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Il primo volume della monumentale qua­drilogia consacrata al pensiero ermetico dell'inizio della nostra era, sotto il titolo un po' provocatorio de La rivelazione di

Ermete Trismegisto, presenta: un quadro dell'epoca e dell'ambiente che hanno visto

la nascita dell'ermetismo e la sua diffusio­ne, nelle sue due forme, popolare e dotta; i contorni della storia di Hermes-Thoth e

del ruolo che una stupefacente fortuna ha assegnato a questa divinità, nata in Egit­to e dilatatasi nel mondo greco-romano;

una lunga rassegna degli scritti trasmessi sotto il nome di Trismegisto, riguardanti le scienze occulte dell'antichità (astrologia, alchimia, magia e terapeutica) e una loro approfondita analisi, ma anche le loro ve­rità trascendenti su Dio, l'uomo e il mondo, o, altrimenti, illogos rivelatore di Ermete. Con questo esame generale del bisogno di rivelazione, che tormentava un così gran

numero di pensatori della tarda epoca elle­nistica, si presenta il cardine e il passaggio al secondo e prossimo volume.

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André-Jean Festugière (1898-1982) è stato uno dei maggiori studiosi dell'ermetismo e del neo­platonismo. Curatore con A.D. Nock dell'edizione critica del Corpus Hermeticum (1945 e 1954), ha pubblicato in seguito l'imponente studio La révéla­tion d'Hermès Trismégiste (1944-1954) in cui l'er­metismo viene messo a confronto con i grandi temi della filosofia neoplatonica. Tra le sue opere ricor­diamo le monografie dedicate a Platone ed Epicuro, le ampie sillogi di studi sulla religione e la filosofia greca, nonché la traduzione del commento al Timeo di Proclo.

Mareno Neri ha curato, commentato e tradot­to (dall'inglese, dal francese e dal greco antico) opere su Pletone, sul Tempio Malatestiano e su Sigismondo Pandolfo Malatesta, uno dei patroni della rinascenza neoplatonica. Ha curato: Com­mento al sogno di Scipione di Macrobio (2007), Trattato delle virtù di Giorgio Gemisto Pletone (2010), Dialoghi per Massoni di Gotthold Ephraim Lessing e Johann Gottfried Herder (2014). Ha pub­blicato inoltre In cerca di lpazia (2016).

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ANDRÉ-JEAN FESTUGIÈRE

LA RIVELAZIONE

DI ERMETE TRISMEGISTO

VOLUME I

L'ASTROLOGIA

E LE SCIENZE OCCULTE

con un'appendice sull'Ermetismo Arabo a cura di Louis Massignon

a cura di

Moreno Neri

� MIMESIS

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Titolo originale: La Révélation d 'Hermès Trisrnégiste. l. L 'astrologie et /es sciences occultes © Société d'édition Les Belles Lettres, 2014

Il volume è stato pubblicato con il contributo del Collegio Circoscrizionale dei Maestri Venerabili della Lombardia del Grande Oriente d'Italia Palazzo Giustiniani

� � . ... . �

MJMESIS EDIZIONI (Milano- Udine) www.mimesisedizioni.it [email protected]

Isbn:9788857557748

© 2019- MIM EDIZIONI SRL Via Monfalcone, 17/19-20099 Sesto San Giovanni (MI) Phone: +39 02 24861657 l 24416383

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INDICE

PREFAZIONE ALLA PRIMA EDIZIONE

PREFAZIONE ALLA SECONDA EDIZIONE

INTRODUZIONE L'EPOCA E L'AMBIENTE

9 13

CAPITOLO l -IL DECLINO DEL RAZIONALISMO 19 CAPITOLO II -I PROFETI DELL

'ORIENTE 3 7 CAPITOLO III -LA VISIONE DI DIO 65 CAPITOLO IV -HERMES-THOTH E LA LETIERATURA ERMETICA 89

VOLUME I L'ASTROLOGIA E LE SCIENZE OCCULTE

CAPITOLO V -L'ERMETISMO E L

'ASTROLOGIA 115

§ l. -L'astrologia ellenistica 115 § 2. -Le testimonianze sull'ermetismo astrologico 129 § 3. -Gli scritti ermetici di astrologia 134

I. Opuscoli greci 137 II. Liber Hermetis Trismegisti 141

§ 4. -Gli scritti ermetici di medicina e di botanica astrologiche 152 I. Teorie generali 152 II. Applicazioni alla terapeutica 160 III. Gli scritti di Ermete 167

A. Piante decaniche 169 B. Piante zodiacali 174 C. Piante planetarie 177 D. Piante e pietre delle XV stelle fisse 193

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CAPITOLO VI -L'ERMETISMO E LE SCIENZE OC CULTE 223

§ l . -Le scienze occulte nell'epoca ellenistica 223 § 2. -Le Kyranides ermetiche 238

A La Kyranys 239 B: Le Koiranides 244 C. Il Libro Arcaico 249

CAPITOLO VII- L'ERMETISMO E L

'ALCHIMIA 255

§ l . -L'alchimia semplice tecnica 257 § 2. -Bolo il Democriteo e le <PucnKà Kaì MucrnKa 262 § 3. -La letteratura alchemica dopo le Physika 278 § 4. -I frammenti alchemici di Ermete 280

I. Frammenti diversi 282 Il. lside a Horus 294

§ 5. -L'alchimia religione mistica 303 I. Zosimo: Commentario alla lettera Q 308 II. Zosimo: Computo Finale 321

CAPITOLO VIII- L'ERMETISMO E LA MAGIA 331

§ l . -La testimonianza dei papiri magici 331 § 2.- Testi di magia ermetica 335

I. Testi relativi a Thoth-Hermes 335 A. Thoth inventore della magia 335 B. Ricette con invocazione a Thoth-Hermes 337 C. Ricette in cui il mago s'identifica

con Thoth-Hermes 340 D. Ricette in cui il mago utilizza una statuina

di Thoth-Hermes 342 II. Testi relativi alla gnosi ermetica 345

A. (a). Preghiere al Dio Supremo 346 A. (b). Preghiere al Sole 348 B. Kosmopoiia di Leida 350 C. La ricetta d'immortalità 354

CAPITOLO IX- LE FINZIONI LETTERARIE DEL LOGOS DI RIVELAZIONE 361 § l . -I tipi dalla rivelazione diretta 364

I. Rivelazione durante un sogno o un'estasi 364 II. Rivelazione ricevuta durante un colloquio

con un dio 3 70

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III. Rivelazione mediante la scoperta di un libro o di una stele 3 72

IV. Rivelazione ricevuta attraverso i segni nel cielo 3 77 § 2. -I tipi della rivelazione trasmessa 377

I. Istruzione di un saggio a un re 3 78 A. Petosiris a Nechepso 380 B. Lettere a Filippo 381 C. Bothros a un re 381 D. Nephotes a Psammetico 382 E. Pitys a Ostane 382 F. Thphé a Ochos 3 82

I (bis). Lettera di un profeta a un personaggio 3 84 Pnouthios a Keryx 385

Il. La tradizione di padre in figlio 386 A. Libro sacro di Ermete ad Asclepio 390 B. Lettera di Pitagora a Telauge 390 C. Igromanzia di Salomone a Roboamo 393 D. Libro di Saggezza di Apollonia di Tiana a Postumo 395 E. Libro sacro intitolato "Monade" 397 F. Kyranis, prooem. 3 399 G. Letteratura orfica 400

§ 3.- L'influenza del motivo della traditio sullogos ermetico 402

CoNCLUSIONE 411

APPENDICI 421 I. Zosimo, Computo Finale 423 II. La "Confessione" di Cipriano il Mago 429

A. Bibliografia 429 B. Repertorio di Cipriano 430 C. Traduzione della versione copta 434

III. Inventario della letteratura ermetica araba 445

INDICI 463

ADDENDA 507

ABBREVIAZIONI 509

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PREFAZIONE ALLA PRIMA EDIZIONE

Verso la fine del periodo ellenistico e sotto l 'Impero, si diffuse nel mondo greco-romano un certo numero di sapienze rivelate che si attribuivano sia a magi persiani (Zoroastro, Ostane, Istaspe ), sia a un Dio d'Egitto (Thoth-Hermes), sia a oracoli venuti dalla Caldea (Oracoli caldaici), sia anche a profeti o filosofi della Grecia, che si erano accostati con più attenzione al divino, perché è nello stesso periodo che rifiorivano il pitagorismo e l'orfismo.

Tra queste sapienze rivelate, quella che porta il nome di Ermete Trismegisto è una delle più importanti, sia per il gran numero di scritti che ha lasciato sia per il campo che copre questa letteratura. Più spesso si conosce e si studia solo ciò che si riferisce alla filoso­fia o alla teologia. L'Ermete egizio, tuttavia, si è interessato a molti altri ambiti: si occupava di astrologia, di alchimia, di magia, e oltre a questo ermetismo, che si potrebbe dire popolare, rappresentante solo un ramo secondario e tardo della rivelazione ermetica, è, al contrario, la produzione più antica quella che ha dato la sua forma ed è servita di modello, almeno in gran parte, all'ermetismo dotto. La conoscenza di questo ermetismo popolare sarebbe stata diffici­le ancora cinquanta anni fa. Ma, dall'inizio del secolo, ammirevoli collezioni quali il Catalogus Codicum Astrologorum Graecorum, i Papyri Graecae Magicae, le opere di pionieri ardenti, Reitzenstein, W. Kroll, Boli, Max Wellmann, Lagercrantz, per parlare solo dei morti, hanno riesumato una miriade di documenti che gettano nuova luce sulla religione vivente, le credenze reali, di una parte presu­mibilmente importante degli abitanti dell'Impero, in particolare in Egitto. Mi è parso che fosse giunto il momento di attingere a questi tesori. Oggi abbiamo i mezzi per avere una visione d'insieme della letteratura ermetica, sotto il suo duplice aspetto popolare e dotto.

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l O La rivelazione di Ermete Trismegisto -L 'astrologia e le scienze occulte

Questo libro avrà due parti. Nella prima, che appare qui, esamino gli scritti, numerosi e dispersi, in cui Ermete tratta dell'astrologia e delle scienze occulte, vale a dire, dell'alchimia, della magia e della terapeutica, fondata sulle segrete simpatie e antipatie tra gli esseri della natura, di cui le Kyranides ermetiche sono uno dei testimoni più curiosi. Questi capitoli sono preceduti da un'introduzione ge­nerale in cui ho cercato di spiegare come sono potute nascere le sapienze rivelate e cosa assicurò il loro successo. Questo è indub­biamente uno degli argomenti più accattivanti nella storia spirituale dell'Impero, e anche uno dei più oscuri. Non ho inteso esaurirlo, ma solo indicare gli aspetti che mi sembravano più notevoli. L'ultimo capitolo dell'introduzione è dedicato alla personalità di Ermete, e l'ultimo del libro alle forme letterarie sotto le quali ci appare illogos della rivelazione. Queste osservazioni valgono per entrambi gli er­metismi: serviranno quindi da transizione al secondo volume.

La seconda parte di questa opera riguarderà l'ermetismo filosofico e teologico. Senza dubbio, dal Poimandres di Reitzenstein ( 1904 ), gli studi dello stesso Reitzenstein, poi di Wilhelm Kroll e Joseph Kroll, Bousset, W. Scott, C.H. Dodd, e così via, hanno contribuito a una migliore comprensione dell'ermetismo dotto. Tuttavia, poi­ché questa forma di sapienza presenta dei rapporti molto stretti con altri movimenti filosofici e religiosi della stessa epoca, e giacché i progressi della ricerca storica rendono la conoscenza di questo am­biente sempre più ricca e profonda, può sembrare ulteriormente utile riprendere di nuovo il problema dell'ermetismo, tanto più che anche in Francia l'ultimo libro su questo argomento risale a tre quarti di secolo fa1• Ermetismo popolare ed ermetismo dotto hanno tratti cer­tamente comuni e si sono reciprocamente influenzati: nondimeno sono due unità distinte e vi è ogni vantaggio nello studiarli separa­tamente. Inoltre, incaricato di pubblicare, in collaborazione con un amico di Harvard, A.D. Nock, i testi filosofici di Trismegisto nella Collection Budé, ho pensato che fosse preferibile aspettare che que­sta edizione fosse apparsa per parlare di Ermete filosofo.

In questo volume, ho preso molti prestiti da quella letteratura che in Germania viene chiamata Kleinliteratur perché è per lo più ano­nima, naturale e sincera. Ho così voluto "comporre l'atmosfera": il

Louis MÉNARD, Hermès Trismégiste, traduction complète précédée d'une étude sur l 'origine des livres hermétiques, Didier et Ce, Paris 18672•

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Prefazione alla prima edizione Il

mio unico obiettivo sarebbe raggiunto se questo libro potesse offri­re come una piccola somma di monumenti della religione popolare sotto l 'Impero. Per la maggior parte di questi scritti, il testo edito è molto buono e ho solo avuto il problema di tradurli. Non è la stessa cosa per la letteratura alchemica: l'edizione di Berthelot-Ruelle è più che mediocre2, ho dovuto allora comporre il mio testo. L'ho fatto in particolare per un capitolo di Zosimo che si troverà in appendice; questa pubblicazione ha solo un carattere provvisorio, fino a quan­do giorni migliori permetteranno di affrontare il lavoro promesso e già preparato dai dotti collaboratori del Catalogue des Manuscrits Alchimiques Grecs.

Più di venti anni fa, furono i lavori di Cumont su Mithra e sulle re­ligioni orientali nel paganesimo romano a risvegliare in me l'ardente desiderio di studiare a mia volta le religioni dell'antichità. Da quel giorno, qualunque percorso tentassi, l 'ho trovato come una guida sulla mia strada. E la Fortuna mi ha permesso di poter approfittare non solo dei suoi scritti, ma dei suoi consigli. È per me un onore e una grande gioia che si sia degnato di accettare la dedica di questo libro. È una garanzia della solidità del mio lavoro che lo abbia cor­tesemente voluto leggere, correggere e arricchire di note prima che apparisse. No& Kaì !ll!lvTJOKOjlat, cùxaptcr't& òf: lijla.

Sono anche obbligato verso Louis Massignon, professore al Col­lège de France, che non solo mi ha chiarito un punto oscuro dell'a­strologia araba (pp. 200 ss.), ma che ha spinto la sua cortesia fino a lasciar apparire, in appendice a questo libro, una memoria sulla letteratura ermetica araba. Nonostante le opere di Berthelot-Houdas e di Blochet in Francia, di J. Ruska in Germania, questo argomen­to è ancora poco conosciuto. Nessuno meglio di lui avrebbe potuto trattar lo.

Ho trovato la più cordiale accoglienza in Pierre Lacau, professore di Egittologia presso il Collège de France, e nel suo assistente Mi­che! Malinine, che ero andato a consultare su una recensione copta della Confessione di Cipriano il Mago (cod. Pierpont Morgan). Ma­linine si prese la briga di tradurre per me il testo copto e mi ha per-

2 La crudele espressione di Kroll a proposito del Damascio di Ruelle ("nihil fere intellexit", Or. Chald., p. 8, n. 2) è, ahimè!, giusta.

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12 La rivelazione di Ermete Trismegisto- L 'astrologia e le scienze occulte

messo di pubblicare questo inedito, che si troverà nell'appendice II. Non c'è dubbio che il lettore gli sarà riconoscente quanto lo sono io.

Infine, ringrazio calorosamente il mio collega ali 'École des Hautes Études, Sainte Fare Gamot, che ha gentilmente rivisto la parte del cap. IV di questo libro relativa a Thoth l 'Egizio e il professar Gundel, di Giessen, che con grande liberalità mi ha autorizzato a riprodurre la fotografia di una pagina di un manoscritto orientale di Oxford che aveva pubblicato nell'ultima edizione di Boli-Bezold-Gundel, Sternglaube und Sterndeutung (tavola XXIV, fig. 47). Questa im­magine esprime a perfezione ciò che vi era di poesia, di devozione vera, nel culto che gli antichi tributavano agli astri. Meglio forse di qualsiasi scritto, simboleggia, alla soglia del libro, questo atteggia­mento dello spirito e dell'anima che ho voluto definire e illustrare con esempP.

Parigi, agosto 1942 A.-J Festugière

3 Nella trascrizione dei nomi di persone o di opere greche (non modernizza­te), ho adottato le regole seguenti: K = k, x= eh. Ho di solito mantenuto la terminazione os [qui o nella versione italiana, N.d.T], tranne nel caso in cui il personaggio fosse universalmente conosciuto nella forma latinizzata del suo nome (us). Infine, il greco u è generalmente reso con unay. Queste sono solo convenzioni e la scelta rimane libera, ma, avendola fatta, va seguita fino in fondo.

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PREFAZIONE ALLA SECONDA EDIZIONE

Per ragioni materiali, è stato necessario ristampare così com'era il testo della prima edizione e non ho quindi potuto correggerlo. Il let­tore vorrà fare riferimento alla fine del libro, dove troverà un elenco di correzioni e aggiunte'. Talune di queste correzioni, che mi sono state suggerite da lettori amici o recensori del mio lavoro, sono se­guite dal nome del loro autore. È per me un piacere ringraziarli qui, come Massignon, che ha cortesemente voluto inviarmi delle note aggiuntive alla sua preziosa Appendice.

Va da sé che queste "ritrattazioni", in senso stretto, riguardano solo questioni di dettaglio. Non potevo tornare su questioni generali come, per esempio, il valore della scienza greco-romana o le cause della decadenza del razionalismo sotto l'Impero. Questi sono vasti problemi in cui non è possibile che tutti siano d'accordo. Così alcu­ni studiosi mi hanno rimproverato di non aver visto che le ricerche dell'età imperiale sono al punto di partenza della scienza moderna. B. Farrington (J Hell. St., XLV, 133) cita contro di me F. Sartiaux (Fai et Science au Moyen Age, Rieder, Paris 1926, p. 6 1): "È l'oscu­ro perfezionamento delle tecniche industriali, meccaniche, astrono­miche, chimiche e mediche [ ... ] che ha principalmente contribuito al lento sviluppo dello spirito scientifico durante il primo millennio della civiltà occidentale". E F. Cramer (Isis, 38, 1948, 196), critican­do la mia affermazione (p. 25) che "ciò che è soprattutto mancato alla scienza greca [ . . . ] è l'uso della sperimentazione", scrive: "On the contrary, perhaps, it would be correct to say that social, econom­ie, politica! an d in a sense biologica! forces end ed an era of scientific progress of unprecedented glory in the fourth and fifth century of our era". Al contrario, Bickerman (J of Am. Phil., LXVIII, 1947,

Ho allegato alcune Add. e Corr. al vol. II, pubblicato nel 1949.

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447) ritiene che all'inizio della nostra era, dopo cinque secoli di in­vestigazione razionale della natura, "the practical result of this inve­stigation is almost nil". E mentre Cramer sosteneva i progressi della scienza greca nella metallurgia (l. c., p. 196, l. 8), Bickerman scrive (l. c.): "Metals were in great demand in the Hellenistic world, but there was hardly any progress in technical devices after Themisto­cles", citando Rostovtzeff (The Social and Economie History ofthe Hellenistic World, vol. Il, Clarendon Press, Oxford 1941, p. 1219).

Inoltre, sono stato ben compreso? Quando si dice, in termini va­ghi, che gli eventi dei secoli IV-V hanno posto fine a un'era glorio­sa di progresso scientifico, ci si dimentica di distinguere le epoche. Avevo cercato di stabilire che il razionalismo greco, che ha permes­so la scienza greca, stava declinando sotto l'Impero: il fatto è inne­gabile. Per spiegare questo fatto, ho mostrato come, in assenza di un uso generalizzato della sperimentazione (altro fatto innegabile, nonostante le eccezioni locali), il razionalismo era condannato a di­vorare se stesso, per fare spazio al bisogno di rivelazione anche in ambito scientifico: il mio libro, letto attentamente, ne fornisce prove sufficienti. Ma è proprio questo il segno dello spirito scientifico? Citiamo solo queste righe del compianto L. Robin (lettera del 24 luglio 1944 ): "A dire il vero, la materia a cui hai dato attuazione non manca di ispirare un po' di tristezza, quando si vede in che modo gli uomini sono capaci di impiegare la loro cultura, la loro ragione, l'espressione verbale del loro pensiero! E se fosse solo in passato [ ... ] , se fosse solo per sragionare speculativamente o in vista dei loro piccoli interessi di salute e di successo nelle loro imprese [ ... ]. Oggi si fa ancora meglio e la 'mentalità primitiva' sopravvive a se stessa".

Tanti uomini, tante opinioni. Occorre stupirsene? È il destino ine­vitabile dello storico che, a prescindere dalle sue osservazioni gene­rali, lascia sempre da parte un piccolo numero di casi eccezionali. È sufficiente che i suoi giudizi siano basati su una serie abbastanza ampia di fatti ben consolidati. Che ci siano, parallelamente, altri fat­ti non invalida la verità delle conclusioni a cui i documenti stessi l'hanno condotto.

A.-J Festugière

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INTRODUZIONE

L 'EPOCA E L' AMBIENTE

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CAPITOLO I

IL DECLINO DEL RAZIONALISMO

Il periodo che va da Traiano all 'ultimo dei Severi è un'epoca piena di contrasti. In apparenza, sembra che il mondo antico mai abbia raggiunto un simile grado di civiltà. I forti eserciti di Roma trattengono i Barbari ai confini dell 'Impero. L'Ecumene è in pace. Nelle province orientali, le antiche città ringiovaniscono, si copro­no di monumenti che attestano la generosità dell 'Imperatore o dei cittadini arricehiti1• In Africa, in Spagna, in Gallia, in Bretagna, in Germania, là dove non c' erano finora che borgate, adesso si costru­iscono città che testimoniano la sollecitudine di Roma. Tutte queste sedi urbane sono città nel senso antico, vale a dire organizzazioni autonome, con i loro magistrati eletti e la loro amministrazione. È i l regno della borghesia urbana: ogni cittadino istruito, onesto e leali­sta può, se lavora, raggiungere le cariche più importanti dello Stato. In tutte le regioni urbanizzate, l 'educazione greco-romana imprime al l ' immensa e variegata popolazione dell 'Impero modi comuni di pensare, sentire e agire. Lo stesso Imperatore e i magistrati cittadi­ni provvedono a promuovere l 'educazione. Alla fine del I secolo, Vespasiano ha creato scuole di Stato con salari ufficiali . Ad Ales­sandria, l 'Accademia del Museo è prospera almeno fino ai tempi di Caracalla. Ad Atene, Marco Aurelio organizza l 'Università in cui quattro cattedre sono riservate alle quattro grandi scuole filosofiche di Platone, di Aristotele, della Stoa e di Epicuro. A Roma, Adriano fonda l 'Ateneo. Il brevetto di ellenismo apre l 'accesso al cursus

dell 'amministrazione imperiale. È l 'epoca in cui i retori viaggiano di città in città per pronunciare

discorsi cerimoniali in lode alla città che li accoglie o alla gloria del

Sotto Traiano, il portico a Mileto, il Traianeo a Pergamo e la biblioteca a Efeso; sotto Adriano, completamento del tempio di Zeus Olimpio ad Atene, ecc.

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20 La rivelazione di Ermete Trismegisto - L 'astrologia e le scienze occulte

Principe. Marco Aurelio è allievo e amico di Frontone, Elio Aristide legge a Roma, forse davanti ad Antonino stesso, il suo panegirico dell ' Impero e ottiene da Marco Aurelio e da Commodo che si as­sumano i costi della ricostruzione di Smime. Grammatici, medici e giuristi non sono meno favoriti. Si vedono allora apparire opere che, riunendo le conoscenze accumulate degli antichi e fissando lo stato della scienza per una lunga serie di generazioni, talvolta fino ai tempi moderni, serviranno d'ora in poi come testi di base che ci si limiterà ad apprendere e commentare. Così, per la scienza dei nu­meri, l 'Introduzione aritmetica di Nicomaco di Gerasa, commentata da Giamblico, Filopono e Soterichos, tradotta in latino da Apuleio e Boezio e, in questa forma, usata come manuale ancora nei secoli XII e XIII. Per l 'armonica - che, tra gli antichi, è associata alla scienza dei numeri - l'Introduzione armonica di Nicomaco e soprattutto le Harmonika di Tolomeo, commentate da Porfirio, utilizzate da Ma­crobio, tradotte in latino da Boezio2 e che, grazie a Boezio, influisco­no su tutto il Medioevo. Per la geometria, le Metrika e le Definizioni di Erone di Alessandria3 e il suo commento a Euclide, ampiamente uti lizzate dagli Arabi i cui scritti saranno tradotti in latino nel Me­dioevo4. Per l 'astronomia, il Planisfero e soprattutto !'Almagesto di Tolomeo, commentato da Pappa e Teone di Alessandria, che fun­ge da manuale nelle scuole neoplatoniche, tradotto in araboS, poi dall 'arabo in latino nel XII secolo6, e la cui dottrina s ' impone fino a Copernico. Per l 'astrologia, il Tetrabiblos o Quadripartitum dello stesso Tolomeo, commentato e parafrasato dai neoplatonicF, tradot­to e infinitamente letto dagli Arabi, più volte tradotto8 in latino nel

2 Libro I delle Harmonika in BoEZIO, lnst. mus. , V. 3 Intorno al 200 d.C., HEIBERG, Gesch. d. Math. u. Natunviss. im Altertum,

1 925, p. 37, n. 4. 4 Cfr. la traduzione del commentario su Euclide di al-Nayrizi (che util izza Ero­

ne) di Gherardo da Cremona nel XII secolo, HEIBERG, p. 38, n. 7, BROCKEL­�1.-\NN, Geschichte der Ara b. Litt. , I, 2, p. l 03 e Suppl., I, pp. 363, 386. Sulle traduzioni nel Medioevo, cfr. Ch. H.'I.SKINS, Stud. in the hist. ofmed. Science, Harvard Un., 1 924.

5 Da qui il nome stesso di Almagesto, essendo l'arabo al magistf la traduzione di J.!E)'i<rr'l ( m)vra<;tç), cfr. H.-\SKINs, p. 104. La traduzione araba è del IX secolo.

6 H.-\SKJNS, pp. ( 03-(( 0. 7 PoRFIRJo (cfr. CCAG., V, 4 [ 1 940], pp. 1 87 ss.) e forse Proclo. 8 Dall 'arabo e anche dal greco.

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Il declino del razionalismo 2 1

Medioevo9, e ancora durante i l Rinascimento, da Melantone10• Per la meccanica, i trattati di Erone di Alessandria sulle cinque forze, la balistica, le macchine pneumatiche e gli automi , in parte tradotti in arabo e poi dall'arabo in latino", alcuni dei quali (in particolare le Pneumatika) svolgeranno un ruolo importante nel Rinascimento. Per l 'ottica, !'Ottica di Tolomeo, di cui ci resta solo la traduzione latina12, dall 'arabo, dell'ammiraglio siciliano Eugenio13, così come i due trattati di catottrica dello pseudo-Tolomeo (verosimilmente di Erone) e dello pseudo-Euclide'\ entrambi tradotti in latino nel Medioevo. Per la medicina, l 'opera immensa di Galeno di Pergamo (!53 opere), somma di tutte le conoscenze acquisite dopo Ippocrate, che diviene, a partire dal IV secolo, il classico dell 'arte medica, com­mentato, tradotto in arabo, poi in latino15, e che rimane ancora, nel Rinascimento, la principale autorità. Per la grammatica, le opere di Apollonia di Alessandria, che tratta tutte le parti della grammatica, dai suoni fino. all 'ordine delle parole, e la cui Sintassi in particolare diviene canonica: Prisciano la traduce in parte, a Bisanzio Teodoro di Gaza e Lascaris ne fanno la base delle loro opere, e le traduzio­ni di Teodoro da Erasmo, di Lascaris da Melantone ne assicurano ancora la fortuna nelle scuole del XVI secolo. Per la prosodia, i 29 libri della Prosodia Universale di Erodiano (figlio di Apollonia) che sistematizza le regole stabilite dai filologi alessandrini e le trasmette, così organizzate, ai Bizantini. Per la metrica, i l trattato Intorno ai metri (in 48 libri) di Efestione di Alessandria, commentato nel III secolo da Longino, poi da Cherobosco nel VI secolo, e che diventa canonico nelle scuole di Bisanzio. Per la retorica, l 'enorme corpus di Ermogene di Tarso, sviluppato, dal III secolo, da una lunga serie di commentatori16•

Questi nomi sono sufficienti a mostrare che i l I I secolo ha cono­sciuto un vero rinnovamento intellettuale, di cui non si deve sotto­valutare l ' importanza nella storia del sapere umano: sono, infatti,

9 HASKINS, pp. I l 0- 1 1 2. l O Dopo l 'edizione greca di Camerarius, Basilea, l 553. Il Le Pneumatika. Cfr. H.-�.sKINS, pp. 1 8 1 - 1 83. 12 Solo dei libri II-V. 13 Circa 1 1 50. Cfr. HAsKINS, pp. 1 7 1 - 176. 1 4 Quest'ultimo successivo al precedente. 15 HASKINS, p. 208 e passim. 16 Cfr. W. ScHMID-0. STAHLIN, Gesch. d. Griech Litt6, II 2 ( 1 924), p. 935.

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in gran parte scrittori di questa epoca, Nicomaco, Tolomeo, Erone, Galeno tra gli altri, che hanno detenninato la forma e i limiti di que­sto sapere per più di mille anni. È il II secolo, a dirla tutta, che ha generalizzato l ' impiego e la nozione del l ' enkyklios paideia11, di quel ciclo di "discipline umanistiche" che deve precedere la formazione professionale e fare, veramente, del l 'essere umano un "uomo"; è allora che è definitivamente stabilito l 'ordine del trivium e del qua­drivium, ossia delle sette "arti" liberali del Medioevo, grammatica, retorica, logica da un lato, aritmetica, musica, geometria, astrono­mia dal l 'altro18 •

Sarebbe quindi ingiusto parlare, in senso assoluto, del tempo de­gli Antonini e dei Severi come di un periodo di decadenza. Eppure, se lo si guarda più da vicino, la decadenza è certa. Infatti nessuna delle opere del II secolo è un'opera originale. Si imita o si compila e sistematizza un dato acquisito. Gallerie, portici, aule, bagni, biblio­teche, tutti questi monumenti che danno alle città un aspetto sòntuo­so e rendono la vita urbana così piacevole, non aggiungono nulla di veramente nuovo alle forme di architettura già inventate. Nella scultura, si indulge al pastiche del l 'arte greca, classica o arcaica 1 9• L'eloquenza atticizzante dei retori della Nuova Sofistica, su imita­zione dei grandi antichi, dà un suono vuoto. La conferenza pubblica nella quale si dilettano Plinio il Giovane, Erode Attico, Aristide, so­stituisce il silenzioso lavoro del vero sapiente. Anche le summe ma­tematiche di Tolomeo e di Erone o l 'enciclopedia medica di Galeno non costituiscono nessun reale progresso se non in campo pedago­gico, per l 'ordine dei contenuti e la chiarezza dello schema. Il gusto dell 'epoca per le Introduzioni, i Manuali, i Lessici, da questo punto di vista è molto significativo. Sembra che l 'estensione stessa della cultura abbia segnato un arresto della ricerca. Il tempo delle scoperte è passato: ora si volgarizza. È l 'era della scuola, dell'insegnamento.

1 7 Il tenni ne è già in Dionigi di Al icarnasso nel sec. I a.C., poi in Vitruvio, Stra­bone, Quintil iano, Plutarco, Luciano, Ateneo, ecc.

1 8 Cfr. i primi sei l ibri delle Skeptika di Sesto Empirico (fine Il sec.}, che lascia da parte la logica.

1 9 Occorre escludere, in verità, la scultura propriamente romana, l"'arte conti­nua" della colonna di Traiano e i meravigl iosi ritratti del l 'arte romana. Cfr. STRONG, Roman Sculpture (Londra 1 907), Introduzione, cap. VI, p. ! 59 e cap. XV.

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Va riconosciuto, quindi, che lo spirito scientifico fu allora in de­clino; o meglio la rinascita del II secolo ha solo apparentemente ral­lentato il declino iniziato già nel I secolo avanti la nostra era, o per una sorta di esaurimento delle forze umane20, o a causa delle conti­nue guerre a partire da Sil la, probabilmente per entrambe le cause: senza dubbio è per un evento bellico, quando Cesare, nel 4 7, assedia Alessandria, che la biblioteca del Museo viene distrutta; ma, d'altra parte, gli eruditi del Museo, per un buon mezzo secolo, non avevano prodotto nulla che valesse.

Ora questa decadenza dello spirito scientifico ebbe come corre­lativo, come spesso accade, un accrescimento non tanto della vera pietà - perché essa può benissimo conciliarsi, e di fatto si era molto ben accomodata, in un Platone per esempio, con la ricerca scienti­fica, restando ognuna nel suo dominio - quanto di un'esaltazione della pietà, e come di una perversione della pietà, inclinando ora l 'uomo a chiedere alla divinità, sotto forma di rivelazione personale, ciò che prima cercava di ottenere con le sole forze della sua ragione. A poco a poco, l 'antico razionalismo greco che, fin dai primi Ionici, aveva liberato il pensiero scientifico dalla ganga del mito e del l 'a­pocalisse, lasciava il posto a una disposizione molto diversa in cui al tempo stesso si diffidava della ragione e si confidava in mezzi di conoscenza estranei alla ragione, - non perché questi due fatti fosse­ro la conseguenza l 'uno dell 'altro; piuttosto, manifestavano insieme una medesima abdicazione del lo spirito.

A cosa si deve attribuire? Come mai il II secolo, che, ripetiamo lo, fu uno dei periodi più fel ici dell 'antichità, non ha conosciuto un vero rinascimento intellettuale, perché il vigore e la chiarezza del pensie­ro continuano a farlo decadere, in breve, quali sono i motivi per cui alla grande prosperità materiale di cui i l mondo allora godé non ha corrisposto un'eguale fioritura di creazioni della mente?

Non si può accusare la guerra, come nell 'ultimo secolo della Re­pubblica romana o a partire da Massimino il Trace. Senza dubbio, la guerra, se così si può dire, non è mai cessata: Traiano e Marco Aurelio hanno trascorso la maggior parte della loro vita negli accampamenti. Ma la guerra era dislocata ai bordi estremi del l 'Impero: al l ' interno di

20 Che avevano fornito, è vero, un prodigioso sviluppo. Senza menzionare Ate­ne, ricordiamo, per nominare solo loro, i matematici del III e del I I secolo: Euclide, Eratostene, Archimede, Apollonio e lpparco.

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questi limiti, i l mondo viveva in pace. Certamente i professori di Ate­ne o di Alessandria non subivano turbamenti nel loro ritiro. Nel caso ne avessero il desiderio, nulla era più facile che cambiare di luogo. I nuovi sofisti sono sempre in viaggio. Galeno, apprendendo a Roma che si pratica la dissezione ad Alessandria e che vi si può esaminare uno scheletro, vi si reca con altrettanta facilità di un turista moderno: bastava prendere, a Ostia, il proprio biglietto.

Dovremmo incriminare la dominazione romana? Certo, per quan­to libere fossero, le città dell 'Oriente greco non avevano più il diritto di decidere in materia di pace e di guerra, di al leanze e di trattati, insomma di tutto ciò che riguarda l 'alta politica. Ma quando Roma conquistò la Grecia, l 'Asia Minore e, infine, la Siria e l 'Egitto, era da molto tempo che le città greche avevano perduto questi diritti sovrani. Roma non faceva altro che ricevere l 'eredità dei diadochi che già con diverse finzioni avevano assimilato nei loro regni questi organismi municipali, ognuno dei quali, precedentemente, costitui­va uno Stato. Ma questa sottomissione politica non aveva impedito l 'ascesa della civiltà ellenistica. Aggiungiamo che il dominio roma­no, molto benevolo almeno sotto l'Impero e in particolare nel II se­colo, fu, per le città greche, una benedizione: ciò che conservavano in autonomia per le questioni amministrative assicurò ad esse uno sviluppo senza precedenti; ciò che avevano perduto era il diritto di esaurirsi in continue lotte, come non avevano mai smesso di fare al tempo della loro completa indipendenza.

Potrebbe essere, dunque, "l 'Oronte sfociato nel Tevere", questa invasione di Giudei, di Siriani, di Egizi, che ha portato con sé lo spirito irrazionale e mistico de l i 'Oriente? In verità, questa influenza, che è stata grande, sembra più un sintomo che la causa profonda del male. Per quanto in alto si risalga nella storia del pensiero greco, lo si vede in contatto con l 'Oriente: ma è esso che beneficia di questo contatto. Prende in prestito, ma organizza e realizza ciò che prende in prestito e pertanto domina, !ungi dall 'essere assimilato. L'autore dell ' Epinomide, nel IV secolo avanti la nostra era, scrisse queste mirabili parole: "Dobbiamo essere consapevoli che tutto ciò che i Greci hanno preso in prestito dai Barbari, lo rielaborano e lo portano a un completamento più bello. Dobbiamo quindi pensare lo stesso riguardo al nostro oggetto presente2 1 • Senza dubbio è arduo scoprire

2 1 L a ricezione nella scienza greca della dottrina caldea degli astri.

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la verità in modo indiscutibile in tutte queste questioni nuove, ma c'è una grande speranza, ed è una speranza molto bella, che i Greci sapranno dedicare una cura più nobile e più giusta della dottrina che ci viene dai Barbari riguardo a tutti questi dei (gli astri) e al culto che a loro indirizzano, perché i Greci hanno a loro disposizione gli insegnamenti e gli oracoli di Delfi, e tutta la religione stabilita dalle leggi"22• Da dove ha origine, adesso, che questo razionalismo greco rinunci a se stesso, che sia lui a cedere all 'elemento straniero e che invece di nutrirsene finisca per esserne assorbito?

Si è costretti a constatare una riduzione di vita nell'ellenismo stes­so. È come un corpo ferito, che ha perso molto sangue. Questo inde­bolimento verosimilmente ha molte cause23 : vorrei citarne solo una che attiene, mi sembra, ai dati essenziali del problema, ovvero allo specifico carattere del pensiero filosofico e scientifico tra i Greci.

Ciò che è soprattutto mancato alla scienza greca, così come alla scienza umarta fino ai tempi moderni, è l 'uso della sperimentazione. Questa mancanza non è il risultato di una sorta di necessità storica. Molto prima di Bacon e Pasca!, l 'uomo avrebbe potuto scoprire l 'u­tilità e i mezzi per sperimentare. In verità, lo scienziato greco non ne avvertì il desiderio e non ne sentì il bisogno. Il suo modo di pensare era essenzialmente deduttivo. È per un ordine di ragioni tratte dalla ragione più alta che esso intendeva spiegare l ' intera figura del mon-

22 Epinom., 987 d 9-988 a 5. 23 Non pretendo naturalmente di esaurire, o addirittura di trattare a fondo, questo

argomento immenso. Ho semplicemente voluto evidenziare una delle cause principali, ai miei occhi, che permette di comprendere meglio l'emergere dell 'ermetismo e dei movimenti analoghi : il desiderio, infatti, di un percorso di conoscenza alternativo al razionalismo greco - riguardo a problemi per i quali non si poteva fare a meno di una risposta- è nato direttamente, sembra, dal sentimento che questo razionalismo aveva fall ito, che non era più capace di fornire alcuna soluzione certa, e che era dunque necessario cercare altrove. Quanto al problema della decadenza della scienza sotto i Romani, sarebbe necessario, naturalmente, indicare altre cause ancora. Il fatto che lo spirito essenzialmente pratico dei Romani si sia sempre disinteressato della scienza pura, il fatto anche che, non solo a Roma, ma ovunque domini l ' educazione "ellenica", questa educazione, sotto l ' Impero, miri ad addestrare retori, non studiosi. L'ideale dell'Accademia Platonica è decaduto: non si è più lega­ti alla verità pura, ma alla verosimiglianza; per tutti i rami della scienza, ci s i accontenta di nozioni rudimentali e spesso erronee. Vedi, per i l tempo di Sant'Agostino, MARROU, Saint Augusti n et la fin de la culture antique (Paris, 1938) I e II Parte.

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do. Questi edifici dialettici dovevano reggersi da soii, senza che vi fosse la necessità di controllarli con il ricorso a dati concreti. Quindi, se l 'antichità ha contato matematici illustri, non ha avuto la fisica nel senso corrente. Da qui anche che l'antico studioso è quasi sempre incline a collegare la scienza alla filosofia prima, cioè a un sistema di ragione pura, a una serie di deduzioni24•

Sul piano filosofico, il razionalismo greco si è come auto-divo­rato. Proprio in considerazione del fatto che la ragione si dava al libero gioco senza incontrare il suo normale freno in una migliore osservazione del dato concreto, era inevitabile che questa stessa po­tenza dialettica, nei Greci particolarmente duttile e sottile, così come era servita a edificare servisse anche a rovinare l 'edificio. Questa prodigiosa avventura, il pensiero greco, offre, alla fine, lo spettacolo piuttosto malinconico di una logomachia. Ogni setta aveva i suoi dogmi, che non potevano essere conciliati con i dogmi della vicina. Certo, si trattava di "salvare i fenomeni25", si partiva pur sempre da un'osservazione. Ma ci si accontentava facilmente di un'osserva­zione piuttosto rudimentale, per slanciarsi subito sulla via di nuove costruzioni che peccavano per gli stessi difetti delle precedenti, che si biasimavano. Così tutte le scuole si accusavano a vicenda di aver osservato male i fatti di base, si tornava ogni volta sullo stesso pro­blema, il problema della conoscenza sensibile. E questo problema

24 Sul l'assenza, in Grecia, ad eccezione di circoli ristretti, di una vera unione tra scienza e tecnica, cfr. H. DIELS, Antike Technilè- ( 1 920), pp. 29-33. (È im­portante non trascurare questi circoli e ricordare che la vera scienza è sempre stata opera di pochi). Vedi anche l 'eccellente studio di CH. SINGER, Greek Bi­ology and /ts Relation t o the Rise of Modern Science (in Studi es in the History and Methodes ofScience, Oxford, 1921), in particolare i § § l e 2, pp. 1-13: "The Greek scientific work lacks nothing in bri ll iance, the Greek scientist yields to none in keenness, the Greek record is at least the equa l of our own in cleamess. lt is the constant solicitude for the exact mode of investigation, a so­licitude characteristic of our own science, that w e so often seek in vai n among the Greeks", p. 9; "The Greek often accepted data without scrutiny, induction without proof. His very brill iance was a source of weakness and h e was often led to be lieve that the order of phenomena must perforce correspond to his own admirably clear conceptions", p. IO. Il fatto è d'altronde ben noto.

25 L'espressione ha avuto origine nella scuola di Platone (BuRNET, Aurore Phil. gr. , p. 32, n. 2): si trattava di trovare l' ipotesi più semplice per spiegare tutti i fatti osservati. Aristotele ha spesso Kll'tà (napà) 'tà <p., ànoòoùvm, ÒJ..LOÀ.oye:ìv (o al contrario �tétçe:crEim) 'tà <p., àKoÀ.ouEie:ìv "toìc; <p. Ancora in PRocLO, Hypotyp., 5, 1 o npòc; "tò "tà <patvòJ..Leva crciJse:tv.

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u sua volta era insolubile perché talora si partiva da un dato non 11ufficientemente compreso, e quindi si costruiva sulla sabbia - era il caso, secondo gli Scettici, delle quattro scuole dogmatiche dell'U­niversità di Atene -, talaltra, considerate le diatribe tra i filosofi e la relatività inerente a ogni percezione sensibile, si sospendeva il giu­dizio e si dichiarava di non sapere nulla alla maniera degli Scettici.

Questo fatto, senz'altro uno dei più importanti nella storia umana, sicuramente più importante degli sconvolgimenti politici che cam­biavano il volto del mondo, ebbe due tipi di conseguenze. Per la scienza in quanto tale e per il pensiero religioso - la maniera di con­cepire Dio, i suoi attributi, le nostre relazioni con lui, l'origine e il destino dell' anima, il nostro comportamento quaggiù durante questa vita effimera.

Nel campo delle scienze esatte, l'atteggiamento scettico doveva condurre le tnenti pensanti a una sorta di pessimismo riguardo alle teorie generali , quella che oggi chiameremmo la filosofia della scien­za. Se n'era troppo discusso; si era stanchi delle parole. Non restava che la tecnica e, in effetti, è a descrivere macchine che s' impegna soprattutto Erone di Alessandria, mentre la setta dei medici empirici respinge qualsiasi principio per considerare solo i casi singoli. O ancora si potevano raccogliere tutte le invenzioni degli antichi: il I I secolo, come abbiamo visto, è l'era delle compilazioni e dei manua­l i . O, infine, si poteva rinunciare una volta per tutte agli sforzi della ragione per affidarsi esclusivamente alle ispirazioni soprannaturali e attendere da una rivelazione divina ciò che in precedenza si otteneva dal paziente lavoro di ricerca26• Di questo mutato atteggiamento in­contreremo, in questo libro, molti esempi.

La conseguenza fu più grave riguardo alle nozioni religiose e alle dottrine morali. In tali questioni vitali, l 'uomo non aveva più regole. La religione imperiale era solo una manifestazione di lealtà; non aveva nulla che potesse riempire il vuoto delle anime. I culti tra­dizionali avevano perduto quella forte presa che esercitavano, per esempio, nell'Atene del V secolo, che assomigliava a una Chiesa. Ogni popolo aveva i suoi dei, incaricati di conservare e difendere

26 Per sottolineare la decadenza, citiamo solo SENOFONTE, Me m., I, l , 9 li lll;eanv apt8J.Lftaavraç � tJ.Etpftaavtaç � Otftcravtaç EÌèìévat, toùç "tÙ totaiita 1tapà tiòv Seiòv 7tUV8UVOJ.LÉVOUç a8ÉtJ.lO"tU 1totEÌV ftyeìto (scii. Socrate ).

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il gruppo umano che li aveva forgiati. Finché questo gruppo umano sosteneva di vivere in modo autonomo e di porsi in opposizione ai suoi vicini, gli dei erano un tutt'uno con esso. Ma il significato e il ruolo degli dei locali si erano decisamente ridotti dal giorno in cui erano sparite, almeno quali forze indipendenti, le diverse patrie locali27• Di più, l 'Impero, fondando queste patrie, aveva fuso i loro dei . Iside non è più padrona di quel tal villaggio egizio: è Demetra e Cibele, Giunone e l'Afrodite siriana, l' Anaitis della Persia e an­che la Maya dell'India28• È mirionjma, tutti i nomi la designano e assume tutte le funzioni29• Il Sole diffonde i suoi raggi su tutte le parti del mondo: è quindi Baal e insieme Osiride, è il Dio Altissimo, Zeus, Sabazia, Jupiter Summus Exsuperantissimus o addirittura lo Yahweh dei Giudei. Quindi, quale Dio scegliere? Ce ne sono troppi, oppure tutti si equivalgono. Tra i tanti oggetti che si proponevano all 'adorazione degli uomini qual era il vero Dio?

Questa è la domanda che, intorno al II o III secolo della nostra era, poneva un certo Teofilo all'Apollo di Cl aro: "Sei tu Dio30, o è un altro che è Dio?3 1". Come trovare una risposta a questa domanda?

Si potevano consultare i filosofi. Anche prima di Socrate, molte menti brillanti, nella stessa Grecia o nella Grecia d 'Asia, si erano poste il problema della Causa Prima, dell'Unità del Tutto, delle relazioni di Dio con il mondo. E dal tempo dell'organizzazione delle scuole filosofiche, vale a dire almeno dall 'Accademia, i l per­corso più normale, se ci si voleva istruire in questi argomenti o se si aveva qualche problema spirituale, era seguire uno dei maestri

27 Non si tratta qui dell 'esistenza stessa dei culti locali tradizionali. Questi naturalmente continuarono ad esistere, alcuni addirittura riprendendo, nel II secolo, nuovo vigore: cfr. l 'eccel lente sintesi di GEFFCKEN, Der Ausgang des griech.-rom. Heidentums (Heidelberg 1 920), pp. 4- 1 9. Quello che ci si domanda è ciò che i culti tradizionali rappresentavano allora per i bisogni dell'anima. Non avevano forse cessato, per la maggior parte, di essere forze stimolanti per l'anima individuale il giorno in cui l'individuo non aveva più riconosciuto in essi i l simbolo di una città nel pieno senso della parola? Non rientravano in questi culti molte convenzioni?

28 Oxyrh. Pap., Xl, 1 380, col. v, 1 03. 29 APULEIO, Metamorph. , Xl, 5. 30 Vale a dire, il vero Dio: che Apollo fosse un dio, era cosa che tutti i pagani

sapevano bene. 3 1 K. BURESCH, Klaros, n° V, p. 55.

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di saggezza accreditati. Ascoltiamo Giustino32• Lui pure stava cer­cando i l vero Dio. E si era rivolto ai filosofi poiché, come dice lui stesso (1, 3 ), "sono sempre impegnati a parlare di Dio, a fare ricer­che sulla monarchia e la provvidenza divine, ed è proprio questo il ruolo della filosofia, indagare sul divino". Si reca dapprima da uno stoico (II, 3 ), ma costui non sa nulla di Dio e gli dichiara che questa scienza non è necessaria; lo lascia per un peripatetico (II, 3 ), ma quest'altro reclama un compenso prima di iniziare le lezio­ni; passa a un pitagorico (Il, 4) che prima di tutto esige che il suo allievo impari la musica, l 'astronomia, la geometria; segue infine un platonico (II, 6) la cui dottrina inizia con l ' incantarlo così bene che, nella sua presunzione, concepisce la speranza di vedere Dio faccia a faccia, "perché tale è il fine della filosofia di Platone". E al lora, risoluto a fuggire la calca degli uomini, va a rifugiarsi in un luogo tranquillo, in riva al mare, per meditare con comodo (III, l): è l ì che incontra il brav'uomo che lo condurrà a Cristo. Giu­stino non è certo l 'unico che ha chiesto ai filosofi i l segreto della vita felice, del Bene Sovrano. Luciano riporta altri esempi, sia che descriva i sentimenti che provò lui stesso dopo il suo incontro con il platonico Nigrino33, sia che mostri l 'ardore commovente di un neofita, Ermo timo, che aspira, con tutta la sua anima, all' Assolu­to34. Questo Ermotimo sa che la strada sarà dura, che si raggiunge la saggezza solo dopo molti anni . Non importa, poiché si tratta "o di essere infelici e perire confusi con una vile moltitudine o rag­giungere, con la filosofia, i l Bene Sovrano" (XX, l ) . Tuttavia quale guida scegliere? Sono così numerose; e ognuna dice di essere la migliore. E si arriva a questa disincantata conclusione: "dobbiamo credere a tutti i filosofi, il che è ridicolo, o dobbiamo ugualmente diffidarne" (XX, 29).

In questi grandi turbamenti di spirito, molti comportamenti erano possibili. Si poteva accettare di buon grado lo scetticismo, o almeno rassegnarsi ad esso senza troppe difficoltà. Tale è, sembra, la dispo­sizione di un Cicerone che, a parte una breve crisi di angoscia e di

.l2 Martirizzato tra i l l63 e i l l67. Cfr. Dialogue avec Tryphon, ed. Archambau lt, Paris 1 909.

13 III, Nigrinus . . ,4 XX, Hermotimus.

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misticismo dopo la morte della figlia Tullia, nel 4535, sembra essersi accostato in modo naturale all'atteggiamento agnostico della Nuova Accademia per quanto riguarda l'Inconoscibile. Nel I secolo della nostra era, Plinio riporta l' idea di Dio al servizio reciproco che gli uomini possono rendersP6• Nel II secolo, Luciano rappresenta l'iro­nista ben ancorato allo scetticismo, ed è con estrema tranquillità che Sesto Empirico prosegue la sua opera di demolizione: non gli viene mai in mente che a rovesciare così tutti i nostri modi di conoscenza, rischia di condurre alla disperazione; non si vede la minima ansietà nei suoi scritti.

Si poteva ancora accontentarsi di una sorta di vaga devozione, in­dipendente da qualsiasi sistema metafisico, e suscettibile di allearsi con qualsiasi dogma di scuola37• Niente è più comune, dal I secolo della nostra era, di questa religiosità diffusa - che è di moda, sen­za prove ben evidenti, ricollegare al nome di Posidonio - in cui ci s ' indirizza a un'Anima universale signora di questo grande corpo, il Mondo, che ella anima, e che sussiste più eccellentemente negli astri i cui bei movimenti regolari ne sono come la manifestazione visibi­le, o anche, convinti che la nostra anima è un frammento dell 'Anima divina, si aspira, qui sulla terra, a fondersi in questo Principio prima di dissolversi nella morte. Questo atteggiamento traspare in molti testi : nel Sogno di Scipione dove è, forse, solo una finzione lettera­ria, in Virgilio, in Manilio, in Seneca, nel trattato pseudo-aristoteli­co Sul Mondo, tradotto da Apuleio, negli scritti allegorici di Filone di Alessandria. Nel II secolo, è una delle caratteristiche di famiglia di questa saggezza eclettica che non appartiene in modo preciso a nessuna scuola, ma è il risultato della stessa educazione ricevuta e fa parte del bagaglio comune dell'uomo colto : Dione il Cinico, gli stoici Epitteto e Marco Aurelio, il platonico Massimo di Tiro, l' astrologo V etti o Valente, l'autore dell' Asclepius ermetico, i l pita­gorico Apollonio di Tiana come lo ritrae Fi lostrato sono ugualmente pii in questo modo.

Era infine possibile adottare un terzo atteggiamento. Poiché sull'e­sistenza e la natura della divinità, sulla Provvidenza, sull'essenza e

35 Cfr. Tenney FRANK, Life and Literature in the Roman Republic, Berkeley 1 930, pp. 2 1 7-222.

36 Deus est mortali iuvare mortale m, PLINIO, N. H., Il, l 8. 37 Tranne, è vero, l 'epicureismo.

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i l destino dell'anima, sul Bene Sovrano, sulla condotta della vita, i filosofi adducevano solo risposte contraddittorie38, poiché persino, secondo la credenza di alcuni, la sola ricerca di tali problemi era condannata sin dall' inizio a causa dell' insufficienza dei nostri mez­zi di conoscenza, coloro che non potevano, nonostante tutto, fare a meno di una risposta, queste anime, di cui parla Giustino (VIII, 2), "che si prendevano cura di se stesse, che reclamavano di essere salvate e conservavano fiducia in Dio", andavano ad abbeverarsi ad altre fonti e tentavano nuove vie che non avrebbero estenuato la loro virtù. Per una reazione fatale, il razionalismo greco, avendo rovinato le sue stesse fondamenta, si riferiva all ' irrazionale, a qualcosa che fosse al di sopra o al di sotto, quantomeno al di fuori della ragione, sul piano dell' intuizione mistica, o dei misteri teosofici, o delle se­duzioni della magia, a volte di tutto questo insieme. Si era infinita­mente stanchi di tutte queste ragioni che servivano solo a schernire la ragione. Nel frattempo, si doveva vivere, dare un senso alla vita. Ciò che si chiedeva allora era una parola d'ordine, un'autorità, una fede. Basta con le dimostrazioni: si vuol credere.

A un consultante che senza dubbio lo interrogava, come Teofi­lo39, sul vero nome di Dio, l 'Apollo di Claro così risponde: "Chiun­que sia istruito nei sacri misteri deve tenere celate le cose che non devono essere approfondite40• Ma poiché la tua intelligenza è corta e il tuo giudizio è facile da rovesciare, apprendi che il Dio che su­pera tutti gli altri è Iao, che, in inverno, è Ade, Zeus quando inizia la primavera, Helios in estate, in autunno il glorioso /ao"4 1 • Circa nello stesso periodo, nel II o III secolo, ecco la risposta di Apollo a quel Teofilo che gli domandava "sei tu Dio?": "Esiste, dimoran­te molto al di sopra della fascia sopraceleste, un fuoco illimitato, sempre in movimento, Eternità senza confini : i beati42 non possono

38 GIUSTINO, Dia!. c. Tryph., l, 4-5; LuciANO, Hermotimus. 39 Cfr. supra, p. 28. 40 Il significato è: "È contro la mia volontà che io, che so, ti svelo queste cose".

Il dio è riluttante a rivelare segreti così profondi. Questo è un luogo comune di tutte le gnosi.

4 1 BuRESCH, Klaros, n ° IV, p. 48. Buresch (ibid. e p . 49) conserva a l v. 5 a�pòv 'laro, rifiutando le correzioni di Lobeck (a�pòv 'Aòrovtv) e di lan (a�pòv "laJCXOV). Un'altra versione più breve dello stesso oracolo dice semplicemen­te: "Zeus, Ade, Helios, Dioniso, è lo stesso".

42 Cioè gli dei.

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conoscerlo; a meno che lui, Sovrano Padre, quando ne ha così giu­dicato nel suo consiglio, non si lasci vedere"43 • E Giustino riassume in questi termini ciò che gli dice il cristiano, al quale aveva raccon­tato la sua avventura spirituale: "Ci furono, in tempi molto lontani, più antichi di tutti questi presunti filosofi, uomini felici, giusti, cari a Dio, che parlavano per mezzo dello Spirito divino ed emettevano sull'avvenire degli oracoli che ora si sono compiuti. Li si chiama­va profeti. Essi soli hanno visto e annunciato agli uomini la verità [ . . . ] I loro scritti sopravvivono ancora adesso, è lecito a coloro che li prendono in mano e gli accordano la fede di trame il massimo profitto sia sui principi sia sul fine, su tutto ciò che deve conoscere i l filosofo. Perché non è per dimostrazione che hanno presentato i loro argomenti: al di sopra di ogni dimostrazione, sono i degni testimoni della verità"44•

Quanto sono significativi questi testi e come dipingono bene il nuovo stato spirituale! L' intelligenza umana è corta e soggetta all'er­rore. Il Dio supremo è inconoscibile. Per quanto si tenga nascosto, gli dei stessi, a maggior ragione gli uomini, non sanno nulla di lui. Lo si conosce solo se si rivela. E questa rivelazione non è dell'ordine del dimostrabile, ma della fede.

Si cercava dunque una rivelazione e, naturalmente, una rivelazio­ne che avesse autorità. Ma Dio solo parla bene di Dio. Era quindi ne­cessario interrogare Dio, sia che vi parlasse con i suoi oracoli o nel corso di una visione che si otteneva da lui; sia che si credesse ai suoi profeti che avevano comunicato con lui in un passato leggendario e che avevano trascritto nei libri sacri ciò che avevano appreso da Dio. Questi profeti avrebbero avuto tanto più autorità quanto più lontani fossero stati - maior e longinquo reverentia. Più lontani nel tempo, perché più si risaliva nel passato, più ci si avvicinava a quell 'età dell'oro quando gli dei venivano qui per conversare con gli uomini, si univano ai mortali, generavano semi-dei dotati di una saggezza sovrumana. Più lontani nello spazio, e in questo caso, si andrà a cercare in Oriente, presso quei popoli "che sono i primi a vedere il sorgere del Sole" e ai quali si comunica in un modo più puro e più immediato, in quei paesi dai templi millenari i cui sacerdoti custodi­vano gelosamente segreti meravigliosi e parlavano una lingua i cui

43 8URESCH, Klaros, n° V, p. 55. 44 Dia l. c. Tryph. , VII, 1 -2.

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suoni stessi avevano efficacia, esercitando un potere magico appena venivano pronunciati.

Anche qui, abbondano gli esempi che manifestano la voga di que­sta corrente mistica e profetica nei primi secoli dell 'era cristiana. Evidenziamone alcuni aspetti, cominciando dalla rivelazione indi­retta, quella che viene trasmessa per mezzo di un libro.

C'è dapprima il rinnovamento del pitagorismo. Sembra che la fede in Pitagora sia cresciuta nella misura in cui diminuiva l 'influen­za del ragionamento. Alcuni incontri sono qui molto curiosi. Proprio nel momento in cui Cicerone, discepolo degli scettici (Enesidemo) e dei probabilisti (Antioco di Ascalona), ama contrapporre tra loro le dottrine teologiche dei filosofi45, Nigidio Figulo ha una reputa­zione di pitagorìco, di astrologo e di mago, e, al tempo di Claudio, i pitagorici sono abbastanza numerosi a Roma per farsi costruire, sotto terra, un santuario, la famosa Basilica di Porta Maggiore46• Al tempo di Nerone e Domiziano, quando tanti gran signori accettano di morire, come Petronio, prendendosi gioco della morte, il pitagori­co Apollonio di Tiana, profeta e taumaturgo, predica di città in città un vangelo senza dogmi, il culto puro di un Dio puro, l 'astinenza da certi alimenti e soprattutto la fede nella sua parola. E quando final­mente Sesto Empirico raccoglie nelle Hypotyposes e nelle Skeptika tutte le armi degl i scettici contro gli argomenti del la filosofia e della scienza, il suo contemporaneo Filostrato, spinto dalla imperatrice Giulia Domna, compone, alla maniera di una vita di un santo, la leggenda di Apollonio, i l nuovo Pitagora47•

L'effettivo fattore di forza del nuovo pitagorismo consisteva nel non essere una filosofia, un sistema coerente di pensieri su Dio, l 'uni­verso e l 'uomo. Non procedeva per dimostrazioni. Era una Chiesa, o addirittura un Ordine religioso48, in cui si seguiva ciecamente la parola di un essere ispirato che non mirava a convincere, ma voleva essere creduto. Ogni discussione nell 'Ordine doveva cessare quando risuo­nava la formula, divenuta proverbiale: "Il Maestro ha detto", Aù-ròç;

45 Cfr. L 'ldéal religieux des Grecs, pp. 87 ss. 46 Cfr. J. C..\RCOPINO, La basilique pythagoricienne de la Porte Majeure, 1 927. 47 Cfr. ldéal re/. d. Grecs, pp. 73-85. 48 Cfr. il mio articolo Rev. Ét. Gr. , L ( 1 937), pp. 470 ss., in particolare pp.

476-489.

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Eq>a49• Ebbene, questo saggio non era un dio? I l catechismo pitagorico conteneva, tra le altre domande: "Cos'è Pitagora?". Si rispondeva "Il Pizio (Apollo)", o "Apollo Iperboreo", o "Apollo guaritore" (Ilatrov), o "uno dei dèmoni che abitano nella Luna", o "il figlio di Hermes"50• In ogni modo, la leggenda riferiva i suoi miracoli, che servivano come motivo di credibilità: come si poteva non dare la propria fede a Pitago­ra, dio e salvatore, quando aveva realizzato tali prodigi5 1?

S i facevano dunque correre sotto i l suo nome dei libri sacri, iepoì À.Òyot, inni in onore dei numeri 52, trattati aritmologici53, catechismi so­prattutto, che definivano la natura degli esseri, designavano le cose o le azioni più perfette in ciascun ordine di eccellenza, enunciavano precetti e interdizioni54• La brevità e il carattere autoritario di queste ri­sposte incantavano le menti stanche, avide di credere. "Che cosa sono le Isole dei Beati?" si domandava per esempio. Risposta: "Il Sole e la Luna". Si sapeva, quindi, con sicurezza che, dopo la morte, si sarebbe andati ad abitare il Sole o la Luna: ed era, per l'anima, un grande ri­poso. O ancora: "Qual è l 'oracolo di Delfi?". Risposta: "La tetraktys", vale a dire questa Armonia che, secondo il giuramento pitagorico, "era la fonte e la radice del l 'eterna Natura"55• Si possedeva con quella semplice parola la spiegazione di tutto l 'universo, la chiave di tutti i misteri. Che bisogno c'era di cercare ancora? E perché preoccuparsi degli scettici? I l Vangelo della "tetraktys" andava oltre l 'ordine della ragione. Se si domandava infine: "Cos'è Pitagora?" la risposta "Apol­lo" poneva fine a qualsiasi esitazione si potesse avere: si doveva solo credere. Analogamente gli indovinelli: "Quale cosa è la più giusta, la più saggia, eccetera?" offrivano un programma di vita in formule lapidarie in cui la semplicità la contendeva al mistero. Si apprendeva così che la cosa più giusta è sacrificare agli dei; la migliore, di avere in sé un buon oaiJlroV, ossia un'anima virtuosa e buona, ciò che faceva la felicità (ruOatJlOVia); la cosa più vera era la verità incontestabile che

49 DIOGENE LAERZIO, VIII, 46. Ulteriori riferimenti in A. DEUHE, Études sur la littérature pythagoricienne, I 9 1 5, p. 279, n. 2.

50 DEL\ITE, pp. 279-280. 5 1 Rev. Ét. Gr. , loc. cit. , pp. 473-474, 490-494, e DEL\TTE, p. 297. 52 Secondo il pitagorismo, i numeri hanno valore mistico e si identificano persi-

no con gli esseri divini. 53 0EL\1TE, pp. ]]9-268. 54 Ti Ècrnv, Ti f!UÀ.tcrra, Ti npaKÉrov iì où npaKÉrov: DEL\lTE, pp. 274 ss. 55 DEL\TrE, pp. 249-268 e 276.

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gli uomini sono cattivi, e la cosa più sacra era la foglia di malva, Dio solo sa perché. Non c'era meno utilità nei comandamenti e nei divieti . Ormai si sapeva cosa si doveva fare o evitare per essere salvati, tutti i doveri che riguardano il mangiare e i l bere, la procreazione, il culto di Dio, l 'esame di coscienza, fino alla maniera di entrare nei templi (col piede destro) e di uscime (col piede sinistro), perfino il divieto di spez­zare il pane o di toccare un gallo bianco. Era un' incredibile miscela di tabù venuti dal profondo delle età, di osservanze igieniche, di consigli di direzione morale e spirituale. Eppure si custodivano gelosamente questi aforismi come segreti d'iniziati, si giurava di non svelarli mai. E pie conventicole riunivano i fedeli, vestiti di puro lino, in sale tutte bianche e decorate con scene allegoriche, per prendere parte a cerimo­nie in cui ci s' inebriava di simboli.

Come tutte le religioni vive, il pitagorismo fece delle conquiste. Annetté le due principali forze della cultura greca, Omero il principe dei poeti e Platone il principe dei filosofi.

I Greci non avevano mai avuto un libro sacro nel senso in cui i Giu­dei avevano la Bibbia. Ma possedevano un testo che godeva del dop­pio prestigio di una venerabile antichità e di una forma abbagliante. Storie di combattimenti e avventure immaginate per deliziare i signori feudali della Ionia, l'Iliade e l'Odissea avevano incantato, sin dalla loro nascita, innumerevoli generazioni. Achille, Ettore, Priamo, An­dromaca, questi nomi erano i primi che i bambini imparavano a scuola. La gloria di Achille aveva suscitato molti eroi. Molte caratteristiche dell 'anima antica non si comprendono se non si sa apprezzare il ruolo di questi poemi nell'educazione greco-romana56• In Omero, però, c'era di che sconcertare i devoti. E senza parlare di quei racconti in cui il poeta sorride degli dei, è ovvio che Omero non aveva intenzione di comporre una Sacra Scrittura. Quando, nei primi secoli della nostra era, l 'uomo inquieto, diffidando della ragione, iniziò a cercare una pa­rola scritta che potesse servire da oracolo per la vita, si pensò natural­mente a questi testi secolari. Fu quindi necessario interpretarli in senso edificante. E così nacque, parallelamente agli apocrifi pitagorici e negli stessi ambiti, una letteratura di esegesi allegorica in cui Omero doveva assumere finalmente i l suo vero volto e divenire un profeta come Pita­gora e Apollonia. La più famosa di queste opere di esegesi è il trattato

56 Cfr. L 'enfant d'Agrigente, pp. 1 1 - 1 4.

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Sul! 'antro delle ninfe di Porfirio. Ma fu preceduto da molti altri, le cui tracce si trovano nella Vita di Omero dello pseudo-Plutarco57.

Era ancora più facile pitagorizzare Platone. Non era l 'allievo di Pitagora, che mescola gli insegnamenti di Socrate con quelli del sag­gio di Samo58? Non aveva pitagorizzato lui stesso59 paragonando i l corpo a una prigione o a una tomba, i l mondo a una caverna, Dio a un buon pastore, e in quei miti escatologici del Gorgia, del Fedone, della Repubblica e del Fedro dove descriveva il destino dell'anima dopo la morte? Inoltre, nel Timeo non si era ispirato direttamente alle dottrine della Scuola al punto che, si diceva, avrebbe plagiato l 'opera di un pitagorico, forse Filolao, forse lo stesso Pitagora60? Ora, tra tutti gli scritti di Platone, è il Timeo che l 'antichità teneva in maggiore stima e che si leggeva di più; molti conoscevano Platone solo attraverso questo dialogo, che era sufficiente per ogni cosa. Non era una summa di tutto ciò che era necessario sapere sul l 'origine e l 'organizzazione del mondo, l 'essenza del l'anima, la natura dei corpi? Cosmogonia, cosmologia, fisica, scienza dell 'anima e scien­ze naturali , tutto era raccolto in questo libro dal tono dogmatico, che passava quasi per ispirato. Dagli inizi dell'Accademia, suscitava discussioni61 e commentari. Nel I e nel II secolo, il più famoso di questi commenti fu quello di Posidonio di Apamea: Calcidio ancora (IV secolo) e Proclo (V) ne prenderanno a prestito. Se, quindi, i l Timeo di Platone derivava dal Pitagorismo, è tutto Platone, che si annetteva in un colpo solo. Il filosofo più famoso era ridotto al ruolo di discepolo dell 'unico Maestro che contava.

57 Cfr. DELATTE, pp. l 09 ss. : "L'exégèse pythagoricienne des poèmes homé­riques"; CUMONT, Recherches sur le symbo!isme funéraire des Romains, Paris 1 942, pp. 4-9, 1 86- 1 89 epassim (vedi all'Indice Generale, s.v. "Homère").

58 KEpacraç l:ffiKp{ttEl nueay6pav, NmiENIO, fr. l ; p. 1 1 6. l Leemans. 59 ò oè TIM'tffiV 1tU8ayopicraç, i vi, p. 115. 4-5. 60 Su questa accusa di plagio, che circolava fin da Timone di Fliunte (circa 325-

335), cfr. A. E. T.-\YLOR, A commentary on P lato s Timaeus, Oxford 1 928, pp. 39-4 1 .

6 1 Senocrate e Crantore (300 a.C. ca. ).

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CAPITOLO II

I PROFETI DELL'ORIENTE

Pitagorizzare Platone andava bene: era già coronarlo del l 'aureola del profeta. Ma perché fermarsi qui? Se ogni dottrina assumeva tanta più autorità quanto più rivestiva un carattere di rivelazione e quanto più questa rivelazione traeva la sua origine nel passato più remoto, non bisognava forse risalire, al di là di Pitagora, sino a saggezze an­cor più prossime al divino, e che, per così dire, fossero più antiche? "Che altro è Platone se non Mosè atticizzante?" si domanda il pita­gorico Numenio di Apamea, nel II secolo' . E, in un altro passaggio del suo trattato Sul Bene, scrive queste caratteristiche righe: "Per affrontare i l problema di Dio, non bisognerà solo fare affidamento sulle testimonianze di Platone, ma risalire più a monte e col legare le sue affermazioni agli insegnamenti di Pitagora, come ho detto, facendo appello ai popoli di buona rinomanza, adducendo le loro iniziazioni, i loro dogmi, le loro cerimonie di culto che svolgono in pieno accordo con i principi di Platone, tutto ciò che i Bramani, i Giudei, i Magi e gli Egizi hanno istituito2". All' incirca nello stesso periodo di Numenio, circa i l 200 della nostra era, un altro Siriano di Apamea, un certo Alcibiade, giunge a Roma portando con sé il libro della rivelazione di ElchasaY, la quale, imbevuta di astrologia, pre­tendeva un'origine partica3 • Ora, questo Alcibiade ripeteva ai futuri iniziati, prima di trasmettergli i segreti misteri : "Non leggete questo l ibro davanti a tutti, custodite gelosamente questi precetti [ . . . ]. I sag­gi d'Egitto nei loro templi non ne hanno conosciuti di così grandi, né Pitagora, i l saggio dei Greci"4•

l Fr. l O, p. 1 30. 22 Leemans. 2 Fr. 9 a, p. 1 30. 8 ss. Leemans. Su questo testo, cfr. PuECH, Numénius d 'Apamée

et /es théologies orienta/es au second siècle, in Mélanges Bidez, Bruxelles 1 934, pp. 745 ss., in particolare pp. 747-748.

3 IPPOLITO, Refutatio omnium haeresium, IX, 1 3- 1 7 . 4 IPPOLITO, Refut. , IX, 1 7, l , p. 255. 8- 1 2 Wendland.

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Eccoci all 'ultima tappa della rivelazione l ibresca. Qui sono riu­niti tutti gli elementi che cospirano a rafforzare l 'autorità del testo : e l 'antichità più remota, e la lontananza nello spazio, e i l carattere propriamente ispirato del messaggio, poiché i l saggio orientale non è che lo strumento dell 'Altissimo, lo scriba che si limita a trasmet­tere una parola rivelata.

Il miraggio orientale aveva sempre sedotto le immaginazioni del­la Grecia. Nei primi secoli del l 'era cristiana, le menti disgustate e a poco a poco disabituate dal razionalismo greco si abbandonano con piacere all ' influenza straniera. Regna l ' idea che i Barbari possegga­no sulla Divinità nozioni più pure e più essenziali, non che facciano un miglior uso della ragione dei Greci, ma, al contrario, perché, tra­scurando la ragione, arrivano, per vie più segrete, a comunicare con Dio. È più che una moda letteraria: il mondo greco-romano è come in stupore. Pitagora, dice Ippolito5, fu "stupefatto" (KatanÀayciç;) dalla saggezza degli Egizi. La parola esprime a meraviglia lo stato d'animo dell ' epoca.

Le testimonianze sono innumerevoli. Ne sceglierò solo un piccolo gruppo dove, senza preoccupa1mi delle dottrine stesse, e senza mai chiedermi se quelle dottrine orientali, così come i Greci le definisco­no, sono davvero conformi al l 'autentico pensiero dei saggi del l 'Est (Zoroastro, il Buddha, ecc.), rileverò solamente i luoghi comuni che tradiscono la nuova moda.

l ) "Tutto ciò che hanno istituito i Bramani, i Giudei, i Magi e gli Egizi", dice Numenio di Apamea. Si ama questa serie di nomi evo­cativi . Diogene Laerzio (III secolo) apre le sue Vite dei filosofi con queste parole (prooem. I, 1 ): "Alcuni vogliono che la filosofia sia co­minciata dai Barbari: vi sono stati in effetti i Magi presso i Persiani, i Caldei tra i Babilonesi o gli Assiri, i Gimnosofisti in India, i Druidi tra i Celti e i Galati". Diogene non inventa nulla. Si riferisce qui a Sozione di Alessandria, contemporaneo di Tolomeo Fi lometore6, e a un Trattato del Mago7 attribuito ad Aristotele, ma che è probabil-

5 Refut., l, 2, 1 8, p. 8. 22 Wendland; Èl;exÀéty'lv, dice Cipriano il Mago; cfr. infra, p. 59.

6 Cfr. DIELS, Dox. Gr., p. 147. 7 MaytK6ç (sci/. Myoç).

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l profeti dell 'Oriente 39

mente del peripatetico Antistene di Rodi (Il sec. a.C.)8• Si ritrova la stessa tetrade - Egitto, Caldea, Persia, India - o serie analoghe9 a riguardo degli studi di Pitagora, dei viaggi di Apollonio, delle av­venture di Cipriano i l Mago, in Porfirio10 che paragona la pietà degli Orientali (Bramani dell ' India, Magi di Persia)1 1 a quella dei teologi più consumati della Grecia, presso Amo bio dove testimoniano della natura del vero Dio12, in S. Girolamo in una lista di popoli che filo­sofeggiano13, in Agostino dove sono presi in considerazione, con i Barbari occidentali, ne l i ' argomento del consenso universale14.

2) In effetti, questi popoli, di una proverbiale antichità, sono gli iniziatori della filosofia. Questa favola che pare nata, sotto Platone ancora, neii'Accademia15 ed esser passata da là, dal III secolo, alle scuole di Alessandria16, fornisce uno dei luoghi comuni più in voga sotto l' Impero. D iogene Laerzio ne è testimone, come abbiamo vi­sto, già nelle soglie delle Vite dei filosofi, in quel piccolo trattato "De l i 'invenzione della filosofia" (m:pì eupÉcreroç) che occupa i pa­ragrafi da l a 1 2 della Prefazione. Dapprima enuncia la tesi della priorità dei Barbari ( 1 -2), che peraltro egli stesso non accetta (3-5), poi descrive brevemente la filosofia di Gimnosofisti e dei Druidi (qui associati), più lungamente quella dei Caldei e Magi (6-9), infine

8 Cfr. BmEz-CuMONT, Les Mages hellénisés (Paris 1 938: qui citato Mag. hell. ), vol. II, p. 1 7, fr. 86, n. l e 3 .

9 A volte vi si aggiungono i Druidi, o i Giudei, o gli Armeni e altri ancora; oppure si sottrae uno dei quattro, per esempio TERTULLIANo, adv. Mare. , l, 1 3 (p. 307. 1 4 Kroymann), a proposito degli "elementi del mondo" (gli astri): in­dignas mundi substantias [ . . . ] quas colunt et Persarum magi et !Egyptiorum hierophantae et lndorum Gymnosophistae.

I O Ap. PROCLO, i n Tim., I, 208. 1 6 Diehl. I l Mancano Egizi e Caldei. 1 2 Ne nobisfidem habere nolitis, !Egyptios Persas lndos Chaldaeos Armenios in­

terrogetis omnesque illos alios, qui interioribus viderunt et cognoverunt haec artibus: iam profecto discetis, quisnam sii deus unus ve/ sub eo qui plurimi, qui deos sefingant, ARNOBIO, adv. nal. (CSEL. , IV) IV, 3 .

1 3 Episto/. 60, 4. 2: lndus Persa Gothus !Egyptius philosophantur. 1 4 Civ. Dei, VIII, 9: sive Platonici [ . . . ] sive ftalici [ . . . ] sive aliarum quoque gen­

tium qui sapientes ve! philosophi habiti sunt, Atlantici Libyes !Egypti Indi Persae Chaldaei Scythae Galli Hispani aliique reperiuntur qui hoc viderint.

1 5 Cfr. ARISTOTELE, infra, p. 40, n. 20. 1 6 Cfr. SoziONE, supra, p. 38. Ecateo di Abdera, che soggiornò in Egitto sotto

Tolomeo I, ha molto contribuito alla favola per ciò che riguarda gli Egizi, cfr. JACOBY, ap. P.W., VII, 2758 ss. e ScHWARTZ, ivi, V, 670-674: Ecateo fonte di Diodoro, I.

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quella degli Egizi ( l 0- 1 2). Le autorità a cui si riferisce mostrano una tradizione già lunga. In realtà, tra i sostenitori della priorità dei Bar­bari, non ci si accordava sul primo iniziatore: Egitto, Persia, India o Giudea, a chi toccherebbe la palma? Gli Egizi erano passati per lungo tempo come i saggi più antichi 17 . È nei loro templi che tutta la scienza, divina o umana, era innanzi tutto nata. Inoltre, è uno dei loro dei che aveva "inventato" la filosofia: Thoth per esempio, Hermes per i Greci (il nostro Trismegisto ), e le steli di Ennete, che Pitagora e Platone, si diceva, avevano letto, esistevano ancora ai tempi di Giam­blico18; oppure Amebeschenis o Ptah, figlio del Nilo: e si fissava la data, 48.863 anni prima di Alessandro19. Tuttavia, quando, ancora discepolo di Platone, seguiva l'entusiasmo generale del ! ' Accademia per i Magi, Aristotele, nel libro I del trattato Sulla Filosofia, dava la palma ai Magi "che sarebbero stati molto più antichi degli Egizi2°". Di nuovo, si facevano calcoli. Zoroastro aveva vissuto, secondo il platonico Ennodoro, 5 .000 anni prima della guerra di Troia, secondo Xanthos il Lidio, 6.000 anni prima di Serse, secondo Eudosso e Ari­stotele (sempre l 'Accademia), 6.000 prima di Platone2 1 . Queste tre cifre pressappoco concordavano, ma non corrispondevano affatto a quelle degli Egizi. Si stabilivano genealogie. I Gimnosofisti (India) erano i discendenti dei Magi, avendo loro stessi come discendenti i Giudei. Così dice Flavio Giuseppe22: "I Giudei sono i discendenti dei filosofi dell 'India: a quanto si dice, i filosofi sono chiamati Kal­lanoi tra gli Indiani, Giudei presso i Siriani, dato che il loro nome gli è venuto dalla terra che abitano23". Ma come conciliare questa di­scendenza dei Giudei con la pretesa, così comune tra gli autori ebrei e così spesso ripetuta dai Cristiani, che la Bibbia conteneva l ' intera saggezza primordiale, dal momento che la Bibbia, come si vede con la Genesi, è antica come il mondo stesso? Zoroastro doveva essere

1 7 Per esempio IPPOLITO, Refut. , IV, 43, 4, p. 65. 1 2 Wendland. 1 8 De myster. , l, 2.

1 9 DIOGENE Lo\ERZio, prooem., 2, 2. 20 ARISTOTELE, Fragm. , 6 Rose2• 2 1 Cfr. Ma g. hell. , Il, fr. B l a e 82, pp. 7, 9 ss. 22 Contro Apione, I, 22, 1 79. 23 Ciò detto, un'altra testimonianza lo dimostra (DIOGENE Lo\ERZIO, Prooem. , 6,

9), è una dichiarazione di Clearco, discepolo di Aristotele: si risale, ancora questa volta, al IV secolo.

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un discepolo di Abramo2\ ed è questo stesso Abramo che aveva in­segnato anche l 'astrologia al re Pharethones d'Egitto25 . Ma l 'India, a sua volta, non rivendicava la priorità? Si raccontava, quindi, che Zoroastro aveva appreso i suoi segreti dai Bramani26. Nella sua con­versazione con il saggio Iarchas, Apollonia di Tiana apprende che i Bramani hanno insegnato la metempsicosi agli Egizi, che l 'hanno trasmessa a Pitagora e questi ai Greci27. Sono gli Indiani che hanno "inventato" la saggezza28. Non si dice che Licurgo è andato presso di loro e si è intrattenuto con i Gimnosofisti29?

3) Nonostante queste dispute, un fatto era certo: la filosofia dei Barbari era infinitamente più antica e più venerabile di quella dei Greci . Di qui l ' inevitabile conclusione: è dai Barbari che dovevano essersi istruiti i primi filosofi della Grecia. Meglio ancora, tutta la civiltà greca era solo un prestito dai Barbari. Secondo Diodoro Sicu­lo30, i sacerdoti egizi ricavavano dai registri dei loro templi l' infor­mazione che Orfeo3 1 , Museo, Melampo, Dedalo, Omero, Licurgo, Solone, Platone, Pitagora, Eudosso, Democrito, Enopide erano ve­nuti in Egitto32. Licurgo, Solone, Platone vi avrebbero tratto le loro leggi, Pitagora vi avrebbe appreso ciò che concerne lo hieros logos, i teoremi della geometria, la scienza dei numeri, perfino la metempsi­cosi. La leggenda, che non è nuova33, circola in tutte le dossografie ellenistiche .. Talete, i l primo filosofo ionico, aveva studiato in Egit­to34. Si citava anche una presunta lettera di Talete a Ferecide ove diceva di essere andato in Egitto con Solone per conversarvi con i

24 Cfr. Ma g. hell. , l, p. 4 1 ; II, p. 48. 25 Artapano (circa lOO a.C.) ap. EusEBto, praep. evang., IX, 1 8, l . Su Artapano,

cfr. P. W., IX, 1 964, 29 ss. 26 AMMIANO MARCELLINO, XXIII, 6, 32-36, cfr. Mag. hel/. , Il, fr. B 2 1 , p. 32. La

leggenda proviene da un pitagorico, ivi, I, pp. 27-28. 27 FtLOSTRATO, V. A poli. , III, 1 9. 28 lvi, VI, I l . 29 ARISTOCRATE, fr. 2 = PLUTARCO, Licurgo, 4, 8. 30 l, 96-98. Diodoro è del I secolo prima della nostra era, ma la sua fonte è qui

Ecateo di Abdera, fine del IV sec. (cfr. supra, p. 39, n. 1 6). 3 l Orfeo in Egitto, l, 69, 92, 96. 32 Giamblico (de myster., l, l ) ha una lista più breve: Pitagora, Platone, Demo­

crito, Eudosso. 33 Cfr. supra, n. 30. 34 AEzto, l, 3, l= Dox. Gr. , 276, I O; DioGENE L-\ERZio, l, 6, 27.

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sacerdoti e gli astrologi35• Ma è soprattutto su Pitagora e su Demo­crito che si diffondeva i l dogma del prestito dai Barbari, ed è con questi esempi che la favola assumeva tutto il suo senso. Pitagora, si è visto, era i l Saggio ispirato, quasi divino, un altro Apollo, la cui minima parola aveva valore oracolare. E Democrito, sotto l ' Impero, non era tanto l ' inventore della ipotesi degli atomi quanto il maestro in scienze occulte cui si attribuivano ogni genere e sorta di apocrifi, forgiati in Egitto, sulle virtù magiche di piante e di pietre, l 'autore del le Physika et Mystika, di un libro sulle "Simpatie", di opere di alchimia, il "filosofo", nel senso che allora la parola assume, vale a dire, il profeta di una dottrina esoterica, l 'astrologo e il mago36•

Che Pitagora fosse arrivato in Egitto, era già una nozione familia­re nel V secolo: perlomeno Erodoto indica le rassomiglianze tra le pratiche sacerdotali degli Egizi e quelle degli Orfici e dei Pitagorici (Il, 8 1 ). Un secolo dopo, Isocrate (Busiris 28) dichiara che Pitagora ha tratto dall 'Egitto la sua filosofia e la sua conoscenza dei riti sa­cri, tutte scienze che ha fatto conoscere, lui per primo, alla Grecia. È probabile che in seguito gli ambienti alessandrini contribuissero ampiamente a diffondere la favola. In ogni caso, fin dal l 'era cri­stiana, gira ovunque. La si trova in Ippolito37: "Pitagora ha appreso dagli Egizi i numeri e le misure; e sbalordito dalla saggezza degna di fede, seducente e difficile da comunicare dei sacerdoti d'Egitto, in un desiderio di emulazione, ha prescritto anche lui la legge del silenzio e ingiunto, a chi vuole apprendere, a meditare in stato di quiete in templi sotterranei"38; in Clemente Alessandrino39: "Platone ha preso in prestito da Pitagora la dottrina del l ' immortalità dell'a­nima, e Pitagora dagli Egiziani", Clemente conosce anche il nome del maestro di Pitagora, è l 'arciprofeta Sonchis40• Tuttavia Pitagora

35 DIOGENE L-\ERZIO, l, 1 5 , 43. 36 Cfr. Cu�IONT, Ég. d. astr. , p. 1 22. 3 7 I, 2, 1 8, p. 8. 2 1 Wendland. 38 Allusione alle siringhe d'Egitto, se la correzione KarayEiotç (per Karaywv) è

legittima. 39 Strom., VI, 2, 27, 2. 40 Strom., l, 1 5 , 69, 1 -3 . L'erudizione alessandrina si rallegrava di nominare an­

che i maestri egiziani di Solone (cfr. infra, p. 45): secondo Plutarco (Salone 26), Psenofis di Eliopoli e lo stesso Sonchis, d i Sais; secondo la fonte di PRo­cw, in Ti m. 3 1 c (1, p l 00, 20 ss. Diehl), Pateneit a Sais, Ochaapi a Eliopoli, Ethemon a Sebennito.

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non si è l imitato ali 'Egitto, si vuole anche che si sia recato presso i saggi dal l 'Asia Anteriore. A partire dal V secolo, lo si riteneva discepolo di Zarata (Zoroastro ), se bisogna credere ad Aristosseno di Taranto, l 'al l ievo di Aristotele41 : Pitagora era andato a visitare i l caldeo Zarata che gli avrebbe esposto la dottrina dei due principi. È ugualmente Zarata che gli avrebbe insegnato il rispetto religioso della fava. Nel I secolo a.C., Alessandro Poliistore, nel suo trattato sui Simboli Pitagorici, riferisce che Pitagora ha seguito le lezioni del l'Assiro Zarata e persino dei Galati e dei Bramani42• Le biografie posteriori (Porfirio, Giamblico) conci liano benissimo questi dati: Pitagora è andato dappertutto. Secondo Porfirio (v. Pyth. 6), ha ap­preso le scienze matematiche da Egizi, Caldei e Fenici: infatti, fin dai tempi antichissimi (ÈK 1taÀaunv xpovwv), gli Egizi si dedicano alla geometria, i Fenici alla scienza dei numeri e dei calcoli, i Cal­dei alla contemplazione del le cose celesti . Quanto alle purificazio­ni, al culto degli dei e ai precetti sulla condotta umana, Pitagora l i ha ricevuti dei Magi. Secondo Giamblico43, Pitagora prima visita, in Siria, i discendenti del profeta "fisiologo" Moco e gli ierofanti della Fenicia, e partecipa a tutte le iniziazioni di B iblo e di Tiro; da là passa in Egitto4\ dove soggiorna ventidue anni nei templi, dedicandosi all 'astronomia, alla geometria e ai misteri; poi va a Babilonia dove frequenta i Magi. Così Pitagora ha fatto la sintesi di tutto ciò che riguarda filosofia divina e i l culto degli dei, dopo aver imparato da Orfici, da sacerdoti d'Egitto, da Caldei e da Magi, per non parlare delle iniziazioni della Grecia45• Egitto, Fenicia, Caldea, Persia, India, tutti i paesi d'Oriente hanno quindi contribuito alla saggezza del Maestro. Si dovevano dimenticare gli Ebrei? No dav-

41 Ap. !PPOLITO, I , 2, 12 = Mag. he/1. , II, p . 63 . Su Aristosseno, cfr. ivi, l , pp. 242-243. Jppolito si riferisce anche a un certo Diodoro di Eretria, che è scono­sciuto. Diels suppone con qualche ragione, sembra, che i circoli alessandrini abbiano, ancora una volta, contribuito notevolmente al successo della leggen­da (Dox. Gr., p. 1 5 1 ). In generale, su Pitagora e la Persia, vedi in particolare Mag. hell. , l, p. 33 e passim (Indice, s. v. Pythagore) e Il, pp. 36 ss.

42 Fragm. 1 3 8 = CLEMENTE ALESSANDRINO, Strom., l, 1 5, 70, l . 43 Vi t. Pyth. , 3 ( 14 ), p. l O, 1 8 ss. Deubner. 44 lvi, 4 ( 1 8- 1 9); p. 1 2.27 D. 45 I vi, 28 ( 1 5 1 ), p. 85, 1 4 ss. Deubner

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vero. Secondo Aristobulo46, Pitagora e Platone hanno preso le loro dottrine da Mosè (identificato con Museo).

Quanto a Democrito, ha trascorso cinque anni in Egitto per ap­prendervi l 'astrologia47• Ha parlato con parecchi Gimnosofisti in India, sacerdoti e astrologi in Egitto, Magi a Babilonia48• Clemente Alessandrino49 può citare una dichiarazione di lui, nella quale i l fi­losofo si congratula per aver ascoltato molti dotti, nessuno dei quali gli ha negato la sua scienza, "nemmeno i sacerdoti d'Egitto chiamati Harpedonaptai". Clemente aggiunge: "Democrito andò infatti a Ba­bilonia, in Persia, in Egitto, imparando dai Magi e dai sacerdoti". A detta di Diogene Laerzio50, Democrito visse tra i sacerdoti d'Egitto per imparare la geometria, quindi tra i Caldei, poi in Persia; avreb­be avuto rapporti con i Gimnosofisti del l 'India e sarebbe andato in Etiopia5 1 • Si trovano, infine, notizie analoghe in Eliano (IV, 20) e ancora presso Suida.

4) "Pertanto finché tu ne abbia il potere, o re - e tu puoi tutto ­preserva questo discorso da qualsiasi traduzione, in modo che tali grandi misteri non giungano fino ai Greci e che l 'elocuzione orgo­gliosa dei Greci, con la sua mancanza di nerbo e ciò che si potrebbe dire delle sue false grazie, non faccia impallidire e sparire la gravità, la solidità, la forza attiva dei vocaboli della nostra lingua. Perché i Greci, o re, hanno solo discorsi vuoti, buoni a produrre dimostra­zioni : e questa è davvero l ' intera filosofia dei Greci, un rumore di parole. Per quanto ci riguarda, non usiamo parole semplici, ma suoni pieni di efficacia". Così si esprime Asclepio d'Egitto scrivendo al re

46 Cfr. P. W., II, 9 1 8, n° 1 5 . 47 DIODORO SICULO, l, 98. 48 lrPoUTo, l , 1 3, l , p. 1 6, 24 Wendland. 49 Strom., l, 1 5, 69, 4-6 = DIELS-KRANZ, Vorsokr. , 68 B 299. Gli harpedonaptai

sono coloro che regolano la fune (harpedone), gli agrimensori. La parola ap­pare solo qui.

50 IX, 7, 35. Diogene si riferisce a Demetrio (di Magnesia, l secolo a.C.) e ad Antistene di Rodi (II sec. a.C.), cfr. supra, p. 39, n. 8.

5 1 Infatti gli Etiopi degli antichi, cioè gli abitanti de l i ' Alto Egitto, nei dintorni di Philae, ricevevano, in alcune leggende, la palma della priorità: sono loro che avrebbero insegnato agli Egizi tutte le cerimonie divine (DioDoRo SICULO, III, 2 e seg.), loro che avrebbero inventato l'astrologia (LuciANO, de astro!. , 3-9). Nella Vìta di Apollonia (VI, l O- I l ), vi è una grande discussione tra Tespesio­ne, il superiore dei ruf.J.voi delle rive del N ilo, e Apollonio, l 'uno sostenitore d eli ' anteriorità degli Etiopi, l 'altro quella dei Gimnosofisti d eli 'India, di cui gli Etiopi erano originariamente coloni.

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Ammone, all ' inizio di un trattato ermetico (C.H., XVI, 2). In effetti è un altro luogo comune rispetto alla superiorità del la saggezza bar­bara. Dal giorno in cui il razionalismo greco era entrato in contatto con le saggezze orientali, questo incontro doveva naturalmente por­tarle al loro confronto.

Questo confronto assunse molte forme. A volte, come qui, si affrontarono i l inguaggi stessi, i l suono delle parole o i segni per mezzo dei quali i suoni si traducevano graficamente. Ora, se si era determinati essenzialmente a trovare il mistero ovunque, è chiaro che i suoni degli idiomi barbari, per i l solo fatto della loro estranei­tà, sembravano, in massima misura, m isteriosi. Da ciò deriva, in qualche modo senza dubbio, che, nei papiri magici greci, di cui un gran numero è stato conservato in Egitto, i "nomi barbari" svolgono un ruolo di primo piano: il dio evocato è costretto a obbedire se lo si chiama sotto quel nome straniero52• Da qui anche il prestigio degli Ephesia Grammata: Apuleio ne testimonia ancora nel libro XI delle Metamorfosi.

Talvolta si immagina una conversazione tra Greci e saggi del Le­vante53. Questo genere letterario conobbe una grande fortuna. In li­nea di massima, poteva applicarsi a qualsiasi incontro tra la Grecia e l 'Oriente : bastava cambiare il nome dei saggi - sacerdoti d'Egitto, Magi di Caldea o di Persia, Girnnosofisti del l ' India. Nei racconti di Erodoto (III, 143) e di Platone (Timeo, 2 1 e ss.) sugli incontri di Eca­teo e di Salone con i sacerdoti di Tebe o di Sais, ciò che viene avva­lorato è l 'antichità del clero egiziano e degli archivi religiosi dell 'E­gitto: "Salone, Salone, voi Greci, siete sempre fanciulli : un Greco non è mai vecchio [ . . . ] . Perché non avete nell 'anima alcuna antica opinione, che vi pervenga da un'antica tradizione, né alcuna scienza incanutita dal tempo" (Tim. 22 b). Nei tre documenti che servono d'il lustrazione all ' incontro della Grecia e dell 'India, il Colloquio di Alessandro e dei Dieci Gimnosofisti (III o II secolo a.C.), le Doman­de di Milinda in lingua pali (II secolo a.C. ca.) e i libri II e III della Vita di Apollonia di Tiana di Filostrato54, la caratteristica comune

52 Occorre anche tener conto della credenza egiziana (e non greca) secondo cui il nome ha di per sé una forza operativa, cfr. Cu�IONT, Rei. Or.', p. 87.

53 Su questo tònoc;, cfr. i l mio articolo nella Rev. Hist. Re!. , CXXV ( 1 94211 943), pp. 32-57.

54 Filostrato scrive alla fine del II sec., ma si suppone che Apollonia abbia com­piuto il suo viaggio nell ' India intorno ali 'anno 45 della nostra era.

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più sorprendente è lo scambio di domande difficili - indovinell i , enigmi, problemi di alta saggezza sull ' individuo, la conoscenza di sé, il genere di vita specifico del saggio; i l confronto riguarda più la sostanza, ma il criterio mantiene più spesso un carattere formale: è ritenuto il più grande saggio colui che, secondo la parola di Milinda, sa meglio risolvere i dubbi.

Questi racconti possono variare d'aspetto, ma la loro "morale" è ovunque la stessa: è l 'Orientale che trionfa, la dialettica del Greco è annientata o dalla semplice efficacia delle parole straniere, o dalla profondità del le risposte che dà il saggio barbaro.

5) Da dove proviene allora questa superiorità del clero orientale? Come mai, fin dalla più remota antichità, essi detengono la chia­ve dei misteri? Qualsiasi popolo barbaro si consideri, è facile com­prendere perché superi il greco: sacerdoti egiziani, confratelli ebrei, magi e Gimnosofisti conducono ugualmente una vita pura, che l i avvicina a Dio. Queste sono le "vie p iù intime" (interiores artes) che, secondo Amobio55, consentono agli Orientali di vedere e di co­noscere il vero Dio.

Ancora una volta, le testimonianze abbondano. Da Erodoto al de mysteriis56, cosa non ci si dice, nella stessa Grecia, della purezza dei sacerdoti egiziani? Sceglierò solo un testo, preso in prestito da Che­remone, che fece parte lui stesso della classe sacerdotale in Egitto, al tempo di Nerone57•

Nella sua esposizione sui sacerdoti egiziani che, dice, sono anche considerati in Egitto come filosofi, Cheremone stoico riferisce che essi hanno scelto i templi come luogo appropriato per fi losofare. Presso di loro è infatti tradizione soggiornare vicino agli altari dei templi, questa vicinanza dà loro lo slancio per la contemplazione e, inoltre, vi trovano sicurezza: la santità del divino li protegge, tutti onorano questi filosofi alla stregua di esseri sacri; infine vivono in pace, avendo contatto con il mondo solo nel tempo di panegirici e feste, perché, tutti gli altri giorni o quasi, i templi sono inaccessibili ai profani poiché vi si può entrare solo in uno stato di purezza, dopo molte astinenze: questa è una legge comu­ne in tutti i templi dell' Egitto. Questi sacerdoti hanno quindi rinunciato a tutte le attività profane, a tutti i lavori lucrativi, e si abbandonano

55 Cfr. supra, p. 39, n. 1 2. 56 Attribuito a Giamblico. 57 Brano tratto da PoRFIRJO, de abst. , IV, 6-8.

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interamente alla contemplazione e alla visione di cose divine. È questa visione che li rende venerabili e li fa condurre un'esistenza tranquil­la e pia; la contemplazione li conduce alla scienza; contemplazione e visione insieme li costringono a un genere di vita che ha qualcosa di segreto e d'antico. Perché questo abituale rapporto con la conoscenza di Dio e le ispirazioni divine li preserva da ogni lussuria, calma le loro passioni, li incita alle fatiche dello spirito. Si esercitano alla semplicità e alla modestia, alla continenza e alla forza, a una vita che è giusta e senza cattivi desideri. La cura che hanno di non mescolarsi per niente col mondo li riveste di un carattere di gravità, loro che, nel tempo stesso delle purificazioni prescritte, non hanno in tal modo nemmeno relazioni con i loro parenti e quelli del loro sangue e non si lasciano vedere da nessuno (eccetto da quelli che sono ugualmente purificati riguardo alle necessità della vita), dal momento che si assegnano58 delle sale purifica­trici (à.yveuTi]pw.) inaccessibili agli impuri e santificate in previsione di liturgie sacre; il resto del tempo, se comunicano più liberamente con le persone della loro casta, tuttavia non hanno alcun contatto con la folla esterna, estranea al culto divino. Infatti, l i si vede sempre in prossimità o di divinità o di statue divine, che essi trasportano o vi camminano di fronte o le dispongono con nobiltà e gravità non, certamente, per vana gloria, ma tutto ciò simboleggia un profondo mistero dalla Natura. Perfino il loro atteggiamento mostra la gravità del loro stato: il loro procedere è misurato, il loro sguardo composto (Ka9Eo"tT]K6ç)59, non si permetterebbero nemmeno di batter ciglio. Anche se raro che si derida­no, in questo caso, non arrivano che a sorridere. Hanno sempre le mani nascoste sotto il mantello60• Ognuno di loro reca un simbolo che indica il grado che detiene nella gerarchia: perché sono divisi in più classi.

La loro dieta è frugale e semplice. Si privano del vino o ne bevono pochissimo, accusandolo di disturbare i nervi e rendere la testa pesante al punto da impedire la ricerca ed eccitare i desideri della carne; allo stesso modo, consumano gli altri alimenti solo con circospezione, ed è a malapena che si nutrono di pane nel tempo dei digiuni: quando capita di non digiunare, smorzano con l' issopo il mordente degli alimenti per­ché ritengono che l' issopo purghi il cibo della sua forza6 1 • Si astengono dall'olio, alcuni in linea generale, la maggior parte completamente: se

58 Leggo � ayvrun'tpta . . . KQ1QVEf.LOiffiVOI, p. 237. 1 3 Nauck2: iì codd. li<E coni. Nauck.

59 Cfr. Rev. Ét. Gr., L ( 1 937), p. 484. 60 Elemento caratteristico. Sulle mani velate, cfr. CuMONT, Memorie de/l 'Accad.

di Archeologia, I I I ( 1 923 ), pp. 94 ss. e il bassorilievo del Vaticano dove i sacerdoti portano i simboli con le mani ricoperte dal loro manto.

61 Il ruolo del l ' issopo nelle purificazioni degli Ebrei è ben noto, cfr. Dict. de la Bible, s. v. Gli antichi confondevano spesso l ' issopo e l 'origano.

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lo usano, a volte, con le verdure, è nel modo più moderato e solo per addolcire il gusto. Tutti gli alimenti e le bevande che provengono da pa­esi diversi dall'Egitto la legge religiosa proibisce loro di toccarli: questa interdizione è la loro miglior difesa contro una vita troppo molle. Per quanto riguarda i prodotti dell'Egitto stesso, si astengono da ogni pesce e, tra i quadrupedi, da quelli che non hanno lo zoccolo fesso o non han­no zoccoli o non portano coma; tra gli uccelli, dai mangiatori di cada­veri. Molti addirittura rinunciano una volta per tutte a ciò che ha avuto vita e, in tempi di digiuno, tutti fanno astinenza fino a non accettare nemmeno un uovo. Eppure, anche gli animali leciti non se li concedono senza eccezioni, per esempio rifiutano le femmine dei buoi e, tra i ma­schi, i gemelli, quelli che hanno macchie o il cui pelame non è di una sola tinta o che si distinguono per la loro forma o che hanno già subito il giogo (considerando questi animali come ormai consacrati dal loro lavoro) o quelli che hanno somiglianza con gli esseri che si onora62, in qualche sorta di imitazione che sia permesso di pensare63, o gli animali orbi di un occhio o quelli che inclinano la testa nella maniera dell'uo­mo. Innumerevoli, inoltre, sono le osservanze che segue, relativamente agli animali, l'arte di coloro che sono chiamati moschosphragistes64; ce ne sono abbastanza da costituire opere specifiche. Più minuziose ancora sono le prescrizioni riguardanti gli uccelli, per esempio di non mangia­re le colombe: la ragione che ne danno è che, spesso, questo uccello subisce la monta del falco, che in seguito la rilascia, permettendone la fuga a ricompensa dell'unione; per paura, dunque, di capitare inavver­titamente su una colomba così contaminata, evitano l ' intera specie. Di queste prescrizioni religiose, alcune sono a loro comuni, altre differi­scono secondo le classi dei sacerdoti e sono particolari per ciascun dio: i tempi di purificazione sono puri da ogni contaminazione.

Per quanto riguarda la durata di questi tempi di purificazione, ogni volta che devono celebrare qualche cerimonia di culto, contando in an­ticipo un certo numero di giorni, alcune volte quarantadue giorni, altre di più, altre meno, comunque, mai meno di sette giorni, si astengono da tutto ciò che è vissuto come da ogni verdura e da ogni legume, ma soprattutto da ogni commercio carnale con le donne: non parlo delle unioni contro natura, perché non ne fanno uso nemmeno nei tempi or­dinari. Tre volte al giorno si lavano in acqua fredda, saltando giù dal letto, prima del pasto principale e prima di dormirt:. In caso di perdita

62 Cioè gli esseri divini. 63 Leggo <fì> KUÌ Tlf.HOflÉVotç Èfl<pEp�, [tì] Ka9 ' ovnv' oi'iv oìo·J ànEtKacrf.LÒV

È/;EiT). In ogni caso, può trattarsi solo, a mio parere, degli animali sacri dell'E­gitto che si lasciavano riconoscere da certi segni sulla pelle.

64 Coloro che marchiano con un sigillo i vitelli scelti per il sacrificio. Cfr. WIL­

CKEN, Grundz. , p. 1 26; Chrest. , p. 1 1 4, n° 87.

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seminale durante il sonno, si purificano immediatamente con un bagno. Non usano mai che acqua fredda, ma non ghiacciata.

Il loro giaciglio è costituito da un graticcio di rami di palma, che chiamano "baYs"65; per cuscino prendono un pezzo di legno ben leviga­to, a forma di semi-cilindro. Per tutta la vita, si esercitano alla sete, alla fame, alla sobrietà.

Ciò che dimostra la loro continenza, è che, senza mai utilizzare amuleti o incantesimi, vivono senza malattie, sempre pieni di energia, godendo di una forza ben temperata. Eppure hanno, nel culto divino, da sopportare pesanti impegni e servizi che superano la forza media. Le loro notti sono consacrate a osservare le cose celesti, talvolta anche ad adempiere qualche funzione sacra, i loro giorni al servizio divino, il quale comporta, quattro volte, il canto di inni in onore degli dei, all'aurora, al vespro, quando il sole è nel mezzo del cielo e quando cala verso ponente. Passano il resto del tempo in studi di aritmetica e di geometria; li si vede sempre al lavoro e a fare qualche ricerca: in breve, si dedicano interamente alla scienza esatta.

Fanno lo stesso durante le notti d' inverno, donando le loro veglie a lavori letterari, da persone disinteressate al guadagno e affrancate dalla dominazione crudele delle spese voluttuarie. Questo sforzo instanca­bile e continuo attesta la loro costanza, questa mancanza di desiderio la loro continenza. Navigare lontano dall' Egitto è per loro la cosa più empia, perché temono la mollezza delle tavole straniere e dei costumi degli altri paesi; questi viaggi sono leciti, dicono, solo a coloro che sono costretti ad espatriare a causa delle necessità del regno. Insistono gran­demente sulla fedeltà agli usi tradizionali: rei della più piccola offesa al riguardo, li si espelle dai templi.

Lo studio sincero della filosofia riguarda principalmente profeti, ie­rostolisti, ierogrammati, nonché orologhi.66 La massa degli altri sacer­doti, pastofori, sacrestani e servitori degli dei pratica gli stessi riti di purificazione, ma non con la stessa precisione e continenza.

Mi si perdonerà di aver citato per intero questo lungo testo: ol­tre a dare i l la per la comprensione di ciò che seguirà, ci immerge nell 'ambiente stesso da cui derivano gli scritti ermetici, composti in Egitto e forse nelle vicinanze dei templi. Anche là bisogna rendersi estranei al mondo, formare piccoli gruppi di uomini puri che rifiu­tano ogni nutrimento animale67, cantare inni agli dei ed evitare le usanze dei non iniziati.

65 Il vocabolo ritorna in Orapollo e nei papiri magici; cfr. LIDDELL-Scorr-JoNES, s. v. Inoltre nella Storia Lausiaca (XXXIII, 1 ), nel senso di "palme".

66 Coloro che dicono l 'ora, cfr. infra, p. 97, n. 54. 67 Pura et sine animalibus cena, Asci. , 4 1 .

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Ma non è solo sulle rive del Nilo che l 'età el lenistica si è di let­tata a scoprire tipi di saggezza conformi al suo ideale. Se si passa dai sacerdoti egizi alle sette religiose della Giudea, della Persia e del l ' India, i l quadro è lo stesso68•

Esseni del Mar Morto e Terapeuti giudei del lago Mareotide sono continenti. Questi si sottraggono dalla voluttà come dal vizio stesso, ritengono come prima virtù padroneggiare i propri desideri e resi­stere alle passioni69• Quelli, "considerando la continenza come una sorta di fondamento per l 'anima, elevano su questa tutto l 'edificio delle virtù"70• Queste due sette ricercano ugualmente la sol itudine. "Gli Esseni formano un popolo solitario, e in tutto l 'universo non c'è nessuno di più sorprendente: non hanno donne, rinunciano a tutti i piaceri della carne, non usano monete, le palme sono i loro uni­ci amici. Contano sempre lo stesso numero, per l ' afflusso di nuovi ospiti, di tutti gli esseri stanchi della vita, che le onde della fortuna portano di qua e di là, fino a quando non adottano questo genere di vita"7 1 • In quanto ai Terapeuti, formano una piccola colonia vicino al lago Mareotide, in un luogo ameno e ben aerato, dove abitano in alcune specie di ville, né troppo vicine l 'una al l 'altra come nelle cit­tà, né troppo lontane, per permetter loro di incontrarsi nei giorni di festa72• In questi dipinti romantici, come si sente bene lo spirito del tempo! Marco Aurelio, anche lui, anela alla solitudine: "Si cercano eremi, campagne, spiagge, montagne: e anche tu ti bei a desidera­re soprattutto simili cose" (IV, 3 , 1 9). L'uomo stanco delle città, i l cittadino disil luso di Roma e di Alessandria si plasma ritiri idill iaci, immagina una sorta di conventi ove, in una vita studiosa e pura, ritroverà la pace.

Simile è la descrizione della vita dei Magi persiani. Erodoto già riferisce (1, 1 3 1 ) che i Magi sal ivano sulle cime più elevate per fare sacrifici al C ielo. Diogene Laerzio (prooem. 6, 7) parla del loro re­gime interamente frugale: "la loro veste è bianca, il loro giaciglio un letto di foglie, il loro cibo verdura, formaggio e pane". Porfirio,

68 Util izzo qui il mio articolo della Rev. Ét. Gr. , L ( 1 937), pp. 476 ss., dove ho mostrato la relazione di questi romanzi con il dipinto, altrettanto favoloso, della vita dei Pitagorici nelle biografie di Pitagora.

69 GIUSEPPE, Beli. Jud., II, 8, 2 ss. 70 FILONE, Vita Contempl. , 4, 34, p. 70. 6 Conybeare (Oxford 1 895). 7 1 PLINIO, N.H., v, 1 7.

72 FILONE, V Cont. , 3, 22-24, p. 58. 2 ss. Conybeare (Oxford 1 895).

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,;econdo Eubulo73, divide i Magi in tre classi (de abst. , IV, 1 6): "La più alta e più saggia non mangia né uccide alcun essere vivente e si attiene all'antico uso del l 'astinenza dalla carne; la seconda si serve della carne, ma non uccide alcun animale domestico; anche la terza non mette mano su tutte le carni, perché uno dei dogmi essenziali tra i Magi è quello della metempsicosi". Inoltre, gli scrittori dell 'epoca imperiale rappresentano Zoroastro come un saggio a lungo votato al silenzio, alla solitudine e alle astinenze74• Uno scoliaste di Platone vuole che Zoroastro abbia praticato il ritiro lontano dagli uomini e l 'astinenza da tutto ciò che ha avuto vita; questo saggio, inoltre, si sarebbe votato al silenzio per sette anni, ed è solo trent'anni dopo che avrebbe cominciato a rivelare al re la summa della filosofia75• Secondo Plinio (N.H , XI, 242) Zoroastro avrebbe vissuto trent'anni in luoghi deserti, nutrendosi solo di un formaggio che non ammuf­fiva mai. Dione Crisostomo (Or. 36, 40) dichiara che, mosso dall'a­more per la saggezza e la giustizia, Zoroastro si ritirò in solitudine su una montagna. Porfirio (de antro nymph. , 5), sempre secondo Eubu­lo, racconta che Zoroastro consacrò al culto, nei monti della Persia, una caverna fiorita dove scorrevano vivaci fonti.

Infine è con le medesime pennellate che si dipingono i Bramani. Abitano un castello incantato al quale nessuno si avvicina se non lo accettano. Ricevono come novizi solo quelli che vanno da loro76 in uno stato di purezza: questi novizi devono essere puri non solo riguardo alla parentela, nel senso che non si abbia da rilevare, fino alla terza generazione, alcun atto disonorevole, né brigantaggio, né dissolutezza, né usura ingiusta, ma anche per quanto riguarda il loro carattere. Li si esamina sulla loro condotta: sono modesti e riservati, o bevitori, ingordi, chiacchieroni, faceti, collerici, pronti all' ingiu­ria? Obbediscono ai loro genitori, ai loro maestri e istitutori, hanno

73 Autore, sotto gli Antonini, di Ricerche su Mithra (ntpi n;ç toù Mi8pa icrtopiaç), cfr. P. W., VI, 878, n o 1 5. Su questo testo, che non si accorda con le fonti mazdee e che è di origine pitagorica (cfr. la metempsicosi, sconosciuta al mazdeismo ), cfr. Mag. hell. , I, p. 28.

74 Su questo ritratto, abbastanza diverso da quello che mostrano le fonti mazdee, cfr. Mag. hell. , l, pp. 25 ss.

75 adAlcib. , 1 22 a, p. 1 00 Greene (Haverford, 1933) e 1 2 1 e (s. v. ÈntÉ'tttç), p. 99 Greene. S i tratta più probabilmente di un silenzio di sette anni, cfr. Mag. hell. , l, p. 27, n. 5.

76 Con un'età di diciotto anni almeno.

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abusato delle attrattive dei loro corpi? Se ne scruta la fisionomia, lo sguardo - perché rivela i sentimenti del l 'anima -, le sopracciglia e le gote e infine tutte le loro predisposizioni naturali77• I l novizio così messo alla prova è chiamato a condividere la vita dei monaci, che è interamente frugale: dormono sul terreno, dove si accontentano di spargere un po' di paglia; portano le chiome lunghe, semplicemente ricoperte da un turbante bianco; incedono a piedi nudi; la loro tunica è fatta della lana che il suolo stesso produce (il cotone), e che è bian­ca come quella delle pecore di Pamfilia, ma più morbida, e stillante un grasso che è simile all 'olio78• A questa descrizione di Filostrato o, se vogliamo, del babilonese Damis, compagno di Apollonia di Tiana - che ci riporterebbe al I secolo della nostra era - corrisponde quella di lppolito79:

Esiste anche tra gli Indiani una setta di filosofi, sono i Bramani, che si propongono un genere di vita in cui si è sufficienti a se stessi. Si astengono da ogni alimento che è stato vivo e che è passato per il fuoco, contentandosi dei frutti degli alberi, eppure non li colgono, ma raccolgono solo ciò che è caduto a terra; bevono l 'acqua dal fiume Tagabena80; li si vede sempre nudi, perché dicono che Dio ha dato il corpo all 'anima come indumento [ . . . ]. Disprezzano la morte. Sono sempre a rendere gloria a Dio, cantandogli degli inni nella loro lingua materna. Non ci sono vicino a loro né donne né bambini. Coloro che des iderano condurre il loro stile di vita, avendo lasciato la regione al di là del fiume (l' Ifasi), vanno a stabilirsi da loro, senza mai tornare nei luoghi da dove erano venuti, e ricevono anch 'essi il nome di Bra­mani. La loro vita non è simile in tutto: infatti ci sono anche donne in questa regione, e di queste donne quelle che abitano là nascono e hanno dei figli8 1 •

Diogene Laerzio, infine, così riassume (prooem. 5 , 6): "Coloro che dichiarano che la filosofia è iniziata con i Barbari [ . . . ] dicono che la filosofia dei Gimnosofisti e dei Druidi consiste in espressioni

77 FJLOSTRATO, V. Apoll. , Il, 30. 78 lvi, III, 1 5 .

79 Refut., l, 24, 1 -4, p. 27. 24 ss. Wendland. 80 Il testo deve essere errato: generalmente si presume che sia il Gange. 8 1 La presentazione di lppolito è piuttosto confusa: sembra distinguere due

classi, come Cheremone, sopra, distingueva due categorie di continenti tra i sacerdoti d'Egitto.

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enigmatiche, che adorano gli dei, non commettono alcuna cattiva azione e praticano la virtù della forza".

6) Questa purezza, questa maestria di sé, questa assiduità nei santi uffici recano la loro ricompensa. In cambio, i Barbari conseguono la conoscenza intima della Divinità: i l loro occhio è puro e vedono Dio. Plutarco insiste su questo punto, all' inizio del suo libro Su lside e Osiride82, che dedica a un iniziato di Iside:

Lo slancio verso la divinità è lo slancio verso la verità, principal­mente verso la verità sugli dei, è un'aspirazione per la quale lo studio e la ricerca sono come la ricezione di oggetti sacri: quest'opera è molto più santa di qualsiasi purificazione rituale o cura della sacrestia, e non è certo la meno cara alla dea che tu onori sopra ogni cosa, che è saggia e amica della saggezza, e il cui nome stesso sembra indicare che il sapere e la scienza ('tò Eiof:vat) le competono più di ogni altra cosa in quanto in greco si chiama Isis83 [ . . . ]. È lei che raccoglie, compone e trasmette la santa parola84 a coloro che sono iniziati all'arte di divenire dei ('wìç 'tEÀ.oUJ.l.ÉVotç 9EHocrEroç), a questa arte che, sopprimendo la lussuria e l 'a­more del piacere con un regime di continua temperanza e l 'astinenza da numerosi alimenti e da piaceri carnali, ci abitua a sopportare nei templi le asprezze e l'austerità del servizio divino, il cui termine è la cono­scenza del Dio Primo, Sovrano Signore, Intelligibile, che la dea esorta a ricercare stando al suo fianco, vivendo con lei, nella sua intimità.

Questo per i devoti di Iside. E Diogene Laerzio dice dei Magi (prooem. , 6, 7): "I Magi si impegnano nel la mantica e nel l 'arte del­le predizioni: sostengono che gli dei stessi gli appaiono; affermano anche che l 'aria è piena di fantasmi, che penetrano, come un vapo­re, negli occhi di coloro la cui vista è pura". È per aver esercitato per lungo tempo l 'ascetismo che Zoroastro riceve, dallo Spirito del Bene, la rivelazione della Sapienza85• Ippolito non è meno formale relativamente ai Bramani86:

Dio, per loro, è Luce, non quella che si vede, né una luce simile al sole e al fuoco, no, Dio è il Verbo, non il verbo articolato, ma quello della Co­noscenza, grazie al quale i segreti misteri della Natura si rendono visibili

82 fs. Os. , 2, p. 35 1 E. 83 �lcnç o Elmç, derivato erroneamente da Eiòévat, cfr. ivi, 60, p. 375 C-D. 84 O "il discorso sacro", iepòç ì..6yoç. 85 Cfr. Mag. he/1. , l, pp. 28-29. 86 Refot., l, 24, 2 e 5-7.

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ai saggi. Questa Luce, quindi, che chiamano Verbo, loro soli, dicono, la conoscono, perché solo loro hanno rifiutato la vana gloria, che è l 'ultima veste de li' anima87 [ • • • ] . Questo Verbo88, cui danno nome Dio, è corporale nel senso che è avvolto da un corpo ali' esterno di se stesso; come se si indossasse una pelle di pecora: ma, quando si è spogliato del corpo che lo avvolge, appare, e gli stessi occhi lo percepiscono. Ora, dicono i Brama­ni, in questo corpo che ci avvolge, regna la guerra: essi sostengono che il corpo è per loro un oggetto da combattere senza sosta, e lottano contro di esso come un esercito schierato in battaglia contro i nemici [ . . . ] . Tutti gli uomini, dicono ancora, sono prigionieri dei propri nemici, che sono an­che i loro genitori ('r&v icSiwv cruyycv&v 7tOÀf:JltffiV ), il ventre, i genitali, la gola, l' ira, la gioia, la tristezza, la lussuria e altre simili, ma solo si appros­sima a Dio colui che ha innalzato il trofeo della vittoria su questi nemici [ . . . ] . Quando i Bramani si sono sbarazzati del corpo, essi vedono il sole, come i pesci che hanno spinto la testa fuori dall'acqua, verso l'aria pura.

Da ciò consegue che i re, secondo la tradizione, prendevano i sag­gi come loro consiglieri. Diane Crisostomo lo osserva, a proposito di Magi e di Bramani89:

È una caratteristica comune alle più potenti popolazioni che, poiché è impossibile essere sempre governati dai filosofi, hanno avuto cura di metterli vicino ai loro re e ai loro principi come tutori: così fecero i Per­siani con coloro che sono chiamati Magi, che possedevano la scienza della Natura e l 'arte di onorare gli dei, e gli Indiani con i Bramani, che sono superiori per la continenza, la giustizia, l 'amicizia che li unisce a Dio, di modo che conoscono meglio le cose future rispetto al resto degli uomini le cose presenti.

Quando si occupa delle leggi di Mosè, Strabone mostra90 che que­ste leggi non provengono dagli uomini, ma da Dio; poiché gli antichi attribuivano più valore alle parole originate dalla divinità, ne con­segue che, nell 'antichità, si ricorreva incessantemente agli oracol i. Strabone lo dimostra con la grande reputazione, in passato, degli oracoli di Dodona e di Delfi, poi aggiunge91 :

87 Vale a dire che l'anima, spogliata di quest'ultima veste, contempla ora senza veli. 88 Si tratta del Verbo interiore, dentro di noi: Dio è al contempo in noi e fuori di noi. 89 Or., 49, 7 (Il, 1 23 - 1 24 Arnim). 90 XVI, 38, p. 1 062. 26 ss. Meineke. 9 1 XVI, 39, p . 1 063. 1 5 ss. Meineke.

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Vero o falso, questo è ahneno ciò che si credeva, ed è per questo che gli indovini godevano di così tanti onori, fino a ritenerli degni del­la regalità, dal momento che, vivi o morti92, ci fanno conoscere i co­mandamenti e le regole di vita degli dei. Tali erano Anfiarao, Trofonio, Orfeo, Museo, e quel dio presso i Geti che un tempo fu Zamolxi, una specie di Pitagorico, e che ora è Deceneo, profeta accanto a Burebista93, altresì presso i Bosforani Acaicaro9\ tra gli Indiani i Gimnosofisti, tra i Persiani i Magi, i negromanti e coloro che praticano la lecanomanzia e l ' idromanzia, tra gli Assiri i Caldei, tra i Romani gli auguri tirreni. E tali erano anche Mosè e i suoi successori.

Infine, è attraverso la loro ascesi e la loro intimità con il divino che i Saggi barbari ottengono queste grazie straordinarie che si ama attribuirgli. I Magi sono dotati, rispetto alle cose della natura, di questo potere soprannaturale che ha fatto sì che il loro stesso nome, cambiando senso, è divenuto sinonimo di "maghi"95 • I Bramani sono soggetti a fenomeni di levitazione. Filostrato, che qui si riferisce esplicitamente a Damis96, riferisce che "i Saggi si elevano al di sopra del suolo fino alla distanza di due cubiti, non per ostentare un'arte miracolosa, perché disdegnano la vanagloria, ma perché tutti i riti che compiono elevandosi così sopra la terra con il Sole, li ritengono graditi a Dio"97• Per quanto riguarda i sacerdoti d'Egitto, ecco un gustoso aneddoto del tempo dei Padri del deserto, ma che è lecito, come molti esempi dimostrano98, considerare come ugualmente va­lido per un periodo precedente:

L' abate Olimpio raccontò: Un sacerdote dei Greci99 discese a Scete, venne nella mia cella e io gli diedi ospitalità. Ora, avendo visto la ma­niera di vivere dai monaci, mi chiese: "Con questo modo di vivere, non ottenete alcuna visione da parte del vostro dio ( oùòf:v 8Eropdn: 1tapà •<P

92 Allusione agli oracoli dati dai morti. 93 Cfr. P.W., s. v. "Decaeneus", IV, 2244. 94 È l 'Assiro Ahiqar, cfr. Rev. Hist. Re/. , CXXV ( 1 942/1 943}, pp. 36-37. 95 Cfr. Mag. he/1. , l , indice, alle parole "Mages" e "Magie". Vedi anche A.D.

NocK ap. F.J. FoAKES hcKsoN-L-\KE, The Beginnings of Christianity, vol. V (Londra 1 933 }, pp. 1 64- 1 88.

96 E anche a un"'omelia" di Apollonia ai saggi del Nilo; FILOSTRATO, V. Apo/1. , III, 1 5.

97 Altro esempio di levitazione, ivi, III, 1 7. 98 Come l' avventura del medico Tessalo, cfr. infra, pp. 77 ss. 99 "Greco" è qui generico per "pagano": si tratta, infatti, di un sacerdote egiziano.

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9EQ:l UJ.lÒ:>v)?" - "No", gli dissi. E lui: "Noi, tuttavia, quando offriamo sacre celebrazioni al nostro dio, egli non ci tiene nascosto nulla, ma ci rivela i suoi misteri. E voi, con tutte le vostre fatiche, le vostre veglie, i vostri esercizi di raccoglimento e di ascesi, mi dici che non avete visio­ni? Certamente, se non avete visioni, è perché avete nel cuore pensieri malvagi che vi separano dal vostro dio, ed è per questo che non vi rivela i suoi misteri" 1 00•

7) Qualunque sia stato il significato di questi dipinti romanzati quando furono innanzitutto foggiati, i l loro significato, per il secolo che ci riguarda, non è dubbio. Sacerdoti d'Egitto e Magi di Caldea sono allora i maestri del l ' intero sapere perché possiedono le due conoscenze essenziali : da una parte sanno come entrare in relazione con i poteri soprannaturali, per evocarli e, se necessario, per costrin­gerli; dall 'altra, conoscono le "catene" misteriose che legano agli astri del cielo e agli spiriti che abitano questi astri tutte le cose di quaggiù, quei generi di "simpatie" che fanno sì che una tale pianta deve essere raccolta solo sotto il patrocinio di una tale stella o di un tal segno dello zodiaco, che una tale pietra non ha efficacia se non si pronuncia su di essa una certa invocazione, e viceversa che tale dio ubbidisce solo se gli si offre tale sacrificio o si riesce ad attirarne l 'essenza e· le "virtù" in una tale immagine che si è preparata. Ecco perché, in un periodo in cui la scienza non è più questione di ricerca metodica e d'osservazione, ma tende a dissolversi in una straordi­naria mistura di rimedi di comare e mistagogia 1 0 1

, si attribuisce un sapere favoloso alle terre classiche del l 'occultismo, l 'Egitto con i suoi templi sotterranei propizi alla stregoneria, la Caldea, terra di astrologi, la Persia, patria dei Magoi magici, infine l ' India, paradiso dei fachiri.

L'India sarà presto dimenticata, separata com'era dall ' Impero dal regno parti co o sasanide, ostile a Roma. Ma, fino alla fine del l ' anti­chità, l 'Egitto e la Ca Idea mantengono la loro splendida reputazione di scuole di saggezza: ogni filosofo, cioè, come ormai lo si intende,

l 00 Apophthegm. Patr. , I, p. 582 Cotelier. Su questo testo, cfr. L 'enfant d 'Agrigen­te (Paris 1 94 1 ), pp. 1 2 1 ss.

l 0 1 Cfr. l'alchimista Zosimo nel III sec., e prima di lui, già, il medico Tessalo nel l, così come tutta quella letteratura apocrifa di botanica astrologica attribuita ai Magi, a Trismegisto, a Salomone, ad Alessandro e a Tolomeo, da cui Plinio ha tratto così tante informazioni nella sua Storia Naturale.

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ogni dottore in scienze occulte, deve esservi andato a farsi le ossa. Darò solo un esempio, molto istruttivo.

Tra la morte di S. Cipriano e il panegirico di questo martire di S. Gregorio Nazianzeno, ossia tra il 258 e i l 379, s' innestò nella memo­ria del vescovo di Cartagine un' insolita letteratura. Cipriano era sta­to un famoso retore, esperto in tutte le scienze profane; le opere che compose dopo la sua conversione testimoniano l 'eccellenza del suo spirito: cuius ingenii superfluum est indicem texere, cum sole cla­riora sint eius opera, dice S. Girolamo (de vir. il!. , 67), riassumendo l'opinione comune. Già nella sua vita, o subito dopo la sua morte, la fama di C ipriano aveva conquistato la parte greca dell' Impero. Ma allora, poiché Cipriano era stato così dotto, si poteva rappresentarlo diversamente dai l ineamenti del filosofo che ali' epoca s' inunagina­va? Così nacque, dalla fantasia popolare, i l romanzo di Cipriano i l Mago, che finì per appiccicarsi così bene alla storia che ai tempi di Gregorio Nazianzeno non si riesce più a distinguere l 'uno dall 'altra. Ed è una delle grandi ironie delle cose di quaggiù che questo roman­zo conobbe una fortuna molto più brillante della realtà, comunque così bella: la leggenda di Cipriano i l Mago attraverserà i secoli; ab­bellendosi mano a mano, arricchendosi di nuovi dettagli, fissandosi per sempre nel Faust di Goethe1 02 •

Fin dalla sua più tenera infanzia, i genitori di Cipriano vollero che fosse istruito di tutto ciò che c'è nella terra, nell 'aria e nel mare, e conoscesse non solamente ciò che concerne la generazione e la corruzione naturali delle erbe, delle piante e dei corpi, ma anche tutte le "virtù" di cui il principe di questo secolo (il demonio) le ha riempite. Da piccolo, è quindi consacrato ad Apollo e "iniziato alla drammaturgia del serpente" 103, nel suo settimo anno è iniziato a Mi-

l 02 Su Cipriano di Antiochia e i documenti recentemente pubblicati relativi alla sua leggenda, cfr. l'Appendice I I . Riassumo dal testo greco della Confessio Cypriani edita da Maranus nelle Cypriani opera di Baluze (ed. di Venezia 1 758, col. 1 106 ss.).

l 03 L'interesse di questo debutto (col. I l 06-7) per la storia religiosa del III sec. è già stato notato da L. PRELLER, Philo/ogus, l ( 1 846), pp. 349-35 1 (devo questo riferimento a F. Chapouthier). Egli interpreta JlUrt8EÌç l:n v�moç n'tv toù opétt<OVtoç lìpaJlatepyiav ( I l 06. 1 2), in relazione al culto di Apollo, come un'allusione alla cerimonia dello Steptérion a Delfi (Plutarco, Qu. gr. 1 2. p. 293 C): "der Ausdruck JlUrtS�vat darf nicht auffallen, da in dieser Zeit ziemlich alle Feste zu Mysterien, d.h. zu symbolischen Darstellungen eines abstracten Sinnes geworden waren". Accettata da Th. Schreiber, Apollon

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thra, nel decimo a Demetra e Core come pure al serpente di Pallade sul l'Acropoli. A quindici anni trascorre quaranta giorni sull 'Olimpo, dove, sotto la direzione di sette ierofanti 1 04, assiste a ogni sorta di diavoleria. Prende quindi parte ai misteri di Era di Argo dove "è iniziato ai disegni d eli 'unità che fanno tra loro l'aria e l 'etere, l 'etere e l 'aria, la terra e l 'acqua, l 'acqua e l 'aria". Da lì va in Elide105, poi a Sparta, dove viene iniziato ai misteri de l i ' Artemide Tauropola, "per conoscere la mescolanza e la divisione della materia e le sublimità delle dottrine ambigue e selvagge", poi in Frigia ove apprende la mantica e l 'epatoscopia, infine presso i Barbari (?) dove gli si inse­gna ogni specie di divinazione: "e non c'era niente nella terra, nel mare o nell 'aria che io non conoscessi, né fantasma, né oggetto di gnosi, né artificio di alcun tipo, e conoscevo perfino l 'arte di cam-

Pythoktonos (Leipzig 1 879), p. 66 n. 44, questa esegesi è respinta da P. Nils­son, Griechische Feste (Leipzig 1 906), p. 1 52, n. 2: "Die Stelle ist so allge­mein gehalten und stammt aus so spater Zeit, in der in die Mysterien allerlei Neuerungen eingefl.ihrt wurden, dass sie besser unberilcksichtigt bleibt; we­nigstens lasst sie sich fllr eine dramatische Darstellung des Drachenkampfes bei dem Stepterion nicht verwerten". - Per À.EUKÒV név9oç ( I l 06. 1 8), Preller propone 'EM:ucrivtov o 'EM:ucrìvt, per �xouç ÒJltÀ.uòv ( I l 06. 23 ), �xouç ÒJltÀ.iav (in questo caso è necessario �xoùç) - Preller richiama le �tòç ÒJl<pai -, per 'lì..uiòt ( 1 1 07. 1 4), "Hì..tòt (bene, cfr. qui, n. 1 05).

l 04 Il testo è qui molto oscuro. Per i sette ierofanti (unò nòv Èntà iEpo<pavrò:Jv I l 07.2), cfr. i septem pii sacerdotes della volta dei mystes di Sabazio vicino alla catacomba di Pretestato (vedi in ultimo, Cu�JONT, Recherches sur le sym­bolisme funéraire des Romains, p. 41 8). - Ècrt!OUJlTJV àKpòòpua jlÒVov J.!Età òUcrtv �À.iou ( I l 06 d.l .) è una caratteristica pitagorica, cfr. GIA�fBLJco, v. pyth. 3 ( 1 6- 1 7), p. 1 2. l ss. Deubner, e, su questo digiuno, REITZENSTEIN, Hist. Mon. , pp. 92-95 (la leggenda del digiuno sulla barca ha la sua esatta controparte negli Acta Petri, 5, p. 50. 8 Lipsius: è un "motivo" letterario). Per J.!Età òUcrtv �À.iou, cfr. FILONE, v. cont. , 4, 34-35 p. 7 1 . 2 Conybeare: crttiov ÒÈ iì noròv ouòdç tìv aurò:Jv npocrEVÈyKatto npò llÀ.tou òUcrEffiç, E7tEtÒ� rò JlÈV <ptÀ.ocro<pEìv lil;tov <pffitòç Kpivoucrtv dvm, crK6touç ÒÈ ràç roù cr<ÙJlawç àvayKaç.

l 05 Correggi ÉV rft 'lì..uiòt in Èv tft "Hì..tòt, cfr. EuoocL-1., Il 58 "Hì..tòoç liXPt ò' E�TJV. Per il copto, cfr. BIL-I.BEL (vedi App. Il, in.fra, p. 436 n. 4), p. 209 ad fol. 55 r0 18 (Stesso errore "lì..toç per 'Hì..Eìoç in DIODORO SICULO, 26. 4 , a proposito di Sòsilo, cfr. W!LA�IOWITZ, Helle.'listische Dichtung, 1, p. 44 n. l ). "Artemide Tauropola" si adatta a Sparta, dove il culto locale d'Artemide Orthia si assi­milò, in epoca tarda, alla leggenda taurica, cfr. PAUSANIA, Il i , 1 6, 7 (l, p. 704. 8 Hitzig): rò 1;6avov (deli'Orthia) ÒÈ ÈKEìvo dvm À.Èyoucrtv 5 notE 'OpécrtTJç KUÌ 'l <ptyÈVEta EK lfjç TauptKiiç ÈKKÀ.È7ttoucrtv eç ÒÈ n')v cr<pEtÉpav AaKEÒatJlÒVtot KOJltcr9iivai <pacrtv 'Opécrmu KUÌ évtaù9a �acrtM:uovroç, e P. W., I l 1 400. 63 (Artemide Tauponòì..oç).

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hiare, con i m iei sortilegi, le scritture1 06 e tutte le meraviglie della medesima natura".

Tuttavia, non è che un preludio. Cipriano, in verità, non ha ancora uppreso nulla. Per detenere la chiave dei misteri, deve, a venti anni, undare in Egitto. Si reca quindi a Memphis e là, nei templi sotter­ranei, impara a conoscere le comunicazioni dei demoni con le cose terrene, quali sono i luoghi che aborrono, quali astri, quali legami magici e quali oggetti gli piacciono, con quali mezzi li si scaccia, in che modo abitano le tenebre, quale resistenza oppongono in cer­t i ambiti, in quale modo all 'opposto pervengono nelle anime e nei corpi che hanno comunicazione con loro, e quali effetti ottengono con questi strumenti, effetti di conoscenza superiore, di memoria, di terrore, d'i l lusione, di movimento senza che alcuna parola sia stata detta, di malie che turbano la folla. Scopre la somiglianza tra scosse sismiche e pioggia, l 'arte di produrre sommovimenti terrestri e ci­cloni. Capisce le relazioni dei demoni con i giuramenti, degli spiriti dell 'aria con gli uomini107• Giunge persino in un santuario dove i demoni producono le forme illusorie che ci raggirano, queste tre­centosessanta passioni che sono altrettante figure di cui demoni si rivestono per indurci al male, rappresentati parati di ornamenti, ma senza sostanza 1 08•

All 'età di trent'anni, quindi dopo un soggiorno di dieci anni in Egitto, passa in Caldea dove penetra in particolare i segreti del l 'a­strologia, tutti i misteri dell 'etere che alcuni fanno risalire al fuoco, altri, i più provetti, alla luce. Impara a distinguere gli astri come si fa con le piante, le loro evoluzioni corali, le loro lotte reciproche, la dimora ( oTKoc;) di ciascuno di essi e la catena che l i collega quaggiù con tale cibo, tale bevanda, tale unione carnale, la divisione del l 'ete­re in trecentosessantacinque sezioni ciascuna delle quali obbedisce a un demone che può essere conciliato con parole efficaci nei sacrifici e nelle libagioni. Conosce i mediatori 109, ed è stupito (tçenÀétyflv) dalla forza dei giuramenti che l i legano.

l 06 Non sono troppo sicuro del significato: liXPt Tiiç -r&v ypa<p&v J.lEm<popàç J.layyavtKiiç, col. I l 07 me d. : forse un inchiostro invisibile che si fa apparire.

1 07 Col. l 1 07 fin. 1 08 Col. 1 1 10. l 09 Cioè gli spiriti intermediari tra i l cielo e la terra.

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Solo allora, dopo aver completato le sue scuole, si sente maestro in tutte le scienze. S 'installa quindi ad Antiochia dove, dopo varie avventure, finisce per convertirsi 1 10 •

Verso i l I secolo avanti la nostra era, un Ebreo alessandrino attri­buì a Salomone questo l inguaggio1 1 1 :

È Dio stesso che mi ha dato la vera scienza degli esseri, per conoscere la struttura del mondo e l' influsso degli astri 1 1 2, il principio, la fine e il mezzo dei tempi, i ritorni periodici del sole e i cambiamenti delle sta­gioni, il ciclo degli anni e le posizioni delle stelle, le nature degli anima­li e gli istinti delle bestie, i vincoli che esercitano gli spiriti 1 1 3 e i pensieri segreti degli uomini, le differenze delle piante e le virtù (8uvéq.tEtç) delle radici, tutto ciò che è nascosto, tutto ciò che si manifesta, ho appreso: perché la Sapienza, fattrice di tutte le cose, me l'ha insegnato.

Ecco i l programma della filosofia e della scienza come lo s ' in­tende allora: questo mondo intero, pieno di meravigliose corrispon­denze, occorre, per penetrarlo, una grazia divina o i soccorsi della magia. Molti secoli dopo l'autore della Sapienza, il Dottor Faust, attorniato da grimori, da segni cabalistici e da storte, non si fa della scienza un' idea differente:

I l O Il brano è nettamente diviso in quattro parti: ( l ) conoscenza dei misteri greci, interpretati secondo il metodo allegorico, cfr. Giamblico, Pro::lo, Giuliano, Sallustio, in particolare SALLUSTIO, IV con le note di Nock, pp. XLV-Lv; (2) co­noscenza della manti ca (inc. Kaì TÙ KaTÙ <T�v> JlnVnKJÌv, col. 1 1 07. 1 7) che l 'eroe acquisisce presso i Frigi (epatoscopia) e tra i Barbari (Kaì €v �ap�apotç oiwvtcr)l6v): non sarà l 'arte augurale degli Etruschi? Tutto i l passo è difficile, ma curioso e necessiterebbe di un approfondito commentario; (3) conoscen­za della magia, in Egitto; (4) conoscenza del l 'astrologia, naturalmente tra i "Caldei". Si ha la nettissima impressione che l 'autore abbia raccolto qui le principali scienze occulte del l 'antichità e che la persona stessa di Cipriano sia solo un pretesto per portare questa presentazione: Cipriano è il pagano tipico, colui che ha conosciuto e praticato tutte le arti del demonio, dunque la conversione di costui deve avere la maggior gloria. Sono incline a pensare che la Confessione, il cui stile gonfio risente fortemente della retorica contempo­ranea, sia stata composta dopo la Conversione, che, almeno nella recensione I di Radermacher (cod. P), è di una forma molto più ingenua e semplice. Si è voluto dar corpo alla leggenda e si sono impiegate tutte le risorse de li "'erudi­zione" e dell '"arte".

I l i Sap. , VII, 1 7-22. 1 1 2 0: "le proprietà degl i elementi", ÈvÉpyEtav crTOtXEiwv. 1 1 3 Gli spiriti nel senso concreto, i 1tVEUJlaTa dell 'aria che influenzano gli uomini

e di cui si può, con la magia, captare la potenza.

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l profeti del! 'Oriente

Drum hab ich mich der Magie ergeben, Ob mir durch Geistes Kraft und Mund Nicht manch Geheimnis wurde Kund [ . . . ] DajJ ich erkenne, was die Welt Im Innersten zusammenhalt, Schau alle Wirkenskraft und Samen Und tu nicht mehr in Worten kramen.

6 1

È in questa corrente millenaria che prende posto i l movimento spirituale che, nel II secolo, assicura la voga d eli 'Oriente. Curiosa ed appassionante epoca! Il mondo appare tutto greco. I monumenti concepiti secondo gli ordini greci coprono le città de li ' Impero. In queste città, maestri greci o, almeno, formati alle scienze greche, istruiscono i bambini. È !"'enciclopedia" dei Greci che fa l 'uo­mo civilizzato : chiunque vuole distinguersi deve essere passato attraverso questo ciclo, Luciano di Samosata come Apuleio di Ma­daura, Galeno di Pergamo come C lemente Alessandrino. Eppure, come è fragile questa vernice! Ragione, dialettica, umanesimo si incrinano da ogni parte. Al di sotto, abbracciati in un grande turbi­nio, ecco tutte le forze irrazionali che si agitano, tutti questi spiriti, questi vapori che convoca l 'arte del profeta e del mago, del l 'al­chimista, del negromante. Si vogliono verità sconosciute, forme di vita nuova. È il momento della gnosi, e delle apocalissi, e degli oracol i confezionati.

Ma gnosi, apocalissi, oracoli non avranno prezzo, salvo che non vengano dal l 'Oriente. La rivelazione di Elchasal, portata circa nel 200 a Roma da Alcibiade di Apamea, si dà un'origine partica. De­gli oracoli Caldaici il titolo stesso indica la patria1 1 4; e la Sibilla, anch'ella, è nata in Anatolia; è lo spirito profetico del Levante che si esprime nei Sibyllina, ragion per cui i falsari giudei hanno potuto così facilmente captare, questa fonte di i spirazione1 1 5 • Infine, per non dir nulla delle Apocalissi giudaiche (Enoch, Mosè, Baruch, Salorno-

1 1 4 Creati nel II secolo, forse da un certo Giuliano il Caldeo. Cfr. principalmente KROLL, De Oraculis Chaidaicis, Breslau 1 894. Pletone li attribuiva a Zoroa­stro, cfr. Mag. hell. , l, pp. 1 58- 1 63 .

1 1 5 Una gran parte degli Oracula Siby/lina è del I I sec. Cfr. L-\GRANGE, Le Ju­daisme av. J -C. , 1 93 1 , pp. 503 ss.

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ne), cosa non è l ' immensa voga della letteratura attribuita ai Magi, Istaspe, Ostane, Zoroastro, Damigerone 1 16!

Composti intorno alla nostra era, gli Oracoli (xpftm:tç) di Istaspe sono, dai tempi di Augusto, così diffusi che il governo se ne preoc­cupa e li condanna: non annunciavano forse la distruzione del l 'Im­pero, preludio di quella dell 'universo 1 1 7? In ogni caso, nel II secolo, hanno valore d'autorità. S. Giustino e Clemente Alessandrino danno a essi tanto peso quanto alla Sibilla. In un discorso che Clemente fa pronunciare a S. Paolo davanti ai pagani e dove l 'Apostolo l i implo­ra di riconoscere il vero Dio1 1 8 : "Prendete", dice, "i libri dei Greci, vedete come la Sibilla rivela un Dio unico e predice gli avvenimenti futuri; prendete e leggete Istaspe"1 19.

Ostane non ha meno fama1 20. La tradizione voleva che questo mago avesse accompagnato Serse nella sua spedizione in Grecia: di fatto, gli si attribuivano soprattutto l ibri di magia. Bolo di Mende, nel III secolo a.C ., ha dovuto consultare già un apocrifo di Ostane sui vari tipi di magia e di divinazione (negromanzia, idromanzia, ecc.) nonché sulle proprietà medicinali di animali, di piante e di pietre 1 2 1 ; Plinio vi fa riferimento. Filone di B iblo d'altra parte menziona un Oktateuchos, gli alchimisti greci una 1tpay11an:ia di Ostane 122 e una lettera dello stesso a Petasio sul l 'arte sacra e divina dell 'alchimia123•

Ma il mago più celebre è Zoroastro, sotto i l cui nome, sin dal periodo alessandrino, circola un'abbondante letteratura sacra, "fi­sica" 124 e magica. Secondo i l peripatetico Ermippo, discepolo di Callimaco, autore di un trattato Sui Magi, vi sarebbe stata, intorno all'anno 200 a.C., nella bibl ioteca di Alessandria, una quantità di

1 1 6 L'opera fondamentale, già spesso citata, è BmEz-Cu�IONT, Les Mages helléni­sés, Paris 1 93 8 (1, Introduzione; Il, Testi).

1 1 7 Sugli Oracoli (o l 'Apocalisse) d' lstaspe, cfr. Mag. hell. , l, pp. 21 5-223; II, pp. 359-377.

1 1 8 Strom., VI, 5, 43, l = Mag. hell. , fr. 8, Il , p. 362. 1 1 9 Clemente leggeva probabilmente un testo "in cui l 'apocalisse mazdea aveva

ricevuto delle interpolazioni cristiane", Mag. hell. , Il , p. 362. 120 Cfr. Mag. hell. , l, pp. 1 67-2 1 0; II, pp. 257-356. 1 2 1 lvi, l, p. 1 73. 1 22 lvi , Il, p . 33 1 . 2 1 . 123 lvi, l, pp. 208-2 1 O; Il, pp. 334 ss. 124 Nel senso in cui la s'intende allora: scienza delle corrispondenze, delle "sim­

patie". Su tale letteratura, cfr. Mag. hell. , l, p. 85- 1 57; Il, pp. 7-26 1 .

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opere attribuite a Zoroastro per un totale di due milioni di righe 125• ln particolare, tutto ciò che concerneva la magia persiana doveva portare il nome di Zoroastro. Dione Crisostomo di lui conosceva de­gli inni pertinenti ai misteri 1 26, Nicola di Damasco degli Oracoli 1 27, Filone di B iblo una "Raccolta Sacra"1 28, C lemente Alessandrino un trattato Della Natura in quattro l ibri 129 che si diffondeva lungamen­te, sembra, sulle virtù magiche dei semplici130, Pl inio il Vecchio un Lapidario1 3 1 ; inoltre, dal l 'età ellenistica, di Zoroastro si c itavano dei l ibri di astrologia (Apotelesmatica), di magia e di alchimiam. Nel III secolo ancora della nostra era, Porfirio identificava dei falsi che, questa volta, appartenevano al genere delle Apocal issi.

Ci furono, dice, al tempo di Platino numerosi cristiani, tra gli altri Adelfia e Aquilino, fondatori di una setta che si era separata dalla filo­sofia antica: possedevano una massa di scritti di Alessandro il Libico, di Filocomo, di Demostrato e di Lido13l, e, facendo sfoggio di apo­calissi di Zoroastro, di Zostriano, di Nicoteo, di Allogeno, di Meso e di altri simili, ingannavano molte persone pur lasciandosi essi stessi ingannare, loro che immaginavano che Platone non fosse penetrato sino in fondo ali' essenza intelligibile [ . . . ] Amelio scrisse una quarantina di libri contro il libro di Zostriano. Io invece rivolsi parecchie critiche al libro di Zoroastro, dimostrai che era un apocrifo recente, fabbricato dai fondatori della setta per far credere che i dogmi che volevano sostenere fossero quelli dell ' antico Zoroastro 1 34•

Queste critiche non impedivano di vedere in Zoroastro una delle principali autorità per tutto ciò che riguardava le cose del l 'anima e le vie della salvezza. L'alchimista Zosimo, che probabilmente visse nel III secolo, fa di Zoroastro e di Ermete i protagonisti di due me­todi differenti per essere salvati. Uno, quello di Ermete, attiene alla

1 25 Ossia ottocento rotoli da duemilacinquecento righe ciascuno, stima moderata, cfr. Mag. he/1. , l, p. 87.

1 26 c'm6pprrrot rEM:tai: fr. O 8, Il, p. 1 42 B.-C. 1 27 A6yta, fr. 09, II, p. 8 1 . 1 28 'IEpà cruvayroyij, fr. O I l , Il , p. 1 57. 129 fr. O 1 2, I l , p. 1 58. 1 30 Mag. he/1. , I, pp. 1 16 ss. 1 3 1 lvi, I, pp. 1 28- 1 30. 1 32 lvi, I , pp. 1 3 1 - 1 52. 1 33 O "Demo strato di Li dia" se si corregge �T)f.LOcnpénou Kaì. Auooù in �- roù A. 1 34 PoRFIRJo, V Plot. , c. 1 6. Cfr. Mag. he/1. , l , pp. 1 54- 1 57; Il, pp. 249-250.

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saggezza: se l 'anima, originariamente pura, si è purificata quaggiù da ogni passione carnale che avrebbe potuto legarla al corpo, ritorna dopo la morte al suo luogo nonnale, al Padre. L'altra si rivolge ai riti della magia: è sufficiente che l 'anima conosca questi riti e gli incantesimi che costringono le potenze celesti per assicurarsi, dopo la morte, una facile risalita.

Ermete e Zoroastro hanno detto che la genia dei filosofi era al di sopra della Fatalità, dal momento che né si rallegrano della felicità che porta ­essi dominano le voluttà, anzi -, né sono colpiti dai mali che essa man­da se è vero che aspirano alla fine di tutti i loro mali, né accettano i bei doni che dà poiché trascorrono tutta la loro vita nell ' immaterialità [ . . . ] Zoroastro dichiara, non senza pretenziosità, che grazie alla conoscenza di tutti gli esseri superiori e alla virtù magica dei suoni corporei, sono rimossi da loro stessi tutti i mali della Fatalità, quelli particolari come quelli universali. Ermete, al contrario, nel suo trattato Del! 'Immateriali­tà, attacca la magia stessa, perché dice che non è necessario che l'uomo spirituale, colui che si riconosce di per sé, corregga alcunché per magia, anche se la giudica buona, né che faccia violenza alla Necessità, ma che la lasci agire secondo la sua natura e la sua scelta; che egli progredisca con la sola ricerca di se stesso, si attenga saldamente, nella conoscenza di Dio, alla Triade ineffabile, e lasci la Fatalità trattare a suo piacimento questo fango che le appartiene, ovvero il corpo. Grazie a una tale co­noscenza e condotta, tu vedrai, dice (Ermete), il figlio di Dio divenire ogni cosa a favore delle anime pie, per trarre l 'anima dalla regione della Fatalità ed elevarla all ' incorporeo135•

1 35 A/eh. gr. , 229. 1 6 ss. = Mag. hell. , Il, p. 243. Cfr. i l mio articolo in Mémorial Lagrange, Paris 1 940, pp. 1 25- 126, e infra, pp. 3 1 1 -3 1 2.

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CAPITOLO III

LA VISIONE DI DIO

Giustino, per vedere Dio faccia a faccia, si rifugia in un luo­go solitario, su un greto ' . È un'altra caratteristica del l 'epoca. La ricerca di Dio e il gusto del deserto creano un'al leanza naturale. Lo constatavamo poc'anzi nel caso delle confraternite, in cui ci si proponeva di condurre la vita filosofica2, ma ancora non era un ritiro del tutto perfetto poiché vi si viveva in società. Altri prefe­riscono essere soli . Già nel paganesimo, ecco che appare la figura del monaco, del l 'eremita, di colui che vuole essere "solo a solo" con Dio, !J.6voç 1tpòç !J.6vov. Il l inguaggio del tempo esprime que­sto sentimento nuovo. Le formazioni su !J.Ovoç "solo" si moltipli­cano: !J.6vomcrtç "solitudine", !J.OVCÙTT]ç o !J.OVffiTtKòç pioç "vita so­litaria", !J.Ovayptov "landa deserta", !J.Ovaçew "vivere da sol itario", !J.OVacr!J.6ç "stato del solitario", infine !J.OVacrTfJptov che, letteral­mente, designa la cella di chi si vota alla vita solitaria: tutti questi termini sono nati al di fuori del cristianesimo3, prima dei Padri del deserto. Allo stesso modo s ' insiste al lora sul l 'ÈpT]!J.ta, "il deserto", che, nel sentimento del tempo, sembra il solo luogo propizio alla tranquillità del l 'anima (iJPTJ!lia); si aspira al deserto per nostalgia della pace: le due idee sono connesse e le parole stesse associate, o addirittura, in alcuni manoscritti, confuse4•

l Dia/. c. Tryph., III, l : cfr. supra, p. 29. 2 Cfr. supra, pp. 49 ss. e TERTULLIANO, Apol. , 42, l : neque enim Brachmanae aut

Indorum Gymnosophistae sumus, silvico/ae et exules vitae. 3 Per esempio in Filone (soprattutto V. Cont. ) : cfr. l ' indice di Leisegang, Giam­

blico (de v. pyth. ). 4 Così FILONE, V. Cont. , 2, 20, p. 53 . 1 Conybeare: "trascorrono il loro tempo in

giardini o lande deserte (�J.ovaypiotç) perché ricercano la solitudine", EPTJIJ.iav IJ.EtaotroKov-rtç: sic codd., v. lat., mentre v. Armen. traduce JÌPTJIJ.iav.

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L'abitante del deserto, l 'eremita (ÈPTH.JÙT]<;) diventa un tipo popo­lare nella letteratura greco-romana. Plutarco5 racconta la storia di un Barbaro che conduceva la vita eremitica sulle rive del Mar Eritreo. Aveva rapporti con gli uomini soltanto una volta all 'anno, avendo solo, per il resto del tempo, come unica compagnia ninfe erranti e genì. Era il più bello degli uomini; nessuna malattia lo attaccava mai; si nutriva solo una volta al mese, del l 'amaro frutto di una pianta medicinale. Conosceva molte lingue, tra le altre il dialetto dorico, e le sue parole prendevano naturalmente la forma di un poema: mentre parlava, un odore dolcissimo, emanato dal suo alito, riempiva il luo­go. Un giorno all 'anno, trasportato da un furore divino, vaticinava sulla riva del mare, e principi e dignitari di Re venivano ad ascoltar­lo. Da parte sua, Luciano6 immagina di aver incontrato un ierogram­mata di Memphis, mirabilmente versato nella saggezza, istruito in tutta la scienza degli Egiziani. Aveva dimorato ventitré anni in un tempio sotterraneo dove Iside in persona gli aveva insegnato l 'arte dei magi. Si chiamava Pancrate. Aveva la testa completamente ra­sata7, il naso camuso, le labbra sporgenti, la statura alta, le gambe piuttosto sottili, e parlava il greco con un po' di accento. Compiva molti prodigi e, per esempio, cavalcava i coccodril l i e nuotava con loro, questi mostri tremando davanti a lui o agitando la coda: solo a questo spettacolo, si riconosceva in lui un uomo di Dio.

La maggior parte di queste leggende ci conducono in Egitto. L'E­gitto, paese del deserto e del le Siringhe, doveva essere proprio il paradiso degli eremiti. Vi si faceva pellegrinaggio fino a quei templi di un'era favolosa che si stagliavano lontano dalle città, avvolti nella sol itudine e nel si lenzio, abitati solamente da un esiguo numero di sacerdoti e dalla maestà di Dio. A volte vi si assaporava già la poesia delle rovine. Erano luoghi pieni di malinconia in cui si aveva l ' im­pressione di toccare più immediatamente le cose divine. Penetrati da questo sentimento, ci si addormentava, la sera, sul sagrato o nelle grotte. Il dio, allora, veniva in sogno e dava i suoi oracol i .

Nei primi due secoli della nostra era, uno di questi templi, a Tal­mis, in Nubia (oggi Kalabsha), ricevé al lora numerose visite di turi-

5 De defectu orac. , 2 1 , p. 42 1 F. 6 Philopseudes, 34. 7 Come i sacerdoti d'Egitto.

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sti e di pellegrini8• Vi si adorava un dio indigeno che i Greci chiama­vano Mandulis e che assimilavano a Horus, figlio di Iside, o al Sole, o anche al figlio di Latona, Apollo. Non vi era là né città né villag­gio: solo qualche prete e, nei dintorni, una guarnigione romana che vegliava su questa frontiera. Il nuovo tempio, iniziato sotto Augusto, non era stato completato che alla fine del I secolo, sotto Vespasiano: attirava allora per il doppio prestigio di uno splendore recentissimo in un paesaggio vuoto. Secondo un'antica usanza, particolarmen­te frequente in Egitto, i soldati romani della guarnigione vicina e i pellegrini venuti da ogni paese incidevano o dipingevano sulle pa­reti esterne del tempio, con l 'approvazione dei sacerdoti, formule di adorazione (proskYnemes) nelle quali domandavano a Mandulis di proteggere loro e le loro famiglie. Un tale Erode, che identifica Mandulis con Horus "che ha fatto conoscere ai mortali il frutto della terra (il grano)", supplica il dio di riportarlo sano e salvo nella sua patria, libero da tutte le malattie e dai presagi infausti, poi aggiunge: "Te in persona, Re, voglio farti vedere al di fuori del tuo santuario e rivelare agli uomini i segni del tuo potere9, affinché apprendano ciò che deve accadergli"10• Un altro, per il quale Mandulis è Apollo e che lo chiama, a quanto pare, "guardiano degli abiti della regina Iside vestita di nero" 1 1 , enuncia così la sua preghiera: "Avendo visto con i miei occhi dove dimori e avendoti adorato, o dio che ci guidi, grande fu la mia gioia allorché percepii la tua scienza oracolare e per come ti prendi cura degli uomini, quando lo vuoi. Abbi pietà di me, Mandulis, figlio di Zeus; sii favorevole! Salvami, salva la mia saggia sposa, i miei bravi figli [ . . . ] . Poiché proclamerò nella mia patria la narrazione dei tuoi oracoli, o profeta !" 1 2 • Una terza iscrizione, quella di Sansnos, offre un'altra caratteristica: vi sono massime religiose alla maniera degli scribi d'Egitto e come la tradizione voleva che ne

8 Sul tempio di Talmis e il dio Mandulis, vedi soprattutto A.D. NocK, A Vision of Mandulis Aion in Harv. Theol. Rev. , XXVII ( 1 934), pp. 53 ss.

9 criu.w:ra: nell 'ultimo testo (infra, p. 70 n. 3 1 ), abbiamo crru.tia crou. 1 0 Cfr. Bui/. Corr. Hell. , 1 894, pp. 1 5 1 - 1 52; Rev. Ét. Gr., 1 894, pp. 29 1 -292. I l Leggerei volentieri ò tiit J.lEÀ.avocrròÀ.Cùt pacrlÀ.icrcrTJt "lcrEtOt EiJ.la[ -roqn)À.al;] alla

linea 3: "tJÌV J.lEÀ.avòcrroÀ.Ov lap. Le immagini vestite di nero di Iside sono men­zionate da PLUTARCO, fs. Os. , 52.

1 2 Cfr. Rev. Ét. Gr., 1 894, pp. 292-294 (già C/G 5039, Kaibel 1 023). Vedi anche Bui/. Corr. Hell., 1 894, p. 1 52.

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fossero incise anche all ' ingresso del tempio di Delfi 1 3 : "Riverisci la divinità. Sacrifica a tutti gli dei . Fa' un pellegrinaggio in ogni tempio per lì adorare. Onora in particolare gli dei tradizionali, soprattutto Iside e Serapide, i più grandi degli dei, Salvatori, Buoni, Favorevoli, Benefattori"14• Ma due di questi testi, tracciati in lettere rosse sul portico meridionale, ci interessano particolarmente, perché riporta­no delle visioni.

Uno è un inno acrostico del decurione Massimo15• Comprende trentaquattro versi, i primi ventitré in sotadei regolari; due (24 e 27) in pentametri, il resto in esametri. Ogni verso di solito forma di per sé una proposizione completa, e queste frasi sono semplicemente giustapposte in una lunga serie di sentenze parallele, senza connes­sione. Lo stile è anfigurico e oscuro. Se mi azzardo, dopo altri, a tradurre questo monumento, è perché, nonostante la sua mediocrità poetica, conserva per noi un singolare valore come testimonianza sulla religione del! ' epoca:

Quando fui venuto a contemplare questo benedetto soggiorno di tranquillità,

a lasciare libero corso n eli' aria ali' ispirazione che la mia anima desidera, mentre intorno al mio spirito, da tutte le parti, ronzava una vita estranea, poiché la mia coscienza non aveva da rimproverarmi alcun vizio, allora un istinto mi spinse a coltivare il mistico lavoro 16: improvvisamente capace, composi un canto dai metri varì 1 7, avendo ricevuto dagli dei il nobile dono di un pensiero incantevole. Quando fu ovvio che la Musa mi rendeva gradito agli dei, sventolai, come un mazzo di tenera erba, il mio canto di festa 18• E allora una grotta per dormire19 mi sollecitò a scendervi, benché temessi un po' di abbandonarmi alle visioni del sogno;

1 3 l ÒEÀ.IjltKà napayyÉÀilara: cfr. ldéal re/. des Grecs, pp. 20 ss. 14 WILCKEN, Chrest., n° 1 1 6. 1 5 M.\NTEUFFEL, de opuscu/is graecis .!Egypti . . . co/lectis, p. 1 98. Vedi anche Bui!.

Corr. He/1. , 1 894, pp. 149- 1 5 1 , 1 54- 1 57 (Mahaffy-Bury), Rev. Ét. Gr., 1 894, pp. 284-29 1 (Sayce-Weil; traduzione di W e il, pp. 289-291 ), Philol. 54 ( 1 895), pp. I l ss. (Rohde).

16 Vale a dire che si sente ispirato a comporre un poema. 1 7 Al lusione alla diversità dei metri. O notKiÀ.ov : "complesso, sottile", con allu­

sione all'acrostico. 1 8 Testo e senso incerti. 1 9 u7tVou lluxoç: nei templi d'Egitto vi erano camere sotterranee, gli autori ne

fanno spesso menzione.

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e il sonno, avendomi colto, mi trasportò rapidamente in un paese che mi è caro.

Infatti mi sembrava, nella corrente del fiume, bagnare il mio corpo, che le possenti acque del dolce N ilo accarezzavano deliziosamente. E credevo di sentire anche Calliopeia, augusta tra le Muse, di concerto con tutte le Ninfe, tra queste, cantare un canto di festa. Pensando che fosse un modesto pezzo ereditato dalla Grecia, trassi dalla mia abile anima i pensieri ispirati qui scritti ; e, come un uomo che scuote le sue membra all'unisono dei movi­

menti della bacchetta20, chiesi il permesso21 di incidere la mia composizione in accordo con

il canto, lasciando ai posteri un oggetto di critica che gli stranieri non possono

comprendere22: le autorità del tempio23 mi invitarono a raccogliere24 questo sapiente

poema. Poi, risplendente, il grande Mandulis discese dall'Olimpo, addolcendo il linguaggio barbaro degli Etiopi25, e mi esortò a cantare secondo la dolce musa ellenica (aveva le gote brillanti, camminava alla destra di Iside, e, come assolutamente fiero della grandezza dei Romani26, faceva il pitico, dando oracoli, da dio olimpico qual è): Come27, grazie a Te, la vita può esser detta prevista in anticipo per

gli uomini ! Come i l Giorno e la Notte T'adorano, e insieme tutte le Ore! Ti chiamano Breith e Mandulis, fratelli dello stesso sangue,

20 Gli antichi battevano la misura con il piede, la mano e, come si vede da questo testo, con la bacchetta (papocp ).

2 1 Intendo EltEKaÀouv (att.) da medio (È7tEKUÀ.01J�-tl]V), con l o stesso significato di �l;iouv.

22 La pietra dal ljl6yov èl.OT]ÀOV: non deve forse essere corretta in IJIÒq>ov liOT]Àov? Questo poema greco sarebbe per i nativi della Nubia solo una serie di suoni incomprensibili.

23 Questo significato mi appare il solo accettabile per àpxfl, e conferma un sug­gerimento di Nock (op. cit. , p. 58), secondo il quale sarebbe stata necessaria un'autorizzazione speciale per queste iscrizioni.

24 O "a dire" (UI;at). 25 Questo passo indurrebbe a pensare che Massimo sia lui stesso un Egiziano.

Oppure l 'autore vuole dire che, per una volta, Mandulis si esprime in greco (pappapt� Ul;tç applicandosi allora allo stesso dio)?

26 Al lusione al recentissimo splendore del tempio costruito a cura del governo imperiale.

27 Questo ooç iniziale, qui e nel verso seguente, può essere esclamativo oppure rife­rirsi a àeicrut del v. 25 "mi esortò a cantare [ . . . ] che, grazie a te, ecc." (così Weil).

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70 La rivelazione di Ermete Trismegisto - L 'astrologia e le scienze occulte

Astri degli dei, costellazione unica, che si levano nel firmamento. Sei stato tu che mi hai ingiunto a incidere in tuo onore queste scrit­

ture regolari e sapienti, per essere esaminate da tutti, senza adulazione.

L'altro testo è una narrazione anonima, in prosa, ma in quella pro­sa elaborata, solitamente ritmica28, che raggiunge la solennità della poesia e spesso sostituisce anche la poesia nel l 'epoca greco-roma­na. Elio Aristide e gli scritti ermetici ne offrono più di un esempio. Questi tipi di opere si distinguono per il gusto per i lunghi epiteti compostP9 e i nomi mitologici30•

Signore, che lanci i tuoi raggi, Mandulis, Titano, Macareo, avendo visto i segni fulgidi del tuo potere3 ! , ci ho pensato su ed ho esaminato attentamente la cosa, volendo sapere con certezza se tu sei il Sole. Sono diventato estraneo a tutti i vizi, a tutta l' ignoranza degli dei stabilitP2, sono rimasto casto per lungo tempo, ho offerto come si deve l' incen­so del sacrificio secondo le regole della pietà divina: e, avendo otte­nuto una visione, ho trovato la pace della mia anima. Accedendo alla mia preghiera, tu stesso ti sei mostrato, attraversando, in una barca dai chiodi d'oro, la volta celeste [ . . . p3; poi dopo esserti lavato nell'acqua santa de li' immortalità, sei apparso di nuovo. Sei venuto al momento giusto, quando ti alzi, nel tuo tempio, dando alla tua immagine e al tuo santuario il soffio della vita e una grande potenza34: è allora che ti ho riconosciuto, Mandulis, come il Sole, il Maestro che vede tutto, il Re universale, l' Aion35 che regna su tutte le cose. O gente sovranamente ricca che abiti Talmis la santa, prediletta del Sole Mandulis, Talmis che regge lo scettro di Iside dalle belle trecce, dai mille nomi!

28 La 3' linea, qui, è composta da quattro dattil i . 29 Qui aKnvo�6À.E, 7tav-rE7tÒ7tTIJV, 7tav-roKpampa, EÙE8Eipaç J.tUp!OvUJ.lOU, forse

xpucrooé-r<p (l. I l ) . 30 Qui Tnav (epiteto frequente negli inni orfici o magici), MaKapEù (nome di un

figlio del Sole, ma senza dubbio qui inteso come sinonimo di J.lUKap = beato). Cfr. NocK, op. cit. (supra, pp. 67, n. 8), pp. l 00- 1 02.

3 1 O"llJ.lÌa (= O"llJ.lEÌa) crou: cfr. supra, p. 6"i, n . 9. 32 a8E6-roç = a8E6-r11mç. 33 Per le ultime parole ("attraversando . . . "), testo e significato incerti; quindi una

serie di lettere incomprensibili. 34 Di fatto, l'autore ha visto all'aurora il sole illuminare la statua di culto che si

trovava in fondo al santuario, rivolta a Est. 35 Vale a dire l 'Eternità, ma Aion ha già in quei tempi valore di nome proprio.

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La visione di Dio 7 1

Prima di arrivare a cogliere i l significato d i questo genere letterario della visione, e della rivelazione nel corso di una visione, vorrei qui tradurre o riassumere alcuni esempi per riportarci nell' atmosfera del tempo. Vedere il dio, in sogno o in stato di veglia, nulla sembrava allora più desiderabile; e non c'era niente di cui si dubitasse di meno. Tranne che in alcuni circoli ristretti36, i credenti non concepivano, in quel tempo, che la divinità fosse separata dagli uomini da una distanza infinita, come l ' infinitamente puro dall 'impuro, l ' infinitamente santo da quel che pecca, l ' infinitamente spirituale dalla materia. La massa vedeva nei suoi dei degli esseri più potenti, misericordiosi, salvatori o guaritori, ma, nel complesso, simili all'uomo: gli si dava pure una figura umana, accontentandosi al massimo di assegnargli una taglia più grande, a volte fino all'inverosimile. Non era dunque incredibile godere della vista di un dio. Senza dubbio si doveva esservi preparati, era necessario soddisfare certe condizioni di purezza: ma ciò era una regola comune, non appena ci si disponeva a entrare in un tempio o a maneggiare oggetti sacri. Senza dubbio, inoltre, si doveva provare un po' di terrore, perché l 'approccio al divino è sempre più o meno spaventoso. Tuttavia, le note dominanti sono quelle della fiducia e della gioia. In generale, la psicologia degli antichi qui è molto dif­ferente da quella dell 'uomo moderno. I l cristiano più fervente, oggi, sta attento a chiedere visioni; piuttosto ne avrebbe timore: se dovesse essere oggetto di tali fenomeni soprannaturali, il suo moto spontaneo sarebbe quello di tacciarli d'i llusione o di preoccuparsi dello stato dei suoi nervi. Nell'antichità, al contrario, il fatto di vedere la divinità era considerato il normale e abituale premio di un certo genere di vita. Tutti credono ai sogni, alle visioni divine da cui si può essere grati­ficati nei sogni. Nei luoghi di culto in cui si praticava l ' incubazione, era necessario, durante il sonno, essere visitati da Asclepio: queste visite facevano parte del programma. È nelle visioni notturne che Elio Aristide, di cui Asclepio si è costituito il medico curante, riceve i consulti del dio guaritore. I cristiani condividono la convinzione su questo punto. Per non parlare del Nuovo Testamento, gli scritti più popolari della letteratura cristiana dei primi secoli, il Pastore di Erma, gli Atti dei martiri, gli Atti apocrifi degli apostoli, più tardi le Vite dei Santi sono pieni di visioni oniriche in cui Dio o un angelo appare come guaritore, rivelatore o consigliere.

36 Penso agli ambienti gnostici, con la loro dottrina del Dio iiyvrocrtoç.

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Quanto si fosse avidi di vedere i l dio, lo prova un dettaglio che mostra come questo desiderio si esprimesse anche nei sogni. Tra i racconti di sogni che ci sono stati consegnati dai papiri del Serapeo di Memphis37, un certo Tolomeo racconta che, il 2 giugno del 1 58 (a.C.), gli sembrò, in sogno, di invocare il grandissimo Ammone; lo supplicò di venire da lui, da Nord, con altri due dei : e Ammone venne davvero. Tolomeo credette di vedere allora una vacca che sta­va per partorire. I l dio prende la bestia e la fa sdraiare. Le appoggia la mano sui genitali e ne estrae un giovane toro. L'autore conclude: "Quello che ho visto, che mi si volga al bene!"38• Lo stesso Tolomeo, un'altra volta, racconta di aver indirizzato in sogno a Iside questa preghiera: "Vieni a me, dea degli dei, sii favorevole, ascoltami"39• Un po' più avanti, descrivendo un altro sogno in cui gli sembrava di essere su una grande torre ad Alessandria, riferisce di aver visto una vecchia che gli disse: "Aspetta un po' e ti condurrò dal Buon Genio Knephis, affinché tu lo adori". Vede poi un vecchio che gli dà due torce. Guarda velocemente dentro e vede Knephis. Da ciò trae la conclusione che sarà presto liberato40•

Ho quindi qui raccolto un certo numero di gustosi testi, la mag­gior parte dei quali tratti dai papiri4 1 • Questi piccoli scritti, che sono da classificare allo stesso tempo come novella divertente e come opera di devozione, offrono per noi il duplice interesse di portare una testimonianza su dei sentimenti spariti e di comporre l 'atmo­sfera in cui sono nati i libri di Ermete. Alla fine li ho scelti per i l loro carattere tipico: il primo illustra le visioni accompagnate dalla guarigione, il secondo le visioni relative agli atti di culto, il terzo le visioni in cui il dio rivela una scienza e provvede al le carenze della ragione con una modalità di conoscenza soprannaturale e intuitiva42•

37 Cfr. WILCKEN, Urk. d. Ptolemaerzeit ( UPZ.), I ( 1 922-1 927), nn. 77-8 1 , pp. 348-374.

38 UPZ., pp. 353-354, n° 77, col. Il, 1 1 .22-3 1 . 39 UPZ. , p. 360, n° 78, 1 1 .22-24, cfr. Nectanebo, infra, p. 76. Per El!;à 8twv cfr.

PLATONE, Tim. 41 a7 8toì 8twv, PGM. IV 1200 0eÈ 0twv. 40 Cioè l iberato dal suo stato di katochos, durante il quale era legato al Serapeo di

Memphis e come "posseduto" dal dio. Sul problema della katochè, che ha dato origine a molte discussioni, vedi in particolare WILCKEN, UPZ. , l, pp. 52-77.

41 L'aretalogia di lmuthes è tratta da un papiro del I I sec. d. C., il sogno di Nectane­bo da un papiro del II sec. a.C. Se Tessalo, eroe della visione raccontata in terzo luogo, è il medico Tessalo di Tral le, il testo sarebbe da datare al I sec. d.C.

42 Su questo tema, cfr. supra, pp. 30 ss. e Rev. Bibl., XLVIII ( 1 939), pp. 45 ss.

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Aretalogia di Imuthes-Asclepio43

A queste parole, Necteneibis (Nectanebo) essendosi grandemente incollerito con coloro che avevano fatto secessione fuori dal tempio e volendo d'altro canto sapere con certezza il più presto possibile, secon­do la Sacra Scrittura, la classe di queste persone, ordinò a Nechautis che esercitava allora la funzione di giudice supremo di usare ogni solleci­tudine per mettersi alla ricerca del libro. Costui spese più di quanto si possa dire in questa ricerca, e avendo solo ventotto giorni per scoprire il libro, lo portò al re. Il re lo lesse e, con un' incredibile gioia per ciò che vi era di divino nel racconto, avendo scoperto che i sacerdoti che avevano trasportato il dio in processione da Eliopoli a Memphis erano stati ventisei, ripartì tra i loro discendenti la carica di profeta, che spet­tava a ciascuno di loro. Inoltre, dopo aver riletto il libro da cima a fon­do, ricompensò lo stesso Asclepio con un nuovo dono di trecentotrenta arourai ricchi di grano, tanto più che aveva imparato da questo libro che i l dio era stato magnificamente onorato da Menecheres con offerte in segno di adorazione44.

Per quanto mi riguarda, mentre ero intento a tradurre questo libro in lingua greca, senza spirito d' invidia, per renderlo pubblicamente noto ai miei contemporanei, e stavo già attraversando il bel mezzo dello scritto, spesso fui trattenuto nel mio zelo per la grandiosità della narrazione, al pensiero che stavo per portarlo alla luce: perché è con­cesso solo agli dei, e non ai mortali, di raccontare i segni di potenza degli dei. In effetti, se avessi fallito, non temevo solo per me la ver­gogna di fronte agli uomini, ma comunque quello che ci si aspettava da me mi affascinava, a causa de li' irritazione in cui sarebbe stato il dio, poiché la sua virtù immortale era sufficiente a compensare l ' infe­riorità del mio scritto45; al contrario, se m i rendevo utile, era una vita beata, una fama immortale. Infatti il dio è pronto a mostrarsi benevo­lo, se è vero che almeno nel caso di coloro che sono animati da un pio zelo, spesso, mentre la medicina era impotente contro le malattie che li prendevano, li ha salvati. Ecco perché, sfuggendo alla temerarietà, attesi il momento propizio per un anno intero: rimandai la mia pro­messa46. In effetti, è soprattutto, quando si è nel pieno della vita, che si inclina alla presunzione, perché la giovinezza è avventata e l' impresa, nel suo entusiasmo, precede lo zelo.

43 Oxyrh. Pap. , Xl, 1 38 1 = M.-I.NTEUFFEL, op. cit. , pp. 86 ss. "Aretalogia": narra­zione di miracolo.

44 Tutto questo inizio costituisce una sorta di narrazione introduttiva il cui inizio è perduto.

45 Testo e significato incerti: ho seguito le letture di Manteuffel. 46 La promessa che l'autore aveva fatto al dio, cfr. infra.

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Tuttavia, quando erano trascorsi tre anni senza che io avessi fatto ulteriori sforzi e nel mentre, durante questi tre anni, una febbre quartana derivante dalla collera divina47 aveva attaccato mia madre e la metteva sotto tortura, avendo compreso finalmente, molto tardi, ci presentam­mo, supplicanti, davanti al dio per scongiurarlo di accordare la guari­gione da questo male. Lui, siccome è buono con tutti, essendole apparso in sogno, la liberò con rimedi poco costosi, e noi facemmo al dio che ci aveva salvati i consueti sacrifici di ringraziamento. Ma dopo ciò, an­ch'io fui assalito da un male improvviso sul lato destro: immediatamen­te mi slanciai verso il dio soccorritore del genere umano; e ancora una volta essendo condiscendente, con orecchio pronto, a una pietà ancora più attiva, dimostrò la sua benevolenza, la cui autenticità asserisco nel mio intento di proclamare i segni formidabili del suo potere.

Era di notte, tutto era addormentato, tranne coloro afflitti da una pena fisica, quando la divinità si fece conoscere in tutta la sua potenza. Una febbre violenta mi bruciava, mi dibattevo convulsamente in attacchi di asma e tosse che provenivano dal mio dolore sul lato destro. La testa pesante, esausto per queste lotte, finii per scivolare nel sonno. Mia ma­dre, che i miei tormenti addoloravano all'estremo, perché si trattava di suo figlio e ha un cuore per natura tenero, si sedette accanto a me senza prender sonno. E allora, improvvisamente, ebbe una visione - non come in un sogno o quando si dorme, perché i suoi occhi erano aperti, senza che vedessero, tuttavia, con completa chiarezza perché il fantasma divi­no che la penetrava la riempiva di terrore e le impediva di vedere senza offuscamenti -, vide dunque o il dio stesso o il suo servitore. In breve, c'era lì un essere di una dimensione infinitamente più grande di qualsiasi essere umano, vestito di fine tela risplendente, che reggeva nella mano sinistra un libro, che si accontentò di esaminarmi dalla testa ai piedi due o tre volte, poi sparì. Allora, avendo ripreso i sensi, ancora tremando, cercò di svegliarmi. E quando vide che la febbre mi aveva lasciato e che ero tutto madido di sudore, riverì la manifestazione visibile del dio, quindi, dopo avermi asciugato, mi fece tornare in me48• Mentre chiac­chieravamo e si apprestava a parlarmi del miracolo del dio, la prevenni e le raccontai tutto: infatti, tutto ciò che aveva visto in una visione reale era apparso anche a me come immagini di sogno nel sonno. In breve, es­sendo cessati i miei dolori laterali - il dio peraltro aveva aggiunto ai suoi doni una medicina calmante -, mi misi a proclamare le sue buone azioni.

