolta, avremmo bisogno di un ruolo chiaro per SIAE, fuori dagli equivoci pubblico-pri-vato: il Ministero faccia il Ministero, vari i bandi, selezioni i candidati e disponga gli investimenti; la SIAE si metta al pari di qualsiasi altra associazione privata e svolga il suo ruolo di tutela degli associati.

Gianfranco GIARDINA

EDITORIALE

SIAE si fa bella con i soldi degli altri

segue Da pagina 1

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MAGAZINEn.141 / 163 OTTOBRE 2016

di Roberto PEZZALI

D ove non arriva la fibra ci pensano

le onde radio a colmare il digital di-

vide. Tiscali e Huawei hanno firma-

to il contratto per la fornitura di apparati

di rete che segna l’inizio di una nuova

era della banda larga in Italia, ovvero lo

sviluppo da parte di Tiscali di una rete

di accesso proprietaria LTE 4.5G Fixed

Wireless su frequenza 3.5GHz.

Questa rete permetterà agli utenti di

usufruire di servizi ultra broadband fino

a 100Mbps, ma in futuro con l’evoluzione

degli apparati si potrebbe arrivare fino a

1 Gbps. Serviranno tre anni per portare

a termine il progetto, ma già da questo

trimestre Tiscali inizierà a stendere sul

territorio nazionale la rete di accesso

LTE-TDD 4.5G WTTH puntando soprat-

tutto sulle zone dove non è prevista, al-

meno per il momento, la copertura totale

con la connettività a banda larga tramite

infrastruttura fissa.

WTTH è l’acronimo di Wirelessfiber to

the Home, un nome che tecnicamente è

tutt’altro che corretto ma ci può stare: se

gli altri operatori continuano a definire fi-

bra la connessione FTTC riferendosi alle

velocità raggiunte, allora anche questa

connessione basata su connettività LTE

MERCATO Un accordo da 40 milioni di euro per portare la banda larga dove non arriva la fibra

Tiscali e Huawei inventano la wireless fiberL’idea è quella di coprire l’Italia con una rete 4.5G WTTH. Non è fibra, ma basta che funzioni

può in qualche modo rubare il termine

“fibra” per utilizzarlo in un modo impro-

prio. Già oggi in molte zone d’Italia una

connessione LTE è più veloce, sia in

upload che in download, di una cattiva

connessione ADSL, e pensiamo che se

davvero Tiscali riesce a portare una con-

nessione a 100 Mbps a coloro che an-

cora oggi faticano ad arrivare ad 1 Mbps

tutto le sarà perdonato anzi, pioveranno

applausi.Il contratto prevede investimen-

ti per 40 milioni di Euro con una copertu-

ra di circa 13 milioni di famiglie e imprese,

in particolare nelle aree in Digital Divide

del paese.

“Continuare a creare innovazione per

gli operatori di telecomunicazioni è una

priorità di Huawei e l’unico modo per

soddisfare i requisiti per la realizzazione

di infrastrutture di rete all’avanguardia”

– ha dichiarato Edward Chan, CEO di

Huawei Italia. “In quanto leader globale

nel settore ICT, l’anno scorso Huawei ha

investito oltre il 15% dei propri ricavi in Ri-

cerca e Sviluppo, approccio che permet-

te di creare valore per i nostri clienti e im-

plementare soluzioniinnovative. Il nostro

obiettivo è quello di aiutare gli operatori

a costruire un ecosistema aperto, colla-

borativo e vantaggioso per tutti al fine di

accelerare la trasformazione digitale e

promuovere lo sviluppo del paese”.

BlackBerry non produrrà più smartphone Focus sui serviziEra una decisione attesa: BlackBerry non realizzerà più hardware “in casa” ma si limiterà a farlo produrre da terzi. Il focus, d’ora in poi, sarà su servizi e software, business che fa ancora registrare una crescita consistente di Franco AQUINI

BlackBerry non produrrà più smar-tphone in modo autonomo. Que-sta è la notizia più importante degli ultimi anni per l’azienda canadese che ha visto velocemente calare le proprie quote di mercato fino ad arrivare allo 0.1%, pari a circa 400.000 unità vendute in un trime-stre. Secondo il CEO John Chen, per rimanere nel mercato degli smartphone, BlackBerry avrebbe bisogno di vendere almeno 5 mi-lioni di unità l’anno. Un obiettivo troppo distante dalle attuali ven-dite e che può distogliere investi-menti importanti dal ramo d’azien-da che invece continua a crescere, ovvero quello del software e delle soluzioni di sicurezza. BlackBerry non cesserà comun-que la produzione di smartpho-ne. Quello che farà in futuro sarà probabilmente seguire la strategia già adottata col Dtek50, l’ultimo smartphone rilasciato dall’azien-da, prodotto da Alcatel sulla base del suo Idol 4. Sul fronte software, al contrario, la situazione sembre-rebbe più rosea, con un +30% di crescita dei ricavi registrato nel secondo trimestre di quest’anno. Crescita che però non è bastata ad arginare la perdita netta di 372 milioni di dollari su 334 milioni di dollari di ricavi.

di Emanuele VILLA

N on si parla ancora di cifre, ma l’in-

teresse sembra molto concreto.

Secondo Bloomberg, Disney sta-

rebbe finalizzando una grossa offerta

per acquisire Twitter, portandosi così in

pole position nella gara a tre con Google e Salesforce.L’azienda di Burbank, presente da un

po’ nell’elenco dei potenziali acquirenti,

sarebbe dunque in accelerazione per

diversi motivi: intanto per avere uno

sbocco social alla proprie attività, cosa

fondamentale per un’azienda che ha

sempre puntato molto sulla TV tradizio-

nale, ma anche perchè lo stesso Twitter

sta evolvendo verso il broadcasting

cercando di imporsi come piattaforma

MERCATO Secondo Bloomberg, Disney starebbe preparando una corposa offerta per twitter

Disney prepara un’offerta per comprarsi TwitterL’acquisto permetterebbe a Disney di guadagnare una posizione top nei social network

di entertainment.

In particolare, sembrerebbe quest’ul-

tima la principale motivazione dell’in-

teresse di Disney. Una volta entrata in

possesso di Twitter, Disney potrebbe

far confluire nella piattaforma social i

propri contenuti, rendendola di fatto un

riferimento del mondo broadcast/strea-

ming del futuro.

Come fa giustamente notare Il Sole 24

Ore, il fatto che l’attuale CEO di Twitter

Jack Dorsey sieda da tre anni nel consi-

glio di amministrazione Disney potreb-

be favorire non poco le trattative.

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MAGAZINEn.141 / 163 OTTOBRE 2016

di Gianfranco GIARDINA

P ortare a spasso una grande nave da crociera non

è come guidare un’utilitaria: una specie di città

galleggiante con 10 piani e 1500 cabine, 10 risto-

ranti, teatri, palestre e piscine. Il tutto sul mare, per tutti

i mari del mondo, con tutte le condizioni meteo possi-

bili. Le competenze richieste a un ufficiale di coperta

(quelli che stanno sul ponte di comando e pilotano la

nave) sono enormi, ma non inferiori a quelle necessarie

agli ufficiali di macchina, coloro che governano il com-

plesso apparato di generatori, motori, circuiti elettrici e

idraulici, tutti impianti indispensabili per la propulsione

e per l’ospitalità.

Fino a qualche anno fa, aldilà di qualche certificazione

standard, la vera scuola per questi professionisti era

la vita di bordo, l’esperienza. Fattori che certamente

contano, ma che non bastano. Per questo Carnival, il

più grande gruppo al Mondo di navi da crociera (di cui

fa parte anche Costa Crociere), ha fondato, all’interno

del neonato Arison Maritime Center, il CSMART (Cen-

ter for Simulator Maritime Training Academy, ma tutti

lo chiamano con pronuncia inglese “c-smart”): si tratta

di un centro di istruzione per gli ufficiali di bordo di cui

è stata recentemente inaugurata una nuova e super-

tecnologica sede in Olanda, il cui cuore sono quattro

giganteschi simulatori “full mission”.

Parallelamente, a qualche centinaio di chilometri di

distanza, ad Amburgo, sempre Carnival ha allestito il

Fleet Operation Center, un centro di controllo sofisti-

catissimo da cui – attraverso collegamenti in tempo

reale con Internet via satellite e Neptune, un software

scritto ad hoc - monitora e coordina il movimento e i

“parametri vitali” delle oltre 100 navi della flotta in giro

per tutto il mondo.

Abbiamo visitato entrambe le strutture e in queste

pagine vi portiamo con noi in questo interessantissi-

mo viaggio dietro le quinte del coordinamento e della

sicurezza delle migliori crociere. Dove nulla viene più

lasciato al caso. Welcome aboard.

SCIENZA E FUTURO Procedure, gioco di squadra, metodo e tanta tanta tecnologia: sono gli ingredienti del CSMART

In viaggio nei simulatori super-realistici e hi-tech dove si addestrano gli ufficiali di Costa CrociereReportage dal centro di formazione e simulazione di Costa Crociere e di tutto il gruppo Carnival, ad Almere in Olanda Un viaggio entusiasmante nella tecnologia per l’addestramento degli ufficiali di bordo e la sicurezza delle navi da crociera

segue a pagina 05

Siamo ad Almere, una città a mezz’ora da Amsterdam.

Una città che solo 40 anni fa non esisteva, semplice-

mente perché dove sorge ora prima c’era solo mare.

Poi sono arrivate le dighe e i territori riconquistati

alle acque. Sembra un destino quello che ha portato

qui il CSMART, il centro di simulazione e formazione

del gruppo Carnival, dove il mare aveva la sua casa

e dove il mare e le forze che lo dominano sono l’ar-

gomento di ogni discussione. Qui vengono formati e

addestrati tutti i 6500 ufficiali Carnival (e quindi an-

che di Costa Crociere, uno dei dieci brand del grup-

po) secondo metodologie assolutamente avanzate,

sia dal punto di vista concettuale e procedurale, che

sul fronte tecnologico. “Ci sono delle normative da

rispettare in termini di certificazione professionale e

di standard di sicurezza – ci ha raccontato il capita-

no Hans Hederstrom, a capo del centro -. Bene, noi

vogliamo formare i nostri ufficiali perché vadano ben

oltre il livello richiesto, grazie a un percorso formativo

che solo qui possiamo erogare”. E basta entrare in

uno dei grandi simulatori di ponte di comando, così

realistico da dare la sensazione del dondolio del moto

ondoso, per capire che quello che succede qui ad Al-

mere sia qualcosa di unico.

Un pezzo di Italia sulle navi da crociera Il 65% degli ufficiali Carnival è italianoUna stranezza: Il CSMART, che è a tutti gli effetti l’uni-

co centro di formazione di tutto il gruppo americano

Carnival, invece di essere in America è in Olanda.

Beh, non è un caso: la stragrande maggioranza de-

gli ufficiali di bordo, che viene qui a formarsi, è euro-

pea. E siccome la formazione avviene nel periodo a

CSMARTIl video reportage dalla sede del CSMART

lab

video

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MAGAZINEn.141 / 163 OTTOBRE 2016

SCIENZA E FUTURO

Centro formazione Carnival

terra (ogni ufficiale sta circa tre mesi imbarcato e tre

mesi a terra), è più facile che gli ufficiali, provenienti

dalle loro abitazioni, convergano da queste parti che

Oltreoceano. L’andirivieni di ufficiali è talmente inten-

so che a fianco del CSMART e stato eretto il CSMART

Hotel, una struttura alberghiera in tutto e per tutto a

totale uso e consumo degli ospiti del centro: nella no-

stra trasferta ad Almere alloggiamo in un hotel della

città, perché quello del CSMART è pieno, totalmente

occupato da ufficiali in corso di formazione.

Volendo essere più precisi, la maggioranza degli uf-

ficiali non solo è europea ma proprio italiana: ben il

65% di quelli Carnival “batte bandiera” tricolore. Un

piccolo esercito di 4000 ufficiali (su 6500 totali) sparsi

sulle cento navi Carnival (e non solo sulle 15 Costa)

che parla italiano e predilige gli spaghetti. “Tra gli uf-

ficiali di bordo ci sono tanti italiani un po’ perché per

molti è una tradizione, anche familiare, – ci spiega

Paolo Benini, capitano e Fleet Capitain Costa qui al

CSMART – e un po’ perché forse con il mare ci sap-

piamo anche fare”.

Fatto sta che al CSMART, anche se la lingua ufficia-

le, anche quella dei corsi, è ovviamente l’inglese, si

sente parlare dappertutto in italiano e si vedono tante

facce mediterranee (e anche tanti abbigliamenti più

eleganti degli altri) che tradiscono origini che ci sono

familiari. E la cosa da un lato ci stupisce (chi se l’aspet-

tava?) e dall’altra ci inorgoglisce un po’: senza che se

ne sappia granché, l’Italia eccelle in qualcosa d’altro

oltre al cibo e alla moda.

“Sì, tanti italiani, la maggioranza anche tra i docenti

– ci confessa il direttore del CSMART – tutti ragaz-

zi molto bravi e preparati. Perché allora siamo in

Olanda e non in Italia? Bella domanda”. In realtà, ci

spiega Hederstrom, la scelta ricadde qualche anno

fa su Almere perché non distante dall’aeroporto di

Amsterdam, un hub baricentrico per l’Europa e facil-

mente raggiungibile da ogni parte del mondo; e poi

perché qui la maggior parte delle persone è fluente

in inglese, una condizione molto importante per un

ambiente strutturalmente internazionale. Un esempio

lampante di come, per fattori infrastrutturali ma anche

culturali, alla fine il nostro Paese sia meno competi-

tivo di altri nell’attrarre investimenti importanti come

questo: Carnival ha investito oltre 75 milioni di euro

in questo progetto e contribuisce all’economia loca-

le per quasi 18 milioni di euro all’anno. Un’occasione

persa per l’Italia

La “simulazione” come acceleratore della curva di esperienzaPerché imparare su un simulatore? Non è meglio il

mondo reale? “Nel mondo reale – ci spiega Heder-

strom – più che altro si vive la routine, le situazioni

critiche capitano per fortuna molto raramente. Per la

routine, i nostri ufficiali sono già prontissimi non ap-

pena conferiamo loro l’abilitazione. Ma noi vogliamo

andare oltre, è proprio a saper reagire correttamen-

te alle situazioni critiche che vogliamo addestrare i

nostri ufficiali. Qui ognuno dei nostri ufficiali in una

settimana affronta e risolve in maniera realistica sui

simulatori più situazioni critiche di quante probabil-

mente non gliene capiteranno nell’intera carriera”.

Dato che non si sa quando capiteranno e a chi even-

tuali eventi di complessa gestione, la scelta qui è di

addestrare tutti al massimo. E in questo ruolo il simu-

latore è vitale: “La formazione teorica è importante –

ci spiegano – e viene fatta anche quella. Ma la misura

di come andranno veramente le cose in navigazione

ce le abbiamo sul navigatore, non solo per quello che

riguarda le capacità tecniche dei singoli ma anche

la capacità di tutta la squadra di operare in maniera

sinergica sul ponte di comando, nella sala controllo

motori e in tutti i punti chiave della nave”.

E così si passa un’intera settimana tra uomini in mare,

incendi sottocoperta, blackout, incagliamenti, condi-

zioni meteo estreme, con venti fortissimi e visibilità

segue a pagina 06

Due allievi imparano i rudimenti della pianificazione della rotta e della cartogra-fia strumentale.

Uno scorcio della Engine Control Room che replica fedelmente l’analogo am-biente che si trova a bordo. Di qui vengono controllati i motori e gli impianti.

segue Da pagina 04

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MAGAZINEn.141 / 163 OTTOBRE 2016

annullata. Qui si sperimentano virtualmente le peg-

giori condizioni e la scaramanzia non vale: addestra-

mento e procedure.

I gioielli del CSMART I 4 simulatori Full MissionNei piani fuori terra dello stabile del CSMART, ci sono

tanti navigatori, alcuni meno complessi sistemati in

aule con più unità, altre in ambienti dedicati a un solo

team. Alcuni di questi sono i classici simulatori di navi-

gazione, con diversi monitor accoppiati uno in fianco

all’altro a mimare il panorama dal ponte di comando,

qualcosa che assomiglia a un sofisticato videogame

controllato però da una console reale e superprofes-

sionale.

Altri simulatori, invece, replicano tutti i pannelli di

controllo delle macchine e anche alcuni ambienti

chiave della sala macchine: qui si addestrano i cosid-

detti ufficiali di macchina, meno visibili ma altrettanto

importanti perché garantiscono alla nave la corretta

propulsione e tutta l’energia necessaria per far vive-

re e prosperare il grande villaggio galleggiante che

prende vita ai piani superiori.

Ma i veri gioielli del CSMART sono i 4 simulatori cosid-

detti “full mission” dove l’addestramento è di gruppo:

si tratta di grandi strutture semicircolari organizzate

su due piani.

Al piano inferiore c’è una grande sala di simulazione

della control room relativa alle macchine e ai motori e

diverse postazioni in piccole stanzette separate che

emulano alcuni punti in cui a bordo si trovano normal-

mente gli altri ufficiali di macchina.

SI tratta di una situazione pressoché identica a quella

di bordo, con una miriade di schermi che riportano

tutti gli schemi degli impianti e lo stato di tutti i para-

metri di funzionamento; alla base delle console, una

serie di monitor di computer dai quali si possono go-

vernare tutti i funzionamenti e le attivazioni/disattiva-

zioni. Qualcosa che assomiglia molto a una console di

controllo di una centrale nucleare.

La simulazione del ponte: così realistica da far venire il mal di mareAl piano superiore, invece, ecco la meraviglia: qui c’è

il ponte di comando tipo replicato in tutto e per tutto

in dimensioni naturali. Tutte le plance di comando,

sia quella centrale, che quelle sulle alette, sono ri-

costruite fedelmente e con i medesimi strumenti che

si trovano poi sulle navi. Ma soprattutto, le grandi

vetrate del ponte di comando sono vere e danno su

un panorama totalizzante, almeno a 200 gradi, che

stranisce e confonde tanto è realistico: sembra di es-

sere in mezzo al mare e i riferimenti diventano solo

quelli che si vedono fuori dalle vetrate, ovverosia il

panorama esterno.

La vista dalla plancia simulata in computer graphic

in questo caso non viene vista attraverso dei moni-

tor ma viene proiettata su una parete circolare a una

quindicina di metri di distanza dal ponte simulato

grazie a una batteria di proiettori posti sotto il pon-

te stesso. Il risultato è che addirittura c’è un senso

chiaro di profondità e l’effetto di parallasse quando

ci si muove tra la fissità del panorama e il movimen-

to relativo dei telai che separano le diverse vetrate

del ponte. E, quando viene simulato un mare un po’

mosso e la nave oscilla leggermente, l’orizzonte che

si inclina prima verso destra e poi verso sinistra crea

un senso terribilmente realistico di “sbandamento”:

mal di mare assicurato, per chi lo soffre, ovviamente.

Avvicinandosi a un vetro laterale si scopre com’è fat-

to davvero il simulatore: un mega schermo circolare

a più di 180 gradi viene illuminato da una serie di

videoproiettori perfettamente allineati: non si vede il

gap da un’immagine all’altra e l’impressione è di un

realismo incredibile.

“Quando ricreiamo una situazione critica in un si-

mulatore come questo – ci spiega Emiliano Caro-

letti, senior instructor – vediamo il sudore che sale,

i battiti cardiaci che aumentano di frequenza, per-

cepiamo lo stress. Il realismo ci serve per creare il

coinvolgimento che ci permette di valutare come si

comporterebbe veramente il nostro ufficiale se vi-

vesse quella situazione a bordo. Inoltre, il fatto di

aver già sperimentato quella situazione in un conte-

sto così realistico farà sì che il nostro ufficiale, se mai

si trovasse in una situazione analoga, sia sicuro su

cosa deve fare e confidente che l’applicazione delle

procedure previste risolve il problema”.

SCIENZA E FUTURO

Centro formazione Carnival

Avvicinandosi a un vetro laterale si scopre com’è fatto davvero il simu-latore: un mega schermo circolare a più di 180 gradi viene illuminato da una serie di videoproiettori perfettamente allineati: non si vede il gap da un’immagine all’altra e l’impressione è di un realismo incredibile.

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MAGAZINEn.141 / 163 OTTOBRE 2016

L’importanza dei modelli matematiciLa simulazione di una nave da crociera non è un vi-

deogioco: a pilotare (virtualmente) la nave ci vanno

ufficiali che lo fanno dal vero tutti i giorni e quindi de-

vono “sentire” sotto le loro mani la stessa risposta del

mezzo: “Noi abbiamo creato i modelli matematici di

tutte le nostre navi – ci spiega il capitano Hans Heder-

strom – perché ogni nave risponde diversamente da

un’altra e prende il vento in maniera diversa. Non solo:

la risposta della nave cambia anche molto a seconda

del fondale. Per questo abbiamo realizzato anche il

modello matematico dei porti che serviamo, in modo

tale che quando ci si addestra a una manovra in porto

quello che si sperimenta sia una riproduzione fedele

di quello che accade nella realtà, con quella nave e

con quelle condizioni meteo”. La creazione di un mo-

dello di un porto richiede un mese di lavoro; quello

di una nave anche tre mesi. Ma la simulazione non

si basa solo sui modelli matematici, ma anche sulla

corrispondenza più possibile precisa tra quello che si

trova al CSMART e quanto c’è davvero sulla nave: “Ab-

biamo standardizzato molto le nostre navi affinché la

plancia sia molto simile se non addirittura uguale da

mezzo a mezzo – ci racconta Emiliano Caroletti, senior

instructor -. Ogni nave ha un proprio sistema opera-

tivo per la gestione e la condotta dell’imbarcazione:

ne esistono due tipi diversi e sui simulatori possiamo

caricare questo o quello, a seconda della nave che

vogliamo simulare”. Allo stesso modo, i pannelli di ge-

stione di alcuni impianti - parliamo ora delle macchine

– che a bordo sono ovviamente “fisici” e possono es-

sere diversi da nave a nave, vengono replicati in ma-

niera identica su grandi schermi touch, in modo tale

che l’ufficiale di macchina si trovi di fronte lo stesso

layout che trova sulla nave che si sta simulando. In-

somma, simulazione sì, ma tutt’altro che un gioco.

Il debrief, come nelle missioni di guerraDopo le missioni Full Mission, tutta la squadra che ha

operato sul ponte e alle macchine si ritrova in una del-

le aule di debrief: qui può essere “ricaricata” l’intera

esercitazione e gli istruttori scorrono con la squadra

le varie fasi, i compiti eseguiti correttamente e so-

prattutto i passaggi che potevano essere migliorati.

In aula si rivede il “film” di tutta l’esercitazione, con

un occhio alla mappa e agli strumenti, ma anche con

nove riprese video sincronizzate che inquadrano sulle

postazioni e l’audio ambiente della plancia, in modo

tale da analizzare non solo il lavoro del singolo ma la

buona interazione tra la squadra.

L’istruttore così può “navigare” nella registrazione

dell’esercitazione avanti e indietro, cercando i punti

critici da migliorare.

Corsi intensivi di una settimana I “bocciati” ritornanoAl CSMART i corsi durano normalmente una settima-

na, full immersion (è proprio il caso di dirlo) da lunedì

a venerdì. Ci sono ovviamente diversi tipi di corso: qui

arrivano anche gli allievi appena usciti dalle scuole

nautiche per apprendere i primi rudimenti nell’uso

degli strumenti cartografici presenti su una nave da

crociera, fino agli alti ufficiali che devono aggiornarsi

e perfezionare la propria abitudine alle nuove proce-

dure.

Quello che ci troviamo di fronte iniziando a girare per

le aule è un incredibile coacervo di tecnologie molto

sofisticate. Anche i corsi base partono subito con il

lavoro sui simulatori, anche se su quelli parziali, ov-

verosia che riproducono solo una parte della plancia

della nave da crociera: in aule con sei simulatori gli

allievi, raggruppati due a due, devono portare a ter-

mine, sotto la supervisione dei docenti, alcuni compiti

iniziali operando sugli strumenti di bordo (come per

esempio impostare un piano di navigazione).

Poi, da quando si ottiene l’abilitazione al servizio da

ufficiale (si parte come ufficiale di terza) è necessario

secondo le normative sostenere una formazione e

una verifica periodica annuale sulle proprie capacità;

SCIENZA E FUTURO

Centro formazione Carnival

La registrazione dell’esercitazione contiene sia i dati delle manovre che le im-magini di tutti i luoghi rilevanti: l’analisi di questi dati permette anche di capire se il team ha lavorato secondo le procedure o se qualcuno ha sbagliato qualcosa, anche solo relativamente alle posizioni da tenere.

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La sala di controllo dalla quale gli istruttori impostano e fanno partire l’esercitazione nei grandi simulatori Full Mission: di qui analizzano in tem-po reale cosa sta succedendo e introducono eventuali fattori nuovi, come un cambiamento del meteo o un problema agli impianti di bordo.

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MAGAZINEn.141 / 163 OTTOBRE 2016

qui al CSMART ci dicono – come ci aveva anticipato

il direttore – che gli standard richiesti dalla compa-

gnia siano più alti di quelli stabiliti dalle normative.

Chi mostra una preparazione e anche una capacità

di reagire agli eventi avversi sopra gli standard azien-

dali o comunque entro di essi viene “promosso” com-

pletamente; chi, pur aderendo agli standard palesa

qualche debolezza su qualche aspetto, viene inviato

a un percorso formativo specifico a bordo o nei cen-

tri locali; se invece il livello di preparazione espresso

dall’ufficiale risulta sotto gli standard aziendali, pur

magari essendo adeguato alle normative, il percorso

prevede un supplemento di formazione e il ritorno

presso il CSMART per una nuova verifica.

Chiacchierando scopriamo una storia tipicamente ita-

liana: “A noi ufficiali italiani – ci confessa un ufficiale

connazionale in addestramento incontrato al ristoran-

te del CSMART – è richiesta una certificazione e un

corso periodico di aggiornamento che può essere

fatto solo in Italia. Il livello di formazione ottenuto qui

è molto più alto ed è riconosciuto da tutti i principali

enti mondiali, ma non dal nostro Ministero dei Tra-

sporti”. Così ai tanti italiani che si formano al CSMART

tocca poi andare a seguire anche corsi (di certo in-

feriori per qualità di addestramento) in Italia: “Stiamo

lavorando – ci spiegano persone di Costa – per con-

vincere le nostre istituzioni che la migliore formazione

del mondo Cruise viene fornita qui. E siamo fiduciosi

che dopo che avremo fatto visitare loro la struttura

(è attesa una delegazione nelle prossime settimane,

ndr), non avranno più dubbi”.

Ovviamente, oltre ai corsi di base e la formazione ob-

bligatoria, ci sono molti altri corsi tecnici, base e avan-

zati, su diversi aspetti sia della navigazione per gli

ufficiali di coperta che per gli impianti per gli ufficiali di

macchina. Per quello che riguarda questi ultimi aspet-

ti, poi, le navi negli ultimi anni sono molto cambiate:

ora tutte le eliche, sia quelle principali che quelle di

manovra, sono mosse da motori elettrici; il cuore della

produzione energetica della nave diventano quindi

dei giganteschi generatori elettrici alimentati a carbu-

rante. E stanno per arrivare nella flotta Costa anche

delle navi che utilizzeranno come carburante il gas

naturale: con le navi che aggiornano le proprie tecno-

logie, è necessaria sempre più formazione.

Il gioco di squadra come elemento vincente. Ispirandosi agli aereiAbbiamo assistito a un’esercitazione nel simulato-

re Full Mission, una vera esperienza. La prima cosa

che si impara è che il mondo degli ufficiali si divide in

due grandi famiglie: l’ufficiale di coperta e l’ufficiale di

macchina. Il primo di fatto conduce la nave e svolge la

sua funzione primaria sul ponte di comando; il secon-

do invece ha competenze in parte diverse, conosce

le macchine e gli impianti e sa come governarli in fun-

zione delle esigenze che la navigazione pone. Ovvia-

mente il ponte di comando e la sala di controllo delle

macchine sono in costante contatto via interfono: dal

ponte vengono comunicate le intenzioni di manovra;

dalla sala macchine date le conferme sulla disponibi-

lità di energia a sufficienza o di buon funzionamento

di tutti gli impianti.

Fino a un incidente: proprio quello che è stato simu-

lato davanti ai nostri occhi, con un guasto grave a un

generatore e lo scoppio di un piccolo focolaio di in-

cendio. A quel punto, connessi tra di loro via radio,

gli ufficiali di macchina dislocati nelle varie parti della

nave, hanno iniziato a sezionare gli impianti, isolando

la sezione guasta, e a porre in essere tutte le contro-

misure per isolare l’incendio e domarlo. Il tutto sen-

za che a bordo i passeggeri percepiscano il minimo

disagio. Nel grande simulatore di ponte di comando,

invece, abbiamo assistito all’approccio e alle manovre

di approdo al porto di Fort Lauderdale, in Florida.

Il simulatore Full Mission è in realtà il cuore della for-

mazione dato che negli ultimi mesi il lavoro sulla nave

è stato oggetto di una riorganizzazione completa

molto più basata sul buon coordinamento di diverse

figure e sul gioco di squadra piuttosto che sul classi-

co uomo solo al comando: “Si chiama BRM – ci spie-

ga Emiliano Caroletti, senior instructor al CSMART -,

acronimo che sta per Bridge Resource Management:

in pratica sono stati definiti una serie di ruoli e di pro-

cedure di comunicazioni tra di essi e ci concentriamo

molto sulle relazioni tra le persone”. Infatti oggi sul-

la plancia di tutte le navi Carnival non ci può essere,

neppure per un attimo, un solo uomo alla guida: ispi-

randosi a quello che da anni succede sugli aerei, c’è

un “navigator” che di fatto mette le mani sui comandi

ma lo fa seguendo il piano di navigazione pianificato.

A fianco a lui c’è un co-navigator, un altro ufficiale che

vigila sull’operato del navigator: se quest’ultimo vuole

cambiare anche leggermente la navigazione rispetto

al piano deve formalizzare verbalmente l’azione che

intende fare, il perché e le conseguenze attese; il co-

navigator deve validare e avallare questa scelta, op-

pure bloccarla. Oltre a questi due ufficiali sempre in

plancia, nella console subito dietro prendono spazio

Una delle fasi della dimostrazione (non un’esercitazione) in cui il capitano Paolo Benini ci ha guidato al-l’interno del porto di Fort Lauderdale, facendo la manovra per accostare al molo prescelto per l’attracco.

SCIENZA E FUTURO

Centro formazione Carnival

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MAGAZINEn.141 / 163 OTTOBRE 2016

un ufficiale di grado più alto con il ruolo di Operations

Director: potrebbe trattarsi anche del Comandante ma

anche di un suo vice, che vigila sull’operato di naviga-

tor e co-navigator. E, sempre restando tra gli ufficiali di

coperta, c’è anche il ruolo dell’Administrator, una sorta

di “firewall” che concentra e gestisce eventuali “di-

sturbi” che dovessero coinvolgere il team di coman-

do, come telefonate, comunicazioni con altre funzioni

non vitali della nave e così via. “Con la nuova organiz-

zazione il lavoro di squadra è la cosa più importante

– conclude Caroletti – e durante le esercitazioni Full

Mission noi alleniamo gli ufficiali a far parte a tutto

tondo della squadra e ne misuriamo l’aderenza alle

nuove procedure”.

Il Fleet Operation Center: connessi via Internet a tutte le navi, ovunqueLa sicurezza si ottiene non solo con le esercitazioni

ma anche con il controllo. E anche in questo ambito la

tecnologia gioca un ruolo vitale. Il controllo completo,

centralizzato e in tempo reale di una flotta di oltre 100

navi da crociera, che solo qualche anno fa era impen-

sabile, ora è possibile e si realizza ad Amburgo, dove

sorge il Carnival Maritime, il centro pensante che

coordina e compie tutte le operazioni logistiche e or-

ganizzative per supportare l’intera flotta.

È qui che si trova il Fleet Operation Center (clicca qui per il video): si tratta di un vero e proprio centro di

controllo che, in maniera anche molto scenica, mappa

sul globo la posizione esatta di tutte le navi e riceve

costantemente informazioni relative anche alla buona

salute dell’imbarcazione, ai dati degli strumenti di bor-

do, come i radar e alle condizioni delle macchine.

