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3 maggio 2020 IV DOMENICA DI PASQUA Carissimi, siamo arrivati alla quarta domenica di Pasqua, sì ancora Pasqua! Gesù è presente, vivo, in mezzo ai suoi discepoli. Ogni anno questa domenica ha due ca- ratteristiche, strettamente legate tra loro. 1. Innanzitutto è la domenica del Buon Pastore. Il Risorto si presenta sotto una immagine che per noi oggi è abbastanza lontana (difficile vedere greggi di pecore in giro per Mestre…), ma che per lui e i suoi discepoli era cosa quotidiana: Israele era un popolo di pastori. Il capitolo 10 del Vangelo di Giovanni riporta tutto il discorso di Gesù sul buon pastore; se lo leggiamo per intero (fatelo: vale la pena), ci accorgiamo che ci sono diverse similitudini. Nei versetti che leggiamo oggi ce n’è una decisamente particolare. A un certo punto Gesù dice: “Io sono la porta”. Che cosa significa? Dobbiamo pensare a che cosa serve una porta: sia essa grande o piccola, di legno o di metallo, a una o due ante… ogni porta ha al- meno due funzioni: lasciare passare qualcuno, lasciare fuori altri. La porta per- mette di accedere dall’esterno all’interno, e viceversa; permette di passare da una stanza all’altra; impedisce l’accesso ai malintenzionati, ma anche permette di accogliere gli amici… Che tragedia quando perdiamo le chiavi della porta… e siamo fuori! La porta può essere aperta o chiusa: e così diventa anche il simbolo del nostro modo di vivere, del nostro modo di pensare (bello incontrare una “mente aperta”, ma se invece uno è un “portone”…). Da diverse settimane le nostre porte di casa sono chiuse, e non vediamo l’ora che si aprano. Quanta attesa di uscire, di riprendere. Stiamo aspettando che le saracinesche dei negozi si rialzino, che i cancelli delle fabbriche e delle aziende si spalanchino per ricominciare a lavorare. Si aspetta anche che le porte delle chiese lascino entrare i fedeli (a dire il vero con un po’ di confusione: le porte non sono mai state chiuse e la vita di fede non è mai cessata). In questo conte- sto, oggi, Gesù ci dice: “Io sono la porta”. Non è un caso. Mi azzardo ad interpre- tare così: “Da che porta usciremo di casa per tornare… nel mondo?”. Mi spiego. All’inizio della pandemia ci sono state diverse voci che leggevano gli accadi- menti come una occasione per cambiare, per mettere da parte gli errori fatti, per dare inizio a una svolta in vista di un mondo migliore, più giusto, più solidale… Che fine hanno fatto queste voci? Oggi sembra che l’unica preoccupazione sia quella di ritornare a quello che si faceva il più presto possibile, dimenticando semplicemente questa “brutta parentesi”. Certo, il problema economico è

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3 maggio 2020

IV DOMENICA DI PASQUA

Carissimi,

siamo arrivati alla quarta domenica di Pasqua, sì ancora Pasqua! Gesù è

presente, vivo, in mezzo ai suoi discepoli. Ogni anno questa domenica ha due ca-

ratteristiche, strettamente legate tra loro.

1. Innanzitutto è la domenica del Buon Pastore. Il Risorto si presenta sotto

una immagine che per noi oggi è abbastanza lontana (difficile vedere greggi di

pecore in giro per Mestre…), ma che per lui e i suoi discepoli era cosa quotidiana:

Israele era un popolo di pastori. Il capitolo 10 del Vangelo di Giovanni riporta

tutto il discorso di Gesù sul buon pastore; se lo leggiamo per intero (fatelo: vale

la pena), ci accorgiamo che ci sono diverse similitudini. Nei versetti che leggiamo

oggi ce n’è una decisamente particolare. A un certo punto Gesù dice: “Io sono la

porta”. Che cosa significa? Dobbiamo pensare a che cosa serve una porta: sia

essa grande o piccola, di legno o di metallo, a una o due ante… ogni porta ha al-

meno due funzioni: lasciare passare qualcuno, lasciare fuori altri. La porta per-

mette di accedere dall’esterno all’interno, e viceversa; permette di passare da

una stanza all’altra; impedisce l’accesso ai malintenzionati, ma anche permette

di accogliere gli amici… Che tragedia quando perdiamo le chiavi della porta… e

siamo fuori! La porta può essere aperta o chiusa: e così diventa anche il simbolo

del nostro modo di vivere, del nostro modo di pensare (bello incontrare una

“mente aperta”, ma se invece uno è un “portone”…).

