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I libri dell’Antico Testamento più volte descrivo- no celebrazioni di feste per la dedicazione del tempio del Signore: all’epoca di Re Salomone, dopo la costruzione della santa dimora; al tempo di Esdra per la dedicazione del secondo tempio; dopo la purificazione del tempio e l’altare da parte di Giuda Maccabeo che prescrive anche di celebrarne la data anniversaria con la stessa solennità, cosa che gli ebrei continuano tuttora a fare con la festa della Hanukkah. Anche per le basiliche cristiane sin dall’inizio si comincia a celebrare solennemente la dedicazione e ogni anno l’anniversario. Eteria, pellegrina nei Luoghi santi, annota nel suo diario che a Gerusalemme l’anni- versario della dedicazione della basilica dell’Anastasis viene celebrato con la stessa solennità della Pasqua e dell’Epifania. I riti e le preghiere della dedicazione ci introduco- no nella piena comprensione di questa celebrazione, infatti, costituiscono una teologia del mistero della Chiesa, che prima ancora di essere l’edificio destinato ad accogliere l’assemblea dei credenti è l’intero Popo- lo radunato dal Signore. “Questo luogo - così si espri- me la preghiera di dedicazione - è segno del mistero della Chiesa santificata dal sangue di Cristo, da lui pre- scelta come sposa, vergine per l’integrità della fede, madre sempre feconda nella potenza dello Spirito”. S. Agostino fa notare che la dedicazione della casa di pre- ghiera è la festa della comunità perché noi stessi siamo la casa di Dio. La solennità della dedicazione della nostra chiesa- cattedrale, che annualmente celebriamo il 26 aprile, è quindi epifania della Chiesa diocesana che si raduna attorno al Vescovo suo pastore. La diocesi non è una mera circoscrizione ecclesia- stica. Il Vaticano II ci insegna che essa “è quella por- zione del popolo di Dio, affidata alle cure pastorali del vescovo coadiuvato dal suo presbiterio, in modo che aderendo al suo pastore e da lui unita per mezzo del Vangelo e della Eucaristia nello Spirito santo, costitui- sca una Chiesa particolare, nella quale è veramente pre- sente e agisce la Chiesa di Cristo una, santa, cattolica e apostolica” (Christus Dominus,11). Esaminiamo bre- vemente questa definizione. Porzione del popolo di Dio: il termine “popolo” richiama l’dea di un insieme di persone. Nel nostro caso, non di persone che di propria iniziativa hanno scelto di stare insieme per qualche interesse comune, ma di uomini e di donne che il Signore stesso ha radu- nato, non per meriti particolari, ma per sua gratuita misericordia. Essere membri di questa Chiesa è dunque un dono da amare e custodire. Ricordiamo ancora l’ac- corato invito del venerato arcivescovo Cataldo Naro: “Amiamo la nostra Chiesa. […] Vorrei che questo amore crescesse e con esso ciascuno alimentasse il desiderio di appartenerle in maniera sempre più vera e, direi, anche più affettuosa e di contribuire alla sua costruzione in maniera sempre più gioiosa e convinta”. Il Vescovo: non è soltanto l’amministratore della comunità, ma colui che, attraverso il suo ministero, assicura alla Chiesa diocesana la successione apostoli- ca e, quindi, la nota della cattolicità. Il presbitero che guida una parrocchia lo fa a nome del Vescovo e di tutto E alla fine l’Italia si è espressa. Il corpo elettorale, con una percen- tuale davvero elevata, superiore all’80%, si è recato alle urne lo scorso 13 - 14 Aprile ed ha scelto il nuovo Parlamen- to. Rispetto alla Legislatura precedente, le novità sono molto marcate. Pochi partiti sono riusciti ad oltrepassare la soglia dello sbarramento, tanto alla Camera quanto al Senato; le fronde estremiste, sia a destra che a sinistra, sono risultate escluse dalla rappresentanza parlamentare; un raggrup- pamento politico, il Pdl, ha ottenuto una larga maggioranza per poter governare, mentre l’altro raggruppamento, il Pd, è stato chiamato dagli elettori a svolgere il compito dell’opposizione. I giochi sono fatti. Adesso comincia una nuova fase (speriamo!) nella vita politica del Paese. L’Italia - la cosa è sotto gli occhi di tutti - attraversa una fase particolarmente delica- ta della sua storia. La congiuntura econo- mica non è favorevole: lo dicono gli ana- listi, ma soprattutto se ne accorge la gente comune. Molte, troppe famiglie vivono con sempre maggiore impellenza “il pro- blema della spesa”, mentre si annunciano (ma siamo ancora solo ai proclami) aumenti salariali, pensionistici e incentivi di vario genere. C’è un generale, diffuso pessimismo riguardo al futuro: il dramma della disoccupazione tarpa le ali ai giova- ni e non solo ad essi, la precarietà del lavo- ro frustra quanti vorrebbero mettere su famiglia e quanti una famiglia da mante- nere già ce l’hanno, mentre la vergogna del clientelismo politico si accresce sempre più e non mostra neppure i segni del pudo- re. La persona, più che al centro delle scel- te politiche, sembra essere nel mirino: cre- sce l’indifferenza verso il dramma turpe dell’aborto, l’eutanasia è invocata con sempre maggiore insistenza, la famiglia è ancora in attesa (fino a quando?) di politi- che che la sostengano. Il concetto di bene comune è troppo spesso snaturato - bene che vada - in bene di parte, mentre il siste- ma economico ha trasformato l’uomo in consumatore. Le finanziarie si ingrassano sempre più, mentre succhiano il sangue della povera gente tratta in inganno da manifesti pubblicitari che promettono il tasso zero. Ci si assicura su tutto, perché non ci si sente più sicuri di niente. I parti- colarismi e i leaderismi trovano in tale contesto un humus particolarmente favo- revole. Si preferisce difendere l’interesse particolare, geografico o tematico che sia poco importa, mentre la partecipazione è mortificata da leggi che mettono nella mani di pochi la scelta degli eletti (sareb- be più corretto dire dei “nominati”). La gente si lascia affascinare da parole e pro- messe ben confezionate, mentre si fa a gara nel trasformare la politica in spetta- colo. In fondo, l’America è più vicina di quello che sembra. Ma l’Italia, sarebbe ingeneroso tacerlo, non è solo questo. Poste Italiane S.p.a. - Spedizione in abbonamento postale D.L.353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1 Palermo Anno VIII numero 3 (32) Aprile 2008 - www.giornotto.it - Associato FISC Editore: Ente Opere Religione e Culto dell’Arcidiocesi di Monreale - Autorizzazione Tribunale di Palermo n. 5/2001 Decr. 28.3.2001 - Direzione, Redazione e Amministrazione: Via Arcivescovado, 8 Monreale Tel. 0916402424 - Fax 0916400619 - email [email protected] - Direttore Responsabile: Mons. Antonino Dolce - Stampato presso: Tipografia Puccio di Fiorello Paolo e C. s.n.c. - via Castiglia, 69/71 Partinico (PA) Volere bene all’ITALIA LA FAMIGLIA CRISTIANA luogo di crescita e promozione vocazionale di Giuseppe Salamone Voce del seminario segue a pagina 2 segue a pagina 4 SIAMO NOI LA CASA DI DIO SIAMO NOI LA CASA DI DIO 2 Un DIO che azzoppa? di Andrea Sollena Areopago 3 La “svolta” del Direttorio “Comunicazione e Missione” della CEI di Mario Campisi Parabole Mediatiche 4 Il Linguaggio della Tenerezza di Lo Monaco e Pollara Vita della Diocesi 6 Periodico di formazione e cultura pastorale dell’Arcidiocesi di Monreale

Transcript of 3 4 6 SIAMO NOI LA CASA DI DIO - diocesimonreale.it · ghiera è la festa della comunità perché...

I libri dell’Antico Testamento più volte descrivo-no celebrazioni di feste per la dedicazione deltempio del Signore: all’epoca di Re Salomone,

dopo la costruzione della santa dimora; al tempo diEsdra per la dedicazione del secondo tempio; dopo lapurificazione del tempio e l’altare da parte di GiudaMaccabeo che prescrive anche di celebrarne la dataanniversaria con la stessa solennità, cosa che gli ebreicontinuano tuttora a fare con la festa della Hanukkah.

Anche per le basiliche cristiane sin dall’inizio sicomincia a celebrare solennemente la dedicazione eogni anno l’anniversario. Eteria, pellegrina nei Luoghisanti, annota nel suo diario che a Gerusalemme l’anni-versario della dedicazione della basilica dell’Anastasisviene celebrato con la stessa solennità della Pasqua edell’Epifania.

