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DISCREZIONALITÀ E VINCOLATEZZA NELL’AZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE FINANZIARIA SOMMARIO: 1. Premessa – 2. Le situazioni giuridiche coinvolte: le potestà amministrative – 3. La distinzione tra discrezionalità e vincolatezza – 4. (segue): e la sua riferibilità al diritto tributario – 5. Riserva di legge e vincolatezza dell’attività di accertamento – 6. La normale discrezionalità dell’attività di riscossione – 7. Interpelli, accordi preventivi, adempimento collaborativo – 8. Cenni sulle proiezioni contenziose delle considerazioni svolte 1. Premessa Dei temi della discrezionalità e della vincolatezza si procede ad una trattazione per così dire in medias res, che, lungi dall’evocare eretici accostamenti al “poeta sovrano” (che, appunto, «semper ad eventum festinat et in medias res» 1 ), è imposta dalle dimen- sioni della relazione, ma anche dalla latitudine degli stessi e dall’attenzione loro dedicata, già da tempo, nel diritto amministrativo. E, più esattamente, si vuole muovere dalla sintesi, attualizzata, degli approdi emersi in questa branca del diritto, che come è noto si devono per lo più ai contributi di Massimo Severo Giannini 2 , perseguendosi gli obiettivi preminenti e più interessanti di mettere a fuoco le attività che hanno ad oggetto il tributo, e che pertanto possono dirsi tipiche del diritto tributario, fattene le opportune distinzioni. 2. Le situazioni giuridiche coinvolte: le potestà amministrative 2.1. Discrezionalità e vincolatezza sono attributi del potere amministrativo, e più precisamente delle potestà amministrative, in quanto ineriscono a manifestazioni di vo- lontà dell’amministrazione idonee a modificare la sfera giuridica degli amministrati, delle 1 Il verso è di Orazio (cfr. HOR., Ars poetica, 148), che così si riferisce allo stile epico di Omero. Mentre l’epiteto “poeta sovrano” è nelle parole che Dante mette in bocca a Virgilio appunto per presentare Omero (cfr. D. ALIGHIERI, Comedia, Inferno, IV, 88). Va da sé che, senza sminuire l’importanza della questione omerica, chi scrive crede romanticamente nell’esistenza del Poeta (quanto meno) dell’Iliade. 2 Si ricorda innanzi tutto M.S. GIANNINI, Il potere discrezionale della pubblica amministrazione. Concetto e problemi, Milano, 1939, la cui posizioni sono state poi riprese in più lavori, tra i quali da ultimo: ID., Diritto amministrativo, II, Milano, 1993, p.45 ss. L’importanza degli studi di M. S. Giannini è general- mente riconosciuta; cfr. per tutti: F.G. SCOCA, La discrezionalità nel pensiero di Giannini e nella dottrina successiva in Riv. Trim. Dir. Pubbl. 2000, p.1045 ss.; e nel diritto tributario L. PERRONE, Discrezionalità amministrativa (dir. trib.) in AA. VV. Dizionario di diritto pubblico a cura di Cassese, Milano, 2006, III, p.2003 ss. Cfr. anche nota successiva.

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DISCREZIONALITÀ E VINCOLATEZZA

NELL’AZIONE DELL’AMMINISTRAZIONE FINANZIARIA

SOMMARIO: 1. Premessa – 2. Le situazioni giuridiche coinvolte: le potestà amministrative

– 3. La distinzione tra discrezionalità e vincolatezza – 4. (segue): e la sua riferibilità al

diritto tributario – 5. Riserva di legge e vincolatezza dell’attività di accertamento – 6. La

normale discrezionalità dell’attività di riscossione – 7. Interpelli, accordi preventivi,

adempimento collaborativo – 8. Cenni sulle proiezioni contenziose delle considerazioni

svolte

1. Premessa

Dei temi della discrezionalità e della vincolatezza si procede ad una trattazione

per così dire in medias res, che, lungi dall’evocare eretici accostamenti al “poeta sovrano”

(che, appunto, «semper ad eventum festinat et in medias res»1), è imposta dalle dimen-

sioni della relazione, ma anche dalla latitudine degli stessi e dall’attenzione loro dedicata,

già da tempo, nel diritto amministrativo.

E, più esattamente, si vuole muovere dalla sintesi, attualizzata, degli approdi

emersi in questa branca del diritto, che come è noto si devono per lo più ai contributi di

Massimo Severo Giannini2, perseguendosi gli obiettivi preminenti e più interessanti di

mettere a fuoco le attività che hanno ad oggetto il tributo, e che pertanto possono dirsi

tipiche del diritto tributario, fattene le opportune distinzioni.

2. Le situazioni giuridiche coinvolte: le potestà amministrative

2.1. Discrezionalità e vincolatezza sono attributi del potere amministrativo, e più

precisamente delle potestà amministrative, in quanto ineriscono a manifestazioni di vo-

lontà dell’amministrazione idonee a modificare la sfera giuridica degli amministrati, delle

1 Il verso è di Orazio (cfr. HOR., Ars poetica, 148), che così si riferisce allo stile epico di Omero.

Mentre l’epiteto “poeta sovrano” è nelle parole che Dante mette in bocca a Virgilio appunto per presentare Omero (cfr. D. ALIGHIERI, Comedia, Inferno, IV, 88). Va da sé che, senza sminuire l’importanza della questione omerica, chi scrive crede romanticamente nell’esistenza del Poeta (quanto meno) dell’Iliade.

2 Si ricorda innanzi tutto M.S. GIANNINI, Il potere discrezionale della pubblica amministrazione. Concetto e problemi, Milano, 1939, la cui posizioni sono state poi riprese in più lavori, tra i quali da ultimo: ID., Diritto amministrativo, II, Milano, 1993, p.45 ss. L’importanza degli studi di M. S. Giannini è general-mente riconosciuta; cfr. per tutti: F.G. SCOCA, La discrezionalità nel pensiero di Giannini e nella dottrina successiva in Riv. Trim. Dir. Pubbl. 2000, p.1045 ss.; e nel diritto tributario L. PERRONE, Discrezionalità amministrativa (dir. trib.) in AA. VV. Dizionario di diritto pubblico a cura di Cassese, Milano, 2006, III, p.2003 ss. Cfr. anche nota successiva.

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quali condizionano la latitudine: rispettivamente verso più direzioni possibili, di cui ope-

rare la sintesi, o nell’unica direzione possibile, di cui l’amministrazione deve pur sempre

farsi promotrice3.

Sennonché, guardando al diritto tributario, non può non constatarsi come la per-

cezione dei fenomeni tributari sia alterata dalla presenza di quell’“ingombrante feticcio”

che è l’obbligazione tributaria, la quale (soprattutto nelle visioni proprie delle teorie di-

chiarative, ma) anche nelle preferibili ricostruzioni proprie delle teorie costitutive dei rap-

porti tributari costringe l’ambito di operatività delle potestà amministrative in favore di

asseriti rapporti paritetici, sia pure con diversa latitudine a seconda della collocazione del

momento genetico dell’obbligazione e/o delle obbligazioni tributarie.

E delle stesse potestà amministrative coinvolte nell’azione dell’amministrazione

finanziaria non si ha spesso una chiara (percezione e/o) rappresentazione, visto che per-

sistono echi di posizioni dottrinali (si pensi alle teorie del procedimento tributario o

dell’unitaria funzione impositiva) e suggestioni giurisprudenziali (laddove, ad esempio,

si continua a parlare di impugnazione-merito con riferimento all’oggetto del processo tri-

butario), che non ne fanno cogliere l’intrinseca natura e le conseguenti opportune diffe-

renziazioni (quanto a contenuti propri, interessi perseguiti, referenti costituzionali).

2.2. Chi parla ha espresso in vari contributi il proprio pensiero circa l’inesistenza

dell’obbligazione tributaria4; e su ciò pertanto non si vuole indugiare. In questa sede è

3 Sulla distinzione tra discrezionalità e vincolatezza, anche per i riferimenti, si vedano ad es. e di

recente: R. VILLATA-M. RAMAJOLI, Il provvedimento amministrativo, Torino, 2017, p.72 ss.; F. G. SCOCA, L’interesse legittimo. Storia e teoria, Torino, 2017, p.432 ss. Tra gli studi più recenti di diritto tributario si veda M. MARTIS, Contributo allo studio della discrezionalità nel diritto tributario, Napoli, 2018, p.18 ss.

4 Sia consentito rinviare da ultimo ad A. GUIDARA, La successione nelle situazioni soggettive tri-butarie, Milano, 2018, p.48 ss., ove anche vari riferimenti (ma già ID., Indisponibilità del tributo e accordi nella fase della riscossione, Milano, 2010, p.87 ss.).

Nel senso dell’inesistenza dell’obbligazione tributaria vi sono importanti contributi, quali: C. GLENDI, L’oggetto del processo tributario, Padova, 1984, p.143 ss.; S. LA ROSA, Accertamento tributario e situazioni soggettive del contribuente, in Riv. Dir. Trib., 2006, I, in particolare p.743 ss., dal quale è stata presa in prestito la qualificazione dell’obbligazione tributaria come “ingombrante feticcio”. Ed è interes-sante notare come nella stessa direzione si colgano anche importanti più recenti cambiamenti: cfr. ad es. A. FEDELE, Sostituzione tributaria e situazioni giuridiche soggettive dei privati coinvolti in Riv. Dir. Trib. 2016, I, p.556 ss., ove, nel criticare la consolidata posizione giurisprudenziale che vuole il sostituito sempre coobbligato, in solido e sin dall’inizio, con il sostituto, si procede ad un riesame dell’intero assetto delle situazioni giuridiche soggettive dei privati coinvolti nella sostituzione tributaria e, in particolare, si contesta la tradizione configurazione del tributo come rapporto obbligatorio, che è assunta dalla giurisprudenza («questo orientamento della Cassazione trova la sua origine nel dogma dell’“obbligazione tributaria”»), sostituendovi «assetti propriamente onerosi, di potere o di mera soggezione; come anche si contestano le tesi che qualificano il “contribuente” come titolare dell’obbligazione d’imposta (di cui si evidenziano cri-ticità), concludendosi, piuttosto, che «il riferimento all’“Obbligazione d’imposta” ha la sola funzione di identificare la “misura” del concorso alle pubbliche spese facente carico al contribuente in relazione al

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sufficiente osservare come nel diritto tributario difficilmente possa parlarsi di situazioni

di debito e di credito che siano correlate tra loro, vale a dire di un rapporto obbligatorio

(anche innestantesi nell’ambito di un procedimento amministrativo). Ciò essenzialmente

perché i rapporti tra contribuente e amministrazione sono connotati da profili che esulano

dalle normali obbligazioni pecuniarie: l’amministrazione a differenza del normale credi-

tore può azionare ex se le sue pretese, esercitando i poteri autoritativi di cui dispone (come

è noto, essa determina l’esistenza di un eventuale debito, lo quantifica e lo riscuote, anche

contro la volontà del “debitore”); inoltre, essa stessa punisce l’inadempimento del contri-

buente con l’applicazione di una sanzione (amministrativa), che non si riscontra nei nor-

mali rapporti di debito-credito5.

Sicché non è neppure corretto riferirsi al credito tributario per indicare la situa-

zione giuridica di vantaggio dell’amministrazione finanziaria, essendo esso ricavato dalla

scomposizione dell’obbligazione tributaria nelle situazioni di debito e di credito (che

come è noto sono gli elementi costitutivi del rapporto obbligatorio6) e dalla considera-

zione della sola posizione attiva dell’amministrazione, rappresentata, appunto, come di-

ritto di credito. Piuttosto, si possono qualificare come (veri) crediti tributari le pretese dei

contribuenti nei confronti dell’amministrazione finanziaria, cui corrispondono obblighi

in capo a quest’ultima: si è in presenza in tali casi di vere e proprie obbligazioni tributarie,

nelle quali però ad essere obbligata è l’amministrazione.

2.3. Di contro, i fenomeni tributari involgono una pluralità di situazioni giuridi-

che. Così dei contribuenti vengono comunemente messe in luce situazioni giuridiche pas-

sive, quali obblighi di dichiarazione, obblighi di versamento, obblighi contabili, sogge-

zioni; anche se agli stessi competono pure situazioni giuridiche attive, quali interessi le-

gittimi, diritti a deduzioni, diritti a detrazioni, crediti tributari. Dell’amministrazione fi-

nanziaria, invece, di regola si rappresentano le varie pretese, che di certo esprimono si-

tuazioni di vantaggio: più esattamente, esse esprimono potestà amministrative, essendo

verificarsi di un dato presupposto del tributo» («mentre la concreta determinazione delle prestazione tribu-tarie oggetto di specifici doveri … consegue solo alle ulteriori vicende attuative»).