Da diverse settimane le nostre porte di casa sono chiuse, e non vediamo l’ora

che si aprano. Quanta attesa di uscire, di riprendere. Stiamo aspettando che le

saracinesche dei negozi si rialzino, che i cancelli delle fabbriche e delle aziende si

spalanchino per ricominciare a lavorare. Si aspetta anche che le porte delle

chiese lascino entrare i fedeli (a dire il vero con un po’ di confusione: le porte

non sono mai state chiuse e la vita di fede non è mai cessata). In questo conte-

sto, oggi, Gesù ci dice: “Io sono la porta”. Non è un caso. Mi azzardo ad interpre-

tare così: “Da che porta usciremo di casa per tornare… nel mondo?”. Mi spiego.

All’inizio della pandemia ci sono state diverse voci che leggevano gli accadi-

menti come una occasione per cambiare, per mettere da parte gli errori fatti, per

dare inizio a una svolta in vista di un mondo migliore, più giusto, più solidale…

Che fine hanno fatto queste voci? Oggi sembra che l’unica preoccupazione sia

quella di ritornare a quello che si faceva il più presto possibile, dimenticando

semplicemente questa “brutta parentesi”. Certo, il problema economico è

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urgente, non lo si può negare… ma che porta attraversiamo per risolverlo? Pas-

siamo attraverso le (cattive) usanze di prima, dove i ricchi sono sempre più ricchi

e i poveri sempre più poveri? Come sarà gestita questa crisi economica mondiale

che abbiamo davanti agli occhi… passiamo attraverso le stesse gelosie, inganni,

frodi? Torniamo alla vita civile e sociale, passando per la porta dell’egoismo, più

imbarbariti di prima? Arrabbiati, incattiviti, pieni solo di interessi di parte? Le

premesse che vediamo non sono proprio tra le migliori…

In questo contesto Gesù ci dice “Io sono la porta”. Ma non si ferma qui. In-

nanzitutto ci dice di stare bene attenti, di non esser sciocchi, di non essere peco-

roni che vanno dietro a tutti: esistono “i ladri e i briganti”, che sono bravi a trave-

stirsi da pastori… ma non lo sono: non lasciamoli entrare! Ma Gesù ci dice anche

verso dove va la porta che è lui: “se uno entra attraverso di me, sarà salvato; en-

trerà e uscirà e troverà pascolo”. Passare attraverso Gesù è l’unica via di sal-

vezza; è garanzia di trovare vita vera; è l’unico modo per non inaridire se stessi e

il mondo intero; è l’unico modo per tornare alla vita… vivendo!

Come si fa a “passare attraverso Gesù”? Se lui è la porta, quello deve essere il

passaggio obbligato per ciò che entra ed esce: tutto quello che entra nella nostra

vita (pensieri, parole, azioni…) va “filtrato” attraverso di lui, così come tutto

quello che esce da noi (pensieri, parole, azioni, desideri, sentimenti…) va fatto

passare attraverso di lui, la sua Parola, la preghiera. Se lo facciamo davvero, sco-

priamo che possiamo essere purificati da tante cose cattive che ci portiamo die-

tro e scopriamo di ricevere tante forze buone che producono vita e non morte.

Cominciamo allora ad allentare la quarantena. Certo va bene… ma per uscire

di casa, passiamo per la porta giusta: non quella che ci riconduce dove eravamo

prima, ma quella che dà sulla vita vera, Gesù.

Nota Bene: il Salmo ci assicura: “Anche se vado per una valle oscura, non

temo alcun male, perché tu sei con me”. Da capire bene: non significa diventare

sprovveduti e mettere alla prova Dio (“la fede è più forte del virus”), bensì signi-

fica fidarsi di lui in qualsiasi circostanza.