I riti e le preghiere della dedicazione ci introduco-no nella piena comprensione di questa celebrazione,infatti, costituiscono una teologia del mistero dellaChiesa, che prima ancora di essere l’edificio destinatoad accogliere l’assemblea dei credenti è l’intero Popo-lo radunato dal Signore. “Questo luogo - così si espri-me la preghiera di dedicazione - è segno del misterodella Chiesa santificata dal sangue di Cristo, da lui pre-scelta come sposa, vergine per l’integrità della fede,madre sempre feconda nella potenza dello Spirito”. S.Agostino fa notare che la dedicazione della casa di pre-ghiera è la festa della comunità perché noi stessi siamola casa di Dio.

La solennità della dedicazione della nostra chiesa-cattedrale, che annualmente celebriamo il 26 aprile, èquindi epifania della Chiesa diocesana che si radunaattorno al Vescovo suo pastore.

La diocesi non è una mera circoscrizione ecclesia-stica. Il Vaticano II ci insegna che essa “è quella por-zione del popolo di Dio, affidata alle cure pastorali delvescovo coadiuvato dal suo presbiterio, in modo cheaderendo al suo pastore e da lui unita per mezzo delVangelo e della Eucaristia nello Spirito santo, costitui-sca una Chiesa particolare, nella quale è veramente pre-sente e agisce la Chiesa di Cristo una, santa, cattolicae apostolica” (Christus Dominus,11). Esaminiamo bre-vemente questa definizione.

Porzione del popolo di Dio: il termine “popolo”richiama l’dea di un insieme di persone. Nel nostrocaso, non di persone che di propria iniziativa hannoscelto di stare insieme per qualche interesse comune,ma di uomini e di donne che il Signore stesso ha radu-nato, non per meriti particolari, ma per sua gratuitamisericordia. Essere membri di questa Chiesa è dunqueun dono da amare e custodire. Ricordiamo ancora l’ac-corato invito del venerato arcivescovo Cataldo Naro:“Amiamo la nostra Chiesa. […] Vorrei che questoamore crescesse e con esso ciascuno alimentasse ildesiderio di appartenerle in maniera sempre più vera e,direi, anche più affettuosa e di contribuire alla suacostruzione in maniera sempre più gioiosa e convinta”.

Il Vescovo: non è soltanto l’amministratore dellacomunità, ma colui che, attraverso il suo ministero,assicura alla Chiesa diocesana la successione apostoli-ca e, quindi, la nota della cattolicità. Il presbitero cheguida una parrocchia lo fa a nome del Vescovo e di tutto

E alla fine l’Italia si è espressa. Ilcorpo elettorale, con una percen-tuale davvero elevata, superiore

all’80%, si è recato alle urne lo scorso 13- 14 Aprile ed ha scelto il nuovo Parlamen-to. Rispetto alla Legislatura precedente, lenovità sono molto marcate. Pochi partitisono riusciti ad oltrepassare la soglia dellosbarramento, tanto alla Camera quanto alSenato; le fronde estremiste, sia a destrache a sinistra, sono risultate escluse dallarappresentanza parlamentare; un raggrup-pamento politico, il Pdl, ha ottenuto unalarga maggioranza per poter governare,mentre l’altro raggruppamento, il Pd, èstato chiamato dagli elettori a svolgere ilcompito dell’opposizione. I giochi sonofatti. Adesso comincia una nuova fase(speriamo!) nella vita politica del Paese.L’Italia - la cosa è sotto gli occhi di tutti -attraversa una fase particolarmente delica-ta della sua storia. La congiuntura econo-mica non è favorevole: lo dicono gli ana-listi, ma soprattutto se ne accorge la gentecomune. Molte, troppe famiglie vivonocon sempre maggiore impellenza “il pro-blema della spesa”, mentre si annunciano(ma siamo ancora solo ai proclami)

aumenti salariali, pensionistici e incentividi vario genere. C’è un generale, diffusopessimismo riguardo al futuro: il drammadella disoccupazione tarpa le ali ai giova-ni e non solo ad essi, la precarietà del lavo-ro frustra quanti vorrebbero mettere sufamiglia e quanti una famiglia da mante-nere già ce l’hanno, mentre la vergogna delclientelismo politico si accresce semprepiù e non mostra neppure i segni del pudo-re. La persona, più che al centro delle scel-te politiche, sembra essere nel mirino: cre-sce l’indifferenza verso il dramma turpedell’aborto, l’eutanasia è invocata consempre maggiore insistenza, la famiglia èancora in attesa (fino a quando?) di politi-che che la sostengano. Il concetto di benecomune è troppo spesso snaturato - beneche vada - in bene di parte, mentre il siste-ma economico ha trasformato l’uomo inconsumatore. Le finanziarie si ingrassanosempre più, mentre succhiano il sanguedella povera gente tratta in inganno damanifesti pubblicitari che promettono iltasso zero. Ci si assicura su tutto, perchénon ci si sente più sicuri di niente. I parti-colarismi e i leaderismi trovano in talecontesto un humus particolarmente favo-

revole. Si preferisce difendere l’interesseparticolare, geografico o tematico che siapoco importa, mentre la partecipazione èmortificata da leggi che mettono nellamani di pochi la scelta degli eletti (sareb-be più corretto dire dei “nominati”). Lagente si lascia affascinare da parole e pro-messe ben confezionate, mentre si fa agara nel trasformare la politica in spetta-colo. In fondo, l’America è più vicina diquello che sembra. Ma l’Italia, sarebbeingeneroso tacerlo, non è solo questo.

Poste Italiane S.p.a. - Spedizione in abbonamento postale D.L.353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1 Palermo • Anno VIII numero 3 (32) Aprile 2008 - www.giornotto.it - Associato FISCEditore: Ente Opere Religione e Culto dell’Arcidiocesi di Monreale - Autorizzazione Tribunale di Palermo n. 5/2001 Decr. 28.3.2001 - Direzione, Redazione e Amministrazione: Via Arcivescovado, 8 Monreale

Tel. 0916402424 - Fax 0916400619 - email [email protected] - Direttore Responsabile: Mons. Antonino Dolce - Stampato presso: Tipografia Puccio di Fiorello Paolo e C. s.n.c. - via Castiglia, 69/71 Partinico (PA)

Volere bene all’ITALIA

LA FAMIGLIACRISTIANA

luogo di crescitae promozione

vocazionale

di Giuseppe Salamone

Voce del seminario

segue a pagina 2 segue a pagina 4

S I A M O N O I L A C A S A D I D I OS I A M O N O I L A C A S A D I D I O2

Un DIO cheazzoppa?

di Andrea Sollena

Areopago

3

La “svolta” del Direttorio

“Comunicazionee Missione”

della CEI

di Mario Campisi

Parabole Mediatiche

4

Il Linguaggiodella Tenerezza

di Lo Monaco e Pollara

Vita della Diocesi

6

Periodico di formazione e cultura pastorale dell’Arcidiocesi di Monreale

Ricordo, da giovane in discerni-mento, un manifesto che si trova-va nel salone dei Padri Cappuc-

cini di Palermo che diceva: “Ogni voca-zione nasce o muore in famiglia”. Que-sta frase l’ho sempre portata con me!Ora, perciò, rispondendo all’invito delRettore del nostro seminario, colgo l’oc-casione dalla Giornata diocesana per levocazioni, per esternare le mie riflessio-ni in merito.La prima cosa che mi sono chiesto èstata: “Cosa rende la famiglia luogo dicrescita e promozione vocazionale?” Inaltre parole: “Cosa sta alla radice?”Mi venne alla mente un testo di Mons.Renzo Bonetti, consigliatomi da unacarissima coppia di amici, impegnatinella pastorale familiare, dal titolo: Lafecondità degli sposi oltre la fertilità. Etra le pagine del libro trovai ciò che cer-cavo. Mons. Bonetti dice agli sposi cri-stiani che questi sono chiamati a viverel’imperativo alla “fecondità” (Gen 1,28) non semplicemente come sinonimodell’altro imperativo “moltiplicatevi”,ma come attitudine costante a generare,che una coppia di sposi vive sia sulpiano biologico che su quello umano-spirituale. Il termine “fecondità” puòessere utilizzato sia in senso attivo (pre-disposizione a donare e far crescere lavita), che al passivo (l’essere generatialla vita, l’essere aiutati ad accogliere lavita). Se nella fisiologia della riprodu-zione umana l’essere fecondati è unapossibilità solo della donna, per quantoriguarda la compiutezza raggiungibiledall’umano maschile e dall’umano fem-minile il venire fecondati è una possibi-

lità, anzi un desiderio profondo, perentrambi i coniugi.La persona sposata, dice Mons. Bonetti,ha un bisogno essenziale: quello che ilproprio coniuge sia una presenza fecon-dante per la sua identità, una presenzache la renda se stessa. Cito testualmen-te: “Colui o colei che abbiamo sposato èper noi la nostra Eva, quell’aiuto simileche consente il completamento dell’ope-ra creatrice di Dio progettata per noi”. Èl’uomo che feconda l’identità delladonna e viceversa. La fecondità deglisposi non è primariamente costituita dalfiglio, ma dalla loro congiunta e realiz-zata relazione. Anzi è proprio quando simette in atto la capacità di cavar fuoriquella che fin dall’origine era la poten-ziale identità del proprio marito o dellapropria moglie, che si diventa capaci dieducare i figli. La prima vera feconditàè sempre la reciproca generazione che idue sposi realizzano tra loro.Resi una sola carme mediante il sacra-mento del matrimonio, gli sposi sonochiamati a realizzare come coppia una