Anche qui ad Amburgo il ruolo italiano è tutt’altro che

marginale: il “papà” di Neptune, il sistema di controllo

e monitoraggio, è Franco Caraffi, già IT manager di

Costa Crociere e ora in transito verso un ruolo più tra-

sversale su tutta la flotta Carnival. “Abbiamo iniziato

in Italia – ci racconta Caraffi – per monitorare le navi

Costa: non esisteva nulla di simile nel mondo delle

flotte da crociera e abbiamo fatto tutto da soli, con

l’aiuto di qualche partner per lo sviluppo. La soluzio-

ne è piaciuta ed è poi diventata comune a tutta la

flotta Carnival”. Una storia fatta di capacità di visione

e testardaggine nel perseguire l’obiettivo, qualità tipi-

che dei migliori italiani: “Non è affatto semplice inter-

facciarsi con i sistemi di brodo e ‘spillare’ tutte queste

informazioni: ci ho messo tanto, ma alla fine ho trova-

to il sistema che fosse efficace, applicabile su tutte le

navi e sufficientemente economico da poter essere

spalmato sull’intera flotta”.

I dati acquisiti vengono trasferiti verso il centro di Am-

burgo da ogni nave, ovunque si trovi, utilizzando In-

ternet, ovviamente via satellite. Tutti i dati principali ar-

rivano con la cadenza di un secondo e con un ritardo,

rispetto alla realtà, di 10 secondi; tutto viene centraliz-

zato su Azure, il cloud di Microsoft, e reso disponibile

al centro di Amburgo come applicazione Web. “Ma gli

stessi dati posso vederli anch’io sullo smartphone – ci

svela Caraffi – da ovunque mi trovi”.

La rivoluzione, quindi, non sta solo nell’essere riusciti

a “normalizzare” tutti dati di bordo impacchettandoli

in un flusso unico e standard di dati, ma anche a es-

sere riusciti a inviarli al centro 24 ore su 24 e non solo

quando si è nei pressi della terraferma. “La banda

satellitare è molto cara – ci spiega Caraffi – e otti-

mizzarla è un dovere: per questo abbiamo applicato

un sistema molto furbo: passiamo i dati solo quando

cambiano e se la nave non passa aggiornamenti, il si-

stema centrale presuppone che quel parametro non

sia cambiato. In questo modo abbiamo risparmiato

molta banda e diminuito ulteriormente la latenza”.

Con tutte queste informazioni, il Fleet Operation Cen-

ter è in grado non solo di monitorare lo stato della

flotta ma anche di essere proattivo nel prevedere

eventuali problemi, anche incrociando le posizioni

della flotta con i dati meteo o con eventuali instabilità

politiche locali venutesi a creare; l’equipaggio ha così

sempre un punto di riferimento con cui discutere e

confrontarsi per prendere la migliore decisione per la

sicurezza della nave e dei passeggeri ma anche, per

esempio, per minimizzare i consumi e abbattere quin-

di l’impatto ambientale delle navi. Sono poi collegati

al sistema una serie di allarmi che alzano l’attenzione

dei 14 ufficiali che lavorano al Fleet Operation Center:

per esempio, se almeno mezz’ora prima della parten-

za prevista, sul sistema di bordo non viene caricato

un piano di navigazione completo, il centro viene al-

lertato e chiede spiegazioni alla nave. In questo modo

c’è un controllo che le procedure previste di condotta

della nave vengano applicate correttamente da tut-

ti gli equipaggi. Inoltre, grazie all’utilizzo di sistemi

predittivi di intelligenza artificiale gli ufficiali del Fleet

Operation Center possono prevedere, sulla base dei

dati ottenuti, possibili guasti in arrivo e quindi impo-

stare le opportune contromisure di manutenzione da

effettuale al primo attracco previsto.

Franco Caraffi, ideatore e realizzatore del sistema Neptune che monitora ogni secondo lo stato delle 100 navi della flotta Carnival.

SCIENZA E FUTURO

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MAGAZINEn.141 / 163 OTTOBRE 2016

di Gianfranco GIARDINA

I n RAI evidentemente pensano che la

TV faccia male ai più piccoli. E questo è

vero per moltissimi programmi: è diffici-

le far vedere a cuor leggero di questi tempi

un TG, un talk show politico o peggio an-

cora un reality a un bambino di 3-4 anni.

Ma che anche la musica classica o – para-

dosso – i canali per l’età prescolare pos-

sano esserlo è quantomeno spiazzante.

Fatto sta che i canali RAI vanno in onda,

quando non ci sono indicazioni per divieti

più stringenti, con un davvero incredibile

“vietato ai minori di 4 anni”. Si tratta di una

delle funzioni del digitale terrestre: nelle

informazioni della trasmissione, consul-

tabili con qualsiasi TV premendo il tasto

“info” sul telecomando, oltre alla sinossi

e altri dati, si trova, se impostato, il “ra-

ting” del programma, con le indicazioni

per eventuali divieti. Mentre i canali non

RAI, se non ci sono indicazioni particolari,

spengono l’indicazione, l’emittente pub-

blica - a quanto pare - non va mai sotto i

4 anni. Il paradosso che si crea è che, per

esempio, andando su RAI Yoyo, canale

pensato specificamente per l’età presco-

lare e pieno di programmi per la prima

infanzia, campeggi tra le informazioni del

prodotto la scritta “Vietato ai minori di 4

anni” (o formule equivalenti a seconda

del televisore).

La stessa cosa accade, per esempio, an-

ENTERTAINMENT Alcuni canali RAI in onda con l’indicazione “vietato ai minori di 4 anni”

La musica di Mozart e i cartoni di Peppa Pig Per la RAI sono “vietati ai minori di 4 anni” L’indicazione vale anche per la musica classica e sinfonica e per le trasmissioni di RAI Yoyo

che su RAI 5 con i frequenti concerti di

musica classica e sinfonica: Mozart, che

viene utilizzato addirittura per calmare e

rasserenare i piccolissimi neonati, diventa

vietato ai bambini sotto quattro anni. “Ho

iniziato a denunciare questa cosa diversi

mesi fa – ci racconta a metà tra lo sbigot-

tito e l’infastidito il pianista e compositore

Simone Pionieri – ma sembra che in RAI

non siano interessati a sapere che stan-

no dicendo che la musica, quella buona,

non sia indicata per i bambini. Io insegno

da anni a grandi e piccoli e posso dire

che non c’è un limite di età per la musi-

ca, né in basso né in alto”. Ovviamente

si tratta di una “svista”: è difficile credere

che dietro una assurdità di questo tipo

possa esserci un pensiero razionale. E

tutto sommato – va detto - si tratta anche

di un dettaglio. Ma, se si vuole usare il

sistema di rating, almeno lo si faccia cor-

rettamente, senza rischiare, neppure per

un attimo, di dare messaggi errati o fuor-

vianti. Anche perché, con queste uscite si

rende l’intero sistema di raccomandazioni

davvero poco credibile.

Rottama la console Sony rimborsa fino a 200 euro sull’acquisto di una PS4 Chi deciderà di acquistare una PlayStation 4 Slim accompagnata da un gioco a scelta tra il 29 settembre e il 16 ottobre 2016 restituendo la sua vecchia console potrà ricevere un rimborso fino a 200€ di Francesco FIORILLO

Sony Italia ha lanciato una pro-mozione legata al modello Slim di PlayStation 4. Tutti coloro che de-cideranno di acquistare PS4 Slim con hard disk da 1 Terabyte potran-no restituire la vecchia console e ottenere così un rimborso massi-mo di 200 euro.Per partecipare alla promozione si dovrà acquistare una console Slim, accompagnata da un gioco a scelta, nel periodo compreso tra il 29 settembre e il 16 ottobre 2016. Una volta concluso l’acqui-sto, non resterà altro da fare che compilare un modulo e presen-tare la richiesta di rimborso entro 14 giorni, allegando ovviamente lo scontrino fiscale. Gli utenti che re-stituiranno una console Xbox 360, PlayStation 3 o Wii U riceveranno un rimborso di 100 euro, mentre coloro che permuteranno una console Xbox One/Xbox One S o una PlayStation 4 otterranno un rimborso di 200€. La promozione è valida esclusivamente presso i rivenditori autorizzati, la console usata, perfettamente funzionante, andrà spedita entro 25 giorni dalla data di acquisto di PS4 Slim.

di Franco AQUINI

D opo la brutta faccenda che ha pe-

nalizzato il Galaxy Note 7, un’altra

notizia rischia di ledere il produtto-

re coreano. Al centro di una class action

in atto negli USA ci sarebbero alcuni mo-

delli di lavatrici con carica dall’alto pro-

dotte tra il marzo 2011 e l’aprile 2016 che

in particolari condizioni “esploderebbe-

ro”. Il problema, sul quale Samsung sta

indagando, nascerebbe utilizzando la

lavatrice a pieno carico e con biancheria

MERCATO Arriva dagli States la notizia di una nuova class action nei confronti di Samsung

Periodo no per Samsung: anche le lavatrici a rischio?Al centro della causa, questa volta, ci sarebbero alcune lavatrici con sistema di carica dall’alto

ingombrante o oggetti resistenti all’ac-

qua.

Una donna in Texas, ha riferito che la

lavatrice è esplosa e di aver trovato dei

frammenti conficcati nelle pareti del ga-

rage. Un’altra persona in Georgia, avreb-

be sentito un boato simile a quello di una

bomba. Ragioni che hanno mosso diver-

se persone del Texas, Indiana e Geor-

gia ad agire legalmente nei confronti di

Samsung. Quest’ultima, dal canto suo,

ammette che potrebbe esserci un pro-

blema, comunicando di essere in contat-

to con il CPSC (Consumer Product Safety

Commission) per valutare le modalità di

gestione del problema, che comunque

(citando il comunicato) riguarda casi

rari e determina vibrazioni anormali che

possono causare danni alla persona.

Nella comunicazione ufficiale Samsung

non si fa riferimento a “esplosioni” o fatti

del genere. In attesa di sistemare la que-

stione, l’azienda consiglia ai possessori

degli apparecchi in questione (l’elenco è a questo indirizzo) di usare lavaggi deli-

cati e a basse velocità.

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MAGAZINEn.141 / 163 OTTOBRE 2016

di Michele LEPORI

P arlare di Netflix vuol dire inevitabil-

mente fare riferimento alle farao-

niche produzioni originali che ne

hanno decretato lo status di piattaforma di

riferimento per l’entertainment domestico:

il recentissimo Stranger Things è solo l’ul-

timo titolo che va ad aggiungersi ad una

lista di illustrissimi predecessori che nel

2016 hanno allietato 450 ore di vita dei

propri abbonati. Un monte ore che arri-

verà a più di 600 (equivalenti a 6 miliardi

di dollari di guadagni) nel 2017, grazie ad

un ben preciso piano di investimenti che

vuole portare il canale ad avere metà

del proprio palinsesto accreditato come

“made in Netflix”. L’occasione per parlare

di numeri è progetti è stata la Goldman

Sachs Communacopia, dove il CFO di

Netflix, David Wells, ha spiegato come la

società intende muoversi: “... non dobbia-

mo sempre e comunque mettere a segno

un fuoricampo. La nostra bravura sta an-

che nel gestire singoli, doppi e triple... an-

che e sopratutto in relazione al rapporto

costi/ricavi”.

ENTERTAINMENT David Wells, CFO di Netflix, spiega le strategie e gli obiettivi della società

Netflix punta decisa sui contenuti originali Varato un piano di investimenti per far sì che la metà dei contenuti sia “made in Netflix”

La similitudine sportiva

calza a pennello anche se

- purtroppo - temiamo che

il pregevole paragone con

lo sport del diamante possa

dire poco ad un pubblico

italiano che a tema sportivo

poco apprezza tutto quello

che non ruoti attorno ad un

pallone. In buona sostanza,

Wells spiega come non ogni titolo della

collana “Netflix Originals” possa essere

una rivoluzione à la House of Cards o

Stranger Things, ma che il fare cassa (met-

tere uomini in base) con prodotti quali il

recentissimo “Bright” con Will Smith e Joe

Edgerton costato solo 90 milioni di dollari

sia parte essenziale del progetto Netflix sul

lungo periodo. “Ad oggi” - continua Wells -

“siamo ad un terzo della nostra roadmap”.

Roadmap che nonostante il plauso della

critica e della stragrande maggioranza

del pubblico, non è comunque esente da

qualche incidente di percorso: uno su tutti,

l’aumento del canone mensile negli USA. Il

passaggio da 7,99 a 9,99 dollari è dichiara-

tamente votato all’aumento dei guadagni,

che nei progetti di Wells e soci si tradurrà

in nuovi investimenti per il raggiungimento

della famosa “quota 50%”. Peccato che

non tutti gli abbonati l’abbiano presa bene,

e sono già 160.000 le disdette arrivate in

quel di Los Gatos, California. Tuttavia, il

panico ancora non impazza per gli uffici

californiani dove sono moderatamente si-

curi che di questa fetta di “dissidenti”, una

percentuale compresa fra il 33% ed il 50%

ritornerà all’ovile a seguito dei nuovi conte-

nuti originali che verranno prodotti. Stime

ottimistiche od inderogabili previsioni ma-

tematiche? Solo il tempo lo dirà. Una cosa

è certa: abbassare i prezzi e compensare i

guadagni con l’inserimento della pubblici-

tà non è un’opzione sul tavolo.

Formula 1 in Ultra HDDal 2017 tutte le gare con qualità superSky ha completato con successo i test di trasmissione del Gran Premio di Singapore in Ultra HD La pay TV è pronta a trasmettere tutte le gare del 2017 con risoluzione super di Roberto PEZZALI

La Formula 1 è pronta per il 4K: il 18 settembre a Singapore, si sono conclusi con successo i test di trasmissione in 4K. Un test fonda-mentale per restare nei tempi: la roadmap di Sky e della Formula 1 prevede infatti la ripresa e la di-stribuzione di tutte le gare della prossima stagione in Ultra HD.Per i test sono state utilizzate una serie di camere UHD lungo il cir-cuito, con il segnale mixato sul posto nel centro di produzione della Formula One Management e trasmesso tramite una rete in fi-bra mediante una tecnologia for-nita dalla Tata Communications.“Siamo orgogliosi di quello che siamo riusciti a fare con la For-mula 1, ha dichiarato Keith Lane, Director of Operations di Sky. “l’Ultra HD offre una qualità 4 volte superiore all’HD e questo permette noi di offrire allo spet-tatore una esperienza talmente realistica che resterà a bocca aperta. Nessuno ha mai visto nulla di simile in campo automo-bilistico. Il successo di questi test ci permettono di andare avanti con i nostri piani, la trasmissione in diretta e in UHD tutta le gare della prossima stagione tramite la piattaforma Sky Q”.Sky è pronta, e anche Sky Italia dovrebbe esserlo: ancora manca un annuncio ufficiale, ma mat-toncino dopo mattoncino stanno arrivando tutti i contenuti che ren-deranno Sky 4K un servizio com-pleto e interessante.

di Roberto PEZZALI

M ancano meno di sei mesi al

lancio delle trasmissioni in 4K

su Sky: la pay TV aveva parlato

di 2017, ma la migrazione all’Ultra HD

avverrà nella prima parte dell’anno, si-

curamente prima di aprile. Fashion TV,

il canale dedicato alla moda visibile

anche su Sky, ha festeggiato i suoi 20

anni presentando importanti novità, tra

cui una nuova piattaforma multimediale

sulla moda accessibile da smartphone

e F Club, una sorta di social network

per entrare in contatto con modelli e

stilisti. Più interessante l’annuncio della

versione 4K del canale, che con la sua

programmazione si presta in modo parti-

colare all’Ultra HD: come si può leggere

sull’invito Fashion TV 4K sarà lanciata su

Sky Italia ad aprile 2017.

I calcoli a questo punto sono semplici:

Sky si sta preparando a spingere il 4K

ENTERTAINMENT FashionTV annuncia che la versione 4K del canale sarà visibile da aprile su Sky

Sky Italia in 4K a partire dal mese di aprile L’annuncio di FashionTV è una conferma, per il 4K su Sky mancano davvero pochi mesi

come una volta spinse l’HD, con una ri-

voluzione che partirà da inizio 2017 per

continuare il prossimo anno. Probabile,

a questo punto, che l’HD diventi aperto

e gratuito per tutti, anche se questa è

una chiave di lettura che diamo noi: la

democratizzazione dell’HD aprirebbe

all’alta definizione su tutti i servizi Sky,

da Now TV a SkyGo per arrivare all’on-

Demand, con il 4K “chicca” a pagamen-

to per gli appassionati.

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MAGAZINEn.141 / 163 OTTOBRE 2016

di Franco AQUINI

R oku tira fuori l’asso dalla manica.

I nuovi media player, al centro di diverse notizie, hanno finalmente

prezzi, caratteristiche e date di uscita uffi-

ciali. Ma la vera notizia è il prezzo: il Roku

Express, prodotto più economico della

gamma, verrà proposto a 29,99 dollari,

un prezzo inferiore di 5 dollari rispetto

al rivale diretto, Google Chromecast, e

con in più il telecomando. Caratteristica

non da poco, anche se qualcuno obiette-

rà che è solo un oggetto in più a creare

disordine in salotto, quando si può usa-

re lo smartphone per le stesse funzioni.

Finalmente, oltre al prezzo, compaiono

le caratteristiche ufficiali, totalmente as-

senti sui modelli di fascia alta nei rumor

usciti nei giorni scorsi. Sui due Roku Ex-

press c’è poco da aggiungere: entrambi

avranno uscita HDMI e telecomando con

infrarossi, quindi andranno puntati diret-

tamente verso il dispositivo. Dettaglio

rilevante: a giudicare dalle dimensioni

estremamente ridotte, quasi certamente

andrà fissato, altrimenti si rischia il veder-

lo cadere continuamente sotto il peso del

cavo HDMI. La versione Plus del model-

lo Express avrà anche l’uscita analogica

ENTERTAINMENT I player Roku sono celebri anche perché usati da Sky per il servizio Now TV

Roku batte tutti, si parte da soli 30 dollariRoku ufficializza prezzi e date di uscita dei nuovi media player, il modello più economico ha un prezzo inferiore a quello di Google Chromecast e in più ha anche il telecomando

con jack RCA, che torna utile se si pos-

siede un vecchio TV senza porta HDMI,

ammesso che ce ne esistano ancora. La

versione Plus costerà 39,99$.

La serie Premiere è invece capace di ri-

produrre filmati 4K e sulla versione plus,

la più azzeccata, offre anche il supporto

HDR. Le altre differenze rispetto alla ver-

sione Premiere standard sono la presen-

za della porta di rete Ethernet e della

microSD. Per 20 dollari di differenza (la

versione Premiere costerà 79,99$, la

plus 99,99$), non c’è nemmeno da pen-

sarci su. Il Roku Premiere avrà inoltre la

possibilità di collegare gli auricolare al

telecomando per ascoltare le trasmissio-

ni preferite senza disturbare le persone

attorno.

Infine c’è la versione Ultra, il top della

serie Roku. In questo caso ci sono tut-

te le caratteristiche del Roku Premiere

Plus, con un telecomando più evoluto,

ricerca vocale e una speciale funzione

per trovarlo se lo si smarrisce (bambini

in casa?).

Il Roku Ultra supporterà inoltre la deco-

difica Dolby Digital Plus. Il prezzo per

questa versione è di 129,99$. Tutti i nuovi

Roku sono previsti in uscita nel mese di

ottobre negli Stati Uniti.

di Roberto PEZZALI

Apple ha consegnato alla Federal

Communication Commission ame-

ricana i documenti per certificare

i moduli di rete di un nuovo modello di

set top box siglato A1844. Parte della

documentazione è coperta dall’ovvio

segreto, ma dalla documentazione

emergono due dettagli interessanti: il

consumo è inferiore rispetto al modello

attuale a soprattutto sotto la lente della

commissione ci sarebbero non il Wi-Fi

ma la sezione Bluetooth e NFC. Questo

non vuol dire che la nuova Apple TV sarà

sprovvista di modulo wireless, ma che

probabilmente Apple non ha modificato

nulla rispetto al modello attuale pertanto

non sono richiesti nuovi test.

ENTERTAINMENT Apple ha iniziato le pratiche presso la FCC per un nuovo modello di Apple TV

Una nuova Apple TV in arrivo. 4K o hub domestico?I dettagli tecnici sono secretati, ma è stata chiesta la certificazione per Bluetooth e NFC

L’attuale Apple TV di

quarta generazione è

sul mercato da quasi

un anno e Apple per

questo particolare pro-

dotto tiene un ciclo di

vita piuttosto lungo,

maggiore sicuramente

di un anno: crediamo

tuttavia che con l’arrivo

di Casa l’azienda ame-

ricana possa proporre

entro la fine dell’anno una versione evo-

luta in chiave domotica, e la presenza di

una diversa implementazione dell’NFC

potrebbe anche far pensare ad una nuo-

va modalità per accoppiare gli accessori

HomeKit al proprio ambiente smart. Non

tramontano però le speranze per una

evoluzione in chiave 4K, magari grazie

anche al più potente e efficiente A10 Fu-

sion: l’iPhone riprende in 4K e scatta foto

in Wide Color Gamut, e oggi è proprio la

Apple TV l’unico anello della catena che

non riesce a gestire segnali ad alta riso-

luzione e uno spazio colore esteso.

Meridian Il corto perfetto per “spremere” i TV HDRNetflix rilascia un cortometraggio destinato a tecnici che ottimizzano gli encoder e agli appassionati che vogliono portare al limite il proprio TV di Roberto PEZZALI

Meridian, produzione originale Netflix, è apparso nel catalogo mondiale della piattaforma di streaming senza pubblicità e an-nuncia di sorta. Si tratta di una produzione unica nel suo genere perché non è destinata al pubblico di divoratori di serie TV ma a tec-nici e appassionati della qualità. Siamo di fronte infatti ad un’ope-ra registrata in Ultra HD a bitrate elevatissimo, con un framerate di 60 fps disponibile anche nelle versioni HDR-10 e Dolby Vision con luminosità fino a 4000 nits. Nessun compromesso neppure sull’audio: Dolby Atmos, il meglio che si possa desiderare.Meridian, è una clip demo di elevatissimo livello concepita sottoforma di cortometraggio e distribuito con licenza Creative Commons, quindi open source. Piena di riprese difficili, nebbia, fumo e dettagli minuti, Meridian è un durissimo banco di prova sia per gli encoder sia per i TV, ed è proprio questo il motivo che ha spinto Netflix a investire in questa produzione originale così particolare, aiutare tutta la filie-ra a migliorare sensibilmente la qualità visiva, sia che si tratti del semplice encoding sia che si tratti di visualizzazione HDR. Meridian si può guardare in streaming su Netflix, ma gli 89 GB di contenuto impacchettato nel professionale container MXF possono essere scaricati da questo indirizzo. Chi ha banda e un computer potente può anche tentare un encoding HEVC o Mpeg 4 da distribuire sul-la rete, per vedere se il risultato è migliore, a parità di banda, del-l’encoding di Netflix.

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n.141 / 163 OTTOBRE 2016

di Gianfranco GIARDINA

Arriverà all’inizio dell’anno prossi-

mo l’atteso TV Xclusive X1 di TCL,

mostrato per la prima volta allo stato prototipale al CES 2016 di Las

Vegas e presentato più compiutamente

all’IFA di Berlino: si tratta di un TV “no

compromise”, previsto per il momento

solo nel taglio da 65”, che mette insie-

me le migliori prestazioni raggiunte a

oggi dagli LCD LED con una sezione

audio che difficilmente – se non quasi

mai - si vede su un televisore.

Ma partiamo dal display vero e proprio:

si tratta di un 65” leggermente curvo

che implementa la tecnologia di sta-

bilizzazione e allargamento dello spa-

zio colore Quantum Dot, la stessa che

impiega Samsung sui propri SUHD (in

questo caso TCL li chiama QUHD): così

la copertura cromatica dichiarata dal

produttore diventa del 93% dello spa-

zio DCI-P3. Ma soprattutto, come TV

top di gamma che nasce nell’era del-

l’HDR, questo apparecchio deve garan-

tire un notevole luminosità di picco pur

nel rispetto dei neri: l’unico modo per

ottenere prestazioni davvero eccellenti

da questo punto di vista è l’architet-

tura Full LED. Infatti questo X1 ha una

matrice di retroilluminazione a zone

(invero solo 288, meno di quanto non

accada nella serie ZD9 di Sony) che

gli permette di raggiungere 1500 nits

di luminosità di picco in modalità HDR.

Per migliorare ulteriormente i neri, poi,

viene impiegato un vetro superficiale

chiamato “black ctrystal” che elimina i

riflessi e mantiene bassi i livelli dei neri

anche in ambienti luminosi.

Tutto ciò, cosa non banale, viene otte-

nuto mantenendo spessori del TV mol-

to contenuti: TCL ha dichiarato che si

TV E VIDEO Mostrato al CES e rivisto finito all’IFA, il TV top di gamma di TCL è in arrivo in Italia

Il TV top di gamma X1 di TCL arriva a gennaio Tra i punti forti della gamma X1 il design accurato, la qualità dell’immagine e del suono

tratta del TV local dimming più sottile

al mondo.

E sul fronte del design e della progetta-

zione il salto in avanti di TCL è notevo-

le: si nota la mano di Flemming Moller

Pedersen, designer danese diventato

da poco più di due anni general mana-

ger del reparto creativo di TCL e prove-

niente da Bang&Olufsen, il che rende

chiaramente l’idea di eccellenza che

TCL sta perseguendo. La struttura del

TV è divenuta essenziale e “monobloc-

co”, sottilissima e resistente allo stesso

tempo; le linee raccordate anche nei

piccoli dettagli con una cura rara nel

mercato dei grandi TV, la base ele-

gantemente disegnata e realizzata in

metallo; lo schienale, di colore bianco,

ben finito e senza cavi né viti a vista.

Buona parte delle attenzioni per la

realizzazione di questo TV sono state

poste nella sezione audio, identificata

dai progettisti TCL come punto debole

della concorrenza. In questo caso, per

quello che riguarda la progettazione

prettamente audio, TCL si è fatta aiu-

tare da JBL: il risultato è una soundbar

integrata nella parte bassa del TV ad-

dirittura a 3 vie in layout stereo (ma è

dotato di decodifica Dolby Digital con

ricostruzione virtuale) e 50 watt di po-

tenza. La differenza chiave – secondo

i progettisti TCL – è che gli speaker

inviano il proprio suono frontalmente,

cosa che rende l’impatto audio del tut-

to diverso rispetto alla maggior parte

dei TV che ha gli speaker rivolti verso

il basso o addirittura verso la parte po-

steriore.

Questo layout era stato usato al CES di

Las Vegas per una dimostrazione estre-

ma: cercare di sonorizzare la grandissi-

ma sala della conferenza stampa con il

TV. Salvo un po’ di distorisione - ma il

volume era al massimo - l’operazione

era tutto sommato riuscita.

Sul fronte estetico, la presenza degli

speaker sul pannello frontale è però

decisamente ben eseguita dal punto di

vista estetico, con una finitura metallica

lucida a sottolineare i sei driver.

Il sistema operativo di questo X1 è

Android TV in versione 6.0 e il suo ar-

rivo è atteso per il prossimo gennaio. Il

prezzo di listino previsto è al momen-

to di 3999 euro, ma non si escludono

eventuali riduzioni in considerazione

dell’andamento del mercato TV.

Ologrammi nella TV del futuro La BBC ci credeAvviati presso gli studi londinesi della BBC i primi esperimenti di televisione olografica Il progetto ha utilizzato una tecnica low cost applicata ad un TV tradizionale di Gaetano MERO

La BBC ha effettuato nei propri studi di Londra una serie di espe-rimenti con le prime trasmissioni basate su ologrammi. L’iniziativa, spiega Cyrus Saihan a capo del-la Digital Partnership, nasce per testare le probabili tecnologie attraverso cui i contenuti saranno fruiti nell’immediato futuro. Pren-dendo spunto da una tecnica già adoperata per ricreare immagini tridimensionali tramite il display del cellulare, è stata realizzata una sor-ta di struttura piramidale in acrilico solido ed applicata ad un tradizio-nale TV da 46’’ presente in ufficio, spiega Saihan. I risultati hanno sorpreso addetti ai lavori e i pochi fortunati presenti all’interno degli studi televisivi. I pareri sembrano esser stati tutti positivi: “l’immagine fluttuante coinvolge di più durante la visione”; “i contenuti sembrano prendere realmente vita”, sono state in sostanza le prime conside-razioni. L’immagine risulta tuttavia più realistica nel momento in cui il livello di illuminazione ambientale è molto basso e quando il display è all’altezza degli occhi dello spet-tatore. Inoltre, solo alcuni tipi di contenuti sono funzionali al tipo di tecnica adoperata, la luce riflessa dalla piramide e la dimensione ri-dotta dell’immagine rispetto al di-splay sono ulteriori fattori limitanti.Cyrus Saihan ha precisato che il progetto non servirà ad individua-re il nuovo standard bensì a studia-re l’effettiva resa dei contenuti su TV olografico e capire come que-sto influirà sul modo di considerare l’intrattenimento da parte dei con-sumatori.

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MAGAZINEn.141 / 163 OTTOBRE 2016

di Andrea ZUFFI

Secondo la Natural Resources

Defense Council “I produttori di TV

imbrogliano sui consumi aggiran-

do con espedienti software i parametri

di un test, quello DOE, poco affidabile

e troppo antico”. E’ questa, più o meno,

l’accusa mossa a colossi come Samsung,

LG e Vizio dopo aver commissionato uno

studio sui modelli di TV in commercio ad

un ente esterno. Secondo la NRDC i pro-

duttori di TV hanno modificato il software

dei loro televisori per ottenere un consu-

mo più basso mentre viene eseguito il

test standard DOE, ma una volta installati

nelle case basta la modifica ad uno o più

parametri dell’immagine per aumentare

i consumi portandoli anche al doppio di

quanto misurato in fase di certificazione.

Per prima cosa è bene chiarire come fun-

ziona il test standard del dipartimento del-

l’energia americano: i televisori, una volta

sballati e accesi, vengono lasciati nella

modalità immagine base e viene misurato

il consumo con una serie di sequenze e

clip miste prese da ogni tipo di evento,

dallo sport al documentario alla TV. Un

test che secondo la NRDC è poco veritie-

ro perché include clip molto vecchie e so-

prattutto non tiene conto delle tecnologia

attuali, come l’HDR, che potrebbero por-

tare consumi maggiori. Inoltre, proprio per

la natura veloce delle sequenze, secondo

la NRDC “i produttori utilizzano tecniche

particolari come lo spegnimento rapido

della retroilluminazione” per abbassare i

consumi nelle scene veloci.

Oltre a questo, spulciando le varie pagine

dei report, la NRDC accusa i produttori di

disabilitare la modalità di risparmio ener-

getico non appena un utente passa dalla

modalità standard ad altre modalità cam-

biando uno dei parametri come la lumino-

sità o il contrasto, questo senza un popup

che avvisa che il TV ora potrebbe consu-

mare più corrente. La Natural Resources

Defense Council stima in

1.2 miliardi di dollari la spe-

sa maggiore che gli ameri-

cani devono affrontare ogni

anno per i televisori che

consumano più di quanto

dichiarato, ma noi onesta-

mente ci chiediamo quanto

abbia speso l’ente per com-

missionare un report che ha

scoperto l’acqua calda. Non

servivano 60 pagine di test

di laboratorio per scoprire

che il consumo di un televi-

sore è legato alla luminosità

del pannello, e soprattutto

pensare che il “Black Frame Insertion“

o il “Backlight Scanning” siano tecniche

usate per ingannare sui consumi è una

assurda caccia alle streghe.

Anni di misure e di test ci hanno insegnato

una cosa: un televisore calibrato consuma

molto meno di un televisore in qualsiasi

modalità di visione, e abbiamo i dati che

lo dimostrano: per un DX900 Panasonic

dichiara 185 watt di consumo misurando

il TV in modalità standard, tuttavia con un

TV calibrato in ambiente luminoso questo

TV consuma circa 130 watt, consumo che

scende a 110 watt se usiamo il profilo THX

Cinema.

I produttori di TV non stanno imbrogliando

nessuno, anzi, si stanno facendo del male

TV E VIDEO Dagli Stati Uniti arriva una accusa in stile dieselgate: Samsung, LG e gli altri produttori di TV imbroglierebbero sui consumi

Produttori di TV accusati di “taroccare” i consumi. TVGate? Dopo un’attenta lettura della ricerca siamo giunti alla conclusione che in realtà le accuse sono totalmente senza senso

Un TV Samsung arriva a consumare il doppio modificando i parametri. Lo stesso TV, calibrato, consumerebbe molto meno.

di Roberto PEZZALI

P lex è probabilmente uno dei client

media center più noti: una bellissi-

ma interfaccia unita alla possibilità

di gestire ogni tipo di contenuto e forma-

to hanno reso Plex una scelta obbligata

per tutti coloro che hanno in casa un

NAS, ovvero un disco di rete sul quale

tenere video, musica, fotografie e docu-

menti. Plex si è evoluto nel corso degli

anni (qui una nostra prova del 2013) ed

è sbarcato praticamente su ogni tipo di

dispositivo, diventando a tutti gli effetti

il player multimediale compatibile con il

maggior numero di device al mondo.