2. Ci sarebbe poi l’altra caratteristica: la quarta domenica di Pasqua è sempre

dedicata alla Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni… ma su questo la-

scio la parola a papa Francesco che ci ha scritto un messaggio importante pro-

prio su questo. Lo allego al foglietto, per leggerlo e meditarlo con calma.

Buon tempo pasquale a tutti!

Don Corrado

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IV DOMENICA DI PASQUA 57^ Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni

Colletta O Dio, nostro Padre, che nel tuo Figlio ci hai riaperto la porta della salvezza, infondi in noi la sapienza dello Spirito, perché fra le insidie del mondo sappiamo riconosce-re la voce di Cristo, buon pastore, che ci dona l’abbondanza della vita. Egli è Dio, e vive e regna con te... Amen.

Prima lettura Dagli Atti degli Apostoli (At 2,14.36-41)

[Nel giorno di Pentecoste,] Pietro con gli Undici si alzò in piedi e a voce alta parlò così: «Sappia con certezza tutta la casa d’Israele che Dio ha costituito Signore e Cri-sto quel Gesù che voi avete crocifisso». All’udire queste cose si sentirono trafiggere il cuore e dissero a Pietro e agli altri apostoli: «Che cosa dobbiamo fare, fratelli?». E Pietro disse loro: «Convertitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per il perdono dei vostri peccati, e riceverete il dono dello Spirito San-to. Per voi infatti è la promessa e per i vostri figli e per tutti quelli che sono lontani, quanti ne chiamerà il Signore Dio nostro». Con molte altre parole rendeva testimonianza e li esortava: «Salvatevi da questa ge-nerazione perversa!». Allora coloro che accolsero la sua parola furono battezzati e quel giorno furono aggiunte circa tremila persone.

Parola di Dio. Rendiamo grazie a Dio.

Salmo responsoriale Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla. (Sal 22)

Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla. Su pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce. Rinfranca l’anima mia.

Mi guida per il giusto cammino a motivo del suo nome. Anche se vado per una valle oscura, non temo alcun male, perché tu sei con me. Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza.

Davanti a me tu prepari una mensa sotto gli occhi dei miei nemici. Ungi di olio il mio capo; il mio calice trabocca.

Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne tutti i giorni della mia vita, abiterò ancora nella casa del Signore per lunghi giorni.

PARROCCHIA SAN PIETRO ORSEOLO viale don Luigi Sturzo, 21 - 30174 Mestre VE

www.sanpietroorseolo.it tel. 041 8011245 — [email protected]

3 maggio 2020

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Seconda lettura Dalla prima lettera di san Pietro apostolo (1Pt 2,20b-25)

Carissimi, se, facendo il bene, sopporterete con pazienza la sofferenza, ciò sarà gra-dito davanti a Dio. A questo infatti siete stati chiamati, perché anche Cristo patì per voi, lasciandovi un esempio, perché ne seguiate le orme: egli non commise peccato e non si trovò inganno sulla sua bocca; insultato, non rispondeva con insulti, mal-trattato, non minacciava vendetta, ma si affidava a colui che giudica con giustizia. Egli portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce, perché, non vivendo più per il peccato, vivessimo per la giustizia; dalle sue piaghe siete stati guariti. Eravate erranti come pecore, ma ora siete stati ricondotti al pastore e custode delle vostre anime.

Parola di Dio. Rendiamo grazie a Dio.

Canto al Vangelo Alleluia, alleluia. Io sono il buon pastore, dice il Signore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me. Alleluia.

Vangelo Dal Vangelo secondo Giovanni. Gloria a te, o Signore. (Gv 10,1-10)

In quel tempo, Gesù disse: «In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei». Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro. Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza».

Parola del Signore. Lode a te, o Cristo.

Preghiera universale A Gesù risorto affidiamo il popolo cristiano e il mondo intero. Lo invochiamo: Ge-sù, buon Pastore, ascoltaci. 1. Signore Gesù, ti preghiamo per Papa Francesco, per i vescovi e per tutti coloro

che hai costituito pastori della Chiesa: rendili attenti e saggi, premurosi e corag-giosi, ti preghiamo.