relazione sponsale con l’unico Sposo sevogliono essere fecondi spiritualmente.Quando i due scelgono di essere un“noi”, infatti, diventano come coppia la“sposa” di Cristo. Questo viene sottoli-neato, soprattutto in oriente, con il ritodella velatio (entrato anche nell’adatta-mento del nuovo rito del matrimonio perl’Italia). I due sposi vengono coperti daun velo per indicare che, insieme, forma-no la sposa di Cristo, e nei rituali dellatarda antichità e nel Medioevo non veni-vano benedetti due anelli, ma uno soloperché l’altro era portato da Cristo.Una fecondità degli sposi che faccia ameno del legame con lo sposo è pretesasolitaria della coppia. Si possono farefigli senza essere uniti al Signore Gesù,

ma prescindere da colui dal quale vengo-no e al quale sono destinati i figli vuoldire non volere riconoscere la sorgentedell’amore nel mentre ci si sta abbeve-rando ad essa.Quando, la coppia accetta di “far cop-pia” con Dio, gli sposi ampliano la pro-pria capacità d’amare al di là della ferti-lità, che è propria solo di una stagionedella vita, per riempire invece tutto iltempo della vita e oltre la vita. La fecon-dità che deriva dal far coppia con Dio,infatti, è una fecondità che va oltre lastagione dei figli, perché viene prima diquesta e può superarla.Crescere i figli va ben oltre il non farmancare loro nulla o educarli alle buonemaniere. Tutto è utile, ma nulla è para-gonabile allo stare degli sposi in casacon Dio. Gli sposi cristiani non possononon avere Dio che passeggia per casaloro. Solo così faranno respirare anche aifigli l’odore della presenza di Dio che èPadre, che è Figlio e che è Spirito Santo.Solo così faranno sperimentare loro chiè Dio. Essi, divenuti consapevoli, saran-no veramente liberi di scegliere, perchési può scegliere solo ciò che si conosce.E’ solo così che la famiglia cristiana puòessere luogo di crescita e promozionevocazionale.

Giuseppe Salamone

Ci capita spesso, quando andiamo ad incontra-re le comunità parrocchiali per le varie giorna-te del seminario, di sentirci dire: “Ricordatecinella preghiera” oppure, “Ogni giovedì noi pre-ghiamo per voi”. cosa significano queste sem-plici ma importanti sottolineature? Da qualidesideri scaturiscono e quale è il loro scopofondamentale?Il ricordo vicendevole nella preghiera è la piùsignificativa espressione dell’amore comunio-nale, quell’amore che unisce, rinsalda, facendodi molti, un cuore solo che innalza la sua lodea Dio. Nel ricordare all’altro di pregare per noi,compiamo un grande gesto di fiducia, nella fedeci doniamo a chi ci sta vicino, gli affidiamo lanostra storia, il nostro vissuto, le nostre speran-ze. Quale grande atto di umiltà, quale gesto ditangibile amore, quindi, si vela dietro una sem-plice esortazione come questa: “Ricordati dipregare per me!”.

Chi accoglie l’intenzione non fa nient’altro chefarsi carico di quel fratello, prendersi a cuore lesue difficoltà, le sue ansie, le sue gioie; la suastessa storia si intreccia con il “Tu che preghi”per dar luce al “noi” dei figli di Dio. Ogni qualvolta ci viene affidata una preghiera noi speri-mentiamo tutto questo: la comunione piena checi innalza al Padre nello Spirito santo e che,contemporaneamente, ci tiene uniti nell’ab-braccio del Cristo Risorto.È importante sottolineare, a riguardo, il fatto cheogni mattina, in seminario, celebrando l’Euca-restia, ricordiamo tutta la chiesa diocesana, leintenzioni particolari affidateci dai fedeli, lecomunità parrocchiali, gli ammalati, coloro cheun giorno il Signore affiderà alle nostre cure.In tutto questo cresce la comunione, quellastessa, che oltrepassa il tempo e lo spazio, perdiventare tempo di Dio, grazia. L’amore, che èprincipio di ogni comunione, trova nella pre-ghiera l’espressione più bella dell’ecclesialità:accogliendo il prossimo, si rende visibile lachiesa, cresce il popolo santo di Dio, si è eredidella sorte dei Santi nella beata luce dell’eter-nità. E, infine, si mette in atto l’esortazione dell’apo-stolo delle genti: “Siate sempre lieti, pregateincessantemente, in ogni cosa rendete grazie;questa infatti è la volontà di Dio in Cristo Gesùnostro Signore. (1Ts 5,17).

Giuseppe Vasi

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LA FAMIGLIA CRISTIANAluogo di crescita e promozione vocazionale

Anche i seminaristi pregano(l’Editoriale) segue dalla prima pagina

Voce del seminarioVoce del seminario

Consegne SacerdotaliDopo le solenni celebrazioni nella città natale, Partinico, e poi a Monreale, nella Par-rocchia di Maria SS.ma del Carmine, dove ha prodigato il suo amore di padre e pasto-re nel servizio più che trentennale della comunità, Mons. Giuseppe Governanti ha volu-to celebrare, in modo più intimo, ma forse più intenso, i suoi 60 anni di vita sacerdota-le con la Comunità del Seminario. Ci siamo stretti intorno a lui, esprimendo la nostra gioia e la nostra gratitudine nella festo-sità del canto dei Vespri e della Santa Messa, aggiungendo, come egli stesso si è espres-so, una tessera al mosaico delle sue gioie sacerdotali. A termine della Messa, ci ha com-mosso il suo dono: il calice e il camice della sua ordinazione sacerdotale, vera e propriaconsegna per gli aspiranti al sacerdozio.

il presbiterio e solo per questo motivo allacomunità possono essere assicurate l’apo-stolicità e la cattolicità, note senza le qualinon può esserci Chiesa.

Il Vangelo: la Chiesa locale è generatadal Vangelo, ma nello stesso tempo ha la mis-sione di annunziarlo sino agli estremi confi-ni della terra. L’ansia missionaria che spingegli apostoli a mettersi in cammino per annun-ziare la Parola che salva deve spingere lacomunità diocesana a sperimentare nuovevie di evangelizzazione che la rendano capa-ce di una vera “conversione pastorale”. Anzi-ché starcene a piangere per il fatto che la“mia” parrocchia è rimasta senza parrocoresidente, perché non pensare che il Signorefacendoci passare attraverso la scarsità nume-rica di preti ci inviti ad uscire dai nostrischemi stantii e ad immaginare nuovi scena-ri ?

L’Eucaristia: è il momento culminantedella vita di una Chiesa. Nella celebrazionedell’Eucaristia ogni comunità vive in modoparticolare la comunione col proprio vesco-vo e attraverso di lui con la Chiesa universa-le. L’Eucaristia costruisce la comunione ededuca la singola comunità ad uscire dall’autosufficienza per sentirsi più Chiesa. Puòuna Chiesa locale ridursi quasi ad una “con-federazione di parrocchie”? Se così fosse lacelebrazione dell’eucaristia diverrebbe unaprofanazione dell’ unico Pane, vero “signumunitatis”.

Lo Spirito Santo: “dimora nella Chiesae nei cuori dei fedeli come in un tempio …Egli la guida verso la verità tutta intera, launifica nella comunione e nel servizio, lacostruisce e dirige mediante i diversi donigerarchici e carismatici, e la arricchisce deisuoi frutti” (Lumen Gentium,4). La presenzadello Spirito fa sì che la diocesi si realizzicome comunione dove la sinodalità ha il suofondamento e dove vocazioni, carismi e iministeri concorrono all’edificazione delcorpo di Cristo. Pertanto nessuno può esimer-si dal condividere con gli altri il proprio cari-sma. Essere comunità (communitas = cum +munus, cioè condivisione del dono) signifi-ca rendere gli altri partecipi del proprio donoe nello stesso tempo riconoscere il dono deglialtri. Potranno pur esserci delusioni o incom-prensioni, ma il tirarsi in disparte è peccatocontro lo Spirito Santo perché significa sciu-pare un carisma che ci è stato donato, noncome fiore all’occhiello di cui fregiarsi, main funzione del bene comune.

Bella, splendida, maestosa, solenne, unicala nostra basilica-cattedrale! Sia essa vera“epifania” della santa Chiesa di Monreale cherisplende per la santità dei suoi figli; Chiesa-sposa per la quale Cristo ha dato se stesso perrenderla “tutta gloriosa, senza macchia néruga o alcunché di simile, ma santa e imma-colata” (Ef 5,27).