Tuttavia, quando nuovamente c'eravamo riconciliati il dio con i sa­crifici che i nostri mezzi ci permettevano, lui stesso, attraverso la voce del sacerdote preposto alle purificazioni, reclamò la promessa che da

47 li8eoç: cfr. SoFOCLE, OR., 254, El. , 1 1 8 1 . Letteralmente "abbandonato dalla divinità, segnato dall 'abbandono della divinità".

48 Letteralmente "mi rese più sobrio" (VTJq>aÀu:i:rrepov).

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lungo tempo gli avevo fatto. Pertanto, sebbene non potessimo ricordare alcun debito di sacrificio o offerta, abbiamo rinnovato, con tali segni, le nostre suppliche. Ma siccome continuava a dire che nulla di tutto ciò gli era gradito, ed ero molto imbarazzato per questa promessa che avevo fatto, mentre ero scoraggiato, finalmente, questo debito che avevo verso il dio riguardo allo scritto tornò alla mia memoria.

Quando ebbi scoperto49, o Maestro, che trascuravo il libro divino, dopo aver invocato la tua provvidenza e colmo della tua potenza divina, mi diedi con tutto il mio impeto a questo arduo lavoro della narrazio­ne che un dio mi proponeva. Ed è mia opinione che ti farò un'offerta rivelando, come un profeta, il tuo pensiero. Non ho già mostrato, in un altro libro, conformemente alla verità, secondo un metodo fisico, il mito convincente della creazione del mondo? E non ho, nell' insieme dello scritto, a volte colmato le lacune, a volte tagliato il superfluo, riassunto l' esposizione che si trascinava in lunghezza, detto in una parola le cose complesse50? Perciò, o Maestro, confidando sulla tua benevolenza e non sulle mie capacità, suppongo che condurrò il libro alla perfezione. Un tale testo è infatti conforme alla tua divina natura5 1 • Poiché sei tu che ne sei l'autore52, Asclepio, il più grande degli dei, Precettore, mostralo dun­que agli sguardi riconoscenti di tutti. Perché se ogni dono di offerta o di sacrificio ha freschezza solo per l ' istante presente, già corrompendosi nel momento che segue, lo scritto, invece, è una grazia immortale che si ringiovanisce in ogni momento per il ricordo che lascia.

Tutta la lingua greca ripeterà la tua storia, ogni Greco onorerà Imuthes figlio di Ptah. Venite tutti qui, voi che siete benevoli e buoni, andate via, denigratori ed empi. Venite qui, amici di Dio, voi che, es­sendovi messi al servizio del dio, siete stati liberati dalle malattie, voi che vi siete dedicati alla scienza medica, voi che siete progrediti fino ad oggi (?)53 come zelatori della virtù, che siete stati arricchiti da una grande abbondanza di beni, che avete salvato la vostra vita sfuggendo ai pericoli del mare. Infatti in ogni luogo s'è diffusa la potenza dt;l Dio Salvatore. E voglio quindi proclamare le manifestazioni visibili e pro­digiose della sua potenza divina e la grandezza delle sue benedizioni.

49 Leggo Èm::ì o 'li n al; É1teyvooKEt[ v ] l. 1 6 1 : ÈneyvooKEt[ ç] Manteuffel. Per oÉcmom qui e l. 1 8 1 , cfr. C.H., XI, l (Ermete indirizzandosi al Nous) cru JlOt nepì -rotlTOU, Oécrno-ra, ùtacréupl]crov.

50 Ho adottato le restituzioni di Schmidt alle Il. 178- 1 80: J.1aKpoÀoyoi>J.1EVO[v] . . . àÀ.À.anoÀOyo[ UJ.lf:V ]ov.

5 1 Vale a dire che loda giustamente la divina natura di Asclepio. 52 Letteralmente "l' inventore", eupen'jç: l ' ispirazione proviene da Asclepio ed è

quindi lui che è i l vero autore. 53 napi)KEtTE ?: na[.]TJcrE[ .. ]e pap. La congettura napi)crecree di Manteuffel non

offre alcun senso possibile.

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Di seguito leggiamo questo54:

Il re Menecheres, per aver vegliato devotamente alle cure funebri di tre dei, ottenne una gloria eterna, lui che inoltre, grazie al libro, fu favorito da una bella fama. Riempì di magnifici doni la tomba di Asclepio figlio di Efesto (Ptah), quella di Hermes Pouoros, nonché quella di Kaléeibios fi­glio di Apollo, e ricevé come ricompensa un'abbondanza di felicità. È per questo, infatti, che l'Egitto fu allora senza guerre e copiosamente prov­visto dei doni della terra. Infatti i paesi sono fiorenti, quando governano re pii e, al contrario, i paesi il cui re è empio periscono nella disgrazia.

Per quanto riguarda il modo in cui il dio Asclepio fece sapere al re mediante oracolo che avrebbe dovuto prendersi cura della sua tomba . . .

Il resto manca.

Il sogno di Nectanebo55

Da Petesis l ' incisore di geroglifici al re Nectanebo.

L'anno 16, il 24° giorno di Parmuti, intorno alla 22• ora56, secondo l'ordine naturale il primo giorno di luna piena. Il re Nectanebo, durante un soggiorno a Memphis, avendo una volta compiuto un sacrificio e im­plorato gli dei di rivelargli l'avvenire, immaginò di vedere in sogno una barca di papiro - chiamata, in egiziano, "romps" - venire ad ancorare a Memphis. C'era sulla barca un grande trono, e sul trono era assisa la gloriosa Benefattrice che dà i frutti della terra, Iside, regina degli dei; tutti gli dei dell'Egitto erano accanto a lei, alla sua destra e alla sua sini­stra. Ora uno di loro, colui che è chiamato in egiziano Onuris, in greco Ares, essendo avanzato verso il centro - misurava, a giudizio del re, ventuno cubiti - ed essendosi prostrato a terra sul ventre, disse queste parole: "Vieni da me, dea degli dei, tu che detieni un potere immenso, che regni su tutte le cose nel mondo e che salvi tutti gli dei, Iside, sii benigna, ascoltami! Come tu hai ordinato, ho mantenuto questo paese sano e salvo senza fallo, eppure, finora, mentre il re Nectanebo mi pren­de tutte le cure possibili, Samaus, che hai stabilito tu stessa nella carica di sommo sacerdote, ha trascurato il mio santuario e ha resistito ai miei

54 Questo seguito, che non è parte integrante del racconto del miracolo, riprende la narrazione dall ' interruzione indicata sopra (cfr. p. 73, n. 44) prima del l 'are­talogia propriamente detta.

55 WILCKEN, UPZ., l, pp. 369-374, n° 8 1 = M.-\�TEUFFEL, op. cit., pp. 1 1 2- 1 16. Trad. G. M.-\SPERO, Contes Populaires de l 'Égypte Ancienne ( 1 9 1 1 ), p. 306-3 1 O.

56 Ossia il 5/6 luglio 343 a.C.

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ordini. Sono escluso dal mio stesso santuario, e i lavori nell'adyton re­stano compiuti a metà per la cattiva volontà del sommo sacerdote". A queste affermazioni la regina degli dei non diede alcuna risposta.

Tuttavia, il re, dopo aver avuto questa visione, si svegliò e ordinò in tutta fretta di inviare un messaggero a Sebennito57 presso il sommo sacerdote e il profeta di Onuris. Quando si presentarono alla corte, il re chiese loro quale fossero i lavori in arretrato nel tempio nominato Phersos. Dissero: "Tutto è finito, tranne l ' iscrizione dei caratteri sacri incisi sugli edifici di pietra". Il re ordinò quindi in tutta fretta di scrive­re ai famosi templi in Egitto all' indirizzo degli incisori di geroglifici . Essendosi questi ultimi presentati in conformità all'ordine, il re chiese loro chi fosse tra essi il più abile, in grado di completare rapidamente le opere in sospeso nel tempio di nome Phersos. A queste parole, un uomo di Afroditopoli, nella prefettura di Afroditopoli, di nome Petesis, figlio di Erges, si alzò in piedi e disse che poteva eseguire tutti i lavori in pochissimi giorni. Il re rivolse la stessa domanda agli altri e risposero che quest'uomo aveva detto la verità e che non c'era, in tutto il paese, un altro simile, qualunque cosa potesse un altro sostenere. Così il re, aven­dogli commissionato i suddetti lavori, gli diede un buon salario, esortan­dolo contemporaneamente a terminare il lavoro in pochi giorni, come lui stesso aveva detto che avrebbe fatto, perché tale era la volontà del dio.

Petesis quindi, dopo aver ricevuto molti soldi, se ne andò a Sebenni­to, e siccome era un grande bevitore, decise di spassarsela prima di ini­ziare i lavori. Mentre camminava nella parte meridionale del santuario, gli capitò di mettere gli occhi sulla figlia di un profumiere, che era di gran lunga la più bella delle graziose fanciulle del luogo . . .

I l resto manca.

La visione del medico Tessalo58

Tessalo a Cesare Augusto, salve!

Molti hanno provato nella loro vita, Augusto Cesare, a rivelare i se­greti di molte cose meravigliose, ma nessuno di loro è ancora riuscito a portare a termine il suo progetto a causa delle tenebre fatali che vennero a coprire il suo pensiero: e io sono quindi apparentemente l'unico, tra

57 Sopra l:EPEVVÙmv, è stato aggiunto riJv f.lEcr6yEov "quella dell'entroterra", per distinguere questa città dalla Sebennito t'l Èm8aì..acrcria.

58 Riproduco qui l a traduzione che ho fatto nel mio studio L 'expérience reli­gieuse du médecin Thessalos, Rev. Bibl. , XLVIII ( 1 939), pp. 45 ss.; per il commentario, cfr. ivi, pp. 57-64. Testo greco: CCAG. , VIII, 3, pp. 1 34 ss.

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78 La rivelazione di Ermete Trismegisto - L 'astrologia e le scienze occulte

tutti quelli che sono esistiti dall' inizio dei secoli, ad aver composto un meraviglioso trattato. Infatti, sebbene avessi intrapreso un compito che superava i limiti delle forze umane, ho saputo coronarlo con la fine che gli era dovuta, non già, è vero, senza molte prove e pericoli.

Dopo essermi esercitato nella sr;ienza della grammatica in Asia e diventato più dotto della gente di quel paese, decisi di trarre vantaggio, per un po' , dalla mia scienza. Essendo così salpato per quella città dove tutti si danno da fare, Alessandria, munito di una buona somma di dena­ro, vi frequentai i filologi più esperti, e tutti mi fecero le loro lodi per il mio amore per lo studio e per la mia velocità di comprensione.

Ero anche continuamente assiduo alle lezioni dei medici dialettici, perché bruciavo di un' incredibile passione per questa scienza. Ora, sic­come era giunto il tempo per me di rientrare a casa, perché ero già ab­bastanza progredito nella medicina, mi misi a perlustrare le biblioteche in cerca di scienza; e, avendo scoperto un libro di Nechepso contenente ventiquattro modi di trattare tutto il corpo e ogni malattia secondo cia­scun segno dello Zodiaco per mezzo di pietre e di piante, fui turbato dalla meravigliosa grandezza dell' impresa. Ma non c'era, a quanto pare, nient'altro che un vano fumo di una regale fatuità: per quanto fossi in grado di preparare la pillola eliaca raccomandata dall'autore e le sue altre ricette, mi arenai in tutti i tentativi che feci nel curare le malattie. Questo errore mi apparve più crudele della morte, ne fui consumato dal dolore: e anzi, essendomi fidato ciecamente di questo libro, avevo vantato in una lettera ai miei genitori la virtù di questi rimedi e avevo annunciato che sarei tornato non appena ne avessi fatto esperienza. Non mi era possibile quindi rimanere ad Alessandria a causa delle beffe dei miei confratelli, perché è caratteristica delle belle imprese suscitare la gelosia; d'altra parte, non ero più ansioso di tornare a casa perché mi ero reso conto di essere incapace a mantenere le mie promesse: mi misi così a percorrere l'Egitto, spinto in avanti da questo pungolo che mi feriva l 'anima, cer­cando il mezzo per far volgere a buon fine la mia speranza temeraria, o, se avessi fallito, risoluto a lasciare la vita con il suicidio. Ora, siccome la mia anima mi prediceva costantemente che avrei avuto un rapporto con gli dei, tendevo continuamente le mani verso il cielo, pregando gli dei di concedermi, con una visione in sogno o un' ispirazione dall'alto, qual­che favore di questo genere di cui potessi andar fiero riguadagnando, gioioso, Alessandria e la mia patria. Essendo quindi arrivato a Diospoli (Tebe), intendo la più antica capitale d'Egitto, che ha una moltitudine di templi, mi ci stabilii: vi si trovavano infatti sacerdoti amici delle lettere e studiosi in molte scienze59• Il tempo passò, la mia amicizia per i sacerdoti

59 Cfr. STRABONE, XVII, I, 46, p. 1 1 38.30M: "i sacerdoti di quel luogo hanno fama d'essere astronomi e filosofi . . . ", p. 1 1 39.6 "è specialmente a Hermes (Thoth) che attribuiscono l' invenzione di tutta la loro saggezza".

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aumentava, e un giorno chiesi a loro se era rimasto qualcosa della forza operativa della magia. Vidi bene allora che la maggior parte s'indignava per la mia temerarietà nel concepire simili speranze: nondimeno uno di loro, che ispirava fiducia per la gravità dei suoi costumi e la misura della sua età, non deluse la mia amicizia. Mi assicurò che aveva il potere di produrre visioni attraverso una bacinella piena d'acqua60. Lo invitai quindi a fare una passeggiata con me nella parte più deserta della città, senza rivelargli cosa desiderassi. Andammo, poi, in un bosco circonda­to da una profonda tranquillità, e lì mi gettai improvvisamente faccia a terra e, in lacrime, baciai i suoi piedi. E poiché, nel suo stupore per questo atto inatteso, mi chiedeva il motivo del mio gesto, gli dichiarai che la mia vita era nelle sue mani, che era imperativo che conversassi con un dio, e che, se questo desiderio non si realizzava, ero pronto a lasciare la vita. Allora, dopo avermi sollevato da terra e confortato con premurose parole, mi promise affettuosamente di sottomettersi alla mia preghiera e mi ordinò un digiuno di tre giorni. E io, l 'anima interamen­te liquefatta dall'annuncio di queste promesse, gli baciai la mano e lo colmai di ringraziamenti, piangendo come una fontana, perché è una legge di natura che una gioia insperata provochi più lacrime di quanto non faccia la tristezza. Poi, dopo essere usciti dal bosco, cominciammo a digiunare, e questi tre giorni, nell' impazienza in cui mi trovavo, mi parvero altrettanti anni. Quando venne il terzo giorno, partito alle prime luci dell' aurora, andai a salutare il sacerdote. Costui aveva preparato una stanza ben pulita61 con tutto il necessario per la consultazione: per conto mio, sempre previdente, avevo portato, senza dirlo al sacerdote, papiro e inchiostro per prendere nota, all' occorrenza, di ciò che sarebbe

60 È una lecanomanzia, cfr. Rev. Bibl. , loc. cit. , p. 60, n. 1 8. 6 1 oÌKoç. I l termine è comune con i l significato d i "camera sacra" in un tempio,

di "cappella" in un tèmenos o anche di "tomba", cfr. Rev. Bibl. , loc. cit., n. 2 1 . Ma penserei piuttosto che qui si tratti di una capanna costruita apposi­tamente per l 'occasione (non deve mai essere stata usata prima per essere perfettamente "pura"), perché un manuale di magia ellenistica conservato in arabo (GhG)'at al-l:zakim, "Il Fine del saggio") e tradotto in latino con il nome di Picatrix contiene, alla lettera, la medesima formula: "Mache dich auf am Donnerstag, wenn Jupiter im BogenschUtzen [ . .. ] steht, und baue e in sauberes Haus (oÌKoç Ka8ap6ç !) und stelle es aus so schon wie du nur kannst, das ist der Tempel, und gehe h i nei n allein ... ", cfr. H. RlrrER, Picatrix, e in arabisches Handbuch hellenistischer Magie ( Vortriige d. Bibl. Warburg, 1 923), p. 23 dell 'estratto (alla fine dello stesso passo, p. 24, riferimento a un banchetto di un collegio religioso greco: "Dies ist das Gebet der griechischen Weisen, eines ihrer Geheimnisse und ihr Fest, das sie alle Jahre feiem"). Vedi anche BLOcHET, Gnosticisme musulman, 1 9 1 3 , p. 52, n. 1 : nell 'Egitto arabo i berba (termine egiziano) erano edifici in cui si praticava la magia: così la maga Tadura costruì a Memphis un berba per ordine della regina Daluka.

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stato detto. Il sacerdote mi chiese se volevo parlare con il fantasma di un morto o con un dio: "Con Asclepio", gli dissi, aggiungendo che avrebbe dato il culmine ai suoi benefici se mi avesse lasciato comunicare con i l dio da solo a solo. Me lo promise con dispiacere (le sembianze del suo viso lo mostravano bene!) , ma alla fine lo promise. Quindi, dopo avermi rinchiuso nella stanza e comandato di sedermi davanti al trono dove il dio doveva prendere posto, evocò Asclepio grazie alla virtù di vocaboli misteriosi, poi uscì chiudendo a chiave la porta. E così ero se­duto, sopraffatto nel corpo e nell'anima alla vista di uno spettacolo così meraviglioso (perché nessuna parola umana saprebbe rendere i tratti di quel volto né lo splendore degli ornamenti che lo abbigliavano), quando il dio, avendo alzato la mano destra, mi salutò con queste parole: "O benedetto Tessalo, oggi un dio ti onora, e ben presto, quando avranno sa­puto del tuo successo, gli uomini ti riveriranno come un dio! Interrogami dunque su quello che vuoi, ti risponderò di buon cuore su ogni cosa". Quanto a me, riuscivo a malapena a parlare, tanto ero fuori di me e tanto avevo l'animo affascinato dalla bellezza del dio, nondimeno gli chiesi perché avevo fallito nel provare le ricette di Nechepso. Su ciò il dio mi disse: "Il re Nechepso, nonostante fosse uomo molto ragionevole e in possesso di qualsiasi potere magico, non ha tuttavia ricevuto da qualche voce divina nessuno dei segreti che tu vuoi apprendere: dotato di una naturale sagacia aveva capito le affinità di pietre e piante con gli astri, ma non ha conosciuto i tempi e i luoghi in cui le piante devono essere raccolte. Orbene, la crescita e il deperimento dei frutti di ogni stagione dipendono dali ' influsso degli astri; inoltre, lo spirito divino, che la sua estrema sottigliezza fa passare attraverso ogni sostanza, si diffonde in particolare abbondanza nei luoghi che conseguono, uno dopo l'altro, le influenze astrali nel corso della rivoluzione cosmica".

È questa importante scienza che Asclepio farà conoscere a Tessa­lo, in un vero trattato Sulle piante sottomesse ai dodici segni dello zodiaco e ai sette pianeti: si ha perciò qui i l tipico caso di una scien­za profana rivelata da un dio. N eli' epilogo della versione latina, T es­salo chiede infine se c'è qualche pianta o pietra che rende immortale. Il dio risponde che ce ne sono molte, ma che non è bene per l 'uomo conoscerle. Poi scompare e risale in cielo62•

Per completare questo abbozzo della visione oracolare, si noti che si può consultare un morto così come un dio. Il sacerdote egizio amico di Tessalo gli propone di conversare, a scelta, con il fantasma

62 Su questa fine, cfr. Rev. Bibl. , loc. cit . . , pp. 65-66; sulla raccolta delle piante, ivi, pp. 67-72.

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di un morto o con una divinità. In una storia d i Luciano, l a Necyo­mantia, che offre molte somiglianze con la lettera di Tessalo63, l 'eroe principale, Menippo, riferisce come, turbato dal contrasto che esiste tra i vizi che i poeti assegnano agli dei e i precetti della morale, per prima cosa si rivolse ai filosofi, "pregandoli di mostrargl i una via semplice e sicura per condursi nella vita"; ma, siccome trovava in loro soltanto ignoranza e contraddizioni, si recò a Babilonia, dove, essendosi affidato a un mago discepolo di Zoroastro, lo supplicò di condurlo agli Inferi affinché apprendesse da quel sapiente indo­vino "qual è il m iglior modo di vivere". Si riconoscono qui tutte le peculiarità care all 'epoca: la ricerca appassionata della verità, la disillusione sperimentata alla scuola dei filosofi, il ricorso ai profeti dell 'Oriente, l 'evocazione di una potenza soprannaturale che deve far conoscere la via della salvezza.

In questo genere letterario della visione, è la visione oracolare che concerne principalmente i l nostro argomento; più precisamente, la visione in cui il dio rivela non qualche fatto contingente che in­teressa il futuro del l ' interrogante (oracoli di tipo classico), ma una dottrina di religione, di morale o di scienza. La rivelazione ermetica è correlata a questo modello. Talvolta Ermete riceve nei sogni dal Dio supremo, i l Nous, la conoscenza delle più alte verità su Dio, i l mondo e l 'anima umana; a volte questo stesso Ermete, dio in terra, si presenta come i l profeta di verità che ha così appreso per trasmet­terle ad alcuni discepoli, Asclepio, Tat, il re Ammone; o ancora è Iside, ella stessa istruita da Ermete, che rivela a suo figlio Horus l 'origine del mondo, la creazione e il destino delle anime, la causa della loro incarnazione. Questi insegnamenti riguardano sol itamente la teologia, la cosmogonia, l 'antropogonia e i fini ultimi. Ma, a volte, oltrepassano questo ambito. Poiché il modo di vivere quaggiù è in

63 Stessa caratteristica dell' iniziatore (Mithrobarzane è, anche lui, un vecchio, e tenta di rifiutare come i sacerdoti di Diospoli), stesse purificazioni prima dell'atto, stessa ora scelta per l 'atto (l 'alba), stesse procedure magiche per produrre la visione. Ora Luciano, di solito, inventa meno di quanto imiti e certamente non ha imitato Tessalo. È quindi ragionevole presumere che Tes­salo e Luciano dipendano da una fonte comune, o piuttosto si riferiscano a un intero genere letterario che deve aver incluso molte opere dal medesimo in­chiostro delle quali ci restano, oggi, solamente pochissimi esempi. Cfr. P. W., s.v. Nekromantie, XVI 22 1 8-2233 .

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diretta relazione con la gnosi, rapportandosi ormai la morale alla religione, ci si aspetterà dalla divinità stessa le prescrizioni relative alla condotta umana64• Poiché la ragione de li 'uomo non è in grado di raggiungere una verità certa in alcun ramo della conoscenza, si con­sulteranno gli dei per attenerne la scienza: innanzitutto, inutile dirlo, le scienze occulte - astrologia, alchimia, magia, iatromatematica, ecc. -, ma anche una risposta ai problemi di astronomia, di fisica, di fisiologia, di psicologia, che la mente umana, finora, aveva come proprio oggetto, fiduciosa di risolverli con i suoi soli mezzi.

Segnaliamo, un'ultima volta, tutto ciò che implica un tale cam­biamento.

Da quando il pensiero razionale aveva iniziato a riflettere sul suo esercizio, sui processi che metteva in atto per rendere intel ligibile ogni dato conoscibile, cioè da Platone almeno, esso aveva enunciato delle regole e sviluppato un discorso sul metodo. Comprendere era innanzi tutto conoscere attraverso la causa: "Poiché, in tutti gli ordini di ricerca che comportano principi o cause o elementi, c'è conoscen­za o scienza solo dal momento in cui si sono penetrati questi princi­pi, cause o elementi (in effetti pensiamo di aver compreso una cosa quando abbiamo penetrato le cause prime, i principi primi e fino agli elementi), è chiaro che, anche 1�ella scienza della natura, si deve cercare di determinare innanzitutto ciò che riguarda i principi. Ora il passo naturale è procedere dalle cose che sono più conoscibili e più manifeste per noi verso quelle che sono più manifeste e più cono­scibili di per sé [ . . . ] . Ma quello che, per noi, è innanzi tutto evidente e manifesto sono i dati confusi dell 'esperienza ('rà cruyKEXUflÉVa): è solo in un secondo momento che, da questa indeterminazione, gli elementi e i principi emergono e si fanno conoscere per via d'ana­lisi" (Aristotele, Phys. , I, l ). Era, in secondo luogo, enumerare le cause e percepire la loro reciproca implicazione: "Che ci siano delle cause e che il loro numero sia come diciamo è evidente : infatti è questo numero che abbraccia il perché. In effetti, i l perché, alla fine, si riconduce all 'essenza, o al motore successivo, o alla causa finale, o, per le cose che sono generate, alla materia. Quindi, poiché ci sono quattro cause, è pertinenza del fisico conoscerle tutte, ed è riportan­dolo ad esse tutte (materia, forma, motore, causa finale), il perchè

64 A questo riguardo, cfr. il mio articolo c itato supra (p. 77, n. 58) in Rev. Bibl. , XLVIII ( 1 939), pp. 45-54.

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che darà conto dei fenomeni come fisico" (Phys. , II, 7). Era ancora risalire fino alla Causa interamente prima dalle quali dipendevano tutte le altre e chè davano conto, principalmente e supremamente (1tponwç Kaì KUpiwç), dell 'insieme dei fenomeni: "Ora, poiché ogni mosso è necessariamente mosso da qualcosa [ . . . ] , necessariamente c'è una cosa che è primo motore e non si può andare all' infinito" (Phys. , VII, l , 242 a 16) . Infine, gli attributi di questa Causa Prima dovevano essere dedotti dalla stessa funzione che era chiamata ad adempiere in quanto causa. È così che, per dimostrazione, si stabili­rebbe che i l Primo Motore deve essere immobile, eterno e uno: "Ora dobbiamo pensare che questo motore sia unico piuttosto che mul­tiplo, limitato piuttosto che i l limitato. Con le stesse conseguenze, infatti, si deve sempre scegliere piuttosto i l limitato: perché, nelle cose naturali, è il limitato il meglio che deve esistere piuttosto, se è possibile. Ed è sufficiente un solo principio che, essendo i l primo tra i motori immobili ed essendo eterno, sarà i l principio di movimento per tutto il resto" (Phys. , VIII, 6, 259 a 8).

Senza dubbio, nell 'una o nell 'altra fase di questo sviluppo, ci si poteva sbagliare: o dal l' inizio, nella determinazione delle cause, o nel corso della ricerca, nel prosieguo dei ragionamenti. Poco impor­ta. Da un estremo all'altro, si faceva uso della propria ragione, si contava solo sulla propria ragione: riconoscere l 'errore, era ancora testimoniare quanto ci si fidasse dello strumento. D'altra parte, se si era pii, era ovviamente necessario invocare l 'aiuto degli dei per que­sta indagine, come per qualsiasi altra attività umana. Ma questo aiu­to soprannaturale non sopprimeva lo sforzo umano. Si trovava con l 'aiuto di Dio, crùv Seép: non s'incaricava Dio di trovare al proprio posto. Così, a poco a poco, da saggio a saggio, si erano costituite la scienza e la filosofia greca. L'edificio non era senza macchia: ne ho indicato uno dei difetti più gravi. Ciononostante, buono o cattivo l'uso che ne fosse fatto, i l metodo rimaneva uno: ed era impossibile cambiarlo.

Infatti questi procedimenti razionali non valevano solo per un po­polo: erano norme assolute; non c'era nessun uomo, di diritto, che non fosse, in grado di seguirli . Da ciò ne consegue che la scienza greca e i metodi definiti dai Greci avevano acquisito, fin dall 'inizio, un ambito universale, ed educato il genere umano. Ed è chiaro che, poiché questi metodi non facevano altro che regolare i movimenti

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spontanei della ragione nella sua attività di ricerca, era impossibile smettere di usarli : significava smettere di pensare. Infatti, nel III se­colo ancora - per citare solo un esempio - Plotino, nelle Enneadi, appare come un adepto convinto del razionalismo greco. Lo fa nel luogo dove protesta contro gli abusi di alcuni Gnostici (Enn. , II, 9). Queste persone, dice, con tutte le ipostasi che mettono in scena, gli "esili", le "impronte", i "pentimenti", tutte quelle parole senza senso che usano per farsi una dottrina per loro "non hanno contatto con l 'antico metodo ellenico: i Greci avevano idee chiare e parlavano senza fumo d'orgoglio del l 'ascesa graduale che, dalla caverna, con­duce a poco a poco l 'anima a una contemplazione sempre più vera" (II, 9, 6, l ss.)65• Dice ancora, un po' oltre, a proposito della teoria che fa delle malattie esseri demoniaci: "Si vantano di poter cacciar­l i con una formula e si impegnano a farlo: ciò, ovviamente, darà loro peso presso i l volgo, sempre a bocca aperta per la meraviglia di fronte ai maghi e ai loro poteri occulti, ma non potranno persuadere le persone di buon senso che le malattie non abbiano come cause la fatica, la sovrabbondanza, la vacuità, la corruzione e, in sintesi, le trasformazioni che hanno il loro principio fuori o dentro di noi" (II, 9, 14 , 14 ss.). E ancora: "Non dimenticare mai questa conside­razione: il genere di filosofia che perseguiamo rende manifesti, oltre a tutti gli altri beni, la semplicità dei costumi e la purezza dei pen­sieri; ricerca la gravità, non l 'arroganza; ci dà fiducia in noi stessi, ma entro i limiti della ragione; unisce la sicurezza alla prudenza e a una circospezione estrema" (Il, 9, 14, 37 ss.). Infine, quando Pio­tino, sulla soglia di questo medesimo trattato, riduce a tre i principi necessari e sufficienti per dar conto del mondo intelligibile, spiega in questa proposizione, che fa coppia fraterna con il bel testo, che abbiamo letto prima, della Fisica di Aristotele: "Non bisogna risalire ad altri principi, ma bisogna mettere il Bene in testa, quindi, dopo di lui, l ' Intel letto e l ' Intelligente primitivo, poi, dopo l 'Intelletto, l 'A­nima. Tale è l 'ordine conforme alla natura delle cose; e non bisogna porre né di più né di meno di questi tre nel modo intelligibile" (Il, 9, l , 1 2 ss.).

Il razionalismo greco non era quindi morto nel II secolo perché era impossibile che morisse. Ciò nonostante resta il fatto che un' in­tera classe di ingegni ripudiò i metodi greci, abbandonò lo sforzo

65 Traduzione di Bréhier leggermente modificata.

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del pensiero e, da allora, non conobbe più la gioia del meraviglioso lavoro perseverante e l 'ebbrezza della scoperta, per puntare d'ora in poi solo all ' intuizione di realtà soprannatural i o, se ci si preoccupava ancora degli esseri del mondo, per chiedere agli dei, che sanno tutto, di comunicare alcune parti del loro sapere.

Per giudicare questo fatto equamente, sembra sia opportuno di­stinguere tra la rivelazione che riguarda le cose spirituali (dottrina di Dio e dell 'anima) e la rivelazione che si riferisce a una scienza o pseudo-scienza umana (filosofia, astrologia, alchimia, ecc.). Ecco, dunque, un doppio problema: da un lato, l 'origine della gnosi, nel vero senso della parola; dall'altro, l 'entrata in scena di un nuovo personaggio, che fa concorrenza al saggio, e gradualmente tenderà a sostituirlo - il maestro delle scienze occulte, il dottor Faust.

Per la civiltà, l 'ultimo fenomeno è evidentemente i l segno di un declino, e merita appena che vi ci si soffenni. Per quanto riguarda la gnosi, la questione è più delicata.

Le grandi verità della religione - esistenza e attributi di Dio, gover­no divino e provvidenza, origine, natura e destino dell'anima - sono suscettibili di essere conosciute dalla ragione. Lo si può dimostra­re. Infatti, a partire dal IV secolo, Platone e Aristotele costruiscono una teologia razionale, i cui elementi principali passarono, appena modificati, nella dogmatica cristiana, Platone influendo soprattutto sui primi Padri, Aristotele sui dottori del Medioevo. Ma altra cosa è avvicinare queste verità con la ragione, altra cosa raggiungerle con quella facoltà intuitiva che gli antichi chiamavano nous, Francesco di Sales la "fine punta dell 'anima", Pascal "cuore". Conoscere que­ste verità attraverso la ragione è indispensabile perchè si produca la seconda modalità di conoscenza. Tra Dio e l 'anima nessun contatto può stabilirsi, come da persona a persona, se, da una parte, si dubi­ta dell 'esistenza di Dio e de li' interesse che ha per gli uomini e se, dal l 'altra, non si è sicuri che l 'anima esiste e che, a causa della sua natura spirituale, è in grado di comunicare con il divino. Tutta la vita dello spirito suppone una dogmatica. Ma qui si presentano due tipi di difficoltà.

Le verità supreme della religione sono dimostrabil i . Platone de­dica un intero l ibro del le Leggi per dimostrare l 'esistenza di Dio e della Provvidenza; torna, a più riprese e per vie diverse, sulla dimostrazione della spiritualità e dell ' immortalità d e l i ' anima. L'e-

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sistenza e la natura del Primo Motore sono oggetto di lunghe serie di inferenze nella Fisica di Aristotele ( libri VII-VIII) e nella sua Metafisica (l ibro A). Tuttavia, poiché questo è un oggetto che tra­scende l 'oggetto proprio e naturale del l ' intelletto umano - l 'uni­versale immediatamente estratto dal dato concreto - siccome non c'è, in ciò che riguarda Dio o l 'anima, dato concreto che serva da costante supporto per queste nozioni "Dio" o "anima", poiché, per dirla tutta, queste nozioni "Dio" o "anima" non sono immediata­mente tratte dal l 'esperienza sensibile, ma ottenute al termine di una successione più o meno lunga di inferenze, può accadere di diritto e accade di fatto che non si impongono nella nostra mente con un carattere di necessità; non ci sono prove; lasciano sem­pre spazio al dubbio. C'è stato un tempo in cui, per le cause che abbiamo detto, l 'abuso del l 'esercizio razionale portò ad una sfi­ducia esagerata della ragione, e non dovrà sorprendere che molte menti, malsicure del valore delle inferenze, ma avide di certezze per quanto riguarda le verità essenziali, adottino un atteggiamento fideista, chiedano alla rivelazione ciò che la ragione non fornisce più. L'umanità ha conosciuto più di una crisi dello stesso ordine: alla fine del V secolo dopo i danni della sofistica greca; alla fine del Medioevo dopo gli eccessi della scolastica.

Questa difficoltà non è la sola. Dio e l 'anima sono oggetti della ragione, la loro esistenza è dimostrabile con la ragione. Ma nessu­na inferenza al mondo, nessun risultato di ragionamenti, farà mai che l 'anima, che non è solamente ragione, si volga un giorno prati­camente verso Dio, si converta a Dio, intrecci con lui un'amicizia come si forma tra due cuori. Perché da un lato l 'essere di Dio non finisce con l 'oggetto che la ragione apprende quando pronunciamo la parola "Dio": l 'essere di Dio deborda da questo oggetto infinita­mente. Senza dubbio è giusto, è legittimo applicare a Dio tutti gli attributi di eccellenza che si accordano perfettamente all 'Essere Pri­mo: tuttavia, trasferiti a Dio, questi concetti esplodono, poiché, con­cepiti per un oggetto finito, vogliono adesso circoscrivere un essere infinito. In modo che Dio, per essenza, è un mistero; è l ''Ayvrocrmç, l ' inconoscibile, infinitamente al di sopra della ragione, non che s ' i­gnori tutto di lui, ma perché il suo essere vero, la sua natura intima, ci rimangono inaccessibili . L'anima, da parte sua, trabocca anche la ragione. È ragione, certo, ma è ancora tutt'altra cosa. È, per sua

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stessa natura, facoltà di intuizione e facoltà d'amore. Aspira a una conoscenza che sia un contatto diretto, un "sentimento", un toccare, una vista. Aspira a un'unione che sia totale fusione, compenetrazio­ne di due esseri viventi.

Tutto questo, voglio dire la percezione confusa del mistero di Dio e dei bisogni del l 'anima, è ciò che la parola "gnosi" si sforzò di esprimere. Venne l 'ora in cui, in maniera più acuta e più dolorosa, l 'uomo ebbe coscienza di ciò che aveva d' inadeguato la conoscenza di Dio solo per mezzo del la ragione. Dio non apparve più tanto come un oggetto pensabile in quanto non si offre all'anima intera come un Oceano ove perdersi: un Oceano di luce la cui chiarezza accecava e il cui approccio assomigliava a un'entrata nella notte; un Oceano di felicità in cui era necessario immergersi, dissolversi, con il rischio di abdicare alla comprensione. Siccome il minimo scorcio di questa luce, siccome la minima partecipazione a questa felicità riempivano di una gioia senza limiti, era chiaro che si volesse tutto lasciare per vivere solo questi i stanti. Era il tutto della vita, i l fine unico. Ogni scienza, ogni attività dovevano portare a questo termine. E, allora, se le scienze profane non vi conducevano, si sarebbero abbandonate le scienze profane. La filosofia non sarà più che quel frequente sguardo che si porta sul l 'Inconoscibile, unito agli atti di culto e ai moti inte­riori attraverso i qual i si cerca di raggiungerlo. Così pensa l 'autore ermetista del l ' Asclepio66:

lo posso dichiarartelo infatti come in profezia, non ci sarà più, dopo di noi, alcun sincero amore per la filosofia, la quale consiste uni­camente nel desiderio di conoscere meglio la divinità attraverso una contemplazione abituale e una santa devozione. Infatti molti già la corrompono con ogni sorta di sofismi [ . . . ], la mescolano con diverse scienze incomprensibili, l 'aritmetica, la musica e la geometria. Ma la pura filosofia, che dipende solo dalla pietà verso Dio, deve interessarsi alle altre scienze solo nella misura in cui queste [ . . . ] lo indurranno ad ammirare, adorare e benedire l ' arte e l ' intelligenza di Dio [ . . . ] . Adorare l a divinità con un cuore e con un' anima semplice, riverire le opere di Dio, rendere infine i ringraziamenti alla volontà divina che, sola è la pienezza del Bene, tale è la filosofia che non contamina lo spirito di alcuna cattiva curiosità.

66 Cap. 12- 1 3 , p. 48. 1 3 ss. Thomas.

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E un cristiano del II secolo, Tertul liano, fa eco a questo pagano67:

Che cosa c'è in comune tra Atene e Gerusalemme, tra l'Accademia e la Chiesa, tra l' eretico e il cristiano? La nostra dottrina, a noi, viene dal portico di Salomone ed è Salomone stesso che ce la insegna: occor­re cercare il Signore nella semplicità del cuore. Lasciateci dunque un cristianesimo stoico, platonico e dialettico. Ogni curiosità cessa dopo Gesù Cristo, ogni ricerca, dopo il Vangelo. Crediamo, e non desideria­mo niente di più.

In questi tre capitoli, ho avuto l ' intento di introdurre alla com­prensione del la letteratura ermetica. Questa letteratura è complessa. Vi è diversità nelle dottrine insegnate: teologia, dottrina del mondo e del l 'uomo, astronomia, fisica, embriogenesi, psicologia. Ma vi è diversità anche nell'atteggiamento di fondo nei confronti della vita spirituale, del la modalità di relazioni dell 'anima umana con il mon­do e con Dio: uno di questi atteggiamenti appartiene alla gnosi pura, l 'altro a una forma di pietà che si apparenta al panteismo sempre presente nel l 'animo degli antichi. Per contro, i testi ermetici hanno di comune che si presentano tutti come la rivelazione di un dio-pro­feta, Ermete, a sua volta istruito dal Nous durante una visione in un sogno, o conoscente tutte le cose per avere tutto visto in cielo, prima di scendere sulla terra.

Perché questo bisogno di rivelazione? Come mai non si può più sapere nulla, né nel l 'ordine delle cose spirituali, né nel l 'ordine delle scienze umane, senza ricorrere a un profeta, preferibilmente a un profeta orientale, o a un dio? Qual è i l significato di questa onda mistica panteistica, qual è il significato della gnosi? Perché si vuole vedere, vedere un dio o, ancora più veramente, vedere Dio? Era ne­cessario, prima di tutto, rispondere a queste domande. L'ermetismo non è un fenomeno isolato. Fa parte di una grande corrente di spirito e di anima che è forse il fatto più considerevole della storia umana nei primi secoli della nostra era. Appare come uno dei segni più rap­presentativi di questo movimento. Sarebbe stato un compito vano descrivere le opere di Trismegisto se non si fosse tentato innanzitut­to di collocarle nella loro cornice.

67 De praescript. haeret., 7, 9.

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CAPITOLO IV

HERMES-THOTH

E LA LETTERA TURA ERMETICA 1

I Greci diedero i l nome di Hermes ad un dio egizio, Thoth, origi­nariamente un dio locale, adorato a Khmonou (oggi el-Ashmunein) nel Medio Egitto, di cui Greci fecero "la città di Hermes", Ermopoli, che era chiamato la Grande per distinguerla da un'altra Ermopoli nel Delta2• Gli animali che simboleggiavano Thoth erano il cinocefalo e l ' ibis3 : l 'egiziano Apione, sotto Tiberio, racconta che i sacerdo­ti di Ermopoli mostravano un ibis immortale che presumibilmente doveva rappresentare il dio4• Dalla più remota antichità, Thoth fu identificato con i l dio Luna, lo h, adorato n eli' Alto e nel Basso Egit­to5 : è forse in virtù di questa assimilazione alla Luna che Thoth era considerato l ' inventore della cronografia; calcolava i giorni, i mesi, gli anni; misurava il tempo; inoltre, determinava, per ogni uomo, la durata della sua esistenza, e quindi svolgeva già il ruolo di padrone del destino6• Quando si fu costituito il ciclo dei miti osiriaci, Thoth entrò nel seguito di Osiride, re del Delta. Fu il segretario, lo scriba di Osiride, prototipo di quegli scribi che hanno sempre svolto un ruolo così importante nella cancelleria faraonica7• Com 'era del tutto

Per il dio Thoth egiziano, cfr. P. BoYLI.N, Thoth the H ermes of Egypt, Oxford 1 922; PIETSCHMANN-RoEDER ap. RoscHER, V, 825 ss. ; AD. RuscH ap. P. W., 1 1 R.,

VI, 3 5 1 ss. 2 BoYLI.N, pp. 1 50- 1 52. Per altri luoghi di culto di Thoth, cfr. ivi, pp. 1 47 ss.

Se il culto di Thoth non è originario di Ermopoli (RuscH, 353), è quantomeno molto antico (PIETSCHMAI'iN, 829-830).

3 BoYLAN, pp. 76 ss. ; RusCH, 372-377; PIETSCHMANN, 838-84 1 . 4 APIONE ap. ELIANO, hist. anim. , X, 29. 5 BoYLI.N, pp. 62 ss. ; RuscH, 354-356; RoEDER, 845-847. Thoth è o identificato

con la Luna (BoYLAN, 62-68) o protettore della Luna ( i vi, pp. 68-75). 6 BonAN, pp. 83-87; RuscH, 356-357. 7 Cfr. DIODORO SICULO, I, 1 6, 2; BoYLAN, p. 26 e n. l . Thoth è, già in precedenza,

scriba di Ra o delle nove divinità, BoYLAN, pp. 49-6 1 ; RuscH, 358; RoEDER,

849.

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90 La rivelazione di Ermete Trismegisto - L 'astrologia e le scienze occulte

naturale allora, si fece di lui l ' inventore della scrittura e, di conse­guenza, di tutte le branche delle scienze e delle arti che dipendono dalla scrittura e sono collegate ai templi : la magia - Thoth sa pro­nunciare le formule magiche con l ' intonazione voluta8 -, la medici­na, l 'astronomia, in seguito l 'astrologia, la teosofia, l 'alchimia9• È così che Thoth mago appare a Iside quando vuole riportare in vita le membra di Osiride, suo sposo e fratello. Secondo una versione, Thoth è l 'arbitro della lotta tra Horus, figlio di Iside e Osiride, che governa il Delta, e Seth, il dio di Ombos nell 'Alto Egitto. Negli In­feri, mentre Horus e Anubis pesavano i l cuore del morto di fronte al giudice Osiride, Thoth incideva il risultato sulle tavolette. In cielo, infine, Thoth conservava la sua funzione essenziale: è il segretario, l ' ipomnematografo degli dei 1 0•

Tuttavia, Thoth non si contenta di questa posizione secondaria. Al tempo in cui i sacerdoti d'Egitto forgiarono delle cosmogonie nelle quali ogni clero locale volle dare il ruolo principale al dio che onora­va, i teologi di Ermopoli, emuli di quel li del Delta e di Eliopoli, elabo­rarono una cosmogonia in cui la parte principale era devoluta a Thoth. Siccome Thoth era mago, siccome conosceva la potenza dei suoni che, se emessi nel tono giusto, producevano immancabilmente il loro effetto, è con la voce, la parola o, meglio, l ' incantamento che Thoth doveva creare il mondo. La voce di Thoth è così creatrice: forma e crea; e, condensandosi in sé, fissandosi in materia, diventa un essere. Thoth si identifica con i l proprio soffio, la cui semplice emissione dà nascita a tutte le cose1 1 • Non è impossibile che queste speculazioni ermopolitane abbiano offerto qualche somiglianza con il Logos dei Greci - insieme Parola, Ragione e Demiurgo - e con la Sophia degli Ebrei Alessandrini; forse anche, da prima de li ' era cristiana, i sacerdoti di Thoth subirono su questo argomento l ' influenza del pensiero greco,

8 Cfr. BoYLAN, pp. 1 24- 135 : "Thoth in magie". 9 È l 'aspetto più noto di Thoth, cfr. BoYLAN, pp. 92-1 06; RuscH, 358-366; RoE­

DER, 849 SS.

l O Sul ruolo di Thot nelle leggende di Osi ride e di Horus, cfr. Bovu.N, pp. 1 1 -48: "Thoth in the legends ofOsiris and Horus".

I l Su Thoth creatore con la sua voce, cfr. BoY LA N, pp. l 07 ss., in particolare 1 19- 1 23 ; RoEDER, 850-85 1 . Rusch (369) minimizza questo ruolo di Thoth e lo riconosce solo nella teologia di Memphis

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/lermes-Thoth e la letteratura ermetica 9 1

ma non s i potrebbe dimostrarlo12• Ecco, in ogni caso, un esempio di questa religione di Thoth, secondo le iscrizioni geroglifiche del tempio di Dendera, sotto Nerone13 : "Thoth, il due volte grande, il più antico, il patrono della città di Ermopoli la grande, il grande dio a Tentyris, il dio sovrano, creatore del Bene, cuore di Ra, lingua di Atum, gola del dio il cui nome è nascosto, signore del Tempo, re degli anni, scriba degli annali del l 'Enneade", e ancora, "Rivelazione del dio della luce Ra, lui che esiste sin dal principio, Thoth, lui che riposa sulla verità. Ciò che scaturisce dal suo cuore ha immediatamente esistenza; ciò che ha pronunciato sussiste per l 'eternità".

Appena i Greci furono entrati in contatto con l 'Egitto la loro curiosità l i rese desiderosi di conoscerne la religione, i l loro biso­gno di comprendere, di cercare equivalenze tra le divinità egizie e i propri dei. Questo procedura di pensiero, già sensibile in Erodoto, si accentua poi in tutta l ' antichità. Così, come Neith, dea di Sais, fu assimilata ad Atena, Efesto a Ptah, Osiride a Dioniso, Apollo a Horus, Thot fu identificato con Hermes 14• Questa assimilazione è anteriore a Erodoto oppure dovuta allo stesso storico che segnala, a Bubasti - la cui dea dallo stesso nome diviene Artemide (Il, 1 3 7) -, un tempio di Hermes (Il, 1 3 8) : non si può però pensare al dio greco, e questo Hermes è quindi l 'egiziano Thoth. Curiosamente, tuttavia, Thoth, o meglio Theuth, che appare due volte in Platone 1 5 come inventore della scrittura, non è identificato con Hermes. Per contro, alla fine del IV secolo, Aristosseno di Taranto dichiara nella sua Aritmetica'6 che "gli Egiziani attribuiscono l ' invenzione dell 'a­ritmetica a Hermes, che essi chiamano Thoth". Forse non dobbiamo trarre conclusioni eccessive dal silenzio di Platone; o forse, ancora, l'assimilazione di Thoth a Hermes ha preso tutta la sua importanza soltanto al tempo del primo Tolomeo e sotto l ' influenza di questo re

1 2 Cfr. REITZENSTEIN, Zwei Religionsgesch. Fragen, 1 90 1 , pp. 73-83 (dal canto suo BoussET, Kyrios Christos, 1 9 1 3, pp. 3 8 1 ss., ha supposto un'influenza d i questa concezione egiziana d i Thoth sulla nozione d i Hermes Logos), e, in senso opposto, W. Ono, Priester u. Tempel i m hellenist. Agypten, I ( 1 905), p. 1 5, n. 3; vedi infra, pp. 1 08- 1 10; BOYLAN, pp. 1 1 2 ss., 1 22- 1 23.

1 3 BRuoscH, Rei. u. Myth. der alte n A.'gypter, pp. 49 e 5 1 . Cfr. REITZENSTEIN, Zwei Religionsgesch. Fragen, p. 73, Poimandres, pp. 59-68.

1 4 Su Thoth-Hermes, vedi anche RuscH, 383 ss. 1 5 Fedro, 274 c-275 b; Filebo, 1 8 b-d. 1 6 Ap. STOBEO, l, p. 20.8 Wachsmuth.

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la cui politica tendeva a fondere insieme i culti egizi e i culti greci . In ogni caso, Ecateo di Abdera17, i cui Aigyptiaka sono in relazione con la politica di Tolomeo I, fa di Thoth-Hermes l ' inventore di tutto ciò che è utile alla vita, anche della ginnastica e della coltivazione del l 'olivo, che si consideravano fino ad allora come "invenzioni" puramente greche, e offre dell 'equivalenza di Thoth-Hermes una spiegazione fi losofica che s' ispira a Platone18• Nel III secolo, l 'assi­milazione di Thoth a Hermes diventa ufficiale, perché, fin dall 'inizio del II secolo, nel 1 96, nel famoso decreto dei sacerdoti di Rosetta1 9, è evidentemente Thoth che va riconosciuto nel l"'Hermes il grande, il grande" che ha aiutato Horus a riconquistare il Delta. Un po' più tardi, l 'ebreo Artapano (11/1 sec.), che s'ispira ad Ecateo di Abdera, assimila Thoth-Hermes a Mosè2° "che insegnò agli Egiziani la navi­gazione, le gru per sollevare le pietre, le armi, le pompe idrauliche, le macchine da guerra, la filosofia, la scrittura", e riprende la spie­gazione di Ecateo: Hermes hermeneus, cioè interprete delle lettere sacre2 1 • A metà del I secolo, nel catalogo degli dei del De natura deorum, Cicerone designa come quinto Hermes, "quello che vene­rano i Feneati (in Arcadia), che, si narra, uccise Argo e per questo si rifugiò in Egitto dove insegnò agli Egiziani le leggi e la scrittura: gli Egiziani lo chiamano Theuth e danno lo stesso nome al primo mese del l 'anno22". A partire dal I secolo della nostra era, le testimonian­ze abbondano, nella misura in cui arriva a diffondersi la cosiddet­ta letteratura ermetica. Iscrizioni e papiri confermano i documenti letterari. Quando, nei papiri, si incontra il nome di Hermes, è il dio egiziano che va inteso: così l 'Hermes àvtKT]roç di una lettera privata, sotto Traiano23, è il dio di Ermopoli, come l 'Ermete di Antinoopoli (2 1 2 d.C.), il cui sacerdote è un pastoforo24• Una serie di iscrizioni

17 Ap. DioDoRo SicULO, l, 16 = F Gr. Hist., 264 F 25 (con i l commento d i Jacoby [Leida 1 943], pp. 75-87).

1 8 Cfr. infra, p. 93 . 19 Or. Gr. /nscr. Sei. , 90. I l , 1 9 e 26. 20 Resta traccia di questa fantasia fino ali 'VIII sec. della nostra era, in Cosma

di Gerusalemme (Il , 7, 245 = PG, XXXVIII, p. 496): Kaì oi J.!ÈV 1:òv 'EpJ.!JÌV mhòv dvm Mmuota òtaPePatoùvmt.

2 1 Ap. EusEBIO, praep. evang. , IX, 27, 6. 22 De nat. deor. , I II, 22 (56). 23 WILCKEN, Chrest. , 1 5 . 24 Pap. Lond., I I I, p. 1 63, 5 .

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al tempio di Pselchis in Nubia, comprese tra il II secolo a.C.25 e i l I secolo d.C. 26, sono dediche o prosrynemes a H ermes-Thoth, che qui è riconosciuto con il nome o di Hermes o di Hermes "che è anche Paotnouphis ( il cui cuore è buono)".

Si vedono assai le ragioni che hanno condotto a scegliere Her­mes per designare il dio egizio. Infatti, anche se Hermes non ha inventato la scrittura - questa invenzione, in Grecia, non era rap­portata a un dio, ma a un popolo straniero, i Fenici -, non è per questo meno associato alle arti letterarie e al l 'educazione liberale. Già l ' inno america a Hermes (vv. 25 ss.) fa di questo dio l ' inven­tore della lira a sette corde; il monumento di Thasos (inizio del V secolo )27 lo mostra davanti alle tre Cari ti, altrove è accompagnato da Muse o Ninfe; da Pindaro è il patrono degli efebi e della gio­ventù dei ginnasi . D'altra parte, Hermes è medico, conosce le virtù del l ' incantamento ( Èncpò�) per guarire le malattie. Infine, nel l 'età el lenistica, le speculazioni sul logos avevano messo in evidenza un altro aspetto di Hermes che doveva avvicinarlo a Thoth28. Sin dai tempi antichi, in Grecia, Hermes era stato considerato l 'araldo, il messaggero degli dei , pertanto l ' interprete della parola divina, e Platone, nel Crati/o ( 407 e ss.), si era persino divertito a far deriva­re il nome di Hermes da quello di hermeneus, "interprete":

Cerchiamo di esaminare che cosa significa il nome di H ermes [ . . . ] - Eh, per il vero [ . . . ] sembra riferirsi al discorso (logos ), il nome di Hermes; i caratteri d' interprete (hermeneus), di messaggero, di scaltro ladro, d' ingannatore nelle parole e di abile mercante, è al potere del discorso che tutte queste attività sono connesse.

Al che, riferendosi a un punto precedentemente stabilito nel dia­logo29, Socrate fa derivare Hermes da eirein, sinonimo di lègein (parlare), e dall'aoristo émesato, "egli immaginò", essendo i l dio "colui che immagina la parola" ( tò e'Lpetv Èjl�crato ). Un po' più in là

25 Or. Gr. Inscr. , 1 3 1 ( 1 36 a.C.); vedi anche 1 30.9. 26 lvi, 208 ( 1 36 d.C.), cfr. anche 202-207. 27 Al Louvre. Cfr. CH. PICARD, Sculpt. Gr. , II, l , pp. 9 1 -92. 28 REITZENSTEIN, Zwei Religionsgesch. Fragen, pp. 80-89. 29 Crat. , 298 d-e in cui la parola heros essendo collegata a erotan (interrogare)

e a eire in (parlare), sinonimo di lègein, la stirpe eroica si troverebbe ad essere una specie di retori e di sofisti.

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( 408 c-d), P an, figlio di H ermes, è definito <.:ome i l dio "che tutto fa conoscere"30, cioè come il linguaggio (Myoç) o fratello del l inguag­gio. Queste fantasie di un umorista furono prese sul serio. Ecateo di Abdera, dopo aver attribuito a Thoth-Hermes - di cui fa uno degli assistenti e lo ierogrammata (segretario) di Osiride - l ' invenzione del linguaggio articolato, della scrittura, del culto divino, del l 'astro­nomia, della musica, dei giochi in palestra, del l 'euritmia e dei bei movimenti del corpo3 1 , della l ira a tre corde che corrispondono alle tre stagioni del l 'anno - estate, inverno e primavera32 -, addirittura della coltivazione dell 'olivo33, aggiunge infine: "È lui che insegnò ai Greci l 'arte d' interpretare (hermenèia), motivo per cui è stato chia­mato Hermes"34• Questa dottrina di Hermes-/ogos diventa uno dei luoghi comuni dello stoicismo. Così Seneca, secondo Crisippo35, insegna che Dio si confonde con la Natura e il Destino, e che tutti i nomi degli dei particolari, che designano una funzione speciale o un beneficio singolare della divinità, sono ugualmente adatti a lui, per esempio quel li di Liber Pater, di Ercole e di Mercurio (Hermes), quest'ultimo "perché la ragione (ratio, Myoç), la misura, l 'ordine e la scienza sono nelle mani di Dio". Altrove36, ancora secondo Cri­sippo, Filone afferma che è necessario collegare il mito di Vulcano al fuoco, quello di Giunone alla natura dell 'aria, quello di Mercurio alla ragione. Diogene di Babilonia pensa lo stesso37, così come lo stoico anonimo che ha ispirato Varrone38:

Si dice che Mercurio (Hermes) sia il linguaggio stesso (sermo, Myoç), come manifesta il ruolo che gli si attribuisce - in effetti Mercu­rio significa colui che corre in qualità d' intermediario (Mercurius-me­dius currens ), perché il linguaggio corre in quanto intermediario tra

30 nav = 1:ò nàv flfJWwv. 3 1 Questo è greco, non egiziano. 32 La lira a tre corde è egiziana, ma c'è sicuramente qui un ricordo de ll ' inno ad

Hermes, nel quale il dio inventa la lira greca a sette corde. 33 Invenzione espressamente revocata ad Atena, di cui era uno dei titoli di gloria

più bell i . 34 Ap. DIODORO SiCULO, l, 1 6. 35 Ap. SENECA, de benef, IV, 7 = St. V. Fr. , Il, p. 306. 7 . 36 A p. FILONE, de provi d., II , § 41 = St. V. Fr. , Il, p. 3 1 6. 25. Il testo è conservato

solo in traduzione latina, da cui i nomi latini degli dei. 37 Ap. FJLODEMO = St. v. Fr. , III, p . 235 . l ss. 38 Ap. AoosTINO, civ. dei, VII, 14.

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gli uomini: da qui il nome di Hermes in greco, perché il linguaggio o l ' interpretazione del linguaggio è detto hermenèia; allo stesso modo Mercurio presiede il mercato, perché è il linguaggio che serve da inter­mediario tra venditori e compratori; le ali che Mercurio porta sulla testa e ai piedi esprimono la rapidità con la quale Mercurio vola nell'aria; infine Mercurio è detto messaggero (nuntius), perché è grazie al lin­guaggio che si enunciano tutti i nostri pensierP9•

In ogni modo, all' inizio del l 'era cristiana, Hermes "portatore del­la parola" è un concetto popolare: è appena il caso di ricordare la scena degli Atti (XIV, 1 2), dove gli abitanti di Listra prendono S. Paolo per Hermes, perché egli è il maestro della parola ( ò �ym)jlEVoç -roù Myou = dux verbi Vulg.). Giamblico, nel de mysteriis (1, l ), im­piega un'espressione analoga: "Hermes è il signore del l inguaggio" (9Eòç ò -r&v Myrov �YE!lffiv) e i l 28° inno orfico loda in Herrnes i l messaggero d i Zeus (�t6ç ayyEÀoç), i l profeta del logos tra i mortali (Myou 9vr}-roìcrt 7tpoq>�-rTJç). Nulla è più noto, d'altra parte, delle speculazioni degli stoici sul Logos, che non è solo la parola articola­ta o il verbo con cui esprimiamo esternamente (Myoç 1tpoq>optK6ç) i l "verbo mentale" concepito all ' interno (Myoç Èvoui9Emç), non solo è la ragione, e in questo senso, la facoltà principale che distingue l 'uomo dagli altri animali, ma che è ancora, soprattutto, la Ragione divina creatrice, diffusa in tutto l 'universo, e di cui ciascuna ragione umana non è che un frammento effimero che fin quaggiù ci appa­renta a Dio. Se quindi Hermes era paragonato al Logos-Dio, e se Thoth si identificava con Hermes, si vede come queste equivalenze, facilitate forse dal ruolo demiurgico del dio ermopolitano40, si pre­paravano a ricevere, verso l ' inizio della nostra era, la dottrina di un Hermes-Thoth parola di Dio, al tempo stesso creatore del mondo e profeta di questa creazione.

Adesso, perché l 'epiteto di Trismegisto, "tre volte grandissimo" (-rpHJjlÉytcr-roç)? C'è qui, in qualche modo, una contaminazione del superlativo greco jlÉytcr-roç, la cui applicazione a un dio è abbastanza

39 La continuazione del testo di Agostino mostra che, nelle speculazioni stoi­che, Hermes-Logos era intermediario non solamente tra gli uomini, ma tra gli dei : Agostino protesta in effetti contro la teoria secondo cui Mercurio avrebbe svolto la funzione di Parola tra gli dei, perché in tal caso sarebbe superiore a Giove stesso (Giove parlando solo se Mercurio gli dà la parola), il che, dice, è assurdo.

40 Cfr. supra, p. 90.

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comune in Egitto41 , e del superlativo egiziano mediante la ripeti­zione del positivo, cioè, qui, "grande grande" (eg. aa aa), in greco llÉyaç llÉyaç42 o llÉyaç Kaì llÉyaç43 • Ora, dai tempi di Tolomeo IV Filopatore (22 1 -205), si osserva questo superlativo egizio tradotto in greco - precisamente in riferimento a Hermes - con i l superlati­vo greco tre volte formulato: llÉytcr-roç Kai llÉytcr-roç Kaì llÉYtcrtoç44 : era sufficiente sostituire questa ripetizione con i l semplice prefisso tptcr- (''tre volte") e si otteneva tptcrllÉytcrtoç, "il tre volte grandis­simo". In questa forma, l 'epiteto appare esclusivamente riservato a Hermes-Thoth rivelatore della dottrina ermetica45, Trismegisto fa­cendo in qualche modo con Hermes un solo nome proprio. Infatti, la coppia Ermete Trismegisto si incontra raramente al di fuori dei nostri testi: una volta sulla dedica di un soldato romano - "Al Gran­de Dio Ermete Trismegisto"46 - al tempo di Gordiano III (238-244), una volta, sotto la forma Hermes tpicr!lÉyaç, in un papiro magico47• Marziale fa allusione al nome così come alle speculazioni sul dio Uno e Tutto: omnia solus e ter unus48• L'alchimista Zosimo sguazza con gioia in queste fantasmagorie:

Il presente composto (chimico), una volta messo in movimento, par­te dallo stato di monade per costituirsi in triade mediante l 'espulsione del mercurio; essendo costituito in monade che fluisce in triade, è un continuum; ma, a sua volta, essendo costituito in triade con tre elemen­ti separati, costituisce il mondo con la provvidenza del Primo Autore, Causa e Demiurgo della Creazione, che perciò è chiamato Trismegisto

4 1 Or. Gr. lnsc1:, 1 3 1 9eòn J.!Eyicmot 'EpJ.!ijt: cfr. 202, 204, 206, 208; ugualmente, per Iside, WILCKEN, Chrest. , 68.3-5, 92.5, 7; Soknopaios, ivi, 77. 9, 85. I l , 1 22; Helios e Mnevis (o Helios Mnevis), 86. 8; Artemide Nanaia, Serapide, Arpocrate, Souchos, l 02. 3-4.

42 Or. Gr. lnscr. , 1 76.5 I:ouxcot 9eiòt J.!EYUÀ.cot J.!EyaÀ.cot : cfr. 1 78.3 e WILCKEN, Chrest., 93 (Soknopaios), 1 2 1 (Sokanobkoneus).

43 Or. Gr. /nscr. , 90. 1 9 'EpJ.tiic; ò J.l. Kaì J.l. (Rosetta) . 44 WILCKEN, Chrest. , 109.6. 45 Tuttavia, uno scritto teosofico pubblicato da DELAITE, Anecdota Atheniensia

(Bruxelles 1927), nomina un certo 'Ooiòv ò TptcrJ.téyt<JToç (pp. 33 1 . 1 O, 32) la cui dottrina è peraltro cristiana: sembra quindi essere un'imitazione bizantina (p. 330. 22 lo stesso è chiamato t1iòv).

46 Or. Gr. lnscr. , 7 1 6. 1 : la stessa espressione 9eòv J.léyav 'E. T p. mostra che Tri­smegisto ha ora valore di nome proprio.

47 Pap. Gr. Mag., VII, 55 1 . 48 MARZIALE, V, 24, 1 5 . Cfr. per esempio C. H. , XVI, 3 .

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in quanto ha considerato nella modalità triadica ciò che è prodotto e ciò che produce.49

Un tardo e anonimo commentatore offre un'altra esegesi50•

Il primo dei corifei della Chrysopea (fabbricazione dell'oro) è Erme­te, che è chiamato Trismegisto, e che ha ricevuto questa denominazione non solo perché la presente operazione si fa secondo tre attività del potere (operativo?), ma per aver osservato che le operazioni diverse da quelle sono pure fatte secondo tre distinte essenze ontologiche: è lui che per primo scrisse su questo grande mistero.

* * *

Avendo Thoth inventato la scrittura, era naturale che gli s i attri­buissero i libri più antichi, o piuttosto che, secondo un'usanza che non s'incontra solo in Egitto, si assegnasse al dio di Ermopoli la paternità di tutti gli scritti di cui si volesse aumentare il prestigio e rafforzare l 'autorità. Secondo una favola ellenistica che non risale sicuramen­te al sacerdote Manetone, contemporaneo di Tolomeo II Filadelfo (285-247), poiché la lettera che gli si attribuiva è apocrifa5 1 , anche se sembra anteriore a Varrone52, Thoth, i l primo Ermete, avrebbe inciso la sua scienza su steli in l inguaggio sacro e in caratteri "ierografici" (geroglifici?), e, dopo il diluvio, suo nipote, il secondo Hermes, figlio di Agatodemone e padre di Tat, avrebbe interpretato e trascritto que­sta rivelazione in caratteri "geroglifici" (ieratici?) in libri che avrebbe depositato nei santuari dei templi egizi. Stando a Clemente Alessan­drino, tutta la letteratura sacra dell'Egitto risalirebbe a Hermes. Nel passo degli Stromati in cui descrive la processione dei sacerdoti53, fa portare al primo, il cantore, che cammina in testa, due libri di musica di Hermes, uno contenente gli inni degli dei, l 'altro l 'elogio della vita di corte; poi viene l ' horoskopos54 che deve sempre saper ripetere la

49 A/eh. Gr., p. 1 32. 1 9 ss. Berthelot: i l testo è tutt'altro che sicuro. SO P. 424. 8 ss. Berthelot: testo ugualmente incerto. 5 l Testo ap. SINcELLO, p. 72. 1 6 ss. Dindorf. Cfr. REITZENSTEIN, Poimandres, p. 1 39. 52 La genealogia dei due Ermete (nonno e nipote) è già in VARRONE ap. Aoosrr-

NO, civ. dei, XVIII, 3 e 8. Cfr. anche Asci., 37. 53 Strom. , VI, 4, 35, 3-37, 3. 54 "Colui che osserva l 'ora" ( cbpocrK67toç); si tratta dello stesso che è denominato

da Cheremone (ap. PoRFIRJO, de abst. , IV, 8, p. 24 1 . l N.) cbpoMyoç = "colui

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dottrina sugli astri dei quattro libri di Hermes, il primo dei quali tratta del cielo delle stelle fisse, i l secondo dei pianeti, i l terzo delle congiun­zioni del sole e della luna, il quarto del sorgere degli astri; a proposito dello stolista, che viene come quarto e la cui specialità è tutto ciò che concerne l 'educazione (sacerdotale) e le prescrizioni dei sacrifici, viene fatta ancora menzione di dieci libri "che contengono tutta la pietà degli Egiziani", ma l 'autore non dice che siano di Hermes; viene infine i l profeta che deve conoscere a memoria i dieci l ibri chiamati ie­ratici, sulle leggi, gli dei e tutta la formazione del clero: è qui che Cle­mente dichiara che ci sono quarantadue libri assolutamente necessari di H ermes; trentasei di essi contengono l 'insieme della filosofia degli Egiziani, sono i trentasei libri che i profeti devono sapere a mente; gli altri sei competono ai pastofori, sono di medicina e trattano della costituzione del corpo, delle malattie, degli organi, dei rimedi, delle affezioni agli occhi e infine delle malattie delle donne. Da parte sua Giamblico55 dichiara che i libri Ermaici sono stati tradotti dall 'egizia­no da uomini che non erano senza conoscenza della filosofia.

Tuttavia, non sembra sia ufficialmente esistita una letteratura di Hermes in lingua egiziana durante l 'epoca faraonica. È menzionato, una volta, nel capitolo 64° del Libro dei Morti, uno scritto che si sarebbe trovato "nella città di Khemenu, su una lastra di metallo, la scrittura tracciata in caratteri blu, sotto i piedi del dio (Thoth)", e che conteneva una formula magica: "Chiunque conosca questo capitolo, vincerà sulla terra e nell 'Ade, e sarà in grado di fare tutto ciò che un uomo vivente può fare, poiché questo è un filatterio del grande dio"56• Un'altra volta, nel racconto demotico di Setne-Khamuas (tar­do III secolo a.C.), si cita un libro scritto di propria mano da Thoth e concernente, anch'esso, la magia:

Le due formule che su di esso sono scritte, se reciti la prima, incante­rai il cielo, la terra, il mondo della notte, le montagne, le acque; capirai

che dice l 'ora": in effetti l' horoskopos porta qui un wpoMytov, simbolo della sua funzione. È possibile che l 'horoskopos sia stato portato a osservare l 'ora natale, a "trarre l'oroscopo", ma il suo ruolo doveva essere principalmente quello di misurare il tempo, cfr. supra Thoth inventore della cronografia.

55 De myster., VIII, 4 : J..LEmyÉypa1tmt. . . èmò Tfjç Aiyu1triaç yÀ.wrTTJç {m' àvòpéi>v cptÀ.ocrocpiaç OÙK à1tEiproç ÉXOVTWV.

56 Pap. Nebseni, cap. 64, I l . 51 -52. Cfr. Book ofthe Dead, ed. W. Budge, Trans­lation, p. 1 1 6.

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che cosa dicono gli uccelli del cielo e i rettili, tutti quanti sono; vedrai i pesci degli abissi, perché una forza divina si poserà sull' acqua sopra di loro. Se leggi la seconda formula, anche se sei nella tomba, riprenderai la forma che avevi sulla terra; anche tu vedrai il sole sorgere in cielo e il suo ciclo di dei, e la luna nella forma che ha quando appare. 57

Queste allusioni piuttosto vaghe non ci permettono di concludere che i templi d'Egitto, sotto i Faraoni, abbiano posseduto nei loro archivi una serie di opere attribuite al dio Thoth.

D'altra parte, sembra che, dal tempo dei Tolomei, sia esistita una letteratura ermetica greca. Questa letteratura fu prima di tutto di natura astrologica. Nel II secolo della nostra era, l'autore58di una compilazio­ne astrologica in versi prodotta sotto il nome di Manetone afferma di aver preso in prestito da steli e da libri sacri nascosti nei santuari, che compose e incise l'assolutamente saggio Ermete, assistito da Ascle­pio e sostenuto dalla provvidenza speciale degli astri del cielo: nes­suno ha mai raggiunto una simile saggezza, eccetto il solo Petosiris59• Petosiris è il nome di un sacerdote egiziano che si reputava avesse scritto, con il re Nechepso, un ampio manuale di astrologia. L'opera, di cui rimangono alcuni frammenti, risale al II secolo prima della no­stra era60• Ma l 'astrologo Efestione di Tebe (sotto Teodosio) afferma che "l'il lustre Nechepso (- Petosiris)" ha attinto ai Sa/meschoiniaka, opera del medesimo inchiostro, a quanto pare un po' più anziana di Petosiris-Nechepso6 1 • Infine Giamblico62 dice che i Salmeschoiniaka

57 MASPERO, Contes populaires de l 'Égypte ancienne, 4• éd., pp. 1 3 1 - 1 32. Cfr. F. LL.GRJFFITH, Stories ofthe High Priests of Memphis, Oxford 1900, pp. 92-93, Il. 1 2 ss.

58 O uno degli autori. 59 PsEuoo-MANETONE, V (VI), 1 -4, 9- 10. A dire il vero, la data di questo l ibro V

potrebbe essere successiva, cfr. ScHMm-STAHUN, Il, p. 974 e n. 8. 60 Cfr. E. RIEss, Nechepsonis et Petosiridis fragm. magica, Philologus, Suppl.

Bd. VI, l , 1 892, pp. 327 ss. (questa raccolta molto incompleta dovrebbe es­sere riedita con le aggiunte necessarie, cfr. BoLL, CCAG., VII, pp. 1 29- 1 5 1 : Excerpta ex Nechepsone et Petosiride de Solis et Lunae defectionibus); dello stesso autore, con il medesimo titolo, una Dissertazione di Bonn, 1 890. Sulla data (anteriore alla presa di Corinto, quindi non oltre il ! 50 a.C.), cfr. BoLL in CCAG., VII, pp. 1 29- 1 3 1 .

6 1 Cfr. Catai. Cod. Astro!. Gr. (citato CCAG.), VIli, 2, p. 87. 1 -2. 62 De myst. , VIII, 4. Sui Salmeschoiniaka, cfr. KROLL in P. W., Supplt. Bd. V, 843

ss. Stabi lisce la data prima del 1 50 a.C. (data di Petosiris-Nechepso). Vedi anche BoLL, Sphaera, pp. 376-378.

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contengono solo una piccolissima parte della dottrina dei trattati di Ermete ('t&v 'EpjlatK&v òta'tai;Ecov). Dobbiamo quindi supporre dei trattati astrologici di Ermete precedenti ai Salmeschoiniaka, e questo ci riporta al principio del II o addirittura al III secolo prima della nostra era. Altre testimonianze confermano questi dati. Galeno di Pergamo fa riferimento a uno scritto ermetico di botanica astrologica utilizzato dall'erborista Panfilo: "Dopo di ciò Panfilo menziona una pianta di nome, a quel che dice, aetos, di cui ammette che nessuno dei Greci ha mai parlato, ma di cui si tratta in uno dei libri attribuiti a Erme­te Egiziano, dove vengono esaminate le trentasei piante sacre degli Oroscopi"63; queste d'altronde, secondo Galeno, non sono altro che chiacchiere. È stato possibile fissare la data di Panfilo nel I secolo della nostra era, meglio verso la fine, sotto i Flavi64• Ma la dottrina astrologi­ca dei Trentasei Oroscopi, o Trentasei Decani, è ben attestata in Egitto fin dai tempi dei faraoni, e vi è un Liber Hermetis sui decani di cui alcuni elementi risalgono almeno all 'epoca dei Tolomei65; d'altra parte abbiamo le prove, da testimoni diversi da Panfilo - quale la lettera di Tessalo di Tralle sotto Claudio o Nerone66 -, che la credenza nella virtù medicinale di alcune piante corrispondente ai sette pianeti o ai dodici segni dello Zodiaco o ai Trentasei Decani è nata da prima dell'era cri­stiana. In ogni caso, si è giustificati nel concludere l 'esistenza di una letteratura astrologica di Ermete precedente la nostra era, e c'è una probabilità che alcuni di questi l ibri risalgano al III secolo67• Tornere­mo presto su questi primi scritti ermetici e ne tradurremo alcuni pezzi.

Strabone, che visitò l 'Egitto con Elio Gallo dall 'anno 24 al 20 a.C., riferisce che i sacerdoti di Tebe, che sostenevano di essere i più sa-

63 G.\LENO, Xl, 798 KUhn: cfr. PFISTER, Pflanzenaberglaube, in P. W. col. 1 454. Rimane un Libro sacro di Ermete ad Asclepio sulle piante corrispondenti ai Trentasei Decani (Rev. Philol. , XXXII, 247 ss.: cfr. infra, pp. 169 ss.), ma la pianta aetos non vi è affatto menzionata.

64 Cfr. M. WELLMANN, Die <l>ucrtKci des Bolos Demokritos u. der Magier Anaxilaos von Larissa (Abh. d. Pr. Ak. d. Wiss. , Phii.-Hist. KI., 1 928, n° 7), p. 32, n. 2.

65 Cfr. infra, pp. 1 4 1 ss. 66 Cfr. supra, pp. 77 ss. 67 Non ho tenuto conto, in questa indagine, delle combinazioni di Bouché-Lec­

lercq (Astr. Gr., p. 307, n. l : secondo Dieterich) sul trattato ermetico di astro­logia dal titolo Panaretos sulle sette "sorti" planetarie (cfr. CCAG. Gr. , IV, pp. 8 1 , 1 -2; V, 3, p. 63, f. 244) e sull 'omonimo trattato citato PGM X, 978-980 come il l ibro V dei Ptolemaika (cfr. DIETERICH, Abraxas, pp. 203. 6), perché non sappiamo nulla di questi Pto/emaika e sembra audace riferirli a Tolomeo II .

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pienti filosofi e astronomi, facevano risalire tutta la loro saggezza a Hermes68: questo presuppone a quanto pare che esistessero, già a quel tempo, delle opere "ermetiche", non solo sugli astri, ma anche sulla filosofia (teosofia). Nel I secolo d.C., Plutarco69 afferma che, nei libri di Hermes sui nomi sacri, si dice che la potenza preposta al circuito del sole è designata col nome di Horus, in greco Apollo, e la potenza preposta al soffio (1tVEÙ!la) è denominata da alcuni Osiride, da altri Serapide, da altri Sothis "che significa la gravidanza o l 'essere gravi­do". Fi lone di Biblo, contemporaneo di Tacito, vuole che l' autore feni­cio Sanconiatone abbia tratto dal loro nascondiglio ( tl;e11acrn:ucre) gli scritti di Taauto, vale a dire, Thoth-Hermes70• Nel II secolo, l 'apologe­ta cristiano Atenagora (tra il l 77 e il 1 80) si appella alla testimonianza di Ermete Trismegisto per dimostrare che gli dei dell'Egitto erano solo re divinizzatF1 • Un po' più tardi, Tertulliano, nel De anima12, cita te­stualmente un trattato ermetico oggi perduto, dove si dice che l 'anima, una volta uscita dal corpo, non va a dissolversi nell 'Anima del Mondo, ma che persiste in quanto anima individuale per rendere conto al Padre di tutto ciò che ha fatto durante i l suo soggiorno sulla terra; altrove73, in una l ista di filosofi antichi ritenuti non solo uomini divini (divi), ma dei, Tertul liano nomina Mercurio Egiziano, dal quale Platone ha preso in prestito la maggior parte della sua dottrina (cui praecipue Plato adsuevit), accanto a Sileno Frigio, Ermotimo di Clazomene, Orfeo, Museo, Ferecide il maestro di Pitagora; nel capitolo 28, parlando della metensomatosi insegnata da Platone, osserva: "Questa è una dottrina pitagorica secondo alcuni; Albino la pensa divina e forse di Mercurio Egiziano"; infine, nello scritto Contro i Valentiniani14, Tertulliano dice che Mercurio Trismegisto, maestro di tutti i fisicF5 - e quindi degli Stoici, di Platone e dei Pitagorici nominati nel testo -, non ha riflettuto

68 XVII, l , 46, p. 1 1 38.30 ss. Meineke. 69 fs. Os. , 6 1 . 70 Ap. EusEBio, praep. evang. , l, 9, 24. 7 1 GEFFCKEN, Zwei Griech. Apolog. , p . 1 47. 23: allusione a qualche passo analo-

go in Asci. , 37. 72 Cap. 33 : scritto probabilmente tra il 208 e il 2 1 3 . 73 lvi, cap. 2. 74 Cap. 1 5 : scritto intorno al 207-208. 75 Cioè dei filosofi che si sono occupati della natura e del mondo (antico senso

di cpumK6ç) o degli studiosi istruiti in v irtù occulte (significato ellenistico di cpumK6ç), cfr. J . ROHR, Der okkulte Kraftbegriffim Altertum (Philologue, Sup­pl. Bd. XVII, l ), 1 923, pp. 77-82.

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sull 'origine della materia. Ippolito76, riferendo la dottrina dei Naasse­nF?, dice che i Cil leniani onorano di un culto particolare Hermes come logos, cioè come interprete (ÉPilTJVEDç) e tutto insieme demiurgo di ciò che è stato, di ciò che è e di ciò che sarà: questo duplice carattere non può che designare Trismegisto, tanto più che, due righe sopra78, i Naasseni considerano le figure di Hermes denominate erme come un prestito dai Greci agli EgizF9; nel pezzo sui Peratz-s0, Ermete Trisme­gisto prende posto tra i teologi che sono la copia terrena del grande dio Men, accanto a Boumegas, Ostane, Curite, Petosiris, Zodario, Be­rosso, Astrampsico e Zoroastro: miscuglio assai istruttivo! Ostane e Zoroastro sono magi di Persia, Berosso il sacerdote babilonese di Bel, autore dei Babyloniaka dedicati ad Antioco I Soter (28 1 /0-262/ 1 ) che passava, almeno dal I secolo della nostra era, per aver introdotto nel mondo greco la scienza astrologica e la saggezza dei Caldei81 , Petosi­ris è il sacerdote egiziano al quale si riportava un l ibro di astrologia del II secolo82, Astrampsico un astrologo mago e indovino che si faceva provenire o dalla Persia o dall 'Egitto83: abbiamo qui, come si vede, una col lezione di profeti orientali, che implica l'esistenza di un'intera letteratura apocrifa già largamente diffusa nel II secolo.

Più avanti nel III secolo, ecco il vescovo di Cartagine Cipriano, che, nel trattato Quod idola dii non sintB\ associa di nuovo Ostane a Ermete e riferisce a quest'ultimo la dottrina di un Dio unico, al di sopra di ogni intellezione e di ogni valutazione umane85• Verso la fine del secolo, l 'autore della Cohortatio ad Gentiles86 ricorre alla testimonianza delle Sibi l le e dei fi losofi più antichi, Akmon87

76 La Refutatio omnium haeresium ha dovuto essere scritta tra il 228 e il 233. 77 V, 7, 29, p. 85. l 8 ss. Wendland. 78 P. 85. 1 6. 79 Confusione forse tra Hermes e il dio egizio Min. 80 V, 1 3, 8, p. l 09. 25 ss. Su questo testo, cfr. PREISENDANZ ap. P. W., s. v. Ostanès,

XV111, 1625. 34 ss. 8 l Cfr. FLAVIO GIUSEPPE, c. Apion, l, 19, 129. 82 Cfr. supra, p. 99, n. 6 1 . 83 P.W., Il, 1 796. Gli altri (Boumegas, Zodario e Curite) sono sconosciuti: Cu­

rite può essere un prototipo dei Cureti nominati un po' più sopra, p. 109. 1 4 Wendland.

84 Cap. 6. Se questo trattato è in effetti di Cipriano, risale al 228-233 circa. 85 Citazione forse degli Hermetica di Stobeo, Exc. l. 86 Attribuita a Giustino, ma scritta probabilmente tra il 260 e il 302. 87 'AKJlWVoç (F) è conservato qui e in Exc. Xli i ('EpJlOÙ ÈK -réòv 'AKJ.!Wvoç) da FER­

GusoN, Hermetica, IV, p. x uv. Altri hanno proposto Ammone o Agatodemone.

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e Ermete, l 'uno per la sua dottrina di Dio completamente nascosto (miyKpu<poç), l 'altro per aver scritto in modo molto evidente "che è difficile avere l 'intelligenza di Dio e che, se si avesse questa in­telligenza, sarebbe impossibile esprimere ciò che si è concepito"88• All ' inizio del IV secolo, nel suo trattato Contro i pagani89, Amo­bio distingue tre sette di teosofi, gli ermetisti, i platonici-pitagorici, infine gli "uomini nuovi"90 che si credono nati dallo stesso Primo Dio Nous91 • Con l ' alchimista Zosimo92, Lattanzio93 e Giamblico94, le citazioni testuali divengono sempre più numerose. Un passo di Zosimo95 è particolarmente importante perché l 'alchimista nomina espressamente i l Pimandro (tòv 1t01JlÉVavcSpa), personaggio che ha dato il suo titolo al I trattato del Corpus Hermeticum, e fa riferimen­to al "battesimo nel cratere" che è trattato nel C. H, IV.

Fermiamo qui questa rassegna dei testimonia più antichi96• Ne ri­sulta che una letteratura ermetica astrologica era conosciuta sin da prima dell 'era cristiana e che, se libri di filosofia o teosofia sono circolati sotto il nome di Hermes forse dal I secolo della nostra era (Plutarco ), forse anche prima (Strabone ), è soprattutto dal I I secolo, sembra, che si è prestato attenzione ad essa.

88 Citazione dell'Exc. I di Stobeo. 89 A dv. nat. , II, 1 3 : scritto verso il 304-3 1 O. 90 Cfr. ivi, Il, 1 5 , p. 59.23 ss. Reifferscheid. 9 1 Cfr. Mémorial Lagrange, 1 940, p. 99, n . l . 92 Fine III/inizio IV sec. Zosimo cita Porfirio ed è c itato da Sinesio. 93 Divinae lnstitutiones: scritte tra i l 305 e il 3 1 O. 94 De mysteriis: primo quarto del IV secolo. 95 Al eh. Gr. , p. 245. 6-7 Berthelot. 96 Non ho preso in considerazione il Pastore di Hermas, nonostante REITZEN­

STEIN, Poimandres, pp. 1 1 - 1 3 , 33-35. Senza dubbio ci sono relazioni formali tra HERMAS, Vìs., V, l e C.H., l, 1 -4: ma questo è il tipo ellenistico della "vi­sione", tipo allora troppo diffuso (cfr. supra, cap. III) perché si possa giungere alla conclusione di una dipendenza letteraria (che si consideri C.H. , I come l 'originale o viceversa). Senza dubbio la menzione d eli' Arcadia (HERMAS,

Sim. , IX, l . 4) sorprende innanzitutto, ma mi sembra indotta dal carattere stesso del personaggio che è oggetto della visione: è un pastore, e l 'Arcadia è considerata, nel periodo ellenistico, come la culla della vita pastorale e dei culti più antichi, cfr. VON GEBHARDT-HARNACK, ad. [oc. (Patr. Apost. Op., fase III, 1 877). Ved i per di più G. BARDY, Rev. Bibl. , Nouv. sér. VIII ( 1 9 1 1 ), pp. 39 1 ss. e ScHMID-Sr.:i.HLIN, p. 1 222, n . l .

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Ci si può chiedere chi sono stati gli autori di questa letteratura - sa­cerdoti egiziani o Greci stabiliti in Egitto - e a quale tipo di pubblico si rivolgevano - fedeli di una "chiesa" ermetica o semplici lettori.

Reitzenstein97 ha creduto all 'esistenza di confraternite ermetiche. Una di esse, la "confraternita di Poimandres" (die Poimandres-Ge­meinde), fu fondata tra l ' inizio del II secolo a.C. e il II secolo della nostra era: la storia della dottrina dell ' Anthropos in Egitto farebbe presumere, come probabile data di fondazione, all' incirca i tempi della nascita di Gesù. Il fondatore della setta fu un sacerdote egi­ziano che univa una dottrina della creazione del mondo di Ptah a una rivelazione orientale sulla schiavitù e la l iberazione del l 'uomo, combinando il tutto in un sistema gnostico. La fratellanza acquistò ampiezza: dall ' inizio del II secolo della nostra era esercitò la sua in­fluenza a Roma. Con i l tempo, la dottrina assunse un aspetto sempre più mistico e l 'elemento egiziano vi ebbe più spazio. Nel II secolo, i l carattere profetico tende a predominare: per questo stesso fatto, que­sta "confraternita di Poimandres" si avvicina ad altre confraternite ermetiche allora molto numerose, per confondersi infine con esse. Poi i l profetismo perde terreno, le influenze ebraiche diventano più marcate. Nel IV secolo, la confratemita scompare ai nostri occhi.

Geffcken98 ha condiviso questa opinione. Senza dubbio, ricono­sce questo studioso, c'è qualche ragione per distinguere i diversi gruppi nella letteratura fìlosofìco-teosofìca di Trismegisto: l' insie­me mostra comunque un solo obiettivo. Si è mirato a costruire una comunità. È vero che, propriamente parlando, i trattati del Corpus Hermeticum, nonostante i loro salmi99, non sono stati usati per i l culto; ma, nella diversità della loro forma - esposizioni didattiche e mistiche, sermoni, eulogie - compongono uno stesso "libro di de­vozione" destinato a soddisfare tutti i bisogni del l 'anima, qualunque essi fossero. Quindi questo è, in effetti, un libro di confraternita, come una specie di Bibbia.

Confesso che tutto ciò mi sembra un romanzo. l ) La letteratura ermetica presenta le forme più diverse: si sono

messi sotto il patronato di Ermete scritti di astrologia e di medicina astrologica, ricette per la magia, opere di alchimia, piccoli trattati di

97 Poimandres, p. 248. 98 Der Ausgang des Griech.-rom. Heidentums, 1 920, p. 80. 99 C.H., l, 3 1 ss.; V, I l ; XIII, 1 8; Asci. , 4 1 ; inno mancante alla fine di K.K.

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filosofia o teosofia, argomenti di astronomia, di fisica, di psicologia, di embriogenesi, di storia naturale (Kyranides): insomma, tutto ciò che, con il declino del razionalismo, si prese a considerare come scienza. Abbiamo detto sopra la ragione di questo patrocinio, e ab­biamo mostrato che i l caso di Ermete è solo la specie di un genere: ciò che era qui attribuito a Trismegisto lo era, altrove, a profeti per­siani o caldei, o ebrei, o indiani. È, questa, una moda puramente letteraria, e sarebbe assurdo concludere che esistessero sotto l 'Impe­ro, nel mondo greco-romano, confraternite di Zoroastro, di Ostane, d'lstaspe, di Salomone, delle Sibil le, ecc.

2) Senza dubbio, è una tendenza comune a questi scritti, qualun­que sia l 'argomento, concludersi con una eulogia o, almeno, con una strofa edificatoria100• L'Exc. VI di ciò offre un buon esempio: una uranografia (VI, 1 - 1 6) 10 1 sulle stelle fisse ( 1 - 14) e alcune meteore come le stelle cadenti ( 1 5) e le comete ( 1 6) è unita a una conclu­sione devota ( 1 8- 1 9) che avrebbe potuto servire, senza cambiare, per qualsiasi altro trattato. Ma anche questo, come abbiamo visto, è caratteristico del tempo: la scienza non deve più essere cercata per se stessa, la sua unica util ità è quella di condurre a Dio. Ne consegue che queste opere pseudo-scientifiche si presentano come un mistero e impiegano il gergo dei misteri, che in ogni istante vi si raccomanda il silenzio sulla dottrina rivelata, che vi s' invita il lettore a mostrarsi così attento come se assistesse a una liturgia, che infine il discorso si conclude abitualmente con una nota di devozione 102• Né Fi lone, né l 'astrologo Vettio Valente, né il mago che ha composto la "ricetta per l ' immortalità"103 sono ermetisti; ma le espressioni tratte dai misteri ricorrono costantemente nei loro scritti, ed è una sorta di mistero che ne costituisce il quadro. Ora sarebbe perfettamente ingenuo lasciarsi ingannare da questa affabulazione: è troppo diffusa, si incontra in generi letterari troppo numerosi e troppo diversi perché si possa cre­dere che si tratti, ogni volta, di misteri cultuali implicanti un clero, una chiesa, dei sacramenti.

1 00 Cfr. C.H. , l, V, XII, XIII, XIV, Asci. l O l Il paragrafo VI, 1 7 è una interpolazione. l 02 Vedi già Idéal rei. des Grecs, II Parte, cap. 111, pp. 1 1 6- 1 32: Misteri cultuali e

Misteri letterari. l 03 Cfr. infra, pp. 354 ss. e, sulla magia come mistero, Idéa/ . . . , pp. 303 ss.

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3 ) Perché c'è un punto notevole. Non si vede alcuna traccia, nella letteratura ermetica, di cerimonie peculiari al preteso fedele di Er­mete. Niente che assomigli ai sacramenti delle sette gnostiche: né battesimo, né comunione, né confessione dei peccati, né imposizione delle mani per consacrare ministri di culto. Non c'è affatto clero: nessuna forma di organizzazione gerarchica, di gradi di iniziazione. Si distinguono solo due classi di individui: quelli che ascoltano la pa­rola e quelli che la rifiutano. Ma questa caratteristica è assolutamente comune, è entrata nella letteratura almeno da Parmenide, è utilizzata da poeti i più distanti dai misteri, per esempio, Orazio: odi profanum vulgus et arceo. Tuttavia, nella stessa élite di "iniziati" all'ermeti­smo, tutti sono sullo stesso rango. Non ci si abbietti il "battesimo nel Cratere" del C. H. , IV: è in questo caso, come credo di aver mostrato, un puro simbolo104• Ancor meglio, abbiamo la prova, da un tratta­to ermetico (Asci. , 4 1 ), che all'ermetismo ripugnano esplicitamen­te gli atti materiali di culto. Alla fine del dialogo che si è tenuto in un adyton, siccome il sole tramonta, gli interlocutori si dispongono a pregare. Asclepio chiede al lora se non sarebbe meglio bruciare, prima della preghiera, del l ' incenso e dei profumi. Immediatamen­te Ermete risponde: "È una sorta di sacri legio, quando invochi Dio, bruciare dell ' incenso o qualsiasi altra cosa. Perché Dio non manca di nulla poiché è tutto se stesso o tutte le cose sono in lui".

3) Ma c'è un'ultima ragione che rende del tutto improbabile l 'esi­stenza di confraternite ermetiche e che insieme vieta di credere che, fosse mai esistita una tale fratellanza, avrebbe potuto usare il Cor­pus Hermeticum come una Bibbia. Sulle verità più essenziali della religione - su Dio, sul mondo e sul l 'anima umana - il C. H. presenta due dottrine inconciliabili che comportano due atteggiamenti esatta­mente opposti . In una di queste dottrine, il mondo è penetrato dalla divinità, quindi bello e buono: mediante la contemplazione di questo mondo, si raggiunge Dio. Nel l'altro, il mondo è essenzialmente mal­vagio, non è l 'opera di Dio o, in ogni caso, del Primo Dio, perché questo primo Dio si erge infinitamente al di sopra di ogni materia, è nascosto nel mistero del suo essere: si può dunque raggiungere Dio solo fuggendo dal mondo, ci si deve comportare quaggiù come un estraneo. È chiaro che nozioni così divergenti, se prese sul serio, non possono condurre allo stesso modo di agire: devono avere come

1 04 Cfr. Harvard Theol. Rev. , XXXI ( 1 938), pp. 1 - 12 .

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conseguenza due morali antagoniste. Ed è quindi assurdo attribuirle insieme a una stessa setta religiosa, cioè a un gruppo di uomini che hanno deliberatamente "scelto"105 un detenninato sistema di pensie­ro e di vita.

Diversità della letteratura ennetica; analogia con altri rami simi­lari del genere profetico; uso universale, in questi tipi di opere, di una cornice e di espressioni mutuate dai misteri; assenza di qualsiasi indicazione che consenta di stabilire, nel l 'ennetismo, una gerarchia sacra e sacramenti; riluttanza nei riguardi di ogni atto di culto diver­so dalla sola preghiera; divergenze dottrinali che portano a due modi di vivere esattamente opposti: tutti questi fatti obbligano a conside­rare gli scritti ennetici come un fenomeno puramente letterario, non come le "liturgie" di una confraternita di mystes106. D'altra parte, è inverosimile che i l C.H., l 'Asclepius e gli Excerpta di Stobeo siano mai potuti servire da Bibbia a una qualche comunità, non tanto per­ché una raccolta di questo tipo avrebbe contenuto delle parti estra­nee alle cose del l 'anima107 quanto a causa delle antinomie dottrinali che abbiamo detto e che rovinano fondamentalmente ogni possibili­tà di esistenza per una tale comunità.

Se i libri attribuiti a Hennes-Thoth non sono quindi provenienti da sette ennetiche e non sono serviti a liturgie o come "Sacra Scrit­tura", ora ci si deve chiedere chi sono gli autori. Sono sacerdoti egi­ziani? Questi testi contengono, adattati ai Greci, tradotti per i Greci, i resti dell 'antica teosofia egiziana?

Osserviamo innanzi tutto che, ne li' ennetismo "filosofico" perlo­meno108, l 'elemento egiziano è appena evidente e può essere rilevato solo nell ' affabulazione, e questo specialmente negli Exc. XXII-XXVI di Stobeo. Non se ne vedono che pochissime tracce nel C.H. Senza dubbio Ennete è Thoth, Asclepio è Imuthes, Agathos Daimon può

105 Questo è il vero significato del termine atpEcrtç = "setta" in greco: cfr. C. H, IV, 6. 1 06 Così giudica anche W. KROLL (P. W. VIII, 820) che nota per di più che si trova­

no nel C.H. e I 'Asclepius dei rimandi da un trattato al l ' altro (XIII, 1 5 oo l , 26; IX, 9 oo II , 5?) o ad altri libri ermetici oggi perduti (fEvtKét, diexodica, ecc.): ma non cita una "liturgia".

1 07 Si potrebbe obiettare che nella Bibbia degli Ebrei, l ibro di un popolo prima di diventare il libro di una Chiesa, ci sono ben altre cose che testi destinati ali' edificazione.

I 08 Su tal uni elementi egiziani n eli' ermetismo astrologico, cfr. infra, pp. 1 29, 1 43- 146, 1 48- 1 49, 1 57.

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far pensare a Chnoubis o a Kneph o al Buon Genio di Alessandria, Iside-Osiride-Horus formano la triade divina particolarmente onorata in Egitto nel periodo ellenistico, Kamephis (Kmeph) e Arnébeschènis sono nominati una volta, viene fatto riferimento una volta ai Tifoniani (figli o sostenitori di Seth)109, ai "coccodrilli del nostro paese" 1 1 0, al culto degli animali sacri 1 1 1 e leggiamo nell 'Exc. XXIV, 13 un elogio dell'Egitto considerato come il paese più favorito, perché, essendo situato nel cuore della terra e godendo del miglior clima, produce gli uomini più intelligenti: tutto questo non va oltre a ciò e non autorizza affatto a parlare di "Saggezza egiziana". Il passo più viziato da scio­vinismo potrebbe essere l ' introduzione di C.H., XVI, in cui l 'autore mette in contrapposizione l 'esausta dialettica dei Greci e la forza ef­fettiva, vale a dire la virtù magica, delle parole egiziane quando ci si guarda dal tradurle, ma questo è un banalissimo luogo comune e valido per ogni lingua barbara. Come abbiamo detto sopra: in gene­rale, i l paganesimo greco-romano tende ad esaltare la "filosofia" dei Barbari a scapito di quella greca; abbiamo spiegato perché. È una moda, e non credo che i testi ermetici facciano più che mostrarci una delle province di questa moda. In verità l 'ermetismo è una delle for­me che ha preso la pietà ellenistica quando, stanca del razionalismo, si è abbandonata alla rivelazione. Se il rivelatore era un Egiziano, Thoth-Hermes, non bisognava che i suoi scritti si ornassero con un po' di colore locale? Ma questi tocchi di esotismo hanno poca più importanza degli ibis o delle palme degli affreschi pompeiani, e de­notano meno pietà autenticamente egiziana dei busti, che si vedono nei nostri musei, dei sacerdoti di Iside, con le loro teste rasate, la loro espressione concentrata, o anche, per i miei gusti, del racconto di Lu­cio nelle Metamorfosi di Apuleio. Se si vuoi provare tutta l 'estraneità di una religione veramente orientale, si visitino uno dei tanti mithrei del mondo greco-romano, si volgano gli occhi agli affreschi dell' Iseo di Pompei o a quelli del tempio degli dei palmireni e del mithreo di Dura, o, meglio ancora, ai Buddha dell 'arte greca-indiana: nessuno dei libri ermetici farà mai la stessa impressione 1 1 2•

l 09 Exc. XXII, 8. I l O Exc. XXIV, 6. I I I Asci. , 37. 1 1 2 Filone offre un altro esempio di questa miscela di elementi greci e barbari : ora

Filone sembra molto più ebreo di quanto l 'ermetismo sia egiziano.

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Dopo di che, è irrilevante sapere se gli scritti ennetici sono dovuti a sacerdoti egizi abbastanza completamente ellenizzati da non far più individuare il segno della loro fonnazione indigena o al contra­rio a Greci stabiliti in Egitto e stillanti in uno stampo esotico pensieri e sentimenti accordati allo spirito del tempo. Fatto salvo, ancora una volta, l 'ennetismo astrologico1 1 3 , la seconda ipotesi sembra la più probabile per il motivo, indicato da W. Otto1 1\ che, delle numero­se opere ellenistiche trattanti la religione egiziana, la maggior parte non sono dovute a sacerdoti egiziani, ma a Greci . Lo si giudichi. A fronte dei due sacerdoti, Manetone sotto Filadelfo (285-24 7) e Cheremone sotto Nerone, ecco i Greci Leone di Pella (circa 332 a.C.), autore di un trattato Sulle divinità del/ 'Egitto, Ecateo di Abde­ra, Palefato (Teologia egiziana), Filisto di Naucrati (Sulla teologia degli Egiziani), Asclepiade di Mende (Theologoumena), Seleuco di Alessandria (Sugli dei), Plutarco (Su lside e Osiride), il peripatetico Aristocle (Su Serapide), Giamblico (Sui misteri degli Egiziani), il neoplatonico Asclepiade (Inni agli dei del/ 'Egitto, Sul/ 'accordo di tutte le teologie) 1 1 5 • È quindi esistita, conclude W. Otto1 16, "all 'epoca ellenistica, in parte nel l 'Egitto stesso, proveniente da circoli greci e non sacerdotali 1 1 1 , una letteratura teologico-filosofica largamente diffusa, che cercava di ravvicinare sul terreno filosofico la religio­ne greca e la religione egiziana. L'esistenza di una tale letteratura impegna a mostrarsi particolannente prudenti quando si esamina i l problema del l 'origine dei testi ennetici". Infatti 1 1 8, se la fanna (della rivelazione) è autenticamente egiziana1 1 9, ciò non consente ancora di attribuire i testi ennetici e altri simili redatti in lingua greca soprat­tutto120 a sacerdoti egiziani. Altri oltre loro potevano aver ben scelto questa fanna, perché il genere letterario della rivelazione si incontra altrove; ulterionnente, nel merito, gli scritti ennetici, almeno ciò che ce ne resta, non si mostrano sufficientemente egiziani da dover ri­portarli ai membri della casta sacerdotale. Forse dei sacerdoti come

1 1 3 Cfr. supra, p. 1 07, n. 1 08. 1 1 4 Priester u. Tempel, I l , p . 2 1 5 ss. 1 1 5 lvi, pp. 2 1 7-2 1 8. 1 1 6 lvi, 2 1 8. 1 1 7 Sottolineato dall'autore. 1 1 8 Qui riassumo. 1 1 9 N el senso che H ermes-Thoth, !si de, Horus, ecc., sono Egiziani. 1 20 Sottolineato dall'autore.

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Cheremone hanno potuto prender parte alla loro composizione: quanto e in quale misura, non lo sapremo mai 1 2 1 • Questa prudente riserva sembra la personificazione della saggezza.

* * *

Come abbiamo segnalato già più volte, la letteratura ermetica comprende, oltre all 'ermetismo filosofico-teosofico, scritti , o fram­menti di scritti , rientranti nel l 'astrologia, nell 'alchimia e nella ma­gia. Prima di affrontare la "filosofia" di Ermete, che rimane i l nostro tema principale, è importante conoscere questi aitri rami del l 'erme­tismo. In effetti, non solo il quadro della rivelazione è comune a tutto l ' insieme, ma l'atmosfera spirituale è ovunque la stessa1 22• I trattati "filosofici" manifestano la credenza nel potere degli astri. Sono i pianeti che rivestono l'anima umana, nella sua discesa, di vizi che l 'attaccano alla materia e la salvezza ermetica consiste nello sbarazzarsi, quaggiù, di questi vizi per mezzo di una vita pura e con la gnosi prima di spogliarsene interamente nel corso della risalita (C. H. , I, XIII); altrove i doni dei pianeti sono misti, alcuni buoni, al­tri cattivi (K.K. 28-29). L'influenza dei demoni dei pianeti è descritta (C.H., XVI, 1 3 - 1 6), come quella dei segni zodiacali (C.H., XIII, 7, 1 1 - 12, K.K. 19-20) e quella dei decani (Exc. VI, XXII; Asci. , 1 9). Le dottrine che mettono in relazione una tal contrada con una tale parte del cielo o più in generale stabiliscono una corrispondenza tra la terra e il cielo si riflettono in Asci. , 24; Exc. XXIV, 1 1 - 1 3 ; K.K. 68. I l tema della conoscenza di Dio attraverso la contemplazione degli astri appare spesso (così C. H. , V, 3 ss.; X, 25, Ascl. , 1 0, ecc.). Il tema della fatalità affiora un po' dappertutto (C.H. , I, XII, 5-9; XIII; XVI, 1 6 ; Exc. XII-XX; K.K. 3 8, 48; Asci. , 39-40).

Esistono anche dei rapporti, meno visibili certamente e meno fre­quenti, tra gli scritti "filosofici" e l 'alchimia o la magia. È a un' ope­razione alchemica che si riferisce la creazione di anime nella Kore

1 2 1 lvi, pp. 2 1 8-2 1 9. Questa particolare questione è legata ad un'altra più ge­nerale: fino a che punto il clero egiziano ha subito l 'influenza della filosofia greca? Per i Magi dell'Asia Minore, quella dello stoicismo è stata certamente profonda: è avvenuto lo stesso in Egitto? W. Otto sembra ridurre l ' influenza greca al minimo.

1 22 Cfr. A.D. NocK in Gnomon, XV ( 1 939), p. 366.

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Kosmou ( 14- 1 8) 123 e la stessa opera mostra altre tracce dell ' influenza dell 'alchimia. K.K. di nuovo (42) si riferisce ai rhizotomes, vale a dire agli erboristi che raccolgono e preparano i semplici sottomessi all' influsso dei pianeti, dei segni zodiacali o dei decani, e Asci. , 3 8 menziona i l ruolo delle erbe, delle piante e degli aromi nella teurgia, le cui pratiche sono tutte permeate di astrologia e di magia. Infi­ne, l 'aretalogia isiaca alla fine di K.K. (68) sembra porre la filosofia (teosofia) e la magia sullo stesso piano: "Sono loro", si legge, cioè Iside e Osiride, "che, avendo riconosciuto che i corpi sono soggetti a perire, hanno inventato l 'arte sempre efficace dei profeti , in modo che nessun profeta destinato ad alzare le mani agli dei ignori mai nessuno degli esseri, affinché da un lato l 'anima fosse nutrita dalla filosofia e dalla magia, e d'altro il corpo, quando soffre di qualche male, fosse guarito dalla medicina".

Come si vede, il ramo principale e i rami secondari del l 'ermeti­smo sono troppo strettamente collegati perché si possa trascurare i testi astrologici, alchemici o magici relativi a Ermete. Si deve quindi entrare in questa "selva oscura".

1 23 Cfr. il mio articolo in Pisciculi . . . Franz Josef Dolger dargeboten, 1 939, pp. 1 02 ss.

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L 'ASTROLOGIA E LE SCIENZE OCCULTE

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CAPITOLO V

L' ERMETISMO E L' ASTROLOGIA1

§ l . L 'astrologia ellenistica

L'astrologia ellenistica è l 'amalgama di una dottrina filosofica se­ducente, di una mitologia assurda e di metodi intel ligenti impiegati a sproposito.

l ) La dottrina filosofica è quella del l 'unità del Kosmos e dell 'in­terdipendenza di tutte le parti di questo vasto insieme. Poiché il Ko­smos degli antichi è composto da una serie di sfere concentriche aventi per centro la terra, la dottrina dell 'unità suppone uno scambio incessante di azioni e di reazioni tra la terra e le sfere planetarie e da una sfera all 'altra. O ancora, per dire la stessa cosa in termini legger­mente diversi, siccome da un lato il mondo sublunare, dall ' altro il cielo al di là della luna sono costituiti dai quattro elementi - acqua, terra, aria, fuoco - o dai cinque, se si aggiunge l'etere, la dottrina

Per un primo orientamento, cfr. W. GUNDEL, Astronomie, Astralreligion, As­tralmythologie und Astrologie. Darstellung und Literaturbericht 1907-1933 nel Bursian 's Jahresbericht, 1 934, Il, Ab t. pp. 1 - 162 (citato GUNDEL, Jahres­bericht); BoLL-BEZOLD, Sternglaube und Sterndeutung, 4' edizione a cura di Gundel, 1 93 1 ; GuNDEL, Sterne und Sternbilder im Glauben des Altertums und der Neuzeit, Bonn-Leipzig 1 922; CuMONT, Astrology and Religion among the Greeks and Romans, New York 1 9 1 2. Eccel lente sintesi di MARTIN P. NILSSON, The Rise of Astrology in the Hellenistic Age (Meddelande fri'm Lunds astro­nomiska observatorium, Ser. II, n° III), Lund 1 943, che insiste sulla parte dei Greci nella creazione del sistema astrologico. La classica opera di F. BoLL, Sphaera, Neue griechische Texte und Untersuchungen zur Geschichte der Sternbilder, Leipzig 1 903, si occupa solo di una parte dell 'astrologia (parana­tellonta e sfera barbarica). L'articolo Astrologie di R!Ess (P. W. II, 1 802- 1 828) è sempre utile; BouCHÉ-LECLERCQ, L 'Astrologie Grecque, Paris 1 899 (citato Astr. Gr.) e il Catalogus Codicum Astrologorum Graecorum, Bruxelles 1 898 (citato CCAG. e il tomo) rimangono strumenti indispensabili. Si annuncia un libro di Gundel e Stemplinger sul l 'astrologia e la magia nell'Handbuch der Altertumswissenschaft (V. Abt., 5 . Teil).

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dell 'unità suppone azioni e reazioni continue di questi elementi tra di loro. È così che i l sole, i pianeti e le costellazioni, tutti gli astri la cui materia è un fuoco che arde eternamente senza mai consumarsi, si nutrono dei vapori derivati dal mondo sublunare; inversamente, gli astri non cessano di agire sul mondo sublunare con le energie che proiettano, sia sul l ' insieme di questo mondo, sia su una particolare parte o anche su un singolo individuo. Dal l 'età ellenistica al Rina­scimento, questa dottrina del l 'unità del Kosmos e della simpatia che lega tutti i suoi membri ha avuto valore di dogma2• La maggior parte

2 Tutte le opere sul l 'astrologia, l ' alchimia, la magia o la medicina popolare elle­nistiche trattano più o meno la simpatia universale, ma non conosco ancora al­cuna esposizione generale dedicata esclusivamente a questo grande e bel l 'ar­gomento. K. REINHARDT, Kosmos und Sympathie, 1926, si limita a discutere alcuni testi di presunta origine posidoniana. Tra le migl iori panoramiche, cfr. TH. WEIDLICH, Die Sympathie in der antiken Literatur, Progr. , Stuttgart 1 894, e l' articolo di H. RITTER, Picatrix, ein arabisches Handbuch he/lenistischer Magie ( Vortriige d. Bibl. Warburg, 1 923 ), pp. 94- 1 24, dove, a proposito di uno scritto arabo (Ghiiyat al-baklm, "Il Fine del saggio") tradotto in latino con il titolo Picatrix, l ' autore riassume le principali linee del sistema di corri­spondenze che fonda la pseudo scienza ellenistica. Per la nozione di simpatia nella magia greco-egiziana, cfr. TH. HoPFNER, Offenbarungszauber, I ( 1 921 ), 2• parte, cap. l , §§ 588-6 1 8 ; nelle superstizioni e la medicina popolare, Eo. SrEMPLINGER, Antiker Aberglaube in moderne n Ausstrahlungen (Das Erbe der Alten, II . Reihe, H. 7, 1 922) e Antike u. moderne Volksmedizin (stessa col­lezione, H. l O, 1 925), in particolare pp. 40 ss. ( Okkultische Heilung): vedi anche, dello stesso autore, Sympathieglaube u. Sympathiekuren in Altertum u. Neuzeit, Monaco 1 9 1 9, in particolare pp. 6-32 (Sympathie des Alls). Vedi an­che l' articolo Mageia di HoPFNER in P. W., XIV, 3 1 1 ss. (Simpatia nella magia). - È importante distinguere con cura ( l ) la semplice osservazione dei fenomeni di "simpatia" e di "antipatia" quali si manifestano qui sulla terra tra gli esseri dei tre regni e che l 'epoca ellenistica ha particolarmente amato osservare (so­prattutto quando si presentano come dei 1tap<iùol;a, cfr. infra, cap. VI) e (2) la spiegazione generale di questi fenomeni attraverso una dottrina sistematica che li mette in relazione con gli astri, li fa dipendere dagli astri, cercando la ragione ultima di queste azioni reciproche negli effluvi o emanazioni dipen­denti dagli astri e che penetrano tutti i corpi terrestri. È così che, in una me­moria per altro eccel lente Der okkulre Kra.ftbegri.ff im Altertum (Philologus, Supplt. Bd. XVII, l , 1 923), J. ROHR definisce le nozioni di ouvuf.w;-Èvépyeta (pp. 7-33), OUJl1t(l9€ta-ÙVTI1t(l9eta (pp. 34-76), q>UcrtK6ç (pp. 77-86), ÌOtOTij1:eç lippT)'l'ot (pp. 96- 1 06), nella loro accezione el lenistica senza tenere minima­mente conto della dottrina astrale. È probabile, come sottolinea Rtihr (p. 57), che il concetto di simpatia e di antipatia e la constatazione dei fatti "simpatici" o "antipatici" abbiano preceduto di molto tempo, da una parte la letteratura dei Mirabilia, dall 'altra parte il tentativo di spiegazione attraverso l'unità del

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delle scuole la riconosce3, e altrettanto le persone semplicemente istruite che non aderiscono ad alcuna scuola. Non solo è i l fonda­mento indispensabile delle pseudo-scienze - astrologia popolare o dotta, medicina astrologica, alchimia -, della magia\ della gnosi penetrata di magia, della teurgia e di tutta l 'arte divinatoria, quale che ne siano le forme, non solo ha diritto di cittadinanza nella filo­sofia propriamente detta5 , ma un documento così puramente lettera­rio come il panegirico in onore dei re6 inserito alla fine del Corpus ermetico ( CH , XVIII) la utilizza come metafora, il che mostra fino a che punto sia diventata moneta corrente anche nella retorica più banale: "Proprio come il Sole, che nutre i germogli di tutte le piante, è anche il primo a raccogliere dal suo sorgere le primizie, servendosi per questa raccolta, se si può dire, dei suoi raggi come di immense manF - perché sono davvero mani per lui questi raggi che raccol­gono in primo luogo le più soavi emanazioni delle piante -, così che noi, che proveniamo dell 'Essere Supremo, dobbiamo lodarlo in compenso" (C. H , XVIII, 1 1 ) . Tra tanti testi in cui traspare la dottri­na della simpatia universale, prendiamone uno del Corpus Hermeti-

Kosmos (si è passati dai fatti individuali alla <ru!!7tU9Eta tiòv oÀ.Wv, non inver­samente: cfr. anche STEMPLINGER, Antike u. moderne Volksmedizin, cap. V, § l Der Sympathieglaube, p. 4 1 ), e che, in questo tentativo, è la Stoa (soprat­tutto Posidonio) che ha giocato il ruolo principale. Aggiungiamoci l ' influenza del l 'astrologia e, più tardi, del neoplatonismo. L'astrologia ha dato la teoria degli effluvi; ha stabilito una corrispondenza tra i fenomeni di simpatia e di antipatia qui sulla terra e le "amicizie" o gli "odi" che uniscono o separano gli astri del cielo. Il neoplatonismo (specialmente dopo Plotino: Giamblico, Proclo) ha imposto al sistema di spiegazione la sua forma definitiva attraverso la teoria delle "catene" ( cmpai) che ha, se non inventato (ermetismo? cfr. C.H., XVI, Asclepius), almeno fissato nel l 'aspetto che manterrà tra gli Arabi, nel mondo latino del Medioevo e presso gli occultisti del Rinascimento. Per quest'ultima evoluzione, cfr. STEI\!PLINGER, Antiker Aberglaube, ecc. ( 1 922), pp. 1 5 ss. (Sympathie des Alls), in particolare pp. 1 7- 1 9.

3 Gli scettici, alcuni peri patetici e, naturalmente, i partigiani della filosofia degli atomi (cfr. PLonNo, Enn. , III, l, 3) si mostrano ostili.

4 Cfr. la ricetta d' immortalita citata infra, pp. 354 ss. 5 PLaTINO, Enn. , III, l , 5-6; Il, 3 ; III, 3, 6-8; IV, 4, 6-8; IV, 4, 25-26 e 30-45 : cfr.

GEFFCKEN, Ausgang, pp. 50-54. 6 Diocleziano e suoi colleghi. 7 Sulle mani del dio Sole in Egitto (= i suoi raggi, attraverso i quali lascia pas­

sare i l suo fluido creatore), cfr. FR. PREISIGKE, Vom gottlichen Fluidum nach agyptischer Anschauung (Schr. d. Pap. Inst. Heidelberg, !, 1 920), pp. 5 - l O (Das Fluidum des Sonnengottes zur Zeit des Amenophis IV).

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cum in quanto è l 'ermetismo che ci interessa soprattutto. È un passo dal 16 o trattato. L'autore ha appena dimostrato (XVI, 3 ) l 'unità del Tutto, che chiama il "pleroma", cioè la totalità degli esseri del mon­do. Continua così (XVI, 4 ss.):

Vedi, dunque, che nella terra, nelle sue parti più centrali, sgorga­no molte sorgenti d' acqua e di fuoco, e che così possiamo vedere insieme nello stesso luogo le tre nature del fuoco, dell ' acqua e della terra, dipendenti da una medesima radice. Il che ha portato a credere che esista, per tutta la materia, uno stesso magazzino che, da un lato, provvede alla fornitura del materiale, e, dall 'altro, riceve in cambio la sostanza che viene dall' alto. È così infatti che il Demiurgo, intendo dire il Sole, connette insieme il ciclo e la terra, conducendo in basso la sostanza, elevando in alto la materia, traendo presso di sé e fino a sé tutte le cose, facendole uscire e dando tutto a tutti, e che riversa su tutti, liberalmente, la luce [ . . . ] . Perché il Sole è stabilito in mezzo al mondo, portando il mondo come una corona e, come un buon auriga, assicurando l 'equilibrio del carro del mondo legandolo a se stesso [ . . , ], condividendo con gli esseri immortali la durata eterna, e con la parte della sua luce che si porta verso l 'alto [ . . . ], nutrendo le parti im­mortali del mondo, mentre, con la luce che è imprigionata nel mondo e che bagna del suo splendore l ' intera cavità del l 'acqua, della terra e del l 'aria, vivifica e suscita, attraverso le nascite e le metamorfosi, gli esseri viventi situati in queste parti qui del mondo [ . . . ]. In breve, il mondo intelligibile è dipendente da Dio, il mondo sensibile dall'in­telligibile, e il Sole, attraverso il mondo intelligibile e il mondo sensi­bile, riceve da Dio, per sua provvista, l ' influsso del Bene, vale a dire dell' azione creatrice. Inoltre, tutto intorno al Sole gravitano le sfere [ . . , ] . Da queste sfere dipendono i dèmoni, e dai dèmoni, gli uomini: e così, tutto e tutti dipendono da Dio.

In nessun luogo queste idee erano più evidenti che nel famoso raffronto del mondo a un uomo e del l'uomo a un piccolo mon­do (f!tKpòç KOO'f!O<;) o ancora, con un gioco di parole sul KOO'f!O<; ("ornamento, ordine, mondo"), al mondo del mondo. Non c'è immagine più famosa nel l 'antichità, tra i cristiani come tra i pa­gani, e si continua a utilizzarla nel Medioevo. Nel l 'astrologia, non si tratta più di un' immagine, ma è alla lettera che si parla delle membra del mondo e che si stabiliscono rapporti tra una tal parte del cielo e un tal membro del corpo umano: la melotesia zodiacale o planetaria è uno dei capitoli importanti dei manuali di astrolo-

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L 'ermetismo e l 'astrologia 1 1 9

gia. C i lim itiamo qui, d i nuovo ad alcuni esempi presi a prestito dal l 'ermetismo.

Il raffronto del mondo con un corpo umano si legge in C.H, X, 1 1 :

Poiché il mondo è una sfera, ossia una testa, e al di sopra della testa non c'è nulla di materiale come, nemmeno, al di sotto dei piedi non c'è niente di intelligibile, ma tutto è materiale, e poiché l'intelletto è la te­sta, che è mossa da un movimento circolare, vale a dire dal movimento proprio della testa, così [ . . . ] ogni essere vivente, come l'universo stes­so, è composto di materia e di intelligibile.

L'analogia è più sviluppata in un poema orfico8 in cui si hanno le equivalenze: testa = cielo; occhi = sole e luna; intelletto = etere; spalle, petto e dorso = aria; ventre = terra; gambe = mare; piedi = radici del suolo, Tartaro, estremità della terra; la si ritrova in un oracolo di Serapide citato da Macrobio9, nei papiri magici ;o e nei Képhalaia di Mani 1 1 , nel Medioevo nelle Causa e et cura e di Santa Ildegarda 12 • L'immagine appare in una forma leggermente diversa nell'estratto ermetico XXIV di Stobeo, dove Iside paragona la terra a un grande corpo disteso sul dorso, ciascuna parte di questa terra antropomorfizzata corrispondente a una parte del cielo e che ne su­bisce l 'influenza (Exc. 24, 1 1 ):

La terra giace al centro di tutto, sdraiata sul dorso come un uomo, sta a osservare il cielo, e si trova divisa in tante parti quante sono le mem­bra nell'uomo. Volge il suo sguardo al cielo, come verso suo padre, così che, secondo i cambiamenti del cielo, anche lei cambia in ciò che le è proprio. Ha la testa rivolta verso il sud dell' universo, la spalla destra verso l'est, la spalla sinistra verso ovest, i piedi sotto l'Orsa, il destro sotto la coda, il sinistro sotto la testa deii'Orsa, le cosce nelle regioni che vengono dopo I'Orsa, le parti mediane nelle regioni mediane. Prova ne è che quelli degli uomini che vivono a sud e abitano sulla testa della

8 Orphic. fragm., n° 168, vv. 1 0-30 (p. 201 Kern). 9 Saturnal. , l, 20, 1 7. I O PGM III, 243 = XIII, 766-772 = XXI, 3-7. I l MANI, Képhalaia, LXX, l , pp. 1 69-1 76. Per Mani, cfr. anche CuMONT, Re­

cherches sur le manichéisme, p. 26. Stesso simbolismo in Persia ancora nel Bundahishn mazdeo, XXX, 6 (trad. WEsr, Sacred Books ofthe East, p. 123) e in un passo del Grande Bundahishn tradotto da BLOCHET, Rev. hist. Rei. , XXXI, pp. 243 ss.

I 2 P. l 0.28 Kaiser.

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1 20 La rivelazione di Ermete Trismegisto - L 'astrologia e le scienze occulte

terra hanno una testa ben formata e bei capelli; gli Orientali sono dispo­sti all' attacco e buoni arcieri (queste qualità sono l 'opera della mano destra); gli Occidentali sono al sicuro perché combattono per lo più con la mano sinistra e tutto quello che gli altri realizzano volti dalla parte destra, lo fanno volti a sinistra; quelli che vivono sotto l' Orsa hanno piedi magnifici e, d'altronde, forti gambe; quelli che vengono dopo e che vivono, un po' più lontano dall' Orsa, la regione che ora è l ' Italia e il paese greco, queste persone dunque hanno tutte le belle cosce e i glutei ben fatti [ . . . ]. Quanto alla santissima terra dei nostri antenati (l 'Egitto), poiché è situata nel mezzo della terra, poiché il centro del corpo umano è il santuario del solo cuore, e poiché il cuore è la roccaforte dell'ani­ma, per questa ragione, figlio mio (Horus), la gente di questo paese, altrettanto ben munita delle altre qualità come il resto degli uomini, è incomparabilmente più intelligente e più saggia perché nata e allevata nel posto del cuore.

Viceversa, il paragone del l 'uomo con un piccolo mondo o con il mondo del mondo (KOO')lOU KOcr)loç) ricorre in C.H., IV, 2: "Il Demiurgo ha inviato sulla terra, come ornamento di questo corpo divino (il mondo), l 'uomo, vivente mortale ornamento del vivente immortale", V, 5, IX, 8, XI, 2, XII, 2 1 ; Asci. , l 0 : "Se l 'uomo assume questo ufficio13 in tutto ciò che comporta [ . . . ], fa in modo che lui stesso e il mondo siano l'uno per l 'altro un ornamento, cosicché, grazie a questa divina struttura dell 'uomo, ci si accordi nel dirlo un mondo, il greco dice più precisamente un ordine (K6cr)loç)". L'erme­tismo astrologico non è meno affermativo14 :

L'uomo, mio caro Ammone, le persone intelligenti lo chiamano un mondo (KO<JflOV) perché è tutto accordato alla natura del mondo.

Infine, in un poema ermetico (altrove indicato come orfico) citato da Stobeo (Exc. XXIX)15, la corrispondenza tra i pianeti e il corpo umano è esposta in dettaglio:

Sette astri erranti girano in cerchio sulla soglia dell'Olimpo, con essi il Tempo compie la sua rivoluzione senza fine: la Luna che brilla

1 3 Di collaborare con Dio nel governo del mondo. 1 4 /atromathematica Hermetis, x,w1, l (loELER, Phys. et med. min., l, p. 387 ss.).

Cfr. infra, p. 1 59 . 15 Cfr. anche CCAG., VIII, l , p. 265. 8 (È1rrà nÀ.avrrrwv EÙEpyEaiat) con la nota l .

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l. 'ermetismo e l 'astrologia 1 2 1

di notte, i l lugubre Crono, i l dolce Sole, l a Pafia che prepara i l letto nuziale, l ' impetuoso Ares, Hermes con ali veloci e Zeus, primo autore di tutte le nascite, da cui nasce la natura. Questi stessi astri hanno ricevuto in comune la stirpe degli uomini, e c 'è in noi la Luna, Zeus, Ares, la Pafia, Crono, il Sole, Hennes. Tale è il nostro destino: trarre dall' etere fluido lacrime, riso, collera, generazione, parola, sonno, de­siderio. Le lacrime sono Crono, la generazione Zeus, la parola Her­mes, l' impeto Ares, il sonno la Luna, il desiderio la Citerea, il riso il Sole: perché è per lui, il Giustiziere, che ridono la mente dei mortali e i l mondo infinito.

2) Quest'ultimo testo, al tempo stesso in cui esprime la legge del l 'unità del mondo, evidenzia il vizio fondamentale del l 'astro­logia. Se la dottrina della simpatia si fosse limitata a riconosce­re legami di dipendenza tra tutte le parti del l ' universo e se si fosse attenuta a considerare questi collegamenti come relazioni puramente fisiche o meccaniche, non solamente questa dottrina sarebbe stata ragionevole, ma avrebbe intuito un'autentica verità, que lla stessa verità che la legge dell'attrazione universale rende oggi con un'altra metafora. E avrebbe anche raggiunto, m olto in anticipo, un ' importante scoperta dei tempi moderni : cioè che, in un modo o nel l 'altro, i l nostro corpo e la nostra stessa mente sono continuamente sotto l ' influsso dei raggi cosmici . Ma, per una sussistenza del le forme di pensiero più primitive, l 'astrologia ha rovinato tutto non appena ha tradotto in termini di psicologia ciò che doveva emergere dalla fisica. Non si è nemmeno abbandona­to il regno dei miti, si è creata una mitologia ancora più fantastica e più assurda delle leggende tradizional i . Dimenticando che già un presocratico, Anassagora, aveva concepito gli astri come meri corpi mossi da forze meccaniche, si è restati fedeli al le imma­ginazioni assolutamente rozze delle prime età vedendo gl i astri come persone. Erano esseri animati, coscienti, volontari, con un sesso, un carattere, moti spontanei e umori: era quindi inevitabile che avessero anche una storia e che i rapporti che assumevano, tra loro e con la terra, prendessero l 'aspetto di relazioni tra le persone umane. Il l inguaggio stesso manifesta questo stato d'a­nimo: i pianeti si alzano e si coricano, si vedono, si sentono, co­mandano, obbediscono, hanno della simpatia o del l 'antipatia, si ral legrano o si rattristano, sembrano i lari o cupi,. sono padroni di casa, ecc . , - senza contare tutti gli epiteti affibbiati per designare

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i l loro atteggiamento nei confronti degli uomini . Lo stesso vale per i segni dello zodiaco 1 6 e le altre costel lazioni 1 7, in breve, di tutti gli astri in genere, e naturalmente anche dei decani, che, a dire i l vero, non si sono mai spogliati della loro originaria natura di divinità antropomorfiche.

Prendiamo ad esempio i pianeti 1 8 • Verso l ' inizio della nostra era, i fabbricatori di oroscopi gli davano semplicemente il nome delle di­vinità dell'antico Olimpo: Crono-Satumo, Zeus-Giove, Ares-Mar­te, Afrodite-Venere, Hermes-Mercurio, oltre al Sole e al la Luna19• Questi nomi, di per sé, non sarebbero stati di nessun inconvenien­te - li impieghiamo ancora -se ci si fosse accontentati di vedervi solo dei semplici segni. Ma, pur abbandonando le leggende che, col tempo, si erano accalcate su questi nomi divini, gli astrologi non avevano smesso di credere nel le qualità essenziali che, per secoli,

16 Si noti che, anche per i segni che non hanno forma umana, l 'assurdità non è minore. L'Ariete, a causa del suo vello, farà nascere tessitori o sarti (cfr. infra, p. 1 25). Ma il xpòYrov 'lfEÙOoç è stato quello di riconoscere un ariete nei disegni capricciosi delle stelle.

1 7 Sul ramo de l i 'astrologia che s i riferisce agli astri fissi, cfr. infra, pp. 1 93 ss. e CCAG., V, l , pp. 1 94 ss. (AxoreÀ.Écr�-tam Tiìç nilv àxÀ.avc:ì:Jv àcrrépwv èxoxiiç). 11 trattato ermetico citato ivi, p. 204. 1 7 ss. (Kaì rc:ì:Jv TtJlETÉpwv OÈ oi xp6yovot rc:ì:Jv Aiyuxriwv ÈJlvfJcrST]crav Kaì IÌ7tETÉÀ.Ecrav 7tEpì aùrc:ì:Jv: èl; c1v xpc:ì:Jroç ÈyÉ­VETO 'EpJ.!JÌç KaÌ fypa'lfEV ÈV TOÌç KOO'JllKOÌç IÌ7tOTEÀ.ÉO'!laO'l 7tEpÌ Tiiç TOÙ Kuv6ç E7tlTOÀ.T)ç, cfr. ibid. , n. 4) è conservato in arabo, cfr. BLOCHET, Gnosticisme musulman, 1 9 1 2, pp. 77 ss.

I 8 Cfr. BoucHÉ-LECLERCQ, Astr. Gr. , pp. 88 ss. Per i nomi dei pianeti, vedi A.E. T.WLOR, A Commentary on P lato 's Timaeus (Oxford I 928), pp. I 94-I 95 (sul ròv iepòv 'Ep�-toù À.EyÒJlEvov, sci i. àcrrépa, Tim. 38d2) e soprattutto CuMONT, Les noms des planètes et l 'astrolatrie chez !es Grecs in L 'Antiquité Classique, IV ( I 935), pp. 5 ss. Ad eccezione di Venere ('Ewmp6poç e "Ecrxepoç) i Greci, prima di Alessandro, non hanno dato ai pianeti dei nomi (òv6�-tam), ma sola­mente dei soprannomi (Èxwvu�-tiat), come rileva l 'Epinomide (986e): si dice "l'astro di Zeus", ò àcrn']p mù �t6ç, ecc. Nell'epoca alessandrina (il più antico esempio certo è del l 'anno 26 I ), gli astronomi hanno inventato per i pianeti dei nomi laici derivati dal loro aspetto (<l>aivwv, <l>aé9wv, Dup6etç, <l>wcrcp6poç, LTiÀ.�wv), ma questi nomi non hanno avuto pressoché alcuna influenza sui presagi astrologici; non sono restati a lungo in ;.�so e non sono stati tradotti in una nomenclatura latina. I nomi religiosi li eliminano, ma poi si identifica completamente l 'astro e il dio.

1 9 Cfr. CuMONT, art. cit. , p . 36, n . 3 . I più antichi oroscopi con l a terminologia Crono, Zeus, ecc. sembrano essere P Oxyrh. , IV, 804, del l 'anno 4 d.C. e Il, 235, dell'anno I4 d.C. I fabbricatori di oroscopi hanno preceduto gli astrono­mi nell 'uso di queste designazioni abbreviate dei pianeti.

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la semplice evocazione di Zeus, di Ares, di Afrodite o di Hermes inevitabilmente richiamavano alla mente20• Così, nel Giove del l 'a­strologia, troviamo i l duplice carattere dello Zeus della religione, al tempo stesso dio meteorologico del l ' atmosfera, delle piogge, delle nuvole e "padre degli dei e degli uomini". Venere restava ovvia­mente la dea della voluttà, Mercurio il mediatore astuto e inganna­tore, ma anche eloquente e artista, con cui i Greci si erano divertiti. A questo elemento tradizionale se ne erano associati altri due, più specificamente astrologici. Da una parte il carattere dei pianeti era desunto dal loro aspetto esteriore. Saturno ha i l riflesso l ivido, la marcia lenta: è quindi ridotto al vecchio prudente e grave, un po' triste, indifferente alla sorte degli uomini o decisamente malevolo. Vegliardo, era degno del primato. Inoltre, probabilmente a causa di antiche associazioni tra il tipo di Crono e l ' idea di seme, gli si at­tribuiva una virtù generatrice, benché la paternità mal si accordasse alla sua vecchiaia. Marte il fiammeggiante (m>p6Et<;) ha il colore del sangue e procede a balzi. Era quindi un tiranno assetato di sangue e capriccioso, ostile alla specie umana, perturbatore della natura inte­ra2 1 . In generale, due dei pianeti erano favorevoli (Giove, Venere ), due malefici (Saturno, Marte), mentre Mercurio restava neutrale. D'altra parte, gli astrologi pretendevano di definire il sesso, i l tem­peramento di fondo e persino gli umori passeggeri dei pianeti in base a leggi pseudo-scientifiche difficilmente meno irragionevoli di quanto derivava dalla tradizione o da un'osservazione rudimentale. Si faceva dipendere il sesso dei pianeti e i l loro temperamento fon­damentale dal modo in cui si mescolavano in esse le quattro qualità sensibili la cui combinazione due a due produce, secondo Aristo­tele, i quattro elementi, l ' unione di caldo e di secco producente il fuoco, quella di caldo e di umido l 'aria, quella di freddo e di umido l 'acqua, quella di freddo e di secco la terra. Ma questa mescolanza è proporzionale alla distanza maggiore o minore dalla quale i pianeti

20 Al riguardo cfr. CuMONT, art. cit. , p. 35. "l sette astri che si muovono perpetua­mente nello zodiaco sono oramai degli esseri in cui la divinità è incorporata e si identificano da allora con essa. Questa trasformazione è stata certamen­te favorita dall 'esegesi allegorica messa in onore da Zenone". Vedi anche BoLL-BEzoLD-GUNDEL, Sternglaube\ pp. 48-50.

2 1 Per Giove, cfr. BoucHÉ-LECLERCQ, Astr. Gr. , pp. 97 ss.; per Venere, i vi, pp. 99 ss.; per Satumo, ivi, pp. 93 ss. ; per Marte, ivi, pp. 98-99. Sulla doppia natura di Satumo, cfr. BoLL-BEzoLD-GUNDEL, Sternglaube4, pp. 126- 1 27.

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si allontanano dal Sole e dalla terra. Nel cosiddetto ordine caldeo dove il Sole occupa il centro della scala, avendo sopra (dal basso in alto) Marte, Giove e Saturno, sotto (dali 'alto verso il basso) Venere, Mercurio e la Luna, i pianeti superiori saranno meno umidi di quelli inferiori e saranno tanto più freddi quanto più si allontanano dal Sole. Poiché la predominanza del l 'umidità produce il sesso fem­minile, i pianeti superiori saranno maschili, gli inferiori femminili, eccetto Mercurio che è ermafrodita22•

In verità, i tre elementi costitutivi della mitologia planetaria non erano in accordo tra loro. Secondo l 'u ltima teoria, Saturno avrebbe dovuto, a rigor di logica, essere tutto insieme molto freddo e molto secco, dal momento che, dei tre pianeti superiori, era quello che si allontanava di più dal Sole ed era anche, in tutta la serie planetaria, il più distante dalla regione umida al di sotto della Luna. Saturno è freddo, senza dubbio. Ma poiché antiche associazioni attribuisco­no a Crono l ' idea di seme, Saturno resta un pianeta umido23• Nello Zodiaco, ha come domicili i l Capricorno e l'Acquario, segni freddi e umidi. È i l patrono dei giardinieri e dei portatori d':!cqua di ogni tipo. Quando attraversa i suoi domicili, fa nascere piogge ne li 'at­mosfera e, nel corpo umano, movimenti di umori freddi, flussi in­testinali, muco, ecc. La Luna, !asciandolo, produce reumatismi e idropisie. Non è che un esempio tra mille delle incoerenze in cui l 'amalgama d ' immaginazioni tutte primitive, di tradizioni diverse, di teorie spesso inconciliabili con questi dati, e che spesso si oppo­nevano l 'un l 'altra24 ha comportato l 'astrologia.

Per quanto riguarda gli umori passeggeri dei pianeti, essi dipen­dono dal loro incontro con altri pianeti, o con i segni dello zodiaco, o con i decani. Torneremo presto su quest'ultimo aspetto del proble­ma, che appartiene al l 'astrologia dotta.

Se ora passiamo dai pianeti ai segni dello zodiaco, entriamo in un settore in cui l ' immaginazione si è lasciata libero corso senza che alcun ostacolo ne limitasse le fantasie. Lo zodiaco è la zona celeste

22 Sul carattere dei pianeti in base alla loro distanza dal Sole e alla loro posizio­ne nel Tutto, cfr. BoLL-BEZOLD-GUNDEL, Sternglaube\ pp. 48-50 e 1 27- 1 3 9; GUNDEL, Sterne u. Sternbilder, cap. 6. "Natiirl ich-physikalische Erklarung der Steme u. Stembilder", in particolare, pp. 1 3 1 - 1 35.

23 Astr. Gr. , pp. 95-96. 24 Poiché l 'esperienza dimostrava che le teorie erano false, si è stati indotti a

inventame di nuove. Di qui l 'estrema compl icazione di dottrine e di metodi.

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in cui i pianeti sembrano muoversi nella loro corsa. Dal XIV seco­lo prima della nostra era, i sacerdoti di Babilonia avevano diviso questa zona in un certo numero di sezioni che si fece coincidere, anche prima del periodo alessandrino, con le dodici porzioni uguali di trenta gradi ripartite sul cerchio dell 'eclittica percorso del Sole. Queste dodici case erano illustrate da costellazioni reali a cui si ap­plicarono figure immaginarie che furono i segni dello zodiaco. E questi segni infine si sono ritenuti, nel modo dei pianeti, come realtà concrete, viventi, operanti, l i si dotò di un carattere e di energie pro­prie25. Vogliamo sapere, ad esempio, qual è il carattere dell 'Ariete, che cammina alla testa del serraglio celeste? Niente di più facile26. L'ariete è un animale timido e sciocco con bruschi scoppi d' ira: è così che si rappresenteranno gli individui nati sotto questo segno. Un'altra associazione di idee porta dall 'ariete alla lana: i soggetti dell'Ariete quindi lavoreranno la lana e faranno fortuna nell' indu­stria dell 'abbigliamento. Infine gli arieti sono frequentemente tosa­ti : i mercanti di lana avranno dunque repentini rovesci di fortuna; nondimeno, poiché l'Ariete è un segno di rapida ascensione, questi sfortunati non si perderanno d'animo, sostenuti dalla speranza di un pronto ristabilimento.

3) Essendo l 'astrologia l 'arte di trarre presagi in base alla pre­sunta influenza degli astri, la dottrina del l 'unità del Kosmos e della simpatia fondava, a ragione, questa influenza, mentre la mitologia celeste ne determinava a grandi linee il carattere. Ma va da sé che questi due elementi non erano sufficienti. Qualunque predizione si volesse fare, che si trattasse dell ' iniziativa di un' impresa o della vita di una persona, si doveva prendere in considerazione l 'ora in cui avrebbe avuto inizio questa impresa o questa vita. In altre parole, era necessario trarre "l'oroscopo". Ora questo oroscopo dipendeva dallo stato del cielo a quell 'ora, cioè dal modo in cui i pianeti si sarebbero situati l 'uno rispetto ali' altro e tutti rispetto ai segni zodiacali o addirittura ai gradi di questi segni. Ma come percepire il significato, favorevole o sfavorevole, di queste posi­zioni? A quale criterio appoggiarsi? Quali regole usare? È qui che

25 Astr: Gr:, pp. 1 24 ss.; cu�IONT, art. Zodiacus in DARHIBERG-SAGLIO; BOLL-BE­ZOLD-GUNDEL, Sternglaube4 1 , pp. 54 e 1 33 - 1 35; GuNDEL, Sterne u. Sternbilder, pp. 1 30- 1 3 1 .

26 Astr: Gr:, p. 1 32.

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intervenivano i metodi scientifici, che erano presi in prestito, nella fattispecie, dalle scienze matematiche, dalla geometria e dal l ' arit­metica. Ecco, quindi, la terza componente del l 'astrologia, quella che ha fatto considerare questa arte divinatoria come una scienza, quella anche, non ne dubitiamo, dove lo spirito logico dei Greci ha svolto il ruolo più importante.

Non ho né l ' intenzione né la competenza per trattare tutte le com­binazioni geometriche elaborate dagli astrologi per stabi lire i rappor­ti tra segno e segno, pianeta e segno o grado di un segno, pianeta e pianeta, pianeta e "luogo", pianeta e "sorte" astrologica. Prendendo l 'esempio più semplice, quello dei rapporti tra segni, vorrei mostrare solo come la logica greca sia penetrata in questo dominio come in tanti altri, ma questa volta in pura perdita.

"Nel l 'astrologia classica, le azioni e le reazioni che i segni eser­citano gli uni sugli altri sono governate esclusivamente dalla ge­ometria"27. In verità, queste combinazioni geometriche non erano puramente ideali : coprivano affinità elettive corrispondenti alla natura stessa delle immagini, umane o animali, che si collocavano nel cielo. Tuttavia, è in termini di geometria che si esprimevano questi rapporti.

Queste combinazioni geometriche erano di due tipi: i segni dello zodiaco erano collegati tra loro da linee parallele, o da poligoni re­golari inscritti nel cerchio zodiacale.

Le associazioni per linee parallele erano sempre coppie di segni "aventi la stessa latitudine o zona, in altre parole, situate su linee parallele al l 'equatore (asse degli equinozi)"28. Poiché i segni accop­piati erano esseri viventi, si diceva che si guardavano (�À.Énov-ra). Dal momento che questi segni avevano un sesso - che, del resto, non si accordava necessariamente con il loro presunto essere di uomo o di animale, ma con la loro posizione, i sessi alternandosi da segno a segno -, i segni accoppiati erano sempre dello stesso sesso. Questo ordine lasciava al di fuori solo i due segni tropici (sulla linea dei solstizi), il Cancro e il Capricorno, che erano a.çuya o a�À.f:7t'ta, "non accoppiati" o "ciechi".

27 Astr. Gr., p. 1 58. Vedi inoltre tutto questo cap. v, pp. 1 58 ss. 28 Astr. Gr. , p. 1 59.

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Trascuro qui le modifiche apportate a questo tipo da differenti sistemi ulteriori, in particolare quello dell' antiscia29, per passa­re senza ulteriori indugi alle associazioni poligonali o "aspetti". "Queste associazioni o configurazioni ( crxfl)la'ta - O"Xll)lU'ttcrl.wi -crucrxll)lU'ttO")lOt - configurationes - adspectus) sono gli strumenti per eccellenza del l 'astrologia dotta"30, di quella a cui i calcoli di ogni genere di cui è farcita hanno valso il nome di matematica. In verità, anche qui, la geometria non è sempre riuscita a soppiantare la psicologia: si parla ancora di O'JIEtç, di "sguardi", i segni "si vedono" o "si rendono testimonianza", continuano ad essere persone viventi che fanno tra di loro una società simile a quella degli uomini.

Il numero degli "aspetti" fu prima tre, poi quattro: diametro, tri­gono, tetragono o aspetto quadrato, esagono o aspetto sestile. I segni contigui - che non collegano nessuna di queste linee - o quelli che sono separati da cinque (o sette) segni sono "incongiunti", àm)voEm.

Dei segni in aspetto diametrale, uno si leva quando l 'altro cala: quindi hanno costumi incompatibil i . Ma ci sono segni dello stesso sesso, il che crea un 'affinità di natura: l i si considerava piuttosto favorevoli.

I segni in aspetto trigono erano essenzialmente benefici : anzitutto sono dello stesso sesso, e il numero tre è, per eccellenza, sacro.

I segni in aspetto quadrato sono antipatici e sfavorevoli. Infatti, ogni lato del quadrato unisce segni di sesso diverso e i segni dello stesso sesso sono in opposizione diametrale.

L'aspetto sesti le riunisce segni dello stesso sesso: ha quindi le stesse proprietà dell'aspetto trigono, ma in grado minore, perché l 'associa­zione diventa più debole in quanto i partecipanti sono più numerosi.

Questa combinazione di calcolo e superstizione non era destina­ta a servire a un fine disinteressato. Non si trattava assolutamente, nell 'astrologia, di sapere per sapere. Mirava solo a un obiettivo pra­tico: pronosticare l 'avvenire con l 'osservazione degli astri. Era que­sto tutto lo scopo dell"'apotelesmatica", e la parola stessa esprimeva questo carattere. Infatti l' Ù7tO'tEÀ.EO")lU'ttK'fÌ 'tÉXVll è l'arte di produrre un adempimento materiale (à1to'tÉÀ.Ecr)la), in contrapposizione alla 'tÉXVll 8EWpllnKiJ, che si propone la conoscenza pura, e la l'ÉXVll 7tpaKnKT'J, che si propone un'azione.

29 Astr. Gr., p. 1 6 1 . 30 Astr. Gr., p. 1 65. Vedi tutto questo paragrafo.

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1 28 La rivelazione di Ermete Trismegisto - L 'astrologia e le scienze occulte

La stessa apotelesmatica si divideva in tre rami. Si compivano sforzi per prevedere sia "degli eventi riguardanti esseri collettivi" - apotolesmatica universale o "cattolica" (Ka8oÀtK�) - sia "gli in­cidenti e le potenzialità della vita individuale"3 1 • Questo secondo ramo a sua volta si dava due compiti : o si determinava tutta la vita di un individuo secondo la posizione degli astri nel momento esatto della sua nascita e del suo concepimento (genetlialogia), oppure ci si pronunciava se un tale momento era favorevole o no per tale im­presa ("Iniziative", Kampxai). Questi tre rami dell 'astrologia sono forse derivati l 'uno dal l 'altro. Ripercorrendo la genesi dell 'astrolo­gia, Bouché-Leclercq constata32 che negli antichi documenti caldei si sono trovati solo "dei pronostici a breve termine rivolti a paesi, popoli, sovrani [ . . . ]. Partendo da questi dati e considerando che il destino degli individui dipende in una certa misura dalle influenze esercitate sul loro paese o nazione", gli astrologi greci hanno dovuto cominciare "a rispondere a clienti che gli chiedevano se il momento era favorevole o meno per una tale impresa": questo è il metodo delle "Iniziative" o Kampxai. Ma il fatto di nascere è "un atto la cui opportunità dipende anche dallo stato del cielo"; d'altra parte, "que­sto atto iniziale essendo la condizione prelim inare di tutti gli altri e determinandoli in anticipo, nella misura in cui il sesso, la forza o la debolezza native, la condizione sociale o la fortuna dei genitori decidono del futuro, gli astrologi furono portati a concentrare la loro attenzione sul momento della nascita e a fare anche convergere su questo momento tutte le influenze suscettibili di essere calcolate": questo è il metodo della genetlialogia. Qualunque possa essere stata questa evoluzione, troviamo, nel periodo tolemaico, esempi di que­sti tre rami dell 'astrologia, a cui si aggiungono la iatromatematica e la botanica astrologica.

3 1 Astr. Gr., p. 328. 32 Astr. Gr., p. 83.

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l. 'ermetismo e l 'astrologia 1 29

§ 2 . Le testimonianze sul! 'ermetismo astrologico

È possibile che, venuta dalla Caldea33, l 'astrologia sia penetrata in Egitto dal tempo in cui questo paese fu sotto la dominazione persia­na. E potrebbe ancora ed è addirittura probabile che fosse all ' interno dei templi che questa arte divinatoria caldea fu per la prima volta pra­ticata in Egitto. Inoltre, secondo Erodoto3\ i sacerdoti egiziani erano abili nel predire il destino degli individui secondo il loro giorno di nascita. Il sistema, più o meno assurdo nell 'astrologia classica35, dei Trentasei Oroscopi o Decani è sicuramente egiziano, essendo l 'anno egiziano diviso in trentasei decadi alle quali presiedevano, appunto, come "padroni del tempo" (XPOVOKpawpeç), questi trentasei decani. È anche alla tradizione egiziana che si riconduceva36 il metodo dei Ka'tapxai "che si basa sul sistema delle 'cronocratorie ' , vale a dire sulla credenza nella dominazione, nella preponderante influenza di un astro al momento padrone del tempo"37• Ci si deve quindi porre la domanda: in questa diffusione del l 'astrologia in Egitto, qual è stato il ruolo di Trismegisto? O, per meglio dire, dal momento che Her­mes-Thoth era considerato come l ' inventore della scrittura e colui che aveva scritto i primi libri, cosa contenevano i libri di astrologia attribuiti a Ermete e a quale data risalgono queste opere?

Sulla data, a dire i l vero, le testimonianze dell 'antichità non sono molto esplicite: c'era da aspettarselo. Tuttavia, in generale, Ermete è considerato uno degli autori antichi, uno dei 7tUÀatoi o apxaiot. Spesso è collocato sullo stesso rango del sacerdote Petosiris e del re Nechepso, autori non meno favolosi di una compilazione astro­logica del II secolo prima della nostra era38• Nella dedica del V li­bro degli Apotelesmatika attribuiti a Manetone, Ermete, inventore del l 'astrologia, è detto non aver per eguale che i l solo Petosiris39• In

33 Questo punto è sicuro. È anche da Babilonia (attraverso Berosso e lo pseu­do-Zoroastro) che l 'astrologia arrivò direttamente ai Greci, un'altra via indi­retta, passando per l 'Egitto (Petosiris, Hermes).

34 ERODOTO, 11, 82: 't'fi �Ka<n:oc; Jif.lÉPTI yEVÒtJ.EVoc; ÒTÉotcrt ÈyKUpi}crEt Kaì OKooc; TEÀEUTf}O"El KaÌ ÒKOÌÒ<; Tl<; fcrmt.

35 Tolomeo non ne fa menzione. 36 "A ragione, senza dubbio", dice BoucHÉ-LECLERCQ, Astr. Gr., p. 462. 37 Astr. Gr. , p. 462. 38 Cfr. supra, p. 99, n. 60. 39 PsEuoo-MANETONE, V (VI), v. l O. Cfr. supra, p. 99.

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1 30 La rivelazione di Ermete Trismegisto - L 'astrologia e le scienze occulte

un luogo della sua Mathesis, Finnico Materno (IV sec. d.C.) dichia­ra di aver trascritto "tutto ciò che Enne[e e Anubis (?) hanno rivelato ad Asclepio, tutto ciò che Petosiris e Nechepso hanno esposto in dettaglio, tutto ciò che hanno prodotto Abramo, Orfeo e Critodemo e altri uomini esperti in astrologia"40• È una tradizione costante: l 'au­tore di un'epitome di libri astrologici, che scrive dopo il VI secolo, dice ancora che Tolomeo è superiore a tutti i suoi predecessori, cioè Nechepso, Petosiris, Ennete e tutti i loro simili4 1 •

Ma spesso, anche, s i va oltre: si ritiene Hennes come il corifeo, del quale gli altri non hanno fatto che seguire la dottrina. Si sono viste in precedenza42 le testimonianze di Giamblico e di Efestione di Tebe, che, uniti, attestano la dipendenza di Nechepso-Petosiris rela­tivamente ai Salmeschoiniaka e di questi riguardo a Ennete. A pro­posito del "tema del mondo"43, Finnico Materno fa conoscere una doppia tradizione dello stesso tipo: "Ecco qual è i l tema del mondo secondo Petosiris e Nechepso che hanno seguito Asclepio e Anubis ai quali l 'onnipotente divinità di Hennes ha rivelato i segreti di que­sta scienza"44• Allo stesso modo, è ancora una trasmissione a due gradi, con Hennes in testa, che segnala il papiro Salt, nell 'anno 1 3 8 della nostra era45• Questo breve frammento sui pianeti, dopo i l titolo "Sette dei" o "I sette dei", inizia così: "Avendo indagato su molti dei libri secondo la tradizione che ci è giunta dagli antichi saggi, voglio dire i libri dei Caldei e Petosiris, ma soprattutto il re Nécheus (Nechepso ), secondo cui essi hanno fondato insieme la loro dottrina prendendo la in prestito al nostro signore Hennes e ad Asclepio, che è Imuthes, figlio di Efesto (Ptah), ecc.". Per altri, Hermes è sempli­cemente il primo, senza specificare la filiazione dei sistemi . Manilio, dopo essersi chiesto (I, 25-26): "Quale mortale penetrò per la prima volta nei misteri del cielo, con il favore degli dei?", invoca Hennes

40 Math. , 1V, praef, § 5. Anubis (Hanubius) è una correzione di Teuffel (Mercurius et Hanubius per Mercurius ErNHNUSUIX). Kroll-Skutsch non hanno osato in­trodurre correzioni nel testo, REITZENSTEN (Poimandres, pp. 125- I 26) ha proposto et Chnubis, SERRUYS (Rev. Philol. , XXXII, 1 908, pp. 147-148) et Hermanubius.

41 CCAG., VIII, 3, p. 93. 8-9. 42 Supra, p. 99 s. 43 Su di esso, cfr. Astr. Gr., pp. 1 85 ss. 44 Math. , l l l ,pra?f Più avanti, Firmico cita anche il titolo del l 'opera di Asclepio,

Moirogenesis. 45 Cfr. CCAG., VIII, 4, p. 95.

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come i l princeps e l ' auctor d i una così sacra iniziazione: Tu princeps auctorque sacri, Cyllenie, tanti (1, 30). In un autore anonimo che scrisse nel 3 79 della nostra era si legge: "I nostri antenati egiziani hanno fatto menzione di queste cose e hanno scritto su di esse: il pri­mo di loro fu Hermes, e ha trattato nei suoi Apotelesmata Kosmika la levata eliaca ( ÈnnoÀ.i}) del Cane"46• Giuliano di Laodicea (V secolo) attribuisce a Hermes una dottrina dei segni zodiacali e dei decani che gli scrittori successivi hanno utilizzato47•

Per sapere da dove lo stesso Hermes avesse preso la sua scienza, la tradizione risponde che proviene da Dio. Lo pseudo-Manetone dice solamente di essere stato favorito da una particolare provviden­za degli astri celesti48• Più tardi, si parla più apertamente di rivela­zione divina, come accaduto per Petosiris-Nechepso49• Leggiamo in uno scritto anonimo sulla peonia (paeonia) derivato da un trattato ermetico di botanica astrologica50: "È Dio che ha fatto conoscere a Ermete Trismegisto questa pianta sacra che guarisce i mali e che è utile alla vita dei mortali, come si trova registrato nei libri sacri degli Egiziani". Analogamente, nella traduzione greca di estratti di Apo­masar5 1 , si incontra questa curiosa affermazione tratta dai Misteri di Apomasar stesso52: "Leggiamo nel trattato di Ermete Trismegisto53:

46 CCAG. , V, l, p. 204. 1 7 (cfr. supra, p. 1 22, n. 1 7). Questo pezzo ermetico sul sorgere di Sirio è stato utilizzato da Antioco di Atene (CCAG., IV, p. 1 54: vedi anche, p. 1 24) che scrive nella prima metà del I sec. a.C., cfr. F. CuMONT in Mélanges Bidez (Bruxelles 1 933), pp. 1 35 ss.

47 CCAG. , V, l , p. 1 88. 23. 48 PSEUDO-MANETONE, V (VI) v. 4 Koechly: oùpavimv 1:' licr1:pmv iBimç EXclpa/;E

xpovoimç. 49 Cfr. fragm. l Riess. Sulla rivelazione diretta (o dell' astrologia in generale

o di qualche profezia particolare) da un astro o un dio o demone dell' astro, cfr. BoLL-BEzoLD-GUNDEL, Sternglaube4, pp. 96-99. La credenza che i primi saggi e osservatori degli astri abbiano potuto ottenere la loro scienza solo dagli dei trova posto in menti tanto serie quali VITRUVIo, IX, 6, 3: quorum (i saggi di una volta) scientiae sunt hominibus suspiciendae, quod tanta curafuerunt, ut etiam videantur divina mente tempestatum signifìcatus post futuros ante pronuntiare.

50 CC A G. , VIII, l , pp. 1 87 ss. : i l nostro testo è in p. 1 90.3 1 . Cfr. i '!fra, pp. 1 88 ss. 5 1 Celebre astrologo arabo del I X secolo, cfr. CCAG. , V, l , pp. 1 42- 1 44. [Apo­

masar è il greco bizantino per Abii Ma' shar, altresì noto, nel latino medievale, come Albumasar; N. d. T.].

52 lvi, p. 1 49. 27. 53 Senza dubbio i l l ibro nòv j.lU<mJpimv di Herrnes, segnalato nel catalogo d i

Apomasar, CCAG., l , p. 84. 14.

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'Ho parlato con Zeus e Zeus mi ha parlato' . Cosa si deve pensare di queste parole? È che Ermete ha scritto queste cose affinché, per motivi di comodità, istruisse e guidasse i suoi discepol i per mezzo di esempi in modo che potessero conoscere la natura di Zeus".

Gli insegnamenti di Ermete più spesso citati dagli astrologi dell 'epoca imperiale riguardano i segni zodiacali e i decani, il si­stema dei "luoghi" o delle "sorti", così come la medicina astrolo­gica (iatromatematica). È a proposito del "tema del mondo", ossia dei domicili assegnati ai pianeti nei segni zodiacali alla nascita del mondo, che Firmico Matemo54 parla della rivelazione ermetica tra­smessa a Nechepso-Petosiris da Asclepio e Anubis. L'anonimo del 379 conosce un libro di Ermete in cui i decani appaiono in relazio­ne con le malattie: "Quando Satumo e Marte sono in aspetto sulla destra ( Èm9ewpi]crn) con la Luna e il Sole situati in questi luoghi [ . . . ] , quelli che nascono allora sono inevitabilmente malati agli oc­chi, se né Giove né Venere sono in aspetto sulla destra con gli astri responsabil i o i luoghi e decani, come li abbiamo disposti sul nostro quadro secondo ciò che contiene il libro di Ermete, nel quale si è soffermato a lungo sulla iatromatematica"55• Alla luce della testi­monianza di Giuliano di Laodicea, "Ermete Trismegisto e coloro che l 'hanno utilizzato ci hanno istruito sui segni dello zodiaco, sulla natura e l 'energia di ciascuno di essi; inoltre, se ci si vuole informare sulla figura dei decani, non si commetterà un errore ragguagliandosi presso lo stesso autore"56• Paolo di Alessandria (sotto Graziano e Teodosio) enumera, secondo il libro ermetico detto Panaretos (''Il Tutto Eccellente"), le sette "sorti" corrispondenti ai sette pianeti57, e, nel suo commento su Paolo di Alessandria, Eliodoro (intorno al 500 d.C.) scrive: "Bisogna sapere che Ermete Trismegisto ha trat­tato di queste sorti nel l ibro chiamato Panaretos, ove rivela anche le influenze ( Ù7toTEÀ.Écr)laTa) di queste sorti, grazie alle quali si può, senza ulteriori aiuti, prevedere l 'avvenire di qualsiasi faccenda, sen­za bisogno di altre ricerche: quest'uomo divino (Ermete) ha quindi insegnato che ci sono sette sorti secondo il numero dei sette pianeti

54 Math., III, prref 55 CCAG. , V, l , p. 209. 2. I l quadro indicato manca nel manoscritto. 56 CCAG., V, l , p. 1 88. 23. 57 PAoLO m ALESSANDRIA, Eicraywy� Eiç t�v ànoteÀEcrllattK�v, ed. Schato (Wit­

temberg 1 586), K 2-4: cfr. Astr. Gr. , p. 207, n. l ; CCAG., V, l , p. 75.

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e ha nominato, ecc."58. In un frammento anonimo sui KÀ:fjpot, Er­mete è dato come l 'inventore di questa dottrina59• Allo stesso modo l 'epitome parigina menziona un opuscolo ermetico sulle dodecate­morie60. Infine, il Medioevo ha riferito a Ermete un gran numero di scritti relativi all 'astrologia e alle scienze occulte6 1 . Più o meno derivati dagli Arabi e senza dubbio, in larga misura, apocrifi, questi scritti dovrebbero essere esaminati in dettaglio, ed è solo dopo que­sto esame che si potrebbe dire se sono di origine greca o contengo­no, almeno, qualche realtà tradizionale. Questo compito, pieno di in­teresse, deborda chiaramente dal piano di questo l ibro. Limitiamoci al solo esempio di Alberto Magno, che cita ancora, nel suo Speculum Astronomicum62, un certo numero di libri astrologici di Ermete: un

58 CCAG., IV, p. 8 1 . 1 ss. Cfr. V, 3, p. 63. 59 CCAG. ' VIII, 3, p. 1 90. 20: E(jl€Ùp€ lìÈ TOÙTO ò 'EpJ.LJÌç. 60 CCAG., VIII, 3, p. l O 1 . 1 6 ss. Cfr. VIII, 4, pp. 1 26 ss. 6 1 Nonostante le preziose indicazioni di THORNDIKE, History of Magie ( 1 929), Il,

pp. 220 ss., il campo sembra appena esplorato, e ci si deve attendere ancora parecchie scoperte. Molti dei libri astrologici sono stati attribuiti a Hermes dagli Arabi - cfr. M. STEINSCHNEIDER, Die arabischen Ubersetzungen aus dem Grie­chischen, Leipzig 1 897, §§ 1 08- 109 (HERMES, Quellen u. Schriflen), vedi anche §§ 68-69 (ps. aristotelica talvolta attribuita a Ermete); BLocHET, Études sur le Gnosticisme musulman in Rivista degli Studi Orientali, IV ( 19 1 1 - 1 9 12; inven­tario della letteratura ermetica araba, pp. 69 ss. della ristampa, Roma 1 9 1 3) e VI ( 1 9 14- 1 9 1 5); GUNDEL, Jahresbericht, p. 1 25 - ma probabilmente senza ragione. Così i l li ber de revolutionibus nativitatum pubblicato sotto il nome di Hermes nel 1 559 è in realtà di Apomasar, cfr. CCAG., V, 4, p. 177. È prudente ritenere come sospette le indicazioni trasmesse da Mashalla (VIII sec.) sui 24 libri ermetici di astrologia giunti fino a lui (CCAG., I, p. 82.8, cfr. infra, p. 1 94, n. 294). Così V. STEGEMANN sottolinea (Beitrage zur Geschichte der Astrologie, I : Der griechische Astrologe Dorotheos von Sidon und der arabische Astrologe Abu 'l- Hasan 'Ali ibn ab i 'r-Rigal, genannt Albohazen [ = Quelle n. u. Studi e n zur Geschichte u. Kultur des Altertums u. des Mittelalters, Reihe D, H. 2, Hei­delberg 1 935], p. 5, n. l ) che l 'Xl libro di Doroteo di Sidone a cui si riferisce Mashalla ( CCA G., I, p. 1 54. 1 7) non è, in verità, mai esistito. "Per questa parte della scienza araba (l'astrologia)", osserva Stegemann (ivi, p. 5), "è ragione­vole sospettare che gli autori arabi, per dare più peso alla loro esposizione, a volte avessero la perfida abitudine di attribuirsi una vasta lettura e di citare come autorità, le cui opere avessero praticato, ben noti e considerevoli studiosi dell'antichità, in modo che le loro citazioni possono essere inautentiche". Vedi d'altronde, per l'ermetismo arabo, infra, Appendice III .

62 CCAG., V, l , pp. 85 ss. Cfr. THORNDIKE, II, p. 220.

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Li ber imaginum o praestigiorum63, un l ibro de quibusdam medicinis in coniunctionibus planetarum64, un altro de quatuor confectionibus sulla cattura di animali selvaggi, lupi e uccelli65, infine i l libro di Ermete ad Aristotele66•

§ 3 . Gli scritti ermetici di astrologia

I manoscritti astrologici greci e latini ci permettono di comple­tare queste indicazioni, tutto sommato piuttosto scarse, degli autori antichi. Vi si trova, attribuiti a Ermete Trismegisto, oltre ad alcuni frammenti insignificanti ancora inediti, un Liber Hermetis latino che è una sorta di compendio (in trentasette capitoli) di brani presi in prestito da un trattato ermetico più completo del l 'epoca tolemaica, e diversi opuscoli greci appartenenti all 'apotelesmatica universale, alle iniziative, alla dottrina dei luoghi, alla iatromatematica e alla botanica astrologica. Darò qui una rapida anal isi di questi scritti, cominciando dal ramo principale de li 'astrologia - previsione del futuro - e trattando in seguito solo quel ramo secondario che è la medicina astrologica. Infine, nella prima sezione, metterò prima gli opuscoli greci, il cui oggetto, più limitato, prepara alla comprensio­ne di quel vasto florilegio che è il Liber Hermetis67•

63 Evocazione dei dèmoni degli astri : CCAG. , V, l, p. 98. 8 (Toz = Thoth?) e l O; pp. 1 00. 7, 1 00. 14- 1 0 1 . 1 5 . Su Toz nel Medioevo, cfr. THORNDIKE, Hist. of Mag., IF ( 1 929), pp. 225-228 e CLER�IONT-GANNEAt', Recueil archéol. orien­tale, VI, p. 356.

64 lvi, p. l 02. l O. 65 !bi d., p. l 02. 1 0-1 1 66 lbid., p. 1 02. 1 3 . 67 L'inventario fino ad oggi più completo dell'ermetismo greco non filosofico si

trova nella ammirevole raccolta di H. DIELS, Die Handschriften der antiken Ar­zte, Griechische Abteilung (Abh. d. Pr. Ak. d. Wiss. , 1905/6), Il . Teil ( 1 906), pp. 43-48. Questo inventario comprende 28 numeri; in realtà, è necessario contarne solo 26, perché Diels ha incluso nel numero di questi scritti l'Asclepio, puramen­te filosofico, e la traduzione di Marsilio Ficino del C01pus Hermeticum (I-XIV, con il titolo Li ber de Potestate et Sapientia Dei). Penso che sia utile riprodurre qui i titoli delle opere dell 'elenco di Diels, con l' indicazione dell 'editore nel caso di opere pubblicate, e, se necessario, il riferimento al presente libro quando ho analizzato lo scritto ermetico. Aggiungerò infine un certo numero di astrologica ermetici ancora inediti. I) 'Epjloù rptcrjl. tinavra (Opera varia): inedito.

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2) "Opyavov (Organum): BERTIIELOT-RUELLE, A/eh. Gr. , p. 23. 8- 1 7 = qui, p. 1 54 e n. 1 28. 3) Kav6vtov (Canon): CCAG., I, p. 128.3- 12 = qui, p. ! 54 e n. 1 27 (è una varian­te del precedente). 4) Méeooòç eiç xàcrav KaraPXI'Iv È'Ittn'joewç (Methodus ad omne inceptum ido­nea): CCAG., VIII, l , p. 1 72- 1 77 = qui, p. 1 39. 5) Kupavioeç (Kyranides): M:ÉLY-RUELLE, Lapid. de l 'antiquité, I l, pp. 3- 124 = qui cap. VI. 6) 'Iarpof.Ul6TU.tanKà xpòç 'A.J.LJ.LWVa Aìy6xnov (latromathematica ad Ammonium [ sic Diels, indubbiamente secondo la trad. lat. del cod. romano Angelic. 3 1 5] IEgyptium): IDELER, Phys. et Med., l, pp. 387-396 = qui pp. 1 59 ss. e n. 1 50. 7) xepì KaraKÀ.{crewç vocrouvrwv ( Canon de decubitu irifìrmorum ) : lDEI.ER, l, pp. 430- 440 = qui pp. ! 59 ss. e n. 1 5 1 . 8) 7tEpì poravò:Jv xuM:Jcrewç (de succis plantarum): diverse recensioni edite nel CCAG., cfr. qui pp. 1 74-1 77. 9) xpòç ròv AaKÀ.TJmÒv ì.Jryoç Ka6oÀ.tK6ç: inedito (un solo cod. greco, Atene 1 1 80, non segnalato nel CCAG., X. Diels indica alcuni MSS. per la trad lat., come Troyes 1 948 con i l titolo H e/era ad Asclepium al/acuta: ora H e/era o Dehlera è una corruzione medievale per de hiera, e il titolo H e/era . . . al/acuta è il sottotitolo dell'Asclepio in alcuni MSS. Le traduzioni indicate non potrebbero quindi essere l'Asclepio? D'altra parte non si possiede più l'originale greco dell'Asclepio, e un ì.Jryoç Ka6oÀ.tK6ç ad Asclepio non è altrimenti noto). IO) [xepì çcpwv ouvaJ.LEWV Kaì rò:Jv éç aùrò:Jv cpapJ.LaKwv xpòç A.aKÀ.TJm6v] (Ad Asclepium de animalium proprietatibus et remediis quae ex illis peti possunt, cumfiguris): MtLY-RUELLE, Il, pp. 275 ss. (questa è una delle recensioni delle Kyranides, cfr. CCAG., VIII, 3, p. 72 e qui infra, cap. VI, p. 248, n. 1 24). 1 1 ) xtpì OEKavò:Jv xpòç AaKÀ.TJ1tlÒV (de decanis ad Asclepium): RuELLE, Rev. Phi­lol., XXXII ( 1 908), pp. 147 ss. = qui pp. 1 69-1 74. 1 2) 1tEpÌ poravò:Jv rò:Jv tP' çwo{wv xpòç AaKÀ.TJmòv (Ad Asclepium de plantis X/l zodiaci signorum): CCAG., VIII, 3, pp. 1 39 ss. = qui, p. 1 76. 1 3) xepì Tijç rò:Jv tP' ròxwv ÒVOJ.LUatT]ç Kaì ouvétJ.LEwç (de XII locorum nomencla­tura etfacultate): CCAG., VIII, 4, pp. 127- 1 74 = qui, p. 1 40. 14) xepì poravò:Jv rò:Jv ç · àartpwv xpòç A.aKÀ.TJ1tlÒV (Ad Asclepium de plantis VII

planetarum): CCAG., VIII, 3, pp. I 53. 1 - 1 59. 1 8 = qui, pp. l 8 1 - 1 84. 1 5) 7tEpÌ ara6J.Lò:lV (de ponderibus): inedito? 1 6) Prologus librorum Hermetis philosophi, regis IEgypti, super opere philoso­phico (!ne. Hermes philosophus de sapientia quam videl icet omnibus): Cambrai 9 1 9 8 1 8), f. 32. 17) Allegoriae: Montpellier (École de Médecine), 485, n° 2. 1 8) Centiloquium: cfr. THORNDIKE, Hist. of Mag. , Il, p. 221 . 1 9) Liber trium verborum: Roma, Palat. 1 329, f. l ; Wolfenbiittel 3 1 70, f. 1 1 v- 1 3v. 20) Liber secundum Hermetem de quattuor corifectionibus ad omnia genera animalium capienda: Montpellier (Éc. de Méd.) 277, n° 12; cfr. CCAG., V, l , p. 1 02. 1 0- 1 1 e qui, cap. v, p. 1 34. 2 1 ) De lunae mansionibus: cfr. THORNDIKE, op. cit. , II, pp. 223-224.

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22) De XV stellis, XV herbis, XV lapidi bus et XV figuris appropriatis: L. DELATIE, Textes latins . . . relatifs au:x Cyranides, Liège-Paris 1 942, pp. 237 ss. = qui pp. 1 93 ss. 23) Chemia: Roma, Palat. 1 328, f. l (/ne. Philosophus dicit), 1 330, f. 95 (/ne. In nomine sanctae). I trattati alchemici latini attribuiti a Hermes sono molto nume­rosi ed è impossibile specificare la natura di questi ultimi fino a quando non sarà stato completato il catalogo intrapreso dali 'Union Académique Internationale. 24) Expositiones rerum memorabilium et extractiones corporum mineralium: Roma, Palat. 1 329, f. 5 (/ne. Hic incipiunt expositiones). I nn. 25 e 26 contengono un altro libro di alchimia (Secreta: 6 MSS. almeno, come Oxford Canon. mise. 3 1 6, f. l [Doctrina sive ars Hermetis sapientissimi . . . de transmutatione metali.J, Corp. Christi 1 25, f. 39, Ali Souls 8 1 , f. 1 8v-52v [Inscr. H. regis Graecorum secreta secundum transmutationis naturam]) e degli Excerpta varia sia in greco, sia in latino. Nel numero, notiamo degli antidoti scoperti negli adyta di Ermete (èK -réòv àOu-rrov -roù 'EpJlOÙ eiç MEJl!plTJV [sic ! ] : un altro antidoto viene èK -réòv 'H!paicrrou aM-rrov f.v MEJ.l!pilìt) e, in latino, un tractatus ex libro Gallieni Alpachimi et sententiis Hermetis collectus (lena, bibl. acad., 1 1 6, n° 4) che deve essere lo stesso opuscolo alchemico del Liber Herme­tis de alchimia segnalato Cat. Man. Alch. Latins, I (Manuscrits . . . de Paris), Bru­xelles 1939, p. 1 9, ed edito da PLESSNER, Neue Materialien zur Geschichte der Tabula Smaragdina (Der /slam, XVI, 1 927), pp. 1 09- 1 1 1 , perché, nel prologo di quest'ultimo scritto, l'autore dice che esporrà solis aptationem ex libro Galieni Alfachim et que ( !) ex sententiis ipsius Hermetis senserit (cfr. infra, cap. IX, pp. 406-407, n. 1 89: questo manoscritto di Jena deve quindi essere aggiunto agli altri quattro oggi conosciuti: Parigi, B.N. lat. 65 1 4, ff. 39-40 v.; Londra, Harleian. 3528, n° 6, Arundel l64, n° 1 5, Sloane 2327), così come un opusculo intitolato Experimenta in alchimiam (Roma, Palat. 1 330, f. 192) che potrebbe essere lo stesso dell'opera segnalata da THoRNDIKE, op. cit. , II, p. 228. Si ritiene che questa lista, oggi, potrebbe estendersi quasi indefinitamente riguar­do ai testi ermetici latini. Non è nemmeno possibile stabilirla ancora nella sua in­terezza: ci manca un Catalogo dei manoscritti astrologici latini e il Catalogue des manuscrits alchimiques latins di Bruxelles è ancora ai suoi inizi (cfr. infra, eh. vn, p. 256, n. 5). Mi limito quindi ad aggiungere alcuni astrologumena ermetici del CCAG. a quelli che Diels e Kroll (P. W., VIII, 797-799, nn. 9-20) hanno già riconosciuto: per questo inventario dei testi greci, vedi già BLOCHET, Gnosticisme musulman, Roma 19 13, pp. 74-75. a) Sulla scienza degli oroscopi: CCAG., V, l , p. 43, n° 2, fol. 1 74 (ÀÉyEt ò 'EpJ.tTJç OTI EÌç O ç<PotÒV ÈcrrtV . . . 'tÒV cOpOCJKÒ1tOV nìç crnopàç) : inedito. b) Sulla medicina astrologica decanica: CCAG., l, p. 39, n° IO, fol. 350 v: 'EpJlOÙ -r. -rptcrJl. ì:K9emç nepì npo!puÀaKiiç �iou Kaì Kpacreroç crroJlU'tOç ( -réòv f.v -roìç çQl­oiotç ì..ç' OEKavéòv . . . él;etç KUÀéòç): inedito (?). c) Su una "intrapresa" (Kampxfl) di guerra: CCAG., V, l , p. 42, n° 2, fol. 1 67: 7tEpÌ otayvcbcreroç 1tOÀ.ÉJlOU ÈK 'tOÙ À.Ò')'OU 'tOÙ 'EpJlOÙ ( Ò1tÒ'taV EÌç 7tÒÀ.EJ.10V �ouÀn Q7tEÀ9EÌV . . . òpéòv ÀÉyE). Stesso testo VI, p. 39, n° 4, fol. 36 v e III, p. 9, n° I l , fol. l 04 v. Inedito.

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L 'ermetismo e l 'astrologia 1 37

l. OPUSCOLI GRECI

A. Apotelesmatica universale

Due opuscoli greci: l ) Un "BpovroMywv (tonitruale) di Ermete Trismegisto"68 o una

serie di presagi mensili sul significato del tuono in ogni mese del l 'an­no. In testa ai paragrafi i nomi dei mesi sono romani (gennaio, feb­braio, ecc.), ma resta qui il fatto che il tardo estrattore ha tratto questo pezzo da un insieme più completo: perché, nello stesso testo, i nomi dei mesi sono egiziani (v. g. Phamenoth, Pharmouti: VII, 229. 4); inol­tre, i presagi indicati si riferiscono principalmente all'Oriente, in par­ticolare al l 'Egitto, e quando si rivolge all 'Europa occidentale, l 'autore dice "i paesi dell'Ovest". L'antichità della data sembra provata dal fatto che l' opuscolo è servito come fonte per il Romano Fonteio69, che è anteriore a Varrone70. Ecco un campione di questa letteratura:

Nel mese di gennaio. Se c'è un tuono o un fulmine durante il giorno, che questo stesso paese71 vegli a non essere devastato da un tiranno; la

d) Sull'esito dell' incontro con grandi personaggi: CCAG., VI, p. 48, n° 8, fol. 2 1 3 v : 'EpJ..LOU TOÙ TptaiJ.EY{m:ou 7t€pÌ TOÙ auva:vriiaat j3acrW:ì ÌÌ <JOUÀ.TW<:p (la parola araba aouÀ.<étvoç non è anteriore alla fine del X secolo, cosa che dà un terminus a qua per questo frammento forse tradotto dal l'arabo, cfr. BLOCHET, Gnost. mus., p. 165, fine della nota 4 della p. 164). Stesso testo II, p. 1 8, n° 6, fol. 39 e VI, p. 2 1 , n° 2, foJ. 1 1 7: 'EpJ..LOÙ TOÙ TptOJ..L. ÈmÀ.Oy!Ì KU80À.tKJÌ TÒ:JV KULUPXÒ:JV OOtÒ niç UÀ.i}VI]ç oi\<YI]ç ÈV <Oiç tj3' çq>Oiotç. Pubblicato VI, p. 79 (sulla base del Vìndobon.) = qui, p. 139 e n. 81 . Quanto al piccolo poema ciç wùç Èm:à 7rÀavi}<aç Kai <àç ÈV ftllìv 8uva­j.I.EI.ç Kai mxlh] che appare in due MSS. di Milano (CCAG., lll, p. 5, n° 5, fol. 100; p. 1 7, n° 24, fol. 19 v), prima del m:pi aEtOJlÒlV ermetico, non è altro che il poema citato anche da Stobeo nel suo Florilegio (cfr. Scorr, Hermetica, I, p. 530, Exc. XXIX), raccolto nell'Antologia Palatina (lll, 147), e tradotto supra, pp. 1 20 ss. Senza dubbio ci sono ancora altri piccoli frammenti astrologici inediti. Nella mia analisi degli opuscoli greci di astrologia ermetica (pp. 1 37-1 40), considero solo i pezzi pubblicati nel CCAG.

68 CCAG., IV, p. 4 1 ; VII, p. 59: pubblicato VII, pp. 226 ss. Cfr. Astr. Gr. , pp. 363-364. 69 Da cui si è ispirato Lmo, de ostentis, pp. 88 ss. Wachsmuth. Cfr. CCAG., VII,

p. 226, n. l e Astr. Gr. , p. 363 e n. 3 . 70 A dire il vero, l ' ipotesi che Fonteio sia al contrario servito come fonte per il

nostro opuscolo non è esclusa, ma rimane molto improbabile, cfr. CCAG., VII, p. 226, n. l .

71 it aùnì xwpa. l i pezzo fa seguito ad altri pronostici in cui l 'Egitto era già men­zionato? O l 'autore vuoi dire "il paese in cui si produce questo fenomeno"?