2. Signore Gesù, donaci nuove vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata, rendi generoso il cuore di quanti chiami ad una più grande consacrazione per servire il Vangelo perché ogni comunità cristiana sia accompagnata dal ministero del sacer-dote, ti preghiamo.

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3. Signore Gesù, guarda quanti si scoraggiano di fronte alle sofferenze e alle diffi-coltà: dona loro di sopportare con pazienza ogni dolore e ogni angustia, guardan-do a te che hai patito per noi, lasciandoci un esempio, ti preghiamo.

4. Signore Gesù, custodisci le nostre famiglie e fa’ che siano luogo in cui si impara giorno per giorno a seguire la tua chiamata, qualunque essa sia, ti preghiamo.

Gesù Risorto, accompagnaci, con la tua presenza e la tua guida, e fa’ che non ci la-sciamo mai distrarre da altre voci, ma seguiamo soltanto te e la tua parola di vita eterna. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli. Amen.

Preghiera per le Vocazioni (57^ Giornata Mondiale) Signore Gesù, incontrare te

è lasciare che il tuo sguardo ci raggiunga lì dove ci siamo nascosti.

Solo i tuoi occhi vedono e amano tutto di noi: donaci la luce del tuo Spirito

perché guardando te conosciamo il nostro vero volto di figli amati.

Signore Gesù, scegliere te è lasciare che tu vinca

l’amarezza delle nostre solitudini e la paura delle nostre fragilità;

solo con te la realtà si riempie di vita.

Insegnaci l’arte di amare: avventura possibile perché tu sei in noi e con noi.

Signore Gesù, seguire te è far sbocciare sogni e prendere decisioni:

è darsi al meglio della vita.

Attiraci all’incontro con te e chiamaci a seguirti per ricevere da te il regalo della vocazione:

crescere, maturare e divenire dono per gli altri.

Amen.

MESE DI MAGGIO: CORONA-VIDEO

In modo nuovo preghiamo insieme il rosario:

MERCOLEDÌ e VENERDÌ ore 21.00 su www.sanpietroorseolo.it

Collabora anche tu… come? Invia a don Corrado la tua Ave Maria registrata; Il tuo disegno, composizione, foto, scritta di commento a un mi-

stero del rosario

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Preghiera del Patriarca alla Madonna della salute

Madonna della Salute, Vergine potente, Madre amorevolissima,

come tuoi figli ritorniamo a te, a te ci rivolgiamo

per affidarci alla tua materna protezione.

Facciamo memoria dei tanti benefici che mai hai fatto mancare a chi, con fede, amore e cuore contrito, ti ha invocata come sua Madre.

Soccorrici ancora una volta, manifesta la tua onnipotenza supplice

e invoca da Gesù tuo Figlio, nostro Santissimo Redentore, la salute, la salvezza e la pace

a tutto il suo popolo.

Madonna della Salute, consacriamo al tuo Cuore Immacolato

la città di Venezia e le nostre terre venete.

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Il messaggio di Papa Francesco

per la 57a Giornata Mondiale

di Preghiera per le Vocazioni

3 maggio 2020

DIOCESI PATRIARCATO DI VENEZIA

Centro Diocesano Vocazioni

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Cari fratelli e sorelle!

Il 4 agosto dello scorso anno, nel 160° anniversario della morte del santo Curato d’Ars, ho voluto offrire una Lettera ai sacerdoti, che ogni giorno spendono la vita per la

chiamata che il Signore ha rivolto loro, al servizio del Popolo di Dio.

In quell’occasione, ho scelto quattro parole-chiave – dolore, gratitudine, coraggio e lo-

de – per ringraziare i sacerdoti e sostenere il loro ministero. Ritengo che oggi, in que-sta 57ª Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, quelle parole si possano ri-

prendere e rivolgere a tutto il Popolo di Dio, sullo sfondo di un brano evangelico che ci

racconta la singolare esperienza capitata a Gesù e Pietro durante una notte di tempe-

sta sul lago di Tiberiade (cfr Mt 14,22-33).