Antonino Dolce

D. Massimiliano, quando hai cominciato asentire la vocazione alla vita di consacrazio-ne?R. Sono entrato nel Seminario minore deiPP. Rogazionisti all’età di 11 anni e ricordoche già dalla seconda media cominciai apregare per la mia perseveranza nella voca-zione.D. Chi sono i PP. Rogazionisti?R. La Congregazione dei Rogazionisti delCuore di Gesù è stata fondata a Messina daS.Annibale Maria di Francia nel 1897 con loscopo di vivere le parole di Gesù: “La messeè molta, gli operai sono pochi. Pregate dun-que [Rogate ergo] il Padrone della messe

perché mandi operai nella sua messe”. A par-tire da questo comando i Rogazionisti siimpegnano oltre che con i tre voti di pover-tà, obbedienza e castità, con un quarto votoa pregare quotidianamente per le vocazioni,a essere buoni operai e a propagare ovunquequesto spirito di preghiera.D. Potresti spiegare da dove deriva il nomeRogazionista?R. Rogazionista viene dal latino “Rogate”cioè pregate.D. Come mai ha scelto di consacrarti alSignore in questa Famiglia Religiosa?R. Quello che mi ha spinto a questa scel-ta è stato l’amore verso il Padre Annibale.

Egli ha esercitato fin dal mio ingresso inseminario un fascino davvero grande. Erocurioso di conoscere la sua vita e pertantoleggevo le sue biografie rimanendo ammi-rato dalla eroicità della sua vita. Inoltre seoggi sono Rogazionista lo devo a tantimiei confratelli che mi hanno guidato intutti questi anni di formazione umana ereligiosa.D. Quale “lavoro” sarai chiamato a svolge-re una volta presbitero?R. L’apostolato caratteristico che contraddi-stingue i Rogazionisti è l’assistenza ai bam-bini con problemi familiari. Sulla scia diPadre Annibale che spese la sua vita a rac-

cogliere i bambini orfani e poveri, anche noiguardiamo ai bisogni della “messe” delnostro tempo. Oltre che alle “case famiglia”,la nostra azione pastorale si riflette nelle par-rocchie, nei santuari, nelle scuole e nellemissioni.D. Potresti esprimere un augurio ai lettoridel nostro periodico?R. Auguro che Gesù, Buon Pastore, non fac-cia mai mancare a questa Chiesa di Monrea-le sacerdoti numerosi e santi e che la pre-ghiera per le vocazioni diventi un impegnocostante per promuovere il progresso socia-le attraverso l’azione pastorale di tutti i“buoni operai della messe”.

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Sabato 26 aprile, solennità della Dedicazione della Basilica-Cattedrale, Mons.Arcivescovo ordinerà sacerdote un figlio della nostra Chiesa diocesana: il Diacono Massimiliano Nobile. Il giovane proveniente dalla comuni-tà parrocchiale di S. Gioacchino in Partinico, dopo avere frequentato la Scuola media inferiore e superiore in vari istituti dei PP. Rogazionisti , ha fatto il Noviziato a Messina, quindi ha frequentato l’Università PontificiaSalesiana per il biennio filosofico e la Pontificia Università Lateranense per il triennio teologico.Attualmente è iscritto all’Augustinianum e sta ultimando la tesi di Licenza. Giornotto l’ha intervistato.

Vita della diocesiVita della diocesi

Aseguito dell’accordo siglato il 30 ottobre 2007 tra il Dipar-timento di Stato degli Stati Uniti d’America, l’Associazio-ne Casa Famiglia Rosetta e la Social Solutions Inc., prende

l’avvio il prossimo sei aprile l’attività formativa dal titolo “Trai-ning On Drug Abuse Treatment” articolata in due sessioni, in favo-re di operatori alle tossicodipendenze provenienti da cinque Paesiafricani.Il nuovo progetto formativo vede ancora una volta Casa FamigliaRosetta nella veste di Ente Attuatore e partner dell’INL (Interna-tional Narcotics and Law Enforcement Affairs), settore del Dipar-timento di Stato USA che si occupa di prevenzione, trattamento econtrasto dell’uso di sostanze in tutto il mondo. L’attività formati-va prevista si configura come naturale prosieguo del “Forum forAfrica” sulla prevenzione e cura dell’AIDS che l’Associazioneorganizzò e condusse a Palermo nel Maggio 2006, al quale parte-ciparono delegazioni provenienti da Angola, Benin, Botswana,Costa d’Avorio, Kenya, Mozambico, Namibia, Nigeria, Tanzania.Ma essa è anche il risultato dell’esperienza maturata da Casa Fami-glia Rosetta sin dagli anni ‘90, quando lo stesso Dipartimento diStato USA e l’ONU affidarono all’Associazione il compito di for-mare centinaia di operatori alle tossicodipendenze provenienti daPolonia, Ungheria, Bulgaria, Slovenia, Slovacchia, RepubblicaCeca, Russia, Bielorussia e Moldavia.Dunque, una collaborazione di successo che continua, e che in que-sti anni ha visto Casa Rosetta restituire alla Sicilia, crocevia delMediterraneo e porta naturale verso l’Africa e l’Est Europeo, il suoruolo centrale nella diffusione della cultura, del sostegno e dei ser-vizi in favore delle popolazioni in via di sviluppo.Le attività formative del nuovo progetto saranno rivolte a 22 par-tecipanti provenienti dai seguenti Paesi: Costa d’Avorio, Kenya,Mozambico, Nigeria, Tanzania, che apprenderanno tecniche emetodi terapeutici per il trattamento della tossicodipendenza secon-do il modello proposto presso le strutture dell’Associazione.

Casa Rosetta ha selezionato i candidati, predisposto il piano for-mativo, individuato i docenti formatori e fornirà assistenza e sup-porto logistico presso il suo Centro di Formazione “Istituto S. PioX” a Partinico.Il Training, la cui cerimonia ufficiale di apertura si è svolta lunedì7 Aprile alle ore 9.00, si articolerà in quattro settimane: la primasessione si svolgerà dal 6 al 20 Aprile, la seconda dall’11 al 25 mag-gio.Tutti i candidati, per lo più medici, psicologi, psichiatri, sono statiselezionati sulla scorta dei curricula e delle competenze professio-nali, provengono da strutture socio-sanitarie pubbliche e private deirispettivi Paesi e costituiscono una vera e propria risorsa da poten-ziare e valorizzare in vista dell’implementazione di efficaci politi-che di contrasto all’uso di sostanze nel continente africano.I docenti formatori provengono da tutti gli Enti coinvolti nel pro-getto nonché dall’ambiente Universitario e dalla Sanità Pubblica:Gilberto Gerra e Stefano Berterame dall’ONU, Jenny Karp, Susan-na Nemes e Derrick Crim dalla Social Solutions Inc., Don Vincen-zo Sorce, Presidente di Casa Rosetta, Daniele La Barbera, psichia-tra e docente presso il Policlinico Universitario di Palermo, Salvi-no Leone, medico e Presidente dell’Istituto Siciliano di Bioetica,Giuseppe Lombardo, Psicologo e responsabile dell’Unità Operati-va di Educazione alla Salute dell’ASL 2 di Caltanissetta, UmbertoNizzoli, Psicologo, Responsabile del Programma di Salute Menta-le e Dipendenze Patologiche dell’ASL di Reggio Emilia, FabiolaSafonte, esperta in Statistica e docente LUMSA.Inoltre, una nutrita schiera di operatori del settore tossicodipenden-ze dell’Associazione si occuperà di trattare temi e modelli di trat-tamento.Com’è evidente, un impegno significativo di aiuto concreto a Paesipresso i quali il problema della dipendenza da sostanze e della dif-fusione dell’AIDS è divenuto un allarme sociale sempre più incal-zante. Paesi che, a tutt’oggi, non dispongono di adeguati strumenti

e idonee risorse a contrasto dell’uso di droghe. Ancora una volta,dunque, è l’Africa il nuovo orizzonte di Casa Famiglia Rosetta.Un orizzonte verso il quale Don Sorce ha iniziato a scorgere unnuovo sentiero di servizio, una chiamata missionaria, già alcunianni fa, quando non esitò a dare la disponibilità dell’Associazioneperché venissero accolti a Caltanissetta bambini disabili, insiemealle loro famiglie, provenienti dalla Libia e bisognevoli di esseresottoposti a trattamento riabilitativo.Successivamente, fu la volta del Progetto di formazione per ventioperatori alle tossicodipendenze, condotto con sessioni in Sicilia ein Libia, in collaborazione con la Gheddafi Foundation, la CaritasInternazionale, l’ENI.Ancora, nel novembre 2006, lo stesso Don Sorce, accompagnò unadelegazione di medici specialisti e psicologi di Casa Rosetta chia-mati a partecipare in veste di relatori alla 5° Conferenza Pediatri-ca annuale svoltasi a Tripoli. E non bisogna dimenticare il piccologrande progetto che da tre anni Casa Rosetta ha istituito a Tanga,in Tanzania: venti bambini sieropositivi o ammalati di aids vivonoormai stabilmente nella “Casa delle Speranze” intitolata a Mons.Cataldo Naro, mentre più di cento adolescenti e giovani del terri-torio circostante sono assistiti sotto il profilo sanitario, dei bisognidi base, dell’alimentazione e anche dell’istruzione, grazie ad unprogetto di adozione a distanza Africa: un nuovo fronte di servi-zio, una nuova avventura in risposta ai più deboli.