ENTERTAINMENT Plex si prepara ad una rivoluzione: Plex Server sarà spostato sul cloud rendendo i contenuti da ogni dispositivo

Rivoluzione Plex: video, foto e musica vanno sul cloud Con Plex Cloud archiviazione illimitata a 70 euro all’anno. Per ora è solo in versione beta con supporto ad Amazon Cloud

Un prodotto eccellente per funzionalità

e caratteristiche, la cui diffusione è stata

limitata dalla necessità di utilizzare un

server dedicato, Plex Server, da installare

o su un computer da tenere sempre ac-

ceso oppure su un altro dispositivo come

un NAS o un Raspberry.

Un ostacolo Plex ora ha eliminato: l’azien-

da ha infatti annunciato l’arrivo di Plex

Cloud, una versione di Plex che al posto

di utilizzare un server fisico in casa usa

Amazon Cloud Drive. L’utente non dovrà

far altro che collegare il proprio account

Plex a quello di Amazon Cloud Drive e

caricare sul proprio spazio personale

foto, musica e video: i contenuti saranno

fruibili da Plex in mobilità e

da casa tramite connessio-

ne a larga banda. Il team di

Plex gestirà l’aggiornamen-

to del server e l’unico costo

per l’utente sarà quello dello

spazio cloud: Amazon infatti

offre solo un tot di GB gratis,

ma per chi vuole archiviazio-

ne illimitata il costo è di 70

euro all’anno. Secondo Plex la spesa è

comunque irrisoria se si pensa al con-

sumo di corrente e alle problematiche di

gestire un server in casa. I possessori di

Plex Pass possono fgià ar richiesta per

la nuova funzionalità anche se il team

selezionerà una serie di utenti in questa

prima fase, per poi aprire a tutti questa

funzionalità. Ad oggi funziona solo con

Amazon, ma non si esclude in futuro an-

che una versione per Google Drive, One-

Drive e DropBox.

da soli: se Panasonic vendesse il TV con

il profilo THX di default potrebbe avere la

classe “A” al posto della più penalizzante

B. L’errore di fondo è pensare di misurare

i consumi usando la modalità standard

out of the box, che non è assolutamente

la modalità di visione corretta per un TV e

non ha una regola da rispettare, ognuno

fa quello che vuole.

Non esistono dinamico, sport, vivid e

standard, esiste solo un modo corretto di

vedere l’immagine su un televisore ed è

quella calibrata, che paradossalmente è

anche quella che consuma di meno. E chi

preferisce l’immagine super luminosa con

i colori fosforescenti è giusto che paghi di

più, sarebbe come pretendere di andare

forte in macchina consumando poco.

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MAGAZINEn.141 / 163 OTTOBRE 2016

di Emanuele VILLA

C resce l’attesa per l’evento annun-

ciato per il 4 ottobre da Google ,

tra le novità che potrebbe mostra-

re Andromeda, il sistema operativo pen-

sato per fondere elementi di Android e

di Chrome OS. Qualora ciò venisse

confermato, si tratterebbe senza dubbio

dell’annuncio più importante della se-

rata, nonostante le fonti siano concordi

nel identificare il terzo trimestre 2017

come release date attendibile. Morale: lo

vedremo in azione ma prima di toccarlo

con mano passerà ancora un anno.

Fonti d’oltreoceano sono certe del fatto

che Google, insieme al sistema operati-

vo, lancerà nel 2017 un nuovo notebook

di riferimento, concepito e realizzato

per sfruttare al massimo le potenzialità

di Andromeda. In azienda ci si riferisce

al notebook col nome in codice Bison

o Pixel 3, ma la certezza è che si tratti

del laptop con cui iniziare - possibilmen-

te nel migliore dei modi - l’avventura di

PC Andromeda è un sistema operativo che fonde elementi di Android e Chrome OS, arriverà nel 2017

Google al lavoro sul notebook AndromedaAd accompagnare l’uscita di Andromeda probabile l’arrivo di un notebook di riferimento

Andromeda. Le stesse fonti dicono che,

dal canto suo, Huawei starebbe lavoran-

do in modo indipendente per rilasciare

(sempre Q3 2017) un tablet Nexus basa-

to su Andromeda.

Il notebook non sarà dunque un

Chromebook, nè di nome nè di fatto,

avrà un display da 12,3 pollici, sarà spes-

so 10 mm e sarà di fatto un convertibi-

le, capace di assumere le sembianze di

tablet (con tanto di pennino) a seconda

delle circostanze. Non mancheranno un

processore Intel, due porte USB C, ta-

stiera retroilluminata con trackpad.

Può essere che Pixel 3 faccia una sua

prima apparizione pubblica il 4 di otto-

bre, ma l’ipotesi più probabile è che lo

faccia il tablet Nexus di Huawei e che

Pixel 3 venga presentato ufficialmente a

inizio 2017.

ENTERTAINMENT Tra le novità che Google sta per presentare anche un nuovo Chromecast

In arrivo Chromecast Ultra, con 4K e HDR La versione Ultra di Chromecast supporterà lo streaming in 4K e HDR per le app compatibili Negli USA si parla di prezzo di listino di 69 dollari, che da noi dovrebbero diventare 69 euro

di Roberto PEZZALI

N ell’evvento annunciato per il 4

ottobre Google non solo pre-

senterà i suoi nuovi smartpho-

ne Pixel, i primi prodotti Android co-

struiti senza un partner, ma arricchirà

anche l’ecosistema con una serie di

accessori come il già anticipato Goo-

gle Home.

Tra questi dovrebbe arrivare anche un

nuovo Chromecast che affiancherà i

due modelli già esistenti: si chiame-

rà Chromecast Ultra e, come il nome

stesso suggerisce, sarà compatibile

con contenuti Ultra HD e HDR invia-

ti da applicazioni compatibili, e tra

queste vanno sicuramente segnalate

Youtube, Netflix e ovviamente l’app

per le foto. Spesso infatti quando si

parla di 4K si pensa subito al video,

ma non dobbiamo dimenticare che le

fotografie sono il contenuto che oggi

viene penalizzato maggiormente dal-

la bassa risoluzione dei display e an-

che uno dei contenuti più diffusi.

Il nuovo Chromecast Ultra ovviamen-

te avrà una sezione di rete rivisitata e

un’uscita HDMI 2.0 con HDCD 2.2 per

poter soddisfare anche gli standard di

banda e sicurezza richiesti dall’Ultra

HD, modifiche che comportano an-

che un aumento di prezzo rispetto al

modello in vendita oggi nei negozi:

si parla infatti di 69$, da tradurre in

69 euro in Italia.

Google Pixel Spunta il render ufficiale. Prezzi da 649 dollariSpunta il rendering del Google Pixel con display da 5 pollici e nuovo launcher In arrivo il 4 ottobre insieme al fratello maggiore XL con prezzi a partire da 649 dollari di Giulio MINOTTI

Da evleaks ar-riva la prima immagine uffi-ciale del nuovo smartphone di Google, realiz-zato da HTC. Accantonato al-meno per ora il brand Nexus, il Pixel avrà a bor-do un display da 5 pollici 1080p, un SoC quad-core da 2.0 GHz a 64-bit Snapdragon 82X, 4 GB di RAM, con tagli di memoria a partire da 32 GB. Per quanto riguarda le fotocamere, quella principale avrà un sensore da 12 MP, mentre al-l’anteriore una camera da 8 Mpixel. La batteria sarà da 2770 mAh e non mancheranno un lettore di impronte posizionato sul posterio-re, una porta USB-C e jack audio. Questo modello sarà affiancato da una versione più grande, il Pixel XL, che si differenzierà per il display da 5.5 pollici QHD e batteria da 3.450 mAh. Entrambi gli smartpho-ne saranno, inoltre, equipaggiati con il nuovo Pixel launcher che si contraddistingue per le icone di si-stema circolari (novità che dovreb-be essere introdotta in Android 7.1) con l’app drawer accessibile ora con uno swipe verso alto, gesture che sostituisce il classico pulsante centrale. Troviamo anche la nuova barra di navigazione e l’icona “G” posizionata nell’angolo superiore sinistro che se premuta apre il box di ricerca. I prezzi dovrebbero par-tire da 649 dollari per il modello da 5 pollici.

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MAGAZINEn.141 / 163 OTTOBRE 2016

di Mirko SPASIANO

Con l’Anniversary Update, Windows 10, ma so-

prattutto lo Store di Windows 10, è diventato più

ricco. Non ci riferiamo ad un puro dato numerico

(anche perché Microsoft non rilascia dati ufficiali in me-

rito da diverso tempo), bensì ad una più interessante

possibilità: eseguire i classici programmi per il desktop

come app universali.

Attenzione, però, perché “universale” non comporta

automaticamente che una qualunque app del genere

funzioni su tutte le piattaforme Windows 10 (PC & ta-

blet, mobile, Xbox, HoloLens, Surface Hub). La parola

universale è semplicemente il modo in cui viene de-

finita un’applicazione progettata appositamente per

Windows 10 e, perciò, aderente alla Universal Windows

Platform (UWP).

Ma, dopo questa piccola postilla, torniamo a noi. Di-

cevamo dell’Anniversary Update, di cui, tra l’altro, vi

abbiamo offerto un’ampia panoramica: bene, a partire

dallo scorso agosto, anche se Microsoft l’ha annuncia-

to soltanto poco più di una settimana fa, gli sviluppa-

tori possono re-impacchettare il proprio applicativo

desktop tradizionale in un’app universale e distribuirlo

tramite il Windows Store. Questo passaggio può es-

sere condotto sfruttando un bridge apposito creato

da Microsoft stessa, il cui nome in codice era Project

Centennial.

Da qualche giorno, quel bridge si è concretizzato per-

fino in DesktopAppConverter, un’app scaricabile gra-

tuitamente dal Windows Store. Tra le prime app che

sono saltate sul carro troviamo Evernote, Arduino IDE,

PhotoScape e MAGIX Movie Edit Pro. L’ultima ad ag-

giungersi alla lista in ordine di tempo è Kodi, un media

center multipiattaforma fra i più diffusi. Aldilà delle sin-

gole app, ciò che forse sorprende di più è quanto sot-

tolineato dagli sviluppatori di Kodi in un post sul loro blog, di cui riportiamo un estratto:

“Poco dopo il loro annuncio (quello della disponibilità

del tool per la conversione, ndr), un rappresentante

di Microsoft ci ha contattati, chiedendoci di far parte

dello Store utilizzando il Desktop App Converter, dato

che l’avevano già convertito (Kodi, ndr) in un’app UWP.

Siamo rimasti scioccati nello scoprire che sia stato

così semplice e, ovviamente, abbiamo accettato con

piacere la loro collaborazione per portare a termine

il progetto.”

È proprio la semplicità che può determinare o meno il

successo di Project Centennial, il che si traduce nella

larga adozione del tool di conversione e, di conseguen-

za, nello sbarco di tanti applicativi Win32 sullo Store.

È di vitale importanza che il processo “fili liscio come

l’olio”, perché la naturale compatibilità di Windows 10

con i programmi “legacy” con architettura x86 scorag-

gia, già di per sé, l’impiego del Converter. Del resto,

qualsiasi sforzo in più da parte degli sviluppatori deve

essere ripagato in qualche modo.

Ecco, siamo arrivati al punto. In quanto esseri umani,

ragioniamo tutti in termini di rapporto benefici-costi e

gli sviluppatori non sono certo da meno. Tralasciando il

discorso dell’ubiquità del software su tutte le piattafor-

me Windows 10, perché trattasi di uno step successivo,

per l’utente finale i benefici derivanti dalla possibilità di

scaricare software dallo Store sono abbastanza scon-

tati: facilità di reperire tutto il software di cui si abbiso-

gna da un unico punto (lo Store, appunto, senza dover-

si destreggiare tra siti web, vecchi CD-ROM, hard disk

esterni, ecc.), gestione degli aggiornamenti semplifica-

ta, installazione e disinstallazione immediata (quest’ul-

tima, tra l’altro, non lascerebbe alcuna traccia nei file

di registro di Windows, preservandone

l’integrità), limitazione dei rischi con-

nessi alla diffusione di dati sensibili nel

momento in cui si acquisti software a

pagamento (ci si interfaccia esclusiva-

mente con lo Store e non è necessario

salvare i propri dati, sopra ogni altra

cosa quelli delle carte di credito, su

siti diversi) e, per finire, una maggiore

sicurezza (le app universali girano in

un ambiente protetto, una cosiddetta

sandbox, e non possono danneggiare

in alcun modo il PC).

Come contraltare, probabilmente c’è

un unico fattore, ovvero una minore libertà nella ge-

stione del software. Per quanto si possano tranquilla-

mente bloccare gli aggiornamenti automatici delle app,

a meno che non si scarichino i pacchetti .appX (l’alter

egol del .msi e del .exe dei programmi tradizionali) al

di fuori dello Store, non c’è modo di provare un’app

aggiornata e tornare ad una versione precedente nel

caso in cui non dovesse piacere. È bene precisare che

la casa madre di Redmond, pur di spingere il nuovo for-

mato delle app universali, ha reso comunque possibile

e, anzi, incoraggia perfino il download dei pacchetti

.appX extra-Store. Infatti, tutti i PC ed i tablet aggiornati

all’Anniversary Update troveranno tra le app installate

“Programma di installazione app”, che ha il preciso

scopo di, citando la descrizione dello Store, “semplifi-

care il sideload delle app Windows 10”. Non c’è alcun

bisogno di procedure complicate utilizzando il Power-

Shell: l’installazione avviene con un semplice doppio

click sul pacchetto .appX.

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, poi, le

app per Windows 10 non sono castrate e limitate ad un

subset di funzioni ed API. Le app universali possono

contare su tutte le API dei classici programmi Win32,

sommate a quelle esclusive della UWP, come quelle re-

lative alla live tile ed alle notifiche interattive. Ma aldilà

di un set di API più ricco, che può incentivare l’uso delle

proprie app, al momento i vantaggi che gli sviluppa-

tori ne ricavano sono piuttosto limitati, soprattutto se

si considera che devono dividere una fetta dei propri

guadagni con Microsoft. Per citare ancora il post degli

sviluppatori di Kodi:

“Per noi sviluppatori, il vantaggio è che riceveremo i

log dei crash nei casi in cui si dovessero verificare e li

potremmo usare per individuare i bug e includere dei

fix nell’aggiornamento successivo”.

A questo si somma una maggiore visibilità della pro-

MOBILE Windows Store al bivio tra decollo e fallimento. La speranza arriva dal nuovo convertitore per vecchie applicazioni

Windows Store, arriva il convertitore per le appI programmi desktop stanno arrivando sullo Store, per sfruttare quello che da sempre è un punto di forza classico di Windows

segue a pagina 18

Page 18: 3 TTRE 2016 n.141 16 MAGAZINE Ecco cosa presenterà Tomb ...

torna al sommario 18

MAGAZINEn.141 / 163 OTTOBRE 2016

pria app nello Store, potendo essere riportata nelle

varie raccolte o, magari, nella sezione contenuti in

evidenza del menu Start. Dunque, a Microsoft, spetta

l’arduo compito di limitare quanto più possibile la frizio-

ne incontrata dagli sviluppatori nel convertire i propri

applicativi in app universali e far sì che questo passag-

gio si integri al meglio nel loro workflow. È proprio in

quest’ottica che la compagnia americana ha avviato

una partnership con tre dei principali installer per i pro-

grammi desktop, ovvero InstallShield, WiX e Advanced

Installer. Il risultato di questa collaborazione è che gli

sviluppatori ora possono convertire il proprio applicati-

vo Win32 in un’app universale, sfruttando il bridge ma

senza alterare il loro consueto flusso di lavoro.

Secondo NetMarketShare, al momento, circa un PC su

quattro monta Windows 10 (il 22,9%) e il suo market

share è destinato inesorabilmente ad aumentare, per

quanto lentamente, dopo che l’offerta di aggiornamen-

to gratuito è “scaduta” lo scorso agosto. Nonostante

quello dei PC sia un mercato in calo, ad eccezione

del settore dei 2 in 1 e di quello dei PC per il gaming,

rappresenta comunque ancora un bacino d’utenza

considerevole, che ammonta a diverse centinaia di

milioni. L’ultimo dato ufficiale rilasciato da Microsoft, risalente alla fine dello scorso giugno, fa riferimento a

oltre 350 milioni di dispositivi con a bordo Windows 10,

inclusi però anche smartphone, HoloLens, Surface Hub

e Xbox. Alcuni programmi sono “di casa” sul PC, nel

senso che quella del PC rappresenta la loro collocazio-

ne ideale, il loro habitat. Per altri, invece, come nel caso

di Kodi, il PC rappresenta una sorta di cavallo di Troia: si

entra nello Store grazie al bridge e si funziona esclusi-

vamente su tablet e PC, per poi evolvere nel tempo in

un’app realmente “universale”.

“Per far funzionare Kodi come un’app pienamente ade-

rente alla UWP, il che ne permetterebbe l’installazione

su altri dispositivi, c’è ancora molta strada da fare e ri-

chiede ancora diverse modifiche prima che diventi pos-

sibile. Tuttavia abbiamo fatto, senza dubbio, un passo

nella giusta direzione e ci proveremo sicuramente, per-

ché arrivare sull’Xbox chiuderebbe il cerchio e ci ripor-

terebbe proprio lì dove è cominciato il nostro viaggio”.

Con i bridge per il porting delle app di iOS (Project

Islandwood) ed a quello dei siti web (Project We-

stminster), unitamente al Desktop App Converter,

forse Microsoft ha fatto davvero tutto il possibile per

incentivare lo sviluppo per il Windows Store. In base

alle nostre conoscenze, ci sentiamo di affermare che

il Desktop App Converter è l’asso nella manica di Na-

della per trasformare lo Store in un cosiddetto one-

stop-shop, ovvero una sorta di negozio in cui rifornirsi

di tutto ciò di cui si ha bisogno. Se, però, non dovesse

andare a segno con la sua arma migliore, il Windows

Store è verosimilmente destinato a crollare come un

castello di carte.

MOBILE

Windows Store, convertitore per le app segue Da pagina 17

di Mirko SPASIANO

Sono ormai diversi mesi che si rincor-

rono voci secondo le quali il pros-

simo major update di Windows 10

sarebbe fortemente incentrato sul mobi-

le, ma, fino ad ora, non c’era alcuna in-

formazione tangibile. Intanto, però, ci ha

pensato la stessa compagnia americana,

dalla conferenza Microsoft Ignite, a get-

tare un po’ di luce sul futuro della propria

piattaforma mobile. Innanzitutto, nono-

stante i dati poco confortanti, Microsoft

ha riaffermato il proprio impegno nel set-

tore mobile, sia con il rilascio di nuove

feature per Windows 10 Mobile, che con

nuovo hardware (first-party). Nessun rife-

rimento esplicito al fantomatico Surface

Phone, ma considerando il destino cupo

del brand Lumia, è probabile che prima o

poi farà la sua comparsa.

Tornando a cose più concrete, in una

sessione denominata “Scopri quali sono

le prospettive di Windows 10 Mobile per

telefoni e piccoli tablet”, la compagnia

americana ha annunciato diverse funzio-

nalità attese per Redstone 2. La chiave

di volta è Continuum, ciò che Microsoft

ha sempre identificato come la caratte-

ristica distintiva del proprio sistema ope-

rativo mobile. Si comincia con qualche

dettaglio che va a correggere un’espe-

MOBILE Dalla conferenza Microsoft Ignite di Atlanta arrivano notizie sul futuro di Windows 10 Mobile

Microsoft svela i piani per Continuum 2.0Su Continuum arriverano il multi-window, più personalizzazione e la feature Proximity Connect

rienza non ottimale,

come la possibilità

di poter spegnere

il display del pro-

prio smartphone

quando questo

sia collegato via

cavo o wireless

ad un monitor/PC

con mouse e ta-

stiera. Infatti, nella

prima iterazione,

spegnendo il display dello smartphone,

questo entrava in standby, interrompen-

do il segnale in arrivo al monitor. Si potrà

personalizzare il menu Start indipenden-

temente dalla configurazione sullo smar-

tphone (al momento c’è un semplice

mirroring) e aggiungere in maniera per-

manente i collegamenti a specifiche ap-

plicazioni sulla barra delle applicazioni.

Verrà introdotta una nuova funzionalità,

nota con il nome di Proximity Connect,

che permetterà di connettersi senza fili

ad una docking station compatibile non

appena ci si avvicina, senza dover tira-

re fuori lo smartphone dalla tasca. Pro-

babilmente, previo accoppiamento via

NFC/bluetooth, la docking station rileva

la vicinanza dello smartphone, attivando

il collegamento in maniera automatica.

Ma, con ogni probabilità, la new entry

più utile è il supporto al multi-window: le

applicazioni potranno essere lanciate in

finestre ridimensionabili e agganciabili

ai lati dello schermo, esattamente come

avviene su PC. Infine, interrogata sul

supporto ad ARM64 da parte dei colle-

ghi di Neowin, i dirigenti di Microsoft si

sono detti consapevoli della necessità di

questo salto generazionale, ma che fino-

ra non si è reso necessario perché non

esistono smartphone Windows con più

di 4 GB di RAM. Al momento, infatti, Win-

dows 10 Mobile gira a 32 bit anche sui

processori con architettura a 64, come

gli Snapdragon 810 e 820.

Il prossimo aggiornamento per tutta la

piattaforma Windows 10 è atteso per la

prossima primavera, ma Microsoft ha

confermato che queste nuove feature

dovrebbero arrivare agli Insider a breve.

MOBILE

Nuovi Note 7 Qualcuno si scarica troppo in frettaDopo il richiamo di 2,5 milioni di unità, i nuovi Note 7 stanno raggiun-gendo i mercati dove la distribuzione di quelli a rischio batteria era stata massiccia, in particolare in Corea, ma di lì a poco sono emerse nuove lamen-tele. I problemi non sarebbero gravi, ma tali da rendere imperfetta anche la seconda emissione: il Wall Street Journal, citando il network televisivo coreano YTN News, ha riportato che alcuni clienti si sarebbero lamentati del surriscaldamento del telefono e della perdita di carica anche durante il normale ciclo di ricarica. Secondo fon-ti coreane, sarebbero stati riscontrati casi in cui la ricarica non sarebbe in grado di raggiungere il 100%, altri in cui collegare il telefono alla presa elet-trica porta a ridurre la carica anzichè aumentarla. Samsung è immediata-mente intervenuta sulla questione affermando che il difetto è “del tutto svincolato dalla batteria” ed è limitato a “casi isolati”, come normali conseguenze della produzione di massa. Può essere, tanto più che non sembra un difetto generalizzato e non ha fatto registrare incidenti. Samsung si è comunque impegnata a condurre esami approfonditi.

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MAGAZINEn.141 / 163 OTTOBRE 2016

SCIENZA E FUTURO

Google traduce con le reti neurali Da qualche giorno le traduzioni dal cinese all’inglese su Google Translate sono effettuate tramite Google Neural Machine Translation System (GNMT), una rete neurale dalle interessanti caratteristiche. La GNMT analizza tutto il contenuto immesso dall’utente, mentre i sistemi PBMT (Phrase-Based Machine Translation) utilizzati fino a oggi operano su singole parole o frasi. La rete neurale riesce a raggiungere, in alcuni casi, risultati vicini alle traduzioni realizzate da un essere umano e con una velocità di elaborazione in linea con gli attuali servizi di Google. In ambiti ben precisi, si è dimostrata superiore alle tecnologie usate finora, riducendo gli errori dal 55 all’85%. Questa rete neurale è però ancora lontana dall’essere perfetta, in alcuni casi fa gravi errori che un essere umano non commetterebbe, ad esempio ha problemi con i nomi propri o con termini poco utilizzati. Inoltre la sua efficienza varia a secon-da delle lingue tradotte. Questa rete neurale sarà in grado di migliorare le sue prestazioni nel tempo grazie alle tecniche di apprendimento automati-co di cui è dotata e nei prossimi mesi verrà estesa ad altre lingue.

di Mirko SPASIANO

O ltre a un aggiornamento sui tra-guardi raggiunti dal suo sistema operativo, dalla conferenza Micro-

soft Ignite arrivano nuove informazioni su

alcune delle nuove feature che debutte-

ranno ufficialmente con Redstone 2, nome

in codice del prossimo major update di

Windows 10. I protagonisti sono il brow-

ser e il servizio di cloud di casa Microsoft,

integrati direttamente nel sistema opera-

tivo. Nello specifico stiamo parlando di

Windows Defender Application Guard per Microsoft Edge, un sistema di sicu-

rezza che avvicina l’antivirus di Microsoft

al suo browser per uno strato di sicurezza

in più. Si tratta di una funzionalità, il cui

nome in codice era Barcelona, che sfrut-

ta tecniche di virtualizzazione isolando

eventuale codice maligno in “contenitori”,

limitandone l’accesso al PC e la diffusione

in reti aziendali. Questa modalità sarà atti-

vabile a comando, aprendo una particola-

re istanza di Microsoft Edge facilmente di-

stinguibile da quella standard: comparirà

un’icona in un riquadro rosso nella barra

del titolo. Questa funzionalità è indirizzata

al mondo business, ma

può tornare utile anche

in quello consumer e

per questo gli iscritti al

programma Insider po-

tranno metterci le mani

già nelle prossime set-

timane.

Per quanto riguar-

da OneDrive, ci sa-

ranno diverse novità. Per cominciare, i

placeholders faranno la loro comparsa su

Windows 10. Quello dei placeholders, let-

teralmente segnaposto, è un sistema che

consente di visualizzare in Esplora Risor-

se tutti i file presenti su OneDrive, indipen-

dentemente dalla loro presenza fisica sul

PC utilizzato. I placeholders, introdotti ini-

zialmente con Windows 8, furono esclusi

da Windows 10 perché erano stati bollati

come un sistema poco chiaro agli utenti

che, tra l’altro, è risultato poco compatibi-

le con il nuovo motore di sincronizzazio-

ne. Probabilmente è per questa ragione

che questa feature verrà reintrodotta con

un nuovo brand più evocativo: On-De-

mand Sync. Inoltre, verrà introdotta una

sorta di centro attività per il client desk-

top di OneDrive, che fornirà un resoconto

delle attività di sincronizzazione concluse

e di quelle ancora in corso. Ci saranno

anche graditissime aggiunte per il portale

web del servizio di cloud di Microsoft: si

potranno visualizzare le anteprime di 20

tipi di file, inclusi i file RAW e i PDF, si po-

tranno modificare gran parte dei file dal

browser ed effettuare il download di più

file contemporaneamente in un singolo

file compresso .ZIP. Con un debutto previ-

sto per la prossima primavera, il prossimo

corposo aggiornamento per Windows 10

è ancora agli albori. Tuttavia, dopo circa

un paio di mesi di gestazione, con diverse

modifiche tese all’ottimizzazione del One

Core, finalmente cominciano ad intrave-

dersi le prime vere novità.

PC Novità direttamente dai dirigenti americani dal palco della conferenza Microsoft Ignite

Microsoft scrive il futuro di Windows 10 Si parte da un Edge che diventa più sicuroAnnunciate le nuove funzionalità per Redstone 2: Edge più sicuro e tornano i placeholders

di Mirko SPASIANO

N ei giorni scorsi sono rimbalzate

in rete notizie che denunciavano

che la versione Signature Edition

di Windows 10 (senza “crapware” dei

produttori) bloccasse l’installazione di

Linux. La trama si è infittita, con l’ipotesi

che questo si verificasse solo sui PC Le-

novo, come conseguenza di un accordo

segreto con Microsoft. Alla fine, però,

pare fosse una bolla di sapone, dovuta

a problemi di driver. Tutto ha avuto ori-

gine dalla risposta di un Lenovo Product

Expert della catena americana Best Buy a

una recensione online di uno Yoga 900S.

Qui Lenovo veniva accusata di bloccare

il settaggio dell’SSD nel BIOS in modalità

RAID, impedendo, di fatto, l’installazio-

PC Una dichiarazione ufficiale Lenovo ha chiarito la questione: la spiegazione era semplice, era solo un problema di driver

Windows 10 blocca l’installazione di Linux? Molto rumore per nullaSecondo alcuni utenti su Reddit, Microsoft e Lenovo cospirerebbero per impedire l’installazione di Linux sui PC Lenovo

ne di una qualsiasi distribuzione Linux.

“L’esperto Lenovo” di Best Buy ha dihiara-

to: “Questo sistema monta una versione

Signature Edition di Windows 10 Home. È

bloccato per via di un nostro accordo con

Microsoft”. Una conversazione su Reddit è stata presa d’assalto da innumerevoli

commenti nei quali si faceva riferimento

al fatto che in molti PC Lenovo dotati di

SSD questo componente risulta bloccato

in modalità RAID. Da lì il passo è breve:

Microsoft e Lenovo stanno complottando

per impedire l’installazione di un sistema

operativo diverso da Windows a livello di

firmware. Questa ipotesi sarebbe stata

ulteriormente “confermata” dal fatto che

Windows 10 non avrebbe difficoltà a indi-

viduare l’SSD in fase di installazione all’av-

vio del PC. L’eco delle accuse è arrivata ai

vertici Lenovo, che hanno rilasciato una

dichiarazione a The Register per bocca

di un rappresentante: Lenovo non impe-

disce intenzionalmente ai propri clienti di

utilizzare altri sistemi operativi sui propri

dispositivi ed è pienamente impegnata

nel fornire certificazioni Linux e una guida

all’installazione su una grande varietà di

prodotti. […] I prodotti che non supporta-

no Linux ufficialmente dipendono esclu-

sivamente dal rilascio di un nuovo kernel

e nuovi driver da parte dei creatori delle

varie distro Linux. Dunque, a quanto pare,

il problema è dovuto al fatto che Linux

non supporta la tecnologia di Rapid Stora-

ge di Intel nella variante NVMe integrata

nell’SSD dello Yoga 900S. Per chiudere, il

rappresentante Lenovo ha negato legami

con l’esperto di Best Buy.

La fama che Microsoft si è guadagnata

negli anni è dura a morire (15 anni fa l’ex

CEO Ballmer definì Linux come un can-

cro). Oggi, però, i tempi sembrano cam-

biati: il colosso di Redmond, oltre ad aver

dichiarato pubblicamente il proprio amo-

re per Linux e integrato un sottosistema

Linux in Windows 10 Anniversary Update,

è la prima compagnia per numero di con-

tributi open source su GitHub. Ma forse,

per quello che è stato il pregresso, 15 anni

non sono abbastanza. Qui la dichiarazio-

ne di Lenovo a riguardo.

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MAGAZINEn.141 / 163 OTTOBRE 2016

di Emanuele VILLA

È è stata rilasciata la versione definiti-

va di macOS Sierra: presentata alla

conferenza WWDC, la nuova incar-

nazione del sistema operativo prosegue

il nuovo corso partito con Yosemite ed

evolutosi in El Capitan. Tocca alle mon-

tagne della Sierra Nevada essere pro-

tagoniste del nuovo sfondo stock, che

faranno bella mostra su tutti gli iMac e i

MacBook dal 2009 in avanti e su tutti i

MacBook Pro, MacBook Air, Mac Mini e

Mac Pro nati almeno nel 2010.

La novità più grande di Sierra, enfatiz-

zata anche dal refrain del nuovo OS sul

Mac App Store, è Siri: l’intelligenza arti-

ficiale che dal 2011 aiuta gli utenti iOS

arriva anche a supportare l’esperienza

d’uso Mac. Toccare l’icona in alto a de-

stra sveglierà l’assistente a cui potremo

chiedere di aprire app, scrivanie, cercare

documenti, chiedere info sul meteo, mo-

strare notifiche e in generale dare una

decisa sterzata all’idea di multitasking

a cui eravamo abituati finora: oltre alle

gestures, l’utilizzo di Siri aggiunge un

ulteriore livello di interazione con il Mac.

Mentre scriviamo un documento su

Pages possiamo chiedere a Siri di cerca-

re immagini sul web da importare imme-

diatamente, piuttosto che creare un per-

corso su Mappe da condividere via Mail

o Messaggi, per non parlare della ricerca

fotografica per criteri temporali, di luogo

o addirittura riconoscendo i volti.

Foto è un’app in prima fila per quanto ri-

guarda i benefici ottenuti nel passaggio

a 10.12: l’app di gestione fotografica è

ora in grado di riconoscere e dividere in

“tab” (come Safari) persone, luoghi e og-

getti: il nuovo algoritmo di gestione delle

immagini permette a Foto di riconosce-

re le espressioni e catalogarle secondo

ironia, disgusto, neutrale, urlo, sorriso,

sorpresa e circospezione mentre sono

4000 le tipologie di oggetti presenti nel-

le inquadrature che possono essere rico-

nosciuti, archiviati, e verso i quali si può

chiedere a Siri di fare una ricerca (“Siri,

mostrami le foto del 2014 dove compaio-

no degli alberi”). Il tab Memorie, altra

nuova introduzione con macOS Sierra,

genererà un album con foto del passato

raggruppandole per evento, data e per-

sone in modo da avere sempre sottoma-

no una raccolta il più possibile coerente

e fedele all’evento: se vorremo andare

a metterci mano, avremo la possibilità

di creare un montato delle foto aggiun-

gendo titoli, musiche, transizioni e i “pin”

per far sì che le foto siano associate ai

relativi luoghi sulla mappa del mondo.