Dopo la moltiplicazione dei pani, che aveva entusiasmato la folla, Gesù ordina ai suoi

di salire sulla barca e di precederlo all’altra riva, mentre Egli avrebbe congedato la gen-

te. L’immagine di questa traversata sul lago evoca in qualche modo il viaggio della

nostra esistenza. La barca della nostra vita, infatti, avanza lentamente, sempre inquieta perché alla ricerca di un approdo felice, pronta ad affrontare i rischi e le opportunità

del mare, ma anche desiderosa di ricevere dal timoniere una virata che conduca final-

mente verso la giusta rotta. Talvolta, però, le può capitare di smarrirsi, di lasciarsi ab-

bagliare dalle illusioni invece che seguire il faro luminoso che la conduce al porto sicu-

ro, o di essere sfidata dai venti contrari delle difficoltà, dei dubbi e delle paure.

Succede così anche nel cuore dei discepoli, i quali, chiamati a seguire il Maestro di

Nazaret, devono decidersi a passare all’altra riva, scegliendo con coraggio di abbando-

nare le proprie sicurezze e di mettersi alla sequela del Signore. Questa avventura non

è pacifica: arriva la notte, soffia il vento contrario, la barca è sballottata dalle onde, e la

paura di non farcela e di non essere all’altezza della chiamata rischia di sovrastarli.

Il Vangelo ci dice, però, che nell’avventura di questo non facile viaggio non siamo soli.

Il Signore, quasi forzando l’aurora nel cuore della notte, cammina sulle acque agitate e

raggiunge i discepoli, invita Pietro ad andargli incontro sulle onde, lo salva quando lo

vede affondare, e infine sale sulla barca e fa cessare il vento.

La prima parola della vocazione, allora, è gratitudine. Navigare verso la rotta giusta non

è un compito affidato solo ai nostri sforzi, né dipende solo dai percorsi che scegliamo

di fare. La realizzazione di noi stessi e dei nostri progetti di vita non è il risultato mate-

matico di ciò che decidiamo dentro un “io” isolato; al contrario, è prima di tutto la rispo-sta a una chiamata che ci viene dall’Alto. È il Signore che ci indica la riva verso cui an-

dare e che, prima ancora, ci dona il coraggio di salire sulla barca; è Lui che, mentre ci

chiama, si fa anche nostro timoniere per accompagnarci, mostrarci la direzione, impe-

dire che ci incagliamo negli scogli dell’indecisione e renderci capaci perfino di cammi-

nare sulle acque agitate.

Ogni vocazione nasce da quello sguardo amorevole con cui il Signore ci è venuto incon-

tro, magari proprio mentre la nostra barca era in preda alla tempesta. «Più che una

nostra scelta, è la risposta alla chiamata gratuita del Signore» (Lettera ai sacerdoti, 4 agosto 2019); perciò, riusciremo a scoprirla e abbracciarla quando il nostro cuore si

aprirà alla gratitudine e saprà cogliere il passaggio di Dio nella nostra vita.

Quando i discepoli vedono Gesù avvicinarsi camminando sulle acque, inizialmente pen-

sano che si tratti di un fantasma e hanno paura. Ma subito Gesù li rassicura con una

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parola che deve sempre accompagnare la nostra vita e il nostro cammino vocazionale:

«Coraggio, sono io, non abbiate paura!» (v. 27). Proprio questa è la seconda parola

che vorrei consegnarvi: coraggio.

Ciò che spesso ci impedisce di camminare, di crescere, di scegliere la strada che il Si-

gnore traccia per noi sono i fantasmi che si agitano nel nostro cuore. Quando siamo

chiamati a lasciare la nostra riva sicura e abbracciare uno stato di vita – come il matri-monio, il sacerdozio ordinato, la vita consacrata –, la prima reazione è spesso rappre-

sentata dal “fantasma dell’incredulità”: non è possibile che questa vocazione sia per

me; si tratta davvero della strada giusta? Il Signore chiede questo proprio a me?

E, via via, crescono in noi tutte quelle considerazioni, quelle giustificazioni e quei calcoli che ci fanno perdere lo slancio, ci confondono e ci lasciano paralizzati sulla riva di par-

tenza: crediamo di aver preso un abbaglio, di non essere all’altezza, di aver semplice-

mente visto un fantasma da scacciare.