Equipe Casa Rosetta

Se Dio fosse un calciatore, sarebbe da espellere dalcampo di calcio. E si meriterebbe anche qualche turnodi squalifica. Eh, già, perché Lui non è leale. Prima opoi ti azzopperà. Gioca al tuo fianco, ma aspetta l’oc-casione idonea per colpirti. Prenderà una bella rincor-sa, mirerà ai tuoi stinchi e… giù un colpo da spezzar-ti le gambe. Questo è il suo mestiere, il suo pezzo forte.In questo è uno specialista, non si lascia superare danessuno. Però, lo fa a fin di bene. Ti spezza le gambeperché … ti ama (?!), perché i tuoi piedi ti stavanoportando altrove, perché eri un povero disgraziato. Mal-vagio e peccatore, sempre e comunque, tanto per esserchiari e non sbagliarci. Una simile malsana visione -distorta e distorcente - di Dio si fonda sull’idea secon-do la quale, essendo Lui causa prima di tutto, è neces-sariamente anche causa prima del male che si verificanella vita delle persone, e questo nonostante il Magiste-ro, a chiare lettere, proclami: “Dio non è in alcun modo,né direttamente né indirettamente (ndr), la causa delmale.” (Compendio CCC n° 57) Sulla medesima scia sipone, peraltro, la stessa Rivelazione che “ci aiuta a com-

prendere che [il dolore] non è voluto da Dio (ndr), essen-do entrato nel mondo a causa del peccato dell’uomo.”(Giovanni Paolo II, 24.03.1999). Dunque, Dio non si alleamai con il male né manda croci a chicchessia. Afferma-re il contrario significa collocarsi al di fuori dell’inse-gnamento della Chiesa, ingenerando nei fedeli ingenuiun’idea angosciante di Dio, pronto in qualsiasi momen-to a darti sugli stinchi il calcio fatale. Devi solo atten-dere e il calcio, presto o tardi, arriverà. Questione ditempo. E nel frattempo, che fare? Beh, meglio propiziar-selo un Dio così, tenendoselo buono. E allora, obbedien-za cieca e assoluta a chi pretende di avere in tasca laverità, abdicando ad ogni buon senso e scivolando sem-pre più nel fanatismo. Quel fanatismo che può indurre- e di fatto induce - le persone più deboli a compiereatti di cui, se mai apriranno gli occhi, potrebbero pen-tirsi, provando rabbia e vergogna. È questa, oggi, unadelle paludi più vischiose in cui rischia di affogare ilbisogno di Dio di tante persone semplici ed in buonafede, una palude in cui è facile scivolare, ma da cui èdifficile (e quanto!) tirarsi fuori. Di tutt’altro segno, ovvia-

mente, la dottrina della Chiesa in merito al rapporto traDio ed il male. Non è vero, insegna la Chiesa, che Diorimanga indifferente dinanzi alla sofferenza degli uomi-ni oppure, peggio, che Egli mandi le croci per saggiarela fedeltà delle persone o per punire i peccati. Il Dioannunciato da Gesù Cristo, infatti, “è l’Emmanuele, il Dio-con-noi, un Dio che condivide la sorte dell’uomo e par-tecipa al suo destino.” (Giovanni Paolo II, Varcare la sogliadella speranza) Di fronte al “no” di Adamo a Dio, un“no” che è costato all’uomo il Paradiso terrestre ed haaperto le porte al dilagare del male nella storia degliuomini, Dio non si è dato per vinto. Al contrario, quel“no” “è stato come la spinta decisiva che ha indotto[Dio] a manifestare il suo amore in tutta la sua forzaredentrice” (Benedetto XVI, Messaggio per la Quaresima2006), la forza della Croce. Nella Croce di Cristo è con-tenuto tutto il male del mondo, “le sofferenze individua-li e le sofferenze collettive, quelle causate dalla forzadella natura e quelle provocate dalla libera volontàumana” (Giovanni Paolo II, cit.): non c’è male, non c’èsofferenza umana, non c’è fallimento che non possa tro-

vare il proprio riferimento nella Croce di Cristo. E lì, suquella Croce, tutto il male del mondo è stato vinto allaradice, giacché la sofferenza è stata trasformata dall’in-terno, essendo stata introdotta nella dimensione dell’amo-re. Dal Golgota in poi, infatti, la sofferenza non si è sta-gliata più nella vita degli uomini come evento del non- senso, vicenda dell’assurdo, abisso di desolazione; al con-trario, dal Golgota in poi la sofferenza, quella vissutacon Cristo, è stata trasformata in luogo dell’incontro tral’uomo e Dio, luogo in cui l’uomo che soffre fa espe-rienza della com-passione del Dio crocifisso. Altro che unDio che azzoppa, quindi! Il nostro, al contrario, è un Dioche “mendica l’amore della sua creatura” (Benedetto XVI,cit.), lasciandosi Lui azzoppare al posto nostro, prenden-dosi il calcio fatale che noi in Adamo ci eravamo meri-tati. Quale Dio che manda le croci? Il nostro Dio haspezzato in Cristo tutte le croci che affliggono gli uomi-ni, opponendo “alla prepotenza del male l’onnipotenzadel suo Amore.” (Benedetto XVI, 19.10.2006) Se nonabbiamo compreso e fatto esperienza di questo, Chiannunciamo agli uomini di oggi?

PREVENZIONE E CURA DELL'AIDSCasa Famiglia Rosetta - Dipartimento di Stato USA Training on Drug Abuse Treatment: partela formazione al trattamento della tossicodipendenza in favore di cinque Paesi Africani.

di Andrea Sollena

Un DIO che azzoppa?

SACERDOTE E' BELLO

I l 14 ottobre 2004 segna per la Chiesa italianaun “momento di svolta”. È la data di pubblica-zione del Direttorio, il punto di arrivo di un pro-

cesso avviato da tempo e parte integrante del Pro-getto culturale e allo stesso tempo punto di parten-za per una nuova consapevolezza e una nuova pre-senza nel mondo dei media e, di tutti i media.Ma come fare per “esserci”, per “contare” in un set-tore in cui i “poteri forti” investono ingenti risor-se? Un documento, infatti, per quanto significati-vo e importante possa essere, deve essere suppor-tato dalla presenza concreta, sul “campo”, deglioperatori. Il testo del Direttorio ne è profondamen-te consapevole e infatti propone una nuova figurapastorale, l’animatore della comunicazione e dellacultura con un profilo “professionale” ben preciso.“Il Direttorio sulle comunicazioni sociali nella mis-sione della Chiesa” è punto di arrivo perchè nell’ot-tica del Progetto culturale orientato in senso cristia-no riprende le numerose indicazioni espresse pro-gressivamente negli ultimi anni, dal Convegno diPalermo del 1995 alla 42^ Assemblea Generale diCollevalenza del novembre 1996, fino agli orienta-menti pastorali per il decennio 2001-2010 “Comuni-care il Vangelo in un mondo che cambia”. E’ puntodi partenza perchè esprime concretamente quantoauspicato negli stessi Orientamenti, che ribadisconol’importanza di innestare la comunicazione socialenell’azione missionaria della Chiesa (n. 39).Il Direttorio è suddiviso in due sezioni, otto capi-toli e 203 paragrafi. Di particolare interesse lascelta iconografica caratterizzata da dodici imma-gini di angeli come tema conduttore.I contenuti - nella prima sezione del testo - vertonosulla comunicazione del Vangelo nell’attuale cultu-ra massmediale e sono legati all’indicazione di Gio-vanni Paolo II nell’enciclica Redemptoris missio,quando afferma che il “primo areopago” del tempomoderno, ossia il mondo delle comunicazioni, è statopoco valorizzato per l’annuncio evangelico. Secon-do il decreto conciliare Inter mirifica, è dovere deicristiani servirsi degli strumenti massmediali e istrui-re gli uomini sul loro retto uso. Nella nuova cultura