Non mancherà la compatibilità con Live

Photos di iPhone 6S e 7, così come sono

stati introdotti nuovi tool di editing delle

foto, con particolare enfasi sulla gestio-

ne della luce e di un nuovo comando

“Brilliance” per far risaltare i dettagli e

aumentare il contrasto. Altre novità ri-

guardano Appunti Condivisi, una nuova

freccia all’arco di Continuity ampiamente

dimostrata durante la WWDC: se è già da

anni possibile ricevere una chiamata su

iPhone e rispondere da Mac, piuttosto

che iniziare a elaborare un prospetto su

Numbers da iPad e terminarlo su Mac,

con macOS Sierra si potrà copiare un

link, un’immagine, una mappa da dispo-

sitivo iOS e incollarlo immediatamente

su Mac (e viceversa).

E ancora, sempre in tema di sicurezza e

integrazione nell’ecosistema, non rima-

ne tagliato fuori watchOS che con Sbloc-

co Automatico permetterà di accedere al

proprio Mac con l’Apple Watch al polso.

Anche Messaggi, come la controparte

per iOS, si rifà il look e guadagna le nuo-

ve emoji, l’ampia preview per i link inseri-

ti e la possibilità di rispondere con veloci

tap di approvazione/disapprovazione.

Specifici di iCloud sono l’archiviazione

ottimizzata e l’uso dell’app iCloud Drive:

la prima farà sì - se l’utente lo desidera -

che cartella Documenti e Scrivania siano

sincronizzate con iCloud Drive e quindi,

in automatico, tutti i file presenti in que-

ste due aree saranno disponibili su tutti i

dispositivi legati con lo stesso Apple ID.

Archiviazione Ottimizzata aiuterà a sal-

vaguardare spazio, specie nelle configu-

razioni Mac con storage da 128GB: tutti

i file meno utilizzati finiscono sul Cloud,

cache e log finiscono di default nel cesti-

no che si svuoterà in automatico ogni 30

giorni se ce ne dovessimo dimenticare.

Il banner di macOS Sierra è disponibile

sull’App Store come upgrade gratuito:

come ogni aggiornamento importante,

è fondamentale avere un Time Machine

recente prima di lanciare l’installer del

nuovo OS.

PC Novità principale è Siri: l’intelligenza artificiale ora supporta anche l’esperienza d’uso Mac

MacOS Sierra è disponibile: tutte le novitàDisponibile da qualche giorno, la nuova versione di macOS porta con sé molte novità Nuove caratteristiche e funzioni per una migliore integrazione fra anime mobile e desktop

Il nuovo SSD Samsung 960 un missile da 3.5 GB al secondoSamsung rinnova la sua linea di dischi SSD di punta col modello 960. Le prestazioni raggiungono i 3.5 GB al secondo in lettura di Franco AQUINI

Samsung alza l’asticella delle prestazioni con la nuova serie di dischi a stato solido 960 Pro ed Evo, evoluzione della serie 950 che a oggi conserva il primato di prestazioni in lettura/scrittura. Parliamo dei modelli NVMe con connettore M.2, lo standard che garantisce il pieno supporto del bus PCIe x4, molto più veloci ri-spetto ai SATA, che sono tutt’oggi i più diffusi ma che hanno il limite fisico dei 600 MB/s in lettura. Il 950 Pro aveva già alzato questo limite a 2.2 GB/s in lettura e 900 MB/s in scrittura (sequenziale), il 960 promette ancora meglio, con 3.2 GB/s in lettura e 1.9 GB/s in scrittura per la versione Evo, che diventano 3.5 GB e 2.1 GB/s per la Pro. Velocità, questa, che può portare un sistema con Windows 10 a essere operativo in una manciata di secondi. Le versioni saranno due e, oltre alla velocità, le differenze principali riguarde-ranno garanzia e tagli disponibili. La PRO vedrà la luce in tagli da 512GB, 1TB e 2TB e avrà 5 anni di garanzia limitata a seconda del taglio, formula non proprio con-venzionale, che varrà in caso non si superino i 1,2 petabyte di dati sul taglio da 2 TB. La EVO sarà disponibile in tagli da 256GB, 512GB e 1TB con garanzia di 3 anni limitata, nel caso del taglio maggiore, a 400TB di dati.

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MAGAZINEn.141 / 163 OTTOBRE 2016

di Filippo TONELLI

Come ogni autunno da qualche

anno a questa parte, Apple molto

probabilmente si preparerà ad ag-

giornare “l’altra parte del cielo”: il mondo

Mac. I rumor sui prodotti con la mela mor-

sicata si rincorrono ad un ritmo altissimo

nell’arco di tutti i 12 mesi dell’anno, ma è

nell’arco del Q1 che Cupertino decide di

mettere mano alla lineup Mac, e dopo for-

se troppi mesi di stagnazione ecco l’attesa

ventata di novità alle linee MacBook. Pro-

tagonista assoluto sarà il nuovo MacBook

Pro: si sussurra un design derivato dalle

linee estetiche del sottilissimo MacBook,

ma non saremo allo stesso livello di

peso e dimensioni per evitare “castrazio-

ni” all’hardware. Come abbiamo detto qualche mese fa, sul nuovo MacBook

Pro dovrebbe finalmente arrivare l’OLED

perlomeno in forma di touchbar posta

sopra la tastiera, a rimpiazzo dei comandi

funzione: come Apple intenda usarla, se

davvero ci sarà, ancora non è chiaro, ma

i rumor più corposi la danno come menu

comprensivo di comandi e funzioni in rela-

zione al programma attualmente in uso.

Se fosse vero, l’accoppiata comandi tou-

ch variabili e la recente introduzione di Siri

getterebbe davvero le basi per una nuo-

va e rivoluzionata esperienza d’uso per

gli utenti. Sotto la scocca invece, spazio

alle vere grosse novità hardware: il cuore

pulsante delle nuove unità da 13” sarà

probabilmente la settima generazione

di processori Intel Kaby Lake, mentre sui

PC Dopo il lancio di iPhone ed Apple Watch, Cupertino si prepara per il caldo autunno dei Mac

Tutti pronti per l’arrivo dei nuovi MacBook?Tra le novità, si parla di MacBook Pro e OLED, ma anche dei nuovi processori Kaby Lake

più potenti MacBook Pro Retina 15” si po-

trebbe addirittura assistere all’implemen-

tazione della gamma Xeon E3 in tandem

con le schede grafiche Polaris di AMD per

dare anche ai videogiocatori ai blocchi di

partenza per la generazioni VR le perfor-

mance che da sempre mostrano il fianco

a critiche sui portatili di casa Apple. Resta

comunque valida - e forse più fondata -

l’ipotesi Kaby Lake in versione i7. E sulla

connettività, Apple si gioca la partita forse

più importante: nel codice di macOS Sier-

ra ci sono evidenti richiami a Thunderbolt

3, ma è lecito ipotizzare una decisa virata

sul versante USB-C: dopo il jack audio su

iPhone 7, assisteremo anche anche al fu-

nerale della USB 3.0?

In tema MacBook, un discorso a parte lo

merita il MacBook Air: rivoluzionario sin

dalla presentazione, il peso piuma dei por-

tatili Mac vive ora in un limbo dal quale Ap-

ple deve rilanciarlo. Ormai entry level della

gamma, con prestazioni di poco superiori

ad un iPad ed un nome di fatto sbagliato

perché l’avvento del fratello da 12” gli ha

tolto anche lo scettro di più leggero del-

la famiglia, questa categoria di MacBook

potrebbe non beneficiare del solo proces-

sore Kaby Lake, Thunderbolt 3 ed USB-C

per rilanciarsi. Considerando anche il gap

di prezzo attuale, aspettarsi un coniglio

dal cilindro è d’obbligo, in un senso o nel-

l’altro: anche l’abbandono della gamma

potrebbe essere un’opzione sul tavolo.

Lato desktop: Apple si rumoreggia da

mesi essere al lavoro con LG (già partner

per la fornitura di pannelli 5K per l’iMac

omonimo) per la realizzazione dell’erede

di Thunderbolt Display. Se qualche mese

fa si pensava che la presentazione fosse

imminente, oggi siamo ancora in attesa

di capire l’evoluzione presa dal proget-

to: sarà pensato specificamente per

Mac Pro (anch’esso in attesa di un dove-

roso aggiornamento) o sarà indirizzato a

tutta la gamma? La risoluzione 5K parreb-

be d’obbligo, da abbinare agli iMac 27” 5K

come monitor esterno aggiuntivo. iMac

che - così come il Mac Mini - non sono sot-

to i riflettori di un imminente speed bump:

oltre ad un aggiornamento in termini di

schede grafiche e processori, sarebbe

auspicabile l’introduzione su tutte le unità

di una memoria SSD di serie.

di Roberto FAGGIANO

L eggerezza e portabilità sono tra i

fattori fondamentali nell’uso quoti-

diano e Gibson ne ha tenuto conto

per la nuova serie Flite di Philips, compo-

sta da tre modelli: Hyprlite, Ultrlite e Everli-

te. L’Ultrlite SHB4405 (50 euro) è una cuf-

fia Bluetooth disponibile con finitura nera

o bianca con design sottile e padiglioni

ripiegabili; utilizza driver da 32 mm e il

microfono per le conversazioni è integra-

to. Lo stesso modello è disponibile nella

versione tradizionale con filo SHL4405 in

MOBILE La nuova gamma di cuffie Flite di Philips offre leggerezza e la migliore trasportabilità

Philips Flite, cuffie ultraleggere anche nel prezzoTre modelli, via filo e Bluetooth, ma sempre con prezzi molto accessibili ed estetica curata

listino a soli 20 euro, con microfono lungo

il cavo.

La cuffia Evrlite SHL4805 (40 euro) è un

modello più avvolgente ma sempre mol-

to leggero e disponibile in due finiture

nero e bianco con dettagli rosa. La cuffia

utilizza trasduttori in mylar da 32 mm, la

risposta in frequenza è compresa tra 9 e

24.000 Hz, impedenza di 32 ohm e sen-

sibilità di 103 dB. Il cavo è del tipo anti at-

torcigliamento con microfono.

Infine gli auricolari Hyprlite SHE 4205 (25

euro) hanno un trasduttore da 12 mm con

accordo per i bassi e finiture metalliche.

Le caratteristiche tecniche parlano di ri-

sposta in frequenza è compresa tra 9 e

23.000 Hz, impedenza di 16 ohm e sensi-

bilità di 105 dB.

MAGAZINE

Estratto dal quotidiano onlinewww.DDAY.it

Registrazione Tribunale di Milanon. 416 del 28 settembre 2009

direttore responsabileGianfranco Giardina

editingClaudio Stellari, Maria Chiara Candiago,

Simona Zucca

EditoreScripta Manent Servizi Editoriali srl

via Gallarate, 76 - 20151 MilanoP.I. 11967100154

Per [email protected]

Per la pubblicità[email protected]

Un video mostra come SpaceX ci porterà su MarteDopo la presentazione alla platea del Congresso Astronautico Internazio-nale di Guadalajara, Elon Musk ha divulgato un video che, meglio di mille parole. rende l’idea di come SpaceX realizzerà il futuro sistema di trasporto interplanetario. Nel filmato è riassunta la visione che il magnate americano ha delle varie fasi del viaggio che avrà inizio dalla rampa di lancio 39a della base di Cape Canaveral e che terminerà con l’atterraggio e lo sbarco dei passeggeri sulla superficie del Pianeta Rosso. Il video mostra inoltre le suggestive fasi di ritorno a Terra del booster per caricare il carburante che rifornirà l’astronave in volo prima che quest’ultima lasci l’orbita terrestre alla volta di Marte. Quello che invece il video non mostra sono le infrastruttu-re che troveranno i “coloni” marziani e che serviranno a creare un insedia-mento autosufficiente nelle inospitali lande del pianeta, lasciando intendere come l’obiettivo primario di SpaceX sia quello di realizzare il sistema di tra-sporto lasciando ai pionieri il compito di implementare quanto servirà alla prima città extra-terrestre della storia.

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MAGAZINEn.141 / 163 OTTOBRE 2016

di Roberto PEZZALI

R ise of the Tomb Raider: 20 Year Ce-

lebration arriverà su PlayStation 4

l’undici di ottobre e porterà con se

moltissime novità. La prima è la compa-

tibilità con la nuova PS4 Pro, con il gioco

che avrà una modalità 4K, una modalità

High Frame Rate Mode con framerate

non bloccato e una Enhanced Visuals

Mode che invece fisserà il framerate a

30 frame per secondo, la seconda è la

modalità VR, limitata non a tutto il gioco

ma ad una nuova avventura ambientata

all’interno del maniero Croft chiama-

ta Blood Ties. Potevamo farci sfuggire

l’opportunità di giocare a Tomb Raider

impersonando Lara Croft grazie al viso-

re Playstation VR? Ovviamente no, ed è

per questo che abbiamo accolto l’invito

di Crystal Dynamics per vedere con i no-

stri occhi cosa e come potranno giocare

coloro che tra poco meno di un mese

avranno tra le mani non solo l’ultima fa-

tica della software house ma anche il vi-

sore Sony, che uscirà il 13 ottobre, quindi

due giorni dopo.

L’obiettivo di Blood Ties è semplice:

il giocatore deve esplorare il maniero

Croft per trovare le prove che Lara è la

legittima erede: uno zio infatti contesta la

proprietà, e senza le prove Lara potreb-

be perdere non solo il diritto di nascita

ma anche l’accesso ai segreti del padre.

Trattandosi di pura esplorazione, la mo-

dalità VR calza a pennello: indossato il vi-

sore veniamo catapultati all’interno delle

stanze della villa ricostruite in tre dimen-

sioni con un buon dettaglio grafico.

La risoluzione ovviamente non è altissi-

GAMING Visore indossato e Tomb Raider nella PS4 abbiamo provato la modalità VR del gioco

Abbiamo provato a giocare a Tomb Raider con Playstation VR: da far girare la testaLa nuova edizione del capolavoro di Crystal Dynamics per Playstation 4 uscira l’11 di ottobre

ma, ma la resa è più che sufficiente per

cogliere gli elementi interattivi e per-

metterci di godere di un buon senso di

circondamento. Il gioco in ambiente VR

dispone di due differenti modalità di

movimento: uno libero, con il giocatore

che vede e si muove nell’ambiente con

il joypad come si fa in un gioco in prima

persona classico, e un confort mode

che invece tele-trasporta il personaggio

senza farlo camminare: con una freccia

scegliamo dove inviare Lara e con una

pressione del grilletto veniamo teletra-

sportati nel nuovo punto. Questa modali-

tà in pratica impedisce il movimento, per

spostarsi si salta da un punto all’altro.

Perché Crystal Dynamic ha inserito que-

sta modalità di fruizione, decisamente

scomoda dal punto di vista del game-

play, lo capiamo pochi minuti dopo aver

esplorato un paio di stanze nella modali-

tà libera: il senso di nausea che si prova,

e lo diciamo da persone che hanno visto

ogni tipo di visore e contenuto 3D, dopo

circa 10 minuti diventa insopportabile.

Gira la testa, e gira non solo per la bel-

lezza dell’ambiente virtuale ma anche

per la sensazione che si prova quando

veniamo catapultati nella realtà virtuale.

“Lo sappiamo che è fastidioso – ci dice

Meagan Marie, Community Manager di

Crystal Dynamics – e per cercare di li-

mitare la cosa abbiamo pure eliminato

la possibilità di correre”. Lara, infatti, in

modalità VR cammina e basta, niente

azioni veloci, niente scatti o corsa: un

lento movimento per limitare al massimo

un motion sickness che diventerebbe in-

sopportabile. Leggermente meglio la si-

tuazione con la modalità confort, ma sce-

gliendo questo metodo di spostamento

si perde la bellezza dell’esplorazione,

e non risulta neppure facile trovare gli

indizi.

“Il VR è ancora un esperimento – con-

tinua Meagan Marie – e per dare un

assaggio abbiamo inserito questa pic-

cola avventura, ma siamo consapevoli

del fatto che non avremmo potuto fare

un gioco intero in VR. Siamo certi che

le cose miglioreranno, ma fino ad oggi

vediamo il visore come una possibilità

per rendere ancora più avvincente un

gioco. All’interno di un FPS si potrebbe

usare un visore per pilotare un drone in

remoto, oppure in un avventura grafica

per far rivivere dei ricordi”.

Rise of the Tomb Raider

Ubisoft, dubbi sulla qualità dei giochi per PlayStation VRSecondo Patrick Plourde Creative Director di Ubisoft, titoli come Assassin’s Creed, Watch Dogs o Uncharted sono irrealizzabili in VR anche utilizzando la potenza di PS4 Pro di Francesco FIORILLO

Nel corso del PlayStation Meeting di New York Jim Ryan, presidente e CEO di Sony Com-puter Entertainment Europe, ha ribadito ancora una volta che la PlayStation 4 “standard” sarà per-fettamente in grado di gestire i contenuti in realtà virtuale, senza scendere a compromessi. Patrick Plourde di Ubisoft però, non sembra essere dello stesso avviso. In una recente intervista, il Creative Director della società francese ha infatti espresso perplessità in me-rito, titoli come Assassin’s Creed o Watch Dogs: per Plourde, sono semplicemente irrealizzabili in VR, anche utilizzando la maggior po-tenza computazionale di PS4 Pro. Per ottenere risultati ideali occorre un rendering delle immagini a 2K e 60 fps per occhio, quindi a 120 fps complessivi. Qualcosa che neanche la PlayStation 4 Pro è in grado di offrire e che, per un titolo come Watch Dogs, richiederebbe eccessivi sacrifici tecnici. Sempre secondo Plourde, prima di poter sperare nell’uscita di titoli tripla AAA, dovremo attendere anche che si formi una base installa-ta maggiore. Per avere un titolo come Uncharted in realtà virtuale, ha specificato Plourde, dovremo attendere almeno una base in-stallata di 30 milioni. Uno scena-rio tutt’altro che roseo per una tecnologia ancora agli albori.

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MAGAZINEn.141 / 163 OTTOBRE 2016

di Roberto PEZZALI

L’Europa era ed è il diesel, ma ormai è certo che

l’Europa sarà elettrico. Non lo diciamo noi, lo urla

l’industria dell’auto al Salone Internazionale del-

l’automobile di Parigi dove i grandi produttori hanno

tolto i veli alle loro ultime creazioni. Dove un tempo si

respirava l’odore di carburante, oggi si respira aria di

tecnologia: tutte le auto del nuovo millennio sono un

concentrato di meccanica e tecnologia avanzatissima,

a conferma ancora una volta che la next big thing non

sarà l’ennesimo smartphone o l’ennesimo computer

ma un prodotto con quattro ruote che, dotato di intelli-

genza artificiale, cambierà radicalmente le nostre abi-

tudini senza inquinare il mondo in cui viviamo.

L’Europa è pronta, ma l’Italia? In Italia l’auto elettrica è

ancora percepita come un auto di lusso, ci dice France-

sco Fontana Giusti, Image & Communication Director

di Renault, in altri paesi le auto elettriche costano quasi

quanto quelle con motore termico, e questo grazie agli

incentivi messi a disposizione dei vari Governi. Una tesi

condivisa anche da chi si prepara a lanciare sul merca-

to l’auto con la maggiore autonomia elettrica nel seg-

mento B, Opel: la nuova Ampera-E con i suoi 500 km

dichiarati potrebbe diventare un vero game changer

nel mondo delle auto se ci fosse un aiuto concreto per

la rottamazione dei vecchi motori inquinanti in favore

dell’elettrico o dell’ibrido, altra soluzione che sta acco-

gliendo tanti consensi da parte dei produttori soprat-

tutto nel segmento super car, come dimostra il lancio

della nuovissima Porsche Panamera Hybrid.

Ecco, divise per marchio a causa dell’enorme quantita-

tivo di foto a corredo, una carrellata di tutte le novità in

tema elettrico, ibrido e tecnologico dal salone dell’auto

di Parigi. Auto da sogno? Non solo, molte di queste sa-

ranno disponibili tra qualche anno, e nel mondo delle

auto qualche anno è un periodo di tempo che scorre

velocissimo.

BMW spinge la I3 a 300 km di autonomiaBWM ha sfruttato la kermesse parigina per lanciare la

versione con maggiore autonomia della sua compatta

elettrica i3: con la nuova versione da 94 Ah della bat-

teria la i3 percorre 300 km al posto degli attuali 190

km. Dotata anche di ricarica veloce, la nuova i3 costa di

listino 1.200 euro in più rispetto alla variante standard

ed è disponibile fin da subito.

AUTOMOTIVE Tecnologia e automobili ormai sono una cosa sola: siamo andati al salone di Parigi per scoprire le auto del futuro

Rivoluzione elettrica, tutte le novità da ParigiL’elettrico è senza dubbio il futuro e per l’auto a guida autonoma è solo questione di anni. Ma l’Italia non è ancora pronta

CXperience, l’auto del futuro secondo CitroënE’ ancora un concept, ma con la Cxperience Citroen

offre la sua visione di auto del futuro ispirandosi alla

storica Citroën CX. Due soli volumi, niente coda, por-

tiere ad armadio e quattro ampie ruote da 22” rega-

lano alla berlina un look sportivo e futuristico. Citroen

ha studiato in modo particolare l’abitacolo: non ci sono

comandi fisici, e la plancia è governata da un ampio

schermo da 19” in formato 16:3 che unisce cruscotto e

sistema di infotainment.

Particolari gli specchietti, sostituiti da due videocame-

re a 180° panoramiche che trasferiscono le immagini

a due schermi inseriti nelle portiere. La Citroën CXpe-

rience viene spinta da un propulsore ibrido che unisce

un motore elettrico da 109 cavalli ad un motore termico

con una potenza variabile da 150 a 200 cavalli: l’auto,

nella sola modalità elettrica, ha un autonomia di 60 chi-

lometri grazie alla batteria montata sotto il pavimento

da 3kWh.

EQ, il nuovo brand Mercedes per l’auto hitech Tecnologia, potenza, design: Mercedes EQ è il nuovo

brand sotto il quale nasceranno tutte le auto del futuro

della casa di Stoccarda, e Generation EQ Concept è la

prima vettura di questo nuovo segmento.

Un concept, ma la versione commerciale è dietro l’an-

golo e arriverà sulle strade entro il 2020 con design e

caratteristiche simili: Generation EQ ha un design unico

contraddistinto da una particolare illuminazione degli

interni che verrà replicata anche all’esterne mediante

fasci di luci e strisce led. Niente specchietti: saranno

sostituiti da videocamere che trasmettono il segnale

sull’enorme monitor da 24” inserito in plancia, il centro

di un sistema digitale che integra la gestione dell’auto,

l’infortainment e la navigazione live fornita dal sistema

Here.

Per quanto riguarda il motore Generation EQ ha due

segue a pagina 24

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MAGAZINEn.141 / 163 OTTOBRE 2016

motori elettrici, uno per asse, con un pacco batterie da

70 kWh per una autonomia di circa 500 km.

Restando in tema di concept car bellissima ed elegante

la nuova Maybach 6, quasi sei metri di lunghezza per

un concentrato unico di tecnologia: le informazioni di

guida vengono proiettate sul parabrezza e una serie

di sensori biometrici integrati nei sedili controllano le

condizioni dei passeggeri e regolano automaticamen-

te la temperatura dell’abitacolo se avvertono che un

abitante ha troppo caldo o sta soffrendo il freddo.

Quattro i motori elettrici, uno per ruota, capaci di pro-

durre ben 750 CV di potenza: l’autonomia è pari a 500

km grazie ad un pacco batterie al litio da 80 kWh, e

come chicca finale Mercedes ha introdotto anche un

quick charge wireless.

Ampera-e, Opel tocca i 500 km di autonomiaAmpera-e, versione europea della Chevrolet Volt, è

l’auto che insieme alla nuova Zoe può davvero dare

la scossa al mondo dell’elettrico: i 500 km di autono-

mia dichiarata da Opel con una sola carica (standard

NEDC) sono più che sufficienti per far sparire la tanto

temuta ansia da ricarica che spesso blocca l’acquisto

di un’automobile elettrica.

Grazie al motore elettrico da 204 cv e al pacco batterie

da 60 kWh la Ampera-e ha prestazioni di tutto rispetto,

3.2 secondi per passare da 0 a 50 km/h e 4.6 secondi

per accelerare da 80 km/h a 120 km/h, quanto basta

per dare tranquillità anche in fase di sorpasso.

Nonostante il pacco batterie maggiorato per assicura-

re la super autonomia dichiarata da Opel la Ampera-e

non è affatto piccola e stretta, anzi: l’abitacolo, dotato

di buonissime finiture, riesce a ospitare senza problemi

anche cinque persone. Ampera-e arriverà in Italia nel

corso del 2017, il prezzo è ancora da confermare.

Panamera 4 E-Hybrid, la supercar PorschePorsche si presenta a Parigi con la nuova Panamera 4

E-Hybrid, versione plug in dell’ammiraglia tedesca che

migliora il modello attuale sia nelle prestazioni sia nei

consumi. La fuoriserie ha una autonomia full electric di

50 km e può viaggiare in elettrico fino a 140 km/h, so-

glia oltre la quale subentra il motore termico per spin-

gere la sportiva fino a 278 km/h. Rispetto al modello

precedente migliorano potenza e accelerazione: la

nuova Panamera 4 E-Hybrid ha infatti 462 cavalli (era-

no 416) e tocca i 100 km/h da fermo in 4,6 secondi.

Il motore elettrico è alimentato da una batteria agli ioni

di litio raffreddata a liquido alloggiata sotto il pianale

del vano bagagli da 14,1 kWh, e Porsche ha preparato

anche un caricatore rapido opzionale per assicurare

tempi di ricarica ridotti. Chi ordina subito la Panamera 4

E-Hybrid versando i 111.522 euro richiesti la riceverà ad

aprile del prossimo anno.

Renault, dal sogno Trezor alla realtà ZoeIl sogno di Renault per l’auto del futuro si chiama Trezor,

un concept futuristico che grazie al propulsore elettrico

è totalmente privo di prese d’aria, elemento questo che

ha permesso ai designer di tenere una linea pulitissima.

La scelta più eclatante di Trezor è l’assenza di portiere:

la capote in fibra di carbonio si apre in avanti per acce-

dere al bagagliaio e all’abitacolo, dove una strumenta-

zione composta da schermi OLED multiforme accoglie

pilota e passeggero. Con un occhio al 2020, quando

Renault introdurrà la sua gamma di veicoli a guida au-

tonoma, la Trezor utilizza già sedili comodi interamente

reclinabili: per i “passeggeri” del futuro infatti il viaggio

sarà un momento di piacere e rilassamento. Il motore

nascosto sotto la scocca della Trezor è un potentissimo

propulsore elettrico da 350 cavalli capace di spingere

questo bolide da 0 a 100 in meno di 4 secondi: Renault

non ha diramato dettagli su autonomia e consumi, ma

si pensa che saranno piuttosto bassi.

Guardando invece alla realtà Renault punta molto sulla

nuova Zoe con batteria Z.E. 40 (qui la nostra antici-pazione): si può ordinare subito e assicura 400 km di

autonomia (circa 300 in condizioni reali) con il motore

da 90 cavalli. Tra gli allestimenti da segnalare una nuo-

va versione premium denominata Bose, con a bordo il

sistema audio fornito dalla nota azienda. I prezzi per la

nuova versione sono di circa 25.000 euro con batteria

a noleggio (ma poi c’è il canone), 33.000 euro con bat-

teria in acquisto.

Smart, 160 km di autonomia per la cittàDall’inizio del prossimo anno l’intera gamma Smart

sarà disponibile anche in versione elettrica (qui il no-stro approfondimento): allo stand del salone di Parigi

facevano bella mostra la versione “green” della fortwo,

della fortwo cabrio e della forfour, un inedito in versio-

ne elettrico. Il motore sarà da 82 cavalli e la batteria al

litio da 17.6 kWh, la più grande disponibile oggi per un

veicolo delle dimensioni della Smart: il risultato è una

velocità massima di 130 km/h (limitata per non abbatte-

AUTOMOTIVE

Salone dell’auto di Parigi, tutte le novitàsegue Da pagina 23

segue a pagina 25

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MAGAZINEn.141 / 163 OTTOBRE 2016

re i consumi) e una accelerazione da 0 a 100 km di 11.5

secondi. L’autonomia dichiarata è di 160 km, e secondo

Smart è più che sufficiente per l’uso che viene abitual-

mente fatto delle loro auto: la percorrenza media è di

40 km al giorno. Smart offrirà ai clienti anche un carica-

tore rapido da 22 kW acquistabile come optional: con

questo caricatore sarà possibile avere in 45 minuti una

ricarica completa.

Suziki Ignis, piccolo SUV ibrido e connessoSe da qualche decennio la Suzuki Jimny è il riferimen-

to per chi cerca un vero fuoristrada compatto, ora ar-

riva un nuovo modello più agile nel traffico cittadino

ma sempre in grado di cavarsela anche sullo sterrato.

La nuova versione della Ignis non ha nulla a che fare

con il vecchio monovolume prodotto fino a qualche

anno fa. la nuova Ignis è invece un piccolo SUV fatto

su misura per le strade cittadine con i suoi 3,7 metri

di lunghezza, ma dotato anche di una versione con

trazione integrale Allgrip a inserimento automatico

per chi si deve spesso spostare su sterrati o strade

di montagna.

L’estetica è piuttosto originale in molti elementi, specie

sul posteriore, e l’altezza da terra di ben 18 cm potrà

aiutare sia nel traffico cittadino, sia su percorsi acciden-

tati. Bastano le misure per darle il ruolo di seria concor-

rente della Panda Cross e 4x4, probabilmente anche

dal punto di vista dei prezzi, che si annunciano molto

competitivi. In tema di motorizzazioni Suzuki ha scelto

il già collaudato 1,2 Dualjet da 90 CV già montato su

Swift e Baleno; sarà disponibile anche l’interessante

versione SHVS - Smart Hybrid Vehicle by Suzuki- , cioè

lo stesso motore dotato però di un modulo elettrico

aggiuntivo con batteria al litio che fornisce un piccolo

spunto in più al motore e gestisce il funzionamento del-

lo start&stop e della ricarica della batteria. Non si tratta

però di un vero ibrido, dato che la potenza elettrica

disponibile non è sufficiente a far muovere autonoma-

mente la vettura, però questo accorgimento basta per

ottenere l’omologazione come veicolo ibrido e quindi

avere molti vantaggi pratici come (a seconda delle città

e delle regioni) l’accesso alle zone con traffico limitato

oppure la libera circolazione durante eventuali blocchi

del traffico.

All’interno le versioni viste a Parigi erano alquanto

vivaci con molto bianco e nero spezzati dai dettagli

arancioni ma gli interni variano a seconda del colore

della carrozzeria. Al centro della plancia spicca un am-

pio display touch da 7 pollici e vengono annunciate

le compatibilità con Apple Carplay, Android Auto e il

Mirror Link. Dotazione che dovrebbe essere di serie

su tutte le versioni esclusa la base. Buon spazio anche

per i bagagliaio (267 litri) con capacità variabile grazie

alla possibilità di far scorrere i sedili posteriori. Il cam-

bio è disponibile in versione manuale o automatica. Per

vedere in strada la nuova Ignis dovremo attendere il

prossimo gennaio.

Toyota, nel 2017 arriva la Prius Plug-inNessuna anteprima ma tante certezze allo stand Toyo-

ta del salone di Parigi: in prima fila troviamo la Mirai,

auto a idrogeno che potrebbe arrivare anche in Italia

nel corso del prossimo anno. Toyota si dice pronta a

portarla nel nostro paese anche “domani”, ma vanno

risolti alcuni impedimenti burocratici legati alla crea-

zione di una rete di distributori a idrogeno: una legge

passata in Parlamento nelle ultime settimane dovrebbe

sbloccare le cose, permettendo l’arrivo anche in Italia

di nuovi carburanti alternativi. Speriamo bene.

Sempre nel 2017 arriverà in Italia la nuova Prius in ver-

sione Hybrid Plug-in: con un pannello solare sul tetto

di serie in grado di aumentare l’autonoma la versione

plug-in della Prius può percorrere 50 km in modalità

elettrica, autonomia più che sufficiente per il trasporto

cittadino a emissioni zero. La nuova Prius Plug-in sarà

anche la prima auto al mondo con climatizzazione con

pompa di calore ad iniezione di gas.

Spazio anche al piccolo concept FCV Plus: l’idea dietro

questo prototipo è quella di un’auto che non solo può

muoversi grazie ad una sorgente di energia pulita, ma

che può generare anche energia dal box per alimenta-

re la casa come una grossa batteria.