5 Ancora delle obbligazioni mancano connotati importanti. Manca innanzi tutto la pariteticità, al-meno sul piano formale, del “rapporto” tra le parti, ma piuttosto si constata una posizione formale (oltre che sostanziale) di supremazia dell’amministrazione. Ed ancora si constata l’assenza di un interesse esclu-sivo o preminente del “creditore” alla prestazione e del conseguente potere di disposizione, giacché l’inte-resse dell’amministrazione (o dello Stato-apparato) è servente rispetto all’interesse pubblico alla percezione dei tributi al punto che la stessa amministrazione, a differenza del normale creditore, non può sottrarsi dal far valere le sue pretese, come anche dal sanzionare eventuali comportamenti del contribuente difformi dalla legge, neppure laddove venga meno l’interesse di essa a conseguire la prestazione.

6 Cfr. ad es. C. M. BIANCA, Diritto civile. IV. L’obbligazione, Milano, 1993 (ristampa aggiornata al 1997), pp.21 ss. e 28 ss.

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ex se suscettibili di essere portate a compimento e così realizzare gli interessi pubblici cui

sono finalizzate.

Per l’appunto, in luogo di un’unica potestà, quella di accertamento, cui di regola

si è dedicata e si dedica attenzione, vengono in essere varie potestà amministrative, di cui

risaltano ictu oculi le differenze di contenuto: è sufficiente il passaggio, frequente nel

diritto tributario, dallo svolgimento di un’ispezione, alla determinazione del tributo evaso,

all’aggressione della sfera patrimoniale, per cogliere piani diversi dell’azione dell’ammi-

nistrazione finanziaria. E differenti sono anche gli interessi pubblici perseguiti come pure

differenti sono i relativi referenti costituzionali: così e per proseguire nell’esemplifica-

zione precedente, l’acquisizione di dati e notizie fiscalmente rilevanti chiama in causa

possibili limitazioni di libertà personali e riservatezza, la determinazione di an e quantum

debeatur di ciascun contribuente ne vuole apprezzare esclusivamente la capacità contri-

butiva, l’aggressione della sfera patrimoniale media spesso l’interesse alla sollecita ac-

quisizione dei tributi con altri interessi, pubblici e privati, inevitabilmente coinvolti.

I termini del discorso non mutano se si fa riferimento alle funzioni amministrative,

ossia alle potestà viste nel loro farsi, nel loro trasformarsi in atti. Come pure non mutano

se si fa riferimento alle attività amministrative, consistenti in una pluralità di similari po-

testà e atti accomunati da medesime finalità. Peraltro, va dato atto che i termini potestà,

funzioni e attività riferiti all’azione amministrativa non di rado sono usati come sinonimi

o comunque considerati fungibili; anche se, volendo rappresentare più compiutamente la

complessiva azione dell’amministrazione finanziaria, il riferimento alle attività ammini-

strative sembra preferibile (d’altra parte, in esse si ricomprendono pure atti amministrativi

non autoritativi).

Ovviamente non si possono analizzare in questa sede tutte le attività dell’ammi-

nistrazione finanziaria. Si preferisce prestare attenzione a quelle di cui il tributo costitui-

sce in tutto o in parte il contenuto, per le quali cioè la discussione su discrezionalità e

vincolatezza è intranea al diritto tributario: il riferimento è alle attività di accertamento e

di riscossione, che poi sono le attività tipiche del diritto tributario; mentre si escludono

quelle conoscitive o d’indagine e quelle sanzionatorie, di cui peraltro sembra facile pre-

dicarsi nell’ordine naturali discrezionalità e vincolatezza7. Infine, una separata attenzione

7 Esse esprimono rispettivamente le potestà di acquisire dati e notizie fiscalmente rilevanti, anche

contro la volontà del contribuente e con eventuali limitazioni di libertà personali e riservatezza, e le potestà punitive degli uffici con finalità di prevenzione e repressione dell’evasione fiscale. Ossia coinvolgono in-teressi ed hanno referenti costituzionali non specificamente tributari, quali le libertà personali e il diritto alla difesa da un lato, la prevenzione e la repressione delle violazioni fiscali dall’altro. Né può dirsi che l’esercizio dei poteri conoscitivi sia finalizzato alla determinazione dei tributi e all’irrogazione di sanzioni (perdendo con ciò autonomia funzionale), ma piuttosto, come si è detto, all’acquisizione di dati e notizie

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merita l’attività di indirizzo, nella misura in cui possa avere ad oggetto il tributo, con

istituti recenti e d’interesse – come dimostrano anche gli spazi loro dedicati in questo

convegno – quali interpelli, accordi preventivi e adempimento collaborativo. E probabil-

mente andrebbero colte le proiezioni processuali delle considerazioni svolgende.

3. La distinzione tra discrezionalità e vincolatezza

3.1. In estrema sintesi, e come peraltro si è anticipato, la discrezionalità ammini-

strativa può identificarsi nella scelta tra più soluzioni possibili di quella più opportuna e

conveniente8: più esattamente, poiché l’amministrazione dispone di poteri autoritativi in

funzione della realizzazione di interessi pubblici, la sua scelta è finalizzata, ossia deve

essere nel caso concreto la più opportuna e conveniente in ordine all’interesse pubblico

perseguito. Tuttavia l’interesse pubblico non vive da solo ma sta assieme ad altri interessi,

pubblici e privati, di diversa rilevanza, che con esso concorrono o che ad esso accedono:

quello alla cura del quale è preposta l’amministrazione può dirsi primario o essenziale,

gli altri invece sono secondari. L’amministrazione non prende in considerazione solo l’in-

teresse primario, dovendo essa più compiutamente ponderare anche gli altri interessi (se-

condari) coinvolti dalla sua azione.

Ed appunto la ponderazione comparativa di più interessi, e segnatamente degli

interessi secondari in relazione a quello primario, connota la scelta amministrativa e co-

stituisce la figura tipo della discrezionalità. Con la precisazione che non può escludersi la

presenza di più interessi tutti primari; e soprattutto che individuazione e valutazione degli

interessi (primari e secondari, pubblici e privati) coinvolti nell’azione amministrativa non

possono che essere effettuate in relazione al caso concreto, ovvero in funzione del risul-

tato da conseguire nel caso concreto, come peraltro negli ultimi anni frequentemente e da

più parti si dice (si pensi alla cd. amministrazione di risultato o per risultati). A partire dal

1990, poi, il legislatore ha anche fissato dei criteri generali alla luce dei quali la scelta

fiscalmente rilevanti, suscettibili poi di essere utilizzati ai fini della determinazione dei tributi dovuti e all’irrogazione delle sanzioni nei confronti dei soggetti responsabili. Né possono considerarsi le sanzioni un accessorio del tributo, visto che con la riforma del 1997 (il cui principale testo di riferimento è il D.lgs. 18 dicembre 1997, n.472) è definitivamente invalsa una concezione personalistica, di tipo penale, sul mo-dello di quanto già avvenuto per le sanzioni amministrative.

8 La discrezionalità amministrativa è stato argomento caro a numerosi studiosi. Vi è una generale concordanza sulle posizioni espresse da M.S. Giannini, al quale si devono sicuramente gli studi più appro-fonditi sulla discrezionalità amministrativa: cfr. supra nota 2. Ciò nondimeno talora (ri)emergono accezioni diverse, non del tutto sopite, della discrezionalità: si ricordano, ad esempio e per quanto attiene al diritto tributario, le posizioni di cui si dirà infra nella successiva nota 13.

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dell’amministrazione deve essere compiuta (economicità, efficacia, imparzialità, pubbli-

cità, trasparenza)9.

Così definita, la discrezionalità amministrativa è insieme giudizio (laddove l’am-

ministrazione pondera gli interessi) e volontà (laddove essa sceglie). Nella pratica, poi,

possono riscontrarsi ipotesi più semplici o più complesse di discrezionalità a seconda del

numero e dell’importanza degli interessi coinvolti, del contenuto della scelta (an, quid,

quomodo, quando), di eventuali altri soggetti (attivi e passivi) coinvolti da essa e non è

sempre facile distinguere, vista l’intima connessione di essi, i momenti del giudizio e

della volontà.

3.2. Nonostante la comune sostantivazione, è ben diversa dalla discrezionalità am-

ministrativa (detta talora “pura” per evitare equivoci) la cd. discrezionalità tecnica. Essa,

infatti, non è discrezionalità, neppure di minore ampiezza (talora in passato in tale acce-

zione ricorrevano anche le denominazioni di “pseudo-discrezionalità” o “discrezionalità

per categorie”), in quanto consiste nell’apprezzamento o nella qualificazione di fattispe-

cie, avvalendosi di conoscenze scientifiche o più in generale specialistiche, tratte dalle

varie discipline umane: ricorre ad es. quando si valuta la preparazione del candidato, l’in-

fettività di una malattia, la tossicità di una sostanza chimica. Essa insomma implica atti-

vità intellettiva, ossia giudizio, non anche volontà. E il fatto che i giudizi espressi possano

essere opinabili, dipende dal grado di certezza delle regole scientifiche applicate, che nor-

malmente è maggiore nelle scienze esatte, minore nelle discipline umanistiche (peraltro

non va dimenticato che accanto a fattori individuali, incidono anche fattori sociali quali

tendenze dottrinali, fattori ambientali, orientamenti culturali, ecc.). Ciò non vale comun-

que a trasformare tali giudizi in manifestazioni di volontà, giacché manca in essi la scelta

tra più soluzioni possibili di quella più opportuna e conveniente per il caso concreto, che

invece connota la discrezionalità amministrativa10.

9 Si ricorda che ex art.1, comma 1, della legge 241/1990 (come modificato dall’art.7, comma 1, lett.a), numero 1), della 69/2009) «L’attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza secondo le modalità previste dalla presente legge e dalle altre disposizioni che disciplinano singoli procedimenti, nonché dai principi dell’ordinamento comunitario».

10 In dottrina vi è una generale concordanza sull’improprietà dell’espressione discrezionalità tec-nica. Venuta meno la confusione concettuale che contraddistinse l’elaborazione della nozione della discre-zionalità amministrativa, gli studiosi distinguono nettamente i due tipi di discrezionalità, continuando a utilizzare la formula discrezionalità tecnica solo perché invalsa nella prassi. Ex plurimis: M.S. GIANNINI, Diritto amministrativo, II, cit. p.54 ss.; A. PUBUSA, Merito e discrezionalità amministrativa in Dig. Disc. Pubbl., IX, 1994, p.411 ss.; R. VILLATA, L’atto amministrativo, in AA. VV. Diritto amministrativo, II, Bologna, 2001, p.1438 ss. Critiche alla nozione della discrezionalità tecnica si rinvengono già agli inizi del secolo scorso, come dimostrano ad es.: E. PRESUTTI, Discrezionalità pura e discrezionalità tecnica in Giur. It. 1910, IV, in part. pp.20, 49 ss. («La discrezionalità tecnica è un istituto contingente, storico, residuo non

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A. GUIDARA – Discrezionalità e vincolatezza nell’azione dell’amministrazione finanziaria

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Naturalmente sulla discrezionalità tecnica può innestarsi, come spesso accade, una

manifestazione di volontà, la quale può essere sia discrezionale che vincolata senza che

ciò valga a confondere i due momenti o a creare una figura sui generis di discrezionalità

(cd. mista).

3.3. Passando invece all’esame della vincolatezza, va evidenziato innanzi tutto

come essa possa essere intesa in un’accezione ampia, in quanto dal punto di vista teleo-

logico tutte le funzioni amministrative sono vincolate al perseguimento di un pubblico

interesse (non può aversi potere amministrativo che non sia finalizzato ad un interesse

pubblico). Si dice, per l’appunto, che l’amministrazione non è libera nel suo agire; e ciò

vale in primo luogo per il suo agire discrezionale.

Invece in un’accezione più ristretta e riferita alla concreta azione amministrativa,

come interessa in questa sede, la vincolatezza diventa il contrario della discrezionalità

amministrativa: l’amministrazione non può prendere in considerazione interessi diversi

da quello (o quelli) cui è tenuta e non le compete alcun margine di scelta tra più soluzioni

possibili, essendo obbligata nel volere.

Nonostante ciò, il suo potere è necessario alla produzione dell’effetto giuridico

ossia l’atto vincolato può avere, al pari dell’atto discrezionale, efficacia costitutiva

dell’effetto, tant’è che: se l’amministrazione non agisce l’effetto non si produce; per ot-

tenere giustizia degli atti contra legem eventualmente emanati occorre l’annullamento del

ancora eliminato, ma che tende a restringersi sempre più, di un ordinamento giuridico di altri tempi. Esso invero è l’ultimo, ineliminato residuo dei grandi, estesi ed incontrollati poteri, che dovette arrogarsi il potere regio nel così detto Stato di polizia per por fine al regime feudale»); F. CAMMEO, La competenza di legitti-mità della IV sezione e l’apprezzamento dei fatti valutabili secondo criteri etici in Giur. It. 1902, III, 277 ss.