Il Signore sa che una scelta fondamentale di vita – come quella di sposarsi o consa-crarsi in modo speciale al suo servizio – richiede coraggio. Egli conosce le domande, i

dubbi e le difficoltà che agitano la barca del nostro cuore, e perciò ci rassicura: “Non

avere paura, io sono con te!”. La fede nella sua presenza che ci viene incontro e ci ac-

compagna, anche quando il mare è in tempesta, ci libera da quell’accidia che ho già

avuto modo di definire «tristezza dolciastra» (Lettera ai sacerdoti, 4 agosto 2019), cioè quello scoraggiamento interiore che ci blocca e non ci permette di gustare la bel-

lezza della vocazione.

Nella Lettera ai sacerdoti ho parlato anche del dolore, ma

qui vorrei tradurre diversamente questa parola e riferirmi alla fatica. Ogni vocazione comporta un impegno. Il Signo-

re ci chiama perché vuole renderci come Pietro, capaci di

“camminare sulle acque”, cioè di prendere in mano la no-

stra vita per metterla al servizio del Vangelo, nei modi con-creti e quotidiani che Egli ci indica, e specialmente nelle

diverse forme di vocazione laicale, presbiterale e di vita

consacrata. Ma noi assomigliamo all’Apostolo: abbiamo

desiderio e slancio, però, nello stesso tempo, siamo se-

gnati da debolezze e timori.

Se ci lasciamo travolgere dal pensiero delle responsabilità

che ci attendono – nella vita matrimoniale o nel ministero sacerdotale – o delle avversi-

tà che si presenteranno, allora distoglieremo presto lo sguardo da Gesù e, come Pietro,

rischieremo di affondare. Al contrario, pur nelle nostre fragilità e povertà, la fede ci per-mette di camminare incontro al Signore Risorto e di vincere anche le tempeste. Lui in-

fatti ci tende la mano quando per stanchezza o per paura rischiamo di affondare, e ci

dona lo slancio necessario per vivere la nostra vocazione con gioia ed entusiasmo.

Infine, quando Gesù sale sulla barca, il vento cessa e le onde si placano. È una bella immagine di ciò che il Signore opera nella nostra vita e nei tumulti della storia, special-

mente quando siamo nella tempesta: Egli comanda ai venti contrari di tacere, e le for-

ze del male, della paura, della rassegnazione non hanno più potere su di noi.

Nella specifica vocazione che siamo chiamati a vivere, questi venti possono sfiancarci.

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Penso a coloro che assumono importanti compiti nella società civile, agli sposi che non

a caso mi piace definire “i coraggiosi”, e specialmente a coloro che abbracciano la vita consacrata e il sacerdozio. Conosco la vostra fatica, le solitudini che a volte appesanti-

scono il cuore, il rischio dell’abitudine che pian piano spegne il fuoco ardente della

chiamata, il fardello dell’incertezza e della precarietà dei nostri tempi, la paura del futu-

ro. Coraggio, non abbiate paura! Gesù è accanto a noi e, se lo riconosciamo come

unico Signore della nostra vita, Egli ci tende la mano e ci afferra per salvarci.

E allora, pur in mezzo alle onde, la nostra vita si apre alla lode. È questa l’ultima parola

della vocazione, e vuole essere anche l’invito a coltivare l’atteggiamento interiore di

Maria Santissima: grata per lo sguardo di Dio che si è posato su di lei, consegnando nella fede le paure e i turbamenti, abbracciando con coraggio la chiamata, Ella ha fatto

della sua vita un eterno canto di lode al Signore.

Carissimi, specialmente in questa Giornata, ma anche nell’ordinaria azione pastorale

delle nostre comunità, desidero che la Chiesa percorra questo cammino al servizio delle vocazioni, aprendo brecce nel cuore di ogni fedele, perché ciascuno possa sco-

prire con gratitudine la chiamata che Dio gli rivolge, trovare il coraggio di dire “sì”, vin-

cere la fatica nella fede in Cristo e, infine, offrire la propria vita come cantico di lode

per Dio, per i fratelli e per il mondo intero. La Vergine Maria ci accompagni e interceda

per noi.

Roma, San Giovanni in Laterano, 8 marzo 2020, II Domenica di Quaresima