ID Concept, la mobilità del futuro VWDopo lo scandalo dieselgate Volkswagen cerca la

redenzione con I.D., un concept che vedrà la luce nel 2020 per poi diventare, nel 2025, una vettura a

guida autonoma di livello quattro. Il cuore della I.D. è

un motore elettrico da 170 CV in grado di percorrere

da 400 a 600 chilometri, mentre l’auto è la prima vet-

tura costruita sul pianale modulare MEB pensato dal

gruppo tedesco per tutti i suoi veicoli elettrici. I.D. non

sostituirà la Golf in ogni caso: l’auto elettrica del futuro

affiancherà la berlina a 2 volumi più famosa al mondo

che continuerà il suo sviluppo sia in direzione elettrica

che tradizionale.

A Parigi Volkswagen ha infatti portato la nuova e-Golf

Touch, la versione con autonomia maggiorata del mo-

dello attualmente in commercio. La nuova Golf infatti

grazie al pacco batteria da 37 kWh percorre 300 km

con una carica, 110 km in più del modello attuale. La

nuova Golf, che integra i comandi gestuali mostrati da

VW al CES di Las Vegas, anticipa il nuovo restyling che

sarà presentato tra qualche mese: arriverà nel 2017.

AUTOMOTIVE

Salone dell’auto di Parigi, tutte le novitàsegue Da pagina 24

Page 26: 3 TTRE 2016 n.141 16 MAGAZINE Ecco cosa presenterà Tomb ...

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Page 27: 3 TTRE 2016 n.141 16 MAGAZINE Ecco cosa presenterà Tomb ...

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MAGAZINEn.141 / 163 OTTOBRE 2016

AUTOMOTIVE Informazioni in tempo reale su traffico, potenziali rischi e disponibilità di parcheggio

Le mappe di Here faranno la felicità dei guidatoriHere arriverà a nella prima metà del 2017, sulle autovetture Audi, BMW e Mercedes Benz

di Francesco FIORILLO

H ere, la piattaforma di mappe acqui-

sita lo scorso 3 agosto dalle case

automobilistiche Audi, BMW e Mer-

cedes Benz, sembra intenzionato a rivo-

luzionare la vita degli automobilisti.

Attesa al lancio per la prima metà del

2017, la nuova piattaforma sfrutterà infatti

i sensori presenti a bordo delle auto dei

tre marchi per ottenere (e fornire ai con-

ducenti) tutta una serie di utili indicazioni

provenienti dalla strada. I dati, una volta

processati dal nuovo algoritmo messo a

punto da Here, offriranno così informa-

zioni in tempo reale sulle condizioni del

traffico, sui potenziali rischi stradali, come

improvvisi banchi di nebbia o lavori sulla

carreggiata e mostreranno anche i limiti

di velocità e l’eventuale disponibilità di

parcheggi. Il sistema non si limiterà a uti-

lizzare il solito GPS per ottenere le infor-

mazioni ma, grazie anche all’installazione

di una fotocamera posta nella parte an-

teriore del veicolo, riuscirà a reperire im-

portanti variabili quali velocità, direzione

e posizione di un veicolo. Anche

frenate brusche, strade chiuse,

code causate da incidenti e

condizioni climatiche pericolose

(monitorate grazie a sensori nei

tergicristalli, nei penumatici e nei

fendinebbia) verranno captate e

inviate all’utente. Inizialmente

il sistema di monitoraggio sarà

presente solo sulle future au-

tovetture Audi, BMW e Mercedes-Benz,

ma l’intenzione dell’azienda è quella di

Hyundai Ioniq l’anti Prius in Italia da 24.900 euroIoniq sarà disponibile in tre allestimenti Prezzi inferiori a quelli della rivale Toyota di Giulio MINOTTI

Hyundai ha rilasciato i prezzi per il mercato italiano della Ioniq, in versione ibrida. Per ora sul merca-to italiano è presente la ibrida con motore termico benzina quattro cilindri di 1.6 litri in grado di eroga-re insieme al motore elettrico da 32 kW, una potenza complessiva di 141 CV con cambio doppia frizione a 6 rapporti e batteria da 1,56 kWh. La Casa coreana dichiara un’ac-celerazione 0-100 km/h in 10,8 secondi e una velocità massima di 185 km/h, per un consumo nel ci-clo combinato pari a 3,4 l/100 km. A questa versione a febbraio si af-fiancherà una variante ibrida plug-in e una totalmente elettrica con un’autonomia di 250 km e batterie da 28 kWh, prevista per dicembre. Tornando al modello ibrido, i prez-zi partono da 24.900 euro a cui si devono aggiungere 650 euro per la messa in strada. L’allestimento base Classic offre luci diurne a Led, radio con schermo da 5”, 6 al-toparlanti e Bluetooth. La Comfort, da 26.500 euro, aggiunge i fari bixeno, le luci posteriori a led, il sistema d’ingresso senza chiavi, il quadro strumenti con LCD da 7”. Sulla Style (29.000 euro) è presen-te il Rear Cross Traffic Alert ed il si-stema di monitoraggio degli angoli ciechi. Troviamo, inoltre, il carica-batterie wireless per lo smartpho-ne ed un infotainment più evoluto. E’ presente, infatti, un sistema au-dio con subwoofer e amplificatore esterno, navigatore con display touchscreen da 8”, retrocamera, connettività Apple Carplay/Android Auto e abbonamento ai servizi Tom Tom Live (7 anni).

AUTOMOTIVE L’ultima versione dell’elettrica di Elon Musk stabilisce il record di autonomia USA

Tesla Model S P100D, autonomia da recordLa Model SP100D con batterie da 100 kWh può vantare un’autonomia di 507 km (standard EPA)

di Giulio MINOTTI

L a Tesla Model S P100D è ora, uffi-

cialmente, la vettura elettrica con la

maggiore autonomia nel mercato

USA, grazie alla certificazione ottenuta

dall’EPA (Environmental Protection Agen-

cy). La P100D, grazie alle nuove batterie

da 100 kWh, può ora vantare un’autono-

mia ufficiale di 315 miglia nel ciclo di omo-

logazione americano, superando le 312

miglia della rivale Toyota Mirai; vettura ali-

mentata ad idrogeno che è riuscita, però,

a percorrere ben 1438 miglia (2314 Km) in

24 ore, sfruttando una rete di distributori

californiani. L’EPA ha, inoltre, confermato

il consumo di energia in città della Model

S P100D pari a 98 MPGe (miles per gallon

equivalent), leggermente migliore della

90D che aveva fatto registrare un valore

di 95 MPGe. Oltre che per la sua grande

autonomia (che secondo Musk potrebbe

presto arrivare a 330 miglia) la P100D è

anche famosa per la sua eccezionale

accelerazione ( in Ludicrous

Mode), da 0 a 100 km/h in soli

2.5 secondi, migliore della Bu-

gatti Veyron e della Porsche

991 Turbo S. Infine ricordiamo

che la Tesla Model S P100D

è acquistabile anche in Italia

ad un prezzo di partenza di

156.000 euro circa.

espandersi e includere i dati provenienti

da altri marchi automobilistici.

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MAGAZINEn.141 / 163 OTTOBRE 2016

di Gaetano MERO

L’EP-3 è il nuovo sistema e-bike

sviluppato dallo storico marchio

italiano Polini. L’impianto motoriz-

zato ha dimensioni compatte, pesa 2850

grammi, ha una potenza di ben 250 watt

(con picchi da 500 watt), supporta una

coppia massima al pedale di 70 Nm e

potrà essere installato dai costruttori sui

principali modelli di bici grazie al partico-

lare design. Il motore difatti trova posto

all’interno del carter e può adattarsi al

diversi tipi di pneumatico. L’ingombro

laterale ridotto consente il montaggio di

una doppia corona con deragliatore sia

per bici da corsa che per Mountain Bike,

è quindi possibile avere un carro ruota

di appena 420mm su una bici da stra-

da, permettendo una corretta posizione

in sella paragonabile ad una bicicletta

senza motore. Per agevolare al massimo

l’assemblaggio da parte dei costruttori è

stato realizzato un pratico supporto mo-

tore-telaio in alluminio trafilato, disponi-

bile in quattro versioni: universale, road,

MTB front e MTB full. La batteria, da 400

o 500 Wh, grazie alla caratteristica forma

cilindrica può essere integrata nel telaio

assieme ai cavi dei comandi così da

salvaguardare spazio e ridurre l’impatto

visivo. Polini EP-3 regola automaticamen-

te la velocità in base alla pedalata e al

tipo di percorso, ha a bordo sensore di

coppia, sensore di velocità e sensore di

frequenza di pedalata gestiti da un pro-

cessore che garantisce prestazioni otti-

mali in ogni condizione. In più i costrutto-

ri possono ottimizzare potenza e coppia

attraverso software specifici per regolare

spunti e consumi della batteria. Il sistema

prevede inoltre la modalità di cammina-

ta assistita con la semplice pressione di

un tasto che viaggia a 6km/h nel caso in

cui si debba spingere a mano la propria

bici. l momento non è stata diffusa una

data specifica ed i modelli di e-bike su

cui sarà possibile ammirare il Polini EP-3

a lavoro.

AUTOMOTIVE Polini EP-3 è un impianto motorizzato per pedalata assistita dal design compatto

Sistema e-bike compatto Polini EP-3 Pronto ad adattarsi a diversi tipi di biciIl particolare design permette ai costruttori di utilizzarlo su diversi modelli di biciclette

Acqua fresca dall’aria condizionataDue ingegneri di Ford hanno sviluppato un sistema che rende potabile l’acqua prodotta dall’impianto di condizionamento dell’auto. È filtrata e totalmente pura di Giulio MINOTTI

Doug Martin ed il suo collega John Rollinger hanno sviluppato un sistema in grado di trasfor-mare l’umidità dell’aria in acqua potabile, rendendola immediata-mente disponibile agli occupanti della vettura.I due ingegneri di Ford hanno installato all’interno dell’auto un filtro che rende potabile l’acqua prodotta dall’impianto dell’aria condizionata, che normalmente viene dispersa a terra.L’acqua, una volta ripulita da im-purità e sostanza contaminanti, viene erogata da un pratico ru-binetto alloggiato subito dietro il cambio. Il sistema, denominato On-The-Go-H2O, è in grado di produrre quasi due litri all’ora ed, in linea teorica, potrebbe anche essere in grado di fornire acqua calda sfruttando semplicemente il calore del motore. Qui il video ufficiale che spiega il funziona-mento del sistema. Tempi di sviluppo? Nessuno, il sistema potrebbe già essere adottato sulle auto di serie con qualche accorgimento.

di Massimiliano ZOCCHI

P robabilmente vi sarà capitato di ve-

derne una passarvi accanto, soprat-

tutto nelle città soffocate dal traffi-

co, o magari in località balneari ma non

avete capito cosa fosse. Quella piccola

auto, con design caratteristico e spesso

colori sgargianti, è la Tazzari EV, vettura

prodotta dall’omonima azienda e venduta

ed esportata in discrete quantità. Segno

particolare: 100% elettrica e 100% italiana.

Ora la famiglia di Tazzari EV sta per cre-

scere, e alla prossima EICMA di Milano

verranno presentate le nuove Tazzari EV

City e Junior. il patron del progetto, Erik

Tazzari, ci tiene a sottolineare che i nuovi

modelli saranno un deciso passo in avan-

ti in termini di qualità costruttiva, interni e

caratteristiche tecniche, pur mantenendo

l’identità all’origine di Tazzari EV.

Anche la vocazione delle mini auto ita-

liane non cambia, restano le dimensioni

ridotte, adatte a muoversi in città age-

AUTOMOTIVE Tazzari EV, l’elettrica 100% italiana, non è più sola: arrivano EV City e Junior

Tazzari EV City e Junior, nuove elettriche made in italyLa presentazione ufficiale dei nuovi modelli avverrà a novembre, all’EICMA di Milano

volmente nel traffico e a semplificare il

parcheggio. L’autonomia massima con

singola carica resta invariata, fino ad un

massimo di 200 Km, più che sufficienti

per utilizzo urbano, fatta eccezione per

Junior, in cui sarà di 125 km.

Oltre all’autonomia ridotta, anche la ve-

locità sarà limitata a 45 km/h come da

normativa, in quanto questo sarà il primo

quadriciclo leggero prodotto da Tazzari,

quindi destinato anche a chi non ha la

patente di guida, a partire dai 14 anni se

in possesso del patentino.

Tazzari City invece avrà omologazione

L7e, ovvero quadricicIo pesante, con ve-

locità massima di 90 km/h. I prezzi non

sono un segreto: a partire da 15.300 euro

più IVA per City, e 13.800 euro più IVA

per Junior. Chi volesse invece orientarsi

su un mezzo omologato come autovet-

tura avrà sempre a disposizione Tazzari

EM1 e EM2 Space.

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MAGAZINEn.141 / 163 OTTOBRE 2016

di Dario RONZONI

A Photokina 2016 Sony presenta la

nuova ammiraglia della serie Alpha,

la A99 II, un modo per festeggiare

il decennale della propria linea di fotoca-

mere digitali, nata dall’acquisizione di Ko-

nica Minolta. La A99 II, erede della A99,

è una full frame SLT con sensore da 42,4

MP, capace di scattare raffiche fino a 12

fps, grazie al rapido processore di imma-

gine LSI. Il sensore è stabilizzato su 5 assi,

mentre l’autofocus può contare su un si-

stema Hybrid Cross AF, con un sensore

FOTOGRAFIA La nuova ammiraglia giapponese debutta a Photokina 2016, con specifiche al top

Sony A99 II, “una belva” per i 10 anni della serie AlphaSensore da 42,4 MP e autofocus Hybrid Cross sono solo alcune delle sue caratteristiche

dedicato da 79 punti, a cui vanno aggiunti

i ben 399 presenti sul principale. La gam-

ma ISO è compresa tra 100 e 25600, ridu-

cibile a 50 ed espandibile fino a 102400.

Il corpo, tropicalizzato e in lega di magne-

sio, è di circa l’8% più piccolo rispetto al

modello precedente, con un grip miglio-

rato. Il mirino è un OLED Tru-Finder con

risoluzione pari a 2,36 milioni di punti e

un ingrandimento di 0,78x. Il display è un

LCD da 3” ruotabile su più assi con risolu-

zione pari a 1,22 milioni di punti. Il compar-

to video può contare su riprese in 4K a 30

fps, con un bitrate di 100Mbps in formato

XAVC. In Full HD ci si può spingere fino a

120 fps. In vendita a partire da novembre,

la A99 II avrà un prezzo di listino di circa

3.600 euro solo corpo.

La mostruosa SDXC di Sandisk tiene 1 TB di video e fotoAl Photokina Sandisk stupisce tutti con una SDXC da 1TB, una vera manna per operatori del settore fotografia e video che devono sempre di più fare i conti con contenuti, oggi in 4K e domani in 8K, esosi in termini di consumo di gigabyte di Franco AQUINI

Sandisk mette a segno uno degli annunci bomba del Photokina, la fiera più importante dedicata alla fotografia e al video. Si tratta del-la scheda SDXC Extreme Pro da 1 Terabyte di capacità, lo strumento indispensabile per gli operatori del settore che hanno a che fare sempre di più con video e foto-grafie affamati di gigabyte e di prestazioni in lettura/scrittura. Western Digital, proprietaria del marchio Sandisk, aveva già dato dimostrazione del proprio livello di tecnologia due anni fa con la presentazione della versione del-la Extreme Pro da 512 Gigabyte. Quest’anno mette a segno il tra-guardo del raddoppio, il che apre le porte non soltanto ai video del futuro in 8K, ma anche alle foto in formato RAW, ai video 360° e a tutti quei contenuti per cui le nor-mali SD non bastano più.Data di uscita e prezzo non sono stati ancora annunciati, ma può essere un buon punto di riferi-mento la versione da 512 GB, che su Amazon è reperibile a poco più di 350€. In ogni caso, sugge-rimento spassionato, meglio tante card da 128 GB che una da 1 TB: se la si perde sono guai.

di Dario RONZONI

Se n’era parlato per la prima volta al

CES di Las Vegas, quando Nikon

aveva presentato KeyMission 360,

una action-cam con visione a 360° a riso-

luzione 4K. A Photokina 2016 il marchio

giapponese prosegue il discorso, annun-

ciando nuovi dettagli, prezzo e dispo-

nibilità, oltre a lanciare altre due action-

cam che vanno a completare la lineup:

KeyMission 170 e KeyMission 80, i cui

numeri identificativi indicano l’ampiezza

del campo visivo, espresso in gradi,

dei rispettivi obiettivi. Per quanto

riguarda KeyMission 360, le due

fotocamere che compongono il

device dispongono di sensori da

FOTOGRAFIA A Photokina 2016 il marchio giapponese completa la propria serie di action-cam

Nikon Keymission: ora le Action Cam sono tre La gamma comprende ora tre diversi modelli: 360, 170 e 80. In vendita a partire da ottobre

20 MP e obiettivi

f/2.0, ognuna do-

tata di 194° di cam-

po visivo. Le aree

di sovrapposizione

tra le fotocamere servi-

ranno a comporre il merge

tra i due punti di ripresa, senza artefatti di

sorta. KeyMission 170 proporrà invece

un sensore CMOS da 12 MP, un obiettivo

f/2.8 e, come la sorella maggiore, potrà

registrare video in 4K. Completa la sua

dotazione un display LCD (non touch).

Resistente all’acqua, agli urti e alle bas-

se temperature senza la necessità di un

case. Entry-level della gamma Nikon è la

KeyMission 80, una action-cam per ripre-

se in Full HD, con un sensore da 12 MP e

con un secondo da 4,9 per la “selfie-cam”

posteriore. Impermeabile fino a 1 metro di

profondità e resistente alle cadute fino a

1,5 metri di altezza. Le KeyMIssion saran-

no in vendita a partire da ottobre, rispetti-

vamente a 499, 399 e 279 dollari.

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MAGAZINEn.141 / 163 OTTOBRE 2016

di Roberto PEZZALI

D opo Hasselblad, che ha presentato

negli scorsi mesi la X1D arriva ora

Fujifilm con una proposta simile:

sensore medio formato, più grande del

classico full frame 35 mm, e qualità da ca-

pogiro, con immagini da 8256x6192 pixel

(54 megapixel) dotate di una risoluzione

tale da permettere la stampa di una affis-

sione grande quanto la facciata di un pa-

lazzo. Il medio formato non è una novità: i

professionisti lo utilizzano da sempre, ma

fino ad oggi le soluzioni ad un costo ap-

petibile erano ben poche. Fujifilm, invece,

promette di portare il suo nuovo sistema

GFX sul mercato nel 2017 ad un prezzo

più basso di quello Hasselblad: siamo

sempre davanti a cifre da capogiro per

una fotocamera, circa 8.000 / 9.000 euro

per un kit completo, ma quello a cui stia-

mo assistendo è il prossimo passo verso

una rivoluzione del mercato fotografico

che rivoluzionerà l’intero settore.

Per capire l’impatto del medio formato

bisogna guardare quello che sta succe-

dendo nel segmento entry level: le mac-

chine fotografiche sono ormai tutte simili,

la compatte soffrono, le reflex costano

sempre meno e soprattutto non offrono

più miglioramenti tangibili. I sensori di tipo

APS-C sono poi arrivati al loro limite: oltre

i 24 megapixel infatti un sensore delle di-

GADGET La scarpa del futuro di Adidas si chiama Futurecraft M.F.G., Made for Germany

La prima scarpa Adidas realizzata nella fabbrica robotL’intervento umano nella realizzazione di questa scarpa da running è a dir poco marginale

FOTOGRAFIA Il medio formato non è una novità, ma fino ad oggi le soluzioni ad un costo appetibile erano ben poche

Il nuovo sogno del fotografo si chiama medio formatoLe aziende guardando al medio formato, con il full frame che potrebbe scendere sotto la soglia psicologica dei 1000 euro

di Alvise SALICE

L o scorso anno, il colosso tedesco

della scarpa sportiva aveva an-

nunciato il progetto Speedfactory,

consistente in una filiera di impianti pro-

duttivi ad altissimo tasso di automatiz-

zazione, pronti per essere resi operativi

prima in Germania e in seguito negli

Stati Uniti.

Adidas ha svelato il primo articolo rea-

lizzato in questo avveniristico stabi-

limento: Futurecraft M.F.G. (Made for

Germany), ed è un’elegante scarpa da

running che congiunge i marchi Primekit

(parte superiore) e Boost (intersuola), si-

milarmente a quanto si può ammirare su

modelli più classici come la Yeezy 350

di Kanye West. Come potete osservare

nel video sottostante, il ruolo del lavo-

ro umano è quasi marginale, laddove il

grosso del processo d’assemblaggio è

mensioni di un APS-C non ha senso, per-

ché fisicamente le ottiche non riescono a

risolvere un numero maggiore di linee. Si

può lavorare sui processori, sui sistemi di

messa a fuoco, sulle funzionalità, ma sia-

mo arrivati ormai ad un punto dove oltre è

difficile andare, e se si vuole migliorare la

qualità serve di più. Il “più” oggi è rappre-

sentato da quel formato full frame che un

tempo era un sogno per tutti, oggi grazie

anche a Sony e ad altri produttori è già

più avvicinabile: il passaggio al sensore in

formato 35mm è un salto qualitativo tan-

gibile che potrebbe spingere, prezzo per-

mettendo, moltissimi foto amatori a fare

finalmente un upgrade del loro kit.

La mirrorless medio formato Fujifilm GFX

Un concept di medio formato Has-selblad

A metà 2003 Canon lanciò sul mercato la

EOS 300D, la Digital Rebel: la prima reflex

digitale sotto i 1000 euro risvegliò improv-

visamente un mercato morto e stagnante

riaccendendo in moltissime persone la

passione per la fotografia. Non ci stupi-

remmo se, 13 anni dopo, qualcuno pro-

vasse a fare la stessa cosa proponendo

sul mercato una reflex full frame a meno

di 1000 euro completa: sarebbe un prez-

zo di rottura che aprirebbe, nei prossimi

anni, il mercato consumer al full frame. E a

questo punto servirebbe un nuovo target

più professionale, che possa sostituire il

full frame nei sogni di coloro che vogliono

ancora di più.

SCIENZA

Uber pensa al taxi volanteUber, azienda di trasporti privati ad alto tasso d’informatizzazione, aveva già sorpreso annunciando la sperimen-tazione di taxi auto-pilotati, ora il direttore progettuale della società, Jeff Holden, ha ipotizzato il futuro impiego di VTOL, piccoli aeromobili a decollo verticale, per il trasporto di persone lungo brevi tragitti. “Il nostro programma prevede di poter offrire sempre più opzioni di spostamento ai nostri clienti”, ha spiegato Holden, che vede nei mezzi a decollo e atterraggio verticale la soluzione definitiva per risolvere (o perlomeno aggirare) il sempre crescente problema di traffico che affligge tutte le grandi città del mondo. Secondo Uber, gli aeromobili VTOL potrebbero diventare nel giro di un decennio una splendida realtà. Il fatto che per la prima volta un gigante del trasporto privato si sia sbilanciato in questa direzione, lascia intuire che l’idea non è più fantascienza.

svolto da robot in piena autonomia.

Il disegno del telaio, inoltre, si basa su

ARAMIS, una tecnologia di motion cap-

ture che mappa pelle, ossa e muscoli di

un individuo per creare una scarpa più

comoda. La Futurecraft M.F.G (che sarà

disponibile in appena 500 esemplari)

rappresenta nei piani di Adidas solo

la punta dell’iceberg di una campagna

con cui la multinazionale intende ag-

gredire il novello mercato delle scarpe

ad altissima tecnologia: è già in cantiere

un modello da ginnastica realizzato con

materiali in stampa 3D.

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MAGAZINEn.141 / 163 OTTOBRE 2016

di Michele LEPORI

Viideomaker, gioite: GoPro presenta

la nuova Hero5 in due versioni che

faranno felici proprio tutti gli appas-

sionati. E che probabilmente finirà sulla

lista dei regali più desiderati nel periodo

delle festività di fine anno: dal 2 ottobre

potremo mettere le mani sulle versioni

Black e Session, punta di diamante della

produzione GoPro che si rinnova dopo

due anni dall’ultima release.

Due versioni e due “vocazioni” diverse,

benché sulla carta ci sia più di un punto in

comune: ripresa in 4K (30 fps), resistenza

all’acqua fino a 10 metri senza custodie di

sorta e compatibilità con il controllo vo-

cale in 7 lingue. I 100 dollari di differenza

fra il cartellino della Hero5 Black (399) e

Hero5 Session (299) si traducono quindi

nella differenza del sensore, 12 MP contro

10, la presenza di un display LCD touch-

screen da 2”, GPS integrato e compatibi-

lità con il formato RAW e WDR sulla top di

gamma: se sulle caratteristiche tecniche

Hero5 Session può fare poco, almeno a

livello software GoPro garantisce anche

sulla entry level la presenza di ProTune

per un editing e correzione colore sem-

plificata. Grosse migliorie in arrivo anche

sul controllo dei menu, con un presenza

di un solo tasto multifunzione a comanda-

re le camere, e sul lato audio: GoPro non

ha paura di definire il comparto “di livello

professionale”, definizione che spende

con orgoglio anche per il ben noto com-

parto video dove compare per la prima

volta anche la stabilizzazione digitale del-

l’immagine. Qui forse c’è lo zampino di Sony e la recente line-up di action cam

FOTOGRAFIA Arriva l’erede di Hero4 in due versioni. Dal 29 settembre sarà disponibile GoPro Plus

GoPro scatenata con due action cam “top”Tanti punti in comune, ma con caratteristiche in grado di soddisfare l’utenza pro e non

di Franco AQUINI

M edtronic metterà in commercio a

breve il MiniMed 670G, il primo

sistema approvato dalla FDA che

automatizza il ciclo di lettura della glice-

mia e infusione dell’insulina. Il sistema è

composto da un glucometro con sen-

sore sottopelle e da un microinfusore, i

quali interagiscono grazie a un algoritmo

proprietario di Medtronic, lo SmartGuard

HCL, che regola e governa la complessa

lettura del livello di glucosio nel sangue

stabilendo la quantità di insulina che deve

fornire. Il sistema chiuso ha lo scopo di re-

plicare, almeno in piccola parte, il funzio-

namento naturale del pancreas, che rego-

la i livelli di zuccheri nel sangue attraverso

il rilascio di insulina. La scienza è ancora

distante dal replicare al 100% il funziona-

mento di un pancreas, che riesce a cal-

colare un’elevatissima quantità di variabili

naturali che possono alterare il rapporto

glucosio/insulina. Non a caso il MiniMed

670G si occupa di fornire in autonomia

soltanto l’insulina basale, ovvero quella

che viene rilasciata costantemente come

base per tenere sotto controllo i livelli di

glucosio. Non rilascia invece in automati-

co i boli, ovvero le dosi di insulina neces-

sarie quando si introducono carboidrati,

normalmente in prossimità di un pasto.

In questi casi il MiniMed proporrà un bolo

all’utente, il quale potrà validarlo o modifi-

carlo. L’approvazione da parte di FDA del

primo ciclo di infusione di insulina auto-

matica è un passo molto importante per

la cura del diabete. Innanzitutto perché è

un primo passo in una direzione che pro-

mette di normalizzare la vita di chi soffre

di diabete di tipo 1, ma anche perché ridu-

ce il numero di operazioni quotidiane che

bisogna fare per tenere sotto controllo la

glicemia, che spesso è la prima causa di

non rispetto della terapia.

SCIENZA E FUTURO MiniMed 670G è il primo sistema di infusione di insulina automatizzato

Il primo infusore automatico di insulina approvato FDALegge il livello di glucosio nel sangue e fornisce la giusta dose d’insulina autonomamente

giapponesi. E dopo la “scorpacciata” data

in pasto alla platea presente al resort scii-

stico del North Carolina teatro del keyno-

te, il CEO di GoPro Nick Woodman alza

il velo su GoPro Plus: il servizio cloud di

San Mateo, California è finalmente realtà,

dopo mesi di teasing più o meno velati.

4,99 dollari al mese per permettere ai di-

spositivi di caricare sul cloud foto e video

non appena li si mette in carica: grazie

alle app Quik, Splice e Capture, via libera

all’editing seduta stante sul computer/ta-

blet dove verrà scaricata. Non è prevista

- al momento - la possibilità di iniziare

un montaggio da cloud o dispositivo e

terminare su di un secondo, ma nel ca-

none mensile di GoPro Plus è già fornito

un range audio scelto e selezionato per i

propri editing: al via il 29 settembre.

Tutto pronto per il lancio di Facebook At WorkArriverà ad ottobre Facebook At Work, la piattaforma dedicata alla comunicazione aziendale sviluppata dal social network più diffuso al mondo. Tra i punti di forza: interfaccia identica alla versione classica ed integrazione feed notizie ed eventi di Gaetano MERO

Recentemente si è tornati a parlare di Facebook At Work, la piattafor-ma sviluppata dal social network dedicata al settore business e alla comunicazione aziendale. Il servi-zio dovrebbe essere pronto al lan-cio, secondo quanto riportato da Techcrunch, dal mese prossimo.Il prodotto fornirà alle imprese i classici strumenti di messaggistica e la possibilità di chiamate e video-chiamate, condivisione file e feed su notizie e aggiornamenti di stato. I profili dei collaboratori potran-no essere gestiti singolarmente dall’azienda e abilitati all’accesso ai vari gruppi in base al settore di appartenenza. L’ambiente ricorde-rà da vicino Facebook in versione classica in modo da facilitarne l’uti-lizzo, permettendo per esempio di postare foto e video e di creare eventi social, ma non implicherà il collegamento tra le due piattafor-me, lasciando separati vita privata e lavoro. L’utilizzo di Facebook At Work prevede un costo per singolo utente, dovuto all’assenza di pub-blicità, non ancora specificato ma che di certo sarà allineato a quel-lo proposto da altri servizi affini. Facebook At Work sarà disponibile per web-browser e per Android e iOS con un’app dedicata presente sui rispettivi store.

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MAGAZINEn.141 / 163 OTTOBRE 2016

Il nuovo drone DJI Mavic Pro ha tutto quello che Karma non haDJI, leader nel campo dei droni, lancia il nuovo Mavic: ha una camera 4K stabilizzata e la funzione follow me per lo sport. C’è anche il sistema per evitare gli ostacoli di Roberto PEZZALI

ll drone Karma di GoPro ha avuto la sua settimana di gloria, ma non bisogna mai sottovalutare i lea-der di mercato. Infatti, DJI, che ha scritto la storia dei droni consumer, ha presentato il nuovo Mavic Pro, un drone rivoluzionario che sulla carta annienta, ai punti, quello che sembrava il prodotto della rinasci-ta per GoPro. Mavic pesa solo 700 grammi e ha i bracci pieghevoli che, una volta richiusi, permettono al drone di occupare lo stesso spa-zio di una bottiglia d’acqua. Ma se i bracci pieghevoli e l’ingombro ri-dotto sono due dei punti di forza di Karma, funzionalità come il follow me, cioè la possibilità di seguire un soggetto, e il sistema anticollisione sono due novità che GoPro non ha. Eccellente il reparto camera: su un mini gimbal stabilizzato a tre assi DJI ha installato una camera che gira video in 4K a 30 fps o Full HD a 120 FPS con un sensore da 12 MP. Autonomia di volo di 27 minuti, 4 km di raggio di funzionamento con il radiocomando portatile dotato di display e volo autonomo con GPS integrato sono altre killer feature. Agganciando uno smartphone al telecomando si visualizzano le im-magini in streaming provenienti dal velivolo. Mavic Pro costerà 1199 € in Europa. La versione con carica batteria da auto, zaino, 2 batterie aggiuntive e eliche di ricambio costerà 1499 €. Tra gli accessori, anche il visore VR.

di Gaetano MERO

I l primo drone di casa GoPro, il Kar-

ma, fa finalmente il suo debutto sul

mercato ed è ovviamente uno dei

protagonisti del Photokina di Colonia.

Il velivolo ha dimensioni compatte, è

dotato di quattro bracci pieghevoli che

ne rendono più facile il trasporto, è na-

turalmente compatibile con le ultime

GoPro e sarà venduto con una serie di

accessori dedicati alla ripresa video in

movimento.

Ottenere delle immagini professionali

e allo stesso tempo spettacolari duran-

te le escursioni e mentre si fa sport è

l’obiettivo principale di Karma. La so-

cietà ha difatti dotato il quadricottero

di gimbal a 3 assi per stabilizzare le

riprese in volo, compatibile con le ulti-

me due arrivate nella famiglia di action

cam: Hero 5 Black, Hero 5 Session e col modello Hero 4. GoPro Karma rag-

giunge una velocità di circa 55 Km/h,

può volare ad una distanza massima di

mille metri e ad un’altitudine di 4.500

metri, resiste a raffiche di vento fino a

35 Km/h. Il velivolo ha un peso di circa 1

Kg, la batteria da 5.100 mAh garantisce

un’autonomia in volo fino a 20 minuti e

si ricarica in un’ora.