dell’immagine e della tecnologia, a ragione definita“crocevia del cambiamento”, questo compito s’in-carna nell’impegno per una pastorale organica dellecomunicazioni sociali, dimensione essenziale nellavita di ogni Chiesa locale.Da qui nascono i percorsi pastorali di cui tratta laseconda sezione. Uno degli obiettivi essenziali èche tutte le iniziative comunicative in atto nellacomunità ecclesiale trovino un punto di riferimen-to comune, sviluppando le opportune sinergie.Accanto a questo c’è l’esigenza che in ogni dioce-si ci siano adeguate strutture che si interessino dicoordinare la comunicazione in modo da accompa-gnare il dialogo tra fede e cultura, che è alla basedegli orientamenti pastorale della CEI per questodecennio iniziale del terzo millennio cristiano.Le fonti che il Direttorio utilizza, accanto ai docu-menti della CEI e all’immenso lavoro dell’Ufficionazionale per le comunicazioni sociali, sono le enci-cliche e le esortazioni postsinodali di GiovanniPaolo II a partire dalla Redemptoris missio che qua-lifica l’universo dei media come “il nuovo areopa-go del tempo moderno” (n. 37); i documenti recen-ti del Pontificio Consiglio per le comunicazionisociali, dall’Aetatis novae (1992) in avanti; i mes-saggi pontifici per la giornata mondiale delle comu-nicazioni sociali. Dal decreto conciliate Inter miri-fica all’Evangelii nuntiandi e soprattutto all’istruzio-ne Communio et progressio, che più ancora dell’In-ter mirifica sembrò tradurre sul versante del rappor-to Chiesa-media le idee-guida del Vaticano II.Il Direttorio chiede di individuare forme credibili peruna nuova comunicazione della fede in questo conte-sto socioculturale in continuo cambiamento. Sonoalmeno due, sotto l’ambito comunicativo. Innanzitutto il nuovo rifiorire della “Sala della comunità”,non più nella sola ed unica formula del cineforum, maampliando il suo orizzonte fino a divenire il luogodove si raccolgono le varie attività culturali della par-rocchia. Poi le iniziative di educazione al linguaggiomassmediale, con l’apertura in diverse diocesi discuole collegate in particolare agli Istituti superiori discienze religiose. Trattandosi di linguaggi che non

sempre si conosconoadeguatamente, sicorre il rischio dirimanerne schiaviz-zati sempre. Ma ilproblema, non ècanonizzare o demo-nizzare tali strumen-ti, quanto il favorir-ne una conoscenzamigliore da parte di tutti, e particolarmente dei piùgiovani. La CEI col Direttorio, da parte sua, intendeoffrire una preparazione adeguata per gli operatoridella cultura e della comunicazione sociale. Punto diarrivo e punto di partenza, dunque. Vale allora la penasoffermarsi sull’ipotesi pastorale del Direttorio: indi-viduare in ciascuna parrocchia un “animatore dellacultura e della comunicazione” chiamato sostanzial-mente a farsi carico di “sensibilizzarla ai media” siacome singoli fedeli sia come comunità. Una figurache, come dice il Direttorio, può anche ricevere unvero e proprio “mandato” ministeriale accanto alcatechista e agli animatori della liturgia e della cari-tà.Un pressante invito inoltre viene rivolto alle dio-cesi perché si dotino di un Ufficio stampa, con unresponsabile che abbia la funzione di portavoce delvescovo. Infatti, un responsabile della comunica-zione diocesana appare oggi indispensabile, perpoter rispondere alle richieste sempre più vivaciche giungono dai mass media laici. L’obiettivo è allora “alto” e “importante”: prefigger-si di promuovere attraverso “figure concrete” e “ope-rative”, una nuova esperienza radicata nella realtà,allo scopo di coniugare cultura e comunicazione,convinti che siano i due termini appunto di un bino-mio inscindibile. “Far crescere una mentalità nuovanella comunità ecclesiale perché sostenga e promuo-va questa nuova figura nelle parrocchie, nelle aggre-gazioni e negli areopaghi moderni” (Card. C. Ruiniin “Parabole Mediatiche. Fare cultura nel tempodella comunicazione”, Roma novembre 2002).

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La “svolta” del Direttorio “Comunicazione e Missione” della CEIUna presentazione per una applicazione prossima

di Mario Campisi

Con l’approvazione dello Statuto in data 28 ago-sto 2004, Mons. Cataldo Naro,Arcivescovo di v.m.istituiva la Federazione delle Confraternite del-l’Arcidiocesi di Monreale nominandone ad interimil Consiglio direttivo e il Presidente con l’incaricooltre che di curare l’adesione delle Confraternitealla Federazione di preparare, a norma dell’art. 4dello Statuto, l’elezione del nuovo direttivo.Il nuovo Consiglio della Federazione risultato elet-to in seguito alle consultazioni svoltesi nei vicaria-ti foranei si è riunito in data 7 marzo 2008 nei loca-li della parrocchia San Leoluca di Corleone e haeletto la terna di candidati da presentare al Vesco-vo per la nomina del Presidente, designando i Sigg.Vincenzo Buscio, Francesco Caruso, Giuseppe Sca-turro, primi eletti.Poiché tutti e tre i nominativi hanno riportato lo stes-so numero di voti, considerando che il Prof. Giusep-pe Scaturro ha avuto modo di acquisire esperienzagià nel precedente mandato circa il servizio richiestoS.E. Mons. Salvatore Di Cristina lo ha nominato Pre-sidente della Federazione delle Confraternite dell’Ar-cidiocesi di Monreale per la durata di un triennio.A lui e a tutto il Consiglio direttivo la redazionedi Giornotto augura buon lavoro.

in Br

eve

L’Italia è soprattutto la bellezza dellesue mille città, la laboriosità dei suoiartigiani, lo spirito di sacrificio dei suoioperai. L’Italia è anche l’abnegazionedi tanti insegnanti che curano la forma-zione dei giovani, l’integrità del suosistema giudiziario, la professionalitàdi tanti suoi medici, l’onestà diffusa deisuoi cittadini. È Italia la voglia diriscatto dei giovani di “Addio - pizzo”,è Italia la fitta rete di associazioni divolontariato che aiutano gli ultimi, sene prendono carico, li soccorrono. Ilfuturo dell’Italia risplende nel voltopulito dei mille giovani che studiano, sipreparano alla professione, credono neivalori dell’onestà e della lealtà. Lepotenzialità di bene, di generosità, dialtruismo, di solidarietà che l’Italia rac-chiude in sé sono di gran lunga superio-ri al male che si intravede. Ebbene, pro-prio da questo contesto, così intessutodi ombre e di luci, è venuto fuori ilnuovo Parlamento; di questo contesto -Italia i nuovi parlamentari dovranno

curare responsabilmente gli interessi.Non c’è distanza né alterità tra elettoried eletti: gli uni non sono diversi daglialtri; i nuovi eletti non provengono daun altro pianeta. Il Parlamento uscitodalle urne lo scorso 13 - 14 Aprile foto-grafa nel bene e nel male l’Italia di oggi,del 2008, e a questa Italia deve dellerisposte. Perché ciò avvenga, perché lerisposte siano capaci di incidere sullarealtà e migliorarla, occorre che gli elet-ti, a qualunque parte politica faccianoriferimento, convergano nella ricerca delbene comune, pur nel rispetto dei ruoliche il corpo elettorale ha loro assegnato.L’Italia, elettori ed eletti, deve impararea volersi più bene, a volere bene al pro-prio futuro. (cfr. A. Bagnasco, Prolusio-ne al Consiglio Episcopale Permanente,Roma, 10 - 13 Marzo 2008) “L’Italia habisogno di un soprassalto di amore per sestessa, per ricomprendere le proprie radi-ci e dare slancio al proprio avvenire.”(Ibidem) Chi è stato chiamato dal corpoelettorale a rappresentare il Paese deve

sentire la ricerca del bene comune comel’orizzonte a cui tendere costantemente.Il bene comune deve divenire l’ansiacostante, lo slancio quotidiano di chivuole servire il Paese con l’impegnopolitico. Si è stanchi oramai di schiera-menti contrapposti l’uno all’altro pregiu-dizialmente; l’Italia ha bisogno, un gran-de bisogno, di uomini politici che, ispi-rando la loro azione alla competenza edalla moralità, collaborino per ridare slan-cio alla vita del Paese. Uomini politiciche facciano dell’esemplarità etica lastella di riferimento delle loro scelte e delloro agire piuttosto che lo slogan di unmanifesto valido solo per la campagnaelettorale. Uomini politici disposti a ser-vire il Paese piuttosto che a servirsi delPaese, pronti a battersi per i valori antro-pologici fondamentali, scevri da interes-si personali, servi solo dell’interessegenerale. E tutto questo per il bene del-l’Italia, tutto questo volendo bene all’Ita-lia.

Andrea Sollena

(Voler bene all’Italia) segue dalla prima pagina

Parabole mediatiche

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Vita della diocesi

“I linguaggi della tenerezzanel Cantico dei Cantici” è il temache sarà trattato per le famigliedell’arcidiocesi il 25 Aprile pros-simo, nei locali della chiesa“Redemptoris Mater” di Cinisi,da Mons. Carlo Rocchetta, “teo-logo della tenerezza” come vienechiamato affettuosamente le cop-pie che lo conoscono. Già docen-te di teologia sacramentaria, pres-so l’Università Gregoriana diRoma e la Facoltà Teologica di

Firenze, attualmente docente presso l’Istituto teologico diAssisi, don Carlo ha al suo attivo diverse pubblicazioni che- soprattutto le ultime - scaturiscono dalla sua esperienza diassistente spirituale del “Centro familiare Casa della tene-rezza” di Perugia, (www.casadellatenerezza.it) che si occu-pa di coppie in difficoltà, di formazione alla vita coniugalee dello studio della teologia del matrimonio e della famiglia.