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terra non darà frutti; non ci sarà alcuna piena del Nilo per mancanza d'acqua; l 'Egitto dominerà i suoi padroni; allora i popoli dell' Occi­dente vivranno senza problemi e nel lusso; e il re di Persia sarà libero da preoccupazioni. Se succede di notte, allora i popoli dell'Occidente vivranno senza problemi e nel lusso, ma ci saranno sconvolgimenti; al­cuni dei re faranno la guerra; tra quelli dell'Ovest, alcuni uomini saran­no in onore; ci saranno guerre nel paese (= in Egitto); molti periranno in mare; la temperatura sarà buona.

2) Un poema sui terremoti (m::pì cretcrjl&vf2 che i manoscnttt spesso attribuiscono altresì a Orfeo73• La data è incerta, ma in ogni caso prima dell 'epoca bizantina. I presagi sono classificati qui in base alla posizione del Sole nei segni zodiacali, a partire dall 'Ariete (mese di apri le). Di seguito la traduzione dei versi da l a l 0 :

Impara ancora questo discorso, figlio mio74: ogni volta che lo Scuo­titore dai capelli scuri (Poseidone) fa tremare la terra, ciò fa presagire per i mortali felice fortuna o disgrazia. Quando è giunto l'equinozio di primavera e Helios attraversa l'Ariete, se allora il dio che abbraccia la terra la agita violentemente durante la notte, ciò fa presagire grandi ri­volte nella città (Alessandria) 75• Se la agita durante il giorno, è l'annun­cio di tristezze e maledizioni, un flagello si abbatterà sulle popolazioni straniere e ci saranno, per noi, afflizioni e pene.

Resta, di questo poema, una parafrasi ermetica in prosa76, di data ugualmente incerta, di cui questo è l ' inizio, corrispondente ai versi 4- 1 0 del 1tEpÌ <JEl<JjlÒlV:

72 Sui presagi tratti da questi fenomeni, cfr. Astr. Gr., pp. 364-365. 73 CCAG. , V, l , p. 54; V, 3, p. 7 1 e saepi11s. Edito da KERN, Orphicor. fragm., pp.

283-287. 74 Su questa forma d ' indirizzo usuale, TÉKVov (qui il poetico TÉKoç), 11:aì, ecc.,

cfr. DIETERICH, Abraxas, pp. 1 60 ss.; NoRDEN, Agnostos Theos2, pp. 290 ss.; BoLL, Aus der Offenbarung Johannis (Stoicheia, I, 1 9 1 4), p. 1 39 e n. l ; Rm­ZENSTEIN, Hellenistische Mysterienreligionen3 ( 1 927, pp. 40-41 ), e infra, pp. 386 ss., "La traditio da padre in figlio".

75 Leggo con i manoscritti ltOÀT)oç èm6crracnç oÙK aÀaltaòvi) (UAaltaòvijç Kern) in considerazione del parafraste ai yEtTVtrocrm ltOÀEtç rapax9�crovrat J.lEya­ì..wç, CCAG. , VII, p. 1 67. 27.

76 CCAG., VII, p. 44; edito ivi, pp. 167- 1 7 1 : su questo brano, cfr. BEZOLD e BoLL, Rejlexe babylonischer Keilinschriften bei griechischen Schriftstellern (Abhandl. Akad. Heidelberg), 1 9 1 1 , p. 1 2. In altri manoscritti, la medesima parafrasi comincia con il mese di settembre (IV, p. 4 1 ; VII, pp. 59, 65) o il mese di marzo (V, 3, p. 5).

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Aprile. Essendo il sole in Ariete, se la terra trema durante il gior­no, coloro che avvicinano i re si scontreranno l'un l'altro con insidie; le città vicine77 saranno scosse da grandi disordini e subiranno atti di violenza e omicidi; un uomo illustre perirà e i suoi seguaci saranno in pericolo; ci saranno forti piogge; i frutti della terra e gli alberi prospe­reranno. Se la terra trema di notte, ci saranno controversie nel popolo78 e ci si rivolterà contro il tiranno installato: infatti i soldati del tiranno lo lasceranno, si opporranno a lui e si ribelleranno contro il loro stesso re; ci saranno guai e rivoluzioni nel popolo, i tiranni dell' Occidente periranno; ci saranno forti piogge; il seme si moltiplicherà. In Egitto ci sarà carestia e mancanza d' acqua nel Nilo.

B. Iniziative

Un opuscolo intitolato "Metodo segreto di Ermete Trismegi­sto per ogni iniziativa" si legge in quattro manoscritti, di Venezia, di Firenze, del Vaticano e di ParigF9, la recensione del Paris. (e Venet. ) differenziandosi un po' da quella del Florent. Certamente anteriore a Costantino, l'opera deve essere molto più antica, dal momento che non contiene nessuno dei volgarismi del tardo greco. Ecco il prologo:

Innanzi tutto, bisogna che colui che intraprende una ricerca in tema di iniziative determini la posizione dei centri80 e delle "epoche" dei pia­neti se vuole avere successo e non commettere errori in nessuna inizia­tiva, qualunque essa sia. Ad esempio, se ti viene chiesto, riguardo a una concepimento, se ciò che nascerà sarà di specie umana o animale, ma­schio o femmina, bipede, quadrupede o alato, se deve vivere o perire, se, una volta nato, sarà nutrito o non lo sarà, e quindi per qualsiasi altra iniziativa, ecco il metodo da seguire [ . . . ] .

Inoltre esiste una "Scelta universale delle iniziative"81 e un breve frammento "Sulle iniziative" restato inedito82•

77 Vicine al luogo in cui si verifica il sisma. 78 Ilf:pì wùç lìl']J . .LOUç. 0; "nei partiti popolari"? 79 Cfr. CCAG., VIII, l , p. 32 (= Paris. 24 1 9 fol. 69 v.), edito iv i, pp. 1 72- 1 77. 80 Cfr. Astr. Gr. , pp. 257 ss. 8 1 Edito CCAG., VI, p. 79. 82 Cfr. V, 3, p. 58.

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C. Dottrina dei dodici luoghi

L'opuscolo ermetico "Sulla denominazione e la potenza dei do­dici luoghi" si trova in alcuni manoscritti di Venezia, di Berlino, di Erlangen e di Parigi83• Questo lavoro è certamente dell 'epoca tole­maica: infatti, dagli autori che l 'hanno utilizzato, Retorio ( CCA G, VIII, 4, pp. 1 27 ss.) nel VI secolo, Paolo di Alessandria e Finni­co Materno (III, 2- 1 3 ) nel IV, V etti o Valente nel II, Trasillo sotto Tiberio, Antioco di Atene nel I secolo avanti la nostra era, persino Serapione di Alessandria, che è senza dubbio l 'allievo di Ipparco, si può risalire fino al II secolo prima della nostra era84 • Ho appena il coraggio di entrare qui nei dettagli di questa astrusa dottrina dei "luoghi", che deriva dalla tecnica dell 'astrologia85•

Dal libro ermetico intitolato Panaretos e che tratta delle sette "sorti"86, nei manoscritti resta solo l 'estratto che ne ha fatto Paolo di Alessandria87•

83 Mare. 335; CCAG. , VII, pp. 48, 74; VIII, l , pp. 63, 69, 74; VIII, 4, p. 26. Edito da F. Cumont, CCAG. , VIII, 4, pp. 1 27-1 74. Vedi anche, dello stesso, Rev. Philol. , 1 9 1 8, pp. 63 ss. ; L 'Égypte des ustrologues, 1937, p. 1 9.

84 Cfr. CCAG. , VIII, 4, p. 1 1 7. W. KROLL, Kulturhistorisches aus astrologischen Texten in Klio, XVIII ( 1 923), pp. 213-225, ha dimostrato che le prognosi di questo pezzo sono di un interesse considerevole per la storia della civi ltà nell 'Egitto tolemaico. Se si deve, come giustamente sembra, far risalire l'origi­nale ermetico fino al II secolo a.C., è ancor più interessante constatare il ruolo che hanno, in quest'epoca, gli elementi caratteristici del misticismo che siamo abituati a vedere nei testi ellenistici successivi, cfr. KROLL, op. cit. , pp. 2 1 6 ss. Si trovano così non solo la gerarchia ufficiale dei sacerdoti egizi (KRoLL, pp. 2 1 6-2 1 8), ma tutti i generi di devoti installati nei templi come tv8oumacrnKoi (ÈV8EacrnKoi), indovini e onirocriti, posseduti (da dio), che, in uno stato di estasi (ÈmtanKoi), proferiscono oracoli (Ùlto<p8E)"'(OI..lEVot), mystes attingenti la loro "saggezza" in libri segreti (j..LaKUpWV TE opyta ytyYcllcrKOVtaç, ocr' ÈV ���À<nç èxapétx8TJ Kpultraìç), asceti in stracci, ricoperti di lunghi capelli (Koj..Lo­rpo<poùvrEç), confessanti i loro peccati (èl;ayopeurai), maghi ed esorcisti, ecc . : cfr. KRoLL, op. cit., pp. 2 1 9-224 e CuMONT, Ég. d. astr. , pp. 1 47 ss., 1 5 1 ss.

85 Sui "luoghi", cfr. Astr. Gr. , pp. 280-288, e l 'articolo citato di Cumont (n. 83). 86 Cfr. Astr. Gr. , pp. 288 ss., in particolare pp. 307-308. Questa dottrina era pe­

raltro contraddittoria rispetto a quella dei luoghi. 87 Cfr. supra, p. 1 32 e CCAG. , IV, p. 8 1 ; V, l , p. 75; V, 3, p. 63 .

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Il. Liber Hermetis Trismegisti

I l solo carattere di queste "disiecta membra" sparse nelle anto­logie degli astrologi del l ' Impero o nei manoscritti greci farebbe supporre che sia esistito, in un momento del periodo ellenistico, un compendio di astrologia attribuito a Hermes e trattante (con più o meno ordine) di tutta quanta questa scienza (apotelesmatica univer­sale, iniziative, genetlialogia). L'esistenza di questo compendio è stata recentemente dimostrata dalla scoperta, in un manoscritto lati­no del British Museum (Harleianus 3 73 1 : XV sec.), del Li ber Her­metis che ora dobbiamo esaminare88•

Questo Liber Hermetis è stato tradotto' direttamente - senza pas­sare per gli Arabi89 - da un'antologia greca che, a sua volta, non può essere anteriore alla fine del V secolo, dato il modo in cui l 'autore cita o menziona le dottrine di autori tardi90, o al contrario trascura del tut­to gli autori più antichi come Serapione di Alessandria (Il sec. a.C.) e Antioco di Atene (l sec. a.C.). Ma è facile dimostrare che questo florilegio greco di bassa epoca contiene parti molto più antiche.

l ) In primo luogo è solo un florilegio, una scelta di estratti . Lo di­mostra l ' inizio, dove, subito dopo il titolo (Liber Hermetis Trismegi­sti), l 'autore, senza preambolo, senza un'introduzione generale sulla scienza che tratterà91 , comincia con la teoria dei decani che difficil­mente può essere al primo posto in un manuale di astrologia, poiché questa dottrina presuppone, per esempio, quella dei segni zodiacali, essendo i trentasei decani i padroni delle trentasei divisioni di die­ci gradi introdotte nel cerchio dello zodiaco. Inoltre, la prima frase

88 Scoperto e edito da W. GUNDEL, Neue astrologische Texte des H ermes Trisme­gistos (Abhandl d. Bay. Ak. d. Wiss , PhiL-Hist. Kl., N.F. Heft 1 2), Monaco, 1 936. Per il capitolo sulle Monomoirai, Gundel si è servito anche della tradu­zione in francese piccardo del Paris. 6 1 3 (inizio XIV sec.). Citerò da GUNDEL quando rinvio al commento di questo studioso, con L. H. quando il riferimento riguarda propriamente il testo del libro ermetico.

89 GUNDEL, p. 9. La data di questa traduzione latina non può essere fissata con certezza, cfr. GUNDEL, p. l l .Taluni elementi linguistici sono caratteristici del IV e V sec. Altri appaiono solo in epoca bizantina, cfr. GuNDEL, p. l O. Il fermi­nus a quo è in ogni caso la fine del V secolo.

90 In particolare la dottrina delle sette regole cardinali che appare solo in Retorio (inizio VI sec.) nel suo 'Enim<Elljllç mvaKtKT'j, cfr. GUNDEL, p. 343 e, sulla fis­sazione della data, pp. 348-349.

9 1 Contro un uso costante presso gli antichi.

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stessa di questo primo capitolo attesta che abbiamo qui un estratto: "triginta sex autem decani duodecim signorum, qui notantur in fa­bula, sunt hi''. Questo autem indica che già prima erano stati trattati i decani o che, almeno, erano stati nominati : l 'autore dell'antologia ha fatto la sua selezione da un insieme più completo.

Ciò è dimostrato in secondo luogo dal disordine del testo. In ef­fetti i l Liber Hermetis associa, senza ordine logico, le dottrine fon­damentali dell'astrologia e l 'applicazione di questi principi a casi singolari. Così i capitoli di ordine teorico sulle stelle luminose (3), i dodici luoghi ( 14 e 26), le stelle fisse (25), la congiunzione dei pianeti (3 1 ), la posizione dei pianeti nei segni (32) sono preceduti o seguiti da pezzi di applicazione pratica, ad esempio sull 'anno, il mese e i l giorno in cui si deve morire (8- 1 0), sul giorno utile o inutile ( 1 2), sul matrimonio ( 1 7- 1 8) e i genitori ( 1 9-22), sulle affezioni del corpo derivanti dalla posizione della Luna nei segni (29), sui fratell i (30 e 3 7). L'ultimo capitolo teorico, sui confini o "termini" planetari (34)92, è seguito da pronostici sulla durata della vita (35), i biotha­natoi (coloro che muoiono di morte violenta) (36) e sulla morte dei fratell i (3 7). Quest'ultimo capitolo (3 7) riprende in sé letteralmente delle parti del capitolo 30. È nel mezzo di questa esposizione sulla morte dei fratelli che il manoscritto, bruscamente, si interrompe.

Sembra inoltre che il Liber riassuma in un solo capitolo talune importanti dottrine che, nell 'originale, hanno dovuto sicuramente essere oggetto di uno o più libri : così per le Monomoirai, i dodici luoghi, le congiunzioni, le deflussioni della Luna, la posizione dei pianeti nei dodici segni e loro ripartizioni. L'autore menziona a ma­lapena interi rami dell 'astrologia quali l 'apotelesmatica universale e le iniziative, benché sappiamo, dagli opuscoli greci, che l 'originale ermetico si fosse occupato di tali problemi .

Infine, l ' autore, a più riprese, s i riferisce a dottrine o esempi d i cui avrebbe parlato in precedenza: ora non c'è alcuna traccia di ciò nel presente lavoro.

Quindi il carattere stesso del nostro Liber Hermetis nel suo stato attuale ci obbliga a supporre un archetipo più completo, senza dub­bio meglio ordinato e necessariamente più antico. Questa antichità dell 'archetipo può essere conclusa anche con altri indizi.

92 Cfr. Astr. Gr. , pp. 206 ss.

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2) I l Liber Hermetis contiene parti del tutto nuove, vale a dire, non trattate da nessun altro astrologo, e parti che sono comuni ad altri autori. Ora, per queste parti comuni, la comparazione di L.H con i suoi paralleli mostra che il nostro florilegio rappresenta una tradizione più vicina all 'originale ellenistico: così, per citare solo alcuni esempi, il confronto con Finnico Materno per la dottrina dei quadranti93; il confronto con Finnico e Retorio per la teoria dei do­dici luoghi - nella sua descrizione del l 'influenza dei pianeti, il L.H inizia con il Sole, poi la Luna, quindi Satumo, ecc., e questa predo­minanza accordata ai due luminari è un segno di alta antichità94 -; i l confronto con Vettio Valente per la dottrina ermetica delle sette sorti - gli esempi portati qui dal L.H ci conducono in un ambiente che è ancora interamente quello dei Tolomei95 -; il confronto con Valente per la dottrina delle nutazioni (7tpocrveucretç) della Luna96•

Su tutti questi punti, è impossibile ammettere che il L.H abbia preso a prestito da astrologi con i quali offre delle analogie: piuttosto il L.H si riferisce direttamente al Corpus ermetico oggi perduto e che risale alla piena età ellenistica.

3) Ciò è infine confermato dal l 'analisi delle nuove parti, che sono principalmente il capitolo l sui decani, il capitolo 3 sulle stelle lumi­nose, i l capitolo 1 2 sulle stelle fisse con l ' indicazione dei gradi dello zodiaco in cui queste stelle hanno il loro levarsi, il capitolo 29 sui segni zodiacali dove i pianeti hanno le loro case.

Prendiamo dapprima il capitolo l o sui decani97• La parola decano è una creazione dell'epoca ellenistica per designare gli dei siderali che dominano su l O gradi del cerchio dello zodiaco. Comprendendo que­sto cerchio 360 gradi, ci sono quindi in tutto trentasei decani, ossia tre decani per segno. Ma questi stessi dei siderali sono anteriori al periodo ellenistico e non erano, in origine, limitati a trentasei. Sono nati dal l ' i­dea, peculiare del l 'Egitto, "che ogni divisione del tempo" grande o

93 GUNDEL, p. 306. 94 GUNDEL, p. 3 1 1 . 95 GUNDEL, p. 3 1 6. 96 GUNDEL, p. 32 1 . 97 Per questa esposizione, utilizzo l'eccellente capitolo di BoucHÉ-LECLERCQ, Astr.

Gr. , pp. 2 1 5 ss., in particolare 2 1 9 ss.; W. GUNDEL, Dekane und Dekanstern­biider (Stud. Bibl. Warburg XIX), 1936; e il capitolo di GUNDEL, consacrato ai decani nella sua edizione del Li ber Hermetis, pp. 1 1 5- 1 23 (citato GUNDEL, e la pagina). Vedi anche P. W., Suppl. B. VII, 1 16- 124, s. v. Dekane (Gundel).

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piccola, doveva avere il suo genio protettore, essere la proprietà di una qualche divinità, di un XPOVOKpél'trop . . . Gli Egizi, al tempo dei Farao­ni, avevano quindi disseminato lungo la strada diurna e notturna del Sole ogni specie di geni, che gli contendevano per così dire la signoria del tempo, dai quali otteneva il passaggio a mezzo di incantamenti magici, e che, col suo tramonto, regnavano finalmente al suo posto nel mondo. I più potenti, quelli collegati a stelle, costellazioni o parti di costellazioni, situati sulla strada del Sole98, erano le "lampade" o i "gruppi", i futuri "decani"99. Oggi è molto difficile determinare qua­li fossero queste costellazioni incontrate dal Sole nella sua corsa sul circolo equatoriale, in quanto gli astrologi successivi, ragionando se­condo la corsa solare sul cerchio dell'ecl ittica, hanno necessariamente proceduto a una ridda di assimilazioni che impediscono di distinguere le nozioni iniziali degli Egizi100; ma Orione, il Cane, Procione e l'Idra sono sicuramente nel novero delle costellazioni "decaniche" originali. È all ' introduzione di questi dei siderali nel cerchio del lo zodiaco che è dovuta la fissazione del loro numero a trentasei, che corrispondeva alle trentasei decadi dell'anno egiziano. Un nuovo progresso o, se si vuole, una nuova complicazione, risultò dal fatto che si dovette met­tere in rapporto questi dei siderali, divenuti i decani, con i pianeti che, anch'essi, avevano trovato casa nei dodici segni zodiacali . Si risolse questo problema fingendo che i decani fossero le "facce" o "masche­re" (npocrrona,facies) dei pianeti domiciliati nel loro dominio, vale a dire nella determinata porzione di l O gradi di un segno. Tutte queste combinazioni complicarono ali 'infinito la natura dei decani: avevano un aspetto siderale dato che originariamente designavano una stella o una costellazione; avevano un aspetto religioso, poiché erano stati pri­mitivamente, e non avevano mai cessato di esserlo, degli dei "signori dell 'ora"; avevano un aspetto geometrico in quanto divisioni uguali di ciascun campo riservato a un segno; avevano un aspetto puramen-

98 Questo tragitto essendo, per l ' antico Egitto, non il cerchio dell 'eclittica, "ma piuttosto una banda larga, che andava da un tropico all'altro, e di cui l ' equato­re costituiva la linea mediana". Gli Egiziani consideravano perciò "come sulla strada del Sole le stelle che sorgono e tramontano negli stessi punti dell 'oriz­zonte di esso", Astr. Gr., p. 220.

99 Astr. Gr., p. 220. l 00 Queste costellazioni portavano del resto altri nomi e venivano altrimenti rap­

presentate sulla "sfera barbara" degli Egizi. Cfr. Bou., Sphaera, 1 903. Sui nomi egiziani dei decan i, ivi, p. 177.

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te fittizio come maschere planetarie. Non dimentichiamo infine che, come dei, e divinità egiziane, erano stati assimilati da tempo imme­morabile agli antichi dei locali egiziani e quindi confusi con Iside, Osiride, Anubi, Chnoubis, di cui condividevano il potere. Possiamo immaginare, pertanto, quanto doveva essere diversa la loro influenza: prendeva parte all 'influenza dei segni zodiacali che si dividevano, dei pianeti di cui indossavano la maschera, delle costellazioni che rappre­sentavano, degli dei egizi ai quali li si assimilava.

Quale che sia questa complessità, è certo che il sistema dei decani figura, nel l 'astrologia ellenistica, come un elemento specificamen­te egiziano. È negli archivi dei templi che gli astrologi greci o gre­co-barbari dell 'Egitto scoprirono le prime liste di decani, ed è molto probabile che il clero indigeno abbia contribuito alla nascita e al pro­gresso della dottrina. Non c'è da meravigliarsi, quindi, che le opere di astrologia attribuite a Hermes-Thoth, "l' inventore" di tutta la scienza egiziana, abbiano messo questa dottrina in un rilievo particolare. Que­sto è uno dei punti in cui si può assai legittimamente congetturare che i libri ermetici siano stati composti da sacerdoti egiziani o, quantomeno, non siano stati scritti senza una diretta partecipazione di questo clero.

L' importanza attribuita alla dottrina dei decani nel Liber Her­metis conferma questa ipotesi. Se non mi sembra sicuro, come a Gundel 10 1 , che il L. H sia cominciato proprio con questo capitolo sui decani (almeno nel suo stato attuale)1 02, non c'è dubbio che il posto assegnato ai decani nella nostra antologia testimonia il carattere egi­ziano, e quindi antico, del l 'opera. E questo carattere è specificato dalla esposizione, del tutto originale e assolutamente nuova, del do­minio esercitato dai decani o sul corpo umano - è una caratteristica della medicina egizia, che rendeva tale organo dipendente da tale dio103 -, o sull 'Egitto intero104 o su un nomo dell 'Egitto e la popo­lazione che lo abita - così il terzo decano della Vergine "domina" sulla regione (KÀ.i!J.a) di Meroe e di Elefantina105 -, o su uno dei paesi e dei popoli (reali o mitici) vicini all 'Egitto o con i quali l 'E­gitto era particolarmente in rapporti : per esempio i Battriani, i Lidi,

1 0 1 GUNDEL, p. 1 1 5 . 1 02 Cfr. la prima frase triginta sex autem decani . . . e nostra osservazione, supra,

pp. 1 4 1 s. 1 03 GUNDEL, p. 1 20. 1 04 L.H., p. 2 1 .29. 1 05 L.H., p. 2 1 .23.

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i Medi, gli Amazzoni, i Semiramidi, la Persia, la Partia, la Siria, gli Assiri, l 'Etiopia, l ' India, l 'Arabia, l 'Armenia, la Libia, la Palestina e la Fenicia, la Cilicia, la Cappadocia, la Galazia e la Frigia, l 'Asia, l ' Achaia e la Panfilia, l 'Africa e la Mauritania, l 'Etruria, l ' Italia e la Campania. Tuttavia, questo capitolo del L.H. menziona anche (ma nettamente alla fine della lista) paesi del l 'Occidente e del Nord che sono certamente entrati nella storia solo alla fine della Repubblica e sotto l 'Impero - Pannonia, Gallia, Germania, Sarmazia, Bretagna, Dacia: questa corografia decani ca ha quindi subito uno (o più) rima­neggiamenti. D 'altra parte la menzione della Dacia, che appare nelle geografie astrologiche solo dopo la conquista di Traiano, e quella della Partia, che obbliga a risalire a prima del regno dei Sasanidi (226 d.C.), provano che questo rimaneggiamento è avvenuto tra le guerre di Traiano e l 'esordio dei Sasanidi, ossia nella seconda metà del II secolo o al l ' inizio del III secolo della nostra era106•

Ad ogni modo, questo capitolo sui decani ci ha restituito uno de­gli elementi essenziali del l 'ermetismo astrologico quale si formò nei templi stessi o nel le prossimità dei templi egiziani all 'epoca dei To­lomei. Perché è nei templi che si conservavano gli elenchi di decani stilati già nel III mil lennio. E sono quindi i sacerdoti stessi o Greci in relazione con i sacerdoti che, modemizzando e completando queste liste, le hanno attribuite a Ermete sotto il cui nome esse circolarono fino alla fine dell ' Impero e oltre, nell 'astrologia di Bisanzio, degli Arabi e del Medioevo occidentale 107•

Vale la pena di rileggere in questo contesto l ' Exc. VI degli H er­metica di Stobeo sui decani108 . Qui si vede, nel modo più efficace, come l 'ermetismo astrologico e l 'ermetismo filosofico si uniscono. L'arido catalogo del L.H. specifica la presentazione piuttosto diffusa di Ermete a Tat. E, d'altra parte, questa lezione apporta al capito­lo tecnico un complemento filosofico richiamando la grande legge dell 'unità del Tutto e del la simpatia universale. È quindi opportuno, da subito, citare questo piccolo pezzo di uranografia, benché sia ri­conducibile, per il titolo e l 'aspetto formale del discorso, a un altro ramo dell 'ermetismo.

106 GUNDEL, p. 1 2 1 . l 07 I cristiani hanno trasformato i decani i n dèmoni, p.e. nel Testamento di Salo­

mone, cfr. CuMoNT, art. Zodiacus in DARE�IBERG-S.-\GLIO, p. l 059 col. a. l 08 SrosEo, I, 2 1 , 9 (I, 1 89. 1 9 W.): Ere. VI Scott.

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"Di Ermete: estratto del discorso a Tat''

l . Nelle tue precedenti Lezioni Generali mi hai promesso di farmi delle rivelazioni sui Trentasei Decani: ora, quindi, chiariscimi su di essi e sulla loro influenza.

- Mi presto volentieri, o Tat, e di tutti i miei discorsi, questo sarà indubbiamente i l più importante e avrà il rango più alto. Considera le cose in questo modo. 2. Ti ho parlato del circolo zodiacale, che è chia­mato anche zooforo, nonché dei cinque pianeti, del Sole, della Luna e di ciascuna delle loro sfere.

- Sì, certo, o Trismegisto. - Bene, voglio che tu, nella tua attuale considerazione dei Trentasei

Decani, ricordi i miei insegnamenti di quel tempo, affinché anche que­sto discorso sui Decani diventi comprensibile per te.

- Li ricordo, o padre. - 3. Abbiamo detto, figlio mio, che esiste un corpo che avvolge tutto

il mondo: devi quindi rappresentarti lo stesso come una figura circolare, perché è così il Tutto.

- M' immagino una tale figura, come dici tu, o padre. - Raffigurati ora che, sotto il circolo di questo corpo, sono disposti i

Trentasei Decani, a metà tra il circolo universale e i l circolo dello zodia­co, separando l'uno dall'altro questi due cerchi, da un lato sostenendo in un certo senso il cerchio del Tutto, dall'altro circoscrivendo lo zodia­co, 4. muovendosi in cerchio con i pianeti, e che hanno la stessa forza del movimento del Tutto, alternativamente con i Sette. Essi trattengono il corpo che avvolge il mondo (siccome si muoverebbe con estrema velocità nella corsa, se fosse lasciato a se stesso) mentre accelerano la corsa degli altri sette circoli, poiché essi si muovono in un movimento più lento rispetto al circolo universale: necessariamente dunque i Deca­ni si muovono nello stesso movimento del cerchio del Tutto. 5 . Conce­piamo quindi che le <sfere> dei Sette e il cerchio universale <sono stati posti sotto il controllo dei Decani> o, meglio ancora, che questi stanno attorno al mondo come custodi di tutto ciò che vi si trova, mantenendo tutto insieme e vegliando al buon ordine dell' intero universo.

- Lo concepisco così, padre, in accordo con quanto dici. - 6. Considera ancora, Tat, che essi sono anche esenti dal subire ciò

che subiscono gli altri astri. Infatti, non sono trattenuti nella loro corsa in modo che si arrestino, non incontrano alcun ostacolo in modo che retrocedano, anzi, non sono neppure coperti dalla luce del Sole, tutte cose che gli altri astri subiscono: al contrario, sono liberi, al di sopra di tutto, e, come attenti custodi e sorveglianti, abbracciano l' intero univer­so nello spazio di una notte e un giorno.

- 7. Hanno dunque, padre, un influsso su di noi?

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- Il massimo influsso, figlio mio. Perché se influenzano i corpi di lassù, come potrebbero non agire anche su di noi, sia su ciascuno in particolare sia sull' insieme degli uomini? 8. Così, figlio mio, tra tutte le catastrofi di portata universale dovute alla forza che proviene da loro, vi sono per esempio (valuta bene le mie parole) i cambiamenti dei re, i sollevamenti delle città, le carestie, pestilenze, flusso e riflusso del mare, terremoti: niente di tutto ciò, figlio mio, ha luogo senza l ' influsso dei Decani.

9. E, inoltre, fa' attenzione a questo: dato che i Decani hanno il co­mando sui pianeti e che noi siamo sotto il dominio dei Sette, non vedi che anche fino a noi si estende un certo influsso dei Decani, sia che si tratti dei figli dei Decani sia con l' intermediazione dei pianeti?

- l O. Qual è la forma corporea, o padre, di questi esseri (i figli dei Decani)?

- Questi sono quelli che il volgo chiama dèmoni. Infatti i dèmoni non costitu iscono una particolare classe di esseri, non hanno un corpo specifico, fatto di una materia speciale, e non sono mossi da un'anima, come noi, ma sono semplicemente le forze di questi trentasei dei;

I l . Oltre a questo, osserva anche, o Tat, un altro effetto dell'azione dei Decani: essi eiaculano anche sulla terra le semenze chiamate "tane", alcune salutari, altre assolutamente funeste.

12 . Inoltre, durante il loro corso nei cieli, generano per sé degli astri che li servono come vice-ministri (ipoliturghi), e hanno servitori e sol­dati. Questi, amalgamati dai Decani, circolano fluttuanti nell 'etere, di cui riempiono l' intera estensione, cosicché non vi sia nelle altitudini al­cuno spazio vuoto di stelle; essi cor,tribuiscono all'ornamento del Tutto e hanno un'energia propria, sebbene subordinata a quella dei Trentasei. Da essi provengono le distruzioni degli esseri viventi diversi dall'uo­mo, in questo o quel paese, e il brulichio delle bestie che rovinano i frutti della terra.

L'analisi delle altre parti nuove del L.H. ci porterebbe ad una con­clusione analoga. Per esempio, il capitolo 3 sulle stelle luminose pre­senta alcune somiglianze con l 'esposizione dell 'anonimo del 379 109• Ora questo riferisce la sua dottrina allo "Scrittore" ( <ruyypa<pEuç) stesso, che non è altri che Hermes-Thoth. È dunque ancora con un elemento dell 'astrologia ermetica con cui abbiamo a che fare qui, nel senso che un catalogo delle stelle bri llanti conservato in un tem-

1 09 CCAG., V, l , pp. 1 94-226; V111, 4, pp. 1 74-1 82.

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pio egizio è passato sotto il nome di Hermes, nell 'epoca tolemaica, nell 'astrologia ellenistica1 10•

Questo catalogo delle stelle bri llanti è stato spesso modificato nel l 'antichità. I nomi delle stel le sono cambiati, così come la loro attribuzione a questo o quel gruppo di stelle. Uno dei più notevoli di questi rimaneggiamenti è quello di Tolomeo, che lo completò nel 137 . Ora l 'e lenco di L.H. è interessante in quanto segue, per l 'astrotesia, non le conclusioni di Tolomeo, ma quelle degl i "an­tichi astronomi", cioè d'Ipparco, le cui osservazioni si riferiscono al periodo dal 1 67 al 1 27 a.C. ' " . Lo stesso vale per i calcoli di posizione delle stelle. Non solo questi calcoli non sono quell i di Tolomeo, ma, per trentuno stel le, ci rimandano a circa 335-370 anni prima di Tolomeo, cioè nella prima metà del III secolo a.C., quindi ancor prima di Ipparco, al tempo degli astronomi Timocari e Aristi l lo1 12 • In sintesi, conclude il dotto editore di L.H. 1 1 3 , il cata­logo ermetico offre l ' immagine di una compilazione i cui elementi principali risalgono sia al III secolo sia alla fine del II secolo a.C. Le numerose convergenze con Ipparco suggeriscono che i l nostro catalogo è opera di un all ievo o un amico di questo astronomo, Serapione o qualcun altro.

La stessa conclusione si trae infine dal capitolo 25 sulle Mono­moirai ("divisioni di un grado"), vale a dire sugli astri - che sono allo stesso tempo divinità siderali - che presiedono ciascuno dei 30 gradi di ogni segno, ossia ciascuno dei 360 gradi del circolo zodiacale. Questa nozione è nata, come si è già rilevato, dali 'antica credenza egizia negli dei "cronocratori". Non si poteva concepire che nessun segmento della durata rimanesse indipendente dal pa­tronato di un dio. E proprio come c'erano dei del mese, del giorno e del l 'ora e, dal la più remota antichità, questi dei "cronocratori", assimilati a stelle, si presumeva vegliassero sul bimbo che nasce­va nel momento della loro presidenza, ugualmente le divisioni geometriche introdotte nei settori zodiacali dovevano condurre a dare a ciascuna di queste porzioni, fino alle più piccole, dei che ne avessero la responsabilità. Queste credenze egiziane risalgono ai

1 1 0 GUNDEL, p. 1 25. I I I GUNDEL, p. 1 27. Su lpparco, cfr. l'articolo di Rehm in P. W., VIII, 1 666 ss., n° 1 8. 1 1 2 GUNDEL, p. 1 3 1 . 1 1 3 GUNDEL, pp. 1 33- 1 34.

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Faraoni; ed è da prima di Ipparco che le si mise in relazione con i calcoli relativi allo zodiaco e che furono applicate ai pronostici. Ora, è circolata n eli' antichità un'opera ermetica sulle Monomoirai: Proclo da un lato, Retorio, Firmico, Gregorio di Nissa dal l 'altro ne testimoniano, e l 'Asclepio ermetico vi fa riferimento 1 14 : "Poiché dunque i due elementi di cui sono costituiti le forme sono corporei e incorporei, è impossibile che due forme individuali nascano in­teramente simili l 'una all 'altra in punti differenti del tempo e dello spazio; al contrario, queste forme cambiano altrettante volte quanti sono i momenti nel tempo della rivoluzione del circolo ali ' interno del quale risiede il grande dio che abbiamo chiamato l 'Omnifor­me"1 1 5 . Ancora una volta, di conseguenza, ci troviamo di fronte ad una dottrina di Trismegisto che risale a molto prima nel periodo el lenistico: così tante osservazioni astronomiche relative a queste stelle fisse, situate ciascuna in un grado del cerchio zodiacale ci riportano, un'altra volta, alla persona di lpparco1 1 6.

Si può quindi concludere che, per la nostra conoscenza del l'er­metismo astrologico, i l Liber Hermetis è la testimonianza capitale. Sebbene questa antologia sia separata da sei secoli e più dall 'origi­nale ermetico, ce ne ha conservato alcune parti genuine che ci per­mettono di discernere la sua natura. A parte il sistema astrologico che propone e che ha fascino solo per gli specialisti, il suo interesse principale, agli occhi dei profani, è quello di far apparire, tramite i pronostici, la società tolemaica nei suoi bisogni di ogni giomo1 17 • Infatti non è necessario che tutti i calcoli e argomenti di questa pseu­do-scienza ci nascondano il suo oggetto primo: è un metodo di divi­nazione, è il mezzo, mediante lo studio degli astri, di rendere oracoli sull 'avvenire dei consultanti. Ora, tra tutte le domande che vengono poste all'astrologia - felicità in amore, matrimonio, professione, si­tuazione della fortuna, tempo e cause della morte - ce n'è una che manca, e questa omissione è davvero notevole. Tanto quanto le altre antologie, i l L. H. non ha una risposta su cosa succederà dopo la mor-

1 1 4 Asci. , c. 35, p. 75. 1 3 ss. Thomas. 1 1 5 Tiavt6J.1opcpoç, cfr. c. 36. Questo Omniforme è il dio che presiede l' intero cir­

colo dello zodiaco e che è suddiviso in 360 dei che presiedono i 360 momenta o gradi del cerchio zodiacale.

1 1 6 GUNDEL, p. 1 42. 1 1 7 Vedi il bel libro di Cu�IONT, L 'Égypte des astro/ogues, Bruxelles 1937 [tr. it.

L 'Egitto degli astrologi, Mimesis, Milano 2003; N. d. T.] .

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te. L'astrologo Hermes è interessato solo a questa vita presente. I l L.H sarà anche uscito dai templi o essersi formato vicino ai templi, ma la vita futura, che svolge un ruolo così importante nella religio­ne egiziana, e che di nuovo occuperà tanto spazio nel l 'ermetismo gnostico sotto l 'Impero, è totalmente assente dall 'ermetismo astro­logico1 1 8. Questo fenomeno conferma le osservazioni fatte sopra1 19 riguardo all 'esistenza di confraternite ermetiche. Supponendo che siano esistite simili fratel lanze e che i libri così diversi attribuiti a Hermes ne abbiano formulato la dottrina, bisogna riconoscere che questa dottrina era ben poco costante, ben !ungi dal comporre un insieme omogeneo. Come associare il precetto del C.H I e XIII che occorre rendersi estranei al mondo, vivere gli occhi fissi su real­tà immateriali, con i l fatto che i l "Libro di Ermete" è unicamente preoccupato dei beni di questo mondo e della felicità terrena? Ulte­riormente, come immaginare che gli astri possano avere una buona influenza sulla nostra vita, se, a giudicare da questi stessi trattati (I e XIII), gli astri sono completamente malvagi? E perché mostrare qui tanto interesse, e altrove mostrame così poco, per il nostro destino postumo, che, dichiara la gnosi, solo importa? Queste difficoltà, di cui menziono solo le più gravi, autorizzano piuttosto la soluzione che si suggeriva: cioè che si è messa sotto la copertura di Ermete una letteratura molto varia, senza che vi fosse nessun altro legame tra queste differenti opere eccetto il nome stesso del dio-profeta a cui le si riferiva. Ci furono prima di tutto e soprattutto, durante il periodo ellenistico, libri di astrologia. Alchimia, magia, teosofia o pseudo-filosofia furono aggiunte in seguito. Ma tutto ciò non fece mai una Bibbia, né si indirizzò mai a una sola e stessa Chiesa. I l patronato di Hermes serviva solo a rafforzare l 'autorità del libro e a conferirgli quel carattere di rivelazione divina a cui si attribuiva, allora, un così grande peso.

1 1 8 Questo è indubbiamente un marchio dell 'epoca in cui si costituì l 'astrologia e in cui furono scritti i libri astrologici di Hermes. L'astrologia non si preoccupa mai della vita futura, cfr. CuMONT, Ég. d. astr. , pp. 201 ss. Le menti il luminate, i "filosofi" del periodo alessandrino non credono o credono poco ali ' immorta­lità del l 'anima, e se bisogna mettersi in comunicazione con gli dei, è in vista di un bene terreno, che del resto può essere la saggezza, cfr. CmroNT, ivi, p. 206, che fa giustamente un confronto con gli Stoici .

1 1 9 Cfr. supra, pp. l 04 ss.

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§ 4. Gli scritti ermetici di medicina e di botanica astrologiche120

l . TEORIE GENERALI

Tra i beni più cari all 'uomo, il più prezioso è sicuramente la sa­lute. Gli antichi, che non conoscevano le nostre false pruderie mo­derne, lo confessavano ingenuamente: uytaiw:tV llÈV c'iptcr'tOV ÙVOpÌ 9vat(j) - "buona salute, è per l'uomo i l primo bene", così diceva una canzone di Atene che i bambini imparavano a scuola ai tempi di Pindaro e di Eschilo. La salute e;-a quindi una del le prime preoc­cupazioni che si confidava all 'astrologo, sia che si volesse sapere se ci si sarebbe mantenuti sani, sia che, già malati, si chiedesse della durata della malattia e dei mezzi per rimediarvi. Tali consultazioni oracolari erano comuni in tutti i paesi, molto prima che si pensasse di interrogare le stelle. Lo erano particolarmente in Egitto, dove la me­dicina, tutt'altro che uscita dalle mani dei sacerdoti, si trovava tutta impastata di sortilegi e di stregoneria. Le stesse credenze dell 'Egit­to predisponevano meravigliosamente a queste operazioni magiche. In effetti, secondo queste credenze, ciascuna parte del corpo umano dipendeva da un dio o genio, che doveva essere in accordo in modo che questa parte rimanesse sana o essere placato se questa parte si ammalava. Che alcune di queste divinità, i decani per esempio, fos­sero assimilate a stelle e che i pianeti e i segni dello zodiaco fossero impregnati di forze divine, la conseguenza era inevitabile: l ' intera figura del cielo doveva essere interessata al nostro corpo, la scienza degli astri nel suo insieme entrare al servizio della medicina per sod­disfare i nostri bisogni. Così nacque ciò che gli antichi chiamavano "la iatromatematica", la medicina astrologica.

1 20 Sulla iatromatematica, cfr. CCAG. , V, l , pp. 209 ss.; IV, pp. 1 58- 1 65 ; BoucHÉ­LECLERCQ, Astr. Gr. , pp. 5 1 7-542; l'articolo di KROLL, latromathematike in P. W., IX, 802-804; BoLL-BEzoLD-GUNDEL, Sternglaube\ pp. 1 35 - 1 4 1 (bibl io­grafia nel 1 93 1 : p. 1 40); GtmDEL, Sterne u. Sternbilder, cap. 1 4 (Sternglaube und Heilkunde), pp. 275 ss.; STHIPLINGER, Antike u. moderne Volksmedizin, cap. VI (Iatromathematik), pp. l 03 ss. Il curioso libretto di SuDHOFF, Iatroma­thematiker vornehmlich im 15. und 16. Jahrhundert (Abh. z. Gesch. d. Medi­zin, Il, Breslau 1 902) dopo un breve riassunto della iatromatematica antica (pp. 1 - 1 8), si occupa principalmente di questa pseudo-scienza nel Medioevo e nel Rinascimento.

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L 'ermetismo e l 'astrologia 1 53

Sembra accertato che questa unione delle due discipl ine si ve­rificò in Egitto. Tolomeo lo afferma in modo molto espl icito 1 2 1 : "Gli Egiziani che hanno fatto i l maggior numero di progressi in questo ramo del l ' arte ( la iatromatematica) hanno legato in ogni caso la medicina alla prognosi basata sulla scienza degli astri. In realtà non avrebbero mai istituito alcune operazioni apotropaiche, né composto amuleti e ricette curative in rapporto con le condi­zioni generali e speciali, future o presenti, risultanti dall ' insieme del cielo circostante, se non si fossero basati sull ' immobilità e im­mutabilità del le cose future". Ancora una volta, i l ruolo del clero egiziano fu probabilmente importante. Secondo Clemente Ales­sandrino 1 22, nella processione sacra, i pastofori portavano sei libri di medicina sulla costituzione del corpo, le malattie, gli organi, i rimedi, farmaci, le oftalmie e le malattie delle donne. Non c'è dubbio che gli archivi dei templi non abbiano contenuto tal i opere in cui si combinavano, a ricette magiche, alcune osservazioni ru­dimentali. Orapol lo123 riferisce che "esiste presso i ierogrammati un libro sacro chiamato Ambrés 124 grazie al quale si giudica se il malato costretto a letto è destinato a vivere o no, secondo le indi­cazioni ricavate dalla degenza a letto del l 'ammalato" ( toùto ÈK tfjç KataKÀ.icremç toù àpprocrtou O"T}j.letoU)leVot). La formula è ambi­gua. Potrebbe trattarsi della posizione o del l 'atteggiamento in cui giace il malato a letto. O ancora, e piuttosto, l 'autore può riferirsi a una prognosi di carattere oracolare nei calcoli della quale il giorno in cui l 'ammalato è stato costretto a letto ( KataKÀ.tcrtç) rientra in misura essenziale. Infine, questa stessa prognosi può dipendere sia dal l 'astrologia - ne citeremo un esempio ermetico in seguito - o dalla divinazione con i numeri (aritmomanzia) che aveva per suo uso ogni sorta di strumenti "mistici", cerchio di Petosiris125, sfe-

1 2 1 Tetrab. , l, 3 , 1 8 (p. 1 6 .9 ss. ed. Boii-Boer), citato da BoucHÉ-LECLERCQ, Astr. Gr. , p. 5 1 7, n. l .

1 22 Strom., VI, 4, 37, 3. 1 23 l, 38, p. 85.4 ss. Sbordone (Napoli 1 940). Cfr. il commento ivi, pp. 84-85. 1 24 Senso incerto. Lauth richiama // Tim. , m, 8 (il mago 'laf!�piiç: cfr. P. W., IX,

681 ); Roeder (P. W., VIII, 23 1 6.33) vi vede una trascrizione dell'egiziano per "parola, formula sacra"; Sbordone lo ritiene come un nome magico e cita Esi chio àf!�Pisttv. StpaneUttv tv roìç iepoìç.

1 25 RlEss, Petosiridis fragm., n° 4 1 -42. Cfr. BERTHELOT, Collection des anciens alchimistes grecs (citato A/eh. Gr. ), I (Introduzione), pp. 87-92; BoucHÉ-LE-

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ra di Democrito1 26, kanonion di Ermete Trismegisto 1 27• La sfera di Democrito è ben nota: "Mezzo per pronosticare la vita e la morte. Informati sulla luna (giorno del mese) in cui il paziente è cadu­to malato. Addiziona il calcolo del nome che ha ricevuto alla sua nascita e questo numero del mese, vedi quante volte la trentina è contenuta. Prendi i l resto e guarda nella sfera: se il numero cade nella parte superiore, vivrà; se è nel la parte inferiore, morirà". I l kanonion o organon di Ermete Trismegisto1 28 era dello stesso gu­sto: si contava dal sorgere eliaco della stella del Cane, cioè dal 25° di Epiphi ( 1 9 lugl io), inizio del l 'anno sotiaco, fino al giorno dell ' al lettamento; si divideva il numero così ottenuto per 36 (senza dubbio a causa dei 36 decani) e si cercava il resto nella tabel la.

Il testo di Clemente ci informa che i sei libri medici portati dai pastofori erano attribuiti a Hermes-Thoth, ed è del resto noto che Thoth, fin dal l ' inizio, era coinvolto nella medicina: era per la virtù del suo fascino che Iside aveva dovuto resuscitare Osiride. Quan­do dunque Hermes-Thoth divenne astrologo, vale a dire, quando la moda dell 'astrologia in Egitto avrebbe spinto a riferire a Thoth al­cuni libri di astrologia, fu naturale col locare sotto questo patronato taluni scritti di medicina astrologica.

Il dogma che fondava questa scienza era quello del l ' influenza esercitata sul corpo umano dai due luminari e dagli astri del cielo. Abbiamo già menzionato questa dottrina129 a proposito della simpa­tia universale. Ma vale la pena ritornarvi, perché interessa in modo particolare la iatromatematica. Al momento di rintracciare la ge­nitura del mondo, cioè la posizione dei pianeti nei segni zodiacali all 'origine del mondo1 30, Firmico Materno indulge a considerazioni

CLERCQ, Astr. Gr., pp. 537 ss.; Cu�IONT, Recherches sur le symbolisme funéraire des Romains, Paris 1 942, pp. 37 ss.

126 Pap. V di Leida, PGM, XII, 35 1 ss. = DIELS-KR_'\NZ, Vorsokr. (5' ed.). 688 300 (20), II, p. 22 1 . Cfr. BERTHELOT, A le h. Gr. , Introd., pp. 86-87, BoucHÉ-LEc­LERCQ, Ast1: Gr. , p. 538.

1 27 Si trova in un man. di Firenze (Laur. XXVIII, 34 = CCAG., I , p. 128; 3- 12), uno del Vaticano (CCAG., V, 4, n° 39, p. I l , fol. 1 84 v.) e diversi Parisini (CCAG., VIII, l , p. 4; VIII, 4, p. 1 9). Cfr. BoucHÉ-LECLERCQ, Astr. Gr. , p. 54 1 , n. l e 2.

1 28 Cfr. Alch. Gr., I, p. 23.8- 1 7 Berthelot. Cfr. ivi, Introd., p. 87. 1 29 Cfr. supra, pp. 1 1 5 ss. 130 Cfr. Astr. Gr. , pp. 1 85 ss.

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L 'ermetismo e l 'astrologia 1 55

generali che esprime in questo linguaggio pomposo caro ai retori dell'epoca13 1 :

I l Dio fabbricatore del mondo ha costituito i l corpo dell 'uomo, come quello del mondo, con una mescolanza dei quattro elementi, fuoco e acqua, aria e terra, in modo che la felice combinazione di tutti questi elementi facesse del vivente una bella opera secondo la forma del mo­dello divino, e, con gli artifici della sua arte creatrice, ha così composto l 'uomo affinché, sotto il vincolo della natura, si assemblassero in un piccolo corpo 132 ogni forza e ogni sostanza, in maniera tale che a quel potente soffio celeste che discende dallo spirito divino per vivificare il corpo mortale, preparasse una dimora, certamente fragile, ma tuttavia simile al mondo. Ed è per questa ragione che l 'uomo, simile a un pic­colo mondo, è vivificato dalla fiamma e dal corso eterno dei cinque pia­neti, dal Sole e dalla Luna, così che l 'essere vivente che è stato creato a immagine del mondo fosse similmente governato dalla stessa sostanza della divinità. Pertanto questi due uomini divini che meritano ogni am­mirazione, Petosiris e Nechepso, la cui saggezza ha avuto accesso sino ai segreti stessi della divinità, ci hanno anche trasmesso, istruiti essi stessi da un maestro divino della scienzam, il tema della genitura del mondo, per dichiarare e dimostrare che quest'uomo che è stato formato secondo la natura e l' immagine del mondo, gli stessi principi che diri­gono e mantengono il mondo, lo sostengono continuamente, lui anche, con i raggi che lo riscaldano di un ardore perpetuo.

Ora il tema del mondo così annunciato è tratto dal "libro di Ascle­pio chiamato Myriogenesis"134, e lo stesso Asclepio traeva la sua scienza da Trismegisto135• Ascoltiamo dunque Hermes in persona istruirei sulla relazione tra il macrocosmo e il piccolo mondo che è l 'uomo. Secondo Olimpiodoro136,

1 3 1 Mathesis, III, praef, 2-4. 1 32 Cioè ÈV TQl JllKPQl KOO"JlQl. 1 33 divinae nobis scientiae magisterio tradiderunt: cfr. IV, 22, 2: sic et Néchep­

so . . . ex contrariis naturis et ex contrariis potestatibus omnium aegritudinum mede las divinae rationis magisteriis invenit. Di fatto, con Asclepio e Anubis, la tradizione risale fino a Herrnes (III, l , l ) che è veramente la fonte di quasi tutto il I I I l ibro della Mathesis.

1 34 III, l , 2 sicut in ilio libro continetur Aesculapii, qui Myriogenesis appellatur. 1 35 III, l , l secuti (Nechepso-Petosiris) Aesculapium et Hanubium, quibus poten­

tissimum Mercurii nume n istius scientiae secreta commisit. Su Hanubius, cfr. supra, p. 1 30, n. 40.

1 36 BERTHELOT, A/eh. Gr. , pp. l 00. 18- 1 0 1 . 10 (secondo M: il testo più sviluppato di L è citato in pp. l 05- 1 06).

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Ermete immagina l 'uomo come un microcosmo, tutto ciò che contiene il macrocosmo, anche l 'uomo lo contiene. Il macrocosmo contiene ani­mali terrestri e acquatici: così l'uomo ha pulci, pidocchi e vermi inte­stìnali 1 37. Il macrocosmo ha fiumi, sorgenti, mari: l 'uomo ha le viscere. Il macrocosmo ha animali aerei: l'uomo ha le zanzare. Il macrocosmo contiene soffi che scaturiscono dal suo seno, per esempio i venti : l 'uo­mo ha le flatulenze. Il macrocosmo ha il sole e la luna: l 'uomo ha i due occhi e l 'occhio destro si riferisce al sole, l 'occhio sìnistro alla luna. Il macrocosmo ha montagne e colline: l'uomo ha le ossa. Il macrocosmo ha il cielo: e l 'uomo ha la testa. Il macrocosmo138 ha i dodici segni del cielo: e l 'uomo anche li contiene, dalla testa, cioè dal l'Ariete 1 39, fino ai piedi che sono assimilati ai Pesci. Ecco dunque ciò si chiama presso di essi (gli ermetisti) l' immagine del mondo ('rò KOO'fltKòv fltflT]flU) come segnala Zosimo nel suo libro della " Virtù"140•

Questo era i l principio generale. Si trattava di specificarlo in detta­glio. Per farlo, si stabilivano misteriose corrispondenze tra tale mem­bro del corpo umano e tale pianeta, o tale segno, o tale decano. Di conseguenza, segni, decani, pianeti erano messi in relazione con le di­verse parti del corpo umano, "si sapeva esattamente da chi proveniva­no le infermità e malattie di questi organi, prodotti dall 'eccesso o dal difetto d' influsso dei segni, decani , pianeti considerati sia come pezzi collocati sulla scacchiera del tema di genitura, sia come cronocratori universali o individuali"14 1 • Queste "melotesie" zodiacali, decaniche o planetarie avrebbero potuto variare ali ' infinito poiché non avevano altra origine che la fantasia individuale. In realtà, �.�i fu un relativo ac­cordo tra gli astrologi 142 ed è difficile dire cosa, in queste fantastiche­rie, appartiene propriamente a Hermes. Mi limiterò, dunque, a ricor­dare due sistemi di melotesia, uno decanico, l 'altro planetario, come

1 3 7 Questi ultimi sono i nostri "acquatici'', come ha ben visto già il glossatore che ha inserito i:vuopa prima di EÀ.J.nyyaç.

1 3 8 Qui correggo il testo corrotto di M sulla base di L, cfr. 1 06.8. 1 39 Qui è testa del mondo, cfr. Astr. gr., p. 1 29, n. l . 1 40 Su Olimpiodoro, cfr. infra, p. 280. 1 4 1 BoucHÉ-LEcLERCQ, Astr. Gr. , p. 533. 142 Soprattutto per la melotesia zodiacale a causa della tabella descritta di seguito

e la cui struttura è stata poi fissata anche dai segni. Esempi di melotesie zo­diacali: CCAG., Vlll, l , tavola (alla fine) con il testo a fronte; CGAG. , V, 4, pp. 1 66- 1 67, ivi, pp. 2 1 6.24-2 1 7.4 (Porfirio, lsagoge, c. 44). Questo brano e il seguente (c. 45) risalgono ad Antioco, cfr. Cu�IONT, Mél. Bidez, 1933, p. 1 49 ss.

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li troviamo esposti il primo nel Liber Hermetis143, i l secondo nelle /atromatematica dedicate da Ermete al suo discepolo Ammone144.

Siccome i decani, dal III millennio, erano considerati in Egitto come dei, come pure gli Egiziani erano abituati a riferire le membra del corpo umano a un patrocinio divino, è un'ipotesi plausibile che, in materia di decani, il legame tra macrocosmo e microcosmo fosse di antica tradizione e che l ' insegnamento ermetico su questo punto risalisse, al di là del III secolo, al tempo dei Faraoni. Il Liber Her­metis ci restituirebbe così, ancora una volta, una dottrina o almeno alcuni elementi di una dottrina autenticamente egiziana. Secondo questo libro (cap. l), quindi, i l 3° decano dei Gemelli produce i do­lori muscolari, il l o del Cancro le malattie delle arterie, il 2° domina sul polmone, il 3° produce le malattie cardiache, il l o del Leone domina sullo stomaco, il 2° è causa delle otturazioni (di vasi?) e di apostemi, i l 3° produce la diafrixis (?) del ventre, il l 0 della Vergine i mal di pancia, il 2° domina sul fegato, il 3° sulla milza, il l o della Bilancia produce i dolori dei reni, il 2° l 'ostruzione dell'uretra e la ritenzione delle urine, il 3° i dolori muscolari, il l o dello Scorpione la malattia del carbonchio, i l 2° i tumori ghiandolari (bubboni), il 3° le fratture ossee, il l o del Sagittario la putrefazione, il l o del Capri­como le contrazioni muscolari, i l 3° i dolori alle gambe, infine i tre decani dell 'Acquario e anche i tre decani dei Pesci causano la got­ta145. Non è troppo difficoltoso scoprire i l mistero di queste relazioni cosmiche. Supponiamo di srotolare il nastro dello zodiaco e di sten­dere su questa fascia un corpo umano, posizionando la testa su l i ' A­riete, i piedi sui Pesc i : "quindi, essendo la testa devoluta ali' Ariete, i l collo corrisponde al Toro, l'animale dal collo forte; spalle e brac­cia, membra gemelle, ai Gemelli; il torace, al carapace del Cancro;

1 43 Vedi anche la melotesia per decani della 'Iepà �i�ì..oç ermetica analizzata in­fra, pp. 1 69 ss.

1 44 Si troverà in SrEMPLINGER, Antike u. moderne Volksmedizin ( 1 925) pp. 108-1 09, una tabella delle diverse melotesie planetarie e zodiacali dell 'antichità, del Medioevo e del Rinascimento: (a) Mani !io, II, 456 ss. (Zod.); (b) latroma­th. di Ermete ad Ammone: qui, pp. 1 59- 160 (Pian.); (c) Tolomeo, Tetra b. , III , 1 3,5, p. 1 48. 1 5 ss. Boii-Boer (Pian.: la tabella di Stemplinger non è del tutto esatta); (d) Arnaldo da Villanova, t 1 3 1 2 (Pian. e Zod.); (e) Indagine, 1 522 (Zod.); (j) Himmels Lauf, 1 556 (Pian. e Zod.); (g) Remus, 1 597 (Zod.); (h) Ranzau, 1 598 (Pian.); (i) calendario del 1 733 (Zod.).

145 LH., p. 20. 1 9, 26, 30, 33;p. 2 1 .2, 6, 9, 1 2, 1 7, 22, 26, 3 1 , 37; p. 27.2, 6, I l , 1 6, 2 1 , 25, 28, 35; p. 23.2, 6, 9, 1 2.

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i fianchi, al Leone; i l basso ventre o la vescica, alla Vergine; i glutei che bi lanciano il corpo nella postazione eretta, alla Bilancia; il pube, allo Scorpione; le cosce, al Sagittario; le ginocchia, al Capricorno inginocchiato; le gambe, all 'Acquario e i piedi ai Pesci"146• Ora, es­sendo i decani divisioni o comandando le divisioni di ciascun segno, è normale vederli influire sulle stesse parti del corpo umano come i segni che essi dividono: la sola differenza che ci si deve attendere è che la melotesia decanica sarà per forza più dettagliata della zo­diacale, poiché implica, per ogni segno, una suddivisione temaria. Riprendiamo dunque il nostro catalogo del Liber Hermetis. Non vi si tratta delle membra dipendenti dai decani di Ariete, di Toro e di Gemelli (eccetto il 3° decano), ossia testa, collo, spalle e braccia: queste omissioni non sono probabilmente originali, ma sono dovute a qualche negligenza del copista durante la lunga trasmissione del testo147• A partire dal Cancro (petto), melotesia decanica e melotesia zodiacale a grandi l inee concordano - la melotesia zodiacale aven­do, inoltre, comportato delle varianti 148 -: così per il Cancro (petto: polmoni e cuore), il Leone (fianchi: stomaco, pancia), la Vergine (basso ventre: stomaco, fegato, milza), la Bilancia (glutei : reni, vie urinarie)149, i l Sagittario e il Capricorno (gambe e ginocchia), l'Ac­quario e i Pesci (piedi). La nostra melotesia decanica non è qui che un'estensione della melotesia zodiacale, e non è stato possibile im­maginare che questa melotesia zodiacale una volta creata. Tuttavia, altre corrispondenze hanno un carattere meno specifico, i l dominium del decano non essendo più un membro o un organo, ma una malat­tia che può colpire l'una o l 'altra parte del corpo (dolori muscolari, fratture ossee, ascessi, bubboni, carbonchio, corruzione dei tessuti, ecc.): in questo caso, è possibile che la tabella di L.H. riproduca

146 BoucHÉ-LECLERCQ, Astr. Gr., p. 3 1 9 (con riferimento a Manilio, II, 453-465). Vedi anche CmiONT, Astrologica, in Rev. Archéol. , 1 9 1 6, l, pp. 1 -22, e infra, p. 1 72, § 3 .

147 Si può supplire a queste parti con l 'aiuto del testo tradotto e riassunto infra, pp. 1 7 1 ss.

1 48 Cfr. Astr. Gr., p. 320 e n. l . 149 Le parti genitali sono state qui ritirate alla Vergine: quid enim pugnacius dici

posset quam testes et pudenda Virgini assignari, ut Alchabitius? dice l 'auto­re della Margarita philosophica (VII, p. l 8) citato da BoucHÉ-LECLERCQ, p. 3 1 9, n. 3 .

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antiche credenze egizie anteriori alla melotesia zodiacale e senza rapporti con quest'ultima.

La dottrina del patronato terrestre degli astri fa emergere, in tutti i suoi capitoli, una concorrenza tra l 'astrologia zodiacale e l 'astro­logia planetaria. Questa concorrenza si ritrova in ciò che concerne la melotesia. Su questo punto, inoltre, i l sistema planetario offriva dei vantaggi . "Disturbato dalla rigida geometria dello zodiaco", gli innovatori vi vedevano "una serie naturale senza dubbio, ma più compiacente, e delle affinità elettive più intelligibi l i . Potevano persi­no l iberarsi, se ne avevano bisogno, dell'ordine delle distanze e atte­nersi alle affinità elettive; ma i l culmine dell'arte era di combinare i due generi di rapporti" 1 50• Di nuovo in questo campo, l 'ermetismo si è fatto posto. L'opera intitolata "Iatromathematica" di Ermete Tri­smegisto ad Ammone Egizio151 o, in una redazione un po' diversa, Di Ermete Trismegisto: Prognostici, sul! 'allettamento degli ammalati, tratti dalla scienza astrologica, ad Ammone Egizio152, si ricollega alla melotesia planetaria. C iterò qui l ' inizio della prima redazione, che è una dichiarazione di principi153 :

L'uomo, mio caro Ammone, gli esperti lo chiamano un mondo per­ché è tutto accordato alla natura del mondo. Infatti, al momento del concepimento1 5\ sgorga dai sette pianeti tutto un complesso di raggi che si trasportano su ogni parte dell'uomo. Ed è lo stesso al momen­to della nascita 1 55 secondo la posizione dei dodici segni. Così l'Arie­te è detto la testa, e gli organi sensoriali della testa sono ripartiti tra i sette pianeti: l 'occhio destro è devoluto al Sole, l 'occhio sinistro alla

1 50 Astr. Gr., pp. 320-32 1 . 1 5 1 Edito da IDELER, Physici e t medici graeci minores (Berlin 1 84 1 ), l, pp. 387-

396. Per la melotesia planetaria, cfr. anche PoRFIRJo, lsagoge, c. 45 (CCAG. , V, 4, pp. 2 1 7.5-2 1 9.2 1 ) e CuMONT, Les "Prognostica de decubitu " attribués à Galien, Bull. lnst. hist. beige de Rome, XV ( 1 935), pp. 1 1 9- 1 3 1 .

1 52 Edito ivi, l, pp. 430-440. Si deve sicuramente correggere 7tEptyvoocrnKa in npoyvoocrnKa. Due testi analoghi nEpì Ka't'aKA.icrEooç sono stati editi CCAG., I, pp. 1 1 8- 1 24, v l, pp. 1 86- 1 87.

1 53 l, p. 3 87. 1 -3 88-2 Ideler. Data la rarità del volume di Ideler, segnalo che questo pezzo è stato riprodotto da HoPFNER, Fontes . . . religionis aegyptiacae (Bonn 1 922- 1 925), p. 396.

1 54 Letteralmente "d eli ' emissione di sperma umano" ( f:v Tft Kampoì.ft wù av­ElpoonEiou cmÉplla•oç).

1 55 tnì n;ç ÈK't'pom;ç: cfr. VErna VALENTE, Indice II, p. 373; ToLOMEO, Tetrab. , p. 1 1 0.4 Boll-Boer.

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Luna, le orecchie a Saturno, il cervello a Giove, la lingua e l'ugola a Mercurio, l'odorato e il gusto a Venere, tutti i vasi sanguigni a Marte. Se, quindi, al momento del concepimento o della nascita, uno di questi astri si trova in cattive condizioni, si produce un' infermità nel membro corrispondente a quell'astro. Per esempio, essendoci nell'uomo quattro parti generali - la testa, il torace, le mani e i piedi-, l'una o l'altra di queste parti, al momento del concepimento o della nascita, è divenuta inferma in qualche luogo per il fatto che il suo patrono celeste era lui stesso compromesso (KaKro9Évroç)156: un occhio o i due occhi, un orec­chio o le due orecchie, oppure i denti hanno subito qualche lesione o la parola è stata legata. È il raggio di un pianeta malefico che, venendo a colpire una di queste parti, la rovina e la corrompe. E naturalmente lo stesso vale per il torace, dove, per esempio, il polmone o il fegato o la milza o il cuore o qualche parte degli intestini è colpito. E così ancora delle mani e dei piedi: dita o unghie o qualcuna delle parti simili è stata danneggiata secondo la propria modalità. Ordunque, sono io il primo che ha scoperto questa scienza, e ho voluto che la si designasse serva della natura. Perché c'è necessità che questa scienza cospiri con la na­tura, ed è così che si viene in aiuto alla natura stessa.

Più avanti 157, l 'autore ermetico rammenta il grande pensiero che ispira questa nuova disciplina: "Occorre quindi infonnarci sul gior­no e l 'ora dell'allettamento e fare un quadro generale della figura del mondo158 in quel momento: infatti non si produce nulla nell'uomo che non abbia rapporto con la simpatia universale" 159•

Il. APPLICAZIONI ALLA TERAPEUTICA

La medicina astrologica avrebbe presentato solo magre consola­zioni se si fosse limitata a riconoscere la causa celeste, a calcolare la durata e a prevedere il compimento della malattia. Quello che si voleva, era guarire: era quindi necessario che, per evitare la perdita della propria clientela, gli astrologi trovassero il modo per soddisfar-

1 56 Interpretando come BoucHÉ-LEcLERCQ, Astr. Gr., p. 534, n. l , che precisa: "Un organo è infermo perché, al momento della nascita, il suo patrono celeste è stato assalito dal raggio di un pianeta malefico". Ma KUK6ro, in astrologia, può significare "rendere cattivo, sfavorevole" (cfr. Vettio Valente, Indice II, p. 380).

157 l, p. 396.27-30 Jdeler. 1 58 O "del cielo" (1:òv KOcrf!OV). 1 59 Xropìç yàp rijç KOO'f.ltK�ç cruf!1ta8Eiaç wiç àv8pro7totç oùòtv Èmyivemt: cfr.

infra, p. 1 7 1 , n. 203.

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L 'ermetismo e l 'astrologia 16 1

la. Per una inevitabile conseguenza, la scienza degli astri conduceva alla terapeutica. Rimaneva solo da scoprire i rimedi che si fossero accordati all'astrologia. Era, invero, quello che meno mancava160•

Si distinguono, a quanto pare, due metodi principali, che potrem­mo dire uno al lopatico16 1 , l 'altro omeopatico. I l metodo allopatico sembrava essere stato sostenuto dal re Nechepso e, con lui, un' in­tera scuola di Aegyptii. Nel libro II della sua Mathesis162, Finnico Materno comincia con l'esporre la dottrina dei decani e delle loro suddivisioni temarie, i munifices o liturgi:

Alcuni (gli Egiziani), volendo approfondire questo punto, hanno ap­plicato a ciascun decano tre entità divine (numina) a cui danno il nome di "soldati in servizio" (munifices) o liturgi (M:rroupyoi), nel senso che, in ogni segno, ci sono nove soldati in servizio e che in ogni gruppo di tre soldati in servizio comanda un decano. A loro volta, questi nove soldati in servizio che essi dicono esser stati stabiliti in ogni segno, li dividono in un'infinità di potenze divine: è a questi poteri, dicono, che sono dovute tutte le improvvise calamità, dolori, malattie, brividi, feb­bri, in breve, tutti gli eventi che avvengono senza che li si aspetti e li si preveda: è a loro che attribuiscono la nascita dei mostri.

Dopo aver così enunciato il principio, egli trae ulteriormente le conseguenze per la terapeutica163:

Sul punto di rivelare gli augusti segreti di questa dottrina, segreti che i divini antichi hanno comunicato solo con tremore e che hanno avvolto in tenebre

'profonde per timore che la scienza divina, portata alla luce, non

venisse a conoscenza dei profani, ti prego di ascoltarmi con un'attenzio­ne libera, tranquilla e vuota di ogni altra ricerca, in modo che tutto ciò che sto per dire si insinui nella tua mente nel modo più semplice164• Ho

1 60 Al riguardo, si legga anche l' eccellente capitolo di BoucHÉ-LECLERCQ, Astr. Gr. , pp. 5 1 7 ss.

16 1 Gli antichi erano già consapevoli della differenza tra questi due metodi: SERVIo, Ecl. , X, 65 (cfr. Astr. Gr., p. 534, n. 2) secundum physicos, qui morbos aut a con­trariis aut a similibus asserunt posse depelli; TEODORO Prusci.o�.No, p. 250 Rose (cfr. Astr. Gr., p. 5 1 9, n. l ) Pythagoras, aegyptiae scientiae gr avis auctor, scribit singula nostri corporis membra caelestes sibi potestates vindicasse: unde fit ut aut contrariis quibus vincuntur, aut propriis qui bus placantur, conemur.

1 62 II, 4, 4-6. 1 63 IV, 22, 1 -2. 1 64 Questo tipo di fraseologia è abbastanza comune nella letteratura di rivelazio­

ne, cfr. infra, pp. 407-408.

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detto nel libro dell'"Istituzione"165 che ogni segno comporta tre decani. Ora i decani sono dotati di una grande virtù divina e di un potere singo­lare: tutto arriva con il loro decreto, tutte le cose fauste e infauste. Anche il famoso Nechepso, questo re d'Egitto perfettamente giusto e questo ec­cellente astrologo, ha rapportato ai decani tutte le infermità (vitia, criVT]) e tutte le malattie (valetudines, v6crot), mostrando quale decano è causa di quella malattia, e, poiché una natura è vinta da un'altra natura'66, poiché un dio, spesso, triorifa su un altro dio, da questa opposizione di nature e poteri celesti, ha tratto il rimedio di tutti i mali, istruito come fu dalla ragione divina.

Il Trismegisto, al contrario, si è collegato al metodo omeopatico. È proprio l 'astro corrispondente ali' organo che lo rende malato 1 67 • Ma come? Per l 'errnetista delle Iatromathematika, la malattia non deriva dal fatto che l 'astro molesta direttamente l 'organo che do­vrebbe proteggere, ma dal fatto che, essendo esso stesso assalito dal raggio di un pianeta malefico168, i suoi malesseri si ripercuotono per simpatia sul suo cliente. In breve, r astro "padrone" di un organo ha una buona influenza su questo organo. Tuttavia, può accadere che questo astro subisca gli assalti di un altro astro: in questo caso la sua buona influenza viene momentaneamente cancellata, e l 'antinomia celeste ha il suo contraccolpo quaggiù nella malattia. Quale sarà dunque i l rimedio? Poiché la buona influenza del l 'astro dominante è carente, è consigliabile recuperarla ricorrendo agli animali, alle piante o alle pietre della stessa serie verticale, vale a dire, a quelli degli esseri dei tre regni che, dipendenti dallo stesso patrono cele­ste, "in simpatia" con lui, sono intrisi dei suoi effluvi e della sua energia.

Qualunque siano queste differenze, che si trattasse di cancellare un influsso astrale o, al contrario, di rafforzarlo, la terapeutica astro­logica si basava su due dottrine connesse: quella della simpatia che univa questi tre dati, l 'astro, l 'organo da guarire, il rimedio, o, inve-

165 in libro institutionis: cfr. I l , 4, 4-5 citato supra. 1 66 Cfr. infra, p. 27 1 , n. 65 su li 'interesse della testimonianza di Nechepso su li 'an­

tichità di questa formula così frequentemente impiegata dagli alchimisti. 1 67 EKUO"TOV OÙV T(Ì)V çcpoirov È7tÉXEl TÒ iOlOV JlÉÀ.oç KUÌ IÌ7tOTEÀ.EÌ 7tEpÌ UÙTÒ 1tét8oç

n, "Libro sacro di Ermete ad Asclepio", Rev. Philol. , XXXII, p. 252. 1 8, cfr. infra, p. 172, § 4.

1 68 TOÙ 0E0"1tOçovToç UÙTOÙ (sci). TOÙ JlÉÀ.ouç) IÌO"TÉpoç KUKW9ÉVTOç, J, p. 387. 16-1 7 ldeler. Cfr. supra, p. 1 60, n. I 56.

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L 'ermetismo e l 'astrologia 1 63

ce, quella delle antipatie che opponevano sulla terra animali, piante o pietre a causa della guerra che si facevano in cielo gli astri da cui questi esseri dipendevano. Se si voleva ottenere un supplemento di virtù, non si lasciava la catena di cui quel pianeta, o quel segno, o quel decano teneva l'estremità celeste, si impiegavano gli esseri sospesi a questa catena, sia uno di essi (animale, pianta o pietra), sia alcuni, çhe si combinavano. Si trattava, di rimando, di fare agire un' influenza opposta e poiché si conosceva la regola delle antipatie, non era difficile trovare, tra gli esseri di questo mondo, quelli che avrebbero potuto contrastare l 'azione dell 'astro funesto.

Molti testi i l lustrano questa dottrina delle "catene". Ne sceglierò solo uno, di una bellezza rara, fortunatamente pubblicato poc'anzi nel Catalogue des Manuscrits Alchimiques Grecs, dove rischia di dormire in segreto169• È di Proclo e riguarda l 'arte ieratica, vale a dire la maniera di attirare quaggiù le virtù di un dio planetario, o di evocare questo dio stesso, utilizzando le sostanze dei tre regni che fanno parte della catena alla quale questo dio presiede. Senza dubbio, il fine che si propone l 'adepto del l 'arte ieratica è un po' diverso da quello del guaritore. È più disinteressato e di un ordine meno materiale. È per meglio adorare la divinità, per entrare con essa in un commercio più intimo e per ascendere, sulla sua scia, fino al cielo che i l teurgo porta qua sotto i poteri divini . Ma i l metodo è esattamente lo stesso e si appoggia sulla stessa credenza. L'arte ie­ratica, pure, non è assente dall'ermetismo: l'Asclepio al lude ad essa (cap. 38), e il testo che stiamo per leggere servirà dunque anche, in anticipo, da illustrazione di questo libro.

Sull 'arte ieratica

( 1 48.3) Come i dialettici dell'amore si elevano partendo dalle bel­lezze sensibili fino a quando incontrano l'unico principio stesso di tutta la bellezza e di tutto l' intelligibile, così gli iniziatori ai sacri misteri170,

1 69 CMAG., V I (Bruxel les 1 928), pp. 148- 1 5 1 Bidez. Vedi inoltre l'introduzione di questo editore (pp. 1 39- 1 47) e il suo articolo Proclus, m:pì rijç iepunKfiç tÉ­XVTJ<; in Mélanges Cumont (Bruxelles 1 936), pp. 85- 1 00. Nella mia traduzione, utilizzerò qua e là quella di A. BRÉMOND, Rech. de Se. rei. , XXIII (1933), pp. l 02- 1 06, ma senza segnalare i luoghi in cui ci differiamo.

170 oi. iepanKoi, 148.5. Questa traduzione è giustificata da PRocLO, in remp. , II, 1 54.5 ss. Kroll: cbç yàp o i 7tUp' �JlÌV iepanKoì mìç È1tÒ1ttUt<; MvaJltV

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1 64 La rivelazione di Ermete Trismegisto - L 'astrologia e le scienze occulte

partendo dalla simpatia che unisce tutte le cose visibili tra di loro e con le potenze invisibili, e comprendendo che tutto è in tutto, hanno fondato questa scienza ieratica, non senza meravigliarsi di vedere nei primi ter­mini delle catene i termini più remoti e in questi ultimi i primissimi, nel cielo le cose terrene nella loro causa e sotto una modalità celeste, qui sotto le cose celesti in un modo peculiare della terra. Per quale motivo, infatti, il girasole si muove in sintonia con il Sole, il selenotropio con la Luna, entrambi facendo corteo, nella misura delle loro forze, alle lampade del mondo? Infatti tutti gli esseri pregano secondo il rango che occupano, cantano i capi che presiedono la loro intera serie, lodando ciascuno a modo suo, spirituale, razionale, naturale o sensibile: anche il girasole si muove per quanto gli è facile muoversi, e se si potesse sentire come colpisce l 'aria mentre ruota sul suo stelo, ci si renderebbe conto a questo suono che offre una sorta di inno al Re, quale una pianta può cantarlo.

È possibile quindi quaggiù, sotto una modalità terrestre, vedere soli e lune, è possibile in cielo, sotto una modalità celeste, vedere tutte le piante, le pietre e gli animali, vivere di una vita spirituale. È per averlo compreso che i Saggi del passato, mettendo in rapporto una cosa qui in basso a un certo essere celeste, un'altra ad un altro, conducevano le potenze divine al nostro luogo mortale e le attirarono per somiglianza, perché la somiglianza è abbastanza potente da connettere gli esseri gli uni agli altri [ . . . ] .

( 1 49. 12) I l loto anche manifesta la sua affinità con i l Sole: i l suo fiore è chiuso prima dell'apparizione dei raggi solari, si apre dolcemente quando il Sole comincia a salire, e mentre l'astro sale verso lo zenit, si dischiude e poi si richiude di nuovo mentre scende verso il tramonto. Ma che dif­ferenza c'è tra il modo umano di cantare il Sole, aprendo o chiudendo la bocca e le labbra, e quello del loto, che apre e chiude i suoi petali? Questi infatti sono per esso le sue labbra, questo è il suo canto naturale.

Ma perché parlare di piante, dove sussiste ancora qualche traccia di vita generativa? Non si vedono le pietre stesse respirare in corrispon­denza degli effluvi degli astri? Così la pietra elite, con i suoi raggi dorati, imita i raggi del sole; la pietra chiamata "occhio di Bel", il cui aspetto ricorda le pupille degli occhi, emettt: dal centro della sua pupilla una luce brillante, il che fa dire che la si dovrebbe chiamare "occhio del Sole"; la selenite cambia forma e movimento in accordo con i cambiamenti della

t\vrt8Éacrtv ilìEiv lì lllÌ 7tp6rEpov q>acrllara Kaì 7tOtOùcrt 8Ewpouç, oihw Kaì 1Ì f:v rip KOO!lCfl (scii. ÌEparuol) 7tpÒ rfiç 1tap' JÌ!lÌV Eiç 7toÀÀ.àç roùro lìp� 'lfUXàç ràç al;iaç T�ç TOtaUTit<; llaKaptcrr�ç 8Éaç (7tpÒ yàp TÒ>V !.!EPWV TÒ 1:\ì..ov) KaÌ TEÀEcrTtKaìç XP�Tat lìuv<i!lEcrt KaÌ Eiç àyyEÀtKJÌV àvayEt ral;tv ràç TEÀOU!lf:vaç TÒ>V 'lfUXÒ>V.

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L 'ermetismo e l 'astrologia 1 65

Luna, e l'elioseleno è come un'immagine dell'incontro dei due luminari, a somiglianza delle riunioni e delle separazioni che si fanno in cielo.

Tutto è dunque pieno di dei, la terra è piena di dei celesti, il cielo di dei sovracelesti; ogni serie procede, aumentando di numero, fino ai suoi ultimi termini. In effetti, ciò che esisteva nell'unità prima di tutte le cose è manifestato in tutti i membri della serie. Da qui le organizzazioni di anime, dipendenti queste da un dio, quelle da un altro. Da qui ancora, per esempio, il gran numero di animali eliaci, come il leone e il gallo, che partecipano anch'essi al divino secondo il grado che occupano. Ciò che meraviglia è come, in questi animali, i meno dotati di forza e dimensione si fanno temere da quelli che prevalgono sotto questi due aspetti: infatti il leone, si dice, indietreggia davanti al gallo17 1 • La ragione non è da prendere nei dati dei sensi, ma in una considerazione intellettuale, cioè, una differenza che risale alle cause stesse. È perché, in realtà, la presen­za nel gallo dei simboli eliaci172 è più efficace. Lo dimostra bene dalla coscienza che ha del circuito del Sole: infatti canta un inno al sorgere dell'astro e quando l'astro si volge verso gli altri centril73 [ • • • ] .

( 1 50. 1 9) In una parola, certi esseri s i muovono solo in accordo con i l circuito dell'astro, come le piante di cui abbiamo parlato; altri imitano la forma dei raggi come la palma; altri l 'essenza ignea, come l'alloro 174; e altri qualche altra cosa. Cosicché, queste proprietà concentrate nel Sole, si può vederle divise tra gli esseri partecipanti, angeli, dèmoni, anime, animali, piante, pietre. Pertanto, i maestri dell' arte ieratica han­no scoperto, da quello che avevano sotto i loro occhi, i mezzi per ono­rare le potenze di lassù, mescolando alcuni elementi, tagliandone altri appropriatamente. Se si mescolano, è per aver osservato che ciascuno degli elementi separati possiede qualche proprietà del dio, ma tuttavia non è sufficiente per evocarlo: inoltre, con la miscela di un gran numero di elementi diversi, essi unificano i suddetti effluvi, e, da questa somma

1 7 1 La leggenda del leone che teme il gal lo è molto diffusa e spesso ripetuta, cfr. 0RTH in P. W., s. v. Huhn (V III, 2532. 66, 2536. 3 6 ss.). Il significato sembra essere qui che i l gallo acquisisce, per la maggiore presenza in esso d' influsso solare, una superiorità sul leone che ne ha di meno.

172 i) -ròlv l')À.taKòlv cru�P6À.ffiv eìç -ròv àÀ.EK-rpu6va napoucria 1 50.9- 1 O. Oppure, prendendo napoucr{a in un senso proprio all 'astrologia (cfr. Kév-rpa, l. 1 2): "la situazione presentata dal Sole in un certo punto dello zodiaco (cfr. VETno VALENTE, p. 49. 26. Kroll) ha più efficacia sul gallo". Ma in questo caso -ròlv i)À.taKòlv cru�p6ì-.wv sarebbe un pleonasmo bizzarro. Cumont ha voluto corte­semente segnalarmi che si legge in Glica (p. 90 della Byzantina di Bonn) un passo sul gallo e il sole analogo al testo di Proclo.

173 -rà Kév<pa in astronomia = i punti cardinali dell'ecl ittica. 174 L'alloro ha un'essenza ignea perché è usato per accendere il fuoco, cfr. DA­

REMBERG-SAGLIO , s.v. lgniaria, e sopratutto CuMONT, La stèle du danseur d 'Antibes et son décor végétal (Paris 1 942), pp. 1 3 - 17.

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di elementi, compongono un corpo unico che assomiglia a quel tutto che precede la dispersione dei termini. Così, spesso fabbricano, con queste commistioni, immagini e aromi, impastando in un medesimo corpo i simboli precedentemente divisi e producendo artificialmente tutto ciò che la divinità comprende in sé per essenza, unendo la molteplicità dei poteri che, separati, perdono ciascuno il picco della sua forza e che, al contrario, mescolati, si combinano per riprodurre la forma del modello.

A volte una singola erba o una sola pietra è sufficiente per l'opera­zione: così, per una teofania, il knéoron175; per una protezione l'alloro, lo spincervino, la scilla, il corallo, il diamante, il diaspro; per la pro­gnosi, il cuore di talpa; per le purificazioni, lo zolfo e l 'acqua di mare.

Così, mediante la simpatia, attiravano176 a loro alcuni poteri divini e ne respingevano altri attraverso l'antipatia, per esempio per mezzo di purificazioni di zolfo e di bitume o aspersioni d'acqua di mare: infatti lo zolfo purifica per l 'asprezza dell'odore, l 'acqua perché partecipa alla potenza ignea. Inoltre, nelle iniziazioni e in altre cerimonie del culto divino, sceglievano animali e altre sostanze idonee. A partire da questi e altri simili oggetti fecero la conoscenza delle potenze "demoniache" le cui177 essenze sono in continuità con la forza sparsa nella natura e nei corpi, e, con questo mezzi, attirarono demoni per entrare in rapporto con loro. Poi, dai demoni, s'imbaldanzirono fino ad operare sugli dei, istruiti dagli dei stessi o spinti dalla propria iniziativa alla felice scoper­ta dei simboli appropriati. E così, infine, lasciando alla terra la natura e le forze naturali, si servirono delle potenze divine che operano a capo della catena 1 78•

175 Una specie di alloro. 1 76 Gli antichi? O i maestri del l 'arte ieratica? In ogni caso è notevole che Proclo

parli di queste invenzioni come cose passate, da lungo tempo note: difatti, la dottrina della simpatia può risalire a Posidonio e la sua applicazione alla terapeutica prende forma tra i l I secolo prima della nostra era e il II sec. dopo la nostra era.

1 77 <1v scripsi: wç cod. ( 1 51. 1 6). La correzione sembra essere già stata fatta, im­plicitamente, da Brémond (op. cit. , p. l 06) che scrive: "le potenze demonia­che la cui essenza è in continuità."

178 mìç nprowupyaìç Kaì 9Eiatç EXPi)cravro 8uvétf.!Ecrt: ( 1 5 1 . 22-23 ). Ho dato a npro'toupyaìç i l suo significato originale. È forse spingere troppo una parola che, senza dubbio, doveva essere già utilizzata: in questo caso, traduci sem­plicemente "potenze prime e divine".

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III. Gu SCRITII m ERMETE

È tempo di venire ai nostri testi di botanica astrologica179• La loro tradizione è confusa perché scritti, o identici o molto simili, sono stati posti indifferentemente sotto il patrocinio di autori molto di­versi, che, è vero, avevano in comune il prestigio o della scienza, o della dignità regale, o del carattere profetico o anche divino, a cui si aggiungeva anche la lontananza nello spazio e nel tempo per im­porli maggiormente. Plinio il Vecchio conosceva già scritti magici sulle piante, di Pitagora180, di Democrito1 8 1 e dei magi Zoroastro e Ostane182• Nel contempo, circolava sotto il nome di Aristotele un opuscolo sulle piante, che probabilmente è di Nicola di Damasco183• D'altra parte, si leggeva, già nel I secolo della nostra era, un'ope­ra di Nechepso sulla connessione di piante e astri 1 84, e i manoscritti astrologici greci e latini ci fanno conoscere, sullo stesso argomento, un certo numero di piccoli trattati che attribuiscono, ma non senza

1 79 Sulla botanica astrologica, cfr. PFISTER in P. W., XIX, 1 446 ss. (Pfianzenaber­glaube ); DE LATTE, Herbarius, 2• ed., 1938, in particolare, pp. 4 1 -50, l 08- 1 1 O; BoLL-BEZOLD-GUNDEL, Sternglaube4, pp. 139- 1 40. Non si trova alcuna indica­zione su questo tema nell'esposizione, altrimenti utile, di CH. SINGER, Greek Biology, ecc., pp. 56 ss. (The generai course ofbotanical knowledge) in Stud­ies in the history and method ofScience, vol. II ( 1 921 ), Oxford.

1 80 Cfr. PLINIO, N. H., XXV, 1 3: ab eo (Omero) Pythagoras clarus sapientia prim­us volumen de earum (scii. herbarum) e.ffectu composuit, Apolloni Aesculapi­oque et in totum diis immortalibus inventione et origine assignata, composuit et Democritus, ambo peragratis Persidis, Arabiae, Aethiopiae, Aegyptique Magis. XXIV, 156 primi eas (scii. herbas) in nostro orbe celebravere Pytha­goras atque Democritus, consectati Magos. Vedi ivi, XXIV, 1 5 1 - 1 59, delle ricette tratte da questo apocrifo pitagorico.

181 Su Democrito mago e la scienza che avrebbe attinto presso Apollobeche (o Pibeche; cfr. P.W., l, 2847 (Riess) e, meglio, ivi, XX, 13 1 0- 1 3 1 2 (Prei­sendanz); Poimandres, p. 363; Mag. hell. , II, pp. 13, n. 1 9, 15, n. 3, 309, 366 ss. : è il re Horus assimilato ad Apollo) e Dardano (rivale magico di Salomone; cfr. Poimandres, p. 163, n. 4; Mag. hell. , Il, p. 1 3, n. 20), cfr. PLINIO, N.H., XXX, 9. Sugli apocrifi dovuti a Bolo di Mende, autore di un nepi cru,.ma9w"òv Kai àvnna9wòv <çc!>rov, q>m:c:òv,> ì..i9rov (II sec. a.C.), cfr. DIELS-KRANZ, Vorsokr. 5 68 B 300, 1-20, t . n, pp. 2 1 0-221; vedi anche P. W., III, 676.33 ss., e infra, pp. 233 ss.

1 82 Vedi l 'opera, spesso precedentemente citata, di BmEz-CuMONT, Les mages hellénisés.

1 83 Cfr. P. W., Il, 1 047.20-4 1 e THORNDIKE, Hist. of Mag. , II ( 1 923), p. 260. 184 Fragm. 27-32 Riess. Vedi anche la lettera di Tessalo, supra, pp. 77 ss.

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disaccordo, al re Alessandro di Macedonia1 85, a Ermete Trismegisto, a Enoch186, a Salomone (che si indirizza a suo figlio Roboamo)1 87, al medico Tessalo che avrebbe ricevuto dallo stesso Asclepio un lungo trattato sulle diciannove piante in sintonia con gli astri (le sette piante dei sette pianeti e le dodici piante dei dodici segni)l88, ad Arpocrazio­ne189, infine ad un certo Alessio o Fiacco Africo discepolo di Beleno (Apollonia di Tiana) 1 90. È difficile, in questa fiera, determinare cosa esattamente spetti a Ermete Trismegisto 191 . Tutti questi brillanti nomi coprivano in fondo la stessa mercanzia, e la molteplicità dei patroni letterari testimonia soprattutto la concorrenza piuttosto aspra che re­gnava tra gli erboristi. Toccava a chi avrebbe attirato la clientela più numerosa. Sostenitori di Nechepso o discepoli di Hermes lodavano a gara le loro ricette. Una parola del racconto di Tessalo lascia anco­ra percepire l 'eco di queste rivalità di bottega. Nel piccolo discorso che si presume Asclepio avrebbe fatto a Tessalo prima di consegnar­gl i i suoi segreti, il dio dichiara appropriatamente: "Il re Nechepso, [ . . . . ] dotato di una naturale sagacia, aveva capito le affinità di pietre e piante con gli astri", ma aggiungendo immediatamente, "ma non ha conosciuto i tempi e i luoghi in cui le piante devono essere raccolte". Gli è mancata la grazia: "Ogni uomo per quanto molto ragionevole e in possesso di ogni potere magico, non ha tuttavia ricevuto da qual-

185 Cfr. l 'art. Pjf anzenab erglaube (Fr. Pfister) in P.W., XIX: "Alexandertext", 1450- 1 451.

1 86 De XV herb is lapidibus et figuris, cfr. P. W., XIX, 1 454.27-36; THORNDIKE, op. cit. , I, p. 340; I l , p. 220, n. 7. Edito da L. DELI.TTE, Textes latins et vieuxfran­çais re/atifs aux Cyranides, Liège-Paris 1942, pp. 277-288. Questo opuscolo non è che la rielaborazione ridotta di un trattato ermetico pubblicato ivi, pp. 237 ss. Cfr. infra, p. 198.

1 87 P.W., XIX: "Salomontext" del l 'opuscolo sulle piante dei 7 pianeti, 1 452.32-52; "Salomontext" del l 'opuscolo sulle piante dei 12 segni, 1 454.56-64. Vedi anche THORNDIKE, op. cit. , Il, pp. 279 SS.

188 P. W., XIX: "Thessalostext" (7 pianeti e 12 segni), 145 1 .39- 1 452.3 1 ; "Thessa­lostext" ( 1 2 segni), 1 453 .29-54. Cfr. supra, pp. 77 ss.

1 89 Si tratta della lettera di Tessa1o che, in alcuni manoscritti greci, è attribuita ad Arpocrazione, cfr. Rev. Bib l., XLVIII (1939), pp. 55-56. Su Arpocrazione, cfr. P. W., VII 24 1 6.63 ss.

190 P.W., XIX: "Alexiustext" (7 pianeti), 1 452.53- 1 453 .25. Questo trattato di Fiacco Africo è edito da L. DELATTE, Textes latins, pp. 2 1 3 ss. Cfr. infra, p. 238, n. 66, p. 240, n. 76 e 77.

19 1 Vedi l' osservazione di DELI.TTE, Herbarius2 (1938), p. 1 8, n. l . Qui anche una classificazione delle diverse recensioni.

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che voce divina nessuno dei segreti che tu vuoi apprendere" 192• Non è impossibile che in minime sfumature - che naturalmente non impe­discono alla dottrina di essere ovunque, in sostanza, la stessa - si sco­prano ancora altre tracce dei litigi tra gli erboristi. Ciò ci consentirà di osservare un'analisi più attenta degli opuscoli pubblicati.

Questi opuscoli ermetici si collocano molto facilmente sotto le tre partizioni che abbiamo già avuto occasione di distinguere: come le regioni della terra e le membra del corpo umano, le piante sono devolute al patronato sia dei decani , sia dei segni zodiacali, sia dei pianeti . Una quarta categoria, rappresentata da un opuscolo ermetico de XV stellis, di cui esiste anche un rimaneggiamento attribuito a Enoch193, collega quindici piante, oltre a quindici pietre e quindici talismani, con quindici stelle fisse.

A. Piante decaniche

Su questo argomento è noto solo un opuscolo attribuito a Trisme­gisto con il titolo: "Libro Sacro di Ermete ad Asclepio"1 94 • A detta di

1 92 Cfr. supra, p. 80. 1 93 Cfr. supra, p. 1 68, n. 1 86 e infr a, pp. 1 93 ss., 1 98. 1 94 Edito da PITRA, Anal. Sacr. , V, 2, pp. 284 ss. sulla base del Mosquensis 4 1 5

(cfr. CCAG., XII, cod. 27, f. 68) e del Vindobonensis med. gr. 23; da RuELLE, Rev. P hilol. , XXXII ( 1 908), pp. 247 ss. sulla base del P arisinus 2256 (ff. 584-588) e del P ar. 2502 (ff. 1 9-39). Su questo testo, cfr. GUNDEL, Sterne u. Sternbilder, pp. 28 1 -283. Sui lapidari astrologici nell'antichità greca, GUN­DEL, ivi, pp. 28 1 -288 e 335-342; HoPFNER, 0./fenbarungszauber, l, §§ 560-562, 8 1 7. Per il col legamento tra lapidari astrologici greci e lapidari arabi, J . RusKA, Griechische P lanetendarstellungen in arab ischen Steinb iicher (Sitz. Ber. Heidelberg, 1 929, 3. Abh.), pp. l ss. e infra, pp. 2 1 5 ss. L'articolo di GANSCHINIETZ, Ringe (in dem Folk/ore), P. W., II. R., I , 833-84 1 è utile, ma non si occupa delle rappresentazioni astrologiche sulle pietre incise. - Segnalia­mo che, oltre ad Ermete, l 'astrologo Teucro "di Babilonia" aveva composto un'opera sui decani, loro paranatellonta e loro maschere (7tp6croma), nonché sulle figure dei decani da incidere sulle pietre, cfr. BoLL in CCAG., VII, p. 1 93 e PoRFIRio, Isag. 47 (CCA G., V, 4, 22 1 .3) EyKI.:IV'tat OÈ Kaì Tò:>v OI.:Kav&v Kaì tò:>v 7tapavaTI.:MÒvtoov aùtoic; Kaì tò:>v 7tpocrcimoov tà CÌ7tot�.:À.Écrllata 1tapà T�.:ùKpou toù BapuÀ.Wviou, Teucro ap. PsELLO, P aradoxa, p. 1 47.2 1 ss. [ . . . ] �.:icrì ÈV EKUO"tQ> t&v çQ>&ioov tpl.:ic; Kat�.:W:wévm OEKavoi 7totKIÀÒilop<pm ò llÈV KatÉXWV 7tÉÀ.I.:truv, ò OÈ Eic; ilio n ècrxrwancrllÉvoc; EÌKÒVIcrlla. c:Ov EÌ tà EtOTJ Kai tà crxitllata ÈV OQKtUÀ.t(I)V ÈyyÀ.Ùij!Eiç O'<pEVOOVTJ, cl7tOtpÒ7taui 0'0\ OEIVOOV yEViJcrEtat.

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1 70 La rivelazione di Ermete Trismegisto - L 'astrologia e le scienze occulte

Galeno, come si è visto195, anche l'erborista Panfilo ha utilizzato uno scritto analogo, anch'esso ermetico. In questo scritto, si parlava di una pianta chiamata àeT6ç. Poiché l 'opuscolo pubblicato non indica alcuna pianta con questo nome, si suppone che differisca dal lavoro a cui Galeno fa riferimento196•

Il Libro Sacro è essenzialmente una l ista di ricette mediche. Pre­messo che i decani dominano sulle membra del corpo secondo il principio enunciato sopra197, si tratta di trovare la pianta e la pietra "in simpatia" con ogni decano, di incidere su questa pietra l ' imma­gine del decano, di mettere sotto la pietra un pezzetto della pianta, di sistemare il tutto in un anello e di portare questo anello, evitando comunque l 'al imento "antipatico" al decano. S i noterà che la scelta della pietra o della pianta è spesso determinata dalla figura che si at­tribuisce al decano. Così i l l o decano del Leone, il cui volto è quello di un leone, c ircondato da raggi solari, ha come pianta il piede di leone (À.EovT67toòov); il 2° decano, che reca sulla testa una luna cre­scente, ha per pietra la selenite o pietra di luna. I curiosi interessati a queste minuzie troveranno un'altra lista di decani, con l' indicazione della corrispondente pietra e pianta, così come del male curato, in un testo astrologico (anonimo) pubblicato da W. Kroll 198; la figura dei decani non vi è descritta, e non è questa figura che s ' incide sulla pietra, ma il nome e il "carattere" del decano199; l 'effetto è lo stesso.

1 95 GALENO, Xl, p. 798 Kiihn: cfr. supra, p. l 00. 1 96 Così KROLL, P.W., VIII, 797. 63-798. 8 e PFISTER, P.W., XIX, 1 454. 1 8 . 197 Cfr. supra, pp. 1 57- 1 58. 1 98 CCAG., VI, p. 73 sulla base del Vìndob on. phi/os. gr. 108 (ff. 357-358 v). Né i

nomi dei decani, né le pietre e le piante corrispondono a quelli del nostro testo. Cfr. per giunta GUNDEL, Sterne u. Sternbi/der, pp. 283-284.

199 Sui "caratteri" (xapaKriipEç), segni magici simboleggianti decani, pianeti o segni zodiacali, e incisi su pietre, cfr. HoPFNER, Offenbarungszauber, l , §§ 8 1 9-82 1 . Quelli del cod. Vindobon. sono riprodotti in CCA G. , VI, p . 74 (qui simboli dei decani). Dei "caratteri" simboli di stelle fisse sono riprodotti da L. Delatte a seguito del trattato ermetico de XV stel/is, cfr. Textes latins, p. 289. Secondo GUNDEL, Sterne u. Ster nbi/der , p. 340, n. 2, il più antico esempio di pietre con incisi i nomi dei pianeti si troverebbe in FILOSTRATO, v. Apo/1. Ty., J l l, 41 (1, p. 420 Conybeare) q>T)cri oè ò LlaJltç Kai 8aKn>Àiouç É1t1:à ròv 'Japxav Tq'l A.xoM.roviql OOÙVQl TÒlV ÉXTà ÈXWvUJlOUç acrrÉpwv, ouç <popEÌv TÒV AxoÀÀ.rovtov Karà eva xpòç rà ÒVÒJlara rò.Jv TJJlEpò.Jv, ma ncn so se ÈXWvUJlOUç ecc. può avere questo senso: "con il nome dei sette pianeti" sembra più nor­male (cfr. le pietre chiamate "el iotropio, selenite", ecc.).

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L 'ermetismo e l 'astrologia 1 7 1

Traduco qui l ' introduzione del Libro Sacro e i l paragrafo sul l o de­cano dell'Ariete. Per il resto, indicherò solo gli elementi in relazione: decano, parte del corpo (e malattie), pietra, pianta, alimento da evita­re. Ometto i nomi dei decani . E menziono solo il materiale dell'anello quando viene specificato; in qualsiasi altro luogo, i l materiale è indif­ferente, il testo dice semplicemente "poni (letteralmente: 'racchiudi') in qualche anello che ti piace", KataKÀf:tcrov tv cp �ouM:t (8aKTUÀicp ).

Di Ermete ad Asclepio: il libro detto sacro:

l . Ho predisposto per te le forme e le figure dei trentasei decani appartenenti ai segni zodiacali, e ho indicato come bisogna incidere ognuno di essi e portarlo tra l 'oroscopo, il Buon Demone200 e il luogo [ . . . ] (?)20 1 • Se lo fai, e porti questo anello, possiedi un potente filatte­rio: infatti tutte le affezioni inviate agli uomini in seguito all' influenza degli astri sono guarite per mezzo di questi decani202• Se, quindi, onori ciascuno di essi per mezzo della sua pietra e della sua pianta, e inoltre della sua forma, possiederai un potente filatterio. Infatti nulla accade senza questa disposizione decanica203, poiché in essa è avvolto il Tutto.

2. Il cerchio dello zodiaco, nel suo dispiegarsi (ti;ÉPXE'tat), è con­figurato in base alle parti e alle membra del mondo204: ecco come si distribuisce in parti.

200 Il Buon Demone è l ' li o luogo, cfr. CCAG., Vlll, 4, p. 170. 201 Kaì wù 7tEpì fi;Eooç t67tou. Se fl;tç = "possesso", è il 2° luogo, se fl;tç = valetu­

do, è il 6° luogo. 202 O "questi oggetti", w(nmç. 203 UVEU yàp "tall"rr]ç riiç ÒEKQVliOÌç 8ta9ÉoEooç oulìévoç yÉVECJtç Éonv. Cfr. i testi

delle /atromathematika ermetiche citati supra, p. 1 60, n. 1 59. 204 Ò çcplìtaKÒç OÙV KUKÀ.Oç IJ.EIJ.Opq>oo�oç Eiç IJ.Épl] [ KUÌ IJ.ÉÀ.TJl KUÌ Òp!J.oÙç ( Òp!J.O­

viaç Ruelle, correxi) ÈI;ÉPXE"tat toù KÒOIJ.OU (èl;tpxE"tat Par. 2502: ÈI;ÉXE<at Par. 2256, ÉPXE<at Mosq.). Kaì fxEt Katà IJ.Époç oihooç. ò Kptòç KEq>aÀ.ft Èon toù KÒOIJ.OU. Forse è necessario scrivere toù K6o1J.OU e tradurre "del dio Kosmos", come fa Gundel (Sterne und St ernbilder , 1 922, p. 69): "So lagert etwa der Gott Kosmos i m Tierkreis, sein Kopf ist der Widder, seine Fi.isse die Fische". - Si ritrova la stessa frase introduttiva posta per errore in capo a un opuscolo de sep­tem stellar um herb is, CCAG., VI, p. 83.3-4. Il testo edito è questo: ò çcplìtuKòç K\JKÀ.Oç IJ.EIJ.Opq>OliJ.ÉVOç ÉCJ"tÌV Eiç IJ.Ép!] KaÌ Òp!J.OUç. ÈI;ÉpXE"tat Ù1tÒ mù KÒOIJ.OU 6 Kptòç, KEq>aÀ.ft Émtv mù KÒOIJ.OU, ecc. W. Kroll propone apxE<at mù KÒOIJ.OU ò Kptòç <Bç> KEq>aÀ.ft Éonv K"tÀ.., ma io preferirei ò çcplìtuKòç K\JKÀ.oç IJ.EIJ.Opq>oo­IJ.ÉVoç [ Éonv l EÌç IJ.Épl] KUÌ Òp!J.OÙç ÉI;ÉPXE"tQl [ Ù1tÒ l "tOÙ KÒOIJ.OU. Ò Kptòç KEq>aÀ.ft èonv toù KÒOIJ.OU, in virtù del testo parallelo dei decani. Sulla portata generale di queste corrispondenze tra pianeti o segni zodiacali e parti del corpo, cfr. an­che BoLL-BEZoLD-GUNDEL, Sternglaube' , p. 1 37, che rinvia a Petronio, c. 39.

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1 72 La rivelazione di Ermete Trismegisto - L 'astrologia e le scienze occulte

3. L'Ariete è la testa del mondo, il Toro il collo, i Gemelli le spalle, il Cancro il petto, il Leone le scapole, il cuore e i fianchi, la Vergine il ventre, la Bilancia i glutei, lo Scorpione il pube, il Sagittario le cosce, il Capricorno le ginocchia, l'Acquario le gambe, i Pesci i piedi.

4. Pertanto, ciascuno dei segni zodiacali ha potere sul proprio mem­bro e produce in questo membro una certa affezione, di modo che, se vuoi evitare di subire ciò che è necessario subire a causa dei decani, incidi sulle pietre le forme e figure dei decani stessi, e, dopo avervi posto sotto (la pietra incisa) la pianta di ciascun decano e anche la sua forma, ed essertene fatto un filatterio, portalo, come un potente e beato soccorso per il tuo corpo.

5 . ARIETE: l o decano. Ha nome Chenlachori e ha la forma qui rap­presentata205: il suo volto è di un piccolo bambino, le sue mani sono sollevate, tiene in mano uno scettro che solleva sopra la sua testa, è avvolto in fasce dai piedi alle ginocchia. Domina le affezioni della testa. Incidi lo quindi su una pietra di Babilonia porosa, poni sotto la pianta di isophryn, fissala in un anello di ferro e portala. Abbi cura di non man­giare la testa di un verro. È così che guadagnerai la benevolenza di ogni decano incidendolo sulla sua pietra e con il suo nome.

·

2° decano. Tempie, narici (e tutte le affezioni ad esse correlate). -Siderite.- Ruta selvatica. - Anello d'oro. - Carne della gru.

3 o decano. Orecchie, ugola e denti. - Bostrichite. - Lingua di agnello (piantaggine). - Trippa di montone.

ToRo: l o decano. Nuca. - Se lenite appesantita dal sole. - Sferite (ci­presso con frutti globulari). - Grongo.

2° decano. Tonsille e gola - Pietra afrodisiaca. - Dittamo. - Anello d'oro o d'argento. - Anguilla

3< decano. Bocca e gola - Giacinto (sorta di topazio). - Lingua di bue (buglossa). - Anello d'oro o d'argento. - Anguilla.

GEMELLI: l o decano. Estremità delle spalle. - Diamante. - Orchide. - Torpedine.

2° decano. Braccia. - Pietra pancromatica (di tutti i colori). - Cin­quefoglia. - Scaro (pesce).

3° decano. Mani. - Eliotropio (pietra). - Rosmarino. - Carne di cin­ghiale.

CANCRO: l o decano. Fianchi. - Driite. - Artemisia. - Stomaco di una scrofa bianca.

20 5 L'originale doveva contenere delle rappresentazioni figurative dei decani che non sono state riprodotte nel Par. 2256. Il Vindob . ph. gr. l 08 e il Paris. 24 1 9 (f. 38v ) contengono rappresentazioni grafiche simboleggianti i decani, cfr. CCAG., VI, p. 73 e la tavola p. 74; CCAG., VIII, l , p. 27; GtJNDEL, Dekane u. Dekansternb ilder ( 1936), pp. 385-394 e 385 n. l : vedi anche pp. 62-68.

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L 'er metismo e l 'astrologia 1 73

2° decano. Polmoni. - Diaspro verde. - Peonia. - Qualsiasi alimento toccato da un cane.

3• decano. Milza.- Euchaite. - Sferite.- (Manca l'alimento, ma il testo aggiunge: "benedetti soccorsi").

LEONE: l o decano. Cuore. -Agata.- Piede di leone.- Uova di passero. 2° decano. Scapole. - Selenite. - Crisogono (il nostro crisantemo?).

- Anello d'oro. - Fave. 3° decano. Fegato. - Elite. - (Manca la pianta). - Tonno. VERGINE: l o decano. Ventre. - Corallite. - Galeopside. - Fegato di

scrofa bianca. 2° decano. Intestini. - Dendrite. - Liquirizia. - Carne della gru. 3• decano. Ombelico. - Euthlizon206. - Catananche (sorta di veccia).

- Trippa di puledro e carne d'orso207• BILANCIA: l o decano. Posteriore. - Diaspro agata. - Polio. -Anatra

e mandorle amare. 2° decano. Uretra, vescica e vie urinarie. - Sardonica. -Verbena. - More. 3° decano. Ano (emorroidi, callosità, screpolature). - Smeraldo. -

Verbena supina. - Coscia di maiale e sedano. ScoRPIONE: l o decano. Orifizio del pene (dolori, ulcere carbonose e

infiammatorie). - Ematite. - Mercorella. - (Manca l'alimento). 2° decano. Parti genitali (antrace ed escrescenze carnose). - Pirite. ­

Cornetta coda di scorpione. - (Manca l'alimento). 3° decano. Testicoli (flemmoni, o ai due testicoli, o ad uno). - Cor­

niola (o sardonica) d'Egitto.- Peonia.- Rognoni. SAGITTARio: l o decano. Cosce (tumori chiamati bubboni). - Pietra di

Frigia. - Salvia. - Gallinelle d' acqua con becco e zampe rosse (o polipi). 2° decano. Ossa (fratture). - Ametista. - Andraktitalon (?). - Tortore

di mare. 3° decano. Cosce (dolori e ulcerazioni). - Aerizon (pietra limpida

come l'aria). - Centaurea. - Cervello di pollo. CAPRICORNo: l o decano. Ginocchia. - Ofite. - Sperone Ila. - Anguilla. 2° decano. Articolazioni. - Calcedonio. - Anemone. - Murena. 3° decano. Stesse membra e malattie del 2° decano. - Ananchite. ­

Camaleonte (pianta). - Gamberi. AcQUARIO: 1° decano. Tibie (ascessi e ulcere). -Knékite (?). - Asaro.

- Pane di miglio mangiato dalle mosche. 2° decano. Ginocchia e grasso delle gambe. - Magnetite. - Pimpinel­

la. - Coscia di maiale.

206 ÈV Ài9cp cil8ì.içovn. LIDDELL-Scorr-JoNES congetturano (s. v.) ueì.içovn = pie­tra somigliante al vetro.

207 Qui e in diversi paragrafi seguenti, l ' indicazione dell ' alimento manca nel P ar. 2256, ma è data dal P ar. 2502 o dal Vindob . med. gr. 23.

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1 74 La rivelazione di Ermete Trismegisto - L 'astrologia e le scienze occulte

3° decano. Stesse membra e malattie. - Pietra di Media. - Thyrsion (sorta di timo). - Carne d'asino.

PESCI: l o decano. Piedi (ascessi). - Berilio. - Verbena. - Carne di leone. 2° decano. (Manca il membro). - Perileukios (pietra cerchiata di

bianco?). - Rosmarino. - Fegato di pecora. 3° decano. (Manca il membro). - Giacinto. - Camomilla. - Testa di

capra ( Vindobon. : non sedersi per terra).

B. Piante zodiacali

Rimangono, sulle piante dei dodici segni, due specie di scritti che si distinguono benissimo, non solo perché sono attribuiti da un lato a Tessalo (Arpocrazione) o ad Ermete, dall'altro a Salomone, ma perché l'elenco delle piante e la natura della descrizione relativa a ciascuna pianta differiscono in maniera molto sensibile nei due casi.

a) La prima versione comprende due recensioni, una corta (R.C.), l 'altra lunga (R.L.).

a. La R. C. è un piccolissimo capitolo (l O linee) attribuito, nei ma­noscritti, a Trismegisto sotto i l titolo "Di Ermete Trismegisto, sulle piante dei dodici segni"208• La serie delle piante è questa209:

Ariete = salvia (ÈÀ.SÀicnpaKov, salvia). Toro = verbena eretta (m:ptcrn:peò.>v 6p86c.,,peristeria <id est> co­

lumbina ve! vervena). Gemelli = verbena supina (1tept<nEpEò.>v unnoc.,, hierabotane quae

spargitur super terram). Cancro = consolida maggiore ( crU!l<j>U'tOV, symphyton, id est

consolida maior). Leone = ciclamino (KUKÀa!ltvov, cyclamen). Vergine = calaminta (KaÀa!liV8T], calaminthum). Bilancia = coda di scorpione o eliotropio ( crKopnioupoc.,, scorpia­

lis id est heliotropium ) . Scorpione = artemisia (àp-rE!ltcria, artemisia). Sagittario = pimpinella rossa e blu (àvayaUìc., nuppà Kaì KUavfJ,

anagallis id est citragalla).

208 Edito secondo tradizioni manoscritte un po' differenti da PrrRA, An al. Sacr. , V, p. 291 (da cui RIESS, Petos. -Nechepso, fr. 3 6 b) e BoLL, CCA G., VII , pp. 232-233.

209 Ho aggiunto al nome greco, che è il medesimo nelle recensioni corta e lunga, i l nome latino della traduzione latina della recensione lunga, CCAG. , VIII, 4, pp. 258. 1 8-259.29.

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L 'er metismo e l 'astrologia

Capricorno = erba pazienza (Àa1ta9ov, lapathum ). Acquario = serpentaria (8paK6vnov21 0, dracontea).

1 75

Pesci = aristolochia lunga e rotonda ( àptcrToÀoxia )lUKpà Kaì mpoyyUÀY), aristolochia).

Dopo questa semplice lista, la R. C. aggiunge: "Bisogna raccoglie­re queste piante ed estrarne il succo quando il Sole si trova n eli' Arie­te" . È solo un riassunto della R.L.21 1 : "È evidente che il Sole è il re di tutti gli astri: ma il Sole ha la sua esalt�zione n eli ' Ariete e riceve, in questo segno, un potere incredibile2 12 • E quindi in questo momen­to che le piante hanno là maggior virtù, non solo a causa del Sole, ma perché l 'Ariete è causa partecipante del l ' influenza che gli dèi (astri) esercitano sulla terra21 3 [ . . . ] . Tal i essendo i poteri dell'Ariete, è quindi quando il Sole è in questo segno che tu devi cogl iere le det­te piante ed estrarne i l succo senza cuocerle". Ciò che in seguito si legge nella R.C. non corrisponde esattamente a quella lunga: R.C. : "Ma è anche necessario che il Sole sia nel segno della pianta che si vuole raccogliere e che la Luna sia nel trigono del Sole o nel suo oroscopo. Indipendentemente dal giorno e dal i ' ora del l ' ecodespota del segno214• Fai così per avere successo, come dice il Precettore215, secondo l ' influenza fisica e cosmica". La R.L. ha solo queste brevis­sime indicazioni216: "Esaltazione del Sole, depressione di Saturno, domicilio di Marte, trigono di Giove"; in compenso, dà una ricetta per l'estrazione del succo2 1 7 che manca nella R. C. Nonostante queste differenze, non c'è dubbio che la R.C. sia un riassunto di una delle tradizioni manoscritte della R.L.

�- I l R.L. appare nel testo di Tessalo (Arpocrazione), subito dopo il prologo, come il primo degli opuscoli di botanica astro-

2 1 0 La R.L. ha qui j.létpa9pov, finocchio, VIII, 4, p. 149. 7. Tuttavia i manoscritti 8 e F (sigle di BoudrealLX) danno: (B) "in alcuni (manoscritti), è il opétKOVTt"; (F) "in alcuni si trova scritto la pazienza (ìJtn:a9ov, pianta del Capricorno)".

2 1 1 VIII, 3 , p. 1 39. 1 -5, 7-8. 2 1 2 Cfr. Astr. Gr. , pp. 193 ss., in particolare la tavola, p. 1 95. 2 1 3 àìJ..à Kai ot6n TÒ çc�>otov n:à.crt -roìç Tà n:ét9Tj ÈIJ.1t0l0Ùcrt 9wìç Èn:iKOtVOV. La

versione latina pare aver compreso il senso (VIII, 4, p. 258. 8-9): sed quia zodiacus est causa et pr incipium omnium impressionum quae sunt a diis.

2 1 4 Sci/. del pianeta avente i l suo domicilio nel segno. 2 1 5 ò otOétcrKaA.oç: senza dubbio Trismegisto. 2 1 6 VIII, 3, p. 1 39. 5-6. 2 1 7 VIII, 3, p. 1 39. 8- 1 3 .

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logica dettati da Asclepio al medico21 8• Tuttavia, in un manoscrit­to219, l 'opera è assegnata ad Ermete: "Piante dei dodici segni edite secondo Ermete"220• La serie delle piante è la stessa della R.C . , ad eccezione d el i ' Acquario22 1 • Riassumo qui il paragrafo sulla pianta d el i ' Ariete222 :

Ariete, primo segno. Sulla salvia. Raccogli dal 22 di Phamenoth, vale a dire il 1 8 di Dystros223, secondo i Romani dal 15° giorno prima delle calende di aprile ( = 1 8 marzo). Prima pianta: salvia. Ha grandi vir­tù contro il flusso di sangue, e per i tisici, per coloro che sono soggetti a cadere in sincope, per gli ipocondriaci, nelle affezioni dell'utero224•

Seguono le prescrizioni in c iascuna di queste malattie225• Quindi il testo aggiunge: "Si fa anche dalla radice un cataplasma emolliente piuttosto attivo nei casi di nefrite e sciatica" e fornisce la ricetta per i l cataplasma. Gli altri undici paragrafi sono esattamente dello stesso tipo, salvo che, a partire dal quinto segno (Leone), finendo i l manoscritto migliore (Matrit. Gr. 1 1 0), non s i trovano più all ' inizio di ogni paragrafo le indicazioni sulla data della raccolta226•

b) Del tutto diversa è la seconda versione, anch'essa lunga, attribu­ita a Salomone227• Innanzitutto, la sequenza delle piante non è la stes­sa: l millefoglie (f.1Upt6cpuìJ.ov), 2 trifoglio ('rptcpuìJ..wv), 3 gladiolo (�icpwv), 4 mandragora (JlavÒpayoupav), 5 marrubio nero (paÀ.Wn']), 6 solanum (<rrpuxvoç), 7 veronica (peÀ.ovtKi]), 8 cinoglossa (1CUv6-yÀ.fficrcrov), 9 àvaKapòtoç (?), l O pianta dall 'odore di capra (rpaywv), 1 1 ranuncolo (parpaxwv), 1 2 aristolochia (àptcrwÀ.Oxia). Come si vede le due versioni concordano solo su quest'ultima pianta, quella

2 1 8 CCAG. , VIII, 3, pp. 1 39. 14- 1 5 1 . 15 (Boudreaux). Versione latina (estratti): VIII, 4, pp. 258. 22-259. 29 (Cumont).

2 1 9 F di Boudreaux = Monac. 542: cfr. CCAG. , VII, p. 29. 220 ÈKOo6Eicrm 1tapà 'EpJlOÙ, cfr. VIII, 3, p. 1 39. 14 (app. cr.). 22 1 Cfr. supra, p. 1 75 n. 21 O. 222 VIII, 3, pp. 1 39. 14- 1 4 1 . 9. 223 Secondo mese macedonico, corrispondente a marzo. 224 Specificate più avanti ( 1 40. 1 3- 1 4): "tumefazioni, deflussi di umori, dolori

persistenti". 225 VIII, 3, pp. 1 40. 2- 1 4 1 . 4. 226 In compenso, queste indicazioni sono state conservate nella versione latina.

Per altre concordanze tra questa versione e il Matritensis, cfr. VIII, 4, p. 258. 2 (app. crit.), ma questa versione è più antica del Matrit. ; cfr. ivi, p. 253.

227 CCAG., VIII, 2, pp. 1 59- 1 62 (Heeg).

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L 'ermetismo e l 'astrologia 1 77

dei Pesci. Ma non è l 'unica differenza. Nell'opuscolo "di Tessalo", i paragrafi sono unicamente composti da ricette mediche molto precise, con l'indicazione delle misure (oncia, ecc.) per ciascun ingrediente e le modalità d'uso in ciascuna malattia. Queste ricette sono puramente mediche (pozioni, linimenti, cataplasmi) e potrebbero essere prese in prestito da qualsiasi autore serio: non si tratta di amuleti o incantesi­mi. Al contrario, nel testo "di Salomone", le ricette sono più vaghe e, d'altra parte, riguardano la magia piuttosto che la terapeutica; inoltre, la lingua è molto più vicina al greco popolare di epoca bizantina e dei tempi modemi228• Ecco un esempio di questa farmacopea229:

La pianta d eli' Ariete è la millefoglie. Il suo succo, mescolato ali' o­lio di rose quando domina lo stesso segno, ha una virtù meravigliosa, sistema in tre giorni una ferita mortale risultante da un colpo di spada. Se un uomo posseduto da spiriti maligni si unge del succo della pianta, trae vantaggio da questo possessione e si rende questi spiriti favorevoli. La radice indossata come un amuleto sul braccio destro fa sì che chi la porta sia in grazia presso tutti e che tutto il dolore fuggirà da lui.

Il resto è in carattere. Si tratta quindi qui, non di una semplice va­riante, ma di una tradizione nettamente diversa, di una scuola rivale. Nel suo stato attuale, il testo "di Salomone" è certamente più recente di quello "di" Tessalo", ma può essere che risalga, in sostanza, ai primi secoli della nostra era: in questo caso, la differenza tra le due versioni testimonierebbe quelle contrapposizioni di cui abbiamo già incontrato un esempio.

C. Piante planetarie

Questo argomento è trattato in tre serie di testi230 che differiscono sia per attribuzione - anonimo o Alessandro o Ermete, Tessalo (Ar­pocrazione) o Ermete, Salomone -, sia per gli elenchi di piante sia, in misura minore, per l'ordine assegnato ai pianeti in ciascuna lista.

228 Per esempio curò con l ' accusativo ( 1 59. 1 4), àyeÀOuoaç ( 1 60. 1 ), ecc. 229 Vlll, 2, 1 59.8 ss. 230 Tralascio qui il testo "di Alessio" che rimane solo in latino e in una traduzione

inglese (cfr. supra, p. 1 68 n. 190. THORNDIKE, Hist. ofMag. , I l , pp. 233-234) così come il 5 o tipo, di minore importanza, contraddistinto da DELAITE, Her­barius2, p. 1 8, n. l (= CCA G., XII, pp. 1 26- 1 35 con la tavola 1).

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1 78 La rivelazione di Ermete Trismegisto - L 'astrologia e le scienze occulte

Poiché, almeno per alcuni testi, le attribuzioni variano, la classifica­zione più legittima va presa negli elenchi delle piante.

a) Tipo noÀ:uyovov Sole - KUv6cr�aroç Luna. Questo primo tipo si presenta in due forme, una in cui la sequenza

planetaria comincia con il Sole, l 'altra dove inizia con Satumo. a. La serie Sole, ecc., comprende tre recensioni, una corta

(R.C .)23 1 , le altre due (R.L. l , R.L. 2)232 sensibilmente più lunghe. L'elenco delle piante è il seguente:

l ) noÀ:uyovov SoLE = lett. "la prolifica", una specie di equiseto. Detta anche camaleonte (xaflatìo.irov).

2) m:ptcrn:pEffiv VENERE = verbena. 3) m:V'taÒclKTUÀ.OV (O 7tEV'tcl<j>UMOV) MERCURIO = cinquefoglia. 4) àpvoyÀ.rocrcrov MARTE = piantaggine.

23 1 CCAG. , IV, pp. 1 34- 1 36 = VI, pp. 83, 1 6-84, 20; cfr. VIII, 3, p. 36. Questa è la forma distinta sotto il paragrafo ap nella revisione di Boudreaux, VIII, 3, p. 1 52. In IV, pp. 1 34- 1 36, questa R.C. ha solo 35 l inee (34 l . in VI, loc. cit. ) . Nessuna introduzione, né conclusione, né attribuzione. Erroneamen­te, sembra, Boudreaux assegna questa R.C. a Tolomeo sulla base del cod. Neapolitanus I I C 33 (cfr. IV, p. 58). I l cod. contiene sì in 386v-387 tre estratti di Tolomeo designati come tali (due volte KÀ.auoiou poi toù aùtoù), ma il nostro opuscolo, che segue immediatamente il 3° estratto (fol 387v), porta un lemma speciale (daì OÈ Kaì ai m\rrwv P6tavec; ai auvepyoùat Katù t�v ìoiav aùtcòv cpua\V). Nulla indica che questo nuovo testo sia riportato a Tolomeo.

232 R.L. l = CCAG., VII, pp. 233-236. l . Questo opuscolo non reca attribuzione, ma nel cod. Erlangensis 89 da cui è tratto (fol 1 75v: cfr. VII, p 74), esso segue immediatamente due pezzi ermetici, uno sui 1 2 luoghi (cfr. supra, p. 1 40), l 'altro il brevissimo capitolo sulle piante dei 1 2 segni (supra, pp. 1 74-1 75). I l titolo è semplicemente: "Sulle piante dei 7 pianeti". Nessuna introduzione, ma conclusione di 7 linee, contando l 'opuscolo stesso di 92 linee. Questa è la forma distinta sotto il paragrafo aa nella revisione di Boudreaux, che la attribuisce ad Ermete Trismegisto (VIII, 3, 1 52). R.L. 2 = CCA G. , VIII, 3, pp. 1 59. 1 9- 1 65 . I O . Questo opuscolo viene dopo il trattato sul le 19 piante nel testo chiamato "di Tessalo (Arpocrazione)", almeno nel testo greco. Manca nella versione latina di Tessalo (VIII, 4). Questa 2' R. L. ha l 00 l inee. Né introduzione, né conclusione (la conclu­sione che segue VIII, 3, pp. 1 63 ss. è quella del testo "di Tessalo"). Nel Pa­risin. 2256 fol. 582 (cfr. VIII, 3, p. 22), sulla base del quale Boudreaux lo ha edito, i l titolo è : "Altre 7 piante attribuite agl i stessi pianeti". Ma questo stesso cod. , nell ' indice ( l ' mano), ha mù aùtoù (sci i . Ermete Trismegisto) e in margine al fol. 582 ( l • mano) l:n:pat toù aùtoù. Questo manoscritto lo attribuisce dunque a Trismegisto. Questa è la forma b della revisione di Boudreaux.

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L 'ermetismo e l 'astrologia 1 79

5) àì..xapavtoç (o craKxapavtov o cranaprovtov) GiovE = pianta da zucchero ( craKXapov ).

6) Ò.O'<p6òcMç SATURNO = asfodelo. Detta anche itpaKÀEta (silene). 7) KUv6cr�a·wç (o KUVo�aTTJ) LUNA = eglantina. La sequenza dei pianeti è la stessa in R.C. e R.L. l per i pianeti

1 -3 e 7. Quanto al resto, la sola differenza è che in R.L. l Saturno passa avanti a Marte e Giove (R.C. : Marte Giove Saturno, R.L. l : Saturno Marte Giove). In compenso, i l Sole restando sempre i n te­sta, la sequenza differisce interamente in R.L. 2: dopo i l Sole viene la Luna, secondo luminare, i cinque pianeti sono classificati in base alla loro distanza dalla terra, dal più distante al meno distante, ossia: Saturno, Giove, Marte, Venere, Mercurio.

Il testo delle tre recensioni è pressoché lo stesso (più breve in R.C.) e questo testo presenta, accanto a varianti dovute all 'uno o all'altro copista, corruzioni comuni, cosa che dimostra che l 'archeti­po era già corrotto. Dal confronto tra le tre recensioni della forma a (Sole ecc.) e di questa forma a con la forma � (Saturno ecc .) si può trarre, per la pianta e liaca, i l seguente significato233:

Pianta del Sole: la prolifica

Questa pianta ha ricevuto il suo nome a causa di alcune somiglianze con il Sole. Infatti, il Sole è l'archegeta e l' inseminatore di tutti gli esse­ri : questa pianta rende adatti a generare. Alcuni la chiamano camaleonte (XU!l!ll.A.Érov) in quanto ha ricevuto in sorte molte parti del Sole e della terra (xa11ai - Airov, il Leone essendo il domicilio del Sole)234• Bevuta in pozione, il suo succo eccita all'atto di generazione e ai piaceri dell'a­more. Portata in un amuleto con una preghiera a Dio, che ha dato sia al Sole sia alla pianta di possedere tale virtù235, scaccia ogni oftalmia: chi la porta non ne sarà mai colpito, perché il Sole ha ricevuto in sorte

233 Baso la mia traduzione sul testo di R.L. 2 (VIII, 3, p. 1 59.20) che è il più chiaro.

234 R.C. (IV, p. 1 34.27 = VI, p. 83. 1 8) hanno qui ÈK toù Kutà oùpavòv Kuì yi;v tà fliiÀu ÀEÀoyxÉvut. Questa lllÌÀU si comprende sole se la pianta si chiamava, come in Kyran. 34.23, xuflUlflT]Àov = camomil la. RL l e 2 hanno tcl flÉPTJ.

235 R.L. l ha: "portata in un amuleto con il nome del Sole": è la tradizione puramente pagana, più antica. R.C. ha solo: "portata in un amuleto". Il Mosquensis 4 1 5 (cfr. Pitra, Anal. sacr. , V, 2, p. 29 1 ) menziona anche la preghiera a Dio.

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1 80 La rivelazione di Ermete Trismegisto - L 'astrologia e le scienze occulte

il dominio sugli occhi236• <Esso domina anche il cuore>237: ecco perché se il Sole è retrogrado al momento in cui inizia la malattia238, la pianta ristabilisce i frenetici e i letargici, perché queste malattie provengono dal cuore. In un amuleto, guarisce meravigliosamente anche coloro che hanno la vista debole e, sotto forma di spalmature, quelli che stanno iniziando ad essere colpiti da [ . . . ]239•

La conclusione di R.L. l non è priva d' interesse240:

Che si sappia dunque che conviene raccogliere le piante di giorno e nell'ora del pianeta, in nome di (= pronunciando il nome di) questo astro24 1 ; e conviene scalzare la pianta, coglierla, e pregare che aiuti per il trattamento a cui si vuole applicarla242, nel modo prescritto riguar­do alla posizione di ciascun astro243, è tutto ciò che è necessario dire ancora in maniera di avere interamente successo. Che la luna sia pie-

236 rà eprom, R.L. l e 2. Letteralmente "luci", in modo che la scelta della parola possa alludere al fatto che, in questa sequenza planetaria che inizia con "Hì..toç, il Sole, che d'altronde domina sugli occhi, domina anche sugli astri. R. C. non ha "perché il Sole . . . " che sembra essere un'aggiunta posteriore, perché, secondo la dottrina egizia, Sole e Luna sono ciascuno al comando di uno dei due occhi.

237 Boli (VII, p. 233. 1 0 app. crit.) ha chiaramente visto che qui c'è bisogno di un'aggiunta come <KUptrutt òè Kai Kapòiuç>, almeno in R.L. l e 2, a cau­sa del òt6:n:ep e della spiegazione "perché queste malattie, ecc.": ma questa spiegazione manca in R.C., che ha solo: "in un amuleto, la radice scaccia le oftalmie e guarisce i frenetici. . . ". Il Sole è il padrone del cuore perché, nel cosiddetto ordine caldeo dei pianeti, si trova nel mezzo della serie ed è stato considerato il cuore del mondo (Kapòiu roù KOO'J.lOU), cfr. Cu�JONT, Théologie so/aire du paganisme romain (Mém. Ac. Inscr. , XII, 2, 1 909), p. 1 2 [458].

238 òt6:n:tp €àv àcpatptnKòç u:n:6.pxr1 ò "Hì..toç €:n:i riiç ytvÉcrtroç (VIII, 3 , p. 1 60.2): yévecrtç può difficilmente avere qui il significato, tecnico in astrologia, di "ge­nitura", oroscopo, poiché si tratta di una malattia, congiuntura accidentale. R.L. l ha semplicemente òt6:n:ep Èàv àvacpÉpT)mt KaKiòç, che è ambiguo. In ogni caso, il significato di questa osservazione astrologica mi è poco chiaro.

239 Kaì roùç év Kampxutç :n:ttpaçoJ.lÉVouç mìç u:n:oxucrtcrtV R.L . 2 (VIII, 3, p. 1 60.5): K. r. év K. :n:. r. à:n:oxucrecrt R.L. l (VII, p. 233. 13 ) e Mosqu. : K. r. Èv K. riòv u:n:oxl)crerov R.C . (IV, p. 135.4 = VI, p. 83.22), il che dovrebbe tradursi, sembra: "e quelli che iniziano a soffrire di cataratta (umori sugli occhi)". Se si osserva il testo in R.L. l e 2, il nome della malattia non è designato.

240 Cfr. VII, pp. 235. 33-236. 3. 24 1 eìç OVOJ.lU òè roù rotourou àcrrÉpoç. 242 Su questa prescrizione, cfr. infra, p. 1 89, e Vìvre et Penser, Il, 1 942, pp. 248

55. 243 :n:tpì évòç ÈKacrrou 6écreroç. Oppure: "riguardo alla deposizione di ciascuna

pianta"? Il significato mi rimane incerto.

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L 'ermetismo e l 'astrologia 1 8 1

na244• Quando devi estirpare l a pianta, getta come risarcimento, nella sede della radice, un chicco di grano o di orzo245•

�- La serie di Saturno ecc. appare in un manoscritto di Milano246 in cui l ' opuscolo è attribuito al re Alessandro. Ugualmente in alcuni manoscritti latini e nel Secretum secretorum dello pseudo-Alberto Magno. Le piante sono identiche a quelle della prima forma. Tra­duco qui il breve frammento, il solo edito, sulla pianta del Sole, che viene al secondo posto, dopo quella di Saturno: si giudicheranno così le differenze con le recensioni precedenti.

La seconda pianta, quella del Sole, è la prolifica247• Ha ricevuto il suo nome per il fatto che il Sole è considerato l' archegeta di tutti gli esseri. Alcuni l'hanno chiamata camaleonte, essendo il Leone il domi­cilio del Sole. Bevuta in pozioni, guarisce i mali al petto e allo stoma­co, poiché questo segno ha ricevuto in sorte queste parti. Questa pianta agisce anche, in virtù della simpatia ( <ruj.11ta9&ç), per via del suo nome. Bevuto in pozione, il suo succo rende più adatti a generare ed eccita ai piaceri dell'amore. Portata in un amuleto, la sua radice sbarazza dalle oftalmie e, se lo si porta prima di esserne colpiti, si è preservati per sempre. In amuleto, è adatta anche per i frenetici e i letargici, perché il Sole ha ricevuto in sorte la regione del cuore248• Inoltre, facilita la respirazione nei casi di polmonite, almeno all'inizio della malattia249 [ . . . ] . Agisce anche per il flusso delle mestruazioni se il succo viene somministrato in pozione250•

b) Tipo Ktxroptov Sole - cpMj.loç Mercurio. Questo tipo è quello del secondo trattato del testo "di Tessalo"

che, nella traduzione latina25 1 , viene immediatamente dopo l 'opu-

244 Cfr. Vìvre et Penser, II, 1 942, p. 248 e n. 27, 28 245 Cfr. Rev. Bibl. , XLIII ( 1 939), p. 68, n. 6. 246 Medio/an. 23, fol. 250, cfr. CCAG., III, p. 1 5 . Frammento edito ivi, IV, p. 135

(n. l della p . 1 34). Sul l 'attribuzione ad Alessandro, cfr. supra, p. 1 68 n . 1 85. 247 Qui 1toMyovoç: 1toMyovov negli altri testi. 248 Cfr. supra, p. 1 80 n. 237. Si trova qui la stessa sequenza: Sole comandante (a)

gli occhi, (b) il cuore. 249 wç t1tÌ tÒlV yevécreoov (non sono sicuro del significato). Segue una frase total­

mente corrotta. 250 Segnaliamo che Agrippa di Nettesheim che prende a prestito dal Secretum

questa lista di piante della serie di Saturno, ecc., la mette sotto il patronato di Ermete: H ermes, quem sequitur Albertus, cfr. P. W., XIX, 1 45 1 .34 ss.

251 CCAG., VIII, 4, pp. 259.30-260.29 (solo estratti).

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scolo sulle piante dei dodici segni . È quindi considerato come facen­te parte della rivelazione di Asclepio a Tessalo. Invece, nel Parisin. 2256252, questo trattato è pubblicato separatamente253 e specifica­mente attribuito ad Ermete: "Di Ermete Trismegisto ad Asclepio: sulle piante dei 7 pianeti". La sequenza di pianeti è la stessa di R.L. 2 del primo tipo. Quanto ai nomi delle piante, sono tutti diversi. Si ha infatti 254:

l ) KtXffiptov SoLE = cichorea (quae et girasol dicitur) = cicoria. 2) àyì..a6<paVTOV LuNA = glycyside (quae et paeonia appellatur)

= peonia. 3) àEiçwov SATURNO = semperviva = semprevivo. 4) EÙ7ta't'6ptov GIOVE = eupatorium = eupatorio. 5 ) 7tEUKÉÒavoç MARTE = peucedanum = peucedano. 6) 7tavaKEta VENERE = panacea (callitrichos) = panacea (o capel­

venere). 7) <pÀO)lOç MERCURIO = taxus verbascus = tassobarbasso o ver­

basco. Essendo differenti i nomi delle piante, ci si sarebbe potuti aspettare

che il testo fosse altrettanto diverso da quello del primo tipo. In realtà, questi cambiamenti non si spingono molto in là, e per una buona ra­gione. Poiché l'agente principale, nel rimedio è l 'astro da cui dipende la pianta e siccome questo astro ha attribuzioni relativamente fisse sia per la parte del corpo su cui agisce sia per quanto riguarda le influenze che produce, è in qualche modo inevitabile che i paragrafi relativi a ciascun pianeta riproducano approssimativamente le indicazioni che già conosciamo. Lo si apprezzerà leggendo la traduzione del para­grafo sulla pianta eliaca: vi aggiungerò il pezzo sulla pianta lunare in considerazione dell'opuscolo sulla peonia che si troverà più avanti.

Pianta del Sole: cicoria. La prima pianta è la pianta del sole, chia­mata cicoria. Mescolata all' olio di rosa, il suo succo compone un un­guento. Questo succo è adatto ai sofferenti di mal di cuore255 e li libera

252 Fol. 580: edito VIII, 3, pp. 1 53 . 1 - 1 59. 1 8. 253 E anche prima dell'estratto prelevato da Tessalo, cfr. VIII, 3 , p. 22. 254 Dopo il nome greco di ogni pianta e i l pianeta corrispondente, indico il nome

latino dato nella trad. latina. 255 Si noti che in questa recensione, non è una questione di occhi, ma solo del

cuore: questo si accorda con il carattere astrale (basato su teorie astronomi­che), vale a dire dotto, che si osserva in questa serie.

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L 'ermetismo e l 'astrologia 1 83

dai loro mali, interrompe le febbri terzane e quartane e, mescolato con olio crudo secondo la stessa ricetta, blocca le cefalee. Se un uomo, volto verso Oriente, se ne spalma il viso invocando il Sole e pregan­dolo di dargli la grazia, quel giorno sarà in favore tra tutti. Si prepara con la radice una pozione per i cardiopatici, i dispeptici il cui stomaco è malato e non accetta il cibo, e per coloro che accettano il cibo ma non lo digeriscono: spiga di grano, 8 dracme; croco, 2 dr. ; miele del Ponto, 14 dr. ; fiore di lentisco, 6 dr. ; radice di cicoria, 24 dr. Tritura in un mortaio con il miele più vecchio possibile, prepara pillole di circa una dracma e dai la dose di una pillola, ai cardiopatici nell'acqua, ai dispeptici nel vino migliore possibile.

Ed ecco finalmente i l capitoletto sulla peonia che offre un certo interesse perché è interamente costruito in modo tale da sviluppare la stessa idea: la peonia cresce e decresce come la luna stessa, e le sue virtù, in questi due stati, corrispondono al doppio potere della luna a seconda che si muova verso la pienezza o se ne allontani . La natura astrale di questa farmacopea botanica si mostra ancor meglio allo scoperto256•

Pianta della Luna: peonia. Questa pianta, che cresce principalmente in Arabia257, subisce gli stessi cambiamenti della Luna. Infatti, quan­do la Luna cresce, cresce anch'essa, quando la Luna diminuisce, essa diminuisce. È anche allora che è più utile. Infatti se, con il succo di questa pianta mescolato con olio di rosa, si ungono i malati affetti da febbre terzana o quartana, si liberano dal male258• Se un uomo è posse­duto da un qualche demone, gli si faccia una fumigazione della radice e il demone fuggirà immediatamente. Al contrario, se, a questi stessi malati, è applicato un amuleto di questa pianta, o se gli si una fumi­gazione, mentre la pianta cresce, la malattia aumenterà. Se, in mare, durante una tempesta, si fa una fumigazione della radice, si fermerà la tempesta259• Dalla radice della pianta nei suoi due stati, crescente e de­crescente, si prepara un impiastro che ha la medesima virtù e opera allo

256 Essendo stata integralmente edita la versione latina del capitolo sulla peonia (VIII 4, pp. 260- 1 - 1 8 : per le altre piante, ci sono solo estratti), ho indicato le varianti di questa versione.

257 "In Siria e in Arabia" v. lat. 258 V. lat. aggiunge: "Se un epi lettico porta al collo (in un amuleto) la rad ice della

pianta, guarisce". 259 Manca in v. lat.

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stesso grado260 dell' impiastro di aristolochia sarmentosa26 1 , l ' impiastro della radice della pianta in decrescenza essendo efficace per le scrofole, orecchioni e tutti i tumori superficiali ed escrescenze della carne, l' im­piastro della radice della pianta in fase di crescita per riempire coloro che ne hanno carenza262• Tu, quindi, come uomo di intelligenza, puoi comprendere che tutti i mali fisici degli uomini possono essere, con questa pianta, aumentati o diminuiti.

c) Tipo XPUcr<iyKa8ov Giove - àyÀao<pomç263 Luna. Questo tipo è quello del testo "di Salomone"264 dove appare, a se­

guito del l 'opuscolo sulle piante dei dodici segni, dopo un intervallo di tre righe nel manoscritto. L'elenco delle piante è preceduto da una breve introduzione265:

Ecco ancora le piante dei sette pianeti, o coscienziosissimo Roboa­mo. Quando vorrai coglierle, coglile nell'ora in cui domina il pianeta che è allora entrato in lizza266, al momento giusto. Di' bene le invoca­zioni nominali (òvojlacriaç) e le preghiere, e opererai con queste piante in un modo meraviglioso: ma non è lecito rivelarlo a nessun uomo267•

Le piante differiscono sia dal tipo Sole-1toMyovov sia dal tipo So­le-cicoria268 e anche la sequenza planetaria è diversa. Qui si ha infatti :

260 �a91lÒJV. Cfr. I Tm., III, 1 3, oi yàp KaÀ.àlç ÒtaKovi)cravn:ç �a91lÒV eauwtç KaÀ.ÒV 7tEpl1tolOÙV1:Ql.

261 V. lat. aggiunge: "come abbiamo detto sopra": cfr. VIII, 3, 1 50.4 ss. 262 npòç ri]v rò.Jv À.Em6vrwv àvanÀ.i)pwmv (VIII, 3, p. 1 54. 1 8). È sempre lo stesso

principio: la luna crescente, quindi la pianta in crescita, aumenta (la forza, la corporatura, ecc.). In luogo di questa frase, si legge nella v. lat. : "l Siriani di­cono il vero: se vuoi fare un impiastro adatto alla maturazione (maturativum: è in questo modo che bisogna leggere secondo alcuni Mss. latini sconosciuti a Cumont quando pubblicò il testo del codice Montepessul. che dà mai'atm, don­de la congettura mathematicum (= "astrologico") di Cumont) e per dissolvere gli ascessi (apata cod., apostemata Cumont), devi raccogliere la pianta quan­do la Luna cresce, ma se vuoi fortificare, ridurre (un tumore) e mondificare, raccogli quando la luna decresce". Il testo non è chiaro e deve essere corrotto.

263 Il manoscritto (Monac. 70, fol. 252 s., cfr. CCA G. , VII, pp. 3-5) reca yÀ.ao<po:rrrJ, corruzione di àyÀ.ao<pò.Jrtç.

264 Edito CCAG., VIII, 2, pp. 1 62. 1 9- 165. 24. 265 VIII, 2, p. 1 62. 1 9-23. 266 ò Ka9€Ìç nÀ.avi)TI]ç: per questo significato di Ka9illlll, cfr. LIDDELL-Scorr­

JoNES, S. V. J, 2. 267 Luogo comune di regola in tutte le scienze occulte. 268 Tranne che per la pianta lunare.

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L 'ermetismo e l 'astrologia

l ) XPUcrayKa8ov 2) 7tEv-racri'tT)ç 3 ) iJì..to-rp6mov 4) TJÀlOcrK07tOç 5) craruptov 6) 7tEV'taOUKTUÀOV 7) àyÀaO<pòmç (7tatrovia)

GIOVE = ? MARTE = ? SATURNO = eliotropio.

1 85

SoLE = euforbia (?) o girasole (?) VENERE = satirione. MERCURIO = cinquefoglia. LUNA = peonia.

Si è già potuto osservare che il testo "di Tessalo" era più incline alla magia delle recensioni del primo tipo. Qui la magia trabocca. Non è più una questione di terapeutica, di ricette che presentano ancora un certo carattere di ragione269: tutto consiste in amuleti e scongiuri. L'obiettivo a cui si mira non è più di competenza della medicina: è la scoperta di un tesoro, i l mezzo per riuscire nel mondo, per trovarvi il favore con i potenti, per avere successo negli affari, per arricchirsi economicamente o per rovinare un nemico, per tra­sformare un vile metallo in oro puro. Questi indizi lasciano pensare che il nostro testo appartenga a una tradizione più recente, più di­stante dalle origini mediche dell 'erboristeria. Oppure, poiché può concepirsi anche questa ipotesi, si ammetterà che, fin dal l ' inizio, sono esistite nell'Egitto greco-romano due scuole rivali di erboristi, una più attaccata alla farmacopea propriamente detta, l 'altra rivolta interamente alla magia. È l ' interesse di questi trattatelli che ci fan­no entrare nel vivo di una società infinitamente complessa, dove, accanto a medici seri, si incontravano ciarlatani che, per pochi obo­li , promettevano un Eldorado. In ogni caso, la l ingua del testo "di Salomone", nella forma in cui la leggiamo oggi, denota uno stato del greco più avanzato, più popolare, più vicino al greco popolare moderno, rispetto a quello di altri opuscol i .

Qui traduco i capitoli relativi alla pianta eliaca270 e alla pianta lunare27 1 •

269 Perché è ragionevole, tutto sommato, ricorrere alla virtù dei semplici: la me­dicina se n'è a lungo servita.

270 VIII, 2, p. 1 63 . 3 1 - 1 64. 8. 27 1 VIII, 2, p. 1 65. 6-22.

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1 86 La rivelazione di Ermete Trismegisto - L 'astrologia e le scienze occulte

La pianta del Sole è chiamata elioscopo, tra gli Italiani girasole (rçtpao6AE!J.). Infatti essa inclina la testa dal lato dove si trova i l Sole, da qui il suo nome. Cogli questa pianta nell 'ora in cui il Sole domina, dicendo le preghiere, metti i fiori e il frutto in una pelle d'aquila e porta su di te. Ovunque ci sia un tesoro, sarà scoperto all ' istante, in un batter d'occhio272• Vedrai l 'oro o l'argento lì, e immediatamente la terra si chiuderà di nuovo. Tu, avendo marcato il posto con un segno, scava e troverai ciò che hai visto. Macina le foglie273 e mescolale con l' estratto di rosa al miele, ungine il tuo volto ed esci: tutti allora, anche i più sel­vaggi e i briganti, ti saluteranno e ti onoreranno come un dio. Porta la radice avvolta in una pelle di un asino: addolcirai i padroni irritati274 e i re. Se avvolgi la radice in una pelle di foca275 e la porti, i re, i capi e i grandi di questo mondo276 ti ammireranno e ti avranno in onore. Questa pianta possiede queste virtù senza che nulla ne arresti l 'efficacia.

La pianta della luna è la peonia: tra gli Italiani è detta lunaria (lu­naria). Coglila nell'ora della Luna dicendo la preghiera e le invoca­zioni degli angeli, delle ore, del mese, del vento e del segno che è il domicilio della Luna, ossia il Cancro. Questa pianta ha le seguenti grazie: se ne porti la testa con una cresta di gallo, tutti gli affari a cui ottempererai si faranno il più rapidamente possibile e in tutte le tue spedizioni la strada ti sarà buona. Procura del guadagno ai mercanti in qualsiasi affare. Se prendi delle sue foglie (o "petali") bagnate di rugiada277 e, mentre la Luna sta crescendo, se le mescoli con pezzi d'oro o d'argento o di altra moneta coniata e porti questi pezzi in tutti gli affari che farai al mercato, la tua borsa si gonfierà in breve tempo e diventerai il padrone di una grande fortuna. Al contrario, se, dopo aver cotto queste foglie, le mescoli ai soldi del tuo nemico, questi soldi svaniranno. Allo stesso modo, se dai a un uomo queste stesse foglie, tutto gli riuscirà. Se le mangia, di nuovo queste foglie bagna­te di rugiada278 gli daranno un avanzamento. Se getti il gambo della pianta o la sua radice in un metallo qualunque in una fonderia e operi

272 roe; ÉV f'ntft Ò<p8aÀ.jlOÙ, cfr. l C or. , xv, 52; ÉV Ù'tÒjlCfl, f:v f'mft Ò<p8UÀ.jlOÙ. 273 O i petali ( q>UÀ.À.a). 274 8ujlrojlÉvouç aù8f:vmç. Cfr. il 8UjlOKà'toxov infra, n. 276 e, per aù8f:vmç,

PGM Xlll, 258 aù8ÉV'ta "HÀ.tE, l T m. , II, 1 2 yuvatKÌ OÙK ÉmtpÉnro aù8EVtEÌv àvop6ç.

275 Cfr. infra, p. 1 88 e Vivre et Penser, II, 1 942, p. 256 n. 30. 276 jlEyt<nàveç. Cfr. PGM, XIII, 250-252 eujloKàmxov. npòç �acnÀ.Éa iì

jlEytcnàva, e, su questo termine, Cu�IO_'IT, Ég. d. astr. , pp. 34 ss., 42, n. 3 . 277 O "tenere" (opocrepà). Lo stesso, n . 278. 278 Cfr. n. 277.

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L 'ermetismo e l 'astrologia 1 87

la fusione, troverai il metallo divenuto come oro puro, tutto brillante e genuino279• Questa pianta ha ancora molte altre grazie e virtù.

È probabile, come si è notato280, che queste sorte di epitomi sul­le piante corrispondenti ai sette pianeti non facciano che riassume­re esposizioni più complete. Ciò sembra indicare l'esistenza di un opuscolo sulla peonia che si incontra, nei nostri manoscritti astro­logici, in forme assai diverse. Un primo testo appare in una doppia recensione: breve nel Vaticanus 952281 , lunga nel Parisinus 24 19282• Questo testo, antico nella sostanza, offre nella sua redazione attuale termini del greco popolare bizantino e testimonia influenze ebrai­che, o anche, nel caso del Parisinus, cristiane. Deriva certamente da un'opera ermetica: lo comprova l 'esplicita allusione a Ermete e al l ibro ermetico chiamato Arcaico, menzionato anche nelle Kyra­nides, nonché il confronto con queste stesse Kyranides. Una secon­da versione, senza rapporti con la precedente né con l 'ermetismo, è fornita dal Matritensis 46 1 6283 • È un estratto composito nel quale sono inserite, accanto a un frammento di Dioscoride284 e due frasi delle Kyranides285, nozioni di medicina popolare la cui natura più o meno magica ricorda i l primo opuscolo, ma senza relazioni con l 'astrologia. Contenuto e forma denotano uno stato più antico del testo286• Ci sono tracce di giudaismo287, ma non di cristianesimo. In-

279 Cfr. Alch. Gr. , p. 1 60. 6 ss. : nvèç �ouÀ.ovmt oeu-repov Kaì -rphov tv 'tft irocret �aÀ.Eìv �o-ravaç, liv9oç àvayaÀ.À.iooç Kaì pà (rabarbaro) Kaì -rà Ollota· Kaì KpÒKOV nvÈç J(pWV'tal KUÌ piçav llUVOpay6pou ri)v 'tÙ crq>atpia EXOUO"UV (per la costruzione con l' accusativo, cfr. MouLTON-MILLIGAN, s. v. J(p<iollat). èyw OÈ npocr9t')croo on xoopìç aùniç oùotv �U7t'tE'tal" KUÌ 'tUU't]l 7tUV'ta crullitoihat tv 'tij irocret llE'tà KÒilllf:ooç.

280 A. DELATTE, Herbarius2, p. 1 9. 28 l Fol. 1 62, cfr. CCAG., V, 4, p. 9. Edito iv i, VIII, 2, pp. 1 67- 1 7 1 . Stesso testo nel

Bononiensis 3632, fol. 355v, cfr. CCAG. , IV, p. 45, DELATTE, Anecdota Graeca (Paris 1 927), p. 598, Herbarius2, p. 1 9, n. 3 .

282 Fol. 1 45, cfr. CCAG., VIII , l , p. 47. Edito ivi, pp. 1 87- 1 93. 283 Fol. 1 59, cfr. CCAG., Xl, 2, p. 70. Edito ivi, pp. 1 64- 166. Questo capitolo fa

parte di un nepì ouvallf:ooç anÀ.iòv q>Upf!aKoov attribuito a Dioscoride (fol. 1 32-1 75) che sembra composto da estratti di Galeno (nepi Kpacreooç Kaì ouvallf:ooç -riòv anÀ.iòv q>aplléiKoov) e di Dioscoride (o dello Pseudo-Dioscoride).

284 Xl, 2, p. 1 65. 1 1 -30. 285 lvi, p. 1 66. 25-28. 286 Cfr. l' invocazione alla pianta, p. 1 66. 6-7. 287 lao, p. 1 66. 24.

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fine, . una terza versione, più chiaramente cristianizzata, si legge in un manoscritto di Venezia e, parallelamente, in un manoscritto di Leningrado288•

Ho qui tradotto la prima versione di questo opuscolo sulla peonia, sulla base delle due recensioni del Vaticanus e del Parisinus289•

Sulla pianta chiamata peonia

Sulla peonia, chiamata gliciside o alfonia

La peonia è così denominata perché è Peone che l'ha trovata <alcuni la chiamano anche rçT]ptr&v>. È detta "consacrata" nel libro precedente intitolato Arcaico. Ecco la ricetta. Al declino della Luna, mettiti in cerca della peonia. Che sia posta in un luogo ben scoperto e visibile da tutte le parti. Potrai operare quando il Sole sarà entrato nel segno della Vergine. La peonia cresce principalmente nella regione del Monte Emo e delle montagne di Taormina, dalle parti di Babilonia la Grande, nella Tracia, aldilà di Gadara, sulle rive del golfo egeo. Cresce ancora in altre con­trade, ma non ha tanta virtù come in queste a causa della posizione del luogo, della sorte dei segni zodiacali e degli effluvi degli astri. Potrai operare in questo modo.

Poiché è necessario, come abbiamo detto, che questa pianta sacra sia posta all'aperto, avendo preso un seme di peonia chiusa e un altro proveniente dal frutto aperto e dopo averli avvolti in sette foglie della stessa pianta, essendo in stato di purezza interrali in un luogo elevato, là dove vuoi. E quando sarà cresciuta e la sera sarà arrivata, la si troverà. Proteggila da rovesci, venti e disturbi dell'aria. E così, nel giorno della Luna, all' inizio della prima ora, cioè nell'ora in cui la Luna è nel suo declino, il Sole essendo nella Vergine, prima del sorgere del Sole, esci dalla tua casa in uno stato di purezza, avendo, già pronta, una pelle di foca che sarà stata consacrata anch'essa al momento della dissezione dell'animale, come ti è già stato detto in quel libro sacro, nel capitolo Sulle dissezioni. Scrivi questi segni sulla pelle e attaccale della seta grezza autentica attorno alla radice della pianta. Questo è ciò che devi scrivere [Segni magici]. Mentre attacchi la pelle, recita anche questa preghiera: "Benedetto il Dio del cielo e della terra, benedetto e glorifi­cato il tuo nome primordiale. Tutta la natura ti loda, la forza immanen­te in te de Il ' intero universo ti glorifica. Perché tu sei l 'unico perfetto, senza inizio, invisibile, inaccessibile, inalterabile, incircoscritto, intan-

288 CCAG. , Xll , pp. l l 7- l l 9. 289 Traduzione già apparsa in Vivre et Penser II, 1 942, pp. 246 ss. con un lungo

commento.

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gibile, eterno, imperscrutabile, insondabile, incomprensibile, principio e fine, Alpha, Adonai, Sabaoth, Semimephoraz, Gheseraghe, Amnoia, lana, Sadae. Sei tu che dai povertà e ricchezza, che abbassi o elevi, che correggi e guarisci, che fai morire e apporti la vita. < . . . >. Tu, dunque, Signore delle Potenze, getta uno sguardo dall'alto della tua santa casa e dal trono della tua gloria, accordami, tuo schiavo, questo favore <af­finché questa pianta divenga utile contro ogni veleno, contro la febbre quotidiana, terzana, quartana, in breve, ogni tipo di febbre che esiste, contro i malefici degli uomini, per servire da incantesimo di vittoria contro qualsiasi padrone e qualsiasi padrona, e contro ogni sorta di malocchio, d'influenza maligna e di macchinazione. Fa ' che io sia in grazia per questa pianta sacra e che mi si ascolti favorevolmente: e che, ogni volta che toccherò questa pianta, attiri a me ciò che mi piace, e che chiunque prenderà un rimedio fatto da questa pianta sia immu­nizzato contro le affezioni del torace, del petto, del fegato, della milza e riguardo a quelle delle regioni del basso ventre e dei reni, e contro il vento, l 'ombra, l 'emicrania, la gotta, l 'artrite, e contro ogni perdizione della vigna, del campo, del giardino o del parco, contro ogni nemico che entra in una casa, o per recuperare la parola, per saltare d'un balzo gli ostacoli, per ritrovare la memoria, per l 'evacuazione regolare delle mestruazioni. In qualunque luogo io vada per terra o per mare con questa pianta per un qualsiasi affare, che, grazie a essa, la strada mi sia buona e facile, che mi rechi al mercato o a una vendita o in un qualsiasi altro posto. E, proprio come la magnetite possiede a causa di Dio una grazia, che attira a sé il ferro e non lo lascia più, che così attiri parimenti tutti a me, uomini e donne, per mezzo di questa pianta, che tutti accorrano verso di me come a un dio con doni. Che con il favore dello Spirito Santo, grazie a questa pianta, dove entrano i ladri, siano accecati e non vedano più il loro cammino. Che questa pianta sia di aiuto sia per il concepimento sia per prevenire il concepimento. In qualunque rimedio la applichi, in impiastri o in linimenti, che puri­

fichi, cicatrizzi e conduca alla completa guarigione. Che questa pianta aiuti nel parto. Che sia utile per il viaggio. Che serva da indicatore per riconoscere la buona strada. Che assista nel combattimento e in tutti i pericoli delle acque, nelle spedizioni a cavallo e nei precipizz>. In breve, che questa pianta sia utile in alcuni trattamenti e pratiche che io impiego, perché il tuo nome è benedetto e glorificato nei secoli. Amen".

Poi, in lingua caldaica, siriaca e persiana, queste parole. [Nomi bar­bari] . "Amen, amen, amen, sempre".

Poi, di nuovo questa preghiera: "Dio assiso sui Cherubini, metti in moto il tuo potere e vieni a salvarci". La prima preghiera, dilla sette volte <rivolto verso l 'Oriente> ; ma questa preghiera caldea e siriaca, solo una volta.

Avendo così operato, torna in questo luogo per sette giorni per vedere se tutto è in buon ordine. Ogni giorno, andando via, recita le preghiere

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prima del sorgere del sole. Ordunque, il giorno successivo, vale a dire il secondo giorno, dopo aver lasciato la tua casa alla prima ora portando con te una ceramite non ancora usata, di virtù riconosciuta e ben sperimenta­ta, e anche una siderite e una berillite, fumiga la pianta, in cerchio, pro­nunciando le due preghiere. Poi, avendola scalzata in cerchio, estirpala con attenzione, maneggiala con destrezza come ti diremo, e ti troverai a possederla divenuta consacrata. In effetti, quando l 'avrai divisa per parti, ossia la radice, i rami, le foglie e i frutti, i semi chiusi e i semi aperti, vedrai che questi parti hanno più virtù che tutte le specie menzionate in precedenza. Questa pianta sacra, si dice, Dio l'ha rivelata ad Ermete Trismegisto per i mortali come un rimedio lenitivo per i dolori e utile all'esistenza, così come è stato registrato nei libri sacri dell'Egitto.

Colui che possiede qualche parte della radice, se v' iscrive i nomi ineffabili di Dio Altissimo [segni magici], non dovrà temere i dèmoni; inoltre, in questo caso, i malefici non trovano posto negli uomini. Se v'iscrive i seguenti segni e la porta [segni magici], non dovrà temere il veleno né alcun altro male. Infatti respingerà lontano da sé febbre ter­zana, quartana e quotidiana, in breve, ogni specie di febbre, respingerà il malocchio, l ' influenza maligna e la macchinazione, questa pianta metterà il portatore in grazia presso tutti e gliene otterrà l 'udienza. Se qualcuno soffre di epilessia e tu porti appesa al tuo collo questa radi­ce, lo guarirai contro tutte le probabilità. Se qualcuno è posseduto dal dèmone, fa' una fumigazione con una briciola o un pezzettino di questa radice, e scaccerai il dèmone: questa qui è un'operazione divina.

Dopo questo paragrafo, i due testi sono troppo divergenti per po­terne completare uno con l'altro. Li traduco perciò successivamente, iniziando con il Vat. 952.

Vat. 952 ( VIII 2, 1 70.2 ss. )

Se, dopo aver preso una piccola radichetta della pianta e averla tritata nel giorno e nell'ora di Venere, la agiti e fai bere a una coppia in cui l'uo­mo e la donna si odiano reciprocamente, si ameranno immediatamente. Chiunque pone la radice della pianta sul suo cuscino non avrà un brutto sogno. Chiunque la possiede ha in essa un buon rimedio per la milza. Nella casa dove ne è stata messa, non entra né dèmone né influenza ma­gica. Chiunque sia stato avvelenato e la beve non subisce alcun danno. Il seme assorbito con miele di buona qualità è buono per tutto il corpo e allo stesso modo per

' il bestiame. La donna che mangia la radice della pianta

ha molto latte. È un buon rimedio contro il morso dei serpenti. Colui che è posseduto dal dèmone e la mangia è guarito. Quando un uomo è preso dalla follia e ha fatto una fumigazione di questa pianta, è guarito.

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Alla nascita d i un bambino, triturane l a radice, mescolala con il latte ed essa porta buona fortuna alle mammelle. Colui che ne porta la radice e la foglia distrugge le influenze magiche se iscrive questi nomi ineffabili di Dio sovrano padrone di tutte le cose [segni magici] oltre ad Alpha, Adonai, Eloi, Sabaoth. Colui che ne ha respirato il fumo e che ne porta la radice, la foglia e il seme non sarà morso dai serpenti. In più, è preferibile a qualsiasi altra pianta contro ogni opera malefica, quando s'iscrivono i nomi indicati nel giorno e nell'ora del Sole.

Cap. Il. Sul concepimento

Prendi del seme chiuso della detta pianta e, dopo averlo avvolto in una pezza di vera seta, dallo da portare alla donna nella regione del bas­so ventre, e lei conserverà il seme. È necessario iscrivere sulla pianta i caratteri scritti sopra nell'ora del Sole.

Cap. III. Su un .filatterio molto potente

Dopo aver preso la radice della peonia nel giorno e ne li' ora del Sole, iscritto con un coltello ghermai' (?) questi caratteri, poi sospendi al più alto degli alberi. È un incantesimo di fertilità che, dall'alto, veglia sulle vigne, i campi, i giardini e li protegge contro ogni male. Ecco cosa devi scrivere [Segni magici].

Paris. 2419 ( VI11 1, 191. 13 ss. )

(Per un filtro)

Avendo preso una piccola radichetta della pianta, del tourakison e del satyrion nella dose in cui si prende senza una prescrizione, e dell' in­censo maschio, tieni tutto ciò da te. Poi dopo aver preso un frammento di vaso, incidi sopra, con un ago d'oro alla terza ora della notte, l 'a­mante e l' amata che si baciano e si abbracciano. Quindi, avendo così preso questi ritratti, fumigali con le piante suddette e allo stesso tempo di' : "Salvatori de li' amore, fate apparire innanzi a me colei che amo". E immediatamente la faranno apparire che bussa alla tua porta e che dice: "Apri, aprimi". Non ripetere questo mistero a nessuno. Ti ho trasmesso la forza magica, in modo che tu conosca il talento che possiedo. Tutta­via, astieniti dalla compagnia delle donne: sono piene di sudiciume (rò o.ÌcrXP6v), specialmente nel periodo delle regole.

Dal succo della pianta si prepara un rimedio tale che, una volta be­vuto, cura tutte le affezioni interne che nascono nella regione del to­race, del petto, delle due parti cioè il fegato e la milza, e nella regione dell'ombelico, del basso ventre, dell' ipogastrio e dei reni: in breve, è

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un filatterio potentissimo. Ecco la ricetta: succo di peonia, l oncia; suc­co di potamogeton, l oncia; styrax calamitus, 5; radice di teogone, l . Dopo aver polverizzato questi materiali, i secchi con gli umidi, metti in un vaso di vetro; e quando sarà necessario, danne da bere tre esagi con vino. Mentre il paziente sta bevendo, leggi la preghiera sette volte, la preghiera caldea una volta, e il paziente è guarito.

Si fa anche con la radice un filatt�rio per la guardia di vigneti, campi e giardini. Iscrivi sulla radice, con un coltello kermai" (?), i segni se­guenti [segni magici], e appendi al più alto degli alberi in modo che, dall'alto, vegli sui vigneti, i campi o i giardini . Se lo fai, non ci saranno danni né per la grandine, né per il gelo, né per la pioggia torrenziale né per la tempesta. In più questo filatterio respingerà qualsiasi bestia o serpente dannosi, come bruco, cavalletta, brachos (?), muffa, palchos, bouchos, pélocham (?) che distrugge i legumi e i frutti delle piante, e il choumenos che passa la notte vicino alle radici degli alberi e le mangia, e il choun che distrugge le viti di notte.

(Sui ladri). Se iscrivi su un'altra radichetta "toméri, phatnéri" e l 'ap­pendi dietro la porta di casa, respingerai da questa casa tutti i mali, renderai questa casa felice e fortunata.

(Sulla sparizione della voce). Se qualcuno soffre di una sparizione di voce e non parla più, fagli una fumigazione con questa radice dicendo "phrièl" e lo guarirai.

(Sull 'amnesia). Se qualcuno soffre di amnesia, che mastichi un po' di questa radice, e mentre sta bevendo il succo, di' questo nome: "Raphael"; gli rimetterai la mente perfettamente in sesto.

(Sulla menopausa). Se una donna soffre di menopausa, dalle da bere del succo di radice, un'oncia. Che si dicano anche queste parole: "apha, rhama, nal, alla, phaza, tamana" e tu la guarirai. Avrà infatti un flusso abbondante. Fermerai il flusso se le dai da bere un altro succo senza pronunciare una parola.

Dopo aver preso dei ramoscelli della pianta, scrivi: "ghenemptri gar­gar". Porta questo in modo che, a qualunque affare tu ti rechi, la strada ti sia buona e facile, e che tu riceva onori ovunque tu andrai, e che gli uomini accorrano verso te come a un dio. Se qualcuno incide sulle foglie queste pa­role "arkeu, ili" e le piazza sulla soglia della porta dalla quale i ladri entrano in casa, saranno accecati e non vedranno più la loro strada.

Il frutto della peonia è efficace per il concepimento e per prevenire il concepimento [stesso testo del Vat. 952, cap. Il. Poi:] Questo rimedio fa figliare le sterili e rende sterile colei che ha figli. Dopo aver preso un seme proveniente dal frutto aperto e averlo avvolto in una pelle di foca consacrata, attaccalo al basso ventre, per i successivi tre cicli lunari al declino della Luna: in questo modo la donna sarà senza frutto. Bisogna anche iscrivere sulla pelle questi segni [segni magici] . Se vuoi sperimen­tare questo rimedio, opera su un animale o un uccello, e non partorirà.

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Con i semi si prepara un impiastro che espelle l 'angina, purifica le piaghe purulente e difficili da cicatrizzarsi e ripristina i tessuti. Ecco la ricetta: semi di peonia, l litro; succo dei ramoscelli, l oncia; succo di salvia, 2 once; radice di memakham, 2 once; cera, l oncia; grasso d'oca, l oncia; terebinto, l oncia. Avendo fatto questa miscela, tienila a casa; e quando sorge la necessità, la si applica. Quando fai la miscela, pronWlcia queste parole: "aò, iò, iòn, élòi, oicham, chiak, zampri, ripha, cham".

Se una donna durante il parto soffre di dolori violenti e vi è pericolo, prendi un seme aperto dalla pianta, mettilo nell'olio e, con questo olio, fa un Wlzrone sui lombi e il basso ventre e partorirà senza difficoltà. Durante questa operazione, sii consacrato.

Che nessuno conosca questi rimedi, né li si dia a chiunque altro tran­ne tuo figlio, ma tienili in segreto come un tesoro.

D. Piante e pietre delle XV stelle fisse

Un curioso opuscolo recentemente pubblicato da Louis Delatte290 permette di completare questi elenchi di piante in rapporto con gli astri. Abbiamo visto piante decaniche, zodiacali e planetarie. Ora passiamo alle piante collegate alle stelle fisse, almeno a quindici di esse. Prima di determinare la natura e l 'origine di questo catalogo, diciamo come si presenta291 .

L'opera appare come la traduzione latina di un testo arabo di Ma­shalla292, un astrologo arabo del l'VIII secolo293, che utilizza o pretende di utilizzare un trattato di Ermete. Dopo un preambolo (24 1 .4-242. 1 7) dove decora "Ermete Abhaydimon" (Delatte congettura Aya8òç oai-

290 L. DELAlTE, Textes latins, pp. 237 ss. "Le traité hennétique de quindecim stellis, quindecim lapidibus, quindecim herbis et quindecim imaginibus". THORNDIKE, Hist. ofMag. , II, pp. 220-22 1 , fa già riferimento a questo testo e ha presente alcuni manoscritti (vedi anche I, p. 340, n. 1 ) . Elenco dei MSS. della Gran Bretagna in SJNGER, Catalogue (vedi infra, p. 256, n. 5), III, pp. 763 ss. Elenco delle traduzioni tedesche nei MSS. di Germania, cfr. ZINNER, Verzeichnis der astronomischen Handschriften des deutschen Kulturgebiets, Monaco, 1 925, pp. l O l ss.

291 I riferimenti senza altra indicazione nel testo e in nota rinviano alle pagine e alle linee d eli ' edizione De latte.

292 Impiego questa trascrizione usuale per MMallah. 293 Ciò si ricava dallo scolio finale nei mss. AR (275, app. cr.) dixit Messa/ah,

ecc. Che la traduzione latina sia fatta sulla base di un testo arabo è del resto evidente dai nomi stessi delle stelle, cfr. infra, p. 1 99. Su Mashalla, cfr. SurER, Mathematiker und Astronomen der Araber, 1900, p. 5, n° 8. È stato spesso tradotto in latino nel Medioevo: cfr. THORNDIKE, II , indice, s.v. Messahala e HASKINS, Studies, indice, s. v. Mashallah e Messahala.

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jlffiV) del nome di pater philosophorum, antiquissimus sapiens et qua­si unus ex benedictis a De o philosophis, l'autore introduce le citazioni di Ermete con la menzione Dixit Hermes (242. 1 8 e passim)294• Che Mashalla avesse a sua disposizione un gran numero di opere erme­tiche o pseudo-ermetiche, è proprio quello che testimonia un breve estratto greco contenuto nel Vatican. gr. l 056295, fol . 242:

Trattato del molto saggio Mashalla (Ma.craÀ.a) contenente il nume­ro dei libri che ha pubblicato ciascuno degli antichi saggi, nonché le proprietà di questi libri. - Mashalla dice: Ho constatato che gli antichi saggi presentano delle ambiguità riguardo ad alcune dottrine fonda­mentali dell'astronomia, eppure questi sapienti hanno scritto un nume­ro considerevole di libri: ne consegue che lo spirito di chi legge ne è del tutto confuso. Così ho pubblicato questo libro, in cui ho espresso i punti indiscussi e le migliori dottrine di questi trattati, con l' aiuto dei libri di Tolomeo ed Ermete, questi grandi saggi di una scienza infinita, e aiutandomi anche con libri che i miei predecessori hanno lasciato ai loro figli in eredità296• Quelli che hanno pubblicato libri sono i seguenti:

Herrnes ha pubblicato ventiquattro libri: sedici di essi riguardano la genetlialogia, cinque le consultazioni (7U:pì €pcon']crErov), due i gradi (J.Lotpai) dello zodiaco, uno l'arte di calcolare (nE:pì À.oytcrJ.LoÙ).

Seguono Platone, Doroteo, Democrito, Aristotele, Antioco (di Atene), (V etti o) Valente, Erasistrato, Stochos (?), i Persiani297•

Mashalla conclude così (82.33 ):

294 Questa è la formula stereotipa nelle opere arabe: cfr. CCA G. , l, p. 8 1 (tradotto infra) dm:v ò Macréù..a on· 'dòov KtÀ.'., V, l , pp. 144 e ss. : estratti del de secretis di Apomasar, che cominciano tutti con dnEv ò AnoJ .. Uicrap on poi lo stile diretto .. A volte si ha tutta una tradizione, v. g1: 1 46 .. 35 dnE ò Anocraìt on dncrv tep A.7tOJ.Ulcrap on dnE J.!Ol ò MouxoÙJlE't ò uiòç 'tOÙ Mwcréwç 'tOÙ XopUOJ.!Ult on 'àvE7tÒÒtcra KtÀ'. Nello stesso opuscolo del de xv stellis, due mss. (AR) aggiungono alla fine dello scolio (p. 275, app. crit.): dixit Messa­/ah: super dictis Hermetis [ . . . ] dixit: volo quedam addere quibus, si Hermes vivere/, me pro socio in tali opere reputare/ [ . . . ] Et dixit Messa/ah (ripetuto altre tre volte, in cima a tre citazioni).

295 CCAG., l, pp. 8 1 -82: cfr. V, 3, p. 63. Questo estratto è evidentemente dovuto a un bizantino, ma non si sa dire a quale data .. Forse non si deve prendere interamente alla lettera questa testimonianza di Mashalla, cfr .. supra, p. 1 33 n .. 6 1 .

296 Cfr .. infra, pp .. 386 ss. 297 Curiosamente, come osserva Cumont (CCAG., l, p. 82, n. l ), il Tetrabiblos di

Tolomeo non è citato in questa lista. Sui Persiani, cfr. GLTNDEL, Jahresbericht, pp. I 2 I - 1 3 1 .

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L 'ermetismo e l 'astrologia 1 95

Talj sono i libri che oggi si trovano nelle nostre mani e riguardo ai quali, come ho detto, ho manifestato (il certo), in modo che voi sappiate che ho molto faticato per produrre e pubblicare questo libro, dove ho fatto, in quattro trattati, la sintesi dei suddetti libri.

Che il trattato de XV stellis abbia fatto o no parte della biblio­teca ermetica raccolta dallo scrittore arabo, ci trasporta comunque nel circolo delle scienze occulte, di cui abbiamo già visto più di un esempio nell'epoca greco-romana298•

Il preambolo di Mashalla, già riempito di "detti" ermetici, è se­guito da un breve prologo di Ermete sulle virtù del numero quattro: 242. 1 8 Et dix i t H ermes: "beatus est qui cognoscit quod v id et ''[ . . . ] 243 . 1 2- 1 3 scilicet maledictio et eius contrarium.

Quindi inizia il trattato stesso, che è diviso in quattro parti : sulle quindici stelle fisse, sulle quindici pietre, sulle quindici piante, sui quindici talismani collegati a queste stelle299•

Come si è detto, ognuna delle citazioni di Ermete inizia con la formula Dixit Hermes. Tuttavia, anche all' interno di questi para­grafi, non è sicuro che tutta la dottrina sia puramente "ermetica". Sembra che si abbia piuttosto a che fare con una sorta di commento continuo. Il testo è frequentemente interrotto da osservazioni come et sciendum, et notandum, che non si sa a chi attribuire, Ermete o Mashalla. A volte la mano dell 'autore arabo si scopre da sé, come in questa formula di transizione 246.7 Postquam superius de stellis mentionem fecimus, nunc de quindecim stellis fixis explanationem dicemus Hermetis [ . . . ] Quindecim quidem sunt stellae de quibus

298 Hoc enim dico exemplo quattuor nobilium scientiarum, videlicet astrologiae, physicae, magicae et alchimiae, dichiara Mashalla alla fine del suo prologo, 242. 1 6- 1 7.

299 A) STELLE. 243. 14 Dixit Hermes: 'sub brevitate quaedam explanare volo ' [ . . . ] 258. 2 in amni operatione et iudicio.

B) PIETRE. 258. 3 Dixit H ermes: 'in initio huius voluminis intentio nostra ' [ . . . ] 265. 17 pertingere poterimus.

C) PIANTE. 266. l Dix i t H ermes: 'postquam docuimus naturas et virtutes quindecim stellarum et quindecim lapidum ' [ . . . ] 272. 6-7 ex unoquoque capitulo primam herbam sufficere affirmamus.

D) TALISMANI. 272. 8 Cum igitur in principio huius libri [ . . . ] 274. 1 5-275. 1 iam complevimus in hac particula quarta ea quae proposuimus explanare ex quin­decim stellis et qui lapides sunt eis convenientes et quae herbae praedictis concordant et similiter quae imagines hominum vel animalium lapidibus de­beant sculpi et quae caracteres.

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Hermes in hoc libro proposuit facere mentionem. Altre volte, si potrebbe avere l ' impressione di essere in presenza di un interven­to dell 'Arabo, ad esempio nel caso in cui ci invita a "rettificare" i calcoli tenendo conto del fenomeno della retrogradazione dovuto alla precessione degli equinozi300: così 284.5 Et debemus in nostro tempore considerare in quibus locis sint (scii . le stelle) et eas recti­

ficare per tempora transacta. Et nota quod, postquam unam habue­ris rectificatam secundum latitudinem vel longitudinem sua m [ . . . ], poteris habere initium ex quo bonus sequetur finis ad alias stellas fixas rectificandas, ecc. ; 249.7 In tempore quidem Hermetisfuerunt ab eo inventae in 27° gradu Arietis et 20 minutis [ . . . ] Et scias quod eae stellae non sunt de prima nec de secunda magnitudine, et rec­tifica eas ut superius dictum est et invenies verum adiuvante Deo; 250.9 Eratque hoc intempore nostro, ut dixit Hermes, 9° gradu et 28 minutis Arietis. Rectificatio eius fiat praedicto modo. Ma ecco una piccola frase che disturba tutto, perché suggerisce che questi consigli di rettifica siano dovuti a Ermete stesso - come se Ermete, da parte sua, avesse usato un lavoro più antico i cui calcoli doves­sero essere "rettificati": 257.3 Dixit Hermes: quicumque has quim­decim stellas rectificare sciverit secundum quod de tribus primis superius est praelibatum, ad veritatem potentiae earum sciat quod poteri! pervenire301 •

Questa non è l 'unica anomalia. P. 245.7 ss., l 'autore sostiene che le nature delle stelle fisse sono riconoscibil i dai loro colorP02: alcu­ne sono rosse, altre livide, altre gialle, altre tutte bianche. Inoltre,

300 La regola seguita è una differenza di l o per secolo ed è comunemente applica­ta, ad esempio da Teofilo di Edessa, cfr. CCAG. , V, l , p. 2 1 2.