Nella giurisprudenza persiste una qualche confusione, che si riflette inevitabilmente sulla sindaca-bilità dell’azione amministrativa (la esclusione/limitazione della quale viene considerata la ragione prima dell’elaborazione della nozione della discrezionalità tecnica), con la conseguenza di aversi, a seconda della posizione sposata, giudizi tecnici in tutto o in parte sindacabili o non sindacabili. Anche se va detto che si registrano sempre maggiori aperture verso la piena sindacabilità dell’azione amministrativa ogni qualvolta essa consti di giudizi di tipo tecnico-scientifico (sindacato del giudice cd. intrinseco di tipo forte), come osservano ad esempio: F. CINTIOLI, Discrezionalità tecnica (dir. amm.) in Enc. Dir., Annali, II, tomo 2, 2008, p.481 s.; M.G. DELLA SCALA, L’evoluzione del sindacato del giudice amministrativo sulle valuta-zioni “tecnico-discrezionali” in AA. VV. L’invalidità amministrativa a cura di Cerulli Irelli e De Lucia, Torino, 2009, p.263 ss. (specialmente p.291 ss.); S. PERONGINI, Teoria e dogmatica del provvedimento amministrativo, Torino, 2016, p.292 ss.; R. VILLATA-M. RAMAJOLI, Il provvedimento amministrativo, cit., p.118 ss. (ove, in particolare p.138 ss., vi è una più recente disamina delle varie posizioni nel panorama odierno).

Sulla origine della nozione della discrezionalità tecnica si sofferma S. COGNETTI, Profili sostan-ziali della legalità amministrativa, Milano, 1993, p.83 ss., il quale, con ampiezza di argomenti e di riferi-menti, ne evidenzia la matrice ideologica, avente radici nell’assolutismo e in una concezione rigida della separazione dei poteri.

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provvedimento costitutivo dell’effetto sfavorevole (non già l’accertamento giudiziale

dell’inesistenza dell’effetto, come accade ove si fa questione di mero atto, cioè non costi-

tutivo dell’effetto); il giudice, come per gli atti discrezionali e tranne pochissime ipotesi

(essenzialmente l’ottemperanza), non può sostituirsi all’amministrazione e rendere gli

stessi risultati11.

La distinzione tra discrezionalità e vincolatezza va fatta in concreto, ossia avendo

riguardo alle fonti che disciplinano il singolo potere o ne condizionano lo specifico eser-

cizio. Il vincolo all’esercizio del potere discende normalmente dalla legge, ma può di-

scendere anche da fonti diverse, quali precedenti atti amministrativi (si pensi al provve-

dimento emanato in esecuzione di atti di programmazione e di indirizzo o di accordi ex

artt.11 o 15 della legge 241/90) o pronunce giurisdizionali (si pensi al riesercizio della

potestà amministrativa conseguente ad una sentenza di annullamento di un atto ammini-

strativo). E comunque tale distinzione non può essere enfatizzata, dal momento che pos-

sono aversi poteri vincolati in ambiti discrezionali e viceversa.

3.4. Va aggiunto per completezza che possono ritenersi definitivamente superate

le posizioni, dottrinali e giurisprudenziali, che, identificando, le potestà amministrative

come intrinsecamente discrezionali, negavano l’esistenza di provvedimenti amministra-

tivi vincolati e, di conseguenza, la riconduzione della stessa distinzione tra discrezionalità

e vincolatezza all’agire dell’amministrazione come autorità12: alla distinzione si facevano

11 Anche se quest’ultima affermazione viene temperata dal fatto che, conoscendo il giudice ammi-

nistrativo della fondatezza della pretesa, la pronuncia giudiziale di accoglimento (anche resa in sede di ricorso avverso il silenzio-inadempimento della P.A.), astringe l’amministrazione – pur sempre nei limiti del principio dispositivo – su tutti i profili vincolati del potere amministrativo. Con la conseguenza che l’esito del riesercizio (o dell’esercizio ove si tratti di silenzio-inadempimento) del potere amministrativo vincolato è già segnato dal giudice, la cui pronuncia, dotata di effetto conformativo, consente di avvalersi immediatamente del giudizio di ottemperanza nel caso di inerzia o inadempimento dell’amministrazione. Per conclusioni simili si guardi anche all’azione avverso il silenzio della amministrazione di cui all’art.31 del cod. proc. amm. (il cui comma 3 dispone «Il giudice può pronunciare sulla fondatezza della pretesa dedotta in giudizio solo quando si tratta di attività vincolata o quando risulta che non residuano ulteriori margini di esercizio della discrezionalità e non sono necessari adempimenti istruttori che debbano essere compiuti dall’amministrazione»).

12 Infatti, ciò che connota il provvedimento amministrativo, distinguendolo dai meri atti, da quelli preparatori o strumentali come anche dall’attività di diritto privato dell’amministrazione, è l’idoneità di esso a modificare la sfera giuridica degli interessati prescindendo dal loro consenso, a regolare ex se l’as-setto giuridico del destinatario e/o di eventuali terzi (ossia quella «fine sostanza di essere l’affermazione del momento dell’autorità» che già da tempo si individua come tratto comune dei provvedimenti: così M.S. GIANNINI, Atto amministrativo, cit., p.164 s.). E tale qualità, spesso definita come imperatività ovvero anche autoritatività o autoritarietà, riguarda tanto gli atti discrezionali quanto quelli vincolati; sul che ad es. e di recente, anche per i riferimenti: G. GRECO, Potestà ed interesse legittimo in Argomenti di diritto ammini-strativo, II, Letture, Milano, 2019, p.88 ss.; R. VILLATA-M. RAMAJOLI, Il provvedimento amministrativo, cit., p.72 ss.; F. G. SCOCA, L’interesse legittimo. Storia e teoria, cit., p.432 ss.; S. PERONGINI, Teoria e dogmatica del provvedimento amministrativo, cit., p.98 ss.

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A. GUIDARA – Discrezionalità e vincolatezza nell’azione dell’amministrazione finanziaria

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corrispondere situazioni giuridiche diverse, rispettivamente di interesse legittimo e di di-

ritto soggettivo, e si guardava ad essa anche per il riparto di giurisdizione tra giudice

amministrativo e giudice ordinario.

E la specifica attenzione che talora il legislatore ha riservato ai provvedimenti

vincolati di certo dissipa ogni dubbio residuo in proposito: si pensi in modo particolare

allo specifico regime di invalidità del provvedimento amministrativo vincolato, di cui

all’art.21 octies, comma 2, della legge 241/1990 («Non è annullabile il provvedimento

adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la

natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non

avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato …»).

4. (segue): e la sua riferibilità al diritto tributario

4.1. L’indugio sulla distinzione tra discrezionalità e vincolatezza può sembrare

pleonastico, giacché quanto riferito vale anche nel diritto tributario, occupato in buona

parte dall’azione autoritativa dell’amministrazione finanziaria; tuttavia esso può diven-

tare utile, perché i temi della discrezionalità e della vincolatezza all’interno delle funzioni

dell’amministrazione finanziaria non sembrano essere stati adeguatamente messi a fuoco

e/o valorizzati.

Se ne sono esposte le principali motivazioni: la tradizionale quanto errata ricostru-

zione dei rapporti tra amministrazione e contribuente nei termini dell’obbligazione tribu-

taria, che, pur con le varianti via via proposte, ha valorizzato un inesistente rapporto giu-

ridico di tipo paritetico (con posizioni di credito-debito) tra amministrazione e contri-

buente, della quale si registrano tuttora appendici; la discutibile identificazione (in termini

La stessa giurisprudenza, che con maggiore difficoltà ha superato le posizioni tradizionali, ha de-

finito «un postulato privo di qualsiasi fondamento … che, di regola, al carattere vincolato del provvedi-mento corrispondano situazioni giuridiche qualificabili quali diritti soggettivi e, per converso, all’area della discrezionalità amministrativa quelle definibili come interessi legittimi». Essa, piuttosto, ritiene che in presenza di attività vincolata della P.A. possono aversi situazioni e di diritto soggettivo e di interesse legit-timo, movendo dalla considerazione che l’attività vincolata può essere diretta al perseguimento di un inte-resse pubblico oppure di un interesse privato. Mentre in quest’ultimo caso difetta il potere capace di intac-care ex se la sfera giuridica del privato e le posizioni di quest’ultimo sono e rimangono di diritto soggettivo, nel primo caso l’amministrazione pone in essere provvedimenti amministrativi a fronte dei quali stanno situazioni di interesse legittimo (il virgolettato è tratto da Corte Costituzionale 16 aprile 1998 n. 127). Tra le tante pronunce successive si ricorda ad esempio Cons. St. Ad. Plen. 24 maggio 2007, n.8, ove appunto si ribadisce che «anche a fronte di attività connotate dall’assenza in capo all’amministrazione di margini di discrezionalità valutativa o tecnica … occorre avere riguardo, in sede di verifica della natura della corri-spondente posizione soggettiva del privato, alla finalità perseguita dalla norma primaria, per cui quando l’attività amministrativa, ancorché a carattere vincolato, tuteli in via diretta l’interesse pubblico, la situa-zione vantata dal privato non può che essere protetta in via mediata, così assumendo consistenza di interesse legittimo».

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Accordi e azione amministrativa nel diritto tributario – Catania, 25-26 ottobre 2019

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totalizzanti) della discrezionalità con il potere amministrativo (escluso invece nelle ipo-

tesi di vincolatezza), che in uno con l’affermazione dell’assenza di discrezionalità

nell’agire dell’amministrazione finanziaria, ha suffragato e talora suffraga la ricostru-

zione dei rapporti tra quest’ultima e contribuente nei termini dell’obbligazione tributaria;

la preponderante attenzione dedicata all’accertamento (con le note dispute circa la natura

dichiarativa o costitutiva di esso) e la non sempre avvertita o valorizzata distinzione delle

diverse funzioni all’interno dell’azione dell’amministrazione finanziaria, spesso assorbite

nell’unitario procedimento di accertamento o viste come un’unitaria funzione impositiva.

4.2. Si aggiunge che l’esclusività della giurisdizione delle Commissioni tributarie,

consentendo di prescindere, ai fini dell’accesso alla tutela giurisdizionale, dalla posizione

giuridica vantata dal contribuente (diritto soggettivo o interesse legittimo), ha messo poco

in risalto l’azione dell’amministrazione che si esprime negli atti impugnabili e le correlate

situazioni giuridiche; essa, più che altro, è stata piegata a ricostruzioni consolidate sia di

tipo dichiarativo sia di tipo costitutivo dei fenomeni tributari, tralatiziamente avallate an-

che dal dato processuale, e spesso ha dato vita a discussioni solo teoriche sull’oggetto del

processo tributario.

Inoltre sui temi della discrezionalità e della vincolatezza non di rado si consta-

tano vaghezza, eterogeneità di posizioni, forse anche confusione concettuale, quasi a te-

stimoniare una ritardata maturazione del diritto tributario rispetto al diritto amministra-

tivo. E accade pure che: si percepiscano echi di concezioni ormai superate della discre-

zionalità amministrativa o, comunque, sue rivisitazioni in contrasto con la nozione comu-

nemente accolta13; di discrezionalità amministrativa si discuta solo nell’attività istruttoria

13 Si pensi alle concezioni della discrezionalità come completamento di norme giuridiche impre-

cise, definite anche non rigide, elastiche, flessibili, completabili, e simili (per una lucida esposizione delle quali in campo tributario si veda ad es. G. ZINGALI, L’elasticità della norma e la discrezionalità dell’am-ministrazione in campo tributario, in Dir. Prat. Trib. 1960, I, p.3 ss.), da ritenersi superate giacché norme di tal fatta pongono essenzialmente problemi di interpretazione (e di applicazione), ossia richiedono attività di tipo intellettivo, non anche volontà. Può del pari considerarsi superata altra concezione della discrezio-nalità che la identificava nella scelta operata dall’amministrazione alla stregua di norme non giuridiche (tra gli ultimi esponenti C. MORTATI, del quale si veda in particolare la voce Discrezionalità in Noviss. Dig. It., V, 1960, spec. p.1103 ss.).

