3 - Capitolo 3 l'Alta Moda
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III. L’ALTA MODA
III.1. LA MODA BORGHESE
La classe sociale Borghese si è pienamente affermata nella società nel corso dell’Ottocento,
pertanto ha avuto bisogno di darsi un’identità sociale specifica, distinguendosi per il suo modo di
vestire dall’operaio e dal contadino, ma anche dall’aristocratico e dal borghese terriero. I borghesi
tentavano di far dimenticare le loro origini e di segnalare socialmente la nuova condizione di
ricchezza che avevano raggiunto poiché si trovavano a dover condividere con molti altri individui il
nuovo spazio urbano, caratterizzato principalmente da un’intensificazione dei contatti e delle
relazioni sociali.
Anche nella borghesia i ruoli socialmente più rilevanti erano riservati prettamente agli
uomini, pertanto, erano questi ad aver bisogno di comunicare il proprio nuovo status. Essi però
hanno cominciato ad emarginarsi progressivamente dalla dinamica evolutiva della moda che veniva
sempre più controllata dalle donne. Nei primi anni dell’Ottocento si afferm la “divisa borghese”
adottata dagli uomini: un abito sobrio, austero e scuro che corrispondeva al rigore e all’etica
dell’ideologia borghese fondata sul valore del lavoro, del risparmio e del merito. L’abito della
donna, invece, non denunciava tale ideologia, ma si limitava a indicare l’opulenza resa possibile
dall’attività del marito.
Per questa ragione, l’Ottocento è stato un secolo cruciale per la moda che entra così nella
fase chiamata “moderna” accelerando tutti i suoi processi di mutamento grazie alla nascita di un
sistema organizzato di produzione di abiti riservati ad una ristrettissima cerchia di compratori i
quali, tuttavia, erano in grado di plasmare la loro influenza su grandi masse di popolazione. Nasce
l’alta moda nell’autunno del 1857 a Parigi, con l’apertura dell’atelier del couturier inglese Charles
Worth: il primo ad imporre il proprio stile proponendo ogni anno una collezione di abiti-modello
già confezionati, che le clienti potevano scegliere, la cui realizzazione sarebbe avvenuta in un
secondo momento, rigorosamente su misura.
Si viene a creare in questo modo un sistema di produzione che si articola su due livelli : da
un lato, l’alta moda che creava i suoi modelli per l’alta borghesia ; dall’altro, la confezione
industriale che imitava quegli stessi modelli per i ceti meno abbienti.
Figura 1
III.2. LA NASCITA DELL’ALTA MODA
All’inizio del Novecento, con il cruciale ruolo svolto dalle riviste di moda, si assiste ad un
ulteriore salto di qualità del sistema dell’abbigliamento, il quale viene costretto a darsi una
maggiore organizzazione interna presentando le collezioni ogni sei mesi. La rivista “Vogue”,
esistente dalla fine dell’Ottocento, è progressivamente diventata la pubblicazione più importante del
settore grazie all’impiego massiccio del mezzo fotografico per presentare i nuovi vestiti.
Il più importante couturier dei primi anni del Novecento è Paul Poiret, impostosi grazie alla
creazione di abiti più semplici e comodi, di evidente ispirazione orientale : ha proposto i pantaloni
per le donne, ha accorciato le gonne, ma soprattutto ha ridotto quel busto, simbolo di sottomissione,
che soffocava il corpo, interpretando il desiderio di emancipazione sociale delle clienti, facendo
così avanzare il processo di mutamento della silhouette femminile, pur essendo ancorato ad
un’estetica di tipo decorativo dominante agli albori del Novecento, che trova riscontro soprattutto
nel movimento Liberty.
Figura 2
Bisognava invece dare una più efficace interpretazione alla fase più rivoluzionaria della
moda del Novecento: gli anni venti, quando sulla scena sociale emerge fortemente la necessità delle
donne di avere una vita pubblica, non solamente per quelle appartenenti ai primi movimenti di
emancipazione che venivano a crearsi proprio in quel periodo, ma a tutte le donne, dando vita ad un
importantissimo processo di liberazione della personalità e del corpo femminile.
La Prima Guerra Mondiale è stata un fattore decisivo per l’accelerazione di questo processo,
in quanto spesso le donne si sono trovate a dover svolgere i compiti generalmente svolti dagli
uomini, partiti per il fronte. Le donne, che sostituiscono gli uomini nelle attività agricole e nelle
fabbriche, hanno la necessità di indossare dei capi di abbigliamento più comodi e funzionali, che si
avvicinano a quelli maschili. La donna, non poteva più apparire come un essere fragile e debole
come nell’Ottocento, ma doveva dare un’immagine forte e dinamica ; ed è grazie all’indissolubile
legame esistente tra corpo e abito che avviene un decisivo slancio verso la liberazione del modo di
vestire delle donne scoprendo maggiormente il corpo e adottando anche un taglio di capelli
maschile à la garçonne, presentato a Parigi nel 1924, che le faceva sembrare delle adolescenti prive
di forme.