30 1 Va notato, tuttavia, che questo termine rectificare può avere un doppio si­gnificato nel nostro testo. A volte "rettificare la posizione della stella", come nei primi esempi indicati. A volte "utilizzare correttamente", come in questo passaggio finale 275 2 ss. Dixit H ermes: sciendum quod non figuravi neque scripsi hunc librum nisi scienti cursum stel/arum et introducto atque provecto in libris magiae et astronomiae: et notandum quod per hunc librum poteris rectificare stellasfixas et cognitiones lapidum et herbarum et virtutes utroru­mque adipisci, deinde poteris imaginare et figurare secundum quod volueris et per hunc poteris tuam scientiam in magica rectificare.

302 Su questo argomento, cfr. in BoLL, Fixsterne, P. W., VI, 2407 ss., il paragrafo sui colori delle stelle fisse, 241 5-24 16, e soprattutto, dello stesso, Antike Beo­bachtungenfarbiger Sterne in Abhandl. d. Kon. Bayer. Ak. d. Wiss. , Phil.-hist. Kl., XXX, l , Monaco 1 9 1 8, pp. 1 - 1 64 (citato BoLL, Ant. Beob. ). Le pp. 97-1 55 sono un 'appendice di Bezold sui dati delle tavolette assire.

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L 'ermetismo e l 'astrologia 1 97

sono proprio questi colori che permettono di relazionarle ai pianeti, i l cui colore è anche una delle caratteristiche determinantP03. "Così dunque", continua l 'autore, "relativamente ai colori, è in questi cinque modi che, secondo la natura, le stelle fisse concordano con i pianeti, poiché il colore di Marte è rossastro, quello di Saturno livido o plumbeo, quello di Giove giallo limone con un bagliore biancastro (mixtus pallori), quello di Venere bianco: e quindi devi considerare altresì i colori delle altre stelle. In effetti, questa pro­prietà e questa natura delle stelle corrispondono ai quattro elemen­ti e ai loro colori [ . . . ]" (245 .9- 1 5). Come ha chiaramente visto l 'e­ditore304, si deve qui supporre un'alterazione o una rie laborazione del testo originale. Ci venivano annunciate cinque corrispondenze (his quinque modis, 245 .9) tra le stelle fisse e i cinque pianeti . Ma uno dei pianeti, Mercurio, è stato dimenticato. Inoltre, nessuna delle corrispondenze annunciate è indicata nel testo, in modo tale che la conclusione tali quoque modo debes aspicere colores alia­rum stellarum rimane senza significato. Evidentemente l 'originale doveva menzionare le relazioni tra tale stella fissa e tal pianeta (a causa della somiglianza del colore): da alcuni esempi indicati i l lettore era quindi invitato a trarre un giudizio universale. L'Ara­bo ha trascurato questo sviluppo per passare a considerazioni sui quattro elementi e sul loro colore.

Ecco un ultimo errore. In testa o a conclusione di ciascuna del­le parti successive alla prima, che riguarda le stelle stesse, l 'autore ricorda che il suo piano generale comporta quattro capitoli . Quindi alla conclusione della parte sulle pietre, 265. 1 1 : Et super hoc debe­mus eis (alle pietre) addere herbas quas communiter habere possu­mus, quae sunt concordes eorum complexionibus et naturis. Et cum haec tria habuerimus, quaeremus quartum, ita ut ea quae in initio libri proposuimus [ . . . ] compleamus ecc. Allo stesso modo in cima alla parte sui talismani, 272.8: Cum igitur in principio huius libri secundum quod diximus quattuor explananda praemisimus [ . . . ] et de tribus sic iam plenarie praelibatum est, nunc de quarto aliquid

303 Sul colore dei pianeti, cfr. BoucHÉ-LECLERCQ, Astr. Gr. , pp. 3 1 3-3 1 5, BoLL, art. ci t., pp. 1 9-26, 5 1 ss.; J. BmEz, Les couleurs des planètes dans le mythe d 'Er, Bull. Ac. roy. de Belg. (Cl. des lettres ecc.), 1 935, pp. 257 ss. Due testi nuovi, uno anonimo, l 'altro di Achmete, CCAG. , V, 4 ( 1 940), pp. 1 2 1 e 1 69.

304 Textes latins, p. 238.

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disseramus, ecc. In entrambi i casi, sembra che stia parlando l 'Ara­bo. Infatti la frase forma un paragrafo nuovo non preceduto da Dixit Hermes, e ci si riferisce alla divisione indicata all ' inizio dell 'ope­ra, dove questa divisione è proposta in effetti, ma solo nel prologo iniziale che è manifestamente della mano di Mashalla, 24 1 .4: In­ter multa alia bona quae antiqui patres sapientissimi narraverunt philosophi, Hermes Abhaydimon [ . . . ] librum hunc edidit divisitque eum in quattuor partes eo quod principaliter quattuor rerum vir­tutes, videlicet stellarum, herbarum, lapidum atque figurarum, in eo continentur. Ora, in capo al capitolo sulle pietre, si legge questo (258.3) : Dixit Hermes: in initio huius voluminis intentio nostrafuit circa quattuor, vide/ice! circa stellas fixas quae sunt res spirituales et caelestes et luminosae, quarum potentia est magna et mirabilis et nimis occulta nisi sapientibus. Modo autem in secunda particula volumus patefacere claritatem et virtutem quam ipse summus clari­tatis et virtutis conditor inclusi! lapidibus pretiosis, ecc. Anche qui, il testo è alterato. Riferendosi, come in 265 . 1 1 e 272.8, all' inizio del libro (in initio huius voluminis), l ' autore arabo ricorda le quattro parti dell 'opera: tuttavia egli menziona solo la prima, relativa alle sole stelle. Inoltre, fa precedere questo richiamo dalla formula Dixit Hermes, anche se, nei paragrafi "ermetici" (= comincianti con Dixit Hermes), non sia stata trattata, finora, questa divisione.

Comunque sia lo stato del testo, i l disegno generale di questo trat­tatello è facilmente visibile. Le quattro parti si riconoscono senza fatica, e questa divisione è anche così percepibile che, in alcuni ma­noscritti, l 'opuscolo reca il titolo: Quadripertitum (- partitus) Her­metis. Tuttavia, un lettore ha trovato più conveniente collegare im­mediatamente a ciascuna delle stelle la pietra, la pianta e il talismano che le appartengono, come nell'opuscolo sui decani analizzato pre­cedentemente305. Si ottengono così quindici capitoli, questo nuovo testo, che rispondeva probabilmente a esigenze pratiche, essendo del resto notevolmente più breve del precedente. In questa forma l'opu­scolo è stato attribuito a Enoch306. La dottrina è identica.

305 Cfr. supra, pp. l 71 ss. 306 Pubblicato ugualmente in Textes latins, pp. 277-288. Più breve del precedente

(pp. 24 1 -275).

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L 'ermetismo e l 'astrologia 1 99

Ecco dunque la tabella delle relazioni tra stella, pietra, pianta e talismano307 • La si confronterà utilmente con quella dei decani, indi­cata in precedenza.

I) ALDEBARAN - rubino - euforbia - dio o uomo combattente. II) ALCHORAYA308 (CLOTA En.) - cristallo - finocchio - lampada o

fanciulla. III) CAPUT ALGOL - diamante - el leboro - testa virile a barba lun­

ga con sangue sul collo. IV)

'ALHAIOT - zaffiro - marrubio - uomo pronto a unirsi a un

concerto di strumenti. V) ALHABOR - berillo - sabina (specie di ginepro) - lepre o bella

fanciulla. VI) ALGOMEISA - agata - primula - gallo o tre fanciulle. VII) CoR LEONIS - granato - celidonia - gatto o leone o dignitario

seduto. VIII) ALA CoRvi - onice - pazienza - corvo o colomba (serpente

En. ) o negro vestito con un perizoma nero. IX) ALCHIMECH ALAAZEL - smeraldo - salvia - uccello, o uomo

che porta mercanzie da vendere. X) ALCHIMECH ABRAMETH - diaspro - piantaggine - uomo che

danza o gioca, cavallo o lupo. XI) BENENAYS - magnetite - cicoria - toro o vitello, o uomo in

profonda meditazione. XII) ALFECA (ALPHETA E n.) - topazio - rosmarino - uomo incoro­

nato o gallina. XIII) CoR ScoRPIONIS - sardonio e ametista - aristolochia lunga -

uomo armato di corazza, la spada in mano. XIV) VuLTUR CADENS (BoTERCADENT En.) - crisolito - santoreggia

- avvoltoio o gallina, o uomo pronto a mettersi in cammino. XV) CAUDA CAPRICORNI - calcedonio - maggiorana - cervo (capra

En. ) o caprone, o uomo in collera.

307 Il talismano comporta da una parte una figura incisa sulla pietra (sotto la quale si è inserito un frammento della pianta), dal l ' altra un segno o "carattere" ma­gico come quelli che sono riprodotti sul manoscritto R, cfr. Textes latins, p. 289. Indico in tabella solo le figure. Sui "caratteri", supra, p. 1 70, n. 1 99.

308 Correggi Althoraya.

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200 La rivelazione di Ermete Trismegisto - L 'astrologia e le scienze occulte

Resta da trattare il punto più importante del nostro studio. Quali sono le stelle indicate? Qual è il significato di questa l ista? Dove tro­vare il modello del nostro catalogo? Che pensare di queste relazioni tra stelle e pianeti e figure da incidere sulle pietre? Infine di quale ermetismo si tratta, il greco o l 'arabo? Non sarei potuto arrivare alla fine di questa indagine senza l 'aiuto di Massignon: che sia qui viva­mente ringraziato per questo.

l ) Poiché la maggior parte di questi nomi di stelle sono nomi o denominazioni arabe (undici su quindici), la nostra prima preoccu­pazione deve essere quella di identificarle309• Una volta riconosciute le stelle, sarà facile percepire i l significato della l ista. Nella tabel­la sottostante, la prima colonna contiene i nomi del de XV stellis, la seconda le corrispondenti designazioni moderne, la terza le cifre che indicano la dimensione della stella, la quarta le designazioni di Tolomeo nella Syntaxis3 10 - non ho fatto riferimento al catalogo del Tetrabiblos (1, 9), perché Tolomeo in generale menziona solo le costellazioni -; nella stessa colonna, dopo i riferimenti a Heiberg e Manitius, le ultime cifre si riferiscono alla tabella delle stelle chiare di Boli nel suo beli 'articolo sui colori delle stelle3 1 1 , o, quando la stella manca nella detta tabella, alla tabella delle costellazioni del Tetrabiblos come Boli l 'ha redatta nel medesimo studio.

309 Per questo mi sono servito degli Elements of Astrology di Al-BTriini, pubblica­ti a cura di Ramsay Wright, Londra 1 934.

3 1 O ToLOMEO, Syntaxis, VII 5-VIII l = I 2, pp. 38 ss. Heiberg = Il, pp. 32 ss. Mani­tius (trad. tedesca).

3 1 1 BoLL, Ant. Beob. , pp. 78 ss. Indico la pagina e il no della stella in questa tabella. Per le stelle che mancano in questa tabella, cfr. la tabella relativa al Tetrabiblos (!, 9), BoLL, pp. 32-47.

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L 'ermetismo e l 'astrologia

de XV stellis Nome moderno

I Aldebaran 246. 1 4 a T auri

II Alchoraya 249.23 1 2 11 Tauri

III Caput A/gol 249. 1 8

� Persei

Magnitudine

4 o 5

2

IV Alhaioth 250. 1 2m Orione (Rigel) l

Designazione nella Syntaxis

201

ò À.UJl1tpòç TIDV 'Y aorov È1tÌ toù votiou òq>9UÀ.JlOÙ \mò­Klppoç = 88.24 H, 44 n° 1 4 M , 78 n° 4 B.

� m.t:taç = 90. 2-5 H, 45 no 30-33 M, 78 n° 3 B.

tà.lv ÈV tfi'l yopyoviq> ò À.aj.mpòç = 62. 1 9 H, 38 n° 1 2 M, 78 n° 2 B.

Ò ÈV Tql aptcrt€pfi'l UKp01toO[ À.Uj.mpòç = 1 36.7 H, 56 n° 35 M, 78 n° 5 B.

3 1 2 I l testo è particolarmente increscioso e gli errori sembrano risalire all'origi­nale arabo, 249. l ss. Haec enim stella (scii., secunda stella) hebraice Lam­pada dicitur eo quod adformam lampadis sitformata; arabice vero Choraya nuncupatur (è la stella thureiya in arabo); sed Graeci Virgilias, Latini autem ipsam Pleiades vocant et major pars occidentalium septem Capellas; septem enim suni stellae et ideo septem Capellae dicuntur. Ci sono qui parecchie ine­sattezze, per non parlare delle assurdità hebraice Lampada, Graeci Virgilias, Latini Pleiades. "Lampadias" esiste, ma come designazione di Aldebaran, BoLL, Ant. Beob. , 8. 1 6. Le Pleiadi o Vergiliae (a verni temporis significatione, SERVIO, in Georg. l, 1 3 8, cfr. BoucHÉ-LECLERCQ, p. 1 34, n. 1 : invece di verga, virga) non sono affatto dette Capel/ae, ma c'è una costellazione della Capra (Capella) e un'altra dei Capretti (BouCHÉ-LECLERCQ, p. 62, n. l , p. 423, n. 3). Vedremo più avanti un errore analogo per Saltator. Notiamo che Althoraya è detta Clota in Enoch, 278. 22.

3 1 3 Sarebbe al- 'aiyiiq (cfr. Biriini, p. 1 63). Si noti che Al-Fargani (infra, p. 220 n. 347) ha, tra Aldebaran e Sirio, una stella Hayok: sembra essere la stessa parola di Alhaioth, ma Hayok nella lista di Al-Fargani corrisponde a Capella. L'autore aggiunge 250. 1 4: Et dicunt quidam quod est tenens frenum: a/ii di­cunt ipsam retinentem habenas. Errore di nuovo! Queste caratteristiche non possono applicarsi a Orione: è probabile che l ' autore pensi all'Auriga vicina a Orione e, come Orione, paranatellon del Toro.

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202 La rivelazione di Ermete Trismegisto - L 'astrologia e le scienze occulte

de XV stellis

V Alhabor (Canis maior) 25 1 .6

Nome moderno

a Can. mai. (Sirio)J 14

VI Algomeisa (Canis a Can. min. minor) 252.3 (Procione)

VII C or Leonis stella a Leonis regia, 252.9 (Regolo)

Magnitudine

VIII Ala Corvi 253. y (o 8) Corvi 3

IX Alchimech Alaazel 253. I 5m

a Virginis (Spica)

X Alchimech a Bootis Abramech (Saltator) (Arturo) 254.2)16

Designazione nella Syntaxis

Ò tv -rQ> Cl'tOJla'tl À.aJl1tp6--ra-roç KaÀOUJlEvoç Kuwv Kaì. un6Ktppoç = 1 42. 1 2 H, 57 no I M, 78 n° 1 2 B.

Ò Ka'tà 'tWV òmcr6iwv À.aJl­npòç KaÀ. llpoKi>wv = 146. 1 2 H, 58 M, 78 no l I B.

ò €nì rijç Kapòiaç KaÀ. Bacr1Àtm<6ç = 98.6 H, 47 n° 8 M, 78 n° 1 7 B.

ò tv Tji 8tl;u;i (o tv Tji �) n-répuyt = 1 56. 1 9 (o 1 58. 1 ) H, 61 n° 4 (o 5) M, manca in Boli, ma cfr. p. 46 n° l O.

Ò É1tÌ 'tOÙ aptO"tEpOÙ aKpO­Xelpou ò K'CXÀ. :E-rét;(u<; = I 02. I 6 H, 48 n° 1 4 M, 80 n° 22.

ò JlEml;ù trov JlTtpmv ò KaÀ. ApK-roùpoç un6Ktppoç = 50. 1 7 H, 35 n° 23 M, 80 n° 23 B.

3 I 4 Si tratta proprio di Siri o, cfr. 25 I . 7 : haec stella est meridionalis et inter omnes stellas fixas est ex maiori bus et magis apparens. Questo può riferirsi solo a Sirio. Vedremo in seguito perché lo preciso.

3 1 5 A l simak al ii 'zal. 3 I 6 Al simak al riimih: è " i l porta lancia", designazione particolarmente adatta

al Bovaro. Nella lista di Agrippa di Nettesheim citata da Boli, Ant. Beob. , p. 1 55, la n° 1 2 è detta Alchamet, in cui De latte riconosce al-hhiimeh, il Bova­ro. Il nostro testo aggiunge et dicitur Saltator. C'è di nuovo, a quanto pare, un errore, perché il nome di "danzatore" è stato dato (con altri nomi d'al­tronde), nell 'antichità, solo a Ercole, !'Engonasin (tv y6vamv) dei Greci, cfr. BoLL-BEZOLD-GUNDEL, Sternglaube und Sterndeutung, 4a ed. ( 1 93 1 ), p. 55.

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L 'ermetismo e l 'astrologia

de XV stellis

XI Benenays (post­rema in cauda Ursae maioris) 254.9

XII Alfeca 255.5317

XIII C or Scorpionis 255. 1 1

XIV Vultur Cadens 225. 1 83 1 8

Nome moderno

11 Ursae mai.

a Corona Borealis (Gemma)

a Scorpii (Antares)

a Lyrae (Vega)

XV Cauda Capricorni (YOJl) 256.8 Capricorni

Magnitudine

2

2. 1

2

3 o 5

Designazione nella Syntaxis

203

ò Èll:' liKpa.ç tfjç oùpàç = 42. 5 H, 33 n° 27 M, manca in Boli, ma cfr. 39 n° 2.

ò MJ.I1tpòç ò tv -rep :E mpav<fl = 52.3 H, 36 n° 2 M, 80 n° 24 B.

ò f!icroç oo'm:òv (sci l . delle 3 stelle tv -rep cr<ÙJ.Illn) KUÌ Ù71:6Ktppoç KaÀ. l\ V'tQpT]ç = 1 10.7 H, 50 n° 84, 80 n° 27 B.

ò À.a.J.I1tpòç ò È11:Ì 'tOÙ ÒO"tpcl­KO\) KaÀ. Aupa = 56. 1 2 H, 37 n° l M, 89 n° 29 B.

o i €v -rep 7tapoup<fl (3 o 5) = 1 1 8. 1 O ss. H, 52 n° 23 ss. M. manca in Boli, ma cfr. 37 n° 1 0 D.

3 1 7 Al fekka è la stella della Corona. Nella lista di Agrippa, la n° 1 3 è chiamata Elepheia in cui va senza dubbio riconosciuta la nostra Alfeca (var. elfeca, elfetah, elpheta nei mss.), cioè, quindi, la Corona boreale, che qui ci si aspetta.

3 1 8 Vultur cadens (di cui Botercadent in Enoch, 286. 5 non è che una corruzione) è la Lira, che ha infatti le ali e la testa di un avvoltoio. Stesso nome in Agrippa n° 1 5 e nella lista di Al-Fargani (infra, pp. 220-221 n. 347) dove questa stella è parimenti la quattordicesima.

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204 La rivelazione di Ermete Trismegisto - L 'astrologia e le scienze occulte

Segnaliamo subito, prima di commentare questa lista, che essa assomiglia stranamente alla l ista di Agrippa di Nettesheim citata da Boli nel suo articolo sui colori delle stelle (p. 1 5 5), secondo il de occulta philosophia. II, c. 3 1 . Eccola qui, infatti :

I Umbilicus Andromedae = assente Ermete. II Caput A/gol = III Ermete. III Pleiades = II Ermete. IV Aldeboram = I Ermete. V Hircus (= Capella) = assente Ermete. VI Canis maior = V Ermete. VII Canis minor = VI Ermete. VIII Cor Leonis = VII Ermete. IX Cauda Ursae maioris = XI Ermete. X Ala Corvi dextra } XI Ala Corvi sinistra = VIII Ermete.

XII Alchameth = X Ermete. XIII Elepheia = XII Ermete. XIV Cor Scorpionis = XIII Ermete. XV Vultur cadens = XIV Ermete. XVI Cauda Capricorni = XV Ermete. XVII Humerus Equi = assente Ermete.

Quindi tredici stelle in comune, con le stesse designazioni, e, sal­vo le inversioni per II-IV e IX (n; di Agrippa), sostanzialmente nello stesso ordine. Agrippa ha in più I e XVII e raddoppia l 'Ala del Cor­vo; per contro non ha né la Spiga (IX Ermete) né Rigel (IV Ermete). I pianeti corrispondenti sono gli stessi, a eccezione di Elepheia = (Alfeca) che corrisponde in Agrippa a Venere e Mercurio (Venere e Marte: Ermete).

2) Solo se, adesso, ci si rifà ad una mappa celeste dei due emi­sferi Nord e Sud come quella, per esempio, che hanno presentato Boll-Bezold-Gundel e che corrisponde ai tempi di Ipparco3 19, si ri­conosce facilmente il senso della nostra lista.

L'autore segue l 'ordine dei segni zodiacali che presiedono cia­scuno a un mese dell 'anno, cominciando, secondo l 'uso consueto, dal i ' Ariete. Queste figure zodiacali, come sappiamo, si sovrappon-

3 1 9 4' ed., 193 1 , alla fine de1 1ibro: da J. van Wageningen, Lei da 1 9 1 4.

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L 'ermetismo e l 'astrologia 205

gono l'una all'altra e non corrispondono regolarmente ai dodici gra­di del cerchio: quindi molte delle nostre stelle sono incluse, in realtà, tra due segni. Fondamentalmente, l 'ordine è il seguente :

l ) Ariete Toro

2) Toro IV

} I II m (I è nel Toro; con II e m si avvicina all'Arie­te: si deve invertire (III II 1), come in Agrippa)

3) Gemelli } V VI

4) Cancro 5) Leone VII 6) Vergine VIII IX 7) Bilancia X XI (Xl è in realtà nella Vergine) 8) Scorpione XII XIII 9) Sagittario XIV lO) Capricorno XV

Nessuna stella per gli ultimi due segni (Acquario e Pesci): Agrip­pa non ha niente per l'Acquario, ma il suo n° XVII (Humerus Equi) appartiene ai Pesci (� Pegasi).

(3) È immediatamente chiaro che questo catalogo non ha nulla in comune con quello di Tolomeo, né nella Syntaxis né nel Tetra­biblos. Nella Syntaxis, i l catalogo delle stelle fisse è diviso in due sezioni : (l) emisfero boreale, (II) emisfero australe, e ciascuna di queste sezioni è a sua volta suddivisa in due classi: (A) stelle fuori dello zodiaco, (B) stelle dello zodiaco. Si ottiene così la tabella: VII, 5: emisfero boreale A e B (da Ariete a Vergine); VIII, l : emisfero australe B (da Bilancia a Pesci) e A. Nel Tetrabiblos I, 9 Tolomeo comincia con le stelle dello zodiaco, poi elenca brevemente le stelle a Nord dello zodiaco, infine, quelle a Sud. Invece, i l nostro catalogo si basa esclusivamente sulla divisione dello zodiaco: ed è riguardo a ciascun segno che enumera questo o quel paranatellon più evidente, come parte del campo del segno zodiacale320• Un'altra differenza ancora più evidente tra la nostra lista e quella del Tetrabiblos è che, in questo caso, le stelle sono riunite in gruppi. Così, per esempio, per l 'Ariete, si legge: "Dell'Ariete, quindi, le stelle che sono nella testa

320 Boli ha sottolineato dal 1903 (Sphaera, p. 76 e n. 4) che questa ripartizione delle stelle secondo i segni zodiacali è la più comune tra gli astrologi. Tolo­rneo (Synt. e Tetrab. ) è un'eccezione.

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hanno la loro potenza attiva temperata allo stesso modo del potere di Marte e Satumo; quelle che sono nella bocca [ . . . ], quelle che sono nella zampa posteriore [ . . . ] , quelle che sono nella coda [ . . . ]" . Ana­logamente per le costellazioni, la formula, in questo caso, è regolar­mente la seguente: "Tra le stelle che appartengono alle costellazioni a Nord dello zodiaco, quelle dell 'Orsa Minore [ . . . ], quelle dell 'Orsa Maggiore [ . . . ]" e così via. Al contrario, il nostro catalogo, salvo rare eccezioni (Pleiade, Cauda Capricorni), è una lista di stelle particola­ri, la maggior parte delle quali sono stelle brillanti; sono queste par­ticolari stelle, di cui quasi tutte hanno un nome proprio, che l 'autore mette in relazione con questo o quel pianeta.

Ora, come osserva BolP2 1 , per quanto riguarda il colore delle stel­le fisse, è certo che i cataloghi dei gruppi di stelle sono stati prece­duti da elenchi di stelle particolari . Qual è, in effetti, il problema? Mettere in relazione stelle o gruppi di stelle con i pianeti. Queste relazioni hanno per fondamento il colore. Ma è ovvio che prima di determinare i l colore di un gruppo di stelle si deve riconoscere i l colore delle stelle che lo compongono. Il più delle volte, anzi, è i l colore di una o due delle stelle principali di questo gruppo che farà decidere il colore del gruppo.

Lo stesso studioso ha riconosciuto da tempo322 l 'esistenza di tali elenchi di stelle particolari, chiamate "stelle brillanti" (Àaf.mpoì àcrtÉpEç), segnatamente la lista dell 'Anonimo del 379 (CCAG. , V, I, pp. 1 96 ss.), di cui ritengo sia utile riprodurre qui una parte del prologo ( 197.6 ss.):

Tale essendo, quindi, il potere ammirevole e meravigliosamente diverso della forza naturale delle stelle e dell' influenza differente che esercitano secondo i luoghi, ho giudicato necessario mostrare i loro par­ticolari temperamenti, come li hanno osservati i nostri antenati: infatti, è secondo la parentela che ciascuno degli astri fissi ha con i pianeti e con il temperamento dei pianeti, nella misura in cui questo tempe­ramento è simile al loro, che ogni astro fisso è ugualmente in grado di esercitare la stessa influenza dei pianeti, come dice lo Scrittore in termini appropriati. Non dobbiamo quindi considerare solo le influenze reciproche dei cinque pianeti e del Sole e della Luna, ma esaminare an­cora quelle che questi pianeti esercitano sugli astri fissi che partecipano

32 1 BoLL, Ant. Beob., pp. 47, 7 1 . 322 Art. Fixsterne, P.W., VI, 24 1 9 § 1 2 (Merksterne).

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della stessa natura, secondo la parentela di questi astri con i pianeti, come si è osservato, dimostrato e registrato nella tabella, poiché questi astri hanno lo stesso potere ed esercitano la stessa influenza dei pianeti.

L'autore riferisce poi che pochi tra gli antichi si sono impegnati in questo studio. Pertanto, basandosi soprattutto su Tolomeo, ha preso la briga di redigere, lui per primo, una nuova tabella delle corri­spondenze tra stelle e pianeti (òtEn>1trocra).J.EV 1tpò:rcm KatVO'tÉpav Kaì EÙmiyvwcr•ov òtaypaqnìv 1ttvaKoç 1 97 ,25)323• Questa stessa tabella è scomparsa, resta soltanto il commento, con le misure specifica­mente connesse al l 'anno dei consoli Olibrio e Ausonio (379 d.C.). Si doveva iniziare con la Spiga della Vergine e finire con Antares ( 198. 1 2-203.3 1 ) . A conclusione, infine, l 'Anonimo ricorda i suoi predecessori. In primo luogo i Babilonesi e i Caldei su cui ha scritto Beroso (204. 1 3 ss. ). Poi "i nostri antenati Egiziani", al primo posto dei quali va posto Ermete "che, nelle Influenze cosmiche (tv wì:ç; KO<J)ltKoìç; èmon:À.Écr)lacrt), ha scritto un libro sul sorgere di Sirio" (204. 1 8 ss.); dopo di lui Nechao e Ceraforo (sconosciuti), Petosiris e Nechepso, ecc. L'ultimo dell'elenco è Tolomeo (205 , 1 7), riferendosi l 'autore all 'opuscolo delle Fasi (<l>acrEtç;), in particolare al L ibro I oggi perduto324•

A dire il vero, i l catalogo dell 'Anonimo, così come le liste di Te­ofilo di Edessa e di altri che lo hanno copiato ( CCA G. , V, l , pp. 2 1 2 ss.), non assomiglia affatto al nostro, se non per la sostanza. È un catalogo di 34 stelle325, l 'ordine non è lo stesso del nostro trattato, le corrispondenze tra stelle e pianeti non sono collocate nello stesso rilievo di quelle di Ermete. L'Anonimo ci interessa per altri motivi. Se si riferisce molto chiaramente a Tolomeo, si rivolge anche ad altre fonti, in particolare a scritti ermetici : così nomina le Influenze cosmiche (204, 1 9) e la Iatromathematika (209,9) di Ermete. Non è impossibile che lo Scrittore ( ò cruyypa<pEÙç; 197 . 1 2) designi, non Tolomeo326, ma Trismegisto327•

323 Sul significato di xival;, cfr. CC4G., VIII, 4, pp. 1 1 8, n. 3 . 324 BoLL, Ant. Beob., p. 72. 325 BoLL, Ant. Beob. , p. 72, le riporta a 30 (cfr. PoRFIRJO, Isag. , c. 48 = CCAG., V,

4, p. 221 ), quindici per ciascun emisfero. 326 Così BoLL, Ant. Beob. , p. 72. 327 Cu�IONT, CCAG., V, l , p. 197, n. l , ricorda che ò cruyypQ(pEl)ç sembra avere

questo significato in Vettio Valente.

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Un altro catalogo analogo si può trarre dagli Excerpta di Retorio (VI sec.), da Teucro di Babilonia (I sec. d.C.?), pubblicati da Boll, CCA G. , VII, pp. 1 94 ss. Questo lungo capitolo costituisce di per sé un trattato completo sui dodici segni, dall'Ariete ai Pesci . Elen­ca, tra le altre cose, i tre decani propri ad ogni segno, e, riguardo a ciascuno di questi tre decani, le stelle extrazodiacali che sorgono al di sopra dell'orizzonte contemporaneamente al segmento corrispon­dente ( 1 0° = l decano) del segno zodiacale (napava-rÉÀÀ.ovra)328: in relazione infine a questa stella, Retorio indica a quale temperamento dei pianeti è apparentata. Ma, anche in questo caso, quest'ultima in­dicazione è annegata nel contesto, ragion per cui sembra assai poco probabile che Retorio, o Teucro da cui prende in prestito, sia la fonte immediata dell'opuscolo ermetico.

Né Tolomeo (Syntaxis e Tetrabiblos), né l'Anonimo del 379, né Retorio (Teucro) ci istruiscono direttamente sul de XV stellis. Invece, questo opuscolo è molto più vicino al capitolo dello Pseudo-Tolomeo pubblicato da Boll nel suo articolo sui colori delle stelle fisse329• Que­sta l ista segue l 'ordine dei dodici segni. In ogni segno, l'autore indica, di grado in grado, l'astro brillante del segno o il (o i) paranatellon più brillante, quindi, se necessario, l 'emisfero, poi la grandezza, infine il temperamento del pianeta corrispondente. Ad esempio, abbiamo per il Toro: "ToRo. 3° grado. L'astro che si trova nel gorgòneion di Perseo (Algol). Boreale. Seconda grandezza. Temperamento di Satumo. - Dal 6° a11 ' 8° grado, paranatellon: la Pleiade. - 1 6° grado. L'astro brillante delle Iadi (Aldebaran). Australe. Prima grandezza. Temperamento di Marte". E così via. Senza dubbio questo catalogo non è i l prototipo del nostro: oltre a comportare 34 stelle, osserviamo solamente - il fat­to è notevole e vi ritorneremo - che, per ogni stella, non indica che il temperamento di un solo pianeta, a differenza delle altre liste che, quasi sempre, mettono la stella in corrispondenza con due pianeti. Nondimeno le somiglianze sono sorprendenti. Come nel nostro opu­scolo, è la stella che viene innanzi tutto segnalata, con l' indicazione del

328 Sul s ignificato originario e i significati derivati dei JtapavaTÉÀÀovTa, vedi spe­cialmente BoLL, Sphaera, pp. 75 ss.

329 BoLL, Ant. Beob. , pp. 77 e 82 (sulla base del Vindob. philos. gr. 1 08, wr sec., f. 283: il titolo è semplicemente fn:pov (scii. KEcpétÀ.atov) TOÙ 9Eiou llToÀ.o­Jlaiou). Le pp. 78-81 contengono la tabella comparativa dei dati, su queste 34 stelle, di Tolomeo (Tetrab. ), l 'Anonimo e i suoi estrattori, Retorio, lo Pseu­do-Tolomeo e l' astrologo Bayer ( Uranometria, 1 6 1 3).

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grado - che si trova anche in Ermete per le prime tre stelle. L' indica­zione dell'emisfero (quando si tratta di un paranatellon) risponde alle menzioni in parte septentrionali (Algol, 250. 1 ), a parte septentrionali (Alhaioth, 250, 1 3 ), meridionalis (Sirius, 25 1 . 7), propinqua circulo si­gnorum (Algomeisa, 252.3), accedit ad zodiacum ex parte meridiei (Alaazel, 253 . 1 5), ecc. Per riconoscere in cielo la stella di cui si parla, tali precisazioni erano indispensabili nelle l iste che non erano divise di primo acchito nei due emisferi (come quelle, ad esempio, di Tolomeo ). L' indicazione della grandezza ha similmente la sua eco presso Ermete nei riferimenti che indicano le dimensioni, la luminosità o il colore della stella (est ex maioribus: Sirius, 25 1 .8, non lucet tantum sicut qua­edam aliae: Ala Corvi 253 .4, non multum lucida: Alfeca 255 .6, bene lucens : Cor Scorpionis 255 . 1 2, rubea clara: Algol, 250. 1 , trahens ad rubedinem: Cor Scorpionis 255 . 1 2). Infine la menzione del tempera­mento planetario chiude la serie di queste indicazioni (nome, emisfero, grandezza), come ancora una volta in Ermete, in cui questa menzione appare anche, abitualmente, nella prima e nella seconda frase, riguar­dando i l resto il carattere apotelesmatico della stella.

È dunque possibile congetturare che sia da un catalogo disposto come quello dello Pseudo-Tolomeo, ma più completo (riguardo alle indicazioni relative ad ogni stella) che è stato estratto il catalogo ermetico. La novità essenziale, in quest'ultimo, è la riduzione della lista a quindici stelle. Su questo punto, a mia conoscenza, non esiste alcun modello greco. Questo non significa che questo modello sia mancato. Basta leggere i l capitolo dello Pseudo-Tolomeo per ren­dersi conto che, senza cambiare nulla all'ordine di questo catalogo, non era difficile trame le nostre quindici stelle: di fatto se ne trova­no dodici delle nostre e, salvo l ' inversione delle prime tre (essendo qui Ermete in errore), nella medesima sequenza: Algol 2, Pleiade 3, Aldebaran 4, Rigel 5, Can. min. 1 1 , Sirio 1 2, Regolo 1 7, Spica 22, Arturo 23, Gemma 24, Antares 27, Vega 29. Manca Ala Corvi, Benenays e Cauda Capricorni, ossia tre stelle o gruppi di stelle di debole luminosità, che non si riesce a dire perché abbiano trovato posto nella lista di Ermete.

Da questa ricerca si evince che, sebbene i manoscritti greci non ci abbiano ancora restituito alcun testo ermetico che possa apparire come il modello immediato del nostro opuscolo, nulla impedisce che questo modello sia esistito nell'astrologia greco-egiziana. In

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ogni caso, qui ci sono tutti gli elementi: l 'ordine delle stelle, la loro determinazione, i l loro carattere apotelesmatico, infine, ed ecco la parte essenziale, la loro relazione con i pianeti. È questo punto note­vole che ora dobbiamo prendere in considerazione.

4) Le corrispondenze tra stelle e pianeti sono, in Ermete, come segue:

I Aldebaran: de natura Martis et complexione Veneris 246. 16. II Alchoraya: natura autem eius est natura Lunae et complexio

eius Veneris 249.8. III Caput Algol: cuius natura est natura Saturni et est eius com-

plexio complexio /ovis 250.2. IV Alhaioth: ex natura /ovis et Saturni 25 1 . 1 . V Alhabor: ex natura Veneris 25 1 . 1 2 . VI Algomeisa: ex natura Mercurii et ex complexione Martis 252.5. VII C or Leonis: ex natura lavis et Martis 253 . l . VIII Ala Corvi : ex natura Saturni et Martis 253.6 . IX Alchimech Alaazel: ex natura Veneris et Mercuri i 253 . 1 6. X Alchimech Abramech: ex natura Martis et lavis 254.6. XI Benenays: ex natura Veneris et Lunae 255 . 1 . XII Alfeca: ex natura Veneris et Mercurii 255 .5 . XIII Cor Scorpionis : ex natura Martis et /ovis 255 . 1 2. XIV Vultur Cadens: ex natura Veneris et Mercurii 255 . 1 8 . XV Cauda Capricorni : ex natura Saturni et Mercurii 256.8.

Se ora ricorriamo alla tabella compilata da Boli (pp. 78-8 1 ), dove confronta, su questo punto, i dati di Tolomeo (Tetrab. ), dell' Anoni­mo del 3 79 e dei suoi estrattori, di Retorio, dello Pseudo-Tolomeo e di Bayer, constatiamo i seguenti fatti (lascio da parte Bayer, astro­logo del 1 603 , ma aggiungo Agrippa di Nettesheim, Boli, p. 1 55):

I : Accordo ovunque, tranne T o l. e P s.-T o l . (Marte solo). II: Accordo con Tol . Manca altrove. III: Accordo ovunque, tranne Ps.-Tol. (Sat. solo). IV: Accordo ovunque, tranne Ps.-T o l. (Sat. solo). Manca in Agrippa. V: Disaccordo ovunque, Sirio corrisponde sempre a Marte Sat.

o a Marte solo (Sat. solo: Ps.-Tol.). Ermete ha confuso Sirio con i l gruppo del Cane che (eccetto Sirio) corrisponde a Venere, Tol. ( 1 2.4 Boli) e Agrippa.

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VI: Accordo ovunque, tranne Ps.-T o! . (Sa t. solo). VII: Accordo ovunque, tranne Ps.-Tol . (Marte solo). VIII: Accordo con Tol . e Agrippa. Manca altrove.

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IX: Accordo ovunque, tranne T o!. (Venere Marte) e P s.-T o!. (Merc. solo). Manca in Agrippa.

X: Accordo ovunque, tranne P s.-T o!. (Marte solo). XI: D isaccordo con Tol . (manca altrove) dove l 'Orsa magg. cor­

risponde a Marte. Ermete si è dovuto confondere con la Coma che è sotto la coda dell 'Orsa magg. e che, in Tolomeo ( 1 1 .5 Bol i), corri­sponde a Luna e Venere. Agrippa ha parimenti: Cauda Ursae maio­ris = Venere Luna.

XII : Accordo ovunque, tranne Ps.-T o!. (Merc. solo) e Agrippa (Venere Marte ).

XIII: Accordo ovunque, tranne Ps.-Tol . (Giove solo). XIV: Accordo ovunque, tranne Ps.-T o!. (Merc. solo). XV: Disaccordo con T o!. (Sat. Giove) Manca altrove.

Non c'è bisogno di riprendere qui l 'ammirevole lavoro di Boli nel l 'articolo a cui ho già fatto riferimento più di una volta. Vorrei semplicemente prendere nota dei seguenti punti :

(a) All' inizio del capitolo (1, 10) che segue il catalogo del Tetra­biblos, Tolomeo segna la transizione con questa formula (p. 3 0.6 Boll-Boer): "È in questo modo quindi che sono stati determinati tra­m ite l'osservazione degli antichi le energie delle stelle fisse conside­rati in sé (ai JlÈV o'Òv •&v àcnÉpmv Ka8 ' Éau'toùç òuvaJ.lEtç 'totm)'tTJç éroxov unò 't&v naÀ.ato'tÉpmv napa'tTJpftcrEmç)". Tolomeo si riferisce perciò a una tradizione più antica, basata sul l 'osservazione. Boli e Bezold hanno avuto i l grande merito di mostrare che gli iniziatori furono qui gli astronomi di Babilonia. Sono i Babilonesi che, sulla base della somiglianza dei colori, stabil irono delle corrispondenze tra astri fissi e pianeti . I Greci, su questo punto, non hanno fatto che trasmettere una dottrina che non hanno affatto inventato, e alla quale essi non hanno aggiunto nulla. "Non abbiamo alcun indizio", conclude Boll330, "che gli astronomi greci che, sul sistema e le leggi del l 'universo, hanno portato avanti così tante ricerche proficue e che hanno superato Copernico, si siano mai dedicati, riguardo ai colori delle stelle fisse, a osservazioni personali di qualche importanza. Al

330 Ant. Beob. , pp. 96-97.

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contrario: se è vero che Tolomeo nella Syntaxis menziona il colore solo per sei stelle, nel Tetrabiblos per tre stelle, che nel capitolo I , 9 del Tetrabiblos, non rende assolutamente ragione della comparazio­ne tra stelle e pianeti, che allo stesso modo la fonte de li ' Anonimo del 379 e dei testi apparentati si accontenta di parlare di una somigl ianza di temperamento senza spiegame la causa, è abbastanza chiaro che questi scrittori come minimo stanno trasmettendo una dottrina rice­vuta altrove. Senza dubbio gli astrologi greci più antichi, la cui ope­ra è quasi del tutto perduta per noi - gli astronomi nel senso stretto della parola non devono essere presi in considerazione qui - hanno dovuto condividere anche questa dottrina. Ma neppure loro l 'hanno acquisita da osservazioni personali . Queste osservazioni così come la dottrina fondata sulla somiglianza tra le stelle e questo o quel pia­neta sono più antiche dell'astrologia greca".

(b) Ciò che viene detto qui sull 'astrologia greca può essere ripetu­to per l 'astrologia araba. Quest'ultima inventa anche meno di quella greca. È intermediaria al secondo grado. Si potrebbe quindi conget­turare a priori che il testo arabo tradotto nel de XV stellis risalga a un originale greco. Ma sembra che ce ne sia una prova fattuale. Richia­miamo i dati del problema. Si tratta di una dottrina basata su osser­vazioni reali, sull 'osservazione del colore, da un lato degli astri fissi, dall'altro dei pianeti. È la somiglianza del colore che permette di concludere con una somiglianza di temperamento, e di conseguenza di influenza, tra quella stella e questo pianeta. Supponiamo che, su questo tema, gli Arabi abbiano ricominciato a loro volta il lungo lavoro dei Babilonesi, che abbiano raccolto lo stesso numero di os­servazioni, e che il de XV stellis sia il prodotto diretto di questo sfor­zo. Come spiegare, in tal caso, che questo opuscolo menzioni così raramente il colore delle stelle? Di fatto, il colore è indicato solo per Alga!: rubes clara (250. 1 ) e per il Cuore dello Scorpione: trahens ad rubedinem (255 . 12). Questa assenza è abbastanza comprensibile se il testo arabo si limita a trasmettere una dottrina ricevuta, la eui ra­gione d'essere, come abbiamo visto, si era già obliterata nella stessa Grecia; essa non si comprende in alcun modo se gli Arabi si fossero impegnati in prima persona in una ricerca originale: in questo caso il riferimento ai colori, che è l 'essenza della dottrina, dovrebbe oc­cupare il primo posto, dovrebbe essere indicato per ogni stella. È impossibile credere che l'autore arabo possa passare sotto si lenzio il

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fondamento stesso delle corrispondenze tra stelle e pianeti . Quindi concludiamo che, se non magari nella forma che riveste oggi, alme­no nella sostanza e nei suoi elementi principali, questo trattato arabo risale a un originale greco: da quello che abbiamo visto fin qui del ruolo di Ermete nell 'astrologia, non vi è alcun motivo importante per ritirare l 'attribuzione a Trismegisto.

(c) In queste condizioni, potrebbe essere interessante notare ciò che il nostro opuscolo aggiunge agl i altri cataloghi greci : To­lomeo Tetrabiblos, Pseudo-Tolomeo, Anonimo del 3 79 e i suoi estrattori, Retorio.

In primo luogo, ed è la cosa più notevole, a differenza di tutte le altre liste greche, i l de XV Stellis enuncia il principio delle relazioni tra stelle e pianeti . È in un luogo del prologo dove, dopo essersi occupato di considerazioni sul numero quattro33 1 , l 'autore arriva al suo oggetto, la "virtù" delle quindici stelle (243 , 1 4 ss. ): "Erme­te dice: Voglio descrivere brevemente alcune delle dottrine che ho scoperto nei discorsi di alcuni saggi [ . . . ]. Bisogna sapere infatti che, tra le stelle cosiddette fisse, ce n'è una quindicina di grande virtù e di grande significato. Di queste quindici, alcune sono buone e assicurano una vita felice e lunga, altre danno una vita breve e povera". Mashalla indica poi le proprietà di queste stelle in base alla loro relazione con questo o quel pianeta, quindi riprende (245 . 1 ss.): "Ermete dice: bisogna sapere che, tra le stelle fisse, alcune sono di due nature e complessioni (complexionum, Kp6.m:rov) e par­tecipano al carattere di due pianeti, altre solo di un pianeta [ . . . ] Ma sappi che le nature delle stelle si riconoscono dai colori, in quanto tale essendo il colore della stella, tale la sua parentela con uno o l 'altro dei pianeti. Ora, per quanto riguarda i colori, è in questi cinque modi che, secondo la natura, le stelle fisse concordano con i pianeti, ecc."332• Come si vede, il fondamento delle corrispondenze è qui espresso molto chiaramente. Ermete sembra l 'unico ad averlo notato: forse si potrebbe concludere che il l ibretto ermetico è più antico degli altri cataloghi greci.

33 1 Queste speculazioni sono proprio nel gusto dell' alchimia araba, cfr. RusKA, Tabula Smaragdina (Heidelberg 1 926), p. I l O (sui quattro principi), p. 1 37 (sulle quattro nature, nel trattato ermetico d'alchimia araba detto "Libro di Apollonio di Tiana").

332 Cfr. supra, pp. 1 96 s.

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In secondo luogo, il de XV Stellis è l ' unico a menzionare le differenze dottrinali riguardanti i l temperamento degli astri fissi . Come abbiamo notato sopra, le l iste greche fanno corrispondere generalmente - salvo alcune eccezioni elencate da Boll333 - cia­scuna stella a due pianeti : unicamente lo Pseudo-Tolomeo fa cor­rispondere la stella solo a un pianeta. Queste divergenze testimo­niano due fasi della dottrina. In origine, tra i Babilonesi, è il colore di una singola stella fissa che viene paragonato al colore di un solo pianeta. "Originariamente, anche a Babilonia, ora possiamo dirlo con più certezza, si sono sicuramente determinati i colori per ogni particolare stella e, da al lora - fatta astrazione dall 'osserva­zione, rara in ogni caso, dei cambiamenti di colore reali o appa­renti - ogni stella si è fatta corrispondere a un solo pianeta"334• Ma dato che, molto spesso, la stella fissa è strettamente collegata a un'altra o a molte altre per formare una costellazione, e poiché, in queste costellazioni, può esserci una differenza di colore tra le stelle, si presentò la necessità di confrontare questi gruppi stellari non più con un solo pianeta, ma con due. Questa usanza si radicò talmente bene che, anche quando la lista enumerava stelle parti­colari - è i l caso del de XV Stellis - si continuò a rapportarle a due pianeti senza cogl iere che questo rapporto valeva, in linea di principio, solo per l ' intera costellazione. Ora è interessante notare che il trattato latino, su questo punto, riporta le due tradizioni. Da una parte si dichiara (244.6) che ogni stella fissa (quaelibet stella fixa) è costituita dalla natura di due pianeti, per esempio da quella di Satumo e di Venere, ecc. Dall'altra parte si segnala un po' più avanti (245 . l ) che, secondo Ermete (Dixit H ermes), alcune stelle sono della natura e complessione di due pianeti, altre di un pianeta solamente (quaedam vero unius, cfr. 245 . 5 et sunt aliae quae non sunt nisi unius naturae ve! per naturam unius planetae). Questa contraddizione (quaelibet stella � quaedam stellae) di cui l 'autore, a quanto pare, non si è nemmeno reso conto, è meglio spiegata se si assume che l 'opera ermetica dipende da due fonti divergenti. La prima dottrina è quella di cui si ritrova traccia, ad esempio, nel l 'A­nonimo e suoi estrattori : qui tutte le stelle o costellazioni sono in

333 Ant. Beob. , p. 73. 334 BoLL, op. cii. , p. 73.

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rapporto con due pianeti335• L'altra dottrina è analoga a quella del Tetrabiblos dove, per a Eridani, a Hyadum, a Gemma, Tolomeo indica solo un pianeta, mentre tutte le altre stelle o costel lazioni sono col legate a due pianeti. L'autore ermetico non ha saputo come scegliere, né scoprire il motivo della divergenza. Ha semplicemen­te riprodotto uno dopo l 'altro questi dati opposti che potevano solo provenire da due documenti distinti .

5) Come ho detto sopra (p. 1 99), a ogni stella fissa corrisponde una pietra, una pianta e un talismano che comprende da una parte una figura incisa sulla pietra, dall'altra un segno magico. C iò che più si avvicina al nostro testo è l 'opuscolo ermetico sui decani che ho già anal izzato336•

Senza entrare qui nella storia, estremamente complessa, dei la­pidari dell 'antichità337, mi limiterò a segnalare alcune delle figure incise sulle pietre.

Riguardo a stelle, pietre e piante, si conosce l ' idea che governa le corrispondenze. Queste si fondano su associazioni, generalmente tutte esteriori, ad esempio tra il colore dell'astro e della pietra, o tra tale qualità dominante attribuita ali 'astro e tale proprietà della pianta. Così la pietra di Aldebaran, che è rossa, è il rubino, le pietre di Regolo, che è bene lucens, trahens ad rubedinem (255, 1 2) sono il sardonio e l 'ametista, perché il sardonio è rossastro (rubens) e l 'ametista "come una goccia di vino rosato " (ut gutta vini rosacei, 264.4). Si sigillava quindi sotto il castone un frammento della pian­ta, e così munito della doppia virtù della pietra e della pianta, si otteneva il favore dell'astro corrispondente. Ma si tratta qui di pietre incise: qual è quindi il significato delle figure?

Si può dire con una parola. Queste immagini incise sono spes­so solo rappresentazioni di figure stellari338, ma il fatto curioso è

335 Così, in Teofilo di Edessa e l' Exc. Parisiense, CCAG. , V, l , pp. 2 1 4 ss. Nell'A­nonimo, Sirio fa eccezione, essendo collegato solo a Marte (V, l , p. 20 1 . 1 ). Ma questo è forse solamente dovuto a una lacuna del testo, perché, nel luogo parallelo (V, l , p. 2 1 5 . 1 9), Teofi lo di Edessa porta "Marte e Saturno".

336 Cfr. supra, pp. 1 69 ss. 337 Cfr. da ultimo BIDEZ-CUMONT, Mag. hell. , I, pp. 1 88 ss. : "Les vertus des herbes

et des pierres". 338 Su questi lapidari astrologici, vedi per esempio BoLL, Sphaera, pp. 430-434;

RusKA, Griechische Planetendarstellungen in arabischen Steinbiichem (Sitz. Ber. Heidelberg, 1 9 1 9, 3 Abh.), pp. 3-50, e supra, p. 1 69, n. 194. Ruska defi­nisce assai bene il ruolo di queste descrizioni delle incisioni, p. 5 : " lhre letzte

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questo: la costellazione figurata non è sempre, come si potrebbe pensare, quella a cui appartiene la stella in questione; tuttavia, la se­quenza di queste rappresentazioni corrisponde ali' ordine dei segni zodiacali, svolgendosi tutto come se l 'elenco di figure corrispon­desse a un elenco di stelle concepito secondo lo stesso principio del nostro, anche se leggermente diverso. Quando l ' immagine non rappresenta la costellazione, sembra rapportarsi al pianeta in corri­spondenza della stella.

I Aldebaran: ut deus ve! homo litigans Erm., sicut deus ve! sicut homines qui proeliantur En. Questa non va al Toro, bensì a Perseo, paranatellon dell 'Ariete, primo segno.

II Pleiadi : ut lampada ve! puel/a Erm., sicut lampas omatipa berggi (?) En. L'errore viene dal fatto che l 'autore chiama la Ple­iade lampada perché fa confusione con Lampadias, denomina­zione di Aldebaran. Puella non può affatto designare Andromeda perché questa costellazione è un paranatellon dei Pesci ( 1 2° segno zodiacale ).

III Algol: sicut caput hominis cum longa barba e parum sanguinis circa collum Erm. En. Algol = "la ghul" è ovviamente la testa della Medusa, tagliata da Perseo. Si noterà qui la deformazione della fi­gura: "con una lunga barba". Questa caratteristica non può venire dai Greci, che conoscevano troppo bene il mito: è l ' interpretazione araba di un' immagine il cui significato non è più compreso.

IV Orione (confuso qui con l 'Auriga: cfr. tenensfrenum, retinen­tem habenas 250. 1 5): sicut homo volens laetari instrumentis velut rapacius (?) Erm., sicut homo qui vult laetari cum instrumentis En. Rimango breve.

V Siria: sicut leporarius ve! puel/a bene disposi/a Erm. , sicut lepus ve! pulchra virgo En. La Lepre è tra Orione e il Cane, e si potrebbe quindi ipotizzare che l 'elenco a cui questa incisione appar­teneva originariamente includesse la Lepre al posto del Cane. Ma c'è un 'altra e migliore spiegazione. Siria, nel nostro testo, è legato a Venere: ora la lepre è uno dei simboli classici dell 'amore339 e la pulchra virgo è scontata.

Wurzel miigen die Texte in handwerkmlissigen Anweisungen fiir Gemmen­schneider haben".

339 Su uno degli affreschi astrologici di Palazzo Schifanoia a Ferrara (BoLL-BE­ZOLD-GUNDEL, Sternglaube\ fig. XX, cfr. p .. 6 1 ) che rappresenta il mese del

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V I Procione: ut gallus minimus vel tres puellae Enn. En. Questo non è assolutamente adatto a Procione, ma rientra, a mio avviso, nella categoria dei simboli di Venere usati per Sirio. Il piccolo gallo, come la piccola lepre, era, nell'antichità, un dono fra innamorati. Le tres puellae sono le tre Grazie: sull 'affresco astrologico di Pa­lazzo Schifanoia a Ferrara, che rappresenta il mese di Venere (Toro, Aprile)340, si vede il gruppo delle tre Grazie su un'altura, a destra, che domina l ' intera composizione. L'autore del de XV Stellis avrà semplicemente applicato al Procione due delle figure indicate all' in­cisore, come possibili varianti, per la costellazione del Cane.

VII Regolo: ut murilegus (catus En.) ve/ leo aut forma hominis honorati (ponderati En.) sedentis. Gatto o leone è la figura stellare stessa. Dignitario assiso: Regolo è in effetti la stella dei re, è suffi­ciente fare riferimento all'oroscopo di Antioco di Commagene.

VIII Corvo: sicut corvus vel columba ve! homo niger indutus pan­no nigro Enn . (Enoch ha serpens per columba). "Corvo" è la figura stellare. Penso che il negro vestito con un perizoma nero sia solo una rappresentazione simbolica di questa stessa costellazione.

IX Spica: sicut avis aut homo deferens mercaturas vel aliquid tale ad vendendum. Forse perché la Spiga è collegata a Mercurio (e Venere) e perché Mercurio presiede i mercati: altrimenti non vedo alcuna spiegazione.

X Arturo: sicut homo saltans et volens ludere ve/ sicut equus vel lupus Enn. (En. ha liber per lupus). Come ho già detto341 , homo sal­fans, ecc. , sembra provenire dal fatto che l 'autore ha confuso i l Bo­varo con Ercole, uno dei nomi del quale era Saltator, mentre il Bo­varo è un paranatellon della Bilancia ed Ercole dello Scorpione. Ma è anche possibile che nella lista originale, con la quale erano date le indicazioni all' incisore, si sia passati direttamente dalla Spiga (Ver­gine) a Ercole (Scorpione). Equus potrebbe riferirsi al Centauro, paranatellon della Vergine. Il Lupo è una costellazione australe, pa­ranatellon della Bi lancia, tra il Centauro e l 'Altare. Questo potrebbe qui concordare.

Toro (aprile) a cui presiede Venere, il campo superiore mostra una quantità di piccole lepri che corrono tra i piedi di giovani signori e di dame.

340 Cfr. pp. 2 1 6 s. n. 339. 341 Cfr. supra, p. 202 n. 3 1 6.

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XI Orsa Maggiore: sicut taurus ve! vitulus (circulus En.) ve! si­cut homo qui multum cogitat Enn . È poco credibile che gli Arabi abbiano mai visto n eli 'Orsa Maggiore un toro e dubito anche che l 'autore abbia confuso I 'Orsa Maggiore con il segno del Toro. La spiegazione è altrove. Il testo porta 254.9: Undecima stella dicitur Benenays et est postrema de duabus stellis quae sunt in cauda Ursae maioris: est namque infine caudae bovis deferentis Currum. Ora si sa che uno dei nomi antichi deii'Orsa maggiore è il Carro: "I'Orsa, che di Carro ha pure il nome", dice già Omero ('A.pK'tOV e · , fìv Kaì 'A.11al;av È7ttKÀT)crtV KaÀéoucriv, Il. , XVIII, 487 = Od , V, 273 ). Questa è, probabilmente, la prima immagine che sia venuta in mente: la figura del Carro con le tre stelle che lo tirano è tra quelle che anche un bambino riconosce. Il Carro è quindi tirato: in Grecia, può essere tirato solo da buoi. Da qui la nostra indicazione: taurus o vitulus simboleggia qui tutto i l complesso, il Carro con i l suo tiro342• Per l 'uomo in profonda meditazione non ho spiegazioni.

XII Corona boreale : sicut homo sublimatus et coronatus, ve! simi­litudo gallinae Enn . (En. non ha sublimatus). L"'uomo incoronato" simboleggia la Corona. Gallina, se vi si vede il Cigno (che il gre­co chiama l 'Uccello, l 'arabo il Gallo), rinvierebbe già al Sagittario, di cui questa costellazione è un paranatellon (il corpo del Cigno è anche nel campo del Capricorno): congettura poco probabile.

XIII Antares: sicut homo armatus vel loricatus adfaciendum ma­lum cum ense in manu. Antares è il cuore dello Scorpione. Ora, nel Medioevo e nel Rinascimento, si mostrava, nel campo dello Scor­pione, un uomo a cavallo, vestito di una cotta di maglia, con la lan­cia o con la spada in mano ( defonnazione del Centauro, parte del quale spetta allo Scorpione). Così sul manoscritto arabo di Apoma­sar, Sloane 3983343, e su uno degli affreschi astrologici del Salone di Padova344• Penso che qui si tratti dello stesso personaggio, senza essere peraltro in grado di identificarlo.

342 Cfr. GuNDEL, Sterne u. Sternbilder, p. 5 5 : "1m spaten Altertum l iebt man die Verschmelzung der Idee der 7 Ochscn (le 7 stelle dei i 'Orsa Maggiore sono state a volte considerate come 7 buoi) mit der anderen Auffassung des Wa­gens und sieht entweder 3 oder 2 Ochsen und den Wagen mit der Deichsel in dem Bilde".

343 BoLL-BEzoLD-GUNDEL, Sternglaube\ fig. XIII, f. 28. 344 lvi , fig. XIV, f. 30 (2' figura a sinistra nella fila centrale).

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XIV Avvoltoio (Lira): sicut homo volens pergere ve! sicut vultur ve! gallina Erm. (En., qui vult ire). L'avvoltoio qui rappresenta la Lira, che, nelle carte stellari, è raffigurata con le ali, la testa e la coda di un avvoltoio345• Homo volens pergere mi rimane misterioso.

XV Coda del Capricorno: sicut bestia, cervus ve! hircus, ve! homo qui iratus videtur Erm. (En. ha capra per cervus). L' im­magine d eli' animale si capisce da sola: ma non ho nulla da dire sull'homo iratus.

Come si vede, le figure più misteriose sono figure di uomini rap­presentati in diverse azioni o posture : un uomo pronto ad unirsi a un concerto (IV), un negro vestito con un perizoma (VIII), un uomo che va a vendere al mercato (IX), un uomo in meditazione (XI), un uomo armato con la spada in mano (XIII), un uomo pronto a mettersi in cammino (XIV), un uomo in collera (XV). Per risolvere questi enig­mi, sarebbe necessario ricorrere forse alla figurazione dei decani e alla sfera persiana e indiana: lascio ad altri la cura, sperando di aver dimo­strato che, in sostanza, queste immagini si riferiscono direttamente alle costellazioni stesse come le rappresentava la sfera greca346•

345 Sulla Lira = Vultur cadens presso gli Arabi, cfr. già BoLL, Sphaera, pp. 1 1 5 e 445. 346 Nell 'articolo segnalato supra (p. 2 1 5, n. 338), pp. 2 1 ss., Ruska analizza un

trattato ermetico arabo "sui sigi lli dei pianeti", vale a dire su pietre incise con l' immagine dei pianeti. Ora i brani citati e tradotti da Ruska (pp. 37 ss.) mostrano che queste figure sono direttamente tratte dalla tradizione greca: "Hier mu13 ich mich darauf beschranken, an einigen Beispielen zu zeigen, dal3 es sich, wenigstens soweit Planetensiegel und Planetendarstellungen (sottolineato dal l 'autore, come più sotto) in Frage kommen, um echt griechi­sche, nur durch das fremde Gewand unkenntlich gewordene Ueberlieferungen handelt" (p. 3 7). Nella Tabula Smaragdina ( 1 926), p. 1 72, lo stesso autore è incline ad ammettere, accanto a fonti greche, fonti orientali: "So gewil3 grie­chische Texte von mir nachgewiesen wurden, so gewil3 sind auch aramaische und mittelpersische als Quellen arabischer Steinbiicher vorauszusetzen, ganz besonders, wenn si e sich auf H ermes Trismegistos und Apollonios von Tyana berufen". A proposito della trasmissione dei lapidari ellenistici dei Greci agli Arabi, H. H. ScHAEDER ha segnalato (ap. PLESSNER, Neue Materialien zur Ge­schichte der Tabula Smaragdina, Der lslam, XVI, 1 927, p. l 05, n. l ) la sco­perta nel Turkestan orientale di un frammento di lapidario astrologico (ogni pietra corrisponde a un pianeta specifico), tradotto dal sogdiano in turco (a cura di THOMSEN, Sitz. Ber. P r. Ak., 1 9 1 O, pp. 296 ss. ) . Questa scoperta dimo­stra l'esistenza di una letteratura di lapidari n eli' Iran settentrionale e orientale. Con tutta probabilità, questa letteratura è stata introdotta dai Manichei. Nella stessa nota, Schaeder sottolinea delle tracce di ermetismo nel manicheismo: già Sant'EFREM (373), cfr. Scon, Hermetica, IV, p. 1 6 1 ; FAUSTO, ap. AGOSTI-

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L'esame del testo relativo alle incisioni conferma così i risultati a cui ci avevano condotto le altre parti dell 'opuscolo. Il fondo, gl i ele­menti principali sono greci. D'altra parte, alcuni dettagli (testa virile della Medusa, forse "Gallo" per il Cigno) dimostrano comunque che questo originale greco è stato rielaborato dagli Arabi.

Quindi l ' interesse del de XV Stellis finalmente si scopre. Costi­tuisce un notevole apporto alla serie dei cataloghi greci delle stelle fisse. Segna una nuova pietra miliare tra l 'ermetismo greco e l 'er­metismo arabo. Per questi due motivi, l 'opera meriterebbe probabil­mente di essere analizzata un po' più diffusamente347•

No, c. Faustum, XIII, l , p. 378,25 ZYcH.\ (cfr. ALHRIC, Évolution intellectuelle de St Augustin, l, pp. 169 ss.). BuRKITT, The Religion of the Manichees, p. 96, ha ipotizzato con verosimiglianza che la versione manichea del Pastor di Erma si basa su una confusione tra Erma e Ermete. l maniche i hanno trasmes­so all' Iran l 'astronomia ellenistica (Mani s' interessava al l 'astronomia esat­ta - preferibilmente all'astrologia caldea - cfr. citazione dal suo '"Libro dei Segreti" in Biruni, India, ed. Sachau, 1 888, trad. , l, 3 8 1 ). Sono probabilmente i manichei che hanno mantenuto la maggior parte della tradizione ellenistica in Iran fino al periodo musulmano: la loro posizione di "umanisti" era anche favorevole agli studi di scienza empirica, scarsamente praticati dal rigido dog­matismo del clero zoroastriano nell'Impero dei Sasaniui.

347 Dopo aver scritto questo paragrafo, mi è capitato di scoprire in J.B.J. DEu�I­BRE, Histoire de l 'Astronomie au Moyen Age (Paris 1 8 1 9), l, p. 67, nel capitolo Alfragan (AI-Fargani, cfr. SuTER, Mathem. u. Astronomen d. Araber, 1 900, p 1 8, n° 39; spesso tradotto nel Medioevo, cfr. THORNDIKE, Il, p l 009 (indice), s.v. Alfraganus; H.\SKINS, indice, s. v. Alfraganus e Fargani: Del ambre cita da­gli El e menta Astronomica, Francoforte 1 590, cap. 22) una lista delle "quindici stelle fisse più notevoli" come segue: l) Acharnahar (non lontano da Sohel): Ariete. I l) Aldebaran (rossa): Toro (occhio del). III) Hayok (Capella, rosso): Gemelli. IV) Aschehre Aljemanija (Cane destro, Siri o): Gemelli (piede destro dei). V) Jed Algeuze mano di Orione (Toro/Gemelli). VI) Rigel Algeuze piede di Orione (Toro/Gemelli). VII) Sohel (Canobo, pi lota della nave) (Cancro). VIII) Ascherhe Asschemalija (Cane sinistro, Procione): Cancro. IX) Cuore del Leone (vicino all' eclittica): Leone. X) Coda del Leone: Vergine. Xl) Alramech (Arturo): Bi lancia. XII) Alahzel o Assimech (spiga della Vergine): (Bi lancia). XIII) Centauro (sommità del piede destro, vicino a Sohel): (Bilancia). XIV) Avvoltoio in picchiata o Lira: Sagittario. XV) Bocca del Pesce australe (Fomalhaut): sotto l'Acquario.

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Ho messo, alla fine di ogni riga, i l corrispondente segno zodiacale, senza pa­rentesi quando questo segno è indicato nella lista, tra parentesi quando non Io è. Fondamentalmente, è lo stesso ordine di Ermete, andando dall'Ariete ai Pe­sci. Ritroviamo Aldebaran (II: I Erm.) Hayok (II I Capella: I I Erm. se ha con­fuso le Pleiadi e Capella), Sirio (IV: V Erm.), Rigel (VI: IV Erm.), Procione (VIII: VI Erm.), Regolo (IX: VII Erm.), Arturo (XI: X Erm.), Spica (XII : IX Erm.), Lira (XIV: XIV Erm.), ossia nove stelle (o solo otto se non c'è equiva­lenza di Pleiadi = Capella). AI-Fargàni ha in più Acharnahar (I), Jed Algeuze (V, mano di Orione), Sohel (VII), Coda del Leone (X), Centauro (XIII) Pesce australe (XV). Non ha Algol (III), Ala Corvi (VIII), Orsa Maggiore (Xl), Co­rona Boreale (XII), Coda di Scorpione (XV). Una curiosa somiglianza è i l fatto che Ermete e AI-Fargàni confondono entrambi Orione e l 'Auriga: non mi spiego questa anomalia. Insomma, nonostante alcuni rapporti, i l più eclatante dei quali è senza dubbio lo stesso numero di quindici stelle nei due elenchi, non si può dire che il nostro testo ermetico derivi da Al Fargàni o v iceversa. Sempre secondo Delambre, l 'elenco di AI-Fargàni presenterebbe le seguenti varianti: I) Alsamech Abramech (id est deferens lanceam sive Bootes). Il) Deferens caput A/gol (id est Perseus). I I I) Domina sellae (id est Cassiopea). IV) Foemina quae non est experta virum (id est Andromeda). V) Delfino (o Leone marino). VI) Azalange (o Serpentario ). VII) Algibar (hoc est Orion). VIII) Alnahar (id est Fluvius). IX) Cheleb Alechber (Cane Maggiore). X) Cheleb Alasgar (Cane Minore, Canis minor septentrionalis). Xl) Alsephina (N avis). XII) Alsigahh (Hydra). XIII) Algorab (Corvus). XIV) Alsabahh (fera si ve Lupus). XV) Alachil Algenubi (Corona australis). Ancora una volta si riconoscono alcune stelle del la lista di Ermete: Abra­mech (1 : X Erm., è Arturo), Deferens Caput Algol (II : I I I Erm., che non è altro che la Medusa), Algibar o Orione (VII : IV Erm; qui ancora, Fargàni ha l ' intera costellazione, Ermete solo Rigel), Sirio (IX: V Erm.) Procione (X: VI Erm., nello stesso ordine), Algorab o Corvus (XIII : VIII Erm., che ha solo l 'ala). Per i l n° XIV, Alsabahh = fera sive Lupus, si ricorda che il n° X di Ermete (Arcturus) portava, come indicazione per l ' incisione, ve/ sicut equus vel lupus. La caratteristica saliente di questa seconda l ista è che non si segnalano più stelle particolari, ma costel lazioni, come, per esempio, Tolomeo nel Tetrabiblos (I, 9). Osserviamo in ogni caso che sono circolate parecchie l iste delle quindici stelle brillanti: sarebbe necessario quantificarle e, se possibile, riconoscerne l 'origine.

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CAPITOLO VI L 'ERMETISMO E LE SCIENZE OCCULTE

§ l . Le scienze occulte nel! 'epoca ellenistica

Numerosi manoscritti astrologici del Medioevo e del Rinasci­mento contengono anche trattati o ricette d'alchimia, di medicina e di magia. Ecco alcuni esempi. Lo Scorialensis I R 1 4 (XV sec .) che contiene principalmente dell 'astrologia1 dà in fol . 1 50v una tabel la di 205 segni alchemici2. Lo Scoria/. III Y 1 4 (scritto in parte nel 1486, in parte nel 1 323) che contiene soprattutto medicina\ dà in fol . 149 un tonitruale, fo! . 23 7 una tabella di 1 50 segni alchemici4• Il Bononiensis 3632 (XV sec.), che contiene nelle sue 475 pagi­ne un' intera collezione di medicina (f. 1 -266), di astrologia5 e di magia (f. 269v-362v)6, dà (f. 1 4- 1 5 , 350, 435) ricette di alchimia7• L'Angelicus 1 7 (XV sec.), che contiene insieme la medicina (f. 1 -326) e l 'astrologia (f. 326v-340) 8, dà (f. 280v-282v e 304 ss.) ri­cette di alchimia9• L' Atheniensis Bi bi . Pubi . l 070 (XIII e XIV sec .) racchiude un intero tesoro di saggezza10: f. 1 -220, le raccolte gno­miche del monaco Antonio soprannominato l 'Ape, di S. Giovanni Damasceno, di Democrito e di Epitteto, di Libanio, di Plutarco, di Menandro e di Filistione, dei sette saggi; f. 220-222v, astrologia; infine il resto del manoscritto (f. 224-23 1 ) doveva includere una

l CCAG. , XI, l , pp. 3-28. 2 CMAG. , V, p. 3 . 3 CCAG. , XI, l, pp. 38-4 1 . 4 CMAG. , V, p. 4. 5 CCAG., IV, pp. 39-46. 6 DELATTE, Anecd. Graec. , pp. 572-6 12. 7 CMAG., Il, p. 1 44. 8 CCAG. , V, l , pp. 3-4. 9 CMAG., Il, p. 209. I O CCAG., X, pp. 8-9; CMAG. , V, p . 1 49.

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compilazione (7tapeKPoÀai) di aforismi di autori alchimisti - Er­mete, Democrito, Aristotele e C leopatra -; sfortunatamente, dopo il bel i ' annuncio di questo titolo, il copista si è arenato e alla fine si trovano soltanto mediocri scritti di teologia. Sono soprattutto i Parisini che testimoniano la connessione tra i diversi rami dell 'oc­cultismo. Così l 'enorme raccolta di scienze occulte che costituisce il Par. 24 1 9 (Giorgio Mitiadas, circa 1 460) 1 1 contiene, mescolato con una compilazione astrologica composta dal lo stesso Mitiadas e divisa in quattro libri (f. l- 1 68v) 12, quindi con miscellanee di astro­logia e magia13, un gran numero di ricette d'alchimia ancora ine­dite 14 . Al contrario, l ' importante manoscritto alchemico Par. 2327 (copiato nel 1 478 da Teodoro Pelecano) 1 5 contiene in f. 280 una tavola delle corrispondenze tra metal li e pianeti 16 e in f. 293 l 'or­ganon astrologico di Ermete Trismegisto 17. I l Par. 2509 (XV sec .), che comprende diversi autori astrologici (tra cui Tolomeo) e delle ricette magiche1 8, inserisce tra queste la ricetta alchemica del l 'uo­vo filosofico (f. 1 37) 19. L'associazione della magia con l 'astrologia o l'alchimia non è meno frequente. Per esempio, si rinvengono ricette di magia nei manoscritti astrologici Par. Suppl. gr. 69620, Suppl. gr. 63621, Par. 23 1 6 (XV sec .)22 e 1 603 (XVI sec.)23, solo per citarne un piccolo numero. Anche il più venerabile dei mano­scritti alchemici, il Marcianus 299 (Xl sec.)24, ha visto, dal XIV al XVI sec., le sue pagine bianche riempirsi di ricette di divinazione, di astrologia e di magia: onirocritica di Niceforo (f. 3 ), cerchio as­trologico (f. 4 ), labirinto di Salomone (f. l 02v ), presagi secondo i l

I l CCAG. , VIII, l , pp. 20-63. 1 2 Cfr. CCAG., VII, l , p . 2 1 , n . I . 1 3 Anecd. Graec. , pp. 445-525. 1 4 CMAG., I, pp. 62-68. 1 5 CMAG., I, pp. 17-62. 1 6 Questa fa capo tutta insieme ali 'astrologia e ali 'alchimia. 1 7 CCAG., VIII, 4, p. 1 9. Cfr. supra, p. ! 54, n. 1 27. 1 8 CCAG., VIII, 4, pp. 65-68. 1 9 CMAG. , I, p. 1 3 1 . 20 Raccolta di geomanzia, del :wm sec.: CCAG., VIII, 4, pp. 8 1 -88. Cfr. Anecd.

Graec. , p. 548. 2 1 XV III sec. CCAG., VIII, 4, p. 80. Cfr. Anecd. Graec., p . 549. 22 CCAG. , VIII, 3 , pp. 32-43. Cfr. Anecd. Graec., pp. 549-553. 23 CCAG., VIII, 4, pp. 7-8. Cfr. Anecd. Graec., pp. 554-556. 24 CMAG., I l , p. l ss.

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tuono (f. 128v). A sua volta un papiro magico contiene una ricetta di affinamento del l 'oro (iwcnç xpucroù, PGM., XII, 193) e non è raro che, nelle operazioni di magia, ci si serva di calcoli astrologici (v. gr. III, 275; IV, 835 ; VII, 795; XIII, 2 1 4, 1026). Lo scongiuro alla stella del mattino (1tpòç TÒV àcrTÉpa •fiç Aq>poòiTTJç, IV, 289 1 ss.) è senza dubbio la deformazione magica di un culto astrale; sim ilmente la preghiera ai paredri del l 'Orsa Maggiore (IV, 1 33 1 -1 390), l ' invocazione alla Luna affinché invii i suoi angeli o paredri al servizio del mago (VII, 884 ss.), la preghiera a "sant'Orione" ( ò aywç 'npiwv, I , 26 ss.), la preghiera alla stella o all ' angelo della stella che viene a obbedire al mago in tutte le cose (1, 73 ss., 96 ss.) e che in particolare gli rivela la prognosi dell ' ora in cui un malato morirà ( 1 88- 1 89)25•

Questa consuetudine dei copisti fino al XVI secolo non è sempli­ce fantasia. Risponde a un disegno stabi lito. È perché lo stesso copi­sta o il "sapiente" per i l quale lavora è, molto spesso, un praticante, e questo praticante opera in tutte le scienze occulte: è allo stesso tempo astrologo, alchimista, medico e mago; conosce tutti i segreti della natura, sa come farli agire: è un emulo del Dr. Faust.

Ora, come abbiamo già osservato, la connessione tra i diversi rami dell'occultismo è di gran lunga anteriore al Rinascimento o anche al Medioevo. Risale al periodo ellenistico. Si vede al lora re­alizzarsi una nettissima separazione tra due categorie di uomini di scienza. Soffermiamoci un attimo su questo fenomeno così degno d'interesse per la storia del pensiero umano.

Si confrontino in effetti, sullo scopo e il metodo, le scienze na­turali come concepite da Aristotele e dai suoi commentatori del II secolo (Alessandro di Afrodisia) con le cosiddette scienze occulte. Il loro oggetto è lo stesso: sono gli esseri dei tre regni, animali, alberi e piante, pietre e metalli . Ma i fatti che si raccolgono, il modo in cui s' indaga (icrTopd) al riguardo e il fine che ci si propone con questa indagine sono radicalmente diversi.

Per illustrare il metodo aristotelico, che si dice rappresenti il me­todo scientifico nell 'antichità, mi l imiterò a correlare26 alcuni dei

25 Sugli astri nella magia, cfr. GuNDEL, Sterne u. Sternbilder, cap. 1 5 : "Die Ster­ne im Zauber", in particolare, pp. 305 ss.

26 Utilizzando il mio articolo La p/ace du "de anima " dans le système ari­stoté/icien, in Arch. d'hist. doctr. et /itt. du M Age, VI ( 1 932), pp. 25-47.

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prologhi o delle conclusioni in cui lo Stagirita definisce i l suo ogget­to in relazione alle scienze naturali .

Meteorologica I , l , 338a 20-339 b 10 :

Le cause prime della natura e il movimento fisico in tutti i suoi aspet­ti, quindi la bella disposizione degli astri secondo il gioco del movimen­to celeste, gli elementi corporei, il loro numero e le loro qualità, i loro reciproci mutamenti, la generazione e la corruzione nei loro caratteri più comuni, è ciò di cui si è parlato fino ad ora. Dobbiamo ancora tratta­re nella nostra indagine quella parte che gli antichi chiamavano scienza delle meteore [ . . . ] . Fatto ciò, continueremo le nostre ricerche trattando, secondo i nostri mezzi e in base al piano indicato, animali e piante, con­siderandoli nei loro caratteri universali e nel loro dettaglio particolare. E poi avremo realizzato, penso, nella sua dimensione totale, l'opera che fin dall' inizio avevamo stabilito.

lvi, IV, 1 2, 390 b 14-2227:

Poiché allora sappiamo di quale genere è ognuna delle omeomerie28, dobbiamo occuparci di ognuna di esse separatamente per conoscere la sua essenza, sapere ad esempio ciò che è il sangue, la carne, lo sperma e così via: ora, non conosciamo, di ogni cosa, la causa e l'essenza se non quando sappiamo il ruolo che ha la materia o la forma, e ancora meglio quando conosciamo la parte dell'una e dell'altra, nella sua generazione e sua corruzione, e quando consideriamo il principio del suo movimen­to. Chiariti questi problemi, dobbiamo studiare allo stesso modo le ana­omeomerie e, infine, i corpi composti di anaomeomerie, come l 'uomo, la pianta e tutti gli altri composti dello stesso tipo.

Conformemente a questi principi, dopo aver raccolto e descritto i fatti (de anima!. hist. ) - "perché è consigliabile iniziare dallo studio dei fenomeni riguardanti ciascun genere (di esseri), solo in seguito si considerano le loro cause e si tratta della loro generazione"29, - dopo aver stabil ito, nelle Ricerche sugli animali, "il numero e la natura delle parti di cui è composto ciascuno dei viventi"30 Aristotele ricer­ca le cause di questi fatti, che devono essere esaminati indipenden-

27 Non ci sono ragioni importanti per non ammettere, in sostanza, l ' autenticità di questo libro IV: cfr. Ross, Aristate, traJ. fr. ( 1 930), p. 22.

28 Elementi del corpo formati da parti simili o analoghe. 29 De part. ani m., l, l , 640 a 14- 1 6. 30 lvi, I l , l , 646 a 8- 1 0.

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L 'ermetismo e le scienze occulte 227

temente dai fatti stessP 1: è l 'oggetto di un trattato Sulle parti degli animali. Che ci sia un legame tra questo lavoro e i principi enunciati nei Meteorologici, Alessandro di Afrodisia lo ha visto bene e lo af­ferma esplicitamente32 :

Così conosciute l e omeomerie, è necessario parlare, dice i l Filosofo, delle parti anaomeomere, poi dei corpi costituiti da queste parti, ossia piante e animali. A questo libro (dei Meteorologica) sembra far seguito il libro Sulle parti degli animali: infatti nel secondo libro di quest'opera si occupa di ciò che dice qui che è necessario trattare. In effetti, si oc­cupa dapprima delle parti omeomere, poi delle anaomeomere costituite da queste parti.

Quindi viene la considerazione delle parti in quanto organi dotati di funzioni. Questo è il tema del trattato "Sulla locomozione degli animali" (de anima!. incessu) di cui questo è il prologo33 :

Riguardo alle parti utili ai viventi per quanto riguarda il movimento locale, è necessario esaminare perché ognuna di queste parti è tale e in vista di quale fine appartiene ai viventi, quindi considerare le differen­ze sia tra le diverse parti di un solo e stesso vivente, sia da un vivente all'altro.

Conseguentemente si conosce la materia dell'essere vivente, vale a dire le sue parti considerate come strumenti di una funzione, le sue parti in quanto "organi". È tempo di passare allo studio della forma, ed è proprio questo che annuncia la conclusione del de anima!. incessu34:

Per quanto attiene alle parti, e in particolare quelle che riguardano il movimento dei viventi e, in breve, tutte le funzioni locomotorie, ecco come si comportano. Queste cose così definite, ciò che viene immedia­tamente dopo, è la considerazione dell 'anima.

Qui si collocano quindi il trattato del l 'anima (de anima) e gli opu­scoli sui suoi vari poteri (parva naturalia). Che ricerche seguiranno allora? Si conosce la materia, si conosce la forma. Si tratta ora di

3 1 646 a 1 0- 1 2. 32 In Meteor., p. 227. 1 S-22 Hayduck (Berli n 1 899). 33 De anim. incessu, 704 b 4-9. 34 lvi, 7 1 4 b 20-23.

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esaminare l 'azione congiunta della materia e della forma, dell'ef­ficienza e del fine, da un lato nelle operazioni proprie dei viventi e nei movimenti che lo influenzano, dal l 'altro, in quel fenomeno della generazione in cui la natura e le cause del vivente sono messe in pieno ril ievo. Due trattati completano pertanto la costruzione dello Stagirita, "Sul movimento degli animali" e "Sulla generazione de­gli animali". Il primo non è un duplicato del lavoro sulla funzione locomotoria negli animal i. In questo primo trattato, ci si occupava del le parti del corpo come organi del movimento, ci si domanda­va, per esempio, perché questi organi sono, in uno due, in un altro quattro, in quest'altro molteplici mentre altrove mancano, perché sono sempre in numero pari, perché l 'uomo e l 'uccello sono bipedi, i pesci apodi, perché, nell 'uomo e nell 'uccello ugualmente bipedi, la curvatura delle parti locomotorie è esattamente contraria, perché i quadrupedi si muovono in diagonale35• Il de anima/. motione ri­sponde ad altre domande, "il movimento dei viventi in generale, i l numero di questi movimenti in ogni genere di viventi, le sue diverse modalità, le cause delle particolarità proprie a ciascuna di queste modalità, tutto questo è stato studiato altrove: si tratta adesso di va­lutare, da un punto di vista universale, la causa comune di tutti i movimenti, qualunque essi siano, da cui i viventi sono influenzati (perché si muovono attraverso il volo o il nuoto o il cammino o in altri modi)"36• Questa causa comune essendo l 'anima, "resta da considerare come l 'anima muova i l corpo, e quale sia i l principio del moto tra i viventi"37• Il presente trattato non riguarda quindi la materia, ma la forma e il fine. Per camminare, non è sufficiente avere le gambe; occorre un obiettivo: "Il principio di ogni movimento nei viventi è un oggetto da perseguire o da fuggire".

Per cui finalmente si passa alla generazione. La conclusione del de anima/. motione l 'annuncia38: "Adesso conosciamo, nelle loro stesse cause" - cioè, scientificamente, - "le parti di ciascuno dei viventi e di tutto ciò che riguarda l'anima, la sensazione, il sonno, la memo­ria, il moto studiato nel suo principio comune: resta da parlare della generazione". Questo l ibro sarà un tutt'unico con quello precedente.

35 lvi, 704 b 9 ss. 36 De anim. mot., l, 698 a 1 -7. 3 7 lvi, 700 b 9- 1 1 . 3 8 lvi, 704 a3-b3.

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Non si occuperà affatto delle parti generatrici in quanto materia, ma dal punto di vista della forma e del fine. Le cause della generazione sono in realtà quattro: forma e fine da un lato, i l principio efficiente, infine la materia che, nel composto vivente, è costituita dalle parti (gli anaomeomeri), in queste dagli omeomeri, in questi ultimi infi­ne dagli elementi corporei. Si è già parlato di tutte le altre membra del vivente: "Resta dunque da trattare, da una parte gli organi che contribuiscono e cospirano alla generazione tra i viventi, dall 'altra la causa che è principio di questo movimento generatore : ma questo è, per così dire, un solo e stesso studio", perché questo principio è la causa finale, e, le membra non avendo altra ragion d'essere che in vista di questo fine, non si può studiare la funzione da adempiere se non congiuntamente al fine39•

Ecco, dunque, compiuto l 'edificio delle scienze naturali progetta­to dallo Stagirita. Indubbiamente non è completo, in parte per caso: i l trattato (in due libri) sulle piante è andato perduto fin dali 'antichi­tà, per il fatto che gli si preferiva l 'opera più dettagliata di Teofrasto; l 'esposizione sulle pietre (minerali) e metalli annunciata alla fine di Meteorologica III manca in Meteora!. IV, questo l. IV non costi­tuendo affatto, del resto, il seguito immediato del l. III. Tuttavia, ciò che è stato scritto e conservato nel suo insieme - "Ricerche sugli animali", "Parti degli animali", "Migrazioni degli animali", "Trat­tato sull'anima" e opuscoli accessori, "Movimento degli animali", "Generazione degli animali" - lascia abbastanza vedere il filo con­duttore che ha presieduto a questo grande progetto. Partiamo dai fatti : nella misura in cui i mezzi di osservazione, ancora rudimentali, lo consentivano, si esaminano i loro caratteri specifici e i loro aspetti comuni . Da ciò emerge una prima classificazione. Ci sono esseri privi di vita e i viventi. Tra questi esseri viventi, alcuni sono solo in grado di nutrirsi, crescere e riprodursi; trovano il loro nutrimento sul posto e sono quindi legati al suolo: sono le piante. Altri devono cercare il cibo; sono quindi capaci di locomozione, fatto che im­plica sensazione e desiderio: sono gli animali. Altri aggiungono a questi poteri la facoltà di comprendere, l ' intelletto: è l'uomo. Dagli inanimati all'uomo, c'è una gerarchia. Pietre e metalli provengono direttamente dagli elementi stessi, la terra, la luce e l'acqua: sono corpi grezzi e inorganici. Al contrario, tutti gli esseri viventi, qua-

39 De generat. anim., 7 1 5 a 1 - 1 8.

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lunque essi siano, sono organizzati : il loro corpo una materia col po­tere di agire, lo strumento di una funzione. Questo corpo è così stu­diato in quanto è materia, le parti che lo compongono - omeomerie, anaomeomerie, composto totale -, l' organizzazione di queste parti in vista dell 'atto da compiere. Poi viene lo studio della forma, che consente agli organi di agire. Infine, si considera i l prodotto comune della materia e della forma, cioè la funzione stessa, e singolarmente le principali funzioni di locomozione e generazione.

In linea generale, la caratteristica di questa ricerca è di aspirare sempre alla massima intelligibilità'10• Riduce i l molteplice ali 'uno, l 'accidente all'essenza, i l singolare al l 'universale. Aspira a stabi lire delle leggi. È una conoscenza mediante la causa, e le cause che si distinguono in questo campo della natura vivente sono esse stesse collegate a cause più comprensive, ne consegue che le scienze na­turali prendono posto in un insieme più ampio, che è la scienza del Kosmos. La parte è collegata al Tutto : si ha piena intell igenza della parte solo riferendosi a questo Tutto. La scienza aristotelica è netta­mente architettonica.

Questo metodo può essere criticato argomentando, ad esempio, che non distingue le vere cause. Resta il fatto che la preoccupazione di conoscere per mezzo della causa e di istituire una gerarchia di cau­se, rispondeva alle esigenze dello spirito scientifico. Era una scien­za. In realtà, l 'antichità non ha conosciuto altro in ciò che riguarda gli esseri del Kosmos. E, per quanto gli antichi e i Bizantini ancora, poi i l Medioevo, hanno avuto qualche idea del metodo scientifico, la devono allo Stagirita o alla lunga fila dei suoi commentatori, da Alessandro di Afrodisia a Filopone. Questo è assai bene dimostrato da quest'ultimo tratto, che non è il meno importante. La scienza ari­stotelica è essenzialmente contemplativa: è una 8Eropia. Si aspira a conoscere per conoscere, non per utilizzare questa conoscenza per fini pratici. Niente è meno utilitaristico della nozione aristotelica del sapere: "Poiché la conoscenza è ai nostri occhi cosa di bellezza e di nobi ltà, e poiché vi sono dei gradi, da questo punto di vista, tra

40 Da ciò, tra gli altri aspetti, l ' esigenza di stabilire una classificazione dei fatti e di segnare la continuità (nella direzione verticale) tra le specie di uno stesso genere e da genere a genere, cfr. su questo punto le valide osservazioni di CH. S!NGER, Greek Biology, ecc. (cfr. supra, p. 26 n. 24), § 3 The Bases ofthe Aristotelician Biologica! System, pp. 1 3 ss.

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una conoscenza e un'altra o perché è più esatta o perché tratta di oggetti migliori e più ammirevoli, per questi due motivi è giusta­mente che dovremo mettere in primo piano le ricerche che stiamo facendo sull'anima"41 • Al contrario, la caratteristica dominante delle pseudo-scienze dell 'epoca ellenistica e greco-romana è che esse mi­rano sempre a fini pratici. Se si contempla il cielo, è per leggervi i l destino degli uomini. Se s i raccolgono le proprietà d i animali, erbe e pietre, è per trarvi rimedi. Se si cercano i mezzi per trasmutare i metalli, è per trovare il segreto per cambiarli tutti in oro. Questo criterio del l 'utilità è decisivo. Segna al meglio la frontiera in cui due mondi si separano. Coloro che se ne tennero al di qua, dalla parte di Aristotele - fu un numero molto piccolo - se non fecero gli stu­diosi, almeno mantennero il senso di ciò che la scienza deve e può essere; quell i che, in enorme massa, passarono di là, se non fecero tutti i c iarlatani42, furono nondimeno completamente ignoranti delle condizioni indispensabi l i della scienza.

Qual è in effetti il carattere distintivo delle pseudo-scienze della natura come si vede costituirsi dalla morte del primo discepolo di Aristotele, Teofrasto, e anche riempire le opere di naturalisti quali Plinio, Eliano, Salino, di romanzieri come Apuleio e Filostrato, di Padri della Chiesa come Basilio, Epifania, Ambrogio, Agostino, di amatori di allegorie come Orapollo e l 'autore del Physiologus, o an­che dare origine a un' intera letteratura speciale di Physika attribuita a magi, a Salomone o a Trismegisto? È l ' interesse quasi esclusivo che porta ai fatti rari e meravigliosi (mirabilia) e preferibilmente, tra questi fatti, alle virtù occulte di animali , piante e pietre, alle simpatie e antipatie che uniscono o oppongono esseri dello stesso regno o di regni diversi.

Queste raccolte di mirabilia non assomigliano in alcun modo alle indagini aristoteliche (icr•opiat): partono da principi molto diversi. Senza dubbio, raccogl iere i fatti, ricercare le proprietà degli esseri della natura è il procedimento originale della scienza: è stato attra­verso le ricerche sugli animali che sono cominciati gli studi zoolo­gici di Aristotele, che seguivano in questo aspetto i metodi dei primi "storici", un Ecateo, un Erodoto. D'altra parte, è normale che ciò

4 1 De anima, l , l , 402 a l ss. Cfr. il prologo d i Metafisica, 980 a 2 1 ss. 42 Bisogna infatti mettere da parte il caso di uomini come Plinio, per esempio, o,

più tardi, lsidoro di Siviglia, o, nel Medioevo, Alberto Magno.

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che abbia colpito per primo gli investigatori della Ionia, siano stati i fenomeni più sorprendenti (il Elaù11a di Erodoto), quelli che avevano maggiori possibilità di attirare l 'attenzione. Ma proprio i l merito di Aristotele fu di andare oltre questo punto di vista. Le ricerche del­lo Stagirita portano a un obiettivo che è quello di stabilire leggi . E questa finalità d'ordine scientifico comanda a sua volta la scelta e la classificazione dei fatti . Può essere, quindi, che si noti ancora un tal fenomeno raro o curioso: non ci si fermerà qui. Ciò che conterà è il fatto tipico, che, unito ad altri della stessa specie, permetterà di ordinare i l reale. Al contrario, nelle collezioni ellenistiche di mi­rabilia, è il meraviglioso che è essenziale. Viene così raccolto per questa ragione, e la somma dei fatti raccolti, l ungi dali ' evidenziare le caratteristiche comuni da cui trovare leggi, costituisce una massa informe di Elaujla-ra, una sorta di museo dello strano. In una parola, invece di mirare all'universale, si è andati a cercare il caratteristico, l ' iot6TY}ç, e quello stesso che, nell'iot6TYJç, sembrava il più singola­re43. E questo è l 'opposto della scienza44.

La stessa attitudine si rivela, e sotto una luce ancora più spiace­vole, nell ' infatuazione, allora generale, per le virtù occulte. Ma qui dobbiamo dare la parola all'erudito che ha meglio studiato il ge­nere letterario ellenistico dei Physika45: "Un modo completamente nuovo, d'ordine soprattutto mistico-magico, di considerare la natura comparve nel periodo ellenistico in Egitto che, in qualche misura, vi era predestinato dal suo culto millenario di animali e piante. Mentre i l Liceo aveva fatto della biologia degli animali, della geografia del-

43 Sul l 'ì8t6TTJç o, più esattamente, l ' ì8t6TTJç lipprrroç ( la qualitas occulta del Me­dioevo), vedi J. ROHR (cfr. infra, n. 45), pp. 96- 1 06.

44 Si notino, tuttavia, dei correttivi a questo giudizio (nel senso che questa pseu­do-scienza ellenistica ha teso, anch'es� a. a un sistema generale di spiegazione dei fenomeni) nella Conclusione, pp. 4 1 1 ss.

45 Max Wellmann. Utilizzerò principalmente quattro memorie: Die Georgika des Demokritos (Abh. d. Pr. Ak d. Wiss., Phii.-Hist. Kl., 1 92 1 , n° 4 : cita­to WELLH�NN, Georg.); Die <l>umKa des Bolos Demokritos und der Magier Ana.xilaos aus Larissa (Abh. d. Pr. Ak. d. Wiss. , Phii .-Hist. Kl., 1 928, n° 7: citato WELLMANN, Bolos); Der Physiologus, Eine religionsgeschichtlich-na­turwissenschaftliche Untersuchung in Philologus, Supplt. Bd., XXII, l , 1 930 (citato WELL�IANN, Phys. ); Marcellus von Side als Arzt und die Koiraniden des H ermes Trismegistos in Philologus, Supplt. Bd., XXVII, 2, 1934 (citato WELLMANN, Koir. ). Vedi anche l'opera già citata (p. 1 1 6, n. 2) di J. ROHR, Der okkulte Kraftbegriff im Altertum, pp. 56-76 .

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le piante e del trattamento metodico della mineralogia i l centro delle sue ricerche sulle scienze naturali, mentre, in tutti i rami di queste scienze, nonostante i molti errori nell 'osservazione e le conclusioni affrettate, si era giunti a risultati grandiosi, adesso si tende, in tutto il campo della natura organica e inorganica, a scoprire le forze segrete e meravigliose degli esseri della natura, vale a dire le loro <pucretç;, le loro proprietà e virtù occulte, così come le relazioni di simpatia e d'antipatia derivate da queste q>Ucretç; nei tre regni. Uomo, animali, piante e pietre (compresi i metalli) sono considerati solo come por­tatori di forze misteriose, incaricati, in quanto tali, di guarire tutti i dolori e le malattie e di assicurare all 'uomo ricchezza, felicità, onori e potere magico; in questo modo di vedere, scienze naturali e me­dicina diventano una cosa sola. I rappresentanti di questa letteratu­ra hanno preso in prestito con una credulità sconcertante non solo dalla scienza greca (Liceo, Democrito, Apollodoro ò ioMyoç;), ma anche dai libri apocrifi degli antichi Persiani Zoroastro e Ostane, dell 'Ebreo Dardano, del Fenicio Mochos, del mago d'Egitto Apol­lobeches, con le loro orribil i ricette di simpatia e d'antipatia, che dà a questa letteratura un aspetto romantico molto speciale. Tutte queste ricerche si condensarono nel genere letterario dei Physika (<l>ucrtK<i, q>UcrtKaì ouvéL).letç;, ' l ibri delle proprietà' , de rebus physicis, virtù occulte o 1tepì àvn1taElet&v Kaì O"U!J.1taElw:ùv): il rappresentante di questo straordinario genere letterario, e in parte orientale per il suo contenuto, è l'àvrìp <pucrtK6ç;46, cioè, nel significato usuale del termine nel periodo ellenistico, l 'uomo che è a conoscenza di tutti i fatti e rapporti occulti nella natura, il mago. Conosciamo i principali rappresentanti di questa letteratura: sono Bolo Democrito (circa 200 a.C.), Pseudo-Manetone (<l>ucrtKÒ:JV ÈmTO!J.TJ, 11-1 sec. a.C.), Nigidio Figulo al tempo di Pompeo, Demetrio ò q>UcrtK6ç; (PLINIO, N.H, VIII, 59) Apollodoro adsectator Democriti (PLINIO, N.H , XXIV, 1 67) sot­to Tiberio, Senocrate di Afrodisia sotto Nerone, un po' dopo l 'agro­nomo Panfilo (Geo p. , XV, l , 6), alla fine del I secolo Ermete Trisme­gisto con le sue Koiranides, intorno al l 00 d.C. Polles di Aigai con i l suo libro 'Sulle simpatie e antipatie', nel l 20 circa Neptunalios con le sue Physika, Elio Promoto con le sue <l>ucrtKéL ouva!J.epa ( 'Rimedi

46 Sul significato di questa parola qmcrtK6ç nel l 'epoca ellenistica, cfr. WELLMANN, Georg., p. 4; ROHR, op. cit. , pp. 77-86. Nello stesso senso, si impiega spesso anche 9Eìoç, ivi, pp. 86-88.

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simpatici natural i ' ), poi un certo Apollonio chiamato Belino dagli Arabi (anteriore ad Amobio)4\ l 'agronomo Didimo nel III secolo, il veterinario Apsyrtos nel IV secolo in Siria, più precisamente a Cesarea, e il 'Libro delle cose della natura' , messo sotto il nome di Aristotele, ma in realtà composto nel 600 circa in Siria e il cui Liber Aristotelis de lapidibus è solo una parte"48•

L' iniziatore di questa letteratura fu Bolo il Democriteo49, di Mende (nel Delta), che visse intorno al 200 avanti la nostra era e appartenne, secondo Suida (s. v. B&A.oç), alla setta dei neopitagori­ci50. Fu un autore copioso che scrisse sul l 'agronomia (fEffipytKa), la simpatia e l 'antipatia (<I>ucrtKà òuvallEPU), la medicina (TÉXVTJ ìatptKTJ), l 'alchimia (BaqnKa), le divertenti ricette della ma­gia (Ilaiyvta )5 1 , i prodigi (®aullacrta ), I ' astrologia, la m antica, la simbolica, la storia (IlEpì 'Iouòaiffiv), la tattica (TaKttKa) e la morale ('Y 7tO!lVTJ!lata i]9tKa). Gli dobbiamo altresì , sotto il tito­lo XEtp6K!lT]ta (òuvallEPU), cioè "Rimedi s impatic i artificiali", una raccolta di estratti in cui fece conoscere al pubbl ico le ri­cette apocrife dei profeti orientali Dardano, Zoroastro, Ostane, ecc . : la maggior parte delle citazioni che, nel prosieguo, gli autori

47 WELLMANN non ha qui una nota su questo Apollonia: ma è, sembra, Apollonia di Tiana, considerato come l 'autore di apocrifi, cfr. CCAG., VII, pp. 1 74 ss.; THORNDIKE, Hist. of Mag. , l, p. 267; Il, pp. 234-235.

48 WELL�IANN, Bolos, pp. 3-4. Agli ultimi due libri, sarebbe necessario aggiun­gere il m:pì çcjlrov, KtÀ.. di Timoteo di Gaza (sotto Anastasio I Dicoro, 49 1-5 1 8), che è in rapporti stretti con i l Physiologus e le Koiranides ermetiche, cfr. WELL�IANN, Phys. , pp. 23 ss.

49 Bolo "il Democriteo" anziché Bolo Democrito (come dice WELL�l.-I.NN, Ge­org. , p. 1 6, e passim) che è fuorviante. W. KROLL, Bolos und Demokritos in Hermes, LXIX ( 1 934), pp. 228 ss., ha mostrato che Bolo non si è identifi­cato con Democrito, lo ha semplicemente utilizzato (con altre fonti), da qui questo soprannome di Democriteo che gli è dato. Sulla relazione da stabil ire tra Bolo e Democrito, cfr. ancora B.E. PERRY in P. W., XX, 1 1 06. 1 3 -62 (s.v. Physiologus), e H.-l.�lMER-JENSEN, ivi, Supplt. Bd. IV, 2 1 9 ss. (si deve leggere Biì:Jì..oç �TU.10Kph<Et>oç e non �TJflOKpnoç), BmEz-CuMONT, Mag. he/1. , l, p. 1 1 8, 1.-l.cosv, F Gr. Hist., 263, Commento (Leida 1943), pp. 24-26. Sulla data di Bolo, cfr. WELLH-I.NN, Georg. , pp. 5- 16 .

50 Wellmann si estende a lungo (Bolos, pp. 4-9; cfr. anche Phys. , pp. 1 1 5- 1 1 6) sul ruolo che avrebbe svolto nello sviluppo del genere letterario dei Physika il neopitagorismo, in particolare gli Esseni. Tralascio qui questo argomento che mi sembra discutibile (cfr. anche Kroll, op. cit. [supra, n. 49], p. 23 1 ) e che non ci interessa direttamente.

5 1 Cfr. PGM , VII , 167.

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greco-romani si trasmettono con monotonia sono tratti da que­sto l ibro. Gli scritti di Bolo, in particolare i suoi <l>ucrtKa, hanno esercitato una grande influenza sino alla fine del Medioevo per l ' intermediazione degli Arabi, il medico Razi (morto nel 923 ) e il suo Liber de rebus physicis, Avicenna ( 1 000 circa) e i l suo De ligaturis physicis, i l medico lbn Zuhr (morto a Siviglia nel 1 1 3 1 ) e il suo l ibro delle meraviglie52•

I l lavoro principale di Bolo i l Democriteo è il suo l ibro sul­le simpatie, i <l>ucrtKa (ouvajlEpa) o anche TIEpì <rojlna8w'òv Kaì avn1ta8w'òv, che tratta le simpatie e le antipatie di animal i , piante e pietre, secondo l 'ordine alfabetico53• Tra i frammenti esplicitamen­te dati come democritei54, venti riguardano le antipatie: donnola ­basilico ( l e 19), ibis - serpente (2), serpente - foglie di quercia (3), serpente - saliva di un uomo a digiuno (4), serpente - rafano nero (6), leone - gallo (9), leone - fuoco (10), iena - pantera ( 11 ), camaleonte - sparviero (12 e 34: Koir. , IV, 1 1 7 .9), scorpione -lucertola (14), scorpione - asino (15: Koir. , II, 70. 8 : si guarisce da un morso di scorpione dicendo al l 'orecchio di un asino "uno scorpione mi ha punto": il male passa al l 'asino ), martora (o vol­pe) - ruta ( 17), jovibarba - insetti (18), traccia di una donna nuda, nel periodo delle sue regole - bruchi della cavolaia (2 1 ), zampe di lepre (o cervo) - cimici (22), picchio - peonia (3 : Kyr. , I , 1 5 . 1 6; Koir. , III. 87.30), elefante - montone (o maiale), vipera - ramo di quercia dalle ghiande commestibil i (28), martora - profumo di mirra, tigre - suono di timpano (30), piume del l 'aquila - piume di altri uccell i (32), tamerici - milza (33). Tre riguardano le simpatie: serpenti � semi di finocchio (che si mangiano per schiarirsi la vista: 5), salamandra � fuoco (13: Koir. , Il, 72.8), rondine � erba celidonia (31 ). I l resto si riferisce ad alcune proprietà meravigliose di animali, erbe o pietre. Si doma un toro furioso attaccandogli al ginocchio un filo di lana (7) o legandolo a un albero di fico (28); la spoglia del serpente è emmenagoga (8); la l ingua di una rana vivente posta sul petto di una donna le fa confessare tutti i suoi

52 WELLMANN, Bolos, p. I O. 53 In SumA, s.v. Bwì..oç, si legga ÉXEt 8f: 7tEpì. <ruJ..ma8et<'òv Kai àvrma8et<'òv <

ç4>wv, qmrwv, > ì..i8oov Karà armxeiov, cfr. WELLMANN, Bolos, p. I l . 54 WELLMANN, Bolos, pp. 1 8-28. Indico, tra parentesi, i numeri di questi fram­

menti e i luoghi paral leli nelle Kyranides ermetiche.

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atti (16 : Koir. , II, 56 . 1 7)55; i frutti d i persea non sono più velenosi se li si trapianta dalla Persia in Egitto (20); i l midollo spinale di iena guarisce il mal di schiena (24: Koir. , II, 76.8), il fiele di iena guarisce le oftalmie (25: Koir. , Il, 76. 1 7); se si mangia i l cuore o il fegato dei serpenti, si comprende la l ingua degli uccell i (26)56; l 'anagallide allontana le influenze ostil i e magiche (27); l 'ambra gialla attrae a sé tutti gli oggetti leggeri, tranne il basil ico e gli oggetti strofinati d 'olio, il magnete strofinato con aglio non attrae più il ferro (28: PLUTARCO, quaest. conv. , II, 7, 64 1 B); l 'avorio è ammorbidito dalla birra d'orzo; virtù occulte di varie parti del cor­po del camaleonte (34: PLINIO, N.H , XXVIII, 1 1 2)57•

Le più antiche testimonianze su questi frammenti dimostrano che il Libro delle Simpatie di Bolo i l Democriteo fu già ampiamen­te letto nel I secolo avanti la nostra era: accanto ad Aristotele e a Teofrasto, Bolo faceva testo per tutto ciò che riguardava le scienze della natura. Infatti, i frammenti relativi ali 'agronomia risalgono in ultima analisi a Cassio (88 a.C .) , i frammenti botanici a Krateuas (II-I secolo), i frammenti zoologici a Giuba, re di Mauritania (sec. 1 a .C .-l d.C.), i frammenti fi losofici a Posidonio. In seguito, dal primo secolo della nostra era, non c'è per così dire nessun auto­re che, trattando le cose della natura, non giunga a parlare delle virtù occulte e a menzionare una o l 'altra delle simpatie o antipa­tie "democritee". È nei Physika di Bolo che hanno attinto Plinio il Vecchio58, Plutarco59, El iano60, Neptunalios61 , infine Didimo di Alessandria (III secolo) e Anatolia (IV secolo) li hanno usati come base per la compilazione dei Geoponica62• Perfino Galeno, che è

55 La stessa virtù è attribuita alla lingua (e al cuore) dell 'oca (Koir. III, 100. 1 7) e del pipistrello (Koir. Il, 68, secondo A).

56 Al riferimento di FILOSTRATO, v. Apoll. , III, 9 (WELL�J.\NN, p. 25), si aggiunga I, 20.

57 Forma del camaleonte, Koir. (l) I l , 78. 1 5 ; camaleonte - sparviero, Koir. (III) IV, 1 1 7 .9; la lingua fa ottenere giudizi favorevoli, cfr. Koir. (l) II, 78. 1 5 ; i l fiele guarisce dai glaucomi, cfr. Koir. (I) Il, 78. 1 3 e 77.30.

58 Su Bolo e Plinio, cfr. WELLI\.1.\NN, Bolos, pp. 40-43, 48-52. 59 Su Bolo e Plutarco, cfr. i vi, pp. 25-26 (fragm. 28 W.) e 39-40. 60 Su Bolo ed Eliano, cfr. iv i, pp. 43-45: · 61 Su Bolo e Neptunalios, cfr. ivi, 32-39, 45-48. Eliano e Neptunalios prendono

a prestito soprattutto da Panfilo, e questi da Bolo il Democriteo, i vi, p. 48. 62 Cfr. P. W., VII, 122 1 - 1 225 (Oder). I Geopon. menzionano 47 volte "Democri­

to", ivi, 1 322. 6-7.

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altrimenti abbastanza sobrio, ammette l ' esistenza di virtù occulte e la loro utilità per la medicina63•

In queste condizioni, poiché questa scienza nuova prendeva come oggetto i segreti della natura, poiché conferiva, con la conoscenza di questi segreti , poteri meravigliosi nel l 'ordine della terapeutica e del­la magia, possiamo supporre che Trismegisto l 'avrebbe trascurata? Era un Egiziano, ed è in Egitto che questa pseudo-scienza era nata. Era un profeta orientale e sembra proprio che le dottrine orientali abbiano contribuito alla nascita del genere letterario dei Physika64• Infine, gli emuli orientali di Ermete, Zoroastro, Ostane e i l re Salo­mone erano dottori titolati nella saggezza nuova e le loro opere, au­reolate dal mistero, s' imponevano alla credulità del pubblico65• Tut­to portava così i fabbricanti d'apocrifi a utilizzare i l glorioso nome del dio-profeta dell 'Egitto.

Infatti , diversi documenti dell 'epoca greco-romana ci attestano l 'attività letteraria del Trismegisto nei tre rami principali dell 'occul­tismo: l ) nel dominio delle scienze naturali e della medicina - sono le Kyranides ermetiche; 2) nel campo dell'alchimia dove vediamo gli adepti della Grande Arte citare apoftegmi di Ermete e appellarsi ai suoi insegnamenti ; 3) infine nella magia, dove certe ricette e pre­ghiere sembrano derivare dall 'ermetismo.

Analizziamo a turno questi tre tipi di testi . Questo capitolo è de­dicato alle Kyranides: nei prossimi due si esamineranno i rapporti di Trismegisto con l 'alchimia e la magia.

63 Cfr. THORNDIKE, Hist. ofMag., I, pp. 1 69 ss. 64 "Le religioni orientali non hanno affatto separato le speculazioni sugli dei e

sull'uomo dallo studio del mondo materiale. La fede si legava intimamente all'erudizione, il teologo era anche un fisico. I chierici erano impegnati nel loro modo in ricerche sui tre regni della natura. Gli animali, le piante, le pietre erano unite ai poteri celesti per affinità segrete, che comunicavano a esse pro­prietà misteriose. La saggezza divina rivelava alle anime pie l 'azione di forze occulte che provocavano tutti i fenomeni fisici" (BmEz-CuMONT, Mag. hell. , I, p. 1 07. Vedi inoltre pp. 1 47 e 1 88 ss.).

65 Gli apocrifi di Zoroastro e di Ostane sarebbero anteriori a Bolo se è vero che li ha saccheggiati, cfr. Mag. hell. , I, pp. 1 1 9 e 1 73; lo Pseudo-Salomone è anteriore a Flavio Giuseppe, dato che quest'ultimo vi fa riferimento, cfr. WELLMANN, Phys., p. 58 e n. 1 64.

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§ 2. Le Kyranides ennetiche66

Le Kyranides67 ermetiche si collocano in quella vasta letteratura dei Physika che abbiamo appena definito. Offrono un singolare in-

66 Vedi principalmente le due memorie di WELLH-\NN indicate supra, p. 232 n. 45: WELLMANN, Phys. e WELLMANN, Koi"r. Gli articoli di Ganschinietz nei By­zantinische-Neugriechische Iahrbiicher (BNGJ. ), I ( 1 920), pp. 353-360 (storia del testo), 36 1 -369 (prologo di Arpocrazione), Il ( 192 1 ), pp. 56-65 (Kyranides e Physiologus), 445-452 (inni delle Kyranides) e in P. W., XII, 1 27 ss., di T.-\N­NERY, Rev. Ét. Gr., XVII ( 1 904), pp. 335 ss. e di SERRUrs, Rev. Philol. , XXXII ( 1 908), pp. 1 58 - 160, sono superati da questi studi. - Testo greco: assai mal pubblicato da Ruelle in F. DE MÉLY, Les lapidaires de l 'antiquité et du Moyen Age, I l , l ( 1 898: testo sulla base di A = Paris. 2537), 1 1 2 ( 1 899: varianti di D = Paris. 2256 e di M = Pari s. 2502); traduzione di de Mély (sulla base d i ADM), ivi, III ( 1 902). Recensione dei MSS. greci in CMAG., I (Parisini), pp. 1 35-225, Il (Italici), pp. 263- 3 3 1 , III (Britannici), pp. 23-26, V (Hispanienses), pp. 7 1 -94 (estratti del Matrit. 463 1 , pp. l 00- 1 1 3 ). Nessuna recensione per i MSS. di Germania e d'Austria, ma cfr. CCAG. , VII, p. 63 (estratti delle Kyr. in Be­rai. 1 73) e WELL�IANN, Koir. , p. 26 ( flìndob. med. gr. 23). Classificazione dei MSS. greci a cura di WELLH-\NN, Koii: , pp. 25-28. L. Delatte prepara un'edi­zione delle Kyranides. - Traduzione latina (del 1 1 69), cfr. THoRNDIKE, Hist. of Mag. , II ( 1 929), pp. 229 ss., H.-\SKINS, Stud. in the hist. ofmed. science ( 1924), pp. 2 1 9- 221 e soprattutto L. DEUITE, Textes latins et vieux français relatifs aux Cyranides, Liège-Paris 1 942, pp. 3-206. Per i MSS. di questa traduzione, cfr. THORNDIKE, op. cit., p. 229, n. l ; DELAITE, pp. 6-9. Edizioni: Leipzig 1 638; Frankfurt 1 68 1 ; DELAITE, pp. 1 1 -206 (edizione critica basata su sei MSS.). Il traduttore latino mette le Kyranides i 1 1 relazione con il libro d'Alessandro e lo scritto di Tessalo: est apud Graecos quidam liber Alexandri Magni de VJJ herbis VJJ planetarum, et alter qui dicitur Thessali mysterium ad Hermem, ecc. (p. 12. 7 Delatte), cfr. H-\UPT, Philol. , 48 ( 1 889), p. 373, e CCAG., VII, p. 23 1 , n. l . (Per i MSS. del libro d'Alessandro, cfr. THORNDIKE, II, p. 233, n. 4). Di fatto, il Montepess. latino 277 contiene insieme le Kyranides lati­ne, il liber Thessali e il tractatus Alexandri Magni (WELL�IANN, Koir., p. 25). D'altra parte il trattato di Fiacco Africo de VJJ herbis VII planetis attributis (THORNDIKE, II, pp. 233-234: edito da L. DEL\ITE, Textes latins, pp. 2 1 3 ss.) fa più volte menzione delle Kyranides, così DELAITE, p. 2 1 3.5 ss. (citato infra, p. 240), 2 1 5 . 1 3 hoc neminem docere Arpocratio praecepit, 233.3 serva igitur hoc munus excellentissimum a Dea divinitus datum de secretis Kyranidarum voluminum in qua studebis et proficies inveniendo finem laudabilem. Infine, notiamo che, come aveva già sospettato Thorndike (op. cit., II, p. 232 e note l , 2), il testo latino che, nei due MSS. di Venezia (XIV, 37) e del Vaticano (9952), si dà come la traduzione di uno scritto arabo di un certo Alchiranus non è altro che una delle recensioni, assai mediocre, della traduzione latina delle Kyranides, cfr. DELATTE, p. 9.

67 Dobbiamo scrivere Kyranides (Kupavi8Eç) o Koiranides (Kmpavi8Eç)? I titoli dei MSS. danno (tranne in R) solo KupavioEç per la raccolta completa dei 4

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teresse per il fatto che sono, con il Physiologus, l 'unico esempio di questo genere che sussiste pressoché completo, perché quest'opera è antica (alcune parti risalgono al I secolo della nostra era), infine perché si può seguire la sua influenza fino al Medioevo occidentale attraverso i Bizantini, i traduttori siriani e gli Arabi68•

Come pubblicata, è un'opera in quattro libri, i capitoli di ciascuno di questi libri essendo disposti in ordine alfabetico.

In questo insieme, bisogna innanzitutto distinguere due parti ori­ginariamente diverse, da una parte il l. I o Kyranis, dall' altra i libri II-IV o Koiranides.

A. La Kyranis

11 1. I è una sorta di trattato medico-magico in cui sono associati come "materiale medico" quattro esseri della natura - un uccello, un pesce, una pianta, una pietra - il cui nome inizia in greco con la stessa lettera. Così abbiamo per la lettera A: U!l1tEÀoç ÀEuKl) (uva bianca), àET6ç (aquila, uccello), àE'thT]ç (aetite o pietra aquilina), àE'toç (aquila, pescer. Segue una breve definizione di ciascuno di questi termini e, più o meno sviluppata, l ' indicazione dei rimedi che ne derivano70• I l legame che avvicina questi quattro oggetti non è, agli occhi di un antico, puramente esteriore e fortuito: scaturisce dalla magia delle lettere, dato che l ' idea di fondo è che una certa "simpatia" unisce questi esseri, in virtù dell' intenzione del Demiur­go che l i ha creati e che ha imposto il loro nome7 1 • Come leggiamo all 'inizio del l. I in una delle redazioni72: "Estratti d'Arpocrazione di Alessandria sulle virtù naturali di animali, erbe e pietre. Abbiamo

libri, essendo questo plurale derivato dal titolo Kupaviç del l. l (vedi infra). Ma i libri II-IV sono detti Kotpavi8eç nel prologo del redattore bizantino (infra, p. 246). Userò quindi Kyranides per designare l' insieme e, con WELLMANN, Kyra­nis per designare il i. I, Koiranides per designare i libri I l-IV. I riferimenti senza ulteriori indicazioni si riferiscono all'edizione di Ruelle (pagina e linea).

68 Su questa influenza, cfr. WELLMANN, Koir. , pp. 4-9. Per le Kyranides a Bisan­zio, cfr. CuMONT, Démétrios Chloros et !es Cyranides, Bull. Soc. des Anti­quaires de France, 1 9 1 9, pp. 1 75- 1 80.

69 La lista inizia sempre con la pianta: per il resto, l'ordine varia secondo le lettere, ma l ' uccello di solito figura al secondo posto.

70 La maggior parte di questi rimedi sono derivati dalla pianta e dalla pietra. 7 1 Cfr. REITZENSTE!N, Poimandres, p . 259 72 Paris. , 2256 (D), p. 227 Ruelle.

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disposto per ordine alfabetico, ogni lettera comprendente una pianta, un animale - volatile e pesce - e una pietra, essendo questi quattro in simpatia gli uni con gli altri". Allo stesso modo, il papiro di Mi­maut73 rende nota una ricetta di unione ( crucrmcrtç) al dio Sole, in cui questo è invocato secondo la forma che assume, il nome che porta e gli esseri che esso produce in ognuna delle dodici ore del giorno: per ogni ora, gli esseri prodotti sono, nel seguente ordine, un albero, una pietra, un uccello, un animale terrestre - per esempio, per la 2" ora74: "Alla seconda ora, tu hai la forma di un liocorno, tu generi l'albero persea, la pietra cerami te, l 'uccello halouchakos, sulla terra l ' icneumone".

Questo primo libro era intitolato Kupaviç dal nome di uno pseu­do-re persiano Kupav6ç, sia che questi fosse considerato l ' autore75, sia piuttosto che l 'opera fosse stata trovata nella tomba di questo Kyranos, così come viene detto ali ' inizio del trattato di Fiacco Afri­co76: Post antiquarum Kyranidarum volumina [ . . . ], inveni in civitate Troiana in monumento reclusum praesentem libellum cum ossibus primi regis Kyrani qui 'Compendium aureum ' intitulatur, eo quod per distinctionemfactam a maiore Kyranidarum volumine cum dili­gentia compilatum est71•

Questa Kyranis costituiva un trattato autonomo78, era semplice­mente chiamato "il libro di Kyranos", e fu solo più tardi, quando un redattore bizantino ebbe aggiunto a questo scritto le Koiranides, che la Kyranis divenne il libro I dell 'opera intera. La più antica testimo­nianza di questa fusione è quella di Giorgio Sincello, dopo 1' 80679•

Della Kyranis esisteva inizialmente solo il testo attribuito a Kyra­nos e che possiamo dire ermetico, sulla fiducia dello stesso prologo

73 PGM., III , 495 ss. 74 lvi, 503 ss. 75 pipÀ.oç atitT) Kupavoù 3 . I : cfr. 3.5, 4.5-6 e trad. lat.: Liber physicalium virtu­

tum ( . . . ] collectus ex libris duobus: ex prima videlicet Kyranidarum Kyrani, regis Persarum, ecc., p. 1 3 . 1 -3 Delatte.

76 Cito da DELATTE, Textes latins, p. 2 1 3.5- 1 1 . Vedi anche THORNDIKE, I l , p. 233, n. l . Per le diverse forme del nome dell 'autore e i manoscritti di questo opu­scolo, cfr. THORNDIKE, IJ, p. 233, n. 2 e 3; DELATIE, pp. 2 1 0-2 1 1 .

77 Vedi anche Vindob. , 5289, fol . 2 1 (THORNDIKE, p. 233, n. l ) : tractatus de se p­te m herbis et septem planetis qui dicitur inventus in civitate Troiana in monu­mento primi Regis Kirani.

78 Cfr. 3 . 1 2 f:v murn OÈ 'tfi KaÀ.OUJ.UNll KUpavi8t 6.2, 49.23-24. 79 WELLMANN, Koir. , p. I l .

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(3.6): "Avendo ricevuto dagli angeli80 il dono incomparabile di Dio, i l dio Ermete Trismegisto lo condivise con tutti gli uomini dotati di intelligenza". Nel Matritensis 463 1 (l), dove i l prologo inizia solo con le parole che abbiamo appena citato81 , l 'opera è intitolata: "D'Ermete Trismegisto l 'Egiziano". Abbiamo qui il caso di un'ope­ra ermetica recante un titolo di fantasia (Kyranis ), come troviamo al­trove Kore Kosmou (Vergine del Mondo), Afrodite, ecc82• È a questo testo ermetico che risalgono, nel prologo, i paragrafi 3-483 che rac­contano il luogo comune della "scoperta della stele": "Nel l ibro pre­cedente intitolato Libro Arcaico84, ho raccontato la storia di questo l ibro, inciso in caratteri siriaci su una stele di ferro. In questo l ibro, intitolato Kyranis, sono trattate ventiquattro pietre, uccelli, piante e pesci . Ogni virtù di questi esseri è stata combinata e mescolata con altre virtù del corpo mortale, non solo per guarire, ma anche per in­cantare. È un' invenzione della natura, che il Dio sovrano maestro di tutte le cose e onnipotente ci ha accordato nella sua saggezza e che contiene le energie di piante, pietre, pesci e uccelli, la virtù nascosta delle pietre, la natura degli animali e delle bestie, le loro reciproche misture, le loro opposizioni e le loro proprietà".

Nel IV secolo, un certo Arpocrazione di Alessandria, forse lo stesso del grammatikos menzionato nelle lettere di Libanio85, ha ri-

80 La traduzione latina Dei donum magnum angelorum accipiens (p. 1 3 .6 De lat­te) dimostra che si deve leggere 9€0Ù Oropov JlÉYlO''tOV <(m'> ayyf>. .. oov Àa�ffiv, p. 3.6 Ruelle (Si trova la stessa omissione della preposizione all' inizio della Kore Kosmou [ 456. 1 1 - 1 2 Scott ] notò v ÙJl�pocriaç, o ai ljllJXUÌ ÀaJl�avEiv t8oç fxoucrtv <ànò> 9Erov), e non àyyÉMwv Àaoiç (ms. R = Paris. , 24 1 9, cfr. In­trod., p. x-xi).

8 1 Cioè tralascia i l § l (�i�ì..oç UUTIJ Kupavoù, ecc.). Il testo d i questo § l , seb­bene rovinato, nondimeno attesta già il carattere ermetico dell'opera: �i�ì..oç auTIJ Kupavoù <iìv ò?> 'EpJlEiaç (lege 'EpJlfiç) 8eòç [ . . . ] . Il resto è rovinato (àcptKÀttlÌV tà tpia Él; ÙJlcpOtÉpoov), e le correzioni di Ganschinietz (BNGI. , l, p. 359) non sono affatto soddisfacenti (àcpiEt KOÀÀT]tlÌV KtÀ.).

82 L'origine ermetica dell 'opera concorda molto bene con il tema della scoperta di una stele (cfr. Kore Kosmou), e il fatto che questa stele fosse nella tomba di un re Persiano si spiegherebbe naturalmente se, come Wellmann pensa (Koir. , pp. 4- 1 0), la Kyranis è stata scritta in Siria

83 Nel pezzo parallelo del prologo di Arpocrazione (§ I l , 5.29), l ' inizio è: "Que­sto libro, inciso su una stele di ferro temperato, è stato sepolto in un lago della Siria, come è stato detto nel libro precedente intitolato 'Libro arcaico"'.

84 i\pxa'iKft �i�ì..oç. Cfr. infra, pp. 249 ss. 85 367, 37 1 , 727-729 W. Nato in Egitto, questo Arpocrazione fu grammatikos ad

Antiochia, poi, sotto Costanzo, chiamato a Costantinopoli nel 358, P. W., VII

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elaborato questo primo testo per dame a quanto pare una versione più chiara. Il testo genuino di questa redazione di Arpocrazione si trova in un solo manoscritto, il Parisinus 2256 (D), e si tratta solo di estratti86• Tutti gli altri manoscritti danno solo il testo riformulato di cui si sta per parlare.

Arpocrazione aveva intitolato la sua redazione: "Libro Tera­peutico venuto dalla Siria. Arpocrazione, per sua figlia, ha scritto questo"87; inoltre, l'aveva fatta precedere da un prologo originale88• L'autore vi raccontava come, essendosi recato nel paese di Babi­lonia e avendo soggiornato in una città chiamata Seleucia, avesse incontrato un vecchio che gli mostrò tutte le cose, e in particolare, a circa quattro miglia dalla città, in un santuario in mezzo a torri, una stele di cui gli indigeni dicevano che era stata portata dalla Siria e consacrata in questo luogo per il trattamento dei malati della città. Su questa stele era incisa in caratteri stranieri89 un' iscrizione di cui riproduce il testo. È una serie di esametri90 in cui si annuncia l'ar­gomento della Kyranis (5 . 1 7-20); poi arriva un poema sul destino del l'anima, qui sulla terra prigioniera della Necessità, ma destinata dopo la morte, una volta l ibera dai legami del corpo, a vedere Dio che regna su tutta la natura (5 .20-28). Questo pezzo, dall 'aspetto nettamente gnostico, rientra in una delle correnti de li ' ermetismo fi­losofico. I l resto del prologo - l ' incontro con i l vecchio, la visita di un santuario (preceduto da 365 gradini), la scoperta della stele, la traduzione di un testo straniero - è: solo un tessuto dei soliti luoghi comuni dell 'apocalittica.

Poiché la revisione di Arpocrazione risale al IV secolo, la pri­ma redazione, ermetica, della Kyranis deve risalire almeno al III secolo della nostra era. Avremmo su questa versione ermetica una

241 O. Tuttavia GossEN ap. P. W., VII 241 6-24 1 7 distingue A. di Alessandria dal precedente.

86 P. 227 Ruelle. init. ÈK -ròiv roù Ap1toKpa-rirovoç roù AÀ.eçavlìpéroç KtÀ. Sull'o­riginalità di questo testo, cfr. WELL�IAJ'.o'N, Koir. , p. 12 . Wellmann confronta in particolare 48. 1 (A) e 248 (D) dove l 'autore parla in prima persona (doov tyw).

87 4. 8 ���Àoç à.nò �upiaç SepaneunK�, KtÀ. in A e I: ���À.oç Kotpavìç Sepaneu­TL�, KtÀ. R. È possibile, in realtà, che questo titolo sia dovuto al redattore bizantino che ha riformulato le due redazioni di Ermete ed Arpocrazione.

88 § 6- 1 1 , pp. 4.8-6.9. 89 napoiKotç, 5 . 1 1 . O "persiani", leggendo nepcrtKoìç (Ganschinietz, BNGI. , I ,

p. 363). 90 Se si adottano i restauri di Ganschinietz, BNGI. , I l , pp. 446-447.

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testimonianza molto più antica se, come propone Ganschinietz91 , si potesse applicare al nostro testo ciò che è detto della KupétWT) nella Tragodopodagra di Luciano. In una lunga strofa che fa la parodia del l 'enfasi tragica, la Gotta si vanta del suo potere invincibile al quale nessun rimedio resiste. Descrive i rimedi usati - ogni sorta di pianta, escrementi d'uomo o d'animali , bestie impure o puzzolenti, metalli , infine tutte le materie, succhi e linfe che si possono preleva­re dall 'animale, dalle ossa all'urina - e bisogna ammettere che que­sti rimedi sono molto simili a quell i dei Physika in generale e della Kyranis in particolare. Questi rimedi devono essere bevuti quattro o otto volte, la maggior parte in sette volte. "Di più", continua la Gotta (v. 1 7 1 ss.), "questo si purifica prima di bere la pozione sacra; quello si lascia catturare dal fascino delle imposture; un altro folle, è un Ebreo che lo inganna con i suoi incantesimi; un ultimo infine è an­dato a cercare un trattamento nella Kyrannè, 9Eparrciav èì.aPE rrapà rijç KupétWT)ç (v. l. Kotpétvou )" . Il contesto non ci permette affatto di dubitare che qui si tratti di un libro di magia medica da mettere sullo stesso piano delle Èrraotòai dei Giudei e altri ciarlatani : sarebbe perfettamente appropriato al nostro testo, ed è una congettura sedu­cente quella di vedere in questo passo di Luciano un'allusione alla Kyranis di Ermete.

Tuttavia, il testo che leggiamo oggi non è il testo originale di Trismegisto, né (tranne in un manoscritto) quello di Arpocrazione. È una rifusione, realizzata da qualche editore bizantino tra il IV e l 'VIII secolo, in cui le due redazioni precedenti sono state più o meno combinate insieme. L'inizio stesso del l'attuale prologo (3.2-5, secondo A) attesta questa fatica redazionale: "Libro delle virtù na­turali , delle simpatie e antipatie, formato dall 'assemblaggio di due libri, quello di Kyranos re dei Persiani (è il l. I delle Kyranides) e quello di Arpocrazione di Alessandria dedicato a sua figlia". Ci sono molte altre tracce di questa fusione nel testo attuale, ad esem­pio ( 4.6-7), "tale è il prologo di Kyranos: quello di Arpocrazione è i l seguente" (8.28), "finora Kyranos e Arpocrazione sono d'accordo: ma, da qui, Kyranos differisce e parla così "92, e la conclusione della Kyranis ne porta ancora il segno (49.23 ss.):

91 BNGI, l , p. 354. D'altra parte, se il nostro A. differisce dal grammatikos, gli s i può riferire un'allusione in TERTIJLLIANO, de corona 7 (c. 2 1 1 ), cfr. P. W., VII 24 17.4 1 .

92 Vedi anche: 10.9, 1 1 . 1 1 , 2 1 . 14, 22. 1 7, 23. 1 8, 24.22, 28. 19, 42. 15 e 21 , 43. 1 9, 48. 1 .

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Così finisce il libro di Arpocrazione, e non ne abbiamo trovato nes­sun altro nella cosiddetta raccolta delle Kyranides. Per quanto riguarda questo libro, tutti i luoghi in cui Arpocrazione differisce da Kyranos93 o questi da quello, li ho appuntati in ordine, e dalle due opere, come si vede qui, ho composto questo libro senza passare niente sotto silenzio.

Ci sono altri esempi di rifacimenti simili nel periodo bizantino, ol­tre al Physiologus e i Geoponika. Due manoscritti astrologici offrono un caso piuttosto piccante94: "Questo lunarium ( crEÀTJV08p61J.toV) è stato composto sulla base di due libri : uno della mano del ierogram­mata Melampo, indirizzato a Nechepso re d'Egitto; l 'altro è stato scoperto a Eliopoli d'Egitto nel tempio, nel santo dei santi, inciso in caratteri sacri (geroglifici) sotto il regno di Psammetico95; è stato scritto dai saggissimi ierogrammati, seguendo da un capo all'altro l ' intero corso della luna, ed è stato dato al re. E noi, dopo aver letto questi due libri, li abbiamo trasformati in uno, come si vede qui96• Inoltre, ho anche fuso sin dali 'inizio le figure97 della Luna".

B. Le Koiranides

Le Koiranides, vale a dire i l contenuto dei libri II-IV delle presen­ti Kyranides, hanno costituito, anch'esse, un'opera originariamente autonoma che rimane ancora, in fmma separata, in due manoscritti, il Parisinus 2502 (M)98 e il Vindobonensis med. gr. 23 (W), derivato dal medesimo archetipo come M. In questi due manoscritti, che han­no solo il testo dei libri 11-IV, il titolo Kyranides manca e la parola

93 Gli estratti di Arpocrazione sono: pro l., 6-1 O ( 4.8-5.28), A, 1 - 1 9 (6. 1 1 -8.27), 30-37 ( I O. I I - 1 1 . 1 0), 39 ( 1 1 . 1 8-23), B I -H I S ( 1 2. 1 -2 1 . 1 5), 8 1 -n36.

94 Parisin. , 1 884, fol . I SO v. = CCAG., VIII, 4, p. l 05. 1 -9; Bero/in. , 1 73, fol . 1 77 v, cfr. CCAG., VII, p. 62. Vedi anche infra, pp. 269 s. Il tonitruale edito da Boli, CCAG. , VII, pp. 1 63- 1 67, è ugualmente composto sulla base di due fon­ti, un calendario lunare (che risale, in parte, fino a Eudosso), e un calendario solare preso a prestito da Giovanni Lido o dalla fonte di Lido.

95 'PUJlJlT]Tixou Par. : 'PCIJlLXOU Ber. 96 Eiç Ev mJVETal;aw:v Ka9roç lJltOKELTCll, cfr. Kyr. , 50. l , ÈK TWV clJl!pOTÉpwv roç

imoTÉTCIKT<XL. cruvÉral;a TÒ PtPA.iov. 97 crxflJlaTa. Può trattarsi sia di fasi della Luna sia di "aspetti" ( O'XTlJlCITCI, configu­

rationes: cfr. supra, p. 1 27) o associazioni poligonali della Luna con gli altri pianeti o con i segni zodiacal i.

98 Lapidaires grecs, II, 2, pp. 275 ss. Ruelle. M è illustrato (fac-simile all' inizio dell'e­dizione Ruelle, II, l ), W non ha il lustrazioni e sembra dunque indipendente da M.

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non si trova da nessuna parte nel testo; in cambio, il l ibro è formal­mente designato come ermetico: "Libro Breve ( crUV'tO!J.Oç) medico di Ermete Trismegisto secondo la scienza astrologica (!laell!lU'ttKfJ) e gli influssi naturali (occulti) di animali, pubblicato all'indirizzo del (ÈKOo8Eicra npòç) suo discepolo Asclepio"99• D'altra parte, in un pas­so dei Geoponika (X, 6), un autore senza nome che parla in prima persona100 annuncia che sta per presentare una lista dettagl iata dei pesci, sulla base degli insegnamenti di Asclepio, Manetone, Paxamo e Democrito. Democrito è Bolo di Mende; Manetone si riferisce alla <l>ucrm'òv È1tt'tO!J.ft, sicuramente apocrifa e dipendente dalle Physika di Bolo; Paxamo è l'autore di un noto l ibro di cucina (l sec. a.C.): rimane Asclepio che, secondo tutte le apparenze, designa il nostro la­voro ermetico "dedicato ad Asclepio", solo questo nome "Asclepio" servendo come titolo per l ' intera opera come nel caso dell'Asclepio latino, traduzione di un "Libro sacro di Ermete Trismegisto indiriz­zato ad Asclepio"10 1 • In effetti, il IV libro delle Kyranides contiene un trattato sui pesci, e questo libro, come gli altri due, cominciava con un catalogo, conservato solo nella versione latina.

Le Koiranides formavano un bestiario in cui gli animali erano studiati in base alle lettere dell'alfabeto (Ka-rà cr-rmxEiov). Nell'opera originale, l 'ordine seguito102 era: l. I (Il Kyr. ) uccelli, II (III Kyr. ) ani­mali terrestri, III (IV Kyr. ) pesci. Questo è proprio l 'ordine ermetico, che corrisponde alla gerarchia degli elementi: fuoco - aria - terra ­acqua103• Come suggerisce il titolo, questo bestiario è essenzialmen­te medico. La descrizione dell 'animale è assolutamente succinta, in genere riassunta in una frase ali ' inizio del capitolo. Tutto i l resto concerne i rimedi che si possono trarre dali ' animale, da ogni parte del suo corpo, con l ' indicazione delle istruzioni per l 'uso. Questo tipo di rimedi è quello che si trova in tutti gli autori di Physika. La magia è forse meno importante che nella Kyranis, ma non è assente:

99 Questo titolo ritorna all' inizio di ogni libro, cfr. pp. 275, 283, 300 Ruelle. l 00 È senza dubbio il grammatico Didimo di Alessandria, I I I sec. d.C., cfr. WEL­

LMANN, Koir. , p. 39. 1 0 1 Cfr. WELLMANN, Koir. , pp. 38-44. 102 Conservato in MW (l. I l -IV solamente) e ND (l. I-IV). Gli altri (ARJ) inverto­

no uccell i e animal i terrestri. 1 03 Cfr. per esempio Stob. Herm. , Exc. XXIII (Kore Kosmou), 42 (uccelli - qua­

drupedi - rettili - pesci), XXV, 6-7 (uccelli - quadrupedi - rettili - anfibi), XXVI, 5-6, 19-23 .

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quindi si porta questa o quella parte in un amuleto10\ spesso inseren­dovi parole magiche105, oppure si pronunciano sillabe magiche106• La dottrina delle simpatie e antipatie circola in modo evidente in tutta l 'opera107• Nella descrizione dei rimedi, le Koiranides si incontrano più di una volta con la Kyranis 108.Questi rapporti mostrano che en­trambi i libri hanno utilizzato lo stesso modello.

Il "Libro Breve di Ermete Trismegisto" fu unito alla Kyranis, dal­lo stesso redattore bizantino che fuse insieme le due versioni della Kyranis, quella di Ermete e quella di Arpocrazione. Lo indica lui stesso nel prologo (4.3)109: "Avendo dunque diviso l ' intera opera (rò 1tàv <rUvray11a) in tre Kyranides 1 1 0, ho trattato i l materiale in ordine alfabetico a seconda di come le cose mi sono venute in mente1 1 1 • Le si è chiamate Koiranides 1 12 perché, tra tutti i libri che ho scritto 1 1 3, sono le 'regine' 1 14• Scopriamo che provengono da Kyranos, re dei Persiani. Ecco la prima, e questo è il suo prologo1 1 5 • Quella di Ar­pocrazione è la seguente". I l redattore ha quindi trasferito al "Libro Breve di Ermete" il titolo che spettava propriamente alla sola Kyra­nis, e, con un gioco di parole che lo iotacismo facil itava, ha spiegato

l 04 Cfr. tutti gli amuleti estratti dali 'orso, 5 1 . 7-52.2. l 05 Sesso della volpe portato in una vescica o pelle su cui è scritto in inchiostro di

Smirne tinbibilithi, 53.5. I 06 Kobelth6, mettendo un gatto vivo su un epilettico caduto a terra, 59. 17 . 1 07 Cfr. supra, pp. 235-236. 1 08 Concordanze notate da WEIHIANN, Koir. , p. 1 5 . Sono Kyr. , 6. 1 7 = Koir. ,

103.5, Kyr. , 1 2 . 1 5 = Koir., 90. 1 5, Kyr., 1 3 .27 = Koir. , 1 06.2 1 , Kyr. , 1 5. 1 6 = Koir., 87.30, Kyr. , 1 7. 1 = Koir. , 88.23, Kyr. , 22.7 = Koir. , 65.25, Kyr. , 3 1 .4 = Koir. , 1 08.22, 109. 1 , Kyr., 34.6 = Koir. , 93.22, Kyr., 37. 1 7 = Koir. , 1 1 8 .9, Kyr., 4 1 .7 = Koir. , 1 2. 1 -8, Kyr., 44.23 = Koir., 1 23 . 1 5, Kyr. , 46. 1 = Koir. , 1 23.25.

l 09 Allusione anche in 3 . 1 -2, ma il testo è rovinato: cfr. supra, p. 24 1 n. 8 1 . I l O Tre (tpEiç 4.3: cfr. tà tpia 3 . 1 ) non è chiaro. Non dovrebbe essere possibile

che si tratti dei libri, dato che questi sono quattro, e si dovrebbe dunque piut­tosto pensare all' insieme Apxa"iK� PiPÀ.oç (considerato come l " Kyranide, cfr. infra) + Kyranis (2• Kyranide) + Koiranides (3• Kyranide). Tuttavia in 4.6, l 'autore dice: "Questa è la prima" designando sicuramente la Kyranis.

I I I c:Oç ÈJ..l€J..lVTJJ..lOVEUtat A., 1 . : ÈJ..lVTJJ..lÒVEUtai: sicut digna recordatio rerum acce­dir, v. lat.

1 1 2 Kotpavi8Eç R: tutti gli altri hanno Kupavi8Eç. 1 1 3 Si legga (con WELLMANN, Koir. , p. I l ) t<ÒV aÀ.À.roV <J..lot> ypaqJEtç&v, cfr. v. lat.

aliorum meorum librorum. 1 1 4 pacriÀ.tcrcraç = Kotpavi8aç, cfr. Kotpavi8TJç ( ò) SoFoCLE, Antig. , 940 (p l.); PREI­

SIGKE, Sammelb. , 5829 (pJ.). 1 1 5 È i l testo 3.6-4.2.

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questo titolo con Koipavoç, "sovrano, re" 1 16• Ma né Kyranides né Koiranides è il titolo originale e autentico dei libri 11-IV: questo ti­tolo è "Libro Breve di Ermete [ . . . ]". È comprensibile, tuttavia, che l 'autore sia stato indotto ad unire questo "Libro Breve" alla Kyranis poiché si trattava, in entrambi i casi, di opere ermetiche di contenuto simile e del medesimo spirito: compiuta questa unione, il titolo Ky­ranides per l ' insieme diventava ovvio.

I l "Libro Breve" non era originariamente limitato a un bestiario. Ermete vi trattava anche piante e pietre, secondo l 'uso dei Phy­sika1 1 7 . Si legge in effetti alla fine della conclusione del libro IV1 18 :

Inoltre, la benedetta Natura ha ancora manifestato il suo potere in pietre, piante, erbe e acque1 1 9 • Le cose necessarie, senza le quali non si può vivere, come l' acqua, il fuoco, e inoltre ciò che riguarda l 'aria, il sole, la luce, ecc ., ce le ha date in dono. Per quanto riguarda le cose non necessarie per la vita, è di queste che ha reso difficile l' acquisizione [ . . . ] 1 20, come pietre preziose e metalli, di cui tratteremo nell'ordine. E prima di tutto, sotto la guida e per l' azione di Dio, studieremo i metalli che sono nella terra.

Queste parole sono evidentemente dal redattore bizantino. Ci mostrano, però, il fatto che, nel modello ermetico, questo redattore trovava un trattato di piante e di pietre. Infatti, gli autori arabi e latini del Medioevo ci hanno consegnato, su piante e pietre, un cer­to numero di frammenti ermetici (tratti da un "Libro di Ermete") che si può legittimamente attribuire a questa serie, ora perduta, del "Libro Breve"1 2 1 •

1 1 6 SERRUYS, Rev. Philol. , XXXII ( 1 908), pp. 1 58- 1 60, pretende che il titolo Kot­pavioeç; ("Rivelazioni Sovrane") sia il solo autentico, e respinge deliberata­mente la forma Kupavioeç;.

1 1 7 I Physika di Bolo �XEt xepì m>llxa6euòv Kaì àvnxa6etòiv <çc(:lwv, qmtòiv,> ì...i6wv Katà crtOtXEiov, cfr. SumA, s. v. BòiÀ.oç;.

1 1 8 In A solamente, 1 24. 1 0- 1 7. La prima parte della conclusione (Kaì raùta llÈV � 6eia q>ucrtç;) è comune (con alcune varianti) ad A ( 1 24. 7 -9) e M (3 1 1 , fine d i xepì d>òiv [d>a M] ròiv ìx6uwv). D non ha questa conclusione.

1 19 Termali e minerali . 1 20 Qui un incidente che ha rovinato i l testo: tva l'mep èlliixet t{fl àvayKaicp tou­

t(!) lì xapaçlltEìtat. 1 2 1 WELLMANN, Koir. , pp. 1 9-24. Forse è dal Libro Breve che proviene un her­

meticum incluso nei Prognostica pseudo democritei, c. 24 (cfr. J. HEEG, Abh. d. Pr. Ak. d. Wiss., 1 9 1 3 , n° 4, pp. 37, 53) : et iaspidem lapidem HER�IES

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Poiché il poema sui pesci di Marcello di Side (sotto Adriano) è direttamente ispirato dalle Koiranides, esse risalgono quindi almeno alla fine del I secolo della nostra era1 22. D'altra parte, confrontando i testi paralleli di Timoteo di Gaza, del Physiologus e delle Koirani­des, Wellmann123 ha dimostrato che questi tre testi derivano da una stessa opera di Physika del I secolo della nostra era, e questo lavoro è così fortemente segnato da influenze ebraiche che deve presumersi scritto da un autore palestinese: sembra plausibile identificarlo con i ct>umKa apocrifi del re-profeta Salomone124.

TRISMEGISTUS dixit stomachi magnum esse adiutorium ligatum ad collum et suspensum, ita ut linguam tangat: la ricetta indicata Kyr., 24.8 ss . Ruelle è un po' differente. Sulle virtù del diaspro (verde), cfr. anche NECHEPSO, fr. 29 Riess; DAWGERONE ap. MÉLY-RUELLE, II l , p. 1 33 .9 ss. (la ricetta manca nel Damigerone latino, P tTR.�, Spicil. Solesm. , III, p. 328, c. 1 3 ); Orphic lithica, 267 SS., e HEEG, op. cit. , p. 38 .

1 22 lv i , pp. 47-50 e , p iù in generale, sui testimonia relativi alle Koiranides, pp. 28-50. Su Marcello di Si de, cfr. WtLAMOWITZ, Sitz. Ber. Pr. Ak., 1 928, n° l , pp. 3 ss., i n particolare pp. 7 ss., e W. KROLL ap. P. W., XIV, 1 496- 1498, s . v. Marcellus, n° 56.

1 23 WELLMANN, Phys., pp. 44-50 (Die Quellen der Koiraniden). 1 24 Riassumiamo qui lo stato della tradizione manoscritta delle Kyranides (WELL­

MANN, Koir., pp. 24-28). (a) Koiranides (Kyr. II-IV) senza Kyranis (Kyr. l), dato come "Libro breve medico di E . Tr. ad Asclepio", secondo l 'ordine II ( l) uccelli, I I I (I I) animali terrestri : Paris., 2502 (M) e Vindob. med. gr. , 23 (W), con M illustrato. Questa redazione (MW) è dovuta a un discepolo di Atanasio (cfr. in M, p. 290 sul ragno e p. 3 1 1 conclusione: vedi anche WELL�IANN, Koir. , pp. 26-27), e non può quindi risalire a prima della fine del IV secolo. Ha servito come base per l ''la<ptKTÌ pipì..oç K. m:otXEÌov 7tEpÌ çc:l>cov di Simeone Seth di Antiochia (XI secolo) la cui tradizione manoscritta è migl iore di quella di MW. Numero di capitoli : in Il, 29; in III, 38; in IV, 44. (b) Kyranides I-IV secondo l'ordine II anim. terrestri, III uccel l i : traduzione latina del 1 168 il cui originale era migliore dei nostri MSS. attuali (contiene gli indici), quindi, Paris. , 2537 (A: del 1272), da cui deriva Mare. App. cl. IV, 36, Paris. , 25 1 0 (S), 24 1 9 (R), Matrif. , 463 1 (!); per 11-IV, Coislin. , 1 58 (C); alcuni altri hanno solo parti d i I o II. Numero d i capitol i : in I I , 40; in III, 44; in IV, 74. (c) Kyranides l-IV secondo l 'ordine II uccelli, III anim. terrestri: Mare. App. cl. V, 13 (N: del 1 377), Paris. 2 1 56 (D), Berol. gr. 1 73 (fragm.). Questa reda­zione segue MW per l 'ordine dei libri, la serie delle ricette e la forma del testo in II-IV. I l testo attuale è spurgato dagli elementi pagani (cfr. il prologo di N: WELLMANN, Koir. , p. 28 = CMAG., Il , p. 263) e posteriore alla metà del VII se­colo, perché si è util izzato l' Hexameron di Giorgio Piside (sotto Eraclio, 6 1 0-641 ), cfr. WELnt.�NN, p. 28. Numero di capitoli : in II, 28; in III, 37; in IV, 55.

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C. I l Libro Arcaico

Non abbiamo ancora però finito con le Kyranides. Nelle due re­dazioni di Ermete e di Arpocrazione, i l prologo della Kyranis allu­de a un libro precedente, intitolato "Libro Arcaico". Raccogliamo in primo luogo le quattro testimonianze che possediamo su questo ApxatKlÌ �i�Àoç: forse la natura di questi frammenti ci permetterà di individuare il carattere del l 'opera. Di queste testimonianze, due sono nella Kyranis (prologo125 e lettera H) 126, una presso l'alchimista Olimpiodoro127, l 'ultima infine nell 'opuscolo sulla peonia128 •

( l ) Kyranis, prologo di Ermete (3 . 1 1 ): "Ne/ libro precedente, in­titolato Libro Arcaico, ho raccontato la storia di questo libro, che è stato inciso in caratteri siriaci su una stele di ferro"129• - Prologo di Arpocrazione (5 .29): "Questo l ibro, che è stato inciso su una stele di ferro temperato, fu sepolto in un lago in Siria, come è già stato detto ne/ libro precedente intitolato Libro Arcaico".

Un po' più su (5 . 1 4- 16), in un passo disgraziatamente del tutto cor­rotto130, Arpocrazione menziona anche il Libro Arcaico, "venuto dalla Siria, dalla regione dove scorre l 'Eufrate", come precedente la Kyranis.

125 Kyr., 3. 1 1 (Ermete) e 5.29 s. (Arpocrazione). Vedi anche 5. 14- 1 6 (Arpocrazione). 1 26 Kyr., 20. 1 0- 14. 1 27 Al c h. Gr., l O 1 . 1 1 - 1 02.3 Berthelot. 1 28 CCAG., VIII, 2, p. 1 67.3 ss. (= VIII, l, p. 1 87. 16); cfr. supra, pp. 1 88 ss. Questo

ultimo testo è stato omesso da Wellmann nel suo diligente studio, Koir. , pp. 1 3- 1 9. 1 29 au'tll ti �i�A.oç I:uptaKoiç ÈyKexapayllÉV!l ypaJlJlamv tv crn'JÀ.n mo..,� tv Jlf:v

Tfi 7tpci:rrn autiiç i\.pxatJcfi U7t' EJ.LOÙ ÉpJlTJVEU8Eicra. Il participio ÉPJlTJVEU8Eicra (interpretata cod. v. l., interpretato Delatte; si deve leggere, penso, interpretatus, se. liber) ha valore qui di modo personale. Così Zosimo (Alch. Gr. , p. 230. 17 Berthelot) Kaì �À.É'I'at 'tòv 7tivaKa ov Kaì Bi'toç ypa'l'aç (= {;ypa'I'E : cfr. REITZEN­STEIN, Poimandres, p. 1 04, n. 1 ), Ippolito (Re.fut., p. 55.24 s. Wendland) llcm OÉ 'tOÙ'tO UU'tÒ Ò:VUYJ<UÌOV, i va n 7tapa8fi 'tOiç fficrì 'tOÙ 1tUÌOoç opyavov, O t. où 7tiiv llcrn <JTJJ.Liivat 8éA.oV'ta (= lì 8éÀ.Et: cfr. GANSCHIN!ETZ, Hippolytos Capite! gegen die Magier, 1 9 1 3, p. 4 1 , WELLMA.NN, Koir. , p. 14, n. 62). - Mantieni Tfi 7tprorn auTfjç (Tfi 7tpò 'tUU'Olç Wellmann sulla base del parallelo 6. 1 ) a causa di 20. 1 3 ( ffiç typaq>TJ f:v Tfi 7tprorn autiiç ['tfi cod.: correxi] �i�À.q> i\.pxa'iKfi KaÀOUJ..Ié."!l), ma tradurre "precedente", cfr. v. lat. in libro quidem priori.

1 30 JlÙ8oç 7tOÀ.Uq>8Eyytiç, 1tOMà. ìoffiv à8ava'tOOV �OUÀ.aiç, 5moç ecrmt OEU'tEpa �i�A.oç 'tOUVOJlU w;at 8eoù ti Kupaviç, OEU'tEpa �i�A.oç Ù7tÒ tiiç 1tPW'tllç 'Ap­xa'iJctiç [ò] Luptaooç oùcra, 57tOU poai xUVOV'tUt 1tO'tUJlOÙ Euq>pa'tOU = v. lat. ( 1 7. 1 0- 14 Delatte)fabula veri exempli multiplex ista, semper multa sciens et praecavens divinitatis immissiones quasi iste secundus liber dicatur nomine Dei Kyrani. Secundus liber de prima archai'ca antiqua syriaca existens, ubi

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(2) Kyranis, lettera H (20. 1 0- 1 4): "Upupa. È un animale che vola nell'aria, che è chiamato l 'upupa1 3 1 • Ha una cresta di sette colori, lunga due dita, che si alza e si abbassa. Lo stesso è di quattro colo­ri, come in relazione alle quattro stagioni dell'anno. Lo si chiama koukouphas o poupos 132, come è scritto su di esso ne/ libro prece­dente chiamato 'Libro arcaico '. Questo animale è sacro".

(3) Olimpiodoro, 1 0 1 . 1 1 Berthelot (sotto Giustiniano, VI sec.) : "E certamente anche l'uomo133, possiamo diluirlo e trasmutarlo me­diante proiezione13\ come disse il Filosofo [Ermete] 135 a Zosimo.

fiuminis Dei impetus Euphratis decurri:. Ganschinietz (BNGI. , II, p. 445, n. l ) propone: rr.o'J...À.à <doooç> doov à8av6.trov �ou'J...aiç, orr.roç ECJTat oeun:pa �i�'J...oç <fì> toi\vof.ta ì-..tl;etm � Kupaviç, oeutepa �i�'J...oç àrr.ò rijç rr.p&TI]ç Apxa'iKiiç <rijç àrr.>ò I:upuioo� eoùcra.

1 3 1 Si c A. R specifica: "E un uccello della Libia, ecc.", 5pve6v ecrn ì-..t�uK6v (e non 'J...o�tK6v, cfr. GANSCHINIETZ, BNGI., I, p. 353).

1 32 KOuKoucpaç C (KoUKocpaç A, KOUKoucpoç R), parola egiziana che si ritrova in Orapollo, I, 55. Si ha il genitivo KOKKouatoç PGM Il, I 8, il diminutivo KOK­Ko6.otov, i vi, VII, 4 I I , la forma KÒ.KOUq>oç (5 ecrnv aiyurr.ncrTÌ KUKKOU!pU1) iv i, III, 424. - rr.oùrr.oç è evidentemente una deformazione del lat. upupa.

I 33 Nel linguaggio degli alchimisti, "l'uomo" designa il metal lo stesso, personi­ficato: si dice l 'uomo-rame (xaì-..K6.v8prorr.oç), l 'uomo-asem ( àcnw6.v8prorr.oç), l 'uomo-oro (xpucr6.v8prorr.oç), cfr. Alch. Gr., p. 207. I -4 e le visioni di Zosimo, pp. I 07 ss., in particolare I I I . I 9 ss. BERTHELOT (Alch. Gr. , [Introduzione], p. 1 27) riporta le immagini del Paris. 7 147 (fol. 80 e ss.), che rappresen­tano i metalli e le diverse sostanze sotto la figura di uomini e re racchiusi in ampolle in cui si svolgono le operazioni. Vedi anche l 'Anonimo, 1 32. 17 Berthelot, Kaì EvTEÙ8EV (1ò cr<ÒflU, i l corpo metallico) ç4>ov EfliJIUXOV À.t'yETat np 8eropl11tKCiJTÒ.1(!) 'Epflfi, e BERTHELOT, La Chimie au Moyen Age, I, p. 26 1 . Si noti che in queste allegorie, la trasmutazione di un metal lo in un altro è pa­ragonata alla morte del l'livElprorr.oç che resuscita in rr.vEÙf.ta. Di qui il senso del nostro testo in cui si parla di un uomo maledetto e trasformato in una bestia dal sole (o l 'oro), simbolo del metallo che passa da uno stato all 'altro.

1 34 Err.t�aì-..Eiv (o Err.t�6.Metv), <roç> q>llcrtv 6 cp. KTÀ., p. I O 1 . 1 1 Berthelot ( €rr.t�6.ì-..­'J...ov q>llcrìv A, rr.t�6.ì-..at (sic) q>llcrÌ M). Per il significato, cfr. Err.t�6.ì-..ì-..Etv 68.4, Err.t�o'J...ai 58. 1 = "proiezioni" o reazioni chimiche destinate a produrre la tra­smutazione dei metal l i . Vedi anche 57.22 (= Mag. hell. , II, p. 3 1 3 .22): Ostane oùK EKEXPllTO miç T<ÒV Aiyurr.rio.w Èrr.t�o'J...aiç oùoÈ òrr.t�crecrtv, à'J...'J...' lll;roElEV 8téXPte tàç oùcriaç, e, su questo testo, le note di BERTHELOT, Alch. Gr. , III (traduzione), p. 6 1 , n. 3 (e 73, n. 3), e di BmEz, Mag. he/l. , Il, p. 3 1 4. Per la "trasmutazione", il metodo egiziano di proiezione (di alcuni materiali sui metal li) si opponeva alla via cosiddetta umida ("metalli colorati mediante ri­vestimento, semplice vernice, oppure lega superficiale").

13 5 Il contesto porta ad identificare ò cptì-..Ocrocpoç in Ermete, e tale identificazio­ne è confermata da 73.2 ss. dove, dopo aver citato un "detto d'Ermete" ("i l

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L 'ermetismo e le scienze occulte 25 1

Egli affennò infatti : ' Io ho dimostrato che questo vivente qui è sul modello del vivente cosmico' 1 36• E di nuovo, nella Pyramis 1 37, Enne­te, facendo un'allusione enigmatica al vivente, disse che i l vivente è nel senso stretto l 'essenza della crisocolla e dell'argento138; infatti, questo vivente è chiamato i l 'crisocosmo' 1 39• Ennete riferisce in ef­fetti che l 'uomo è il gallo che è stato maledetto dal Sole140• Egli lo racconta nel 'Libro Arcaico '. Fa anche menzione della talpa, egli dice che anche la talpa era una volta un uomo: ma è caduta in male­dizione presso Dio, per avere rivelato i misteri del sole (oro), ed egli I 'ha resa cieca. E in verità, se essa viene vista dal sole, la terra non

grande trattamento è la lisciviazione del minerale" ri]v nì.:Umv n;ç IJfétllf·.LOu ), Olimpiodoro riprende: "Ah, qual è la generosità del filosofo!", poiché, solo tra tutti gli antichi, ha "chiarito l 'operazione e chiamato le cose con il loro nome" (òvo11a<ITÌ. 1:ò elooç èl;einEV). Si noti che Ermete è qui chiamato un uomo (n6.vcrO<poç àvi]p ) .

136 È'tEK�-!llPét!lllV Wç ÈK 'tOÙ KO<J!llKOÙ (se. ScPOU) 'tOÙ'tO <tò> sé!>ov dvat, p. ] 0 1 . 1 2 Berthelot. Qui, come Il. 1 4 e 1 5, si deve scrivere sc!>ov (Ruelle corregge ovun­que in w6v), cfr. 1 0 1 . 1 4 e 1 5 dove M ha sc!>ov (analogamente A, l. 1 4, K, l. 1 5). Nel paragrafo precedente, a cui si riferisce il nostro testo, si parla soltanto del l 'uomo (u. microcosmo 1 00. 1 8 ss., u. KO<J�-LtKòv lllJ.!lllla 1 0 1 .9: si noti che questa è anche una dottrina ermetica, l 00. 1 8), e analogamente nell' immedia­to prosieguo del nostro testo. Tale è la dottrina, classica nell'ermetismo, dei rapporti tra lo sc!>ov KO<JillKOV e lo sc!>ov umano, cfr. C.H., IV, 2 KO<J�-!OV OÈ Seiou <JW�-LU'tOç Ka'tÉ1tE�-!IJIE 'tÒV èivSpwnov, scllou à.Savétwu sc!>ov Svr]t6v, VIII (tre sc!>a: Dio, mondo, uomo), ecc. ,

137 ÈV tft Ilupa11iot M: KUpavi811 A, KUpavi8t K. E necessario leggere con il mi­glior manoscritto (M) "Pyramis", perché non si vede cosa ci farebbe un afori­sma alchemico nella Kyranis.

138 KUpiwç oùcriav Kai J(pU<JOKOÀÀllç Kaì àpyùpou, p. l O 1 . 1 4 Berthelot. Scrivi àp­yùpou e non crEÀ.tlVllç: l 'archetipo portava il segno della Luna che, in alchimia, significa "argento", cfr. CMAG., VIII (Alchemistica signa), p. l e passim.

1 39 KaÌ yàp <toùto> 'tÒ sc!>ov (t6crov 'tÒ sc!>ov A) 1tpOcrKaÀ.EÌ'tat 'tÒV (il segno del Sole) KO<J�-LOV (sic MA). Il segno del Sole + KO<J�-LOV = JCPU<JOKO<J�-LOV (senza dubbio equivalente a JCPUcrétvSpwnov, cfr. p. 250, n. 1 33). Lo stesso segno indica sia il sole che l 'oro: da qui il simbolismo del nostro testo in cui �À.toç e JCPUcr6ç sono costantemente utilizzati l 'uno per l 'altro.

1 40 KatapaSèvta unò toù tlÀ.iou, p. l O 1 . 1 6 Berthelot. La correzione Kam<pwpa­Sévm (''preso sul fatto, colto in flagrante delitto") di Wellmann (Koir. , pp. 1 6- 1 7) in considerazione della leggenda d'Alectrione (Cfr. LuciANO, Gal!. , 3) mi sembra sbagliata, cfr. SeoKatétpawç, l O 1 . 1 8 e KU'tl'lPUilÉVov unò toù tlÀ.iou C.H. , Il, 1 7 (su questo testo, cfr. Harv. Theol. Rev. , XXXI 1 938, pp. 1 3-20). Per di più i l simbolismo dell 'uomo-metal lo richiede una sorta di morte, (castigo) dell' uomo, cfr. la 2• visione di Zosimo ( 1 1 5 . 14 ss.), in cui si parla continuamente di una K6À.amç.

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la riceve più nel suo seno fino alla sera. Egli afferma che è per aver visto la forma del sole (oro) com'era (o ' la natura della crisopea') 1 4 1 • E l 'ha esiliata nella terra nera per avere agito contro la regola e per avere rivelato i l mistero agli uomini"142•

( 4) Trattato della peonia143: "Essa (la peonia) è chiamata consa­crata ('tE'tEÀ.f:O')lÉVIl) ne/ libro precedente intitolato Libro arcaico" 144• Il prosieguo del testo ci spiega come viene consacrata la pianta. Si attacca alla peonia, con un filo di seta grezza, una pelle di foca pre­cedentemente consacrata, anch'essa, al momento della dissezione, "come ti è stato detto in quel libro sacro, nel capitolo delle dissezio­ni'' 145 . Si usano inoltre (l'autore non dice come) una ceramite, una siderite e una berillite, e la pianta viene fumigata in cerchio pronun­ciando due preghiere. Quindi viene scalzata ed estirpata con cura, e si scopre che, con queste operazioni, la pianta è ora consacrata146•

Mi sembra indubitabile che le parole "in questo libro sacro" (Èv 'tUU'tTI Tfi iEpçi �i�Àq:> p. 1 67 .5 1 ) si riferiscano all'unico libro men­zionato fino ad allora ( 1 67.3), cioè al "Libro Arcaico" 147• Quindi il "Libro arcaico", nel capitolo "Sulle dissezioni" (7tEpì àva'tO)l<ÒV), trattava il modo di consacrare la pelle di foca, nel momento in cui la bestia era sezionata (Èv 'tfi àva'tO)lfi auTfjç, scii. Tfjç <pmKT]ç). È solo attraverso il contatto con questa pelle consacrata che la peonia è consacrata a sua volta. Infatti , diverse parti della foca svolgono un

1 4 1 ri)v JlOpq>�v wù �Àiou ònoia �v, p. 1 02 . 1 Berthelot.: ri)v !lOPq>�v n;ç (segno del Sole) 1tOttaç (= xpucro1totiaç) A, forse da preferire. La crisopea è la fabbri­cazione del l 'oro, che deve rimanere naturalmente un mistero.

142 Questa leggenda della talpa ritorna nelle Koiranides (1. Il AR), p. 54. 1 àcrq>a­À.aç ecrtìv çQ'Jov mq>Àòv uJtoKatro yfjç q>roÀ.t:ùov Kaì �aoiçov· eàv of: ion tòv �Àtov, ouKEn OÉX€mt � yi;, àUà tEÀ.€Ut�. M (l . III, p. 286) ha la variante inte­ressante �Àtov Il� �À.É1trov· �-tàÀ.Àov toùto ò �Àtoç oux òp�, E1tàv of: ionwùto, ou OÉXE't(ll KTÀ.

1 43 CCAG. , VJII, 2, p. 1 67.3. 144 ev Tfi 1tpò muTT]ç �i�Àro A.pxa'iKft KaÀOU!lEVJl, esattamente lo stesso testo di

Kyr., 6. 1 . 145 Ka8ci:Jç 0'01 ElpTJml f:v mutn Tfi tEp� �(�À.<p, 1tEpÌ QV(l'tOJ.U'òv 1 67.2 1 . 146 169.7- 1 1 . 147 Si tratta anche d i un libro sacro Kyr., 7.22 (a proposito dei rimedi tratti dalla

brionia o vite bianca): "In questo l ibro sacro (f:v mu-n Tfi iEp� �i�ÀC!)) ho tro­vato la seguente ricetta: dopo aver mescolato un decotto di foglie della pianta a una quantità uguale di vino bianco, fanne bere per 7 giorni e il malato sarà salvato". Tau-n non si spiega, perché non c'è nessun riferimento a un qualche libro nel precedente testo della lettera A.

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ruolo nella magia, come strumenti profilattici o di buona fortuna, per esempio Kyr. 2 1 .25 ss. : "Prendendo quindi da una foca marina i peli che stanno tra le sue narici e la sua bocca, una pietra di diaspro verde, il cuore e il fegato di un upupa, una radichetta di peonia o gli­ciside148, del seme di verbena, del sangue cosmico di crisantemo149, la punta del cuore di una foca, e ancora la cresta che si trova sulla testa d eli 'upupa, tu avrai una ricetta più potente di tutto ciò che si è detto. Dopo aver avvolto i l tutto, con un po' di muschio, nel balsamo dei quattro ingredienti, mettilo in una pelle d'icneumone o di foca o di giovane cerbiatto o di avvoltoio, e portalo, essendo in uno stato di purezza"1 50.

Dalla prima delle nostre quattro testimonianze (Kyr. prologo), non possiamo concludere nulla, a quanto sembra, sul contenuto del Libro Arcaico. Ma gli altri tre frammenti vanno tutti nella stessa direzione. Il fr. 2 tratta dell'animale sacro chiamato koukouphas o upupa, i l fr. 3 della leggenda del gallo e della talpa trasformati da uo­mini in bestie, il fr. 4 della consacrazione della foca e delle sue parti (e, per derivazione, di quella della peonia). Quindi tre testi su quat­tro riguardano gli animali, ed è lecito pensare con Wellmann151 che il "Libro Arcaico" fosse una sorta di bestiario, una qmcrtKlÌ imopia nel gusto della Physika di Bolo il Democriteo, in cui si mettevano in risalto le virtù occulte ( qn)crEtç) degli animal i . Questo l ibro medi­co-magico è necessariamente anteriore alla Kyranis . Può datare dal I o dal II secolo della nostra era.

L'analisi delle Kyranides ci ha quindi permesso di riconoscere che l 'ermetismo ha avuto un posto di rilievo nella letteratura me­dico-magica della Physika nata in Egitto nel II secolo prima della nostra era, poi diffusa in tutto l 'Oriente dove doveva avere, fino al Medioevo, un'influenza così profonda. A questo genere letterario, il Trismegisto ha contribuito con almeno tre opere: il "Libro Breve medico indirizzato ad Asclepio" (Koiranides = Kyranides II-IV), il "Libro Arcaico" e infine la Kyranis. Questi scritti si occupano

1 48 R aggiunge: " una radice consacrata (ànoTETEÀEcrJ.UNov), come è stato detto". 1 49 Cfr. 44. 1 2 ss. Si tratta di piccole formiche nere che si trovano nel cuore del

crisantemo e con cui si fa una sorta di preparazione detta "sangue cosmico". 1 50 Vedi anche l 0. 1 7 ss., 76.24 ss., 1 20.25 ss. 1 5 1 WELLMANN, Koir. , p. 1 7.

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principalmente di rimedi presi da animal i : ma non dimentichiamo che, nella parte ora perduta delle Koiranides, erano date come cura piante e pietre. Inoltre, l 'opuscolo sulla peonia testimonia l ' interesse del l 'ermetismo nei confronti dei semplici . Per quanto riguarda la voga delle pietre nella letteratura ermetica, ne abbiamo una prova diretta in parecchie ricette della Kyranis, e una prova indiretta nel prologo dei Lithika pseudo-orfìci 152 in cui l 'autore ci mostra Ermete che rivela ali 'umanità le virtù occulte delle gemme:

Esortato a concedere ai mortali il dono di Zeus, che rimuove i mali, il figlio benefico di Maia è venuto a portarcelo, così da poter avere un fermo sostegno contro l ' infelicità. Ricevetelo, felici mortali, lo dico a coloro che sono saggi, la cui anima ben disposta obbedisce agli dei im­mortali. Ma agli stolti non è permesso ottenere questo beneficio senza immistione.

1 52 Ed. ABEL, Orphica ( 1 885), pp. l 09- 1 35; da cui RuELLE ap. DE MÉLY, Lapidai­res Grecs, Il, l , pp. 1 37- 1 59.

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CAPITOLO VII L 'ERMETISMO E L'ALCHIMIA 1

L'alchimia ha una lunga storia che non spetta a me qui ripetere2. Il mio scopo è semplicemente di precisare il ruolo dell'ermetismo in questa pseudo-scienza. E ancora mi limiterò al periodo greco-romano, lascian­do da parte la letteratura ermetica dell'alchimia tra i SirianP, gli Arabi4

Per questo riassunto, oltre le opere di BERTHELOT ( Origines de l 'alchimie, 1 885; Collection des anciens alchimistes grecs, 3 voli. 1 887 [citato Al c h. gr. ], la cui introduzione è stata ristampata separatamente nel 1 889: cito secondo la prima edizione [citata Introd.]), l 'articolo Alchemie di RIEss (P.W., I, 1 338 ss.) e H . DIELS, Antike Technik (citato A. T.), 2 ' ed. 1 920, pp. 12 1 ss. (Antike Chemie), util izzo soprattutto E. O. voN LIPPMANN, Entstehung und Ausbreitung der Alchemie (citato LIPPMANN, I o II), 2 voli . I ( 1 9 1 9), II ( 1 93 1 : E in Lese- un d Nachschlage-Buch) e l 'articolo recentissimo di W. GUNDEL (Alchemie) nelle RAC. Textes grecs: Alch. Gr. , II (traduzione, t. III) assai malamente pubbli­cate da Ruelle per Berthelot. - Censimento dei manoscritt i : Catalogue des manuscrits alchimiques grecs (CMAG.), Bruxelles 1 924 -: cfr. il mio artico­lo Alchymica, neii 'Antiquité Classique, VIII ( 1 939), pp. 7 1 -95, e A. REHM, Zur Ueberlieferung der griechischen Alchemisten, in Byz. Zeitschr. , XXXIX ( 1 939), pp. 393 ss.

2 Cfr. supra, n. l e A. MIELI, Pagine di Storia della Chimica, Roma 1 922 (bi­bliografia, pp. 238-245); gli Studien zur Geschichte der Chemie (Festgabe E. O. v. Lippmann, citato Studien), Berlin 1 927, e diversi articoli apparsi nelle riviste Isis (ed. Sarton) e Archeion (ed. Mieli). La bibliografia più recente ( 1 942) in GUNDEL, 259-260.

3 Cfr. BERTHELOT, La Chimie au Moyen Age (citato Ch. M.A.), 1 893, t. II, L 'Al­chimie syriaque (in collaborazione con Rubens Duval).

4 Cfr. Ch. M.A., I I I , L 'Alchimie arabe (in collaborazione con O. Houo.>.s); M. STEINSCHNEIDER, Die arabischen Uebersetzungen a.d. griechischen, Leipzig 1 897, § 1 40 (Alchemie), pp. 356-366, e soprattutto J. RusKA, Arabische Al­chemisten, l (Chdlid Ibn Jazid) e II (Dja- far al-Sddiq, der sechste Imam), Heidelberg 1 924; Tabula Smaragdina, Heidelberg 1 926 (su cui, cfr. l 'ec­cellente recensione di M. PLESSNER, Neue Materialien zur Geschichte der Tabula Smaragdina in Der Islam, XVI ( 1 927), pp. 77- 1 1 3 ; in particolare, p. 80, n. l e 2, alcune correzioni di Bergstrasser ai testi greci analizzati da Ruska); Turba philosophorum (Quelle n u. Studien z. Geschichte d. Na-

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e i Latini del Medioevo5• La parola "alchimia" come è risaputo, è araba (alkimiya), formata

dall'articolo arabo al e da un sostantivo pre-arabo la cui etimologia è discussa, alcuni facendola derivare dal l 'egiziano chemi (nero), ­da cui il greco xru.tia che designerebbe sia l 'Egitto = "la terra nera" secondo Plutarco6, sia "il nero", materia originale della trasmuta­zione che, sbiancando e ingiallendo, diventa argento e oro -, altrF vedendovi un derivato di xUflU (fusione del metallo )8• Gli antichi, secondo un'usanza tradizionale, riferivano il nome e la cosa a un mitico fondatore, Chémès, Chimès o Chymès.

Qualunque cosa fosse la parola, nessun dubbio è possibile sul l'o­perazione in questione: è la produzione di oro e argento o, più preci­samente, la trasmutazione dei metalli comuni - rame, ferro, stagno, piombo9 - in oro e argento, questa trasmutazione riducendosi, m breve, a tre procedimenti:

tintura superficiale di metalli di base mediante una debole aggiun­ta di metalli nobili (doratura e argentatura);

turwissenschaften, l, 1 93 1 ); AI-Riizi s Bue h Geheimnis der Geheimnisse (Quel/en u. Studien, ecc., VI, 1 937) e numerosi articoli in lsis, Archeion, Der ls/am, ecc., in particolare Chemie in lriiq und Persien im l O Jh. , Der /slam, XVII ( 1 928), pp. 280 ss. Sui lavori di Ruska, cfr. J. Ruska und di e Geschichte der A/chemie, Festgabe zu seinem 70. Geburtstage, Ber !in 1 93 7 (ivi, pp. 20-40, elenco delle opere di Ruska). Per un primo esame dei pro­blemi della letteratura alchemica araba, vedi l 'eccellente sintesi di Ruska, Que/ques problèmes de /ittérature alchimique negli Anna/es Guébhard-Sé­verine (Neuchatel, Svizzera), VII ( 1 93 1 ) , pp. 1 56- 1 73 .

5 Cfr. Ch. MA., t. l; ToRNDIKE, Hist. of Mag. , t. Il ( 1 929), pp. 2 14-220 e 777 ss. (Experiments and secrets of Gale n, Rasis and others: II Chemica/ and Magica!). - Recensione dei manoscritti latini: (Gran Bretagna e Irlanda), D. W. SINGER, Catalogue of lati n and vernacu/ar alchemica/ manuscripts . . .

from before the XVI century, Bruxelles, 3 voli. 1 928- 1 93 1 ; (Stati Uniti e Cana­da) W.J. WILSON, Catalogue . . . , Bruxelles 1938; (Paris) J. CoRBETT, Catalogue des manuscrits a/chimiques /atins l (Manuscrits . . . de Paris antérieurs au XVIIe sièc/e), Bruxelles 1 939.

6 /s. Os. , 33: cfr. REITZENSTErN, Poimandres, pp. 1 40 ss. 7 Così DIELS, A. T., pp. 1 23 - 124. Etimologia respinta da LIPP�J.\.NN, p. 292 e GL'N­

DEL, 24 1 . 8 LIPPMANN, I, pp. 293-298 e GL'NDEL, 240-241 riassumono la discussione e si

associano entrambi al l 'etimologia XTJfllU. 9 È la tEtpacrroJlia: Ol impiodoro (secondo Zosimo), A/eh. Gr. , p. 96, 7; cfr. an­

che p. 1 67.20 ss.

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L 'ermetismo e l 'alchimia 257

applicazione di una vernice che imita la brillantezza del l 'oro o dell'argento;

produzione di leghe con l 'aspetto di oro o argento.

A queste tre procedure, che sono d'ordine qualitativo, poiché ri­guardano il colore del prodotto, si aggiungevano operazioni d'ordi­ne quantitativo il cui scopo era quello di aumentare i l peso di un de­terminato metallo o lega senza alterarne il colore, con l ' introduzione di metalli estranei10 •

L'alchimia greco-egiziana, da cui sono derivate tutte le altre, è nata dall' incontro di un fatto e di una dottrina. Il fatto è la pratica, tradi­zionale in Egitto, delle arti dell'oreficeria. La dottrina è un misto di filosofia greca, mutuata soprattutto da Platone e da Aristotele, e fanta­sie mistiche. Questa fusione non è stata fatta in un giorno; per quanto sia difficile individuame i l progresso, sembra tuttavia che si possano distinguere tre fasi successive: l'alchimia come arte, l'alchimia come filosofia, l 'alchimia come religione. Per quanto riguarda il limite ori­ginale di queste tre fasi, difficilmente possiamo fissare la data con cer­tezza. Così una determinata connotazione è potuta apparire senza per questo cancellare il vecchio aspetto; l'alchimia è sopravvissuta come arte anche se fu rivestita del mantello della filosofia e anche quando divenne una religione. Tuttavia c'è una grande probabilità che l'alchi­mia non sia stata nient'altro che una tecnica fino a Bolo il Democriteo nel II secolo prima della nostra era; che, avendo dato questo Bolo una svolta filosofica, sia stata insieme un'arte e una filosofia (già mesco­late di mistica) fino al II o III secolo della nostra era; che infine, senza smettere di essere un'arte e una filosofia, abbia assunto sempre più ma­nifestamente l'aspetto di una religione mistica a partire da questa data.

§ l . L 'alchimia semplice tecnica

In tutta l'antichità, l 'Egitto, ricco di oro, aveva raggiunto un grado elevatissimo nella tecnica dei metalli preziosi e delle pietre preziose come nella fabbricazione del vetro e nella tintura dei tessuti 1 1 • Que-

I O Cfr. BERTHELOT, Introd. , pp. 56-57; LIPPMANN, l , p. 3 . I l Cfr. per esempio LIPPMANN, l , pp. 261 -275 (Die Technick in Aegypten), Cu­

MONT, Ég. d. astr. , pp. 98 SS.