Il teologo assume ha intrapreso un opera abbastanzaardua in campo teologico qual è quella di mostrare l’esisten-za cristiana, in particolare quella della coppia, nell’ottica ditenerezza, offrendo una corretta nozione di tenerezza, inte-sa come valore che assume lo spessore concreto del nostroessere, ma che si attua concretamente come esperienza spi-rituale e accadimento di grazia. Il sentimento della tenerez-za appartiene alla vocazione originaria dell’essere umano inordine alla piena realizzazione della sua umanità e in ordi-ne al suo sviluppo integrale per il cristiano, in particolare nelvissuto di coppia.

La tenerezza, è un’attitudine di ordine antropologicoinscritta in noi sin dalla nascita, appartiene alla nostra iden-

tità e si qualifica come “sentimento”, capacità di “sentire”,pathos che coinvolge tutto l’essere e si rivela decisivo per losviluppo della nostra umanità, di uomini e di donne, comeesseri di relazione e in relazione.

Il sentimento della tenerezza, suppone la trasparenza,l’empatia, la libertà che costituiscono l’humus, il terreno fer-tile in cui la tenerezza come dono, accoglienza, condivisio-ne può fruttificare.

La trasparenza è guardare sé stessi, gli altri e il mondocon verità interiore, senza maschere o dissimulazioni chenascondono e persino falsificano la coscienza dell’io perso-nale e di conseguenza il senso genuino dell’incontro con sestessi e con l’altro. La trasparenza è la premessa per unapiena assunzione del sentimento della tenerezza, che altri-menti potrebbe trasformarsi in un’esperienza superficiale oambivalente e persino ambigua.

L’empatia in senso etimologico, (= in, dentro, e s = sen-timento) è sentire ciò che l’altro sente, fino a farsene carico;il suo proprium è realizzare relazioni di compartecipazionecon il vissuto dell’altro; è il contrario del relazionarsi all’al-tro in modo freddo, distante, calcolatore che inibisce e sof-foca l’espressione e lo sviluppo della tenerezza. L’empatiadeve coniugarsi con la libertà, evitando di trasformare le pre-mure in forme di dominio; libertà da tutto ciò che impediscedi entrare in sintonia con l’altro mettendosi al servizio, in unadimensione di rispetto reciproco; libertà con l’altro nel dia-logo e nella messa in comune dei doni di natura e di grazia;libertà di rispondere alla chiamata di Dio. La categoria antro-pologica della tenerezza, come attitudine costitutiva dell’uo-mo e della donna, creati ad immagine e somiglianza di Dio,non è estranea al contenuto della fede e all’esistenza cristia-na, ma, rientra a pieno titolo nel linguaggio biblico e nell’an-nuncio della fede. Una antropologia biblica della tenerezza

trova la sua sorgente e il suo paradigma nel mistero del Diodell’Alleanza (nell’AT) e nella manifestazione del suo amorein Gesù di Nazaret (nel NT). La redenzione che Gesù appor-tata nel mondo è indirizzata al recupero dello splendore del-l’immagine di Dio impressa nell’uomo e nella donna, orien-tandoli verso il dono di una comunione nuova in Lui. Si trat-ta dell’unità strutturale tra creazione e redenzione, natura egrazia; la tenerezza non si vive solo in ragione di un impul-so emotivo o di un’istanza del cuore, ma in forza della paro-la di Dio e della vita in Cristo cui il battesimo ci innesta, e indefinitiva, come espressione e attualizzazione del disegno sal-vifico di Dio sull ‘umanità manifestato nella storia appuntocome un disegno di tenerezza.

È ormai entrato in molti commenti biblici l’accostamen-to tra il testo della creazione della donna e il Cantico dei can-tici. Nel momento della creazione è l’uomo ad esprimere lasua gioia stupita; nel Cantico protagonista dello stupore èsoprattutto la donna. Là era l’uomo a esprimere la meravi-glia per la compagna che il Signore gli presentava, qui è ladonna a dar voce all’ammirazione per la presenza dell’uo-mo. “Il lui e la lei del Cantico, senza un vero nome, rappre-sentano tutte le coppie della storia nelle quali si ripete ilmiracolo dell’amore” (L. Alonso Schökel).

Per avere uno strumento in più da consultare consiglia-mo un testo del relatore che può essere di aiuto sia ad ope-ratori di Pastorale Familiare che alle singole coppie per assa-porare sempre più la loro chiamata all’Amore:

C. Rocchetta, Le stagioni dell’amore. Fidanzati e sposi incammino con il Cantico dei Cantici, Ed. Dehoniane, Bologna.

Patrizia Lo Monaco e Marialicia Pollara

Il linguaggio della TenerezzaSeminario di pastorale familiare

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Vita della diocesiVita della diocesi

ASPETTANDOPENTECOSTE

Si terràVenerdì 9 mag-gio alle ore20.30, nella Cat-tedrale di Mon-reale, l’annualeveglia di pre-ghiera promossadalla Consultadelle Aggrega-zioni Laicali epresieduta dal-l’Arcivescovo,Mons. SalvatoreDi Cristina, unappuntamentoormai usuale edatteso non solodal numerosopopo lo de l l e

associazioni e dei movimenti, ma da tutta la chiesa dio-cesana. Già da due anni, infatti, sperimentiamo i fruttidi questa comune e corale invocazione dello SpiritoSanto che ci aiuta a crescere nel cammino di comunio-ne e ci fa apprezzare la bellezza della Chiesa che si espri-me proprio nella varietà delle sue componenti, fruttodella perenne creatività dello Spirito.

La veglia costituisce anche il momento conclusi-vo del cammino della consulta in questo anno pasto-rale 2007/2008, espressione orante di un impegnoanche formativo, che ha avuto il suo momento pri-vilegiato nel Convegno del 2 Dicembre scorso sul-l’identità e vocazione dei laici. In continuità conesso, questo secondo appuntamento ci ricorda orache ciò che lo Spirito ci fa comprendere sul senso delnostro Battesimo, solo lo stesso Spirito, perenne-mente supplicato ed accolto, ci può dare la forza diviverlo.

Rosa Maria Scuderi

La domenica di Pentecoste (cinquanta giorni dopo laPasqua) raccoglie tutta la gioia pasquale del tempoliturgico appena trascorso e ci proietta a vivere iltempo ordinario che riprenderemo dalla successivadomenica. Il dono dello Spirito Santo alla Chiesa èil primo dono della Pasqua di Gesù Cristo. Per que-sto nel Vangelo (Gv 20,19-23) lo Spirito è donato aidiscepoli “la sera di quello stesso giorno”, il gior-no della resurrezione. L’ora, per cui Cristo è venu-to, si è compiuta e da essa scaturiscono le conse-guenze: lo Spirito, la sua pace, la missione dellaChiesa e la potenza soprannaturale per attuarla. Ilmomento del compimento è accaduto, lo Spirito èpresentato come la compiutezza della missione diCristo (At 2,1-11), esso è la nuova legge che, iscrit-ta nei cuori dei credenti, permette la manifestazionedi una nuova capacità di comunicazione - ciascunoli sentiva parlare nella pro-pria lingua - e la ricostru-zione dell’unità di tutti ipopoli . Lo Spirito irrompenella storia e trasforma icuore dei credenti renden-doli capaci di intuire,seguire e testimoniare perguidare tutti i popoliall’unità in Cristo. Lacomunione che si manife-sta nell’unità è frutto dellostesso Spirito realizzata,

però, non nell’uniformità e nell’appiattimento manella diversità di carismi e ministeri(1Cor 12,5). Ilcompiersi della storia della salvezza rende gli uomi-ni, toccati dalla grazia, un nuovo organismo vitale,il Corpo di Cristo, per la cui crescita ciascuno vive,attuando la nuova legge dell’amore. La capacità dispendersi solo per l’edificazione del corpo dellaChiesa è conferma dell’azione dello Spirito. Tuttoquesto celebriamo a Pentecoste e, se la liturgia rendeattuale nell’oggi l’evento della salvezza, il dinami-smo dello Spirito si compie anche per noi. È questaesperienza che, finito il tempo forte della quaresima-Pasqua, ci portiamo da vivere più profondamente neltempo dell’ordinario. Ci chiediamo allora: come lecomunità ecclesiali vivono il rapporto unità-diversi-tà nella loro esperienza? Come lasciamo agire lo Spi-rito perché ognuno possa ascoltare l’unico messag-

gio salvifico nella “sua lin-gua”? E qual è il rapportotra il nostro agire, persona-le ed ecclesiale, e l’eventodella Pasqua? La liturgiadella Parola di Pentecosteci mostra delle piste chiaredi riflessione e verificadella vita da credenti. Ènecessario però non ridurlasolamente ad atto celebrati-vo, ma renderla celebrazio-ne nel quotidiano.