Figura 3
Jean Patou e, ancor più, Gabrielle Chanel detta “Coco” hanno svolto un ruolo fondamentale
nell’assecondare il processo di modernizzazione dell’abbigliamento femminile: Jean Patou è stato il
primo couturier in assoluto ad apporre il proprio monogramma sulle sue creazioni e nel 1930 lancia
il profumo “Joy”, ancora oggi, una fragranza classica.
III.3. COCO CHANEL : LA NASCITA DELLO CHIC
Coco Chanel ha saputo tradurre appropriatamente in processo di emancipazione della donna,
iniziato nei primi decenni del Novecento, nell’ambito della moda rendendo gli abiti più maschili,
più austeri e più pratici. Propone di abbandonare definitivamente il busto indossando tailleur ridotti
all’essenziale, camicie, maglioni, cravatte, pantaloni, cappelli à cloche, abiti aderenti, corti e
realizzati con tessuti pratici e comodi, ma anche poveri come il jersey, impiegando colori neutri
come il nero, il beige, il blu e il bianco e sostituendo i gioielli con delle creazioni di bigiotteria
vistose, ma di modesto valore.
Figura 4
Lo stile di Coco Chanel ha probabilmente ricevuto numerose influenze riconducibili alla sua
biografia: innanzitutto le sue origini umili di bambina rimasta orfana di madre e abbandonata in un
convento di Obazine dal padre, cresciuta dalle suore che le plasmano l’insegnamento secondo il
quale comportarsi in modo sobrio e austero sia alla base dell’educazione di una giovane ragazza.
L’esperienza giovanile come cantante nei caffè concerto, l’ambiente più di tutti propenso ad
abbracciare, a sostenere e a creare anche le nuove mode, la inducono ad intrecciare numerosi
rapporti con personaggi di spicco nell’ambito delle arti : Max Jacob, Pierre Reverdy, Jean Cocteau,
Pablo Picasso e Igor Stravinskij i quali erano generalmente così poveri da essere mantenuti
economicamente da Coco stessa, ma la loro concezione egualitaria del rapporto fra uomo e donna
ha esercitato una preponderante influenza sulla giovane stilista il cui stile assecondava sia l’estetica
cubista caratterizzata da linee verticali, orizzontali, da piani angolari e da geometrie
bidimensionali ; che quella proposta dal movimento modernista caratterizzato dal rifiuto della
decorazione, promuovendo la funzionalità degli oggetti e la loro linearità.
Sono considerabili anche le influenze che Coco Chanel ha subito da parte di alcuni dei suoi
amanti come Arthur “Boy” Capel che aveva adottato uno stile apparentemente dismesso e povero
ma in realtà raffinato e curato nei minimi dettagli dei dandy inglesi i quali prediligevano abiti
vissuti rispetto a quelli nuovi e asserivano che la reale eleganza consistesse nel “passare inosservati”
e nella semplicità per poter così ostentare la superiorità del proprio intelletto.
La comparsa di un nuovo contesto sociale è fondamentale per lo sviluppo dello stile di
Chanel, infatti la nascita e l’espansione del mondo operaio porta le sue miserabili divise da lavoro
ad una grande visibilità, inoltre, il diffondersi di nuove pratiche fisiche e sportive come il tennis, i
bagni al mare, il ciclismo, lo sci e l’equitazione, dettano la nuova e trascendentale esigenza di
adottare un abbigliamento consono, quindi pratico e con maggiore libertà di movimento, tanto che
alcune di queste attività hanno fornito i propri capi, come il golf che ha promosso la diffusione del
cardigan. Bisogna considerare poi, che Chanel non ha creato i suoi abiti da sola, ma si è avvalsa del
grande contributo di esperti collaboratori descrivendo così il proprio metodo di lavoro:
Non ho mai disegnato un vestito. Adopero la matita solo per tingermi gli occhi e scrivere
lettere. Scolpisco il modello, più che disegnarlo. Prendo la stoffa e taglio. Poi la appiccico con gli
spilli su un manichino e, se va, qualcuno la cuce. Se non va, la scucio e poi la ritaglio. Se non va
ancora la butto e ricomincio da capo […]. In tutta verità non so nemmeno cucire1.