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sta lunga pratica, inizialmente riservata esclusivamente ai laboratori reali 12 e sacerdotali 13 , aveva portato presto alla scoperta, da un lato, dei processi di tintura e d ' imitazione, e, dal l 'altro, dei mezzi per di­scernere il metallo autentico dalla sua falsificazione. In queste ricet­te, non si trattava di "fare" l 'oro nel vero senso della parola "fare"; e anche se si intende con alchimia l 'arte di trovare una sostanza (la pietra filosofale) che permetta di cambiare realmente un metallo qualsiasi in oro, non si trattava ancora di alchimia. Ma quando gli artigiani dei templi doravano o argentavano una statua o un oggetto di culto, o quando li coprivano con una tintura che avesse l'appa­renza di questi metalli, volevano che il metallo, la pietra o il tessuto tinto "facessero", vale a dire sembrassero come, dell 'oro, dell 'ar­gento, uno smeraldo, della porpora14• Quindi tutte queste 'tÉXVat si riassumono nella parola "tinture" (�a<pai o �a<ptKaì 'tÉXVat), i l ver­bo corrispondente è �émn:tv, "immergere" il metallo in una tintura come si immerge la stoffa che si desidera tingere1 5 • Ma se, per alcune operazioni, si otteneva un prodotto che avesse alcune delle quali­tà dell 'oro o dell 'argento, non si poteva pensare che moltipl icando queste operazioni, si sarebbe trovato, alla fine, del "vero" oro e del "vero" argento? Non appena si partiva dal principio che un metallo che ha cambiato colore è un nuovo metallo e allorché si definiva con la colorazione la qualità specifica del metallo, non era assurdo

1 2 I re avevano il monopolio sulla ricerca e i l trattamento delle sabbie aurifere. 1 3 Cfr. i l testo di Zosimo (n:At:umia èmo;d]), § l , infra, pp. 321 -322 e la sotto­

scrizione A/eh. Gr., 350.4, Kata�a<p� J..i8rov Kaì <JJ.mpéty6rov Kaì À.UXVtt&v Kaì umciv8rov ÉK tOÙ èç Mutou tÒJV iepéiiv ÈK6o8évtOç �l�À.iou.

14 Cfr. P. Holm. e l -2 (p. 9) KapxTJBoviou �aq>�. aKeu� KpuataÀ.À.ou watE q>ai­vea8m (q>Évea8m P.) KapxTJ66VtOV, Kljl 26-27 (p. 36) �aq>� Épirov q>at&v 7ta­vtoirov, watE ÒOKEÌV aut&v XPÒJJla dvat, 34-35 watE ÒOKEÌV IÌÀ.T)8Etvòv elvm KaÌ 8aUJ.La<Jt6v; P. Lei d. 6, 25 W<JtE q>aivEallat tà xaÀ.Kà XPU<Jà, 3, l o xpuaoù MJ..oç, 1 2, l XPU<Jiou 6i7tÀ.Wmç. 6oÀ.oùtat XPUaòç eìç aui;T)mv. E ancora P. Holm. ò 25-26 (p. 8) Kaì èl;eÀ.Òlv lli;Etç aJ.Lapay6ov OJlOtov tft q>i>aEt, ò 4 1 -42 (p. 8: perla artificiale) Kaì E<Jtat, XElptaSeìç ooç ÒEÌ, U7tÈp tòv q>UmKòv; P. Lei d. 8, 1 7 àpyupEov XPU<JEOv 7tOt�am eìç ai&va JlÒVtJlOV, I l , 25-26 àa�JlOU 7toi­T)mç àÀ.T)S&ç yEtVOJ.lÉVTJ 7tpòç àÀ.�Setav KpEÌaaov IÌ<JT)J.IOU, I l , 4 1 �aputEpov Épyaçaallat tÒV XPU<JÒV �ç toù x(puaoù) ÒÀ.�ç. Lagercrantz, che ha riunito questi testi (P. Holm., p. 1 43), ne ha correttamente spiegato il significato.

1 5 Cfr. LIPP�IANN, l, pp. 277-278, H.-�.�J�IER-JENSEN, P. W., Suppl. Bd. III 461 ss. (Fiirbung), e l 'articolo molto suggestivo di A.J. HoPKINS, Transmutation by Color, A Study of earliest Alchem:y, in Studi e n, pp. 9- 1 4. Il Li ber Hermetis, p. 83, 24 ha lapidum tinctores, cfr. Eg. d. astr. , p. 96, n. 3 .

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L 'ermetismo e l 'alchimia 259

raggiungere questa conclusione16• Così la tecnica delle tinture por­tava, con l 'aiuto di alcune dottrine, all' idea che doveva costituire in seguito i l principio fondamentale dell 'alchimia.

Per lungo tempo i primi scritti alchemici (o meglio chimici) non fu­rono che delle semplici ricette, registrate negli archivi dei templi, dove servivano come promemoria per gli artigiani. Queste ricette dovevano essere tenute segrete, se non altro per timore della concorrenza: di qui, la raccomandazione del silenzio17 e l 'uso di parole simboliche, "latte di lupa", "schiuma di mare", "occhio di gatto", "sangue di dragone", ecc. 1 8• È inoltre credibile che, secondo l 'uso consueto in Oriente, que­ste ricette si trasmettessero da padre in figlio. Nella leggenda dell'evo­cazione di Ostane, all' inizio degli scritti democritei, viene riferito che i l mago, prima di morire, ha preso tutte le precauzioni affinché i suoi segreti siano rivelati solo al proprio figlio: quindi non vuole dire nulla a Democrito, "il demone non lo permette"19•

1 6 Magari anche, come dice Diels (A. T. , p . 1 3 1 ), l a credenza che l'oro o l ' ar­gento si potessero ottenere attraverso operazioni chimiche fu resa più facile dali ' esistenza, in Egitto e altrove, del ! ' electron (e g. asem, greco iicrTIJ.JOç), lega naturale d'oro e d'argento da cui l 'oro e l 'argento potevano essere estratti per separazione; per cui si sarebbe concluso che, con gli stessi metodi o con altri trattamenti, era possibile cambiare qualsiasi metallo in un altro.

1 7 P. Holm., � 2 8 (p. 28) n')pEl (Ti)pt P.) àn6KpU<pOV <•ò> 7tpàyJ.1a, ec:mv yàp KQÌ EUav6fiç U7tEp�oÀft (se. � 7t0p<pupa); P. Leid. l , IO, 9 tv Ù7tOKpU<pq:l EXE ooç JlEyOÀ.oJluc:mlptov, JlT]OÉVa oioacrKE, lside a Horus, § 6, infra, p. 302: su questa regola del silenzio, cfr. O. L.-�.GERCIU.NTZ, P. Holm., p. 143.

1 8 Cfr. LIPPI\IANN, I, pp. I l , 325-326; II, p . 69, s. v. Decknamen. È presente nel papiro magico V di Leida (PGM, XII, 40 1 ss.) un curioso pezzo di "Spie­gazioni" (EPJlTJVEUJlaTa) dei nomi simbolici di talune piante e pietre, nomi incisi sulle immagini divine per impedire alla massa troppo curiosa di im­possessarsene per le pratiche di magia. Sia il simbolo che l'allegoria avranno costantemente un ruolo importante in tutta la storia dell 'alchimia greca, araba e medievale. Sulla distinzione, negli Arabi, tra alchimia al legorizzante e al­chimia pratica (quest'ultima iniziando in vero solo con Al-Razi), cfr. J. RusKA, Studien zu Muhammed Jbn Umail al-Tamfmf's kitiib al-Mii · al-Waraqf wa '1-Ard an Najmfyah in lsis, XXIV ( 1 936), pp. 3 1 O ss., in particolare pp. 340-342. lvi, pp. 330-33 1 , si noti che l 'autore arabo si loda per aver messo in luce ciò che gli altri avevano nascosto sotto i loro simboli: è un luogo comune, cfr. l 'autore arabo del Ghiijat al-hakfm (''Il fine del saggio"), in latino Picatrix, che afferma di aver strappato da tutti i loro veli i testi ermetici incisi in gero­glifici sui templi del l 'Egitto, per non mostrarsi "invidioso" come gli antichi (Greci), vedi H. RITIER, Picatrix. ein arabisches Handbuch hellenistischer Magie ( Vortriiged Bibl. Warburg, 1923), p. 34 della ristampa.

1 9 Mag. hell. , Il, p. 3 1 7, fr. A 6.

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260 La rivelazione di Ermete Trismegisto - L 'astrologia e le scienze occulte

Di queste ancestrali ricette, puramente tecniche, abbiamo ancora un esempio nei due papiri di Leida20 e di Stoccolma21 , trovati nel 1 828 a Tebe nella stessa tomba, con due papiri magici (XII e XIII di Preisendanz). Il papiro magico XIII e i due papiri chimici sono della stessa mano, di una bella scrittura; non hanno la forma di ro­toli, ma costituiscono veri e propri libri, su fogli doppi, piegati. Si è fissata la loro data (in base alla scrittura) o alla seconda metà del III secolo (Reuvens, Leemans), o all' inizio (ca. 300 Lagercrantz) o alla prima metà del IV (Preisendanz)22• Acquistati dal console di Svezia Anastasy, questi papiri furono venduti al museo di Leida (XII, XIII, P. Leid.), tranne uno dei due papiri chimici, che, donato al museo di Stoccolma, è oggi a Uppsala. I due papiri chimici si completano a vicenda. P. Lei d. contiene l O l ricette che riguardano principalmente l ' imitazione e la contraffazione di metalli preziosi (oro e argento), P. Holm . 1 52 ricette di cui 9 solo sui metalli , 73 sulle pietre preziose e le perle, 70 sulla tintura dei tessuti (porpora e indaco). Sono semplici formule tecniche, all' imperativo singolare, senza alcuna traccia nè di filosofia né di mistica.

Questi papiri sono in greco. Completandosi l 'un l'altro, formano insieme una sorta di trattato di quattro tinture: oro, argento, pietre preziose, porpora. Possiamo riconoscere l 'opera che ne è la prima fonte? Alcune citazioni ci mettono sulla strada: quella di Afrikianos, nominato due volte in P. Holm.23 e che difficilmente può essere altri che Giulio Sesto Africano (230 d.C.)24, e quella di Democrito stes­so, al quale fa riferimento il mago Anassi lao di Larissa (28 a.C.), nominato una volta in questo stesso P. Holm.25• Queste indicazioni, aggiunte al dil igente confronto dei papiri con i frammenti alchemici

20 Papyrus Leidensis X (citato P. Leid.), ed. Leemans, Leiden 1 885 (t. Il dei Pap. gr. Musei Lugduni-Batavi).

2 1 Papyrus Graecus Holmiensis, Rezepte fiir Si/ber, Steine und Purpur (citato P. Holm.), ed. Lagercrantz, Uppsala 1 9 1 3 .

22 346 della nostra era per il pap. mag. XIII (e dunque anche P. Leid. e P. Holm.), 300-350 per il pap. mag. XII: cfr. PGM, t. Il, pp. 57 e 86.

23 P. Holm. Ka l (p. 32), KB 19 (p. 37), la seconda volta con indicazione di libro ( ÈK PiPÀ.ou V).

24 Cfr. WELLMANN, Bolos, p. 69. D'altra parte, Lagercrantz esita a confondere I 'Afrikianos del P. Holm. con G.S. Africano, cfr. P Holm., pp. 1 06- 1 07.

25 P. Holm. a 1 3 (p. 3): liÀ.À.O (scii. m:pì àpy\Jpou 7t0l�O'E(J)ç). EÌç OÈ �T]JlOKprrov ì\ va/;iÀ.aoc; àvacpépet Kaì t6ùe, KtÀ..

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L 'ermetismo e l 'alchimia 26 1

di Bolo il Democriteo26, hanno permesso a Wellmann, in un prezioso studio già c itato27, di riferire a Bolo l 'opera che, con vari intermedia­ri28, servì da primo modello.

Qui siamo dunque di nuovo riportati a quel Bolo di Mende, la cui attività, nel II secolo prima della nostra era, fu così ricca e così fertile nel campo delle scienze occulte. È grazie a lui che le prati­che artigianali dei laboratori sacerdotali uscirono, per la prima vol­ta, dall'ombra dei templ i . La sua opera, destinata al pubblico let­terato, riguardava la tintura d'oro (�TJ).lOKphou naiyvta), d'argento (P. Holm., a 1 3), di pietre preziose (Seneca, Plinio) e di porpora29• Questa divisione di tinture rimase classica. Appare già nel "Libro di Enoch" (metà o fine del II secolo a.C.) in un passo che sembra

26 SENECA (attraverso Posidonio) Epist. , 90, 33; PLINIO, N.H., XXXVI!, 1 97 (e altrove, cfr. WELLMANN, Bolos, pp. 74-75); pap. mag. di Londra (PGM , VII 1 68): òru.toKphou xaiyvta. tà xaÀ.Kà XPUOà xotfiaat cpuiv�:a9at. 9Eiov li7t1lpov llEtà yfiç KPTJTIJpiaç llEil;aç i::K1.1aaaE; diverse ricette "democritee" del corpus alchemico siriaco. Cfr. DIELs-KRA.NZ, Vorsokr.5, 68 B 300, 14- 1 9 e special­mente WELLMANN, Bolos, pp. 66 ss., in particolare pp. 74-75. Vedi anche La­gercrantz, P Ho/m. , pp. 1 07 ss.

27 WELLMANN, Bolos (cfr. supra, p. 232, n. 45), pp. 66 ss. 28 La linea sarebbe: per il P. Holm., Bolos (200 ca. a.C.), Anassilao (28 a.C.),

Giulio Sesto Africano (220 d.C.), infine il redattore di P. Holm.; per il P. Leid., Bolo, Anassilao, poi un artigiano egizio, forse Phimenas di Sais nominato in X, I l , 1 5 (wç <l>tll�vaç ÈxoiEt ò LaEi'IT]ç: questo Phimenas non si può identi­ficare con il Pammenes nominato nelle Physika et Mystika, A/eh. Gr. , 49.8, 1 48. 1 5, cfr. LAGERCRANTZ, P Ho/m., pp. l 05-1 06, DIELS, A. T., p. 1 34, n. l ), infine i l redattore di P. Leid. cfr. WELLMANN, Bolos, p. 77. Va notato che la HAMMER-JENSEN, P. W., Suppl. Bd., IV 222.67 ss., data l'attribuzione dei De­mocritea alchemici allo Pseudo-Democrito del V sec. solamente (d.C.); in questo caso non ci sarebbe alcuna connessione tra questi scritti e Bolo. D'altra parte, W. KROLL, Hermes LXIX ( 1 934), pp. 230-23 1 , e PREISENDANZ, P.W., XVll l 1 629.22 ss. (Ostanes) negano che vi sia qualche relazione tra Bolo e lo Pseudo-Democrito alchimista. Tuttavia non vedo, per parte mia, nulla d' in­verosimile. È necessario riferire a un individuo questo svi luppo delle scienze occulte ellenistiche di cui tutti i rami sono connessi. Ora, dato che sappiamo che Bolo è stato certamente l' istigatore di diverse branche di Physika, perché non attribuire anche al ÒTJI.lOKphEwç delle Democritea alchemiche?

29 Da qui il nome di <l>uatKai �acpai che spesso portavano gli antichi libri di alchimia, per esempio quello di Ermete (A /eh . Gr. , 242. 1 O); così Wellmann ipotizza verosimilmente, come titolo (questo titolo non è indicato in nessuna parte nei frammenti) del lavoro alchemico di Bolos BacptKa o ���À.ot cpuatK&v �acp&v, Bolos, p. 68. Diels (A. T., p. 1 28) proponeva ���À.ot �acptKai.

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direttamente ispirato alle Ba<ptKil di Bolo30: "L'angelo Azael insegnò agli uomini a forgiare spade e gli rese noti i metalli e l 'arte di trattarli ( . . . ] , le pietre preziose di ogni sorta e le tinture"3 1 • D'altra parte, la composizione stessa dei due papiri chimici quando li unisce attesta ugualmente la divisione della Grande Arte in quattro tinture: oro e argento (P. Leid.), pietre preziose e tessuti (P. Holm.).

L'opera di Bolo si limitava alla compilazione di ricette, era sem­pl icemente un manuale di tecnica, oppure univa all' indicazione delle ricette un'esposizione dei principi che le fondavano secondo ragione? In altri termini, c'è qualche motivo per credere che sia con Bolo che si è introdotta nella chimica una dottrina filosofica, e pre­cisamente quella dottrina filosofica che ha fatto fare i l grande passo dalla chimica ali 'alchimia, dalle pratiche artigianali alla pseudo-fab­bricazione dell 'oro e dell 'argento? Per risolvere questo problema, che non è privo di interesse nella storia dell'alchimia, dobbiamo considerare uno dei primi scritti del Corpus alchemico greco, le Physika et Mystika attribuite a Democrito32•

§ 2. Bolo il Democriteo e le <l>ucrtKa Kaì MucrnKa

Di questi apocrifi democritei, rimangono ora solo pochi fram­menti mal ordinati. La compilazione inizia con due ricette sulla tin-

30 Hénoch, 8, p. 26, I l ss. Radermacher (ed. Acad. Berlin, t. V) Èoioai;Ev mùç àv8pcbnouç Açaf)À. 11axaipaç notEiv. . . Kaì ùné:OEt/;EV aùtoìç tà jlÉtaÀ.À.a Kaì tf)v Èpyacriav aùnòv . . . Kaì nanoiouç i..i8ouç ÈKÀ.ÉKtouç Kaì tà �aq>tKa: metalli (oro e argento), pietre preziose, tessuti, è la divisione nota (la versione etiope vi aggiunge anche le naiyvta di Bolo: "und die Tauschmittel der Welt").

3 1 Più avanti, si vedono apparire la materia delle Physika di Bolo (Èoioai;EV ÈnaotOàç Kaì j'nçomjliaç), poi l 'astrologia, l 'arte dei presagi, l 'asteroscopia, in breve, l ' intero arsenale delle scienze occulte ellenistiche.

32 Alch. Gr., pp. 4 1 -53. Commentario di Sinesio (IV sec.), ivi, pp. 57-69. Sotto questo nome di Democrito, gli antichi intendevano i l filosofo di Abdera; cfr. la lettera di Democrito a Leucippo (A/eh. Gr. , pp. 53-56), Sinesio (p. 57.6) ò q>tÀ.ÒcrQ(poç t.T]IlÒKpnoç ÈÀ.8oov ànò .i\.�of)pwv q>UcrtK6ç &v, Sincello (1, 47 1 Dindorf) t.T]jlÒKptwç .i\.�OT]phT]ç q>ucrtKòç q>tÀ.Òcroq>oç ilKilaçEV (cfr. Vorsokr.5, 68 B 300, 1 6), ma non c'è dubbio che si debba riportare le ct>ucrtKa Kaì Mucrn­Ka alchemiche alla tradizione "democritea" inaugurata, sembra (cfr. tuttavia supra, p. 26 1 n. 28), da Bolo di Mende, detto il Democriteo. Su questi scritti pseudo-democritei, cfr. LJPPM.-\.1\'N, I, pp. 27-46 e BmEz-Cu�roNT, Mag. hell. , l, pp. 1 98-207, 2 1 0-2 1 1 .

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ta in porpora ( 4 1 .2-42.20) che dovrebbero, logicamente, venire per ultime. Poi viene un passo, evidentemente adatto a un preambolo, in cui Democrito racconta come ha evocato l 'ombra di Ostane per chiedere a questo maestro alchimista i segreti della Grande Arte (42.2 1 -43 .24). Seguono dieci ricette di crisopea, tutte all'impera­tivo singolare (43 .25-46.2 1 ). Si passa poi a un pezzo di polemi­ca contro i "giovani" (vÉot), che non vogliono credere alla virtù dell' insegnamento (46.22-48.2): questo pezzo, indirizzato da De­mocrito ai suoi colleghi di profezia ( <n>!l7tpoqrfjmt, 4 7 .3 ), termina con una formula conclusiva: "Qui si è detto abbastanza sulle tinture secche e sull 'attenzione che deve essere data alla Scrittura" ( 48 .2-3 ). Di nuovo, in seguito, tre ricette di crisopea all ' imperativo sin­golare ( 48.4-49 .9), l 'ultima delle quali relativa a un Pammenes che l 'avrebbe insegnata ai sacerdoti d'Egitto, sembra segnare la fine di un trattato sulla crisopea: "È fin qui che, in queste Physika, arriva la materia della crisopea"33• Si ritorna al lora a una esposizione dot­trinale (diretta ai colleghi: imperativo plurale) su quel principio che una sola specie è sufficiente a produrre un gran numero di effetti (49. 1 0-22) e si passa alla argiropea che riempie tutta la fine del l 'e­stratto (49.22-53 . 1 1 ) fino alla conclusione congiunta della crisopea e dell 'argiropea (53 . 1 2- 1 5). Nessuna traccia di ricetta sulla "tintu­ra" delle pietre preziose.

Cosa pensare di questo insieme eteroclito e quale legame suppor­re tra queste Physika et Mystika e le Baphika di Bolo?

Prima di tutto, è certo che questo lavoro democriteo intitolato <l>ucrtKà Kaì MucrnKa comprendeva quattro libri, corrispondenti ai quattro generi di tinture. Così testimonia l 'alchimista Sinesio, com­mentatore dello Pseudo-Democrito nel IV sec . : "Avendo ricevuto i l suo impulso da Ostane, Democrito compose quattro libri sulle tintu­re (pipJ..ouç -rtcrcrapaç pacptKaç), sull'oro, sul! ' argento, sulle pietre, sulla porpora"34• Lo stesso fatto è attestato ancora dal titolo del trat­tato indirizzato dal preteso Democrito a Leucippo, che ha dovuto es­sere riportato a Democrito solo dopo il completamento delle <l>ucrtKà Kaì MucrnKa: questo titolo reca in effetti "Libro quinto di Demo-

33 eooç -r&v ql\JcrtK&v mu-roov Ècr-rìv ti -r�ç XPU0"07tottuç UÀ.T). Questa parola UÀ.T) deve essere presa qui in senso metaforico come UÀT) iu-rptKT) in Galeno (IX, 494), "insieme di cose che abbracciano la medicina".

34 A/eh. Gr. , p. 57, 1 1 - 1 2 = Mag. hell. , Il, p. 3 1 3 . I O.

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crito dedicato a Leucippo"35• Ciò che rimane quindi delle <l>ucrtKà Kaì MucrnKa è solo un estratto, contenente parte dell' introduzione, della crisopea e del l 'argiropea, nulla del libro sulle pietre, un breve frammento solamente del libro sulla porpora, essendo stato questo frammento rimosso dal suo vero luogo (alla fine) per prendere posto proprio all ' inizio dell'estratto.

In secondo luogo, quest'opera "democritea" non può essere anteriore al I secolo della nostra era. Vi si legge ( 44.2 1 ) la paro­la KÀauòtav6v per designare una lega che assomiglia all'oro e che poteva contenere rame, piombo, stagno o ottone36: ora, qualunque possa essere l 'origine della parola, difficilmente può essere anteriore all 'Imperatore Claudio37• Vi si legge ugualmente (42 . 14) la parola À.aKxa per designare una pianta la cui radice serviva a tingere in rosso, e che abitualmente è chiamata ayxoucra, come per esempio nel P. Holm. : questa parola À.aKxa è mutuata dall' India, non riappare altrove se non in un testo tardo, del l'VIII secolo (lacca), e se questo prestito è ovviamente possibile ben prima del l'VIII secolo, non lo è fino a prima che regolari relazioni commerciali fossero stabilite tra l ' India e Alessandria, i l che ci riporta, ancora una volta, all'Impero del I o del II secolo38•

Che, nella loro forma attuale, le <l>ucrtKà Kaì MucrnKa non possano risalire a Bolo stesso, è ciò che emerge infine dal brano polemico in­dirizzato ai crDjl7tpO<plÌTat ( 46.22-48.3 ). Il semplice fatto che ci siano scuole rivali, "vecchi" e "giovani" che utilizzano metodi diversi, sareb­be sufficiente per dimostrare che non si è più alle prime prove de li' al-

35 Alch. Gr., p. 53. 1 6- 1 7 . 3 6 Cfr. LIPPMA.NN, l , pp. 34, 2 1 7. U n alchimista Kì..auòtav6ç è citato nella

l i sta dei fabbricanti d 'oro, Alch. Gr. , p. 26. 1 ; un Kì..auòtavoù crEÀ.T)VlUK6v, PGM , VII, 862.

37 Cfr. DIELS, A. T., p. 1 28. 38 Cfr. DIELS, A. T., p. 1 28, n. 5. La recente scoperta a Pompei (ottobre 1 938) di

una statuetta d'avorio della dea Lak�mi testimonia i rapporti già abbastanza stretti tra Roma e l ' India nel I secolo: cfr. R. GoossE:-.:s in Chronique d'Égypte, 34 ( 1 942), p. 32 1 (rinvia a M..uuRJ, Le Arti, gen. 1 939; U. ZANOTTI-Bu.Nco, J H eli. St. , LIX, 1 939, p. 227; A. IPPEL, Forschungen u. Fortschritte, XV, 1 5, 26, 1939, pp. 325-327). "The statuette belongs to the first decades ofthe Christian era, when Tiberius and Nero, having assured the transit of the Red Sea for commerce, started maritime re1ations with India by means ofmercantile fleets defended by armed ones", U. ZANOTTI-BIANCo, op. cit. , p. 228. Cfr. ancora Arch. Anz. 1 939, col. 370, Gaz. B.A, 1 939, l, p. 234.

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chimia greca, che si è già evoluta39• Ma c'è di più. Ciò che l'autore rim­provera ai vÉot è di non credere alla Scrittura ( àm<J""dtcravraç rfi ypa<pfi 47.5); da l ì viene tutto il male: è necessario prestare attenzione alla Scrittura (np6crqetv rfi ypa<pfi 48.3 ). Esisteva dunque, tra gli Antichi ai quali si opponevano questi vÉot, una Scrittura alchemica, un manuale fondamentale: i vÉot rifiutavano questo manuale. Ora, come mettere in relazione con lo stesso Bolo questa allusione alla Scrittura, se è vero che, con le sue Ba<ptKa, è il primo Greco che si sia occupato delle tintu­re e che abbia composto un'opera su questo argomento? Come può, nel suo l ibro che deve servire come manuale fondamentale, fare menzione di una Scrittura precedente che sarebbe già questo manuale?

Tuttavia, se non possiamo considerare le <l>ucrtKà Kaì MumtKa come identiche alle Ba<ptKa di Bolo, non si può nemmeno, a mio parere, riportarle a una data troppo bassa. In primo luogo, questa opera "democritea" è citata da tutti gli alchimisti successivi, mentre essa non ne cita nessuno, tranne un artigiano egiziano, Pammenes (49.8)40, e il mago Ostane, vale a dire degli scritti circolanti sotto questo nome: abbiamo visto, però, che, per altre sue opere, Bolo ha preso a prestito da tali scritti di Ostane. È particolarmente degno di nota che lo Pseudo-Democrito non nomini né Ermete, né Agata­demone, né la dea Iside, né Cleopatra, né l 'ebrea Maria, insomma nessuno de�l i apocrifi alchemici composti tra il I e il III secolo della nostra era. E pertanto necessario accettare in parte la tradizione anti­ca, che considerava le <l>ucrtKà Kaì MucrTtKa come un textbook della Grande Arte e vedeva nel loro presunto autore, Democrito, il padre dell'alchimia greca. Pertanto, siamo obbligati ad esaminare nuova­mente il problema: plausibilmente le <l>ucrtKà Kaì MucrnKa non sono

39 L'alchimista Zosimo (fine III/inizio IV secolo) s i riferisce spesso a queste scuole rivali. Menziona il nome di una di esse, che si ricollegava al dio Aga­todemone ( oi A.ya8oOatJ.10VÌ't!ll 208. 1 ).

40 Su questo Pammenes, nominato anche da Sincello (1, p. 47 1 Dindorf = Mag. hell. , II, p. 3 1 1 , fr. A 3 ), cfr. DIELS, A. T., p. 1 34, n. l ; BmEz-CuMONT, Mag. hell. , II, p. 3 1 1 , fr. A 3 e p. 3 1 2, n. 2; GUNDEL, 242. È forse l 'astrologo egiziano contemporaneo di Nerone. Tuttavia, PREISENDANZ, P.W., XVIII 1 633 . 1 0 ss., sembra approvare la congettura di Hammer-Jensen: si legga, A/eh. Gr. 49.8, !lUTIJ � <J.1é8oooç wù> IT!lJ.1JlEYÉ8ouç (IT!lJ.1JlÉVOuç M) é<niv, scii. di Democri­to che, in Stefano, è detto ò 1t!lJ.1J.1Éyl]ç. Qualche copista avrà letto male, da qui la connessione con l 'astrologo Pammenes del quale si sarà fatto un alchimista.

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identiche alle BaqnKa, ma ciò significa che non abbiano conservato niente dello scritto di Bolo?

Tre elementi compongono le <DucrtKà Kaì MucrnKa: ricette tecni­che, la narrazione di un'evocazione, esposizioni polemiche e dottri­nali. Le ricette sono, come abbiamo detto, due formule di tintura in porpora, dieci formule di crisopea, otto formule di argiropea. I papiri di Leida e di Stoccolma contengono, d'altra parte, ricette per que­ste tre categorie di "tinture", e viene del tutto naturalmente l ' idea di confrontarle con quelle delle <DumKa. In realtà, questo confronto non produce risultati decisivi. Senza dubbio, come aveva già notato Ber­thelor1 , tale ricetta di crisopea del P. Lei d. offre affinità con l 'una o l'altra formula delle Physika et Mystika e si potrebbero del pari rileva­re analogie tra le ricette d'argiropea del P. Holm. (ii-'j3)42 e quelle delle Physika et Mystika, senza che, d'altronde, nessuna di queste ricette corrisponda completamente all 'altra. Ma, in realtà, tali rapporti non permetterebbero di concludere all'origine "democritea" di una ricetta delle Physika et Mystika salvo non si fosse sicuri che la formula corri­spondente nel P. Leid. o P. Holm. risalisse proprio a Bolo. Ora, questo è impossibile dirlo. Si può ipotizzare con una certa probabilità che la sostanza di queste compilazioni tecniche derivi, in ultima analisi, da Bolo: ma, nei casi particolari (eccetto la formula di P. Holm. a 1 3-20 dove Democrito è espressamente nominato), nessun criterio garanti­sce questa provenienza. Si tratta quindi, con questi papiri, di manuali tecnici, apparentemente usati dagli artigiani. E, pertanto, è ovvio che qualsiasi nuova esperienza ha potuto condurre a mettere per iscritto la formula che ne aveva permesso la realizzazione. Essendo stata una pratica continua dal II secolo prima al III o IV secolo dopo la nostra era, tutto ciò costituisce un lungo cammino. Concludiamo quindi che allo stato attuale delle nostre ricerche, non si può trarre niente di più o di meno dalla somiglianza tra le ricette dei due papiri chimici e quelle delle Physika et Mystika. Notiamo solamente che le prime due ricette d'argiropea di P. Holm. (a 1 - 1 2 e a 1 2-20), la seconda delle quali è

4 1 Introd. , pp. 67, 69. BERTHELOT, Trad. , p . 54, n . I l , avvicina ugualmente la ricetta A/ch. Gr. , 50.8- 16 di P. Leid. I l , 35-39: cfr. l.-\GERCRANTZ, P. Ho/m. , pp. l 05- 1 06, I l O.

42 Pp. 3-5. l.-\GERCRANTZ (P. Ho! m. ' p. 96), accosta in particolare a 28-35 (p. 4) di Alch. Gr., 37. 7- 12. Queste formule di argiropea si ritrovano nel P. Leid., cfr. l.-\GERCR.-\NTZ, P. Ho/m., pp. 97-98, 107; WELLH-\NN, Bolos, pp. 7 1 -74.

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sicuramente, la prima verosimilmente43, di Bolo, presentano alcune analogie con l 'una o l 'altra delle formule d'argiropea delle Physika et Mystik�: di conseguenza sembra legittimo riportare almeno alcune parti di queste formule alle Baphika di Bolo di Mende45•

All'inizio del suo lavoro, lo Pseudo-Democrito doveva dire come era venuto in Egitto per portarvi la scienza delle virtù occulte ( tà qmcrtKéL). Di questa prima parte del preambolo, rimane oggi solo una frase, e non è nemmeno nella sua posizione normale46: "Sì, anch' io vengo in Egitto, vi porto la scienza delle virtù occulte47 in modo che

43 Data la frase introduttiva della seconda ricetta: OJJ...o (scii. nEpì 6.py6p01J nOtijcrEwç). ciç oE �TJilÒKptmv Aval;iMoç ò:vacpÉpEt Kaì t6oE (''questo di nuovo"). Anche Lagercrantz sembra incline a congiungere la J• ricetta alla 2', soprattutto perché esse comportano "eine inhaltliche Beziehung", P. Ho/m., p. 1 07.

44 P. Holm (a 1 - 1 2): "Fabbricazione dell 'argento. (Avendo preso) del rame già lavorato ( ÈtpyacrllÉVov: ÈtpKacr!lÉVOV P) e ridotto in lunga foglia con il lavoro (llKtacrtv llxovra tft XPiJcrEt), immergi nell'acido tintoriale e nell'allume e lascia a bagno tre giorni. A questo punto fai fondere, con un'aggiunta, per una mina di rame, di sei dracme di terra di Chio, di sale di Cappadocia e di allume scistoso. Fondi con esperienza, e questo diventerà del vero argento. Aggiungi del buon argento puro e provato, non più di 20 dracme, ciò conserverà tutto il miscuglio e lo renderà indelebile". - (Q 1 3-20): "Altra ricetta: Anassilao attribuisce anche questa a Democrito: dopo aver macinato in polvere finissima del sale comune insieme a dell'allume scistoso con dell 'acido e averne foggiato delle palline (KoM.oupta), egli le fece asciugare per tre giorni in una sala da bagno; poi, dopo aver di nuovo macinato, fece fondere il rame con questa polvere, per tre volte, e, spegnendolo con acqua di mare, lo raffreddò. La prova manifesterà la qualità del prodotto". - Per la terra di Chio, cfr. A/eh. Gr., 50. 1 2- 1 3 : "Questa ricetta sbianca qualsiasi corpo: aggiungi nelle proiezioni della terra di Chio". Per il sale, l 'allume scistoso e l 'acqua di mare, iv i, 50. 17 : "sbianca (la magnesia bianca) con salamoia e allume scistoso in acqua di mare". Per i tre giorni; ivi, 5 1 . 22: "Che la composizione sia mantenuta nello stato, con ( <llEtà> Kaì) del calcare cotto che sia stato impregnato di acido per tre giorni".

45 Non possiamo andare oltre. Lagercrantz mostra la stessa prudenza per quanto riguarda le ricette di tintura della porpora in A/eh. Gr., 4 1 .2-42.20 in confronto a quelle di P. Holm., cfr. P Ho/m., p. 1 1 4.

46 43 .22-24, alla fine del racconto dell 'evocazione, cfr. Mag. he/1. , Il, pp. 3 1 1 , n. l , 320, n. 1 2.

4 7 ilKW o È Kaycò ÉV Aiy1)ntw cpÉpwv tà qmmKa. È il tono dei profeti ellenistici, cfr. Corp. Herm., I, 30 9E67tVouç yEV61lEvoç tiiç Ò.ÀTJ9Eiaç �J..eov (e mia nota 78, ad. /oc.), l 'ilKw dei profeti in Celso ap. 0RJGENE, in Ce/s. , VII, 9. D'altra parte cpÉpwv tà cpucrtKa ricorda il trasporto degli oggetti sacri nei culti m isterici.

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vi eleviate al di sopra della curiosità molteplice48 e della materia confusa ( <ruyKEXUJ.l.ÉVTtç UÀ.Ttç)".

Viene poi, dopo uno sviluppo più o meno lungo su queste cpucrtKa rivelate dal filosofo, la narrazione del l 'evocazione di Ostane49:

Avendo così appreso queste cose dal maestro suddetto (Ostane) e consapevole della diversità della materia, mi esercitai a fare l 'unione delle nature. Ma siccome il nostro maestro era morto prima che la no­stra iniziazione fosse completa, e mentre eravamo ancora del tutto oc­cupati a riconoscere la materia, è dali' Ade, come si suoi dire, che cercai di evocarlo. Così mi misi all'opera e, appena apparve, l'apostrofai in questi termini: "Non mi dai nulla in ricompensa per quello che ho fatto per te?". Ebbi un bel dire, conservò il silenzio. Tuttavia, quando l 'apo­strofai ancora di più e gli chiesi come avrei congiunto le nature, mi dis­se che gli era difficile parlare: il demone non glielo permetteva. Disse solo: "l libri sono nel tempio". Così tornando indietro mi accinsi a fare delle ricerche nel tempio, nel caso avessi avuto la possibilità di mettere le mani sui libri - infatti non aveva detto nulla durante la sua vita ed era morto senza testamento, secondo alcuni per aver usato un veleno per separare l 'anima dal corpo, secondo suo figlio per aver ingerito del veleno inavvertitamente; e aveva preso le sue precauzioni, prima di mo­rire, in modo che questi libri potessero essere conosciuti solo da suo figlio, se avesse superato la prima età: ma nessuno di noi sapeva nulla di queste cose. - Siccome, nonostante le nostre ricerche, non trovammo nulla, ci demmo un terribile daffare per sapere come sostanze e nature si uniscano e si combinino in un'unica sostanza50• Ora, quando ci ren­demmo conto delle sintesi della materia, essendo trascorso un po' di tempo e svolgendosi una panegiria nel tempio, prendemmo parte, tutti insieme, a un banchetto della festa: mentre eravamo nel tempio, da sola, all' improvviso, una colonna5 1 si spalancò nel mezzo, ma a prima vista

48 'riìç 7tOÀ.À.�ç m:ptepyeiaç ( ! ). Berthelot (A/eh. Gr. , I I I, Trad., p. 45, n. 2), richia­ma Otà n'Jv T<ÌiV 1toÀ.À.<Ìiv 7tEpiepyiav del pap. V di Leida (PGM, XII, 402-403), ma il senso non è lo stesso: l ' idea è qui che bisogna attenersi a un piccolo numero di buoni principi (IN elooç OéKa àvaTpÉ7tEt 47. 25).

49 A/eh. Gr., p. 42, 2 1 ss., Mag. he/1. , Il, p. 3 1 7, fr. A 6. Tutti i testi relativi all 'evocazione di Ostane sono riuniti iv i, pp. 3 1 1 -32 1 , fr. A 3· 7. Vedi anche PREISEND.�Nz ap. P. W., XVIII 1 63 1 - 1 633.

50 oetvòv imÉOTIJJ.lEV KéLJ.la'l'Ov �<J'l'' /iv cruvoumro8ùiot Kaì cruvetoKptSùiotv ai où­oiat Kaì ai cpuoetç. È i l fondamento della trasmutazione alchemica: trovare una prima sostanza (la pietra filosofale) dalla quale, per cambiamento qualita­tivo, derivano tutte le altre.

5 1 on'JÀ.TJ nç. Bidez osserva giustamente che è indubbiamente un lettore bizanti­no che avrà aggiunto KtC•lV �v, considerando l 'anfibologia della parola on'JÀ.TJ,

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non conteneva nulla all ' interno. Tuttavia Ostane (il figlio) ci dichiarò che era in questa colonna che i libri di suo padre erano stati depositati. E, prendendo l' iniziativa, presentò la cosa alla luce del sole (È� J.l.Écrov ilyuy&V). Mentre ci chinavamo, vedemmo con sorpresa che nulla ci era sfuggito52, tranne questa formula assolutamente utile che trovammo lì: "Una natura è affascinata da un' altra natura, una natura vince un'altra natura, una natura domina un'altra natura". Grande fu la nostra ammi­razione per il modo in cui egli aveva concentrato in così poche parole tutta le Scrittura.

Questo curioso racconto offre tutta una collezione di temi "elle­nistici". (a) L'ansiosa ricerca della verità. Come il medico Tessalo, di cui precedentemente abbiamo raccontato la storia, i discepoli di Ostane si danno una pena infinita53 per scoprire le simpatie occulte delle sostanze. Infatti, simili su questo punto a Tessalo, essi con­siderano questa particolare verità come la Verità totale, quella che garantirà loro la salvezza. Proprio come la medicina astrologica di Tessalo, l 'alchimia è per loro l 'unico percorso di vita. - (b) Il senti­mento che non si può raggiungere il vero con le proprie forze e che lo si deve ottenere dalla rivelazione di un maestro divino o ispirato: questo è l ' intero argomento della nostra introduzione. - (c) Di con­seguenza, l 'evocazione di questo maestro, qui dell'anima o, meglio, del fantasma di Ostane: basta rinviare ai testi citati da Hopfner per il periodo ellenistico e ai papiri magici54• - (d) Il divieto di divulgare la rivelazione, o almeno di trasmetterla agli altri se non al proprio fi­glio. Questo è un tema costante nelle scienze occulte: lo troviamo in ogni pagina. - (e) La scoperta, in un tempio, di una stele contenente un segreto. Tema comune di nuovo. Diamo solo due esempi mutuati da generi letterari vicini al nostro, una raccolta di presagi per ogni

letteralmente "blocco di pietra", da cui base, stele funeraria, tavola di pietra inscritta, cippo, colonna, ecc.

52 JlT]SÈV �JlEV napaÀ.Et'I'UvtEç, cioè, nel nostro primo esame della colonna aper­ta. Bidez preferisce i l significato: "non avevamo omesso nulla" nelle opera­zioni menzionate un po' sopra.

53 8Etvòv unÉcrTT)JlEV KclJlU'tOV: cfr. Tessalo CCAG., VIII, 3, p. 1 35 .4-5 •oi>wtç yE JlEtà 7tOMOOV �UO"IlVWV KUÌ KIV8lJVOlV 1"Ò KU8JÌKOV 1"ÉÀ.o<; ÈVÉ8T]KU, 1 35. 1 9 SS., 25 ss., 1 36. 1 O ss., ecc.

54 Cfr. HoPFNER in P. W., Nekromantie, XVI, 22 1 8-2233 . Vedi anche supra, p. 8 1 . Per la magia, cfr. HoPFNER, Offenbarungszauber, II, § 328-376.

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giorno del mese lunare (crEÀ.TJv6òp6)ltOV, lunarium)55 e una tavola di spiegazioni di nomi simbolici di piante e pietre56• Ecco i l primo:

Noi abbiamo composto qu.:sto lunarium unendo due opuscoli: uno è della mano dello ierogrammata Melampo, indirizzato a Nechepso re d'Egitto, l' altro è stato trovato a Eliopoli d'Egitto nel tempio, nel santo dei santi, inciso in caratteri sacri (geroglifici) sotto il re Psammetico57•

E il secondo inizia così:

Spiegazioni date secondo i templi, in uso tra gli ierogrammati. A causa della malvagia curiosità del volgo, essi incisero i nomi delle piante e di altri strumenti magici su statue divine, così che non si potesse, senza le necessarie precauzioni, immischiarsi indiscretamente nella magia, a cau­sa degli errori che ne risulterebbero58• Noi, tuttavia, ne forniamo le solu­zioni, tratte da un gran numero di copie e di scritti segreti di ogni sorta59•

Dunque, abbiamo il diritto di affermare che nessuno di questi temi risale a prima della nostra era, in modo che questo racconto di evocazione non potrebbe essere di Bolo stesso, ma dovrebbe esse­re il lavoro di un falsario del I, II o III secolo? Dobbiamo, quindi, immaginare un terzo Democrito, oltre al filosofo di Abdera e Bolo? Non vedo, da parte mia, e non più di Diels60, nessuna ragione che obblighi a questa conclusione. Senza dubbio, nella loro forma attua­le, le <l>ucrtKà Kaì MucrnKa sono uno scritto rielaborato e interpolato. Alcune parole non hanno potuto essere forgiate che a partire dal I se­colo. Alcune polemiche non sono concepibili, da parte di Bolo. Ma nulla impedisce che la narrativa generale sia di Bolo. È una finzione "democritea" e Bolo non ha mai cessato di presentare le sue opere come fossero de li' Abderita. È una rivelazione proveniente da Osta­ne, e sappiamo che, per i suoi scritti "fisici", Bolo ha preso molto a

55 CCAG. , Vl l l, 4, p. 1 05 . 1 ss. Vedi supra, p. 244. 56 PGM. , XII, 40 l ss. Vedi supra, p. 259, n. 1 8. 57 Sulla combinazione dei due testi, cfr. supra, pp. 243-244. 58 Dato che questi nomi, essendo simbolici, non potevano che indurre in errore,

cfr. supra, p. 259, n. 1 8. 59 Sulla "stele scoperta", cfr. CCAG. , Vlll , 4, pp. 102- 1 03 ; Rev. Bibl. , XLVll l

( 1 939), p. 46, n. 5 ; BmEz-CuMoNT, Mag. hell. , l, Indice, s . v. Stèles. hcosv, F. Gr. Hist. 263 F l (Comm.), cita PLATONE, Critias 1 1 9 c-d, Ec.nEO m ABDERA 264 F 7 § 4, EVEMERO 63 T 3, F 3 c. 46, 3, 8.

60 DIELS, A. T., pp. 1 29- 1 38.

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prestito dalla letteratura che copriva i l nome di questo mago persia­no. È una storia zeppa di temi la maggior parte dei quali già apparsi nel periodo ellenistico, alcuni dei quali (scoperta della stele, trasmis­sione da padre in figlio) sono da lunga data tradizionali in Oriente61 • Infine, e questo motivo è, a i miei occhi, decisivo, l 'assioma rivelato da Ostane (''Una natura è affascinata [ . . . ]") è, nel nostro testo, indis­solubilmente legato al racconto stesso dell'evocazione. Ora questo assioma è quello che ci si aspetterebbe proprio dalla bocca di Bolo. Vale la pena notarlo.

Il testo è meravigliosamente misterioso: it <pucrtç •fi <pucrct -rÉp1tc'tat KUÌ ft <pucrtç 'tftV <pUcrtV VtKc} KUt ft <pucrtç 'tTJV <pUcrtV KpU'tCÌ, che non si deve tradurre: "la natura è affascinata dalla natura [ . . . ]", ma, come ha ben visto Diels62, "una natura è affascinata da un'altra natura [ . . . ]". In altre parole, troviamo qui, trasportato nel dominio dei me­talli , la legge delle simpatie e antipatie occulte che spiega tutte le combinazioni e le separazioni dei corpi nel mondo fisico. Questa legge, come abbiamo visto, sostiene l ' intero edificio delle Physika di Bolo. Poiché, d'altra parte, questo assioma è legato a una rivela­zione di Ostane63, ci sono tutti i motivi per credere che si incontrasse già nella raccolta di scritti attribuiti al mago64• In ogni caso, formu­lato dallo Pseudo-Ostane o da Bolo, risale al periodo ellenistico: ne abbiamo un'altra prova diretta attraverso una citazione nell'opera astrologica di Nechepso-Petosiris65 che data, come sappiamo, al II

6 1 Diels osserva che l ' argomento ex si/entio non ha qui alcun valore. Per quanto né Plinio né altri, citando le ricette democritee d'oreficeria, facciano alcun riferimento all' aspetto "mistico" delle Baphika di Bolo, non ne consegue che questo aspetto non esistesse. È stato possibile interessarsi alla tecnica (è il caso di Plinio) trascurando la dottrina.

62 A. T., p. 1 3 1 . Diels traduce così: "Eine Natur freut sich der andern, - E i ne Natur vergewaltigt die andre. - Eine Natur besiegt die andre".

63 La tradizione successiva conferma questo punto, cfr. Sinesio (57. 1 3 ss. = Mag. hell. , II, p. 3 1 2, fr. A. 4 a): "È dopo aver ricevuto il suo impulso dal grande Ostane che Democrito scrisse ( i suoi quattro libri); questo Ostane è colui che per primo ha dato la formula una natura, ecc."; similmente il com­mentatore detto "Il Cristiano" (359.9 = Mag. hell. , Il, p. 32 1 , fr. A 8): "Una natura, ecc., come hanno detto Democrito e il suo maestro Ostane".

64 Così concludono già BIDEz-CuMONT, Mag. hell. , I, pp. 244-246. 65 Fr. 28 Riess, secondo FIRMICO MATERNO, Math. , IV, 1 6: una natura ab alia

vincitur unusque deus ab altero. Nechepso applica il principio alla medicina decanica: ex contrariis ideo naturis contrariisque potestatibus omnium aegri­tudinum medelas divinae rationis magisteriis adinvenit (scii. Necepso).

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secolo prima della nostra era. Se è manifesto, inoltre, che formula e narrazione sono collegate nel testo "democriteo", si deve concludere che questo racconto è esso stesso ellenistico: non è più semplice, allora, assegnarlo come proprio al Mendesiano?

Ma proseguiamo. L'assioma "Una natura [ . . . ]" non appare solo alla fine del l 'evocazione di Ostane (43 .20-2 1 ), ritorna in seguito, come un ritornello, nella conclusione di ciascuna delle dieci ricette di crisopea ( § 4- 13 ) che seguono immediatamente questo racconto66, e nelle tre ricette di crisopea (per mezzo dei liquori, çwfloi, § § 1 6-1 8) che seguono il pezzo intermedio di supplica ai O"TJfl7tpmpfj-rat67• Riappare ugualmente nelle ricette di argiropea (§§ 20-28)68 • Si ri­trova infine nelle affermazioni dottrinali che incorniciano le ricette. Così nel primo pezzo dopo le dieci ricette di crisopea (46.22 ss.): "O nature che producete le nature, o nature tutte grandi che con i vostri mutamenti vincete le nature, o nature che, oltre la natura (più di quanto non sia naturale), affascinate le nature"; poi durante la po­lemica contro i giovani69 ( 4 7.24-25): "Essi non conoscono, in effetti, le antipatie delle nature, secondo cui una singola specie ne distrugge altre dieci: perché una sola goccia d'olio può cancellare gran parte della porpora, un po' di zolfo bruciare molte specie"; infine nella conclusione della crisopea ( 49.21 ): "Che bisogno abbiamo del con­corso di molte specie, dal momento che una sola natura è sufficiente per vincere il Tutto?".

66 Ogni volta c'è solo uno dei tre elementi della formula: � cpucnç . . . 1:Ép7tE"tat §§ 5, 8, 1 2; � cpucnç . . . vtK� §§ 4, 9, I l ; � cpucnç . . . Kpa"t:Ei §§ 6, 7, I O; poi, una volta: "la natura si nasconde all ' interno" (� cpucnç fcrro KpU7t"t:E"t:Ut § 1 3, 46. 1 8) che mostra bene che si tratta di virtù occulte.

67 � cpucnç . . . 1:Ép7tE"tat 1 6, � cpucnç . . . VlK� 1 7, � cpucrtç . . . Kpa"tEÌ ] 8. 68 Nelle tre forme indicate, due volte al plurale (1:Épnov1:at ai cpucrEtç mìç cpucrE­

cnv 5 1 . 1 9, ai yàp cpucrEtç vtKÒlcn 1:àç cpucrEtç 52. 7). Invece, l 'assioma manca nelle due ricette iniziali, fuori posto, sulla porpora §§ 1 -2.

69 Qui, in verità, può trattarsi di un'interpolazione, non potendo questo pezzo polemico essere facilmente attribuito nel suo complesso a Bolo, cfr. supra, pp. 264-265. - Come nota J. ROHR, Der okkulte Kraftbegriff, pp. 75-76, è questo uno dei luoghi assai rari in cui l ' idea di simpatia (o d'antipatia) appare sotto la designazione di cruJ.Lmi9Eta (o àvnmi9Eta) presso gli alchimisti. Questi usano più volentieri il termine cruyyévEta p. ex. 9 1 .3 (Pibechio ap. Olimpiodoro), 1 97.6 cruyyÉVEtav EXEt ò nupiTI]ç Ài9o� npòç 1:òv XUÀ.K6v (Ostane ap. Zosimo). Altrove si parla di nozze, 5 1 .6 ewç cruyyaJl�crrocnv ai oucriat (Pseudo-Demo­crito ) , 294. 1 8 iòoù yàp "t:Ò 7tÀ�PWlla r�ç "tÉXVTiç "t:ÒlV cruçEUX9ÉV"t:WV VUJl(jllOU !E KaÌ vUJlcpT)ç KUÌ yEVOJlÉVWV f:v (Cleopatra ai filosofi).

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È quindi ovvio che questo triplice principio è l'anima stessa delle <l>ucrtKà Kaì MucrnKa e si ha i l diritto di pensare che sia proprio l ' in­troduzione, nelle ricette chimiche, di questo principio che ha costi­tuito l 'originalità e la novità del lavoro di Bolo rispetto ai semplici manuali tecnici usati dagli artigiani d'Egitto. Ora non si può esage­rare la portata della legge di simpatia e d'antipatia per l ' intero corso del l 'alchimia greca. È quasi a ogni pagina che se ne può mostrare l 'applicazione. Limitiamoci a una sola citazione, tratta da un tardo commentatore, detto l'Anepigrafo (428. 1 5 ss.):

In modo che, per necessità, si devono dapprima imparare le nature, i generi, le specie, le affinità, le simpatie e le antipatie, le combinazioni e le separazioni, le amicizie e gli odi, le avversioni e tutte le cose analo­ghe, e, con questo mezzo, giungere al composto che si vuole effettuare, come dice in breve l 'eccellente Democrito. Infatti, non si deve ignorare che è in virtù di una simpatia naturale che la calamita attrae a sé il ferro, in virtù di un'antipatia che l 'aglio strofinato contro il magnete gli toglie questa proprietà naturale. Allo stesso modo, se c'è miscela dell'acqua versata nel vino, e separazione dell'olio versato nell' acqua, è necessario insieme sia non trascurare le cose che si associano in virtù di una sim­patia naturale sia prendere consapevolezza di quelle che si oppongono per antipatia. Così, è a causa di una simpatia naturale e di un'affinità sostanziale che alcuni liquidi si mescolano e uniscono amichevolmente le loro sostanze, si affascinano l'un l'altro e si mantengono in questo stato di coesistenza che loro è proprio, mentre altri si oppongono e si separano a causa di un' antipatia, di un odio e di un' avversione70•

Le <l>ucnKà Kaì Mum:tKa non offrono, come abbiamo visto, che dei miseri estratti di un lavoro molto più considerevole. Se ne riesco­no a recuperare alcuni lacerti tramite le citazioni democritee sparse nel Corpus degli alchimisti. Uno di questi frammenti, tratto da una serie di "trentacinque capitoli da Zosimo ad Eusebio"7 1 , comincia così: "Democrito ha chiamato sostanze i quattro corpi, cioè i l rame, il ferro, lo stagno, i l piombo [ . . . ]. Tutte queste sostanze sono uti­lizzate nelle due tinture72• Tutte le sostanze sono state riconosciute

70 Per questa fine di frase, ho seguito il testo di E. 7 1 M, fol . l 4 1 r- 1 6 1 r. I l nostro frammento è in fol. l 49 v = Alch. Gr., p . 1 67.20

ss. Questa serie di capitoli non è di per sé che un estratto del !' opera di Zosimo, cfr. i l mio articolo Alchymica, pp. 77-80.

72 Tintura del!' oro e tintura del !' argento.

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dagli Egiziani come prodotte dal solo piombo: infatti è dal piombo che provengono gli altri tre corpi". Questo piombo, che è detto nelle <l>ucrtKà "nostro piombo"73, è probabilmente l'antimonio, i l piombo più ricco in acqua, quindi il più fondibile, ed è pertanto considera­to come una sorta di materia prima da cui si possono ricavare gli altri metal lF4• Per questo, è necessario dargli la tintura adatta. Soli­tamente, ogni operazione di tintura comporta quattro fasi, passando il m inerale prima al nero (f.J.ÉÀavmç), poi al bianco (M:uKwcrtç), poi al gial lo (�avewmç), poi al rosso ('lwmç)75• Si fa così, su una stessa singola materia, un mutamento qualitativo di colore che dà luogo al paragone col camaleonte, come è detto in un'operazione descritta nel "Libro di Democrito a Leucippo"76:

Dopo aver preso, dal rame che si tratta, solo due parti, dell'arsenico e della sandaraca (realgar), una parte di ciascuno, dell'allume in mezza parte, della pasta di zafferano due parti, macina per 2 1 giorni, o 14, o 7 giorni. Alla levigazione, aggiungi dell'acqua e, quando l'avrai lasciata filtrare, vedrai, nel corso della levigazione, la differenza dei colori come quelli di un camaleonte. Quando non ci sono più cambiamenti in diver­se apparenze, sappi che allora hai superato la levigazione.

Riconosciamo qui uno dei grandi principi della fisica greca77 : l 'unità della materia prima e la spiegazione di ogni cambiamento come i l passaggio da una qual ità a un'altra, le due qualità estreme (all 'origine e al termine dell'evoluzione) e tutte le qualità intermedie che sono ugualmente sostenute da un medesimo substrato materiale, l 'unoKEtflEVOV. Questa dottrina sembra costante dai presocratici allo Stagirita. La sola differenza è che i <pUcrtKoi prima di Socrate con­sideravano questa materia prima come una cosa avente una forma

73 JlÒÀ.upoov ròv � Jl<ÒV 49. 1 . 74 mxù yàp Eiç rcollà J.!EtatpÉnerm � roù J.!OMPoou qn)mç, 52.6-7. Cfr. LJPP­

M.-\NN, [, pp. 34-35. 75 Queste quattro fasi diventano classiche: mivra oi <piÀ.Òoo<pot rà fpya roù J..i­

Sou tiç o · oq'Jpouv I('[À.., 199. 1 ss. (estratto da una tarda compilazione, da A fol. 1 36 v); rocrntp tEtp!lJ.!EPii tJÌV àpicrTI)V <piÀ.ooo<piav . . . EUpicrKOJ.!EV .. . , OU!W Kaì �v KaÀ.�V <piÀ.ooo<piav (l' alchimia) snroùvttç, tttp!lJ.!EPJÌ taUTI)V tUp�K!lJlEV KtÀ.., 2 1 9. 1 3 ss. (compilazione de l i ' Anepigrafo).

76 A/eh. Gr. , 55. 1 3- 1 8. Su questo apocrifo posteriore alle <l>uotKa, cfr. Mag. hell. , I, pp. 20 1 , 2 1 0-2 1 1 .

77 Tranne ovviamente negli atomisti, cosa che rende ancora più piccante l'attri­buzione di queste teorie al filosofo di Abdera.

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determinata, che pur restando sostanzialmente la stessa, non evolve­rebbe che per modo di cambiamenti accidentali, invece, per Platone con la nozione di xropa e ancor più per Aristotele con la nozione di npo:rtTJ UÀTJ, la materia prima ha soltanto un essere virtuale, essa è in potenza di diventare questa o quella sostanza, ma non ha di per sé alcuna forma determinata che permette di designarla come "questa" o "quella". Sembrerebbe, a prima vista, che gli alchimisti, pur con­siderando Platone e Aristotele come i fondatori dell'Arte Sacra 78, fossero ritornati alla nozione pre-socratica di materia prima deter­minata, poiché tra loro questo 1moKEillevov è i l piombo, che, per diventare rame, argento o oro, assume un altro colore, cioè un'altra qualità accidentale, sebbene rimanga lo stesso metallo. In realtà, il problema è più complesso.

Ogni metallo nobile deriva da un primo metallo comune, il piom­bo. Per diventare argento o oro, il piombo deve assumere un altro colore, essere "tinto". Come effettuare questa tintura? Occorre in­nanzi tutto che, sotto l'azione del fuoco, il piombo passi allo stato fluido, ed è i l piombo in questo stato fluido, o meglio, lo stato flui­do del metallo, che costituisce la materia prima: •aiha àvaì..u611EVa nàvm Èpyàçe•m (47.2). Questo stato indeterminato, dove ogni forma è scomparsa, è l 'equivalente della xropa platonica, o della npcO"tTJ UÀTJ aristotelica: la materia amorfa che, di per sé, non è nulla in senso proprio, ma può diventare ogni cosa79• Di più, il piombo, quando passa allo stato fluido, annerisce (!lÉÀavcrtç): di modo che il metallo sotto questo colore nero, o meglio questo colore nero del metallo, corrispondente allo stato fluido, può essere detto, anch'es­so, la materia prima. È a partire dal "nero primo" che si fanno tutte le sintesi80•

Come si fanno? Vedremo qui la legge della simpatia associarsi all' idea di materia prima: l 'unione di questi due principi sarà come il canone dell 'alchimia. Una volta ridotto al "nero primo", con quali

78 Cfr. ad esempio l 'elenco dei fabbricatori d'oro, A/eh. Gr. , p. 25, che inizia con Platone e Aristotele, Ermete arrivando solo terzo.

79 Che sia proprio così è dimostrato dal fatto che, in seguito, è il mercurio che gli alchimisti hanno considerato come sostanza prima, a causa della sua naturale fluidità.

80 Da ciò deriva, detto per inciso, che alcuni esegeti intendono per XTJJlia non la "terra nera" del l 'Egitto, ma questo "nero primo" che è al l 'origine di tutte le trasmutazioni alchemiche.

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operazioni il metallo di base assume i colori (bianco o giallo) che ne faranno un metallo nobile? Sarà necessario unire al metal lo di base sostanze che abbiano affinità con questo metallo (e che, evidente­mente anche, "simpatizzino" tra esse), in modo da comporre una lega; oppure, in altri metodi, sarà necessario utilizzare sostanze che distruggono l 'aspetto naturale del metallo di base per farlo apparire sotto l 'aspetto di un metallo nobile. In breve, si utilizza la legge del­la simpatia o dell'antipatia. Questo è ciò che le <l>ucrtKà Kaì MucrttKét. esprimono già molto chiaramente, non solo con l'assioma "Una na­tura [ . . . ]" che ritorna, come un ritornello, alla fine di ogni ricetta, ma nella formula stessa di queste ricette, attraverso alcune osservazioni sull'affinità (cruyyÉVEta) degli ingredienti utilizzati. Diamone alcuni esempi.

Ricette di crisopea per via di liquori (srolloi, 48.4 ss.). Si riveste una foglia d'argento con una miscela di rabarbaro pontico e vino amineo81 , quindi si riscalda dolcemente fino alla completa penetra­zione, infine si fa fondere la foglia e si trova dell 'oro. "Se i l rabarba­ro è vecchio, aggiungigli un'uguale quantità di celidonia (ÈÀ:uùptov) che avrai fatto macerare secondo l 'uso: infatti la celidonia ha affinità con il rabarbaro" ( 48. 12 ss. ). - Nella ricetta seguente ( 48. 1 6 ss.), che concerne parimenti la preparazione di un rivestimento, si raccoman­da l 'uso dello zafferano di Cil icia, perché "ha la stessa azione del mercurio, come la cassia ha la stessa azione del cinnamomo" ( 48.22) - Ricetta di argiropea per via di proiezione su rame o ferro (49.22 ss.): "Ammorbidirai il ferro aggiungendo magnesia o una quantità eguale di zolfo o una piccola quantità di pietra magnetica perché i l magnete ha affinità con i l ferro" (50.6).

Questi sono ancora solo procedimenti al dettaglio: ecco quel che riguarda l 'essenza stessa della trasmutazione. Ricetta di argiropea (5 1 .4 ss.) : "Avendo preso 4 once di rame biancastro, intendo ori­calco, fondi e gettavi dentro poco a poco l oncia di stagno pre­cedentemente purificato, agitando con la mano dal di sotto fino a quando le sostanze si siano sposate (Eroç cruyyajll'Jcrrocrtv ai oùcriat 5 1 .6)". Allo stesso modo nella seguente ricetta che traduco per in­tero (5 1 . 1 1 ss.):

8 I ÙJ.nvaìoç (àJ.HJVaìoç cod.) o ÙJ.!J.!tVaìoç oTvoç, tipo di vino italiano, cfr. A/eh. Gr. , 8. 1 4 (e la nota), 48, 5, e LIDDELL-Scorr-JoNES, s. v.

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Avendo preso dello zolfo bianco, sbiancato diluendolo al sole con urina, o allwne o salamoia di sale. Lo zolfo nativo è di gran lunga il più bianco. Diluiscilo con la sandaraca o con latte di giovenca per 6 giorni fino a quando il preparato diventi simile al marmo. Se ci si riesce, sarà un grande mistero: perché ciò sbianca i l rame, ammorbidisce il ferro, indurisce lo stagno82, rende il piombo infondibile, infrangibili le sostan­ze metalliche e fissa le tinture. Infatti lo zolfo mischiato con lo zolfo rende solforose le tinte metalliche perché lo zolfo e i metalli hanno una grande affinità l 'uno con l 'altro.

È così che si esplicita, nella pratica stessa, l'assioma "Una natura è affascinata da un'altra natura, una natura vince un'altra natura, una natura domina un'altra natura". Si deve dapprima tornare allo stato fluido, materia prima. "Solo le qualità hanno un'azione: per­ché un corpo, secondo Aristotele, non può penetrare attraverso un altro corpo, c i sono solo qualità che possono penetrarsi reciproca­mente" ( 1 50 .4 ss.)83 • Poi , a partire dal metallo fluido, la conoscenza delle simpatie e delle antipatie permette di operare delle leghe o di purificare i metalli in modo tale da passare dal metallo di base al metallo nobile. Materia prima, simpatia, trasmutazione per cambia­mento qualitativo (dei colori), si tiene così la somma dei principi che costituiranno l 'alchimia. Ora, se l 'assioma "Una natura [ . . . ]" è effettivamente di Bolo, sembra indispensabile riferire a lui anche ciò che riguarda la materia prima. Materia prima, affinità, trasmutazio­ne, grazie alle affinità, da un primo stato formano un tutto così ben collegato che è impossibile separarle. D'altra parte, non v'è alcun motivo valido per negare a Bolo e portare all' inizio della nostra era l ' introduzione nell 'alchimia del concetto di materia prima: perché quest' idea, lo ripetiamo, era classica in Grecia molto prima dei tem­pi di Bolo. Così, sia la storia del pensiero greco sia i dati del proble­ma delle "tinture" obbligano a riferire al solo Bolo la paternità della dottrina che fonda la Grande Opera: inaugurata da Bolo di Mende, questa alchimia filosofica sarebbe iniziata, quindi, non nel I o II se­colo della nostra era, ma circa duecento anni prima.

82 lil:ptcnov (liXPT}crtov cod.) 1toteì: letteralmente "impedisce" allo stagno di •pi­çetv, cf. 1 6 1 .8, da cui il verbo chptcn6oo 1 62.7, I L La foglia di stagno emette un suono stridente quando la si piega.

83 Zosimo, in uno dei 35 capitoli di Zosimo ad Eusebio, estratti dal l 'opera di Zosimo.

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Se è così, sembra che si possa definire in un modo abbastanza preciso ciò che Bolo ha aggiunto alla tecnica egiziana. Ancora una volta, vediamo realizzarsi l 'unione dello spirito greco e di un' ar­te orientale. L'arte esiste; fin dalla più remota antichità gli orafi d 'Egitto lavoravano i metall i , le pietre e la porpora. Ma se hanno un' infinità di ricette, tramandate di padre in figlio e registrate ne­gli archivi dei templi, mancano di un metodo ragionato. Nessuno ancora ha collegato queste pratiche ai principi che le spiegano e le giustificano. Abbiamo la 7tpà�tç, non la {h;mpia. Questo è c iò che porta lo spirito greco. Il merito di Bolo di Mende sarà stato quello di avere unito la dottrina e l 'esperienza, fondando così una pseudo-scienza che doveva attraversare i secoli fino alla chimica moderna.

§ 3 . La letteratura alchemica dopo le Physika

A partire dalle <l>ucrtKà Kaì MuanKa democritee che sono state considerate dagli Antichi e che si possono in effetti considerare la prima opera fondamentale dell'alchimia greca, gli scritti degli alchi­misti si dividono in tre categorie, che corrispondono a tre fasi: gli apocrifi, Zosimo, i commentatori84•

l ) Durante un primo periodo, che può iniziare da prima de li' era cristiana, se è vero che le <l>uatKà del Corpus traducono in sostanza le idee di Bolo, prende posto tutta una serie di apocrifi di cui restano solo degli estratti85• Questi apocrifi rispondono alla necessità, così marca­ta nell'era ellenistica, di ritenere qualsiasi scienza come rivelata e di rapportare questa rivelazione a un dio, a un profeta o a qualche re del passato86• Essi sono la testimonianza di diverse scuole, essendo attri­buiti alcuni a personaggi divini o umani dell'Egitto - Ermete, Aga­todemone, Iside, Cleopatra87 -, altri ai Persiani come Ostane88, altri

84 Riassumo qui molto brevemente alcuni fatti noti. Vedi per di più Alchymica, pp. 72-80, GlJNDEL, 24 1 -248.

85 Attraverso le citazioni in Zosimo e i Commentatori. 86 Cfr. supra. Introduzione, cap. 1 e n e GUNDEL, 1 4 1 - 1 42. 87 Sul Dialogo di Cleopatra e dei filosofi, cfr. il mio articolo in Pisciculi

( 1 940), pp. 1 1 1 - 1 1 5 . Il brano ha subito interpolazioni cristiane ma potrebbe essere antico.

88 Vedi soprattutto Mag. he/1. , I, pp. 198 ss. ; Il, pp. 309 ss.

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infine ai Giudei, per esempio Maria89 e Teofilo90• Questo periodo è durato fino al II o III secolo della nostra era, senza che sia possibile specificare la data per nessuna delle misere reliquie degli apocrifi alchemici: un punto è certo, essi sono precedenti a Zosimo, poiché questo scrittore li cita.

2) Questo Zosimo rappresenta da solo la seconda categoria degli alchimisti: quella degli autori propriamente detti, che hanno com­posto opere originali . Da questo punto di vista, si colloca accanto a Bolo il Democriteo, e non ha rivali . Nato a Panopolis, in Egitto, deve aver vissuto principalmente ad Alessandria91 verso la fine del III o all' inizio del IV secolo92• Non è necessario ripetere qui tutta la sua attività letteraria, che fu feconda93• Ricordiamo solo che i 28 libri94 del vasto trattato che ha dedicato a sua sorella Teosebeia si distinguono soprattutto per il loro carattere francamente religioso, intriso di misticismo e di gnosi, in parte sotto l ' influenza dell 'er­metismo filosofico: torneremo tra breve su questo aspetto mistico dell'opera di Zosimo.

3) Dopo Zosimo, cioè dal IV secolo, si ha solo a che fare con commentatori, e il divorzio diviene sempre più completo tra i tec­nici da una parte95 e, dal l 'altra, quelli che vedono nel l 'alchimia

89 Maria viene data come discepola di Ostane, accanto a Pammenes e a De­mocrito, in Sincel lo, cfr. Mag. hell. , Il, p. 3 1 1 , fr. A3. Su Pammenes, cfr. supra, p. 265, n. 40. Su Maria, spesso citata dai successivi alchimisti, in particolare per i l suo Trattato dei forni (Kafltvoypa<pia Ou�IPIODORO 90. 1 9, da ZosiMO 240. 1 8, dove leggere KafltVoypa<pia per xropoypa<pia), cfr. LIPP­MANN, J, pp. 46-50.

90 Teofilo, figlio d i Teogene, è citato come autore di una descrizione geografica delle miniere d'oro del l 'Egitto, Zom1o, 240, 1 7, da cui OLIMPIODORO, 90, 1 8 . Potrebbe aver vissuto e personalmente scritto: in questo caso l 'opera non sarebbe più da classificare tra gli apocrifi. La Chimica di Mosè è un'opera più tarda, dal momento che v i si cita Olimpiodoro (V o VI secolo). Tra gli apocrifi, sarebbe necessario c itare ancora lo scritto attribuito al prete Giovanni nel cod. A (Alch. Gr. , da 1 30.5 a 138.4 + da 263 .3 a 267. 1 5), ma che è in realtà de l i ' Anepigrafo come appare dal cod. M che ha la giusta continuazione (A/eh. Gr. , da 424.3 a 433 . 1 O + da 1 1 8 . 1 4 a 1 38.4 + da 263.3 a 267. 1 5), cfr. O. Lo\GERCRANTZ in Studien, pp. 1 8- 1 9.

91 Da qui i l soprannome di Alessandrino che a volte g l i s i dà (Suida). 92 RIESS, P. w., I, 1 348. 93 Vedi da ultimo GUNDEL, 246-247, 252-253. 94 Senza dubbio a causa dei 28 giorni del mese lunare siderale, GuNDEL, 246-247. 95 Che naturalmente continuano ad esistere e a produrre ricette, cfr. Al eh. Gr. , pp.

32 1 -393 (Trattati tecnici).

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solo un pretesto per speculazioni pseudo-filosofiche o fantastiche­rie mistiche. Al IV secolo appartiene Sinesio, commentatore delle <l>ucrtKa, il quale, se non è forse identico a Sinesio di Cirene, ha in ogni caso scritto prima della rovina del Serapeo di Alessandria (3 89) poiché la sua opera è dedicato a Dioscoro, sommo sacerdote di questo tempio96; al VI secolo Olimpiodoro, commentatore di Zosimo, senza dubbio il neoplatonico di Alessandria; al VII secolo (è un contemporaneo di Eraclio 6 1 0-64 1 ), Stefano di Alessandria, al quale si collega la compilazione poetica dei "quattro" poeti -Eliodoro, Teofrasto, Ieroteo, Archelao - che è in realtà dovuta a un medesimo autore del VII secolo97; a quest'epoca appartengono ugualmente i commentatori anonimi detti l 'Anepigrafo e i l Cristia­no. Infine il Corpus stesso degli alchimisti greci è stato probabil­mente completato alla fine del VII secolo (circa 675-700), forse da Teodoro, discepolo di Stefano. Questo Corpus è servito da model­lo per il più antico manoscritto alchemico, i l Marcianus 983 (M), del l 'XI secolo.

§ 4. I frammenti alchemici di Ermete

È nel primo dei tre periodi che è necessario collocare i frammen­ti che ci restano degli scritti alchemici di Trismegisto. È impossi­bile fissare esattamente la data di questi scritti. Alcuni possono risalire al I o al II secolo avanti Cristo. Altri potrebbero discendere fino al II o al III secolo della nostra era. Senza dubbio, secon­do la tradizione posteriore, Ermete sarebbe stato il fondatore o, almeno, uno dei fondatori del l 'alchimia. Così l 'Anepigrafo (VII sec.) all ' inizio del suo commentario98, presenta in questi termini la successione dei corifei della crisopea: "Il primo è quindi Ermete detto il Trismegisto perché questa operazione richiede tre attività particolari del potere [ . . . ] . Egli fu il primo a scrivere di questo grande mistero. Ebbe come successore Giovanni, sommo sacer-

96 Cfr. P.W., l, 1 345, GuNDEL, 247. 97 Cfr. LrPPMANN, Il, pp. 29 ss. (Alchemistische Gedichte). 98 A/eh. Gr. , p. 424.8 ss. Su questo testo, cfr. O. L.-�.GERCRANTZ in Studien, pp. 1 5

ss.

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dote di Tuthia (?) in Euagia99". Poi vengono Democrito "celebre filosofo di Abdera", Zosimo i l dottissimo, infine gli i l lustri filosofi ecumenici, commentatori di Platone e di Aristotele, Olimpiodoro e Stefano. La stessa serie Ermete-Stefano si ritrova in un elenco ano­nimo dei fabbricatori d'oro1 00, ma Ermete è preceduto da Platone e da Aristotele, e Stefano è seguito da tutta una popolazione: Sophar di Persia, Sinesio, Dioscoro sacerdote di Serapide ad Alessandria, Ostane d'Egitto, Komarios d'Egitto, Maria, Cleopatra moglie del re Tolomeo (XII), Porfirio, Epibechio ( = Pibechio ), Pelagio, Aga­todemone, l ' imperatore Eraclio, i poeti Teofrasto e Archelao, Peta­sio, Claudiano, i l filosofo anonimo, Menos, Panseris, Sergio. Que­sta accozzaglia testimonia difficilmente a favore del senso storico del l 'autore e la l ista, dipendente dalla precedente, è in ogni caso successiva al VII secolo. Ancora più tardi, nell 'XI secolo, Psello 10 1 dichiara che Pibechio, allievo di Ostane, ha velato di mistero102 le operazioni del l 'arte; ma Ermete, continua, lo ha fatto prima di lui, "ecco perchè è stato chiamato Chiave (KM:iç) i l l ibro che egli ha scritto su questi argomenti. Solo Anubi ha spiegato l' Eptabi­blo di Ermete, eppure non lo ha fatto chiaramente: poiché si vede immediatamente che i nomi che dà alle pratiche del l 'Arte sono sconosciuti al maggior numero possibile, come samari, phaktikon, plakoton103". Come possiamo vedere, tutte queste invenzioni sono tarde. Qualunque sia stata la fama di Ermete, non sembra che ab­bia tolto allo Pseudo-Democrito il merito di essere stato i l padre dell 'Arte Sacra.

Prima di determinare la parte dell ' influenza che spetta a Trisme­gisto nell'alchimia, dobbiamo enumerare e tradurre i resti dei suoi scritti. Queste reliquie sono mediocri. A parte due o tre pezzi, sono citazioni pressoché informi - il più delle volte alcune parole - sparse tra gli alchimisti posteriori, nel seguente ordine: "capitoli di Ermete, Zosimo, N ilo, Africano" (1-5), Zosimo ( 6-7), "trentacinque capitoli di Zosimo ad Eusebio" (8-14), Sinesio (15), Olimpiodoro (16-22,

99 riis Èv eùayia ro9ias (Mare.). Lagercrantz (op. ci t., p. 1 6) ha proposto riis èv NE�a'ùm 8EàS (che sembra quantomeno dubbio), Ruska riis ÈV AìytmnfJ 8uoiaç, cfr. Mag. hell. , l , p. 205, n. 3.

100 Alch. Gr., p. 25.6 ss. (secondo A). 1 0 1 Cfr. Mag. hell. , Il, p. 308, fr. A l , con le note, pp. 308-309. 1 02 Letteralmente "ha coperto di ombre", <JUVE<JK(aoE. l 03 Queste parole sono sconosciute, la seconda deve essere latina (jacticius).

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cfr. 13bis), l 'Anepigrafo (23-26), il Cristiano (27-30). A questi trenta frammenti esplicitamente attribuiti ad Ermete - l i ho divisi secondo l'ordine cronologico probabile dei testimoni - occorre aggiungerne tre, in cui Ermete non è nominato. Il più importante (lside ad Horus) può essere riportato con certezza a Ermete, gli altri due con alta pro­babilità. Infine, si deve dichiarare con grande chiarezza che, data la scarsa qualità d eli' edizione Berthelot-Ruelle, questa lista resta prov­visoria1 04, e che i l significato dei frammenti rimane congetturale 105.

A. Capitoli di Ermete, Zosimo, Africano 106

l . A/eh. Gr. 1 1 5 . 1 0 - Aforisma di Ermete in capo alla continua­zione di queste KEq>aÀma.

"Se tu non scorpori i corpi e se non corporifichi gli incorporei, i l risultato atteso sarà niente 1 07".

2. ivi 272.4: "Per natura, la crisocolla è tra il numero delle cose il cui genere è semplice secondo il divino Esiodo [ . . . ] , è il coro d'oro (xpucrwv xop6v) secondo Ermete Trismegisto".

3. ivi 275 . 1 5 : "Il grado di calore del primo fuoco manifesta la qualità differente dei liquidi, specialmente se provengono da una medesima materia, gialla o bianca. Ermete dice infatti : 'I l grande dio 108 opera dali ' inizio (Èv nponotç)' , invece di dire: 'Il grande calo­re del fuoco, dalla prima riduzione in mercurio, è sufficiente con i l suo potere a produrre i l Tutto (tò nàv, 279. 1 7)' 109•

l 04 Questo elenco può essere aumentato a seconda che si scelga la lezione di questo o quel manoscritto, come OLI\IPIODORO 87. 1 3 dove M dà Kaì tà XPU­crwpuxEia KtÀ.., L' porta <j>llO'Ì yàp ò 'EpJ.!iiç ourwç· 'tà XP\JO'Wpuxda KtÀ.. Allo stesso modo 88. 1 3 invece d i M à.U' ìepd KtÀ.. (testo rovinato), A porta à.M­ywç 'EpJ.!iiç KtÀ.. D'altra parte, le correzioni possono far spuntare il nome di Ermete in qualche gruppo di parole ancora incomprensibili .

l 05 Alcuni di questi frammenti sono già stati tradotti e commentati da JuL. RusKA, Tabula Smaragdina, Ein Beitrag zur Geschichte der hermetischen Literatur (Heidelberger Akten der Von-Portheim-Stiftung, 1 6), Heidelberg 1 926 (citato T Sm. ) pp. 1 1 -33 .

1 06 Secondo M da fol. 92 v. a l O l : cfr. l ' indice dei trattati del Corpus originale, CMAG., Il, p. 2 1 = M fol. 2, n° 8. Il medesimo aforisma è attribuito a Maria la Giudea in Ou�IPIODORO 93. 1 4.

l 07 éàv J.!lÌ tà milJ.!ata àcrwJ.!atroçnç Kaì tà àcrroJ.!ata crwJ.!atroçnç, oùòtv tò npocr­òoKWJ.!EVOv €crtat. Sul significato, cfr. A/eh. Gr. , III (traduzione), p. 124.

l 08 Dopo ò 1-1éraç Seòç M porta il segno della crisocolla, U ò tjÀ.wç: entrambi sono evidentemente un'interpretazione delle parole simboliche "il grande dio".

1 09 Cfr. infra, p. 284, n. 1 1 5 .

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4. ivi 28 1 . 14: "Ermete ha in effetti detto che con porpora e con pietra color di porpora gli antichi intendevano la ruggine del rame. Perché è Ermete che, scrivendo a Pauseride1 1 0, ha detto: 'Se tu trovi la pietra color porpora, sappi che è questa (che cerchi): puoi trovar­la, o Pauseride, descritta nella mia Piccola Chiave ( Èv rcp KA.etOi(J) ) ' . Ermete, tuttavia, non ha composto alcuna opera sulla tintura delle pietre o della porpora, ma ha scritto la Piccola Chiave sulla com­posizione della comaride secondo le due formule, al fine di chiarire la difficoltà della ruggine. Inoltre si è lungamente occupato della calce viva".

5. iv i 282. 14 (sulla iosis ): "È di questa stessa operazione che Er­mete parla sotto i l nome di 'bene dai molteplici nomi ' (1toÀurovu1.1.ov àya96v )".

B. Zosimo

6. A/eh. Gr. 228.7-234.2 = Zosimo: Sulla lettera Q, infra, pp. 308 ss. 7. A/eh. Gr. 239.3-246. 1 = Zosimo: Computo finale, in.fra, pp. 321 ss. Questi due lunghi brani saranno tradotti più avanti a causa della

loro importanza e dell 'influenza che vi si mostra dell 'ermetismo fi­losofico.

C. Trentacinque capitoli di Zosimo ad Eusebio 1 1 1

8. A/eh. Gr. 1 50. 1 2 "Ogni vapore sublimato ( àt9ciÀTJ) è uno spirito (1tVEÙI.I.a), e queste sono le qualità tintoriali : è così che il divino De­mocrito parla dello sbiancamento ed Ermete del fumo".

9. ivi 1 56.4: "È necessario esaminare anche la questione dei tem­pi favorevoli (Katp&v). Lo spirito, dice egli (Ermete?), deve essere separato dal fiore sotto l 'azione del sole (à1tò av9ouç TJÀtOùcr9at) e deve macerare (raptxwecr9at) fino a primavera e poi, da allora, in

I l O IlaucrTtptv (287. 1 5) M: Il<lvcrTtptv L b . Si trova anche Ilaucrf)pT]ç, e lascio ai più esperti il compito di decidere qual è la vera forma di questo nome chiaramente egiziano.

I l i Questo è i l titolo della serie in M fol. 1 4 1 r- 1 6 1 r. Ma questa compilazione, pur contenendo senza dubbio estratti di Zosimo, è in realtà molto più successiva, perché vi si cita Stefano ( 162. 1 9, 1 73 . 1 ), che è del VII secolo, e la "chimica di Mosè" ( 1 82. 1 6, 1 83.5) che utilizza Olimpiodoro.

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284 La rivelazione di Ermete Trismegisto - L 'astrologia e le scienze occulte

qualsiasi momento favorevole, deve essere esposto al fuoco1 1 2, così che l'oro sia buono per l 'usoi i J . Il grande sole anzi, dice egli (Er­mete?), produce questo, perché, dice, è mediante il sole che tutto si compie (<1tàv> yivETat, cfr. 1 75 . 14 �Àtoç ò 1tav•a 1tot&v).

Ascolta ciò che dice Ermete, che l 'ammorbidimento delle sostan­ze idonee a essere ammorbidite1 1 4 si fa a freddo (Èv \jfUxpoìç). Egli si è spiegato a lungo su questo punto alla fine dello Sbiancamento del piombo. Dice anche a proposito dell 'oro: 'È così che opera in qualche modo colui che prepara i l Tutto' 1 1 5• Ha anche trattato la ma­niera di setacciare i l Tutto con qualsivoglia crivello. E questo non è sfuggito ad Agatodemone, che chiama questa operazione ' lavaggio' e 'purificazione' del minerale, allorché il minerale polverizzato e divenuto liquido passa attraverso i l crivello o i l filtro. Ermete dice: 'Esso (il minerale) diviene simile alla gomma d'acacia in gocce ' 1 16•

1 1 2 7tUpoùcr9at Pfeiffer ap. RusKA, T Sm., p. 1 1 : 1tUp6ç M. Questo brano 1 56.4- 1 6 è stato riprodotto, tradotto e commentato da RusKA, op. cit. , pp. 1 1 - 1 2.

1 1 3 <'iva> ò xrucròç <ouvm:òç ft> Eiç tò xpficr9at ve! simile quid. 1 1 4 JlUÀ.U/;tJ.lWV Ruelle: aÀ.a/;iJ.lWV M. La parola nuova JlUÀ.cl/;lJ.lOç su JlUÀ.ncrcrm è

corretta, come àUa/;tJ.loç su àUacrcrm, cfr. àUa/;tJ.la (iJ.lanu) P Oxyr. , 1728.2, Jli sec. d.C. (si noti che AKE U hanno nel nostro testo àUu/;iJ.lWV, che non è sicuramente possibile qui). Dato che la desinenza -tJ.loç indica l 'utilità, l ' im­piego, l 'attitudine a fare o a subire, il significato deve essere: "le cose idonee ad essere ammorbidite"; JlUÀ<l/;tJ.1Òç sarebbe quindi un sinonimo di JlUÀ.UKtòç (cfr. ARJSTOTELE, Meteor. , 385 a 1 3, a proposito del ferro).

1 1 5 EKEÌ Kaì m;pì wù xpucroù À.ÉyEt· 'ourmç 1troç ò 7totwv tò 1tàv' . O, senza inter­punzione (À.EyEt outmç 1tmç KTÀ..): "Qui anche colui che prepara il Tutto parla pressappoco in questi termini sull 'oro", ourmç 1tmç riferendosi in questo caso a quanto sopra (� JlclÀ.a/;tç twv JlUÀ.a/;iJ.lWV yivETat ev ljluxpoìç), non a quanto segue ( EKEÌ Kaì 7tEpì roù �9Jlficrat KTÀ. ). In ogni caso, queste citazioni tron­cate sono veri e propri rebus, e non si può pretendere la certezza. - tò 1tàv è un'espressione frequente, ma vaga che può designare questo o quel preparato: 1 92.2 1 è il nome simbolico del corpo metal lico della magnesia. Cfr. LIPPM.-\NN, l, p. 78 (in fine).

1 1 6 yivETat wç � crTUKTlÌ ÙKUK[U. Questo dà un significato possibile e Ruska (che corregge inutilmente in àKaKiaç) traduce quindi così "wie der Tropfen (der) Akazie". Ma dobbiamo riconoscere che la tradizione manoscritta è incerta: Kaì � àKaKia B, Kaì � àKayia AKE, KUÌ � àKaia L b. Se si adottasse questa lezione Kaì � àKaKia, bisognerebbe intendere � crruKn') = � crtuK't� (Kovia) "la lisciva di cenere" che ha un ruolo nel l 'alchimia, cfr. 372. 1 3 crtuKn')ç 7tOtTJcrtç: si tradurrebbe quindi "come della lisciva di cenere e della gomma d'acacia". Finché la tradizione manoscritta non sarà stata chiarita (rapporti di MBA), non possiamo decidere nulla.

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L 'ermetismo e l 'alchimia 285

Ma se si produce un sedimento, ciò è la prova che né le sostanze né i l minerale sono stati sufficientemente polverizzati .

Ermete stesso si è ancora spiegato a lungo su queste cose in I Crivelli, quando ripete all ' inizio e alla fine (Mywv avw Kaì Ka-rw)1 1 7 : 'Se le acque scendono, i l crivello stesso sembra fluire ' . Sono tutte insieme in effetti che le acque discendono secondo il grande Ermete, e subito risalgono attraverso lo strumento, nel qua­le sembrano boll ire".

L' interpretazione proposta da Ruska per il primo paragrafo di questo brano sembra plausibile. Si tratta di un minerale aurifero al quale si devono fare subire diverse operazioni per estrarne dell 'oro puro. Lo "Spirito", secondo i l senso corrente in alchimia, è il pro­dotto della sublimazione. Viene dapprima esposto al sole d' inverno (i)ì..toùcr8at) per separarlo dal "fiore", vale a dire dalle efflorescenze o escrezioni impure (si dice ancora fiore di cobalto, di bismuto), poi all'azione del sale (natron?), quindi al fuoco. Le altre indicazio­ni sono ricette tecniche del medesimo ordine. "Sbiancamento del piombo" significa indubbiamente il passaggio dal piombo all 'argen­to. La gomma d'acacia è la gomma arabica.

10. ivi 162.3 : "Ermete, parlando dell 'ammorbidimento, dice in seguito: 'Esso (il metal lo) sarà sbiancato"'.

1 1 . ivi 1 69 .5 : "Ermete e Democrito sono conosciuti secondo i l Catalogo per aver parlato in forma abbreviata di una tintura unica, e gli altri vi fanno allusione".

12. ivi 1 75 . 1 2 : "Gli antichi hanno avuto l 'abitudine di rendere i solforosi incombustibili per mezzo di un fuoco leggero e di materie sbiancanti 1 1 8• Ma ciò che i l fuoco effettua in modo artificiale, i l sole lo fa con il concorso della divina natura. E il grande Ermete dice: ' Il sole che fa tutte le cose' (cfr. n° 9). E allo stesso modo Ermete non ha smesso di ripetere ovunque: 'Esporre al sole' e 'diluire il vapore nel sole ' , ed è da un estremo all 'altro (avw Kaì Kntw) che egli designa i l

1 1 7 Oppure s i deve riferire èivoo Kaì Kémo a Trismegisto, dato che queste parole "in alto e in basso" designano comunemente nell'alchimia le sublimazioni e le distillazioni, cfr. LIPPMANN, I, indice 1, s. v. èivoo-K!l'roo)? Ma in questo caso la frase seguente "Se le acque . . . " fa anch'essa parte della citazione?

1 1 8 À.WKav6iotç àKaucrwùv tà 6EtWOTJ 175. 1 2. Di fatto àKaucrtoocrtç e ì..EuKoo­crtç sono associati altrove, cfr. 1 66.9- 1 0 brEna Mcrov aùtà uoan 6Eicp, eooç àKaucrtoo6ft, À.EuKip ì.i:yoo tep O t' àcr�Écrtou à1toÀ.EÀ.UilÉvou, 21 7 . l O- I l Èàv À.ÉYTl àKaucrtoocriv, 7tEpì tiiç À.EuKfficrEooç À.ÉyEt.

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sole. Tutto si compie in qualche modo per l'azione del fuoco solare, come abbiamo già detto (cfr. n° 9)".

13. ivi 1 88.7 1 19 : "Come, quindi, si produce il corpo (metallico) della magnesia, se è vero che lo sbiancamento si manifesta per dif­ferenziazione (exet òtacpopàv) nel corso della macerazione ('taptxei­av), come ti ho già detto in precedenza <con queste parole> ' lascia (&.cpeç;: àcpeìç; M) davanti alla fornace'? La fornace deve bruciare con legno e scaglie di cobathia rosse, perché il fumo di queste scaglie imbianca ogni cosa. Se, quindi, la magnesia riceve (= subisce l'azio­ne di)120 questo fumo, essa l 'assorbe e imbianca.

Non ho ricordato nel settimo trattato a proposito della cobathia rossa che abbiamo bisogno di apprendere innanzitutto di quale ma­gnesia parlano i filosofi (alchimisti), la semplice (o ' la pura', arrÀ.fjv) che viene da Cipro, o la composta12 1 , che produce la no�tra arte? In effetti, mentre essi polverizzano la semplice, lasciano intendere che sia la composta, e allo stesso tempo parlano della semplice. È così che la nostra arte è rimasta nascosta per l ' impiego che si fa di parole a doppio senso. Ancora allo stesso modo122 il filosofo Ermete versa (nel fuoco del fomo)123, dopo l'acqua di mare, il natron, l'aceto, il

1 1 9 Questo passo sembra davvero di Zosimo (Sul trattamento del corpo metal­lico della magnesia), cfr. Ch. MA., I l , p. 228. Per chiarezza di esposizione, inizio un po più in alto rispetto alla citazione di Ermete. Questo passo è stato tradotto e commentato da RusKA, T Sm. , pp. 1 4- 1 5, così come il n° 1 3 bis, ivi, pp. 1 3 - 1 4.

120 M�n cong. aor. attivo (Bergstriisser ap. PLESSNER, op. cit. , p. 80, n. l ). Se A.a�n. cong. aor. medio (così Ruelle e Ruska), si ha: "Se tu raccogli questo fumo, la magnesia, ecc.".

1 2 1 Oggi si direbbe "la sintetica", n'Jv cn\v9etov. 122 1:\n ò qnA.òcrocpoç 'EpJlfiç. Questo 1:\tl ali' inizio della frase ( 1 88. 1 9) non fa che

riprendere il primo 1:\tl n']v étnA.fiv À.EIÙJcravteç ( 1 88 . 1 6) dopo l ' interrogativo di Zosimo, e che io ho tradotto con "in effetti''. Zosimo prosegue la sua ar­gomentazione: "Si deve innanzitutto apprendere il senso esatto delle parole. Così (l o esempio: la magnesia semplice - doppia). Cosi ancora (2° esempio: l inguaggio anfibologico di Ermete)". Non è necessario quindi andare a capo, come fa Ruelle.

1 23 �étllit non può evidentemente tradursi "nomina" (così Ruelle e Ruska "nen­nt"), ma �étlli1v ha qui, come di frequente, il significato di "versare" (quando si tratta di materie fluide, come è qui il caso), cfr. EPITTETO, IV, 1 3, 1 2; Mt. , IX,

1 7; Le., v, 37; Gv. , xm, 5; Giudici, VI, 1 9; P. Lond., 1 1 77.46 = III, p. I 82 ( I I 3 p. C.) ai nA.Eiw �À.Tj9dcrm, (scii. uoawç XOPTJYiat) �aA.aveiou I:EUTjpiUVOÙ.

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L 'ermetismo e l 'alchimia 287

sangue di moscerino12\ il succo di stirace, l 'allume scistoso e altre sostanze simili, e dice : 'Lasciala (la magnesia, cfr. n° 1 3 bis) davanti alla fomace125, con (= sottoposta all 'azione di) scaglie di cobathia126 rosse. Perché il fumo delle cobathia rosse, essendo bianco, sbianca tutto' . Così parla Ermete. Ma bisogna sapere che il natron, lo stirace, l 'allume scistoso, le ceneri di rami di palma, è lo zolfo bianco che sbianca tutto. Per quanto riguarda il sangue di moscerino e l ' aceto, è il nome dello zolfo ottenuto dalla calce viva. Le scaglie di cobathia rosse è il solforoso, in particolare l'arsenico, che assomiglia alla co­bathia per il suo colore giallo dorato (t{j:l ['tò M] XPUcrisEtv). Afferma inoltre: ' I l fumo di cobathia sbianca tutto' . Ma, volendo insegnare ciò che è la cobathia i l Filosofo (Democrito, cfr. 5 1 . 1 -2.) dice: 'Il vapore dello zolfo sbianca tutto"'.

13 bis. Stesso frammento in Olimpiodoro 84.20: "In effetti Erme­te dice a proposito del fumo (cfr. Zosimo, 1 50. 1 3), in un passo rela­tivo alla magnesia: 'Lasciala (la magnesia)' , dice, 'bruciare davanti alla fomace127 con (= sottoposta all ' azione di) scaglie di cobathia rosse. Perché i l fumo delle cobathia, essendo bianco, sbianca i cor­pi ' . Il fumo (Ka1tV6ç) infatti sta a metà tra i l caldo e il secco e tale è la natura del soffio ardente ( aìeaÀ.TJ) e di tutto ciò che sviluppa la combustione (eSt' aìeaÀ.TJç); per contro il vapore (èrq.t6ç) è a metà tra i l caldo e l 'umido, e questa parola (vapore) denota dei soffi umidi (aìeaÀ.aç uypaç), come quelli che si sprigionano dagli alambicchi (èh' UJl�iKrov) e da altri strumenti simili".

I l luogo parallelo in Zosimo e il carattere in generale aforistico delle affermazioni attribuite ad Ermete mostrano che la citazione ermetica va fermata a "sbianca i corpi". Ma il seguito è interessante per la distinzione che stabilisce tra vapori secchi e vapori umidi. Ru­ska sottolinea128 che questa distinzione ha anche una sua importanza nell 'alchimia araba.

14. iv i 1 98 .3 : "Ermete ha detto dal canto suo: 'Questo corpo della magnesia che tu hai desiderato studiare, per conoscerne il

1 24 Kvi1tEtov all!a, nome simbolico designante una tintura rossa: aÌ1-1a è spesso impiegato in questo senso.

125 Dopo Tijç Kal!ivou ( 1 89. 1 ), il testo porta cilç 7tpOEÌ7tEV che è probabilmente un errore del copista a causa d i cilç 7tpWTJV crm EÌ1tov 1 88 .9.

1 26 Solfuri arsenicali di cobalto. 1 27 A aggiunge: "Su un fuoco bianco". 1 28 RusKA, T. Sm., p. 1 4, n. l .

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trattamento e i l peso, abbiamo detto che si chiama cinabro [ . . . ] '". Il resto è corrotto.

D. Sinesio

15. Alch. Gr. 62.4-5: "Non hai inteso dire da Ermete: 'C'è il rag­gio di miele ( i l mercurio) bianco e il raggio giallo"'. Cfr. n i 29 e 30.

E. Olimpiodoro129

16. A/eh. Gr. 72.20: "Ermete dice: 'Quando avrai preso dopo i l grande trattamento, cioè dopo la lisciviazione del minerale (TTJV nMmv Tfjç \j/U!J.!J.OU )' . Vedi, egli ha chiamato la sostanza 'minerale' e ha detto ' la lisciviazione ', cioè il grande trattamento. Agatodemone è d'accordo con lui su questo punto".

17. ivi 83.4: "In effetti Ermete dice da qualche parte: 'La terra vergine si trova nella coda della Vergine"'.

18. ivi 89.9- 1 0 (c itazione di Zosimo che cita Ermete): "Quello che dico è vero, di ciò prendo a testimone Ermete che dichiara: 'Vai da Achab, l 'aratore, e impara che colui che semina grano fa nascere grano"'.

Cfr. Iside a Horus, infra no 33 . 19. ivi 89. 16 : "Pelagio (?) disse a Pauseride 130: 'Vuoi che lo but­

tiamo in mare prima che lui concepisca (? cruM.a�n) le miscele?' . Ed Ermete disse1 3 1 : 'Hai parlato bene, nel modo più esatto"'.

20. ivi 99. 12 : "Essi non hanno fatto da soli l'esperienza di queste cose, ma parlano secondo ciò che Ermete dice in molti luoghi: 'Fai boll ire in un panno di spesso lino'".

21. ivi 100. 1 8- 1 0 1 . 1 0: l 'uomo microcosmo, cfr. supra, p. 1 56.

1 29 Si noti che il commentario di Olimpiodoro ha come titolo (secondo M fol. 1 63 r) "Sul libro Ka·r" evépyetav di Zosimo, tutto ciò che è stato detto secondo Ermete e i filosofi".

1 30 I1aucn1pTJV M: IlavcrT]ptv AL. Cfr. supra, p. 283 , n. I l O. 1 3 1 Kaì q>T]crìv ò 'EpJ.L�ç M: Kaì oÙtoç (Pauseride) à1ttKpiva1:o L, che ovviamente si

adatta meglio al contesto. Ma potrebbe esserci una lacuna dopo 1:à JllYJ.La'ta, o ancora Pelagio (89. 1 6) potrebbe essere un errore per Ermete poiché sappiamo peraltro (cfr. n° 4) che è esistito uno scritto di Ermete indirizzato a Pauseride.

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22. ivi 1 0 1 . 1 1 - 1 02.3 : l 'uomo gallo, l 'uomo talpa, cfr. supra, pp. 250-252. È qui c itata ( 1 0 1 . 1 3 ) un'opera di Ermete, la Pyramis 132•

F. L 'Anepigrafo133

23. Aie h. Gr. 1 25 . 1 0 : "In effetti, che significa ancora questo precetto di Ermete: 'Quello che si distacca dall 'efflusso della Luna13\ dove si trova e dove si tratta, e come esso ha una natura incombustibile, tutto ciò tu lo troverai da me e da Agatodemo­ne? ' . In effetti, per i l fatto di dire 'efflusso ' , di nuovo occorre ricordarsi ( àvaiJ.VTtO"tÉov: àvém't11crov A) del flusso ( 't�ç pEu<Jf:mç: 't�ç pEUcrTtç A), e ciò diviene del tutto evidente per il fatto che (Er­mete) aggiunge: 'Quello che si distacca dell'efflusso della Luna si distacca ( 'tÒ . . . <ÈK7tt7t'tov> ÈK7tt7t'tEt) secondo la natura sostan­ziale (? oucriav) ' . Infatti il corpo fisso (? KU'tEXOIJ.EVOV) si disloca ( ÈK7tt7t'tEt) per i l fatto di questo efflusso, perché la natura della magnesia diviene lunare ( crEÀ.TtviaçE'tat) avendo acquisito per in­tero il carattere specifico della luna ( crEÀ.TtVOEtòl'Jç OÀ.Tt ytVOIJ.ÉVTt) ed essa è sublimata ( ÈKq>ucràmt, cfr. 1 48. 1 ) secondo i tempi op­portuni dell ' efflusso"'.

In questo testo, che è certamente "ermetico" a meraviglia, il manoscritto A porta dappertutto lÌ crEÀ.TtVtUKTJ à1ropia, "la mancan­za (o la privazione) lunare", che Berthelot-Ruelle hanno tradotto "il declino della Luna" e commentano (Traduzione, pp. 1 3 3 n. l): "L'autore gioca sulla somiglianza delle parole greche che signifi­cano declino (à1topia) ed effluvio (à7t6ppota), parole che gli stes­si manoscritti confondono e scambiano". Così tanti errori . à1topia crEÀ.TtVtaK'fJ non ha mai significato "declino della Luna", il ma­noscritto A dà ovunque à1topia (nessuna variante indicata per K, Laur. , E), è ovviamente necessario scrivere à7t6ppota, come ha già fatto Ideler nella sua edizione di Stefano (che cita questo passo, p. 203), e, prima di lui, il manoscritto L<, del XVII secolo, dove si legge questo testo, che sembra un commento della redazione di A:

1 32 tv tft nupaf.1iOt M: Kupaviot K, Kupavio'l A, cfr. supra, cap. v1, pp. 250 s., n. 1 35 .

1 33 Sulla sequenza corretta de !l 'Anepigrafo, cfr. supra, p. 279, n . 90. 1 34 ànoppoiaç ( 1 25. 1 1 ) U: ànopiaç A.

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"Ermete dice: 'Ciò che si distacca dal l 'efflusso lunare (tò ànò rfiç; crEÀTJVtaKfiç; ànoppoiuç; ÈK7tÌ7ttov)' , vale a dire che, proprio come la luce della luna aumenta e diminuisce, così anche il 'nostro argen­to' diminuisce per mezzo della smetallizzazione (òtà tflç; àcrco)la­tfficrEcoç;, cfr. Maria ap. ZosiMO, 195 .5 ss.), in corrispondenza della luna. L'efflusso (àn6ppota) e l ' influsso (Ei'crpota) devono avvenire attraverso una cottura lenta e moderata, in modo da non rovinare i l sublimato ('Lvu qmÀux8fi tò 7tVEÙ)la)".

Questa è chiaramente un'operazione con cui un corpo chiamato in A "natura della magnesia", in Le "nostro argento" diviene argen­to ( crEÀTJVTJ, come llÀtoç; per "oro"). Il procedimento sembra dupli­ce. Da una parte, questo corpo subisce una cottura durante la quale viene ridotto; dal l 'altra gli si applica un "efflusso", il che vuoi dire senza dubbio che al primo metallo in fusione (òtà ÈK1tUprocrEcoç; U) viene aggiunto dell'argento fuso. Tutta questa operazione è descritta in un l inguaggio allegorico dove si gioca, di fatto, sulle parole, non sull ' àn6ppota - ànopiu, ma su crEÀTJVTJ (o suoi derivati), al contempo "luna" e "argento".

23 bis. Stesso frammento, secondo lo stesso autore (l 'attribu­zione al Prete Giovanni è falsa), 263 .3 ss. : "Ma, al fine di ottenere un flusso più abbondante in base a ciò che producono le emanazioni dell 'efflusso lunare1 35, [ . . . ] essendo andato nelle acque del Ni lo, fai secondo quanto è stato scritto, nel modo in cui Ermete ha prescritto con queste parole: 'Ciò che si distacca dall 'tffiusso della Luna, dove lo si trova e dove lo si tratta, ecc."' .

24. iv i 1 28 . 1 5 : "Sarà necessario vegliare e prestare attenzione allo sbiancamento e prolungarlo. Quindi, Ermete prescrive una l isc iviazione di sei mesi dal mese di Mekhir" (cfr. Olimpiodoro, 69. 1 6, 72. 1 ).

25. i vi 132. 16 : "Così le qualità attive (del corpo metallico) pren­dono vita sotto l'azione del caldo � si raffreddano sotto l 'azione del freddo: e da ciò deriva che (il metallo) è detto un 'vivente animato (çcpov E)l\j/UXOV)' 136 dal molto speculativo Ermete". Segue l' esegesi di "Trismegisto", cfr. supra, p. 97.

Sulla macerazione e la lisciviazione, notiamo ancora, nell' Anepi­grafo, queste due citazioni che a dire il vero non valgono gran che:

1 3 5 Ka8à un6pp0lai (unopiat A) Tiiç OEÀI]VtaKfjç PEUOEOJç. 1 36 Cfr. supra, p. 250, n. 134.

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L 'ermetismo e l 'alchimia 291

26. i vi 422. 1 5 : "Così finisce la spiegazione, nel modo in cui, dice Ermete: 'Tutto ciò che tu puoi, fallo macerare e lavalo finché non lo lasci nei vasi; tutto ciò che puoi fare, fallo ' . Si fa quindi macerare con l 'aiuto di flussi liquidi durante i lavaggi e lo s i lascia in deposito i n vasi durante l 'operazione (? Ka'tà TlÌV liOlCI'lcrtV), in modo che si raffreddi di nuovo".

26 bis. ivi 432. 1 5 : "[ . . . ] poiché l 'operazione di lisciviazione (Tò 7tÀ:uvecr9at) è stata considerata allo stesso tempo, secondo le parole di quel famoso Ermete Trismegisto riportate da questi grandi esegeti (Sinesio e Olimpiodoro )".

G. Il Cristiano

27. A/eh. Gr. 404.5 : "Ermete non trascura di sottoporre al fuoco (1tUp&crat) le specie bianche di vino fatto di grappoli pressati 137".

28. ivi 407. 10 : "Altri dicono che l 'acqua è multi-complessa, es­sendo proveniente da due unità complesse, [ . . . ] proprio come il mondo è numericamente uno, sebbene composto da elementi multi­pli . Quindi Ermete dichiara che l ' insieme delle cose, benché multi­plo, è detto uno (1toÀ.Àà ovTa ev ì..tyeTat)".

28 bis. Stesso frammento, iv i 408.4: "Così l 'acqua divinissima dell ' Arte, che è definita ' abisso' dal Precettore (Toù &t&acrKaÀou : Ermete?) è una quanto alla continuità (Ka'tà cruvtxetav), sebbe­ne composta da due unità e non sempl ice. Ecco cosa intendeva Ermete quando disse: 'L' insieme delle cose, benché multiplo, è detto uno"'.

29. ivi 4 1 0.6 (a proposito della preparazione del mercurio): "Si forma così un favo di miele estremamente bianco, secondo quanto dice Ermete Trismegisto (cfr. n° 1 5). Del resto, aggiunge allora: 'La sintesi è spinta fino a quando non si ottiene la lega dell 'asem, poi questa è divisa in due porzioni: una delle porzioni, essendo marcita sotto l'azione di diverse acque, è trattata convenientemente 138 fino alla riduzione in mercurio; l 'altra è tenuta esente dalla decompo-

1 3 7 oùK c'upiTJCHV 'EpJ.ltjç [potpuxhTJç] nupiì:lcrat À.f:UKà EiùTJ -roù �ocrtpuxhou. Ri­guarda il grappolo ( O"ta<jJUÀ.tl) l 09.21 EWç UV aù/.;ftcrn tl O"tU<jlUÀ.JÌ ÙJ.l<Ì:lV, 1 2 1 . 1 0 àn68J..nvov TJÌV maqmJ..ftv, 1 3 7. l O EK8À.upov TJÌV cr-racpuJ..ftv.

138 ùtopyaviçemt 420.9. Cfr. 62. 1 2 ùtopyavtçoJ.lÉVT] (lÌ ùopapyupoç), 25 1 .9 -rò ùtopyavtcr8tv uowp (il mercurio).

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sizione, vi si diluisce l'acqua corrotta e si ottiene la polvere secca, quella che si ricerca da secoli"'.

30. ivi 4 1 0. 1 2 : "Se si vuole proseguire l ' operazione fino a fab­bricare l 'oro, [ . . . ] si ingiallisce versando acque gialle e si produce un favo di miele giallo, secondo quanto insegna Ermete; quindi, dopo averlo diviso in due parti, lasciato cadere verso i l fondo e viene prodotto".

In questa serie di frammenti, vediamo citate al massimo sei opere alchemiche di Trismegisto:

Piccola Chiave (KM:iòwv: 4), forse identica alla Chiave (KM:iç) menzionata da Psello (supra, p. 28 1 ).

Trattato a Pauseride (npòç 'tÒV OaumlPiv: 4, cfr. 19). Trattati sullo sbiancamento del piombo (Èv •0 'tÉÀEt •iìç ÀEuKffi­

crewç 'tOÙ JlOÀupòou: 9), e su i Crivelli ( ÈV Toìç KOcrKivotç: 9), o forse semplici capitoli di uno stesso trattato che è impossibile specificare con maggiore precisione.

Pyramis (OupaJliç: 22). Da ultimo l' Eptabiblo (il 'EnniPtPÀoç;) menzionato da Psello (su­

pra, p. 281 ) . Kroll 139 aggiunge a tali titoli da un lato l' ApxaiJGÌ PiPÀoç, ma ab­

biamo visto che questo libro riguarda piuttosto le virtù occulte degli animali 1 40, dall 'altro i trattati sulle Nature (nepì <pucrewv) e sull 'Im­materialità (nepì ài.iÀ.iaç) entrambi citati da Zosimo (229. 1 1 , 230. 1 ) nel suo Libro sulla lettera 0. 14 1 , ma i l contesto è relativo alla Fatalità e nulla dimostra che queste opere fossero nel novero degli scritti alchemici. Viceversa, il dubbio è tutt'altro che permesso per i sei trattati che abbiamo elencato. Della Piccola Chiave si afferma espli­citamente che Ermete in essa parlava della comaride (4). Gli scritti a Pauseride sullo sbiancamento del piombo e sui crivelli forniscono delle ricette di operazioni, la Pyramis parla della crisocolla e dell' ar­gento, l ' Eptabiblo è citato in un passo in cui si parla soltanto d 'alchi­mia. Notiamo, per finire, che un documento specifica che non esiste alcuna opera di Ermete sulla tintura delle pietre e della porpora (4).

1 39 P. W., VIII 799.25 ss. 140 Cfr. supra, p. 253. 1 4 1 Nostro fr. 6 : cfr. infra, pp. 308 ss. Il libro di Ermete Sulle Nature appare anche

nello Zosimo siriaco, Ch. M.A., Il, p. 238, cfr. RusK.\, T. Sm. , p. 4 1 .

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L 'ermetismo e l 'alchimia 293

Se ora si esamina la natura stessa di questi estratti, tre caratteri colpiscono di primo acchito.

Prima di tutto, Ermete è nel novero degli autori alchemici che fanno uso di nomi simbolici e di allegorie: 2 (coro d'oro: crisocol­la), 3 (il gran dio: il sole), 5 (bene polionimo: una operazione), 9 (il Tutto, cfr. 3), 13 (sangue di moscerino, scaglie di cobathia rosse), 15 e 29-30 (favo di m iele: mercurio), 17 (coda della Vergine), 22 (uomo gallo, uomo talpa), 23 (cosa che cade dall 'efflusso della Luna), 28 (�ocr-rpuxi-rr1c; [olvoc;]). Una volta, tuttavia, sembra congratularsi con Olimpiodoro (16) per aver apertamente designato "il grande tratta­mento" come la "lisciviazione del minerale".

In secondo luogo, gli scritti di Ermete, fedel i su questo punto alla prima tradizione dell'alchimia, includevano ancora tutta una parte della tecnica: 3 (ruolo della cottura al fuoco), 4 (comari de e calce viva), 9 (ammorbidimento, sbiancamento, crivellatura), lO (ammor­bidimento), 12 (ruolo della cottura al sole), 13 (sbiancamento), 16 (lisciviazione del minerale), 24 (durata di lisciviazione ), 26-26 bis (macerazione, lisciviazione) ), 29-30 (preparazione del mercurio).

Nondimeno questi scritti non erano puramente tecnic i : alla stes­sa stregua di Bolo il Democriteo, Ermete enunciava dei principi, offriva una dottrina: l (''Se tu non scorpori . . . "), 18 (''colui che semina grano . . . "), 2 1 ( l 'uomo microcosmo), 26 ( i l metallo "vi­vente animato": panvitalismo), 28 (7toÀÀà òvw ev MyE-rat). C 'è persino qualche ragione per congetturare che fossero i principi dottrinali, come nel caso di Bolo, a essere l ' interesse principale dei trattati alchemici di Trismegisto. Di questi principi, due ( 1 , 18) appartengono esclusivamente al l 'alchimia, altri due (21 , 26) si riferiscono alla teoria generale della simpatia nel mondo e a quel l ' idea che una stessa vita unica ne penetra tutte le parti: tutto è pieno di anima, i l metallo stesso è animato. L'ultimo principio, infine, che richiama l 'unità del Tutto (28), è uno degli assiomi fondamentali de l i ' ermetismo fi losofico: così si vede ancora una volta quale stretto legame collega reciprocamente le diverse bran­che della letteratura ermetica.

Quest'ultimo principio (l 'unità del Tutto) ci consentirà di collega­re ancora a Ermete due brevi frammenti anepigrafi; inoltre, siccome l 'assioma "colui che semina grano . . . " costituisce l 'essenza della ri­velazione di Iside a Horus, questo curioso pezzo, le cui altre caratte-

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ristiche rivelano una sorprendente analogia con alcuni testi ermetici, può arricchire la col lezione di Trismegisto. Questi tre frammenti sa­ranno i nostri ni 31-33 142•

31 . Olimpiodoro, A/eh. Gr. 84. 1 2 (secondo M.): "Similmente Ci­mete, che è stato discepolo di Parmenide, dichiara: 'Uno è il Tutto, mediante ciò è il Tutto: poiché se il Tutto non contiene l 'Uno, i l Tutto è nulla (ev rò nàv, òì o'Ò rò nàv· roùro yàp d j.l� EXot rò nàv, oùòèv rò nàv) "'.

All' interno del più grande dei tre cerchi concentrici della Criso­pea di Cleopatra143, leggiamo queste parole: "Uno è il Tutto, per l 'Uno è il Tutto, verso l 'Uno va il Tutto, e se il Tutto non lo contiene, il Tutto è nulla".

32. A/eh. Gr. 20. 1 3 (uovo filosofale, da M, fol . l 06): "Se i due non diventano uno, e il tre uno, e l ' insieme del composto uno, il risultato atteso sarà nulla ( èàv òè j.l� yévrovrat rà òùo Ev Kaì rà rpia Ev Kaì oÀ.ov rò cr6v9Ej.J.a Ev, oùòf:v Ecrrat rò npocròoKffij.lEVOV)".

Questo principio fa parte di una serie di aforismi (20 .5 ss.), i l primo dei quali (tl cpucrtç . . . rtpnEt) è l 'ass ioma fondamentale di Democrito, il secondo (20.9) un assioma di Tri smegisto (''se tu non scorpori . . . ", cfr. supra, 1 ), il terzo il nostro fr. 32. Già dal la forma, questo estratto s i apparenta s ia al fr. ermetico l ( èàv j.l� . . . , . . . oùòèv . . . rò npocròoKffij.lEVov) sia all 'assioma 31 (d j.l� EXot . . . , oùòèv rò nàv). Quanto alla sostanza, si ha qui soltanto l 'appli­cazione particolare ali ' alchimia della verità universale "Uno è i l Tutto". Come anche, secondo i l Cristiano, citando Ermete (28), "Il mondo è numericamente uno, sebbene composto da elemen­ti multipli", così ogni composto alchemico (cruv9qta) suppone l 'unione d eli 'Uno e del multiplo (supra, 28-29). Queste ragioni generali , non meno che l ' estrema somigl ianza tra questo fr. 32 e i fr. 28-29, garantiscono ai miei occhi i l carattere ermetico del nostro frammento.

II . 33. /side a Horus Come si è visto (18), l 'alchimista Olimpiodoro cita da Zosimo i l

seguente motto (89.8 ss.):

1 42 Il nostro fr. 3 1 è già stato riferito a Ermete da Scon, Hermetica, IV, pp. 1 52-1 53, così come il fr. 33 (lside a Horus), ivi, pp. 1 44- 1 5 1 .

1 43 Cfr. BERTHELOT, Introd. , p. 1 32.

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L 'ermetismo e l 'alchimia 295

E Zosimo dice nel libro Secondo l 'Energia: "Quello che dico è vero, di ciò prendo a testimone Ermete che dichiara: Vai da Achab, l 'aratore, e impara che colui che semina grano fa nascere grano. Lo stesso ho detto anche a te, che le sostanze sono tinte dalle sostanze, come è scrit­to: riguardo alla tintura, essa si divide solo in queste due specie, il corpo e l'incorporeo. L'Arte si limita a queste due specie".

Ora questo motto "Vai da Achaab, ecc.", qui riferito a Ermete, si ritrova nell 'opuscolo intitolato lside la Profetessa a suo figlio Ho­rus, che resta in due redazioni indipendenti, quella del Parisin. 2327 (A: dell'anno 1 478)144 e quella del Parisin. 2329 (E: XVII sec.) 145• Già per l'a:ffabulazione, questo opuscolo si ricollega alla tradizione ermetica che mette in scena Iside insegnante di suo figlio146; questa analogia formale, unita al fatto che l'assioma di Ermete è qui ripro­dotto, garantisce l 'origine ermetica dell' intero brano147•

Notiamo che questo opuscolo è forse segnalato in un'opera al­chemica, il Libro A utentico di Sophe (= Cheope) l 'Egiziano e del Dio degli Ebrei, Signore delle Potenze, Sabaoth148, che testimonia l ' incontro tra le due tradizioni egizia ed ebraica e difficilmente può essere datato, in considerazione del suo carattere francamen­te mistico 149, precedentemente al III secolo della nostra era. Nella misura in cui il testo, pessimo, si lascia comprendere 1 50, l 'autore

1 44 Cfr. Alchymica, pp. 87-9 1 . 1 45 Cfr. Alchymica, pp. 92-93. I l testo di L< è solo una copia d i E, cfr. Alchymica,

pp. 93-94. 1 46 Stobaei Hermetica, Exc. XXIII-XXVI Scott. 147 Su questo punto, vedi già R.EITZENSTEIN, Poimandres, pp. 1 4 1 - 1 44. 148 Alch. Gr. pp. 2 1 3-2 1 4. 1 49 P. 2 1 3 . 1 0 ss. Tornerò in seguito su questo passo, cfr. infra, pp. 305-306. 1 50 Leggo 2 14. l ss. : ouOaJ.lOÙ &upimcro tàç xavtEÀ.t:iaç Kata�a<pàç À.aJ.l�avoucraç

XPUcròv (a), oTov nìv dTJJ.lOKpitou Kaì nìv J.10V6.oa nìv xapaotooùcrav nìv crKU6tKJÌv KÒJ.laptv (b), 1:àç o · 6.t&M:iaç (c) EupicrKro ÀaJ.l�avoucraç (d), oTov nìv "Imooç (e), fìv xpocr<prov&i ò "Hprov . . . (2 1 4.8) &crtE XPIÌ <ouì> J.1&6oo&tò:Jv (t) UVEU XPUOOÙ KUÌ 6.py6pou ÈpyÒ.cracr6ai [ KUÌ] 1:àç 011tMOO"Elç <Kaì> J.l.JÌ xropiçElV XPUOÒV lì lipyupov, wç KUÌ xopvEiav KUÌ J.liiVlV (g) XPUOÒV <yàp> ou ÀUJ.l�clVOUO"lV tà (h) JJ.Eiçro, on, Èàv TÒV XaÀKÒV Ò.crKiacrTOV (i) 1tOtTJcrnç <Kaì> ÀEUKÒ.VJlç G) wiç ÀEUKaivoumv <papJ.16.Kotç Kaì !;av6wcrnç (k) TOiç !;av6oùmv <papJ.16.Kotç Kaì �6.'1'nç (l) 1:JÌ KaOJJ.EiQ. lì Ktwa�6.p&t (m), XPUcròç xot&hat. (a) iìì..wv A per un errore abbastanza frequente, presentando i l suo modello i l segno del l 'oro che è lo stesso di quello del sole. - (b) KWJ.laptv A, ma cfr. P. Holm. lB 2, 5, KE 1 5, Al eh. Gr. , 1 55. 1 , 3 5 1 . 1 1 . - (c) Ti;ç OÈ TEÀEiaç A. - (d) ÀUJ.1�6.voucrav A. - (e) "lcrtoa A. - (t) "Stratagemmi", cfr. Ef, IV, 1 4 xpòç

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mette in contrapposizione due metodi di crisopea. Uno, del tutto eccellente, consiste nell 'ottenere l 'oro per mezzo di una semplice vernice che im ita l ' oro, senza che alcuna particella di questo me­tallo sia abbinata al metallo comune: è la "tintura di Democrito" e anche la tintura chiamata "monade" che fornisce la comaride di Scizia, vale a dire la tintura rossa ricavata dalla radice del co­marum palustre1 5 1 • L'altro metodo, imperfetto, consiste nel "fare" oro legando una piccola quantità d'oro con una grande quantità di metallo comune: questa è la "tintura di Iside, che Heron ha reso nota". Ora, questa "tintura di Iside", che il nostro autore svaluta a beneficio della "tintura di Democrito", corrisponde esattamente al metodo impl icitamente raccomandato nel l 'opuscolo di Iside ad Horus col motto: "colui che semina grano . . . ". L'oro è paragonato a un chicco di grano che, gettato nel terreno, fruttifica e si moltipli­ca: così l 'oro, gettato nella massa di un metallo comune, arriva a moltipl icarsi al punto di trasformare in oro tutto quel metallo. Ma proprio come il grano non viene mietuto a meno che il grano non sia stato previamente seminato, così nessun oro viene raccolto se, in principio, non è stato seminato oro. D'altra parte, questa ricetta è "pronunciata" da Heron (iìv [sci i . riJv Kata�a<piJv] npocr<pwvei: ò "Hpwv) 1 52 • Un dio Heron è conosciuto in Egitto, e se s i discute

tJÌV J.!E8ooiav t�ç JtÀ.avT]ç; vi, I l <rr�vm 1tpòç tàç J.!E8ooiaç toù ota�oÀ.ou. - (g) roç . . . J.!�VlV mi rimane poco chiaro. - (h) tò A. - (i) Cfr. 1 52.3 , 1 82.7 xpucròç acrKiacrtoç. Parimenti licrKtoç 1 83 . 1 (À.EUKCllVElV KClÌ licrKlOV ltOlEÌV), étcrKtacr1:6w 1 83.3 (associato a l;av86w ), étcrKtacr"tcocriç 2 1 7 . l O "senza ombra di ruggine". - U) À.EuKmveìç A. - (k) 1;av8rocretç A. - ( l ) �aljletç A. - (m) tJÌV KClOJ.!iav iì Ktvva�aptv A. La cadmia è il cobalto, il cinabro dà la tintura color vermiglio.

1 5 1 Cfr. LIPPMANN, I, p. 22. 1 52 Per 1tpompwvéw con un ace. rei, cfr. Sylf. l 8 1 4.8 (67 d.C.) JtpocrEqJcOVT]crEV

tà imoyqpaJ.!J.!ÉVa, e meglio ancora, Zosimo Computo Finale § 8 Sucriaç . . . tìç ltpOCJE(j)cOVT]CJEV MEJ.!�p�ç 'tQJ . . . roÀ.OJ.!CÌlVtl, PGM., Xlll, 225 'tOUtWV 'tJÌV clKQJ.!CltOV À.UalV KaÌ 8eoqJtÀ.� 1tp0CJE(j)WVT]CJQ crm, 'tÉKVOV, ÌÌV OÙOÈ �acr!À.eìç !crxucrav KataÀ.a�tcr8ai, 230 JtÀ.tlPT]ç l'l 1:eÀ.Et1Ì tiìç Movaooç 1tpocreqJwvt18TJ crm, tÉKVov, CCAG., VIli, 3, p. 92.8 ò "Ycrmljltç '!lOaljloç (legendum esse putat Boudreaux 6 'Y <rracrJtou '!loaljlòç) iepeùç À.f:YOJ.!EVoç KOcrJ.!tKà auvémi;EV étJto"teÀ.ÉcrJ.!am, 1tpocrqJwvEi oè ���À.iliaptov t <ÌJ étvaqJÉpet t ( tQ'l i\ptaqJÉpvet coni. Boudreaux) Èv <ÌJ OtClÀ.<iJ.!�avét KtÀ.., SIMPLICIO, in Epict. , p. 1 . 1 4 D. <ÌJ Kaì tò aUV"taYJ.!Cl 1tpocreqJÙJVT]crEV.

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L 'ermetismo e l 'alchimia 297

sulla vera natura di questo personaggio divino153, una delle solu­zioni plausibil i è identificare Heron con Horus. In questo caso, si ritroverà esattamente nel Libro di Sophe la ricetta d eli' opuscolo di Iside a Horus e l 'allusione sarebbe ovvia.

Infine c 'è forse un'allusione a questo opuscolo in Zos imo154• La storia di Iside testimonia manifestamente influenze ebraiche. In particolare richiama in maniera molto esplicita i capitoli 6-8 del Libro di Enoch, dove l ' autore ebreo, sviluppando la leggenda di Genesi (vi, 1 -4 ), mostra come gli angeli si sono innamorati delle figlie degli uomini e, per raggiungere i loro fini, hanno rivelato a loro tutte le arti proibite 1 55 : oreficeria, tintura delle pietre, astro­logia, divinazione, ecc. Ora, dopo aver narrato a sua volta questa leggenda secondo Enoch (ÈK 'tOÙ 7tpcinou �t�Àiou 'Evffix), i l S in­celio continua:

È bene confrontare con questo testo una citazione dal filosofo (= alchimista) Zosimo di Panopoli, tratta dai suoi scritti a Teosebeia, nel li­bro IX dell' lmouth. Eccola: "È detto nelle Sante Scritture, o donna, che esiste una razza di demoni che ha commerciato con le donne. Ermete ne ha fatto menzione nelle sue Physika (a dire il vero quasi tutta l'opera, apertamente e in segreto, ne fa menzione). È dunque riportato nelle an­tiche e divine Scritture che alcuni angeli si innamorarono delle donne e che, essendo discesi dal cielo, insegnarono loro tutte le arti della natura. A causa di ciò, dice la Scrittura, avendo offeso Dio, rimasero fuori dal cielo, perché avevano insegnato agli uomini tutte le arti malvagie che non hanno alcuna utilità per l' anima".

1 53 Vedi in ultimo CuMONT, in Mélanges . . . Dussaud (Paris 1 939), l, pp. l ss., in particolare pp. 6-7. L'ipotesi di Reitzenstein: Heron = Agatodemone (Poi­mandres, p. 1 44 e n. 3) sembra molto dubbia. Per l ' identificazione Heron = Horus, cfr. PERDRIZET, Negotium perambulans in tenebris (Pubi. Fac. Lettres Strasbourg 6, 1 922), pp. 8- 1 1 . Non vedo cosa si possa trarre da PGM, V, 24 7 ss. (preghiera magica al Sole) èyoo EÌJ.ll 0rou8, <papJ.lUK<ov Kaì ypaJ.lJ.lUt<ov EUpE'tJÌ<; Kaì K'ttcr'fflç . . . , èyoo EÌJ.ll "H pro v év&ol;oç, ooòv tBEroç, ooòv tEpaKoç, cbòv <I>oivtKoç àEpo<ponijtou, salvo che il falco è l ' animale sacro di Horus. Una terracotta della collezione Fouquet raffigurante Horus con una testa d i falco porta sul retro l' iscrizione 'Hprov, cfr. PERDRIZET, Terres cuites d'Egypte, n° l i O, p. 36 e tav. LI, Negotium, p. 9.

1 54 P. 20 Dindorf, cfr. Scorr, Hermetica, IV, p. 1 40 e n. l . Questa leggenda degli angeli caduti, fondatori dell' alchimia, appare nello Zosimo siriaco. Ch. MA., I l , p . 238.

1 55 Cfr. supra, pp. 26 1 s. e n. 30.

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298 La rivelazione di Ermete Trismegisto - L 'astrologia e le scienze occulte

Appare da questo testo: (a) che Zosimo ha conosciuto i l Libro di Enoch, poiché non si vede a quale altro scritto potrebbe riferirsi "Sante Scritture"; (b) che ha conosciuto un'opera ermetica in cui veniva menzionata la leggenda degli angeli innamorati delle donne; (c) che l 'autore di questa opera ermetica conosceva altresì il Libro di Enoch; (d) infine, poiché non vi è altro scritto alchemico in cui appaia la leggenda, che l 'opuscolo di lside a Horus è molto verosi­milmente tratto dalle Physika di Ermete.

Ecco la traduzione di questo opuscolo ermetico: ho messo in pa­rallelo la redazione di A e quella di E, perché le differenze sono troppo grandi per poter fondere i due testi in un unico discorso156•

1 56 A = Alch. Gr., pp. 28-33 ; E = ivi, pp. 33-35. Cfr. Scorr, Hermetica, IV, pp. 1 45- 149, dove i due testi sono messi in parallelo.

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L 'ermetismo e l 'alchimia 299

A E Iside la Profetessa a suo figlio Horus Iside la Profetessa a suo figlio Horus

l . - Quando fosti sul punto di andartene, figlio mio, per misurarti in combattimento con lo sleale Ti­fone riguardo alla sovranità di tuo padre, essendomi recata a Honna­nouthi <metropoli?> 1 57 dell'arte sa­cra dell'Egitto, vi restai un tempo abbastanza lungo.

Ora, con il pennesso delle op­portunità158 e secondo il corso ne­cessario del movimento delle sfere, accadde che uno degli angeli che risiedono nel primo finnamento, avendomi visto dali' alto, desiderava unirsi a me in un rapporto d' amore.

Si era già presentato, stava per raggiungere l 'obiettivo, ma non gli cedetti, perché volevo apprende­re dalla sua bocca la preparazione dell'oro e dell 'argento.

Ebbene, siccome lo interrogavo in merito, egli disse che non gli era pennesso di spiegarsi a questo riguar­do, perché questi misteri superavano qualsiasi descrizione, ma che l' indo­mani sarebbe venuto da me un angelo più grande di lui, Amnael'59, e che co­stui sarebbe stato abbastanza potente da rispondere alla mia domanda.

l . - Tu, figlio mio, decidesti di partire per la lotta contro Tifone, per disputargli la sovranità di tuo padre: quanto a me, dopo la tua partenza, mi recai a Honnanouthi, dove l' arte sacra dell'Egitto si pratica in segre­to. Ed essendo restata là un tempo abbastanza lungo, volli tornare in­dietro

Ma, mentre me ne stavo andan­do, uno dei profeti o degli angeli che risiedono nel primo finnamento mi vide e, essendosi presentato da me, voleva unirsi a me in un rapporto d'amore.

Eppure non gli cedetti, quando stava già raggiungendo l'obiettivo, esigei bensì da lui <di dinni> la pre­parazione dell' oro e dell' argento.

Ma egli mi rispose che non gli era pennesso di spiegarsi a questo riguardo, perché questo mistero su­perava ogni descrizione.

1 57 yevoJlÉVTjç JlOU <Eiç> UpJ.1avou8ì <n')v Jlrttp61toÀ.tv ? n;ç> iEpò.ç tÉXVTtç AiyiJ­lttOU. Reitzenstein (Poimandres, p. 1 4 1 , n. 3) congettura 'QpJlaxuSi (''presso 1'Horus di Edfou") e ritrova questa città di Edfou, come sede dell' alchimia neJI' A1toÀ.À.<Ov61toÀ.tç (A1t6À.€voç cod.) di A/eh. Gr., 26. 1 1 tra i cinque t61tot f;v o{ç tÒ 'l'lÌYJ.LU CJK€UUç€!Ut.

1 58 Katà TJÌV trov Katprov Jtapaxwprtcrtv. Si tratta qui dei Katpoi o opportunità astrologiche, il tempo favorevole secondo gli astri per intraprendere un'azio­ne (Kampx�), cfr. BoucHÉ-LECLERCQ, Astr. Gr. , cap. XIII, pp. 458 ss.

!59 Amnael (AJ.lva�À. = "El ha affermato") non compare nel racconto di Enoch né in Sincello. È probabile che varianti della leggenda dovessero circolare in Egitto.

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300 La rivelazione di Ermete Trismegisto - L 'astrologia e le scienze occulte

2. - Aggiunse che questo ange­lo portava il proprio segno160 sulla sua testa, e che avrebbe esibito un vaso non ricoperto di pece, pieno di un' acqua trasparente 16 1 • E si rifiutò di dirmi la verità.

3. - Essendo apparso il giorno se­guente ed essendo il sole a metà del suo corso, l'angelo superiore al pre­cedente, Amnael, discese verso di me, preso nei miei riguardi dal medesimo desiderio d'amore, e !ungi dal conte­nere la sua impazienza, si stava affret­tando verso la conclusione per cui era venuto162• Ma io non di meno conti­nuavo a interrogarlo su queste cose.

2. - L' indomani venne da me il primo angelo e profeta tra loro, di nome Amnael, e, di nuovo, lo inter­rogai sulla preparazione dell' oro e dell'argento.

Lui, tuttavia, esibì un certo segno che aveva sulla testa e un vaso non ricoperto di pece, pieno di un'acqua trasparente, che teneva tra le mani. Ma si rifiutò di dirmi la verità.

3. - L' indomani, quando ritornò da me, Amnael fu preso dal deside­rio nei miei riguardi e si affrettava alla conclusione per cui era venuto. Ma io non mi preoccupavo di lui.

I 60 crTJJ.!SÌOV, segno distintivo caratteristico, in particolare segno fisico, cfr. WrLCKEN, Chrest. 76 ( 1 7 I d.C.), I . I 2 ss. èrr68em (scii. ò àpxtepeùç) tò.lv napòvtrov KOpuc:pairov o o o EÌ crTJilEÌOV EXot ò naìç. EÌ1tÒV'tWV UcrTJilOV auròv elvm K'tÀ. Come mi segnala il Cumont, deve trattarsi qui di un tatuaggio, simile a quelli con i quali erano marchiati gli iniziati in taluni misteri. Vedi in ultimo gli studi de DOLGER, Antike und Christentum, I ( 1 929), pp. 86-9 I : Mithra (Dolger osser­va tuttavia che in TERTULLI.-\NO, de praescr. haer. 40, si deve leggere, in base al cod. Agobardinus, si adhuc memini Mithrae, signat [scii. diabo/us] i/lic in fronti bus milites suos); pp. 66-72 e 3 I 7: Attis; I I ( I 930), pp. I I 0- I I 6: Dioniso; pp. 297-300: Atargatis; pp. 291 -296: sacerdoti d'Iside, e, su questi ultimi, cfr. J. BABELON, La tete d 'lsiaque du Cabinet des Médai//es dans Monuments Plot, XXXVIII ( I 94 1 ), pp. I I 7- 1 28 (crederei più volontieri, con il Babelon, p. I 28, a un marchio rituale che a cicatrici originate da colpi, come pensa DOLGER, op. cit. , pp. 294-296). Il nostro testo dice semplicemente "sulla testa" : gli Isiaci hanno la testa rasata e portano in genere questi marchi sul cranio; i mystes, non rasati, sono marchiati sulla fronte o sulle mani. - Giuramento e tatuaggio sono accostati, come qui (§ S), a proposito di un'iniziazione, in un papiro (PSl , X, 3 1 62) riedito e commentato da CuMONT, Harv. Theo/. Review, XXVI ( 1 933), pp. I S I ss., cfr. p. l SS, II. I 5- I 7 con il commento, p. I 56.

16 I KEPUillOV ànicrcrromv uòamç Òtauyoùç 1tÀ�peç. Reitzenstein (Poimandres, p. I 4 1 , n. 4) paragona il dio Chnoubis che porta sulla testa il KUKÀoç òicrKoetòi)ç e a fianco del quale è posto un KEPUilEOV àyyeìov.

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L 'ermetismo e l 'alchimia

4. - Poiché non smetteva di porre indugi,

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4. - Lui, tuttavia, non cessava di tentanni e invitanni alla cosa; ma io

non mi abbandonai affatto, ma trionfai sulla sua lussuria finché non mi esibì il segno che aveva sulla testa e mi ebbe fatto, generosamente e senza nascondere nulla, la rivelazione dei misteri cercati.

5. - Alla fine si decise a esibirmi il segno e cominciò la rivelazione dei misteri. E, essendo passato 163 agli avvertimenti e ai giuramenti, mi disse:

5. - Alla fine si decise a esibirmi il segno e mi fece la rivelazione dei misteri, avendo cominciato a dirmi gli avvertimenti e i giuramenti, nel modo seguente:

Io ti giuro per il cielo <e> la terra, la luce e le tenebre. Io ti giuro per il fuoco, l' acqua, l'aria e la terra. Io ti giuro per la sommità del cielo164 e la profondità del Tartaro. Io ti giuro per Ermete e Anubi,

il ruggito di Cerbero 165 e il ser­pente guardiano.

lo giuro per questa barca celebre e il nocchiero dell'Acheronte 167.

e per il ruggito del serpente ouro­boros 166 e del cane tricefalo, Cerbe­ro, il guardiano dell'Ade.

Ti giuro per questo traghettatore celebre, il nocchiero dell'Acheronte.

Io ti giuro per le Tre Dee del Destino, per le loro sferze e per la loro spada.

1 62 fmu:uoev Éq> · o (Scott: où A cll E) Kai 7tapfiv. 1 63 tyxwpijcraç ego ( ÉKXWpicraç A). 1 64 Kai yfiç secl. Scott. 1 65 iH .. ayJ.la toù Kep�tpou (uÀ.ayJ.la tc:òv KepK6pou A). 1 66 Che si morde la coda, simbolo del l 'Unità del Tutto: cfr. CCAG. , VII, p. 246;

BERTHELOT, A/eh. Gr. , Introduzione, p. 1 59. 1 67 Ci si potrebbe sorprendere di trovare un giuramento sulla barca se lo crKaq>oç

non facesse parte, come il 7top8J.te\>ç, delle costellazioni della "sfera barbara", cfr. BoLL, Sphaera, pp. 246 ss.

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302 La rivelazione di Ermete Trismegisto - L 'astrologia e le scienze occulte

6. - Allorché mi ebbe fatto giu­rare con queste parole, mi ingiunse di non comunicare la rivelazione a nessun altro, eccetto al mio amato e legittimo figlio, affinché lui sia te e tu lui 169•

Va allora, osserva e interroga Acharas 170 l 'aratore e apprendi da lui che ciò che è seminato è ciò che viene raccolto, e apprenderai che colui che semina grano, raccoglie anche grano, e colui che semina orzo raccoglierà anche orzo.

6. - Quando mi ebbe fatto giura­re con tutte queste parole, si mise a ingiungermi di non comunicare la rivelazione a nessun altro, eccetto al mio amato e legittimo figlio168•

Tu allora, figlio mio, vai da un certo aratore, e domandagli cosa è stato seminato e cosa viene raccol­to, e apprenderai da lui che colui che semina grano, raccoglie anche gra­no, e colui che semina orzo racco­glie anche orzo.

7. - Avendo inteso questo discorso, figlio mio, impara a conosce­re l' intera fabbricazione (òruuoupyiav) e generazione di queste cose, e sappi che è condizione dell'uomo di seminare17 1 un uomo, di un leone un leone, di un cane un cane, e se accade che uno di questi esseri sia prodotto contro l'ordine naturale, viene generato nello stato di mostro e non potrà sopravvivere.

Poiché una natura si compiace di Poiché una natura gode ( TÉp7tEt un'altra natura172, e una natura vince E) di un'altra natura, e una natura un'altra natura173• vince un'altra natura.

8. - Così, dunque, avendo condi-viso questo potere divino ed essen-do stati favoriti da questa presenza

1 68 ei Il� JlÒvov TÉKVfil cpiÀcfl Kaì 'fVllcrlfil ego ( Ei Il� JlÒvov TÉKVW Kaì cpiÀcfl 'fVllcrlfil AE) 1 69 Cfr. REITZENSTEIN, Poimandres, p. 142 e n. l . Stessa formula in un papiro ma­

gico (PGM , XIII, 795) e in una "Profezia di Zoroastro" conservata in alcuni testi siriaci, cfr. Ma g. hell. , II, p. 1 28, l. 9, 1 30, l. I l .

1 70 Èpo:rrTJcrov Axapav Tòv yEwpy6v A (30.9): li1tEÀ.8E npòç Axaàp Tòv yEwpy6v, Zosimo ap. Olimpiodoro (89. 1 0). Non conosco, nella tradizione ebraica, nes­sun aratore Achab o Acharas (?), ma il detto "colui che semina, ecc.", in una forma o nell' altra, è famil iare: cfr. Geremia, xn, 13 (parlando di sforzi inutili) crnEipaTE mJpoùç Kaì o.Kav8av 8EpiçETE, Proverbi, xxn, 8 6 crnEipwv cpaùÀ.a 8EpicrEt KaKa, specialmente Galati, VI, 7 o yàp Èàv crnEipn 6 liv8pwnoç, TOÙTo Kaì 8EpicrEt. Inoltre è una verità universale.

l 7 1 crnEipEtv A, yEvvàv E. 1 72 rfi cpucrEt (�v cpumv A) TÉpnEmt. 1 73 i) cpumç �v cpumv vtK� AE.

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L 'ermetismo e l 'alchimia

divina, illuminati a loro volta come risultato della richiesta di Iside, avendo fatto la loro preparazione con l'aiuto dei soli minerali 174 senza impiegare altre sostanze, (gli alchi­misti) raggiunsero la meta, poiché la materia aggiunta era della stessa natura di quella che era preparata175• Perché, come ho detto, proprio come il grano genera grano e l 'uomo se­mina un uomo, così anche l'oro rac­coglie l'oro, il simile il suo simile.

Ecco quindi che ti è stato rivelato il mistero.

9. - Avendo dunque preso del mercurio, ecc. 176•

303

8. - È dunque necessario prepa­rare la materia con l' aiuto dei soli minerali senza utilizzare altre so­stanze.

Come ho detto, proprio come il grano genera grano e l'uomo un uomo, così anche l'oro (genera) l'oro.

Vedi, ecco tutto il mistero.

9. - Avendo dunque preso del mercurio, ecc . 1 76•

§ 5 . L 'Alchimia religione mistica

Quando ci si avvicina per la prima volta agli scritti d i Zosi­mo, si ha come la sensazione di essere entrati in una cappella, di avere accesso a una religione esoterica piena di parole d'ordine, credenze fantastiche e strani rituali . I segreti del l 'alchimia sono rivelati nel corso di vis ioni 1 77 in cui si parla di uomini tagliati a pezzi o bruciati vivi o trasformati in spiriti : tutte le operazioni al­chemiche sono delle specie di sacrifici, delle cerimonie di misteri che si compiono solo dopo l ' iniziazione. Questi riti a loro volta s i

1 74 Letteralmente "delle sabbie". 1 75 TautT]ç ( mhft A) oùv 8uvétllEffiç 9Eiaç llE'tEOXTJKÒtEç Kaì napouoiaç Eùrux�­

oav-rEç KIÌKEÌVOl 7tpO<JÀ!lll1t01lEVOl aùtiiç (KÙKElVotç 1tpO<JÀ!lll1t01lÉVOlç aù-roiç A) Ili; aÌ't�<JEffiç, él; lillllffiV Kaì oùK él; èi.Uffiv oùouòv KamoKEuétoa­V'tEç Énéruxov 8tà 'tÒ tiiç aù-riiç ( OU<JT]ç A) q>U<JE(J)ç unétpXElV 'tJÌV npoopaJ..­ÀOilÉVT]V UÀTJV wù Ka-raoKEuaçollÉvou. È, espresso in l inguaggio astratto, lo stesso principio che si leggeva più su in l inguaggio simbolico: "Colui che semina . . . ". Se si vuole che il metallo approntato (-rò KamoKEuaç61lEvov) sia de Il 'oro, è necessario che la materia aggiunta (per lega) o appli cata (per rivestimento) al metallo comune sia del l 'oro. Si raccoglie solo c iò che s i è seminato.

1 76 Seguono delle ricette di operazioni. 1 77 npéti;Etç a' P' y' = A/eh. Gr., pp. l 07, 1 1 5, 1 1 7 .

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304 La rivelazione di Ermete Trismegisto - L 'astrologia e le scienze occulte

fondano su una dottrina ed esigono una preparazione spirituale. La dottrina, in particolare il m ito del "Primo Uomo", l'Anthro­pos, emana certamente da ambienti gnostici e richiama le teorie del Corpus Hermeticum. La preparazione spirituale è quel distac­co dal la materia, quel ripiegamento del l 'anima su se stessa per unirsi al Dio che l 'abita, in breve, quel l 'attitudine essenziale di raccogl imento che raccomandano tutte le sette gnostiche, pagane o cristiane. Ci troviamo ormai in presenza di una rel igione che mira alla salvezza del l 'anima e che cerca questa salvezza attra­verso la gnosi .

L'alchimia ci è apparsa dapprima come una tecnica. Con Bolo i l Democriteo, questa tecnica s i è appoggiata su alcuni principi filosofici ai quali già si mescolavano, per i l lustrare l ' idea di ri­velazione, alcune storie miti che sul l 'origine della Grande Arte . Nella misura in cui possiamo giudicare da qualche frammento troppo scarno, gli apocrifi non hanno praticamente cambiato que­sto quadro, tranne che, nel l 'opuscolo ermetico di Iside a Horus, il mito, mutuato in parte dagli Ebrei, ha assunto un posto più prominente. È anche necessario tener conto della moda letteraria, tutta la scienza ellenistica dovendo obbligatoriamente model larsi nel contesto di una comunicazione divina e di una trasmissione del mistero. Almeno, sia in Bolo che in questi apocrifi, l 'alchimia non s i offriva come una rel igione di salvezza, non era necessario essere stati iniziati alla "conoscenza" di Dio ed essere salvati per praticare la Grande Opera. Con Zosimo l ' idea di salvezza predo­mina. Da quando data questo cambiamento?

Non si può dire con certezza. Senza dubbio un passo delle <llucrtKà Kaì MucrnKa suppone il dogma della salvezza (47. 1 2) : "Quelle persone che, in un impulso sconsiderato e irriflessivo, vogl iono preparare i l rimedio che deve guarire l ' anima e liberarla da tutto il dolore ('tò rfjç; \j/UX�ç; Ya11a Kaì 1tavròç; 116x8ou À:urpov) non si rendono conto che andranno alla loro perdita". Ma pro­prio questo passaggio, con le parole s ignificative 1tavròç; 116x8ou À:urpov, si trova in uno dei pezzi polemici che sembra diffici le riportare a Bolo stesso178•

1 78 Cfr. supra, pp. 262-263.

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L 'ermetismo e l 'alchimia 305

Il Libro autentico di Sophe l 'Egiziano si apre con queste righe ugualmente caratteristiche (2 1 3 . 1 0 ss.) 1 79•

Il libro autentico di Sophe l'Egiziano e del Dio degli Ebrei, Signore delle Potenze, Sabaoth - perché ci sono due scienze e due saggezze, quella degli Egizi e quella degli Ebrei - è più solido della giustizia divina. In effetti questa scienza e saggezza delle cose più eccellenti è sorta dal profondo delle ere - nessun maestro l 'ha prodotta, essa è au­tonoma - ed è immateriale e non ricerca nulla dai corpi immersi nella materia e completamente corruttibili perché essa opera senza subire essa stessa alcun cambiamento (Ò.7ta9&ç) . Adesso tu la possiedi come un dono gratuito. In effetti, per coloro che salvano e purificano l ' ani­ma divina incatenata negli elementi ( tJ'totXEiotç), o meglio, il soffio divino mescolato alla pasta della carne ( <pupa9Èv rfi crapKi}, il simbolo della chimica si trae dalla creazione del mondo (KOtJf.l.07totia) a titolo di esempio, perché, allo stesso modo in cui il sole, fiore di fuoco, è sole celeste e occhio destro del mondo, così il rame, se diventa fiore con la purificazione, è un sole terreno, che è re sulla terra come il sole lo è in cielo180•

Qui riconosciamo esattamente il grande tema della mistica el­lenistica. Divina per sua origine, l 'anima quaggiù è immersa nei legami della materia. Essa non vede nulla, non capisce nulla delle

1 79 Anche qui il testo è pessimo (secondo A fol . 260 r). Leggo come segue (2 1 3 .9- 1 5 ) �i�À.oç ÙÀ.T]�lrìç lo<pÈ Aiymrtiou Kaì 8EOii 'E�paiwv KUpiou t<ÒV ÒUVQJ.lEWV LU�aci:J8 - Bilo yàp È1t10'l1ÌJ.1Ul KUÌ cro<piat EÌOÌV ti TéòV Aiymniwv Kaì ti Téòv 'E�paiwv - �E�atÒTEpa ÈcrTìv ÒtKatocruvT]ç 8Eiaç. ti yàp TéòV àya9WTQTWV È1tlcrTtiJ.lTJ TE KCXÌ cro<p[a [KUptEUEl IÌJ.l<pOTÉprov] ÈK TéòV aici:Jvwv llpXETat - à�acriÀ.Euwç yàp a\m;ç (a1néòv A) ti yÉwa (yEvEà A) Kaì UÙTÒVOJ.lO<; - ài.IAOç TE KUÌ Jll]ÒÈV çl]TOÙO'U TéòV ÈvUÀ.WV KUÌ 1tUJ.1<p8apTWV (naJ.la<p96pwv A) crroJ.laTwv· àna9&ç yàp èpyaçEmt. vùv òwpEàv ÒÈ ilXEtç (vùv òropEàç ÒÈ EÙXJÌ A). XTJJ.lEiaç <yàp> crUJ.l�OÀ.ov <pÉpETat KTÀ.. ( I l resto come in Ruelle).

1 80 &crnEp 6 ilAtoç èiv9oç nupòç Kaì ilAtoç oùpavtoç Kaì òEstòç ò<p8aÀ.J.1òç wii KÒO'JlOU, oihro KUÌ Ò XUÀ.KÒç, ÈàV èiv9oç yÉVT]Tal Òtà TJÌ<; Ka8apcrEroç, ilAtÒç Ècrnv ÈniyEtoç, �acrtÀ.Eiiç &v È1tÌ riìç ci:Jç ò ilAtoç ÈV oùpavcp, A/eh. Gr.

' 2 1 3 . 1 8-2 1 . Vi è qui un'al lusione a una dottrina astrologica egiziana, cfr. SEsTo EMPIRico, adv. astro!. , V, 3 1 oi Aiyunnot �acrtÀ.Eì Kaì ÒEStcì> ò<p9aÀ.­Jlcì> ànEtKaçouat ròv "HAtov, e, su questo testo, CuMONT, Théologie so/aire, p. 23 [469] (nota 3 della p. 22); sul sole re, ivi, p. 7 [453] n. l . Porfirio complica la dottrina, cfr. lsag. c. 45 ( CCAG. , V, 4, p. 2 1 7 . 1 2 ss.) "HAtoç ÒÈ (KUptEUEt) Kapòiav . . . Kaì ISpacrtv èn' àvòpòç JlÈV TJÌv òEstav, ènì ÒÈ 9T]À.Eiaç TJÌV EUcOVU JlOV.

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cose spiritual i . Per averne comprensione, è necessario innanzitutto purificare quel soffio divino, che è in essa, dalla polpa della carne: allora percepisce i l significato delle misteriose corrispondenze tra la terra e il cielo. I l libro chiuso fino ad allora improvvisamente si apre. Le apparenze del mondo sono i l simbolo d eli' Arte Sacra e l 'anima penetra i l significato di questi rapporti .

Sfortunatamente neanche questo scritto può essere datato con precis ione 1 8 1 • In verità, è solo con Zosimo che si ha un punto fermo. La cosa più probabile è che l 'alchim ia si sia evoluta al pari dello spirito dei tempi e che le preoccupazioni della salvezza siano diventate sempre più marcate nella misura in cui queste idee hanno assunto un impero più grande per le anime. Questa evoluzione è particolarmente notevole dal II secolo. Tuttavia, va osservato che, anche in Zosimo, se l 'alchimia è divenuta una religione mistica, ciò non è avvenuto con l 'esclusione di ogni profitto materiale. In un passo polemico dei Commentari sulla lettera .n, Zosimo annuncia la rovina dei suoi emuli che non co­noscono l 'uso corretto dei forni, uso, dichiara, "che li farebbe, benedetti mortali , trionfare sulla povertà, malattia incurabile" (i:va J.!UKaptot yEVOJ.!EVOt VtKftcrCùcrt nEviav, ·�v àvia'tov v6crov 233 .26). La stessa frase riappare in un estratto dal Libro di Sophe attribuito a Zosimo1 82: "Con questo metodo vincerai la povertà, questa malattia incurabi le". Questo era, forse, un modo prover­biale nell 'ambiente degli alchimisti 1 83 • Non si dimenticherà, dopo tutto, che i fedeli de Il ' Arte Sacra si davano come compito di "fare

1 8 1 Un altro estratto del Libro di Sophe (Afe h. Gr. , p. 2 1 1 ) reca come sottotitolo, in A (fol 25 1 r), "libro mistico di Zosimo il Tebano". "Tebano" è un errore, dato che Zosimo è detto o il Panopolitano, a causa del la sua origine, o l 'A­lessandrino, perché senza dubbio visse ad Alessandria. Ma potrebbe essere, dopo tutto, che il lavoro sia di Zosimo; questi conosceva la tradizione ebrai­ca (vedi supra, p. 298 e infra, pp. 3 1 3 ss., 323-324) e una frase caratteristica di uno dei suoi scritti riappare nel Libro di Sophe (cfr. infra, n. 1 82). Se l ' attribuzione è corretta, il Libro di Sophe non risale a prima della fine del III secolo.

1 82 Al eh. Gr. , p. 2 1 1 . 1 3 . Cfr. supra, n. 1 8 1 . 1 83 Sinesio (A/eh. Gr., 59.6) attribuisce già i l motto a Democrito: EipTJKE yàp

ll1tOKanCÒV o\hmç· 'ÈÒV JÌç VO�J..LWV KaÌ ltOtTJcrnç Wç yÉypam"étt, fcrn J..LaKUptoç· vtK�crEtç yàp J..LE860C!J 7tEViav, •tìv àviamv v6crov', e lo stesso riprende questo motto per proprio conto (2 1 1 .9) Ei oE Kai ubcrEtç � Ktwa�apicrEtç, J..LaK<iptoç ÉClll, W fltOcrKOpE· TOÙ'tO yap Ècrnv 'tÒ ÀU'tpOUJ..LEVOV ltEViaç, 'tJÌç ÒVtUTOU VOcrOU.

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l 'oro", e difficilmente si capirebbero le misure di polizia di Diocle­ziano nei loro confronti se essi avessero dovuto essere considerati solo come semplici sognatori.

Mi si perdoni la lunghezza forse eccessiva delle due citazioni che seguono. Varie ragioni mi scusano. Innanzitutto queste esposizioni di Zosimo hanno una relazione diretta con l 'ermetismo filosofico: i Commentari sulla lettera n nominano sovente Ermete, e in partico­lare menzionano i l libro "Sulle nature" e i l trattato "sull ' Immateria­lità"; il Computo Finale si riferisce al Pimandro e al battesimo nel Cratere (Corp. Herm. IV). Inoltre, se la filologia tedesca1 84 ha note­volmente contribuito a m igliorare i l primo testo, non vi è, almeno in Francia, alcuna traduzione che tenga conto di tali correzioni. Infine, nessun riassunto vale il contatto con i documenti stessi. Ecco perché li presento qui .

Dello stesso Zosimo su apparecchiature e fornaci. Commentari autentici sulla lettera n 1 85

1 84 Sopratutto REITZENSTEIN, Poimandres, p. 267 (= Alch. Gr., 228.7- 1 1 ), pp. l 02- 1 06 (= A le h. Gr., 229. 1 0-233 .2). Vedi anche BmEz-CuMONT, Mag. hell. , Il , p. 243 (= Alch. Gr. , 229. 1 6-20, 229.27-228. 1 1 ), p. 243, n. l (= Alch. Gr., 228.7- 1 4); infine Scon, Hermetica, IV, pp. 1 05 . 1 - 1 1 0.25 (= Alch. Gr. , 228.4-243 . 1 0). La divisione in paragrafi, infra, è quella di Scott. I l testo è tratto da M, fol, 1 89 r. e ss. - RusKA, T. Sm. , pp. 23-32, ha dato di questo bra­no, nonché delle ricette tecniche che seguono, una lunga analisi che merita una traduzione.

1 85 Sappiamo che il l ibro di Zosimo dedicato a Teosebeia comprendeva 28 l ibri. Forse ognuna del le lettere apparteneva a uno dei pianeti la cui serie era ripetuta quattro volte (7 x 4 = 28): questa serie, a cominciare dalla luna, sarebbe dunque terminata con Saturno, a cui pertanto apparteneva la lettera n (si sono effettuate combinazioni simili con i segni dello zodiaco, ogni segno essendo messo in rapporto con due lettere, cfr. CCAG. , IV, p. 1 46 Xpficrlla tE;(VW9Èv napà toù OùaÀ.Evtoç, e in particolare BoLL, Spha­era, pp. 469 ss: qui ogni pianeta riceve quattro lettere). Ma d'altro canto, il Computo Finale, indirizzato anch'esso a Teosebeia, menziona i l ibri K e n, e il titolo stesso sembra indicare che questo trattato completava tutta la serie (cfr. infra, p. 320): sarebbe quindi il 28° l ibro. Insomma, il problema dei "28 libri a Teosebeia" rimane ancora un mistero. - Sul signi­ficato simbolico de li •n, FR. DoRNSEIFF, Das Alphabet in Mystik und Magie (Stoicheia, VII, 1 922), p. 25, rinvia anche al i ' Etymologicum Magnum, p. 294. 29.

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l . Zosimo: Commentario alla lettera n.

1 . - La lettera Q, la tonda1 86, formata da due parti, appartenente alla settima zona (quella) di Crono, secondo il senso corporeo187 - perché secondo il senso incorporeo1 88, è qualcosa di altro, inesplicabile, che solo Nicoteo189 il nascosto190 ha scoperto, - secondo dunque191 il senso corporeo di ciò che viene chiamato l 'Oceano "origine e seme di tutti gli dei", dice il poeta (Il. 14, 20 1 -246) [ . . . ] 1 92• La perciò suddetta grande e ammirevole lettera Q contiene il trattato sulle apparecchiature dell'ac­qua divina193 e su tutte le fornaci, meccaniche e semplici, e in generale su tutte le materie194•

1 86 <tò> crtpoyyilì..ov Reitzenstein. Su queste accumulazioni per asindeto di epi­teti o di frasi qualificative, ciascuna preceduta dall'articolo, cfr. Scon, IV, pp. 1 1 8-1 1 9 e, oltre il § l 'tÒ n cr'tOlXEÌOV, <tò> crtpoyy\JÀ.ov, 'tÒ OlllEpÉç, 'tÒ àvfjKov, i §§ 7 tòv 7tvEUilU't1KÒV liv9pomov, tòv bnyvòvm Éautòv, I l ò fcrw iiv9pw7toç, 6 7tvEUilUnK6ç, 1 2 tòv EK riiç EillUPilÉVTlç, tòv EK tcòv tEcrcrapwv cr'totXElCDV, 1 7 'tÒV <ÌV'tllllllOV, 'tÒV çT)À.WTIJV.

1 87 = Materiale, KU'tà 't�V evcrCDilOV <ppamv, cfr. Poimandres, p. 267; Mag. he/1. , Il, pp. 243, n. l , 244, n 2.

1 88 = Spirituale, Katà TI)v àcrrollatov ( <ppamv). 1 89 Su questo gnostico, al quale si attribuiva una Apocalisse (PoRFIRJo, v. Plot. ,

1 6), cfr. Scon, IV, pp. 1 1 6- 1 1 7, 485-486; Poimandres, pp. 267-268; C. ScH­MIDT, TU (NF), V, 4, pp. 58 ss. ; CH. A. BAYNES, A Coptic Gnostic Treatise (Cambridge 1933), pp. 84, 85, n. 7.

1 90 <6> KEKPUilllÉVoç. Cfr. § I l NtK69wç 6 àveupewç. Allusione forse a un sol­levamento in cielo (Poimandres, p. 268) o a una vita nascosta da anacoreta (REITZENSTEIN, Hist. M o n., p. 1 50, n. 3 ).

1 9 1 o� scripsi: OÈ M. Questa menzione del l 'Oceano fa allusione a delle teorie mistiche che riappaiono nei Naasseni d' Ippolito, Refut. , V, 7, 38 oihoç (il l o Uomo, Adamas), <pT)criv, €mtv <6> '!lKeavòç yÉvecriç <te> 9ecòv, 'yévecriç t àv9pro7twv' K<À..

1 92 Dopo la citazione si legge Ka9a7tep, <pT)criv, ai J . .wvapxtKaì riiç ÉVcrrollou <ppa­crewç, che non capisco affatto.

1 93 L'Q è il segno di 9eiov = "zolfo", cfr. CMAG., VIII, p. 2, n° 55: 9Eiov uowp = "l'acqua di zolfo" o (con un gioco di parole) "l 'acqua divina", cfr. Alch. Gr. , III (trad .), p. 8, n. 2; LIPPH-I.NN, l, p. 8 e indice, s. v. 9eiov uowp. Ma l 'Q è anche uno dei segni del piombo e di Satumo a cui appartiene il piombo, cfr. Alch. Gr. , p. 8. 1 3 9eiov uowp EO''tÌ 'tÒ ÈK !lOì..Upoou ÉljiOUilEVOV.

1 94 7t€pÌ... KUÌ K!llllVCDV 7tU<JÒ>V llTJXUvtKÒ>V KUÌ Q7tÀ.Ò>V, KUÌ Q7tÀ.Ò>ç 1tQV'tCDV (7tU<JÒ>V M): cfr. il titolo p. 24 7 ÈPilT)Veia 7tEpÌ 1tQV'tWV a7tÀ.Ò>ç KUÌ 7t€pÌ 'tÒ>V <j>CD'tÒ>V (i fuochi).

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L 'ermetismo e l 'alchimia 309

2. - Zosimo a Teosebeia, buona conduzione195• Le tinture opportune196, o donna, hanno fatto cadere nel ridicolo il

libro sulle fomaci197• Molti infatti, per aver goduto del favore del pro­prio demone198 così da riuscire 199 nelle tinture opportune, hanno ridi­colizzato il libro sulle fornaci e apparecchiature, come non fosse vero. E nessun argomento li ha potuti convincere che questo libro è verità; è solo quando il loro demone li ha abbandonati ai tempi segnati per loro dal Fato e sono stati presi in carico da un altro demone, quello funesto, che ciò li ha persuasF00• Allora, siccome la loro arte e tutta la loro fe-

1 95 di ou'LyEtV scripsi: €Ufl€lU€t M. Cfr. DIOGENE L-\.ERZIO, I I I , 6 1 (Platone) Èm­CrtOÀUÌ tptcrKaioeKa . . . év aTç fypacpf:V di 7tpauetv, 'E7tiKoupoç OÈ eù otayetv, IO..irov xaipEtV. Si ha xaipEtV in cima al Computo Finale (239. 1). Una serie magica di vocali (Scorr, IV, p. 1 1 4) mi sembra qui assai poco probabile.

1 96 I l problema delle KatptKaì �acpai (lo si ritrova più avanti nel Computo Finale, 239.5, 246.2) resta oscuro. I l significato più probabile mi sembra ancora "tinture opportune" cioè compiute nei momenti opportuni (Katpoi), nei tempi in cui le congiunzioni degli astri sono favorevoli: l ' idea sarebbe astrologica (cfr. GLJNDEL, Alchemie 256). Lippmann ha proposto un senso del tutto diverso (1, pp. 281 , 303): "tinture dove si avvolgeva i l minerale di bende (Kaipta o KEtpia, Kflpia, Ktpia) come un cadavere". Ma non c'è alcuna ragione per pensare che KatptK6ç, la cui derivazione a partire da Katp6ç è certa, sia stata distolta da Zosimo dal suo significato abituale per un'accezione così insolita. RusKA, Tabula Smaragdina, pp. 22-23, conserva ugualmente i l significato normale di KatptK6ç = "compiuto nel momento opportuno" e propone anch'egli una spiegazione astrologica di tale termine (''so sind die KatptKaì �acpai die an bestimmte Zeiten gebundenen, vom, Lauf und von der Stellung der Gestirne abhiingigen Metai!Hirbungen", p. 23). Non per scrupolo d'indipendenza, ma per mostrare la convergenza dei nostri risultati, faccio notare che questo capitolo era completamente già scritto prima di aver potuto consultare il libro di Ruska.

1 97 Un libro sulle fornaci già esistente, forse quello di Maria la Giudea, di cui si cita una KaJ.uvoypacpia (90. 1 9). Lo stesso Zosimo dice ( § 2 1 ) che non avrebbe dovu­to rifare questo trattato, perché non avrebbe potuto dire meglio degli antichi.

1 98 Sul ruolo dei demoni nell'alchimia, cfr. infra, il Computo Finale. Ma, in con­siderazione del contesto, penso che qui si tratti di demoni che, al servizio degli astri, si prendono cura di ciascuno dei mortali al momento della sua nascita (cfr. C. H., XVI, 1 5) o al momento in cui si lancia in un 'attività (Katapxft), qui un'operazione alchemica.

1 99 eù�évetav ÈCJXflKÒteç 1tapà toù ioiou oat�6vtou Èmrunavetv: infinito conse­cutivo senza rocrtE, cfr. ABEL, Gramm. grec biblique (Paris 1 927), § 69 e.

200 ei J.llÌ aù•òç ò iotoç aùt&v oaiJ.IroV Katà toùç XP6vouç •iiç aùt&v ElJ.IUPJ.Iévflç �€'[U�À.f19€iç, 7tUpaÀ.a�6vtoç aùtoùç KUK01tOtoÙ oai�ovoç (sic Scott: 7tUpaÀ. aùtoù KaKo7totoù OÈ M), f7tEtcrf:V ego (Ei1tdv M). Ruska adottando una corre­zione di Pfeiffer (7tapÉÀ.a�EV aùt6v, KUK07tOtoùcrav OÈ eimilv), traduce: "wenn sie nicht ihr eigener Geist, unter der Einwirkung der durch di e Zeiten (der Ge­stirne) bestimmten Schiksalsmacht umgewandelt, annahm, obwohl er diese als Schlimmes bewirkend bezeichnet hatte".

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3 1 O La rivelazione di Ermete Trismegisto - L 'astrologia e le scienze occulte

licità201 sono state impedite e le stesse formule per puro caso202 si sono volte in effetti contrari, dopo essersi arresi, loro malgrado, all' evidenza degli argomenti del loro Fato, hanno confessato che c'era qualche verità anche in quei procedimenti che prima avevano disprezzato203•

3. - Ma uomini tali non possono trovare ammissione né presso Dio né presso i filosofi (alchimisti). Basta che i tempi in effetti cambino di nuovo forma e migliorino di minuto in minuto204, basta che il demone conceda loro un beneficio materiale, e una volta ancora cambiano di opinione e professano il contrario di ciò che affermavano: hanno di­menticato tutte le precedenti prove di fatto e, sempre al rimorchio del Fato o verso l 'opinione predetta o verso il suo contrario, non concepi­scono altro che cose materiali, nient'altro che il Fato.

4. - Tali sono gli uomini che, nel suo libro sulle Nature, Ermete chia­mava "uomini senza intelletto, semplici marionette nella processione del Fato, privi di alcuna idea di cose incorporee, o addirittura del Fato stesso che li trascina giustamente, sebbene non cessino mai di protesta­re contro le sue correzioni corporee e non concependo nient'altro che i benefici che esso dà"205•

5. - Ermete e Zoroastro206 hanno detto che la stirpe dei filosofi (al­chimisti) è al di sopra del Fato, poiché né si rallegrano della felicità che dà, perché dominano i piaceri, - né sono colpiti dai mali che invia, se è vero che guardano alla fine di tutti i loro mali, - né accettano i mera­vigliosi doni che derivano da esso, perché trascorrono tutta la loro vita nell' immaterialità207•

201 Tfjç EÙÒatf.J.oviaç. Si noti che EÙÒatf.J.ovia ha conservato a lungo in greco il suo giusto significato: "il fatto di avere un buon lìaiJ.lolV", cfr. Contemplation. . . selon Platon, pp. 268 ss.

202 'tC:ÒV atmòv roxn PllJ.lémov. 203 Ka'teq>p6vouv Scott: éq>p6vouv M. 204 Ka'tà •oùç M:nmùç XPÒvouç. Stesso significato apparentemente di 'ta À.en'ta,

divisione di un grado del l 'ora (minuti) o del minuto (secondi). 205 'toùç 'tOt01J'touç lìè àv9pomouç ò 'Epfliiç €v •éii nepì q>uaewv ÉKaÀ.Et livoaç, Tfjç

Ei).lUpf.J.ÉVTJç J.lÒVOV ovmç 1tOJ.l7taç, K'tÀ.. Cfr. Poimandres, p, l 02.6. 7tOJ.l7ttll mi sembra avere qui i l significato concreto e significare le marionette che veni­vano portate in processione, ma non ho altro esempio. Il passo è forse preso in prestito da C. H., IV (Kpa't�p) - che sarebbe, in questo caso, i l nepì q>uaewv -, cfr. § 7: Ka9anep ai 7tOJ.l7ttlÌ f.J.Écrov napépxovmt, fl�'tE aùmì évepyiiaai n lìuvaf.J.EVCll, 'tOÙç ÒÈ Ef.J.nolìiçouam, 'tÒV aÙ'tÒV 'tp6nov Kaì oÙmt f.J.Òvov ltOfllteU­oumv €v •éii KÒcrf.J.C!l, napayÒf.J.EVOt unò nòv crwJlanKò:Jv �lìovc:òv.

206 Questo brano su Zoroastro è stato edito e commentato in Mag. hell. , Il, pp. 243 ss. Vedi anche il mio articolo in Mémorial Lagrange (Paris 1 940), pp. 1 25- 1 27 (dove p. 1 26, 1. 1 , si deve leggere "trattato del l ' Immaterialità").

207 Ho accolto nel testo un' inversione delle due proposizioni causali nav'to'te €v auÀic;t (sic Scott, Bidez-Cumont: évauÀ.ia M <év> évauÀ.ic;t Reitzenstein évau-

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L 'ermetismo e l 'alchimia 3 1 1

6. - Questo è anche il motivo per cui Esiodo mette in scena Prometeo dando degli avvertimenti a Epimeteo208:

(Prometeo) "Qual è, agli occhi degli uomini, la massima felicità?" (Epimeteo) "Una bella donna e molto denaro" Ed egli (Prometeo) dichiara: "Stai attento ad accettare doni di Zeus Olimpio, ma respingili lonta­

no da te"209, mostrando così al fratello di respingere mediante la filoso­fia i doni di Zeus, cioè del Fato.

7. - Zoroastro21 0 afferma presuntuosamente che con la conoscenza di tutte le cose di lassù e la virtù magica dei suoni corporei, si rimuovono da se stessi tutti i mali del Fato, sia quelli particolari che quelli univer­sali. Ermete, al contrario, nel suo libro Sul/ 'Immaterialità, se la prende anche con la magia, in quanto dice che non è necessario che l 'uomo spirituale, colui che riconosce se stesso, corregga alcunché per mezzo della magia, anche se ciò appare come buono, né che deve fare violenza alla Necessità, ma dovrebbe !asciarla agire secondo la sua natura e il suo decreto, che dovrebbe progredire con la sola ricerca di se stesso, tenere saldamente, nella conoscenza di Dio, l ' ineffabile Triade2 1 1 e la­sciare che il Fato tratti come vuole il fango che gli appartiene, vale a

À.iuv scii. çq:n'Jv Liddell-Scott-Jones; cfr. Mém. Lagrange, p. 1 25, n. 3) liyovmç e Em:htEp EÌç 7tÉpuç KUKÒlV �À.É1tOUcrtV, e leggo quindi: 'tep J.Ul'tE Tfj EÙÒUtJ.lOVtçt UÙTijç :XUtpEtV - �ÒOVÒlV yàp KpU'tOÙCHV - Jl�'tE 'tOÌç KUKOÌç UÙTijç �étÀ.À.Ecr9ut, È1tEl7tEp Eiç 7tÉpuç KUKÒlV �À.É1tOUCHV, Jl�'tE 'tà KUÀ.à ÒÒlpU 1tUp' UÙTijç KU'tU­ÒÉ:XE09Ut, 7tétV'tO'tE ÈV éttlÀ.içt liyoVLaç. Pertanto, non è necessario correggere KUKiòv (KuK6v Reitzenstein, KUKét Bidez-Cumont).

208 Su questa interpretazione allegorica del mito di Prometeo-Epimeteo, cfr. Fer­guson ap. Scorr, Hermetica, IV, Introd., p. XLII, note pp. 459-460, 484-485. La divisione di nvu OtOV'tut ... 1tÀ.OVtCfl 1tOÀ.À.ip è di Ferguson (Introd., op. cit. ): Rei­tzenstein e Scott avevano soppresso questa frase. Bisogna ammettere che Zosi­mo leggeva un testo di Esiodo interpolato, il che non sorprende eccessivamente.

209 Cfr. EsioDo, Erga 85 ss. oùò · 'EmJ.L1]9EÙç l éq>pétcrue' cbç o i fEt7tE TipOJl!]9EÙç JlTJ7tO'tE òiòpov l òél;uaeut 1tàp Z!]vòç 'OÀ.UJ.L7tiou, àU' Ù7t07tÉJl7tEtv 1 él;o1ticrw, Jl� 1tOU n KUKÒV 9vrj'tOÌCH yÉV'l]'tat.

2 1 0 Su questa antitesi tra le due vie di Zoroastro e di Ermete, cfr. Mémor. Lagrange, pp. 1 25-1 27.

2 1 1 "Triade ineffabile" suona come cristiana (cfr. Mémor. Lagrange, p. 1 26, n. 4) e, come altri elementi di questo testo, potrebbe essere stato mutuato da una gnosi cristiana, ma preferirei piuttosto credere che qui ci sia un'allusione alla Triade degli Oracoli Caldaici, pp. 1 4- 1 5 Kroll : anche il resto del testo (cfr. p. 3 1 2, n. 2 1 2) mi sembra dipendere da Giuliano il Teurgo. La spiegazione di Reitzenstein (Hist. M o n., p. 200, n. l ) che vede in questa triade l 'Anima del mondo, secondo PoRFIRIO, de abst. , II, 37 ( i l Primo Dio è incorporeo e non ha bisogno di nulla, où Jll'ÌV oùò · � <où KOOJlOU ljfU� éxouau JlÈV 'tÒ 'tpr.di òta­O'tU'tÒV KUÌ uÙ'tOKtV'T]'tOV EK q>uaewç) mi sembra pochissimo probabile: "Triade ineffabile" può solo designare la Divinità primissima.

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dire il corpo. E così, egli afferma, con questo modo di pensare e di vive­re, [8] tu vedrai il Figlio di Dio divenire ogni cosa a favore delle anime pie per trarre l 'anima dalla regione del Fato ed elevarla all' incorporeità. Vedilo divenire tutto, dio, angelo, uomo passibile. Infatti, poiché può tutto, diviene tutto ciò che vuole. E obbedisce a suo Padre212, pene­trando attraverso ogni corpo213, illuminando l' intelletto di ciascuno, gli

2 1 2 mivm yàp ùuvaf.!Évoç, 7tUV'tCl oacx 9ÉÀ.El yivE'tCll, KCXÌ 7tCl'tpÌ imaKOUEl. Ruska traduce: "Denn zu allem geworden, da er alles vermag, geschiet alles, was er will", con 7tUV'ta soggetto di yivemt. Ma, secondo il parallelo del § 14 e d' lppolito (infra), questo soggetto deve essere piuttosto il Figlio d i Dio -senza contare che la costruzione sarebbe strana. L'idea generale del brano è che, attraverso il distacco e la meditazione, si giunge a vedere Dio: è sempre il grande tema della visione di Dio da qui sulla terra, la meta ultima di tutta la mistica el lenistica. "Figlio di Dio" non è necessariamente cristiano, cfr. C.H., I , 6 ò ÙÈ ÈK Noòç q>romvòç A6yoç uiòç 9wù. Questo "Figlio di Dio" è, per es­senza, invisibile agli occhi del corpo, si lascia solo vedere all'occhio del nous (dopo le necessarie purificazioni): luogo comune, cfr. per esempio GIAMBLICO, de myst., X, 5-6. Tuttavia, lo stesso Giamblico, in dipendenza dagli Oracoli caldaici, insegna che, attraverso la teurgia, si può raggiungere la visione cor­porea, non già senza dubbio del Dio supremo, ma di suo Figlio e degli dei inferiori : cfr. GIAMBLICO, de myst., I l , 3; KROLL, De Oraculis chaldaicis (Bre­slau 1 894 ), pp. 55 ss. ; BIDEZ, La vie de l 'Empereur Julien (Paris 1 930), cap. XII, pp. 73 ss. È a queste credenze, sembra, che Zosimo fa riferimento, e non c'è dunque bisogno di considerare (con Reitzenstein) opcx mhòv ylVÒf.IEVOV 1tana, 9e6v, liyyeÀ.ov, liv9pro7tov 7tU9T]'tÒV come un ' interpolazione cristiana. Divinità rivestenti una forma umana: Or. Chald. , p. 56 Kroll. Scon, p. 1 27, cita IPPOLITO, Refut. , V, 7, 25 (p. 84. 1 4 Wendland) À.Éyoumv (i Naasseni) oùv 7tEpì 'tiiç 'tOÙ 7tVEUf.ICX'tOç (da mantenere ! ) oùaicxç, ijnç ÈaTÌ 7tUV't<OV 'tCÒV ytVOf.IÉ­vrov cxhicx, on 'tOU't<OV l::anv OÙÙÉV' yew� ÙÈ KClÌ 7tOlEÌ 7tUV"tQ 'tÙ YlVÒf.IEVCl, À.É­YOV'tEç oihroç· 'yiVOf.IUl O 9ÉÀ.ro KUÌ Eif.IÌ O df.lì' . - REITZENSTEIN, Hist. Mon. , pp. 299-300 (vedi anche FERGusoN, op. cit. , pp. 485-486), pensa che Evagrio (Ep. , 29, p. 587 Fr.) prenda direttamente di mira questo passo di Zosimo: "Ricordati della vera fede e sappi che la Santissima Trinità non si lascia vedere né nello spettacolo delle cose corporee né nella contemplazione degli incorporei e che non è inclusa nel numero delle creature [ . . . ]. Infatti, la Santissima Trinità è una gnosi (un oggetto di gnosi) essenziale ed è insondabile e incomprensibile. Non c'è quindi alcun profitto nel guardare verso i saggi pagani che chiamano Dio, con un termine comprensivo, soffio o fuoco spirituale (yvroanKòv) in quanto non ha figura, ma soffio o fuoco che si muta in qualcosa che gli piace e di cui assume la somiglianza (Òf.IOlOUf.IEVÒv olç liv 9t'An: cfr. Zosimo miv'ta oacx 9ÉÀ.El yivemt, Naasseni ap. lppol ito, yiVOf.IUl o 9é'Aro). Questo non convie­ne a Dio, ma ai demoni che questi pagani onorano più di tutto e che facilmente si trasformano in tutte le forme corporee".