Echi di quest’ultima concezione sembrano cogliersi in interessanti più recenti contributi di R. LUPI, quali: Società, diritto e tributi. Scienze giuridiche, discrezionalità e legislazione: profili generali e riflessi tributari, Milano, 2005, ove si propone una accezione lata della discrezionalità, come ponderazione di in-teressi alieni afferente a qualunque tipo di scelta, la quale può emergere in tutti i campi del diritto e stare alla base di qualsiasi attività umana (compresa l’interpretazione: ad es. pp.86 ss., 224 ss.) da chiunque posta in essere (compreso il contribuente ad es. laddove provvede ad autodeterminare le imposte da lui dovute: in particolare p.136 ss.); Diritto amministrativo dei tributi. Ovvero: si pagano le imposte quando qualcuno le impone, Roma, 2017, p.280 ss., ove in particolare con riferimento all’amministrazione si identifica la

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o d’indagine, ossia in un ambito circoscritto e non emblematico del diritto tributario14,

mentre è evidente come essa campeggi, e di ciò si dirà infra, nell’attività di riscossione,

che è una tipica funzione dell’amministrazione finanziaria; si coni la nozione della “di-

screzionalità tributaria”, che sarebbe cosa diversa dalla discrezionalità amministrativa (e

dalla discrezionalità tecnica) e riguarderebbe l’azione della (sola) amministrazione finan-

ziaria15.

4.3. È di tutta evidenza come la non adeguata focalizzazione e/o valorizzazione

dei temi della discrezionalità e della vincolatezza si rifletta sulle caratteristiche

dell’azione dell’amministrazione finanziaria (o quanto meno sulla percezione che si ha di discrezionalità nella componente valutativa dell’azione amministrativa («… se il diritto è delega, prove-niente dalla società attraverso la politica, … una qualche discrezionalità, diversa da funzione a funzione, è ineliminabile. Nelle funzioni non giurisdizionali, è normale la contestualizzazione di regole organizzative, non decisorie, con una dialettica tra opportunità sostanziale delle scelte e correttezza formale, intesa come corrispondenza alle regole (legittimità) …»), di cui si auspica una valorizzazione in controtendenza rispetto a quanto secondo l’A. si registra. E pare che qualche suggestione sia stata trasmessa a M. MARTIS, Contri-buto allo studio della discrezionalità del diritto tributario, cit., in part. pp.1 ss., 69 ss.

Sulla nozione di discrezionalità definitivamente invalsa nel nostro ordinamento anche rispetto alle precedenti ricostruzioni si veda ad es. e di recente, anche per i riferimenti, R. VILLATA-M. RAMAJOLI, Il provvedimento amministrativo, cit., pp.61 ss., 72 ss., 95 ss.

14 Cfr. ad esempio F. GALLO, Discrezionalità (dir. trib.) in Enc. Dir., Agg. II, 1999, p.538 ss. 15 Così M. VERSIGLIONI innanzi tutto in Accordo e disposizione nel diritto tributario, Milano,

2001, p.382 ss., che si riferisce all’accertamento con adesione e alla conciliazione giudiziale, ma le consi-derazioni espresse sembrano travalicare tali istituti ed assumere una portata generale, giacché l’esistenza di una lite, anche solo potenziale, ossia di una divergenza tra contribuente e amministrazione, imporrebbe a quest’ultima una necessaria ragionevole ponderazione dei vari elementi di giudizio coinvolti secondo il rapporto costi/benefici e di scegliere tra ipotesi alternative, quella più opportuna («se non è troppo l’ardire, sembrerebbe opportuno associare alla negazione della “discrezionalità amministrativa” ... ed all’inconfe-renza della “discrezionalità tecnica” ... l’affermazione di una nuova nozione che potrebbe ascriversi al no-men della “discrezionalità tributaria”, quale scelta, sulla base delle anzidette ponderazioni, tra ipotesi alter-native fluttuanti nel ristretto ambito della contestazione, con rilevanza interna all’apparato organizzativo dell’amministrazione finanziaria»). Ma si vedano anche vari sviluppi presenti in altri contributi, tra i quali: Accordi amministrativi (dir. trib.), in Dizionario di diritto pubblico diretto da Cassese, I, Milano, 2006, p.91 ss., ove si delinea nel diritto tributario la possibilità di accordi sul modello di quelli individuati nell’art.11 della legge 241/90 correlati alle particolari forme di discrezionalità che per l’A. nella materia tributaria sono di «discrezionalità tributaria» (limitata all’incertezza obiettiva o alla lite) e di «discreziona-lità para-amministrativa» (nella fase della riscossione); ‘Etica’,‘scienza’ e teoria dell’interpretazione giu-ridica in Dir. Prat. Trib. 2016, I, p.42 ss., ove si distinguono tra le disposizioni giuridiche, quelle “etiche”, nelle quali trova spazio la «discrezionalità interpretativa (o probatoria), identificata anche come «logica fuzzy» (= ‘indisponibilità etica intervallare’), idonea … a superare l’incertezza obiettiva e accertabile del testo» (la discrezionalità poi sarebbe maggiore di fronte all’incertezza, obiettiva e non accertabile, del testo che l’A. definisce «indisponibilità rovesciata»), da quelle “scientifiche”, in cui invece non vi è spazio per la discrezionalità («Le ‘disposizioni scientifiche’ incorporano temi scientifici (di fatto o di diritto), ossia temi i cui significati sono immodificabili o tendenzialmente stabili nel tempo e, in quanto inartificiali, la cui applicazione non implica, anche per questo, il confronto dialettico». Si avrebbero situazioni che l’A definisce di “indisponibilità ideale, ossia assoluta” e di “indisponibilità puntuale, ossia pratica”).

Alla discrezionalità tributaria si riferisce pure M. MARTIS, Contributo allo studio della discrezio-nalità del diritto tributario, cit., in part. pp.1 ss., 69 ss., 168 ss., ma in linea con la concezione della discre-zionalità invalsa nel diritto amministrativo.

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tali caratteristiche), ma anche ed in definitiva sulla qualità della stessa: a tacer d’altro e

per rimanere nel perimetro del presente convegno, si guardi alle diverse declinazioni della

partecipazione del contribuente ai procedimenti tributari, alle possibilità di contradditto-

rio con l’amministrazione finanziaria, alle teorizzazioni di epiloghi consensuali

dell’azione di quest’ultima, alla natura degli istituti di definizione consensuale delle liti

tributarie che tali atti coinvolgano; e correlativamente dovrebbe guardarsi all’intensità del

sindacato giurisdizionale sugli atti finali di tale azione amministrativa.

Così, per cogliere implicazioni di stretta attualità, si pensi alle discussioni circa la

partecipazione del contribuente ai procedimenti tributari, che non sembrano aver colto il

(diverso) significato della partecipazione del contribuente a seconda della tipologia e

delle specificità dei procedimenti considerati, che poi è collegato a quello dell’applicabi-

lità o meno ad essi del comma 2 dell’art.21 octies della legge 241 del 7 agosto 199016,

arrivandosi finanche a sovrapporre ai procedimenti di accertamento, che sono vincolati,

quelli decisamente diversi di applicazione dell’ipoteca ex art.77 DPR 602/1973, che in-

vece sono tipicamente discrezionali17. Tant’è che pur sempre parziali e inadeguate sono

le più recenti “risposte” date sia dalla giurisprudenza che dal legislatore. Il riferimento è

al nuovo corso inaugurato dalle sentenze gemelle nn.701 e 702 del 15 gennaio 2019, le

quali pur volendo “ammorbidire” le rigidità in tema di contraddittorio conseguenti alle

involuzioni generate da Cass. SS. UU. 9 dicembre 2015 n.2482318, muovono soltanto

dalla prospettiva – di scarsa utilità pratica – dei tributi armonizzati, cui si preoccupano di

riservare un trattamento non deteriore rispetto a quello previsto dal legislatore interno per

i tributi non armonizzati, con la conseguenza che per questi ultimi, laddove non previsto,

il contraddittorio continuerebbe a non essere obbligatorio. Quanto al legislatore, si fa ri-

ferimento all’invito obbligatorio al contraddittorio, di cui all’art.5 ter del D.lgs. 218 del

16 Sul problema dell’applicabilità dell’art.21 octies della legge 241/1990 ai procedimenti tributari

si vedano ad es., anche per i riferimenti: E. MARELLO, I fondamenti sistematici del sistema duale nullità-annullabilità in Riv. Dir. Fin. Sc. Fin. 2014, p.3338 ss.; F. FARRI, Forma ed efficacia nella teoria degli atti dell’amministrazione finanziaria, Padova, 2015; pp.615 ss., 880 ss.; F. RANDAZZO, In tema di applicabilità dell’art. 21-octies, comma 2, Legge n. 241 del 1990, agli atti impositivi in Riv. Dir. Trib. 2018, p.259 ss.; P. PIANTAVIGNA, Note sull’irrilevanza dei vizi procedimentali ai provvedimenti tributari “vincolati” in Riv. Dir. Fin. Sc. Fin. 2018, II, p.77 ss.;

17 Sul contraddittorio nei procedimenti di applicazione dell’ipoteca cfr. principalmente Cass. SS. UU. 19667 e 19668 del 18 settembre 2014.

18 Vi è da dire che la sentenza è criticata da più parti: cfr. ad esempio M. BEGHIN, Il contraddittorio endoprocedimentale tra disposizioni ignorate e princìpi generali poco immanenti in Corr. Trib., 2016, p.486 ss. Dello stesso tenore tra le pronunce successive della stessa corte si ricordano: 2879 del 12 febbraio 2016, 5502 del 18 marzo 2016, 8628 del 2 maggio 2016, 11283 del 31 maggio 2016, 8619 del 9 aprile 2018, 27421 del 29 ottobre 2018.

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19 giugno 1997, introdotto nel giugno di quest’anno19, il quale: stando alla sedes è fina-

lizzato all’accertamento con adesione e riguarda soltanto una parte dell’attività di accer-

tamento, vale a dire per imposte sui redditi ed IVA, che neppure assorbe, essendo anzi

esclusi i procedimenti numericamente più significativi20; pone problemi di tutt’altro che

agevole soluzione principalmente in ordine alla nozione e all’eventuale definizione

dell’ambito di operatività dell’accertamento parziale, escluso dall’applicazione del pre-

detto invito obbligatorio21 (ma non si trascuri quella che sembra una velata sanatoria per

i casi in cui non sia stata rilasciata copia del processo verbale di chiusura delle operazioni

da parte degli organi di controllo e si proceda con l’invito a contraddittorio22); sembra

piano soltanto laddove conferma l’applicazione ai procedimenti di accertamento dell’an-

nullabilità ex art.21 octies della legge 241/1990, compresa la speciale sanatoria di cui al

comma 2 di esso23.

19 L’art.5 ter cit. è stato introdotto dall’art. 4 octies, comma 1, lett. b), DL 30 aprile 2019, n.34,

inserito in sede di conversione dalla legge 28 giugno 2019, n.58. Esso, rubricato «Invito obbligatorio», così dispone: «1. L’ufficio, fuori dei casi in cui sia stata

rilasciata copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, prima di emettere un avviso di accertamento, notifica l’invito a comparire di cui all’articolo 5 per l’avvio del procedimento di definizione dell’accertamento.

2. Sono esclusi dall’applicazione dell’invito obbligatorio di cui al comma 1 gli avvisi di accerta-mento parziale previsti dall’articolo 41-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e gli avvisi di rettifica parziale previsti dall’articolo 54, terzo e quarto comma, del decreto del Pre-sidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.

3. In caso di mancata adesione, l’avviso di accertamento è specificamente motivato in relazione ai chiarimenti forniti e ai documenti prodotti dal contribuente nel corso del contraddittorio.

4. In tutti i casi di particolare urgenza, specificamente motivata, o nelle ipotesi di fondato pericolo per la riscossione, l’ufficio può notificare direttamente l’avviso di accertamento non preceduto dall’invito di cui al comma 1.

5. Fuori dei casi di cui al comma 4, il mancato avvio del contraddittorio mediante l’invito di cui al comma 1 comporta l’invalidità dell’avviso di accertamento qualora, a seguito di impugnazione, il contri-buente dimostri in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere se il contraddittorio fosse stato attivato.

6. Restano ferme le disposizioni che prevedono la partecipazione del contribuente prima dell’emis-sione di un avviso di accertamento».

20 Sono esclusi per espressa previsione di legge i procedimenti che sfociano in avvisi di accerta-mento parziale (cfr. comma 2 dell’art.5 ter cit.), come anche quelli che sfociano in avvisi di accertamento emanati nei casi di particolare urgenza o nelle ipotesi di fondato pericolo per la riscossione (cfr. comma 4 dell’art.5 ter cit.). Ma devono ritenersi esclusi anche i procedimenti di liquidazione e controllo formale della dichiarazione, retti da una disciplina diversa ed incompatibile con quella del D.lgs.218/1997 (ove peraltro la partecipazione avviene con regole proprie e sui generis).