Coco Chanel ha saputo presentarsi come la migliore interprete dell’eleganza femminile
moderna dando di sé, spesso indossando le sue creazioni, un’immagine vincente e al passo con il
bisogno, sempre crescente, di emancipazione sociale manifestata dalle donne dell’epoca, seguendo,
per i suoi abiti di alta moda, i codici del lusso, ma prendendo il distacco dall’enfasi aristocratica
grazie al suo stile discreto e privo di ostentazioni, pur riuscendo a comunicare un’immagine di
prestigio sociale grazie alla cura dei dettagli e delle rifiniture.
Non è un caso, pertanto, che Paul Poiret, il grande rivale di Chanel negli anni venti, l’abbia
spesso accusata di fare del “miserabilismo di lusso”. In effetti, il più celebre capo di Chanel fu un
“piccolo vestito nero” lanciato nel 1926 che riprendeva il colletto, i polsini bianchi ed il jersey
1 (cit. in Sella, 2003, p.235)
povero dell’uniforme impiegata dalle cameriere dei caffè parigini per creare un abito inedito, in
grado di esprimere un nuovo concetto di eleganza potenzialmente rivolto a tutte le donne.
Nell’arco di tutta la sua lunga attività Chanel ha saputo parlare il linguaggio della modernità,
accettando, per esempio, di curare l’immagine delle dive di Hollywood come Marlene Dietrich,
Greta Garbo e Gloria Swanson negli anni trenta, intuendo per prima la grande importanza del
cinema – primo grande medium di massa della società moderna – come strumento di promozione
dei valori della modernità, e la necessità quindi di legare la sua immagine ad essi.
Chanel ha compreso inoltre la straordinaria efficacia dell’industria dei cosmetici e dei
profumi per imporre l’immagine della griffe e incrementare i guadagni ; oggi infatti in profumo
N°5, lanciato da Coco nel 1921, basato su un originale progetto sviluppato dal profumiere di
Grasse Ernest Beaux, che miscelava essenze floreali con nuove sostanze sintetiche per la prima
volta, è ancora oggi uno dei profumi più importanti e conosciuti al mondo, mentre il fatturato
globale di tutti i cosmetici Chanel costituisce più del 90% del fatturato della maison.
Figura 5
Dopo esser riuscita a creare un’azienda che negli anni trenta dava lavoro a 4000 dipendenti e
che vendeva 28000 abiti l’anno in tutto il mondo, nel 1939 Chanel, a causa dello scoppio della
Seconda Guerra Mondiale e dell’occupazione tedesca di Parigi, decise di chiudere la sua casa di
moda in Rue Cambon. La riapertura è avvenuta soltanto nel 1954 e Chanel, dopo qualche difficoltà
iniziale, è tornata in breve tempo al grande successo. Un successo che all’epoca poteva apparire
sorprendente data la sua condizione di settantenne.
Di fronte ai rapidi cambiamenti della moda del secondo dopoguerra Chanel è stata in grado
di reinventare il proprio stile offrendo abiti rassicuranti, come i suoi celeberrimi tailleur adottati da
numerose donne del “bel mondo” come Jacqueline Kennedy o Grace di Monaco, a tutte le donne
che si trovavano a disagio in seguito ai traumi subiti nel corso della Seconda Guerra Mondiale.
Infatti, mentre nelle prime decadi del Novecento le creazioni di Coco Chanel venivano considerate
come palesi tentativi di sovversione dei codici del vestire, con il passare del tempo , le sue proposte
hanno sempre più incarnato uno stile classico e barocco, con una silhouette semplice arricchita da
piccoli accessori di grande effetto decorativo, quali bottoni, catene e gioielli, per questo motivo
Roland Barthes fa ricorso al termine chic per definire il nuovo stile Chanel:
Nell’estetica del vestito c’è un valore molto particolare,persino paradossale, che riunisce la
seduzione e la durata : è lo chic ; lo chic sopporta e anzi, esige, se non l’usura del vestito,
quantomeno il suo uso : lo chic ha orrore di tutto ciò che appare come nuovo […]. Lo chic, sorta di
tempo sublimato è il valore chiave dello stile di Chanel2.
Anche oggi l’identità dello stile di Chanel si basa su questo concetto di chic, il quale
rappresenta il risultato del tentativo di raggiungere un punto di equilibrio tra l’indispensabile
bisogno di sorprendere il proprio destinatario spettacolarizzando i codici utilizzati per comunicare e
il bisogno di continuità espresso da quella classicità che è propria dello stile espressivo adottato
negli abiti, nelle confezioni e nel logotipo di marca che si basa su due “C” intrecciate.