2 1 3 ùtà 7tav'tòç aroJ.Ia'tOç 8u')Krov. È un'espressione del tutto stoica e una qualifi­cazione abituale del 7tVEÙf.1Cl stoico, cfr. Stoic. V. Fr. , II, 306.2 1 7tVEÙf.1Cl Òl�K6v ùt' oÀ.ou 'tOÙ KÒ<Jf.IOU o 8tà 1tanrov ( 1 37.30), vedi l' indice, s. v. 8u')Kro.

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dà l' impulso di ascendere alla regione beata in cui questo intelletto si trovava già prima di divenire corporeo, lo fa camminare dietro di lui, lo pone in uno stato di desiderio e gli funge da guida fino a questa luce soprannaturale.

9. Considera anche l ' immagine disegnata da Bitos2 1\ così come il tre volte grande Platone e l' infinitamente grande Ermete, secondo il quale Theuth s' interpreta in un linguaggio ieratico come il primo uomo, l'inter­prete di tutti gli esseri, colui che dà un nome a tutte le cose corporee215 •

10. I Caldei, i Parti, i Medi e gli EbreF16 lo chiamano Adamo, che s' interpreta come terra vergine, terra color del sangue, terra rosso fuo­co, terra di carne. Tutto ciò si trova nelle biblioteche dei Tolomei2 17 e

214 Si tratta senza dubbio di un diagramma simile a quello degli Ofiti ap. 0RJGENE, in Ce/s., VI, 30-32. Bitos doveva rinviare ad Ermete e questi a Platone (Theuth è menzionato in Phil. 1 8 b e Fedro 274 c ss., cfr. supra, p. 91 ); cfr. Poimandres, p. l 04, n. l . Bitos è forse lo stesso del Biroç 7tpoqn'rrT)ç del de myster., VIII, 4 , che interpreta uno scritto di Ermete dedicato al re Ammone; cfr. Poimandres, pp. l 06-1 08. Si noti Kaì Bhoç yp(t(paç per �paljiÉV, participio invece del verbum

finitum: costruzione frequente in Zosimo e in altri testi alchemici. 2 1 5 Cfr. Gen. , n, 20. Inoltre gioco di parole ordinario su 'Ep�J.iiç Èp!J.T)VEDç. 2 1 6 Su queste associazioni di nomi di popoli orientali, cfr. supra, pp. 38 ss. Parti e

Medi non sono nominati senza ragione, risalendo queste speculazioni sull'uo­mo primitivo (a cui Adamo è assimilato) al mazdeismo, come è stato da tempo stabilito, cfr. BoussET, Hauptprobleme der Gnosis, 1 907, pp. 2 1 5 ss.; REITZEN­STE!N-SCHAEDER, Studien zum antiken Synkretismus, 1 926; CuMONT, Rev. Hist. Rei. , CXIV ( 1 936), p. 39, n. 2. - Zosimo è qui in disaccordo con la tradizione del Myoç dei Naasseni sul Primo Uomo Adamas, cfr. IPPOLITo, Refut., V, 7, 2 ss. (p. 79.6 ss. Wendland). Questo Primo Uomo è detto Adamo solo tra i Caldei (V, 7, 6) mentre gli Assiri lo chiamano Adone o Endimione (V, 7, I l ), i Frigi Attis (V, 7, 1 3- 1 5), gli Egiziani Osiride (V, 7, 22-24), i greci Ermete (V, 7, 30-34). Inoltre i Frigi danno a questo Primo Uomo molti altri nomi (V, 8-9) e tutte queste designazioni sono infine riassunte nell' inno ad Attis (V, 9, 8) crÈ KaÀ.OÙcrtV IJ.ÈV Acrcri>ptOt . . . 'Aocovtv, OÀ.T) o' At"(U7t'tOç "Ocrtptv, È7toupé1VtOV IJ.T)VÒç KÈpaç 'EMT)vìç crocpia, I:a!J.oep�Keç 'AOaiJ.Va . . . , Ai�J-6vtot Kopu�avm, KaÌ oi cl>pUyEç /iMO'tE IJ.ÈV lla7taV, 1tO'tÈ 8È <aÙ> VÉKUV iì {)eòv iì 'tÒV tiKap7tOV iì ai7t6À.ov iì XÀ.OEpòv maxuv cliJ.T)eÉVta iì . . . <'Amv>.

2 1 7 Cfr. OuMPioooRo, Alch. Gr., 89.3 ss. ÈK -roù Aoaw oihoç yàp 1tav-rcov àvepw-7tcov 7tpGnoç ÈyÉVETO ÈK -r&v -recrcrapcov cr-rmxEicov · KaÀ.El'tm OÈ Kaì 7tapeévoç 'Yii Kaì nuppà 'Yii Kaì crapKivn 'Yii Kaì 'Yii ai�J.aTÙ>OT)ç. -raùm OÈ eup�crEiç ÈV mìç UroÀ.E�J.aiou ���À.to8�Katç. Sembra che qui ci sia i l prodotto di combinazioni elaborate tra gli Ebrei di Alessandria tra l'eb. adamah = 'Yii e il gr. clO!J.�ç = 7tapeévoç. Esichio ha àoa11a· 7tapeEVTJTIÌ 'Yii : ugualmente GIUSEPPE, Antiq. , l, l , 2 CJT)IJ.aivet OÈ wù-ro (scii. 'AOa!J.oç) nupp6ç, È7tEt0�7tEp à1tò 'ti;ç nuppò.ç 'Yiiç èyey6vet, -rmau'tT) yap ècr-rtv � 7tapeévoç Yii (riferimenti del Prof. Margol iouth ap. Scon, IV, p. 1 2 1 ). Scott cita ancora EusEBIO, pr. ev. , Xl, 6, I O ss. 1tap' 'E�paimç AO<l!J. � Yii KaÀ.EÌ'tat KTÀ..

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sono stati fatti depositi di questi scritti in ogni tempio, in particolare nel Serapeo, quando si è invitato Anesas, il sommo sacerdote di Gerusa­lemme, a inviare un interprete2 1 8, che traducesse tutto il testo ebraico in greco e in egiziano219•

11 . È così dnnque che il primo uomo, quello che presso di noi è Theuth, questi popoli l'hanno chiamato Adam, con un nome preso in pre­stito dalla lingua degli angeli. E non solo questo, ma lo hanno chiamato simbolicamente, avendolo designato con quattro lettere (elementi) tratte dall'insieme della sfera, secondo il corpo. Perché la lettera A di questo nome esprime il levante, l'aria; la lettera t}. esprime il ponente, la terra che si inclina verso il basso a causa del suo peso; <la seconda lettera A esprime il nord, l'acqua>; la lettera M esprime il mezzogiorno, il fuoco maturante220 che è intermedio tra questi corpi e che si riferisce alla zona intermedia, la quarta22 1 • È così dnnque che l'Adamo carnale è denominato

2 1 8 ÉPilTJVÉa Scott: 'Epll�V (M) sembra impossibile. 2 1 9 Qui abbiamo una delle tradizioni che correvano nelle comunità giudaiche

d'Egitto sul l 'origine dei LXX. Asenas (nome egiziano) ha rimpiazzato Ele­azar, che si trova ovunque (solo Niceta ha Azarias); i settanta interpreti non sono più di uno; infine, la traduzione è in greco e in egiziano, cosa che Zosimo è il solo a dire e che indica il carattere egiziano della sua fonte.

220 1tE1tavnKòv nùp: cfr. C.H. , l, 1 7 't:Ò M 1tÉ1tEtpov ÉK IJIUXJÌç. 221 crtotXEìov significa "elemento" e "lettera". Il Primo Uomo, Adam, è formato da

4 elementi (cfr. Olimpiodoro e in.fra § 1 2) e nel nome di Adam entrano le iniziali di àvamÀ.�, lìUmç, lipK'toç, !lEO"Eil�Pia: così Adam è il simbolo della sfera, rias­sumendo in sé gli elementi che compongono il mondo e i 4 punti cardinali. La stessa etimologia si ritrova nell 'Enoch slavo, cfr. R.H. CHARLES, The Apocrypha and Pseudepigrapha of the Old Testament, Vol. II, Oxford 1 9 1 3, p. 449: " ( . . . ] And I appointed him a name, from the four component parts, from east, from west, from south, from north, and I appointed for him four special stars, and I called his name Adam, and showed him the two ways, the light and the darkness [ . . . ]" The Book of secrets of Enoch, XXX, 1 3- 14. Charles osserva a proposito del versetto 1 3 : "This verse may either be the source of or else derived from the Siby/1. Or. , III, 24-6:

a\n6ç ò� 8E6ç écr8' 6 1tÀ.àcraç 'tE'tpaypàll!lU'tOV Aòà!l tòv 1tpònov 1tÀ.acr8év1:a Kaì oi\volla 1tÀ.TJprocravm àVtOÀ.tTJV 't€ ÒIJcrtv 'tE llE<ITJil�PiTJV t€ KUÌ lipK'tOV.

The third li ne frequently occurs, e. g. in II . 1 95, VIII. 32 1 , XI. 3, and the order of letters is wrong. In the anonymous treatise De Montibus Sina et Sion, 4, formerly ascribed to Cyprian, we h ave a long account: "Nome n accepit a Dea. Hebreicum Adam in Latino interpreta! "terra caro facta ", eo quod ex quattu­or cardinibus orbis terrarum pugno comprehendit, sicut scriptum est: ''palmo mensus sum caelum et pugno comprehendi terram et confinxi hominem ex amni limo terrae; ad imaginem Dei feci illum". Oportuit il/um ex his quattuor car-

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Theuth secondo la modellatura esteriore. Quanto all'uomo che è all 'in­terno di Adamo, l'uomo spirituale222, ha contemporaneamente un nome proprio e un nome comune. Il suo nome proprio, lo ignoro finora: solo Nicoteo l 'introvabile lo ha conosciuto. Il suo nome comune si dice phos (<pro<;) e da ciò è venuto l'uso di chiamare gli uomini photes223•

12. Allorché Phos era in Paradiso a prendere il fresco224, su istiga­zione del Fato <gli arconti?> lo persuasero, col dire che ciò era senza malizia e senza conseguenze225, a rivestire il corpo di Adamo che usciva dalle loro mani, proveniente dal Fato226 e che era formato dai quattro elementi. Lui, poiché ciò era senza malizia227, non rifiutò affatto, ed essi si glorificarono, al pensiero che oramai lo tenevano in schiavitù228•

dinibus or bis terrae nome n in se portare Adam". A t each of the four quarters four stars were set by the Creator, called anatole, dysis, arctus, mesembrion. Take from these stars the fìrst letter of each, and you ha ve the name 6.òaj.1. Bede, in Genesin Expositio IV. approves, and adds that "haec proprietas significa! dominaturam Adam in quattuor partibus mundt'. Vedi anche Fr. DoRNSEIFF, Das Alphabet (cfr. supra, p. 307 n. 1 85), pp. 1 37- 1 38. Cumont mi informa che le quattro stelle poste ai quattro punti cardinali (e corrispondenti alle quattro lettere del nome di Adam) sono quelle che, secondo il Bundahishn, II, 7, comandano le stelle del Levante, del Nord, del Sud e del Ponente.

222 La stessa contrapposizione "uomo esteriore carnale - uomo interiore spiritua­le" si ritrova tra i Naasseni a proposito di Adamas, IPPOLITO, Refut., V, 7, 35-36 ( 'iSv, q>T)criv, otvrò.crcrro A06.j.1avta Eiç tà 9Ej.1ÉÀ.ta I:icbvo · 6.À.À.T)yop&v, q>T)cri, tò 7tÀ.ò.crj.1a toù 6.v8pcb1tou À.tyEt. 6 ÒÈ ÉVtacrcrÒj.1EVOç Aòaj.1aç Ècrtiv <o 6 fcrro liv9pro7toç o, 9Ej.1ÉÀ.ta I:uòv ÒÈ o i> 680vteç· cbç "O j.1T)poç À.ÉyEt o ilpKoç 686vtrov o, tOUtÉ<m tEÌXOS KaÌ xapÒ.KOOj.1a, ÉV cfJ Ècrnv 6 fcrro liv9pro7toç, ÈKEÌ9EV Ò.7t07tE-7tt(J)KWç 6.1t6 wù 6.pxav9pcb7tou livroeev Aòò.llavtoç, 6 . . . KatEVT)VE"YilÉVoç Eiç tÒ 7tÀ.ò.O"j.1a tiiç À.TJ9T)ç, tÒ XOtKÒV, tÒ o 6crtpÒ.KtVOVo), come peraltro in tutta la mistica gnostica.

223 Gioco di parole ben noto su q>cbç - (J)&ç. La luce ((J)mç) gioca un ruolo impor­tante nella dottrina del Primo Uomo del C.H., I .

224 Leggo iStE �v Cl>ffiç ÉV t(i"l 7tapaòeicrcp òta7tVEÒj.1EVoç, tmò tiiç EÌilaPilÉVT)ç E7tEtcrav aùtòv KtÀ.. senza correggere niente (non capisco òta7tVEOj.1ÉVCfl Ù7tÒ ti;ç EÌj.1apj.1ÉVT)ç Keil ap. Reitzenstein). "Paradiso" indica l'origine ebraica di questo mito di <l>ffiç, cfr. Gen. , Il. 8. - Prima o dopo aùtòv, aggiungi (o sottin­tendi) con Reitzenstein oi apxovreç o qualche equivalente: deve trattarsi dei demoni degli astri, agenti dell'Eimarrnene.

225 cbç aKaKov Kai ò.vEVÉP"YT)tOV. O "visto che egli era senza malizia e inattivo". 226 tòv ÈK tiiç EÌJ.LapJ.LÉVT)ç: cfr. C.H., l, 20 7tpOKj.1t6.pxetat toù oiKeiou crcbJ.Latoç

tò crwyvòv crKÒtoç, È/; OU i) uypà (j)Ucrtç, È/; �ç tÒ O"Ò>j.1a cruVÉcrtT)KEV ÉV t(i"l aicr9T)t(i"J KÒcrj.1cp, È/; OU 9avatoç Ò.pÒEUEta\.

227 6 ÒÈ òtà tò aKaKov: o "poiché egli era senza malizia". 228 cbç òeòouÀ.ayro"YT)IlÉVou aùtoù: cfr. C.H. , I, 15 6.9avatoç yàp &v ... tà 9vr]tà

1tacrxe1 U7tOKEillev6ç Tfi EillaPJ.LÉVTI · u1tepavro ouv &v tiiç ap1-1oviaç évap1-16vtoç yÉyOVE ÒOÙÀ.oç.

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13. In effetti, l'uomo esterno è un legame, a detta di Esiodo229, il legame con cui Zeus legò Prometeo. Poi, dopo questo legame, Zeus gli inviò come altro legame Pandora, colei che gli Ebrei chiamano Eva. In effetti, secondo il linguaggio allegorico, Prometeo ed Epimeteo for­mano insieme un solo uomo, vale a dire l 'anima e il corpo. A volte Prometeo (= l 'uomo) ha la somiglianza con l'anima, a volte quella con l'intelletto, a volte quella con la carne a causa del rifiuto di Epimeteo quando non volle ascoltare il suo proprio <intelletto>230•

14. In effetti il Nous, il nostro dio, dichiara23 1 : "Il Figlio di Dio, che può tutto e che diviene tutto ciò che vuole, si mostra come vuole a ciascuno".

[Ad Adamo si unì Gesù Cristo <che lo> portò là dove vivevano precedentemente quelli che si chiamano photes. E apparve ancora agli uomini pienamente impotenti come un uomo né passibile e colpito da verghe, e in segreto portò via i photes che erano con lui, auspicando che non soffrisse in alcun modo, ma che mostrasse come si calpesta la morte e non vi si fa alcun caso ]232•

15. E fino a questo giorno e fino alla fine del mondo, in segreto e allo scoperto, egli viene a coloro che sono con lui e comunica con loro233, consigliandoli, segretamente e per mezzo del loro intelletto, di separarsi dal loro Adamo [che hanno colpito e messo a morte], che li acceca e che invidia234 l'uomo spirituale e luminoso [uccidono il proprio Adamo] .

16. Così avviene, finché giunge il falso demone imitatore235, che li invidia e che vuole, come già prima, ingannarli dicendosi Figlio di Dio,

229 EsiODO, Theog. , 521 -523, 6 1 4-6 1 6. 230 wù ioiou <voù> Reitzenstein: cfr. § 1 7 'E7ttf.lTJ9Éa cruf.l�ouM:uòf.lEVOv imò wù

ioiou voù, 't'OU't'Écrn •où àoeÀcpoù aùwù. 23 1 cpTJcri yàp 6 Noùç �f.l<ÒV. Nous è qui nome proprio, come in C.H, l, 6 't'Ò cpwç

ÉKEìvo, EcpTJ, éyffi Noùç ò cròç 9eòç, 9 ò ÒÈ Noùç 6 9e6ç, I l Ka9ffiç �9ÉÀTJcrEV ò Noùç, 16 Kaì llf:'t'Ù 't'QÙLa Noùç ò Èf.lÒr;, 21 <Ò Noùç Èf.lÒr;, 22 napayiVOf.lat amòç ÉyÙ> ò Noùç . . . OÙK Éacrw amòç 6 Noùç. - Per il seguito, cfr. supra, p. 3 1 2 n. 2 1 2.

232 Le parole tra parentesi quadre, qui e sotto, rompono la sequenza di idee e mi sembrano, come a Reitzenstein, un'interpolazione cristiana in un testo che dipende essenzialmente da una gnosi indipendente dal cristianesimo.

233 E7tEtcrt Àa9pa Kaì cpavepà (allusione alle comunicazioni interiori e alle visioni corporali) cruvffiv •oìç 1\au't'où: cfr. C.H , l, 22 napayivof.lat aù•òr; èyffi ò Noùç wìç òcriOtç Kaì àya9oìç Kaì Ka9apoìç Kaì ÉÀI:�f.lOcrt, wìç EÙcre�oùcrt, Kaì � napoucria f.!OU yivEmt �of]9Eta, Kaì eù9ùç 't'Ù nliv't'a yvwpiçoum (essi hanno la gnosi !) Kaì 't'ÒV na't'Épa iÀiicrKovtat.

234 Cfr. C.H., VII, 2, tòv ot' <Òv cplÀEÌ f.llO'OÙVta Kaì ot' <Òv f.llcrEÌ cp9ovoùvta. 235 ò àvtif.ltf.lor; oaif.lWV. L'espressione, a mia conoscenza, non si rinviene altrove,

ma l' idea richiama da un l ato la nozione del l'Anticristo, cfr. Il Ts. , 11, 4 ò clvtlKElf.lEVOç KaÌ Ù7tEpatpÒf.lEVOç È1tÌ 7tliVta ÀI:yÒf.lEVOV 9EÒV � m\�acrf.la, fficr't'E aÙtÒV EÌç tÒV vaÒV 'tOÙ 9EOÙ Ka9icrat, cl7t00EtKVUVta ÉautÒV Otl ecrnv 9e6ç,

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sebbene sia orribile d'anima e di corpo236• Ma essi, poiché sono dive­nuti più saggi da quando hanno ricevuto in loro colui che è veramente il Figlio di Dio, gli lasciano il proprio Adamo237 perché egli lo uccida, mentre salvano i loro spiriti luminosi per il loro paese d'origine, là dove essi erano prima del mondo238•

17. Ma, innanzitutto, prima di giungere a queste audacie, il falso imitatore, il geloso, invia dalla Persia il suo precursore, che si diffonde in discorsi ingannevoli e che attrae gli uomini nella processione del Fato. Il suo nome ha nove lettere, contando come due il dittongo, che corrisponde al conto del Fato239• In seguito, dopo circa sette periodP40, anche lui, nella sua propria natura, verrà24 1 •

18. Questo si trova solo tra gli Ebrei e nei libri sacri di Ermete242, al riguardo dell'uomo luminoso e della sua guida il Figlio di Dio, dell'A-

dall' altro, la nozione mazdea dell'àvneeoç, su cui cfr. CuMONT, Re!. Or.4, p. 278, n. 49. Si tratta di Satana, che vuole prendere le anime, come ha già fatto con Eva (da cui wç t6 xpffiT]V, escluso da Reitzenstein: ma questo passo sem­bra provenire da una fonte gnostica).

236 j.j;ywv ÉaUtÒV u iòv eeoù, lillopcpoç &v Kai 'lfUxfi Kai O'Ùlllatt. Ruska corregge in lillOilcpoç e traduce: "indem er sich selbst Sohn Gottes nennt, als tadellos an Leib und Seele".

237 Cioè l 'uomo esteriore, il corpo. 238 <Eiç> ilìtov xwpov, 07tOU Kai 7tpÒ KOO'IlOU �crav: cfr. supra § 7

' cpwnçwv tÒV ÉKét­

O'tOU (Reitzenstein: ÉKUcrtT]ç M) VOÙV eiç tÒV eùMillOVa xwpov ÙVcOPilTJO'EV (qui transitivo), oxouxep �v Kaì xpò toù crwllanKÒv yevécr8at. Quindi xpò KOOilOU "prima di venire nel mondo", ma questo stato preempirico delle anime può es­sere precedente alla creazione del mondo, come in C. H., I e Kore Kosmou.

239 Si tratta di Manicheo, morto sotto Bahram I (274-277), che costituisce un terminus a quo per Zosimo. Mavtxaioç conta 9 lettere, come EillaPilÉ:VTJ· Per Opoç = termine di una "ratio", cfr. LIDDEL-Scorr-JoNES, S.V. Opoç, IV, 2, ARI­STOTELE, Et h. Nic. , V, 1 1 3 1 b 5 SS.

240 Per i sette periodi, cfr. CuMoNT, La fin du monde selon les Mages occiden­taux in Rev. Hist. Re!. , CIII ( 1 93 1 ), pp. 93 ss.; vedi anche Mag. hell. , I, pp. 2 1 8-2 1 9; BoLL-BEZOLD-GUNDEL, Sternglaube\ pp. 200-205: Weltperioden und Planetenlauf

241 Nonostante il contesto immediato, aùt6ç designa probabilmente, non Satana, ma, come intendono Scott (IV, p. 1 32) e Ruska, il Figlio di Dio.

242 Le due principali fonti di Zosimo sono qui chiaramente indicate: dei "libri ermetici" (ha citato un nepi cpucrewv [forse C. H. , IV] e un xepì àuÀ.iaç, ma gli accostamenti più significativi sono con il C.H. , I) e "gli Ebrei", cioè, da una parte delle esegesi allegoriche del racconto della Genesi (Adamo), dall'altra parte degli scritti gnostici pseudo-cristiani (Nicoteo). Una terza fonte, cita­ta subito dopo, è l' esegesi allegorica della leggenda di Prometeo-Epimeteo. Zosimo ha dovuto servirsi di un commento allegorico sui poemi di Esiodo, cfr. GIOVANNI GALENO, Allegar. Hesiod. in GAISFORD, Poetae Gr. Min. , II (ed. 1 823), p. 580.

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damo terreno e della sua guida il falso imitatore che si definisce, con una menzogna blasfema, il Figlio di Dio. Ora i Greci chiamano l'Ada­mo terreno Epimeteo, che riceve dal suo intelletto243, cioè da suo fra­tello, il consiglio di non accettare i doni di Zeus. Eppure, dopo essere caduto ed essersi pentito e aver cercato la terra benedetta <[ . . . ] Quanto a Prometeo, cioè all' intelletto>244, spiega tutto e consiglia in tutto colo­ro che hanno orecchie spirituali245• Ma quelli che hanno solo orecchie corporee appartengono al Fato246, perché non accettano e non ammet­tono nient'altro.

19. Coloro che riescono nelle tinture opportune247 affermano che non c 'è niente oltre la loro arte e mettono in ridicolo il grande libro sulle fornaci. Non hanno nemmeno notato queste parole del poeta (Od 8, 1 67): "No, finora, gli dei non hanno mai dato agli uomini tutti i beni insieme", e ciò che segue, e non fanno alcuna attenzione, non si guar­dano dal corso ordinario degli affari umani, nel senso che, riguardo a una data arte, il successo è diverso, diversa la pratica, per il fatto che la diversità dei modi umani e delle figure astrali rende diversa anche l 'arte in questione248, per cui un tale artigiano assume il comando249, un altro rimane un semplice artigiano, mentre un altro rimane indietro e un altro ancora, peggiore, non fa alcun progresso.

20. Si può così vedere, in tutte le industrie, gli uomini praticare la stessa arte con strumenti e metodi che differiscono e dimostrarsi diversi

243 Per Prometeo = "l'intelletto", cfr. Pwn.Rco, de fortuna, p. 98 C IlpOJl1]9Euç = ò ÀoytaJ.L6ç, e S!NCELLO, Chronogr. , p. 282 Dindorf, che cita PLATONE Cmnco nella commedia dei Sophistes (l, 1 36 Koch).

244 La lacuna è stata riconosciuta da Reitzenstein. Allo stesso modo, le parole tra parentesi : ma si potrebbe anche integrare ò òè Noùç �JlC:ÒV, "Quanto al Nous, nostro dio . . . ".

245 àKoàç voEpaç, opposto ad àKoàç crwJ.LanKaç. Per l ' idea, cfr. Mt., Xl, 1 5; xm, 9 Ò ilXWV Ò:na clKOUElV clKOUÉ!W. . . ( 1 3) Òtà !OÙ!O ÉV 7tUpa�OÀaìç aùtoiç ÀaÀ.c:ò, on �ÀÉ7tOvtEç où �ÀÉ7tOUcrtv Kaì àKouovtEç oùK àKm)oumv oùòè cruvwùmv . . . ( 1 6) UJlC:ÒV òè JlUKUplOl o i 01p9aÀJlOÌ OTl �ÀÉ7tOUO"lV, Kaì tà Òna UJlCÒV on àKOU­OUO"lV . . . ( 1 9) 7tavtòç àKouovtoç tòv Myov tiiç �amì.Eiaç Kaì Jl� cruvt€vtoç, EPXE!Ul ò 7tOVT]pòç KUÌ ap7taçEl !Ò Ècr7tUPJlÉVOV €v tft Kapòi� aùtoù, ecc.

246 t�ç ELJlUPJlÉVT]ç Eicri, letteralmente "sono del Fato", così I Cor., 1, 1 2 tKacrtoç UJlC:ÒV ÀÉyEt · 'èyoo JlÉV EÌJlt Ilauì.ou . . . Éy<Ò òè Xptcrmù ', cfr. 3, 4. Un supple­mento non mi sembra necessario.

24 7 Cfr. supra, p. 309, n. 1 96. Zosimo ritorna qui al suo oggetto che ha lasciato al § 4.

248 Leggo òtà <tò ouiq>opa> tà �91] KUÌ OtUq>opa <tà> O"xTlJlU!U !C:ÒV àcrtÉpwv <otaq>opov Kaì ri)v (Scott)> J.Liav <ÉXVI]V 7tmEìv. L'allusione alla diversità delle "figure" astrali conferma il significato adottato per KatptK6ç, supra, p. 309, n. 1 96.

249 Tòv Jl�V liyEtV (liywv M) <EXViTIJV.

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quanto all' intelligenza e al successo. Ma, più di ogni altro, è soprattutto nell'Arte Sacra250 che lo si può constatare. Supponi, ad esempio, il caso di una frattura ossea. Si trova un sacerdote aggiustaossa25 1 , costui, forte nella sua devozione agli dei, riattacca l'osso, così bene che si sente uno scricchiolio quando le ossa s' incastrano una dentro l' altra. Non si trova alcun sacerdote, affinché il malato non arrivi a temere di morire: si va in cerca allora di medici che possiedono libri prowisti di figure lineari om­breggiate alla maniera dei pittori e di ogni sorta di disegni252, e, secondo quanto dice il libro, si lega il paziente tutto intorno per mezzo di un appa­rato, ed egli vive a lungo, dopo aver recuperato la salute. Non è dunque questione di lasciare morire quest'uomo253 perché non si è trovato un sa­cerdote aggiustaossa: queste persone, al contrario, quando hanno fallito, si lasciano morire di fame perché non si sono prese la pena254 di compren­dere e di realizzare il modello "ostodetico" delle fomaci255, che li farebbe, beati mortali, trionfare sulla povertà, questa malattia incurabile256•

21. Ma su questo punto ciò è sufficiente. Torniamo al nostro argo­mento, che concerne le apparecchiature.

L'autore annuncia allora a Teosebeia che, nonostante la sua ripu­gnanza - poiché non può fare meglio degli Antichi - si arrenderà al desiderio della sua allieva e comporrà per lei un trattato sulle forna­ci. Così finisce questo pezzo, tutto permeato di mistica e di gnosi, che deve servire da preambolo a un'opera tecnica sulle apparecchia­ture alchemiche. Cosa che di fatto manca. Rimane solo un paragra-

250 f:v Tfi iepanKii. Ruska legge tv tft iatptKii = "bei der Tempelmedizin." 251 iepeùç òcrroOÉtllç ego ( ÒcrtEOBÉ'llç Scott: Bç t68e M, ma òatoBÉ'llV appare 7

righe dopo, il che rende certa la correzione). 252 pipì..ouç Katà çooypéL<pouç ypO:JlJltKàç aKtaatàç éxouaaç ypa!(làç (ypaJ..LJ..Làç M)

Kaì òaat0117totoùv Eim ypO:JlJlO:i. Scott (IV, pp. 1 34- 1 35) ha visto chiaramen­te il significato del passaggio. Le KatptKaì pa!(lai sono paragonate all'azione sempre aleatoria del l 'aggiustaossa, le pa!(lai con l' aiuto di un libro scientifico (qui il m:pì òpycivoov Kaì KaJ..Livoov) corrispondono all'azione del medico che si affida ai diagrammi e risana l ' arto "secondo le regole". Se si fal lisce con la prima strada, non ci si deve scoraggiare ma ricorrere alla seconda. In effetti, si incontra, in taluni manoscritti medici greci, l ' immagine di dispositivi per guarire le fratture.

253 KO:Ì où oiptou Ct!(ltE'tO:t <6> liv9poo7toç cl7t090:VEÌV Scott: É<ptE'tat codd. 254 O forse (con Ruska): "si lasciano piuttosto morire di farne che iniziare a cono­

scere, ecc.". 255 nìv òcrrooenKl'Jv trov KO:J..Livoov Otaypa!(li]v è un'espressione ricercata. I l signifi­

cato è "lo schema delle fornaci che ha la stessa virtù (nell'alchimia) del grafico medico per riattaccare le ossa". Ho trascritto "ostodetico" per farla breve.

256 Cfr. supra, p. 306 e n. 1 83 .

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fo (234. 1 1 -235 .5) che descrive varie parti dell 'alambicco: ciò che è impresso alla fine del pezzo (235.6-20) non ha, come ha riconosciu­to Ruska257, alcun rapporto con gli strumenti e le fornaci che sono l 'o�getto specifico di questo trattato.

E possibile che i l capitolo seguente in Berthelot-Ruelle (pp. 236-238), in cui sono descritti il tribikos e il tubo, faccia ancora parte di questo Libro n sulle apparecchiature. L'autore si riferisce in parti­colare all'alchimista ebrea Maria, ma raccomanda anche lo studio delle Pneumatika e delle Mechanika di Archimede, di Erone258 e "di altri" (237 .20-2 1 ) : curiosa e interessante menzione, che dimostra che non tutto era verbosità o ciarlataneria in queste operazioni degli alchimisti, ma che ci si collegava ancora alla grande tradizione della scienza greca. Quanto al Computo Finale, del quale tradurrò qui i l prologo, non può, nonostante quello che dice Ruska259, far parte del Libro Q: perché non solo il soggetto è diverso - qui tinture, là for­naci -, ma inoltre, alla fine del l ' introduzione, Zosimo rinvia formal­mente al Libro Q (246 .2 1 ), come, poco sopra (246. 1 3), il Libro K. Il titolo stesso, Computo Finale (iJ n:M:uraia à1toXiJ), sembra indicare che si tratti di un l ibro finale, un "ultimo rendiconto", che chiude l ' intera serie.

Questo prologo del Computo Finale offre lo stesso tipo di interes­se di quello del Libro Q. Ci si diceva, nel Libro Q, che, per praticare l'Arte Sacra, bisogna avere l ' intelligenza dei misteri divini, essere uniti al Figlio di Dio. Ci si annuncia, nel Computo Finale, che la via regale verso l 'alchimia è la meditazione, la morte alle passioni, la ricerca silenziosa di Dio. Questa preparazione dell 'anima gioca un ruolo ancora più essenziale del l'abilità manuale e delle conoscenze tecniche. Ed è, nei due trattati, alla saggezza di Ermete che Zosimo collega il suo insegnamento. Come Ruska ha giustamente sottoline­ato260, i l legame profondo, finora troppo trascurato, tra l 'ermetismo filosofico e l ' ermetismo delle scienze occulte non si mostra in nes­sun altra parte con miglior risalto.

257 RusKA, T. Sm., pp. 30-3 1 . 258 Questi titoli corrispondono a opere di Erone e s i conoscono delle Mechanika

di Archimede: del medesimo, Pappo cita dei 9aUJ.lamoupyoì 8tà ltVE'IJJ.l<itrov, cfr. HEIBERG, Gesch. d. Ma t h. u. Naturwiss. i m Altertum, 1 925, p. 69. Per "gli altri", cfr. ivi, pp. 69 ss.

259 RusKA, T. Sm., pp. 3 1 -32. 260 RusKA, T. Sm. , pp. 32-37.

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L 'ermetismo e l 'alchimia 32 1

Il . Zosimo. Computo Final€?61

Primo libro del Computo Finale di Zosimo il Tebano262

"Zosimo a Teosebeia, salve !"

A l. - L'intero regno d'Egitto, o

donna, esiste grazie a queste due arti, quella dei minerali ottenuti per fortu­na263 e quella dei minerali <naturali>. In effetti, l'arte che è chiamata divi­na, che, per la maggior parte, scatu­risce dall'esposizione dogmatica264 e professorale26S, è stata data ai guar­diani < . . . >266 per la loro sussistenza, e non solo questa arte, ma, una volta per tutte, le quattro arti nobilF67 e i prodotti artificiali.

MAl l. - L' intero regno d'Egitto, o

donna, sussiste grazie a queste due arti, quella dei minerali ottenuti per fortuna e quella dei minerali natu­rali . In effetti, l' arte che è chiamata divina, cioè l'arte dogmatica, alla quale si dedicano tutti coloro che si impegnano nella ricerca di tutti i prodotti artificiali e delle tecniche nobili, intendo dire delle quattro che sono reputate efficaci, è stata con­cessa solo ai sacerdoti.

261 Testo secondo A per il tutto (Alch. Gr. , 239 ss.), secondo M e N per il primo estratto di Olimpiodoro (A le h. Gr. , 90. 14. Ruelle non dà il testo, ma indica solo le varianti nell 'apparato, pp. 239-240. Ho ristabilito questo testo dalle fotografie di M, fol. 1 7 1 v- 1 72 r, prestate gentilmente dal Bidez), secondo M per il secondo estratto da Olimpiodoro (Alch. Gr., 84.4- 1 1 ) . L'ultimo pezzo (§ 8, pp. 244. 1 7-245.7 8.) è stato riprodotto da Reitzenstein (Poimandres, pp. 2 1 4, n. l , Historia Monachorum und Historia Lausiaca, pp. 1 08- 1 09) e Scott (Hermetica, IV, pp. 1 1 1 - 1 1 2, commentario, iv i, pp. 1 36- 1 44 ). Ruska, T. Sm. , pp. l 8-23, analizza tutto l ' insieme e traduce alcuni passi. Ho provato a dare un testo greco leggibile alla fine di questo volume. Appendice I, pp. 423 ss.

262 Titolo secondo A. "Tebano" è un errore già incontrato (''Libro di Sophe l'Egi­ziano", Alch. Gr., 2 1 1 ). I l titolo è seguito da una frase certamente interpolata, qualunque ne sia il significato, �9EV �e�aionat ÒÀT]9Jìç �i�À.oç: "da ciò con que­sto segno (?) è garantita l 'autenticità del libro", o "da questo (da questo libro) è confermato i l Libro Autentico (di Sophe l 'Egiziano?)". Cfr. un'interpolazione simile all' inizio dell 'Asclepius (p. 36 Thomas): Asclepius iste pro sole mihi est.

263 O "ottenuti secondo i momenti opportuni"; per KatptK6ç, cfr. supra, p. 309, n. 1 96, e la spiegazione data dallo stesso Zosimo, infra, § 6.

264 Un'arte "dogmatica" o "proveniente da una esposizione dogmatica" è un'arte che si basa su una dottrina, su principi generali, in contrapposizione a un'arte puramente empirica: la distinzione è comune nella medicina antica.

265 ooqn<:m'jç sotto l ' Impero si dice del professore di retorica (cfr. la Nuova Sofi­stica) e, in maniera generica, del professore: esposizione quindi "professora­le" o "didattica". L'idea continua quella di "dogmatica".

266 Testo rovinato. Si può congetturare una parola composta, vedi n. crit. : "guar­diani degli archivi" (dei templi) avrebbe senso.

267 Tinture del l 'oro, dell 'argento, delle pietre preziose, delle stoffe.

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322 La rivelazione di Ermete Trismegisto - L 'astrologia e le scienze occulte

Quanto all'arte dei lavoratori del metallo, era monopolio reale268, in modo che, se accadeva che questa arte, giunta fino a noi dalla viva voce o at­traverso le steli che si tenevano come retaggio degli antenati, fosse interpre­tata, nessun uomo ciononostante vi operava, anche con la conoscenza di queste cose, e sebbene avesse questa conoscenza libera da ostacoli, perché sarebbe stato punito. Infatti, come i la­voratori in grado di coniare le monete reali non coniano per proprio conto poiché sarebbero puniti, così pure sotto i re dell'Egitto i lavoratori del­la cottura e i conoscitori della serie di operazioni, non operavano per se stes­si; !ungi da ciò, è proprio per questo motivo che essi erano arruolati negli eserciti dei re d'Egitto come lavoratori ai tesori reali270; avevano, inoltre, capi che erano direttamente a loro prepo­sti; in breve, vi era ogni sorta di regole tiranniche per la cottura, non solo per essa, ma per i lavoratori delle miniere d'oro; in effetti, se qualcuno fosse sor­preso a scavare una miniera, secondo una legge dell'Egitto doveva conse­gnare il prodotto dopo aver depositato il conto per iscritto271 •

Quanto al trattamento dei mine­rali naturali, era monopolio reale, in modo che, se accadeva che un sa­cerdote o un uomo ritenuto compe­tente avesse interpretato i detti degli antichi o quello che aveva ereditato dai suoi antenati, anche con la co­noscenza di queste cose e sebbene vedesse questa conoscenza libera da ostacoli, non operava269, perché sarebbe stato punito. Infatti, come i lavoratori in grado di coniare le mo­nete reali non coniano per proprio c:onto, poiché sarebbero puniti, così pure sotto i re dell'Egitto i lavorato­ri della cottura, benché avessero la conoscenza della lisciviazione dei minerali e delle operazioni successi­ve non operavano per se stessi; !ungi da ciò, è proprio per questo motivo che essi erano arruolati militarmen­te come lavoratori ai tesori reali; avevano, inoltre, capi particolari preposti ai tesori e archistrateghi; in breve, vi era ogni sorta di regole tiranniche per la cottura: infatti, se­condo una legge dell'Egitto, era ad­dirittura vietato scrivere queste cose e pubblicarle.

268 Sui monopoli al tempo dei Tolomei, cfr. WILCKEN, Grundzuge, pp. 238 ss.; monopolio de l i ' oreficeria (xpuooxoi:K�) sotto l ' Impero, Chrest. , n° 3 1 8.

269 In Olimpiodoro, il testo di A' offre : "ciò che essi avevano ereditato dagli ante­nati e possedevano, sebbene vedesse (Kai restrittivo davanti al participio) che l 'ordine regolare (nìv àKoÀou8iav) di quest'arte, non compiva ciò che tuttavia comprendeva".

270 Di fatto, almeno sotto l ' Impero, gli operai delle miniere e delle cave in Egitto (erano perlopiù dei malfattori) erano sottoposti a una sorveglianza mil itare, una statio di solito affiancante i l campo dei minatori, cfr. LETRONNE, Recueil des inscriptions grecques et latines de l 'Égypte, I, pp. 1 43 (cave di porfido del Monte Claudiano), 454 (min iere di smeraldo di Senskis). Tutte queste miniere e cave erano, ai tempi di Tiberio, sotto la sorveglianza di un J.LE'taMàpx'lç, ivi, p. 454, OGI. , 660.2. Vedi anche Cu�IONT, Ég. d. astr. , p. 97, n. 2. Per il monopolio del conio delle monete, cfr. i vi, p. 49.

271 Per Èyypaq>Òlç Èmùt86vm, cfr. Myov Èyypacpetv (ànoq>Épetv, 8t86vat) in EscHINE, c. Ctes. , 1 5, 20, 22. Testo plausibile, senza il quale la correzione

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L 'ermetismo e l 'alchimia 323

2. - Alcuni quindi rimproverano Democrito e gli Antichi per non aver menzionato queste due arti, ma solo quelle che sono dette nobili. Eppure questo rimprovero è futile. Non gli era, infatti, possibile, loro che erano gli amici272 dei re d'Egitto e che si gloriavano di mantene­re il primo rango nella classe dei profeti273 • Come avrebbero potuto apertamente, in contrasto con gli ordini regali, esporre in pubblico le loro conoscenze e dare ad altri il potere sovrano della ricchezza? Anche se avessero potuto, non l' avrebbero fatto, perché erano gelosi dei loro segreti. Era possibile solo agli Ebrei, segretamente, operare, scrivere e pubblicare queste cose. Infatti, troviamo che Teofilo, figlio di Teogene, ha descritto tutte le miniere d'oro del paese, e abbiamo i l trattato sulle fornaci di Maria oltre agli scritti d i altri Ebrei.

3. - Ma le tinture opportune, nessuno né degli Ebrei né dei Greci le ha mai pubblicate: queste tinture, anzi, gli Ebrei le depositavano nei <tesori (?)> dove mettevano le loro ricchezze274, dandole da sorvegliare a immagini divine. Per quanto riguarda il trattamento dei minerali, che differisce molto dalle tinture opportune, non si mostrarono assoluta­mente così gelosi, perché quest'arte viene di per sé all'estemo275 e colui che cerca di praticar la <non> rimane <affatto> senza punizione - infatti se un individuo viene sorpreso a scavare una miniera dai sorveglianti

ÉKOt06vat o Ù7tOiìt06Vat sarebbe facile, cfr. C. H. , IX, l xSeç, Ò) AaKÀ.TJ1tlÉ, 'tÒV tÉÀEtov à7toOÉiìroKa J...Oyov, XII, 1 2 aaq>Éatata, c1 mitep, tòv J...Oyov à7tolìtoro­Kaç. Per il testo di M, cfr. C.H. , XII, 8 toii Aya8oii �ait.wvoç . . . éyoo �Kouaa MyovtOç àei - Kaì Ei éyypaq>ooç éKiìeOci:JKEt (cfr. M: JlTJOÈ éyypàq>roç m'nei n va ÉKiìtlìòvat), 7tUVU /iv 'tÒ 'tÒlV àv8pci:Jmov yÉVoç cOq>EÀ.�KEl. . . - �KOUOU yoiiv K'tÀ..

272 Titolo onorifico, cfr. OGI., 1 00.2 e spesso altrove, specialmente tra gl i astro­logi, cfr. CuMONT, Ég. d. astr. , p. 34, n. 3 .

273 ÉV tft 7tpOq>TJntcft (t6.!;et). Si noti che nel pezzo polemico delle Cl>uatKà Kaì MuanKci, l 'autore si indirizza ai suoi colleghi sotto il nome di OUJ.17tpoq>iitat (47. 3). l profeti qui sono i soli nominati, perché formano la classe più alta nella gerarchia sacerdotale (CuMoNT, Ég. d. astr. , p. 1 1 9, n. 5) e perché l'auto­re vuole sottolineare l' importanza di questi predecessori che erano "amici dei re" e profeti. Cfr. la definizione di profeta nella Kore Kosmou 68 ooç Jl�1tO'tE ò JlÉÀ.À.rov Seoìç 7tpoaciyEtV xeìpaç 7tpQ(p�TTJç àyvoft n trov OV't(J)V, t va q>tÀ.oaoq>iQ. JlÈV Kaì. JlayEiQ. ljiUXJÌV tptq>n, aci:Jçn lì· lh:av n 1taaxn iatpttcft a&Jla.

274 Il significato generale mi sembra quasi certo (cfr. il § 5), ma il testo è rovina­to, XPTJJ.llltrov per XProJ.lcitrov è una correzione facile, e bisogna supporre una lacuna dopo XPTJJ.lcltrov. Si può ipotizzare 811aaupoìç, che si legge al § 5, ma qualsiasi altra parola dello stesso significato è possibile, cfr. XPllJ.lUtoq>uÀ.ciKt­ov in STRADONE, XII 5, p. 754. Meineke.

275 é!;ciyetv mi resta oscuro. Penso che sia la forma (apparentemente) intransitiva del verbo e che il significato sia "si mostra all 'esterno": non si può effettuare senza farsi vedere e, quindi, c'è meno rischio a scrivere di questa tecnica, poiché ci saranno pochi appassionati.

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delle fabbriche dello Stato per conto delle entrate reali, < . . . >276 - o perché le fornaci non possono essere nascoste, mentre le tinture op­portune sfuggono completamente alla vista. Ecco perché non vedi che nessuno degli Antichi ha pubblicato, in segreto o allo scoperto277, qual­cosa sull 'argomento. In tutta la serie degli Antichi, ho individuato solo Democrito che ha fatto un'allusione a ciò [ . . . ]278•

4. - (242.9) È evidente che in passato, al tempo di Ermete, queste tin­ture279 erano chiamate naturali, poiché dovevano essere descritte sotto il titolo comune del libro intitolato Libro delle Tinture Naturali, dedicato a Isidoro. Ma quando esse furono divenute l 'oggetto della gelosia dei <demoni> della carne, divennero le tinture opportune e furono nomi­nate come tali. Tuttavia, si rimprovera agli Antichi, e in particolare a Ermete, di non averle pubblicate né palesemente né in segreto, e di non aver fatto alcun riferimento ad esse.

5. - Solo Democrito le ha descritte nella sua opera e ne ha fatto menzione. Quanto a loro280, le incisero sulle loro steli nelle tenebre e le profondità dei templi in caratteri simbolici - sia queste stesse tinture sia la corografia dell 'Egitto - in modo che, se si fosse spinta l 'audacia fino a penetrare in queste profondità tenebrose, se si fosse trascurato di conoscere la chiave, non sarebbe stato possibile decifrare i caratteri nonostante tanta audacia e fatica. Gli Ebrei, allora, imitando questi ulti­mi, hanno depositato le tinture opportune nelle loro camere sotterranee

276 "Dai . . . " (èmò nòv KLÀ..) può dipendere dal verbo mancante. Per il passivo con rmò (= imo), cfr. § 4 (p. 425. 1 7 infra) à.U' on; ècp8ovi]8l]crav à.nò tiòv . . . Òatflovcov, § 6 (p. 426. 1 6 infra) cp8ovoùvmt ÒÈ à.nò tiòv neptyeicov Òatf.!ovcov e MouLTON-MILLIGAN, s.v.

277 OU't'E Kpupl]8ÈV OU't'E cpavepiòç: cfr. C.H., XIII, l crù ÒÉ JlOl Kaì tà uatEp�Jla"ta à.vanÀ.�pcoaov olç Écpl]ç JlOl7taÀ.tyyeveaiaç <yÉVemv> napaòoùvat npoa8ÉJlEVOç ÈK cpcovfjç � Kpup�v.

278 Ometto qui una dissertazione piuttosto oscura su Democrito (§§ 3-4) e ripren­do alla fine del § 4.

279 Che sono dette oggi "opportune". 280 Gli antichi Egizi. Il tema delle rivelazioni segrete incise su delle steli è de­

cisamente comune, e l'origine di ciò è l ' impossibil ità in cui ci si trovava nel decifrare i geroglifici, cfr. l ' introduzione di SsoRDONE a Hieroglyphica (Napoli 1 940). Una ricetta del papiro magico V di Leida (PGM , XII, 40 1 ss., cfr. supra, p. 270) dà la spiegazione dei nomi segreti delle piante incise sulle statue divine (dç 8Eiòv EtÒcoÀ.a ÈnÉypmvav) dei templi d'Egitto affinché le persone troppo curiose della magia non possano utilizzarle: l 'autore della ricetta fornisce la soluzione, �Jl€Ìç ÒÈ tàç À.UaEtç �yayoflEV (PGM, XII, 406). Cfr. supra, p. 270 n. 59.

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L 'ermetismo e l 'alchimia 325

(tombe?)281 insieme alle loro formule d' iniziazione282, e danno questo avvertimento nei loro testamenti: "Se tu scopri i miei tesori, lascia l 'oro a coloro che vogliono la propria perdita, ma avendo trovato il mezzo per comprendere283 (?) i caratteri, raccoglierai in breve tempo tutte le ricchezze. Al contrario, se prendi solamente le ricchezze, andrai verso la tua propria perdita a causa della gelosia dei re, e non solo dei re, ma di tutti gli uomini".

6. - Ci sono quindi due tipi di tinture opportune. Una, quella dei tes­suti, i demoni che sorvegliano ogni luogo l'hanno consegnata ai propri sacerdoti. Per questo essi le hanno chiamate opportune, perché opera­vano secondo i momenti opportuni per volontà dei cosiddetti demoni, e, quando questi demoni smettevano di volere, non operavano più [ . . . ]284•

L' altro genere di tinture opportune, quello delle tinture genuine e naturali, Ermete lo ha iscritto sulle steli: "Fai fondere la sola cosa che sia giallo verdastra, rossa, color del sole, verde pallido, giallo ocra, ver­de tirante al nero e il resto"285 • Per quanto riguarda le terre stesse, le ha chiamate con un nome segreto "sabbie" e ha rivelato le specie dei colori. Queste tinture agiscono naturalmente, ma sono invidiate dai de­moni terrenF86• Tuttavia, se qualcuno, essendo stato iniziato, respinge i demoni, otterrà il risultato cercato.

281 tv 1:0tç Ka8thmç. Cfr. W1 epitaffio di Akrnonia, Mon. Asiae Minor. Antiqua, VI, p. 335, n° 3 1 5 . . . [el;]éa l tut EtÉpc:p àvùl;at tò l Ka8etov iì 116vov èàv l auv�ft totç 1tailìimç KtÀ. I curatori commentano: "L. 3 Ka8etov (the terrn is new, and perhaps Jewish) suggests a lair beneath the surface, or the floor of�p&ov. For the forrnation, cf. dcrci><m] (see L.S.), probably meaning a cubiculum in the wall of a �p&ov" .

282 L'iniziazione (llÙrJatç) concerne l'alchimia stessa, cfr. § 6 infra, p. 426. 1 6 e1tàv oé nç llUTJ8EÌç EKOtOOKEt aùwuç (i demoni).

283 "Comprendere" traduce l' ipotizzata correzione 1tEptKpan:tv per 1tEpÌ Tijç. Cfr: n. cr. 284 Ho omesso qui una frase che rompe la sequenza di idee e i l cui testo è peraltro

corrotto. 285 ERMETE ap. Zosimo, p. 243 . 1 3- 14 B. Da aggiungere alla l ista supra, pp. 282

ss. Questa cosa multicolore deve essere la 7tpOOTIJ UÀTJ, paragonata più sopra (p. 274) al camaleonte.

286 oa{llOVEç 1tEpiyEtO\. Cfr. PROCLO, in Cratyl. , p. 69. 4 ss. Pasquali: O'tl aùtòç lltv �Kaatoç t<ÌlV ee&v IÌilty&ç esnpTJtat t<ÌlV OEUtÈprov' KUÌ 't<ÌlV OUtllOV(J)V o i 1tprottcrtot Kaì 6ì.tKrotepot tiiç tota.uTIJç Ù7tEpiopuvtat oxf.aeroç, 1tVEullata oè 1tEp{yEta KUÌ llEPtKÙ (nostro Katà t01tOV Ècpopot! ) a'UMUil�UVOUatV eiç TIV<ÌlV yevéaetç, KtÀ., CCAG., VIII, 4, p. 252. 1 4 ss. : 7tiÌÀtv àepirov 11tv ovtrov t&v ee&v tò eaptvòv 'tEtUPTIJilOPtOV aKE1ttÈOV, oùpavirov OÈ tò 8eptv6v, 1tEpiyEt(J)V OÈ tò cp8tvo7troptv6v, Àtllva{rov M iì 8aÀaaairov tò ;(EtllEptv6v, e, su queste distribuzioni di dei o di demoni, la lunga nota di WoLFF, Porphyri de philo­sophia ex oraculis haurienda (Berlin 1 856), p. 1 1 2.

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7. - Così dunque i demoni sorveglianti, una volta respinti dai potenti del tempo, deliberarono d' impadronirsi delle tinture naturali al nostro posto, per non essere più scacciati dagli uomini, ma per ricevere le loro preghiere, per essere da loro invocati ed essere regolarmente nutriti dai sacrifici287: questo è ciò che fecero. Nascosero tutte le procedure natu­rali e che agiscono di per se stesse, non solamente perché erano gelosi degli uomini, ma perché avevano la preoccupazione per la propria so­pravvivenza, per non essere fustigati, braccati e uccisi per farne, dal momento che non avrebbero più ricevuto sacrifici. Ecco cosa fecero. Nascosero la tintura naturale e introdussero al suo posto una loro tintura non naturale, e consegnarono questi procedimenti ai loro sacerdoti, e se la popolazione del villaggio trascurava i sacrifici, impedivano a essi di avere successo anche nella tintura non naturale288• Tutti coloro dunque che appresero la presunta dottrina dei demoni del secolo fabbricarono delle acque, e a causa del costume, della legge e della paura, i loro sa­crifici si moltiplicarono. Tuttavia, anche le false promesse che avevano fatto, i demoni non le soddisfecero. Ma quando ci fu un completo capo­volgimento delle regioni (?)289 e la regione fu dilaniata dalla guerra e la stirpe umana scomparve da questa regione, quando i ternpli dei demoni non furono altro che un deserto e il loro i sacrifici furono trascurati, essi si misero a lusingare gli uomini rimasti, persuadendoli con dei sogni, a causa della loro falsità, e con molti presagi, ad attaccarsi ai sacrifici; e, siccome rinnovavano le loro false promesse di tinture non naturali, ecco che tutti gli uomini miserabili, amici del piacere e ignoranti, si rallegra­rono. Quindi anche a te, o donna, è questo quello che vogliono fare per il tramite del loro pseudo-profeta290• Questi demoni locali ti lusingano, perché hanno farne non solo di sacrifici, ma della tua anima.

287 Cfr. Mag. hell. , I l, p. 28 1 , n. 3, 292, n. l O. 288 Sembra quindi che, per l' autore, i "demoni" siano le divinità locali dci nòmi

dell 'Egitto, cfr. § 6 oi Katà t67tov ecpopot = "i demoni che vegliano (o presie­dono) in ciascun luogo".

289 I l significato di Ù7tOKatamamç tùiv KÀ.t!-uinov mi resta oscuro. 290 Sembra che Teosebeia sia stata sotto l ' influenza di maestri alchimisti appar­

tenenti a un'altra scuola rispetto a quella di Zosimo. Questi maestri sono ov­viamente dei seguaci di demoni malvagi. In un altro pezzo (''Sul trattamento della magnesia", Al eh. Gr. , 1 88- 19 1 ), Zosimo mette sua sorella in guardia contro questi alchimisti rivali e nomina alcuni di loro come NEìAoç ò cròç it:pt:uç ( 1 9 1 . 8, cfr. 1 9 1 . 1 7- 1 8), Ilacpvoutia f) 1rap8évoç ( 1 90. I ì - 1 2, 1 9 1 . 1 6). Tutto il brano A/eh. Gr. , 1 90. l 0- 1 9 1 . 1 8 assomiglia al nostro § 8: crù òé, w llU­Kapia, 1tUÙO"at Ù1tÒ 't<ÌlV llU'tUtùlV O"'tOlXEtùlV 't<ÌlV tàç ÙKoaç O"OU tapanOV'tùlV. �KOUcra yàp 01:1 llE'tà Ilacpvoutiaç rijç 1tap8ÉVOU KUÌ liMùlV 'tlV<ÌlV ÙltUlÒEUtùlV ÙVÒp<ÌlV ÒHlÀ.ÉyTI · KUÌ UltEp ÙKOUEtç 1tUp' UlJt<ÌlV ll(ltUlU KUÌ KEVà À.OyUÒpta, 7tpanElV ÉltlXElpEÌç K'tÀ..

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L 'ermetismo e l 'alchimia 327

8. - Tu, quindi29 1 , non !asciarti attrarre qua e là, come una donna, come ti ho già detto nei libri secondo l 'Energia292• Non ti agitare in tutte le direzioni in cerca di Dio293, ma rimani composta nel tuo focolare, e Dio verrà da te, lui che è ovunque e non è confinato in uno spazio infimo come i demoni. In questa quieta tranquillità del corpo, fa anche placare le tue passioni, la bramosia, il piacere, la collera, il dolore, e an­che le dodici sorti della morte294• E così, correggendo te stessa, chiama a te la divinità e lei verrà realmente, lei che è dappertutto e in nessun luogo. Poi, senza nemmeno che ti s' inviti, offri sacrifici ai demoni, non quelli che profittano di essi, non quelli che li nutrono e li confortano, ma quelli che li scacciano e li fanno sparire, quelli di cui Membres ha dato la formula a Salomone, re di Gerusalemme295, e ancor meglio quelli che Salomone stesso ha descritto in base alla sua stessa saggezza296• Agen­do in tal modo, otterrai le tinture opportune genuine e naturali. Fa ciò finché non raggiungi la perfezione dell' anima. E quando riconoscerai di essere stata resa perfetta, allora, dopo aver ottenuto le tinture naturali,

291 Ho tradotto qui il testo di A. Per l'estratto di Olimpiodoro, cfr. infra, p. 328 n. 299.

292 Altro riferimento di Zosimo a questo trattato, A le h. Gr. , p. 1 78. 3. È questo che è oggetto del commento di Olimpiodoro, pp. 69- 1 06. Vedi anche A/eh. Gr. , indice, p. 462 s. v. Zci:mt[ . .LOç.

293 Sulla necessità di ricorrere a Dio per avere successo in Alchimia, cfr. Ol impio­doro che cita Zosimo, p. 85.22 ss. onroç Oè it aKpi�Eta -roù navtòç crKEUétsTJtat, Eill;acr9E xapà 9EOi3 Jla9Eiv, q>TjO'ÌV ò ZcOO'lJlOç· oi av9pro1tOl yàp où 7tapalh06-am KUÌ <oi ÒUlJlOVEç> q>Sovoùcrt KUÌ Tt ÒÒÒç OÙX EÙpicrKE'tat· O'Oq>OÌ STJ'tOÙV'tat Kaì ai ypaq>aì àòtétyvrocrtot, Kaì noÀÀJÌ UÀ.TJ Kaì 7tOÀÀJÌ clJlTJxavia yivEtm· Kaì Ei JllÌ xoM<!> JlOX9q> tò tmoùtov oùK èl;av6Etm, JlétXTJ Kaì �ia Kaì n6À.EJ.1oç fcrtm.

294 Queste dodici JlOÌpat toù Savéttou sono i dodici vizi "punizioni della materia" (nJlropiat rijç UÀ.T]ç) del Corp. Herm. , Xlii, 7, corrispondenti ai dodici gradi (segni) dello zodiaco. La morte e la materia fanno parte del corpo e il corpo materiale dipende dalle zone planetarie e dai segni zodiacali.

295 MEJ.l�pilç può essere la trascrizione sia di Mèmrii, la Parola di Dio personifi­cata (sic Scorr, IV, pp. 1 39- 1 40), o di Mmra o Mambres (ma non è necessario correggere in MaJl�Pilç) o lambres (cfr. II Tm., 111, 8), uno dei due maghi egi­ziani che si opposero a Mosè (REITZENSTEIN, Poimandres, pp. 2 14, n. l ). Dato il contesto (indicazione di sacrifici relativi ai demoni), quest'ultima soluzione sembra preferibile.

296 Sulla letteratura apocrifa di Salomone, cfr. WELLI\IANN, Der Physiologos, p. 58, n. 1 64. A questa lista, aggiungi il Trattato di Magia di Salomone che ap­pare in varie forme: Monac. gr. 70 (CCAG., VIII, 2, pp. l 43-1 65), Harl. 5596 (Anecd. Gr. , pp. 397 ss.), Paris. 24 19 (Anecd. Gr. , pp. 470 ss.), Athous Dian. mon. 282 (Anecd. Gr. , pp. 649 ss.), e il Testamento di Salomone (cfr. MAC CoWN, The Testament of Solomon, Chicago 1 922: altra recensione, Anecd. Gr. , pp. 2 1 2-227). Il corpus siriaco di Zosimo (Ch. MA., I l , pp. 264-266) fa ugualmente allusione alle pratiche di Salomone contro i demoni.

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328 La rivelazione di Ermete Trismegisto - L 'astrologia e le scienze occulte

disprezza la materia297, rifugiati da Pimandro e, dopo aver ricevuto il battesimo del cratere298, slanciati per un irti alla tua stirpe299•

9. - Vengo, tuttavia, al compito che mi è stato assegnato dalla tua Imperfezione300• Ma devo dilungarmi ancora un po' e considerare di nuovo l'oggetto della nostra indagine: non bisogna mostrarsi inferiori, e il tema si rivela facilmente accavallabile30 1 •

Dopo questa frase, c'è senza dubbio una lacuna; Zosimo doveva citare un autore alchimista, forse Ermete, perchè l ' immediato segui­to (245. 1 1 ) ricorda da vicino il nostro n° 32 (supra p. 294) che trat­ta dell "'uovo dei filosofi". Ecco in effetti questo seguito: "Ascolta quello che dice poco dopo: 'Le due uova imbevute302 non sono che una sola cosa, che è divenuta diversa, da un lato umida e fredda, dal l 'altro secca e fredda e queste due compongono una sola ope-

297 Cfr. Metrodoro l'epicureo (citato ldéal, p. 1 04, n. 2) ili' omv �!làç tò XPEl­òv èçayn, !lÉyu 7tpomm)cruv-reç t(i:l çfiv Kaì -roìç uùt(i:l Keviòç 7tEpl7tÀ.EKO!lÉVOtç èim!J.EV ÈK toù çfiv !J.Età KaÀ.Où 1tairovoç.

298 Evidente allusione al Pimandro (C.H. , I) e al Cratere (C.H. , IV). 299 Vale a dire, la stirpe divina dei Perfetti; o ancora (così REITZENSTEIN, Poim. ,

p. 2 15) Teosebeia deve predicare agli uomini, cfr. c H., I, 32 KUÌ tfiç xapttoç -rauTI)ç q>roriaro wùç tv étyvoi� -roù yÉVouç, !lOù àoeÀ.<pouç, uioùç OÈ aoù . Ecco la traduzione dell'estratto di Olimpiodoro: "Resta seduta nel tuo focolare, ri­conoscendo che vi è un solo Dio e una sola arte, e non ti agitare qua e là in cerca di un altro Dio. Perché Dio stesso verrà da te. Lui che è ovunque e che non è confinato in uno spazio infimo come il demone. Immobile nel corpo, immobil izza anche le passioni. E così, essendoti da te stessa corretta, chiama a te la divinità ed essa giungerà realmente da te, essa che è ovunque. E quando ti sarai riconosciuta, allora riconoscerai anche colui che solo è realmente Dio. Operando in questo modo, otterrai le tinture genuine e naturali, disprezzando la materia".

300 tò 7tpOKEi!levov -rfiç crfiç àtEÀ.EtÒTI)toç. Reitzenstein (Hist. Mon. , p. l 09, n. 5) vede qui un pizzico d'arguzia, � � tEÀEtòTI)ç (''Vostra Perfezione") avendo dovuto essere una formula d' indirizzo fra i "perfetti".

30 l Il testo (245. 9) è alquanto pessimo. Io propongo ò)...')..' ÒÀ.iyov (Reitzenstein: ò'A.iycp A) È7tEKteìvut KUÌ àvevéyKut XP� IlE (Reitzenstein: XPJÌ!lU A) tò çT]tou­!J.EVov· àvciyKT] (Berthelot: �veyKEV A) lllÌ ÈÀ.anoùa!lm (ÈÀ.aneì A), Kaì wÀ.u­tov (�À.atoç A) eupi(Jl(E'tat. EÙ�À.awv si riferisce a tò çTJ"CC"U!lEVov: per l 'uso figurativo, cfr. EusEBIO M!NDIO 63 (FPG., 111 p. 1 7 Mullach) � tfiç àpetfiç (scii. ÒOÒç) tà 7tpiòta OÙK EÙ�À.ata Ko>ç 7tapÉXElV ÒOKÉEl.

302 Kata7tonç6!leva: KUta7tomaÒ!lEVoç A (il Kata7toncrÒ!lEVoç di Ruelle non offre alcun significato); 7tOtiçro s'incontra 1 67.2 Kaì 7tonçetç tò m)v!lella !lEtà KÒ!l­!lEo>ç KUÌ UOpUpyUpOU KaÌ 9eiOU UOa'tOç, 1 83.5 7tÒtlçE UOU"Cl 9Eiou a!liKtoU.

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L 'ermetismo e l 'alchimia 329

ra"'303• Più avanti (246. 1 ), dopo aver ripetuto "Ma vengo al compito assegnato", Zosimo distingue due procedimenti di tinture opportu­ne, uno mediante tintura cruda, l 'altro mediante cottura, e quest'ulti­mo è ulteriormente suddiviso secondo i liquidi (acqua o vino) e forni che si usano, e secondo la durata e la forza dei fuochi.

Traduco infine la conclusione di questo lungo prologo (246. 1 7) a causa di una piccola frase caratteristica: "Queste tinture hanno quindi la facoltà di corrompere ( criptecr8at) una grande quantità così come una piccola, nel senso che si ottengono altrettanto bene in fornaci di vetro ( ÈV Ka1.uviotç UEÀO\jltKoìç [?]) come in crogioli (xrovatç: xrovEiatç A) grandi o piccoli e in dispositivi di qualsiasi tipo (èv òtacp6potç òpyavotç) tramite fuochi e secondo la potenza dei fuochi. È l 'esperienza che le manifesterà, unita alla perfetta retti­tudine del! 'anima (jlEtà Kai t&v \jiUXtK&v mivtrov Katop8rojlC:ltffiV ). Per quanto riguarda le dimostrazioni dei fuochi e di tutte le cose in questione, li hai nella lettera Q. È da questo punto che mi accingo ad iniziare, o donna adornata con la porpora (1topcpup6crtoÀE yuvat)!".

Le parole evidenziate riassumono perfettamente i l senso generale dei due prologhi che ho tradotto. L'alchimia è un modo di vivere che presuppone un lavoro interiore di perfezione. L'ermetismo occulti­sta e l 'ermetismo filosofico, prima separati, hanno finito per conclu­dere un'alleanza. Oramai, almeno tra gli Arabi, questa alleanza non sarà più rotta.

303 liKOUOOV Qll'tOÙ ÀtyOvtoç KQt J..LET• ÒÀ.iya· Ev 7tpÙYJ.Ul ÈOTIV <Tà> OUO WÙ KQTQ-7tOnçOJ..LEVQ Kai Otaq>6proç yEVÒilEVOV, TÒ J..LÈV uypòv Kai lj!UXPÒV, TÒ OÈ çT]pÒv Kai lj!UXPOV, KQÌ TÙ ouo ev fpyov 1tOlOÙcrtV. Cfr. 20. 1 3 nostro n° 32 ÈÙV OE J..llÌ yèvrovTat Tà ouo &v, Kai TÙ Tpia &v, Kaì oÀ.ov TÒ cr-uv9EJ..La &v, oùOèv tcrTat TÒ 7tpocrOOKWJ..LEVOV. TÈÀ.oç Toù woù. L"'uovo" può designare qualsiasi sorta d i composizione alchemica, qualsiasi tipo d i crUv9EJ..La.

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CAPITOLO VIII L'ERMETISMO E LA MAGIA

§ l . La testimonianza dei papiri magici

Per la funzione medesima che gli era stata attribuita fin dalle ori­gini nel Pantheon egiziano, Hermes-Thot, inventore del l inguaggio, maestro delle parole che legano e slegano, doveva giocare un ruolo nella magia. Lascerò da parte qui i testi strettamente egizi, anterio­ri al periodo ellenistico, per attenermi ai papiri magici greci 1 , che vanno dal IV secolo a.C. al VII secolo d.C., ma i l cui maggior nu­mero data al II, III e IV secolo della nostra era2• Per quanto riguar­da la sostanza delle ricette, la questione della data non ha grande importanza, non essendoci nulla di più conservatore della magia: al massimo, si può cogliere, col tempo, un progresso nel senso del sincretismo e dell 'utilizzo, puramente verbale, del resto, di termini ebraici e gnostic i.

Diversi per lunghezza - giacché alcuni sono solo un foglietto e contengono unicamente una ricetta, altri formano veri e propri l ibri e compongono un intero arsenale per tutte le occasioni - questi docu­menti offrono caratteristiche simili. Costituiti in genere da un'opera­zione (1tOtTtcrtç, 7tpà�tç) e da una preghiera o formula di evocazione (Myoç, KÀ.i;crtç), sono delle ricette di divinazione che, per seguire la

Testo e traduzione tedesca in K. PREISEND.-\.NZ, Papyri graecae magicae (citato PGM e il n° del pap.), 2 vol i., 1 928- 1 93 1 . Un terzo volume, non ancora pub­blicato, conterrà gli indices. Ho dedicato a questi scritti uno studio generale in L 'Idéal religieux des Grecs et I "Évangile, Excursus E: La valeur religieuse des papyrus magiques, pp. 28 1 ss. (citato Idéal). Vedi anche Th. HoPFNER, Griech­isch-Aegyptischer Offenbarungszauber (Stud. z. Palaeogr. u. Papyruskunde . . . von C. Wessely, XXI e XXIII), 2 voli., 192 1 - 1 924 (citato OZ. I o II). Nelle traduzioni di seguito, PM = Parole magiche. NN corrisponde a 6 (o �) OEiva, "Un Tale" (o "Una Tale").

2 Cfr. Idéal, p. 28 1 , n. 2.

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classificazione abbastanza comoda di Hopfner3, possiamo designa­re come divinazione teurgica, magica o goetica.

A) La divinazione teurgica fa apparire il dio stesso direttamente. Ciò si verifica in due modalità:

(a) Il dio è veduto durante un'estasi : l 'anima del visionario, la­sciando il corpo, si sente rapita in cielo dove contempla la divinità. È come una morte anticipata. Il tipo classico di questo fenomeno è PGM., IV, 475 ss., (n° 20 infra).

(�) Il dio stesso scende sulla terra e si mostra di persona, essendo stato evocato mediante certi simboli e nomi magici in virtù della sim­patia universale. Non è fatto uso di alcuno strumento né di alcun me­dium. Questa visione del dio può essere ottenuta nello stato di veglia o in sogno. Un buon esempio del primo caso è la visione di Tessalo o la visione "in stato di veglia" ( au·comoç) di PG M , IV, 93 0- 1 1 14 . Per quanto riguarda la visione in sogno e la ricetta per ottenere un sogno (òvEtpatTI]'t6v), questo è uno degli elementi più familiari dei nostri testi: troveremo più avanti due esempi (n; 13 e 13 bis).

B) Nella divinazione magica, il dio fa conoscere la sua presenza indirettamente, o apparendo in uno stmmento materiale - fiamma di una lampada o torcia (licnomanzia), acqua di un bacino (lecanoman­zia) - o, senza apparire egli stesso, "anima" un medium e dialoga con lui, trovandosi questo medium in stato di possessione o di tran­ce. Di seguito fornirò un esempio di licnomanzia (n° 8).

C) Infine, nella divinazione goetica, i l dio, senza apparire, rende noto il suo pensiero "animando" un oggetto al quale imprime certi movimenti o di cui modifica certe proprietà.

Queste brevi osservazioni servono solo di orientamento, per di­rigere la nostra marcia verso l 'unico problema che qui ci interessa: quale ruolo hanno sostenuto Hermes-Thoth e l 'ermetismo in questi testi magici greco-egiziani?

Dobbiamo distinguere, a quanto pare, tra lo stesso Hermes (Thoth) e la gnosi che porta il suo nome.

Hermes (Thoth) è menzionato in alcune ricette, semplicemente perché è il fondatore della magia: è quindi solo la concezione tra­dizionale, senza alcuna mescolanza di gnosi o misticismo tardivo.

3 OZ., II, §§ 70-75. Cfr. Rev. Bibl. , XLVIII ( 1 939), pp. 73-74. Vedi anche l ' in­teressante articolo di S. EITREM, La théurgie chez ies Néoplatoniciens et dans [es papyrus magiques, Symbolae Osloenses, XXII ( 1 942), pp. 49 ss.

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Come fondatore della magia, Thoth può intervenire in vari modi. O si ricordano le prodezze magiche del dio, perché queste prodezze costituiscono un precedente a favore del mago: Thoth è obbligato a rifare ciò che ha fatto così bene già una prima volta. Oppure, se­condo una finzione molto frequente nella magia, l 'operatore si offre come una nuova incarnazione di Thoth e, in virtù dei poteri di questo dio, ingiunge allora la divinità evocata a obbedirgli. O ancora, è uno scritto magico di Thoth che funge da base per l 'operazione, si mette in opera una ricetta che egli ha inventato, come l 'anello di Ermete (n° 10). Oppure, infine, si evoca Thoth stesso modellando un'im­magine che lo rappresenta e che, in seguito a una consacrazione, si presume sia dotata di vita. In tutti questi esempi, il mago si serve di Thoth come fa, in altre occasioni, nei confronti di Iside, Osiride, Ho­rus o Helios, con l 'unica differenza che le pratiche riferite a Thoth sono considerate particolarmente efficaci a causa del più stretto le­game che esiste tra questo dio e la magia.

Altri testi hanno meno a che fare con la persona di Hermes Thoth - questi può non essere nemmeno nominato - che con gli scritti del Trismegisto, nel senso che ne riproducono certe espressioni o, in una maniera più sottile, testimoniano lo stesso stato di spirito che ha dato origine alla gnosi ermetica. Che siano esistiti scambi tra gli Hermetica e la magia ne dà la prova immediata un piccolo fatto: in una ricetta di unione a Helios del P. Mimaut (PGM , III, 59 1 -609), si è inserito semplicemente l 'originale greco della preghiera che viene letta oggi, tradotta in latino, alla fine dell 'Asclepio (c. 4 1 ). Ma, a parte questo prestito diretto, non c'è dubbio che si odano in alcuni documenti della magia come delle risonanze ermetiche. Così le preghiere al dio cosmico o ali' Aion (infra n i 14-17) ricordano le preghiere di C. H. , I, V e XIII e la dottrina de l i ' Aion riempie tutto il C.H. , Xl. Così ancora la "Creazione del mondo" del P. Leyd. W (PGM, XIII) non è priva di analogie con le cosmogonie del Piman­dro e della Kore Kosmou. E infine, la stessa ricetta d ' immortalità del P. Paris (PGM , IV, 4 75 ss.), ricetta d'estasi nel corso della quale il mystes è rigenerato, fa pensare ali' operazione misteriosa di C. H. , XIII in cui i l discepolo subisce la rigenerazione nel momento stesso in cui ascolta la parola del maestro . .

È utile notare queste concordanze. Ma sarebbe indebito, a mio parere, giungere alla conclusione di una religione spirituale del Nous

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nella magia, come ha fatto, per esempio, Reitzenstein4 che, inoltre, si è lasciato andare a fantasiose assimilazioni: Hermes Thoth sareb­be Agatodemone5, e questo Ermete Agatodemone (o ancora Horus) sarebbe il dio Intelletto o Spirito, il Nous6• "Ermete, Horus e A.ya8òç ùai11wv appaiono sostanzialmente nello stesso ruolo, ossia come di­vinità creatrici nella duplice natura indicata, e come rappresentanti del Nous, e, quindi, da una parte come divinità rivelatrici, dall 'altra parte come i maestri di ogni successo nella vita pratica; sono identi­ficati l 'uno con l 'altro o riuniti sullo stesso piano: la concezione resta sempre essenzialmente simile e le stesse formule passano dall 'uno all'altro"7• Tuttavia (a) non v'è un solo esempio, nei papiri magici, d' identificazione certa tra Ermete e Agatodemone; (b) Ermete nella Kosmopoiia di Leida è chiamato Intelletto o Mente (Noùç iì <l>péw:ç), e se, in una preghiera al dio cosmico, si pronuncia (XIII, 79 1 ): "entra nel mio intel letto (voùç) e nei miei pensieri ( <ppÉVEç), per tutto il tem­po della mia vita, e compi per me tutti desideri della mia anima", ciò non basta affatto a costituire una "religione del Nous". A dire il vero, non si può parlare di dottrina o di sistema8 nei papiri magici. Il mago se ne infischia della filosofia o della vita spirituale: ciò che vuole, è riuscire nell 'operazione. Ma appunto, per avere successo, fa appello a tutte le forze religiose. Invoca gli dei in tutti i nomi possibili, usa tutte le leggende divine, si arroga tutte le formule di preghiera. Se c'è qualche sistema nella magia, è un sistema di contraffazione, niente di più. Ma da ciò risulta anche che gli scritti magici, specialmente a partire dal II secolo, possono servire come testimoni. Aiutano a ricostruire l 'atmosfera, di esaltata devozione, di torbido misticismo, in cui s' immergono alcuni dei logoi ermetici (C.H., I e XIII). Vanno di moda le rivelazioni - sulla creazione del mondo, sulle origini e i destini dell 'anima, ecc. - e il nostro mago riproduce una rivelazione cosmogonica che forma, nel suo testo, una sorta di masso erratico senza alcun collegamento con la ricetta: ma è uno scritto adegua­tamente misterioso, e quindi è appropriato. Vanno di moda parole grandi - Nous, Aion (singolare e plurale), Sophia, ecc. - e, senza

4 REITZENSTEIN, Poimandres, pp. 14 SS.

5 lvi, pp. 1 8- 1 9. 6 lvi, pp. 24, 30. 7 lvi, p. 30. 8 La parola è di REITZENSTEIN, p. 30.

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comprenderle, le inserisce nelle sue composizioni perché le crede cariche di una virtù del tutto speciale, allo stesso titolo dei nomi bar­bari. Vanno di moda le preghiere al Dio supremo, Kosmokrator o Pantokrator, e si affretta a imitarle o addirittura, come fa una volta, a copiare semplicemente una preghiera ermetica. Va di moda infine la divinizzazione: è una credenza diffusa nei circoli teosofici d 'Egitto che sia possibile non solo vedere un dio, ma sentirsi dio stesso, spe­rimentare, con qualche cambiamento interiore, di divenire un dio: e il nostro mago applica a una ricetta di divinazione questo schema grandioso dell'apathanatismos (IV, 475 ss.).

§ 2. Testi di magia ermetica

I papiri magici hanno valore quindi, per l 'ermetismo, come testi­moni indiretti. Era dunque opportuno raccogliere una selezione di questi documenti. Li ho classificati in due gruppi . Nel primo, trove­remo testi relativi a Hermes-Thoth mago. Il secondo riunisce diversi esempi di questa corrente ermetica o, più in generale, gnostica che la magia ha usato per i propri scopi . Queste sono solo traduzioni accompagnate da alcune note indispensabili. Non era mia intenzione studiare questi testi magici per se stessi. Li ho considerati solo in quanto, in un modo o nell'altro, illustrano l'ermetismo.

l. TESTI RELATIVI A THOTH-HERMES

A. Thoth inventore della magia

l) IV, 2289 ss. (in un'invocazione a Selene):

Ti conosco piena d' inganni e come colei che libera dal timore, sì, io, l 'archegeta di tutti i maghi, HERMES l 'Antico, il padre di lside.

2) XXIV a = OZ. Il §298.

Grande è la signora lside! Copia di un libro sacro scoperto negli archivi di HERMES. Questo è il metodo concernente le ventinove lettere, grazie alle quali Iside con ERMETE trovò il suo fratello e sposo Osiride, che lei cercava.

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Invoca Helios e tutti gli dei dell'abisso, in merito alle cose su cui de­sideri ricevere un segno. Prendi da una palma maschio 29 foglie, inserivi su ogni foglia i nomi degli dei9 e, dopo aver detto una preghiera, alza le foglie due a due. La foglia che rimap.e, l'ultima, leggila e troverai il tuo segno, relativo alle cose che ti interessano, e avrai la chiara rivelazione.

3) IV, 2373 ss.

Incantesimo del successo o invocazione per laboratorio, casa o qual­siasi luogo in cui è depositato. Se lo possiedi, sarai ricco e riuscirai. È HERMES che l'ha fatto per Iside errante, ed è meraviglioso: si chiama "piccolo mendicante" (btatTI]t<iptov).

4) IV, 883 ss. (in una "trance di Salomone, efficace sia su bambini sia su adulti", cfr. 850 ss. ).

Vieni da me attraverso l' intermediazione di questo uomo o di questo bambino, NN, e illuminami con esattezza, perché io pronuncio i tuoi nomi, quelli che ERMETE TRISMEGISTO ha inciso a Eliopoli in caratteri geroglifici 10•

5) XIII, I 4 ss.

Questo libro è quello che ERMETE ha saccheggiato quando ha nominato i sette profumi del sacrificio nel suo libro sacro intitolato l'Ala (ITtÉpul;).

Questa piccola frase è molto interessante perché mostra una rivalità tra scuole. "Questo libro" è il Libro di Mosè, il cui contenuto riempie il P. Leyd. W (PGM, XIII), e si assiste a una polemica da parte di una "scuola" ebrea o giudaizzante (sono certamente esistiti apocrifi di Mosè come apocrifi di Salomone, ecc.) contro una "scuola" ermetica che si basa sui libri di Thoth1 1 • Entrambe rivendicano la priorità. Ab­biamo già constatato sopra simili dispute a proposito dei libri di me­dicina astrologica: Asclepio non ha detto tutto a Nechepso-Petosiris, lo scritto dettato a Tessalo rappresenta una rivelazione più completa12•

9 Vale a dire ovviamente su ogni foglia un nome di dio diverso. l O Cfr. GiAMBLICO, de Myster. , VIII, 5. I l Cfr. DIETERICH, Abraxas, p. 1 65. 1 2 Inoltre la menzione di tali rivalità è quasi un topos nella magia, cfr. già l a lotta

tra Mosè e i taumaturghi egiziani (Es. , VII, 1 0- 1 3) che ha avuto un'influenza duratura sulla letteratura, Cu�JONT, Rev. Hist. Rei. , CXIV, 1 936, pp. 1 9 ss.

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L 'ermetismo e la magia 337

B. Ricette con invocazione a Thoth-Hermes

6) VII, 919-924.

Meraviglioso incantesimo di vittoria di Ermete, che devi portare nei tuoi sandali.

Prendi una foglia d'oro, incidi con uno stilo d'ottone e portala, quan­do vuoi: vedi allora la virtù che ha su una barca, un cavallo, e rimarrai stupito, Ecco i caratteri (segni, tra cui quelli del Sole e della Luna). "THòoUTH, dai vittoria, forza, potere al portatore".

7) XIII, 270-2 77 = Poimandres, p. 22.

(Incantesimo per diventare invisibile o cambiare forma)

Ti invoco, solo te, tu che solo hai tutto organizzato nel mondo per gli dei e gli uomini, tu che ti sei trasformato in forme sante e che, dal nulla, hai tratto l 'essere e, dall'essere, il nulla n, THAYTH santo, del quale nessun dio è in grado di vedere il vero volto. Fa' che agli occhi di tutte le creature, io diventi lupo, cane, leone, fuoco, albero, avvoltoio, muro, acqua (o quello che vuoi), perché sei potente. "Dì il nome."

8) VII, 540 ss. = OZ. Il § 220-221. Licnomanzia

Poni un candeliere di ferro nella parte orientale di una stanza ben pulita, metti una lampada non verniciata di minio e accendila. Che lo stoppino sia di lino nuovo. Accendi anche un incensiere e brucia incen­so su trucioli di vite. Che il fanciullo sia incorrotto, puro.

Preghiera: "Phisio, lao (PM), io vi prego, in questo giorno odierno, che in quest'ora presente, appaiano a questo fanciullo la luce e il Sole - Mane Osiride, Mane Iside - e Anubi servitore di tutti gli dei, e fa' che questo fanciullo entri in trance e veda gli dei che vengono per dare un oracolo, tutti. Appari a me nell'oracolo, dio magnanimo, ERMETE TRISMEGISTO, che mi appaia colui che ha creato le quattro parti del cielo e le quattro fondamenta della terra (PM), vieni a me, tu nel cielo, vieni

1 3 Kaì ÈK lllÌ èivrwv dvm 7tOtijcravra Kai È/; èivrwv llTÌ dvm: cfr. IV, 3077 Kai 7totftcravta tà mxvra È/; c1v oùK èivrwv Eiç tò dvat. La fonnula rammenta Il Mac., vu, 28 èitt oùK ti; èivrwv È7tOtllcrEV aùtà ò Seòç e può essere stata influen­zata, di fatto, da un testo giudaico.

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da me, che sei è nato dall'uovo1 4• Vi supplico, in nome di colui che è a Tapsati (?) (PM), che mi appaiano i due dei che ti scortano, THATH 1 5 ! Il primo dio si chiama So, il secondo Aph (PM)".

Preghiera che si recita: "Vieni a me, Spirito che voli attraverso l'aria, tu che io chiamo mediante simboli e nomi ineffabili, vieni a ques­ta licnomanzia che io eseguo ed entra nell'anima del fanciullo in modo che egli si rappresenti la forma immortale in una luce potente e impe­ritura, perché io ti chiamo nel mio canto, Iao, Eloai (PM). Vieni a me, Signore, portato sulla luce immacolata, vieni senza menzogna e senza collera, a me e al tuo epopte questo fanciullo (PM), appari !" .

Recita tre volte. Se il fanciullo dice: "lo vedo il tuo Signore nella lucerna", di' : "Sacro Himeri (PM)". E in questo modo egli risponde. Interrogato (PM).

9) VIII, 1-63 = Poimandres, pp. 20-2 1 . Incantesimo vincolante d 'amore, di Astrapsuco16• Preghiera

Vieni a me, Signore HERMES, come i fanciulli nel seno delle loro madri. Vieni a me, NN, Signore HERMES, e dammi favore, nutrimento, vittoria, prosperità, felicità in amore, bellezza del viso, e la forza di tutti gli uomini e di tutte le donne17• I tuoi nomi sono in cielo (PM). Questi nomi sono quelli che porti nei quattro angoli del cielo. Conosco le tue forme, che sono: a Est, hai la forma di un ibis, a Ovest, hai la forma di un cinocefalo, a Nord hai la forma di un serpente, a Sud, hai la forma di un lupo. La tua pianta è la vite, che là è l'olivo18• Conosco anche il tuo legno: l'ebano19•

14 Come osserva HoPFNER, l. c. , sono svariati dei che devono apparire al fanciullo e non il solo Trismegisto. La frase precedente ha già menzionato Helios e Anubi. Qui si aggiunge H ermes, poi il dio della terra Geb (sic Hopfner) che ha deposto sulla terra l 'uovo della creazione: i l dio nato dal l 'uovo sarebbe quindi suo figlio - o il dio orfico? In ogni caso, nulla supporta l 'affermazione di REITZENSTEIN, Poimandres, p. 1 1 7, n. 5: ò ÈK mù 0où = "Hermes als Urgott".

1 5 Thath è chiaramente qui una variante ortografica d i Thoth, e rappresenta lo stesso dio Thoth-Hermes. Da questo testo non si può quindi concludere che Tat, figlio di Hermes, "si è veramente fatto un posto nel culto", Reitzenstein, Poimandres, p. 1 1 7. Tat è solo una finzione letteraria, cfr. infra, p. 409.

1 6 Cfr. RIEss i n P. W. , Il, l 796 ss. Pseudo-mago persiano sotto i l cui nome è cir­colato un certo numero di scritti relativi alle scienze occulte.

1 7 àÀ.K�v ànàvroov Kaì nacrwv. L'espressione è bizzarra e la correzione d i Reit­zenstein ànò nàv-roov Kaì nacr&v (''davanti a tutti e a tutte") è plausibile, so­prattutto perché troviamo così una formula consacrata.

1 8 Queste parole "la vite . . . " sono in copto. 1 9 I maghi operavano spesso con una bacchetta d'ebano, cfr. PsEUDO-C.-\LLISTENE,

I, l ; G1uuo VALERia, 2, l ; EGEMONIO, Acta Arche/ai, 27, p. 22 Beeson (Mani) baculum tenebat ex ligno e benino. l due magi degli affreschi del mitreo di Dura

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Io so, HERMES, chi sei e da dove sei, e qual è la tua città: Ennopoli. Vieni a me, Signore H ERMES dai molteplici nomi, tu che conosci le cose nascoste sotto il polo del cielo e sotto la terra. Vieni a me, NN, Signore H ERMES, sii con me benevolo, benefattore del mondo. Ascolta la mia preghiera, fa' che io ottenga il favore presso ogni genere di essere della terra abitata. Apri per me le mani di tutti coloro che diffondono doni, costringili a danni ciò che hanno nelle loro mani. Conosco anche i tuoi nomi barbari (tre PM): tali sono i tuoi nomi barbari.

Se è vero che Iside, la più grande di tutte le divinità, ti ha invocato, in ogni pericolo, in ogni luogo, contro gli dei, gli uomini, i demoni e le bestie che vivono nel l'acqua e sulla terra, e se ha ottenuto il tuo favore e la vittoria sugli dei, sugli uomini e su tutti gli animali che vivono sotto terra, beh io, allo stesso modo, NN, ti invoco. Dammi anche favore, buon aspetto, bellezza. Ascolta la mia preghiera, HER­

M ES , benefattore, inventore di filtri, !asciami conversare liberamente con te, ascoltami, nello stesso modo in cui hai concesso ogni cosa al tuo cinocefalo di Etiopia, il Signore di coloro che vivono sotto la ter­ra. Lascia che tutti abbiano dei dolci sentimenti per me, dammi forza, bellezza (i tuoi desideri, come al solito)20 e che mi diano oro e argento e ogni sorta di cibo in quantità inesauribili. Preservami per sempre dai veleni, dalle insidie, da tutti gli attacchi del malocchio e delle cattive lingue, da ogni possessione demoniaca, da ogni odio degli dei e degli uomini. Che mi diano favore, vittoria, successo nell' operazione e pro­sperità. Perché tu sei me, e io te, il tuo nome è il mio, il mio nome è i l tuo: perché io sono il tuo ritratto. Se qualche infortunio mi affligge in questo anno o in questo mese o in questo giorno o in quest'ora, che affligga il grande dio Akkemen Estroph il cui nome è iscritto sulla prua della barca sacra. Il tuo vero nome è iscritto sulla stele sacra nell' adyton di Ennopoli, dove sei nato. Il tuo vero nome: Osergariach Nomaphi. Là è il tuo nome, il nome con quindici lettere il cui numero di lettere corrisponde ai giorni della Luna nella sua crescita; il tuo se­condo nome conta sette lettere secondo i Dominatori del Mondo, e la sua cifra è 365 in base ai giorni dell'anno: sì, davvero, Abrasax21 • lo ti conosco, H ERMES e tu mi conosci. Io sono te e tu, me. Compi per me tutte le cose e volgiti a me con la Buona Fortuna e il Buon Demone, ora, ora, svelto, svelto!

Europos tengono nella mano destra uno una canna nera, l'altro una bacchetta nera, cfr. The Excavations al Dura-Europos, VII ( 1939), p. 1 1 0 e tavv. J(VJ-X"Vll.

20 Questa parentesi riguarda il futuro operatore a cui il mago si rivolge con l' im­perativo, secondo l 'uso costante di tutta questa forma di letteratura (astrolo­gia, alchimia, magia). Qui vuoi dire che è in questo momento che l'operatore deve esprimere i suoi desideri.

2 1 Cfr. infra, p. 3 5 1 n. 5 1 .

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Preparazione

Prendi un pezzo di legno d'ulivo, incidi un piccolo cinocefalo seduto con indosso l'elmo alato di HERMES e, sul retro, un astuccio, scrivi il nome di HERMES su un foglio di papiro e mettilo nell'astuccio. Scrivi con l' inchiostro di mirra, dopo aver pregato, l'operazione che stai fa­cendo e quello che tu desideri, chiudi con un coperchio, fai bruciare dell' incenso e colloca nel posto che preferisci, nel mezzo del labora­torio. Il nome da scrivere è: Phthoros, Phthionè, Th6iith. Incidi, inol­tre, i grandi nomi che seguono: Ia6 Saba6th Ad6naié Ablanathanalba Akrammachamarei, 365, dà successo al laboratorio, favore, prosperità, felicità in amore, a me NN e al laboratorio, ora, ora, svelto, svelto !

C. Ricetta in cui il mago s 'identifìca con Thoth-Hermes

10) V, 213-302 = OZ. Il, § 294-295 : Anello di Ermete

Preparazione dello scarabeo. Prendi uno scarabeo inciso (su un anello) come è indicato di seguito, posizionato su un tavolo di papiro e, sotto il tavolo, poni un lino puro e rami di ulivo sparsi a lettiera; in mezzo al tavolo colloca un piccolo altare da incenso e fai brucia­re mirra e kyphi. Devi avere, pronto per l 'uso, un piccolo vaso blu turchese22 nel quale sia contenuto dell 'olio di giglio o di mirra o di cinnamomo e, avendo preso l 'anello, mettilo nell'olio dopo che ti sei reso puro da ogni contaminazione; brucia il kyphi e la mirra sull'al­tare e lascia riposare per tre giorni; poi prendi e deposita in un luogo puro. Tieni anche pronti, per la consacrazione, dei pani puri e ciò che la stagione offre come frutti maturi . Fai ancora un altro sacrificio di profumi su tralci di vite, e, durante questo sacrificio, rimuovi l 'anello dall 'olio e portato. Dell'olio in cui si è bagnato lo scarabeo, ungiti al mattino, presto, e, rivolto al sole che sorge, dì la formula menzionata di seguito.

Incisione dello scarabeo. Su una pietra di smeraldo, di grande valo­re, incidi uno scarabeo, foralo23 e fa passare attraverso un filo d'oro. Sul

22 Kalli'ivov o KUÀ.a'ivov: ceramica smaltata color turchese, fabbricata ad Ales­sandria, cfr. LIDDELL-Scorr-JoNES, s. v. KaÀ.éiivoç I I .

23 Si trova la stessa ricetta in Damigerone, c. 6: lapis smaragdo (cito da PITRA, Spicilegium Solesmiense, I I I ( 1 855), p. 326; la ricetta manca negli estratti gre­ci, MÉLY-RUELLE, 11 l , pp, 1 3 I - I 33): oportet autem eum perjicere sic: adeptus lapidem, iube sculpere scarabeum, deinde sub ventre eius stantem Isidem; postea pertundatur in longitudinem. Tunc autem in fibulam missum dicato, porta, consecrato; et fac locum quemdam bonum praeparari, et ornare tu, et caetera quae tua sunt, et vide bis gloria m lapidis, quamque e i Deus concessit.

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rovescio dello scarabeo, incidi un'immagine sacra di Iside: consacra, come ho detto, e usa.

Giorni in cui si deve operare. A partire dalla luna nuova, il 7°, il 9°, il 10°, il 1 2°, il 14°, il 1 6°, il 2 1 °, il 24°, il 25 o giorno. Gli altri giorni, sospendi l' operazione24•

Formula da recitare difronte al sole. lo sono THOYTH, l 'inventore e creatore dei filtri e delle lettere. Vieni

a me, tu sotto la terra25, svegliati per me, potente demone, Phroun cto­nio oppure voi, demoni-Noun ctoni! Io sono Erone l' illustre, l'uovo dell' ibis, l 'uovo del falco, l'uovo di Fenice che vola attraverso l'aria. Ho sotto la lingua l'argilla di Em (Emon?); sono rivestito della spoglia di Keph. Se non vengo a sapere cosa c'è nelle anime di tutti, Egiziani, Elleni, Siriani, Etiopi, di ogni stirpe e di ogni popolo, se non conosco il passato e il futuro, se non riesco a conoscere le loro arti, le loro occupa­zioni, le loro attività e i loro modi di vivere, i loro nomi e quelli dei loro padri, madri, fratelli, amici e quelli dei morti, spargerò il sangue del dio nero dalla testa di cane26 dentro una pentola nuova, che non è stata ancora usata, e lo metterò su un fornello da pentola nuovo, e brucerò sotto le ossa dell'Esies27, e, all'ancoraggio di Busiride, urlerò il nome di colui che è rimasto tre giorni e tre notti nel fiume, l 'Esies, colui che è stato trasportato nella corrente del fiume fino al mare e che le onde del mare e le nebbie dell'aria hanno avvolto. Il tuo ventre sarà mangiato dai pesci, e non impedirò ai pesci di divorare il tuo cadavere con le loro bocche, e i pesci non chiuderanno le loro fauci. Strapperò l'orfano di padre (Horus) da sua madre, lascerò cadere il polo celeste e i due monti diventeranno una cosa sola. Scatenerò contro di voi l'Apertura ed essa farà ciò che vuole28• Non permetterò a nessun dio o dea di rendere i suoi

Per la perforazione della pietra, cfr. anche PLINIO, N.H., XXXVII 20, 2 (Lit­tré), a proposito dei beri l l i, e il trattato nepi J.i8rov citato da RusKA, Sitz. Ber. Heidelberg, 1 929, 3, p. 1 3 (J.i8oç a�apaylìoç): �nma tpU7tTJaov Eiç �ijKoç Kaì t��aÀ.Ò>v XPUaJÌV �EÀ6VTJV cp6pEt nepi tòv lìéucruÀov.

24 Su questi giorni favorevoli e sfavorevoli della Luna, cfr. BoLL-BEZoLD-GUNDEL, Sternglaube4, pp. 173 ss. (Die Texte der Laienastrologie), in particolare, p. 1 74.

25 Lo spirito evocato da Thoth (il mago che si identifica con Thoth) è quello di un individuo che è morto per morte accidentale (un VEKUiìai�rov), in questo caso lo spirito di un uomo che è annegato nel Ni lo e che, come tale, è identificato con Osiride con il nome di Esies, vedi n. 27.

26 È Anubi. 27 Sui i 'Esies (annegato assimilato ad Osiride) e sul nostro testo, cfr. in parti­

colare F.J. DOLGER, Antike und Christentum, I ( 1 929), pp. 1 74- 1 83, special­mente, pp. 1 79 ss. Vedi anche HoPFNER, OZ. , II, § 295 (fine p. 1 42), e i l mio ldéal, p. 299, n. l .

28 E7tacpt')aro livotl;tv tep. u�àç, Kai o 8ÉÀEl, 7t0lTJOEl. I l significato non è spiega­to. Hopfner legge ànacpt')aro 'Avotl;tv àcp ' ù�éòv Kaì o 8ÉÀW, nott')aEt = "allon-

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oracoli finché io, NN, non conosca bene cosa c'è nelle anime di tutti gli uomini, Egiziani, Siriani, Elleni, Etiopi, di ogni stirpe e di ogni popolo che mi interroghino e si presentino davanti ai miei occhi, che parlino o tacciano, in modo che gli annunci il loro passato, presente e futuro, e che io sappia le loro arti e modi di vita, le loro occupazioni e le loro azioni, i loro nomi e quelli dei morti e, in generale, quelli di tutti, e che io sia in grado di leggere una lettera sigillata e possa loro rivelare tutto in conformità con la verità.

Una ricetta fondata sulla stessa credenza (assimi lazione del mago al dio) si legge in XIII, 277 ss. Resurrezione di un cadavere.

Ti scongiuro, spirito che fluttui nell'aria, entra in questo corpo, riem­pilo di respiro e forza vitale, risveglialo con il potere del dio eterno, e che frequenti questo posto, perché io sono colui che opera con il potere di THAYTH, il santo dio. Dì il nome.

D. Ricette in cui il mago utilizza una statuina di Thoth-Hermes

11) IV, 2359 ss. Incantesimo di successo

Prendi della cera gialla, degli estratti dalla pianta dell'aria e dalla pianta della luna, mescola e modella un HERMES, cavo nella parte in­feriore, che tiene con la sinistra il caduceo e con la destra una borsa. Scrivi questi nomi su un foglio di papiro ieratico e lo vedrai agire senza più smettere: "(PM), dai guadagno e successo a questo luogo, perché Psentebeth abita qui". Mettici dentro il foglio, tappalo con la stessa cera e poni l'oggetto sul muro, senza che lo si veda, cowna I'HERMES dall 'e­sterno, sacrificagli un gallo con libagioni di vino egiziano e accendi davanti a esso una lampada non dipinta col minio.

12) XII, 145 ss. Per ottenere un sogno ( ÒVEtparnrr6v)

Disegna il più esattamente possibile su un pezzo di bisso con del sangue di quaglia il dio HERMES, in piedi, con un volto di ibis; poi scrivi con l' inchiostro di mirra il nome e là sopra pronuncia la preghiera.

tanerò da voi il dio dell'Apertura ed egli farà ciò che io voglio". Questo dio del l 'Apertura sarebbe i l dio della barriera rocciosa di Assuan, che, nei tempi mitologici, si sarebbe aperta per far passare i l N ilo. Tutto ciò rimane pieno di congetture.

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13) V, 370-439 = OZ. H, § 1 74-180. Per ottenere un sogno

(a) Preparazione

370-399. Prendi 28 foglie di un lauro che ha già formato il suo cuore (?)29, della terra vergine30, del seme d'assenzio, della farina di frumento e dell'erba "piccola testa di cane" (tuttavia, ho sentito dire da un Eracle­opolitano che egli prende 28 foglie da un olivo che è appena cresciuto3 1 , da quest'albero che è coltivato [o importato] con grandi spese) 32, i l tutto portato da un fanciullo vergine33 • Si mescola alle cose suddette la parte liquida di un uovo di ibis in modo da farne una pasta omogenea, con cui si modella una statuina di HERMES indossante la clamide, quando la luna sorge in Ariete o Leone o Vergine o Sagittario. Questo HERMES deve tenere un caduceo. Scrivi la formula su un foglio di papiro ieratico o su una gola34 d'oca (così come ho anche sentito dire dall'Eracleopo­litano) e introducila nella statuina, in vista dell'animazione; e, quando vuoi ottenere un oracolo, prendi un foglio di papiro e scrivi la formula e la domanda, tagliati un capello dalla testa, avvolgilo attorno al foglio dopo aver legato questo con un nastro rosso e, all'esterno, con un ramo­scello d'olivo, e deponilo ai piedi dell'HERMES (altri dicono "deponilo sull'HERMES"). Che la figurina sia installata in una cappella di legno di tiglio. Quando vuoi ottenere un oracolo, poni la cappella con il dio contro la tua testa e recita la preghiera35, facendo bruciare, su un altare, dell'incenso, della terra proveniente da un campo che produce grano e

29 8éupVT]ç ÉVKap8iou. Così Preisendanz "Nimm 28 BHitter von einem Lorbeer­baum, der schon Mark hat (che ha già del midollo)". Ma Cumont mi sugge­risce un'altra interessante spiegazione: "Prendi 28 foglie (lamelle) del cuore del lauro". tò ÈyKap8tov è il midollo, il cuore del legno. L'alloro è una pianta calda consacrata al sole, ma questo calore risiede nel midollo dell'albero: quindi è il midollo che deve essere usato, cfr. quello che viene detto sulla ruta, Geopon. , XII, 25, 3, essendo anche la ruta una pianta calda. Vedi Cu�IONT, La stèle du danseur d 'Antibes, pp. 1 3 ss.

30 Sulla terra vergine, cfr. supra, p. 3 1 3, n. 2 1 7. 3 1 EÀ. apn�À.acrt Preisendanz, da cui ÈÀ.aiaç àpn�J..émmu Kenyon. O "foglie che

sono appena cresciute" (àpn�À.acrta) Preisendanz. 32 I l testo non è sicuro: 't'OU 8ev8pouK l Ollto6 tou evmcrov Preisendanz. Leggerei

quindi 't'OÙ Sèvopou KOiltcr6evt6ç Èç t6crov. La coltivazione de li 'olivo è sempre stata rara e difficile in Egitto, l 'olio d'oliva era costoso.

33 I1 1tal'ç èicp6opoç come medium è ben noto nella magia, cfr. HoPFNER, OZ., I, p. 236 e in P. W., s . v. Mageia 360 ss.; CuMONT, Rev. Hist. Rei. , CIII ( 1 93 1 ), p. 72; mio /déal rei. des Grecs, p. 288, n. 2.

34 Eiç cpùcrav x�vEtav. O "su una vescica d'oca"? 35 8iwKE, che ha valore tecnico in questi testi magici, cfr. IV, 335, 958.

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un blocco di sale di ammoniaca. Che tutto ciò sia vicino alla tua testa e, quando avrai recitato, coricati, senza aver risposto a nessuno.

(b) Preghiera

400-423. "HERMES, sovrano dominatore del mondo, tu che sei nel cuore36, cerchio della Luna, tu che sei rotondo e quadrato, archegeta del linguaggio articolato, perorante la causa della giustizia37, tu che porti la clamide, dio dai sandali alati, tu che svolgi la tua rapida corsa dall'ete­re fino alle profondità del Tartaro, guida dello spirito, occhio del sole, grandissimo, archegeta della parola che può tutto esprimere, tu che ral­legri attraverso tuoi luminari quelli di qui sotto, nelle profondità del Tartaro, i mortali che hanno completato la loro vita, ti si chiama 'Colui che predice i destini' e 'Sogno divino' , tu che di giorno e di notte ci invii oracoli! Guarisci tutte le pene dei mortali con i tuoi rimedi. Vieni, beato, figlio grandissimo della Memoria che compie i suoi disegni. Mostrati nella tua forma, favorevole, alzati favorevole per un uomo pio, lascia apparire la tua forma a me favorevole, NN, affinché ti riceva negli ora­coli in cui si esprime la tua potente virtù38• Ti supplico, Signore, sii a me favorevole, mostrati senza deludermi e rendi oracolo."

Recita sia al sorgere del sole che della luna. Iscrizione sui fogli di papiro che accompagnano l 'immagine (PM,

tra le altre: Baubò, Éreschigal, Tu che ti divori la coda)39• <Da recitare ?> tre volte. Poi, nel linguaggio normale, ciò che tu desideri40•

Formula di vincolo. (PM) Tu dallo sguardo terribile (PM). Quindi il nome dalle cento lettere di H ERMES [questo nome è mancante].

La stessa preghiera (400-423) appare, con lievi varianti, in una pratica per ottenere un sogno PGM , VII, 665 ss., di cui ecco l ' inizio (665-669):

36 ÈvKapou;: cfr. IV, 1 785 vfJ7nE, éh:av yEVVT)Eiftç ÈvKaplitoç (l'Eros); XIII, 487 É<paVT] Noùç Kll<Éxrov Kapoiav, Kaì ÈKÀ.�EITJ 'EpJ.!iiç; OR..�POLLO, I, 36 Kapoiav pouÀi>JlEVOt ypaq>Etv, lptv çroypacpoùm· tò yàp çipov 'EpJlft cpKEiromt, 7ta<JT)ç Kapoiaç Kaì À.OytcrJlOÙ òEcr7t6-rn.

37 7tEtEioòtKat6cruvE: o "ubbidiente alla giustizia". 38 IS<ppa crE JlllVtOcrUVatç, taiç craiç àpEmim, MPmJlt Preisendanz: IS<ppa tE (sic

P) JlllVtocr6vaç . . . À.aPotJlt Hopfner, lezione probabilmente migliore, a causa dei paralleli.

39 È i l serpente ouroboros, simbolo dell'Eternità. 40 Cfr. supra, p. 339, n. 20.

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1Jbi•) Per ottenere un sogno

Prendi un pezzo di bisso sul quale scrivi in inchiostro di mirra l'af­fare in questione e, dopo avere attorcigliato attorno un ramo d'ulivo, posalo contro la tua testa, sul lato sinistro della testa, poi coricati, puro, su una stuoia di giunco, a terra, recitando l' inno sette volte alla luce della lampada: "HERMES, Sovrano maestro dell'universo [ . . . ]".

Infine la ritroviamo, ma in una versione piuttosto diversa, in un papiro di Strasburgo, PGM , XVIII b (il papiro contiene solo questo inno):

HERMES, Sovrano maestro del mondo, tu che sei nel cuore, cerchio della Luna tu che sei rotondo e quadrato, archegeta della parola artico­lata, perorante la causa della giustizia, tu che porti la clamide, dio dai sandali alati, vegliante sulla parola che può tutto esprimere, profeta per i mortali [ . . . ] ( 4 linee rovinate, poi) [ . . . ] che invii un oracolo vero: ti s i chiama "Filatore dei destini" e "Sogno divino", domatore universale che nessuno doma [ . . . ] ( l linea rovinata) [ . . . ] Ai buoni dai cose buone, ai malvagi cose dolorose. È per te che l' aurora è sorta, e per te che, veloce, la notte si è avvicinata. Tu regni sugli elementi, il fuoco, l'aria, l'acqua e la terra, perché sei i l pilota dell' universo intero. A tuo piaci­mento, fai scendere le anime nell'Ade e, di nuovo, le risvegli alla vita. Perché tu sei l 'ornamento del mondo ( KOcrJ.Loç yàp KOcrJ.Lou yEyaroç). Tu guarisci tutte le malattie dei mortali. Tu che, di giorno e di notte, invii oracoli, fai apparire la tua forma, anche a me, che ti prego, a me morta­le, pio supplicante, tuo soldato.

Il. TESTI RELATIVI ALLA GNOSI ERMETICA

In questa seconda categoria, ho ordinato tre tipi di documenti. In primo luogo (A) una serie di cinque preghiere che possiamo dire "cosmiche" (cfr. n° 17), in quanto sono indirizzate sia al Dio supre­mo, creatore e sovrano dominatore del mondo (n; 14-17), sia al sole (n; 17-18). Non è sempre facile distinguere tra questi due soggetti, perché le stesse formule passano da un testo all 'altro, sebbene il Dio al quale s' indirizza la preghiera sia diverso. Così la frase "tu che esci dai quattro venti" (ò ÈK Tffiv 8 ' Ò.VÉflO:lV) è appl icata alternativamente al Supremo Dio (n° 15) e al Sole (n° 18 ò àvaTÉÀAmv ÈK n:aaapcov Ò.VÉflCOV), che così spesso funge da Dio Supremo. Allo stesso modo gli epiteti di KO<JflOKpa'tcop, 7taV'tOKpa'tcop vanno altresì al Dio Su-

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premo e al Sole. Infine, i l sincretismo è virulento nelle prime pre­ghiere come nelle ultime. Sembra sicuro, in ogni caso, che questo Dio Supremo non è mai assimilato a Hermes. D'altra parte, ha stretti rapporti con l' Aion, e si parla una volta (n° 17) della sua Gloria e della sua Saggezza, "che è anche l ' Aion". Queste preghiere, come è già stato detto, offrono analogie piuttosto sorprendenti con talune preghiere ermetiche. La N° 15 in particolare ha un andamento molto simi le a quello di C.H, V, 6-8 (''Chi ha modellato, ecc.")4 1 •

I l secondo tipo d i documenti (B) è costituito dalla Kosmopoiia di Leida (n° 19) che può aiutare a comprendere meglio le cosmogonie di C.H, I e della Kore Kosmou.

Infine, la "ricetta d' immortalità" (C, n° 20), di sicuro il più note­vole degli scritti magici, getta qualche luce sulla pratica della "rige­nerazione" che si realizza nel C. H , XIII.

Ripetiamo che questi testi importanti non sono esaminati qui per se stessi : pertanto ci siamo astenuti dal l 'aggiungere il commento che, peraltro, meritano.

A (a) Preghiere al Dio Supremo (Aion o Signore deii 'Aion)

14) XIII, 62- 71 (A) = 570-582 (B) = Poimandres, pp. 22-23.

Ti invoco, tu che sei più grande di tutti, che hai tutto creato, che sei nato da te stesso, che vedi tutto e che non sei veduto. Sei tu che hai dato al Sole la sua gloria e tutta la sua potenza, alla Luna di crescere e di diminuire e di seguire una corsa regolare, senza aver nulla rimosso dalle tenebre precedenti, ma attribuendo a tutti una parte uguale. Perché è con la tua apparizione che il mondo venne all'essere e la luce apparve. Tutte le cose ti sono sottomesse, a te, di cui nessuno degli dei può vede­re la vera forma, a te che, mentre rivesti tutte le forme, abiti l' invisibile AION deli'AION.

15) XII, 238-269 (238-244 [A] = XIII, 76 1 -773 [B] = XXI, 1 -9 [C]). Vedi anche IV, 1 605- 1 6 1 5 .

4 1 Sarebbe interessante confrontarle anche con le preghiere di Firmico Materno al dio del mondo, Math. , V praef. 3-6 (II, p. 2.4 Skutsch-Kroll), e al Sole, Math., l, I O, 14 (1, p. 3 8.6 Skutsch-Kroll).

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L 'ermetismo e la magia 347

Vieni a me, tu che esci dai quattro venti42, Dio sovrano padrone, tu che hai infuso negli uomini aliti di vita, signore di tutto ciò che c'è di bello nel mondo, ascoltami. Signore, il cui nome è nascosto, ineffabile, in nome del quale i demoni tremano di paura, il Sole < . . . >, la terra gira in circolo, l 'Ade entra nello scompiglio, le fiamme, il mare, le paludi e le fonti si immobilizzano, il cui cielo è la testa, l'etere il corpo, la terra i piedi e l'acqua che ti circonda è l 'Oceano, il Buon Demone. Tu sei il Signore che genera, nutre e fa crescere tutte le cose.

Chi ha modellato le forme degli animali, chi ha scoperto i percor­si? Chi ha prodotto i frutti, chi ha fatto salire la sommità dei monti? Chi ha ordinato ai venti di compiere i loro lavori annuali? Quale AioN che alimenta l' AioN regna sugli AlONI? Il Dio unico, immortale. Sei tu che generi tutti gli esseri, che a tutti distribuisci delle anime, che regni su tutto, Re e Signore degli AIONI, davanti al quale tremano montagne e pianure, le correnti delle fonti e dei fiumi, le profondità della terra e i respiri, tutto ciò che vive. Il cielo che brilla in alto tre­ma alla tua vista così come tutto il mare, Signore, sovrano padrone, Capo santo di tutti gli esseri. È per tuo potere che esistono gli ele­menti e che tutto cresce, il corso del Sole e della luna, della notte � del giorno, nell'aria e sulla terra, nell'acqua e nel vapore del fuoco. A te appartiene l'eterna sala delle feste dove si erge, come un' imma­gine sacra, il tuo nome, l' eptagramma, secondo l'armonia delle sette vocali i cui suoni corrispondono alle ventotto fasi della luna. Da te provengono le buone influenze degli astri, Demoni, Fortune e Desti­ni. Sei tu che dai ricchezza, vecchiaia felice, fertilità, vigore, cibo. Tu, signore della vita, che regni sopra le regioni superiori e inferiori, la cui giustizia non è ostacolata, di cui gli angeli celebrano l' illustre nome, che possiedi la verità senza menzogna, ascoltami, consacra per me questa pratica, affinché questo potere, per me che lo porto, si mantenga in ogni luogo, per tutto il tempo, senza subire nessun danno, fatica o macchia, per me che porto questo potere. Sì, Signore, perché tutte le cose ti sono sottomesse, a te dio del cielo, e nessuno dei demoni o spiriti mi sarà di ostacolo, perché, alla consacrazione, ho invocato il tuo grande nome, e di nuovo io t' invoco, secondo gli Egiziani "Phno eai Iabok", secondo gli Ebrei "Adonaie Sabaoth", secondo i Greci "Re universale, solo monarca !", secondo i grandi sacerdoti "Dio nascosto, invisibile, che veglia su tutti !", secondo i Parti43 "Ouerto onnipotente". Consacra per me e riempi di potere ma­gico questa operazione per tutto il tempo della mia vita.

42 Sui quattro venti, cfr. CuMONT, Recherches sur le symbolisme funéraire des Romains, p. 1 06, n. 5 (visione di Ezechiele) e p. 1 07.

43 Questa menzione dei Parti è interessante per fissare la data del testo.

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348 La rivelazione di Ermete Trismegisto - L 'astrologia e le scienze occulte

16) IV, 1115-1164 = Poimandres, pp. 277-278.

Testo segreto44

Salve, sistema intero dello spirito dell'aria, salve, Soffio che penetri tutte le cose dal cielo alla terra, e dalla terra, nella cavità centrale del mondo, fino ai confini de li 'abisso. Salve, Soffio che entri in me e ti afferri a me e ti separi da me, secondo la volontà di Dio, in bontà. Salve, prin­cipio e fine della natura immobile, salve, vortice degli elementi che mai vi stancate di adempiere le vostre funzioni, salve, luce risplendente del raggio solare al servizio del mondo, salve, cerchio dall' ineguale lumino­sità della luna che brilla di notte, salve, tutti gli aliti dei demoni dell'aria, salve, voi a cui è dato compiacervi nell'elogio, fratelli e sorelle, devoti e devote! O grande, grandissimo, circolare, incomprensibile schema del mondo! Soffio celeste, interno al cielo, etere, interno ali 'etere, acqueo, terrestre, igneo, ventoso, luminoso, tenebroso, brillante come gli astri, umido-igneo-freddo! Ti lodo, dio degli dèi, che hai regolato le membra del mondo, che hai immagazzinato le acque dell'abisso sulla fondazione invisibile della loro posizione, che hai separato il cielo e la terra, e da una parte coperto il cielo di eterne ali d'oro, dall'altra parte solidamente collocato la terra su fondamenta eterne, che hai sospeso l'etere nel punto culminante della regione superna, che hai disseminato nell'aria soffi che si muovono da soli, che hai posto intorno alla terra l' involucro circolare dell'acqua, che porti gli uragani, responsabili del fulmine, che rimbombi, scagli lampi, invii la pioggia, scuoti la terra, produci gli esseri viventi, dio degli AlONI. Tu sei grande, Signore, Dio, Maestro dell'universo45!

A (b) Preghiere al Sole

17) /V, 1165-1225.

Testo utile per ogni scopo, che sottrae anche dalla morte. Non cercar­ne il segreto. Preghiera.

Tu, unico e benedetto tra gli AlONI, padre di Kosmos, ti invoco con preghiere cosmiche. Vieni a me, tu che ha dato respiro a tutto l'uni­verso, che hai sospeso il fuoco su:!' oceano del cielo e separato la terra dall'acqua, presta orecchio, forma, spirito, terra e mare, alla parola del saggio della divina Necessità, e ricevi le mie preghiere, come strali di

44 Ho omesso in questa traduzione le parole magiche che quasi continuamente interrompono il testo.

45 Cfr. anche la preghiera al Dio 1tporro<pu�ç e ltporroyEvi!ç I 1 96 ss. Qui è detto aioovaioç Aiwv i vi, 200.

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L 'ermetismo e la magia 349

fuoco, perché io sono un uomo (o "l'Uomo"), di Dio che è in cielo la creatura più bella, nato dal soffio, dalla rugiada e dalla terra46• Apriti, cielo, ricevi i miei appelli, ascolta, Helios, padre del mondo. Io t' invoco con il tuo nome (PM), tu che solo detieni il fondamento, tu sei il nome santo e potente, il nome santificato da tutti gli angeli, preservami, NN, dall'arroganza e dall'eccesso di qualsiasi potenza superiore. Sì, fallo. Signore, dio degli dei, (PM) creatore del mondo, che hai creato tutto, Signore, dio degli dei (PM). Ho chiamato con il suo nome la tua GLO­RIA insormontabile, creatore degli dei, degli arcangel i e dei decani. Le miriadi di angeli stanno accanto a te e hanno innalzato il cielo47, e il Signore ha reso testimonianza alla tua SAGGEZZA, che è l' AION (Vocali), ed egli gli ha detto che tu hai tanto potere quanto ne ha lui stesso. Invoco il tuo nome dalle cento lettere che penetra, dalla volta celeste, fino alle profondità della terra. Salvami, perché è da ciò che, sempre e ovunque, prendi gioia, nel salvare i tuoi (PM: cento lettere). Io ti invoco, tu sulla foglia d'oro, per il quale brucia senza fine la lampada inestinguibile, il grande dio, che appare in tutto l'universo, che splende a Gerusalemme, Signore fao (vocali, tra cui Iao: cento lettere). A ogni buon fine. Signore!

18) IV, 1598 ss. = Poimandres, pp. 28-29.

Io ti invoco, il più grande degli dei. Signore eterno, dominatore del mondo, tu che sei sopra il mondo e sotto il mondo, potente dominatore del mare, che scintilli allo spuntare del giorno, che, per il mondo intero, ti alzi a Oriente, e che vai a riposare a Occidente. Vieni qui, tu che ti levi provenendo dai quattro venti, grazioso Agatodemone, che ti sei dato il cielo intero come sala per le feste. Io invoco i tuoi nomi sacri, grandi e nascosti, che ti rallegri di ascoltare. Sotto i tuoi raggi la terra è fiorita, le piante hanno dato i frutti per la grazia del tuo sorriso, al tuo comando i viventi hanno generato altri viventi. Dona gloria, onore, favore, succes­so e forza magica a questa pietra, per la quale oggi eseguo la consacra­zione (o: a questo filatterio che io consacro) contro NN . Io ti invoco, tu che sei grande nel cielo (PM, tra cui Ba! Misthrèn), Sabaoth, Adonai, grande Dio (PM, tra cui Ba! Minthrè), splendente Helios che brilli su tutta la terra. Tu sei il grande Serpente, che cammina alla testa di tutti

46 O't\ f.yro Ellll avepwxoç, eeoù 'tOÙ ÈV oùpavip 7tÀitcrlla KQM\cr'tOV, YEVOilEVOV ÈK 7tVEUilatoç Kaì 8p6crou Kaì y�ç Preisendanz. REITZENSTEIN, Poimandres, p. 279 legge on f.yro El Il\ 'A v8pwxoç Seoù, <P 7tÀitcrlla KQM\<!'tOV ÈyÈVE'tO ÈK xveullawç K'tÀ.. e ritrova qui la dottrina del Primo Uomo celeste di C.H., l .

47 UljiCDcrav tòv oùpav6v Preisendanz. Non si deve leggere Ulj!Wcrav <cre eìç> tòv oupav6v?

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350 La rivelazione di Ermete Trismegisto - L 'astrologia e le scienze occulte

gli dei48, tu detieni il primo luogo dell'Egitto49, che è anche l'ultimo della terra abitata, tu ti sei generato nell'Oceano, Psoi, dio degli dei, tu sei colui che si manifesta ogni giorno, che si corica a Nord-Ovest del cielo, e che si alza a Sud-Est [ . . . ] ( 1 704). Sì, Signore Kmeph (PM). Io scongiuro la terra e il cielo, la luce e le tenebre, e il grande dio che ha creato tutto, Sarousis, tu, Buon genio che mi assisti, concedimi pieno successo in questa pratica attraverso questo anello o questa pietra. -Quando operi, dì: "Esiste un solo Zeus Sarapis".

B. Kosmopoiia di Leida50

19) XIII, 138-213 (A) = 443-563 (B).

Il titolo è dato dal papiro stesso, nella descrizione della ricetta magica, 694 ss. "Ma prima di bere i l latte e i l vino, pronuncia questa supplica (Ei>ruxiav) e, dopo averla detta, tieni appoggiato l 'orecchio sul tuo giaciglio, tenendo in mano una tavoletta e uno stilo, e dì la 'creazione del mondo' (KO<J!l01toiìav), il cui inizio è 'Io ti invoco, tu che avvolgi tutto l 'universo [ . . . ] ' ; e quando sarai giunto alle vocali, dì: ' Signore, riproduco la tua immagine con le sette vocali, vieni a me e ascoltami' [ . . . ]". Lo stesso passo ci dà quindi anche l ' inizio e la fine della Kosmopoiia.

Questa "Creazione" rimane in due versioni, una più corta (A), l 'altra più lunga (B). Tradurrò innanzitutto la prima versione e poi indicherò le varianti principali della seconda.

A = 138-213.

[ i '] Io ti invoco, tu che avvolgi tutto l'universo, in ogni lingua, in ogni dialetto, nel modo in cui per primo ti ha cantato colui che da te è stato stabilito e al quale hai affidato tutta l 'autorità sovrana (7t6.vra -rà aù9EVnK6.), Helios Achebykrom (che significa "fiamma o raggio del disco solare"), la cui lode è aaa, eeé, 666, perché è grazie a te che è stato glorificato come colui che ha generato le cose dell 'aria, poi, allo

48 1uivnov 1:rov 9erov Reitzenstein: 1:oimov 1:. 9. P e Preisendanz. 49 L'àpxf} o primo nomo dell 'Alto Egitto è il nome di Elefantina, sede del Buon

Genio. 50 Su questo testo, vedi in particolare DIETERJCH, Abraxas, Leipzig 1 89 1 ; REIT­

ZENSTEIN, Die Gottin Psyche in der hellenistischen undfruhchristlichen Lite­ratur (Sitz. Ber. Heidelberg, Phil. H. Kl. , 1 9 1 7, l 0), pp. 1 - 1 1 1 .

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L 'ermetismo e la magia 35 1

stesso modo, le stelle dalla fonna scintillante e che, con la luce colma di divino, ha creato il mondo, iii aaa 666, nel quale tu hai tutto diviso con cura, Sabaoth, Arbathiao Zagoure. Ecco quali sono i primi angeli apparsi: Arath, Adonaié, Basemon fao. Il primo angelo grida nella lin­gua degli uccelli: "arai"', che significa "guai al mio nemico", e tu lo hai stabilito sulle Punizioni. Helios ti canta nel linguaggio dei geroglifici: "Lai1am", e in lingua ebraica con lo stesso nome "lo sono (PM, 36 let­tere)", che vuoi dire "lo ti precedo, Signore, io che mi alzo sulla barca, il disco solare, grazie a te". Il tuo nome magico (qmcrtK6v) è in egiziano "Aldabiaeim" (9 lettere). Colui che appare sulla barca che accompagna il Sole nella sua ascesa è una volpe, un cinocefalo. Ti saluta nella pro­pria lingua, con queste parole: "Tu sei i l numero dell'anno, Abraxas"5 1 • E colui che è dall' altro lato, i l falco, t i saluta nella sua lingua e grida verso di te, per ottenere il suo cibo "hi hi hi hi hi hi hi, tip tip tip tip tip tip tip". E il dio dalle nove fonne (Èvw:O.f.lop<poç) ti saluta in lingua iera­tica "Menephoiphoth", che vuoi dire "lo ti precedo, Signore".

[lh] Detto questo, applaudì tre volte e Dio rise sette volte "Ah ah ah ah ah ah ah ah". E mentre Dio rideva, nacquero sette dei, che avvolgono il mondo. Questi sono gli dei che appaiono per primi.

[l<] Al primo scoppio di risate di Dio, Phos (la luce) apparve e illu­minò l'universo. Divenne il dio che domina il mondo e il fuoco (Bes­sum berithen ber io).

[2] Scoppiò a ridere una seconda volta, e tutto divenne acqua. Dopo aver sentito il suono, la Terra emise un grido di chiamata e si alzò in una massa rotonda, e l'acqua si divise in tre parti. Apparve un dio che ricevette il comando sull'abisso. Senza di esso infatti, l 'acqua non au­menta né diminuisce. Il nome del dio è Eschak/eo. Perché tu sei oeai, tu sei l'Esistente, bethelle.

[3] Mentre stava per scoppiare a ridere per la terza volta, per l ' ira di Dio apparve Nous (o l' Intelletto) con un cuore in mano. Fu chiamato HERMES, fu chiamato Semesilam.

[ 4] Dio scoppiò a ridere per la quarta volta, e apparve Genna, tenen­do in mano il seme. Ella fu chiamata Badetophoth Zothaxathoz.

[5] Rise per la quinta volta, e mentre rideva si incupì, e apparve Ma­ira tenendo in mano una bilancia, manifestando così che in lei risiede la giustizia. Ma HERMES entrò in competizione con lei, dicendo: "È in me che risiede la giustizia". Mentre litigavano, Dio disse: "È da voi due che nascerà la giustizia, ma tutto ciò che è nel mondo sarà sotto il tuo dominio (= di Moira)". E fu lei la prima a ricevere lo scettro del mondo,

5 1 XIII, 1 56. Non si deve ignorare che Abra.,.as (o Abrasa") è l ' isopsefia del numero dei giorni de li 'anno (sommate, le lettere - che, in greco, hanno valore numerico - fanno lo stesso totale dei giorni dell 'anno: l + 2 + l 00 + l + 60 + l + 200 = 365). Cfr. RmzENSTEIN, Poimandres, pp. 272 ss.

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lei il cui nome sotto forma d'anagramma è grande e santo e illustre. È (nome di 49 lettere).

[6] Scoppiò a ridere per la sesta volta e mostrò una grande gioia. E apparve Kairos tenendo in mano uno scettro, che significa (J.LTJvUrov) la regalità, e consegnò al dio primo-creato lo scettro, e costui lo prese e disse: "Tu che ti sei rivestito della gloria di Phos, sarai accanto a me" (PM, 36 lettere).

[7] E quando Dio scoppiò a ridere per la settima volta, nacque Psyche e, mentre rideva, pianse. Alla vista di Psyche, fischiò e la Ter­ra si alzò in una massa rotonda e partorì il serpente pizio che conosce tutte le cose in anticipo. Dio lo chiamò 1/illou (ripetuto 4 volte, poi "fthor, luce scintillante, Phocho, Phoboch"). Alla vista del drago, Dio fu colto da timore e fece schioccare la sua lingua. A questo schiocco della lingua di Dio, apparve un individuo completamente armato, che è chiamato Danoup Chrator Berbali Barbith. Alla sua vista Dio fu di nuovo colto dal terrore, come se avesse percepito uno più forte, e temette che la terra non avesse espulso un dio. Gettando lo sguardo in basso verso la terra, egli disse: fao. Dall'eco nacque un dio, che è il signore di tutti. Il primo entrò in competizione con lui e disse: "lo, io sono più forte di lui". Dio disse a quello forte: "Tu, tu sei nato dallo schiocco di lingua, lui dall'eco. Voi dominerete l 'uno e l 'altro su tutta la Necessità". Da quel momento fu chiamato Danoup Chrator, Ber­bali, Balbith, fao.

Signore, io riproduco la tua immagine con le sette vocali, vieni da me e ascoltami: a éé éée iiii ooooo uuuuuu 6666666.

Quando il dio sarà venuto, abbassa gli occhi e scrivi ciò che dice, così come il suo nome, che egli ti dà. E che non esca dalla tua tenda prima di averti detto esattamente ciò che ti riguarda.

B 443-567.

Indico qui solo le varianti principali, secondo i paragrafi della ver­sione A.

[3 ] [ . . . ] e fu chiamato H ERMES, da cui tutte le cose sono state inter­pretate. Egli domina sull' Intelletto; è stato attraverso di lui che è stato amministrato l 'universo.

[4] [ . . . ] e apparve Genna, tenendo in mano il seme di tutte le cose; è attraverso di lei che tutto è stato generato.

[6] Scoppiò a ridere per la sesta volta e mostrò una grande gioia. E apparve Kairos, tenendo in mano uno scettro, che significa (J.LTJvUrov) la regalità, e consegnò al dio primo-creato lo scettro, e costui lo prese e disse: "Tu che ti sei rivestito della gloria di Phos, tu sarai vicino a me,

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L 'ermetismo e la magia 353

poiché, per primo, mi hai dato lo scettro. Tutto ti sarà sottomesso, ciò che è stato e ciò che deve essere, tutto il potere sarà in te". E quando Kairos si fu rivestito della gloria di Phos, il disco solare, girando, fece apparire un certo bagliore di Phos. E Dio disse alla regina: "Tu che ti sei rivestita del bagliore di Phos, sarai vicina a lui, avvolgendo l'uni­verso. Crescerai con Phos in quanto tu riceverai da lui accrescimento, e di nuovo diminuirai attraverso di lui. È con te che tutto crescerà e diminuirà". Ecco il nome grande e ammirevole: (PM, 36 lettere).

[7] Scoppiò a ridere per la settima volta, avendo respirato fortemen­te, e nacque Psyche, e tutto fu messo in moto. Allora Dio disse: "Tu metterai tutto in movimento, e tutto sarà nella gioia, HERMES servendoti da guida". A queste parole di Dio tutto è stato messo in moto e riempito di respiro, senza poter essere trattenuto. A questa vista. Dio schioccò la lingua, e tutto fu preso da timore, e apparve, a causa dello schiocco della lingua, Phobos [ . . . ] rivestito di un'armatura completa. È chiamato Danoup Chrator Berbali Balbithi (26 lettere). Allora (Dio) si sporse verso la terra e fischiò fortissimo, e la terra si aprì, avendo ricevuto in essa l'eco; e, a causa del suono emesso da Dio, partorì un essere par­ticolare, il serpente pizio che conosce tutte le cose in anticipo. Il suo nome grande e santo è Ililloui', ecc.

Quando fu apparso, la terra si alzò in una massa rotonda e si sollevò potentemente. Ma il polo resto fermo al suo posto, sebbene minacciasse di incontrare la terra. Allora il Dio disse: fao, e tutto si immobilizzò, e apparve un grande dio, il più grande, che ha stabilito tutto ciò che è sta­to e tutto ciò che sarà nel mondo. E non ci fu più alcun disordine nelle cose dell'aria. Ora Phobos, dopo aver visto uno più forte di lui, entrò in gara con lui, dicendo: "Io sono più anziano di te". E gli rispose: "Ma sono io che ho stabilito tutto". E Dio disse: "Tu sei nato dall'eco, quello dal suono. Ora il suono è più forte dell'eco, ma è dall'uno e dall' altro che ti proverrà il tuo potere, a te l 'ultimo apparso, affinché tutte le cose siano in ordine". Da quel momento fu chiamato con il nome grande e ammirevole Danoup Ckrator Berbali Balbith fao. Ora, poiché voleva conferire dell'onore anche al dio che stava accanto a lui, dal momento che aveva fatto la sua apparizione contemporaneamente a lui, gli diede la precedenza sui nove dei, nonché un potere e una gloria uguali alla loro. E dopo aver preso ai nove dei con la loro potenza anche gli apici dei loro nomi, fu chiamato Bosbeadii, e quando ebbe fatto lo stesso per i sette pianeti, fu chiamato Aeeiouo, Eeiouo, Eiouo, fouo, Ouo, Uo, O, Ouoieea, Uoieea, Oieea, feea, Eea, Ea, A (anagramma potente e ammirevole). Quanto al suo nome più grande, è questo nome grande e santo, di 27 lettere (PM, alla fine fao); sotto un altro forma: PM, poi fao ou aeeiouo.

Quando dunque sarà venuto il dio, abbassa gli occhi, ecc.

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C. La ricetta d'immortalità52

20) Iv, 475-732 = Dieterich, Eine Mithrasliturgie"l ( 1 923), pp. 2-2 1 .

Sii a me propizio, Provvidenza e Anima, a me che metto per iscritto questi misteri che mi sono stati trasmessi! Io rivendico l ' immortalità solo per mio figlio, myste53 di quest'arte potente che pratichiamo e che il grande dio Helios Mithra ha ordinato che mi fosse comunicata dal suo arcangelo, cosicché solo io, nel mio pellegrinaggio54, salga in cielo e contempli tutte le cose.

Invocazione della preghiera (€crnv ÒÈ roù Myou flòE � KÀ.i'jmç)

(487) Generazione prima della mia generazione, primo Principio del mio principio, soffio del Soffio, del soffio in me primo Soffio, Fuoco che, tra le miscele che sono in me, è stato dato da Dio per la mia miscela, del fuoco in me primo Fuoco, Acqua dell'acqua, dell'acqua in me Acqua prima, Sostanza terrestre, prototipo della sostanza terrestre che è in me, Corpo Perfetto di me, plasmato da un braccio glorioso e da una destra imperitura nel mondo senza luce e luminoso, nell'inanimato e l'animato, - se a voi è gradito trasmettermi e comunicare la nascita all' immortalità, a me che sono ancora legato dalla mia condizione naturale, possa io, dopo la costrizione violenta della incombente Fatalità55, contemplare il Princi­pio immortale grazie al soffio immortale, ali ' acqua immortale, all'aria assolutamente solida, possa io essere rigenerato in spirito e che soffi in me il soffio sacro, possa io ammirare il fuoco sacro, possa vedere l'abisso dell'Oriente, l'acqua spaventosa56, e che possa sentirrni l'etere che dà la vita e che è diffuso intorno a tutte le cose, - perché devo ora contempla-

52 Il papiro magico che contiene la "ricetta d'immortalità" (Pap. Bibl. Nat. suppl. gr. 574) è stato scritto intorno al tempo di Diocleziano, ma è facile dimostrare che questa stessa ricetta è più antica: il copista fa riferimento a diverse recensioni, che suppongono un testo già evoluto, passato di mano in mano; il carattere gnostico del brano deriva da una gnosi puramente pagana, che non rivela alcun apporto cristiano, ma nemmeno prestiti dal neoplatonismo (per contro, molte somiglianze con gli Oracula Chaldaica): questo ci riporta al II secolo, o, quan­tomeno, questo fenomeno è maggiormente comprensibile nel II sec. che nel III sec. della nostra era, cfr. A. DIETERICH, Eine Mithrasliturgie, pp. 43-46.

53 àl;u'ii, j.tUcr<n scr. : al;tw j.tUcr'tat pap. àl;tiò, j.tUcrmt Preisendanz, ("io rivendico [ . . . ], mystes di [ . . . ]").

54 ÙÀ.TJ<T)ç Cumont (Reitzenstein): atT)'tT)ç pap. 55 Si tratta della morte (temporanea) che presume la rigenerazione, cfr. APULEIO,

metam. , XI, 23 (p. 282. 1 4 Helm): accessi confinium martis. 56 Cfr. cu�IONT, Recherches sur le symbolisme funéraire, p. 1 30, n. l .

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L 'ermetismo e la magia 355

re con i miei occhi immortali, nato mortale da un grembo mortale, ma esaltato da una forza onnipotente e una destra imperitura, grazie al soffio immortale, l' immortale Aion, il sovrano dei diademi di fuoco, santamen­te santificato dalle purificazioni sacre, mentre si ritira un po' da me57, per un po' di tempo, la mia natura psichica wnana, che io riprenderò ancora una volta, immutata, dopo il vincolo doloroso della imminente Fatalità, io NN, figlio di tale, secondo il decreto immutabile di Dio. Poiché non mi è possibile, nato mortale, sollevarmi con i raggi dorati della chiarezza inestinguibile58, stai tranquilla, Natura corruttibile dei mortali e <ripren­dimi> all' istante sano e salvo, dopo il vincolo della spietata Fatalità. Per­ché io sono il Figlio.

(537) Trai dai raggi il respiro, inspirando tre volte con tutta la tua for­za, e vedrai che diventi leggero e che attraversi lo spazio verso l'alto, così che ti sembrerà di rimanere nell'aria. Tu non sentirai nulla, né uomo né animale, ma non vedrai nemmeno nulla, in quel momento, delle cose mor­tali della terra, tu vedrai solo l'immortale. Poiché vedrai la posizione di­vina degli astri di quel giorno e di quell'ora, gli dei che presiedono a quel giorno, alcuni che ascendono in cielo, altri che scendono. Il viaggio degli dei visibili attraverso il disco solare (il dio, mio padre) ti diverrà palese, e anche ciò che viene detto "il flauto", da cui parte il vento che è all'ope­ra. Perché vedrai, sospeso sul disco, come un flauto, diretto di fatto dal­la parte dell'Occidente, all'infinito, in quanto vento d'Est; se la direzione assegnata è dal lato dell'Est, allora il vento opposto (il vento d'Ovest) si presenterà similmente verso questa regione: vedrai il movimento rotatorio dell' immagine59• Vedrai anche gli dei fissare lo sguardo su di te e scagliarsi contro di te. Quindi, immediatamente, applica l' indice della mano destra alla tua bocca e dì: "Silenzio, Silenzio, simbolo del Dio vivente incorrutti­bile, proteggirni, Silenzio!". Quindi emetti due lunghi fischi, poi schiocca la lingua e dì: "Tu che lanci i tuoi raggi splendenti, Dio di luce!". E allora, tu vedrai gli dei guardarti con benevolenza; essi non si slanceranno più contro di te, ma se ne andranno, ciascuno al suo posto, là dove deve agire. Quando dunque tu vedrai che il mondo di lassù è chiaro e si muove in circolo, e che nessuno degli dei o degli angeli si scaglia contro di te, appre­stati ad ascoltare un formidabile rombo di tuono che ti stordirà completa­mente Tu allora ripeti: "Silenzio, Silenzio" e il seguito, "io sono un astro che procede con voi la sua corsa, sebbene esso provenga dal profondo".

57 \mEI;EcrtCÙCJl"lç Eitr. (Preisendanz): U1tEcrtWCJl"lç pap. 58 O"UVQVUNat taìç . . . llUPilUpuyatç ti'jç à8avatou À.a!l7t1100Vaç: cfr. FILOSTR.UO,

V. Apoll. , III, 1 5 àJJ...' ò1t6cra t/!J 'Hì..itp l;uva7tof3aivovteç ti'jç yfiç 8piòcrtv (sci/. i Bramani).

59 ri)v à1toq>opàv toù òpallatoç, "die Umdrehung des Gesichts" (Dieterich): cfr. llEtaq>opa, 7tEptq>opél dove i l significato cinematico di q>opa è rimasto percet­tibile: il "flauto" si trasporta sul lato del disco dal quale deve uscire il vento.

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Non appena l'avrai detto, il disco si espanderà. Dopo aver detto la se­conda preghiera "Silenzio, Silenzio" e il seguito, emetti due fischi, fa schioccare due volte la tua lingua, e vedrai subito degli a�tri staccarsi dal disco e venire da te, provvisti di cinque raggi: ce ne saranno molti e riem­piranno l' intera regione dell'aria60• Tu allora dì ancora una volta: "Silen­zio, Silenzio". E quando il disco si sarà dischiuso, vedrai un cerchio senza fuoco e delle porte di fuoco serrate. Allora pronuncia immediatamente la preghiera qui, a occhi chiusi.

·

Terza preghiera (Myoç y')

(587) Ascoltami, odi la mia preghiera, io NN, figlio di una tale, Signo­re, tu che col tuo soffio hai chiuso le serrature di fuoco della quarta zona61 , Guardiano di fuoco62, Creatore della luce63, dio dal soffio di fuoco, dio dal cuore del fuoco, Spirito di luce, tu che il fuoco esulta, splendore di luce, Aion, Sovrano della luce, dio dal corpo di fuoco, tu che dai il fuoco, tu che semini il fuoco, tu che brandisci il fuoco, forte come la lucé'\ tu che fai turbinare il fuoco, tu che muovi la luce, tu che brandisci il fulmine,

60 L'anima del myste, dopo aver dichiarato la sua natura astrale e pronunciato la parola di passo (Éyci:J EÌJ.!t crUJ.l7tÀavoç UJ.lÌV àcrn'Jp 574), vede emergere dal disco solare - perché il Sole è il creatore - una fol la di anime di forma sferica, simili ad astri (576, 580 ss.). Sulle anime concepite come astri circolari, cfr. CuMoNT, Recherches sur le symbolisme funéraire des Romains, p. 1 22. Sul Sole creatore delle anime, K. REINHARDT, Kosmos u. Sympathie, pp. 308 ss., che cita un curioso testo di SESTO EMPIRICO, adv. phys. , l, 7 1 -74 dove si leg­ge ìhccrKT)Vot yoùv �Àiou yevÒJ.lEVat (scii. ai ljlt>Xai) tòv U7tÒ creÀ�VfJV oiKoùm t67tov. Reinhardt traduce (p. 3 1 1 ) "nach ihrem Fortzug aus der Region der Sonne bewohnen sie die Region unter dem Monde". Il passo della "ricetta d ' immortalità" sembra confermare questa interpretazione, che tuttavia pre­senta delle difficoltà, cfr. CuMONT, op. cit. , p. 1 90, n. 4.

6 1 toù tetaptou otaçroJ.latOç scr. : toù il otçroJ.lawç pap. L a 4' zona è quella del Sole nell 'ordine cosiddetto "caldeo" in cui il Sole occupa il centro tra gli altri sei pianeti, cfr. BoucHÉ-LECLERCQ, Astro/. Gr., pp. l 07- 1 1 O; BoLL, Hebdomas in P. W., VII, 2567 ss. Ora è del dio Helios che qui si tratta. Per Helios Aion, cfr. la visione di Mandulis, supra, p. 70 e p. 70 n. 35 . Per ou1çroJ.la "zona planetaria, area di un pianeta", cfr. Stob. Herm., XXVI, 8, I O, I l , p. 530. 2, 24 ss. Scott.

62 7tUpi7toÀ.oç (= 7tUp7t6À.oç) deve essere correlato ai composti òvetpo7t6À.oç, iepa-7tÒÀ.oç (Syl/.3 669) e, probabilmente anche, 9e6KoÀ.oç (Elide e Acaia): quindi "al servizio del fuoco, che veglia sul fuoco" ("Feuerwaltender" Dieterich).

63 Il testo aggiunge qui : oi ot': 'cruvKÀ.Eicrta' = altri (testi) recano "tu che hai i l potere di chiudere" ( le porte menzionate sopra).

64 cprotOpia: cfr. i composti euouPiTJç, aìvoPiTJç, 7tavwpiT)ç: quindi "tu che hai la forza della luce".

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gloria della luce, tu che fai crescere la luce, tu che mantieni col fuoco la luce, domatore degli astri. Aprimi, perché io invoco, a causa della crudele e spietata Fatalità imminente, i nomi che non hanno mai ancora trovato posto nella Natura mortale, che mai ancora articolò lingua umana, suono o voce di un mortale, i nomi eternamente viventi e gloriosi65•

( 6 1 7) Pronuncia tutti questi nomi con il fuoco e il soffio; dicendo una prima volta tutta l ' intera serie, poi nello stesso modo ricominciando una seconda volta fino a quando non avrai nominato per intero i sette dei del mondo immortale. Quando avrai pronunciato questi nomi, sentirai scoppi di tuoni e rimbombi nell'aria intorno a te; allo stesso tempo, sentirai un forte scossa in te. Allora dì ancora una volta: "Silenzio" e i l resto, poi apri gli occhi e vedrai le grandi porte spalancate e il mondo degli dei all'interno delle porte66 così bene che, per la voluttà e la gioia di questa visione, il tuo spirito salterà per andare lassù. Rimani comun­que sul posto, e immediatamente, da questo mondo divino, fissandolo, attira a te il soffio. Quando la tua anima sarà ritornata in sé, dì: "Vieni a me. Signore". Quando avrai così parlato, i raggi convergeranno verso di te. Guarda bene in mezzo ad essi. Quando lo avrai fatto, vedrai un dio giovanissimo, di bell'aspetto, dai capelli di fuoco, vestito con una tu­nica bianca e una clamide di porpora, che indossa una corona di fuoco. Salutalo subito con questo saluto di fuoco.

(640) "Salute, Signore dalla potente forza, dal dominio sovrano, Re, il più grande degli dei, Helios, Signore del cielo e della terra, dio degli dei. Il tuo soffio è possente e possente il tuo potere, Signore. Se così ti sembra giusto, conducimi verso il Dio Supremo, verso Colui che ti ha generato e che ti ha fatto: perché un uomo, io, NN, figlio di una tale, nato dal grembo mortale di una tale e da un liquore seminale, e che, oggi stesso essendo stato rigenerato da te, tra tante miriadi di uomini è stato reso immortale in quest' istante secondo il decreto di Dio in­finitamente buono, crede giusto adorarti e ti rivolge questa preghiera secondo le sue forze umane".

(655) Quando avrai così parlato, egli avanzerà verso il polo e lo vedrai camminare come su una via. Tu, allora, fissandolo, emetti un lungo mugghio come attraverso un corno, mettendoci tutto il fiato e comprimendoti i fianchi, poi bacia i filatteri e dì, rivolto dapprima verso destra: "Proteggimi". Detto questo, vedrai le porte aprirsi e avanzare dalle profondità sette vergini vestite di bisso con volti di serpenti. Sono chiamate "le Tyche del cielo", esse tengono scettri d'oro. A questa vista, salutale con queste parole:

65 Segue ventitré volte il gruppo di sette vocali con il più frequente ritorno dei suoni o, 6, é, è.

66 Su queste porte aperte, cfr. infra, p. 367, n. 22.

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(666) "Salve, le sette Tyche del cielo, vergini auguste e buone, ver­gini sacre, compagne di vita di [ . . . ]67, voi le santissime guardiane delle quattro colonne. Salve, tu la prima [ . . . ], salve, tu la seconda68 [ • • • ]".

Avanzano allora al loro seguito sette altri dei con il volto di tori neri, cinti con perizomi di lino, con sette diademi d'oro. Questi sono quelli chiamati "i Signori dei poli del cielo". Dovrai salutarli ognuno a turno con il suo nome:

(678) "Salve, i guardiani dell'Asse, santi e robusti giovani, che, ob­bedendo al comandamento unico, fate girare l'asse rotante del circolo celeste, che inviate alla stirpe degli empi tuono, lampi, terremoti e sa­ette di fulmini, ma a me, perché sono pio e timorato di Dio, salute, in­tegrità di corpo, forza dell'udito e della vista, tranquillità d'animo nelle buone ore presenti di questo giorno, voi, miei Signori, dei che regnate in grande potere. Salve, tu il primo [ . . . ], salve, tu il secondo69 [ . . . ]" .

(693) Quando, poi, si alzeranno su entrambi i lati, in fila, come una guardia minacciosa, fissa gli occhi davanti a te in aria, e vedrai cadere dei lampi, brillare una luce abbagliante, tremare la terra, e discendere un dio di una immensa grandezza, dal volto di luce, assolutamente giovanile, dai capelli d'oro, vestito di una tunica bianca, con un turbante d'oro e larghi gambali, che tiene nella mano destra la spalla di un vitello d'oro, cioè l'Orsa che muove il cielo e lo fa volgere nella direzione contraria, che di ora in ora sale e poi scende per il polo. In seguito, dagli occhi del dio ve­drai lampi di luce e dal suo corpo, stelle. Emetti allora, immediatamente, un lungo mugghio, comprimendoti i fianchi, per risvegliare di colpo i tuoi cinque sensi, a lungo fino all'esaurimento, bacia di nuovo i filatteri e dì: "Vita di NN, resta con me70 nella mia anima, non abbandonarmi, perché questo è l'ordine di [ . . . ]'m . Fissa allora il dio con lo sguardo, emettendo un lungo gemito, e salutalo in questi termini:

(743) "Salve, Signore, Padrone dell'acqua, salve, Creatore della terra, salve, Principe dello spirito, dio dalla luminosità splendente. Dai un ora­colo, Signore, sulla situazione attuale. Signore, nato di nuovo ecco che me ne vado, mentre io cresco e già cresciuto muoio, nato da una nascita che dà vita mi dissolvo per entrare nella mm1e, secondo come hai stabilito, secon­do come hai istituito e fondato il mistero72• Io sono, io [ . . . ]".

67 Nome magico lllVtlllPPO<POP. 68 E così di seguito fino alla settima, ogni aggettivo numerico seguito da un

nome magico. 69 Stesso seguito di supra, cfr. n. 68. 70 llEVEOUVEilE pap., da cui llfNE crùv EllÉ Dieterich: llfNE cru, VÉilE (''resta, tu,

risiedi") Preisendanz. 7 1 Nome magico. 72 Questa frase enigmatica richiama la preghiera iniziale agli Elementi. È la stes­

sa idea di fondo: la rinascita presume una morte: cfr. supra, p. 354 n. 55. Per

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Quando avrai così parlato, renderà subito il suo oracolo. Sarai sciolto dalla tua anima, non sarai più in te stesso quando ti risponderà. Ti darà l'oracolo in versi e, detto questo, andrà via. Tu, tuttavia, rimani lì in silenzio, perché comprenderai tutto questo da te stesso, e allora ricorde­rai immancabilmente tutte le parole del grande dio, anche se l 'oracolo contasse migliaia di versi.

la parola nuova Ù1tOYEVEcria, cfr. PLOTINO, III, 4, 6. 12 Eiç tò autò crxiìf.la ÈÀ.8Eiv f.lEtà nìv c'moyÉVEmv. Dieterich, Hopfner e Preisendanz punteggiano e tradu­cono all' incirca allo stesso modo. Reitzenstein (Hellen. Mysterienreligion. 3, p. 1 8 1 ) taglia il testo come segue: K6ptE, mxÀ.w ytVOf.lEVOç (yEVOf.lEVOç pap.) Ù7toyiyYOf.lQl au/;Of.lEVOç, KQÌ. aU/;TJ8Eì.ç 'tEÀ.EU't(Ì) K'tÀ.. ("nascendo di nuovo, sto crescendo e, essendo cresciuto, muoio, nato da una nascita che dà la vita, ora dissolto nel non-più-essere-nato (à7tOYEVEcriav), io rientro nel mondo" = "geworden aus lebenspendender Geburt (also aus irdischer), jetzt aufgeliist in das Nichtmehrgeborenwerden (das Sein) kehre ich in die Welt zurlick"] e paragona questo significato di cmoyEVEcria con il nirvana dell ' India. Tutto ciò sembra piuttosto fantasioso e, dal punto di vista formale, sembra prefe­ribile mantenere la simmetria dei tre membri: mlÀ.tvyEVÒf.lEVOç Ù7toyiyvof.lat, au/;Of.lEVOç . . . tEÀ.EUt(Ì), Ù7tÒ YEVÉcrewç çwoy6vou YEVOf.lEVoç Eiç Ù1tOYEVEcriav O.vaJ..u8eì.ç 7tOpeUOf.lat. Inoltre, è meglio interpretare Ù7tOYEVEcria in conformità con a7toyiyvof.lat che, nel periodo ellenistico, è abbastanza usuale nel senso di "morire": cfr. PREUSCHEN-BAUER, s.v., e lo stesso valore di à1tò in Ct7toyewétw ("distruggere"), PGM. , V, 1 55 Èyro EÌf.lt ò yew&v Kaì. à1toyew&v.

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CAPITOLO IX LE FINZIONI LETTERARIE

DEL LOGOS DI RIVELAZIONE

Qualunque ne sia l 'oggetto, la saggezza che consideriamo in que­sto l ibro è una saggezza rivelata. Non è la ragione che la trova con le sue sole rjsorse: essa viene dall'alto, è donata, è lì il suo principale carattere. È naturale che una credenza così diffusa abbia forgiato a suo uso un certo numero di finzioni letterarie per esprimere le varie modalità del dono divino.

Ho detto finzioni: perché, per noi, moderni, è evidente che i rac­conti ellenistici di rivelazione non contengono alcun fondo di verità. Ma era lo stesso per l 'uomo antico? Non vi vedeva anch'egli una pura finzione? È molto difficile da decidere. Sicuramente, l ' incidenza dalla moda dovette essere grande, come fu, in altri generi letterari, per l ' impiego dei temi della discesa agli Inferi, dell' isola meraviglio­sa dove fioriscono le migliori istituzioni politiche, o, nel romanzo d'avventure, di amori ostacolati, di prodigi e di agnizioni. È quasi impossibile dire, per ogni /ogos di rivelazione, se l'autore è sincero, se crede veramente in ciò che riferisce, o se si limita a riprodurre una finzione letteraria di cui il pubblico si mostra avido. Non dimen­tichiamo nemmeno che molte caratteristiche, inverosimili ai nostri occhi, apparivano del tutto naturali nell'antichità. Non si mettevano allora in dubbio né le visioni notturne, né i fenomeni di estasi, né la possibilità di evocare, con certi riti, gli dei o l'anima dei morti. L'ho mostrato poc'anzi a proposito dell' esperienza del medico Tessalo 1 : se i l sacerdote che, per Tessalo, evoca il dio Asclepio utilizzò pro­babilmente illusioni magiche, non c'è alcuna parvenza che lo stesso Tessalo non sia stato sincero e che non abbia creduto alla realtà di questa visione. Ma cosa pensare del resto del racconto? È difficile ammettere, naturalmente, che Asclepio abbia dettato al medico un

Rev. Bibl. , XLVIII ( 1 939}, pp. 45 ss., in particolare, pp. 73-79.

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intero, lungo trattato sulle piante: anche lo stesso Tessalo c i credette? O ci vuole ingannare? È dunque qui che la finzione riprenderebbe. Come si vede, in una sola opera - e do solo questo esempio - non c'è modo di distinguere tra narrazione veritiera e messinscena.

In ogni caso, se si può ipotizzare il più delle volte la sincerità del l 'autore, la buona fede del pubblico deve essere ammessa come regola. Nessuna epoca sembra essere stata più credula dei primi quattro secoli della nostra era. I prodigi più assurdi incantano la fol­la. Pagani e cristiani si lasciano ugualmente ingannare dai sortile­gi dei maghi . Su questo punto, la letteratura romanzesca degli Atti apocrifi degli apostoli offre curiosi esempi dello spirito del tempo. Voglio ricordame solo uno. Si può vedere dagli Atti di Pietro che i l famoso taumaturgo Simone ingannò i nuovi discepoli del Vangelo non meno della plebe pagana di Roma (Acta Petri 4): è con i mira­coli più strambi che l 'apostolo Pietro fu come costretto a trionfare sul suo rivale. Così fa parlare un cane (ivi, 12) e un bambino di sette mesi (ivi, 1 5), nuotare e mangiare un'aringa affumicata (ivi, 1 3 ), e non parlo di prodigi che si potrebbero dire ordinari, sogni an­nunciatori (i vi, 22), apparizioni abbaglianti (iv i, 5, 2 1 ), resurrezione di cadaveri (ivi, 26, 27, 28)2. Ora questi romanzi cristiani, alcuni dei quali ottennero un successo prodigioso3, non erano destinati a piacere, almeno questo non era il loro primo obiettivo: erano essen­zialmente finalizzati a edificare, e possiamo quindi essere sicuri che i m iracoli dell 'apostolo concorrono, nel l 'opera, a questo disegno. E quindi questi miracoli ottenevano credito. Il pubblico pagano non era meno credulo: basta ricordare la storia di Alessandro di Abonuti­co in Luciano. Alla fine non era solo il volgo a lasciarsi pigliare. Un pagano così coltivato come Giuliano, il protagonista del l 'ellenismo, si abbandona con incanto, sotto la guida di Massimo di Efeso, alle

2 In un'altra versione degli Atti di Pietro, l'apostolo risuscita un toro che Si­mone il Mago aveva fatto cadere morto parlandogli all'orecchio (la versione latina del ms. di Vercel l i ha sostituito questo toro con un figlio, cap. 25): cfr. CuMONT, La plus ancienne légende de Saint Georges, Rev. Hist. Re!. , CIV ( 1 936), p. 1 9, che giustamente sottolinea che il miracolo del toro rappresenta certamente la forma più antica della leggenda; è anche la più strana e la si è voluta successivamente correggere.

3 Cfr. la sorprendente diffusione degli Atti apocrifi di San Giorgio, su cui vedi per ultimo il Martyrologium Romanum . . . scholiis historicis instructum dei Bollandisti, Bruxelles 1 940, p. 1 52.

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Le finzioni letterarie del logos di rivelazione 363

illusioni piuttosto grossolane dei misteri del fuoco della "Teologia caldaica"4; Giamblico stesso dedica un intero libro alla spiegazione e alla giustificazione di queste apparizioni.

Dobbiamo tenere a mente tutto questo "contesto" per giudicare in modo pertinente i nostri scritti . Finzione e sincerità s ' intrecciano, e la parte dell'una e dell'altra varia probabilmente in ciascun caso, senza che sia possibile discernere i l punto preciso in cui una fini­sce e l 'altra inizia. I due estremi possono essere chiaramente visti: pura parodia nella Storia Vera di Luciano, pura credulità in un'opera come gli Atti di Pietro. Tra i due, un intero mondo di sfumature: può accadere che l 'autore fosse completamente sincero; altre volte ha potuto lasciarsi coinvolgere nel gioco e finire per credere nella propria invenzione; altre volte ancora, stava solo seguendo la moda. Come si fa a saperlo?

Sotto queste riserve, potrebbe essere interessante enumerare i vari tipi di finzione letteraria usati nel logos di rivelazione. Boli ne ha offerto una comoda classificazione, che adotto5• Questo studio­so distingue una rivelazione diretta e una rivelazione indiretta. Nel primo caso, il profeta è direttamente istruito sia nel corso di un so­gno o di un'estasi, sia da una conversazione con un dio, sia dalla scoperta di un libro miracoloso (di origine divina), sia da segni nel cielo. Nel secondo caso, la rivelazione viene trasmessa sotto forma d' istruzione orale o di lettera sia da un saggio a un re, a un grande personaggio o ai suoi colleghi, sia da un padre al proprio figlio o da un maestro al suo allievo che considera come un proprio figlio. Tutte queste varietà di tipi si ritrovano nell'ermetismo popolare e dotto, e le nostre osservazioni in questo capitolo saranno quindi valide per entrambi. Abbiamo un fenomeno di estasi e di conversazione divina nel Pimandro (C.H., 1), una conversazione con un angelo nell'opu­scolo alchemico di Iside a Horus, la scoperta di un libro divino nelle Kyranides ermetiche e la Kore Kosmou, un dialogo tra il saggio Tat

4 Cfr. J. BmEz, Vie de Julien (Paris 1930), cap. XII. 5 Cfr. BoLL, Aus der Offenbarung Johannis (citato Off. Joh. ), pp. 4 ss. Vedi

anche il mio articolo su Tessalo, Rev. Bibl. , XLVIII ( 1 939), pp. 46-54. Per la letteratura ermetica araba (soprattutto alchemica), cfr. J. RusKA, Quelques problèmes de littérature alchimique, Anna/es Guébhard-Séverine, VII ( 1 93 1 ), pp. 1 68- 1 69. Ruska distingue: (a) visione in un tempio; (b) scoperta di libri nascosti in un tempio, tomba, antro; (c) testamento di un padre a suo figlio; (d) lettera o epistola a una persona o a una cerchia; (e) dialogo. Vedi Addenda.

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e un re nel C. H , XVII, una lettera del saggio Asclepio al re Ammone in C.H, XVI, un'istruzione orale del saggio Ermete a suo figlio Tat o al suo discepolo Asclepio nella maggior parte dei lo go i del Corpus Hermeticum e degli estratti di Stobeo, una conferenza di Ermete a Tat, Asclepio e Ammone nell 'Asclepio, delle lezioni orali di Iside a suo figlio Horus negli ultimi Hermetica di Stobeo (XXIII-XXVI Scott). Tuttavia, poiché la letteratura della rivelazione va ben oltre l 'ermetismo, mi è sembrato utile non limitare i miei esempi ai soli scritti ermetici, per considerare i l problema in tutta la sua generalità.

§ l . I tipi della rivelazione diretta

l . RIVELAZIONE DURANTE UN SOGNO O UN'ESTASI

Quando Tessalo fallì nel trattamento della pillola eliaca, lasciò Alessandria e si gettò nel deserto, deciso a scoprire il segreto o a lasciare la vita con i l suicidio. Ora, dice, "poiché la mia anima pre­diceva continuamente che avrei commerciato con gli dei, tendevo continuamente le mie mani al cielo, pregando gli dei di concedermi, con una visione in sogno o con l ' insuffl.azione di uno spirito divi­no6, qualche favore di questo tipo". Queste parole riassumono la prima modalità di rivelazione.

L'arte di ottenere una rivelazione in un sogno è solo una branca dell'oniromanzia. Ma questo fenomeno è troppo noto e troppo diffu­so nel l'antichità, per avere bisogno di essere illustrato. Ricordiamo solo che i fi losofi ne fornirono la giustificazione7, che l ' interpreta­zione dei sogni fu oggetto, almeno nella religione greco-egiziana, di un mestiere sacerdotale8, che Artemidoro di Daldi, in Lidia, scrisse

6 �h' òveipou q>avmcriaç � ùtà 1tVEUJlaroç 8Eiou, CCAG. , V l l l, 3, p. 1 35.29-30. 7 Per esempio ARISTOTELE, Parva Naturalia, V (7tEpi Tiiç Ka8' U1tVOV JlUV'tudjç),

462 b 1 2-464 b 1 8 . Sulle teorie filosofiche della mantica dei sogni, cfr. K. REINHARDT, Poseidonios ( 1 92 1 ) , pp. 422-47 1 ; Kosmos und Sympathie ( 1926), pp. 2 1 4-275. Sull'oniromanzia, in generale, cfr. BoucHt-LECLERCQ, Hist. de la divination dans l 'antiquité, l ( 1 873), pp. 277-329; DEl'BNER, De incubatione, 1 900, pp. 1 - 14, ecc.

8 Cfr. gli onirocriti egiziani di Del o (lnscr. de Délos, 2 1 05, in cui tutti i testi del ii menzionanti l ' òvetpoKpiTIJç sono indicati) e di Memphis (U. WILCJ.J:N, UPZ. , I, 1 922, pp. 1 3 , 354). Sull'onirocrita, cfr. P. RoussEL, Les cultes égypt. à

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Le .finzioni letterarie del logos di rivelazione 365

nel II secolo un l ibro su questo argomento9, e che le ricette per ot­tenere un oracolo in un sogno (òvetpUlTI)Tii) si annoverano tra i testi più comuni dei papiri magici10 •

La rivelazione ricevuta in estasi è un fenomeno più singolare. Si trova in molte forme, il cui tratto comune è l 'estasi stessa, i l fatto d'essere "usciti da sé"" .

A volte i l soggetto, essendo uscito dal suo stato normale, si sente riempito da un soffio divino (8sìov 1tVEÙ!la: Tessalo ), che, improv­visamente, s' installa in lui e gli fa pronunciare l 'oracolo. Questo è il caso dell 'Oracolo del Vasaio12• Conservato in un papiro greco del III secolo della nostra era, è la storia di un profeta di Iside e Osiride sotto il regno di Amenofi. Ricco, con casa e campi , vende un giorno tutto i suoi beni per farsi vasaio. Con questo atto, svilisce la funzione sacerdotale e si dimostra in qualche modo empio: perciò lo si crede pazzo (fr l , l. 1 - 1 0). I l resto del testo, molto rovinato, si riduce in sintesi a questo. La popolazione, irritata da questa mancanza verso gli dei, invade il laboratorio dello pseudo-vasaio e rompe tutti i suoi strumenti. Egli allora cade in estasi13 e, posseduto da uno spirito

Délos, 1 9 1 6, pp. 269; WILCKEN, op. cit. , p. 354; CuMONT, Ég. d'astr. , pp. 1 27-1 29. Un Libro dei Sogni pubblicato da Gardiner (Hieratic papyri in the British Museum, 3• serie, Londra 1 935) prova che l ' util izzo è precedente al periodo el lenistico.

9 Circolavano, allo stesso tempo, molte altre Onirocritica, tra cui quella del favoloso Astrampsico, mago persiano: cfr. BoucHÉ-LECLERCQ, op. cit. , pp. 277-278, ScHMID-Sr.:\.HLIN, II, pp. 804-805, e in ultimo i lavori di FR.-I.NZ DREXL (elencati da FR. PFISTER, Die Religion d. Griechen u. Romer, Bur­sian s Jahresber. , Suppl. Bd. 229, Leipzig, 1 930), in particolare la sua edi­zione deii 'Oneirocriticon di Achmes (Teubner, 1 925). Alcuni testi anche in DELATTE, Anecdota A theniensia, I ( 1 927), pp. 1 65-205, 5 1 1 -547. La moda delle "onirocritiche" si estende fino all'epoca bizantina e molti dei testi editi da Drexl o Delatte sono, di fatto, bizantini.

l O Sulle visioni dei sogni nell'epoca el lenistica, vedi in ultimo A. WICKENHAUSER, Die Traumgesichte des Neuen Testaments in religionsgeschichtlicher Licht, Pisciculi, 1 939, pp. 320 ss.

I l Lascio da parte naturalmente la cresmologia ufficiale (Pizia, ecc.), su cui cfr. BoucHÉ-LECLERCQ, op. cit. , pp. 344 ss.; W.R. HALLIDAY, Greek Divination, 1 9 1 3, ecc.

1 2 MANTEUFFEL, De opusculis, graecis Aegypti e papyris . . . collectis, Varsavia, 1 930), n° 7, pp. 99 ss., RErrZENSTErN-SCHAEDER, Studien z. antiken Synkreti­smus (Leipzig, 1 926), pp. 38 ss.

1 3 È/;EcrTIJKÒ-rroç -rò:lv q�pevò:lv: fr. l , 1. 1 4- 1 5 .

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366 La rivelazione di Ermete Trismegisto - L 'astrologia e le scienze occulte

divino1\ comincia a vaticinare. Il popolo si riunisce, si avverte il re, che convoca e interroga il profeta sempre in uno stato di estasi 1 5• La risposta è così strana che il re si turba, fa venire i principali tra i sa­cerdoti e un ierogrammata (qui, "segretario") per scrivere l 'oracolo del vasaio (fr. 3). Segue allora questo stesso oracolo che annuncia la rovina e la ripresa dell 'Egitto.

A volte lo schema è più complesso. Il soggetto, caduto in estasi, si sente lasciare la terra, salire in cielo16, e là, egli sente una voce divina e il più delle volte gode di una visione. L'esempio classico è quello di Nechepso17 • Durante un'estasi, il re astrologo si sente alzare (?) nell 'aria, sente una voce dal cielo ( Kai 11oi ttç èl;ftxTJcrEV oùpavoù poft), mentre gli appare una forma avvolta da un peplo scu­ro che diffonde del l 'oscurità. Nel racconto di Tessalo, Asclepio forse allude a questa voce divina quando dice al medico: "Il re Nechepso, nonostante fosse uomo molto ragionevole e in possesso di qualsiasi potere magico, non ha tuttavia ricevuto da una voce divina nessuno dei segreti che tu vuoi apprendere"18•

I l rapimento in cielo durante un 'estasi è uno degli aspetti del ge­nere apocalittico: così Enoch ( 1 2, l ) viene "rapito" (ÈÀft!l<p9TJ), "e nessun uomo ha saputo dove fosse stato preso, dove fosse e cosa gli fosse successo". D'altra parte estasi, voce divina e visione sono strettamente associate nell 'Apocalisse. Giovanni, essendo rapito in estasi 19, sente dietro di sé una forte voce, come una tromba, che dice: "Quel che tu vedi, scrivilo in un libro, ecc. [ . . . ]". Allora si volta per vedere chi sta parlando così, ed è in questo momento che la visio-

1 4 8Eo<p6pou 1 . 1 5, ÈK 'toù oùpavoù yvouç 1 6. 1 5 fr. 2, l . 4 Manteuffel dà ÈI;T]mcr�ouNov nòv <ppEViOv. Sicuramente credo che sia

necessario scrivere él;tcr'tn�-tEVov 'tWV <ppEviOv. 1 6 roç 'tiÌ È1tÌ y�ç KU'taÀ.t7tOV'taç oÙpavo�a'tEÌV: VETTIO VALENTE, VI, praef,

24 I . 1 4. Anche nei sogni, il tema della salita in cielo è abituale, cfr. ARTEMIDO­RO, p. 246. 1 Hercher: m .. oumpxoç Eiç 'tÒV oùpavòv àva�aiVEIV ÉÒOSEV Ù7tÒ 'tOÙ 'Ep�-toù ày6�-tEVoç. Sull'espressione oùpavo�a'tEÌv, cfr. Jdéal, indice s. v.

1 7 Fr. l Riess = VETTIO VALENTE, VI, praef, 24 1 . 1 6 ss. Kroll : cfr. REITZENSTEIN, Poimandres, p. 5. L'inizio del testo è rovinato: e8oi;E ÒÈ �-tOt nétvvuxov npòç àépa, poi lacuna; <�À.Éijlavm npocrEul;acr!lat> Reitzenstein, <àp!l�vm> Riess. L'idea di una salita verso il cielo mi sembra in ogni caso ammissibile, e non sono sconvolto, da parte mia, da nàvvuxov <àp!l�vm>. Può ben sembrare a Nechepso di essere salito "tutta la notte".

1 8 CCAG. , VIli, 3, p. 1 37. 1 4 ss. ) 9 ÈyEVÒ!-lT]V ÉV 7tVEU!-tU'tl l, l 0; IV, 2 ; cfr. IÌ7t�VEYKEV ÉV 1tVEU1-!U'tl XVII, 3 ; XXI, ) 0.

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ne gli appare. Più tardi, quella stessa voce come una tromba dice al profeta (IV, 1 ) : "Sali qua (àva�a roòE), e io ti mostrerò che cosa deve accadere d'ora innanzi". Subito, riprende: "Fui rapito in spirito (È'yEVO!lTJV ÈV 7tVEU!!U'tt), ed ecco che [ . . . ]". È, ancora una volta, l 'as­sociazione di estasi e ascesa al cielo.

Gli stessi elementi (estasi, visione, voce, ma non l 'ascesa al cielo) si trovano mescolati nel Pimandro ermetico (C. H. , I, l ):

Un giorno in cui mi ero messo a meditare sugli esseri e il mio pen­siero era andato a librarsi sulle alture mentre i miei sensi corporei erano vincolati come accade a quelli che un sonno pesante20 [ . . . ] , mi parve presentarmisi un essere di dimensioni immense, oltre ogni misura defi­nibile, che mi chiamò per nome e mi disse [ . . . ] .

Più avanti, nel corso della visione, i l profeta vede prima una luce, poi un'oscurità che produce "una specie di suono, un lamento inde­scrivibile", poi esce da essa un grido inarticolato "paragonabile a una voce di fuoco" (C.H. , I , 4). Allo stesso modo, nella ricetta d ' im­mortalità del papiro di Parigi2 1 , il soggetto sale dapprima le diverse zone celesti; poi, quando è arrivato nell'ultima zona, sente scoppi di tuoni e rimbombi nell 'aria, vede le porte (del cielo) e il mondo degli dei all' interno di grandi porte spalancate22, e infine gli appare il dio

20 Estasi e sonno sono spesso paragonati. Così Enoch, che è detto rapito (ÈÀ.i)Jl­q>911 1 2, 1 ), descrive successivamente la sua esperienza in questi termini: "Per me, io ho visto nel mio sonno quel che ora riferisco" (tyw elòov Km:à roùç i\1tVouç JlOU o vùv À.È'yffi 1 4, l ) . I l vero e proprio racconto della visione comin­cia più avanti ( 1 4,8 Kaì ÈJloi èq>' òpac:n::i outffiç 8ix811 · iòoù KtÀ..). Il profeta ascende nell'aria (nuvole, nebbia, corso degli astri, fulmini) a una porta di casa che attraversa; arriva a una seconda casa, la cui porta, di fuoco, è aperta: all ' interno, un trono, e, sul trono, la Grande Gloria. Sente allora una voce che gli dice: "Vieni qui, Enoch, e ascolta la mia parola". Stessa associazione, ancora, di visione e voce.

2 1 Cfr. supra, pp. 354 ss. 22 L'immagine della porta che conduce alla corte celeste è una caratteristica fa­

miliare in questa letteratura. Cfr. PGM , IV, 624 ss. Kaì OIJITI IÌVEQ>yuiaç tàç Mpaç Kaì tòv KOcrJlOV téi'lv 9Eéi'lv, /Sç Ècrnv Evtòç téi'lv 9uprov, éòcrtE ànò tfiç toù 9EOJlatoç i)òovi;ç Kaì tfiç xapàç tò 7tVEÙJlcl crou cruvtpÉXEtv Kaì àva�aivEtv e Ap. Gv. , IV, l ss. JlE'tà taùta elòov, Kaì ìòoù 9upa i) VEQ>YJlÉVll Ev téii oupavéii, Kaì i) q>ffivi) 0 0 . À.È'yffiv (cfr. 1 4, 1 9 tJÌV Àllvòv 0 0 . tòv JlÉyav, Xl, 4 ai Mo ÈÀ.aiat Kaì ai Mo ì..uxviat ai. . . Ècrtéi'ltEç, Xlii, 1 4 t<'ii 911PlQ> Oç)· 'àva�a roÒEo o . ' (2) EU9Éffiç ÈyEVÒJlTJV ÈV 1tVEUJlcl'tt o Kaì iòoù 9p6voç fKEt'tO ÈV t <'ii oupavéii, Kaì È1tÌ tòv 9p6vov Ka9i)JlEVOç K'tÀ.. Vedi anche Enoch, 14, 1 5 Kaì iòoù liMTJ Mpa

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Helios in persona, che gli darà la rivelazione. Tutto questo succede mentre il soggetto è in estasi23, ma questa condizione non gli impedi­sce di ricordare l 'oracolo, per quanto lungo migliaia di versi.

È bene osservare, con BolF\ che gli autori che parlano di estasi e di ascensione celeste sanno bene che non si tratta di un fatto reale, ma di un fenomeno psicologico. Per meglio evidenziarlo, questi au­tori indicano volentieri la doppia condizione del soggetto in estasi : con una parte di se stesso, questi ha attraversato i l cielo e comunica con gli dei; con un'altra parte, si trova ancora sulla terra che non ha mai veramente lasciato. Così Filone scrive, in un passo in cui attacca i sacerdoti "caldei", vale a dire i sacerdoti-astrologi dei suoi tem­pF5: "Tu hai i piedi sulla terra: allora perché saltare sopra le nuvole? Come puoi dire di toccare le cose dell 'etere quando sei radicato al suolo?". Filone polemizza qui contro questa pretesa dei mistici, ma altrove l 'assume e l 'ammira26:

Tutti coloro che, sia presso i Greci sia presso i Barbari, si esercitano alla saggezza nel condurre una vita senza biasimo e senza rimprovero, ben decisi a non subire dal loro prossimo nessun danno né ad esso pro­vocarne in cambio, evitano la compagnia degli arruffoni il cui tempo intero è preso dagli intrighi umani e fuggono i luoghi dove queste per­sone fanno i loro affari - tribunali, parlamenti, locali pubblici, luoghi di riunione, insomma, qualsiasi gruppo, qualsiasi riunione di uomini comuni -: perseguendo una vita senza lotte e pacifica, ottimamente contemplano la natura e gli esseri della natura, penetrano i segreti della terra, del mare, dell'aria e del cielo nonché delle loro leggi fisiche, essi accompagnano nei loro circuiti, col pensiero, la luna, il sole, il coro de­gli altri pianeti e degli astri fissi, legati in basso al suolo dai loro corpi, ma dando delle ali alle loro anime, di modo che, camminando sull'e­tere, essi contemplano i poteri che vi si trovano perché sono divenuti

Ò.VEq>YJlÉVTJ Ka'tÉVavn JlOU Kaì 6 olKoç J.tEiçwv 1:0U1:ou (scii. la casa precedente) Kaì 1\À.oç oiKoOOJlTJJlÉVoç tv yÀ.wcrcratç mJpòç . . . ( l 8) È6Ewpouv oè Kaì doov 6p6vov U<pTJÀ.ÒV . . . (20) KaÌ � Oòl;a � JlEYUÀ.TJ ÈKU6TJ1:0 E7t' aunp . . . (24) KÒ.yw tlJlTJV llwç 'tOU'tOU È1tÌ 1tp6crw1t6v JlOU PEPÀ.TJJlÉVOç Kaì 1pÈJlWV.

23 Cfr. 725 U7tÈKÀ.uwç OÈ EO"Et Tfi lj!Uxfi Kaì ouK ÈV crEaU'tCÌJ ecrEt. 24 BoLL, Off. Joh. , p. 6. Vedi anche i testi riuniti da CuMONT, Le mysticisme astrai

dans l 'antiquité (Bull. Ac. roy. de Be/g. , Classe des Lettres, 1909, n° 5), pp. 256 ss., in particolare, pp. 279-286.

25 FILONE, de somniis, I, l O, § 54 (III, 2 1 6. 14 Wendland). 26 de special. leg. , Il, 3, § 44-45 (V, 97.5 Cohn).

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autentici cittadini del mondo, loro che hanno fatto del mondo la loro città, di cui considerano come membri tutti gli amici della saggezza.