21 Cfr. art.5 ter, comma 2, cit. 22 Cfr. art.5 ter, comma 1, cit. 23 Si veda a tal fine il comma 5 dell’art.5 ter in esame («il mancato avvio del contraddittorio me-

diante l’invito di cui al comma 1 comporta l’invalidità dell’avviso di accertamento qualora, a seguito di impugnazione, il contribuente dimostri in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere se il contraddit-torio fosse stato attivato») e lo si confronti con il comma 2 dell’art.21 octies della legge 241/1990 («Non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qua-lora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato …»).

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5. Riserva di legge e vincolatezza dell’attività di accertamento

5.1. Proseguendo nella trattazione occorre guardare ai principi che presiedono allo

svolgimento dell’azione dell’amministrazione finanziaria, condizionandone il diverso at-

teggiarsi di cui si è detto finora. E a tal fine sin da subito può dirsi che lo snodo fonda-

mentale è costituito dall’analisi della riserva di legge ex art.23 Cost. In verità, anche

l’art.53 Cost. meriterebbe una qualche attenzione, ma la sede e le dimensioni della rela-

zione non lo consentono, al di là di qualche inevitabile accenno.

Della predetta riserva di legge si evidenziano comunemente le funzioni di garan-

zia: della sfera di libertà (personale e) patrimoniale da interventi autoritativi dell’ammi-

nistrazione; degli interessi pubblici sottesi agli interventi autoritativi, che si concretano

nelle “prestazioni imposte”24. Ma la garanzia si coglie anche in un altro importante signi-

ficato, non sempre sufficientemente messo a fuoco, che riguarda direttamente l’azione

dell’amministrazione finanziaria e consiste nell’escludere o limitare la discrezionalità

amministrativa. Ed è a ciò che si vuole dedicare attenzione in questa sede; tal fine di essa

occorre prendere in considerazione ratio e ambito di operatività.

5.2. Quanto alla ratio della riserva di legge, laddove quest’ultima è prevista, come

nell’articolo in esame, la costituzione onera il legislatore a dettare la disciplina della ma-

teria riservata, consentendo margini di intervento piuttosto circoscritti a organi e soggetti

diversi dal legislatore (essenzialmente l’Esecutivo e gli Enti locali), i quali possono com-

pletare la disciplina legislativa con norme di dettaglio (regolamenti di mera esecuzione)

ovvero procedere all’applicazione di essa (atti vincolati).

Quanto all’ambito di operatività della riserva in esame, esso, riguarda l’imposi-

zione di prestazioni patrimoniali, all’interno delle quali si ricomprendono sicuramente

quelle tributarie. Donde ogni intervento normativo che disciplini queste ultime non può

che essere di tipo legislativo (così la carta costituzionale riferendosi a «prestazione patri-

moniale» e «imposta» ed esprimendosi in termini di esclusività: «nessuna … se non»); e,

poiché quella contenuta nell’art.23 Cost. può dirsi una riserva di legge relativa, come si

evince già dall’inciso «in base alla legge», l’intervento deve essere legislativo per lo meno

nelle linee essenziali. Sicché maggiore spazio può essere riconosciuto a fonti normative

secondarie e a atti amministrativi. Anzi il tecnicismo della materia agevola questo se-

condo tipo di intervento.

Più esattamente la minor intensità della riserva di legge implica che una qualche

24 Il tributo, come è noto, per un verso limita la libertà patrimoniale dei singoli, per altro verso

procura risorse finanziarie alla collettività.

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discrezionalità residui ai regolamenti (ad. es. la determinazione dell’aliquota, laddove la

legge fissi soltanto limiti massimi e minimi, ovvero l’istituzione di esenzioni, riduzioni e

detrazioni dal tributo); diversamente accade per gli atti amministrativi (l’intensità della

riserva modula, appunto, il riparto tra le fonti normative), i quali non possono che avere

un contenuto vincolato, sia che riguardino gli “elementi essenziali” della disciplina co-

perta dalla riserva di legge, che devono comunque essere disciplinati dalla legge, sia che

riguardino gli altri elementi, che per l’appunto possono essere disciplinati da fonti sub-

primarie. Più esattamente gli atti amministrativi di regola applicano leggi e regolamenti

tributari ai casi concreti, ma possono anche qualificare fattispecie ovvero contenere ap-

prezzamenti e stime. Essi, cioè, possono completare, specificandola, la disciplina norma-

tiva senza però poter ponderare gli interessi (pubblici e privati) coinvolti. Il che vale per

gli atti amministrativi generali (destinati ad una pluralità di destinatari indeterminati ed

indeterminabili a priori), ma vale anche e a maggior ragione per gli atti amministrativi

individuali.

L’ambito di operatività della riserva di legge deve, poi, essere specificato indivi-

duando quegli “elementi essenziali” che devono necessariamente essere regolati dalla

legge, i quali, trattandosi dell’imposizione di prestazioni patrimoniali, vanno sicuramente

ricercati nella disciplina dei fatti che le rendono doverose e nella misura delle stesse. In

altre parole, l’art.23 Cost. esige una sufficiente “base” legislativa ogni qualvolta si incida,

direttamente o indirettamente e quale che sia la qualificazione attribuita alla norma (si

pensi alle distinzioni talora effettuate tra norme sostanziali e norme procedimentali), su

doverosità ed entità della prestazione tributaria, ossia sull’an e sul quantum debeatur. Il

che vuol dire che ai fini dell’individuazione dell’ambito di operatività della riserva di

legge ex art.23 Cost. occorre guardare anche alle norme attributive di potestà amministra-

tive, ogni qualvolta determinino o condizionino esistenza e entità del debito tributario.

E tra queste norme di certo vi sono quelle che riguardano l’attività di accerta-

mento. Quest’ultima, infatti, specifica il dovere di contribuzione e la misura di essa, fa-

cendo sorgere e quantificando l’obbligo di pagare il tributo in capo al singolo contri-

buente; ossia consiste nella determinazione autoritativa di imponibile e imposta dovuta o,

come comunemente si dice, di an e quantum debeatur. Si tratta di profili su cui è esclusa

ogni discrezionalità amministrativa (individuazione, ponderazione e composizione degli

interessi coinvolti competono esclusivamente al legislatore); sicché l’attività di accerta-

mento ricade in toto nella previsione della riserva di legge ex art.23 Cost.

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Accordi e azione amministrativa nel diritto tributario – Catania, 25-26 ottobre 2019

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5.3. In verità, manca una disciplina organica ed unitaria dell’attività di accerta-

mento e, piuttosto, coesistono discipline diverse, anche con riferimento allo stesso tributo,

che peraltro sono continuamente (ma non di rado poco efficacemente) rivisitate. E proprio

la coesistenza di discipline diverse in punto di accertamento anche dello stesso tributo

genera una difficile lettura di sistema e una potenziale sovrapposizione di istituti. Il che

può dar luogo a quelli che sembrano margini di scelta dell’amministrazione (e non è da

escludere che talora siano intesi come tali).

A tal fine, lungi dal perseguire una qualche idea di completezza (forse impossi-

bile), si vogliono prendere in esame alcuni profili importanti dell’attività di accertamento.

Il riferimento è principalmente ai diversi tipi e metodi di accertamento presenti

nelle imposte sui redditi e nell’IVA. Infatti, ammettere che l’ufficio possa scegliere tra

essi, innanzi tutto induce alla considerazione, empirica prima che giuridica, che ai diversi

tipi e metodi seguano risultati anche sensibilmente diversi tra di loro e, conseguente-

mente, pone il problema della determinazione di interessi (verosimilmente diversi, non

soltanto pubblici, non facilmente individuabili, non sempre o non facilmente conciliabili

tra loro) e contenuti (massimizzare il gettito dell’erario o minimizzare il sacrificio del

contribuente, preferire la ricostruzione più verosimile o quella più circostanziata, ricer-

care l’interezza o guardare ad ambiti circoscritti, coinvolgere il contribuente o agire ex

officio, ecc.) delle eventuali scelte amministrative. Sennonché ponderazioni di interessi,

diversità di risultati e scelte amministrative consequenziali confliggono con il divieto di

discrezionalità amministrativa scaturente dall’art.23 Cost. ogni qualvolta si “tocchi” an e

quantum debeatur (e allo stesso tempo si profilano concrete violazioni, a tacer d’altro,

dell’art.53 Cost., laddove il risultato dell’azione amministrativa non distribuisca o non

distribuisca più i carichi pubblici in funzione soltanto della capacità contributiva).

Non si può né si vuole indugiare in questa sede su tipi e metodi di accertamento,

ma non si può sottacere che delle diverse previsioni che di volta in volta vengano in rilevo

occorre dare una lettura costituzionalmente orientata, innanzi tutto in relazione all’art.23

Cost., sia pure nella consapevolezza della difficile sistematizzazione della disciplina vi-

gente, eccessivamente frammentaria (anche a causa di interventi legislativi contingenti,

discutibili e poco organici), e della inevitabile forzatura esegetica, che di alcune litterae

legis si impone. In estrema sintesi può dirsi che probabilmente per alcune fattispecie può

parlarsi di specialità (così per la liquidazione delle imposte dovute in base alle dichiara-

zioni ex artt.36 bis DPR 600/73 e 54 bis DPR 633/72 e per il controllo formale delle

dichiarazioni ex art.36 ter DPR 600/73, che si connotano per presupposti specifici, per un

contenuto prestabilito, ma soprattutto per una disciplina a se stante, decisamente diversa

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A. GUIDARA – Discrezionalità e vincolatezza nell’azione dell’amministrazione finanziaria

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da quella degli altri accertamenti); ma che al di fuori di queste ipotesi si constata pur

sempre un’unitaria e ordinaria funzione di accertamento25. E le diversificazioni introdotte

(anche via via) al suo interno dal legislatore tributario, giustificate dalle difficoltà di co-

noscere realmente pluralità ed eterogeneità dei fatti economici presi in considerazione da

imposte dirette e IVA, oltre che dalla varietà dei comportamenti tenuti dai contribuenti,

lungi dal derogare a tale unitarietà, sembrano piuttosto assolvere ad una duplice funzione:

interpretativa e chiarificatrice di ciò che gli uffici potevano e possono fare sulla base delle

norme sull’accertamento (il riferimento è all’accertamento parziale, previsto dagli artt.41

bis DPR 600/73 e 54, comma 5, DPR 633/72, che determina parte del tributo dovuto

«senza pregiudizio dell’ulteriore azione accertatrice», la cui introduzione e implementa-

zione viene letta come conferma dell’ordinaria possibilità di più accertamenti nello stesso

periodo di imposta e della loro istituzionale parziarietà26. E forse non è azzardato adottare

la stessa chiave di lettura per il nuovo invito obbligatorio al contraddittorio, di cui all’art.5

ter del D.lgs. 218/1997); di articolazione e graduazione della componente estimativa degli

accertamenti in funzione di una maggiore aderenza degli stessi alla capacità contributiva

sottostante (così può dirsi laddove le norme individuano i diversi criteri – analitici, anali-

tico-induttivi, induttivi, sintetici, contabili, extra-contabili – da seguire per ricostruire im-

ponibile e imposta. Per i quali non si pone un problema di scelta dell’ufficio, anche ove

tali criteri possano sovrapporsi, dovendo esso agire al verificarsi dei presupposti volta per

volta indicati dalle norme e determinarsi per la soluzione più attendibile, ma anche, se del

caso, avvalersi di più metodi, come anche di più accertamenti, per giungere ad una tassa-

zione il più possibile conforme alla capacità contributiva dei singoli contribuenti).

25 In verità, sulla declinazione di tale attività esistono divisioni in dottrina: si pensi in particolar

modo agli opposti convincimenti circa unicità e globalità dell’avviso di accertamento, ora teorizzate per quanto non codificate (cfr. ad es. F. TESAURO, Istituzioni di diritto tributario, Milano, 2017, p.238 ss.), ora più semplicemente negate sulla base dei dati strettamente positivi (cfr. ad es. S. LA ROSA, Principi di diritto tributario, Torino, 2016, p.338 ss.), di cui si tenta pure una poco convincente mediazione (cfr. E. M. BA-

GAROTTO, La frammentazione dell’attività di accertamento ed i principi di unicità e globalità dell’accer-tamento, Torino, 2014, passim, ove si relativizzano tanto unicità e globalità dell’avviso di accertamento, quanto le asserite specialità di accertamenti integrativi e parziali: si avrebbe «… una forma depotenziata, relativa, di unicità e globalità non riferita al presupposto nella sua interezza … bensì agli elementi a dispo-sizione dell’amministrazione finanziaria al momento di emissione dell’avviso di accertamento …», che verrebbe individuata a contrario in quanto «tutti gli accertamenti che non appartengono alle categorie, per così dire, «speciali» regolate dal legislatore (speciali rispetto al fenomeno dell’unicità e globalità dell’ac-certamento) siano sussumibili nella categoria degli accertamenti «ordinari»». I virgolettati sono tratti da pp.9-10), convincimenti che rifluiscono innanzi tutto su presupposti, contenuti e interrelazioni degli accer-tamenti integrativi e degli accertamenti parziali. Sul tema si segnala anche S. DONATELLI, L’avviso di ac-certamento integrativo e modificativo, Torino, 2013.