Lo stile Chanel ha rappresentato perciò una felice soluzione per la necessità strategica
centrale di ogni griffe : quella di dare una continuità a se stessa. Necessariamente, però, Chanel ha
dovuto aggiornare i suoi valori di riferimento, smettendo, per esempio, di assecondare il processo di
emancipazione femminile arrivando a idealizzare la figura della donna proponendone un’immagine
astratta, eterea e immateriale, anziché rispondere al bisogno di liberarle il corpo. Ciò significa che la
componente classica ha sempre più influenzato l’estetica di Chanel, contribuendo notevolmente a
2 (Barthes, 2006, pp.85-6).
farle assumere quella connotazione di intramontabilità che oggi è la caratteristica principale della
griffe.
III.4. LA MODA DEGLI ANNI TRENTA
Lo stile originale e trasgressivo di Elsa Schiaparelli faceva da contraltare a quello austero e
lineare di Chanel. Con l’apertura a Parigi dell’atelier Pour le Sport nel 1924 della piemontese Elsa
Schiaparelli vengono lanciati una serie di golf con grandi fiocchi ad effetto trompe-l’oeil sul
davanti, maglie decorate con pesci, tatuaggi alla marinara, segni zodiacali e le forme dello scheletro
umano ; ma Schiaparelli era attratta soprattutto dalle arti visive e figurative, in particolare dal
movimento surrealista, e promuove, per questa ragione, varie collaborazioni con artisti di rilievo
come Salvador Dalì con il quale realizza un tailleur con le tasche a cassetti sporgenti, come la
scultura Venere di Milo con cassetti, creata dallo stesso Dalì nel 1936.
Nel 1938 Schiaparelli lancia Shocking, un profumo con il flacone a forma di silhouette
femminile, il cui nome era un richiamo ad una sua invenzione : il “Rosa Shocking”, un colore
ispirato alle tonalità di rosa impiegate nelle tele del pittore Bébé Bérard. Un fenomeno
importantissimo per lo sviluppo della moda in quegli anni è stata l’apertura di “reparti cinema” nei
grandi magazzini statunitensi, dove si potevano trovare delle riproduzioni degli abiti indossati dalle
dive dello star system hollywoodiano nei film di maggiore successo : il cinema diventa, in questo
modo, uno strumento di basilare importanza nella creazione e nell’affermazione delle nuove mode
vestimentarie, come l’imposizione del nuovo taglio di capelli “alla paggio”, cioè di media
lunghezza, che soppianta definitivamente il taglio à la garçonne.
Figura 6
A Hollywood operava anche Salvatore Ferragamo che aveva sapientemente impiegato i
simboli dell’Italia, sinonimo di qualità e di arte, per rendere i suoi prodotti più appetibili agli occhi
degli americani, decide di tornare in patria per poter sfruttare la manifattura di alta qualità, e apporre
la dicitura “Firenze” sull’etichetta, ben cosciente della passione degli americani per questa città
d’arte.
La notorietà di Ferragamo accresce notevolmente con il lancio, nel 1937 della cosiddetta
“zeppa” con la suola di sughero, e dieci anni dopo, del sandalo “invisibile” realizzato con sottili fili
di nylon intrecciati fra loro.
III.5. DIOR E LA MODA FRANCESE NEL SECONDO DOPOGUERRA
L’occupazione di Parigi da parte delle truppe tedesche blocca per quattro anni l’attività del
centro propulsivo dell’alta moda, ma a partire dall’agosto del 1944 la città ricomincia a guadagnarsi
il suo primato.
La presentazione della prima collezione Christian Dior viene caratterizzata dall’opulenza e
dalla sontuosità della linea “a corolla” rinominata in seguito “new look” capace di rispondere
all’esigenza di lusso ed eleganza riemersa in seguito alle ristrettezze forzate della Seconda Guerra
Mondiale. Anche Dior deve buona parte della sua fama al mezzo cinematografico e al suo ruolo di
costumista nel periodo in cui andava affermandosi il filone del cinema “noir”, con il passaggio di
Hollywood ad un linguaggio più realistico, e all’imposizione delle figure femminile della “dark
lady” e della “femme fatale” : donna seduttrice ma crudele e spietata. Grazie alla fama di Dior l’alta
moda francese ha conosciuto un rilancio, dopo la Seconda Guerra Mondiale,che le ha permesso di
esercitare la sua egemonia sul sistema della moda vestiaria per tutti gli anni cinquanta, con
couturiers come Balenciaga, Givenchy e Balmain.
Figura 7