L'ermetismo a sua volta esprime questa dualità di condizione in ciò che è contemplativo, e lo esalta come uno dei più grandi privilegi del l 'uomo (C.H. , X, 24-25):

L'uomo è un vivente divino, da paragonare non al resto dei viventi sul­la terra, ma a quelli di sopra, in cielo, che sono chiamati dei. O piuttosto, se dobbiamo osare dire la verità, è ancora al di sopra degli dei che è stabi­lito l'uomo realmente uomo27 o, almeno, c'è tra loro completa eguaglian­za di potere. Infatti, nessuno degli dei celesti lascerà la frontiera del cielo e discenderà sulla terra: l 'uomo, al contrario, sale anche fino al cielo, e lo misura, e sa cosa c'è in cielo in alto, cosa c'è in basso, e apprende tutto il resto con esattezza, e, suprema meraviglia, non ha nemmeno bisogno di lasciare la terra per stabilirsi lassù, così tanto si estende il suo potere!

E altrove (C. H. , XI, 1 9):

Comanda alla tua anima di andare in India, ed ecco che, più veloce del tuo ordine, sarà là. Comandala poi di trasferirsi nell'oceano, ed essa, di nuovo, sarà subito là, non per aver viaggiato da un luogo ali' altro, ma come se fosse già lì. Comandale anche di volare fino in cielo, essa non avrà bisogno di ali: nulla può farle da ostacolo, né il fuoco del sole, né l' etere, né la rivoluzione del cielo, né i corpi degli altri astri; ma, attra­versando tutti gli spazi, salirà nel suo volo fino ali 'ultimo corpo celeste.

È un'esperienza familiare per l 'ermetista sentirsi al tempo stesso in sé e dappertutto (C.H., XI, 20):

Una volta stabilito nel tuo pensiero che non c'è niente di impossibile per te, considerati immortale e capace di comprendere tutto [ . . . ]. Ele­vati più in alto di qualsiasi altezza, scendi più in basso di qualsiasi pro­fondità. Raccogli in te stesso le sensazioni di tutto il creato, del fuoco e dell' acqua, del secco e dell'umido, immaginando di essere contempora­neamente ovunque, sulla terra, nel mare, in cielo, che tu non sei ancora nato, che tu sei oltre la morte.

27 L'idea che l 'uomo possa essere superiore perfino agli dei si ritrova nello stoicismo, cfr. CuMONT, Recherches sur le symbolismefonéraire, p. 507 (nota alla p. 271 ).

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Che si tratti davvero di un'esperienza mistica, è ciò che attesta il trattato XIII, il cui unico scopo è descrivere l ' iniziazione spiri­tuale grazie alla quale il discepolo raggiungerà i più alti gradi della gnosi. Ora, una volta "rigenerato", ecco come si esprime i l neofita (XIII, 1 1 ):

Divenuto incrollabile per opera di Dio, o padre, mi raffiguro le cose, non con la vista degli occhi, ma con l' energia spirituale che ho dalle Potenze. Sono in cielo, nella terra, nel l 'acqua; sono nell'aria, negli animali, nelle piante; nel ventre, prima del ventre, dopo il ven­tre, dovunque.

Questo nobile privilegio dell'uomo, quella facoltà che egli pos­siede, mediante la contemplazione o l 'estasi, di andare oltre i limiti del suo essere per unirsi agli dei beati, nessuno l 'ha resa meglio di Tolomeo, in un famoso epigramma28:

Lo so, sono mortale e duro solo un giorno. Ma quando accompa­gno, nel loro corso circolare, i ranghi stretti degli astri, i miei piedi non toccano più la terra, mi ritrovo a fianco di Zeus stesso a saziarmi di ambrosia, come gli dei.

Il. RiVELAZIONE RICEVUTA DURANTE UN COLLOQUIO CON UN DIO

Questa seconda modalità di rivelazione può avvenire in sogno o in estasi . Ma può essere ottenuta anche in altri modi, vale a dire con i metodi della magia e della telestica. Un esempio è stato visto nel racconto di Tessalo. Giamblico, nel de mysteriis, espone tutti i tipi di procedimenti di evocazione: incontrarsi e conversare con un dio è un fenomeno che non ha niente d' inaudito ne li 'epoca greco-romana29• Molte volte, dice l 'astrologo Vettio Valente30, "mi è sembrato che

28 Anthol. Pal. , lX, 577. Cfr. CuMoNT, Myst. astrai. , p. 277; Ég. d. astr. , p. 206; BoLL, Vita Contemplativa (Heidelberg 1 922), pp. 19 e 39. Nota che Tolomeo rimanda ancora al tema (piedi sulla terra, pensiero al cielo), ma in senso negativo, in modo ovviamente metaforico: oùKé1:' Èmljlauro yaiT)ç 1tocriv, àìJ...à Kl:À..

29 Vedi soprattutto in proposito Th. HorFNER, Offenbarungszauber, 1-11 (Leipzig 1 92 1 - 1 924).

30 VETTIO VALENTE, VI, praef, p. 242. 1 7.

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gli esseri divini conversassero con me3 1 e sentivo allora che la mia intelligenza era tutta chiara e pura32 per la ricerca".

In queste conversazioni, ci si può intrattenere con un dio, ma an­che con l'anima di un defunto - questo è i l caso di Democrito che evoca l 'ombra di Ostane33 - o con un angelo: così è da un angelo che l si de ottiene la rivelazione dei segreti dell ' alchimia34•

Una delle caratteristiche di questo tipo è la finzione del libro "det­tato" dal dio o dall'angelo durante l ' incontro. Il medico Tessalo pre­vedeva la circostanza; ha preso inchiostro e carta per scrivere sotto dettatura di Asclepio35• Il dettaglio riappare, sotto varie forme, nel genere profetico e apocalittico. Ezechiele (11, 9 ss.) è invitato a man­giare il libro che una mano divina gli tende e che dovrà riprodurre nella sua predicazione. L'angelo dell'Apocalisse dice a Giovanni : "Quello che tu vedi, scrivilo in un libro" (1, I l e 1 9). L' idea di base è sempre la stessa: le parole pronunciate o scritte dal profeta sono parole divine; la saggezza che insegna gli è stata rivelata, viene di­rettamente da Dio stesso. Forse dovremmo vedere una parodia inno­cente di questo tratto nelle Metamorfosi di Apuleio (VI, 25), quando Lucio - che è stato cambiato in un asino, ma conserva i sentimenti di un uomo - si rammarica di non avere tavolette e stilo a portata di mano per scrivere la meravigliosa storia di Psiche, come l 'ha appena raccontata una vecchierella.

Può succedere che i l libro non sia dettato, ma che, essendo stato scritto da un dio stesso e nascosto in un tempio, sia successivamente, a volte dopo molti secoli, riscoperto da un profeta, che trarrà ispira­zione da esso. Questa è la terza modalità di rivelazione.

3 1 rà Seia !-10t 7tpocr6J.tlÀEiv t06Ket: sull'espressione ÒJ.llÀEiv (7tpocrOJ.llÀEiv, cruvo­J.llÀEiv), cfr. già Idéal, indice, p. 335.

32 Letteralmente "sobrio, a digiuno", VT)7tnK6v: cfr. Hans LEWY, Sobria Ebrietas, Giessen 1 929.

33 Cfr. supra, pp. 268-269. Vedi anche HoPFNER in P. W., s. v . Nekromantie, XVI, 22 1 8 ss.

34 Cfr. supra, pp. 299 ss. Sulla continuazione di questo tipo tra gli Arabi, vedi in particolare i racconti in cui Ermete ottiene la visione del suo Nous, detto lo "Spirito della Natura Perfetta", in Picatrix e Istamahis (cfr. infra, p. 375 n. 59): questo Spirito ha i l ruolo di mipeopoç oaiJ.lWV e potrebbe esserci un ricordo del Pimandro.

35 CCAG., VIII, 3, p. 1 36.27.

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III. RiVELAZIONE MEDIANTE LA SCOPERTA DI UN LIBRO O DI UNA STELE

Nulla è più popolare di questo tema che appare già nei racconti egiziani36 e, in verità, nella letteratura di tutti i paesi37•

È ampiamente diffuso negli scritti di rivelazione, che si tratti di astrologia o di scienze occulte (alchimia, magia, ecc.), ma oltrepas­sa questo genere. Infatti, a partire dall ' inizio del periodo ellenistico, Evemero lo utilizza nella sua Sacra scriptio (if:pà àvaypaqnl): infatti la tradizione che riporta sugli dei deriva, secondo i l suo racconto, da una stele d'oro incisa in caratteri sacrP8, che si trovava nascosta in fondo al tempio di Zeus Trifilio nell ' isola di Pancaia39• Questa stele conteneva le grandi imprese (npét�Etç, res gestae) di Urano, di Crono e di Zeus, ed è stata incisa da Zeus stesso: è quindi una rivelazione divina, la cui autorità non può essere messa in dubbio. Durante il pe­riodo ellenistico, è altresì a una stele eretta nel tempio di Ptah-Efesto a Memphis che risalgono le diverse aretalogie isiache di Kyme, An­dros, Ios, come pure l 'estratto che ne dà Diodoro Siculo (I, 27, 4) da una stele di Nysa in Arabia40• Nel I secolo avanti la nostra era, l'autore del l ' Ass ioco si riferisce, per quello che dice sulla sorte delle anime, a una rivelazione del mago Gobria, il nonno del quale l 'avrebbe trovata a Delo, al tempo della spedizione di Serse, iscritta su due tavolette di bronzo portate dalla patria degli Iperborei4 I . I l mito raccontato da Plutarco nel de facie in or be lunae, e che descrive il modo di esistenza delle anime nella luna, proviene da alcune pergamene sacre scoperte a Cartagine che, "al momento della distruzione della prima città, erano state trafugate in segreto e, all ' insaputa di tutti, erano rimaste per lun­go tempo nel terreno"42• Ricordiamo infine che l 'oracolo del Vasaio,

36 Cfr. la storia di Neneferkaptah: HoPFNER, OZ. , II, § 1 2 ss., BmEz-Cu�IONT, Mag. hell. , l , p. 206.

37 Per l'antichità, cfr. Mag. he/1. , l, indice, s.v. Stèles; BoLL, O.ff. Joh. , pp. 7-8; Rev. Bibl. , LXVIII ( 1 939), p. 46, n. 5. Già PLATONE, Critias 1 1 9 cd, cfr. supra, p. 270 n. 59.

38 tà 1tup' Aiyuntioiç iepà KOÀ.OUJ.U:va, DIODORO SICULO, V, 46, 7; llayxata ypa)l-JlUta, VI, l , 7.

39 Cfr. J.KOBY ap. P. W., s. v. Euemeros, VI, 963 s., e supra, p. 270 n. 59. 40 Cfr. PEEK, Der Isishymnos von Andros, Berlin 1 930. 41 Cfr. Pswoo PLATONE, Axiochos, 371 a ss., e, su questo testo, Cu�IONT, Re­

cherches sur le symbolisme funéraire des Romains, Paris 1 942, pp. 48 ss. 42 PLUTARco, de facie, 26, p. 942 C, ed. Raingeard (Les Belles-Lettres, 1 935), p.

4 1 . Sul disaccordo di questa finzione con il tema della rivelazione del mito da

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dopo essere stato come dettato al ierogrammata, alla presenza del re e dei sacerdoti, dal profeta in stato di trance, viene depositato, per ordine di Amenofi, negli archivi sacri di Eliopoli dove tutti possono consultarlo43•

I manoscritti astrologici menzionano un lunarium composto sot­to il re Psammetico da ierogrammati di una saggezza consumata (mivcro<pot): scritto in lettere ieratiche, è stato depositato nel santo dei santi del tempio di Eliopoli dove è scoperto molto tempo dopo44• Vediamo un'altra forma della leggenda nel caso del "libro regale" de­positato su una nave che, miracolosamente salvata dagli dei45, finisce sulla costa "trapezitica" (?)46• Il prestigio del l ibro antico è così gran­de che Tolomeo, nel Tetrabiblos47, non ha paura di far uso egli stesso di questa finzione. Così scrive sulla dottrina astrologica dei confini :

Qui, però, è caduto nelle nostre mani un esemplare molto antico e per la maggior parte rovinato [ . . . ) [2 1 ] La stessa continuazione del te­sto ('tò KU'tÒ. Ul;tv) era molto lunga e ben nutrita di dati, ma difficile da leggere a causa del cattivo stato del libro, ed è con molta difficoltà che può lasciare intravvedere e rappresentare ai nostri occhi il piano com­plessivo dell'autore48•

Nella letteratura alchemica, troviamo il racconto di Bolo il De­mocriteo sull'evocazione di Ostane. Questi annuncia che "i l ibri sono nel tempio": l i si cerca invano fino a quando, essendosi aperta una colonna, vi si scopre la famosa sentenza: "Una natura è affasci­nata da un'altra natura, ecc . [ . . . ]"49• Successivamente, il tema del libro nascosto, poi scoperto fiorì a pieno negli scritti di alchimia

parte dei demoni che servono Crono sull ' isola nordica (9450), cfr. CuMONT, Recherches sur le symbolisme .funéraire des Romains, p. 1 96, n. 3 .

43 Fr. 3, P. Rain. col. I l , 1 7-20, p. 1 06 Manteuffel. 44 CCAG., VII, p. 62, fol. 1 77 = VIII, 4, p. 1 05.4 e Cumont, ivi, pp. 1 02- 1 03.

Vedi supra, p. 244. 45 CCAG. , VII, p. 59, fol . 1 57: tv tQ:l 9eoawanp at6ì..c:p. 46 f.v 'rfj tpa7tEçT]mcfi. Boli propone tv 'tfi TpU7tT]çouvnKfi, "sulla costa di Trebi­

sonda", città del Ponto. 47 I, 2 1 , 20-2 1 , p. 49. 1 4 ss. Boli-Boer. 48 Boli, che segnala questo passo O.ff. Joh. , p. 7, n. 5, cita LuciANO, Philops. 1 2

iepanKa n va tK �i�ì..ou 7tUÀ.atàç 6v6JJata t7tta e il Libro Arcaico del trattato della peonia CCAG., VII, 2, p. 1 67.3 (tv 'rfj �i�ì..c:p àpxaìKft KaÀ.oUJJEVJl), cfr. supra, pp. 1 88, 24 1 , 249 ss.

49 Cfr. supra, pp. 268 ss.

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siriaca e araba. Così leggiamo nelle lettere di Pebechio a Osron50: "Pebechio, il più umile dei fi losofi, a Osron, salute ! - Ho trovato i n Egitto i libri nascosti e divini d i Ostane, scritti i n lettere persiane, e non sono stato in grado di capirli". Chiede quindi una spiegazione al mago persiano Osron, che gli risponde. In una seconda lettera, Pebechio riporta questa curiosa storia5 1 :

"Allora essi ( i discepoli di Ennete) furono in grado di sconfiggere il sortilegio del re, e spiegarono ciò che era scritto nelle steli sacerdotali di Ennete, in ognuna di tali steli. Lessero per sei giorni e mostrarono al re la vera arte. Il re, dopo essersi rallegrato perché il suo desiderio era adempiuto, e dopo aver reso grazie, costruì luoghi segreti in Egitto. In­scrisse l'arte divina e inenarrabile su sette tavolette (o steli), tanto con le proprie mani quanto per mezzo delle mani dei filosofi, e poi le collocò in un luogo segreto. Pose all' ingresso di questo luogo sette porte"52• Su una delle porte, il re fece dipingere il serpente ouroboros e immagini simboliche, e "raccomandò di non aprire la porta dei segreti a nessuno che non fosse di buona nascita o istruito: era bensì necessario riservare tutti i misteri divini per gli adepti del maestro. Così i sacerdoti sigillaro­no tutti i misteri; poi ognuno di loro ritornò nel suo paese"53•

Da parte sua, l 'alchimia araba si mostra particolarmente affezio­nata a questa finzione: per esempio nel l ibro di Ostane "Sui tren­ta capitoli"54, il "Tesoro di Alessandro il Grande"55, il "Libro della scoperta del segreto nascosto della scienza del Kaf'56, la "Tavola di Smeraldo"57, i l "Libro di Ermete sulle Cause degli Esseri"58, per

50 BERTHELOT-DUVAL, Chim. M.A., I l, p. 309 = Mag. helf. , Il, pp. 336-337 (Ostanès A 1 6).

5 1 Mag. hell. , loc. cit., n° 3 , p. 338. 52 Una per ogni pianeta, e con ciascuna indubbiamente di un metallo diverso, in

virtù della corrispondenza tra metalli e pianeti. 53 Cfr. Pimandro, C.H., I, 29 Kaì àva1tÀ.TJpcbcravreç tJÌV eùxaptcrtiav I:Kacrroç

ÈtpcinTJ eiç rtìv ìoiav KOltTJV. - Un racconto simile si trova in un altro scritto siriaco, cfr. Mag. hell. , II, p. 341 ss. (Ostanès A 1 7).

54 BERTHELOT-HouoAs, Chim. M. A., III, pp. 1 1 9 ss. = Mag. hell. , II, pp. 247 ss. (Ostanès A 1 9 a).

55 J . RusKA, Tabula Smaragdina, pp. 73-79. Abbiamo qui la traditio Erme­te-Apollonio di Tiana (Balinas)-Aristotele-Alessandro il Grande-Antioco-al Mu'ta�im.

56 lvi, p. l 09. 57 l vi, pp. 1 1 3- 1 14, 1 8 1 . 5 8 lvi, pp. 1 38- 1 39.

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citare solo alcune delle elucubrazioni del l 'ermetismo arabo59• Il "Li­bro di Crates"60 offre non solo il tema del libro nascosto, poi scoper­to (pp. 45 -46 , 74), ma si può dire che contiene quasi tutti i luoghi comuni della letteratura di rivelazione: rapimento in cielo e visione celeste (p. 46), libro consegnato da un personaggio divino (qui Er­mete Trismegisto: pp. 46-47, 74), libro dettato (pp. 52 ss., 64 ss.), tempio celeste dalla porta aperta (p. 6 1 ), per non parlare di altri mo­tivi che non abbiamo ancora incontrato, ma che sono cari al folclore ellenistico, come il combattimento contro i l drago (pp. 72 ss.).

Le Kyranides ermetiche, a loro volta, sfruttano la finzione del libro nascosto. Infatti, vi si legge nel prologo originale61 : "Questo libro fu inciso in lettere siriache su una colonna (o stele) di ferro" (p. 1 3 . 1 3 De latte). La storia di Arpocrazione, più sviluppata, merita di essere riprodotta (p. 1 5 . 1 1 Delatte):

Ora mi accadde di incontrare un vecchio molto istruito nelle lettere straniere e greche. Diceva di essere Siriano, ma era stato fatto prigioniero ed era rimasto là62• Questo vecchio mi fece fare tutto il giro della città e mi mostrò ogni cosa. Ora, essendo arrivati in un posto a quattro miglia di distanza dalla città, vedemmo, vicino a una grande torre, una colonna che gli abitanti della Siria (= l'Assiria) dicevano essere stata portata e messa lì per la salute e la guarigione degli abitanti della città63 • Guardando da

59 I l motivo del libro nascosto e scoperto in un antro o carnera segreta, a volte unito al motivo della visione di un dio o angelo che insegna, si ritrova ancora in Picatrix (cfr. RITIER, Picatrix, ein Handbuch hellenistischer Magie, Vortr. d. Bibl. Warburg, 1 92 1 /2, Leipzig-Berlin 1 923, pp. 27-29 della ristampa) e in un gruppo di scritti arabi elencati da M. PLESSNER, Neue Materialien zur Geschichte d. Tab. Smar. , in Der lslam, XVI ( 1 927), pp. 93-95: Istama/:lis (cfr. REITZENSTEIN-SCHAEDER, Studien z. antiken Synkretismus, 1 926, p. 1 1 3) dove il racconto è analogo a quello di Picatrix (essendo Ermete il narratore); Ista­ma{is (Ermete entra nella caverna, ecc.; analizzato in REITZENSTEIN-SCHAEDER, Studien, pp. 1 1 2 ss. ); Libro di Balinas sui Talismani; opuscolo ermetico sulla magia (ms. del Tesoro di Alessandro, fol . 44-50: scoperta del libro chiamato Segreto della Creazione in una carnera segreta), ecc.

60 BERTHELOT-HOUDAS, Chim. MA., III, pp. 44-75. 6 1 Traduco sulla versione latina recentemente pubblicata d a Louis DELATIE,

Textes latins, ecc. (cfr. supra, p. 238, n. 66), p. 1 5 . 1 1 ss., e che rappresenta una tradizione del testo più antica di quella dei manoscritti greci.

62 A Seleucia sul Tigri o in una città non troppo lontana. 63 È quindi un monumento talismanico che fa miracoli, una specie di pietra

sacra. Cfr. tra gli Arabi, i monumenti talismanici eretti vicino alle città per proteggerle da qualsiasi danno, BwcHET, Gnosticisme musulman, 1 9 1 3 , p. 49.

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vicino, vidi che questa colonna portava un' iscrizione in lettere straniere. Il vecchio, che avevo interrogato, ben presto accettò di spieganni la cosa, e ascoltai il suo racconto sulla colonna, nonché la traduzione, che mi fece volentieri, in lingua eolica64, dello scritto barbaro. "Vedi", egli disse, "figlio mio, la disposizione di queste tre torri, una delle quali è distante cinque miglia, l'altra due miglia e mezzo, la terza quattro. Esse furono costruite dai Giganti quando vollero salire in cielo: è anche per questa fol­le empietà che furono colpiti dalla folgore, o resi folli per il resto dei loro giorni dal giudizio di Dio, o che Dio, nella sua ira, li gettò nell' isola di Creta". Il vecchio che mi mostrava queste cose mi ordinò di misurare con una corda la dimensione della pietra (= della torre?). Così misurai quella che era la più vicina e la trovai alta 32 cubiti, ampia 78: comprendeva una scala di 208 gradini. Osservammo anche il recinto sacro, nel mezzo del quale vi era un tempio con una scala di 365 gradini d'argento e un' altra di 60 gradini d'oro. Li scalammo per pregare Dio, mentre il vecchio mi rivelava i misteri della potenza divina, che non è bene ripetere. Quanto a me, nonostante il mio desiderio di sapeme di più, rimandai il resto a più tardi e m 'informai solo sulla colonna. Il vecchio allora, dopo aver tolto una copertura di bisso, mi mostrò l'iscrizione in lettere straniere. Poiché conosceva la mia lingua, lo pregai e lo supplicai di spiegarmi il testo, senza evasioni o gelosia. Quindi ecco cosa si leggeva nella colonna [ . . . ] .

Il Compendium aureum di Fiacco Africo, che viene dato come una compilazione estratta dalle Kyranides, presenta lo stesso motivo con la variante che il libro viene trovato, questa volta, in una tomba65:

Fiacco Africo, discepolo di Belben66, a C laudio di Atene il calcolato­re {?)67, buona continuazione degli studi e buon successo nella ricerca ! - Dopo i libri delle antiche Kyranides che ti sono noti e che si attribui­scono al tuo collega Arpocrazione, ho scoperto nella città di Troia, na-

64 aeolica voce, vale a dire in greco. 65 Cfr. DELI.TIE, op. cii. , p. 2 1 3 . Il motivo del l ibro in una tomba è molto popolare

(tomba di Cleopatra, di Alessandro, di Ermete Trismegisto, qui di Kyranos re di Persia): cfr. BoLL, 0./f. Joh. , pp. 1 36- 1 37; RusKA, T. Sm., cap. Iv: "Arabische Nachrichten iiber Hermes und die Verwahrung seiner Biicher in Pyramiden und Schatzkammern", pp. 61 ss. Secondo la credenza degli Arabi, Ermete (il primo E., quello che ha vissuto prima del diluvio) costruì le piramidi per depositarvi tutti i segreti delle scienze prima che il mondo fosse distrutto dal cataclisma (diluvio e fuoco, vedi Asclepio, c. 26), che ha previsto, BLOCHET, Gnost. Mus. , pp. 29-30, H. RITIER, Picatrix ( 1 923), p. 1 4. Egli stesso e Agata­demone vengono in seguito sepolti nelle piramidi.

66 Probabilmente i l Balinas (Apollonia di Tiana) degli Arabi. 67 epilogistico è una congettura di L. De latte per epilogitico, epilogico dei MSS.

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scosto in una tomba con le ossa del primo re Kyranos, questo opuscolo intitolato "Compendio d'oro" perché è una somma di estratti, fatta con cura, in base all'opera più importante delle Kyranides.

Tenniniamo questa l ista con alcune citazioni dai papiri magici. PGM VII, 862: "Sacrificio di profumi alla Luna, di Claudiano68• - Questo stesso libro, proprietà dei Dodici Dei, è stato scoperto ad Afroditopoli69 vicino alla somma dea l'Afrodite Celeste, che abbrac­cia tutto l 'universo". - VIII, 4 1 (Preghiera a Ennete, cfr. supra, pp. 338 s.): "Il tuo vero nome è iscritto sulla stele sacra nell'adyton di Ennopoli, dove sei nato". - XXIV a: "Grande è la Signora Iside! Copia del l ibro sacro scoperto negli archivi di Ennete"70•

Tutti questi esempi, che si potrebbero moltiplicare, illustrano l'a­zione di Trismegisto nella Kore Kosmou. Ennete ha ricevuto diretta­mente dagli dei la rivelazione di tutte le cose (K.K. 5). Avendo visto l ' insieme delle cose e incaricato di farle conoscere agli uomini (che non sono ancora stati creati), incide "i simboli segreti degli elementi cosmici" su steli che nasconde presso gli "oggetti segreti" di Osiri­de, poi ascende in cielo (K.K. 7).

IV. RIVELAZIONE RICEVUTA ATTRAVERSO I SEGNI NEL CIELO

Non c'è bisogno di soffennarsi su questo capitolo. Questo è tutto i l mistero dell'astrologia. Ricordiamo solo il Brontologion e l 'opu­scolo "sui terremoti" attribuito a Ennete Trismegisto71 •

§ 2 . I tipi della rivelazione trasmessa

Come abbiamo già indicato, questa seconda modalità di rivelazione si manifesta essenzialmente in due aspetti : a volte è un saggio che inse-

68 IU.aulitavoù crEÀ.T)VtaK6v (i. e. brl9ut.ta). 69 Ci furono diverse città egiziane con questo nome, dato che Afrodite rappre­

sentava Hathor, cfr. P. W., l, 2793 s. 70 i\vtiypaq>ov iepiiç �i�À.ou n;ç cilpe8EiO"T]ç KtÀ.. Quando si legge soltanto, nel

titolo di una ricetta PGM., III, 424, avnypaq>ov anò iepiiç �i�ì..ou, ci sono tutte le ragioni per credere che questo titolo sia stato accorciato, e che il titolo completo dovesse fare menzione di una scoperta analoga alle precedenti.

7 1 Supra, pp. 1 37- 1 39, cfr. BoLL, Off Joh. , pp. 9- 1 2.

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gna, oralmente o per iscritto, a un re, o a un personaggio, o a colleghi; a volte è un padre che istruisce suo figlio o un maestro il suo allievo.

l. ISTRUZIONE DI UN SAGGIO A UN RE

Come Boli ha mostrato in modo eccellente72, i re hanno diritto alla rivelazione perché sono i più vicini alla divinità. Un trattato ermeti­co conservato da Stobeo (XXIV Scott) fornisce la ragione di questo privilegio. Dopo che Horus ha chiesto a sua madre Iside qual è l 'o­rigine delle anime reali, Iside inizia con una presentazione della co­smologia. I l mondo è diviso in quattro regioni: il cielo, dove vivono gli dei, sotto il comando di Dio; l'etere, soggiorno degli astri, a cui comanda il Sole; l 'aria, dove abitano le anime che sono passate allo stato di dèmoni, comandate dalla Luna; infine, la terra, dimora degli uomini, per la quale l 'autore non vede altro governo che i l governo regale (XXIV, 1)13• Gli ultimi tre capi - Sole, Luna, re - sono ema­nazioni del Re Supremo, e quanto più un capo è vicino a Dio, tanto più è regale: i l Sole è più regale della Luna, questa più del re terreno (XXIV, 2). Ma se il re è l'ultimo degli dei, è a sua volta il primo degli uomini. "Finché è sulla terra, rimane molto lontano dalla vera divinità, ma ha, rispetto agli uomini, qualcosa di eccezionale che è simile a Dio: infatti l 'anima che viene inviata in lui viene da una re­gione superiore alle regioni da cui discendono le anime inviate agli altri uomini" (XXIV, 3). Più divina quanto alla sua origine, l 'anima regale ha anche diritto a una rivelazione più completa.

Sicuramente, il re può riceverla direttamente da un dio e allora ri­guarda la rivelazione diretta. Così è il re Nechepso che, a detta di Vet­tio Valente, ascolta la voce celeste. "La natura stessa", scrive Manilio (1, 38 ss.), "ha dato agli uomini la forza (per conoscerla), essa stessa si è scoperta ai loro occhi : sono le anime regali che essa ha incitato in primo luogo a questa conoscenza, perché queste anime toccano più da vicino il vertice del mondo, in cielo" 74: i sacerdoti vengono solo al

72 O.ff. Joh. , pp. 1 36 ss. 73 Questo potrebbe essere uno dei pochi tratti autenticamente egiziani negli H er­

metica. Bisogna tuttavia ricordare che l 'autore scrive sotto l'Impero, in un momento in cui la monarchia imperiale appare, specialmente nelle province, l 'unico governo possibile.

74 Regales animos primum dignata movere, proxima tangentes rerum fastigia cae/o: è, in due versi, l 'esatto riassunto della dottrina di Stob. Herm., XXIV, 1-3 .

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secondo posto75. Quindi non è sorprendente che i re si facciano istrut­tori. I manoscritti astrologici menzionano un "libro regale"76; tra gli scritti alchemici si trova una conferenza di Cleopatra ai filosofi (= al­chimistif7, e incontriamo questa affermazione in una ricetta magica, PGM , XIII, 226: "Ti ho rivelato qui, figlio, la soluzione facile e be­nedetta da Dio, di cui re non hanno avuto il potere di farsi maestri"78.

Tuttavia, è più usuale nei nostri scritti vedere il re istruito da un profeta o un saggio e il genere epistolare della lettera a un re è una delle produzioni più comuni della letteratura astrologica. A volte, ma più raramente, l ' insegnamento del profeta è dato a viva voce: è così che il C. H. , XVII c i offre un breve frammento di dialogo tra i l profeta Tat (figlio e doppione di Thoth) e un re anonimo.

Cominciamo con i l Corpus Hermeticum, che nel trattato XVI sfrutta il motivo. È una lettera di Asclepio a Re Ammone, che inizia così : "Ti invio, o Re, un discorso importante che è come i l corona­mento e il promemoria di tutti gli altri" . Il seguito del testo presenta una curiosa anomalia. La lingua di questo logos è il greco, come per tutti gli altri logoi ermetici . Eppure, sembrerebbe che la lingua origi­nale di questo logos dovesse essere egiziana, poiché Asclepio racco­manda al re di non far tradurre i l suo discorso in greco, "per timore che i l superbo eloquio dei Greci, con la sua mancanza di nerbo, e per così dire le sue false grazie, non faccia svanire e scomparire la gravi­tà, la solidità, l 'efficacia delle parole della nostra lingua (egiziana). Infatti i Greci, o Re, hanno solo discorsi vuoti finalizzati a produrre dimostrazioni : e questa è davvero l ' intera filosofia dei Greci, un ru­more di parole (Myoov \j/OqJOç). Quanto a noi, non usiamo semplici parole, ma suoni attivamente pieni di efficacia" (XVI, 2). Siccome il trattato si legge in greco, si dovrebbe concludere che questa tra­duzione sia stata composta nonostante la formale raccomandazione di Asclepio e che il traduttore peraltro non si sia reso conto del suo misfatto, dal momento che ha lasciato, all ' inizio, i l passo stesso che lo condanna. Ma, in realtà, tutta questa manfrina è pura finzione. Il logos non è mai stato scritto che in greco. Ed è l 'autore greco che non si è accorto della goffaggine di cui si rende colpevole usando

75 Mani l io, l, 44: tum qui tempia sacris coluerunt omne per aevum, e il seguito. 76 CCAG. , VII, p. 59: supra, p. 373. 77 Cfr. il mio articolo in Pisciculi, pp. 1 1 1 ss. 78 Cfr. BoLL, Off. Joh. , p. 1 38.

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in modo inopportuno i l luogo comune, fortemente apprezzato sotto l'Impero, del potere incantatorio dei vocaboli egiziani in contrap­posizione all' inerzia delle parole greche79• Per di più, la dottrina di questo logos non ha nulla di egiziano: è un'esposizione della teolo­gia solare e della demonologia nel gusto della gnosi del III secolo.

I manoscritti astrologici, come si è detto, forniscono un certo nu­mero di esempi di lettere a un re; si aggiungono due testi dei papiri magici. Tutti questi scritti sono costruiti sullo stesso modello. Dopo una formula di introduzione che analizzeremo fra poco, l 'autore passa immediatamente al suo soggetto, che ovviamente varia in ogni oc­casione. Mi limito qui a indicare i titoli o le formule iniziali; quindi, confrontando i prologhi, cercherò di definire questo genere epistolare.

A. Petosiris a Nechepso

l (a). Riess, fr. 37: Petosiris Nechepso regi salutem. Pronostico sui malati costretti a letto (decumbentes), schiavi fuggitivi o gladia­tori (monomachi) secondo un metodo di onomatomanzia astrologica (cfr. BoucHÉ-LECLERCQ, pp. 538 ss.).

l (b). Riess, fr. 38 = CCA G. , VI, p. 56, n° 1 1 , fol . 294: "Petosiris all'onoratissimo re Nechepso, salve !". Stesso testo del precedente, ma in una recensione più lunga.

l (c). Riess, fr. 39 = CCAG. , XI, 2, p. 1 52. 1 5 ss. (cfr. VIII, I, p. 26, n° 4, fol . 32: inedito). Nessun titolo, la formula iniziale è tron­cata. Stesso testo di l (a-b), ma con varianti e tagli. Resta di questo pezzo, con lo stesso incipit ( 7tEpi i:vòç ÉKacrTou ), una recensione più lunga CCA G. , IV, pp. 1 2 1 - 1 22 (titolo "Lettera del filosofo Petosiris al re Nechepso").

l bis. Riess, fr. 40 (= CCAG. , XI, 2, p. 1 63 . 23) e 4 1 (CCA G. , VIII, l , p. 26, n° 4, fol. 32: edito BERTHELOT, Alch. Gr. , Introduzione, p. 88): "Strumento astronomico di Petosiris dedicato al re Nechepso

79 Questo tema è legato alla diffusissima convinzione che i geroglifici dell 'E­gitto nascondessero misteri profondi: gli Hieroglyphica di Orapollo sono uno degli ultimi testimoni di questa tradizione. Vedi la prefazione di Sbordone alla sua edizione degli Hieroglyphica (Napoli 1 940), e la mia recensione di quest'opera nella Rev. Ét. Gr. , LIV ( 1 94 1 ), pp. 1 3 1 - 1 33 . Sul modo in cui gli Arabi, seguendo i Greci, hanno considerato i geroglifici come una scrittura simbolica destinata a nascondere i misteri dell'ermetismo e del l' alchimia, cfr. BLOcHET, Gnost. mus. , pp. 1 68 ss., H. RlrrER, Picatrix ( 1 923), p. 14, ecc.

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re degli Assiri". Nessuna formula iniziale. È i l primo dei due cerchi di Petosiris, cfr. BoucHÉ-LECLERCQ, p. 538, n. 2 e p. 539, fi�. 44.

2. CCAG., VII, p. 1 60. Nessun titolo o formula iniziale. E solo un frammento di lettera su una ricetta di onomatomanzia astrologica (rap­porti tra le lettere del nome e i segni dello zodiaco) analoga a l (a-c). L'interesse del pezzo è che menziona altre lettere di Petosiris a Nechep­so sui pianeti, loro segni, loro attività e loro relazioni con i segni dello zodiaco80• Non c'è traccia, per quanto ne so, di questa corrispondenza.

B. Lettere a Filippo

a. "Dioniso al re Filippo, salute!": CCAG., V, 3 , pp. 76-78. Modo per calcolare le ore in base all 'ombra che proietta il corpo.

b. "Sesto l'orocratore all'onoratissimo re Filippo": CCAG. , VII, pp. 1 86- 1 90. Stesso testo del precedente, in una recensione piuttosto diversa (i due prologhi hanno lo stesso significato, ma non si sovrappongono ).

C . Bothros a un re8 1

80 Op. cit., p. 1 6 1 .2 ss. oih"ooç él;aKpi�eucrajltNOç (sic: cfr. Riess fr. 38 1 . 1 O, fr. 39 1 .2) ÉKcl<n:OU àm:Époç "tcl "tE crTJjlElU KUÌ tàç 1tpcl/;ELç EUpnç KUÌ lìuiyvoocrn, Ò1toiov tKam:oç EXEL àcrtÉpa, Ka8à Kaì tv ti!> 1tEpì 1tÀ.avfltoov àm:Époov llltEiìEiçUjlf:V À.ÒyQ), Kai, wç f:vtaii8a à1tEypUijlcljlE8a, Eiç 1tOÌOV EO"TIJKE çcplìLOV tKacrtoç. él;ijç Bé crm ÉtÉpaç ÉK8ijcrojlat XPEiaç lìtmp6poov 1tpawatELÒlV, Kpnticrte àvlìp&v NEXE\j/W, pam.Moov pacn.Àcii, KtÀ..

8 1 I l CuMONT, Rev. Philol. , L ( 1926), pp. 24-33, ha dato dello stesso testo un'e­dizione più completa con l 'aiuto di 3 MSS. latini, e commentato l 'opuscolo attraverso testi paralleli in Plinio e i medici antichi. D'altra parte, Bilabel (Phi­lologus, LXXVIII, pp. 40 1 -403) avendo pensato di riconoscere in Bothros un certo p68op menzionato nel romanzo copto della conquista dell'Egitto da parte di Cambise e concludendo (Bothros-Bothor non essendo altri che l'arabo Bou­trous) che l'epistola greca non può precedere la conquista dell'Egitto ad opera degli Arabi nel 640, il Cumont (Rev. Philol. , ivi., pp. 1 3-23) ha dimostrato che è certamente anteriore a questa data, da un lato perché deriva dalla stessa fonte delle Kyranides ermetiche, dall'altro perché questa fonte sembra proprio essere la lettera scritta ali ' imperatore Claudio da Areta, fil arca degli Arabi Sceniti, che menziona LIDo, de mensib., IV, 104 (p. 143 . 1 4 Wiinsch), e la cui autenticità sembra poter essere difesa con validi motivi. In questo caso, questa epistola sarebbe di grande interesse perché ci farebbe conoscere la medicina supersti­ziosa degli Arabi in un'epoca piuttosto lontana (cfr. CuMONT, op. ci t. , pp. 1 8-2 1 e LEvi DELLA VIDA, ivi, pp. 244- 246: accostamenti con autori arabi che hanno trattato le proprietà dell'avvoltoio). Il nome stesso di Bothros rimane miste­rioso, ma �6tpoç, Potpijç, �6tpuç, poutpoç si incontrano nei papiri ben prima

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382 La rivelazione di Ermete Trismegisto - L 'astrologia e le scienze occulte

Sussiste in due recensioni. a. VIII, 3 , pp. 1 26- 127. 1 0 : "Da un certo saggio Bothros a un

re". Della stessa mano, come sottotitolo: "Di un certo saggio, il re Bothrus, a un re".

b. VIII, 3 , pp. 1 27. 1 1 - 1 28 : "Del re dei Persiani Bothros sull 'u­tilità che presentano per molti uomini le proprietà dell'avvoltoio".

I due esemplari hanno lo stesso incipit (noÀ.À.oÌ t&v àv9pro1tCov), ma non si sovrappongono e sembrano essere stati entrambi riassunti in base a un testo più sviluppato82• Ci sono numerosi punti di contat­to con le Kyranides.

D. Nephotes a Psammetico

PGM, IV, 1 54-285 (cfr. HoPFNER, az. , II, § 24 1 -244): "Nephotes a Psammetico, il re d'Egitto per la vita eterna, salve !". Ricetta per avere potere sul dio Kosmokrator e ottenere così 11n oracolo median­te leconomanzia.

E. Pitys a astane

PGM, IV, 2006-2 1 38 (cfr. HOPFNER, az. , II, § 367-370; BtDEZ-Cu­MONT, Mag. hell. , II, p. 308 [Ostanès fr. 28]): "Pitys al re Ostane, sal­ve!". Ricetta di evocazione di un morto per fare di esso un ausiliario (nàpeòpoç). Questo Pitys stesso è detto re (IV, 1 928: àyroyi] lliruoç pa<JlÀ.troç), Tessalo (IV, 2 1 3 8 lliruoç E>ecrcraÀ.où àvàKptmç <r1<11vouç)83•

F. Thphé a achos

PGM , XIII, 957-959: "Nel modo in cui il santo nome è rivelato nella lettera del ierogrammata Thphé a Ochos".

dell'invasione araba (CUMONT, op. cit. , p. 1 3, n. 5). Si noti che in uno dei MSS. latini (Montpell., Ec. de méd., 27, fol. 21 ), la lettera porta la sottoscrizione: Provinciae Babyloniae Alexandri regis Romanorum salutem. Sarebbe quindi la lettera di un imperatore romano (Alessandro Severo? ma questi non regnò sulla Babilonia) alla provincia di Babilonia. In verità, come osserva Levi della Vida (op. cit. , p. 244), potrebbe ben darsi che queste designazioni, "saggio Bothros", "Aretas l'Arabo", "Alessandro re dei Romani", dipendano dall'abitudine degli antichi di attribuire ai saggi o ai re delle conoscenze misteriose.

82 I l primo esemplare usa la forma bizantina e neogreca llÉ per llE'tét. 83 Su Bitos, Bitys, Pitys, cfr. REITZENSTEIN, Poimandres, pp. l 07- 1 08 e W. KROLL,

Neue Jahr. f d. Klass. Alt., XLIX ( 1 9 17), p. 1 56, n. 2.

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Le finzioni letterarie del logos di rivelazione 383

Non c'è altra allusione a questa lettera nei papiri magici.

I l confronto dei formulari di queste lettere fa riconoscere nume­rosi punti in comune.

A. Peto siris ( l b):

Siccome (È1tet8it) la tua anima divina, o il più saggio dei re, si è presa la briga di fare un'indagine accurata sui movimenti degli astri e cerca l'esito delle cose future - il che implica, di fatto, molteplici aspetti e questo è difficile da comprendere -, mi hai chiesto di esporti sotto for­ma di una piccola regola un riassunto di ciascuna delle scoperte che ho fatto riguardo alla vita umana. Ne ho quindi fatto una descrizione esatta e non ho esitato a inviartela. Per te, con il soccorso della previdenza che la divinità ti ispira, opera attraverso i miei scritti.

B. Fi lippo a (Dioniso):

Siccome ho visto (ì8ffiv participio) che sei del tutto pieno di ardore di conoscere a fondo i movimenti delle ore, di quanti piedi84 il giorno si compone in ogni mese, ho cercato di rivelartelo in tutta l'esattezza in modo che ciò ti divenga chiaro.

Filippo b (Sesto):

Siccome, a proposito del movimento delle ore, ti ho visto ( uìcr86flE\'oç) tutto desideroso di apprendere, non esiterò85 a fartelo conoscere.

C. Bothros (ab):

Molti uomini ignorano, o Re, come si fa la dissezione dell' avvoltoio e quali virtù possiede questa anatomia per guarire e fortificare i corpi umani86•

84 Piedi, perché l 'ora si calcola in base all 'ombra del corpo, che si misura in piedi. Boli (CCAG., VII, p. 1 88, n. cr. ad 8) cita Suida É1tT6.1touç meta· miç 7tO<JÌ.V K!lTEIJ.ÉTpOUV Tàç O"Ktàç El;, WV -ràç ropaç É)'iVCOO"KOV.

85 oÙK òKVftcrro: cfr. Petosiris ( ! b) oùK ÙlKVTJcra. 86 àvaTOJ.tll è preso qui sia nel senso di "dissezione" - che si fa senza testimone,

per mezzo di un calamo (o di tre) appuntito, mentre si pronuncia il nome di tre angeli: Adamael (o Adamanel), Elehoe (o Eloel), Abrak (o Babriel = Gabriel?) - sia nel senso di "membra sezionate".

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384 La rivelazione di Ermete Trismegisto - L 'astrologia e le scienze occulte

D. Nephotes:

"Poiché (È7tEÌ) il Grande Dio ti ha stabilito re per la vita eterna e la Natura ha fatto di te il saggio più eccellente, anch' io voglio manifestarti il mio zelo, e ti ho quindi inviato questa ricetta magica che opera con la massima facilità un santo compimento. Se ne fai la prova, ammirerai la straordinaria virtù di questa pratica: infatti otterrai una visione diretta in un bacile, in qualsiasi giorno o notte o luogo che vorrai, vedrai il dio nell'acqua (del bacile) e tu ascolterai, proveniente dal dio, una voce che ti darà in versi l' oracolo che desideri". Più avanti (243), il re è chiamato "Re grandissimo e capo dei magi" (�.uiyffiv KU9TJYEJ.LWV).

E. Pitys:

Poiché (È7tEt8�). in ogni occasione, mi scrivi a proposito della con­sultazione degli skyphoi87, ho pensato che fosse necessario inviarti que­sta ricetta, perché è molto degna di essere amata e potrebbe piacerti oltre ogni misura. Per prima cosa ti indicherò la ricetta stessa, poi ti rivelerò la materia dell' inchiostro che s' impiega in essa.

Tralasciamo C (Bothros), che sembra essere solo un sommario piuttosto tardo. Rimangono AB D E che seguono tutti uno stesso modello, dato che la lettera inizia con un periodo che si apre sia con la congiunzione "poiché" (Èm:i, È1tEtòit), sia con un participio aoristo dello stesso significato. In questo solito stampo, tuttavia, ci sono due tipi: a volte il re ha consultato il profeta e la lettera di quest'ultimo è in questo caso una risposta (A, E); a volte il profeta, avendo consta­tato nel re un grande desiderio di conoscere e una meravigliosa atti­tudine per la scienza, prende lui stesso l ' iniziativa e invia al monarca un'opera di sua iniziativa.

Entrambi i formulari sono, di sicuro, stereotipi. Sarebbe interes­sante approfondire la ricerca e ricostruire, con tutte le sue regole, il piccolo genere letterario della lettera di un saggio a un re.

I bis. LETTERA DI UN PROFETA A UN PERSONAGGIO

La lettera di un profeta a un personaggio è solo una varietà del medesimo genere. In questa categoria si situano, in alchimia, la Jet-

87 Vasi per bere, o forse qui "crani", poiché si tratta del l 'evocazione di un morto.

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Le .finzioni letterarie de/ logos di rivelazione 385

tera di Sinesio a Dioscoro, "sacerdote del grande dio Serapide ad Alessandria"88 e la corrispondenza tra Pebechio e Osron89• I mano­scritti astrologici non offrono, a mia conoscenza, alcun esempio, se è vero che le varie forme del nome del corrispondente di Pitagora sono solo alterazioni di Telauge90, figlio del saggio. Infine, si può citare almeno un esempio nei papiri magici. Questo è la lettera di

Pnouthios il ierogrammata a Keryx

PGM , I , 43- 1 96 (cfr. HoPFNER, OZ. , II, § 1 3 5). Il primo nome deve essere, secondo Preisendanz, Pinouthis o Pinouthios. Ecco l ' i­nizio della lettera:

Pnouthios a Keryx, che adora Dio91, salve! - In qualità d' iniziato92, ho assegnato alla tua custodia l ' Ausiliario93 qui affinché tu non falli­sca nel!' esecuzione di questa pratica. Lasciando da parte tutti i precetti che ci sono stati lasciati in un' infinità di libri, non ti indico che questa sola ricetta dell'Ausiliario [ . . . ] . Quindi ti ho mandato questo libro, in modo che tu lo impari a fondo. Infatti la parola di Pnouthios ha il potere di persuadere gli dei e tutte le dee. Quindi ecco la ricetta per ottenere l 'Ausiliario.

Si noteranno, nel seguito del testo, le raccomandazioni usuali: 1 3 0 "Non comunicare a nessuno, ma nascondi, per Helios, tu che sei stato così onorato ( àl;u:o8eiç, dignatus) da Dio, il Signore, questo grande segreto"; 1 92 "Non trasmettere queste cose a nessuno tranne a tuo figlio, i l figlio dei tuoi lombi9\ quando ti chiederà (la ricetta delle) forze magiche che io ti ho indicato. Sii felice sempre!" .

88 A/eh. Gr., pp. 57 ss. = Mag. he/1. , II, pp. 3 1 2 ss., fr. A 4 a. 89 Mag. he/1. , II, pp. 336 ss., fr. A 1 6. 90 Cfr. infra, p. 390. 9 1 ae�açoJ.UNf!l -ròv 8e6v. L a formula rammenta l' espressione celebre degli

Atti degli Apostoli, oi aE�OJlEVOt (o q>o�OUJlEVOt.) -ròv 8�:6v, su cui vedi in ultimo Kirsopp Lake in Foakes JACKSON-Kirsopp L-\KE, The Beginnings of Christianity, V (Additional Notes to the Commentai")"), pp. 84-96.

92 "Eingeweihter", Preisendanz. Letteralmente "da uomo che sa, che è stato istruito (sui misteri)", Eiowç.

93 m1pe8poç: dio o demone che viene a mettersi al servizio del mago. 94 icrxtvép uiép. La parola icrxtv6ç è un apax, lett. "figlio delle tue anche".

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386 La rivelazione di Ermete Trismegisto - L 'astrologia e le scienze occulte

Riguardo alla lezione, sia orale che scritta, di un saggio ai suoi colleghi, è sufficiente ricordare la lezione di Democrito ai suoi con­fratelli in profezia (supra, pp. 263, 264) e quella di Cleopatra ai "filosofi" (alchimisti)95•

Il. LA "TRADIZIONE" DI PADRE IN FIGLI096

Gli storici antichi riferiscono che, presso i diversi popoli d 'O­riente, i segreti di ogni scienza e ogni saggezza si trasmettevano di padre in figlio. Così tra i Caldei secondo Diodoro Siculo97: "Presso i Caldei, è da padre in figlio che si trasmette la saggezza (<plÀocra<pia), i l figlio succede a suo padre98 ed egli è liberato da qualsiasi altra fun­zione. Da ciò nasce anche che, poiché i discepol i hanno per maestri i loro padri, essi apprendono tutte le cose senza che s i neghi loro nulla (à<p86vooç) e allo stesso tempo prestano tutta la loro attenzione a ciò che viene loro trasmesso, perché credono più fortemente". - Allo stesso modo presso gli Egiziani ancora secondo Diodoro, che prende in prestito qui da Ecateo di Abdera99:

In modo generale essi (i sacerdoti dell'Egitto) si occupano con il re degli affari più importanti come presidenti del consiglio reale (npo�ouÀEUOJ.lEVot), sia come collaboratori ( cruvÉpyoi) che come isti­gatori (EÌ<JT]YT]Tai) e precettori (ùtMcrKaÀot); gli annunciano il futuro attraverso l'astrologia e l'ispezione delle vittime e, secondo i precedenti registrati nei libri sacri, gli indicano le misure di pubblica utilità. Infatti presso di loro non succede come presso i Greci, dove l 'ufficio del sa­cerdote è riempito unicamente da un solo uomo o una sola donna: sono in molti a compiere i sacrifici e gli onori dovuti agli dei e trasmettono questo modo di esistenza alla loro discendenza.

95 Cfr. Piscicu/i, pp. I I I ss. 96 Su questo problema, cfr. già A. DIETERICH, Abraxas, pp. 1 60- 163; Ed. NoRDEN,

Agnostos Theos, pp. 290-29 1 . Vedi anche REITZENSTEIN, HMRl, pp. 40-4 1 (sulla traditio nei misteri); BoLL, Off. Joh. , p. 1 39, n. I . L. DORR, Hei/ige Vaterschaft im antiken Orient dans Hei/ige Ueber/iejèrung, Festgabe . . . Ild. Herwegen (Munster 1 938), pp. l ss., non aggiunge niente per i l periodo ellenistico.

97 DioDoRo SicuLO, Il, 29, 4. Secondo Schwartz, la fonte di Diodoro sarebbe Posidonio.

98 Kaì naie; napà nm:pòc; <'haÒÉXEtat: cfr. DioGENE Laerzio, prooem., 2, 2 Kaì f!ET aùtòv (Zoroastro) yEyovévat noM.ouc; ttvac; Mayouc; Katà òtaòoX"'v, SozoME­No, Hist. Ecci. , II, 9, l Katà òtaòoxi]v yévouc; apxiilkv e BIDEZ-CUMONT, Mag. hell. , II, p. 8, n. 5.

99 DioDoRo Sict:w, I, 73, 4-5.

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Le finzioni letterarie del logos di rivelazione 387

- Anche presso i Persiani, a testimonianza di Ammiano Marcel­lino 100:

Come Zoroastro 10 1 , essendo fiduciosamente penetrato nel profondo dell' India superiore, era giunto a una solitudine circondata da boschi, la cui pace e silenzio si adattavano alle meditazioni sublimi dei Bra­mani102, egli s'istruì sotto la loro condotta intorno alle leggi del mo­vimento dell'universo e degli astri, e, per quanto poté raccoglierli, ai puri riti del culto; poi insegnò ai Magi una parte delle cose che aveva imparato, e tutto questo, insieme all'arte di predire l' avvenire, i Magi lo trasmisero alle generazioni successive, ciascuno per la sua fami­glia. [34] Pertanto, per un gran numero di secoli fino ad oggi, è una sola e medesima stirpe, divenuta una moltitudine, che è consacrata al culto degli dei.

Questa stessa informazione si legge ancora in altri autori . Lo Pseudo Crisostomo (IV sec.)l 03 parla di uno scritto di Seth che gli studiosi si tramandavano di generazione in generazione, rimet­tendolo i padri ai loro figli 104. Uno scrittore siriano, Teodoro Bar Konai 10S, riproduce una profezia di Zoroastro in cui si rivolge ai suoi discepoli in questi termini: "M' indirizzo a voi, amici miei e figli (miei), che ho nutrito della mia dottrina"106. Cosma di Gerusa­lemme (VIII sec.) 1 07 riferisce in questo modo la successione delle dottrine tra i fondatori del l 'astrologia: "Dobbiamo anche parlare di quello che viene chiamato i l cerchio dello zodiaco108 . Il primo che lo ha trattato è Zarathustra, un barbaro; dopo di lui, sono Zames e Damoitas109, suoi figli, poi Orhoiesos, figlio di Damoitas; poi,

1 00 A�I�HANO MARCELLINO, XXIII, 6, 33-34. Cfr. Mag. hell. , I l , p. 32, fr. 8 21 . 1 0 1 Il quale rappresenta invero Zoroastro (e non l staspe), cfr. Mag. he/1. , l. c. , p.

33, n. 3. l 02 Cfr. supra, p. 65 ss. 1 03 Mag. h eli. , II, p. 1 1 8, fr. S 1 2. l 04 Cfr. iv i, pp. 1 1 9, n. 3 . 1 05 Mag. hell. , I l , 1 26, fr. S 15 . 1 06 Cfr. ivi, p . 1 27, n . 3 . 1 07 CCAG., VIII, 3 , pp. 1 20 ss. = Mag. hel/. , II, p . 271 , fr. 8b. 1 08 Letteralmente "zooforo", che porta figure di animali: cfr. C.H. , XIII, 12, Stob.

Herm. , Exc. VI, 2, 1 3 . l 09 Damoitas non sarebbe altri che un doppione di Zamès, e questo nome greco

rappresenterebbe Djamaspa, che fu in effetti i l genero di Zoroastro e il suo successore come sommo sacerdote, Mag. hell. , I l , p. 273, n. 2.

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388 La rivelazione di Ermete Trismegisto - L 'astrologia e le scienze occulte

dopo di loro, Ostane" 1 10. - È infine di padre in figlio che si trasmet­te l 'astrologia tra i patriarchi o i re-profeti di Israele. Sui patriar­chi, ecco un piccolo romanzo che riunisce a volontà diversi Témot ellenistici 1 1 1 :

Questa affermazione si trasmette dalle origini, che le combinazioni degli astri, gli appellativi dei mesi e degli anni e tutto ciò che si può dire ancora sugli esseri celesti, Seth, figlio di Adamo, lo ha inciso in lingua ebraica su tavole di pietra, istruito da un angelo di Dio 1 1 2, e che in seguito, dopo la dispersione delle lingue, Ammone il Greco1 1 3 ap­profondì ulteriormente questa scienza, e altri dopo di lui. Si dice anche che Enoch, il settimo dopo Adamo, incise in lingua ebraica su tavolette di pietra una predizione sulla prossima collera di Dio; dopo il diluvio, alcune di queste tavole furono trovate su una montagna, e, in seguito, le si trasportò in Palestina 1 14•

La menzione "il settimo dopo Adamo" mostra che l 'autore crede a una trasmissione continua da Adamo a Enoch. Proprio Adamo, fonda­tore dell'astrologia, l'aveva trasmessa a Seth, secondo il Testamento di Adamo1 1 5• Un residuo di queste credenze appare ancora in un altro bizantino, il monaco Glykas1 16, che dice di "avere appreso da una storia antica" (ÈK naÀau'iç �Koucraf1EV imòpiaç) che l'angelo preposto agli astri, il divino Uriel, discese accanto a Seth, e che poi, a partire da Seth,

I l O Su questa usanza presso i Persiani, cfr. ancora Mag. hell. , I l , p. 8, n. 5, I, p. 93, n. l . Si noti che, nei misteri di Mithra, la traditio si fa attraverso il pater: la paternità spirituale ha rimpiazzato la paternità naturale quando questa non fu soltanto una casta, ma tutti gli uomini che furono ammessi all'iniziazione. L'i­niziato è il figlio di colui che lo ha istruito, e ha come .fratelli gli altri iniziati.

1 1 1 CCAG., VII, p. 87. 1 1 2 1tapà 8Eiou àyyfAou ÈKiit.SaxSEiç: topos noto della rivelazione diretta da parte

di un angelo (cfr. supra, pp. 299 ss.: Iside a Horus) o da un dio, cfr. ancora PGM, III, 439 Tiìç 7tpai;Eroç tairrT)ç JlEiçrov oùK fcrnv· 7tE7tEipatat Ù7tÒ MavE­Séòvoç, oç aÙ'tÌ]V ÉÀ.él�Eto .Séòpov imò 8EOù 'OcripEroç mù JlEyicrmu.

1 1 3 È il re Ammone d'Egitto, preso qui per un Greco. 1 1 4 Su Seth fondatore dell 'astrologia, cfr. ancora CCAG., V, l , 1 1 8. l O (Manuele

Comneno) e II, p. 1 82.26, VI, p. 3, fol. 1 75 (Stefano). Su Enoch fondatore del l 'astrologia e talvolta confuso, nel Medioevo, con Ermete, cfr. THORNDIKE, Hist. ofMag. , I, pp. 340- 34 1 , I l , p. 220, n. 7; CCAG. , V, l , p. 140, VII, p. 87.

1 1 5 Scritto gnostico cristiano di cui rimane solo una versione arabo-etiopica e una versione greca rielaborata nel l 'opuscolo dello Pseudo-Apollonio, cfr. infra, p. 395 e n. 144.

1 1 6 CCAG., V, l, p. 140.

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Le .finzioni letterarie del logos di rivelazione 389

Enoch rivelò agli uomini i cambiamenti delle stagioni e il senso delle manifestazioni stellari. Per quanto riguarda i re-profeti ebrei, un luna­rium è dato come opera del profeta Davide e di suo figlio Salomone1 1 7• D'altra parte, Salomone trasmette a suo figlio Roboamo un'igroman­zia1 1 8 e rimane di !sacco, figlio di Salomone (?), un trattato dell'urina1 19•

In effetti, come si è recentemente dimostrato1 20, queste indicazio­ni di storic i greci , latini o siriaci sono confermate dalla letteratura indigena di alcuni popoli dell 'Oriente. Scienza e saggezza sono state effettivamente trasmesse in Oriente, di padre in figlio: da una parte i l padre era l 'educatore nato d i suo figlio, dall 'altra scienza e saggezza erano come un sacro deposito che si passava, un segreto (!lucr'ti]ptov) che non doveva uscire dalla famiglia. D i conseguenza, dal giorno in cui scuole di scribi furono istituite in Egitto (sotto i l Nuovo Regno), gli alunni, che evidentemente non erano tutti figli dello scriba, erano chiamati da lui suoi figl i . In un papiro della 1 9• o 20• dinastia 1 2 1 , a proposito degli scribi si legge: "Dal grande al piccolo, (gli uomini) diventeranno loro figli, perché lo scriba è il loro precettore [ . . . ] . I figli degli altri gli saranno dati come eredi, allo stesso titolo dei loro figli". Ugualmente in Babilonia e in Assiria il maestro dà al suo al­l ievo i l nome di figlio: "Vieni, figlio mio, siediti ai miei piedi"1 22. Infine, numerosi passi del l 'Antico Testamento lasciano intravvedere la stessa usanza: un mucchio di sentenze dei Libri Sapienziali inizia­no con "figlio mio" (beni, tÉKVov)1 23, e le relazioni di Elia e di Eliseo sono quelle di un padre con suo figlio124 .

Si è anche dimostrato che, già nell 'antico Oriente, la parola del maestro era considerata come avente un valore creativo e salvifico125• Questa concezione sacramentale della parola, che è così sorprenden­te nel periodo ellenistico - per esempio, lo vedremo, nel C.H., Xlii - e che ha dato tutto il suo peso all' idea di paternità spirituale, già

1 1 7 CCAG., X, p. 1 22. 1 1 8 Cfr. infra, p. 393. 1 1 9 CCAG., XII, p. 208, fol. 78: Ysaac filii Salomonis de cognilione urine.

Dovremmo leggere.filii Abraham? 1 20 L. DORR, Heilige Valerschajt (cfr. supra, p. 386 n. 96), pp. 6 ss. 1 2 1 P. Beatty IV Rs. 2, 5-3, I l : citato da DORR, op. cii. , p. 7. 1 22 Tavoletta citata da DORR, p. 8 . 1 23 V. gr. Prov., 1 , 8. 1 0. 1 5; n, l ; m, ! . I l ; I V , 1 . 1 0.20; v, 1 . 7.20; v1, l , ecc. 1 24 DORR, op. cii. , pp. 9- 1 0. 1 25 DORR, ivi, pp. 1 6-20.

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390 La rivelazione di Ermete Trismegisto - L 'astrologia e le scienze occulte

si fa strada nei vecchi testi. È perché la parola del saggio viene da Dio: "Ascolta, figlio mio Nadin", dice Ahiqar (7, l ), "ascolta la mia parola [ . . . ] come una parola divina". E l 'autore dei Proverbi (xxxi, 1 ) 1 26: "Le mie parole sono state dette da Dio [ . . . ] Cosa conserverai nel tuo cuore, figlio? Cosa? Le parole di Dio, io te le dico, mio pri­mogenito". Da qui gli effetti della parola: "La parola che esce dalla mia bocca non ritorna a me senza effetto, ma esegue ciò che ho vo­luto e compie ciò per cui l 'ho mandata" (Isaia, LV, I l ). In un papiro d'Egitto, i l maestro dice al suo allievo127: "Ho esposto davanti a te una dottrina, ti ho istruito sulla via della vita, per stabilirti su un sen­tiero senza problemi". E nei Proverbi (m, 1 8) si dice che la saggezza sia un albero di vita per coloro che l 'afferrano, colui chi vi si attacca è beato. Secondo il libro della Sapienza (vi, 24), i saggi sono la sal­vezza del mondo (nA.ij9oç 81': crocpc:òv crCOTYJpia KOO'flOU ).

Ora, è molto importante considerare che, nella "piccola letteratu­ra" che ha avuto origine in Egitto, in età ellenistica, per trattare le scienze occulte, la traditio di padre i n figlio è una delle finzioni più consuete.

Vorrei insistere su quest'ultimo punto con esempi tratti in partico­lare da scritti astrologici e magici.

A. "Libro Sacro" di Ermete ad Asclepio (sui decani) = cfr. supra, pp. 1 69 ss. Questo opuscolo si presenta sotto la forma di una lettera, cfr. il preambolo, supra, p. 1 7 1 .

B . Pitagora a Te/auge.

Numerosi esemplari nei manoscritti astrologici : CCAG. , IV, p. 1 5 , n° 5 f. 39 bis; p. 3 1 , n° 1 1 f. 77; p. 4 1 , n° 1 8 f. 274; p. 75, n° 29 f. 3 8; VI, p. 33 , n° 3 f. 97 v; VII, p. 2 1 , n° 7 f. 1 34 v; VIII, l , p. 26, n° 3 f. 32; XI, 2 p. 59, n° 34 f. 82 v; p. 72, n° 35 f. 1 58 . Edito, dopo Tannery e Desrousseaux, a cura di Zuretti, XI, 2, pp. 1 39- 142 sulla base di due manoscritti di Madrid (n; 34 e 35) .

Il nome del corrispondente di Pitagora s i presenta sotto differenti forme: I l i a (IV, pp. 4 1 , 75), Elia (VIII, l p. 26), Telauge (Xl, 2 p. 59),

1 26 24, 69 nel l 'edizione Swete (Cambridge 1 930). Si trova solo nei Settanta. 1 27 P. Beati) IV Rs. 6, 3-9: citato da DORR, op. cit. , p. 1 9.

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Augia (XI, 2 p. 72) 128 • Ma essendo il testo ovunque lo stesso (tranne leggere varianti), penso che Ilia, Elia e Augia siano solo alterazioni di Telauge, nome del figlio di Pitagora, di modo che troviamo qui i l tipo d i traditio da padre in figlio.

Questo opuscolo riguarda l'onomatomanzia aritmetica, così come l 'hanno descritta Tannery129 e Bouché-Leclercq130• Si tratta di sapere chi trionferà di due avversari, litiganti, gladiatori e, più in generale, tutti gli avversari in qualsiasi questione. Si valutano i due nomi in numeri, sommando i valori numerici delle lettere e contando, del numero corrispondente a ciascuna lettera, solo le uni­tà: cioè fino a l O, le unità propriamente dette; da l O a l 00, le unità di decine, da 1 00 a 1 000 le unità di centinaia (è il sistema detto delle monadi). Prendiamo, ad esempio, il nome di Ettore, "EK-rrop. Le lettere addizionate rappresentano: 5 + 20 + 3 00 + 800 + 1 00. Semplificando con i l sistema delle monadi, abbiamo 5 + 2 + 3 + 8 + l = 1 9 . Si divide quindi questo numero per 9 e si prende i l resto, qui l . Supponiamo adesso, d i fronte a Ettore, un avversario di nome Patroclo (il testo greco CCAG. , XI, 2, 1 40.20 porta qui la forma vocativa llchpoKÀE). Ossia 80 + l + 300 + l 00 + 70 + 20 + 30 + 5, che dà, con i l sistema delle monadi, 8 + l + 3 + l + 7 + 2 + 3 + 5 = 30 . Dividiamo per 9, rimane 3 . Per i due avversari Ettore e Patroclo, otteniamo numeri impari ineguali l e 3 . Ma tutti sanno che Patroclo è stato ucciso da Ettore. Per cui, secondo Bouché-Lec­lercq, si sarebbe concluso che, per regola generale, di due avversari rappresentati, dopo le operazioni di cui sopra, con due valori impari inegual i, è quello che è rappresentato dal valore più basso che ri­porterà la vittoria. Così si spiega, nella prima tabella della lettera di Pitagora (op. cit. , p. l 4 1 ), la formula " l trionfa" (iJ a' vtK(i) in tutti i casi in cui gli avversari si oppongono come l a 3 , l a 5, l a 7, l a 9. Per motivi dello stesso orientamento, si conveniva che, nel caso di valori inegual i, uno dei quali è pari, l 'altro impari, è i l più alto che

1 28 "Pronostico di Pitagora archikestor alla molto onorata Augia". apxtXÉ<nopoç è per me incomprensibile, non esiste una parola KÉo .. trop. Dovremmo leggere apxtXÉVtopoç, "l 'arei-conduttore"? KÉVtrop appare nella lingua ellenistica (poetica).

1 29 Notice sur desfragments d'onomatomancie arithmétique (Notices et extraits des mss., XXXI, 2, 1 885, p. 248) = Mémoires scientifiques, IX, pp. 1 7-50.

1 30 Histoire de la divinati an dans l 'antiquité, I ( 1 879), pp. 258 ss., in particolare pp. 261 -263 . Sto seguendo da vicino questa esposizione.

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trionfa, e che, nel caso di valori pari ineguali , la vittoria va al più basso. Così, nella tabella citata, quando gli avversari si oppongono come l a 2, l a 4, l a 6, l a 8, la vittoria spetta al valore di 2, 4, 6, 8. Per contro, se gli avversari si oppongono come 2 a 4, 2 a 6, 2 a 8 , è sempre i l valore 2 che trionferà. Resta i l caso in cui g l i avversari sono "isopsefi", vale a dire in cui la somma delle lettere del loro nome produce lo stesso numero, che, diviso per 9, lascerà lo stesso resto. In questa congiuntura, se il resto è impari, è l'aggressore che trionfa; se è pari, l 'effetto è inverso1 3 1 •

Qualunque sia l 'origine delle regole applicate a questo piccolo gioco profetico, esse hanno evidentemente un carattere aritmetico e sono dovute alla qualità dei numeri. Di conseguenza, si avvicinano ai misteriosi principi che governano i trattati di aritmologia pitagori­ca dell 'era greco-romana132• Ora proprio uno di questi opuscoli è as­sociato al nome di Telauge. Secondo Giamblico infatti (v. Pyth. 1 46, p. 85.5 D), circolava nella setta pitagorica un logos hieros attribuito talvolta a Pitagora stesso, talora a suo figlio Telauge (cfr. Diogene Laerzio VIII, 43), che lo avrebbe composto secondo documenti se­greti lasciati da Pitagora alla sua famiglia. Questo "discorso sacro", in prosa dorica, affrontava l'essenza eterna del Numero, "principio infinitamente saggio dell' insieme del cielo, della terra e della natura intermedia, radice della permanenza (Ota)lovàç) degli esseri mortali , degli dei e dei demoni"133• Tra queste alte speculazioni e la divina­zione con i numeri, non c'è una grande distanza nell'antichità. Come ha giustamente detto A. Delatte, l'aritmetica, tra gli antichi, "restò per lungo tempo una pseudo-scienza alla quale non possiamo più dare decentemente oggi il nome di aritmetica. Il nome di aritmo­logia potrebbe servire comodamente per designare questo genere di osservazioni sulla formazione, il valore e l ' importanza dei primi

1 3 1 Nella seconda tabella, CCAG., Xl, 2, p. 1 4 1 , è necessario leggere sicuramen­te: �P' ò É')'KaÀ.01JflEVoç (e nome ò eyKaÀ.rov) vtK� Kaì ò npérmov. Allo stesso modo, nella seconda recensione (Augia), ivi, p. 1 40, 4• e 3• l. dal fondo della pagina, leggi: EÌ OÈ -rpd; Kaì -rpEiç, ò f:yKaÀ.&v (e non ò EyKaÀ.OUflEVoç) vtK�.

1 32 Su questo tema, cfr. l' opera citata di A. DELHTE, Études sur la /ittérature pythagoricienne, pp. 1 39-268, in particolare pp. 1 9 1 -208.

1 33 fm OÈ Kaì Elvr]-r&v (ego: 8Eiwv, cod., 8Eiwv àv8pcimwv Deubner) Kaì 8Ewv Kaì Oatf.!Òvwv Otaf.!ovàç piçav, GJAMBLICO, de v. pith. , 28, 1 46, p. 83.2. Cfr. SJRJA­NO, p. 9 1 2 8 na-rÉpa 8E&v TE Kaì Oatf.!Òvwv Kaì -r&v Elvr]-r&v miv-rwv àpt8flÒV ÒVUflVEÌ.

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dieci numeri, dove si mischiano la sana ricerca e le fantasie della religione e della filosofia"134• Lo stesso autore fa anche osservare che il carattere religioso andò sempre più accentuandosi in questi scritti di aritmologia, fino al punto che nei primi secoli della nostra era "l' Aritmologia comprendeva ormai soltanto i rapporti tra le divinità e i numeri"135• D 'altra parte, che i circoli pitagorici, appassionati di aritmologia, abbiano praticato anche l 'astrologia e la divinazione, lo sappiamo dall'esempio, tra gli altri, di Nigidio Figulo. Non è quindi inverosimile supporre che la Lettera di Pitagora a Te/auge dei ma­noscritti astronomici provenga davvero dalla setta pitagorica e che sia da classificare sulla scia degli opuscoli aritmologici studiati dal De latte.

Ecco l ' inizio: "Dopo aver affrontato molte prove (1tatlcòv: altre recensioni hanno )la9còv o KUTU)la9wv) e fatto molti esperimenti, ti invio questo piccolo libro che contiene una tabella (1tÀtv9iòa) piena di fascino. Chiunque lo leggerà saprà, grazie alle lettere sottostanti, il passato e il presente e anche l 'avvenire"1 36•

C. Igromanzia di Salomone a Roboamo = CCAG. , VIII, 2, pp. 1 43 ss . 1 37•

Secondo Heeg (ivi, 1 40), il testo è stato rielaborato alla fine del periodo bizantino nell 'Italia meridionale, ma deve essere stato scrit­to in Egitto, nello stesso periodo degli altri apocrifi magici di Sa­lomone di cui già testimonia Flavio Giuseppe138, cioè nel I secolo avanti la nostra era. L'ordine dei pianeti ( 1 44. 14 ss.) - Sole, Venere, Mercurio, Luna, Satumo, Giove, Marte - non può che essere quello

1 34 DELAITE, op. cii., p. 1 39. 1 35 lvi, p. 1 40. 136 I o testo di Zuretti (Telauge). I l 2° testo (Augia: op. cii. , p. 1 39, sotto il l o

testo) porta: "ciò che sarà il presente, l' avvenire e il passato, e se il malato tornerà in salute".

1 37 Secondo Monac. gr. 70, f. 240-254. Recensioni vicine (con alcune varianti), Athous Dion. 282, f. 28 v (= DELAITE, Anecdota Atheniensia, pp. 649-65 1 : solamente estratto) e, a quanto pare, Taurin. gr. C, VII, 1 5, f. 75 v (= CCAG., IV, p. 1 6 : bruciato). Un preambolo analogo si legge all ' inizio del Trattato di Magia di Salomone, in due recensioni vicine: Paris. 241 9 f. 2 1 8 (= An. A t h. , pp. 470 ss.) e Har/eian. 5596, f. l 8 v. (= An. Ath., pp. 397 ss.).

1 38 Ant. Jud. , VIII, 44. Cfr. WELLMANN, Physiologos, p. 58, n. 164.

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degli Egiziani, malamente copiato1 39• L' inizio, come si è notato da molto tempo1 40, ricorda un passo della Kore Kosmou (§ 32).

Piccola Chiave dell' arte totale dell' igromanzia, scoperta da diversi operatori e dal santo profeta Salomone1 4 1 nella quale (scii. igromanzia) sembra scrivere a suo figlio Roboamo.

Presta orecchio, molto scrupoloso142 Roboamo, figlio mio, ali 'esatta esposizione di quest'arte, che ti faccio, io tuo padre Salomone, riguardo alle operazioni in cui risiede tutta la cura dell'igromanzia - per sapere che è necessario prima di tutto possedere a fondo le osservazioni relati­ve ai pianeti e ai segni zodiacali, e, dopo di ciò, proseguire la ricerca e agire secondo il suo volere.

Roboamo dice allora a suo padre Salomone: "Padre, in quali og­getti risiede il potere magico delle operazioni?". E Salomone dice : "È nelle piante, nelle formule e nelle pietre che risiedono tutta l'arte, il favore e il potere magico dell 'effetto desiderato. Innanzitutto, co­nosci le posizioni dei sette pianeti [ . . . ]".

Segue l ' indicazione dettagliata: ( l ) dei sette pianeti e di che cosa bisogna fare nelle loro ore, cioè, nell'ora in cui essi dominano ogni giorno della settimana, 1 44. 1 0- 1 49.27;

2) degli angeli e demoni che dominano in c iascuna ora, 1 49.34-1 54. 1 6;

3 ) delle preghiere a ogni pianeta e agli angeli, 1 54. 1 7- 1 57.30; 4) dei segni magici di c iascun pianeta, 1 57 .3 1 - 1 59.6 (mancano i

segni della Luna); 5) delle piante dei segni zodiacali, 1 59.7- 1 62 . 1 8 ; 6) delle piante dei pianeti, 1 62. 1 9- 1 65 .23 . Il prologo è estremamente interessante per il nostro argomento,

perché offre una peculiarità che ritroviamo in alcuni logoi erme­tici (Asclepius, Stobaei Hermetica, II A + II B + Xl 143); l 'opusco-

1 39 HEEG, p. 1 44, n. 2. Lo si ritrova nel l 'heptazonos di PGM, XIII, 2 1 7, dove è messo a confronto con l 'ordine detto "ellenico", cfr. infra, p. 397, n. 1 50 e 1 5 1 . Si deve leggere Saturno Giove Marte Sole, ecc.

1 40 REITZENSTEIN, Poimandres, p. 1 87, n. l . Cfr. np60EXE, iò ÙKpi�Éata"tE uiÈ Po­�oall e K. K. 32 1tpOOÉXE, "tÉKVOV ?0.pE.

1 4 1 Athous: "e composto da Salomone", Kaì <JUV"tE8ÈV napà "tOÙ r. 142 0 "molto penetrante" O "molto preciso": aKpt�ÉCI"tQ"tE è appropriato, in ogni

caso, a un allievo. Il Paris. 24 1 9 ha np6aEXE àKpt�wç. 1 43 Cfr. su questo punto, Rev. Ét. Gr. , LV ( 1 942), pp. 97- 1 00.

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lo dovrebbe essere uno scritto ( <paivETat ypa<pelV) di Salomone a Roboamo, e allo stesso tempo presenta una parte di dialogo in cui Salomone stesso parla con suo figlio.

D. Libro di saggezza di Apollonia di Tiana a Postumo = CCAG. , VII, p . 1 75 144•

Secondo Boll (p. 1 7 4 ), l 'opera è evidentemente apocrifa ma deve essere anteriore al Contro ferocie di Eusebio, perché questi in esso già allude a "futi l i invenzioni" (rrepiepyot llTJxavai) attribuite ad Apollonio145• La data di composizione sarebbe quindi compresa tra i l 2 1 7 (Filostrato, Vita di Apollonia) e il 3 1 1 -3 1 3 (Eusebio, Contro ferocie). L'autore è probabilmente appartenuto a un ambiente di gnostici cristiani : egli fa predire ad Apollonio la venuta di Cristo, il quale, dice, "non di struggerà la mia scienza astrologica, perché tutto ciò che ho conseguito è attraverso il suo potere che io l 'ho compiuto e fermamente stabilito"146; inoltre, l 'opuscolo presenta molte analogie con un altro prodotto dello gnosticismo cristiano, i l Testamento di Adamo.

Libro di saggezza e d' intelligenza dei risultati (astrologici) di Apol­lonio di Tiana, che lo scrive per l' insegnamento del suo discepolo Po­stumo Talasso, parlandogli in questi termini:

Ascolta, figlio mio, e ti farò scoprire il mistero della saggezza, miste­ro inintelligibile, ignoto e sconosciuto a molti, sulle stagioni e i tempi, le ore del giorno e della notte, sul loro nome e la loro influenza e la vera saggezza che vi si trova nascosta. E ti rivelerò le conquiste della scienza che mi è stata data da Dio, grazie alle quali sono insegnati i primi elementi (cn:ow:toùvtat) di tutto ciò che Dio ha creato sulla terra. In effetti ho prodotto quattro libri più preziosi dei gioielli d'oro e delle pietre di un grande valore: uno di astronomia, l'altro di astrologia, il terzo "scolastico" (? crxoAa.crttKT'Jv ), il quarto, più nobile di tutti gli altri, contenente i segni potenti e terribili e anche i prodigi e i misteri, intendo il libro che insegna i primi elementi ( ti]v m::pì crtOtXEtrocr�:roç) delle cose

1 44 Secondo il Berolin. 1 73, f. 72 v. Esiste un'altra recensione più lunga in tre manoscritti d i Parigi: editi a cura di NAu, Patr. Syr. , l, 2, pp. 1 363 ss. Su questo curioso pezzo, cfr. BoLL, CCAG., VII, pp. 1 74- 1 75 e 0./f. Joh. , pp. 1 4 1 - 1 42.

145 EusEBIO, c. Hier. , p. 407.27 Kayser. 1 46 P. 1 76 22 ritv OÈ U7tOT€ÀEOJ.!IlTIICIÌV �v tyw 1tOlTJO(I) OÙK aqJ!lvt0€1, Ot6n nàv

onEp anE<ÉÀEaa J.!E<à tilç aù-roù ouvaJJ.Eroç anE<ÉÀ.Ecra Kaì ta-rEpÉroaa.

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visibili create da Dio, affinché chiunque legga questo libro possa, se lo desidera, portare a termine con successo tali prodigi.

L'autore formula successivamente raccomandazioni per l 'asti­nenza: astenersi da qualsiasi cattiva azione negativa, in particolare da qualsiasi contatto con la donna, specialmente se è nel tempo delle sue mestruazioni.

1 76. 1 1 . È quindi necessario, come ho detto, seguire esattamente queste raccomandazioni, se almeno si vuole mettere completamente sotto il giogo della Necessità gli esseri della terra, "slegando" gli alberi, "legando" gli uccelli, le bestie, i serpenti, il soffio dei venti e il corso dei fiumi. Colui che pratica esattamente questa scienza dice e pronuncia i nomi di Dio grande e onnipotente, i nomi che convengono ad ogni momento e ogni volta.

Apollonia annuncia allora la venuta di Cristo e aggiunge ( 1 76.24): "Il tempio che ho costruito a Tiana, e nel quale ho eretto una colonna d'oro, diventerà oggetto di culto per tutti gli uomini". Poi, dopo il luo­go comune: "prestami attenzione" ( 1 76.26 7tpocrf]KEt Oij <JE 7tpO<JÉXElV 'tÒV voùv), si passa all'argomento in discussione ( 1 77.3 ss.):

l ) Segni zodiacali e nome mistico assegnato a ogni stagione, 1 77.3- 1 2;

2) Nome mistico e influenza di ogni ora del giorno, 1 77. 1 3- 1 78 .7 ; 3) Nome mistico e influenza di ogni ora della notte, 1 78 .8- 1 79 .8 . Questo paragrafo sulle ore si conclude così ( 1 79.9- 1 2): "Tali sono

le denominazioni che Dio ha stabilito nei sette giorni della settima­na: le ho apprese e le ho conosciute nel dono di Dio e te le ho rive­late. A chi ha ben compreso non vi sarà nulla di nascosto, ma tutte le cose gli saranno sottomesse".

4) Ore favorevoli di ogni giorno della settimana e angeli preposti a questi giorni, 1 79. 13 - 1 80.8 . Ecco la conclusione di questo para­grafo ( 1 79.23 ss.):

Tali sono, in ciascuno dei sette giorni, le ore che Dio benedice. Qua­lunque operazione tu voglia preparare, veglia su queste ore come si veglia su un tesoro nella terra: infatti gli uomini saggi hanno nascosto queste ore nel loro cuore, come un tesoro nella terra, perché in esse giace il respiro della saggezza. Non essere incredulo riguardo a questo libro, perché è Dio stesso che ha stabilito la scala di queste ore del giorno e della notte,

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ed è mediante il suo nome potente e nascosto che tutto si compie. Io stesso d'altronde, tenendo conto delle ore sopra descritte, ho compiuto le mie previsioni e non si possono avere dubbi su questi risultati. Ora, se non avessi riconosciuto che la natura umana non dimora quaggiù, ma che si reca in un altro mondo, non avrei rivelato la mia saggezza a nessuno, figlio mio, perché essa è più preziosa dell'oro e delle pietre di grande valore. Ma io te la mostrerò, così tu ti ricorderai sempre di me147•

E. Libro sacro intitolato "Monade " o " VIII Libro di Mosè " sul nome santo = PGM, XIII, I ss.

La formula finale "Stammi bene" (Éppwcro: vale) dimostra che questo scritto è una lettera a un discepolo148: doveva quindi sicu­ramente avere un prologo o, almeno, qualche formula iniziale di saluto; il copista l 'ha tralasciata. Il Libro Sacro sopravvive in due recensioni: (A) 3-234, seguito, in appendice, da una raccolta di ri­cette "espletate in base al l ibro" 235-340, con conclusione 340-343. (B) 343-730, seguito, in appendice, dall' indicazione di nomi divini e diverse preghiere, 735 ss. I brani che ci interessano si trovano in A, alla conclusione del l ibro e nell'appendice, in B ali' inizio dell' ap­pendice. Diverse indicazioni sono di mano del copista, ad esempio: 4, dopo il titolo: "Ecco il contenuto del libro" (nsptÉXEt òè o\rrwç); 2 1 3 "Per quanto riguarda la determinazione del pianeta che presiede il giorno, il libro contiene questo" (nsptÉXEt o\rrwç); 730, dopo ave­re, alla fine del libro, ripetuto il titolo "Libro segreto di Mosè, libro VIII", il copista aggiunge: "In un altro esemplare che ho scoperto, c'è scritto [ . . . ]" 149 (segue una nuova forma del titolo).

2 1 3 ss. Informati, figlio del pianeta a cui appartiene il giorno se­condo l'ordine greco1 50, vai all'Eptazono1 5 1 , conta a partire dal basso e

1 47 Boli cfr. VETIIO VALENTE, prooem. a VII (263.4 ss.) e IX (33 1 .4 ss.), e ivi, pp. 30 1 .3 ss., 359.2 1 . Parodia in LuciANO, Tragodopodagra, v. 27 1 ss.

1 48 Come ha già evidenziato DIETERICH, Abraxas, pp. 1 60 ss. 1 49 tv lW..cp, <o> EÙpov, tytypa7t'to: cfr. V, 5 1 , tv &t llimç àvnypa<pmç tytypa7t'to. 1 50 tiç 'tÒ 'EU.T]VtK6v: Sole, Luna, M arte, Mercurio, Giove, Venere, Saturno (è la

nostra settimana). 1 5 1 eÀ.8cbv Eiç 'tTJV E7t'taçrovov (scii. cr<paìpav). L'eptazono sembra essere stata

una sfera astrologica per determinare i confini o termini planetari (opta: cfr. VEmo VALENTE, III, 9, p. 144. 1 4 ss.; BouCHÉ-LECLERCQ, pp. 2 1 3-2 1 5) secon­do l ' ordine egiziano dei pianeti (Sole nel mezzo, tra Saturno Giove Marte sopra, Venere Mercurio Luna sotto): cfr. VETTIO VALENTE, VI, 7, p. 256.29

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troverai [ . . . ]. (Seguono le due tavole - ordine greco, eptazono - quindi, 1 .226:) Ecco, ti ho mandato, figlio, la soluzione facile e gradita a Dio, che i re stessi non hanno avuto la forza di trovare1 52• L'iscrizione sulla tavoletta di natron 153 , la farai con inchiostro estratto dai fiori dei sette pianeti 1 54 e dai loro aromi. Allo stesso modo per la "lenticchia"1 5S, che ho descritto allegoricamente nella mia Chiave, la preparerai per mezzo dei fiori e dei profumi del sacrificio' 56•

230. Ecco, figlio, ti ho inviato tutta quanta l 'iniziazione della Mano­de. Ma voglio a essa allegare ancora, per te, figlio, le ricette del libro sacro che i saggi hanno eseguito secondo questo libro santo e beatifico. Secondo il giuramento che ti ho fatto prestare1 57, figlio, nel tempio di Gerusalemme, ora pieno di saggezza divina 1 58, tieni questo libro in se­greto, che nessuno lo trovi.

ss., oi 1tÀ.I:imm J.lÉVtm J.lEpiçoucrt toùç XPÒvouç È1tÌ micrT]ç ytvécrtroç Katà ri)v É7ttaçwvov àp/;aJ.lEVOt émò Kpòvou · f7tttm �ti, dm '1\ptt, dm 'Hì..iQJ, J.1E8' ov A.cppoÒiTI], f7tEtm 'EpJ.lft KaÌ él;iiç LEÀ.tlvtl ' KQÌ ÒJ.lOiroç Katà àvaidJKÀ.TJcrtV 'tÒJV XPÒvwv crKÒ7toucn tòv òtcr7t6çovm tiiç É�ÒOJ.laÒoç Kaì téiiv tlJ.lEpéiiv. Questa è esattamente l 'operazione prescritta nel papiro.

1 52 Cfr. supra, p. 379 e n. 78. 1 53 Èmypaljlttç ÒÈ tò vhpov, 228: cfr. 38, tha tft Ka8oÀ.tKft crucrtacrtt (per servire

come raccomandazione a tutti gli dei con i quali si entrerà in contatto) ÉXE vhpov (una tavoletta di natron), tEtpaywvov, tiç o ypaiJIEtç tò J.lÈya 6voJ.la miç É7ttà cpwvaiç.

1 54 Sono nominate 23 ss., in base a un libro di Manetone: maggiorana (Satumo), giglio (Giove), loto d 'Egitto (sorta di ninfea: Marte), ÈptcpuÀ.À.tvov (?: Sole), narciso (Venere), violaciocca (Mercurio), rosa (Luna). Per le piante dei piane­ti, cfr. supra, pp. 1 77 ss.

1 55 tòv 6po�ov, 228: si tratta di una pillola, composta da vari ingredienti. Cfr. 2 1 , o ÒÈ À.ÈyEt ÈV tft KÀ.Etòì Moucrçiiç · crKeuacrttç È1tÌ 7tavtòç 6po�ov t')À.taKòv · (cfr. Tessa lo, CCAG. , VIII, 3, p. 1 35 . 1 7, crKeuacraç yàp tòv u1t' aùroù 8auJ.laç6J.1E­vov tpoxicrKov t')ì..taKòv), K6aJ.lOV Aiyti1tnov routotç À.Èytt.

1 56 ÈK . . . téiiv Èm8uJ.1Utrov, 229: ve ne sono anche 7, corrispondenti ai 7 piane­ti, cfr. 1 7 ss. : storace (Saturno, "perché è forte e di gradevole odore"), bete! (Giove, J.laÀ.U�aepov), costus (Marte), incenso (Sole), nardo indiano (Venere), cassia (Mercurio), mirra (Luna).

157 C'è qui l ' imitazione di un giuramento di mistero, cfr. IV, 85 1 , 6J.1VUJ.li crm 8t­ouç 'tE ayiouç Kaì 8toùç oùpaviouç J.lTJÒEVÌ JJ.Etaòoùvat ri)v LOÀ.OJ.lÒlVoç 7tpay­jlQ'ttlQV J.lTJÒÈ J.ltlV È1ti tou tùxepoùç 7tp6.ttttv . . . J.lt'J m.Oç crot J.llÌVtç Tl]p1]8tiTJ e supra lside a Horus, p. 302; Kyr. , prooem., p. 3 .6- 10 Ruelle; VEnto VALENTE, VII, prooem. (p. 263 . 1 9), VII, 5 (p. 293.25), CuMONT, Un fragment de rituel d 'initiation au.x mystères in Harv. Theol. Rev. , XXVI ( 1 933 ), pp. l 5 1 ss., e i l mio articolo su Tessalo, Rev. Bibl. , XLVIII ( 1 939), pp. 50-5 1 .

1 58 O " della teosofia" (tiiç 8tocrocpiaç) già in senso tecnico.

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Le ricette aggiunte in appendice (235-340) sono seguite da una nuova e definitiva conclusione (34 1 ):

Tu hai lì, figlio mio, il libro santo e beatifico della Monade che nessuno ha avuto la forza di spiegare o mettere in pratica. Buona salute, figlio!

E ora ecco l' inizio dell 'appendice sui nomi divini nella recensio­ne B (735 ss.):

Per ottenere una visione personale, figlio mio, terrai per giunta in considerazione gli dei del giorno, dell'ora e della settimana, secondo quanto è nel libro, i dodici signori del mese ("roùç 1P' tpmKovtapxaç) e il nome di sette lettere che è nel primo libro159 e che trovi indicato anche nella Chiave, nome grande e ammirevole. Infatti è questo nome che dà vita (tò àvaçronupoùv) a tutti i tuoi libri di magia. Ti ho fatto anche conoscere il giuramento che è prescritto per il libro. Dal momento che avrai riconosciuto il potere del libro, lo manterrai segreto, figlio mio: infatti tiene in deposito il nome del Signore, cioè l'Ogdoade, Dio, che ordina e governa l' intero universo160•

F. Kyranis, procem. 3 , p. 3 .6- 10 Ruelle.

Questa parte del prologo appartiene alla prima versione della Kyranis (= libro 1), alla versione che si può dire ermetica161 • Risale al più tardi al III secolo e può essere, come abbiamo visto162, molto

! 59 Il réìiv ç ypaflJ.uirrov OVOflU di 737 è senza dubbio lo stesso del f.1Éya ovoJla tai:ç bttà cprovai:ç, il nome di 7 vocali di 40 e 423 ( ràç ç cprovétç). Queste sette vocali rappresentano ognuna un pianeta, e il Dio supremo, fissato nel (o con­fondentesi con il) Cielo supremo sopra le 7 sfere planetarie, è quindi giusta­mente chiamato l'Ogdoade, cfr. DIETERICH, Abraxas, pp. 4 1 -43; REITZENSTEIN, Poimandres, pp. 263-269; DoRNSEIFF, Alphabet in Myst. u. Magie, pp. 43-44, che cita un passo della 2• recensione del L. di Mosè (555 ss.) dove la corri­spondenza vocale-pianeta funge da sorta di anagramma simbolico: Kaì réìiv ç àcrtÉprov gET\touro, �TJtOUro (in tal modo, lasciando ogni volta una vocale, fino a 1Q, poi si riprende il gioco, da 1QUOlTJEU ad W àvaypUflflU'tlSOflEVOV J.1Éya KUÌ 9auJlacrr6v. Vedi anche Ch. Em. RuELLE-Élie PoiRÉE, Le chant gnostique des sept voyelles, Solesmes 1 90 l .

160 È l 'Ogdoade stessa che è Dio, il nome contiene i l potere divino secondo la credenza egiziana: ecco perché àvaçro7rupei:. Sull'Ogdoade, cfr. Poimandres, pp. 53 ss. a proposito di C.H., I, 26.

1 6 1 Cfr. supra, p. 240. 162 Cfr. supra, pp. 242-243.

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più vecchia se è davvero alla Kyranis a cui Luciano fa riferimento quando si prende gioco della Kyranne.

Avendo ricevuto dagli angeli 163 il dono incomparabile di Dio, il dio Er­mete Trismegisto lo condivise con tutti gli uomini dotati di intelligenza. Pertanto, non comunicarlo agli uomini senza giudizio, ma tienilo tra te e te come W1 grande bene. Comunicalo solo ai tuoi figli, se puoi, tu il loro padre 164, a titolo di tesoro prezioso, questo bene che ha grande virtù per l'azione magica, e solo dopo aver a loro dato di conoscere il giuramen­to165 di tenere questi libri in segreto 166, figlio mio santo (-rÉKVov ii:p6v)167.

G. Letteratura orfica: fr. 6 1 , 24 7, 285 Kem.

Qualunque significato abbia avuto l 'orfismo in origine, la lette­ratura orfica di epoca greco-romana è sorella dell 'ermetica: è una risposta agli stessi bisogni, proviene da officine simili, adotta forme letterarie del tutto vicine. L'unica differenza significativa è che il Tri­smegisto, con rarissime eccezioni, scrive in prosa, mentre, essendo stato il favoloso Orfeo un poeta, la farragine a lui attribuita è in versi. I tre brani di cui stiamo per citare i passi appartengono sicuramente al tardo orfismo, almeno gli ultimi due. Per quanto riguarda il primo, viene estratto dai "Discorsi sacri in venti rapsodie" e Kem168 non ha dubbi sul fatto che questi "Discorsi" abbiano conservato delle vesti­gia di antichi poemi. Ma lo stesso studioso riconosce che il poema, nel suo complesso, non è stato composto molto prima dell'età dei Neoplatonici - sono essi che per lo più lo util izzano. Poiché, con

1 63 <àn '> àyy{) ... wv: cfr. supra, p. 24 1 , n. 80. 1 64 Oltre alla disposizione del testo (la versione di Arpocrazione inizia solo nel

§ 6) le parole (ero mm'Jp) impediscono l 'attribuzione di questo brano ad Ar­pocrazione, che aveva dedicato il suo lavoro a sua figlia (rfi oÌKEi<;x 8uyatpì ò i\pnoKpatiwv yqpaqrr]KE ta8E, 4.8).

1 65 opKov aùtoìç 8ouç non può significare qui "dopo aver a loro prestato giuramen­to" (significato normale): è l 'iniziato a prestare giuramento, non all ' iniziatore.

1 66 àcr<paÀ.&ç ÉXElV: cfr. K. K. , 5, KQÌ xapt'xçaç ÉKpUij!E, tà 1tÀ.EÌcrta crtyf)craç àcrcpaÀ.&ç � À.aÀ.f)craç, 'iva çl]Tfj mùm nàç aìwv 6 JlEtayevécrtepoç KÒO"flOU.

167 Il testo latino è un po' diverso, p. 1 3 .7- 1 2 Delatte: Dei donum magnum an­gelorum accipiens fuit Hermes Trismegistus deus hominibus omnibus notus Librum hunc ne tradas ergo hominibus inscientibus, sed habe apud te velut possessionem magnam: solum autem filiis, si possit, tradat pater pro auro ad efficaciam actionis, adiurans eos so/um secure habere utfi/ium sacrum.

1 68 KERN, Orphicor. fragm. , p. 1 4 1 .

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un'eccezione169, non c'è alcuna testimonianza di autori classici che sia a sostegno di ciò, non c'è alcun mezzo per dire se questo o quel frammento sia davvero antico. Il nostro n° l , tratto dai "Discorsi Sa­cri", è citato da Aristocrito il manicheo nella Teosofia di Tubinga. Il secondo è tratto dalla più lunga delle tre redazioni del Testamento, la "redactio aristobul iana", che si trova nella Preparazione Evangelica di Eusebio: le altre due redazioni presentano peraltro la medesima tipologia, e ho solamente scelto la prima a causa di due versi mag­giormente caratteristici. Il terzo è infine il poema sui terremoti di cui abbiamo già parlato170, essendo in disputa la paternità tra Ermete e Orfeo. Discorsi sacri, Testamento e 1tEpì crEtcr)lffiV sono tutte istruzio­ni (in versi) indirizzate da Orfeo a suo figlio Museo. Secondo Platone (Rep. , II, 363 c), "Museo e suo figlio accordano ai giusti, da parte degli dei, beni ancora più splendidi" (di quelli attribuiti loro da Ome­ro ). Se, come vuole Norden 1 7 1 , la traditi o di Orfeo a suo figlio Museo era già nota nell'antica Grecia, si avrebbe in tal modo la prova che, prima ancora del periodo ellenistico, l ' idea di una traditio mystica di generazione in generazione (Orfeo - Museo - Eumolpo) era diffusa in Grecia: ma tutto ciò mi sembra una congettura. Prendiamo atto infine che all ' inizio degli Inni Oifici, un falso tardo come sappiamo, si legge una preghiera a tutti gli dei indirizzata da Orfeo a suo figlio: è quindi l'intera collezione da considerare offerta a lui.

l) Fr. 61 K: Teosofia di Tubinga, p. 1 1 6. 1 5 Buresch (Klaros) = HARTMUT ERBSE, Fragmente griechischer Theosophien (Hamburg 1 94 1 ), p. 1 8 .

Ecco perché, nella IV rapsodia (dei Discorsi Sacri), egli (Orfeo) s' indirizza a Museo in questi termini:

"Custodisci con cura queste cose nella tua mente, mio caro figlio, sapendo che sono di una favolosa antichità (JlétÀ.a 7tétvta 7taÀai<pata) e che vengono da Phanes".

Qui si ritrovano due dei luoghi comuni più cari alla nostra lette­ratura: la rivelazione risale a un passato insondabile172 e, per di più, viene da un dio. Tutto ciò odora di falso ellenistico.

1 69 Fr. 14, citato da PLATONE, Phil. , 66 c. 1 70 Cfr. supra, p. 1 38. 1 7 1 Agnostos Theos, p. 290. 1 72 Cfr. supra, p. 373 e n. 48, e l ' Introduzione, cap. Il.

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2) Fr. 247 K. : red. Aristobuliana, ap. EusEBIO, prrep. ev. , XIII, 1 2.

v. 1 - 10 : Parlerò solo agli iniziati: alla porta i profani, che fuggono i sacri statuti della giustizia, mentre la legge divina è stata stabilita per tutti. Ma tu, ascolta, figlio della Luna brillante, Museo: perché io dirò parole vere. Che i pensieri che sono potuti nascere prima nella tua men­te non ti facciano perdere l 'eternità beata. Quando tu lo avrai conside­rato, aggrappati a questo discorso, correggendo l' involucro intelligente del tuo cuore173• Entra coraggiosamente nel sentiero, fa' attenzione solo al Formatore immortale del mondo. Un antico discorso 174 riferisce in proposito che è unico, ecc.

Questo pezzo è pressoché identico nelle tre redazioni. I due versi che qui seguono ( 1 7- 1 9) possono essere letti solo nella redazione aristobuliana:

Tu non sapresti vederlo (Dio), men che mai quaggiù, figlio mio, sulla terra, te l 'ho mostrato dove io vedo le sue vestigia e la forte mano di Dio Onnipotente.

Anche qui, c 'è un tema ellenistico (ed ermetico): Dio, essenzial­mente invisibile, può essere visto solo dalle sue opere, cfr. per es­empio C. H. , V.

3) Fr. 285, l K: 1tEpì crEtO}J.WV (cfr. supra, p. 1 3 8).

Impara ancora questo discorso, figlio mio: ogni volta che lo Scuo­titore dai capelli scuri (Poseidone) fa tremare la terra, ciò fa presagire, ecc.

§ 3 . L 'influenza del motivo della traditio su/ logos ermetico

Questa lista potrebbe allungarsi. Ma, se si aggiunge a essa il logos alchemico di Iside a Horus 175, basterà, penso, a dimostrare che la tipologia della traditi o mystica è stata diffusa in tutti i rami dell ' oc­cultismo, astrologia, alchimia, magia, orfismo. La forma letteraria di questi scritti è ovunque la stessa: è un' istruzione indirizzata dal

1 73 Kpa8iTl'; VOEpÒV KÒtoç, 7: cfr. PLATONE, Tim., 44 a, tÒ nìç ljiUXlÌç KÒtoç = iJ corpo. 1 74 naÀ.atòç J..6yoç, 9: è sempre lo stesso tema. 1 75 Cfr. supra, pp. 299 ss.

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profeta a suo figlio, o a un discepolo che egli considera come un proprio figlio.

Questa traditio ha potuto arricchirsi di un altro elemento, quello puramente rituale e d'altronde ben noto: la traditio nelle religioni dei misteri 176• Ma dipende, credo, soprattutto dal modo consacra­to in Oriente, e in particolare in Egitto, per la trasmissione di ogni scienza, arte o saggezza. Anche quando le varie tecniche e discipline abbandonarono l'interno della famiglia, era ancora sotto il regime corporativo che si formarono i mestieri che, in Egitto, erano il più delle volte dipendenti dai templi. Ogni tempio aveva i suoi segreti di fabbricazione, ogni operaio poteva avere i l suo. Tutto ciò era repu­tato risalire, e poteva effettivamente risalire, a un'antichità molto re­mota. Alla fine, all'origine di tutti questi segreti, c 'era la rivelazione di un dio, il primo inventore (eupe'ti]ç).

Di fatto, ancora nel periodo ellenistico e nel periodo greco-roma­no, il mago si presenta di solito accompagnato da un allievo chiama­to "il discepolo" (Jla9T]'ti]ç) o "il fanciullo" (1taìç)1 77 • Il termine 1taìç si incontra spesso nei papiri magici 1 78, per designare una persona che in genere è piuttosto giovane, un bambino impubere179: si speci­fica, in certe operazioni, che deve essere nudo (così PGM , IV, 88). I l fanciullo è usato principalmente nelle pratiche della visione, in particolare nelle visioni per mezzo di un bacile (lecanomanzia), una lucerna (licnomanzia) o uno specchio (catottromanzia). Dopo aver lungamente supplicato i l sacerdote di Tebe, che dapprima rifiuta di insegnargli alcunché - perché la magia è un segreto - Tessalo ottiene infine di divenire suo discepolo: ed è ad un esercizio di lecanoman­zia cui il vegliardo lo invita in primo luogo180•

1 76 Cfr. per esempio REITZENSTEIN, HMR3, pp. 40-4 1 . 1 77 O anche "il figlio". I l significato d i "schiavo, servo" non è appropriato qui: lo

schiavo non è J.Ul8T]n']ç, e, nella magia, i1 1tuìç è effettivamente un bambino o un adolescente.

1 78 v. gr. PGM , IV, 88, 850; V, init. ; VII, 348, 544, 549, 680, ecc. 1 79 Letteralmente non corrotto, li<p8uptoç Koùpoç, PGM , VII, 680. Le ricette

magiche degli Anecdota Atheniensia (cfr. infra, n. 1 8 1 ) insistono spesso sulla 1tap8eviu del 1tuìç o JlU8T]t�ç, nonché su quella del maestro, cfr. indi­ce, s.v.

1 80 Cfr. supra, pp. 79-80.

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I manoscritti utilizzati da De latte nei suoi Anecdota Atheniensia1 8 1 forniscono un 'ampia messe sul ruolo del 7taìç;-!la8rrn)ç;. Il trattato di magia del cod. 1 1 5 della Società Storica di Atene nomina ripetuta­mente i l 11a8rrri]ç;182, o i l 1taìç, impiegato in genere in alcune lecano­manzie o in altre pratiche in cui il fanciullo deve improvvisamente vedere qualcosa1 83 • Un disegno di questo codice indica quale deve essere il posto, nel cerchio magico, del maestro (òtòacrKaÀ.oç;) e del discepolo (!la8rrri]ç;)184• Allo stesso modo è detto nel trattato di Salo­mone sulla magia dell'Harleianus 5596 (4 1 7.20): "Che la larghezza e la lunghezza (del luogo magico) siano sufficienti a contenere due individui, il maestro e il suo allievo", e una figura di questo mano­scritto mostra un cerchio con queste parole "posto del fanciullo, cioè del discepolo (�youv mù Jla8rrroù), e del maestro" (432. 1 5). Un ma­noscritto di Bologna, i l Bononiensis 3632 (572 ss.), è particolarmen­te ricco di figure che rappresentano i l maestro intento, con il suo 1taìç; o Jla8rrri]ç;, a varie operazioni . Qui (586), i l maestro, che indos­sa un lungo cappello a punta secondo l 'uso, è seduto; contro di lui si appoggia il fanciullo (che indossa anch'egli un berretto, ma meno alto), che guarda in un catino; un' iscrizione reca "il maestro con i l fanciullo". Là (595), è ancora una lecanomanzia, ma, questa volta, i l maestro è in piedi, l 'allievo seduto, entrambi all ' interno di un grande cerchio magico che racchiude tutta la scena; l'al lievo ha gli occhi fissi su un alto vaso di cristal lo con due manici, posto nel mezzo di un piccolo cerchio: l ' iscrizione porta "il maestro del catino" (vale a dire dell 'arte del catino) "e dell 'arte prognostica, e il fanciullo con lui". Altrove (592), abbiamo una scena di catottromanzia: il maestro è in piedi; il fanciullo, voltandogli le spalle, è seduto su una sfera decorata con pentalfa e guarda in uno specchio. In tutte queste sce­ne, il maestro è in contatto fisico con i l suo allievo, i l più delle volte gli pone la mano sulla spalla. Su altre immagini, l 'allievo porta il nome di discepolo (Jla8rrri]ç;), e sembra in effetti più maturo. Così, in una fotomanzia (577), dove i l maestro, che indossa un turbante,

1 8 1 T. l, Textes grecs inédits relatifs à / 'histoire des religions, Paris-Liège 1 927. Poiché citerò soltanto questo primo volume, menzionerò unicamente la pagi­na e la linea.

1 82 36.22, 37.7, 45.24. Vedi anche 4 1 8.8. 1 83 38.2, 1 9; 44.5, 46. 1 6, 52. 1 9. Per xaìç, vedi anche 496.3, 497.3 (Otà TJÌV xap-

8eviav mù xat86ç), 498. 1 7 (stesse parole), 500. 1 , 584.25, 588.8, 22. 1 84 Fol. 2 1 , p. 25.

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è in piedi dietro l'allievo seduto, che tiene una torcia: i l maestro si chiama 6 <l>EPE!!tOT}ç che va senza dubbio corretto, con i l De latte, in 6 <l>epeKl>oT}ç, l 'antico saggio Ferecide1 85• In una ovomanzia (58 1 ), il maestro ( 6 1-1aicrTrop) regge in alto un uovo in posizione verticale ed è accompagnato da un discepolo che alza la mano destra. Al­trove, in scene di catottromanzia, è il !!aElT}TTJç che ha i l ruolo che abbiamo visto in precedenza demandato al naìç: a volte il maestro ( 6 TEXViTT}ç) e l'allievo sono seduti, uno dietro l'altro come di consueto (582, stessa scena 499); a volte il maestro (chiamato Simonide! ) e l 'allievo sono in piedi, l 'allievo apparentemente preso da movimenti convulsi (583): i l maestro, in queste due figure, tiene nella mano sinistra un lungo grimorio. Si noti che questo maestro è spesso un personaggio importante. Abbiamo incontrato Ferecide (577) e Si­monide (583): ecco Eracle "l'astronomo" ('lpaKÀfjç 6 acr•pov61-1oç fol. 339 v)1 86 o "i l Persiano, divinatore con il catino (ÀEKaVÒ!!avnç), dal nome di Apollonio" (senza dubbio Apollonio di Tiana: 495 .4 e fig., p. 494)1 87.

Che questo naìç fosse il "figlio mistico" e che, come tale, solo lui avesse il diritto alla rivelazione, è ciò che dimostrano numerose formule. Così si legge nel trattato di magia di Salomone dell' Har­leianus (4 1 3 . 1 1 ) : "Che nessuno ti veda mentre fai questa opera­zione, salvo i l tuo discepolo mistico" ( <nÀ:JÌv> TOÙ !!UO'TtKOÙ crou !!aElT}TOù); o ancora (4 1 6. 1 9) : "Poiché hai appreso l'arte e il metodo di ogni genere (di pratica), [ . . . ] mi rimane da parlare del luogo in cui devi stare con il tuo discepolo, senza che nessun altro ti veda" (iiUou nvòç !!lÌ EÌOOToç). Lo stesso precetto è costante nei papiri magici, ad esempio, PGM, I, 1 92: "Non trasmettere queste cose a nessuno, se non solo al tuo figlio legittimo, allorché ti domanderà delle operazioni di cui ti ho detto". Nella ricetta di immortalità del papiro di Parigi (IV, 475 ss.), è per suo figlio solamente che i l profeta chiede l ' immortalità (!!ÒVq> ùf: TÉKVq> àElavacriav àçuò Preisendanz). Allo stesso modo, nel logos alchemico di Iside a Horus 188, l'angelo Amnael fa giurare Iside di non comunicare la rivelazione a nessun

1 85 Scena analoga 579, figura in basso. 1 86 Cfr. CCAG., IV, p. 45; VIII, 3, p. 99, n. l . 1 87 Questo stesso disegno mostra un cerchio contenente un penta! fa in cui si legge

ò 1taiç (493.20, fig., p. 494). 1 88 Cfr. supra, p. 302 e n. 1 68.

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altro salvo che al suo amato e legittimo figlio (d llTÌ )lOvov tÉKVql <pi.À.cp Kaì yvr]cricp). Potremmo moltiplicare gl i esempi 1 89.

1 89 Cfr. Rev. Bibl. , XLVIII ( 1 939), pp. 50-5 1 . La finzione della traditio da padre in figlio si trasmetterà agli astrologi arabi , cfr. Mashalla (VIII sec.) in CCAG., l , p. 82.2 ss., f:yffi ÒÈ: èi;E8ÉJ.J.TJV 'tJÌV 'tOtaU'tT]V �i�Àov, cruvoxnKéòç ÒTJÀ.Ù:lcraç È:V aù'tft 'tÙ àvaJ.J.<pi�oÀa Kaì 'tÙ 'tÒlV Mywv KpEinova àx6 'tE 'tÒlV �t�Àiwv 'tOÙ D'tOÀEJ.J.aiou Kaì wù 'EpJlOÙ, 'tÒlV Jlf:YOÀWV cro<péòv Kaì 7tOÀUJ.J.a8éòv, fficrau'twç Kaì àxò 'tÒ>V �t�Àiwv 'tÒlv Kamì.Eupemwv xapà 'tÒlV xpò È:JlOÙ wìç xatcrìv aÙ'tÒlV Eiç KÀTJpOVOJltétv. Il Libro di El-Habib comincia così (Ch. MA., I II , p. 76, cfr. RusKA, T. Sm. , p. 52: seguo la traduzione di RusKA, ibid. , n. 2): "Que­sto è il libro di El-Habib, che ha lasciato in testamento a suo figlio ( 'das er seinem Sohn vermacht hat'); la maggior parte del suo testamento si occupa di tutte le questioni relative all 'educazione". Ruska ha rilevato (T. Sm., p. 57) che questa forma di "testamento" non è altro qui che una finzione letteraria. La si ritrova alla fine del "Libro di Apollonio di Tiana", RusKA, p. 1 57: "Ich habe es so, wie es in dei n Bande geschrieben war, der sich vor H ermes in der dunkeln Kammer befand, meinen Sohnen und Nachkommen hinterlassen und meinen Freunden unter den Weisen und den Sohnen der Weisen". Non resisto, infine, al piacere di citare un curioso testo di cui non resta che la traduzione latina (Cat. man. alch. latins, I, Manuscrits . . . de Paris, Bruxelles 1 939, p. 1 9, fol. 39-40) pubblicata a cura di M. PLESSNER, Neue Materialien, ecc. (cfr. supra, p. 255 n. 4), pp. 1 09- 1 1 1 . Si tratta del prologo a una de!le versioni della Tabula Smaragdina, sotto il titolo di Liber Hermetis de alchimia. Dopo un preambolo del traduttore latino, in cui annuncia che è in procinto di riprodurre le parole di Ermete sulla base di un libro "Galieni Alfachim" (scii. "di Apollonio i l saggio": l 'errore Galienus per Apollonius è frequente e Aljàchim = al-bakim), il prologo arabo inizia in questi termini: In libri me i tractatibus, sicut scriptura que inter Hermetis ad inventa est manus in antro, id est obscuro, continebat, rei tocius radicem explanando exposui. Scripsi namque hoc meisfiliis et meo generi, omnibus praeterea sapientibus. Beate igitur quisquis es ad cuiuscumque manus liber iste meus, non absque divino nutu, pervenerit, deprecar et coniuro ne eum nisi viro sapienti qui et in timore dei si t et ydoneus ad id fore videatur proferas sive ostendas. Nam hoc est consciltum (?) quod deus creavi t in mundo, quodque H ermes omnibus gentibus occultum habuit atque moriem in manu sua reposuit in antro. Feci­tque Telesmum, id est secretum, super hoc quod nisi sapienti non patebit, qui ce/et illud sicutfecit Hermes, pater noster, qui noster fuit magister, capudque (!) omnium mundi doctorum. Celate ergo hocfilii mei sicutfecit Hermes, nec ostendatis illud alicui maligno nec msocietis vobis in hoc nego/io quempiam malum. Si enim mandatum dum vixeritis tenueritis, super omnem orbem ter­rarum divites posi deum eritis. Et suni hee fitte re que fuerunt scripte in fine libri Galieni ipseque inexplanate. Cum ingredirer in antrum, accepi tabulam caradi que fuit scripta inter manus Hermetis, in qua inveni scriptum [ . . . ]. Segue la Tabula Smaragdina secondo il testo della "Vulgata".

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Le finzioni letterarie del logos di rivelazione 407

Per qualsiasi altra persona, il mistero deve rimanere nascosto. PGM , l, 1 30: "Non trasmettere a nessun altro, ma nascondi, in nome del Sole, dopo essere stato riconosciuto degno dal Signore Dio (àl;tro8Eìç imò TOÙ KUpiou 8wù, cfr. infra), il grande mistero che è qui". XII, 93 : "lo sono colui che hai incontrato ai piedi della mon­tagna sacra (unò TÒ iEpòv opoç cfr. C.H, XIII, l È1tÌ Tfjç TOÙ opouç )lETa�6.crEroç) e al quale tu hai accordato la conoscenza del più gran­de nome, conoscenza che serberò in modo puro, senza trasmetterla a nessuno, tranne che ai tuoi fratelli nella iniziazione (EÌ !l'lÌ Toìç croìç O'UV!lUO"tatç), per i tuoi sacri misteri". XIII, 233 : "Secondo i l giura­mento che ti ho fatto prestare, figlio, nel tempio di Gerusalemme, ora pieno di teosofia, tieni questo libro in segreto, che nessuno lo trovi"190. Niente ritorna più frequentemente, nei papiri magici, della parola Kpu�E, "nascondi , tieni segreto". l, 4 1 "Nascondi, nascon­di questa pratica e astieniti, per sette giorni, dal commercio della donna"; IV, 922 "Tu hai appreso tutto, nascondi"; 1 25 1 "Nascondi, l 'operazione è compiuta"; 1 873 "Non insegnare a nessuno"; 25 1 2 "Nascondi"; 25 1 7 "Nascondi, figlio mio" (uit); XII, 3 2 "Conservalo in un posto segreto come un grande mistero (roç !!EyaÀO!lUO'TllPtoV), nascondi, nascondi"; XIII, 755 "Nascondi, avendo appreso, figlio, i l nome dalle nove lettere".

Per contro, il discepolo ha diritto a una traditio completa. PGM, XII, 27 "Ti scrivo questa ricetta in base al meglio della mia scienza (KaT ' dò6ç), senza negarti nulla (à<p86vroç), in modo che tu sappia tutto e non abbia più bisogno di alcuna ricerca". L'unica condizione richiesta all 'all ievo è che sia "degno" (al;toç, dignus). Questa stessa parola può darsi che non sia fornita all ' inizio della ricetta di immor­talità19 1 , ma abbiamo a I, 30 "dopo essere stato riconosciuto degno (àl;tro8Eiç, dignatus) dal Signore Dio", e molti altri esempi, raccol-

Riconosciamo in questo pezzo molti dei topoi analizzati in questo capitolo: la caverna del tesoro, il testamento lasciato ai figli e alla famiglia, la racco­mandazione del silenzio, la leggenda secondo cui Ermete stesso ha nascosto i l libro affinché non fosse esposto ai profani, la promessa di godere, se si custodisce gelosamente il segreto, una "ricchezza" quasi divina.

1 90 Cfr. supra, p. 398, n. 1 57 e 1 58. 1 9 1 Dieterich leggeva àl;tQl J.lUcr-rn, ma il papiro porta al;tro J.lUmm e Preisendanz

legge àl;tò:J, J.lUmat.

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408 La rivelazione di Ermete Trismegisto - L 'astrologia e le scienze occulte

ti da Norden192, Boll 193 e Reitzenstein194 dimostrano la necessità di questa condizione. Essa deriva indubbiamente dalle usanze proprie a ogni organismo chiuso e geloso dei suoi segreti, scuola, setta o corporazione di mestiere. La dignatio implica allora, in generale, una prova in seguito alla quale il novizio è solennemente ammesso: il dignus es intrare di Molière è l 'ultima e piacevole traccia di queste ancestrali costumanze. Ma la dignatio implica anche, almeno nell 'e­poca ellenistica, uno speciale favore della divinità che riconosce come degno colui che postula l ' iniziazione. È àçtm8eic;, dignatus, destinatus, vocatus 195 : in breve, è lo stesso dio che lo chiama e lo riceve. Si è profeta per grazia di Dio.

Tale è, sembra, la forma letteraria a cui si collega il logos erme­tico. Questa forma non viene dalla Grecia. Socrate, è vero, dialoga con i giovani. Ma, eccetto che nel colloquio di Diotima e di So­crate (essendo allora Socrate il discepolo), l 'allievo non è iniziato, la struttura del dialogo non fa pensare a un mistero, i rapporti del maestro con l 'allievo non sono quell i di un padre con suo figlio. L'e­spressione ro naì torna senza dubbio più volte nell 'opera di Platone: Fedro 267 c (Socrate a Fedro), Sofista 237 a (lo Straniero a Teeteto), Teeteto 1 5 1 e (Socrate a Teeteto ), File bo 1 5 a (Socrate a Protarco ). In tutti questi casi, i l significato è semplicemente "ragazzo mio, mio giovane amico", e i l tono del colloquio non è affatto quello di un sermone. Vedo solo un esempio in cui ro naì può, e forse deve, tra­dursi "figlio mio", dato che si tratta, questa volta, di un sermone, di un' istruzione morale a un giovane che si vuole correggere. È un pas­so delle Leggi (X, 888 a), nella famosa omelia a chi non crede negli dei : "Figlio mio, tu sei molto giovane; quando avrai vissuto un po', l 'età ti farà pensare il contrario di ciò che pensi attualmente". Ma, in realtà, questo giovane non è un discepolo, e, anche se lo fosse, questo esempio unico non conta molto.

Viceversa, questo tipo di traditio sembra essere stata la regola in Egitto sin dalla più remota antichità. È proprio in Egitto che ha per lungo tempo corrisposto a una realtà: il padre insegnava al proprio figlio. Poiché la maggior parte delle opere ellenistiche relative alle

1 92 Agnostos Theos, pp. 290 ss .. 193 Off. Joh. , p. 8 e 1 36, n. l . 1 94 HMR3, pp. 252 ss.: "Erwahlung, Berufung, Rechtfertigung, Verklarung". 195 Cfr. REITZENSTErN, HMR3, loc. cit.

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Le finzioni letterarie del logos di rivelazione 409

scienze occulte sono produzioni egiziane, c i sono tutte le ragioni per credere che sia proprio a questo genere letterario egiziano che gli autori occultisti hanno preso in prestito i loro scenari. Ora, come abbiamo notato più di una volta, l 'ermetismo popolare (astrologi­co, alchemico, ecc.) ha preceduto l 'ermetismo filosofico. Quando, dunque, i l Trismegisto voleva immischiarsi anche nella filosofia, i l genere letterario era del tutto costituito: era sufficiente inserire in questo quadro preesistente, non più ricette di astrologia o di magia, ma temi filosofici che portavano all 'elevazione196•

E, in effetti , se guardiamo solo lo scenario, non c'è alcuna diffe­renza tra le produzioni dell 'occultismo ellenistico e quelle di Ermete filosofo. Anche in queste ultime vediamo un maestro (Ermete) che istruisce un allievo, Tat, che egli chiama suo figlio, e che in realtà è ­almeno secondo la finzione ermetica - proprio suo figlio. Ora qui c'è un fatto strano e significativo: Tat non ha esistenza al di fuori dell 'er­metismo. Non ha nessun posto per il culto, di lui non si conosce alcun santuario, statua o rito di alcun genere, non viene menzionato, per quanto ne so, in alcun'altra letteratura che in quella ermetica. Tat è, in verità, solo un duplicato di Thoth-Hermes, e un duplicato che gli è stato dato per sacrificare alla finzione quasi obbligatoria della traditio da padre in figlio. Ermete chiama Tat suo figlio perché Tat lo è in effetti; ma è ancora più vero che Ermete è stato fornito di un figlio perché Ermete è eminentemente lo scriba maestro di saggezza, che ha quindi come funzione di insegnare, e perché ogni scienza o saggezza si trasmette normalmente, in Egitto, da padre in figlio.

Due passi della Kore Kosmou mostrano quanta forza avesse que­sto luogo comune nell 'ermetismo. Uno concerne una traditio indi­retta che, attraverso l ' intermediazione di Kamephis, va da Ermete a Iside, poi da quest'ultima a suo figlio Horus (§ 32): "Presta attenzio­ne, figlio mio Horus, perché tu stai qui per udire la dottrina segreta che il m io avo Kamephis intese dalla bocca di Ermete, il memoriali­sta che riporta tutti i fatti, <e io la udii> dalla bocca del m io antenato Kamephis quando mi onorò con il dono del Nero Perfetto : tu, ora, l'apprendi dalla mia bocca". L'altro riguarda una traditio diretta di Ermete ai suoi discepoli, Tat e Asclepio ( § 6): "E lassù, egli (Ermete) s'innalzò fino agli astri per scortare gli dei suoi cugini. Ma lasciò dei successori: Tat, al contempo suo figlio ed erede di questi insegna-

1 96 Cfr. su questo punto Re v. Ét. Gr., LV ( 1942), pp. 77 ss.

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menti; poi, subito dopo, Asclepio detto Imouthes, secondo i disegni di Ptah-Efesto, e altri ancora, tutti coloro che, per volere della Prov­videnza regina di ogni cosa, erano destinati a esaminare con esattez­za scrupolosa la dottrina celeste". Non è necessario discutere qui la natura divergente di queste due tradizioni: basta riconoscere i l tema. In origine, in tempi antichissimi, un dio o un profeta rivelatore; poi, tramite una successione di fedeli discepoli, la trasmissione continua della dottrina fino all'ultimo profeta eletto da Dio197•

D'altra parte, tutte le conseguenze di questa finzione primaria si trovano qui e là negli Hermetica: il libro nascosto (K.K. , 5, 7-8), la traditio del mistero al vero figlio (C.H. , XIII, 1 -3), i l diritto del figl io al fatto che gli si dica tutto àq>86vcoç (C. H. , XIII, 3 Il lÌ q>86vEt 1101, n:a't"Ep, Asci. , l nulla invidia), l 'esclusione dei profani (C. H. , XVI, 2, Asci. , l ), la legge del si lenzio (C. H. , XIII, 2 'tOÙ'to 'tÒ yévoç, CÙ 'tÉKVOV, OÙ ÙtÙUcrKE'tat, 1 6 'tOÙ"tO OÙ ÙtÙacrKE'tat, ÙÀÀ.à KpU7t'tE'tat tv crryfj, 22; Asci. , 32 (p. 72.2 Thomas) et vos, [ . . . ]. intra secreta pectoris divina mysteria silentio tegite e taciturnitate celate), ecc. Lo scenario el lenistico è innegabile: ne abbiamo mostrato l 'origine.

1 97 Nota l ' insistenza: nravòç Kaì 'Hcpaicr<ou (su questo Kaì equivalente a un trat­tino, cfr. Vivre et Penser, Il, 1 942, pp. 56-57) �ouÀ.aiç . . . �ouÀ.Of.!ÉVT)ç rijç mx­V'tùlV �acriÀilìoç 7tpovoiaç. Questo è un aspetto importante: i profeti successivi devono essere eletti dalla divinità suprema, che a sua volta dà loro ispirazione. È come dire: "lo che parlo qui, parlo come un profeta eletto e ispirato. Quindi devi ascoltarmi". Così il profeta anonimo (Ermete) di C.H., I è attento a ricor­dare che ha ricevuto la missione dal Nous, I, 26 ss. Vedi anche XIII, 1 3, i va f.! lÌ Wf.lEV OUl�OÀ.Ol 'tOÙ 1tQV'tÒç EÌç wùç 1tOÀ.À.ouç, <ili'> Eiç ouç ò 9Eòç mhòç 9ÉÀ.Et.

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CONCLUSIONE

È lecito enunciare alcune idee generali? Il lettore probabilmente le attende, a conclusione di uno studio principalmente di analisi. Oc­corre almeno cercare di individuare i fatti più notevoli.

l) Per quanto riguarda l 'ermetismo popolare, vale a dire gli scritti delle scienze occulte che sono stati oggetto di questo lavoro, appare innanzitutto che questa letteratura ermetica non ebbe nulla di speci­fico e di originale. I l nome di Ermete ha coperto un movimento che si incontra, del tutto identico, sotto il patronato di altri profeti. L'al­chimia di Ermete - almeno ciò che di essa traspare dalle citazioni - non differisce dall'alchimia di Ostane. La botanica astrologica di Ermete non è in alcun modo distinguibile da quella attribuita ad altri maestri (Salomone, Alessandro, Tolomeo, ecc .): essa si basa sulla stessa dottrina delle virtù nascoste (simpatie e antipatie); dipende dalle medesime credenze sul potere degli astri o delle divinità degli astri, mette in opera le stesse pratiche. Le ricette magiche di Ermete sono in tutto simili a quelle, ad esempio, di Apollonia. In breve, in questo ambito, Ermete sembra essere stato soltanto uno dei presta­nomi utilizzati nel periodo ellenistico per accontentare il bisogno di rivelazione che allora turbava un così gran numero di menti. Ho fatto del nome di Ermete e della letteratura ermetica il centro del­la mia indagine perché ho dovuto limitare il mio oggetto e perché, nell'esplorazione di una foresta ancora selvaggia, avevo bisogno di un punto di riferimento. Ma il risultato non sarebbe stato diverso se, come altri studiosi, avessi scelto come autori i "magi ellenizzati" (Zoroastro, Ostane, Istaspe), o i profeti ebrei (anche gli scritti salo­manici coprono il triplice campo dell 'astrologia, dell 'alchimia e del­la medicina occulta), o anche Apollonia di Tiana. In una parola, non esiste un occultismo propriamente ermetico, nel senso che gli scritti di Trismegisto su questi argomenti non apportano nulla di nuovo.

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Quindi, per dare il senso della letteratura ennetica, ho dovuto spesso andare oltre la cornice e prendere a prestito da altre tradizioni.

2) Se, quindi, ci si chiede quale sia l' interesse dell 'ennetismo oc­culto, vediamo immediatamente che il problema si allontana, e che occorre dare alla questione una dimensione più ampia: qual è l ' inte­resse di questo movimento insieme scientifico e religioso - per farla breve, lo chiamo occultismo - che ha esercitato così tanta influenza nel periodo ellenistico e greco-romano? Da questo gran numero di testi che ho voluto citare in modo che il lettore potesse giudicare da solo, quale impressione emerge?

So bene che c'è sempre qualche imprudenza nel prestarsi alle general izzazioni e che esse a molti non piacciono. Lo storico deve limitarsi a descrivere: spetta poi al lettore trarre, se vuole, le lezioni da ciò che gli viene esposto. Ma questo metodo è anche il più faci le; e questi grandi scrupoli che si mostrano non potrebbero essere altro che un velo sotto il quale si cela la sua pigrizia. Non vogliamo im­porre a noi stessi il duro sforzo di comprendere: e al lora si decide che questo sforzo di comprensione non dipende dalla storia perché va oltre i fatti. Tuttavia, corroborato da bellissimi esempi moderni 1 , preferisco incorrere qui nel rimprovero d i imprudenza piuttosto che di pigrizia. Non si tratta neanche, ovviamente, di un giudizio di va­lore. Vorrei semplicemente segnalare gli aspetti che più mi hanno colpito.

3) Il primo e il più evidente è che non c'è più alcuna separazione tra scienza e religione. Distinguere rigorosamente questi due domini, definire con precisione ciò che dipend� dalla conoscenza del mondo e ciò che appartiene alla conoscenza del divino, liberare l'ordine ra­zionale della ganga mitologica, era <;tata, come sappiamo, una delle più importanti conquiste della filosofia greca sin dai presocratici. Questi domini sono di nuovo confusi, e lo sono nel loro stesso prin­cipio, poiché, oramai la scienza, tutta la scienza, può essere ottenuta solo da un dio o da un profeta teopneusta, che la dà per rivelazione. Questo è il fatto essenziale. Tutto il resto dipende da ciò.

Questa rivelazione, come abbiamo visto, può influenzare molte fonne. Comunque, in qualunque modo si presenti, e subordinata-

Tali le conclusioni di Cu�IONT nelle sue Religions Orienta/es dans le pagani­sme romain e di M. RosmvTZEFF in The Social and Economie History ofthe Roman Empire.

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Conclusione 4 13

mente ai modi letterari che spesso hanno dovuto influire su questa presentazione, generalmente si riconosce la stessa dottrina fonda­mentale. Che si tratti di astrologia, terapeutica, alchimia o persino magia, si profila una stessa figura del mondo, da cui risulta un modo simile di comprendere sia la scienza sia la religione.

Questa dottrina del mondo manifesta una reazione contro la scienza astratta. È al l 'opposto di una scienza di tipo matematico, in cui ogni fenomeno si riduce a una formula, e tutto l ' insieme dei fenomeni a un ordine di formule intelligibili al solo pensiero. Senza dubbio, questo tipo di scienza non ha mai prevalso nell 'antichità. Ma si era data una parte agli studi matematici, e, per molto tempo, non era parso che un uomo colto potesse trascurarli. Ora si deve ammettere che la nuova dottrina si oppone risolutamente al l 'appa­rato scientifico tradizionale nelle scuole, dove era condensato nel "ciclo degli studi". Si vede bene il perché. Gli studi matematici si appellavano solo alla ragione; affermavano di avere successo sen­za ricorrere direttamente alla divinità. Essi quindi corrompevano la vera "filosofia": "Posso dichiarartelo, infatti , in maniera di pro­fezia", dice Ermete nell'Asclepio (c. 1 2), "non ci sarà più dopo di noi nessun amore sincero per la filosofia, che consiste unicamente nel desiderio di conoscere meglio la divinità attraverso la contem­plazione costante e la santa devozione. Infatti molti la stanno già corrompendo in un'infinità di modi [ . . . ] . Con un astuto lavoro la mescolano a varie scienze incomprensibili (non comprehensibiles), l 'aritmetica, la musica e la geometria"2•

D'altra parte, la nuova scienza non è meno lontana dalla scien­za di tipo aristotelico in cui i fenomeni si susseguono l'un l 'altro per mezzo di una gerarchia di generi e di specie, i generi inferiori servendo in qualche modo da materia ai superiori per formare un sistema astratto, dall 'essere tutto materiale, inerte, insensibile, ir­razionale, fino alla Causa Prima immateriale, puro Pensiero inces­santemente cosciente di sé stesso, incessantemente in attività, che tuttavia non dirige il mondo attraverso un contatto diretto, ma grazie a un insieme di leggi.

2 Forse allusione ai neopitagorici. Giustino, nel Dialogo con Trifone (2, 4), si lamenta che il Pitagorico a cui si era rivolto per apprendere la saggezza gli avesse richiesto che imparasse prima la musica, l 'astronomia e la geometria.

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Da questo punto di vista sembrerebbe che la tendenza verso l 'uni­tà, che aveva caratterizzato le filosofie di P latone e di Aristotele, fos­se completamente scomparsa. Come abbiamo detto sopra (pp. 23 1 s.), l 'universale ha lasciato il posto al fenomeno singolare, all' indi­viduo concreto. E poiché, in questo individuo, è alla proprietà più strana che la mente ora si ferma, non si vede come, su tali basi, si potrebbe costituire una scienza.

4) Tuttavia, da questo gran numero di strane proprietà che si è vo­luto raccogliere, l 'unità, anche qui, verrà fuori. Non sarà più un'unità astratta. Il mondo non sarà uno nel senso che si può presentare come un ordine di formule o un sistema di leggi. Sarà un'unità tra cose con­crete. Perché vedremo nell'universo solo individui concreti. I corpi celesti nell'etere, gli esseri dei tre regni nell'aria, nell'acqua e sulla terra, non saranno più considerati sotto le specie di numero o di qualità generalissime in quanto sono suscettibili di cambiamento, di movi­mento locale o d'animazione: in realtà, ogni essere individuale appare ora come un essere vivente, dotato di particolari proprietà che lo ren­dono singolare e gli permettono di agire, in un modo che è solo suo, sugli altri individui. Queste proprietà di azione e reazione degli esseri concreti gl i uni sugli altri, noi, oggi, le formuleremmo in termini di chimica o di radioattività: per gli antichi sono "virtù occulte", strane forze, inspiegabili con le sole ragioni natural i . Eppure, ora che tutta la scienza ruota intorno a queste forze e al loro impiego, è estremamente importante conoscerle e spiegarle. Da dove verrà la spiegazione?

5) È qui che interviene la dottrina degli astri che ha svolto un ruolo così grande dal III secolo prima della nostra era. Ho già citato molti testi. Eccone un ultimo, dall'Asclepio (capp. 2-3 ), che riassu­me in modo eccellente ciò che voglio definire:

Tutto discende dal cielo sulla terra, nell'acqua e nell'aria [ . . . ]. Tut­to ciò che discende dall'alto è generatore; tutto ciò che scorre verso l' alto è nutriente. La terra, che è sola a riposare nella sua posizione, è il ricettacolo di tutte le cose [ . . . ] . È dunque questo il Tutto che, come ti ricordi, contiene tutte le cose ed è tutte le cose [ . . . ] (c. 3 ). Il cielo dunque, dio percepibile con i sensi, governa tutti i corpi, la cui crescita e il cui declino sono stati affidati a carico del sole e della luna [ . . . ] . Ora, da tutti questi corpi celesti di cui ho appena parlato, che sono tutti governati dallo stesso Dio, si diffondono continui effluvi attraverso il mondo e attraverso l'anima di tutti i generi e di tutti gli individui da un capo all 'altro della natura.

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Conclusione 415

E ancora, in un l inguaggio più sibillino (c. 24):

Non sai, Asclepio, che l'Egitto è la copia del cielo o, per meglio dire, il luogo in cui si trasferiscono e si proiettano tutte le operazioni che governano e mettono in atto le forze celesti?

Dalla constatazione delle virtù occulte e dalla dottrina astrale è nato l 'occultismo ellenistico3• Le virtù occulte hanno fornito i dati immediati di questa "scienza", vale a dire il fenomeno che, agli occhi del physikos, è suscettibile di essere utilizzato per qualsiasi operazione di telestica o di medicina, d'alchimia o di magia. La dot­trina astrale offre i l principio di spiegazione. È perché tutte queste relazioni di simpatia o d'antipatia tra i corpi terrestri dipendono, in realtà, da effluvi emanati dai corpi celesti. Si stabi lisce così, da tale astro a tale animale, a tale pianta, a tale pietra - si dovrà aggiungere, nella magia: a tale segno o "carattere" - una catena verticale che, secondo la parola dell 'Asclepio, "attraversa il mondo". E si dovrà tener conto ancora dei giorni e delle stagioni, perché queste influen­ze variano in base ai momenti della durata. Poiché queste energie

3 Simpatia (o antipatia) occulta e astrologia non sono necessariamente correlate (cfr. già supra, p. 1 1 6, n. 2). In molti casi, ci si è limitati alla constatazio­ne di virtù occulte, per esempio delle proprietà attive di una certa pianta su un'altra, senza fare ricorso, per spiegarsele, alla dottrina astrologica, oppure spiegandole attraverso le leggi puramente fisiche che governano la natura di tale pianta. È così che un botanico arabo, evidentemente ispirato dalla scienza greca, avendo constatato l ' azione delle ceneri della ruta sulla crescita della viola (se, ad esempio, si concima il piede della viola con le ceneri della ruta), spiega questa proprietà mediante la legge di contrarietà tra queste due piante: la ruta è calda e secca, scaccia il sonno, riscalda lo stomaco e vi fa nascere dei vapori caldi che salgono al cervello, ecc.; al contrario, la viola è fredda, umida e sonnifera, scaccia dal cervello i vapori caldi e calma l 'emicrania (calda). Cfr. ERNST BERGDOLT, Beitrage zur Geschichte der Botanik i m Orient 1: Ibn Wahh­schija, Die Kultur des Veilchens (Viola odorata L.) und die Bedingungen des Bliihens in der Ruhezeit (Berichten der Deutschen Botaniken Gesellschaft, 1 932, Bd. L, Heft 6). Devo questo riferimento a L. Massignon. Vedi anche in Teofrasto, n. ÒcrJ.léìiV, c. 13 (III, p. 91 Wimmer), la spiegazione del fatto che le pelli delle bestie hanno un odore più intenso nella stagione dell'accoppiamen­to: eauJ.tacrtòv M Kaì iowv tò O'UJ.l7tlicrxetv tàç tpayÉaç (scii. oopliç = pelli di montone), l'rrav � &pa Ka8�KJ1 n;ç ÒpJ.tfiç. Di ciò dà una ragione naturale: una parte della ouvaJ.ttç, dell 'uyp6ri]ç, che, negli animali viventi, induce ali 'accop­piamento è restata nella pelle; pertanto, nella stagione degli amori, questa 0\J­vaJ.ttç agisce ancora nella pelle morta. Cfr. J. R6HR, Der okkulte Kraftbegriff, 1 923 (supra, p. 1 1 6, n. 2), p. 58.

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astrali si estendono a tutta la terra e a tutti gli esseri concreti su questa terra, ne consegue che le diverse parti del mondo sono quindi collegate da una sorta di rete di forze, che ciò che accade qui sotto è come la proiezione di ciò che sta accadendo lassù, cioè di simpatie e antipatie che esistono tra gli astri stessi, così che infine il mondo ap­pare di nuovo come un grande Tutto meravigliosamente Uno, la cui unità si fonda oramai non più su un principio astratto, ma su affinità reali, benché misteriose e in qualche modo divine.

6) Come conoscere queste affinità? Dal momento che provengo­no dal cielo stesso, poiché anche, come ho evidenziato nell 'Introdu­zione, si diffida della ragione e non si vuole più credere che a un Dio o un profeta ispirato, dobbiamo richiederle a una rivelazione: "Il re Nechepso, nonostante fosse uomo molto ragionevole e in possesso di qualsiasi potere magico, non ha tuttavia ricevuto da qualche voce divina nessuno dei segreti che tu vuoi apprendere : dotato di una na­turale sagacia aveva capito le affinità di pietre e piante con gli astri (m>fl7tU9Eiaç A.terov Kaì Po•av&v), ma non ha conosciuto i tempi e i luoghi in cui le piante devono essere raccolte. Orbene, la crescita e il deperimento dei frutti di ogni stagione dipendono dall ' influsso degli astri". Così parla Asclepio al medico Tessalo nel corso della rivela­zione che gli accorda4• Si vede subito quale conseguenza estrema­mente importante deriva da questo principio. Il punto è che, di fatto e di diritto, la scienza non si distingue più dalla religione; l'eserci­zio della devozione prende oramai il posto dello sforzo razionale; la conoscenza dei segreti divini è, davvero, un'i lluminazione, questa conoscenza di un nuovo tipo che si è convenuto di chiamare gnosi per distinguerla dalla conoscenza puramente razionale, è in funzio­ne diretta della devozione. Capovolgendo la sentenza di un antico, Bousset ha giustamente riassunto il fenomeno in questa formula: novi t qui colit.

7) Questo è vero per l 'ermetismo filosofico. È anche la caratte­ristica comune, per quanto diversi siano i logoi dei Corpus Her­meticum. Ma questo carattere non è meno evidente nell 'ermetismo occulto e, più in generale, nell'occultismo ellenistico. Ascoltiamo, sull 'astrologia, il poeta Manilio (II, 1 1 3 ss. ):

4 CCAG., Vlll, 3, p. 1 37. 1 5 ss.

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Conclusione 4 1 7

Chi potrebbe conoscere i l Cielo se i l Cielo stesso non avesse dato la scienza, chi potrebbe trovare Dio se non fossimo una parte della divi­nità? L'enorme massa di questo globo che si estende all 'infinito, questi cori degli astri, questa volta fiammeggiante del mondo, e questa guerra che si fanno l'un l' altra le stelle, chi potrebbe discernerle e racchiudere questo spettacolo immenso nell'angusto volume del cuore, se la natura non avesse dato alle nostre menti occhi di una tale potenza, se non aves­se essa stessa, rivolgendo a sé la nostra anima a essa affine, comandato una così grande opera, se, infine, non venisse dal Cielo ciò che ci chia­ma al Cielo per una sacra conversazione con il Cielo?

È attraverso la preghiera e l 'ascesi, specialmente con un digiuno di tre giorni, che i l medico Tessalo si appresta a ricevere dal dio Asclepio la scienza botanica che si aspetta: perchè questo è un atto di religione, una unio mystica; è necessario che il discepolo sia puro per questo grande momento. Per quanto riguarda la magia, un semplice sguardo nella raccolta di Preisendanz è sufficiente per distinguere il ruolo rilevante che ha, in ogni ricetta, la "prepara­zione": digiuno, astinenza dei piaceri carnali , preghiere, sacrifici, l 'uno o l 'altro di questi elementi o tutti insieme sono cose abi­tualmente richieste al mago se vuole riuscire nel ! ' operazione. Ma il testo più significativo è senza dubbio quello che leggiamo nel Computo Finale dell 'alchimista Zosimo (supra, pp. 327-328). Non dimentichiamo che questo scritto non è originariamente un'opera di devozione. Zosimo non ha l ' intenzione di formare Teosebeia alla pietà, vuole insegnarle la dottrina alchemica delle tinture. Tut­tavia, poiché è persuaso che la scienza dell 'alchimia si acquisisce solo con un dono divino, che nulla può essere ottenuto senza un aiuto diretto ed efficace di Dio stesso, è del tutto naturale che egli ricorra a consigli di saggezza e di raccoglimento. Per conoscere i segreti del!' Arte, dobbiamo trovare Dio; per trovare Dio, bisogna rientrare in se stessi, far tacere le passioni . Non cessiamo di agitar­ci, di cercare fuori da noi ciò che, in verità, è in noi. Questo difetto viene dalla materia. Che l 'anima, dunque, si liberi dalla materia, si concentri nel profondo di sé, dove Dio è presente. È in ciò che risiede la perfezione (n:ÀEiwcrtç), così come la definisce Ermete nel Cratere: ricevere il battesimo del! ' Intelletto, poi, grazie a que­sto Intelletto che riforma la nostra comprensione e ci munisce di nuove facoltà, partecipare alla gnosi. Allora, conoscendo se stessi, si conoscerà Dio e, conoscendo Dio, si conosceranno anche le più

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eccellenti tinture. Perché ogni sapere si riassume in questo unico sapere : chi comunica con Dio attinge alla sorgente stessa da cui scaturisce ogni verità.

Questa è certamente la caratteristica più originale della lettera­tura semi-scientifica e semi-religiosa che abbiamo analizzato in questo volume. Senza dubbio la pietà a cui conduce presenta forme molto diverse. Gli effluvi emanati dagli astri hanno potuto essere personificati in esseri demoniaci o almeno legati ai demoni, che dovevano allora essere riconciliati con riti sacrificali e formule di preghiera. Altre volte, al contrario, questi effluvi astrali erano con­siderati emanazioni dirette del Dio Primo, e la pietà consisteva, in questo caso, ne li 'unirsi allo Spirito divino, nel fondersi in questa Vita senza lim iti immanente in tutti gli esseri, ovunque presente benché invisibile, presente ali' occhio del l 'anima quando si sono mortificate le passioni e ci si è raccolti nel profondo di se stessi. Uno di questi mezzi di pietà portava a una demonologia sempre più complessa in cui il mondo ellenizzato, nel suo declino, ritro­vava di fatto le concezioni più prim itive e più selvagge del tempo del le sue origini . L'altro conduceva a una contemplazione del tutto pura e spirituale che, per certi tratti, doveva unirsi al cristianesimo. Non è impossibile che le stesse anime pagane avessero seguito di volta in volta queste due vie, che dopo essersi immerse nelle operazioni della magia più grossolana esse si siano poi perdute in slanci d'amore per i l dio ipercosmico. Troviamo, ne li ' imperatore Giul iano, queste dissonanze.

Ed è in ciò, in definitiva, che risiede l ' interesse principale dei no­stri scritti : ci mettono in un contatto diretto con la realtà umana. Oggi si può avere solo un gusto mediocre per l 'occultismo e la magia. Ma è veramente questa la questione? Si tratta di capire. Cerchiamo di immaginarci i sentimenti, le credenze, le ragioni per vivere e agire in quei tempi del l' Impero Romano in cui, apparentemente riuniti sotto uno stesso principe, soggetti alle stesse leggi, formati nelle stesse scuole, tutti parlanti greco o latino, gli uomini in verità si oppone­vano gli uni agli altri con infiniti contrasti in ciò che toccava i l loro autentico profondo, in quelle regioni dell 'anima dove nascono i veri motivi di condotta. Più consideriamo la vita spirituale nell' Impero decadente, più la vediamo diversa. L'unità era solo in superficie: non aveva conquistato le anime, non vi era comunione.

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Conclusione 4 1 9

Ci s i è spesso domandati come l ' impalcatura esteriormente così solida del mondo romano sia potuta crollare così rapidamente sotto i colpi dei Barbari . La profonda diversità di menti e d'anime mi sembra una delle cause più forti. Secondo un'immagine che al lora si assaporava, la civiltà nell ' impero era un arazzo. Ho perseguito lo scopo in questo libro di mostrame uno degli aspetti ancora meno conosciuti e che senza dubbio meritava di essere portato alla luce.

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APPENDICI

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I O

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APPENDICE I

Zosimo, Computo Finale

tò 7tpÒl'tov �t�À.iov tfjç tEÀ.Eirtaiaç Ù7tOXJiç ZWcrtJlOU ®r]�aiou [Mlev �E�atoùtat ÒÀ.T)9!')ç �{�À.oç].

ZW01JlOç 8EOO'E�Eit;t xaipEtV.

A l oÀ.ov tò tfjç Aiy(Jmou �acriÀ.Etov,

00 yUVat, à1tÒ 'tWV OUo 'tOU'tWV ( 'tWV] 'tEXVWV Ècrnv, 'tWV 'tE KatptKWV KaÌ 'tWV <cpU01Kò'JV> 'lfclJlJlWV' JÌ yàp Ka­À.OUJ.Lévrl 9Eia tÉXVTJ i] À.Òy(!l ooyJ.La­nKéì> KaÌ O'O!ptO'nKéf> (fì] tà 7tÀ.EÌcr'ta U1t01ti1tmucra toiç tovt cpuMlçtv é069T) Eiç otatpocpijv, [o] ou J.J.Òvov òè au'tT), illò. Kaì limx<; ai KUÀ.OUJlf:Vat nJltat tÉcrcrapEç tÉXVat Kaì tà XEtpÒKJlT)ta. [ai J.Lévtot] Kaì i] OT)JllOUpytKJÌ JllÌV �v

Alch. Gr., 239 ss.

MA' l oÀ.ov tò TfjçAiy(J7ttou �acriÀ.Etov,

c1 y(Jvat, à1tò trov Mo mutwv tExvrov O'UVÉO''tT)KE, 'tWV 'tE KatptKWV KaÌ 'tWV q>UcrtKWV ( KaÌ] 'lfclJlJlWV · JÌ yàp KaÀ.ou­J.LévTJ 9Eia tÉXVTJ, toutÉcrnv i] OOYJla­nKij, 7tEpi fìv àcrxoÀ.Oùvtat li7tavtEç oì çT)'tOÙV'tEç tà XEtpÒKJlT)'tU li7tavta KaÌ tàç nJ.Liaç téxvaç, tàç técrcrap6.ç q>T)Jlt <ai> OoKoùcri n 7tOtEiv, J.lÒVotç él;E-069T) miç ÌEpEÙcrtv· i] yàp cpucrtKJÌ 'l'aJ.lJ.lOUpytKJÌ �aOlÀ.Éwv �v, &crtE Kaì

A = Paris. 2327, fol. 25 1 v-255 r. Habet totum (Alch. Gr. , 239 ss.). M = Mare. 299, fol. 1 7 1 v- 1 72 r ( quod ex imagine phototypica descripsi). Ha­

bet excerptum ex Olympiodoro (Alch. Gr. , 90. 14) oÀ.ov tò . . . liÀ.À.ouç 'Jouoaiouç. Al = Paris 2327, fol . I l i r (Afe h. Gr. , 209 . 1 0-20). Habet eiusdem excerpti

partem oÀ.Ov tò . . . ÉnJloopoùvto y6.p.

A 1 /3 titulum habet A Il 1 /2 �9ev . . .

�i�À.oç secl. Scott 1 1 6 trov (secundum) seclusi I l 7 KatptKrov Ruelle: KUptKrov A Il 8 trov 'lfclJlllWV Ruelle: tov 'lfUJ.lJ.lOV A. - cpucrtKrov addidi I l 9 i]] iì A Il l O iì seclusi Il I l VOJ.locpuÀ.a/;tv uel iEpocpuÀ.a/;tv uel �t�À.wcpuÀ.a/;tv conici potest Il 1 2 o secl. Ruelle I l 1 4 XEipÒKJ.lT)ta] XEtpotJlJÌJ.lata A Il 1 5 ai J.lÉVtOt seclusi I l 5 J.lÉV �v] JllÌVTJ A.

MA' 5 �acrtÀ.Ei A 1 Il 6 •exvrov mutwv A 1 I l

7 Ka9ÉO"tl')KE:\I A 1 - KatptKWV] KEptKÙ>V M flEptKrov A1 I l 8 Kaì (MA') seclusi Il 8/9 KaÀ.oUJlÉVTJ M: ÒÀ.À.otOUJ.lÉVT) A' Il I O 7tEpÌ �ç A' Il I l XEtpOKJ.lT)'ta] XEtpOKJ.lJÌJ.la'ta M XEtpO'tJ.lJÌJ.lata A' I l 1 2 nJ.liaç om. A' I l 1 3 ciì add. Ruelle (209. 1 4).

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424 La rivelazione di Ermete Trismegisto - L 'astrologia e le scienze occulte

A pacnUrov, rocrn: KUÌ Èà.v OU!lPft � ÈK q>rovii>v y&VO!lÉVTlV ÈP!l"JVEU!l�vat <�> ÈK -rii>v OTTJÀ.ii>V <aç> ecrxov xpoy6vrov KÀ.TJpOVO!llclV, EX(J)V KUÌ ÌOOOV TIJV yviii­(JlV TCÌ>V TOt01JT(J)V ÙKWÀ.UTOV OÙK È1tOlEt <oùoEiç>, ÈTtllropEÌLO y6:p · OO<J7tEp <yà.p> oi <Exvimi oi Émm6:!l&VOt pacrtÀ.tKÒv rumt:tv v6!ltcrlla oùx éau­-roìç nJ7tTOUcrt, É1tEÌ TtllropOÙVTat, OlJT(J) Kaì Énì -roìç pacrtì..Eùcnv -rii>v Aiyux­-rirov oi <Exvi<ai �ç éiVllcrEroç Kaì oi EXOV<Eç -r�v yvii>mv <�ç àKoÀ.ou!liaç oùx Èau-roìç Ènoiouv, àÀ.À.' Eiç aù-rò wù-ro Écr-rpan:uov-ro wìç Aiyux-rirov pacrtÀ.Eùtcrtv Eiç -roùç 611craupoùç Épya­ç6!lEVot · dxov Oè Kaì ioiouç lipxoVTaç ÉmKEl!lÈVOUç KUÌ 7tOÀ.À.� ropavvìç �V �ç ÈljiTJOE(J)ç, OÙ !lOVOV UÙT�ç, ÙÀ.À.Ù Kaì -rii>v XPUcrropuxrov· Ei ycip nç tu­picrKE<at òpucrcrrov, v61-1oç �v Aiyux­-riotç éyyp6:q>roç aù-rà. Èmot06vat.

MA' Èà.v crullPft iEpÉa � croq>òv À.EYÒ!l&VOV ÈP!lTJVEÙcrat TÙ [<àl ÈK TCÌ>V 7taÀ.atCÌ>V � <lì> Ù7tÒ 7tpoy6vrov ÉKÀ.TJpOVO!lTJOEV, KUÌ EX(J)V KUÌ ÌOOOV TIJV yYÙlcrtV UÙTCÌ>V [ TIJV l ÙKWÀmov OÙK ÈnoiEt, Én!lropEÌ­TO y6:p· fficrnEp <yà.p> OÌ Tf:XVÌTUl OÌ ÉmcrTU!l&\101 PncrWKOV nJ1tTEtV VO!ll<JilU oùX éuu-roìç n)moumv, È1tEÌ TI!l(J)­poùVTut, ou-rro Kaì Énì wìç Pucrtì..Eùm -rii>v Aiyux-rirov o i TEXVì<at �ç éiVll­crEroç oi EXOV<Eç n'Jv yvii>cnv �ç Ù!l­!l07tÀ.ucriaç Kaì àKoÀ.ou!liuç oùX Èaumìç Ènoiouv, àM' Eiç uù-rò mmo Èmpa­<EUOVTO Eiç -roùç !lTJcraupoùç épyaç6!lE­vot · dxov oè Kaì ioiouç liPXoVTuç Èm­Kt:t!lÈVouç È1t6:vro -rii>v lh]craupii>v Kaì àPXtmpan'Jyouç, KUÌ noìJ.� ropavviç �v �ç ÈljiTJcrEroç· VÒ!loç yà.p �v Aiyux­-riotç llTJOÈ Èyyp6:q>roç uù-rci nva ÉKOt-06vat.

2 nvÈç OÙV !lÉ!lq>OVTut 8TJ!l0Kpt<OV KUÌ TOÙç àpxaiouç, ffiç llJÌ llVTJ!lOVEU­craVTaç -rou-rrov -rii>v ouo <Exvii>v, àìJ.6: !lÒvrov -rii>v À.EyO!lÈVrov ri!ltrov, !lclTTJV oè aù-roùç llÉ!lq>OVTat· où yà.p t'JouvaVTo q>iì..ot ov<Eç -rii>v PamUrov Aiyl)mou

25 KUÌ TÙ 7tproTEÌU ÈV 7tpo<pTJTIK]Ì UÙXOÙVLEç· nii>ç JÌOUVUVTO 6:vmpav0òv llU!h'J!laTa Ka-rà -rii>v pamUrov OTJ!locrlçt ÈK!lécr!lat Kaì ooùvut liìJ.otç xì..ou-rou rupavvi8a;

A l crullPft Ruelle: cruvwtì A Il

2 Y&VO!lÉVTl A. - ÈP!lTJVEU!l�vatl ÈP!lTJVEUTJTut A. - � addidi Il 3 aç addidi. -Ecrxovl EXEtvA I I 5 àKwÀuwvl ÙKroÀu-rrov A 1 1 6 OÙOEiç addidi 1 1 7 yà.p addidi I l 1 2 àKoJ..ucriaç A Il 1 7 xoJ..ù , rupa�ç A Il 2 1 <1-1tì àv>eyypciq>roç Diels (A. T. 2, 1 50, 4 ).

MA' iEpEÌ croq>{fl A 1 Il 2 ÈPilTJVEÙcrut

-rà l ÈP!lTJVEUcraVTa MA 1 • - -rà M (mìç A') seclusi Il 3 a addidi I l 3/5 hlTJpov611TJcrav Kaì Ecrxov, Kaì iowv TUUTTJç TIJV ÙKOÀ.oU!J[av TÒ OUVETÒV OÙK È1toietA1 1 1 5 n'Jv seclusi 1 1 6 yàp addidi I l 8/9 ÈXEÌ TI!lropoùVTat M: ÉnllropoùVTo ou-rm A', qui cum iis uerbis desinit I l l 7 noÀ.À.t'Jv rupuvvi11v M.

22 wç lllÌ om. A Il 22/23 llVTJ!lOVEU<JUVT(J)V A 1 1 23 TCÌ>V TOUT(J)V Tf:i...'VCÌ>V A. - àMà !lOV(J)V om. A Il 23/24 n OÈ aù-roìç llÉ!l<iJOVLat; A 1 1 24 iouvo:vro M. - q>iÀ.ol OVTEç M: llÉ!lq>OVLEç A 1 1 25 ÈV xpoq>TJnKft aùxoùVLEç M: ÈV xpoq>TJria KaUXii>VLEç A. - liMou; ante 6:vaq>av0òv add. A 1 1 26 èK!ltcr!lut M: ÈV!lUilTJcracr!lut A(ÉK!lTJvUcracr!lut Ruelle).

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Zosimo, Computo Finale 425

oun: EÌ �8Uvavt0 èSE8i8ouv, Èq>86vouv yap· flÒVoiç ÙÈ 'Iou&xiotç {é,òv �v MSpa tUÙTU 1tOlEÌV KUÌ ypclq>ElV KUÌ ÉKllWÒVUt. ÙflÈÀ.El yoùv EÒptcrKOflEV 8EÒq>tÀ.oV tòv 8wyévouç ypàljlavtU OÀ.O. tà Ti'jç xropoypaq>iaç XPU<!WpuxEia, KUÌ Ma­piaç �v KUfltvoypaq>iav, Kaì illouç 'Iou8aiouç.

5 3 iJ).)J:J. <tàç> KatptKàç OUtE 'lou8airov OUtE 'EUl'Jvrov oÙÒEÌç èSéòroKÉV note· Kaì aùtàç yàp év toiç Ka8' Éamoùç XPTJf.lcltrov < . . . > KatEtiSevto, ciBroÀOtç napa86vteç tTJpEiv· Kai ye �v lj/UflflOUpyiav noì.ù 8taq>Époucrav téòv KatptKÒlV où naw n èq>86VTjcrav 8tà tò �v ttxvrlv aù�v èSciyEtv Kaì tòv èmxetpoùvta <f.t�> ànoKÒÀ.O.crtov yivecrSm - Ei yàp òpucrcrrov Kataq>ropoç

l O yivEtat ànò téòv tTJpouvtrov tà Efl1tÒpta Ti'jç nòÀ.Eroç 8tà tà l3amÀtKà tÉÀ.T], < . . . > - ÌÌ t<ÒV KUfllVWV fl� llUVUflÉVWV Kpupfjvm, tàç llÈ KUlplKÙ<; 1:\tà navra À.O.V86:vEtv· 8tò KUÌ oùX EÒpicrKEtç oooéva t<ÒV ÙPXairov OUtE KpupT]8ÉV [ìlìdv] OUtE q>avEpéòç ÉKlliòovta n 1tEpÌ aùtéòv· flOVOV llÈ L'1TjflÒKpltOV ropov ÉV 1tclO"fl t<ÒV ÙPXUl(J)V <tclé,Et> aÌvté,clf.lEVOV Kat' aÙtÒlV . . .

1 5 4 llTJÀOVòn toiç napEÀ.SOùm wòvotç toiç 'EpflOÙ q>umKaì paq>aì ÉKa-ÀOùvto aÙtat, flÉÀ.À.Oucrat ypàq>ecr8ai KOtvfi Tfi èmypaq>ft Ti'jç P$ÀOu À.EyoflÉVTjç PiPÀOç q>umKÒlV 13aq>éòv 'Im&OJX!> oo8Eicra· àM' OtE eq>BoviJSTjcrav ànò t<ÒV Ti'jç crapKÒ<; <llatflOV(J)V>, KUlplKUÌ ÉyÉVOvtO KUÌ tìJ:xSTJcrav· OÙ fl�V 6JJJ:J. KUÌ toùç àPXaiouç flÉflq>Ovtat <Kai> flMtcrta 'EpfliiV, on OUtE llTJf.l0-

20 criçt autàç f:KllEllOOKamv OUtE ÉV napuPucrtcp, OUtE �vié,avto On Kliv ècrnv. 5 UÙtòç llÈ flOVO<; ànÉllEté,EV Ò i'1T]flÒKpltO<; Eiç tÒ crUyypUflflU KUÌ �viqttO ·

UÙtOÌ 8È ÉV taiç crtTJÀ.O.l<; UÙtà ÉVÉyÀ.UijiUV ÉV téì> crKOtEl KUÌ toiç flUXOiç toiç crDf.ll3oÀ.tKOiç xapaKTi'jpmv, KUÌ aùtàç KUÌ �v xropoypaq>iav Aìyi>ntou, tva Kèlv nç tOÀ.f.ll'Jcraç èn$fjvm téòv flUXÒlV toù crKÒtouç, 1tE1tÀ.TJflf.IEÀ.TJflÉVWV téòv

25 É1ti.À.i>crEWV, Il lÌ EiJpn ÈmÀ.Ucracr8at tÒV xapaKtfjpa flEtÙ tOOa\JtTjv tÒÀ.flT]V KUÌ KclflUtov· oi oùv 'lou8aim aùtoùç fllflTJ<!clflEVOl év toiç Ka8ètoiç aùtàç tàç Km­ptKàç napa8ci>cravreç flEtÙ tijç aùtéòv flUTJcrEroç Kai napaKEÀ.EÒovtm év taiç

Habet M ome . . . 'Iou&xiouç 14. l oUtE EÌ M: où8ÈV A. - �ro 8iòouv A. - èSòv �v M: èSt8ooav A 11 2 èK8t86vat

M: napa8tò6vat A. - étflÉÀ.El M: Kliv flÉÀ.TJ A Il 3 Ti'jç xropoypaq>iaç XPUcrropuxEio. M: tijç XElpoypaq>iaç KUtopixEl A Il 4 �v KUfllVoypaq>iav M: $ xropoypaq>iav A. -Cum verbo 'lou&xiouç desinit Olympiodori excerptum M Il 5 tàç addidi. - KUptKàç A, corr. Ruelle 11 6 m8' Éaméòv XPWfllitrov KatertSevto A. - Lacunam statui. Num STjcraupoiç? Cfr. § 5, et supra, p. 323, n. 274 1 1 7 8taq>Époucra A I l 8 KUptKéòv A, corr. Ruelle. - eglyT]v A, COIT. Ruelle 1 1 9 Il lÌ addidi. - Kataq>opoç A II I o ànò téòv Berthelot: ilmòlvA l l l l lacunam statui. -taiç 8ÈKatptKaiç A II 1 2 8tò Kai] OnÉ1tEÌ Kai A II 13 ìlìEiv seclusi - èK8iòovtai A 11 14 tclé,El add Ruelle. - ÉVT]é,clf.lEVOV A, corr. Ruelle. - Post mt' aùtéòv sequitur dissertarlo ualde obscura de Democrito (§ 34), quam hic omitto: textum resumo inde ab Alch Gr., 242. 10 11 1 5 na8À.Epòv A, corr. Ruelle 1 1 1 6 ì..èyrov A, corr. Ruelle 11 1 8 OOtflÒVrov addidi 1 1 19 Kaì add Ruelle 11 20 aùtoiç A, corr. Ruelle Il 22 flOtxoiç A, corr. Ruelle Il 24 toÀ.fliJcraç: de participio pro modo finito, cfr. supra, p. 249, n. 129 - flOlXÒlV A, corr. Ruelle. - 1tÀ.TJflf.IEÀ.TJflÉVWV A, correxi Il 25 EtipEt A, corr. Ruelle 1 1 26 Ka8ètoiç conieci, cfr. tò Ka8erov ("turnba"), Mon. Asiae Min. Antiqua, VI, p. 335, n° 3 1 5: Kata8Étotç A 1 1 27 napa8cbcravteçA, cfr. toÀ.fliJcraç (l. 24).

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Otaef)Katç airriòv· 'f.àv �fliòV wpnç mùç 9rjcraupoùç, xapiOE 'tÒV XJ)Ucròv 1:0ìç f.9ÉÀoUcrtV f.auroùç lj)OVEÙEtV KaÌ txEpÌ Tijçt riòv xapa�pwv EÙpT]KWç, rà oÀ.a XPitflara f.v ÒÀ.iy(fl cruvaçEtç· rà M XPitflara flOVov À.a�oov, f.auròv q>O­vcicrEiç ÈK roù q>96vou riòv Kpawuvnov �mÀ.Émv, où flÒVov ailriòv, à)..)..ò. Kaì

5 mivrmv àv9pooxmv'. 6 ouo oùv YÉVrJ dcrìv KatptKiòv, <Kaì> f:v <flÈV rò> riòv ò9mviòv ÈKOE­

oooKamv Ol Ka'tà 't07tOV �q>Opot roiç ÈaUtii:JV lEpEÙcrt· 'tOÙLOU <o'> f:vEKEV KUÌ KatptKàç f.KéW:crav, ÈXEtOJÌ Karà ...:atpoùç �pyouv llÌ 9EÀ.�crEt riòv ooKoùvrmv <oatfl6vrov>, flTJKÉn o · <tìv> 9EÀ.ftcrmm, mùvavriov f.xoiouv [ tf.xifliKrot

l O oùv �crav ai KatptKaì. . . roìç EtOE<n, � TE riòv yYTJcrimv ciOiòv riòv KatptKiòv riòv (J).)..wv [ (J).)..wv l mìç àvftKoum mìç Tifliatç rf.xvatçt]" rò ot liMo yf.voç [ riòv l riòv KatptKiòv, <LÒ riòv> yYTJcrimv Kaì q>UcrtKiòv ò 'Epfl�ç àvÉ­ypa'VEV EÌç ràç crrftAaç · 'ÙXOXWVEUE tÒ flOVOV l;,av90fl�À.tVOV xuppòv llÀ.tiòOEç XÀ.Wpòv oo;wòv flEÀ.UYXÀ.Wpov Kaì rò Oflotov' · Kaì aùràç ot ràç yÉaç f.!Ucrn-

15 Kiòç 'VclflflOUç ÈK<lÀ.EcrEV Kaì rà ElOTJ riòv XPWflclLffiV ÈflftvucrEV · a&at q>UcrtKiòç ÈVEpyoùmv, q>Sovoùvrat OÈ àxò riòv XEpiyEtmv <Oatfl6vmv> · f.xàv M Ltç flUT]9Eìç ÈKOtcOKEt aùwuç, cEÙI;,ELUt 'tOÙ STJ'tOUflÉVOU.

7 oi oÙv �q>Opot ÈKOtffiKOflEVOt XOTE xapà riòv 'tO'tE flEyciÀ.WV àv9pcilxrov cruVE­�UÀ.EÙcravro àvri �fliòV riòv q>UcrtKiòv àvnxot�cracr9at, iva fllÌ otcilKrovrat xapà

20 riòv àv9pooxmv, à)..)..ò. À.navcirovrat Kaì xapaKaÀ.iòvrat, oiKoVOfliòVLat <Ob otà 9ucrtiòv, o Kaì XE7tot�Kamv· �KPU'Vav <yàp> x6:vra rà q>UcrtKà Kaì aùr6f.Lara, où flOVov q>9ovoùvrEç aùroiç, à)..)..ò. Kaì mpì Tijç Èauriòv çro�ç q>povriçOVLEç, lVU flJÌ flUcrTIIJoVLat ÈKOlffiKOflEVOl KUÌ À.lfl<j) TiflWp/òVLat, 9ucriaç flJÌ À.afl�clvOVLEç. ÈXOtT]craY o\hwç· �KPU'!'UV LJÌV lj)Ucrt�V KUÌ EÌcrT]yftcravro LJÌV

25 tauriòv à<pUmKOv, Kaì ÈsÉOmKav aùrà roìç tamiòv iEpEÙ<n, cl rE OTJflÒLUt �flÉ­À.ouv riòv 9ucrtiòv' ÈKWÀ.UOV KUÌ UÙ"t:OÌ LJÌV à<pt)crtKOV lj)tÀ.onfliav· ocrot OÈ KU'tE­KpciLT]crav LJÌV VOfltSOflÉVTJV ool;,av <OatflOVWV> 'tOÙ aiiòvoç ÙopoyEVVftcravro, KUÌ ÈXÀ.T]9ùv9T]crUV �9Et KUÌ VOflCfl KUÌ q>Ò�Cfl ai 9ucriat UÙriòv. <ID'> OÙKÉn oÙOÈ ràç 'VEUOEiç afuiòv ÈxayyEÀ.iaç ÙXEXÀ.�pouv· ID' orE ÈyÉVELO /ipa àxo-

30 Karcimamç riòv KÀ.tfllhmv KUÌ OtEq>ÉpE'tO KÀ.LflU XOÀ.ÉflCfl KUÌ ÈÀ.EmELo ÈK roù

2 aut mpì Tijç corruptum (uerbum desideratur ut xEptKparEiv uel simile quid) aut XEpì Tijç r. X· <f.xtÀ.UcrEmç> uel s. q. supplendum. - riòv xapciTiaç A 1 1 6 KUptKiòv A, corr. Ruelle. - Kaì et flÈV rò addidi Il 7 oi Karà Scott: iì Karà A. - o· addidi I l 8 KatptKaìA, corr. Ruelle. - Karà Katpoùç �pyouv Scott: Kaì Katpoìç ÈVEpyoùv A. ­ooKm)vrrov l omK6vrmv A Il 9 Oatfl6vmv addidi. - o· lìv 9EÀ.ftcrmm l oÈ 9EÀ.ftcramv A Il 9/ 1 1 ÈXifltKtOt. . . rf.xvatç ut glossatoris seclusi 1 1 1 0 signa alchimistica 11 1 2 riòv secl. Ruelle. - rò riòv addidi 11 1 2/ 13 ò 'Epfl�ç àvéypa'VEV Scott: rò 'Epflàv ÉVÉypa'VEV A Il 1 3 àxoxoovEUE Ruelle. - àxò yrovd A. - ròv J.!Ovov A. - l;av9mJ.iiÀ.tVov A, corr. Ruelle. - xupòç �À.tooòv A 1 1 1 4 flÉÀ.aV XÀ.Wpòv A 1 1 1 5 ÈKéW:crav A 1 1 16 XEpyEtiòv A, correxi, Oatfl6vmv addidi: cfr. CCAG., VIII, 4, 252. 1 5 11 1 8 llflq>Opot A, corr. Ruelle. - xmEl r6rE A Il 18119 cruvwouÀ.EÙcravro A, corr. Ruelle Il 19 clvn7totftcracr9atl xci­vrmv xot�crat A Il 20 oiKOVOflOÙVLa A. - Of. addidi Il 2 1 1tE1tOtT]Kav A, corr. Ruelle. - yàp addidi 1 1 27 Oatfl6vmv addidi. - ùopoy�cravra A I l 28 �9oç A, corr. Ruelle. -ID' addidi 1 1 29 ÈyyEVEÌ., corr. Ruelle 1 1 30 KÀ.T]fllhmv A. - KÀ.ftfla A.

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Zosimo, Computo Finale 427

KÀ.il!a'toç Èl<Eivou -rò ytvoç -réòv àv9pci:moov Kaì -rà iepà aù-réòv �PTJI!Oùv-ro Kaì ai 9ucr{a[ aÙ'téòV �!!EÀ.OÙV'tO, 'tOÙç 7tEplÀEt7tOI!ÉVOUç ÙV9pcJ:mouç ÈKOÀ.ÙKEUOV clJç ot' ÒVEtpà-roov Otà 'tÒ 'lfEÙOoç aù-réòv <Kaì> Otà 1tOÀ.À.éòV c:rui1�6À.OOv -réòv [-réòv] 9ucrtéòv àv-rtxecr9at, aù-ràç oè miì..tv napex6v-roov -ràç 'lfEUOEiç Kaì àcpucriKaç

5 ÈnayyeÀiaç Kai ìlùov-ro miv-reç o i cptì.f)oovm li9Àtot Kaì ÙJ.1a9eiç livSpoonot · éòmE <-roù-ro> Kaì crot 9tÀ.oucrtv non;crat, cù y(>vat, otà wù 'lfEUOonpocpf)-rou aù-réòv· KOÀ.aKEi>oucriv crE -rà Ka-rà -r6nov <oat116vta>, netvéòv-ra où 116vov 9ucriaç, àUà Kaì �v �v 'lfUxTJV.

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1 5

20

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M o1KaOE Ka9tçou Èmyvoùcra eva 9eòv Kaì 11iav TÉXVTJV, Kaì 11� PÉI!�Ou çT]-roù­cra 9eòv ll-repov · 9eòç yàp ìll;et npòç crÈ Ò 1taVTnXOÙ WV KQÌ OÙK ÈV 't61tcp ÈÀ.a­XlO"'tql cllç -rò Oat1!6Vtov · Ka9eçoi1ÈVTJ M •«'P crcll 11an Ka9tçou Kaì -roìç nà9emv · Kaì ou-rooç crau�v OtEU9Uvacra 1tpocr­KnÀÉ<;ll npòç Éau�v -rò 9Eiov Kaì c5v-rooç ìli;Et npòç crè -rò 9Eiov -rò nav-ra­xoù c5v · lhav OÈ ÈmyvéPç crau-rf)v, -r6-rE Èmyvcllcrn Kaì -ròv 116vov è\v-rooç 9e6v· KaÌ OU'tooç ÈVEpyOÙcra È1tt't&l>l;11 'téòV yvTJcrioov Kaì cpucrtKéòv, Ka-ranruoucra 'tT]ç UÀ.l]ç.

np6crcpepE 9ucriaç -roìç <oai11ocrtv>, 11� -ràç npocrcp6pouç, J..l� -ràç 9pen-25 nKàç aù-réòv Kaì npOO"TJVEìç, àÀÀ.à -ràç ànmpennKàç aù-réòv Kaì àvatpEnKàç,

lì.; npocrEcpcOVT]O"EV MEI!�Piiç •«'P 'IepocroÀ.UI!OOV �acrtÀ.Ei LOÀ.ol!éòvn, aù-ròç M l!clÀ.tO"'ta LOÀOJ..léòV ocraç llypa'lfEV Ù7tÒ 'tJÌç ÈaU'tOÙ crocpiaç· Kaì ou-rooç ÈVEpyoùcra

l KÀ.fJJ..la-roç A. - ÈPTJI!OÙV'to A Il 3 Otà -rò 'lfEÙOoç aù-réòv fortasse secludendum. - Kaì addidi. - c:ru11�UÀ.OOV A. - -réòv (secundum) secl. Ruelle Il 5 Kaì (primum) retinui (de usu Kai in apodosi post temporalem protasin, cfr. L.S.J., s. u., B 3) 1 1 6 -roù-ro add. Scott 1 1 7 Oat1!6Vta add. Scott.

I O cù y\Jvat Scott Il I l ÈV -roùç Kat ÈVEiav A, corr. Ruelle 1 1 1 2 neptpÉJ..l�Ou A, corr. Reitzenstein (Poimandres, 2 1 4. 1 , Hist. Mon. , 1 08- 1 09) I l 1 3 6 ante 9eòç add. Reitz. (H.M, 108) Il 1 8 mìç t�' J..lUpatç A (J..Loipatç Ruelle) I l 1 9 au�v Reitz. : a�v A Il 20 QV't(J)ç Reitz.: ou-rooç A 1 1 2 1 ov Reitz.: &v A.

9/22 excerptum ex Olympiodoro, M fol. 1 69 r (A/eh. Gr., 84.4-1 1 ) I l 18/ 19 -rò mxvmxoù rov M, corr. Ruelle.

22 111Ì KaÀ.oUI!ÉVTJ secl. Scott I l 24 oaii!OO"lV add. Reitz. - 1tpocrcpupouç A Il 25 àno9pE1t'ttKàç A, corr. Ruelle I l 26 MEJ..l�piiç A: Mai!�Piiç Reitz.

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428 La rivelazione di Ermete Trismegisto - L 'astrologia e le scienze occulte

Emtrul;n 'tWV YVllcrlCDV K!lÌ !pUcrtKWV K!ltp!KOOV. 't!lÙ't!l OÈ 1t0lEl eroç éìv 'tEÀ.ElCD-8ftç LTÌV ljiUXTlV. lhav OÈ emyv<!'lç O!lUTJÌV 'tEÀ.E!CD8Eìoav, 'tO'tE K!lÌ <emruxoù­oa> téòv cpumKéòv rijç UÀT)ç Katcinruoov Kaì KamopaJ.Loùoa enì tòv TimJ.LE­vavopa K!lÌ �anrio8eìoa •<il Kparijpl àvciOp!lJlE E1tÌ 'tÒ ytvoç 'tÒ o6v.

5 9 EyCÒ OÈ E1tÌ 'tÒ 1tpOKElJlEVOV EÀ.EUOOJl!ll rfiç ofjç àtEÀ.ElO'tT)tOç, àU' oÀiyov EnEK'tEÌV!ll Kaì àvEVEYK!ll XP� JlE tò sTJtOUJlEVOv.

l KUptKéòv A, corr. Ruelle. - enoiet A, corr. Ruelle Il 112 éìv tEÀ.Etro8fiç Ruelle: 1t!lV'tEÀ.Elro8fiç A Il 2 Èmyv<!'lç O!lUTJÌV (uel E!lUTJÌV)] emyvoùoa !lÙTJÌV A Il 2/3 emruxoùoa addidi, coli. Olympiodoro (supra, 427.2 1 ), 'tWV !pUOlKWV secl. Reitz. (H. M, 1 09) 1 1 3 K!ltcl1t't"TJOOV A, corr. Reitz. l l 5 àtEÀElcO'tT)toç A 11 6 ÒÀtYCfJ A, corr. Reitz. - E7tEK't"Etvm A. - XPfiJla A, corr. Reitz.

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APPENDICE II (cfr. p. 57, n. 1 02)

La "Confessione" di Cipriano il Mago

A) BIBLIOGRAFIA DI CIPRIANO DI ANTIOCHIA (ordine cronologico)

THEODOR ZAHN, Cyprian von Antiochien und die deutsche Faust­sage, Erlangen 1 882. Storia della leggenda. Edizione e traduzione di testi.