26 Così ad es.: S. LA ROSA, Principi di diritto tributario, cit., pp.340 s., 347 s.; S. DONATELLI, L’avviso di accertamento integrativo e modificativo, cit., pp.123 ss., 130 ss., 139 ss.

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5.4. Ma si vuole far riferimento anche ad altri aspetti dell’attività di accertamento.

Così, e procedendo sempre per linee generali, deve escludersi un potere di scelta dei sog-

getti, che possano essere destinatari degli atti di accertamento, laddove vengano ad aversi

situazioni di coobbligazione solidale nei confronti dell’amministrazione finanziaria. In-

fatti, le regole della solidarietà incidono sull’attività di accertamento nella misura in cui

legittimano l’amministrazione a pretendere l’intero da ciascun condebitore, riguardando

per il resto esclusivamente la soddisfazione della pretesa, che appunto rendono più facile

e sicura (spostando sui condebitori complicazioni e rischi del successivo recupero). Sic-

ché l’amministrazione in sede di accertamento deve pur sempre agire nei confronti di tutti

i condebitori; mentre eventuali ponderazioni e composizioni degli interessi coinvolti ai

fini dell’azione amministrativa nei confronti di un soggetto piuttosto che di un altro at-

tengono alla fase della riscossione, dove si espande la discrezionalità amministrativa

(come si dirà infra)27.

Ancora deve escludersi un potere di scelta dei tempi dell’azione di accertamento.

Infatti se è vero che la discrezionalità amministrativa può riguardare anche il quando

dell’azione amministrativa, tale scelta rappresenta, salvo diverse determinazioni norma-

tive, l’appendice o il completamento di altre e più importanti scelte amministrative: prin-

cipalmente sull’an, ma anche sul quid e sul quomodo. Con la conseguenza che ove non

siano possibili tali scelte né vi siano determinazioni ad hoc, come accade nell’attività di

accertamento, deve escludersi che vi sia spazio per scelte sul quando. E non depone in

senso contrario il fatto che la legge preveda un termine entro cui deve essere esercitato il

potere di accertamento, visto che si tratta di un termine di decadenza (il cui inutile decorso

preclude l’esercizio del potere amministrativo), ossia di un termine massimo (il tempo

non rileva come spazio temporale), che non attenua affatto la doverosità dell’azione am-

ministrativa.

Come pure deve escludersi che vi siano margini per individuare, ponderare e com-

porre interessi diversi, laddove le norme consentano all’ufficio più soluzioni in ordine ad

aspetti degli avvisi di accertamento, quali destinazioni e modalità di comunicazione: si

pensi, ad esempio, alla notifica collettiva ed impersonale agli eredi presso l’ultimo domi-

cilio del de cuius in luogo che ai singoli eredi direttamente, di cui all’art.65, comma 4,

DPR 29 settembre 1973, n.600, in materia di imposte sui redditi28. Quivi, infatti, vengono

27 In tal senso, cfr. ad es.: L. CASTALDI, Solidarietà tributaria in Enc. Giur. Treccani, 1993, p.8;

M. MICCINESI, Solidarietà tributaria in Dig. Disc. Priv. Sez. Comm., XIV, 1997, p.456 ss. 28 Il comma 4 cit. dispone che «la notifica degli atti intestati al dante causa può essere effettuata

agli eredi impersonalmente e collettivamente nell’ultimo domicilio dello stesso ed è efficace nei confronti degli eredi che, almeno trenta giorni prima, non abbiano effettuato la comunicazione di cui al secondo comma».

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in essere al più delle valutazioni, tanto più che in forza dell’art.6, comma 1, dello Statuto

dei diritti del contribuente «l’amministrazione finanziaria deve assicurare l’effettiva co-

noscenza da parte del contribuente degli atti a lui destinati» (aggiungendosi che «a tal fine

essa provvede comunque a comunicarli nel luogo di effettivo domicilio del contribuente,

quale desumibile dalle informazioni in possesso della stessa amministrazione o di altre

amministrazioni pubbliche indicate dal contribuente, ovvero nel luogo ove il contribuente

ha eletto domicilio speciale ai fini dello specifico procedimento cui si riferiscono gli atti

da comunicare»)29.

6. La normale discrezionalità dell’attività di riscossione

6.1. A risultati opposti si perviene guardando all’attività di riscossione. È suffi-

ciente a tal fine rimarcare alcune differenze con l’attività di accertamento.

Infatti, la riscossione consiste nell’acquisizione coattiva di quanto dovuto, già ac-

certato dall’amministrazione o contestualmente accertato dalla stessa (mentre l’accerta-

mento consiste nella determinazione autoritativa di esistenza ed entità del debito) e tende

alla soddisfazione della pretesa fiscale (mentre l’accertamento si preoccupa che tutti con-

corrano alle spese pubbliche secondo la propria capacità contributiva); ciò significa anche

che essa garantisce l’effettivo conseguimento del fine perseguito dall’attività di accerta-

mento e che ad essa si perviene ove quest’ultima ex se non raggiunga in tutto o in parte i

risultati previsti.

Ancora, a differenza dell’accertamento (che consta spesso di un solo atto, l’avviso

di accertamento appunto, il quale tutt’al più è “integrato” da pochi altri atti – accertamenti

integrativi di un precedente accertamento, avviso di liquidazione che segue ad un accer-

tamento di maggior valore – e può/deve essere preceduto a seconda dei casi da inviti,

istanze et similia), la riscossione consta di più atti, anche notevolmente diversi tra loro:

ad una necessaria, e sostanzialmente unitaria, fase iniziale di formazione e comunicazione

del provvedimento ablativo-titolo esecutivo (ruolo e cartella di pagamento, accertamento

esecutivo, ingiunzione fiscale) possono seguire, persistendo l’inadempimento del contri-

buente, più procedimenti30; tant’è che si distinguono una fase “esecutiva” ed una “non

esecutiva” della riscossione, in aggiunta ad una fase “iniziale” della stessa.

29 Sul tema si rimanda amplius ad A. GUIDARA, La successione nelle situazioni soggettive tributa-

rie, cit., p.204 ss. 30 È sufficiente osservare come la via maestra, data dall’esecuzione forzata, consti di tre corsie

(mobiliare, presso terzi e immobiliare) percorribili anche contemporaneamente dall’agente della riscos-sione, e sia preceduta e/o affiancata da altri procedimenti, spesso facoltativi, volti ora a impedirne o para-lizzarne lo svolgimento (si pensi ad es. alle dilazioni di pagamento), ora a aumentarne le probabilità di esito positivo (si pensi ad es. all’iscrizione di ipoteca su beni immobili).

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E quanto agli effetti, agli atti della riscossione di regola non consegue l’esistenza

di un debito, propria degli atti dell’accertamento, ma la graduale soddisfazione della pre-

tesa pubblica mediante una sequela di atti che vanno dalla formazione del titolo esecutivo

all’aggressione del patrimonio del privato fino alla distribuzione del ricavato.

6.2. Ebbene i passaggi, necessari ed eventuali, in cui si articola l’attività di riscos-

sione chiamano in causa vari interessi, pubblici e privati, meritevoli di considerazione;

individuazione, ponderazione e composizione dei quali sono demandate all’amministra-

zione anche su indicazioni normative, testuali (quali la «temporanea situazione di obiet-

tiva difficoltà», alla quale la legge subordina la concessione della dilazione ex art. 19

DPR 602/1973) o ricavabili dalla natura degli istituti (ad es. dei veicoli si prevede il fermo

ex art. 86 DPR 602/1973 in funzione di un pignoramento non facilmente eseguibile per

la natura degli stessi). E si aggiunge che non di rado le scelte dell’amministrazione finan-

ziaria sono complicate da quantità, eterogeneità e diversa rilevanza degli interessi coin-

volti, come anche dalla coesistenza di più procedimenti della riscossione, finanche inter-

secantesi tra loro (tant’è che non è difficile constatare poco adeguate e/o soddisfacenti

risposte dell’amministrazione).

In altre parole, l’interesse pubblico all’acquisizione di quanto dovuto, proprio

della riscossione, si incontra con una pluralità di interessi, aventi anch’essi dignità costi-

tuzionale, chiamati in causa dalla realizzanda compressione della sfera patrimoniale del

contribuente; e la non sempre agevole composizione di tali interessi fa avvertire maggior-

mente, e più che nell’accertamento, l’esigenza di innalzare la qualità dell’azione ammi-

nistrativa, ma anche di garantire pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale. Men-

tre nell’accertamento rileva soltanto il fine della distribuzione dei carichi fiscali in con-

formità alla capacità contributiva, eventualmente composto con fini agevolativi, di cui

però può farsi interprete solo il legislatore.

Sicché, è da escludere che sull’attività di riscossione vi sia un’incidenza diretta

dell’art. 23 Cost., il quale riguarda an e quantum debeatur, a differenza di quanto avviene

per l’attività di accertamento che, consistendo nella determinazione autoritativa di impo-

nibile ed imposta, soggiace in toto a tale riserva di legge. Il che, poi, è coerente con la

riconduzione del potere di riscossione a quello di coazione della pubblica amministra-

zione, più comunemente conosciuto come esecutorietà dell’azione amministrativa o au-

totutela esecutiva, che è tipicamente discrezionale31.

31 Evidenze di tale riconduzione si colgono proprio nel rapporto di dipendenza dell’attività di ri-scossione da quella di accertamento (tale che l’impugnazione dell’atto di accertamento non impone l’im-pugnazione di quello della riscossione successivamente – e provvisoriamente – emesso, come l’iscrizione

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6.3. Pervenire alla superiore conclusione, però, non vuol dire che l’attività di ri-

scossione sfugga del tutto alla riserva di legge ex art. 23 Cost. L’amministrazione, infatti,

per riscuotere coattivamente quanto le è dovuto muove pur sempre da una preventiva

determinazione del debito effettuata nel rispetto della riserva di legge in esame; anzi è

proprio l’esistenza di un debito in tutto o in parte non estinto che giustifica il dispiegarsi

della potestà di riscossione; e l’entità del debito rappresenta la misura di tale potestà, il

parametro nel rispetto del quale gli uffici devono agire.

Ne deriva che l’attività di riscossione soggiace alla riserva di legge ex art. 23 Cost.

limitatamente a esistenza e entità del debito tributario, rispettivamente presupposto e mi-

sura della stessa, in relazione ai quali l’amministrazione non dispone di alcuna discrezio-

nalità (non sono possibili discrezionali rinunce o transazioni, pure sostenute, e sono inco-

stituzionali le letture in tal senso, talvolta fornite, di istituti esistenti). E siccome tali ele-

menti sono determinati in sede di accertamento e l’attività di riscossione è conseguente e

strumentale a quella di accertamento, si può concludere che essa è indirettamente condi-

zionata dalla riserva di legge ex art. 23 Cost., ossia quest’ultima ha un’incidenza mediata

su di essa.

Più esattamente, laddove accertamento e riscossione si sovrappongono (riscos-

sione fisiologica, liquidazione e controllo formale delle dichiarazioni, avvisi di accerta-

mento esecutivi), la riserva di legge opera tout court, escludendo ogni discrezionalità am-

ministrativa in sede di formazione e comunicazione dei provvedimenti che cumulano le

due funzioni; al di fuori di tali ipotesi e comunque superata la fase iniziale di coincidenza

delle due funzioni, essa ha un’incidenza limitata e, poiché riguarda an e quantum de-

beatur, condiziona solo tali profili dell’attività di riscossione, sui quali è esclusa ogni

discrezionalità amministrativa.

Naturalmente, l’ampiezza delle scelte varia a seconda degli istituti in cui si articola

l’attività di riscossione, riguardando spesso l’an e il quid di essi. Si pensi, ad esempio, al

a ruolo, che rimane travolta dalla caducazione dell’atto di accertamento), di strumentalità della prima alla seconda (della quale garantisce l’effettività); anche se ciò non implica una consequenzialità automatica della prima alla seconda: l’attivazione della prima è pur sempre eventuale, presupponendo la persistenza dell’inadempimento ai debiti fiscali.