Nessuna informazione al momento sui

sensori a bordo, sulla presenza del GPS

e in merito ad altre funzionalità.

Lo stabilizzatore si trasforma in una vera

e propria estensione del drone quando

non lo utilizziamo o quando abbiamo

necessità di effettuare delle riprese da

terra: il congegno a 3 assi può difatti

scollegarsi dal velivolo ed essere fissa-

to all’impugnatura Karma Grip. Grazie a

questo particolare accessorio potremo

riprendere ciò che circonda mentre

siamo in movimento senza sbavature e

gestire la cam attraverso i comandi inte-

grati, è inoltre possibile fissare il Karma

Grip alle proprie attrezzature per girare

video senza ingombri in bici, sullo ska-

teboard o durante qualsiasi altro sport.

Il GoPro Karma è abbinato ad un par-

ticolare controller che assicura una

facilità di pilotaggio anche agli utenti

meno esperti. Il design del radiocoman-

do ricorda il joypad di una console da

gioco, è dotato di due leve analogiche

per le manovre, due pulsanti più quello

per avviare il drone e un display touch

da 5 pollici da cui osservare in diretta le

nostre prodezze.

Potremo inoltre consentire ad una se-

conda persona di visualizzare le imma-

gini live o di gestire la GoPro a distanza

grazie all’app per iOS e Android GoPro

Passenger disponibile a breve.

Funzionale infine la scelta di dotare il

GoPro Karma di una pratica custodia in-

dossabile come uno zaino, in cui riporre

drone ed accessori, per permettere il

facile trasporto del velivolo.

I prezzi di vendita del Kar-

ma saranno diversificati in

base ai vari bundle pen-

sati dall’azienda. Nella

confezione base trovere-

mo, oltre al drone, anche

il controller con display

touch, la leva Karma Grip,

4 eliche più due di riserva

e la custodia ad un prezzo

di 869,99 euro. Saranno

disponibili anche versioni

comprensive di Hero 5 Session o Hero

5 Black di cui si conoscono al momento

solo i prezzi americani, rispettivamente

di 999 $ e 1.099 $.

GADGET GoPro Karma è un drone compatto che lavora in simbiosi con le action cam GoPro

GoPro Karma, il drone più atteso di sempre Lo stabilizzatore può essere staccato dal velivolo e agganciato all’impugnatura in dotazione

GoPro introducing Karma

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MAGAZINEn.141 / 163 OTTOBRE 2016

di Gianfranco GIARDINA

L a smart home è uno dei temi del

momento, anche se in tanti si

chiedono se tutti questi elettrodo-

mestici connessi hanno poi una vera

utilità o sono solo gadget da mostrare

agli amici. Vorwerk Folletto, l’azienda

resa famosa dall’omonima scopa elet-

trica, ha rilasciato (o meglio rilascerà il

prossimo 3 ottobre) la nuova versione

del proprio robot aspirapolvere, il VR

200, che si arricchisce appunto della

connettività Wi-Fi e della possibilità di

essere controllato da remoto via smar-

tphone. In questo caso non ci sono

dubbi: l’innovazione è particolarmente

utile e gradita, visto che il robot aspi-

rapavimenti è il tipico elettrodomestico

che lavora da solo e che funziona me-

glio quando non ha abitanti della casa

tra... le ruote.

Ovviamente il nuovo VR200 ha tutte le

funzioni del modello precedente, com-

presa la possibilità di programmarne la

partenza differita operando sul menù

dell’apparecchio. Ma grazie alla pos-

sibilità di comandarlo via app, non c’è

più bisogno di essere così previdenti

e organizzati. In qualsiasi momento si

voglia far partire il robot, basta agire

sulla app (gratuita per iOs e Android)

e dargli il via, da dovunque ci si trovi.

Allo stesso modo, sempre operando

sullo smartphone è possibile imposta-

re una partenza programmata, singola

o ricorrente, e verificare lo stato attua-

le della macchina. Ad aspirazione ter-

minata, il robot torna alla sua base e

invia una notifica sullo smartphone del

“padrone”.

SMARTHOME Disponibile la versione del robot VR200 di Folletto, con Wi-Fi e controllo via app

Folletto lancia la versione Wi-Fi del VR200Prezzo immutato (749 euro) e aggiornamento gratuito (ma solo da fine anno) al Wi-Fi per chi ha comperato la precedente versione “disconnessa” del robot aspirapolvere VR200

L’attivazione a distan-

za, che può essere fatta

quando l’abitazione non è

presidiata, ha ovviamente

il vantaggio di non distur-

bare gli abitanti, né con il

passaggio né con il rumore,

che malgrado sia contenu-

to, è ovviamente presente;

inoltre, potendo lanciare la

pulizia anche nelle normali

ore di lavoro, per esempio dall’ufficio,

si possono utilizzare con facilità le ore

diurne anche in settimana in cui si mi-

nimizza anche il fastidio per i vicini di

casa: il rotolamento del robot sul pavi-

mento, infatti, può farsi sentire nell’ap-

partamento sottostante e in ore serali

potrebbe dare un po’ di fastidio.

Il nuovo VR200 si muove autonoma-

mente in casa e, grazie a una serie di

sensori laser e ultrasuoni, non va mai a

contatto con gli oggetti e con gli osta-

coli ma si avvicina loro quanto basta

per una pulizia perfetta

grazie alle spazzole che

fuoriescono dalla sago-

ma dell’apparecchio. Il

robot ha un’autonomia

di 90 minuti grazie alle

batterie al litio integra-

te; se questa autonomia

non dovesse bastare

per coprire tutta la casa,

il VR200 torna autono-

mamente alla sua base

di ricarica, fa il pieno di

energia e riparte pro-

prio da dove aveva in-

terrotto il lavoro.

Attorno a questo lancio

ci sono due belle notizie: la prima è

che il prezzo, rispetto al modello pre-

cedente senza connessione, non cam-

bia e resta a 749 euro, in linea, anzi un

po’ sotto le alternative di pari presta-

zioni sul mercato. La seconda è che i

possessori dei vecchi VR200 potranno

far aggiornare il proprio robot per in-

serire la funzione Wi-Fi: l’intervento è

hardware e quindi deve essere svolto

presso un centro di assistenza e – rul-

lo di tamburi – sarà effettuato a titolo

gratuito. “Il fattore principale del suc-

cesso di Folletto – ci ha detto Antonio

Albano, responsabile marketing stra-

tegico dell’azienda – è sempre stato

l’estrema durata degli apparecchi; di

certo non potevamo dare il messag-

gio a chi ha comperato il robot da un

anno che questo è già diventato obso-

leto. Chi vorrà potrà aggiornare senza

spese il proprio VR200 alla versione

Wi-Fi”. L’azienda attenderà comunque

qualche mese che si “assesti” il nuovo

ecosistema e che venga fatto un even-

tuale debug della nuova app appena

lanciata; quindi procederà alla modi-

fica dei vecchi esemplari, presumibil-

mente a partire dalle ultime settimane

dell’anno.

Arriva in Italia D3400, la Nikon “casual” da 629 euroLa nuova piccola Nikon si presenta con un corredo interessante, dedicato ai fotoamatori alle prime armi ma con tecnologia mutuata dalle grandi della famiglia di Dario RONZONI

Presentata il mese scorso, la Nikon D3400, nuova reflex entry level del marchio giapponese, si appresta a fare la sua comparsa sugli scaffali a un prezzo indica-tivo di 629 euro, in abbinamento con l’ormai classico obiettivo kit 18-55 mm. Pur essendo una foto-camera destinata a una clientela casual, la D3400 presenta alcuni contenuti tecnologici di sicuro interesse, mutuati dai modelli Nikon superiori.Attorno all’ormai onnipresen-te sensore da 24,2 Megapixel, coadiuvato dal processore di immagine EXPEED 4, si sviluppa una fotocamera ben carrozzata, dotata della tecnologia Snap-Bridge: già visto sulla top APS-C D500, il sistema consente, tra-mite Bluetooth low energy, una connessione costante con smar-tphone e tablet. Interessante la gamma ISO, che si estende dai 100 fino ai 25.600, un valore di tutto rispetto per una “piccolina”.New entry che sarà particolar-mente apprezzata dai fotoamato-ri alle prime armi, il Modo Guida è una sorta di tutorial on board, che illustrerà passo passo tutte le funzioni principali della macchi-na. Completa il tutto il supporto per video in Full HD con funzione di ripresa Nikon D-Movie.

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MAGAZINEn.141 / 163 OTTOBRE 2016

di Michele LEPORI

L a proliferazione di gadget per la

smarthome non conosce sosta, ed

anche se Nest continua a snobba-

re il Bel Paese, altre realtà quali Tado

e Netatmo hanno da tempo portato sul

nostro mercato le loro proposte. Ora

ci pensa anche Honeywell con l’ultimo

nato nella sua gamma di termostati:

Lyric T6, disponibile anche nella varian-

te Lyric T6R.

Il procedimento di installazione è ben

noto: poche viti, un veloce cablaggio a

corrente e caldaia (nella versione R, è

addirittura tutto wifi) e con la semplice

procedura guidata via app il setup ini-

ziale termina in pochissimi passaggi.

Quali sono i vantaggi concreti del Lyric

T6, quindi? Ovviamente luce verde alla

totale compatibilità con HomeKit via

app Casa, fresca di release con iOS 10

e quindi utilizzabile senza problemi via

SMARTHOME Il mercato dei termostati intelligenti e connessi accoglie Lyric T6 di Honeywell

Arriva anche in Italia il termostato HoneywellÈ bello da vedere ed è compatibile HomeKitApprende il ciclo di riscaldamento della casa, prevista una versione cablata e una Wi-Fi

iPhone, iPad, iPod

ed Apple Watch.

Non mancano

neanche il sup-

porto al protocol-

lo Stingify, l’app

Alexa di Amazon

ed ovviamente

l’app proprieta-

ria di Honeywell,

Lyric, che darà a

noi utenti il controllo completo dell’im-

pianto, comprese le funzioni di notifica

per eventuali allarmi o problemi.

Il Lyric T6 è compatibile con la quasi

totalità delle caldaie sul mercato, ed

è facilmente integrabile in quasi ogni

impianto di riscaldamento: Honeywell

garantisce la possibilità di gestire val-

vole di zona ed addirittura i collettori di

riscaldamento a pavimento. Sul sito ita-liano della casa, la conferma ufficiale

della disponibilità nel nostro Paese ma

per l’acquisto c’è da fare riferimento alla

rete vendita dei partner sul territorio.

di Roberto FAGGIANO

I nutile progettare sofisticati meccani-

smi e motori se poi le lame si fermano

davanti a una barba ispida e difficile

creando il fastidioso effetto strappo. Per

questo Panasonic ha studiato un siste-

ma di affilatura con precisione nanome-

trica per le lame dei suoi rasoi, in modo

che possano affrontare ogni tipo di bar-

ba e siano anche durature nel tempo.

Con questa tecnologia arrivano i model-

li di rasoio delle linee LV e LT, entram-

bi dotati un sensore che riconosce la

SMARTHOME I nuovi rasoi elettrici Panasonic utilizzano un sistema di affilatura nanometrica

Rasoi Panasonic, affilati come una katanaI nuovi modelli si possono usare sotto l’acqua e fanno meno rumore delle serie precedenti

lunghezza e densità della barba per

regolare di conseguenza la forza della

rasatura. I rasoi LV hanno cinque testine

mentre gli LT ne hanno tre.

La serie LV è la più prestigiosa di Pana-

sonic e culmina con il LV9N (399 euro),

dotato di testina MultiFlex 3D con cin-

que lame, montata su una sospensione

che permette al blocco testine di muo-

versi liberamente nelle tre direzioni per

seguire al meglio ogni curva del volto

e del mento, in modo da non lasciare

scampo alla barba anche nei punti più

difficili. Tra le testi-

ne ci sono poi due

barrette cilindriche

che aiutano lo scor-

rimento della testina

sul viso, riducono

l’attrito ed evitano

il surriscaldamento

delle testine. Il di-

splay frontale indica

la carica della batteria e suggerisce

eventuali interventi di pulizia e manu-

tenzione. In dotazione una pratica ba-

setta di ricarica. Il modello LV6N (349

euro) è praticamente identico al top di

gamma ma non è dotato della basetta

di ricarica.

La serie LT ha prezzi più accessibili e

una testina con tre lame comprende

tre modelli LT6N(169 euro), LT4N (159

euro) e LT2N (149 euro). In comune i

tre modelli hanno il sistema di affilatu-

ra delle lame, testine con sospensione

3D e inclinazione a 30° per muoversi e

radere con efficacia su ogni parte del

viso, motore da 13.000 giri con minore

rumorosità, autonomia di circa 45 minuti

con un’ora di ricarica e taglia basette.

Le differenze tra i diversi modelli sono

principalmente estetiche: il modello

LT6N ha il corpo in metallo, base di ri-

carica e display led, l’LT4N ha il corpo in

metallo e il display led.

Il 28 ottobre arriva il tetto solare TeslaIl 28 ottobre verrà svelato il primo prodotto frutto della sinergia tra SolarCity e Tesla Un tetto solare con batteria e caricatore Tesla integrati di Massimiliano ZOCCHI

Già nel mese di agosto Elon Musk aveva reso nota la sua volontà di creare qualcosa di innovativo an-che nel campo dei pannelli foto-voltaici, senza però scendere nei dettagli. Ora che la fusione tra Tesla Motors e SolarCity è quasi fatta, il CEO ha deciso di svelare qualcosa in più, annunciando un evento per il 28 ottobre. Il proget-to segue l’idea di un tetto solare (quindi non pannelli attaccati con una struttura di sostegno) ma Musk si sofferma su altri due par-ticolari. Il prodotto - che dovrà at-tirare soprattutto chi ha bisogno di un tetto nuovo per la sua abi-tazione - avrà integrata la batteria per storage locale Tesla Powe-rwall 2.0, oltre a un caricatore Te-sla, presumibilmente per fornire un punto di ricarica per una vet-tura elettrica a costo zero.Il lancio di questo nuovo prodotto va ad inserirsi in pieno nel Master Plan parte seconda, ovvero cam-biare la percezione di Tesla, non più solo azienda di automotive ma fornitore di servizi eco-frien-dly a 360 gradi. il tetto solare non è certo una novità del settore, esi-stono già prodotti del genere che tuttavia non riscontrano grosso successo per via dei costi e della difficoltà di installazione. La sfida di Tesla e SolarCity sarà proporre un prezzo competitivo, e soprat-tutto sfruttare l’integrazione con Powerwall, facilitando il compito sia ai clienti sia agli installatori.

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MAGAZINEn.141 / 163 OTTOBRE 2016

SMARTHOME Dimensioni ridotte ma sempre alte performance

Il robot KitchenAid diventa MINIdi Simona ZUCCA

K itchenAid continua a evolversi e lo fa con il prodotto che più di tutti la rap-

presenta, quel robot da cucina da quasi cento anni simbolo dell’azienda e

che nel tempo è rimasto pressoché identico. KitchenAid ha presentato MINI,

versione ridotta della iconica planetaria colorata in metallo, identica in tutto alla

sorella maggiore tranne nelle dimensioni (e un po’ anche nel prezzo…). MINI è del

20% più piccolo, del 25% più leggero (6,5 kg contro i circa 10,4 kg del modello

base) e ha una ciotola da 3,3 litri (4,8 litri quella del modello classico). Restano

immutati i punti di forza di questo robot: la qualità del materiale in zinco presso-

fuso, il design colorato (nero opaco, grigio opa-

co, rosa confetto, paprika, bambù e blu notte),

le prestazioni di alto livello che permettono di

impastare, montare, miscelare con i tre acces-

sori in dotazione, la possibilità di utilizzare gli

accessori in commercio pensati per il robot da

4,8 litri come la sfogliatrice, il macinacereali, lo

spremiagrumi, ecc. Anche il prezzo si è ridotto,

anche se non di molto: KitchenAid MINI ha un

prezzo di listino di 599 euro, 100 in meno ri-

spetto al modello base.

Google Home sarà il tuo nuovo padrone di casaGoogle avrebbe tenuto una riunione con i maggiori produttori di dispositivi audio per illustrare la funzionalità di Google Home il progetto descritto come l’anti Amazon Echo Presentazione il 4 di ottobre? di Franco AQUINI

Google avrebbe incontrato a por-te chiuse circa 50 produttori di dispositivi audio per illustrare nel dettaglio le funzionalità del pro-getto Google Home, l’anti Ama-zon Echo. La notizia arriverebbe direttamente da uno dei parteci-panti. La presentazione ufficiale del progetto, già annunciato in giugno al Google I/O, potrebbe avvenire nel corso dell’imminente evento del 4 ottobre. Chi si osti-na a chiamarlo solo speaker in-telligente, tuttavia, commette un errore. Quello che Google vuole fare è probabilmente qualcosa di molto più ambizioso. Un disposi-tivo capace di ascoltare (tramite il microfono integrato) e parlare (o suonare, tramite lo speaker), può diventare, con l’aiuto della tecnologia di ricerca di Google, la naturale evoluzione alla barra di ricerca.Dall’incontro a porte chiuse sa-rebbe trapelato anche un altro elemento fondamentale per la diffusione di Google Home: Chromecast.Dietro Google Home c’è infatti la stessa tecnologia impiegata con Chromecast e nelle intenzioni di Big G c’è il coinvolgimento dei partner che hanno supportando Chromecast al fine di far produr-re ad ognuno la propria versione di Google Home. Oppure dispo-sitivi audio compatibili con Goo-gle Cast. La fonte parla infatti di una serie di produttori, presenti all’incontro, che sarebbero pronti a lanciare entro l’estate la propria versione di Google Home.

di Simona ZUCCA

P anasonic punta molto sul settore

dei piccoli elettrodomestici, e am-

plia così la sua gamma di prodotti

per la preparazione e la cottura dei cibi

con tre nuovi apparecchi: il robot da

cucina e l’hyper blender entrambi con

programmi automatici ed elegante de-

sign nero, e il forno a microonde con

funzione di cottura a vapore.

ZX1800 è il nome del frullatore ad alta

velocità (30.600 gir/min) che grazie alla

presenza di sei lame in acciaio inossida-

bile (tre lisce e tre dentellate) permette

di realizzare numerosissime prepara-

zioni, dal tritare il ghiaccio al realizzare

creme e zuppe. L’hyper blender è anche

dotato di sei programmi automatici da

scegliere a seconda del tipo di prepa-

razione che si vuole realizzare, come ad

esempio vellutate calde piuttosto che

freschi sorbetti. Il boccale non è in vetro

ma di un particolare materiale sintetico

che lo rende più leggero e più resisten-

te alle rotture. L’interfaccia è piuttosto

semplice, una manopola per decidere

manualmente la velocità e un pannello

touch su cui scegliere i programmi con

un tocco. Hyper blender è disponibile

dal mese di settembre a 499 euro.

Altra novità che entra per la prima volta

nella gamma di prodotti Panasonic è il

robot da cucina, che affianca il frulla-

tore sia per il design (entrambi hanno

un look moderno, un pannello touch

lucido nero più vicino forse alla sensi-

bilità estetica degli uomini e a quello

di prodotti del settore “bruno”) sia per

le funzioni preimpostate. Disponibile in

due varianti, F800 con finitura in allu-

minio e nero e programmi automatici e

F500 con finitura bianca e tre velocità, il

robot dispone di accessori e permette

di realizzare diverse preparazioni come

affettare, impastare, sminuzzare, grat-

tugiare, ecc. Interessante l’accessorio

per “asciugare” le foglie di insalata, un

cestello da riporre all’interno che grazie

alla rotazione asciuga appunto la ver-

dura. Anche il robot F800 è dotato di 5

programmi automatici per un utilizzo più

semplice e immediato. Il robot F800 è

proposto al pubblico a un prezzo di 299

euro, l’F500 a 249 euro.

Infine, torna nella gamma dei microon-

de Panasonic il forno combinato con

funzione di cottura a vapore, ma nella

versione da 27 litri di capacità (contro

i 32 del precedente modello CS894,

leggi qui la nostra prova). Il modello

DS596 è un forno combinato microon-

de-ventilato-grill-vapore che permette

di realizzare piatti gustosi e leggeri gra-

zie alla funzione di cottura a vapore, im-

mettendo cioè del vapore direttamente

nella cavità del forno. Inoltre, la funzione

Panacrunch grazie all’ausilio di un piat-

to al quarzo permette di grigliare i cibi

contemporaneamente sopra e sotto.

Il microonde D596 con 23 i menu au-

tomatici è venduto a 499 euro, in linea

con prodotti similari.

SMARTHOME Panasonic continua a credere nel settore dei piccoli elettrodomestici per la cucina

Robot da cucina, frullatore e microonde Panasonic punta alla grande sul “piccolo”Robot da cucina, frullatore ad alta velocità e microonde a vapore le novità Panasonic

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MAGAZINEn.141 / 163 OTTOBRE 2016

di Roberto PEZZALI

Tutti pazzi per l’iPhone 7, eppure, sentendo quello

che si dice e si legge, Apple ha fatto di tutto per

tenere lontano i consumatori dal nuovo iPhone: ha

tolto il jack, ha tolto il tasto home meccanico, ha tenuto

addirittura lo stesso design dei modelli precedenti e,

perla finale, ha pure aumentato il prezzo che già era

alto. Visto da fuori, soprattutto da utente Android, il

nuovo smartphone Apple sembra il classico prodotto

pompato che ha tutto quello che già da tempo altri ter-

minali Android offrivano: la doppia fotocamera, il tratta-

mento water resistant, le antenne mimetizzate e l’au-

dio stereo, tutte caratteristiche dove Apple è arrivata

in ritardo mostruoso rispetto alla concorrenza. Eppure,

dopo averlo provato un po’, ci si rende conto che Apple

ha una cosa che nessun altra azienda riesce a copia-

re, quell’elemento che da anni fa la differenza: la cura

per i dettagli e per le piccole cose. iPhone 7 forse non

sarà il telefono più innovativo del mondo, e forse non

sarà neppure il più bello con quella doppia fotocamera

sporgente, ma sicuramente ad oggi è quello che grazie

alla profonda integrazione con iOS e alla cura riposta

nella sua progettazione riesce a offrire il meglio possi-

bile in ogni aspetto chiave, dalla qualità delle chiamate

alla fotografia per finire con l’autonomia, con un model-

lo Plus che è davvero difficile da scaricare in un giorno

di utilizzo, serve davvero impegno (e nulla da fare).

Più equilibrio nel design Il Jet Black sembra un prodotto diversoDate in mano un iPhone 7 Silver e un iPhone 7 Jet Black

a una persona con gli occhi bendati: vi dirà, nel 99%

dei casi, che sta tenendo tra le mani due smartphone

diversi. Le linee sono identiche, sia chiaro, ma la finitura

particolare del modello Jet Black restituisce al tatto una

sensazione di calore che l’alluminio dell’iPhone non ha

mai dato. Il particolare trattamento lucido dell’alluminio

rende il metallo del tutto simile al vetro: migliora il grip,

con uno smartphone che non si stacca dalla mano,

ma ovviamente come succede per un vetro scuro la

superficie è davvero sensibile alle ditate. Jet Black è

un piccolo gioiello per finitura e design, ma è anche

un prodotto delicatissimo e semplice da graffiare che

richiede una cover protettiva per assicurare una durata

longeva nel tempo. Molto più bello il nero opaco, resi-

ste di può alle ditate, il look & feel è molto tech e so-

prattutto le bande delle antenne spariscono del tutto,

con un colpo d’occhio diverso.

Il modello che abbiamo tra le mani è invece il classi-

co alluminio, leggermente più chiaro di quello dei

MacBook da sembrare, se visto sotto luce particolare,

quasi bianco. In ogni caso è inutile soffermarsi troppo

sulle finiture: nel 90% dei casi l’iPhone sarà coperto da

una cover, custodia che servirà anche a mimetizzare

il piccolo bozzo posteriore della fotocamera che, nel

modello standard, è stato smorzato con una migliore

integrazione della lente nel corpo mentre nel modello

Plus sembra ancora più sgraziato dell’anello metallico

TEST L’iPhone 7 è arrivato e finalmente siamo riusciti a metterci le mani sopra. Ecco la prova del modello con schermo da 5,5”

iPhone 7 Plus, sono i dettagli a fare la differenzaUn prodotto come al solito eccezionale, con tante certezze e qualche novità difficile da apprezzare al primo colpo

segue a pagina 37

lab

video

Apple iPhone 7 PlusMIGLIORA DOVE SERVE, MA È L’ECOSISTEMA A FARE LA DIFFERENZA 939,00 €L’iPhone 7 Plus è un telefono eccellente, e paradossalmente gran parte del merito non va all’hardware ma al suo sistema operativo e all’ecosistema che gira attorno al mondo Apple. Esteticamente non cambia rispetto all’attuale, anzi, con la cover sembra un iPhone 6S, ma ci sono quelle piccole novità come la resistenza all’acqua, il cambio delle antenne che migliora la ricezione e il tasto home a stato solido con Taptic Engine che senza dubbio piacciono. Mostruoso il display per la qualità che riesce a esprimere, incredibile il processore per velocità e efficienza energetica, con una batteria che dura ancora di più. Tutto bellissimo? Beh, ci sono anche degli aspetti forse meno esaltanti: il design del modello Plus, soprattutto se si prende quello chiaro, appare più pesante di molti altri modelli della concorrenza, con cornici spesse e dimensioni abbondanti. Solo la versione Jet Black riesce a snellire un po’ la linea, ma è davvero delicata e soprattutto costa di più. La parte audio è un po’ sottotono, con un adattatore che sembra essere presente giusto perché ci doveva essere ma è ben lontano come qualità da quello che ci si aspetta da un prodotto Apple e il jack audio che, purtroppo, continueremo a rimpiangere fino a quando in commercio non ci saranno modelli di cuffie Lightning di qualità integrato al giusto prezzo, per dimostrarci che Apple in fin dei conti aveva ragione. Il prezzo è poi esageratamente alto: bene che si parte da 32 GB, ma avremmo preferito 10 euro di sconto piuttosto che l’adattatore incluso. Infine la fotocamera: rispetto a quella dell’iPhone 6S il vantaggio qualitativo è legato allo scatto in wide color, una cosa che però potranno apprezzare per ora davvero in pochi: per tutti gli altri sarà un’ottima fotocamera che però non stacca la concorrenza come si sperava. L’iPhone resta in ogni caso lo smartphone da battere: Samsung con l’S7 ha realizzato un prodotto pazzesco se guardiamo all’hardware, Huawei anche con il P9, ma purtroppo entrambi non hanno una cosa che invece l’iPhone ha, un sistema operativo fatto apposta per lui: iOS.

COSA CI PIACE COSA NON CI PIACEPrestazioni ai massimi livelliQualità costruttiva invidiabileAutonomia migliorata

L’assenza del jack audioIl Plus è troppo ingombranteCosta quasi 1000 euro. E’ troppo

Qualità Longevità Design Semplicità D-Factor Prezzo

9 9 9 9 9 78.6

dell’iPhone 6S.

Le dimensioni sono identiche a quelle delle due pas-

sate generazioni, e anche la vista frontale non rivela

particolari novità: le uniche differenze oltre ai “bozzi”

delle fotocamere sono le bande per le antenne, che

inserite lungo profilo sono meno visibili, e la parte in-

feriore, dove Apple ha tolto il jack audio per mettere

una doppia griglia.

In realtà vicino al connettore lightning c’un solo altopar-

lante, posizionato a destra: dietro la griglia di sinistra

infatti sono stati nascosti il microfono e una camera

di compensazione per l’altimetro barometrico. Con lo iPhone 7 Plus sopra e iPhone 6S Plus sotto, senza il jack.

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MAGAZINEn.141 / 163 OTTOBRE 2016

TEST

Apple iPhone 7 Plussegue Da pagina 36

smartphone totalmente sigillato per assicurare la resi-

stenza all’acqua, il barometro non sarebbe riuscito a

gestire la differenza tra pressione interna e pressione

esterna: utilizzando questo vano di compensazione

Apple ha risolto il problema.

L’iPhone 7 ha audio stereo: come secondo diffusore

viene utilizzata la capsula auricolare superiore, con

una pressione sonora buona e una qualità nella me-

dia. Manca, ma non è una novità, il jack audio: dentro

la scatola Apple ha inserito un set di auricolari con

cavo Lightning e un adattatore per chi ha cuffie con

jack. La resa degli auricolari è modesta, come mode-

sta è la qualità che si ottiene agganciando una cuffia

all’adattatore. Vi invitiamo comunque a leggere l’ap-profondimento sulla parte audio per avere un quadro

più approfondito della situazione. La rimozione del jack

impedisce anche di usare il lightning come uscita audio

mentre si carica lo smartphone: c’è un solo connettore.

Un limite, ma è anche vero che difficilmente ci si trova

in quella situazione.

Resistente all’acqua, finalmenteL’iPhone 7 è water resistant, e si potrebbe anche ag-

giungere un bel “finalmente”. Se cade accidentalmen-

te in acqua o se ci finisce sopra un bicchiere d’acqua

non succede nulla, basta asciugarlo. E’ bene precisare

subito che Apple non ha realizzato uno smartphone

impermeabile da portare sott’acqua, ma si è limitata

a raggiungere un livello di protezione (IP67) che deve

dare serenità e sicurezza quando serve.

Per raggiungere questo obiettivo ovviamente sono sta-

te fatte modifiche ad un corpo che, nella versione pre-

cedente, era sigillato ma non ermetico: tra lo schermo

e la scocca ora c’è un adesivo guarnizione più potente,

è sparita la più grande presa d’acqua, il jack, ed è stato

eliminato il bottone fisico. il tasto home c’è ancora, e ha

ancora il sensore biometrico per lo sblocco, ma per la

prima volta dopo anni e anni di iPhone non siamo più

davanti ad un tasto meccanico ma ad un tasto fisico,

che Apple definisce a stato solido.

Una scelta che in un primo momento ci aveva lasciato

un po’ con il giudizio in sospeso, ma che dopo qualche

giorno non dispiace affatto: Apple ha lasciato l’incavo

per il pollice e ha simulato la pressione meccanica

usando un feedback generato dal Taptic Engine nasco-

sto sotto la scocca. Difficile descrivere a parole quello

che si prova: la sensazione è che si stia premendo l’in-

tera parte posteriore dell’iPhone, con un clack che non

è troppo diverso da quello dei trackpad di vetro dei

MacBook. L’intensità del feedback è regolabile su tre

livelli, e a nostro avviso il più credibile, anche se il più

accentuato, è il terzo. Va comunque a gusti, si possono

provare tre profili e scegliere quello che più piace. Il

motore “Taptic” nascosto sotto la scocca è stato utiliz-

zato da apple anche per gestire altri elementi dell’inter-

faccia di iOS: le select, ad esempio, ora rispondono al

movimento con un feedback che ricorda quello di una

ghiera meccanica che ruota e anche la pressione 3D

Touch dello schermo appare più decisa. Purtroppo nul-

la di tutto questo è disponibile sul modello dello scorso

anno, che aveva pure lui un Taptic Engine di base. Lo

scorso anno Apple ha provato a rivoluzionare la user

experience con il 3D Touch aggiungendo allo scher-

mo la possibilità di rilevare diversi livelli di pressione,

e dopo un anno possiamo tranquillamente dire che è

stato un mezzo flop: sono pochissimi coloro che usano

questa funzione e soprattutto sono poche le app che

hanno trovato un modo intelligente per implementarla.

Il nuovo Taptic Engine è a nostro avviso decisamente

più interessante come interfaccia uomo smartphone, e

siamo certi che i programmatori sapranno trovare idee

geniali per sfruttare al meglio le librerie di controllo che

Apple ha messo loro a disposizione.

Giusto per dare un assaggio cosa si può fare con

questo piccolo componente è possibile scaricare dal-

l’app store Noise, che permette di suonare strumenti a

schermo: grazie al 3D Touch e al Tactip Engine si riesce

a percepire in modo distinto e decisamente realistico la

vibrazione delle singole corde. Impressionante.

Apple con questi cambiamenti ha anche risolto due

problemi: in primo luogo il tasto home non si rompe

più, perché non ha un componente meccanico all’in-

terno, in secondo luogo chi rompe lo schermo dovrà

per forza andare a farselo cambiare all’Apple Store

abbandonando la soluzione cinese low cost. Questo

perché lo schermo è sigillato con una guarnizione, e

soprattutto, come si può leggere nell’approfondi-mento, lo schermo è calibrato per ogni singola unità

ed è un particolare LCD wide gamut: sostituendolo con

un componente non originale e soprattutto senza una

nuova calibrazione hardware il rischio di trovarsi con

immagini slavate o ipersature è concreto. Purtroppo, è

giusto avvisare, il tasto a stato solido è simile ad un

touch screen e non funziona con i guanti tradizionali

ma dovrebbe funzionare con i guanti compatibili con

schermi capacitivi.