Vivere la Pentecoste

di Pietro Macaluso

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I n molti paesi della Sicilia e, in particolare dellanostra diocesi di Monreale, viene celebrata lafesta del Santissimo Crocifisso. Nelle varie

comunità ecclesiali della zona montana essa appare for-temente legata agli antichi riti agrari e a tutto il com-plesso mitico-rituale della rigenerazione del tempo.

In pieno clima pasquale, il venerdì che segue alladomenica di resurrezione, la festa del SS. Crocifisso sicelebra a Giuliana per ricordare il miracolo della piog-gia, avvenuto nel 1579 dopo una lunga siccità cheminacciava il raccolto. E’ u jornu du Signuri, il vener-dì di Giuliana, il giorno in cui il Crocifisso dell’acquaviene portato in processione rendendo sacro il tempo elo spazio proprio all’inizio della primavera, periodo delrisveglio della natura. Collegata alla festa è la sagra delpesce. Un’antica tradizione vuole, infatti, che il Croci-fisso sia stato portato a Giuliana dai marinai di Sciac-ca i quali, in una sera di fitta nebbia, per rientrare inporto si erano orientati con la piccola luce di una lan-terna tenuta sempre accesa davanti ad un’edicola voti-va della Madonna, scavata nella roccia ai piedi delcastello di Federico II.

Particolare, poi, la festa del Crocifisso che si cele-bra a Bisacquino il 3 Maggio, data in cui, prima dellariforma liturgica, si ricordava il ritrovamento dellaCroce ad opera di S. Elena, madre di Costantino. Circatrenta statue di Santi precedono il settecentesco e mae-stoso fercolo processionale del Crocifisso, portato aspalla dai fedeli. Ad aprire il corteo è San Michele

Arcangelo seguito dalla lunga schiera di simulacriquasi a riprodurre sulla terra la gloria di Cristo fra gliAngeli e i Santi in Paradiso. La festa si conclude con igiochi pirotecnici in tarda serata.

Il martedì dopo Pentecoste è il turno di Chiusa Scla-fani. Il piccolo Crocifisso dei Miracoli, u Crucifissed-du di Chiusa, viene portato in processione insieme adaltre statue di Santi e, in tale occasione, un tempo sisvolgeva la corsa dei cavalli nella via principale.

Le vicine comunità di Bisacquino, Chiusa Sclafani eGiuliana sono legate da un’antica tradizione popolaresecondo cui almeno uno dei tre Crocifissi nel giorno dellafesta si dovrà bagnare con la pioggia inviata dal Cielocome una sorta di benedizione. E’ ancora una volta evi-dente l’aspetto propiziatorio in un territorio la cui eco-nomia si basava, specialmente in passato, quasi esclusi-vamente sull’agricoltura e sull’allevamento del bestiame.

La stessa impronta è rintracciabile a Prizzi il 14 set-tembre, anniversario della dedicazione della Chiesa delSanto Sepolcro a Gerusalemme e ricordo del recuperodella reliquia della Croce nel 628 ad opera dell’impe-ratore Eraclio. Collegata alla festa del SS. Crocifissodi Prizzi è, infatti, la fiera, un tempo ultima occasioneper fare gli acquisti prima dell’inverno con i proventidel raccolto estivo.

Va ricordato, infine, il Crocifisso della Catena par-ticolarmente venerato a Corleone, specie in periodi disiccità o anche quando occorre bel tempo. Prima o subi-to dopo la Pasqua viene portato in processione peniten-

ziale per benedire le campagne nel momento in cui siriprendono i lavori agricoli. Il Crocifisso rimane nellaChiesa Madre di Corleone sino al 29 giugno, quandofa ritorno nella Chiesa di S. Rosalia dove è abitualmen-te custodito. Un altro momento di festa, dai toni piùsfarzosi, è riservato al Crocifisso della Catena in occa-sione dell’esaltazione della S. Croce.

Siamo dinanzi a riti e tradizioni che costituisconoun patrimonio culturale e antropologico da salvaguar-dare e che ci rivelano la profonda religiosità e il senti-mento del sacro del nostro popolo. E soprattutto ciricordano che Cristo ci ha salvato morendo sulla croce.Gesù che allarga le braccia sul legno della croce cimostra inequivocabilmente la smisurata grandezza delsuo amore per noi. Festeggiare il Crocifisso, poi, nonsignifica fermarsi a quanto accaduto il Venerdì santo,ma inglobare anche l’evento della risurrezione, aspet-to fondamentale della nostra fede. Sulla croce c’è orail Messia morto e risorto!

Vincenzo Campo

È U JORNU DU SIGNORIFesta del SS. Crocifisso in Bisacquino

Un centenario indimenticabile e benriuscito! Quanta tradizione di vita è statarivissuta nei giorni del 28, 29 e 30 marzoa Camporeale. C’è chi sostiene che labellezza dei paesini risiede proprio nellefeste patronali che ne contornano la vita.Cento anni di storia sono stati ripercorsinella mostra fotografica allestita nellasala consiliare “Gaetano Vaccaro”: lo“Statuto del 1907”, le contabilità deglianni passati, le donazioni a favore dellepopolazioni povere nel mondo, i Presi-denti che si sono susseguiti, gli altari diieri, gli altari di oggi, ed il popolo tuttoattorno alla Sacra Famiglia e a quel padre(padre dei lavoratori, padre di umiltà) cheha riconosciuto (come la Sposa Santa) diessere figlio del suo stesso Figlio. Padrema soprattutto figlio di quel Padre ditutti. “Viva lu Patriarca san Giuseppe!!!Viva!!! Viva!!!” Cento anni di storia,dunque, sì, cento anni ma che ne portanoduemila, cento ma duemila, cento maanche tutta la storia dalla creazione adoggi, cento anni di Eternità. Storia di unpopolo che si prodiga in offerte materia-li e spirituali, scandalo per i ben pensan-ti e per i razionalisti (che tutto credono dicalcolare e tutto pensano di sapere), chenon capiscono che il popolo dà perché sadi aver ricevuto. Un popolo che forse nonha chiaro tutti i misteri della fede, ma cheha delle certezze vere e salde. Un popo-lo che si stringe attorno alla Famiglia ditutti con canti, balli e momenti di condi-visione. Un popolo che festeggia il Santoe offre a Dio “il proprio impegno, il pro-prio sacrificio, il proprio lavoro”, come

ha testimoniato il Presidente di oggi,Giuseppe Ingrassia, nel suo commossointervento in Chiesa Madre davanti alvescovo. Un popolo che vive il presentee che invoca San Giuseppe “affinchépossa proteggere e custodire le nostrecase e dare lavoro a coloro che non nehanno”.

Nel contesto di tale centenario un’ini-ziativa degna di essere segnalata è il con-vegno sul tema dell’educazione dal tito-lo: “Figlio perché ci hai fatto questo”,celebratosi il 19 gennaio scorso. Il parro-co Don Carmelo Migliore, che ha propo-sto e condotto l’evento, prendendo spun-to da una lettera pastorale del vescovo diLugano mons. Grampa che richiama ifedeli sulla necessità di ridare nuovoslancio all’opera educativa. La famiglia,la scuola, la società e la comunità cristia-

na sono gli ambiti coinvolti nel processoeducativo del nostro tempo. La famigliaè però l’ambito primario, luogo dove ilegami sono per natura più intensi, in cuiun educazione adeguata risulta di fonda-mentale importanza per la crescita sanadei figli. Il pomeriggio di studio è statorivolto agli operatori ma innanzitutto allafamiglia stessa, perché si riappropri delproprio ruolo educativo-formativo, neltentativo di fermare una tendenza pur-troppo diffusa di delegare ad altre istitu-zioni ciò che le è primariamente conna-turato. Sono intervenuti all’incontro iconiugi Carmelo e Marialicia Pollara chehanno parlato della loro esperienza digenitori, della possibilità concreta di edu-care in senso cristiano. A seguire France-sco Di Maggio ha esposto alcune sueesperienze da educatore, ed ha illustrato

i risultati del test-sondaggio effettuatopresso l’I.C. L. Sciascia di Camporeale.Dopo di ciò è intervenuto don AdrianoBarsotti che ha raccontato la propriaesperienza presso la scuola media catto-lica di San Casciano, dove lui insegna let-tere. A rappresentare mons. Arcivescovoè stato il vicario generale mons. Dolceche ha concluso i lavori con una riflessio-ne riassuntiva. Sul fronte dell’urgenzaeducativa un segnale forte è stato lancia-to. Ci auguriamo che altre iniziative delgenere siano periodicamente proposte,per mantenere alta l’attenzione su unpunto cruciale per la crescita di tutti.

Francesco Di Maggio

CENTO ANNI DI STORIACamporeale in festa

Mons. Giuseppe Governanti60° anniversario di sacerdozio

Don Giuseppe LenaMons. Giuseppe Provenzano50° anniversario di sacerdozio

Occhio al territorioOcchio al territorio

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