Naturalmente, aver ricostruito nei termini della dipendenza-strumentalità il rapporto tra la potestà di riscossione e quella di accertamento, non significa affatto che la prima partecipi della natura della se-conda e piuttosto sono evidenti, come anche evidenziato nel testo, le differenze di contenuto ed effetti: l’accertamento tende alla determinazione di quanto dovuto, non consente all’amministrazione di mutare l’assetto di interessi voluto dal legislatore, fa sorgere soltanto l’obbligo di pagamento; mentre la riscossione tende all’acquisizione di quanto dovuto, consente la valorizzazione di una pluralità di interessi chiamati in causa dalla realizzanda compressione della sfera patrimoniale del contribuente, consegue la graduale sod-disfazione della pretesa pubblica mediante una sequela di atti che vanno dalla formazione del titolo esecu-tivo all’aggressione del patrimonio del privato fino alla distribuzione del ricavato.

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richiamato fermo fiscale dei veicoli ex art. 86 DPR 602/1973, per il quale la decisione

dell’agente della riscossione riguarda il se disporre il fermo e quale o quali veicoli fer-

mare; o si pensi ancora, per fare altro diverso esempio, alla sospensione dei rimborsi, di

cui all’art.23 D.lgs. 472/1997, in relazione alla quale l’ufficio è chiamato a decidere se

sospendere o meno il rimborso e per quali crediti/importi disporla.

Da ciò consegue anche la possibilità di accordi amministrativi in sede di riscos-

sione. E, probabilmente, quelli che trovano vita in tale fase dell’azione amministrativa

rappresentano gli unici veri accordi tra amministrazione e contribuente riguardanti il tri-

buto: non coinvolgono an e quantum debeatur, si innestano su ambiti spesso significativi

di discrezionalità amministrativa, si prestano (meglio) alla composizione dei diversi inte-

ressi che emergono in seno alla riscossione. E una compiuta lettura della disciplina della

riscossione in uno con una maggiore considerazione di comportamenti invalsi, spesso in

maniera informale, nella prassi dovrebbero evidenziare anche l’utilità di tali accordi ai

fini di un auspicato e auspicabile innalzamento della qualità dell’azione amministrativa.

7. Interpelli, accordi preventivi, adempimento collaborativo

7.1. Come si è preannunciato, una separata attenzione merita l’attività di indirizzo,

nella misura in cui possa avere ad oggetto i tributi, e più esattamente an e quantum de-

beatur degli stessi, con istituti recenti e d’interesse – come dimostrano anche gli spazi

loro dedicati in questo convegno – quali interpelli, accordi preventivi e adempimento col-

laborativo. Non si può e non si vuole indugiare su di essa, anche per non sovrapporsi alle

prossime relazioni. Si vogliono svolgere, però, due ordini di considerazioni funzionali a

completare la presente trattazione.

7.2. Un primo ordine di considerazione attiene all’attività di indirizzo in genere.

Se è vero che, come spesso si osserva, essa tende e garantire imparzialità e buon anda-

mento dell’azione amministrativa ex art.97 Cost., ciò non significa che essa sia per ciò

stesso discrezionale. Essa, infatti, proprio perché indirizza altra attività amministrativa,

partecipa inevitabilmente di quest’ultima, nel senso che soggiace anche alle regole pro-

prie dell’attività indirizzata. Il che è particolarmente evidente ove l’attività amministra-

tiva indirizzata sia vincolata, non potendo l’amministrazione compiere a monte, in sede

di indirizzo, scelte che le sono precluse a valle, in sede operativa.

Ne consegue che gli atti amministrativi che indirizzano l’azione di accertamento,

quali (possono essere e) sono innanzi tutto gli interpelli generali, di cui all’art.11 dello

Statuto dei diritti del contribuente, difettano di discrezionalità, in quanto anch’essi sono

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destinatari della riserva di legge ex art.23 Cost. in ordine ad an e quantum debeatur32.

Altrettanto può dirsi per: l’interpello sui nuovi investimenti33, che è stato tenuto

separato dalla riforma degli interpelli del 201534, ma è pur sempre riconducibile agli

stessi, riproponendone cumulativamente alcuni contenuti, per quanto presenti marcate

specificità35; per gli accordi preventivi per le imprese con attività internazionale36, che a

dispetto del nome – e di una prima rappresentazione37 – non sono veri accordi, visto che

essi non hanno contenuti dispositivi e i loro effetti discendono dalla legge, e piuttosto non

è azzardato ritenerli interpelli speciali, concordati e ad effetti compositi e di durata, in

coerenza con la maggiore complessità dell’oggetto, ma anche vicini all’interpello sui

32 Analogamente gli atti con i quali l’amministrazione indirizza l’attività di accertamento, quali

redditometro e studi di settore, non ponderano né compongono affatto interessi coinvolti nell’azione am-ministrativa, ma si limitano ad indirizzare stime e giudizi degli uffici soprattutto laddove sussistono ampi margini di valutazione.

33 Esso è regolato dall’art.2 del D.lgs. 14 settembre 2015, n.147. Cfr. anche DM del 29 aprile 2016 (sulle modalità applicative di tale interpello) e Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 20 maggio 2016 (di individuazione degli uffici competenti alla trattazione delle istanze di interpello e alla verifica della corretta applicazione delle risposte rese).

34 La disciplina dell’interpello è stata riscritta ad opera di un intervento diverso e successivo (ri-spetto al cit. D.lgs. 147/2015) del legislatore, vale a dire gli artt.1-8 del D.lgs. 24 settembre 2015, n.156, che hanno innanzi tutto riscritto l’art.11 dello Statuto dei diritti del contribuente (cfr. anche art.9 del cit. DM 29 aprile 2016, per il quale all’interpello sui nuovi investimenti «fermo quanto disposto dal presente decreto, si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni in tema di interpello del contribuente di cui al titolo I del decreto legislativo 24 settembre 2015, n.156»).

35 Le quali riguardano essenzialmente: i soggetti legittimati ad avvalersene («Le imprese che in-tendono effettuare investimenti nel territorio dello Stato di ammontare non inferiore a venti milioni di euro e che abbiano ricadute occupazionali significative in relazione all’attività in cui avviene l’investimento e durature …»), i contenuti («… in merito al trattamento fiscale del loro piano di investimento e delle even-tuali operazioni straordinarie che si ipotizzano per la sua realizzazione, ivi inclusa, ove necessaria, la valu-tazione circa l’esistenza o meno di un’azienda», «… anche la valutazione preventiva circa l’eventuale as-senza di abuso del diritto fiscale o di elusione, la sussistenza delle condizioni per la disapplicazione di disposizioni antielusive e l’accesso ad eventuali regimi o istituti previsti dall’ordinamento tributario», non-ché i «tributi non di competenza dell’Agenzia delle entrate», per i quali essa provvede ad inoltrare la ri-chiesta dell’investitore agli enti di competenza che rendono autonoma risposta), i profili procedurali (pos-sono esservi interlocuzioni dedicate o accessi mirati alla stregua di quanto previsto per i vicini accordi preventivi per le imprese con attività internazionale, di cui all’art.31 ter DPR 600/1973, aggiunto dall’art.1 dello stesso D.lgs.147/2015 che ha introdotto l’interpello sui nuovi investimenti).

36 Essi sono regolati dall’art.31 ter del DPR 600/1973, introdotto nel 2015 (ad opera dell’art.1, comma 2, D.lgs.147/2015) in sostituzione del ruling internazionale, di cui all’art.8 del DL 30 settembre 2003, n.269 (convertito dalla legge 24 novembre 2003, n.326), contestualmente abrogato (ad opera dell’art.1, comma 1, dello stesso D.lgs.147/2015). Per le disposizioni di attuazione si veda il Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 21 marzo 2016.

37 Così, ad esempio, nella circ. 1 giugno 2016, n.25, resa dall’Ag. Entrate sull’interpello sui nuovi investimenti, si distingue quest’ultimo dagli accordi in esame, dicendosi che «la procedura di ruling di cui all’articolo 31-ter del D.P.R. n. 600 del 1973 sfocia nella conclusione di un vero e proprio accordo», ma è sufficiente leggere in prosecuzione per relativizzare l’affermazione («… avente ad oggetto la definizione di metodi di calcolo o di valori fiscali e la valutazione di elementi fattuali suscettibili di contestazione da parte dell’Amministrazione finanziaria»).

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nuovi investimenti (di cui rappresentano un complemento e/o una sostanziale alterna-

tiva)38. Non a caso si tratta di istituti alternativi all’interpello ordinario39.

E considerazioni simili possono farsi per il contiguo adempimento collaborativo,

nella misura in cui anch’esso (promuovendo l’adozione di forme di comunicazione e di

38 La maggiore complessità degli accordi preventivi per le imprese con attività internazionale è

evidente nell’oggetto degli stessi, di cui all’art.32 ter, comma 1, DPR 600/1973: la preventiva definizione in contraddittorio dei metodi di calcolo dei prezzi di trasferimento ex art.110, comma 7, TUIR; i valori di uscita o di ingresso in caso di trasferimento della residenza dell’impresa ex artt.166 e 166-bis TUIR; l’ap-plicazione o meno ad un caso concreto delle norme, anche di origine convenzionale, concernenti l’attribu-zione di utili e perdite alla stabile organizzazione in un altro Stato di un’impresa o un ente residente ovvero alla stabile organizzazione in Italia di un soggetto non residente; la valutazione preventiva della sussistenza o meno dei requisiti di esistenza di una stabile organizzazione nel territorio dello Stato, in forza delle pre-visioni di cui all’art.162 TUIR, ma anche convenzionali; l’applicazione o meno ad un caso concreto di norme, anche di origine convenzionale, concernenti l’erogazione o la percezione di dividendi, interessi e royalties e altri componenti reddituali a o da soggetti non residenti. Vi è da dire, poi, che tali accordi possono avere oggetti ulteriori, come lascia intendere l’incipit dell’art.32, comma 1, cit. («Le imprese con attività internazionale hanno accesso ad una procedura finalizzata alla stipula di accordi preventivi, con principale riferimento ai seguenti ambiti …») e come confermano altre previsioni (così tali accordi sono consentiti agli imprenditori che optano per la disciplina del Patent box: cfr. art.1, commi da 37-45, della legge 23 dicembre 2014, n.190, ma anche art.4 DL 30 aprile 2019, n.34, come convertito dalla legge 28 giugno 2019, n.58).

L’alternatività tra i predetti accordi e gli interpelli sui nuovi investimenti è sostenuta ad esempio da G. RAGUCCI, Gli istituti della collaborazione fiscale. Dai comandi e controlli alla Tax Compliance, Torino, 2018, p.81 s. Ma si veda anche Circ. Assonime 1 aprile 2016, n.10. E si osservi anche come per l’art.4, comma 1, lett.d, DM 26 aprile 2016 l’istanza di interpello sui nuovi investimenti è inammissibile «nella parte in cui verte su questioni oggetto delle procedure di cui all’art. 31 ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 … fatta eccezione per i quesiti che richiedono la preventiva valutazione in ordine all’esistenza o meno di un’azienda che configuri stabile organizzazione». Non man-cano, però, criticità nel confronto tra i due istituti, come osserva ad esempio D. CONTE, Dal controllo fiscale sul dichiarato al confronto preventivo sull’imponibile, Milano, 2017, p.158 ss.

Che gli accordi in esame siano veri accordi è escluso da più parti. Si vedano ad esempio, sia pure con diversità di sfumature: G. RAGUCCI, Gli istituti della collaborazione fiscale. Dai comandi e controlli alla Tax Compliance, cit., p.88; M. GRANDINETTI, Gli accordi preventivi per le imprese con attività inter-nazionale in Rass. Trib. 2017, p.680 ss.; D. CONTE, Dal controllo fiscale sul dichiarato al confronto pre-ventivo sull’imponibile, cit., p.138 ss.; G. PIZZONIA, Gli accordi preventivi per le imprese con attività in-ternazionale: opportunità e criticità in Riv. Dir. Fin. Sc. Fin. 2016, I, p.511 s. Ma già con riferimento al ruling internazionale, che degli accordi in esame è il precedente, cfr. ad esempio: L. DEL FEDERICO, Auto-rità e consenso nella disciplina degli interpelli fiscali in AA. VV. Profili autoritativi e consensuali del diritto tributario a cura di S. La Rosa, Milano, 2008, p.162 s.; F. PISTOLESI, Gli interpelli tributari, Milano, 2007, p.107 ss. E il fatto che talora per gli istituti in esame si richiamino i cd. moduli consensuali, pur nell’ambiguità di tale espressione (cfr. ad es. F. CANGELLI, Potere discrezionale e fattispecie consensuale, Milano, 2004, p.56 ss.; ma già M.S. GIANNINI, Il pubblico potere. Stati e amministrazioni pubbliche, 1986, pp.124 ss.; ID., Diritto amministrativo, II, Milano, 1993, p.422), tradisce la consapevolezza, più o meno avvertita, che non si tratta di veri accordi.