Hardware eccelso Il processore è una scheggiaDesign a parte l’iPhone 7 è un prodotto totalmente

rinnovato all’interno, anche negli aspetti dove appa-

rentemente non è cambiato nulla, come ad esempio

lo schermo.

La risoluzione del modello da 4.7” resta di 1334 x 750

pixel, quella del 5.5” in prova di 1920 x 1080, e in en-

trambi i casi riuscire a vedere la griglia di pixel a occhio

nudo da una distanza di visione standard è impossi-

bile. Buono l’angolo di visione, reattivo come sempre

il touch direttamente inserito sopra il display e ottima

la visibilità in campo aperto, con una luminosità di pic-

co maggiore di quella dell’iPhone 6. Il sensore di re-

golazione automatica della luminosità funziona come

sempre molto bene, precisissimo nel trovare il bilancia-

mento giusto tra luce ambientale e retroilluminazione

e soprattutto molto discreto nel variare la luminosità

senza farsi notare da chi sta guardando lo schermo.

Lo schermo è wide color, e questo punto lo approfon-

diamo a parte nella nostra analisi dettagliata: per chi

non vuole leggere troppi tecnicismi wide color vuol

La visibilità dello schermo sotto luce incidente è buona, così come il controllo dei riflessi.

segue a pagina 38

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MAGAZINEn.141 / 163 OTTOBRE 2016

dire che è in grado di riprodurre una gamma di colori

molto più ampia, con una maggiore saturazione e una

ricchezza di sfumature che altri modelli non riescono a

rappresentare. Questo schermo ad oggi è sfruttato al

5% delle sue potenzialità: solo le foto fatte dall’iPhone

7 vengono visualizzate in Wide Color, per le app c’è

da attendere un aggiornamento. La vera innovazione

di questo iPhone 7 però è nascosta sotto lo schermo:

Apple ha realizzato un nuovo processore chiamato A10

Fusion, un SoC quadcore che segue un po’ la strada

già tracciata da altri produttori di processori. Nell’A10

Fusion infatti ci sono due CPU che funzionano ad

elevato clock, destinate quindi ai lavori più pesanti, e

due CPU ad alta efficienza per gestire le operazioni di

routine, i servizi in background e i processi che non ri-

chiedono un elevato carico di lavoro. A supervisionare

la distribuzione dei carichi c’è un nuovo controller dedi-

cato, ed è questo il componente che probabilmente fa

la differenza lavorando a stretto contatto con iOS.

Come ogni anno Apple elogia il suo processore defi-

nendolo velocissimo, ma questa volta con l’A10 Fusion

il lavoro fatto sembra incredibile e a parlare sono i nu-

meri: reputiamo i benchmark poco utili, ma un A10 Fu-

sion in single thread riesce tranquillamente a surclassa-

re un processore Intel Core M montato all’interno di un

MacBook. Anzi, c’è anche chi ha fatto una prova con lo

Xeon usato nel Mac Pro e il Fusion sembra più veloce

pure di una cpu professionale da workstation a 6 core.

Ovviamente sono confronti che non hanno ragione di

esistere, architetture diverse e anche un benchmark

che simula situazioni poco reali, ma resta il fatto che un

processore simile potrebbe tranquillamente equipag-

giare un notebook senza troppi problemi.

Apple nel modello Plus ha anche aumentato la

RAM: i 3 GB di RAM che su uno smartphone Android

farebbero la differenza qui non si sentono più di tanto:

sull’iPhone 6S la memoria era già più che sufficiente

per gestire al meglio un sistema operativo che veste

l’hardware alla perfezione. Crediamo che il gigabyte di

RAM aggiunto serva più a Apple per gestire il carico di

lavoro della doppia fotocamera, che richiede un doppio

buffer e che, in ottica futura, dovrà gestire elaborazioni

in tempo reale sicuramente onerose per il sistema.

Passando allo storage abbiamo 32 GB sul modello

base, ma ci sono anche i tagli da 128 GB e 256 GB: la

memoria è davvero veloce nell’accesso, e lo si apprez-

za soprattutto nei tempi ridotti di installazione delle app

e di apertura delle app stesse. Le differenze comun-

que con il modello precedente qui sono minime: le app

sono leggermente più veloci ad aprirsi, ma il merito qui

è soprattutto del SoC A10.

Infine la parte radio, dove come sui modelli preceden-

ti troviamo il bluetooth 4.2: la nuova versione ha una

banda maggiore e, sulla carta, potrebbe gestire anche

uno streaming wireless loseless. Non abbiamo avuto

modo di provare le nuove AirPods, lo faremo a breve,

ma non ci stupiremmo se Apple avesse trovato comun-

que il modo di migliorare la qualità dell’audio tramite

bluetooth, solitamente compresso.

Fotocamera, più qualità Ma ne godranno in pochiLa doppia fotocamera dell’iPhone 7 Plus è la vera no-

vità del prodotto: Apple ha affiancato alla camera prin-

cipale grandangolare, 28 mm equivalenti, una camera

aggiuntiva che viene usata per catturare foto con un in-

grandimento di 2x (56 mm). Come sempre la differenza

tra l’implementazione Apple e quella di altri produttori

è la facilità con cui si accede alle funzioni: le lenti sono

due, ma per un utente è come usare una fotocamera

sola, grazie ad un controllo precisissimo a schermo che

permette di regolare l’ingrandimento.

Apple come sempre, non stravolge la sua applicazione

fotografica, anche se anno dopo anno aumentano le

funzionalità: quest’anno c’è lo zoom, lo scorso anno le

live photo. Il principio è lo stesso, ma lo spazio inizia

ad essere un po’ pochino e forse è arrivato il momento

di un piccolo ritocco al design, magari

per nascondere le modalità meno usa-

te. Entrambe le fotocamere scattano

in wide-color, e con una applicazione

di terze parti (suggeriamo Lightroom)

anche in RAW.

La resa fotografica del sensore da 12 megapixel è mol-

to buona considerando l’output: viste a schermo le im-

magini godono di un’ottima definizione e di una buona

pulizia anche con pochissima luce. Impressionanti i

colori, soprattutto i rossi e i gialli: il wide color con uno

schermo calibrato fa davvero la differenza, purtroppo

non tutti potranno godere di questa qualità maggiore.

L’ecosistema di app, soprattutto quelle fotografiche e

i siti di condivisione foto come Instagram, ancora de-

vono adeguarsi a supportare le immagini con gamut

più ampio. Instagram in ogni caso ha annunciato che

presto aggiornerà sito e app per adeguarsi ai nuovi

standard. Veloce l’autofocus, leggermente più veloce

di quello dello scorso anno ma non ancora al livello

del dual pixel del Samsung S7 e molto più efficiente il

nuovo quad flash, per quanto il flash puntiforme di uno

smartphone spesso faccia più danni che altro.

Da segnalare un leggero riscaldamento dello smar-

tphone nella parte posteriore dopo un uso prolungato

della fotocamera, segno che il carico di elaborazione

delle due camere che funzionano sempre insieme non

è indifferente. Con la custodia, in ogni caso, l’utente

non si accorge di nulla. Resta da capire quanto impatta

sull’autonomia un uso intenso delle fotocamere, so-

prattutto durante la registrazione video.

Per quanto riguarda la modalità “film” Apple ha lasciato

ovviamente la possibilità di registrare anche video in

4K, ma ovviamente questa impostazione consuma più

spazio su disco. Non siamo riusciti ad utilizzare la dop-

pia lente in modalità video: lo zoom massimo in questo

caso è di 6x e sembra che lavori sempre l’obiettivo

principale, con un ingrandimento digitale: coprendo

con un dito mentre si registra video la seconda lente e

aumentando lo zoom l’immagine resta visibile.

Nuova la camera frontale per i selfie: 7 megapixel,

obiettivo F2.2 wide, ottimo bilanciamento tonale e un

risultato che sicuramente soddisferà a pieno chi usa la

TEST

Apple iPhone 7 Plussegue Da pagina 37

L’utilizzo dello zoom è semplicissimo grazie ad un preciso controllo a schermo.

Con Lightoom si può impostare la modalità Digital Negative, ovvero il RAW.

Ecco alcuni scatti realizzati in modalità wide e in modalità zoom in diverse condizioni.

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MAGAZINEn.141 / 163 OTTOBRE 2016

fotocamera soprattutto per fotografare se stesso. La

camera frontale, inoltre, registra anche video a 1080p.

Per chi desidera avere ulteriori informazioni sul funzio-

namento delle fotocamere segnaliamo il nostro appro-fondimento tecnico.

Con le antenne ai bordi riceve meglio La batteria dura effettivamente di piùLo spostamento delle antenne ha aumentato legger-

mente anche la qualità della ricezione del segnale:

abbiamo fatto un confronto con l’iPhone 6S e, come

si può vedere qui a fianco in un punto dove l’iPhone 7

riceve l’operatore 3 con -117dB di segnale (molto bas-

so) l’iPhone 6S non riesce ad agganciare il segnale:

stessa posizione, stessa SIM.

Come si evince da una recente ricerca la ricezione

peggiora in modo considerevole quando si impugna

il telefono, in ogni caso è buona cosa sapere che se

abbiamo l’iPhone 7 appoggiato sul tavolo in un posto

dove c’è poco segnale il rischio di perdere telefonate

è minore rispetto a quanto accadeva con la versione

precedente.

La qualità delle chiamate è buona ma ci sembra leg-

germente inferiore a quella del 6S: Apple ha cambia-

to la capsula auricolare superiore per usarla come

TEST

Apple iPhone 7 Plussegue Da pagina 38

speaker e il risultato è un audio

leggermente più metallico anche

se più alto di volume, quindi più

facile da sentire in ambientei ru-

morosi. Nel caso di chiamata viva-

voce aumenta il volume e anche

la qualità.

L’autonomia è come sempre un

discorso a parte: l’iPhone 7 Plus

con la sua batteria da 2900 mAh

riesce a garantire una autonomia

superiore a quella del modello

precedente: come sempre l’auto-

nomia viene influenzata da mol-

tissimi fattori ed è davvero difficile

trovare un modo scientifico per

dire se una batteria dura tanto

o poco. Basta una applicazione

poco ottimizzata, un servizio, un

gioco per ridurre l’autonomia, e

oltre a questo si aggiungono an-

che parametri come l’operatore,

la vicinanza con le celle e tanto

altro ancora.

Quello che importa è che la batte-

ria dell’iPhone 7 Plus dura, dura tanto: siamo riusciti a

scaricarla in circa 7 ore impegnandoci a fondo, quindi

con video, foto, giochi, navigazione internet e un uso

sicuramente non standard di uno smartphone. Nel

caso di utilizzo standard, quindi navigazione quando

serve, qualche giochino nei tempi morti, chat e mas-

saggistica, qualche foto e le ovvie telefonate siamo

arrivati a sera con un buon 34% di batteria residua, e

abbiamo continuato a utilizzare l’iPhone serenamente

senza ricaricarlo fino alle 14.00 del giorno dopo.

di Giulio MINOTTI

Sergei Skorobogatov, dell’Università

di Cambridge, ha pubblicato uno

studio su come aggirare il codice

di accesso degli ultimi iPhone. Il lavoro

di questo ricercatore si basa sul NAND

mirroring, tecnica già nota dallo scorso

marzo che consente di clonare la me-

moria interna dell’iPhone su un altro

chip, permettendo di bypassare il limite

massimo di tentativi di inserimento della

password.

Nel dettaglio il sistema di Sergei

Skorobogatov prevede la rimozione dal-

lo smartphone del chip NAND (la memo-

ria interna dell’iPhone); successivamente

lavorando sul sistema di comunicazione

fra la memoria e lo smartphone, il ricer-

catore è riuscito a clonare il contenuto

della NAND su un altro chip di memo-

ria. Avendo, quindi, a disposizione un

numero praticamente illimitato di cloni,

è stato possibile effettuare un numero

illimitato di tentativi di inserimento della

password, eludendo le limitazioni intro-

MOBILE Un ricercatore di Cambridge ha dimostrato come sia possibile accedere ad un iPhone

Bastano solo 100 dollari per violare iPhone L’FBI per i fatti di San Bernardino spese più di 1 milione di dollari per sbloccare un iPhone 5C

dotte da Apple. Gli iPhone,

infatti, consentono agli

utenti un numero limitato

di tentativi per indovina-

re un passcode prima di

attivare un blocco per

periodi di tempo sempre

più prolungati. L’accesso

brute force sulla copia dei

dati estratti dalla memoria

NAND originale, richiede

però del tempo visto che ogni volta che

si inserisce il chip clonato nell’iPhone

bisogna riavviare il dispositivo. Per un

codice di 4 cifre, la procedura va ripetuta

10.000 volte, richiedendo circa 40 ore di

lavoro, molte di più per una password

a 6 cifre. La memoria corre immediata-

mente alla nota disputa tra Apple e FBI

per i fatti di San Bernardino, quando la

prima si rifiutò di sbloccare il suo prodot-

to poiché ciò avrebbe compromesso la

sicurezza di tutti gli altri utenti nel mon-

do. Questa tecnica, all’epoca già ben co-

nosciuta, venne però ritenuta impratica-

bile dal direttore dell’FBI James Comey:

oggi, complice anche un video, pare

che invece funzioni perfettamente, ed è

anche molto economica. Tutti i compo-

nenti elettronici necessari per bypassare

la password sono facilmente acquistabili

online per circa 100 dollari, molto meno

di quanto speso dall’agenzia federale

americana che ha pagato oltre un milio-

ne di dollari per sbloccare il dispositivo

del terrorista autore della strage di San

Bernardino.

Infine Sergei Skorobogatov ha dichia-

rato che la sua tecnica potrebbe anche

essere utilizzata, dopo le opportune mo-

difiche, anche sugli iPhone più recenti.

MOBILE

Trapanare iPhone 7 per avere l’uscita cuffie. FolliaVolete l’uscita cuffie sul nuovo iPhone 7? Basta effettuare un foro con un semplice trapano. È questa l’operazione illustrata dallo Youtuber TechRax in un video che ha fatto il giro della Rete. Il tutorial, chiaramente ironico, spiega come sia semplice intervenire sull’ultimo modello di iPhone, con una sempli-ce modifica fai da te. Ovviamente trapanare un iPhone 7 causa solo danni, in alcuni casi decisamente gravi, compromettendo sicuramente l’impermeabilità dello smartphone. Il video, al momento, ha raggiunto oltre 11 milioni di visualizzazioni. Purtroppo qualcuno, stando ad alcuni commenti, ha veramente provato ad effettuare la modifica, con risultati disastrosi, “Ho forato esattamente nello stesso posto del video, ma ora il display non funziona più”.

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MAGAZINEn.141 / 163 OTTOBRE 2016

di Gianfranco GIARDINA

Anni di progettazione e studi per ridefinire il rife-

rimento nella rasatura: questo è lo sforzo che

Braun ha prodotto nel creare il suo rasoio top

di gamma, il nuovo Braun Series 9. Noi avevamo se-

guito le ultime tappe della progettazione di questo

prodotto nel reportage che avevamo realizzato po-

chi mesi fa a Kronberg, presso il quartier generale

dell’azienda.

Da inizio settembre il nuovo Series 9 è diventato

realtà e finalmente sta per arrivare anche in Italia: noi

abbiamo avuto la possibilità di provarlo in anteprima

durante un evento di lancio tenutosi a Londra duran-

te il London Design Festival e culminato addirittura in

un cocktail e una cena in cima al Tower Bridge, sul

Tamigi.

Il design come filosofia totaleBraun ha un vero e proprio DNA, che cerca di trasfe-

rire in ogni suo prodotto. È il DNA della purezza stili-

stica, della progettazione attenta, della cura dei ma-

teriali e dei particolari e dell’analisi meticolosa delle

esigenze degli utenti. Questo per Braun è design, una

vera e propria progettazione “continua” che va dai

primi concept del prodotto fino agli ultimi dettagli del

packaging: tutto deve essere coerente. Una “scuola”

questa che in Braun dura da anni, sin da quando il

mitico Dieter Rams ha definito il suo celebre decalogo

sulle qualità del buon design: nel nostro reportage dal Museo Braun c’è l’evidenza che queste non sono

parole ma fatti.

Fatti che proseguono nella realizzazione di questo

nuovo Series 9, un rasoio senza compromessi, defi-

nitivo, che ha impegnato per molto tempo il team ca-

peggiato da Ben Wilson, responsabile globale design

e comunicazione scientifica di Braun. Si tratta di un

perfezionamento ulteriore del Series 9, lanciato un

paio di anni fa in alcuni Paesi ma mai arrivato in Italia,

nel quale sono state messe a punto alcune scelte pro-

gettuali sui sistemi di taglio (come l’aggiunta di un co-

pertura in titanio di alcune parti) e ne sono state spin-

TEST Siamo volati a Londra per provare in anteprima il nuovo rasoio Braun Series 9 in arrivo anche nel nostro Paese

Braun Series 9 batte una barba ribelle di 5 giorniAbbiamo provato il rasoio Braun Series 9, nuova edizione perfezionata del prodotto di punta della gamma Braun Ci siamo presentati all’appuntamento con una difficile barba di 5 giorni, decisamente riottosa. Ecco cos’è successo

te ulteriormente le prestazioni. Non a caso il nome in

codice del nuovo Series 9 è “MontBlanc”, proprio a

indicare che, con questo prodotto sarebbe stata toc-

cata la vetta più alta (della rasatura, ovviamente).

Nel concepire questo rasoio - ci spiegano - sono stati

applicati tutti gli stilemi di casa Braun, compresa l’ico-

nica finitura puntinata in rilievo, le linee raccordate, le

icone che guidano l’utente nell’utilizzo.

“Il nostro approccio – ci racconta Ben Wilson – è

quello di applicare una progettazione coerente ‘end-

to-end’, ovverosia che prenda in considerazione tutto

l’iter della vita del prodotto. Il packaging, tanto per

fare un esempio, è frutto del mio lavoro, tanto quanto

la scelta delle forme e dei materiali del prodotto. Noi

progettiamo l’esperienza”.

Il nuovo Series 9, la rivoluzioneSecondo Braun con il rasoio Series 9 non siamo di

fronte a un’evoluzione ma a una vera e propria rivo-

luzione delle performance di rasatura. La modalità di

utilizzo è quella tradizionale: impugnatura classica,

seppur decisamente ergonomica, e modalità di rasa-

tura “convenzionale”, con gli abituali movimenti. Ma lo

studio di Braun, che già aveva trovato una splendida

espressione nella Series 7 e nella Series 9 preceden-

te (mai arrivata in Italia), ha portato a perfezionare

lab

video

Rasoio Braun Series 9La video prova

lab

video

ulteriormente la testina e i movimenti per adattarsi a

qualsiasi tipo di barba: “Ognuno ha una barba diver-

sa che richiede strumenti diversi – ci racconta Ben

Wilson – e su questo rasoio ce ne sono ben 5”.

La generosa testina di questo rasoio, infatti, ospita

ben 5 superfici radenti (anche se pilotate da un mo-

tore unico): non si tratta di strutture ripetute (lo sono

solo quelle agli estremi) ma una serie di pettini e

coltelli ottimizzati per tagliare i diversi tipi di pelo. In

questo modo – questa è la teoria – si minimizzano i

passaggi ripetuti e anche la necessità di modificare

più volte la direzione di rasatura per catturare anche

i peli più ribelli.

In particolare, i due “pettini” centrali sono disegnati

espressamente uno per riallineare i peli orientati di-

versamente e l’altro per risollevare i peli aderenti

alla pelle; al resto pensano le due lamine microforate

esterne con coltelli più tradizionali.

Tra l’altro si tratta di microforature deterministiche ma

non tutte uguali, secondo un pattern ottimizzato in

modo da catturare un numero superiore di peli: il pelo

inadatto a farsi “prendere” da un foro, casca diretta-

mente in un altro. A completare il set della testina, an-

segue a pagina 42

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MAGAZINEn.141 / 163 OTTOBRE 2016

che un coltello (non si pensi a nulla di tagliente) che,

sporgendo leggermente, mette la pelle in tensione

rendendola più liscia e risultando decisiva per mini-

mizzare così le abrasioni.

La testina, proprio in considerazione di questa com-

posizione, ha una superficie del 40% più ampia di

quella di un rasoio convenzionale: “Questo è un gran-

de vantaggio – ci spiega Ben Wilson, il “capo” dei

progettisti – perché pur lasciando immutato il movi-

mento e l’abitudine di rasatura, riduce drasticamente

il livello di pressione per unità di superficie che viene

applicata, secondo Braun del 29%. In questo modo il

taglio avviene meglio, dato che il pelo non è ecces-

sivamente premuto, e soprattutto viene rispettata la

pelle, che non risulta mai arrossata”.

In effetti, Quando Wilson ci mostra a confronto un

esemplare di Serie 9 con l’attuale top di gamma Se-

ries 7, il ragionamento risulta evidente: con la testina

più stretta, la classica pressione utilizzata per radersi

finisce per concentrarsi in meno spazio, sfavorendo

così il rialzo del pelo necessario per il taglio.

Tutte queste cinque strutture sono in “sospensione”,

grazie a una serie di molle le sostengono: con la

normale pressione tutte le superfici radenti possono

basculare adattandosi alla linea del viso punto per

punto. Oltre a questo movimento, l’intera testina può

ruotare liberamente attorno all’asse longitudinale per

compensare una non perfetta ortogonalità della rasa-

tura rispetto al viso. Inoltre, i diversi tipi di superficie

radente hanno molle di sostegno differenti, proprio

per avere una resistenza calibrata al tipo di taglio per

il quale sono pensate. In questo modo la risposta è

ottimizzata.

Ma non solo, l’ottimizzazione si estende anche alla

frequenza di vibrazione dei coltelli: quella massima è

di circa 10mila cicli al minuto (per un totale di circa

40mila movimenti di taglio al minuto), ma non viene

tenuta sempre questa frequenza. Infatti il rasoio è in

grado di “misurare” l’impegno di taglio al quale è chia-

mato, sulla base della lunghezza dei peli e di quanto è

fitta la barba; in questo modo ha gli elementi per mo-

dulare la velocità di vibrazione, che viene ricalcolata e

corretta circa tre volte al secondo.

Il Braun Series 9, inoltre, nasce, come oramai molti

rasoi, utilizzabile sia a secco che sotto la doccia o a

pelle bagnata: il corpo dell’apparecchio è pensato per

essere interamente waterproof e la testina funziona

perfettamente in entrambe le modalità. In termini di

autonomia, il rasoio, che integra batterie ricaricabili al

litio, è in grado di garantire una rasatura continua per

50 minuti; un display a led sul frontale indica la carica

residua. La ricarica completa dura un’ora e con cinque

minuti di allacciamento alla rete elettrica è possibile

ricaricare quanto basta per farsi una rasatura. Come

accade sempre nei modelli “anfibi”, non è possibile

l’utilizzo con il cavo di alimentazione e ricarica inne-

stato per evidenti motivi di sicurezza.

Il rasoio viene fornito con una stazione di pulizia e

ricarica, dotata anche di ventola, per minimizzare i

tempi di asciugatura, fattore basilare per evitare la

formazione di muffe.

Molto bella anche la custodia da viaggio, che, oltre

ad essere elegante, risulta anche decisamente com-

patta.

Braun: “Risultati migliori di qualsiasi altro rasoio”Dopo anni di progettazione e messa a punto, Braun

non ha dubbi “I test scientifici che conduciamo nei

nostri laboratori di Kronberg – ha detto Ben Wilson

– dimostrano che il nuovo Braun Series 9 è meglio

degli altri rasoi su tutti gli aspetti rilevanti per una

valutazione”. E ci mostra un grafico in cui vengono

riportati una serie di fattori chiave, dal tempo di rasa-

tura alla delicatezza dell’azione sulla pelle: per tutti gli

indicatori il Series 9 è dato per vincente rispetto ad

altri modelli, anche della concorrenza (è facile ricono-

scere i modelli Philips a tre lame circolari).

Un grafico che di certo alza molto le nostre aspetta-

tive e che, se confermato nella pratica di tutti i giorni,

contribuirebbe a giustificare il prezzo decisamente

importante di questo rasoio: si parla, infatti, di oltre

400 euro (anche se ovviamente ci si aspetta qualche

riduzione da parte del retail). Non basta la stazione di

ricarica e pulizia compresa nella confezione per ren-

dere questo prezzo facilmente digeribile.

La rasatura diventa arte: FoilIl risultato di tutti i gradi di libertà delle superfici raden-

ti del Braun Series 9, è una serie di movimenti coordi-

nati che non fanno mai perdere aderenza tra rasoio e

viso. E proprio per emulare e in qualche modo cele-

brare questo sistema di movimentazione della testina,

Braun ha deciso di collaborare con l’artista Benjamin

Hubert per la realizzazione di Foil (clicca qui per il vi-

deo), un’installazione molto scenica temporaneamen-

te allestita presso il famoso Victoria & Albert Museum,

centro pulsante del London Design Festival, in corso

in questi giorni.

Foil è una superficie con una base di gomma lunga 20

metri e larga circa uno, ricoperta da una miriade, circa

50mila, triangolini metallici a specchio.

Una serie di motori crea un andamento sinuoso, quasi

ad onde, a simulare proprio il movimento delle super-

fici di rasatura, grazie alla testina basculante e alle la-

mine in sospensione. Una serie di faretti, illuminando

la superficie multispecchiata, crea, poi, un suggestivo

gioco di riflessi in movimento coordinato su pareti e

soffitto... oltre che sui visitatori.

Il risultato finale, nella penombra di una sala ricoperta

segue a pagina 43

TEST

Braun Series 9segue Da pagina 41

In foto Ben Wilson, il capo dei designer e proget-tisti di Braun.

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MAGAZINEn.141 / 163 OTTOBRE 2016

di arazzi, è più che suggestivo: se l’obiettivo era quel-

lo di rappresentare metaforicamente l’arte della rasa-

tura con l’attenzione ai dettagli, è stato del tutto cen-

trato. Anche questo fa di Braun un’azienda diversa.

La prova sulla nostra pelleSe prova dev’essere, che sia vera. Ci siamo preparati

a questo test con la “cattiveria” dei più accaniti tester:

la barba con la quale il nuovo rasoio avrebbe dovuto

misurarsi doveva essere la più difficile. E allora la scel-

ta è stata quella di presentarsi a Londra con una barba

di cinque giorni: il pelo superata una certa lunghezza

tende a “sdraiarsi” e a non restare perpendicolare alla

pelle. Questa è la condizione peggiore, non solo per-

ché in qualche modo il pelo va alzato perché possa

terminare fra i coltelli del rasoio, ma anche perché le

varie zone della barba tendono a prendere una pro-

pria “direzione”, il che rende difficile il taglio in poche

passate.

L’idea di Braun per il lancio del Series 9 è quella di co-

municare che, acquistando questo rasoio, è come se

portassi il barbiere a casa tua. Per esemplificare (ed

estremizzare) questo concetto, Braun ha pensato di

convocare alcuni hair stylist professionisti permetten-

do agli intervenuti di farsi fare la barba, ovviamente il

Series 9, da loro. E noi – ovviamente – ne abbiamo

approfittato.

Si è trattato della prima volta in cui ci è capitato di

farci radere da un barbiere non con una lametta e con

la schiuma ma con un rasoio elettrico. E, dobbiamo

dire, la cosa ha un non so che di innaturale, finisce

per “non funzionare”, nel senso che risulta molto più

difficile fare quelle “smorfie” che permettono al rasoio

di lavorare bene.

La prima impressione, in ogni caso, è di un rasoio che

funziona terribilmente bene: la barba di cinque giorni,

almeno sulle parti “facili” del viso, viene praticamente

eliminata in un solo passaggio, qualcosa che ricorda

più l’effetto di un tagliaerba su un prato poco cura-

to che quello di un convenzionale rasoio elettrico.

Un risultato che non ricordiamo di aver provato con

altri modelli, né Braun né di altri brand. Ovviamente,

quella di un solo passaggio, non è una rasatura ca-

pace di trasformare le due guance nella “pelle di un

bambino”, ma è comunque notevole, perché tutti i peli

lunghi vengono in un colpo ridotti, senza che ne sfug-

gano ai pettini della nuova testina, malgrado siano

orientati in diverse direzioni. Insistendo leggermente

sulle parti più complesse, si raggiunge un effetto su-

per liscio che – dobbiamo dirlo onestamente – abbia-

mo sperimentato prima solo con schiuma e lametta

ma quasi mai con un rasoio elettrico. Inoltre, oltre alla

totale assenza di dolore, non si percepisce neppure

quell’effetto di leggero “strappo” che capita a volte

con i rasoi elettrici alle prese con la barba lunga.

Il rasoio, che sa modulare la frequenza di oscillazione

sulla base delle esigenze, sulla barba di 5 giorni va

a pieni giri: questo porta la testina a scaldarsi un po’

troppo, soprattutto verso la fine della rasatura. Viene

da chiedersi perché non sia stata utilizzata su questo

rasoio anche la tecnologica CoolTec (implementata in

una linea apposita di rasoi Braun) che inserisce, tra gli

elementi di taglio, anche una barra che, grazie a una

cella di Peltier integrata, si raffredda durante l’utilizzo,

cosa che dà un effetto anestetico, riducendo altresì

anche l’irritazione e l’infiammazione della pelle. Va

detto, però, che il calore percepito non è corrisposto

poi a una particolare irritazione della pelle, che anzi è

parsa particolarmente distesa.

La resa, quindi, mentre ci radono, è decisamente con-

vincente. Lo è meno – in verità – l’operato del barbie-

re che, un po’ per la fretta (i tempi sono assolutamente

contingentati) e un po’ per l’oggettiva difficoltà di fare

la barba a terzi con il rasoio elettrico (l’impugnatura

e l’ergonomia sono pensate per un utilizzo “selfie”)

salta un paio di passaggi sul collo e su un’area sulla

parte bassa della guancia. E la differenza tra dove il

passaggio è stato fatto bene a dove solo “di voltata”,

al tatto, si sente immediatamente.

TEST

Braun Series 9segue Da pagina 42

segue a pagina 44

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MAGAZINEn.141 / 163 OTTOBRE 2016

La messa a punto: basta un minutoCi siamo quindi fatti prestare un esemplare per “finire

il lavoro” nel nostro bagno: pochi secondi, passando

sulle parti “incriminate” con la sensibilità dell’autora-

satura, e il risultato è perfetto. Si tratta di un taglio

del pelo decisamente profondo: dopo 36 ore dalla

rasatura inizia a sentirsi al tatto la nuova crescita, una

sensazione che assomiglia molto a quella che pro-

viamo la sera su una barba rasata la mattina con un

rasoio elettrico convenzionale. Un taglio profondo,

quindi, che permette di “guadagnare” almeno 12 ore,

nel senso che la necessità di rifarsi la barba arriva

con un po’ di ritardo: chi accetta di non essere, a vol-

te, perfettamente liscio, può serenamente passare a

una rasatura a giorni alterni.

Ma la cosa più importante è nella mancata irritazione

della pelle: generalmente una rasatura di una barba

di cinque giorni comporta un certo arrossamento, so-

prattutto nelle parti più delicate del collo. In questo

caso, la pelle è perfetta, si capisce al tatto che non

ha sofferto. Anche l’applicazione di una lozione a

leggero tenore alcolico non crea il classico effetto di

“bruciore”, segno di un trattamento dell’epidermide

decisamente gentile.

Nella nostra visita a Kronberg, alla sede Braun, ci era

stato spiegato proprio che la calibrazione di un rasoio

sta proprio nello stabilire il giusto punto di compro-

messo tra efficacia di rasatura e difesa della pelle: “In

questo Series 9 – ci svela Ben Wilson – i due fattori

apparentemente contrapposti riescono a convivere:

il segreto è nell’area generosa della testina e nelle

sospensioni differenziate”.

Da segnalare anche la cura dei dettagli: dalla confe-

zione (bellissima, con la sagoma del rasoio in venice

lucida su cartoncino nero opaco) fino all’elegante

custodia da viaggio. Quest’ultima in particolare ha

anche una parte (il tessuto che tiene insieme le due

semiconchiglie che formano la custodia) che è di

fatto costituita da una rete traspirante, che permette

quindi al rasoio, anche se risposto nell’astuccio an-

cora bagnato, di asciugarsi completamente e veloce-

mente, senza creare muffe o cattivi odori.

Non abbiamo capito, nelle nostre 48 ore di test, in-

vece, se ci si abitua o meno alla dimensione della

testina, decisamente generosa: in alcuni passaggi è

così grande da ostruire la vista allo specchio di una

discreta porzione di viso, risultando un po’ spiazzan-

te per chi proviene da un rasoio più “slim”; inoltre una

testina così prominente rende un po’ meno utilizza-

bile il regolabasette, che peraltro scorre non poco

verso l’alto per “venire a galla”. Probabilmente questi

sono aspetti che con l’abitudine e l’addestramento

all’utilizzo, vengono facilmente superati.

La barba del giorno dopo La perfezione in meno di tre minutiAbbiamo poi testato il Braun Series 9 nel suo utilizzo

più consueto: quello del taglio di una barba di uno-

due giorni, quindi senza peli “sdraiati” o chiaramente

orientati. Abbiamo misurato il tempo di una rasatura,

almeno sulla nostra barba: in un minuto e 15 secondi

siamo arrivati in fondo a una buona rasatura, che pra-

ticamente si fa in poco più di un passaggio; aggiun-

gendo un ulteriore minuto per ripassare nei punti più

difficili (attorno alle labbra, sotto il mento, sul collo)

si arriva all’effetto super-liscio. Si tratta di tempi ec-

cellenti, soprattutto in considerazione del fatto che

non si percepisce alcun effetto di abrasione, neppure

superficiale. Semplicemente la barba scompare. Diffi-

cile pensare di poter fare meglio.

Le nostre conclusioni: promosso (ma caro)Il Braun Series 9 è senza dubbio un nuovo riferimen-

to nel mondo della rasatura: le tecnologie di taglio

utilizzate permettono a

questo rasoio di adat-

tarsi a qualsiasi tipo

di pelo, corto o lungo,

con una facilità incre-

dibile. Il tutto risulta in

una rasatura che in un

passaggio è già buona

e che con due-tre pas-

saggi assomiglia più a

quella ottenibile con

un buona lametta che

con un rasoio elettrico.

I tempi di rasatura sono

eccellenti (sotto i tre

minuti si fa in maniera

impeccabile la barba

di tutti i giorni); ma,

stante questa efficacia

di rasatura, quello che

colpisce è soprattutto

l’estremo rispetto della

pelle di questa testina:

nessuna abrasione,

neppure minima, an-

che con approcci di ra-

satura “aggressivi”.

TEST

Braun Series 9segue Da pagina 43

I materiali utilizzati, la confezione e la custodia (e in

parte anche il prezzo) ne fanno poi un prodotto quasi

“di lusso”, un termine inconsueto per un rasoio. Uni-

co aspetto migliorabile è la tendenza della testina a

scaldare dopo alcuni minuti di utilizzo; difficile però

fare diversamente con ben 5 apparati radenti e una

frequenza di oscillazione che arriva a 40mila movi-

menti al minuto.

Il prezzo è alto - almeno quello consigliato - che nella

versione con il sistema di pulizia arriva a 449 euro, è

decisamente alto, più alto di qualsiasi altro modello

in commercio. Ma è quello che bisogna pagare per

una rasatura unica. Non resta che sperare in “street

price” più accessibili e promozioni che possano ren-

dere meno esclusivo l’accesso a un prodotto di que-

sta caratura.

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MAGAZINEn.141 / 163 OTTOBRE 2016

di Francesco FIORILLO

L a sfida per la coppa di miglior gioco sul calcio è

stata, sin dai suoi albori, prerogativa di due e ben

distinte formazioni: quella di casa EA e quella del

team Konami.

Ad ogni stagione, nel periodo a ridosso dell’autunno,

milioni di utenti optano per un gioco o per l’altro e, nel

farlo, prendono anche una precisa posizione in campo,

dettata magari dai propri gusti o, ancora, dall’affetto

nostalgico nutrito nei confronti di uno dei due. Meglio

Fifa o PES? È semplicemente (e probabilmente sempre

lo sarà) un quesito di difficile risposta e capace, soprat-

tutto, di infiammare più di un animo.

Volendo però abbandonare per un attimo il sicuro sen-

tiero dei gusti personali, è impossibile non costatare

che la serie calcistica firmata Konami è rimasta troppo a

lungo sempre uguale a se stessa, incapace di evolversi

veramente. Molti calciatori virtuali, in virtù di tale con-

siderazione, sono passati addirittura alla concorrenza

e, volendo, si potrebbe anche asserire senza correre

il rischio di essere lapidati che Fifa è riuscito nell’ardua

impresa di compiere l’agognato sorpasso nei riguardi

del suo storico avversario.

Gli sviluppatori di Electronic Arts hanno speso nel

tempo ingenti risorse, sia fisiche, sia monetarie, per

migliorare la loro creatura e, come spesso avviene, gli

sforzi sono stati ampiamente ripagati. Il nuovo Pro Evo-

lution Soccer, quindi, parte ancora con qualche passo

di svantaggio rispetto al rivale, ma la sensazione ge-

nerale ci porta a credere che lo scontro, questa volta,

potrebbe finire in parità. Noi non potevamo mancare

ovviamente l’appuntamento con i due nuovi campioni

e, nelle prossime pagine metteremo a nudo le tante

peculiarità, ma anche qualche piccola incertezza, delle

due edizioni 2017.

Calcio d’inizio per FIFA 17Volendo esprimere con una sola parola questa nuo-

va versione del calcio griffato EA potremmo utilizza-

re, semplicemente, il termine “tradizionale”. Le prime

partite disputate hanno messo in luce, infatti, la stessa

identica cura certosina già apprezzata nella preceden-

te edizione. Ad un rapido sguardo poco sembra esse-

re cambiato ma, prestando un minimo di attenzione,

emergono tutta una serie di novità e perfezionamenti

in grado di rendere migliore un videogioco di calcio

degno di tal nome. La gestione dei giocatori propone

TEST Le squadre sono pronte per l’ennesimo e infuocato scontro sul campo. Vediamo chi sarà a spuntarla quest’anno

Meglio FIFA 17 o PES 2017? Scopriamo chi “vince” A spuntarla sarà la corazzata di Electronic Arts? O il team capitanato da Shingo “Seabass” Takatsuka sovvertirà ogni pronostico?

ancora un controllo realmente a 360 gradi, mentre una

grande fluidità d’azione permette la nascita di manovre

corali fluenti e altamente soddisfacenti. In FIFA 17 però,

non capita più di dover attendere il completamento di

animazioni esageratamente lunghe e, nonostante sia

grossomodo identica a quella saggiata nell’edizione

precedente, la velocità di gioco dona la vivida impres-

sione di tenere fra le mani un “simulatore” scattante,

rapido e piuttosto fisico.

Se il tutto dovesse risultare troppo frenetico basta op-

tare, come di consueto, per la velocità lenta e se si de-

sidera mettere in mostra le proprie abilità, non si deve

far altro che settare i comandi sull’opzione manuale. Il

nuovo physical play, che permette di sfruttare in manie-

ra concreta la fisicità dei calciatori, siano essi attaccanti

o difensori, innalza inoltre la profondità ludica generale

e i giocatori più abili potranno di fatto rallentare i tempi

di costruzione dell’azione, difendere la palla e aspet-

tare che i propri compagni prendano possesso degli

spazi prima di tentare l’imbucata vincente.

Equilibrio, fisicità e controllo di palla: questi sono i nuo-

vi pilastri su cui si basa la rinnovata esperienza ludica

di Fifa 17.

Tutti in campo con PES 2017Dopo una serie di annate non propriamente esaltanti,

il gruppo guidato dal leggendario Shingo “Seabass”

Takatsuka ha deciso di intraprendere una grande ri-

monta, partendo dalle fondamenta del suo titolo cal-

cistico. Dal 2014 in poi Pro Evolution Soccer ha subito

un costante e netto miglioramento, che lo ha portato a

giocarsela ad armi pari con la squadra EA.

Cominciamo col dire che PES 2017, pad alla mano, è

un gioco dannatamente divertente. Occorrono giusto

una manciata di minuti per apprendere i rudimenti alla

base del sistema di gioco e, giunti alla terza partita, si

sarà già in grado di effettuare lanci millimetrici, giocate

da fenomeni e azioni corali in grado di far impallidire

l’odierno Barcellona.

L’ultima edizione del calcio Konami però, prova a pro-

porre quest’anno anche un’inedita visone tattica. In pra-

tica, grazie a un affinamento della caratteristica detta

Real Touch, il gioco è in grado di riprodurre fedelmente

i diversi stili nel controllo e nel passaggio della sfera,

donando ad ogni calciatore un peculiare approccio.

Gli arbitri sono meno permissivi che in passato e riesco-

no finalmente ad applicare in maniera soddisfacente la

regola del vantaggio, pur perdonando ancora ecces-

sivamente gli scontri fisici in area di rigore. Allo stesso

modo anche la situazione relativa all’intelligenza artifi-

ciale applicata ai portieri è andata incontro ad un netto

miglioramento e i difetti di controllo che si palesavano

nelle scorse edizioni impostando il Tiro Avanzato sono

oggi solo un lontano ricordo.

Ora è più facile colpire al volo la palla sotto porta e solo

raramente capiterà di trovarsi nella spiacevole situa-

zione di ammirare uno stop tanto bello quanto inutile,

anziché una conclusione a rete. Pur non presentando

la stessa profondità del rivale, le varie azioni corali non

hanno messo in mostra particolari svarioni, mentre per

quel che concerne il ritmo di gioco l’impressione è che

quest’ultimo PES si sia avvicinato ulteriormente alle

recenti versioni di FIFA, promuovendo un gioco meno

frenetico e molto più ragionato.

lab

video

segue a pagina 46

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MAGAZINEn.141 / 163 OTTOBRE 2016

Un passo alla volta verso la perfezioneSe da un lato il perfezionamento delle meccaniche di

gioco, unito all’implementazione di un inedito sistema

per i calci piazzati, riuscirà certamente nell’ardua im-

presa di donare un’anima differente a questa nuova

edizione di Fifa, dall’altro sembra ancora incapace di

gestire in maniera equilibrata gli scontri con altri avver-

sari umani.

I corner sono stati ripensati e offrono ora una sorta di

mirino da muovere per suggerire al giocatore calciante

la zona verso la quale indirizzare la palla. Allo stesso

modo, calci di rigore e punizioni prevedono dapprima

lo spostamento del calciatore, con la levetta analogica

destra e poi la gestione della direzione e dell’effetto

grazie allo stick sinistro. Una trovata sulla carta inte-

ressante, ma che rischia, soprattutto nelle sfide online,

di dare origine a gol “fotocopia” fin troppo frequenti.

Nelle fasi difensive, inoltre, è difficilissimo opporsi con

successo ad un giocatore veloce e tecnico, soprattutto

se intenzionato ad abusare del nuovo sistema di drib-

bling attivabile con un semplice movimento dell’analo-

gico di sinistra.

Anche sotto il profilo tecnico, l’edizione 2017 da adito a

qualche piccolissima lamentela. Una grandiosa visione

d’insieme viene lievemente rovinata, infatti, da sguardi

fin troppo vacui (più consoni ad uno zombi che non ad

un essere umano) e modelli facciali non sempre con-

vincenti. Quest’ultima deficienza, vero tallone di Achille

del calcio firmato EA, sembra però disporre quest’an-

no di una valenza minore. Molti dei calciatori presenti,

soprattutto quelli del campionato inglese, rispecchiano

alla perfezione le loro controparti reali, mentre solo

un ristretto numero riporta sulla maglia uno specifico

nome pur possedendo l’aspetto di un “perfetto scono-

sciuto”.

Nel complesso, comunque, non si può fare a meno

di notare texture definitissime, una cura per i dettagli

che sfocia tranquillamente nel maniacale (le scarpe,

così come le maglie, sono perfettamente riprodotte) e

una resa visiva superiore a quella dell’antagonista PES.

I colori sono vividi, gli spalti gremiti, le strutture poli-

gonali convincenti e una risoluzione nativa a 1080p a

60fps costanti mettono in luce l’enorme lavoro svolto

dai grafici di Electronic Arts.

Niente zombi in PES... Solo calciatoriPES 2017 pare essere il solito concentrato di giocabi-

lità, un concentrato tra l’altro in grado di infiammare,

come da tradizione, le serate con gli amici.

Dopo i primi trailer pubblicati, in molti hanno riposto le

proprie speranze in un nuovo e scintillante comparto

grafico. Purtroppo non possiamo esimerci dal “rifilare”

ai fan di Pro Evolution Soccer una piccola delusione: il

motore di gioco è infatti lo stesso della precedente edi-

zione e, nonostante l’implementazione di un sistema

di illuminazione lievemente migliore (in grado anche di

gestire alcune ombre dinamiche), l’impatto generale ri-

sulta molto meno devastante di quello firmato Fifa.

I modelli poligonali hanno assistito ad un piccolo mi-

glioramento, così come le animazioni e l’effetto appli-

cato alle divise, sempre pronte a seguire i movimenti

del corpo, ma stadi ancora una volta fin troppo scarni

e una palette cromatica slavata compromettono irri-

mediabilmente l’impatto generale. I calciatori invece

risultano davvero somiglianti alle loro controparti reali

e l’utilizzo di ombre dinamiche riesce a rendere i tanti

campioni presenti, non dei pupazzi sprovvisti di anima,

ma delle perfette repliche in miniatura.

Nonostante i difetti riscontrati, PES 2017 resta un titolo

piacevole alla vista, grazie anche a una risoluzione in

Full HD e ai 60 fps stabili, che scongiurano qualsivoglia

rallentamento. Decorosa anche la telecronaca affidata

al duo Caressa/Marchegiani, anche se non mancano

momenti in cui le frasi pronunciate sono poco coerenti

con quanto accade a schermo.

Un Viaggio indimenticabile?Il nuovo calcio di EA punta forte su un comparto grafico

quasi completamente rinnovato, grazie all’implementa-

zione del motore grafico Frostbite 3, ma la mossa vin-

cente del team canadese risiede nel grande numero di

modalità di gioco.

I calciatori virtuali possono affrontare le immancabili sfi-

de veloci, qualche torneo, provare a vincere la coppa

nel campionato Mondiale di calcio femminile o lasciarsi

ammaliare dall’ottima modalità Carriera, oggi imprezio-

sita da una gestione del calcio mercato più realistica e

meno legata al solo vile denaro. La novità più interes-

sante è data comunque dall’introduzione dell’inedita

modalità Il Viaggio.

Non disponibile nelle versioni PlayStation 3 e Xbox

360 del gioco, quest’ultima opzione offre la possibilità

di vivere una storia ricca di colpi di scena fuori e den-

tro il rettangolo di gioco, indossando gli scarpini di un

certo Alex Hunter: un candidato alla Premier League

deciso a lasciare il segno. Si potranno visitare così nuo-

vi scenari del mondo calcistico, incontrare personaggi

ricchi di sfaccettature, ribellarsi allo strapotere di un

José Mourinho fedelmente riprodotto e, prendendo

decisioni importanti, si vivranno gli alti e i bassi della

stagione inglese 2016/17.

È indubbio infine che anche la questione licenze gio-

chi un grosso punto a favore del calcio firmato EA, che

quest’anno con la Premier League ha svolto un lavoro

davvero incredibile, rendendo il campionato anglo-

sassone semplicemente straordinario da vivere e da

giocare. Alcuni piccoli miglioramenti dell’interfaccia in

gara, una fisica della palla che pare sprovvista di qual-

sivoglia sbavatura e l’immancabile Ultimate Team, che

riesce a fondere il gusto del giocare online contro av-

versari reali ad un sistema di crescita e sviluppo della

propria rosa, faranno la felicità degli innumerevoli tifosi

della squadra EA. Almeno per un altro anno.

Tra passato e presente Ecco il calcio KonamiPES 2017 non sembra essersi prefissato il compito di

stravolgere l’edizione precedente e, analizzando le va-

rie modalità di gioco, tale considerazione non può che

acquisire una valenza ancora maggiore.

Le opzioni ludiche sono infatti le stesse e, oltre alle

solite amichevoli e alle partite online (il netcode, rispet-

to agli scorsi anni, sembra sensibilmente migliorato), i

giocatori potranno dilettarsi con il Campionato Master,

con la modalità Diventa un Mito e con MyClub. Nel

complesso non si annoverano novità di sorta, anche se

diversi ritocchi qua e là ne hanno aggiustato le dinami-

che. Nel Campionato Master, ad esempio, i budget da

gestire sono ora due, uno per i trasferimenti e uno per

gli ingaggi, mentre la possibilità di modificare in corsa il

ruolo di un calciatore non viene preclusa.

Anche Stagioni e myClub, che di fatto sono le due mo-

dalità principali che poggiano sull’online, sono rimaste

sostanzialmente invariate. Va comunque sottolineato

con forza come PES 2017 sia un titolo principalmen-

te votato alle sfide contro altri giocatori umani. Gli

avversari governati dalla fredda CPU hanno infatti un

approccio fin troppo robotico alle varie situazioni e, an-

che ai massimi livelli di difficoltà, basta possedere un

minimo di “tecnica” pad alla mano per avere sempre

la meglio con molti gol di scarto. Bisogna considera-

re quindi se si preferisce il realismo marcato di FIFA

o questo pizzico di “arcade” che ancora caratterizza il

calcistico Konami.

I limiti più grossi di PES, in ogni caso, permangono e

quest’anno a un look troppo grezzo si sommano anche

modalità per singolo giocatore poco accattivanti e la

solita annosa questione delle licenze mancanti, arriva-

ta ad intaccare addirittura un team italiano molto noto

come la Juventus.

TEST

Meglio FIFA 17 o PES 2017? segue Da pagina 45

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MAGAZINEn.141 / 163 OTTOBRE 2016

di Francesco FIORILLO

D ovendo scegliere un unico aggettivo per descri-

vere l’ultimo racing game open world destinato

all’ecosistema Microsoft la scelta ricadrebbe,

senza ombra di dubbio, sul termine immenso. Proprio

come il suo predecessore ambientato nel Vecchio

Continente, il titolo sviluppato da Playground Games

offre uno sconfinato mondo aperto da esplorare alla

guida di una delle 350 auto disponibili e, nel farlo,

propone una moltitudine di gare ed eventi, strade da

scoprire, gioielli dimenticati da ritrovare, cartelloni da

distruggere e autovelox da far impazzire sfrecciando a

più di 250 chilometri orari.

Nessuna barriera invisibile: in Forza Horizon 3 il ciglio

della strada non rappresenta un limite e oltre alle im-

mancabili serpentine asfaltate, le nostre gomme po-

tranno battere anche sentieri sterrati, passare fra gli

alberi di un suggestivo sottobosco o lasciare il segno

sulle immacolate spiagge australiane.

L’approccio libero che da sempre accompagna la serie

tocca qui vette di assoluta eccellenza e per rendersi

conto dell’incredibile mole di contenuti presenti oc-

corre giusto una rapida occhiata alla mappa di gioco.

Dopo trenta ore di vagabondaggi, gare all’ultimo sor-

passo e sfide improbabili contro treni merci lanciati a

folle velocità e jeep sospese agganciate a elicotteri, le

dettagliate statistiche indicano un completamento vici-

no ad un misero 22%. Sembra quasi che gli sviluppatori

si siano prefissati l’arduo obbiettivo di superare, e forse

anche doppiare più volte, qualsiasi altro gioco di guida

pubblicato sino ad oggi.

Una gioia per occhi e polpastrelliIl secondo titolo legato al catalogo Xbox Play

Anywhere, che lo ricordiamo offre con una sola copia

digitale la possibilità di giocare sia su Xbox One sia su

PC con Windows 10, amplia e migliora tutto quel che

il già bellissimo precedente capitolo offriva. Il numero

delle auto è aumentato, così come la quantità di eventi

e gare, ma è proprio la vastità e la varietà visiva offerta

TEST Il titolo sviluppato da Playground Games offre uno sconfinato mondo da esplorare alla guida di una delle 350 auto disponibili

Abbiamo provato Forza Horizon 3, anche in HDR È davvero il miglior racing game in circolazione?In HDR il gioco offre una marcia in più, le immagine delle corse notturne e al tramonto godono di maggior dinamica

dal territorio australiano a lasciare letteralmente a boc-

ca aperta.

Abbandonate le strette vie di Nizza e le lussureggianti

colline toscane piene di vigneti, Forza Horizon 3 porta

i giocatori a scoprire le bellezze paesaggistiche pro-

prie della “terra dei canguri”. A bordo di una fiammante

Audi R8 V10 capiterà così di sfrecciare fra le vie della

Goald Coast, nota come il paradiso dei surfisti, seduti

su una Lamborghini Urus ci si potrà letteralmente per-

dere nei magnifici tramonti dei deserti centrali, mentre

qualcuno proverà anche a domare i cavalli imbizzarriti

della nuova Centenario LP fra le strette vie che tagliano

la foresta pluviale.

Lungo i tornanti che costeggiano l’oceano pacifico, fra

le strade sterrate dell’entroterra e per le alture rigoglio-

se solcate da incontaminati ruscelli, potremo girovaga-

re in lungo e in largo, correre come dei pazzi e gustarci

il panorama, veramente splendido, che il gioco regala

in ogni istante.

Graficamente, FH3 è una vera gioia per gli occhi e non

solo per l’altissima qualità dei modelli delle auto. Il det-

taglio degli scenari è infatti sempre elevatissimo, gli ef-

fetti di luce risultano dannatamente credibili e il meteo

dinamico, a cui si affianca un passaggio giorno/notte

davvero notevole, incrementa un risultato complessivo

già di grande impatto.

Il fatto che improvvisamente ci si possa trovare nel bel

mezzo di un temporale, con le condizioni di aderenza

della strada che cambiano radicalmente, denota l’in-

credibile livello raggiunto dallo sviluppatore inglese.

Tanta beltà grafica, fortunatamente, è accompagnata

da un impianto ludico privo di sbavature. Come da

tradizione, il modello di guida prende le componenti

simulative del “fratello serio” Forza Motorsport e le in-

terpreta in chiave arcade, senza arrivare però ad infi-

ciarne la profondità.

Il controllo è estremamente preciso, permette di “sen-

tire” la macchina sotto il pollice dello stick sinistro del

pad e, proprio come nella realtà, disabilitando gli aiuti

alla trazione o quelli alla stabilità si arriva a modificare

sensibilmente sia il feeling di guida, sia la difficoltà del

gioco. La varietà dei terreni australiani metterà comun-

que a dura prova le abilità di ogni provetto pilota vir-

tuale e se l’asfalto offrirà una specifica risposta, la terra

rossa e la sabbia faranno altrettanto. Senza dimentica-

re poi le precipitazioni piovose che, oltre a sentirsi sot-

segue a pagina 48

lab

video

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n.141 / 163 OTTOBRE 2016

to le ruote, aggiungeranno un discreto impedimento

alla visibilità generale.

Chi è da sempre affezionato alla certosina qualità della

simulazione firmata Turn 10 sarà felice di sapere che

anche in Forza Horizon 3 l’assetto della propria vettura

è regolabile a piacimento, in tutti i suoi parametri, dalla

pressione dei pneumatici, al rapporto della trasmissio-

ne, passando per la regolazione della campanatura e

la gestione del differenziale.

A tutto questo si aggiungono poi i potenziamenti e gli

upgrade per ogni vettura e un’intelligenza artificiale dei

nostri avversari, ancora una volta legata all’ormai col-

laudato sistema dei Drivatar, che sfrutta i parametri dei

giocatori veri per poi applicarli alle tante auto presenti

sulle strade australiane.

Benvenuti al festival Horizon più ambizioso di sempreArrivati sin qui con la lettura avrete di certo compreso

la bontà di quest’ultima esclusiva Xbox, ma Forza Ho-

rizon 3 riesce anche nel difficile intendo di assemblare

una modalità carriera davvero convincente.

Dopo aver scelto il proprio altro io virtuale, che per la

prima volta può essere maschio o femmina, ci si ritrova

alle prese con l’incombete necessità di organizzare e

far crescere, correndo in giro per l’Australia, l’Horizon

Festival. Come sempre spetterà la giocatore il com-

pito di far schizzare alle stelle la fama di questa sorta

di Woodstock dei motori, siglando accordi con nuove

radio, sbloccando siti per altre sedi, organizzando vere

e proprie sfide (da condividere anche online con altri

corridori) e, ovviamente, vincendo tutti i nuovi eventi

che pian piano appariranno sulla mastodontica mappa

di gioco. Ancora una volta i Punti Esperienza, che si

conquistano soprattutto durante le gare, permettono di

salire di livello e sbloccare così nuovi elementi di gioco

e campionati, mentre i punti abilità legati alle capaci-

tà di guida (sorpassi, traiettorie pulite, derapate, curve

impeccabili ecc.) garantisco vantaggi che consentono

di accumulare punti più rapidamente o ottenere sconti

negli autosaloni.

Le Sfide Imperdibili sparse per il mondo di gioco e le

gare clandestine da vivere in notturna, scongiurano il

pericoloso spettro della noia, grazie ai loro peculiari

obiettivi, mentre tutta una serie di elementi da scovare

faranno la felicità dei giocatori più esigenti.

Vetture d’epoca consumate dalla ruggine andranno

prima trovate in qualche fienile abbandonato e poi

restaurate, mentre un numero infinito di insegne, una

volta demolite, sbloccheranno il “viaggio rapido” gra-

tuito tra le sedi dei festival o, ancora, incrementeranno

l’acquisizione dei punti esperienza.

Ma solo quando vi ritroverete a correre come folli

a bordo delle più costose hypercar, a derapare sulla

spiaggia nelle prime ore del giorno, a scorrazzare in

mezzo ai campi o proverete a catturare lo scatto perfet-

to, tramite l’ottima e completa modalità foto, è li che vi

renderete finalmente conto della immensità di questo

spettacolare racing game.

4K e HDR: una corsa indimenticabile?Non ci siamo ovviamente lasciati scappare l’opportuni-

tà di provare anche l’HDR su una Xbox One S, e per

farlo abbiamo scelto anche un TV che sicuramente

valorizza al massimo il contenuto ad alta dinamica, un

OLED LG da 65” B6. Dopo qualche capriccio iniziale,

con l’HDR che non voleva inserirsi (abbiamo dovuto

riavviare TV e console) siamo finalmente riusciti a far

riconoscere l’HDR alla TV, che ha recepito i metadati

nel segnale HDMI e si è adattata di conseguenza cari-

cando il preset immagine, dedicato appunto ai segnali

HDR.

Collegando il TV alla console l’utente può selezionare

anche la profondità colore dell’uscita: selezionando 8

bit si lascia la modalità nativa del gioco, mentre im-

postando 10 bit la console effettuerà un upsampling

cromatico. Come avevamo avuto modo di scrivere

parlando dell’HDR e della PS4, anche nel caso del-

l’Xbox One i giochi sono realizzati a 8 bit senza wide

color gamut, quindi è preferibile tenere l’impostazione

8 bit anche se il pannello supporta i 10. Impostando

l’upsampling cromatico infatti l’immagine su Forza Ho-

rizon ci è parsa meno realistica.

Passando al gioco sicuramente l’HDR in alcune scene

offre una marcia in più: corse notturne e al tramonto

godono di maggior dinamica, apprezzabile soprattutto

sui riflessi della carrozzeria e sull’asfalto. Di contro in

molte scene diurne la luminosità più elevata dell’HDR

porta a bruciare un po’ i bianchi, e l’effetto è ben visi-

bile sulle nuvole in cielo, sui palazzi a bordo strada e

sui cartelli. Nonostante questo in ogni caso l’immagine

gode di maggior realismo, perde un po’ di precisione,

ma migliora la naturalezza, anche se a scapito di qual-

che dettaglio.

Forza Horizon 3 è comunque uno dei primi titoli a sup-

portare questa modalità e i programmatori hanno co-

munque fatto un buon lavoro, soprattutto se si consi-

dera che il supporto nativo a 10 bit, indispensabile per

poter rendere al meglio le sfumature, non è presente.

E’ comunque una questione di punti di vista e chi pos-

siede un TV HDR, senza dubbio, deve provare questa

modalità, magari confrontandola con quella classica

(l’HDR si può disattivare nel pannello impostazioni

di Xbox). Chiudendo un occhio su qualche dettaglio

“mangiato” dall’elevata luminosità e su qualche imper-

fezione di troppo negli scenari, qualcuno potrebbe tro-

vare molto più piacevole la modalità ad alta dinamica,

così come potrebbe preferire la versione orfana del-

l’HDR, caratterizzata da una migliore pulizia grafica.

TEST

Forza Horizon 3 segue Da pagina 47

MAGAZINE

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MAGAZINEn.141 / 163 OTTOBRE 2016

di Roberto PEZZALI

Q uando metti insieme un videogioco semplice

e ben fatto ai mattoncini più famosi del mon-

do il risultato non può che essere esplosivo:

arriva anche in Italia Lego Dimensions, il toys-to-

life costruito attorno al mondo Lego che aveva già

debuttato in Usa e in Europa. Lego Dimensions è

uno di quei giochi sulla falsariga di Infinity Disney e

Skylanders: con 79 euro si porta a casa il kit base

che include un’avventura completa e una serie di

personaggi, ma è evidente che quella sarà solo la

spesa iniziale. Avventure, personaggi e mondi nuovi

sono disponibili acquistando nei negozi i Fun Pack,

Character Pack e Level Pack, dai 15 ai 25 euro di

spesa per ogni pacchetto.

ll vantaggio, in questo caso, è trovarsi di fronte ai

Lego, i mattoncini più famosi al mondo: come il gio-

co ruota attorno al mondo delle costruzioni, anche i

personaggi, lo stesso portale e i veicoli per comple-

tare le avventure sono Lego da costruire. È il gioco

stesso a guidare il giocatore nella costruzione passo

passo del portale, nel posizionamento degli elemen-

ti recuperati nel gioco e nella costruzione dei veicoli,

che possono anche essere smontati e potenziati se-

guendo le indicazioni a schermo: si gioca con il pad

ma si gioca anche con la base e con le costruzioni.

TEST Un portale da costruire e tutti i personaggi più amati di Warner si incontrano in un nuovo gioco multi piattaforma

Lego Dimensions, il videogioco sposa i mattoncini Finalmente disponibile in Italia e noi lo abbiamo provato: bella grafica, tante missioni e personaggi, dai Simpson a Batman

Destinato ai più piccoli ma si divertono tuttiIl gioco è davvero ben fatto, ovvia-

mente localizzato in italiano: all’in-

terno trovano spazio tutti i perso-

naggi del mondo Warner, molti

dei quali però vanno acqui-

stati a parte: nel kit infatti

si gioca con Wildstyle, Bat-

man e Gandalf, un inedito

trio che dovrà scoprire cosa

è successo a Robin, Frodo

e Barbacciaio misteriosamente

spariti in un vortice spazio temporale.

Attorno al portale dimensionale si sno-

dano le varie avventure, con le missioni di gioco che

partono dal meraviglioso mondo del mago di Oz per

arrivare ai Simpson e ad altre ambientazioni celebri.

La grafica è ben fatta e soprattutto decisamente poco

noiosa: ogni mondo una una connotazione grafica che

lo distingue e l’unica costante sono i personaggi fatti

di Lego. Siamo davanti ad un gioco destinato ai piccoli,

abbastanza semplice nelle prime fasi ma impegnativo

a tratti anche dal secondo livello: la sconfitta in ogni

caso non è prevista, si può tentare e ritentare infini-

te volte fino a quando non si è riuscito a sconfiggere

il boss o a passare un determinato enigma. Rispetto

a giochi con una base attiva, come Infinity e Skylan-

ders, Dimensions offre qualche

spunto interessante riuscendo

a sfruttare la base anche come

piattaforma di gioco: per muover-

si all’interno dei portali di

teletrasporto infatti si

devono fisicamente

spostare i per-

sonaggi nelle

varie zone

della base, e

soprattutto du-

rante i combattimenti può

capitare di dover muovere da un posto

ad un altro della piattaforma un personaggio intrap-

polato. Un sistema magari scomodo per chi è seduto

a giocare e si deve alzare di continuo per muovere i

personaggi, ma almeno Dimensions ha dato un senso

a questa piattaforma che negli altri giochi sembra solo

una base di appoggio.

Un bel gioco nemico del portafogliDimensions è un ottimo gioco per i piccoli, dal punto

di vista del gameplay ricalca più o meno le altre av-

venture Lego realizzate da Warner. La scatola indica

dai 7 anni in su, ma un bambino di 5 anni ci gioca

senza problemi se affiancato dal padre in modalità

spalti screen, fissa o dinamica. I dialoghi sono sem-

plici, anche se l’ironia dietro alcune citazioni potrà

essere colta solo da chi ha una certa esperienza con

i personaggi del gioco. Il problema, come sempre, è

il costo: il gioco costa come gli altri giochi, e ovvia-

mente offre molto di più perché nella scatola c’è un

portale Lego da costruire oltre a una Batmobile e a

3 personaggi, ma bisogna mettere in conto di com-

prare anche qualche altro pacchetto extra. Non sono

indispensabili, sia chiaro, ma scatta subito l’istinto di

collezione quando si vedono nel negozio i pacchetti

dedicati ai Ghostbuster o a Scooby Doo.

lab

video