39 Infatti, per l’art.11 dello Statuto dei diritti del contribuente «Il contribuente può interpellare l’amministrazione per ottenere una risposta riguardante fattispecie concrete e personali relativamente a: a) l’applicazione delle disposizioni tributarie, quando vi sono condizioni di obiettiva incertezza sulla corretta interpretazione di tali disposizioni e la corretta qualificazione di fattispecie alla luce delle disposizioni tri-butarie applicabili alle medesime, ove ricorrano condizioni di obiettiva incertezza e non siano comunque attivabili le procedure di cui all’articolo 31-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, introdotto dall’articolo 1 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147 e di cui all’articolo 2 del medesimo decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147; …».

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A. GUIDARA – Discrezionalità e vincolatezza nell’azione dell’amministrazione finanziaria

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cooperazione rafforzate basate sul reciproco affidamento tra Amministrazione finanziaria

e contribuenti e favorendo nel comune interesse la prevenzione e la risoluzione delle con-

troversie in materia fiscale) è suscettibile di indirizzare l’attività di accertamento40.

7.3. Quanto osservato varrebbe ad escludere ogni discrezionalità amministrativa

dagli atti esaminati, sul presupposto, naturalmente, che essi esprimano funzioni di ammi-

nistrazione attiva (e alla stregua di quelle posizioni che li riconducono all’attività di ac-

certamento, piuttosto che evidenziarne l’autonomia funzionale). Ma ancor prima – e si

passa al secondo ordine di considerazioni – è una diversa preferibile lettura della natura

degli atti esaminati a fugare i dubbi circa l’assenza di discrezionalità amministrativa in

questa fase dell’azione amministrativa.

Infatti, se si guarda al contenuto degli atti esaminati si coglie come essi attengano

in definitiva all’interpretazione di norme (che al contribuente non risulta agevole inten-

dere o per le quali è opportuno richiamare l’attenzione dell’ufficio), su cui si richiede una

pronuncia dell’amministrazione che la possa vincolare in ordine alla loro applicazione41.

40 L’adempimento collaborativo è disciplinato dagli artt.3-7 del D.lgs. 5 agosto 2015, n.128. Cfr.

anche i Provvedimenti del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 14 aprile 2016 (concernente i requisiti di accesso al regime di adempimento collaborativo), 26 maggio 2017 (contenente le disposizioni per l’at-tuazione del regime di adempimento collaborativo), nonché i DD. MM. 15 giugno 2016 (circa l’interpello dedicato per i contribuenti che aderiscono al regime dell’adempimento collaborativo) e 30 dicembre 2016 (che fissa al 31 dicembre 2019 il termine finale della prima fase di applicazione del regime dell’adempi-mento collaborativo). Che anche l’eventuale accordo di adempimento collaborativo, di cui all’art.5, comma 4, DM 26 maggio 2017 cit., non sia un vero accordo è pacifico: cfr. ad es. A. TROPEA, I profili giuridici dell’adempimento collaborativo in Riv. Trim. Dir. Trib. 2017, p.813.

Quella in essere è una prima applicazione dell’istituto (che non manca di destare perplessità: cfr. ad es. G. SALANITRO, Profili giuridici dell’adempimento collaborativo in Riv. Dir. Trib. 2016, I, p.645 ss.), come peraltro dimostra il termine del 31 dicembre 2019 di fine della fase di prima applicazione dell’istituto, di cui all’art.1 del DM 30 dicembre 2016 cit. Un precedente dell’istituto può essere rinvenuto nel cd. tuto-raggio fiscale, di cui all’art.27, commi 9-14, del DL 29 novembre 2008, n.185 (come modificato dalla legge di conversione 28 gennaio 2009, n.2): così ad esempio D. CONTE, Dal controllo fiscale sul dichiarato al confronto preventivo sull’imponibile, cit., p.167 ss.

41 All’interpretazione di norme sono spesso commiste qualificazioni di fattispecie senza che pro-babilmente si possa pervenire ad una reale distinzione tra i due tipi di attività, a dispetto dei velleitarismi talora perseguiti dal legislatore (per l’appunto, prima della riforma degli interpelli del 2015, non si dubitava che le qualificazioni si ricomprendessero nell’ordinario interpello interpretativo, osservandosi che: «l’in-certezza va apprezzata non soltanto in relazione alla portata generale della norma, ma anche nella relativa applicazione a vicende circoscritte e puntuali. Deve trattarsi, cioè, del dubbio che la disposizione solleva di fronte alla fattispecie concreta. Norma e fatto concorrono, quindi, ad integrare la condizione di fondata perplessità che dà titolo alla proposizione della domanda di interpello»: così F. PISTOLESI, Gli interpelli tributari, cit., p.48). Ed è discutibile la distinzione degli interpelli, tra interpretativo o puro e qualificatorio, introdotta nel 2015 nell’ambito del tipo di cui all’art.11, comma 1, lett.a, dello Statuto, tant’è che gli esempi di interpello qualificatorio fatti dalla relazione al decreto legislativo di riforma degli interpelli, ma anche dalla relativa circolare esplicativa n.9 dell’1 aprile 2016, ben possono essere oggetto di altri interpelli (a tacer d’altro quello anti-abuso, di cui all’art.11, comma 1, lett.c, dello Statuto) e lo sono diventati con rife-rimento all’interpello sui nuovi investimenti e all’accordo ex art.31 ter DPR 602/1973, nei quali peraltro non si ripropone affatto la distinzione di cui sopra. Talora in dottrina si propone di trovare, sia pure in

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Accordi e azione amministrativa nel diritto tributario – Catania, 25-26 ottobre 2019

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Ed essendo appunto rivolti ad interpretazione e applicazione di disposizioni tributarie, tali

atti non estrinsecano alcuna volontà amministrativa, non contengono alcuna disposizione

degli interessi convolti (tipiche dei provvedimenti). Essi non sono altro che pareri, che

esprimono il pensiero dell’amministrazione in ordine alle vicende sottoposte alla sua at-

tenzione, limitatamente alle quali la vincolano; il vincolo, che discende dal parere reso, è

sottratto alla volontà dell’ufficio interpellato, trattandosi piuttosto di un effetto legale

dello stesso; giammai la risposta data vincola il contribuente.

Ciò vale anche in presenza di contenuti particolari, di procedimenti complessi e

finanche partecipati, di risvolti internazionali, quali quelli che connotano alcuni degli isti-

tuti esaminati, dovendosi semmai e a seconda dei casi diversamente modulare gli effetti

delle pronunce dell’amministrazione. Così in ordine alle disposizioni tributarie antielu-

sive, cui si riferisce l’art.11, comma 2, dello Statuto, il contribuente chiede all’ammini-

strazione non già la loro disapplicazione, ma che essa riscontri individuazione e interpre-

tazione delle stesse da lui fornite, in funzione di una loro non applicazione (con conse-

guente applicazione di disposizioni diverse), cui egli comunque vanta un diritto sogget-

tivo; e ancora, a dispetto dei riferimenti testuali42 l’accordo di cui all’art.31 ter DPR

600/1973 non vincola realmente il contribuente, il quale può sempre ritenersi libero di

accedere, anche in itinere, ad una soluzione esegetica diversa da quelle stabilite (e da far

valere anche nell’eventuale sede contenziosa), come peraltro sembra prendere atto il

Provvedimento applicativo43 44.

8. Cenni sulle proiezioni contenziose delle considerazioni svolte

Quali conclusioni dell’analisi svolta andrebbero probabilmente colte le proiezioni

chiave dubitativa, la specificità dell’interpello qualificatorio nella vaghezza delle norme di riferimento (cfr. G. FRANSONI, Qual vaghezza …? considerazioni sui presupposti dell’interpello qualificatorio in Rass. Trib. 2016, p.570 ss., ove poi, a p.582, si precisa che «il proprium dell’interpello qualificatorio – se e nella misura in cui lo si voglia distinguere dall’interpello ordinario – consiste nella sua applicabilità alle ipotesi di incer-tezza determinate dall’incertezza da rinvio»).

42 Si veda l’art.31 ter, comma 2, DPR 600/1973: «Gli accordi di cui al comma 1 vincolano le parti per il periodo d’imposta nel corso del quale sono stipulati e per i quattro periodi d’imposta successivi, salvo mutamenti delle circostanze di fatto o di diritto rilevanti ai fini degli accordi sottoscritti e risultanti dagli stessi». Similiter dispongono gli artt.4.6 e 5.8 del Provvedimento 21 marzo 2016.

43 Ivi infatti sono previste cause di estinzione e violazioni dell’accordo, che lo vanificano in tutto o in parte, le quali possono ben dipendere dalla volontà del contribuente (artt.6 e 8 del cit. Provvedimento 21 marzo 2016).

44 Mutatis mutandis analoghe considerazioni possono essere fatte per l’accordo di adempimento collaborativo, per il quale il Provvedimento del 26 maggio 2017 ripropone una versione analoga a quella dell’art.31 ter cit. (l’art.5.4 del Provvedimento prevede: «Il contenuto dell’accordo vincola le parti per il periodo di imposta nel corso del quale è stata definita la soluzione condivisa e per i periodi di imposta successivi, salvo mutamenti nelle circostanze di fatto o di diritto rilevanti ai fini della comune valuta-zione»).

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A. GUIDARA – Discrezionalità e vincolatezza nell’azione dell’amministrazione finanziaria

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contenziose delle considerazioni svolte. Ciò, però, allungherebbe l’esposizione, condu-

cendo anche ad inevitabili ridondanze e ripetizioni; e forse rischierebbe pure di risultare

poco utile, potendosi intuire gli approdi del ragionamento finora condotto. Sicché appare

preferibile limitarsi a meri cenni, che forse non finalizzano adeguatamente l’esposizione

o se si vuole e alla stregua del prologo la lasciano in medias res, ma che di certo non la

appesantiscono ed evitano sovrapposizioni con gli interventi che seguono.

Più esattamente, si vuole semplicemente osservare come le considerazioni svolte

non mutino se si guarda alle ipotesi in cui l’amministrazione finanziaria è chiamata a

prevenire o comporre controversie riguardanti gli atti espressione delle esaminate attività

(sempre che siano impugnabili). Infatti, in relazione ai diversi oggetti coinvolti, vengono

in essere le stesse attività con le caratteristiche di vincolatezza e discrezionalità che si

sono esposte: così, e per intendersi, su an e quantum debeatur non sono possibili scelte

(ad esempio di tipo transattivo) neppure a valle dell’esercizio dell’attività di accerta-

mento.

E naturalmente non può tacersi che: la latitudine della conciliazione giudiziale

(tutte le controversie devolute alle Commissioni tributarie)45 conduce a diverse ricostru-

zioni della natura della stessa, dovendosi nettamente distinguere dalle liti di accertamento

quelle di riscossione e quelle di restituzione; nella mediazione l’eventuale proposta, che

ha un contenuto diverso da quello del reclamo e del ricorso46, si giustifica in funzioni di

epiloghi differenti da quelli cui questi ultimi conducono, che riguardano essenzialmente

– anche qui – le controversie di riscossione e quelle di restituzione, le quali appunto e

nell’ordine ora si connotano per la presenza di una significativa discrezionalità ammini-

strativa (con riferimento agli atti autoritativi) ora muovono da situazioni di diritto sogget-

tivo (dei contribuenti nei confronti dell’amministrazione finanziaria).

Antonio Guidara

Università di Catania

45 Cfr. artt.48 e 48 bis D.lgs.546/1992. 46 In tal senso, dell’art.17 bis D.lgs. 546/1992 (dedicato appunto al reclamo e alla mediazione) si

vedano i passaggi: «… il ricorso produce anche gli effetti di un reclamo e può contenere una proposta di mediazione con rideterminazione dell’ammontare della pretesa», di cui al comma 1; «l’organo destinatario, se non intende accogliere il reclamo o l’eventuale proposta di mediazione, formula d’ufficio una propria proposta avuto riguardo all’eventuale incertezza delle questioni controverse, al grado di sostenibilità della pretesa e al principio di economicità dell’azione amministrativa», di cui al comma 5. Sulle diversità della mediazione dal reclamo, già nella primigenia veste dell’art.17 bis cit., si veda ad esempio G. CORASANITI, Il reclamo e la mediazione nel sistema tributario, Padova, 2013, p.58 ss.