O. von LEMM, Sahidische Bruchstiicke der Legende von Cyprian von Antiochien, St. Petersbourg 1 899.

R. REITZENSTEIN, Cyprian der Magier (Nachr. von der kgl. Ges. d. Wiss. zu Gottingen, phil.-hist. Kl., 1 9 1 7, l , pp. 3 8-79). Genesi ed evoluzione della leggenda.

H. DELEHAYE, Cyprien d 'Antioche et Cyprien de Carthage (Ana­lecta Bollandiana, XXXIX, 1 92 1 , pp. 3 14-332). Rapporto tra il Ci­priano storico e il Cipriano della leggenda.

R. REITZENSTEIN, (Arch. f Rel. - Wiss. , XX, 1 920/2 1 , pp. 236 s.). Breve nota in cui l 'autore, a seguito del suo articolo delle NGG, osserva che tutti i nomi che appaiono nella leggenda di Cipriano sono conosciuti attraverso testi letterari, confermando con ciò la tesi de l i ' origine letteraria della leggenda.

L. RADERMACHER, Cyprian der Magier (Arch. f Rel. -Wiss. , XXI, 1922, pp. 233 ss.). Corrobora la tesi di Reitzenstein sulla leggenda di Cipriano e Giustina, dimostrando che questa è un "motivo" popolare che si ritrova in Luciano, Philops. 1 4 e nei papiri magici .

Io., Griechische Quellen zur Faustsage, Der Zauberer Cypria­nus, die Erziihlung des Helladius, Theophilus (S.-B. der Wiener Ak. , 206, 4 , 1 927, 277 pp.). Nuova edizione di testi greci relativi alla leggenda di Cipriano-Giustina e di altri testi (greci) riguardanti leg­gende simili, con introduzione, traduzione e commento.

FR. BILABEL-AD. GROHMANN, Griechische, koptische und arabi­sche Texte zur Religion und religiOsen Literatur in Aegyptens Spiitz-

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eit ( Veroffentlichungen aus der badischen Papyrus-Sammlungen, H. 5 , Heidelberg 1 934), pp. 32-325 (Studien zu Kyprian dem Magier), 448-45 1 ( Wiener Fragment der Kyprianlegende ). Testi copti inediti relativi alla Confessione e al Martirio di Cipriano: stato attuale del problema.

H. DELEHAYE, P. PEETERS, M. CoENS, B. DE GAIFFIER, P. GROSJE­AN, FR. HALKIN, Martyrologium Romanum . . . scholiis historicis in­structum (Propylaeum ad Acta Sanctorum decembris, Bruxelles 1 940), p. 4 1 7 (Sept. 26).

Le edizioni dei testi greci, latini e orientali relativi a Cipriano sono elencati in:

Bibliotheca Hagiographica Graeca2 (Bruxelles 1 909), Ni 452-46 1 . Bibliotheca Hagiographica Latina (Bruxelles 1 898- 1 90 l ), N;

2047- 205 1 . Bibliotheca Hagiographica Orientalis (Bruxelles 19 1 0), N; 228- 232.

B) REPERTORIO m CiPRIANO (cfr. già Bilabel, pp. 32-4 1 e 204)

l. LEGGENDA DI CIPRIANO

Questa leggenda comprende tre scritti: (a) Conversione, (b) Con­fessione, (c) Martirio.

a) Conversione.

Testo greco: ( l ) Cod. Paris. 1468, fol. 84-88 (sec. Xl) = Ca t. Cod. Hag. Gr. Paris. ( 1 896), 1468, n° 12, p. 1 43 ; Cod. Paris. , 1454, fol. 95-99 (sec. X) = Cat. Cod. Hag. Gr. Paris. , 1 454, no 1 5 , p. 126. Ed. ZAHN, pp. 139 ss. (sulla base di Paris. , 1 468).

(2) Cod. Sinaiticus 497, fol. 108r- 1 1 2v (sec. XI). Ed. M.D. Gm­SON, Studia Sinaitica, VIII ( 1 90 l ), pp. 64 ss.

(3) Nuova edizione della Conversione nelle sue tre recensioni dif-ferenti, RAoERMACHER, S. -B. der Wiener Ak. , pp. 7 1 ss.

Recensione I = Cod. Paris. 1468 (P). Recensione II = Cod. Sinait. 497 (S). Recensione II = Cod. Paris. 1454 (R). Recensione II = Cod. Bodley. Laud. gr. 68, sec. XI, fol. 45v-50r (0). Recensione II = Cod. Vatican. gr. 865, sec. XII, fol. 1 23r- 1 25v (V1 ).

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La "Confessione " di Cipriano il Mago 43 1

Recensione II = Cod. Palatin. gr. 68, sec. XIII, fol. 76v-8 1 r (V2). Recensione III = Cod. bibl. Barberian. de urbe gr. 5 1 7, sec. XIII,

fol . 24r- 27r (B). Testo latino: ( l ) MARTÈNE e DuRANO, Acta SS. Cypriani et Justi­

nae martyrum (Thesaurus novus Anecdotorum, III [ 1 7 1 7], pp. 1 6 1 7 ss.: sulla base di un ms. di Rouen; contiene Conversione, Confessio­ne, Martirio).

(2) Altra recensione Acta Sanctor., Sept., VII ( 1 760), pp. 1 95 ss. (contiene Conversione, Martirio).

Testi siriaco, arabo, etiope, copto, antico slavo: cfr. BILABEL, pp. 36-38.

b) Confessione.

Testo greco: Cod. Paris. 1 506. Ed. Maranus, appendice ai Cypria­ni Opera di Baluze, Paris 1 726 (t. III, pp. ccxcv ss.); Venezia 1 758, col. 1 1 05- 1 140 (ho riassunto la Confessione, supra, pp. 57 ss. secon­do questo testo). Riprodotto Acta Sanctor. , Sept., t. VII ( 1 760), pp. 222 ss. (26 Sept.). Tradotto in tedesco, con osservazioni critiche, da Zahn, pp. 30 ss.

Testo latino: ( l ) J. FELL, S. Caec. Cypriani Opera (Oxford 1 682), appendice, pp. 54 ss. (secondo tre MSS. inglesi).

(2) MARTÈNE e DuRANO, vedi supra (a: latino 1 ). Testo copto: Oltre ad alcuni frammenti in MSS. di Parigi, di Lon­

dra, di Napoli e di Vienna (cfr. Bilabel, pp. 37-38, 43-58 [testo e traduzione], 58-6 1 [rapporti tra i MSS. di Parigi, Londra e Napoli], 448-45 1 [ms. di Vienna]), testo completo di Confessione e Martirio nel cod. Pierpont Morgan (M 609). Ed. BILABEL, op. cit. , n° 1 1 6, pp. 65- 160 (testo), 1 6 1 -203 (traduzione), 204-230 (commento). Tradotto infra, pp. 434 ss. Testo etiope e antico slavo, BILABEL, pp. 37-38.

c) Martirio.

Testo greco: Acta Sanctor. , Sept. , t. VIII ( 1 760), pp. 242 ss. Testo latino: ( l ) MARTÈNE e DuRANO, vedi supra (a: latino 1 ). (2) Acta Sane t or. , Sept., t. VII ( 1 760) (Solo alcune notizie). Testo copto: vedi supra (b: copto). Testo siriaco, arabo, etiope, copto, antico slavo, BILABEL, pp.

36-38 .

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432 La rivelazione di Ermete Trismegisto - L 'astrologia e le scienze occulte

C'è la prova che Conversione e Confessione esistevano prima del 3 79, data del Panegirico di S. Cipriano di Cartagine ad opera di Gregorio Nazianzeno, Or. XXIV, 8- 12 (ed. Clemencet, Paris 1 778, pp. 44 1 -445), perché questo santo vi fa riferimento e, parlando del discorso piuttosto lungo pronunciato da Cipriano il Mago per riferi­re le sue colpe, lo designa con il tennine corretto di "Confessione" (È�ay6pEumç;)l . D'altra parte, i tre scritti che compongono la leg­genda sono stati fusi in un poema (esametri) ad opera di Eudocia, moglie di Teodosio II, nel 440 circa. Ne restano 322 versi per la fine della Conversione, 479 per l ' inizio della Confessione, niente per il Martirio: ed. A. LuowicH, Eudociae Augustae Proclii Lycii Claudia­n i carminum reliquiae, 1 897, pp. 24 ss. Infine, F ozio nel IX secolo (Fozio, Bibl. , cod 1 84) e Simeone Metafraste nel X (Migne, t. 1 1 5, 847 ss.) hanno rielaborato il tema.

Il. PREGHIERE DI CIPRIANO

Per i dettagli, cfr. BILABEL, pp. 38-40. Indico qui solo l'essenziale. l ) Testi latini. Due preghiere, Orafi o Cypriani Antiocheni pro

martyribus e Oratio Cyp. Ant. quam sub die passionis suae dixit. Ed. BALVZIUS (Paris 1 726), in appendice agli Opuscula, p. xxxi ss. ; ed. di Venezia ( 1 758), col. 797-802. Riedite da HARTEL (CSEL, III, 3) append., pp. 1 44- 1 5 1 (la i" secondo un m s. del X secolo, la 2a in base a un ms. dell 'VIII secolo, cfr. Praefatio, p. LXIV). La Ja preghie­ra non esiste in greco, la 2a (la più lunga) non corrisponde al testo greco edito da BILABEL, pp. 236 ss.

2) Testo arabo. Oratio sancti Cypriani . . . adversus daemones, precedente una tra­

duzione araba della lettera di Abgar di Edessa. In due recensioni, una breve, l 'altra lunga.

(a) Ree. breve: (a) cod. arab. Vatic. 5 1 , 2: edita, dopo Mai, da A. GROHMANN ap. Bi label, pp. 250 SS.

C'è questa differenza tra il racconto della leggenda in Gregorio e questo stes­so racconto nei nostri testi: in Gregorio è lo stesso Cipriano che si innamora di Giustina, mentre, nella Conversione, Cipriano mette la sua arte magica al servizio del giovane Aglaide, innamorato di Giustina, e, nella Confessione, Aglaide e Cipriano sono ugualmente innamorati della fanciulla.

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La "Confessione " di Cipriano il Mago 433

(3) Papiro di Heidelberg PSR 820, 8 1 9, 8 1 8 (frammenti del mede­simo testo): edito da GROHMANN, op. cit. Questo testo arabo è invero la traduzione (con varianti) del testo greco edito da BILABEL, pp. 236 ss.

(b) Ree. lunga: cod. arab. Paris. suppl. 95, fol . 1 04v- 1 1 1v. Ine­dito. Traduzione francese in R. BASSET, Les apocryphes éthiopiens traduits en.français, VI (Les prières de S. Cyprien et de Théophile), Paris 1 896, pp. 3 8-52.

3) Testo etiope, cfr. BILABEL, p. 39. I l testo del cod. Paris. tradotto in BASSET, pp. 6-24.

4) Testo greco: Paris. gr. 426 (P), Ottobon. Vatic. gr. 290 (0), Va­tic. gr. 695 (V), Panorm. III B 25 (M), Bodl. Barroc. 8 (B), Ambros. A 56 (A), tutti del XV o XVI sec.

Ed. TH. ScHERMANN, Die griechischen Kyprianosgebete (Oriens Christianus, 3 , 1 903 , pp. 303 ss.) sulla base di P, O, V. Riedito (con l ' introduzione della preghiera nei sei MSS.) da BILABEL, op. cit. , pp. 232-24 7, sulla base di A. Questa preghiera è seguita, in A, dopo una prima conclusione, da una ricetta dç ÀÙjla àv8po:mou (cfr. pp. 300-30 1 ); da un lunarium (cfr. CCAG. , VIII, 3 , pp. 1 79 ss.), da uno O'K01ttKÒV yaÀuv6v (sic)2, da una tavola, di tipo noto, m:pì çwfjç Kaì 8avà·mu. Viene infine un 'ultima conclusione della preghiera: BILABEL, pp. 24 7-249. Commento della preghiera e delle ricette, pp. 296-303 .

In qualunque forma si presenti, questa preghiera è chiaramente de­rivata dalla leggenda e quindi posteriore ad essa, cfr. BILABEL, p. 4 1 .

III. SECRETA CYPRIANI

Allusione solamente a questo testo latino, senza indicazione dei MSS., in J. FELL, S. Caecilii Cypriani opera (Oxford 1 682), p. 6 1 .

2 Bilabel (p. 302, n. l ) propone faÀ.T]VOÙ. Ma io credo che sia necessario leggere sempl icemente yaÀ.l]v6v = "dolce", vale a dire "buono", cfr. P Grenf l, 60 (IV sec.) yaÀ.T]V6-ra·roç ùeo .. n:6'tl]ç = "molto dolce (buon) maestro !". Ideler (Phys. et rned. min., I ( 1 84 1 ), pp. 1 38- 1 43) ha pubblicato, di un certo Andromaco, un poema (elegiaco) intitolato 0T]ptl]KÌ] èm' èxtovéòv it KaÀ.ouj.tèvl] faÀ.T']Vl] in cui si legge (vv. 3-4) I0..ù9t, Néprov, 'Iì..api]v jltV èmiliioucn, faÀ.T]Vl]v, l euùtov, iì K\lavéòv oùK 59e-rat À.tjlÉVWV. In effetti, in questo crK07ttKòv yaÀ.T]v6v, si tratta di pronostici sulla malattia secondo il giorno del mese in cui il soggetto cade ammalato, cfr. CCAG. , III, pp. 32 s., 39 s. (npoyvrocrnKòv nepì àppù:Jcr-rrov· IJfJÌq>oç <iiç LEÀ.TJVT]ç per i 30 giorni del mese), 142 s.; VIII, 4, pp. 1 03 s., 1 05 s.; X, p. 1 3 6 ss.

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434 La rivelazione di Ermete Trismegisto - L 'astrologia e le scienze occulte

L'autore si scusa di non riprodurre questo scritto che dice supersti­tione foedissima et ineptis Daemonologiae mysteriis scatere. Cfr. BILABEL, pp. 40-4 1 , che non ha potuto ritrovare i l testo.

IV. LIBRO DI MAGIA DI CIPRIANO

Testo copto secondo un papiro di Heidelberg, lnv. n° 1 684. Ed. BILABEL, op. cit. , pp. 304-3 1 4. Traduzione, ivi, pp. 3 14-3 19 . Com­mento, ivi, pp. 3 20-325 .

Nei testi di magia copta che seguono (BILABEL, n; 1 25- 1 3 8, pp. 360-399), noto, n° 1 38 , p. 399, una variante copta della formula sator arepo, che si legge qui : areto tenet Otera rotas auter, ossia arepo tenet opera rotas sator. Su questa formula magica (che forma un quadrato), cfr. in ultimo: C. HoPKINS, The Excavations a t Du­ra-Europos, V ( 1 934), pp. 1 59- 1 6 1 ; G. DE JERPHANION, La formule magique "Sator Arepo " ou "Rotas Opera " (Ree h. de Se. rei. , XXV, 1 935 , pp. 1 88-225); M. DELLA CoRTE, Il crittogramma del "Pater Noster " rinvenuto a Pompei (Rendiconti d. Pont. Ac. rom. di ar­cheol. , XII, 1 936, pp. 397-400); G. DE JERPHANION, Osservazioni sul! 'origine del quadrato magico "Sator Arepo ", i vi, pp. 400-404; lo. , A propos des nouveaux exemplaires, trouvés à Pompei, du carré magique "Sator " (C. R. A c. Inscr. , 1 93 7, pp. 84-93 ); lo., Du nouveau sur la formule magique Rotas Opera (et non Sator Arepo ), in Ree h. de Se. rei. , XXVII ( 1 937), pp. 326-335 .

C) TRADUZIONE DELLA VERSIONE COPTA DELLA CONFESSIONE3

Cod. Pierpont Morgan, col . 53 r0-62 v0

Le parentesi quadre indicano un supplemento fornito o dal contesto o da una versione parallela; le parentesi contengono complementi ri­chiesti dal significato della frase.

"(53 ro. l) Questo è il pentimento (!lETavma) di Cipriano il Mago (!layoç) che divenne cristiano (XPYJ<mav6ç) grazie alla Vergine (nap8tvoç) Giustina, che fu successivamente vescovo (ènim<onoç)

3 Devo questa traduzione a Malinine, cfr. Prefazione, p. I l .

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La "Confessione " di Cipriano il Mago 435

nella città (1t6Àtç) di Nicomedia e che infine ottenne la corona di martire ( -1 .. uiprupoç) con Giustina, sotto il re Diocleziano, i l 20 di Paopi, in pace (EipfJVTJ). Amen.

[ . . . ] (53 ro. 2) di Cristo; che guardino alla mia sofferenza e alle mie lacrime, che riconoscano da esse l ' esattezza ( àKpi�Eta) delle pa­role che ho scritto. Infatti, (quanto a) quelli che si dedicano all 'arte dei dèmoni (-Òatj.lOVtov), ciò che essi ottengono è vano e ridicolo. In effetti, nessuno dei demoni (òatj.l6vtov) potrà né ispirarvi la paura né darvi tanta pacificazione (1tapa) come (lo hanno fatto con) me. E non potrete, neanche (oùòé), penetrare nel mistero (!lUO"tf]ptov) della causa (aì·tia) del loro potere, né conoscerli (i.e. i demoni) come me, (53 vo. l) loro che vengono chiamati dei.

Io sono Cipriano, colui che fu consacrato (àva9TJ!la), dalla sua adolescenza, nel tempio di Apollo e che si è istruito, fin dall ' infanzia nelle imposture che il Dragone (òpaKmv) compie. Infatti (yap) non avendo ancora raggiunto l'età di 7 anni, mi dedicai (già) ai misteri (!lu<JTfJptov) di Mithra.

Sebbene fossi, per mia nascita ( yévoç), uno straniero (7tpocrf]À.u-roç) per gli Ateniesi e non un nativo della città, (53 vo. 2) lo zelo (cr1touòf]) dei miei genitori fece di me un cittadino (1toÀhTJ<;) di que­sto luogo. E (òé) quando ebbi 1 5 anni, servii Demetra e camminai di fronte a lei nella processione (à1to<1to> (!l)1tEùm) (?) portando delle torce (Àaj.l1taç). (Quanto a) sua figlia, che è chiamata "la Vergine" (1tap9évoç), portai il suo lutto, vestito d'abiti splendenti.

Portai l 'offerta (9ucria) a Pallade, colei che risiede in un luogo elevato (= l 'Acropoli). Servii il Dragone (òpaKmv) ( . . . ] (54 ro. l) Andai all'Olimpo, il gioioso (?) (àcr1tacr!l6ç), che è chiamato "il monte degli dei". M'iniziai ai segreti (!lucrrf]ptov) dell ' Immagine (EÌKrov), al modo in cui ella parla, (modo) che consiste nella succes­sione (òtfJyTJm<;) dei rumori che si producono abitualmente durante una manifestazione (q>avracria) di dèmoni (òatj.lOVtOv), quando (?) si rivelano ( <rTJ!laivw ).

Vidi in questo luogo qualche sorta ( -nmoç) di alberi e di erbe in potere di agire (ÈYEpyéw), come se (&crrE) gli dei le guardassero. E (òé) vidi ancora in questo posto 4 stelle nelle quali si trovavano i venti (1tVEÙ!la) mutevoli, la successione (òtaòoxfJ) (delle stagioni e) dei frutti (Kap7t6ç), (54 ro. 2) i diversi giorni segnati dai pote­ri (ÈvÉpyEta) del Diavolo (àvnKEij.lEVO<;). E (òé) vidi anche i cori

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Cxop6ç;) di dèmoni (ÒatJlOVtOV), alcuni cantando (UJ.LVEUm), altri, al contrario (òÉ), creando trappole, ingannando (èma'tam) e causando turbamenti . E (òt) vidi ergersi (di fronte a me) la scorta ( •al;tç;) di ciascuno degli dei e delle dee.

Trascorsi 40 giorni e 40 notti in quel luogo, nutrendomi solo della linfa (?) degli alberi dopo il calar del sole.

(54 vo. l) Ed (M) è da questo luogo che sono inviati dal Re degli spiriti malvagi (7toVTJp6ç;, 1tVEÙJ.La) sotto l 'aspetto di guerrieri, ognu­no dei quali esercita la sua influenza (tvtpyEta) su (tutta) la terra e su tutti i popoli (€9voç;).

Quando raggiunsi l'età di 1 5 anni, fui istruito dai sacerdoti, dai 7 profeti e dalla profetessa (7tpo<p�'tTJç;) del Diavolo, con cui quest 'ul­timo s' intrattiene bocca a bocca. Sono loro, infatti (yap), che procu­rano del lavoro a ciascuno dei demoni (ÒatJlOVtOv).

I miei genitori divennero pieni di attenzione (cr7touoaçm) (54

vo. 2) per me quando ebbi conosciuto tutto il potere del Diavolo (òtaPoÀoç;). Quest 'ultimo m ' insegnò come la terra sia saldamente stabilita sulle sue fondamenta. M'insegnò la legge dell'Aria ( à�p) e dell 'Etere (aiS�p). Visitai il mare (ElaÀacrcra) fino al (JlÉXPt) Tartaro ( 'tapmpoç;).

Poi andai ad Argo, celebrai la festa di Era e (lì) mi s ' insegnò come si separano le donne dai loro mariti e come si getta l 'odio tra i fratelli e gli amici. Appresi l 'unità dell'Aria (à�p) e dell'Etere (aiS�p) e il modo in cui la Terra (55 ro. l) si associa (Kotvmv6ç) all 'Acqua, così come (Ka'ta), d' altra parte, l'Acqua all 'Etere (aiS�p).

E (òÉ) partii ( cÌ7tOÒ11JlÉffi) anche per una città (7t6Àtç;) chiamata Ta­lide4 che è i l paese (xmpa) che si chiama Lacedemone. Imparai a conoscere i misteri (J.Lucr't�ptov) di Helios e Artemide, la legge della luce e delle tenebre, degli astri, delle (loro) orbite, delle Pleiadi, del­le stelle - Neter (?)5 e di tutta la coorte ( cr'tpa•ia) dei corpi celesti (€1toupavwv); (conobbi) quale fosse la loro influenza (evÉpyEta) e la loro costituzione ( crxfiJ.La) [ . . . ] [e le stelle? di] (55 ro. 2) Crono; esse sono più importanti delle altre stelle, poiché ( f:7tEtò�) alcune tra esse compiono orbite irregolari.

4 Sic. Probabilmente trascrizione di una corruzione antica già nel l 'originale greco. Occorre leggere "in Elide" (f:v Tft "W .. tot), cfr. supra, p. 58 n. l 05.

5 Neter: parola egiziana (plurale) che designa probabilmente una costellazione.

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La "Confessione " di Cipriano il Mago 437

In seguito andai presso i popoli (€8voç) chiamati Frigi. Appresi da loro la divinazione. Conobbi la lingua dei barbari (�ap�apoç), la scienza degli àuguri, il linguaggio dei corvi e degli uccelli che osserviamo (napa'tTJpÉw), i segni (OTJ!lEÌov) degli animali e i presagi, (avendo imparato tutto questo) dai sacerdoti (55 vo. l) che predico­no agli uomini cosa (ahia) deve accadere; (conobbi) gli alberi che producono suoni e le pietre che si trovano sulle tombe (Taq>oç) e sulle porte. Imparai a conoscere ognuna di queste cose.

E (òé) conobbi anche le membra (del corpo) (!lÉÀoç) che compio­no un improvviso movimento convulso (Ka'tà . . . ÈVÉpyEtav), i nervi che si ritraggono provocando pruriti, e gli altri che si incastrano l 'un l 'altro; (conobbi) l 'arte di piazzare trappole (�6/..oç) per le parole, i numeri (àpi8116ç) che si ottengono con le dita quando le lanciamo in avanti e anche i numeri che (55 vo. 2) scappano improvvisamente (èç�mva) dalle labbra degli uomini.

Creai delle cose con le mie parole e constatai che erano reali. E (òé) imparai a riconoscere (voÉw) come ( ffiç) inesistenti nella realtà delle malattie provocate (?); dei giuramenti che sentiamo, così come quelli che non sentiamo; un accordo ( OU!lq>wvia), nonché una dispu­ta; una lotta che si presenta come una pace (dpiJvTJ).

Niente mi restò nascosto di ciò che esiste sulla terra e nell 'a­ria ( àiJp ), nel mare (9aì..acrcra) e nel mondo sotterraneo; nessuna cosa (che appare durante) una manifestazione ( q>av'tacria), (56 ro. l) che sia (E'l'tE) un fenomeno percepibile dall' intelligenza o (E'l'tE) una cosa visibile ai sensi (?) (6\j!tç?); che s ia (E'l'tE) un' impostura o (E'l'tE) una pratica di idolatria (Eiòwì..ov); che sia (E'l'tE) un'opera d'arte o (E'l'tE) di meccanica (!lTJXUVtK6v), o (E'l'tE) qualsiasi (altra) cosa difficile da riconoscere, come le meno importanti (èì..axtcr'toç) delle malattie che le vecchie donne provocano per malignità. Mi sono interessato a tutto ciò.

Andai ancora a Memphis e a Eliopoli [ . . . ] (56 ro. 2). Visitai (-nEipa) i loro oscuri sotterranei dove i demoni (òat!l6vtov) dell' aria ( àiJp) fanno le loro riunioni con i demoni che dimorano sulla terra; (imparai a conoscere) come (KaTa) inducono gli uomini in tentazio­ne e quali sono le stelle di cui i demoni si compiacciono (iJMvw), se cadono lì; quali sono le leggi (v611oç) che essi proclamano e con quale modo, essi stessi, vi si sottraggono; e come gli spiriti (nvEÙ!la) combattono con i demoni.

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E imparai a conoscere quanti erano gli Arconti (lipxcov) delle (56 vo. l) tenebre e i rapporti (Kotvcovia) che essi hanno con le anime ('l'UXTJ) e i corpi (cr&f.!a) privi di ragione (liì.oyov) fino ai pesci (com­presi); e (conobbi) qual è l 'opera compiuta da loro (gli Arconti): l 'uno provocando (ÈvEpyéco) la fuga di un uomo; un altro agendo (ÈvEpyéco) sul l ' intelligenza perché l 'uomo si dia a lui; un altro agen­do (ÈVEpyéco) sulla (sua) memoria; un altro ispirando(gli) (Èvepyéco) il terrore; un altro (procedendo) con astuti trucchi; un altro con la sorpresa (Òpf.liJ); un altro (56 vo. 2) (causando) l 'oblio; un altro che agisce ( ÈVEpyÉco) sulla massa perchè si ribelli ( cr"tacrtç); e molti altri fenomeni che si producono nello stesso modo.

Imparai a conoscere il terremoto, l 'acqua piovana di questi luo­ghi, una terra che sta per produrre e un mare (8aì.acrcra) coperto di onde, senza l 'azione (Èvepyéco) di una manifestazione (<pavwcria) (demoniaca). [Vidi le anime dei giganti racchiuse nelle tenebre, sop­portando l'ombra della (?) terra, che sembravano] come qualcuno che porta un pesante fardello. Vidi dei dragoni (opaKcov) entrare in contatto (Kotvcov6ç) con i demoni (Oatf.l6Vtav) e (57 ro. l) (senti i) i l gusto amaro (1ttKpia) del veleno che esce dalle loro bocche (destina­to) a uccidere coloro che abitano sulla terra; (veleno) di cui gli spiriti (1tVEÙf.la) dell 'Aria ( àfJp) si servono per causare tutti questi mali agli uomini; proprio come (si servono) di altri spiriti traendo un profit­to (à1toì.auco) (qualunque) dagli uomini che si rallegrano del l 'aiuto WofJ8eia) che ottengono da bestie che abitano sotto la terra (??).

Vidi anche la terra sollevata da un vento (1tVEÙf.la) che la tene­va sospesa sopra l'acqua contrariamente alla sostanza naturale ( qmcrtK6ç) (di questi due elementi).

(57 ro. 2) Mi si condusse anche in un luogo (161toç) di quelle sedi dove gli spiriti (1tVEÙf.la) cambiano secondo le apparenze che il Dragone (opaKcov), combattendo contro la legge di Dio, inventa per loro; dove questi spiriti (1tVEÙf.la) malvagi (noVTJp6ç) si trasfor­mano, secondo (Ka"ta) i l carattere di seduzione (1tÀUVTJ), per servi­re così gli uomini che comunicano (Kotvcovéco) con loro in questi stessi sacrilegi ( -àm:pfJç). Infatti (yap) è un devozione ( -Eùm:pfJç) sacrilega (àcrePl'Jç) che gli uomini compiono in questo luogo per ottenere un' intelligenza (57 vo. l) senza ragionamento (Àoytcrf.!6ç), una giustizia (òtKatacrUVTJ) che è un' ingiustizia e un grande ordine (Ka"tamacrtç) che rimane in un grande disordine (àw�ia).

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Vidi in questi luoghi : lo spirito (1tVEÙj.la) della menzogna che ha un 'apparenza (j.lopqn1) dai numerosi aspetti; - lo spirito (1tVEÙj.la) della lussuria (7topvEia) dal triplo volto, uno dei quali è di colore del sangue, un altro di colore del telo di copertura (?) (i. e. grigio o bian­co), un altro putrefatto come sotto l 'azione della fiamma; - anche, lo spirito (1tVEÙj.la) della collera ( òpy�) che è (57 v o. 2) come una pietra (7tÉTpa) dura, !aida e di un aspetto da bestia selvaggia (8r1Piov); - lo spirito (1tVEÙj.la) dell 'astuzia con un gran numero di lingue affilate le une contro le altre, che lo ricoprivano; - lo spirito (1tVEÙj.la) dell 'odio che è come un cieco, con gli occhi, posti dietro la testa, che fugge sempre dalla luce; le sue gambe sono appese dietro la sua testa ed è privo di intestini a causa delle opere spietate che egli compie [ . . . ] ; (58 ro. l) - e (òé) anche, l ' immagine dell ' invidia (<p86voç), simile a quella della gelosia, ma (òé) distinguendosi da quest'ultima per una lingua pendente come una falce; - e (òé) lo spirito (1tVEÙj.la) della malvagità (1tOVI'JPtU) che si presenta come un OSSO rinsecchito, con una lingua e un punto oscuro nei suoi occhi che lanciano frecce e sono sempre pronti a far del male; aveva un [ . . . ] largo [ . . . ] ; - e (?) [lo spirito dell ' insaziabilità con due fauci (?) di cui una [ . . . ] e] (58 ro. 2) l 'altra sul suo petto (che somigliava alle fauci? delle) be­stie (?) (lett.: "essi, esse") che trascinano per esse della terra e (?) pietre; e (òé) lo vidi indebolire sempre di più, perché era [ . . . ]; egli non cerca di raggiungere e divorare nessuno; - lo spirito (1tVEÙj.la) del l 'ostinazione (àyvffij.lffiV), (l 'ostinazione) con la quale l 'uomo agi­sce quando questo spirito concede ciò che (gli) fa (àpÉcrKffi) piacere; [- lo spirito dell ' impudicizia?? [ . . . ]] privo di (ogni senso di) pudore (?): il suo corpo (cr&j.la), a forma di uccello chiamato "falco" (&.p1tTJ), è sottile; le pupille dei suoi occhi (58 vo. l) affondano nel (piumag­gio della) sua testa in modo che (fficrTE) (si potrebbe pensare che) non esistano affatto; - lo spirito (1tVEÙj.la) del commercio il cui aspetto è quello di un nano (KoÀ.o�6ç) robusto, con un corpo (cr&j.La) sporco; porta una scodella (?) (òicrKoç), contenente tutti i suoi averi, sulle sue spalle; - e (òé) l ' immagine della vanità, essa ha l ' aspetto di un uomo ben nutrito e grasso, del tutto senza ossa; - e (òé) l ' immagine dell ' idolatria ( -ctÒffiÀ.ov), è uno spirito (1tVEÙj.la) che plana (58 v o. 2) sotto il firmamento (crTEpÉffij.la); le sue ali (sono attaccate) alla sua testa; crede di (potere) ricoprire con esse tutti, mentre (òé) nessuna delle sue membra (j.lÉÀ.oç) ne è ricoperta; - lo spirito dell ' ipocrisia

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(-imoKptTI)ç) ha assunto l 'aspetto (crxfif.J.a) di un penitente (àcrlCTJTiJç) che sopporta le sofferenze, che soffre ed è sopraffatto da grandi affli­zioni: ma (àÀ.Aà) queste si riversano su di lui, lo circondano e diven­tano tortuose come una corda; - lo spirito (1tVEÙfJ.a) della fol lia [che si presenta come una fanciulla svestita] (59 ro. 1), che non è mai a riposo; [- lo spirito del tradimento, con una grande lingua] , più lun­ga di tutto il suo corpo ( cr&f.J.a); - l ' immagine del l ' irrazionalità, la vidi con una testa piccola come una noce e con un cuore bloccato e debole; non ha nemmeno abbastanza forza per alzare la testa. E (òé) io vidi anche in questi luoghi l ' immagine della passione (nà9oç) e degli (altri) vizi che ciascuno dei demoni fa [ . . . ], perciò [ . . . ] (per il) mondo (K6crf.J.oç) [ . . . ] [e vidi?] (59 ro. 2) il peccato (?) e i vizi (che pesano) sul mondo (Kocrf.J.oç), con il cui aiuto i demoni (ÒatfJ.OVtOV) misurano il mondo. Vidi anche l'apparizione della vana gloria, la virtù e la giustizia sterile con cui i demoni (òatfJ.OVtOv) hanno in­gannato ( àna-raw) i filosofi ( qn1-.6cro<poç) greci ("EÀ.À.TJV ); esse sono, in effetti ( yap ), tutte impotenti e senza forza. Alcune sono come la polvere, mentre (f.J.ÉV . . . òé) le altre sono come ombre; esse (59 vo. l) diventano evidenti solo se cessano (di agire). Poiché (iipa yap) i demoni che fanno agire gli idoli (e'iòwÀ.ov), inducendo in errore i filosofi greci, sono in numero di (?)6 365. Affinché tutte queste cose [ . . . ] ; non potrò dirvele una per una, per non (fJ.fJnwç) scrivere nume­rosi libri; ma (àUa) sto per raccontarve(ne) alcune che basteranno per rendere evidente l 'ardore ( crnouòfJ) della mia empietà ( -àcrePfJç).

Quando raggiunsi l 'età di 30 anni, lasciai l 'Egitto per il paese dei Caldei, per apprendere come è l 'Etere (ai9fJp). (59 vo. 2) Le perso­ne di lì dicono che è stabilito sopra (letteralmente "si erge sopra") i l Fuoco; ma (M) i Saggi tra loro affermano che esso dimora sopra (letteralmente "esiste sopra") la luce.

E (òé) vi appresi anche a conoscere la diversità (òta<popa) di stelle e piante (di cui) alcune sono utili ( CÙ<pEÀ.ÉW ), altre nocive (pAàn-rw ) . I loro cori (xop6ç) (delle stelle) sono regolati secondo la legge del­la guerra (noÀ.EfJ.oç). Mi s' insegnò il posto di ciascuna delle stelle e i l rapporto che esse hanno [ . . . ] [e io conobbi? [ . . . ]] (60 ro. l) delle immagini (?) ( EÌKrov?), le loro virtù particolari nei confronti degli uomini. E mi furono enumerate le 365 parti (f.J.Époç) dell 'Etere ( ai9fJp) ognuna delle quali possiede la sua (propria) natura ( <pucrtç)

6 Letteralmente hm = "in". Da cui forse: "in 365 (luoghi, porzioni dell 'etere?)".

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ed entra in contatto (Kmvrov6ç) con la forza (ÈVÉpyEta) delle sostanze materiali (uì..tK6ç) che sono i l nostro corpo ( cr&11a). Esse sono sog­gette alla legge del loro Arconte (apxrov) (rispettivo?) e seguono i l consiglio degli Arconti che danno segni a colui che essi [ . . . ) e che nascondono [ . . . ] (60 ro. 2) [ . . . ] che sono le cose che essi fanno delle loro (cioè degli uomini) offerte (8ucria) e delle loro libagioni. Alcune tra esse (le 365 parti?), tuttavia (M), non obbediscono (nEi8ojlat) e (àUa) mantengono un atteggiamento (òta8Ecrtç) ostile (?) (o "con­trario"?) alla Parola della Luce.

Mi s ' insegnò anche come ( le) s i è persuase (nEi8ro) a parteci­pare (j.!C'tÉXEtv) alla progettazione degli esseri materiali (uÀ.tK6ç), come si è fatto a loro conoscere la Volontà della Luce e come esse le obbediscono.

E (òÉ) vidi anche dei Mediatori (!lECJLTTJç) che si trovano tra esse. Fui soqJreso da (il numero di) spiriti (nvEùj.!a) delle tenebre che si trovano nell 'aria (àftp).

(60 vo. 1) . Esiste là una diversità (òtw:popa) (di condizione) nella loro esistenza (�ioç). Imparai a conoscere le convenzioni (òta8ftKTJ) che svilupparono tra loro, e rimasi molto sorpreso (nel constata­re) che vi si assoggettassero. Esiste in questo luogo una costitu­zione (òta8Ecrtç), una buona volontà (crnouòft), un comandamento ( ÈV'toì..ft) e un buon senso che consente loro di godere ( ànoì..auro) della vita in comune (Kmvrovia) . E (òt) esiste in questo luogo di saggezza (crO<pia) un Arconte (apxrov) che possiede tutta l ' intelli­genza malvagia, quella che riempie il suo cuore di perversione e (?) di ogni empietà (-àcrE�itç) (60 vo. 2) dell 'Aria (àftp). Tuttavia (òt), dopo (? aver istruito questi spiriti su ciò che accade sopra?) la terra, egli ( l 'Arconte) fece istruire i loro cuori sullo stato delle cose sotto la terra. Egli fece emergere un piano (npoaipEcrtç) pieno di tutte le pra­tiche (npàl;tç) di inganno (navoupyia), lui che non lascia i l mondo (K6crjloç) in pace. Così, l i (i . e. gli uomini) costrinse a deviare dalla propria natura ( q>ucrtç), ad abbandonare Dio e a non servir lo più.

E mise dello zelo ( crnou&açro) per trasformare tutto (il loro) smar­rimento in un errore (nÀUVTJ) e l i fece vivere immersi nei loro peccati [ . . . ) (61 ro. l) vano.

Se vorrete credermi (mcrTEi>ro ), vidi lui, i l Diavolo, faccia a faccia. Lo feci apparire davanti a me con offerte (8ucria). Se mi credete sul­la parola, lo salutai ( àcrnaçro) bocca a bocca. Gli parlai e lui pensò

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sul mio conto che ero uno dei grandi che erano di fronte a lui. Mi chiamò "Giovanotto dotato che è facile da istruire", e, inoltre, "Pic­colo Iambres degno della mia società (Kotvwvia)". Mi amò e fece di me il suo Arconte (&.pxwv) alla testa di tutti i demoni (òatjl6vtov) e di tutti i poteri (tçoucria); (61 ro. 2) dopo (òé) tutte queste cose che aveva promesso, (disse) "Ti aiuterò con esse nella tua vita (�ioç)", perché ero molto considerato da lui. Infatti (yétp) ebbe fiducia nel­la scorta ( Tétçtç) che gli era sottoposta. Quando me ne andai, gridò il mio nome: "O zelantissimo Cipriano, sii un uomo forte e per­severante in tutto ciò che fai". E (òé) quando si alzò e mi riportò indietro, tutti gli Arconti (&.pxwv) furono sgomenti e si sottomisero (lntOTUO'O'Ojlat) a me.

(61 vo. 1). E (òé) il suo aspetto era come un fiore di gioia (?), e adorno di pietre preziose (llapyapiTT]ç); aveva in testa una corona cosparsa di quelle stesse pietre il cui bagliore si diffondeva in tutto questo posto (?). E (òé) la sua veste (crTOÀyt) irradiava (così forte) che (rocrn:) i l luogo in cui si trovava tremolava.

E (òé) numerose truppe (Tétyjla), tutte diverse l 'una dall 'altra, sta­vano vicino al suo trono (9p6voç), inchinando le loro teste e i loro poteri (ÈVépyeta) di fronte a lui, (61 vo. 2) in segno di sottomissione.

Ma è con una grande illusione che produce queste cose, facen­do brillare la luce in quel luogo e ispirando la paura in tutti . Infat­ti egli ha anche creato immagini di stelle, d'alberi e di esseri ani­mati (ç&ov), mentre combatte contro la legge di Dio e guerreggia (nOÀEjlEi) contro i suoi angeli (&.yyeÀoç), credendo forse di poter così indurre in errore (nÀavétw) gli uomini, come se fosse Dio [ . . . ] e [ . . . ] .

(62 ro. l ) Tutte queste sono immagini illusorie (<pavmcria), ma al riguardo ne è orgoglioso quando pensa ad esse; infatti, grazie a queste immagini, egli crea anche degli uomini come se (rocrn:) li portasse dal nulla all'esistenza. Questo è il motivo per cui i demoni manifestano il loro potere mediante queste immagini (eìKwv). Ma (òt oùv) come possono7 prendere le forme (jlop<pft) di queste ombre se non (eì? jlytn) con le offerte (9ucria) [ . . . ]

(62 ro. 2) [ . . . ] per essi e per i loro altri spiriti (1tVEÙjla), come la lana, tela, gli indumenti tessuti (?), la tintura di porpora, l'arte ( TÉXVTJ-) del cucito (?) e gli strumenti che usiamo per la loro fab­bricazione. Essi (i demoni) se ne rivestono servendosi (XPUOjlat), a

7 "Possono" correzione per "possiamo".

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La "Confessione " di Cipriano il Mago 443

mo' di forme (!lopq)ll), delle ombre che sono in questo luogo. Ecco perché egli (il diavolo) reclama [ . . . ], fino a una formica che gli deve essere data come offerta (8ucria), e acqua, lana e frutta (Kapn6ç) . E (oé) tutte le cose che si trovano sulla terra, le reclama ( ahéro) per po­tere, grazie a esse, servirsi (XPUOjlat) (62 vo. l) delle ombre i llusorie ( -q>avracria). Così come quelli che muoiono e di cui ci rappresentia­mo la forma (!lopq>iJ) nel nostro cuore, che vediamo senza (a/J..a) che si manifestino e ai quali parliamo e che ci rispondono, - tale è anche i l modo di agire del diavolo (òta�oÀ.oç) . Egli modella (nm6ro) le immagini (!lopq>iJ) che gli si presentano come offerta (8ucria), e lui stesso e le sue se ne rivestono. Invia acqua piovana, ma (a/J..a) non è tale da poter essere bevuta; egli crea il fuoco, ma (à/J..a) questo non può dare una fiamma né bruciare (62 vo. 2) in verità. Crea un pesce, ma (à/J..a) non lo si mangia. Si riveste anche con altre forme materiali (UÀ.TJ) e si manifesta nelle città (n6À.tç), nelle case, nei paesi (xwpa), nelle montagne e nei villaggi . Assume anche l 'aspetto di rose e gigli nel l 'aria (àiJp)8, (rose e gigli) di cui fanno l ' indumento dei loro idoli, secondo (? KUTa) una veste i llusoria ( q>avmcria). Gli uomini che lo adorano [ . . . ]"

Lacuna di circa cinque linee, quindi inizia la storia della conver­sione vera e propria.

8 mp aèr: letteralmente "nell'aria" o "dell' aria". È probabile che ciò si riferisca al soggetto: il diavolo assume nell'aria l ' aspetto, ecc.

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APPENDICE III

Inventario della letteratura ermetica araba1

Lours MASSIGNON

I . - Introduzione

In senso stretto, sono testi ermetici, in arabo, quelli che si rife­riscono espressamente a Ermete, o ai "tre Ermete" (Haramisa). La stragrande maggioranza degli scrittori arabi essendo musulmana (con una piccola minoranza di cristiani, manichei ed ebrei), ammet­tere Enriete non significa adesione al culto pagano che era ancora celebrato ad Harran agli inizi del IX secolo della nostra era, da Sabei di lingua siriaca2, per i quali Hermes (= Thoth) era rimasto il dio di tutte le invenzioni civilizzatrici . Ammettere Ermete esprimeva un tentativo di sincretismo; per i manichei, Ermete era il primo dei cin­que precursori, profeti prima di Mani; per alcuni cristiani siro-arabi, era, se non una preincamazione del Logos come presso i Naasseni gnostici, almeno un precursore del monoteismo3 e dell'ascetismo dei Padri . Non c'era più un ebreo ellenizzato che pensava di identificare

Al punto di partenza di questo "inventario" si trovava una conferenza prepara­ta per le "Eranos Tagungen" di Ascona del 3-9 agosto 1 942, dedicate al "mito di Ermete", la cui traduzione in tedesco deve apparire, non appena le circo­stanze lo consentiranno, nei i 'Eranos Jahrbuch, da Rhein-verlag di Zlirich.

2 Cfr. TKATSCH, Die arab. iibers. der Poetik des Aristate/es, l , 1 1 4. Il sabeo Thiibit ibn Qurra (t 288/90 1 ) ha scritto in siriaco e tradotto in arabo le "Leggi di Ermete" (= k. nawiimis Hurmus; cfr. CHWOLSOHN, Ssabier, l 856, I l , p. 111, v). Sui Sabei di Harran, e il loro culto pagano, vedi la bibl iogr. riassunta da CARRA DE VAux (ap. Enc. fs!. , s.v.). Ermete non era che uno dei loro dei, ma anche l ' inventore del loro rituale. Possiamo chiamare i Sabei "ermetisti" nella misura in cui hanno diffuso una filosofia ellenistica "primitiva" attribuita ai "tre Ermete" (del Basso Egitto, della C al dea e d el i ' Alto Egitto) senza l 'ulte­riore precisazione dei sistemi.

3 Un alchimista greco-siriaco elogiò Ermete ed lppocrate opponendo li ad Ome­ro e al suo politeismo empio (BERTHELOT-R. DUVAL, Chi mie au Moyen Age, II; xLv, 3 1 6-3 1 7). Cfr. Amobio e Lattanzio.

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Ermete con Mosè, come in Artapano; ma, per molti musulmani, Er­mete era un autentico profeta, antidiluviano, che essi identificavano al contempo con Idris, c itato nel Qur 'iin4, e con Ukhnùkh ( l ' Enoch della Genesi).

Se Hermes-Idris era un profeta, non rientrava nella categoria dei profeti-legislatori, a cui Dio ha fatto consegnare un Testo ne varie­tur5, per mezzo del ministero di un angelo (Torah, Vangelo, Corano). Egli era venuto a iniziare gli uomini, per ispirazione diretta (ilhcim, opposta a wahy, rivelazione indiretta per mezzo di un angelo) per organizzare le prime città sedentarie6 e le loro tecniche. Si trova qui l 'eco della presentazione dialogata, dei "colloqui segreti"7 dei testi ermetic i greci . I primi musulmani che "ermetizzarono" erano sciiti, per i quali la storia è ciclica e deve poter esplicitarsi risalendo agli esempi dei più antichi profeti (da qui il ruolo di Ermete tra i Drusi e Nusayri)S. È grazie a Hermes-Idris che la tradizione ellenistica re­clamò i l diritto di cittadinanza nell'Islam, quando la sillogistica e la metafisica di Aristotele non vi erano ancora ammesse. La propagan­da manichea dei zanéidiqa9 si serviva di Ermete per la sua dottrina dell ' ispirazione, mentre i Sabei di Harran, minacciati di sterminio come pagani, vedevano nel "profetismo" di Hermes-Idris10 un mezzo insperato di farsi ammettere tra i culti monoteisti ufficialmente tol­lerati nello Stato musulmano. Essi annunciavano ai musulmani che Ermete sarebbe tornato qui come loro Mahdi; e che A[gato-]demone sarebbe stato il Giudice del Giudizio 1 1 • Ma l 'ermetismo non aveva

4 Corano: XIX, 57 (ascensione); XXI, 85, cfr. K.-altuffiil;a, JRAS., I 892, 222, 228. 5 Sotto il suo nome si hanno solo dei "�u�uf' (fogli) apocrifi (cfr. le "�al).arf

Idris" ascetici del ms. Syr. Soc., anal. SPRENGER, JASB. , 1 856, p. 1 47-150). 6 La data remotissima che si assegnava a Ermete scaturisce da questa osser­

vazione di Birfmi (chron. 342) che: secondo Ermete, il sorgere delle Pleiadi coincide con il punto vernale; cosa che avvenne soltanto più di 3 .300 anni prima dell'era cristiana.

7 fESTUGIÈRE, qui, pp. 361 SS.

8 Tra i Nusayri, Ermete è l ' incarnazione divina ( 'Ayn) nella seconda qubba, quella dei Binn (cfr. Bakura, p. 6 1 ); e il Majm. al-a ydd d i Tabarani (ms. Nieger, f. 70 b) lo identifica con Aristrltele. Tra i Drusi, Ukhniìkh è un passivo femminil izzato (identificato con Eva, ma anche con Idris ed Ermete); è la seconda emanazione, Nafs, f:lujja; ap. pezzi n; XII e XXXII del canone druso.

9 Vedi Enc. fs!. , s. v. Zindik. l O La festa sabea di Ermete cadeva il 7 adhar (Biriìni, chron. 3 1 6). I l Qasfda di Nashwan, ap. D.H. MOLLER, Burg. und schloss. , l, 75, n. 6; e Ikhwiin

al-safo, IV, l 07- 1 08.

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un Libro rivelato; dal 32 1 1933 , il cadi al-Istakhri, allora mu/:ltasib di Baghdad chiese lo sterminio dei Sabei , che dovettero convertirsi poco per volta (il loro ultimo capo ufficiale conosciuto è ijukaym-b­' Isà-b-Marwàn; successore di Sa' dàn-b-Jàbir, t 1 5 rabi'I 333/944)12.

Ben presto, peraltro, si verificò una reazione contro le infiltrazioni dell'ermetismo nel pensiero musulmano. La sua tecnica strumentale era stata accettata; è ad Harran che venivano fabbricati gli astrola­bi13 necessari per la fissazione quotidiana dei momenti delle cinque preghiere canoniche (il sunnismo esige un ricorso all 'esperienza di­retta, e, oltre a fissare la neomenìa, condanna, anche oggi, i l ricorso agli almanacchi calcolati in anticipo); gli alambicchi degli alchimi­sti e i talismani astrologici erano usati ovunque; ma molti pensatori musulmani, oltretutto per ragioni differenti, disapprovavano l' astro­logia, l 'alchimia14 e la magia talismanica, poco conciliabili con la trascendenza divina e il suo benestare.

La polemica, che raggiunse al lora la teodicea ermetica, dimostra che all'epoca l 'ermetismo costituitiva effettivamente un'entità. Non che fosse professato da una società di pensiero organizzata; la per­sistenza del giuramento ippocratico, ancora prestato in Spagna dal medico lbn Zuhr (t 525/ 1 1 30: ap Taysir, ms. Paris 2960, f. 1 33 b: rilevato da A. Faraj) 1 5, non prova che la diffusione della tecniche antiche nell ' Islam sia stata assicurata da un'organizzazione di ini­ziati; e, al di fuori dell'ospedale di Jundisabur, l ' insegnamento della scienza antica non aveva scuole di specializzazione, e doveva per­petuarsi con quello dell 'Organon, all'ombra dei seminari cristiani siriaci dell 'Iraq (soprattutto nestoriani : a De'ir Qunna, Mal)ùzé e Màr Théodore). Ma, pur personalizzando in Hermes-Idris lo stato primi­tivo della cultura pagana (come nelle massime di Luqmàn-Al)ikar), si aveva ancora coscienza di una certa omogeneità dottrinale che univa i diversi testi (alchimia, astrologia, talismani, teodicea) tra­smessa e tradotta sotto il nome di Ermete.

1 2 Secondo Abiì Sa 'id Sijazi, K. Jdmi' shdhi, s. v. Questo importante passo di un ms. storico unico (fot. pers.) completa Fihrist, p. 326; e fa morire Kustas (non Qustas), predecessore di Sa'dan, il 29 muh. 330/94 1 . Sijazi, un famoso astrologo, sembra essere stato sabeo (vedi excursus in fine).

1 3 HAMDANI, K. jazfrat l-' arab, S. V.

1 4 Contro l 'alchimia: Kindi, lbn Sina, e la maggioranza dei canonisti ( lbn Taymiya). A favore: Razi, Farabi, Tughrai'.

1 5 A. FARAI, Relations médicales hispano-maghrébines au Xl! siècle, Paris 1935, 52.

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448 La rivelazione di Ermete Trismegisto - L 'astrologia e le scienze occulte

Il filosofo Sarakhsl (t 286/899), discepolo di Kindl, considera con lui Ermete come uno dei fondatori della religione sabea. Ag­giunge16 che Kindl aveva letto ciò che Ermete aveva detto a suo figlio del "taw)Jid" (= espressione di fede nell 'Unità Divina), e ne aveva ammirato la precisione, osservando che un filosofo (musul­mano) come lui non avrebbe potuto esprimersi meglio: era l ' inef­fabile trascendenza divina che lo strumento del sillogismo non può raggiungere (e che è accessibile solo alla teurgia, come vedremo). Escludere dall 'Essenza Divina ogni discriminazione di attributi, è ciò che sviluppa in arabo un testo ermetico, lo Pseudo-Empedocle, che, secondo lbn al-Qiftl, influenzò il mu'tazilita 'Allàf (t 233/849) e l 'asceta andaluso lbn Masarra (t 3 1 9/932)17. Ci si potrebbe an­che chiedere se Jahm non si fosse già ispirato all 'ermetismo quando negò qualsiasi distinzione di attributi in Dio, poiché, secondo Ibn ijanbal 1 8, prese allora a prestito dai cristiani manichei la loro pro­va dell ' immanenza dello Spirito per confutare l'ateismo buddista o giainista (Sumaniya).

In ogni caso, pensiamo che attraverso Dhu' l Nun Misrl (t 245/859), al contempo alchimista e mistico (Egiziano), la dimostra­zione ermetica dell 'inefficacia dell 'uso del sillogismo nella teodicea fosse nota a dei sufi che, come A.S. Kharràz (t 286/899) e ijallàj (t 309/922), si opposero per primi alla ragione ( ' aql) impotente lo spi­rito (ru/:1), il solo in grado di gustare Dio sperimentalmente. Ciò era stato già fatto da alcuni sciiti estremisti tinti di ellenismo a KUfa19. Uno di loro, Shalmaghànl (t 322/934)20, aveva scritto sull'alchimia; la sua tesi sull ' infusione divina nel corpo del santo usa due termini ermetici e sabei (/:lulUl, infusione; haykal, statua dell ' idolo in cui l 'evocazione teurgica porta lo spirito del dio), e l i si ritrova in ijallaj ,

1 6 Fihrist, 320 ( e 3 1 8) deve trattarsi del Pimandro. 1 7 As 1N PALACIOS, Abenmasarra y su escuela, Madrid 1 9 14. 1 8 IBN l:IANBAL, radd 'a/d' 1-zanadiqa, ms. Londra, ar. Su pp. 1 69, f. lb-3b. 1 9 I primi sciiti estremisti di KUfa sembrano aver conosciuto dei testi ermetici:

quando Mughira mostra il suo Dio che strappa i due occhi al proprio volto riflesso nell 'oceano d'acqua dolce luminosa per fame il sole (= Maometto) e la luna (= Alì), si pensa ai due occhi di Horus (SH.·\HR.-\.ST . .\Ni, I l , 1 3 - 1 4 ).

20 Del quale ho appena ritrovato il K. al mubahala, pubblicato, sotto il nome del suo discepolo Abu ' l Mufaçlçlal Shaybani, nel l 'enciclopedia di Maj lisi (Bi/:liir VI, 64 1 -652 foL).

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provenendo piuttosto presso loro due da estremisti sciiti al corrente dello scritto polemico di Mani contro Bardesane sull'anima21 •

Nella teodicea, la filosofia ellenistica unisce comunemente due tesi contrastanti: da una parte, che l 'essenza divina è ineffabilmen­te una; dal l 'altra, che essa è non solo suscettibile di emanazione, ma che può, con la nostra preghiera, essere costretta a infondersi, o nell ' idolo (neoplatonismo di Porfirio) o nel santo (teurgia erme­tica). È questa seconda tesi, dell' bu/Ul, che era la più incompatibile con la lettera dell ' Islam; e la condanna da cui fu colpita presso certi sciiti e mistici senza dubbio ebbe di mira l 'ermetismo. Inoltre, come ha osservato Shahrastani, l 'ascensione dello spirito al cielo, come quella che Ermete vi inizia22, dispensa dal credere nella di­scesa di un angelo messaggero per consegnare al profeta i l Testo rivelato: altra incompatibilità con l ' Islam rigido (perché I ' Islam mistico ammette, grazie ad al-Kha9ir23, un'ispirazione diretta, su­periore ·allo stato profeti co).

Gradualmente eliminata nella teodicea islamica, l ' influenza erme­tica si è affievolita nella magia talismani ca (ave la manti ca delle cifre e delle linee sulla sabbia ha vinto), ma ha regnato in modo supremo, se non per i suoi principi, almeno per le sue pratiche, nell 'astrologia e nell'alchimia musulmana fino ai nostri giorni. Lì, come in Marocco, dove ci sono ancora muwaqqit, funzionari di moschea, incaricati di osservare l'ora esatta delle cinque preghiere per mezzo dell'astrola­bio, notiamo che l 'astrolabio serve anche, in particolare nelle zaouia, congregazioni popolari, per rivelare presagi, fausti o funesti24•

Lo scopo di questa nota non è quello di tracciare un quadro com­pleto dell 'astrologia, dell 'alchimia e della magia talismanica mu­sulmana, ma di fornire un inventario di testi arabi lessicalmente o coscientemente ermetici.

Ecco con quali segni riuniti li abbiamo riconosciuti come tali : l 0 Una teodicea in cui il Dio Uno, concepito come ineffabile,

inaccessibile al sillogismo, si lascia raggiungere con una tecnica di

2 1 Frammento di questo trattato di Bardesane (secondo P. Kraus) ap. Jal)iz, /fayawtin, V, 38 (l. 9 dal basso).

22 SHAHRAST..Ì.NI, Il, 1 33. 23 AI-Kha9ir = la guida anonima di Mosè ap. Corano, XVIII, 64 ss. 24 Cfr. ZERHLTNI, ri/:lla de Tasaft, trad. Justinard, 1 940 (inizio).

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ascesi ed evocazione: cfr. la formula sciita e mistica "bi-]Jaqq . . . "25, "per il diritto (su di Te) dei Cinque del Mantello, (tra gli sciiti); o, per i l diritto dell 'Umanità (in l:lallaj), io Ti chiedo . . . ";

2° Una fisica sintetica, che, lungi dall'opporre il mondo sublunare al cielo empireo (e i quattro elementi corruttibili alla quintessenza), afferma l 'unità dell 'universo; teoricamente con una scienza delle corrispondenze tra i diversi "orizzonti" dell 'universo26 (vedi la loro tabella secondo A. Kayyal, ap. Shahrastani, I 1 8 ; secondo l 'enciclo­pedia degli Ikhwan al-Safa, l, 1 1 6- 1 1 8; secondo Picatrix, ed. Ritter, 1 50- 1 56); praticamente con l'esercizio sperimentale sistematico di queste corrispondenze, "provocando risultati" nell 'astrologia oro­scopica27, nella tipologia (tossici in medicina, caratteri individuali e collettivi nella combinazione dei mestieri e la scienza delle città), nell'alchimia (sublimazione). La polemica che conducono il K. sirr al-khaliqa contro i l mixismo dualista e lo Pseudo-Jabir per l 'attiva­zione e la sublimazione dei corpi semplici dell 'alchimia per mezzo di uno "spirito" che vi si infonde, fa pensare che i primi adattatori della fisica ermetica in arabo siano stati dei manichei o dei barde­saniani, prima che dei musulmani, come Pseudo-Jabir, cercando di introdurvi le cause sostanziali o strumentali di Aristotele.

Questo principio delle corrispondenze spiega la poliglossia del vocabolario delle tecniche in arabo, infarcito di parole esotiche, greche, siriache, persiane. Personalmente, sarei incline a far risal ire l' inizio di questo amalgama, così visibile nell 'astrologia e nella far­macopea, precedentemente ai Sasanidi (teoria di Ruska)28, sin dalla conquista achemenide dell 'Egitto (che stava iniziando a essere elle­nizzato); l 'arch itettura di Persepoli rivela già un forte sincretismo. Ermete è il dio poliglotta degli esegeti e dei dragomanni .

25 I teologi sunniti rifiutano di ammettere "bi-i:laqq"; non solo ex condigno, ma ex congruo.

26 Elementi, venti, ore, umori, facoltà, virtù, ritmi, profumi, suoni, sapori, colori, mestieri, vestiti, fiori, gemme, lingue, scienze, organi interni ed esterni, classi di animal i . - Cfr. gli almanacchi egiziani (vedi MrcHELL, An Egyptian calen­dar, 1 900), le tabelle di corrispondenze cinesi e indù.

27 L'introduzione di cicli (adwdr, akwdr) nella cosmogonia sci ita, che risale, se­condo Nawbakhti (Firaq, 32) a l;Iarithi (circa 125/742), rivela un ' infiltrazione di astrologia ermetica.

28 RusK.-1., T. Sm., 1 68.

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3° L'uso di serie causali anomalistiche29 ed empiriche, che dif­ferenzia la tendenza ermetica dalla tendenza logica di Aristotele, e avvicina l 'ermetismo alla dialettica concreta ed empirica delle scuo­le stoiche (cfr. in grammatica, la scuola stoica anomalistica di Per­gamo, precisamente imitata dalla prima scuola dei grammatici arabi , quella di Kllfa)30 e ippocratiche. Penso che un legame s i sia sempre mantenuto tra l 'ermetismo alchemico e la medicina ippocratica, an­che durante l ' Islam medievale, e che si sia così preparato l 'avvento del moderno metodo scientifico sperimentale. Ruska ha mostrato3 1 , a proposito del grande medico Razì, i l divario che ha gradualmente allontanato l 'alchimia simbolica della chimica moderna. L'uso di serie causali si opponeva anche alla vecchia scolastica islamica, che s i rifiuta di sovrapporre un accidente a un accidente.

Non si può, nell 'ermetismo arabo, cercare differenze che lo se­parino 'O dal neopitagorismo o dal neoplatonismo; ma possiamo, in compenso, isolarlo dallo gnosticismo, perché l 'ermetismo, qui, è una filosofia religiosa, una "saggezza ispirata" (/:likma ladunniya, dice la "Tavola di Smeraldo"), eloquente (Logos; non Sigè)32.

In filosofia, i due maestri musulmani che hanno tracciato una conciliazione tra neoplatonismo e sufismo, Sohrawardi di Aleppo (t 5871 1 1 9 1 ) e lbn Sab'ìn (t 668/1269: i l corrispondente di Fede­rico Il), si sono richiamati esplicitamente ad Ermete, il primo, as­sociandolo ad Agatodemone (= Seth), il secondo, costruendo una curiosa catena di iniziazione (isndd), pubblicata dal suo discepolo Shushtarì33: essa discende dai tre Ermete fino a lui passando per So­crate, Platone, Aristotele, Alessandro (= DhU 1-qarnayn), I:Iallàj , Shi­bli, Niffari (l' autore dei Mawdqif), I:Iabashi, Qaçlib al-Bàn, Shiìdhi (= I:Iallàwi, i l cadi di Siviglia). Questa isndd di ermetisti ha peraltro scandalizzato i contemporanei: perché inizia da un' ispirazione diret­ta senza passare attraverso i l Profeta dell ' Islam; ispirazione non solo rivelatrice, ma santificante, interiore.

29 Con "anomalistico", intendo "aberrante, individuale". 30 Contro la scuola "analogica" d 'Alessandria; imitata dai grammatici arabi di

Bassora. 3 1 RusKA, prefazione alla sua edizione di Ràzi, K. sirr al-asrar. 32 O, nello stile sciita, ismailita (Natiq}, piuttosto che imamita (Samit), cfr. i l

nostro Salman Pak, p. 35-36. Lo gnosticismo Manicheo è contro l 'astrologia; mentre come Bardesane, l' ermetismo è a favore.

33 Cfr. la nostra Recueil de textes inédits . . . , 1 929, p. 1 39.

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452 La rivelazione di Ermete Trismegisto - L 'astrologia e le scienze occulte

II . - Repertori arabi di opere ermetiche

l o circa 377/987: Ibn al-Nadìm al-Warraq, Kitdb al-Ft'hrist, ed. Fluegel, 1 87 1 , pp. 238,

267, 286, 3 12, 3 1 8, 320, 353 : dà 22 titoli di opere di Ennete (vedi qui in.fra), seguite da un gran numero di nomi di autori e opere ennetiche pagane e musulmane (solo quest'ultime saranno elencate qui). La prima parte di questa lista è stata studiata da Ruska, T Sm. , p. 64.

A) in ALCHIMIA (p. 353): 1 3 titoli: K. Hurmus ila ibnihi (''Ermete a suo figlio") sulla grande ope­

ra (san 'a); - K. al-dhahab al-sa 'il (''l 'oro liquido"); K. ila Tdt ("a Thoth") sulla grande opera; - K. 'ama! al- 'unqud ("utilizzo della scoria"? - Ruska corregge 'uqlld = fixierungen); - K. al-asrdr ("i segreti"); - K. al-Hdritus (KZ legge Hawitùs; titolo ripetuto infra);

- K. al-Malatis (Blochet, ap. RSO, 1 908 = Études sur le gnost. mus. , p. 70, legge Madatis = greco Mathètès; KZ ne fa un trattato sul sorti­legio degli animali); - K. al-Istamakhis (studiato infra); - K. al-Sal­matis (id . : trascritto anche Istamatis); - K. Arminas (lettera a questo discepolo); - K. Nitadas (id. : sulla dottrina); K. al-Adkhiqi (sic); K. Damanus (id.).

Quindi vengono due opere di discepoli: di Ustanis (= Ostane)34 K. mu/:zawarat Tawhir (= "conversazione con Tawhir, re indù"), e di Zusimùs (= Zosimo), K. al-mafatil:z (= "le chiavi"; detto anche "i LXX"; raccolta di trattati divisi in 3 parti).

Poi 53 nomi di ermetisti antichi, 4 titoli di opere del principe mu­sulmano Khalid-b-Yazid-b-Mu 'awiya35, 45 titoli di opere di enneti­sti antichi, lista delle 238 opere del "Corpus Geberianum" (Pseudo­Jabir-b-I:Iayyan Azdi), 2 di Dhfi l-l'! un Mi�ri, 1 9 del grande medico Razi (incl. sua bibliogr. ap. "Epistola di Berùni", ed. P. Kraus), 5 di lbn Wal).shiya (esaminati infra), I l di 'Uthman Ikhmimi, 9 di Abfi Qiran, 7 di I�tafan Rahib, 6 di SaYl). 'Alawi, 2 di Muhammad Dubays (allievo di Kindi), 4 di Ibn Sulayman, 2 di Isl).aq-b-Nu�ayr, 4 di lbn Abi' l- 'Azaqir (= Shalmaghani), 5 di Al).mad KhanshaliP6•

34 Del persiano Ustiinis, vedi fragm. pubbl. BERTHELOT, Chimie au Moyen Age, III, 1 1 6- 1 23 (trad.; = 79-9 1 testo arabo).

35 Resta inteso che sono pseudoepigrafi posteriori. 36 La trad. Houdas di questa nota (ap. BERTHELOT, Chimie au Moyen Age, III,

26-40) è da rivedere.

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B) in TALISMANI (nìranjàt) (p. 3 1 2): 4 titoli: K. al-nashr ("sortilegio"); - K. al-Harftus (talismani degli alberi,

frutti, oli ed erbe); - K. Firfkupiyus (= Procopio; sui talismani solari, lunari e planetari, e i nomi dei saggi); - K. Firfkupiyfis (= Procopio; sulle proprietà magiche).

C) in ASTROLOGIA (p. 267): S titoli : latitudine, - K. mifta/:1 al-nu­jum (''chiave delle stelle"; in 2 libri: latitudine, longitudine, Blochet paragona al greco "kleidion"); - K. tasyfr al-kawakib ("movimento degli astri"); - K. qisma ta/:lwfl siniy al-mawalfd ("rivoluzione an­nuale dei temi genetl iaci"; ms. Berlin 32S7); - K. qaçlfb al-dhahab (''ramo d'oro": libro segreto sui misteri delle stelle).

2° prima del 462/1070: Sà' id Andalusi, Tabaqat al-umam, ed. Chei'kho, pp. 1 8- 19, 39-40; dà i titoli di astrologia sopraindicati (Ni 1 -2, e S), poi 2 titoli di Bitjis (astr.), 4 del re Wàlìs (id.), l di Istafan Bàbilì (id.); infine 2 titoli di Ermete: kfmiya (= alchimia), e sumum (= tossici).

3° prima del 6461 1 248: ' Alì lbn al-Qiftì, Akhbar al-l:zukama, ed. Khànjì, p. S e 227; dà i S titoli d'astrologia sopraindicati, una "lettera a Tàf' (dialogo) e delle massime (elenco p. S ; incl. Shahrastàni, Mi­la/, ed. Caire, Il, 1 42- 1 46; che dà, op. cit. , II, 9S, 1 66, degli elementi ermetici presso i Sabei e lo Pseudo-Empedocle).

4° circa 80311 400: lbn Khaldun, nei suoi prolegomeni, dà sempli­cemente alcuni nomi di alchimisti peraltro già noti; tra gli altri Abu Qa�aba lbn Tammàm 'Iràqì (cfr. infra, S0).

so nell '87911 492: Al).mad-b-Mul).ammad Masmudi, K. al-wafifi tadbfr al-kafi (Br. S. II, 369: Berthelot-Houdas, Chimie au Moyen Age, III, 4 1 -42); dà 22 titoli di alchimia: di Zosimo ( 1 , S), lbn Umayl (3, 8, 9, 1 2), Pseudo-Jàbir (2, 1 9), Mukhtafi (= probabilmente Mar­rakushì, Br. S. II, 1 033 : K. siraj al-;ulma, 4; 30 epistole, 6), Dhu 1-Nun Misrì (Qa.�fda = m s. Paris, antico fondo arabo l 074bis; 7), lbn al-Mundhiri (cfr. Br. l, 367?; K. firdaws al-/:zikma, I O), Ibn 'Utba Yamànì (K. al-arkan, I l ), lbn Arfa' ra' sahu (dfwan al-shudhur, 1 3), Musa al-l).akìm (3 epistole, 1 4), 'Jràqì (lbn Tammàm; è Simàwi, Br. l, 496? - K. Tuhfat al-tadbfr li-ah/ al-tabsir, attribuito a Ism. Tinnisi da Br. S. III, 1 23S ; e sharh al-shudhur; 1 S , 1 6); lbn Wal).shiya (e non Jildakì), autore del K. al-shawahid 'a/ii' 1/:lajar al-wal:zid (Br. l, 243 ; 1 7, 1 8); Mul).ammad-b-lbrahim, 9), lbn Tammàm ' Iràqì (poema, con comm. di Qayrawànì; 20, 2 1 ), poemi di Khàlid-b-Yazid (tra gli altri "al-firdaws"; 22).

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6° circa l 068/ 1658 : Mu�tafà ijajji Khalifa, Kashf al-iunun (ab br. : KZ); questo dizionario fornisce, nel loro ordine alfabetico (numera­to solo nell 'edizione Fluegel), 1 2 titoli (le sue osservazioni indicano che ne aveva identificato almeno 3 (segnalati ùifra) nei fondi mss. d'Istanbul); l ista studiata da Blochet, op. cit. , p. 69; e da Ruska, op. cit. , p. 65 : K. khiìfiya (KZ, III, 53 , 1 28); - K. sirr al-badt (KZ, III, 592: talismani); K. al-Sabifa al-'uzma (KZ, IV, lO sulla grande ope­ra; citaz., ap. Nihdyat al-ta/ab di Jildaki, ms. Paris 4688, che com­menta il Muktasab di Simawi); - K. istijldb riì/:ldniyat al-bahdiin (= k. al Malatis: citato supra; cfr. KZ, V, 39, 1 57 "K. al Malatis al-ak­bar"); - K. al-asfutdlis (KZ, V, 4 1 = l 'asfodelo); K. al-HO:witus (KZ, V, 1 7 1 ; citato supra); - mu$/:laj al-qamar (KZ, V, 587: talismani lu­nari); - K. kanz al-asrdr wa-dhakhiìi"r al-abrdr (''tesoro dei segreti e delle risorse delle persone pie"; KZ, V, 247; esaminato infra); - K. al-falakiya al-kubrii (KZ, IV, 465; III, 424; sul cielo; esam. infra); - K. zajr al-nafs (KZ, III, 540; ascesa del l 'anima: cfr. in.fra); - K. rumiìz al-bikmajt l iksir (KZ, III, 480; sull 'elisir); - risdlat al-sirr fi 1-kimiyd (KZ, III, 409: lettera di Ermete Biìdashin (sic: cfr. Chwol­sohn, op. cit. , I, 798) sull 'alchimia, alla sacerdotessa Amniìtasiya, cfr. Teosebeia).

III. - A) Testi esistenti31; traduzioni arabe di trattati ermetici ellenistici

Questa è chiaramente la sezione più interessante da studiare. Sfortunatamente la collezione di alchimisti di Berthelot (con Hou­das per l 'arabo) non ha potuto fornire un'edizione veramente critica dei frammenti alchemici arabi che ha pubblicato, e che occorre ri­prendere uno per uno. L'esistenza di un prototipo greco, o greco-ira­niano, sembra stabil ita:

l o da Ruska (op. cit. , p. 5 1 ) per il "libro di Crates" (K. Qardtis al bakim, ms. Leyde 440, ap. Berthelot, op. cit. , III 44-75 (trad.) e

37 La fonte fondamentale, a tal riguardo, dal punto di vista dei mss. arabi in ge­nerale, è BROCKEL�IANN, Geschichte der Arab. Litt. , 1 898- 1 902; con 3 voli. di Supplemento, 1 937-42 (qui abbreviato in : Br.). La nostra conoscenza dei mss. arabi di ermetismo, e i suoi progressi negli ultimi vent'anni, devono quasi tutto a J. Ruska e agli operatori formati nel suo Istituto di storia della medicina e delle scienze (sezione orientale).

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1 -34 (testo); e per il "libro dell'amico" (K. al-habib; ap. Berthelot, Chimie au MA. , III, 76);

2° da Nallino (Or. St. Browne, p. 3 6 1 ) per il K. Tankalusha dello Pseudo-Ibn-Wal)shiya (astrologia), che dipende dalla versione ira­niana dei Paranatellonta di Teucro;

3° da B. Strauss (Das Giftbuch des Shdnaq, Berlin 1934), per la tra­duzione araba (secondo una riedizione fatta nell'ambiente medico di Jundisabur della traduzione persiana di questo trattato di tossicologia indù, amalgamato a una fonte greca) del manuale dei tossici di çanakya.

N.B.: Parallelamente, c i sarebbe da redigere un elenco delle tra­duzioni latine di testi ermetici arabi. Abbozzata ap. Berthelot, Chi­mie au Moyen Age, I, 229-393 ; successivamente, la scuola di Ruska ne ha riportate molte altre.

III. - B) Testi esistenti, espressamente attribuiti a Ermete, e che possono contenere citazioni ermetiche tradotte dal greco

l o Testi trasmessi da cristiani o manichei: Risalafi 1-nafs (= "epi­stola sull 'anima"), ms. Gotha 82: § I-VI ed. e trad. Fleischer, 1 840 e 1 870; § VII-XIV, ritrovata e pubbl. da Bardenhewer (= de castiga­tione animae ), 1 873 . = K. zajr al-nafs ed. P. Philémon, Beirut 1 903 ; KZ, III, 540, ne cita l ' incipit; prologo (racconto d' inquadramento) del monaco Sajiylls (= Sergio di Reshaina?) nel k. sirr al-khaliqa (vedi infra).

2° Massime trasmesse dai dossografi: estratti dati da Ibn al-Qifti (op. cit. , p. 5); - e da Shahrastani, Mila!, Il, 1 42- 1 46.

3° Testi alchemici (utilizzati da Jildaki: cfr. infra): K. al-kimiya; estr. ap. un'opera di Khalid-b-Yazid, utilizzata da A. Kircher (CEdi­pus JEgyptiacus, 1 653 - cfr. Ruska, Tabula smaragdina, 59, 2 1 6).

4° Testi talismanici: K. kanz al-asrar (citato supra secondo Hajji Khalifa, KZ, V, 24 7),

che risulterebbe nel commentario di Yahya Umawi (k. alistintaqat), e sarebbe stato commentato da Thabit-b-Qurra e I:Iunayn-b-Ishaq;

K. 'ila! al-ru/:zdniyat (talismani astrali, secondo i climi; sedicente trad. in arabo di I:Iunayn-b-Ishaq), ms. Paris 2577, f. 3 8 a sq.; tardo apocrifo, studiato da Blochet, op. ci t. , p. 96;

5° Testi astrologici: K. al-Istamakhis (citato supra), studiato da Reitzenstein-Schaeder

(Stud. z. antik. Synkret. , p. 1 1 2) con il K. al-Istamatis. Plessner ne

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deve dare un'analisi precisa nel vol. II di Picatrix, che non è anco­ra apparso. Si trovano lunghi estratti dell 'Istaméikhfs ap. al-Makin, majm. mubéirak (''storia universale", ms. Paris 4524 ff. 4a, 136a, ecc.), - ap. Picatrix, ed. Ritter, I, 233, 242, - ap. ms. Paris 2577 (cfr. Plessner, Neue Materialien zur Geschichte der tabula smaragdina, ap. "Der Islam", XVI ( 1 927), p. 8 1 , 93, 95). Maimonide lo attribui­sce ad Aristotele (Chwolsohn, op. cit. , I, 7 1 5).

K. al-falakiya al-kubrii (citato supra, KZ, IV, 465; III, 424; dove vi è citato l ' incipit).

K. shar/:1 Hurmus 'ala k. al- 'ilm al-makhzun fi asréir al- 'éilam al-maktum (= commentario di Ermete su "la scienza segreta dei mi­steri del mondo invisibile"; - quest'ultima opera (citata ap. Ikhwan al �afà', IV, 46 1 ) è attribuito a Niftawayh (sic); questo nome, che è un hapax, designa uno scrittore zahirita di Baghdad morto nel 323/939; il titolo è dunque stato rifatto in realtà dopo questa data; ms. Paris 2578 f. Ib secondo Blochet, op. cit. , p. 76, 87 e 95 (estr. ap. ms. Paris 2577).

L'evoluzione dell 'astrologia38 araba, che non si tratta qui di ri­percorrere, ha manifestato, come quella del l 'alchimia, ma più pre­cocemente, una frattura tra la tendenza simbolica ermetica e l 'astro­nomia positiva moderna (cfr. ap. Battàni). I due autori più ricchi di materiale ermetico sono A bO Ma ' shar al-Balkhi (t 272/885) (Br. I, 22 1 ) e Abfi Sa ' id Ibn 'Abdaljalil Sijazi (t circa 3 70/980) (Br. I, 2 1 9); essi hanno in particolare sviluppato la nozione accoppiata "kedkhudhàh-haylàj" (segni della longevità e della felicità orosco­piche)39, di cui Nallino ha mostrato la sopravvivenza nel latino me­dievale, fino a Campanella40•

IV. - Opere originali dei grandi ermetisti arabi

circa 2 10/825 : l o Pseudo Balinàs (= Balinfis, K. sirr al-khaliqa wa $Un'at al tabf'a (= "segreto della creazione e tecnica della natu­ra"), scritto sotto Ma'mfin (t 2 1 8/833) da un musulmano eterodosso

38 Kraus e Plessner hanno rilevato un problema importante: quello dell'adesione all'astrologia del grande teologo neo-asharita Fakhr al-din R.azi (t 606/1 209) e dell'autenticità del suo K. al-sirr al-maktitm (Br. S. l, 9 13 ; mss. Paris 2645, 2692).

39 Vedi il nostro Passion d 'al-Halliij, p. 438. 40 NALLINO, ap. Giornale critico della .filosofia italiana, VI ( 1925), pp. 84-9 1 .

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anonimo che il medico Ràzi aveva identificato (P. Kraus deve pub­blicare questo riferimento); messo da questi sotto il nome di Apollo­nio di Tiana (=Bàlinus Tuwàni); costruito su un prototipo attribuito a Ermete (titolo: 'ila! al-ashiyd = cause delle cose); concludendo con il famoso testo chiamato "Tavola di Smeraldo" (cfr. Ruska, Tabula smaragdina, 1 926, pp. 124- 1 63 dove si trova un'analisi completa ed estratti del K. sirr al-khalfqa cfr. Plessner, op. cit. , 89 sq.). Syl­vestre de Sacy, sin dal 1 799 (ap. Not. et Extr. des mss. , Tomo IV, p. 1 08 sq.) ha sottolineato l ' importanza di questo testo, di cui Nyberg prepara un'edizione. È una raccolta sistematica di spiegazioni cau­sali aberranti dei fenomeni della natura e della vita, in un quadro di teologia musulmana indipendente (es. : i 24 attributi divini). Sembra aver causato la nascita, tra gli scrittori musulmani sciiti e mistici, di tutta una serie di libri "sulle cause delle cose" (cfr. anche le domande e le risposte dei propagandisti carmati, alla fine del III secolo egiria­no). È un'opera originale, non una traduzione dal greco. Utilizza il Pimandro (Sacy, op. cit. , p. 1 20, 123 , 1 40). - Mss. Paris 2300-2302, Gotha 82, Leipzig (cat. u, 269), Berlin 4 1 3 1 , Leiden 1 207, Uppsala 336 (scritto nell'anno 322/934).

prima del 240/854: 2° Pseudo Jàbir (1), K. al-jdruf(= "la sfortu­na", "la sorte funesta"; corr. "l ' ingordo" (si c), di Houdas ), attribu­ito a Jàbir (cfr. Fihrist, 357) o a Abu Sa'id Mi�ri ed esponente uno scetticismo sperimentale metodico (probabilmente confrontando due spiegazioni logiche di uguale valore). Questo libro fece scan­dalo tra i teologi musulmani, che si adoperarono per confutarlo, sia i mu'taziliti come lbn a1-Ràwendi, sia gli shàfi' iti come lbn Surayj (t 306/9 1 8 ; cfr. Baghdàdi, U$Ul al-dfn, 309). Estratti di questo libro si ritrovano certamente nelle confutazioni dell '"equipollenza delle prove antagoniste" (takdfu' al-adi/la) dovute a Ibn Hazm (jì$al, v, 1 1 9) e a lbn Taymiya (sharl:z al- 'aqfdat al-lsfahdniya, 70). L'idea principale doveva essere che il sillogismo non potesse far accedere a Dio: idea ermetica.

circa 320/932 : 3° Pseudo lbn Wahshiya, K. al-fild/:za al-nabatfya (= "l'agricoltura nabatea") attribuito a lbn Wa}Jshiya (t 29 1 /903), e dovuto in realtà a uno sciita, membro di una famiglia vizira­le Abu Tàlib Abi lbn al-Zayyàt (t circa 340/95 1 ; Fihrist, 3 1 2). Questo famoso libro in cui Chwolsohn aveva creduto di trovare vestigia della civiltà caldea comincia a essere riabil itato (Plessner,

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ap. Zeitschr. f Semitistik, VI ( 1 928), 27-56; Bergdolt, ap. Bericht. Deutsch. Botan. Gesellsch. , L ( 1 932), 32 1 -336). Infatti, sotto nomi di autori truccati , riporta una documentazione scientifica "paga­na", a volte sabea, a volte indù (tossici), spesso venata di neo­platonismo o di ermetismo. Ms. Leiden 1 1 4, Paris 2803, 6 mss. Istanbul (Umumiyé 4064, Vel ieddin 2485 , Fatih 3 6 1 2- 1 3 , Es'ad 2490, Hamidiyé l 03 1 ; secondo Bergdolt).

Delle altre dieci opere di lbn Wal)shiya citate da Brockelmann (I, 242 S. I, 430), almeno quattro sono ermetiche (K. Tanka/Usha, tratto dall'astrologia greca di Teucro; K. matdli ' al-anwdr fi 1-/:likma; K. al-u$111 al-kabfr (alchimia); K. al-haydkil wa'ltamdthil) e sarebbero da studiare.

circa 330/94 1 : 4° Pseudo Jabir (Il) "Corpus Geberianum" = l ' in­sieme delle opere attribuite a Jabir-b-Hayyan Kiìfi (t 1 60/776), che Ruska e Kraus hanno dimostrato risalire a non prima della fine del III/IX secolo. Di fatto, i l loro compilatore finale si chiamava ijasan Nakad Maw�ili (circa 330/94 1 ), secondo Abu Sulayman al-Mantiqi, ta 'liqdt, ap. Abiì Na�r Asad-b-Abi al-Fati) Iliyas-b-Jirjis Ibn Mutran Dimishqi (t 58711 1 9 1 ), Bustdn al-atibbd wa-rawçlat al-alibbd (vol. 241 : citato ap. Rev. Acad. Arabe Damas, vol. I I I , fase. l , p. 7; comm. P. Kraus).

P. Kraus ha compiuto, su Jabir, uno studio generale, che non è ancora apparso42, e le cui conclusioni non è necessario anticipare. Questa enorme col lezione ha un lessico omogeneo (in oculistica, è il lessico che ijunayn (t 260/873) ha sostituto a quello di lbn Mas­awayh (t 243/857)). Ha anche una dottrina seguita; è ermetica per le sue fonti (Zosimo, Tabula Smaragdina), ma è peripatetica (ilemorfi­smo, potenza e atto); nelle sue esperienze di alchimia, e nelle delica­te pesature che esegue, ricerca il mizdn = la "bilancia", la giusta pro­porzione delle 4 qualità aristoteliche (caldo, freddo, secco, umido),

41 Ms., esistente a Najaf. 42 È apparsa solo la raccolta Jabir-b-Hayyan, textes choisis (in arabo), Paris,

Cairo 1 935, 559 pagine. Mentre Houdas aveva pubblicato (ap. BERTHELOT, Ch. MA., III), su undici trattati alchemici, solo sei trattati dello Pseudo-Jàbir (K. al-mulk, trad. p. 1 26, testo, 9 1 ; K. al-ra/:lma, trad. 1 33, testo, 99; K. al­mawlizin ($aghir; cfr. Kraus, 425), trad. 1 39, testo l 05; K. al-ra/:lma (2°), trad. 1 63 , testo, 1 32), K. al-tajmi' (concentrazione, cfr. Kraus, 34 1 ), trad. 1 9 1 , te­sto, 1 6 1 ), e K. al-zaybaq a/-sharqi (mercurio orientale), trad. 207, testo, 1 80), - la raccolta di P. Kraus contiene il testo critico di 26 trattati jabiriani.

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combinate in modo diverso a seconda degli elementi. Rimane erme­tica per il modo di ragionamento che conserva in ambito politico e sociale, in cui si mostra sciita estremista, attendendo, per trasmutare e sublimare la Città di quaggiù, la venuta di un Capo legittimo, che ne sarà l 'Elisir (al-Iksir) trasfigurante: in quanto emanazione dello Spirito divino. Su questa dottrina del Sin, contraria alle tesi sciite del Mim e del l ' Ayn, cfr. i l nostro studio Salman Pak ( ap. Pubi. Soc. Étud. iran. N° 7, Paris 1 934, p. 35).

circa 450/ 1058 5° Pseudo Majritì, K. ghdyat al-bakim, ed. H. Ritter: "Das Zie! des Weisen", Berlin 1 933 ; con il sottotitolo "Pi­catrix" (= Ippocrate ), preso dalla sua trad. latina medievale. Ritter e Plessner hanno iniziato la redazione di un secondo volume di commenti, molto importante per la storia dell 'ermetismo (non cre­do sia ancora pubblicato). Questo manuale di scienza talismanica astrale, strettamente imparentato con le fonti sabee dello Pseudo lbn Wahsl:_liya, è stato falsamente attribuito a Maslama Majriti (t 398/ 1 007), che si dice abbia introdotto l ' enciclopedia degli Ikhwàn al-�afà' in Spagna (cfr. H. Ritter, Picatrix, ein arabisches Hand­buch hellenistischer Magie, ap. Vortriige der Bibliothek Warburg, 1 92 1 -22, p. 95- 1 24).

6° menziono qui per la cronaca l 'enciclopedia degli Ikhwan al­sa/d' (ed. Bombay 1 888; 2• ed. Cairo 1 928; numerosi studi di Diete­dci; bisognerebbe di essi redigere un indice). Questo libro, probabil­mente della seconda metà del IV/IX sec., ha avuto, sull'evoluzione delle menti coltivate nell ' Islam, un'influenza di primo piano. Pro­fondamente ellenistico, fondato sull ' Organon, e molto peripatetico (con delle note originali, esso aggiunge ai 5 universali la "persona", shakh$iya), appartiene, nella filosofia politica legittimista musulma­na, cioè sci ita, alla setta ismailita (quella dell'anticaliffato Fatimita). Esso contiene importanti elementi ermetici presi in prestito dal siste­ma di un autore ismail ita precedente, Al:_lmad Kayyàl (citato I, l 08; m, 20). Esso contiene almeno (secondo i rilievi in corso di Slama ed A. Awà) nove riferimenti a Ermete (paginazione della 2• edizione, del Cairo): I , 92, 1 68 , 228; 11, 1 96; 111, niente; IV, 33 1 , 46 1 , 463, 467, 472. Ma non possiamo considerarlo come specificamente ermeti­co; è molto più vicino (idee generali , non "simpatie o convenienze personali", uso del sillogismo) a filosofi propriamente detti, come Fàràbi e lbn Sìnà.

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V. - Testi esistenti di ermetisti arabi secondari

A) (alchimia): 'Utarid (circa 290/902), K. mandfi ' al-a/:ljdr, ms. Paris 2775/3

(probabilmente ritoccato). Muhammad lbn Umayl Tamìmì (circa 380/990), K. al-md 'alwa­

raqf, K. sharb al-o$uwar, Qao$ida = "three treatises . . . ", ed. Staple­ton-Turab Alì-Hidayat Husayn, Calcutta 1933 ; cfr. Ruska, ap. Isis, XXIV ( 1 936), N° 68, p. 3 1 0 sq.

lbn Arfa' Ra'sahu Jayyanì (t 5931 1 1 97), Diwdn shudhur al­dhahab ("diwàn delle pagliuzze d'oro"), cfr. Br. I, 496, S. I , 908. Di uno dei suoi discepoli immediati, il K. qabas al-qdbis fi tadbir Hurmus al-Hardmis, edito e tradotto da Siggel, ap. Der /slam, anno 1 938, 287-306.

Sìmawì (medesimo secolo), K. al-muktasab, cfr. Br. l, 497, S. I, 909. Jildakì (Qulmutàl 'Alì-b-al-amìr Aydemir-b-' Alì, t 74311 342), i l

più interessante degli alchimisti simbolisti di second'ordine; lista delle sue opere conservate ap. Br. II, 1 3 8, S. I I, 1 72; Wiedemann l 'ha studiato. È un poeta.

Dopo di lui, è sufficiente nominare Marjùshì Iznìqì (Br. II, 233 = S. II, 667) e Bustan Effendì Aldini (Br. II, 448), nel X/XV sec.

Circa l 070/ 1 659, Sali}). I:Ialabì traduce Paracelso in arabo43• B) (magia talismanica): Dopo Tabbasì (t 4821 1 089), la magia talismanica, utilizzata del

resto da corporazioni di ciarlatani di cui Jawbarì (circa 620/1 222) ha analizzato la mentalità con una compiacente ironia nel suo Kashf al-asrdr (Br. I, 497; cfr. Zarkhùrì, ap. Br. II, 1 39) prende la sua for­ma definitiva con i l famoso K. shams al-rna' drif al-kubra di Bùnì (t 622/ 1 225), di cui Doutté (ap. Magie et religion en Afrique du Nord, 1 909, p. 58 seq.) ha fornito i temi; e con la costruzione da parte di Sabtì (t 698/1 298) della "zaì"lja" (macchina per calcolare i presagi, per mezzo di una serie di cerchi concentrici, affini all'Ars magna di Lullo ); lbn Khaldfm ne era stato colpito, e lo dice nei suoi Pro/ego­meni; la parola "zaì"rja" figura già tra gli astrologi ermetisti quattro secoli prima, per es. ap. lbn 'Abdaljalìl Sijazì, ms. Paris 668644•

43 Incl. Br. I l , 365, S. I l , 666-667, e SuoHOFF, Paracelsus Handschriften, 695. Sulle gemme, cfr. Tifàshi (t 65 1 1 1253; Br. I , 495).

44 F. 25b: "zarrjat Ii-istikhraj al-haylaj".

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Inventario della letteratura ermetica araba 46 1

Non c'è più nulla che si riferisca a una filosofia, è solo una tecnica meccanica, sempre più piena di versetti coranici, per precauzione di ortodossia (Zabidi t 893/1 488, Br. II, 1 90; lbn Qurqmas t 882/1477, Br. II, 1 39; Shabramallisi, Br. II, 365; e i l fulano sudanese Muham­mad di Katsina (corr. così "Kishnawi" di Br. II, 366) morto al Cairo nel l l 54/1 74 1 ).

Lo studio dei talismani congregazionali riportati dalla Mekke per i pellegrini (cfr. Sanùsi, Salsabil ma' in) mostra una crescen­te influenza del l 'induismo (cfr. Jawahir khamsa di Ghawth Hindi Shattari t 970/1 562: diffusi fino al Niger); con una curiosa risorgen­za, tra i musulmani d eli' Africa Orientale Francese, della m antica del ramal (tratti sulla sabbia; impiegati in apologetica da un Tijani contemporaneo, Amadou I:Iampaté Ba; cfr. anche, per i l Dahomey, i documenti molto curiosi, in stampa, di B. Maupoil). L'ermetismo musulmano, anche qui, sfuma nel passato.

Nota aggiuntiva A

Su Abii Sa 'id A. b. M. Ibn 'Abdaljalil Sijazi Sinjàri (morto dopo il 389/999). Supplemento alle note di Brockelmann, G.A.L. , s. I, 388 e di Sarton, I.HS., I, 665):

L'anno 358 nel quale questo matematico, probabilmente sabeo, com­pletò il testo di ms. Paris 2457 non si riferisce all' era egiriana, ma all'era di Yazdadjard II; è dunque l'anno 380 dell'Egira, 990 dell'era cristiana.

Il suo libro è dedicato a un principe "al-mii.lik al-· adi l Abii Ja · far Ahmad­b-Mul:tammad" che occorre identificare con il principe di Balkh-Jiizjiin Abii Na�r (?) Ahmad-b-Mul)ammad Ibn Farighun (389 t 4 1 0) che sposò nel 385 sua figlia a Subuktakin (cfr. Minorsky, /fududé-'Alam, p. 173); è a suo padre, già soprannominato "al-mii.lik al-· ii.dil" che l 'autore anonimo de­gli /fududé- 'Alam, dedicò questa importante opera di geografia descrittiva.

Nota aggiuntiva B

Sulla catena d 'iniziazione ermetica del filosofo andaluso lbn Sab 'ìn (t 660/1269). Essa ha sollevato l'indignazione di canonisti come l'hanbalita Ibn Taymiya (Majm. ras. kubrii, II, 99) e lo shàfi ' ita Qutb al-din M-b-A. Ibn al-Qastallàni (nato 6 1 4 t 686: ap. lbn Taghribardi, Manhal, V, 94; e 'Akari, V, 397); ma si è perpetuata qua e là, sia nel Maghreb che in Siria, fino a Murtaçlà Zabidi Bi l grami (t 1205/ 1 79 1 : commentatore di Ghazàlì, e conispondente del

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462 La rivelazione di Ermete Trismegisto - L 'astrologia e le scienze occulte

sultano 'Abdalll)amìd I), che ci dice ( 1qd al-jawhar al-thamin, ms. Taymur, tas. 332, p. 57, 66), averla riçevuta: l o da Ibn Sab' ìn, via 'AR.-b-Aslam Ma­kkì (Br. S. II, 1026), 'AA-b-Salim Basri (t 1 1 35/1 723), l' imam M-b-M-bS. "nazìl Makka" (= Rudanì t 1 093/1 682), Abu 'Uthm. Sa'ìd-b-Ibr. JazaYri (= Ibn Qaddfua t 1050/1 655), Sa' ìd-b-A. Muqri, A-b-Hy. Ibn Qunfudh (t ap. 807/1404: cadi di Costantina) che, attraverso suo padre e suo nonno, raggiun­ge Ibn Sab 'ìn; - e 2° da Shushtarì (discepolo di lbn Sab ' ìn), via: M-b-' AA-b­Ayyfib Tìlimsanì, A-b-' AR. Fasì e suo nonno, Shihab A-b-M. Tilirnsanì, Sa 'ìd Qaddura, Ibn Qunfudh, suo padre e suo nonno. - I due nomi da notare sono: il cadi lbn Qunfudh, e sopmttutto Rudanì, matematico, astronomo e mistico, amico d' Abu Salim 'Ayyashì (rihla, II, 3.0 sq.), autore di Silat al-khalaf(ms. Paris 4470) riferentesi per isnad a molti autori rari (specialmente su I::Iallaj), f. 43 b, 76-a), compilato grazie a lbn TUifin di Damasco, e al kanz dell'alge­rino Abu Mahdì ' Isa Tha'alibì (cfr. Kattanì, Fihris, l, 3 1 7-2 1 ; II, 192). L'e­same dei mss. di Ibn Sab 'ìn e di Shushtari procura una serie di nomi di loro discepoli, in particolare a Damasco, ben prima d' Ibn Hud (t 699), e fino a Rudani, nell'ambiente hanbalita dei Maqdisì. Ibn Sab'ìn aveva composto un commento sul Sifr Idris (cfr. KZ III, 599), e questo "libro di Ermete" doveva trattare degli /:lurilf e della simiya (tecnica del soffio creatore). Ibn Sab' ìn con­sidera soprattutto Ermete (= Idr:ìs) come il primo filosofo spiritualista, che ha dimostrato che l'anima era una sostanza autonoma, indipendente dal luogo, facendola portare fuori dal suo corpo durante la sua vita: nel corso della sua ascensione (raf), grazie alla sua ascesi. Questo Sifr Idris può essere identico ai Sa/:laif Idris (ms. S.S. Beirut, anal. Sprenger, ap. JASR., 1 856, 147-50). L'ermetismo d'lbn Sab':ìn che gli proviene dal cadi di Siviglia A' AA. M. I::Iallaw:ì ShUdh:ì (cfr. lbn Maryam, Bus t an, 68-70), può risalire alla scuola d'Ibn Masarm studiata da Asin Palacios.

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INDICI

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( l ) AUTORI ANTICHI

A. T.

Es., VII, 1 0- 13 ....... . . . . . . . . . . . . . . . . . 336n. 1 2 fs., LV, I l ..... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ..... 390 Ger., XII, 13 ................................ 302n. 1 70 Ez., Il, 9 ss . . . . . . . . . . . . . . ... . .. . . . . . . . . . . . . . . 371 Il Mac., VII, 28 .......................... 337n. 13 Prv., III, 1 8 .................................. 390

XXII, 8 ............................... 302n. 170 XXXI, 1 ............................. 390

Sap., VI, 24 ................................. 390 VII, 1 7-22 . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 60n. I l l

.V. T.

Mt. , XI, 15 ............... . . ................. 3 18n. 245 XIII, 9, 1 3, 1 6, 19 ............... 3 18n. 245

!Cor. , "I, ..... . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . .. . . . ... . . . . 3 1 8n. 246 XV, 52 .............................. 1 86n. 272

Gal., VI, 7 .... . .... . . ..... . .. . . . . . . . . . .. . . . . . 302n. 1 70 Ef, IV, 14 .. . . . . . . . . . . . ... . . .... . . . ..... . . . ... 295n. !50

VI, I l ................................... 296n. 1 50 Il Ts., II, 4 .. . . . . . . .............. . . .. . . . . . . . . . 3 1 6n. 235 ! Tm., II, l 2 .... . . . . . . . . . .................... 1 86n. 274

m, 1 3... ... . . ... . . . . . . . . . . . . . . ..... . . 1 84n. 260 II T m., III, 8 ............................... 327n. 295 Ap. Gv. , I, 1 0 ..... . . . . . . . . . . ................ 366n. 19

l , I l , 1 9 ......................... 371 IV, l ss . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 367n. 22 XVII, 3 .. . . . . . . . ................ 366n. 1 9 XXI, 1 0 ......................... 366n. 1 9

Acta Petri

4 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 362

AEZIO

l, 3, l (Dox. 276. 1 0) . . . . . . . . . . . . . . . 4 1 n. 34

S. AGOSTINO

VIII, 9... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39n. 14

ALESSANDRO DI AfRODISIA

227. 15-22 (Hayduck) ..... .. .. .. .. . 227n. 32

ALESSANDRO POLIISTORE

Fr 138 (Cl. AI., Str. l, 15, 70, 1 ) .. .43n. 42

AMMIANO MARCELLINO

XXIII, 6, 32-36 ... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4 ln. 26

Apophthegmata Patrum

l, p. 582 Cotelier . . . . . . . . . . .. .. .. .. .. .. 55-56

APULÉIO

Jfetam. , VI, 25 ... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 371 Xl, 5 ... .. . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . 28n. 29

23 .... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 354n. 55

ARISTOCRATE

fr. 2 (Piut., Lyc. , 4, 8) .. . . . . . . . . . . . . .4 ln. 29

ARISTOSSENO DI TARANTO

A.rithmet. , ap. Stob., l, p. 20 .. . . . 9 ln. 1 6

ARISTOTELE

Phys., l, l . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 82 Il, 7 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 83 VII, l , 242 a 16 . . . . . . . . . . . . 83 VIII, 6, 259 a 8 . . . . . . . . . . . . 83

Me teor., l, l , 338a 20-339 b l O . . 226 IV, 1 2, 389 b 14-22 .. . . 226

De anima, l, 1 , 402 a l ss . . . . . . . 23 1n. 4 1 Depart. anim., I, l , 640 a 14-16 . . 226n. 29

Il, l , 646 a 8-1 O .. 226n. 30 De ani m. mot. , l , 698 a 1 -7 . . . . 228n. 36

700 b 9- 1 1 .. 228n. 37 704 a 3-b3 .. 228n. 38

De anim. incessu, 704 b 4-9 ....... 227n. 33 704 b 9 ss . . . . . . . 228n. 35 7 14 b 20-23 ... 227n. 34

De generat. anim., 715 a l - 18 .. . . 229n. 39 Eth.nic. , V, 1 1 3 1 b 5 . . . . . . . . . . . . . . . 3 1 7n. 239 Fragm., 6 Rose2 • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • 40n. 20

ARNOBIO

A dv. nat. , Il, 13 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . l 03n. 89

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466 La rivelazione di Ermete Trismegisto - L 'astrologia e le scienze occulte

1 5 . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . 1 03n. 90 IV, 3 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39n. 12

ART-V'ANO

Ap. Eusebio, praep. evang. , IX, 1 8, I . . . . . . . . . . . . . . . . . 4 l n. 25 IX, 27, 6 . . . . . . . . . . . . . . . . . 92n. 2 1

ARTEMIDORO

Onirocr. , p. 246. 1 Hercher . . . . . 366n. 1 6

CHEREMONE

a p. Porfirio, de abst. , IV, 6-8 .. . 46-49 lvi, IV, 8 (24 1 . 1 N) . . . . . . . . . . . . . . . . . 97n. 54

CICERONE

De nat. deor., III, 22 (56) . . . . . . . 92n. 22

s. CIPRIANO

Qu. id. dii n. s., 6 . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 02n. 84

CIPRIANO IL MAGO

Confessio .. . . . .... . ..... . . . . . . . . . . .. 57-60, 434-443

CLEMENTE ALESSANDRINO

Strom., I, 1 5, 69, 1 -3 . . . . . . . . . . . . . . 42n. 40 1 5, 69, 4-6 . . . . . . . . . . . . . . 44n. 49 1 5, 70, ! . . . . . . . . . . . . . . . . . . 43n. 42

VI, 2, 27, 2 . . . . . . . . . . . . . . . . . 42n. 39 4, 35, 3-37, 3 . . . . . . . . 97n. 53 4, 37, 3 . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 53n. 1 22 5, 43, ! .. . . . . . . . . . . . . . . . 62n. l ! 8

COSMA DI GERUSALEI\IME

Il, 7, 245 = PG, XXXVIII, p. 496 .. 92n. 20 ap. CCAG., VIII, 3, 120 ss . . . . . . 387

DA!\IIGERONE

c. 6 (Pitra, Spie. Sol., m, 326) .. . . . 340n. 23, cfr. 248n. 1 2 1

DEMOCRITO

Diels-Kranz, Vorsokr. 1 68 B 299 . . . . . . . . . . . . 44n. 49 68 8 300, 1-20 ... 1 67n. 18 1

68 8 300, 14- 19 .. 26ln. 26 68 8 300, 1 6 ...... ... 262n. 32

DIODORO SICULO

I, 1 6, 2 . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . 89n. 7 27, 4 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 372 73, 4-5 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . 386n. 99 96-98 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . 4 l n. 30 98 . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . 44n. 47

Il, 29, 4 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 386n. 97 III, 2 ss . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 44n. 5 1

DIOGENE LAERZIO

Prorem. 1 , 1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 38 2, 2 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 40n. 19,

386n. 98 5, 6 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 52 6, 7 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 53 6, 9 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 40n. 23

I, 43 . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42n. 35 III, 61 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 309n. 1 95 VIII, 43 . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 392 VIII, 46 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. 34n. 49

DIONE CRISOSTOMO

Or. 36, 40 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5 1 49, 7 (Il, 123-124 Amim) ... 54n. 89

Ec.UEO DI ABDERA

Ap. Diodoro Siculo, l, 1 6 ........ 92n. 17, 94

EGEMONIO

Acta Arche/ai 27 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 338n. 1 9

ENOCH

8 (26. 1 1 Radermacher) . . . . . . . . . . . 262n. 30 12, l (34. 1 8 R.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 366,

367n. 20 14, l , 8 (36.27; 38. 1 0 R.) . . . . . . . 367n. 20 14, 1 5 ss. (38.25 R.) . . . . . . . . 367-368n. 22

ERMETE TRISMEGISTO

C. H.

I l . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ... .... . . . . . . . . . . . . 367 1 -4 ........ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . l 03n. 96 6 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 1 6n. 23 1

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Indici

9, I l . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 16n. 2 3 1 1 5 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 1 5n. 228 16 . . . . . . .. . . . . . . .... . . . . . . . . . . .. . . . . . . . ... 3 1 6n. 2 3 1 1 7 . . . . . . . . .. ... . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . .... . 3 1 4n. 220 20 ..... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 1 5n. 226 21 . . . . . . . . . . . . . . ..... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 1 6n. 23 1 22 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 1 6n. 23 1 29 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 374n. 5 3 30 . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . .. .. .. . . . . . . 267n. 47 32 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 328n. 299

II, 17 . . . . .... . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. 25 1 n. 1 40 IV, 2 .... . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . 1 20, 25 ln. 1 36

6 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 07n. 1 05 7 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 1 0n. 205

V, 3 ss . .. . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 1 0 5 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 20 6-8 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .... . 346

VII, 2 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 1 6n. 234 IX, l . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 323n. 271

8 .... . . . .. . . . . . . . . . . . . . .. . . . ..... . . . . . . . 1 20 X,

��·:25

·::::::::::::::::::::::::::::::::: j��

25 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I l O Xl, l .... . . . . . . . . . . . . . .... . . . . . . . . . . . . . . . . . . 75n. 49

2 . .. . .. . . . . .. . . . .. . .. . . . .. . . . . . . . . .. 1 20 1 9 . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 369 20 .... . . . . . . . . . . ..... . . . . . . . . . . . . . . . .. . 369

XII, 5-9 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 10 8, 12 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 323n. 271 2 1 . . . . . . . . . . . . . . ... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 20

XIII, 1 ........ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 324n. 277, 407

1 -3, 2, 3 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .... . 4 1 0 7 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 1 0 I l .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 370 1 1 -1 2 ... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 1 0 1 3 . . . . . . . . . . . . ..... . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4 1 0n. 1 27 16, 22 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4 1 0

XVI, l ss . . . . . . . . . .. ... . . . . .. . . . . . . . . . . . . l 08 2 . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 45, 4 1 0 3 . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 96n. 45,

1 1 8 4 ss. · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · ·· · · · · · · 1 1 8 1 3- 1 6 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 1 0 1 5 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ......... 309n. 1 98 16 . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . 1 1 0

XVIII, I l . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ... . 1 1 7

Stobaei Hermetica (Scott)

E xc. l . . . . . . .. .. .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . l 02n. 85, 1 03n. 88

467

VI 1 - 1 2 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 47- 148 1 - 1 6, 1 8- 1 9 . . . . . . . . . . . . . . . 1 05 1 7... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 05,n. I O I

XXII 8 . . .. . . . . . ....... ... . . . . . . . . . 1 08n. 1 09 XXIII (Kore Kosrnou)

5 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 377, 400n. 1 66, 4 1 0

6. . . . . . . . . .. . . . . . ... . . . . . . . . 409, 4 1 0 7 .... . . . . . . . . . . . . . . . . . . .... . 377 7-8 . . . . . . . . . . . . . . . ......... 4 1 0 1 4- 1 8 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 1 0- 1 1 1 1 9-20 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 1 o 28-29 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I l O 32 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 394n. 1 40,

409 38 ... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 1 0 42 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 1 1 48 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 1 0 68 ... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 1 0, 1 1 1 ,

323n. 273 XXIV 1 -3 ... . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . 378n. 74

6 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 08n. 1 1 0 1 1 - 1 3 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 1 0 I l . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 1 9 1 3 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 08

XXIX . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 20, 1 37n. 67

Asclepius

l . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4 1 0 2-3 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4 1 4 1 0 . . . . . . . . . . . . . . . . . ... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 1 0, 120 1 2- 1 3 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 87n. 66 1 2 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . 4 1 3 1 9 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I l O 24 · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · 1 1 0 26 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 376n. 65 32 · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · · 4 1 0 3 5 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 5 0n. 1 14 37 . . . . . . . . . . . . . . . . . .... ... . . . . . . . . . . . . . . . . . . 97n. 52,

I O i n. 7 1 , 1 08n. ! I l

38 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 1 1 39-40 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I l O 41 . . . . . . . . . . .... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 49n. 67,

Kyranides

I 239-244

1 04n. 99, 1 06

I-IV . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ... . 248n. 1 24

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468 La rivelazione di Ermete Trismegisto - L 'astrologia e le scienze occulte

II-IV . .. . . . . . . . . . . . . . . 239 e 239n. 67, 244-248, 248n. 1 24, 253

I, 3. 1 Ru . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 240n. 75, 246n. 1 09

3.2-5 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 243 3.6 ss . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ... . 240-24 1 3.6- 1 0 ...................................... 398n. 157,

399-400 3. 1 1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . 249 e n. I25 4.3 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 246 e n. I IO 4.6 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 246n. I l O 4.6-7 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 243 4.8-6.9 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 242n. 88 7.22 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 252n. 147 8.28 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 243 1 5 . 1 6 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 235, 246n. 1 08 2 1 .25 ss . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 253 44. 12 ss . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . 253n. 1 49 49.23 ss . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . 240n. 78, 243 54. 1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ... . 252n. 1 42

II, 56. 1 7 . . . . . . . . .... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 236 68 secondo A . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . 236n. 55 72.8 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 235 76.8 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 236 76. 17 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 236 77.30 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. .. 236n. 57 78. 1 3 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 236n. 57 78. 1 5 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 236n. 57

I I I , 87.30 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 235 l 00. 1 ?... . . . .. . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . 236n. 55

IV, 1 17 .9 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 235, 236n. 57 124. 10- 1 7 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 247n. 1 1 8

Kyr. (lat.) 1 3 .7- 12 Delatte . . . . . . . . . . . . . . . 400n. 1 67 1 3 . 1 3 . . . . . . ... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 375 1 5 . 1 1 ss . .. .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 375 e n. 6 1

Kyr. (l ibro Arcaico) I ) Kyr. I, 3 . 1 1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 249e n. l25

5 . 14- 16 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 249e n. l 30 5.29 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24In. 83,

249e n. 125 2) Kyr. !, 20. I 0- 1 4 . . . . . . . . . . . . . . . . . . 249n. 126,

250 e n. I34 3) Olimp ., A/eh. Gr. I O I . I I . . . . . 249n. 127,

250 4) CC·lG., VIII, 2, p. 167.3 ss . . .. 249n. 128,

252 e n. 143, 373n. 48

ERODOTO

I, 1 3 1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 50

II, 82 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 29,n. 34 1 37, 1 38 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9 1

I II, 1 43 . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 45

EscHINE

C. Ctes. 1 5, 20, 22 . . . . . . . . . . . . . . . . . . 322n. 27 1

EsioDo

Op. , 85 ss . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . 3 I In. 209 Theog. , 521 -523 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 1 6n. 229

6 14-6 16 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 1 6n. 229

EusEBIO

C. Hierocl., 407.27 K . . . . . . . . . . . .. 395n. 145 Pr. Ev., XI, 6, 1 0 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 1 3n. 2 17

EV.-\GRIO PONTICO

Epist., 29, p. 587 Fr . . . . . . . . . . . . . . . . 3 1 2n. 2 12

EVE�!ERO

Ap. Diodoro Siculo, V, 46, 3 .. . . . 270n. 59 46, 7 ..... 372n. 38 46, 8 ..... 270n. 59

VI, l , 7 ..... 372n. 38

Fn.oNE

De Somn., l, l O, 54 . . . . . . . . . . . . . . . . . 368n. 25 De sp. leg., II, 3; 44-45 . . . . . . . . . . 368n. 26 V. Cont., 2, 20 p. 53. 1 Conybeare ... 65n. 4 3, 22-24 p. 58.2 Conybeare . . . . 50n. 72 4, 34 p. 70.6 Conybeare . . . . . . . . . 50n. 70 4, 34-35 p. 7 1 .2 Conybeare . . . . 58n. 1 04

Fn.oNE m BIBLO

Ap. Eus., pr. ev. , I, 9, 24 . . . . . . . . . 1 0 l n. 70

Fn.OSTRATO

V. Ap. T., I, 20 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 236n. 56 11, 30 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 52n. 77 III, 9 ... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 236n. 56

15 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 52n. 78, 55n. 96, 355n. 58

1 7 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 55n. 97 19 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4 l n. 27 41 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 70n. 1 99

VI, l 0-1 1 . . . . . . . . . . . . . . . . . 44n. 5 1

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Indici

I l ..... . . . . . .. . . . . ... . . 4ln. 28

fLAVIO GIUSEPPE

C. Apion. l, 1 9, 1 29 ...... . . . . . . . . . . l 02n. 8 1 22, 1 79 . . . . . . . . . . . . . . . . 40n. 22

Ant. Jud., l, l , 2 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 1 3n. 2 1 7 VIII, 44 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 393n. 1 38

Bel/. Jud., II, 8, 2 ss . . . . . . . . . . . . . . . . 50n. 69

GALENO

XI, 798 K . . . . . . . . . . . . . ... . . . . . . . . . . . . . . . l OOn. 63, 1 70n. 1 95

G!AMBLICO

De myster. l, 1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4 l n. 32, 95 2 . . . . . . . . . . . . . . . . . ... . 40n. 1 8

II, 3 ... . . . . . .. .. . . . . ... . . . .. . 3 12,n. 2 1 2 VIII, 4... .................. 98n. 55,

99n. 62 VIII, 5 ...... . . ..... . . . . . . . . 336,n. l O X, 5-6 ... . . . . . . ............ 3 1 2n. 2 12

V. pyth., 3 (1 4), 1 0. 1 8 D . . .. . . . . . 43n. 43 3 ( 1 6- 1 7), 1 2 . 1 D . . . . . . 58n. 1 04 4 ( 1 8- 1 9), 12 .27 D . . . . 43n. 44 28 ( 1 46), 83.2 D . . . . . . . 392n. 1 33 28 (1 46), 85.5 D . . ... . . 392 28 ( 1 5 1 ), 85. 14 D . . . . . 43n. 45

S. GIROLA?-10

Epistol. 60, 4, 2 .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39n. 1 4 De vir il/., 67 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .... . 57

GIUSTINO

Dia/. c. Tryph. l, 3 . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29 4-5 . . . . . . . . . . . . . . . 3 In. 38

II, 3 . . . . . . . . . . . . . . . . . 29 II, 4 .................... 29, 413n. 2 II, 6 . . . . . . . . . . . . . . . . . 29 III, 1 . . . . . . . . . . . . . . . . 29, 65n. l VII, 1-2 . . . . . . . . . . . 32n. 44 VIII, 2. . . . . . . . . . . . . 3 1 XX, 1 . . . . . . . . . . . ... 29 xx, 29 . . . . . . . . . . . . 29

S. lLDEGARDA

P. I 0.28 Kaiser . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 1 9n. 12

469

lPPOLITO

Ref o. h, l, 2, 12 (7.2 W.) ........... .43n. 4 1 2, 1 8 (8.2 1 W.) ...... . . 42n. 37 2, 18 (8.22 W.) ........ 38n. 5 1 3, l ( 1 6.24 W.) ...... 44n. 48 24, 1-4 (27.24 W.) ... . 52n. 79 24, 2 (28.5 W.) ........ 53n. 86 24, 5-7 (29.2 W.) ... . . 53n. 86

IY, 28, 8-9 (5524 s. W.). 249n. 129 43, 4 (65. 12 W.) . . . . 40n .. 1 7

V, 7, 2 ss. (79.6 ss. W.) ... 3 13n. 2 1 6 7, 25 (84.14 W.) ....... 312n.212 7, 29 (85 . 18 W.) ....... 102n.77 7, 35-36 (87.18 W.) ... 3 15n. 222 7, 38 (88.12 W.) ....... 308n. I91 9, 8 (99. 1 3 W.) .......... 3 13n.216 13, 8 (109.25 W.) ..... 1 02n.80

IX, 13- 1 7 (25 1 .8 W.) .. 37n. 3 17, l (255.8-12 W.) .. 37n. 4

IsocRATE

Busiris 28 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42

GIOVANNI LIDO

De mensibus, IV, 1 04 ( 1 43 . 1 4 Wuensch) 38 In. 8 1

De ostentis, p . 88 ss. Wachsmuth 1 37n. 69

LUCIANO

Hermotimus l, 29 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29 Xigrinus . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29 .Yecyomantia . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . .. . . . 8 1 Philopseudes 12 . . . . . . . . . . ... . . . . . . . . . 373n. 48

34 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 66n. 6 Tragodopodagra, v. 27 1 ss . . . . . . 397n. 1 47

[Luciano]

De astrologia 3-9 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 44n. 5 1

MACROBIO

Saturnal., l, 20, 1 7 . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 1 9n. 9

MAGI ELLENIZZATI

l ) ZoROASTRo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . • . . . . . . Fr. B l , 2, t . II, pp. 7, 9 B.-C. . . . . .40n. 2 1

B 6, II, p . 1 7 B.-C . . . . . . . . . . . . . . .. . 39n. 8

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470 La rivelazione di Ermete Trismegisto - L 'astrologia e le scienze occulte

B 21 , li, p. 32 B.-C . . . . . . . . . . . . .4 ln. 26, 0R-KOLI SIBILL!Nl 387n. 1 00

III, 24-26 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 14n. 221 D l , Il, p. 63 B.-C ... . . . . . . . . . . . 43n. 4 1 D 9, II, p. 8 1 B.-C . . . .. . . . . . . . . . 63n. 1 27

0RAPOLLO S 1 2, Il, p. 1 1 8 B.-C ... . . . .. .. . 387n. 1 03 S 1 5, Il, p. 126 B.-C .. . . . . ..... 387n. 1 05 l , 36 (8 1 .4 Sbordone) . . . . . . . . . . . . . . 344n. 36 S 15, II, p. 128.9 B.-C ..... .. . 302n. 1 05 38 (85.4 Sb.) . . . . . . . . . . . . . . .......... 1 53n. 1 23 S 16, Il, p. 1 30 I l B.-C .... .. . 302n. 1 05 O 8, Il, p. 142 B.-C .. . . . . . . . . . . 63n. 1 26 0RPHICA O I l , Il, p. 1 57 B.-C .. . . . . . . . . 63n. 1 28

Orph.fr., 61 (Kem) .. . . . . . . . . . . . . . . . . 401 O 1 2, Il, p. 158 B.-C . . . . . . . . . . 63n. 1 29 O 99, Il, p. 243 B.-C . . . . 64, 307n. 1 84 20 1 , VV. 1 0-30 .. . . . . . . . . 1 1 9

2) OsTANE 247 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 402

Fr. 8b, Il, p. 271 B.-C . . . . . . . . . . . . . . 387n. 1 07 283, v. 1 - 1 0 . . . . . . . . . . . . . . 1 38

Al , II, p. 308 B.-C . . . . . . .......... 28ln. 101, 285 . . . . . . . ... . . . . . . . . . . . . . . . . .402

382 Lithika, v. l ss . . . . . . . . . . . . . .. .. .. .. .. . . . 254

A 3, II, p. 3 1 1 B.-C ............... 265n. 40, PALLADIO 279n. 89

A 3-7, Il, pp. 31 1-321 B.-C .. 268n. 49 Hist. Laus. XXXIII, l .. . . . . . . . . . . . . 49n. 65 A 4a, n, p. 3 12 B.-C ..... . . ...... 271n. 63,

385n. 88 P.>.USANIA A 6, n, p. 3 17 B.-C ............... 259n. 19,

III, 1 6, 7 (1, 704.8 H.-BI.) . . . . . . . 58n. 1 05 268 A 1 6, U, p. 336 B.-C ............. 374n. 50,

PLATONE 385n. 89 3) iSTASPE Crat., 298 d-e . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 93n. 29 Fr. 8; Il, p. 362 B.-C .. . . . . . . . . . . . . . . 62n. 1 1 8 407 e ss . . .. . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . .. 93

408 c-d . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 94 M ANETO NE Critias 1 1 9 c-d . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 270n. 59

A.p. Sincello, 72. 1 6 Dindorf.. ... 97n. 5 1 Leggi, X, 888 a .. . . . . . . . . . . . . . . ....... . 408 Fedro, 267 c .... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. .408

MARCO AURELIO 274 c-275 b . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9 ln. 1 5

File bo, 15 a . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 408 IV, 3, 1 9 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 50 18 b-d .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9 1n. 1 5

66 c .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 40 1n. 1 69 MARZIALE Soph., 237 a . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .408

V, 24, 1 5 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 96n. 48 Theaet., 1 5 1 e . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .408 Tim., 2 1 e ss . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 45

NUMENIO 22 b .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .45 44 a . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ..... .. .402n. 1 73

Fr. l, p. 1 1 5. 4-5 Leemans .. . . . . . 36n. 59 p. 1 1 6. l Leemans . . . . . . . . . . 36n. 58 [Platone]

9a, p. 1 30. 8 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37n. 2 I O, p. 1 30. 22 . . . . . . . . . . . . . . . ....... 37n. l ..lx., 371 a ss . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 372n. 4 1

Epin., 987 d 9-988 a 5 .... . . . . . . . . . 25n. 22 OR--\COLI DI CLARO

Buresch, Klaros, n° IV, p. 48 ... 3 1n. 4 1 PLINIO I L VECCHIO

n° v, p. 55 ..... 28n. 3 1 , .\'.H., Il, 1 8 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30n. 36 32n. 43 V, 1 7 ....... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 50n. 7 1

VIII, 59 . . . . . . .. . . .. . . . . . . . . . . . . . . . 233

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Indici

Xl, 242 ... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5 1 XXIV, 15 1 - 159 ... . . . . . . . . . . . . 1 67n. 180 XXIV, 156 ... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 67n. 1 80 , XXIV, 1 67 ... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 233 XXV, 13 ... . . . . . . . . .............. 167n. 1 80 XXX, 9 .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 67n. 1 8 1 XXVIII, 1 12 ... .. ... .. . ... . .. .. 236 XXXVII, 1 97 .. . . . . . . . . .. . . . . . 26ln. 26 XXXVII, 20, 2 (Littré) .. 34ln. 23

PLOTINO

Enn., II, 3 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 1 7n. 5 9, l, 1 2 55 . . . • . . . . . . . . . . . . . . . 84 9, 6, l 55 . . . . . . . . . . . . . . . . . • . . . 84 9, 14, 14 55 . . . . . . . . . . . ... . .. 84 9, 14, 37 55 . . . . . . . . . . . . . . . . • 84

III, l , 3 .... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 1 7n. 3 l , 5-6 .... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 1 7n. 5 3, 6-8 .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 1 7n. 5 4, 6, 12 . . . . . . . . . . . . .. .. .. .... 359n. 72

IV, 4, 6-8 .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 1 7n. 5 4, 25-26 ... . . . . . . . . . .. ....... 1 1 7n. 5 4, 30-45 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 1 7n. 5

PLliTARCO

De def orac., 21 , p. 421 F ... .. .. 66n. 5 De facie, 26, p. 942 C. .. . . . . . . .... . 372n. 42 De fortuna, p. 98 C .. . . . . . . . .. . . . . . . . 3 1 8n. 243 fs. Os., 2, p. 351 E .... . . . . . .... .. . . . . 53n. 82

33 . . . . . . .. .. .. .... . .. . . . . . . .... .. 256n. 6 52 .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 67n. 1 1 61 .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ! Oln. 69

Quaest. Conv. , II, 7, p. 641 B .. 236 QuaesL rom. et gr., 12, p. 293 C ... 57n. 103

PoRFIRJO

De abst., Il, 37 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 l ln. 2 1 1 IV, 6-8 .. . . . . . . . . . ........... .46-49

8 .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 97n. 54 1 6 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5 !

De antro n., 5 . . . . . . . . . . . . . . . . .... .. .. .. . 5 1 Jsagoge, c. 44 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 156n. 142

c. 45 ... ...... ......... ..... . ..... 159n 151, 305n. 1 80

c. 47 ............................. 169n. 194 c. 48 ............................. 207n. 325

V Plot., 16 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 63, 308n. 1 89 V Pyth., 6 ........ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .43 ap. Procl., in Tim., l, 208.16 D ..... 39n. l O

47 1

PROCLO

Hypot., 5, l O . . .. .. .. .. .. .. .. . . . . . . . . . . . . 26n. 25 in Crat. , p. 69.4 Pasquali .... .. .. . 325n. 286 in Remp., Il, p. 154.5 Kroll ... . . . . l 63n. 170 in Tim., 3 lc . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .42n. 40 1t. T. if:p. T . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 63-166

Scholia Platonica

AdA/cib., 122 a (l00 Greene) ... 5 ln. 75

SENECA

de benef, IV, 7 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 94n. 35 Epist., 90, 33 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26 ln. 26

SENO FONTE

.\.fem., I , l , 9 ... .. . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . 27n. 26

SESTO EMPIRICO

Adv. astro/., V, 3 1 .. . . . . . . ...... .. .. .. . 305n. 1 80 Adv. phys., I, 71-74 ..... .. .... .. .. .. . 356n. 60

Stoicorum Veterum Fragmento

Il, 306. 7 Amim .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 94n. 35 3 16. 25 .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 94n. 36

III, 235 . 1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 94n. 37

STRABONE

XVI, 38, p. l 062. 26 ss. M . . . . .. 54 n. 90 39, p. I063. 15 ss . . . . . . . . 54n. 9 1 , 55

XVII , I, 46, p. 1 1 38.30 ss . . . . . . . . . 78n. 59, !O in. 68

I, 46, p. 1 1 39.6 . . . . . . . . . . . . . . . 78n. 59

TEOFRASTO

1t. ÒcrllÒ>V, c. 13 (III, p. 91 Wimmer) 4 15n. 3

Teosofia di Tubinga

P. 1 83. 7 Erbse . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .401

TERTULLIANO

Ad. Mare., l, 1 3 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39n. 9 Adv. Valentin., 1 5 ... .. .. .. .. . . . . . . . . . . I O!n. 74 De anima, 2 . . . . . . . .. . . . . . . . . . . .. . . .. . . .. . !0 ln. 73

28 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10 1

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472 La rivelazione di Ermete Trismegisto - L 'astrologia e le scienze occulte

33 ... .. . . . . . . . . . ... . . . . . . . . . I O!n. 72 Apolog., 42, 1 .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 65n. 2 De praescr. haer., 7, 9 .... .. .. .. .. .. 88n. 67

40 ..... . . . . . . . . . 300n. 1 60 de corona 7 (c. 2 1 1 ) . . . . . . . . . . . . . . . . . 243n. 9 1

TOLOI\.IEO

Syntax., VII 5-VIII 1 . . . . . . . . . . . . . . . . 200n. 3 1 O ap. Anth. Pal., IX, 577 ..... .. .. .. .. 370 Tetrab. , l, 9 . . . . . .. .. .. .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22 1 n. 347

21 , 20-2 1 (p. 49. 14 ss. Boll-Boer) 373n. 47

V ARRONE

Ap. Agostino, Civ. Dei, VII, 14 . . . . . . . . . . . . . 94n. 38 XVIII, 3 e 8 ... . . 97n. 52

VITRUVIO

IX, 6, 3 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 3 1n. 49

(2) (NSCRIPTIONES

Bull. Corr. Hell., 1 894, pp. 149- 1 5 1 .. 68n. 1 5 1 5 1- 152 .. . . . . . . 67n. I O 1 52 .. . . . . . . . . . . . . . . 67n. 1 2 1 54- 1 57 .. . . . . . . 68n. 1 5

DIITENBERGER, OG/ ... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 90. II, 1 9, 26 ...... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 92n. 1 9 90. 1 9 .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 96n. 43 l 00.2 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. .. ... 323n. 272 1 30.9 ..... .. .. .. .... .... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 93n. 25 1 3 1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 93n. 25,

96n. 4 1 1 76.5 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 96n. 42 1 78.3 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 96n. 42 202, 204, 206 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 96n. 4 1 208 ... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 93n. 26,

96n. 41 660.2 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 322n. 270

7 16. 1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 96n. 46

DIITENBERGER, Syl/oge1 669 .... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .......... 356n. 62 8 14.8 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 296n. !52

Harvard Theological Review, XXVII ( 1 934), 1 00- 1 02 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 70

Inscriptions de Délos, 21 05 ..... 364n. 8

M-\NIDJFFEL, de opusc. gr. Aegwti ... collectis, 198 ... .. .. . . . . . .. .. .. ... .. .. .. .. .. . 68n. 1 5, 68-70

.\Jon . .-l.siae .1/inoris Antiqua, VI, 335, n° 3 1 5 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ..... 325n. 28 1

Rev. Ét. Gr. , 1 894, 284-29 1 ... . . 68-70 29 1 -292 .... . 67n. 1 2

(3) PAPYRI

P Ho/m. a l-20 .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 267n. 44 a 1 3 (p. 3) .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 260n. 25 o25-26 (p. 8) . . . . . ....... . . . . . . . . . . . . . . . 258n. 14 o 41-42 (p. 8) .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 258n. 14 E l -2 (p. 9) .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 258n. 14 � 28 (p. 28) . . . . . . . . . . . .. .. .. . . . . . . . . . . . . . 259n. 1 7 Ka l (p. 32) ... .. . . . .... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 260n. 23 ICij/ 26-27 (p. 36) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 258n. 14 K'O 1 9 (p. 3 7) ............................. 260n. 23

P Leid. X 3, IO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 258n. 14 6, 25 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 258n. 14 8 , 1 7 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 258n. 14 IO, 9 .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 259n. 1 7 I l , 25-26 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 258n. 14 I l , 4 1 .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 258n. 14 1 2, l . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. .. ..... .. .. .. ....... . 258n. 14

P Lond. III, p . 163, 5 . . . . . . . . . . . . . . . 92n. 24

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Indici

p Oxyrh. Il, 235 ........... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 122n. 19 IV, 804... ... . . . . . ......... : . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 22n. 1 9 Xl, 1380, col. v, 1 03 .. . . . . . . . . . . . . . . 28n. 28

1 38 1 ............ . . . . . . . . . ... . . . .. . ..... 73n. 43

P Salt (= CCAG. VIII, 4, p. 95) 1 30

PSI., X, 3 1 62 ... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 300n. 160

MANlEuFFa, de opu.sc. gr. Aegypti .. . collectis 86 ss . . .. .. .. . ...... .. .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 73-76 99 ss . ...... .. .. .. .. .. . . . . . . . . . . . . .... . .. .. .. . 365n. 1 2 1 06, fr. 3 ... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 373n. 43 1 1 2- 1 1 6 .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 76-77

WILCKEN, Chrestomathie n° 1 5 .. . . . .... . . . . . . . . . . . . .................... 92n. 23

l A

473

68, 3-5 ... . ... . . . . . .. .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . 96n. 4 1 76, 1 . 1 2 ss . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ... . . . . 300n. 160 77, 9 .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . 96n. 41 85, I l ......... . . .. .. .. . . .. ... .. .... .. ... 96n. 4 1 86, 8 .. . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 96n. 41 87 48n .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 64

92, 5, 7 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 96n. 4 1 93 96n . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .4 1 102, 3-4 .... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 96n. 4 1 1 09, 6 .. . . . . . . . . . . ..... .. . ........ .. .. .. 96n. 44 1 1 6 . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . ...... 68n. 1 4 1 2 1 ... . . . . . . . . . . . . . . . . . .. .. .. ... .. . . . . . .. 96n. 41 122 ... . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . 96n. 4 1

WILCKEN, L'PZ., t. I no 77, col. II, 1 1 .22-3 1 .... .. .. .. .. . 72

78, 1 1 .22-24 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 72 8 1 ... . . . . . . . . . . . .. .. ..... . . . . . . . . . . . . . . . . 76-77

AslROLOGIA

CCAG. · I, 39 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 36n. 67

8!-82 ... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 94n. 295 82.8 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 33n. 6 1 82.33 ss . ............. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 94- 1 95 84. 14 .... . .. .... .. .. .. . ..... .. .. .. . .. .. .. . 1 3 l n. 53 128.3- 12 .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 35n. 67 (n° 3) 1 54. 1 7 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 33n. 6 1

III, 9 .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ........ 1 36n. 67 IV, pp. 39-46 .. . . . . . . . . . . . .. .. .. .. . .. .. .. 223n. 5

8 1 . 1 ss .. .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ........ l 33n. 58 8 1 . 1-2 . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . IOOn. 67 1 2 1 - 122 .... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 380 !24 . . . . . . . . . . . . . ...... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 3 1n. 46 134- 136 .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 78n. 23 1 135 .. . . . . . . . . . . . . . . . . . .. .. .. .. .. .. .. . . . . . 1 8 1 146 ... . . . . . . . . . . . . . ... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 307n. 1 85 154 ..... .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. .. ..... .. . 1 3 l n . 46

V, l , 3-4 ... . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 223n. 8 42 .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 36n. 67 43 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 36n. 67 75 ....... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. .. .. . . . 1 32n. 57 85 ss . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. .. .. .. .. .. . 1 33n. 62 98.8, l O .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. .. . 1 34n. 63 !00.7 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ............. 1 34n. 63 1 00. 14- 1 0 1 . 1 5 .. . . . . . . . . . . . . . . . 1 34n. 63

102. 1 0 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 35n. 64 1 02. 10- 1 1 .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 34n. 65,

1 35n. 67 (n° 20) 1 02. 13 ... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 34n. 66 140 .... .. .. .. .. ... .. .. .. ... . . . . . . .. .. . 388n. 1 1 6 142-1 44 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 3 1 n. 5 1 144 ss . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . l 94n. 294 146.35 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. 1 94n. 294 149.27 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 3 l n. 52 1 88.23 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 3 ln. 47,

1 32n. 56 1 94 ss . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . l 22n. 1 7 1 94-226 .... .. . . . . . .. .. . . . . . . . . . . . . . 1 48n. 1 09 204. 17 ss . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. .. .. .. l 22n. 17,

1 3 ln. 46 209.2 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 32n. 55

3, 58 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ! 39n. 82 63 .. . . . . IOOn. 67, ! 33n. 58, 140n. 87,

1 94n. 295 76-78 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 381

4, 1 66- 167 .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 56n. 142 177 ... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . 1 33n. 6 1 2 16.24-2 1 7.4 ....... . . . . . . . . . . . . 1 56n. 142

VI, 39 .. . . . . . . . . . . . .. .. .. . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . 1 36n. 67 56, f. 294 .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 380 73 ... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 70n. 198,

1 72n. 205

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474 La rivelazione di Ermete Trismegisto - L 'astrologia e le scienze occulte

74 ............. ................................ 1 70n. 199, 1 72n. 205

79 .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. .. .. ..... 1 36n. 67, 1 39n. 8 1

83. 1 6-84.20 ..... . . . . . . ... .. . . . . . . . . 1 78n. 23 1 VII, 59, f. !57 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 373n. 45,

379n. 76 87 .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 388n. I l i 1 29- 1 5 1 .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 99n. 60 160 ..... .. .. .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 381 163- 167 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 244n. 94 1 6 1 .2 55 .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 38ln. 80 1 67- 1 7 1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 38- 139 175 55 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 395 1 86- 1 90 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 381 226 55 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ........ 137 232-233 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 174- 175 233-236 ... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 78n. 232 246 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30ln. 166

VIII, l, 20-63 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 224n. I l 26, f. 32 .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 380-38 1 27 .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 72n. 205 1 39 ... .. . .. . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . 1 35n. 67

(n° 12), 1 75- 1 76 1 72- 1 77 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 135n. 67

(n° 4 ), 1 39n. 79 1 87- 193 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13 1n. 50,

1 87n. 282, 188- 1 90, 190- 1 93 1 90.3 1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 3 1 n. 50 265.8 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 20n. 1 5

2, 87. 1 -2 ... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 99n. 6 1 143- 1 65 ... .. .. . 327n. 296, 393-395 159.8 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 77n. 229 1 59- 1 62 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 76- 177 162. 19-165.24 ............... 184n. 264,

1 84- 1 85 1 63.3 1 - 164.8 . . . . . . . . . . . . . . 1 85n. 270 1 65.6-22 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 85n. 271 167.3 55 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 252-253,

373n. 48 1 67- 1 7 1 ............................. 1 87n. 282,

1 88- 1 90, 190- 1 9 1 3 , 32-43 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 224n. 22

92.8 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 296n. 1 52 93.8-9 .... .. .. . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 30n. 4 1 I O I . l 6 55 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 33n. 60 120 55 . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 387-388 1 26- 1 27. 1 0 . . . . . . . . . . . . . . . . . 382 1 27. 1 1 - 1 28 .. . . . . . . . . . . . . . . .382 134 55 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 77-80 1 35. 1 7 ... .. .. . . . . . . . . . . . . . . . . . 398n. ! 55

1 35.29-30 .... .. .. .. .. .. .. .. . 364n. 6 1 36.27 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37ln. 35 1 37. 14 55 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 366n. 18,

4 1 6 1 39 55 . . . . . . . . . . . . . . . . . 135n. 67 (n° 12) 1 39. 1 -8 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 75 139.8-1 3 .. . . . . . . . .. .. . . . . . . . . 175n. 2 17 1 39. 14- 1 4 1 .9 . . . . . . . . . . . . . . 1 76n. 222 1 39. 14- 1 5 1 . 1 5 . . . . . . . . . . . . 1 76n. 2 1 8 1 53. 1 - 1 59. 1 8 . . . . . . . . . . . . . . 1 35n. 67

(n° 14), 1 82n. 252, 1 8 1 - 184 1 59. 1 9- 165 . 1 0 . . . . . . . . . . . . 1 78n. 232 1 59.20 55 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 79- 180 1 90.20 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 33n. 59

4, 7-8 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 224n. 23 1 9 154n . .. . . . . . . . . . . 1 27, 224n. 1 7 65-68 .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 224n. 1 8 80 224n . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2 1 95 1 30n . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .45 l 05. 1 -9 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 244n. 94,

270n. 55 l 05.4 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 373n. 44 1 1 7 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 40n. 84 126 55 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 133n. 60 127- 174 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 35n. 67

(n° 1 3), 140 170 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 7 ln. 200 1 74- 1 82 .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 48n. 1 09 252. 14 55 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 325n. 286 258. 1 8-259.29 ............... 174n. 209,

176n. 2 1 8 259.30-260.29 . . . . . . . . . . . . 18ln. 251,

1 8 1 - 1 84 X, 8-9 .... .... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 223n. l O

122 .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 389n. 1 1 7 Xl, l , 3-28 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 223n. l

38-4 1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 223n. 3 2, 1 39- 142 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 390-393

1 52. 1 5 55 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 380 163.23 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 380-381 1 64- 1 66 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 87n. 283

XII, 1 1 7- 1 19... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 88n. 288 126- 135 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 77n. 230 208, f. 78 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. .. 389n. 1 1 9

(APOLLONIO DI TIANA]

NAu, Patr. Syr., l, 2, pp. 1 363 55. 395n. 144

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Indici

ERMETE TRISMEGISTO

Li ber Hermetis = GUNDEL, Abh. Bay. Ak., 1 936 . . . . . . . . . . . . . 1 4 1 - 1 5 1 , 1 57- 159 Libro Sacro ad Asclepio = RUELLE, Rev. Phil., XXX1l, 147 ss ... 135n. 67 (n° I l ),

1 57n. 143, 162n. 67, 169-1 74, 390 Iatromathematica Hermetis = IDELER, Phys. et med. minores, l, 387-396 ............ . . . . . . . . . . . . . . 135n. 67 (n° 6),

1 59-160, 1 62n. 168 1t. KataKÀ.i<n:ooç IDELER, l, 430-440

1 35n. 67 (n° 7), 159n. ! 52 De XV Stellis = L. DELATTE, Texles-latins, 237 ss . .. . . . . 136n. 67 (n° 22),

168n. 186, 169n. 193, 193-221 lvi, 289 DELATTE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . J70n. 1 99

fiAAUCO MATERNO

Mathesis l, I O, 14 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 346n. 41 Il , 4, 4-6 . . . . . . . . . .. . . . . . . . 1 6ln. 1 62 III, praef . . . . . . . . . . . . . . . . . l 30n. 44,

132n. 54, 1 55n. 1 3 1 l , 1 .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 55n. 1 35 l , 2 . . . . . . . . . . . . . ... . . .. . 155n. 1 34 2-4... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 55n. 1 3 1

IV, praef, 5 . . . . . . . . . . . . . 130n. 40 1 6 . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . 27ln. 65 22, l-2 . . . . . . . . . . . . . . . . 16 1n. 1 63 22, 2 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 155n. 1 33

V, 3-6 . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . 346n. 41

fLACCO AFRICO

L. Delatte, Textes Latins, 213 ss. 168n. 190, 238n. 66

213.5- 1 1 . .. .... . 1 68n. 190, 240n. 76, 376-377

[MANETONE]

V (VI), v. 4 .. , . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 3 ln. 48 v. l O . .. . . . . . .. . . . 99n. 59, 129n. 39

MANILIO

I, 25-26 . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 30 30 ... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . 1 3 1 38 ss . . ... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 378

475

44 . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 379n. 75 Il, 1 1 3 ss . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .41 6-41 7

�ECHEPSO-PETOSUUS

fr. l Riess . . . . . . . . 13 ln. 49, 366nn. 16 e 17 27-32 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 67n. 184 28 . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27 ln. 65 29 . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . ... . . . . . . . . . . . . . . . 248n. 1 2 1 37-4 1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 380 41-42 . . . . . . . .. . . . . . . . . . .. . . . . . .. . . . . . . . 1 53n. 1 25

PAOLO DI ALESSANDRIA

Eicrayooyij, K 2-4 . . . . . . . 132n. 57, 140n. 87

PoRFnuo

Isagoge (= CCAG., V, 4, 187 ss.) 20n. 7 c. 44 (V. 4, 2 1 6.24-2 1 7.4) . . . . . . 156n. 1 42 c. 45 (V, 4, 2 1 7.5-2 1 9.2 1 ) ..... . 1 5 9n. ! 5 1 c. 45 (V, 4, 2 17 . 12) . . . . . . . . . . . . . . . . . 305n. 180 c. 47 (V, 4, 221 .3) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 69n. 194 c. 48 (V, 4, 221 ) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 207n. 325

TEOFILO DI EDESSA

CCAG., V, l , 2 1 2 . . . . . . . . .. . . . . 196n. 300, 207 V, l , 2 1 4 ss . .. . . . . . . . . . . . . 2 1 5n. 335

TEUCRO DI BABILONIA

Ap. PsELLO, Paradoxa, 147.2 1 ss.

TOLOMEO

Tetrabiblos (Boii-Boer)

1 69n. 1 94

1, 3, 1 8 ( 1 6.9 ss.) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . l 53n. 1 2 1 9 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 200 e n. 3 1 1 ,

205, 2 1 2, 22 l n. 347 2 1 , 20-21 . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . 373n. 47

VETTIO VALENTE

III, 9, p. 144 . 14 Kroll . . . . . . . . . . . . . 397n. ! 5 1 Vl, praef, 24 1 . 1 4 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 366n. 1 6

24 1 . 1 6 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 366n. 1 7 242. 17 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 370n. 30 c. 7, p. 256.29 ... . 397-398n. l5 1

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476 La rivelazione di Ermete Trismegisto - L 'astrologia e le scienze occulte

I B

ALCHil\IIA

C.IJAG I, 1 7-62 . . . . . . .... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 224n. 1 5

62-68 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 224n. 1 4 1 3 1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 224n. 1 9

II, l 55 . . • . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . • • . . . . . . . . . . 224n. 24 144 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ... . 223n. 7 209 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ..... . 223n. 9

V, 3 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 223n. 2 4 . . . . . . . . . . . . . ... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 223n. 4 149 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ..... . . . . . . . . . . . 223n. I O

VI, !48- 1 5 1 .... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 63n. 1 69 VIII, 2, n° 55 . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . 308n. 1 93

CJfAL I (Man. di Parigi), 19 ...... 136n. 67, 256n. 5

ANEPIGRAFO (cfr. 279n. 90) A/eh. Gr. , 1 2 1 . 1 0 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 291n. 1 37

1 28. 1 5 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 290 1 32. 1 6 .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . 290 1 32. 17 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 250n. 1 33 1 32. 1 9 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 97n. 49 1 37. 10 . . . . . . ... . . . . . . . . . . . 29 1n . 1 37 263.3 55 . . . . . . . . . . . . . . . . . . 290 422. 1 5 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29 1 424.8 55 . . . . . . . . 97n. 50, 280-28 1 428. 1 5 55 . . . .. . . . . . . . . . . . 273 432. 1 5 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29 1

CRISTIANO

A/eh. Gr. , 404.5 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29 1 407. 1 0 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29 1 408.4 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29 1 4 1 0.6 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29 1 4 10 . 1 2 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 292

(DEMOCRITO)

A/eh. Gr. , 4 1 -53 . . . . . . . . . . 262n. 32, 262-278 4 1 .2-42.20 . . . . . . 263, 267n. 45 42. 14 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 264 42.2 1 -43.24 . . . . . . . . . . . . 263 43.20-2 1 . . . . . . . . . . . . . . . . . 272 43.22-24 . . . . . . . . . . . . . . . . . 267n. 46 43.25-46.21 . . . . . . . . . . . . 263

44.2 1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 264 46.22 55 . . . . . . . . . . . . . . . . . . 272 46.22-48.2 . . . . . . . . . . . . . . 263 46.22-48.3 . . . . . . . . . . . .. . 264 47.2 . . .... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 275 47.3 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 263 47.5 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 265 47.24-25 . . . . . . . . . . . . . . . . . 272 48.2-3 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 263 48.3 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 265 48.4-49.9 . . . . . . . . . . . . . . . . 263 48.4 55 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 276 48. 12 55 . . . . . . . . . . . . . . . . . . 276 48.22 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 276 49. 1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ... . 274n. 73 49.8 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26 1n. 265 49. 10-22 . . . . . . . . . . . . . . . . . 263 49.2 1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 272 49.22 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 276 49.22-53 . 1 1 . . . . . . . . . . . . 263 49.22 55 . . . . . . . . . . . . . . • . . . 276 50.6 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 276 50.8- 1 6 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 266n. 4 1 5 1 .4 55 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 276 5 1 .6... . . . ... .... . . . . . . . 272n. 69, 276 5 1 . 1 1 55 . . . . . . . . . • . . . . . . . . . 276-277 5 1 . 1 9 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 272n. 68 52.6-7 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 274n. 74 52.7 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 272n. 68 53. 12 - 15 . . . . . . . . . . . . . . . . . 263 53-56 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 262n. 32 53. 1 6- 17 . . . . . . . . . . . . . . . . . 264n. 35 55. 1 3 - 1 8 . . . . . . . . . . . . . . . . . 274n. 76

ERMETE TRI5MEGI5TO

l . Frammenti

l , A/eh. Gr., 1 1 5. 1 O . . . . . . . . . . . . . . . . 282 2, 272.4 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .... 282 3, '175 . 1 5 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 282 4, 2.8 1 . 1 4 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 283 5, 282 . 14 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 283 6-7, cfr. Zo5imo, n; 2-3 . . . . . . . . . . . 283 8, 1 50. 12 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 283 9, 156.4 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 283-285 IO, 1 62.3 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 285

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Indici

I l , 1 69.5 . . . . . . . . . . . . . . . ... . . . . . . . . . . . . . . . 285 12, 1 75. 1 2 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 285-286 1 3, 1 88.7 .... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .... . 286-287 13 bis, 84.20 . . . . . .... .. . . . . . . . . . . . .... . 287 1 4, 1 98.3 ..... . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . 287-288 1 5, 62.4-5 .. . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . 288 16, 72.20 . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 288 1 7, 83 .4 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 288 1 8, 89.9- 10 ..... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 288 19, 89. 1 6 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 288 20, 99. 1 2 . . . . . . . . . . . . . . ... . . . . . . . . . . . . . . . . 288 2 1 , 1 00. 1 8- 1 0 1 . 1 0 . . . . . . . . . . . . . . . . . . 288 22, l o 1 . 1 1 - 1 02.3 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 289 23, 1 25 . 10 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ... . 289-290 23 bis, 263.3 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 290 24, 128 . 1 5 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ..... . 290 25, 1 32. 1 6 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . 290 26, 422. 1 5 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 291 26 bis, 432. 1 5 . . . . . . . ... . . . . . . . . . . . . . . . 29 1 27, 404.5 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29 1 28, 407 . l 0 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29 1 28 bis, 408.4 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29 1 29, 4 1 0.6 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .... . 29 1 -292 30, 4 1 0. 1 2 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 292 3 1 , 84. 1 2 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 294 32, 20. 1 3 . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. 294 33, 28-33 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 298n. 1 56,

299 ss. ap. Zosimo, 243 . 1 3- 14 B . . . . . . .. 325n. 285

2. Li ber Hermetis de alchimia

CJfAL, l, 1 9. . . . . . . . . . . . . . . . 1 36, n. 67 (n° 26), 406n. 1 89

lside a Horus

A/eh. Gr., 28-33 .. . . . . . . . . . 298n. 1 56, 299-303

Libro di Sophe l 'Egiziano

A/eh. Gr., 2 1 1 . 1 3 . . . . . . . . . 306nn. 1 8 1 e 1 82 2 1 3 . 1 0 ss . . . . . . . . . . ...... 305 214 . 1 ss .. . . . . . . . . . . . . . . . . 295n. 1 50

OL!l\IPIODORO

A/eh. Gr., 72.20 .. . . . . . . ... .. . . . . . . . . . 288 73.2 ss . . . . . . . . . . . . . . 250-25 l n. 135 83.4 .... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 288 84. 12 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 294 85.22 ss . . .. . . . .. . . .. . . . . . 327n. 293

477

87. 1 3 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 282n. 1 04 88. 13 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 282n. 104 89.3 ss . . . . .. . . .. . . . . . . . . . . 3 1 3n. 2 1 7 89.8- 1 0 . . . . . . . . . . . . . . 288, 294-295 89. 16 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 288 9 1 . 3 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ... . 272n. 69 96.7 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 256n. 9 99. 12 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 288 100. 1 8-1 0 1 . 1 0 .. . . . . . . . . 1 55n. 1 36,

1 55-1 56, 250n. 1 34, 280, 288 1 0 1 . 1 1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 250n. 1 34 10 1 . 1 1 - 1 02.3 .. . . . . . . . 250-252, 289

SINESIO

A/eh. Gr., 57-69 .. . . . . . . . . . 262n. 32, 385n. 88 57.6 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ... . 262n. 32 57. 1 1 - 1 2 . . . . . . . . . . . . . . . . . 263 57. 1 3 ss . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27 l n. 63 57.22 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 250n. 1 34 58. 1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 250n. 1 34 62. 12 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29 ln . 1 38 68.4 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 250n. 1 34

Zosll\to

l . Praxis A, B A/eh. Gr., l 07 ss . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 250n. 1 33

1 09.2 1 . . . . . . . . . . . . . . ..... . 29 ln . 1 37 1 1 1 . 1 9 ss . . . . . . . . . . . . . . . . 250n. 1 33 1 1 5 . 14 ss . . . . . . . . . . . . . . . . 25 l n. 140

2. Sulla lettera Q A/eh. Gr., 228.7-234.2 .. . . . . . . . . . . . . 283, 307 ss.

229. 16 ss . ............... ... 64, 3 1 0-3 1 1

3 . Computo Finale A/eh. Gr., 239.3-246. 1 .............. 283, 321 ss.

244. 1 7 ss . . . . . . . . . . . . . . . . 32 ln . 26 1 , 327-328, 417

245.6-7 .... . . . . . . . . . . . . . . . 1 03n. 95 245.9 ss . . . . . . . . . . . . . . . . . . 328n. 301,

329n. 303 246. 1 7 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 329

4. Sul tra/lamento della magnesia A/eh. Gr., 1 88- 19 1 . . . . . . . . . . . . . . . . . 326n. 290

1 90. 10- 1 9 1 . 1 8 . . . . . . . 326n. 290

5. Ap. Olimpiodoro, 89.8 8247, 294-295 Ap. Sincello, p. 20 Dindorf... 297-298

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478 La rivelazione di Ermete Trismegisto - L 'astrologia e le scienze occulte

INCERTI 1 62.7 . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 277n. 82 1 66.9- 1 O .... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 285n. 1 1 8

A/eh. Gr. 1 67.2 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 328n. 302

Intr., 87-92 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 153n. 1 25 88 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . .. 380-38 1 1 27 . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . 250n. 1 33 1 32 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 294n. 1 43 1 59 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 301n. 1 66

1 67.20 ss . . . . . . .. . . . . . .. . . . . . . . 256n. 9, 273n. 7 1

1 78.3 . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . 327n. 292 1 82.7 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 296n. 1 50 1 83 . 1 , 3 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 296n. 1 50 1 83.5 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 328n. 302

Testo, 8. 1 3 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 308n. 1 93 20. 13 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 294, 329n. 303 23.8- 1 7 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 35n. 67 (n° 2),

1 54 e n. 128 25.6 ss . . . . . . .... . . . .... . . . .. ... . 275n. 78,

281n. 100, 26. 1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . 264n. 36 37.7- 12 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 266n. 42 150.4 ss . . .. . . . . . . . . . . . . .. . . . . .. 277 152.3 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 296n. 1 50 160.6 ss . . . . . . . . . . . . ... . . . ..... . 1 87n. 279 1 6 1 .8 . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 277n. 82

1 98.3 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 287-288 1 99. 1 ss . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 274n. 75 207. 1-4 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 250n. 1 33 208. 1 . . . . . . . . . . . . . . . . . ... . . . . . . . . . 265n. 39 2 1 3 . 1 8-2 1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 305n. 1 80 2 1 7 . 1 0 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 296n. 1 50 2 1 7 . 1 0- 1 1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 285n. 1 1 8 2 1 9 . 1 3 ss . . . .. . . . . . . . . . . . .. . . . . 274n. 75 25 1 .9 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29 1 n. 1 38 294. 18 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 272n. 69 35 1 . 1 1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 295n. 1 50 359.9 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27 1n. 63

I C

MAGIA

581 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 405 A. Delatte, Anecdota Graeca 582 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .405 1 65-205 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 365n. 9 583 . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .405 2 1 2-227 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 327n. 296 586 . . . . . . . . . . . . . . . . . . ... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 404 3 3 1 . 1 0, 32 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 96n. 45 592 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 404 397 ss . . . . . . . . . . . .. . . . . . . 327n. 296, 393n. 137 595 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .404 4 1 3 . 1 1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . .405 649 ss . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 327n. 296 416. 1 9 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .405 649-65 1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . 393n. 1 37 4 1 7.20 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .404 432. 15 . . . . . . . ..... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .404 PGJf 445-525 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 224n. 1 3 470 ss . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 327n. 296, l, 26 ss . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 225

393n. 137 41 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .407 493.20 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 405n. 1 87 43- 196 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 385 495.4 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . .405 73 ss . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . 225 499 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 405 96 ss . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 225 5 1 1 -547 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 365n. 9 1 30 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .407 549 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 224n. 2 1 1 88- 1 89 .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 225 549-553 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . 224n. 22 1 92 . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . .... .. . . . . . . 405 554-556 . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 224n. 23 1 96 .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 348n. 45 572 ss . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ... . . . .. 404 II, 1 8 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 250n. 1 32 572-6 12 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 223n. 6 III, 243 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 1 9n. l O 577 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 404, 405 275 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 225

Page 481: 2/ERMETISMO/La rivelazione di...Il primo volume della monumentale qua drilogia consacrata al pensiero ermetico dell'inizio della nostra era, sotto il titolo un po' provocatorio de

Indici

424 . . .. . . . . . . . . . . . . . . ... . . . . . . . . . . . . . . . 250n. 132, 377n. 70

439 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ... . 388n. 1 1 2 495 55 . . . . . • . • . . . • . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 240n. 73 503 55 . • • • . • . . . • . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 240n. 74 591-609 ... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 333

IV, 1 54-285 .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 382 475-732 .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 332, 333,

335, 354, 405 624 .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 367n. 22 725 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 368n. 24 835 . . . . . . . . . . . . . . . . . . ... . . . . . . . . . . . . . . . 225 85 1 . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 398n. 157 883 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 336 922 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . .407 1 1 1 5 - 1 1 64 . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . 348 1 1 65- 1225 .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . 348-349 1 25 1 . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . .... .407 1 3 3 1 - 1 390 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 225

. 1 598 .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . 349-350 1 605- 1 6 1 5 . . . . . . ..... . . . . . . . . . . . . . 346-34 7 1 785 .. . . . . . . . ..... ... . . . . . . . . . . . . . . . . . 344n. 36 1 873 . . . .. . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ..... .407 2006-2 138 . . . . . . . . . .... . . . . . . . . ... 382 2289 ... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 335 2359 .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . 342 2373 . . . . . . . . . ... . . . . . . . . . . . . ..... . . . . . 336 251 2 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .407 25 1 7 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .407 289 1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 225 3077 .... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 337n. 1 3

V, 5 1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 397n. 1 49 2 1 3-302 . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . 340-342 247 55 . • . . . . . . . . . . . . . . . . • . • . . . . . . . .. . . . 297n. ! 53 370-439 .... . . . .... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 343-344

VII, 1 67 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 234n. 5 1 1 68 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26 l n. 26 4 1 1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . 250n. 1 32 540 . . . . . . . .. . . . .... . . . . . . . . . . . . . . . .. . 337-338 55 1 . . . . . ... . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . 96n. 47 665-669 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 344-345 680 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . .403n. 1 79 795 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 225 862 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ... ... . . 264n. 36,

377 884 . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 225 9 19-924 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 337

VIII, 1 -63 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 338-340 41 .. . . . . . .. . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . 377

X, 978-980 . . .. . . . . . . .. . . . . . . .. . . . . . . . . . IOOn. 67 XII, 27 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .407

479

32 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .... .407 93 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .407 145 .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. .. 342 1 93 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 225 238-269 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ... . 346-34 7 35 1 55 . • . . . • . . . . . . . . . . . . . . • . . . . . . . . . 1 54n. 1 26 40 1 55 . . . . . • 259n. 1 8, 268n. 48, 270n.

56, 324n. 280 XIII, 14 . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 336

2 1 . . . . ..... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 398n. 1 55 23 55 . • . . . . . . . . . . . . . . . • . . . . . • . . . . . • 398n. ! 54 38 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 398n. 1 53 40 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 399n. ! 59 62-71 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. .. 346 1 38-2 1 3 . . ......... . . . . . . . . . . . . . . 350-352 ! 56 .... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .... 35 l n. 5 1 2 1 3 55 . . . . . . . . . . . . • . . . . . . • . . . • . . . . 397-398 2 1 4 . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 225 2 1 7 . . . . ...... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 394n. 1 39 225 . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 296n. ! 52 226 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 379 230 55 . . . . . . • . • • . . . • . . . • . . . . . . . . . • 398 233 .... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ... .407 250-252 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 86n. 276 258 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 86n. 274 270-277 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 337 277 .. . . . . . . . . . . . . . . . .... . . . . . . . . . . . 342 341 .... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ... . 399 423 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 399n. ! 59 443-567 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 352-353 487 . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . 344n. 36 555 55 . . . . . . . . . .. . .. . . . . . . . .. . . . . . 399n. ! 59 570-582 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 346 735 55 . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . 397 737 . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . 399n. ! 59 755 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .407 766-772 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 1 9n. IO 791 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 334 957-959 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 382 1 026 .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 225

XVIII b . .. . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 345 XXI, 3-7 ..... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .... . 1 19n. I O XXIV a . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . 335-336, 377

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480 La rivelazione di Ermete Trismegisto - L 'astrologia e le scienze occulte

I D

TESTI CORRETII

A/eh. Gr. 29.25 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 0 1 n. 1 63 30.7-8 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 302n. 1 68 30.20 ss . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 303n. 1 75 10 1 . 1 1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 250n. 1 34 101.12, 14, 15 ...... 25 1nn. 136 e 138 125. I O ss . . . . .. . . . . . . . . .. . 289 1 56.4 ss . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 283-285 1 88.7 ss . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 286-287 2 1 3.9- 1 5 . . . . . . . . . . . . . . . . . . 305n. 1 79 2 1 4. 1 ss . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 295n. 1 50 228. 1 5 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 309n. 1 95 228.22 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 309n. 200 229. 1 7-20 . . . . . . .. 3 1 0-3 1 1n. 207 2030. 1 2 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 1 2n. 2 1 2 23 1 . 1 4 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 1 5n. 224 232. 1 2 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 1 7n. 238 233.9 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 1 8n. 248 233 . 1 0 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 1 8n. 249 233. 16- 1 7 . . . . . . . . . . . . . . . . 3 1 9n. 25 1 233.20-21 . . . . . . . . . . . . . . . . 3 1 9n. 252 239.3-245.9 . . . . . . . . . . . . .423-428 245.9-1 0 . . . . . . . . . . . . . . . . . . 328n. 301 245. 1 1 - 1 3 . . . . . . . . . . . . . . . . 329n. 303

II

404.5 .... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 291 CC:IG., VI, 83.3-4 . . . .. . . . . . . . . . . . . 1 7 ln. 204

Xl, 2, 1 40.3 (a t.) . . . . . . 392n. 1 3 1 1 4 1 . 1 3 . . . . . . . . . . . . . 392n. 1 3 1

PGJI, IV, 589 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 356n. 6 1 V, 374 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 343n. 32

P. Oxyrh., Xl, 1 3 8 1 , 1 6 1 . . . . . . .. . 75n. 49 Oracolo del Vasaio,fr. 2, l. 4 .... 366n. 15

CHEREMONE, ap. Porfirio, de abst., p. 237. 1 3n . . . . . . . . . . . . . . . . 47n. 58

p. 238.23-239.1 N ..... . 48n. 63

ER�>!ETE TR!SMEG!STO Kyran., p. 3.6 Ruelle . . . . . . . . . . . . . . 24 1n. 80 Libro Sacro (Rev. Phil. XXXII, 247 ss.), § 2 . . . . . . . . . . . . . . . 1 7 1n. 204

GIA�muco v. pyth., 28 ( 1 46), p. 83.2D . . . . . 392n. 1 33

PROCLO ap. C.\fAG., VI, 1 5 1 . 1 6 . . . . . . . . . . 1 66n. 1 77

TERMINI GRECI E LATINI

A.Oaf.l (= � yij) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 1 3n. 2 1 7

A.Oaf.l (= avaroid), ecc.) . . . . 3 1 4-3 1 5n. 22 1 àKauc:n:rocnç - M:uKrocrtç . . . . . . . . . 285n. 1 1 8 aKoai vo&pai .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 1 8n. 245 IÌf.LtVaìoç (olvoç) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 276n. 8 1 àvatof.L� (membra sezionate) .383n. 86 liv9pro7!oç (nel l'alchimia) .... . . . 250n. 1 3 3 àvtÌf.llf.LOç oaif.LWV . . . . . . . . . . . 3 1 6-3 1 7n. 235 livw - Katw . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 285n. 1 7 à116 (= 1m6) . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . ... 324n. 276 à11oyEVEcria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. 358-359n. 72 ù11ocpopu ("Umdrehung") . . . . . . . 355n. 59 CÌPXlKÉcrt(J)p . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 391 n. 1 28 à<JKiacrtoç, licrKtoç . . . . . . . . . . . . . . . . .. 296n. 1 50 àrwi6tl]ç (� cri)) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 328n. 300 litptcrtOç, àtptcrt6ro . . . . . . . . . . . . . . . . 277n. 82 aù9ÉVtl]ç . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . l86n. 274

�UÀÀElV . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 286n. 1 23

yaÀ.T)VOV ( <JK07!lKOV) . . . . . . . . . . . . . . .433n. 2

otaswf.La . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 356n. 61 lìtopyavis&cr9at . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29 1 n. 1 38

éyypacpw &mot06vm . . . . . . . . . 322-323n. 271 &ìoroç (iniziato) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 385n. 92 &vKuplhoç . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 343n. 29,

344n. 36 fvcr<ilf.Loç, àcr<ilf.Latoç ( cppucnç)

308nn. 1 87 e 1 88 &m�ullitv . . . . . . . .. . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . 250n. 1 34 É11raçwvoç (crcpaìpa) . . . . . . . . . . . . . . . 397n. 1 5 1 EPTJf.LÌa (JÌpEJ.!ia) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 65 &ù9i.içrov (i.i9oç) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 73n. 206

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Indici 4 8 1

SCÌJOV (KOO"j.llKÒV) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25 Jn. 1 36 6crtoOÉTI]ç . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . 3 1 9nn. 25 1 e 255

ijK(J) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ... . . 267n. 47 naiç (tÉKVov, j.la8rrn'lç) . . . . . . . . . . . l 38n. 74, 403 ss.

9\Jpa aveCtJyJJ.évrl . . . . . . . . . . . . . 367-368n. 22 nepiyetot (oai1-1oveç) . . . . . . . . . . . . . . . 325n. 286 notiç(J), Katanotiç(J) . . . . . . . . . . . . ... . 328n. 302

iot6TT]ç . . . .. . . . . . ...... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 232n. 43 npocrcp(J)VÉ(J) (c. ace. rei) . . . . . . . . . 296n. ! 52 icrxtv6ç (ui6ç) .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 385n. 94 ltUpinokoç . . . . . . ... . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 356n. 62

Kci8etov (tò) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 325n. 28 1 cre�açòj.lEVot tòv 8e6v . . . . . . . . . . . . . 385n. 91 KatptKai (�acpai) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 309n. 1 96 CTr]j.lEÌOV . . . . . . . ... . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . 300n. !60 KaKÒ(J) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 60n. 1 56 crtaKn'j (t'J) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 284n. 1 1 6 KaÀ.Àiltvoç . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 340n. 22 crtacpukft . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . 291 n. 137 Kaj.ltvoypacpia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 279n. 89 crn'jkfl . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 268-269n. 5 1 KVixewv ( aì1-1a) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 287n. 1 24 cruyyÉVeta . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. 272n. 69 KO\JKOUcpaç . . . . . . . . . . . . . . . . . . ...... . . . . . . 250n. 1 32 O"Uj.lltci8eta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 1 6- 1 1 7n. 2, KupaviOeç (KotpaviOeç) ... 238-239n. 67 272n. 69, 4 1 5n. 3

Àelttoi (XP6vot) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 1 On. 204 tptcrj.lÉytcrtoç . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .... . 95-97

j.laÀtl�tj.loç . . . . . .. . . .... . . . . . . . . . . . . . . .. . . 284n. 1 1 4 cpumKòç ( 6) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 233n. 46 j.lqtcrtciv ( 6 ) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 86n. 276 cpooç, cpiiiç . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . 3 1 5n. 223 1-LEBooia . . . . . . . . . . ... . . . . . . . . . . . . . . 295-296n. !50 !p(J)to�iflç . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 356n. 64 j.lOÌpat toii 8avcitou . . . . . . . . . . . . . . . . 327n. 294 1-16voç e derivati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 65 XPclOj.lai (c. ace. rei) . . . . . . . . . . . . . . . 187n. 279

Noiiç (6) . . . . . . . . . . . ... . . . . . . . . . . . . . . .... . 3 1 6n. 23 1 (l) 308n . .. . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . 193 OOpOO"KÒltOç . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . 97n. 54

olKoç . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . 79n. 6 1 6po�oç . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . 398n. 1 55 aeolica vox . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 376n. 64 l>poç . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .... . 3 1 7n. 239 rectificare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 96n. 30 l

III

AUTORI E SCRITTI ARABI

Albategnius (Battani) 456. Al-Biruni (Biriini) 200n. 309, 220n. 346,

446nn. 6 e I O. Alchimisti arabi 255-256n. 4, 374-375,

447, 450-45 1 . A/fachim (AI-/:Iakim) 1 36n. 67, 406n. 1 89. Al-Fargani 20 l n. 3 1 3, 203n. 3 1 8, 220 e

22 1n. 347. Al-Kindi 447n. 14, 448, 452. Almagesto 20n. 5. Al- Mu'tasim 374. Al-Nairizi 20n. 4. Al-Razi (Fakhr al-din) 456n. 38.

Al-Razi (M. b. Z.) 235, 259n. 1 8, 447n. 14, 45 1n. 3 1 , 452, 457.

Apomasar (Abii Ma'shar) 1 3 1 e n . 5 1 , 1 33n. 6 1 , 1 94n. 294, 2 1 8 .

Balinas (o Ba!Iniis o Galienus = Apollonio di Tiana) 234n. 47, 374n. 55, 375n. 59, 406n. 1 89, 456-457.

Geber (Jabir) 450, 452-453, 457-458. Ghiiyat al-/:lakim (Picatrix) 79n. 6 1 , 1 1 6n.

2, 259n. 1 8, 37 ln. 34, 375n. 59, 376n. 65, 380n. 79, 450, 456, 459.

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482 La rivelazione di Ermete Trismegisto - L:astrologia e le scienze occulte

Ibn Sab'in 45 1 , 461 -462. Ibn Wabshiya 452, 453, 455, 457, 458,

459. Ikhwiin al .yafd ' 446n. 1 1 , 450, 456, 459. /stamahis (Istamakhis) 37 1n. 34, 375n.

59, 452, 455-456. /stamatis (Istamatis) 375n. 59, 452, 455-

456.

IV

Libro di Crates 375, 454-455. Libro di El-Habib 406n. 1 89.

Mashalla 1 33n. 6 1 , 1 93 ss., 1 93nn. 292 e 293, 1 94nn. 294 e 295, 1 95n. 298, 1 98, 2 1 3, 406n. 1 89.

AuTORI MoDERNI

Agrippa di Nettesheim 18 1n. 250, 202n. 3 1 6, 203nn. 3 1 7 e 3 1 8, 204, 205, 2 1 0 s.

M. Asi n Palacios 448n. 1 7, 462.

J. Babelon 300n. 1 60. G. Bardy l 03n. 96. E. Bergdolt 41 5n. 3, 458. M. Berthelot 1 1 , 97nn. 49 e 50, 1 03n. 95,

1 35n. 67 (n° 2), 153n. 125 , 1 54nn. 1 26 e 1 28, 1 1 5n. 1 36, 249nn. 1 27 e 129, 250, 250nn. 1 33 e 1 34, 25 1nn. 1 36, 1 38 e 140, 252n. 14 1 , 255n. 3, 257n. 1 0, 266 e n. 41, 268n. 48, 282, 289, 294n. 143, 301n . 1 66, 320, 328n. 30 l, 380, 452nn. 34 e 36, 454, 455, 458n. 42.

M. Berthelot-R. Duval 374n. 50, 445n. 3. M. Berthelot-0. Houdas 1 1 , 374n. 54,

375n. 60, 453, 454. C. Bezold-F. Boli 1 38n. 76. J. Bidez 1 63n. 1 69, 197n. 303, 250n. 1 34,

268n. 5 1 , 269n. 52, 3 1 0n. 207, 3 1 2n. 2 1 2, 32 l n. 26 1 , 363n. 4.

J. Bidez-F. Cumont 39n. 8, 62n. 1 1 6, 167n. 1 82, 2 1 5n. 337, 234n. 49, 237n. 64, 262n. 32, 270n. 59, 27 1n. 64, 307n. 1 84, 3 1 On. 206, 3 1 1 n. 207, 372n. 36, 382, 386n. 98.

F. Bilabel 8n. l 05, 381 n. 8 1 , 43 1 , 432, 433, 433n. 2, 434.

F. Bilabel-Ad. Grohmann 429. E. Blochet 1 1 , 79n. 6 1 , 1 1 9n. 1 1 , 1 22n.

1 7, 1 33n. 6 1 , 1 36n. 67, 1 37n. 67, 375n. 63, 376n. 64, 380n. 79, 452, 453, 454, 455, 456.

Fr. Boli 9, 99nn. 60 e 62, 1 1 5n. l, 1 38nn. 74 e 76, 144n. l 00, 1 69n. 1 94, 1 74n. 208, 1 80n. 237, 1 96n. 302, 1 97n. 303, 200 e n. 3 1 1 , 20 1n. 302, 202 e n. 3 1 6, 204 ss., 205n. 320, 206n. 32 1, 207nn. 324-326, 208nn. 328 e 329, 2 1 0 ss., 21 1n. 330, 2 1 4 e nn. 333 e 334, 2 1 5n. 338, 2 19n. 345, 244n. 94, 301n. 1 67, 307n. 185, 356n. 6 1 , 363 s., 363n. 5, 368 s., 368n. 24, 370n. 28, 372n. 37, 373n. 48, 376n. 65, 377n. 71, 378 ss., 378n. 72, 379n. 78, 383n. 84, 386n. 96, 395 e n. 144, 397n. 147, 408 e n. 193.

F. Boli-.-E. Boer 1 53n. 1 2 1 , 1 57n. 144, 1 59n. 1 55, 2 1 1 , 373n. 47.

F. Boli-C. Bezold-W. Gundel 12, 1 1 5n. l , 123nn. 20 e 2 1 , 1 24n. 22, 125n. 25, 1 3 1n. 49, 1 38n. 76, 1 52n. 120, 1 67n. 1 79, 1 7 1 n. 204, 2 1 6-2 1 7n. 339, 2 1 8n. 343, 3 1 7n. 240, 34 1n. 24, 202n. 3 1 6, 204, 2 1 1 .

A. Bouché-Leclerq I OOn. 67, 1 1 5n. l , 122n. 1 8, 1 23n. 2 1 , 125- 128, 1 29n. 36, 143n. 97, 1 52n. 120, 1 53n. 1 2 1 , 1 53-1 54n. 1 25, 1 54nn. 1 26 e 1 27, 1 56n. 1 4 1 , 1 58nn. 146 e 149, 1 60n. 1 56, 1 6 1n. 1 60, 1 97n. 303, 20 1n. 3 1 2, 299n. 1 58, 356n. 6 1 , 364n. 7, 365nn. 9 e 1 1 , 380, 381 , 391 , 397n. 1 5 1 .

W. Bousset I O, 9 1 n. 12, 3 1 3n. 2 1 6, 4 1 6. P. Boylan 89nn. 1 -3 e 5-7, 90nn. 8-1 1,

9 1 n. 1 2. C. Brockelmann 20n. 4, 454n. 37, 458,

46 1 . J. Bumet 26n. 32.

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Indici

J. Carcopino 33n. 46. R.H. Charles 3 14n. 22 1 . D.A. Chwolsohn 445n. l , 454, 456, 457. C. Clerrnont-Ganneau 1 34n. 63. M. della Corte 434. F. Cumont I l , 36n. 57, 42n. 36, 45n. 52,

47n. 60, 58n. 1 04, 1 1 5n. l , 1 1 9n. I l , 1 22nn. 1 8 e 1 9, 1 23n. 20, 1 25n. 25, 1 3 l n. 46, 140nn. 83-85, 146n. 1 07, 1 50n. 1 1 7, 1 5 l n. 1 1 8, 1 54n. 1 25, 156n. 142, 158n. 1 46, 1 59n. 1 5 1 , 1 65n. 1 74, 1 68n. 1 91 , 1 76n. 2 1 8, 1 80n. 237, 1 84n. 262, ! 86n. 276, 1 94n. 297, 207n. 327, 239n. 68, 257n. I l , 297n. 1 53, 300n. 1 60, 305n. 1 80, 3 1 3n. 2 1 6, 3 1 5n. 22 1 , 3 1 6-3 1 7n. 236, 3 1 7n. 240, 322n. 270, 323nn. 272 e 273, 336n. 1 2, 343nn. 29 e 33, 347n. 42, 354nn. 54 e 56, 356n. 60, 362n. 2, 364-365n. 8, 368n. 224, 369n. 7, :37on. 28, 372nn. 36 e 4 1 , 372-373n. 42, 373n. 44, 381-382n. 8 1 , 398n. !57, 4 1 2n. l .

J . Delambre 220-22 l n. 347. A. De latte 34nn. 49-5 1 e 53-55, 36n. 57,

96n. 45, 1 67n. 1 79, 1 68n. 1 9 1 , 1 77n. 230, 1 87nn. 280 e 28 1, 223n. 6, 365n. 9, 392 e n. 1 3 1 , 393 e nn. 1 34 e 1 37, 400n. 1 67.

L. Delatte 1 36n. 67 (n° 22), 1 68nn. 1 86 e 190, 170n. 1 99, 1 93 e nn. 290 e 291 , 202n. 3 1 6, 238n. 66, 240nn. 7 5 e 76, 24 1 n. 80, 249nn. 129 e 1 30, 375 e n. 61, 376nn. 65 e 67.

H. Delehaye 429, 430. L. Deubner 43nn. 43-45, 58n. l 04, 364n.

7, 392n. 1 33 . H . Diels 26n. 24, 38n. 6, 43n. 4 1 , 44n. 49,

1 34n. 67, 1 35n. 67 (n; 6 e 9), 1 36n. 67, 1 54n. 1 26, 167n. 1 8 1 , 255n. l , 256n. 7, 259n. 16, 26lnn. 26, 28 e 29, 264nn. 37 e 38, 265n. 40, 270 e n. 60, 271 e nn. 61 e 62, 424, 476, 477.

A. Dieterich I OOn. 67, 1 38n. 74, 336n. l l , 350n. 50, 354 e n. 52, 355n. 59, 356n. 62, 358n. 70, 359n. 70, 386n. 96, 397n. 1 48, 399n. 1 59, 407n. 1 9 1 .

C.H. Dodd I O.

483

F.J. Dolger 1 1 1n. 123, 300n. 160, 34l n. 27. F. Domseiff 307n. 1 85, 3 1 5n. 22 1 , 399n.

! 59. L. DUrr 386n. 96, 389nn. 1 20- 1 22 e 124-

125, 390n. 127.

S . Eitrem 332n. 3.

A. Faraj 447 e n. 1 5 . T. Frank 30n. 25.

R. Ganschinietz 1 69n. 1 94, 238n. 66, 241n. 8 1 , 242nn. 89 e 90, 243 e n. 9 1 , 249n. 129, 250nn. 1 30 e 1 3 1 .

J . Geffcken 28n. 27, ! O l n. 7 1 , 104 e n . 98, 1 1 7n. 5 .

H. Gossen 242n. 85. F. LI. Griffìth 99n. 57. A. Grohmann 429, 432, 433. W. Gundel 12, 1 1 5n. l, 124n. 22, 125n.

25, 1 33n. 6 1 , 1 4 1 nn. 88-90, 143nn. 93-97, 145 e nn. 1 0 1 e 1 03, 146n. 1 06, 1 49nn. 1 1 0- 1 1 3 , 1 50n. 1 1 6, 1 52n. 1 20, 1 69n. 1 94, 1 70nn. 1 98 e 1 99, 1 7 1n . 204, 1 72n. 205, 194n. 297, 2 1 8n. 342, 225n. 25, 255nn. l e 2, 256nn. 7 e 8, 265n. 40, 278nn. 84 e 86, 279nn. 93 e 94, 280n. 96, 309n. 1 96.

J. Hammer-Jensen 234n. 49, 258n. 1 5, 26 1 n. 28, 265n. 40.

Ch. H. Haskins 20nn. 4-6, 2 1 nn . 9, I l , 1 3 e 1 5, 1 93n. 293, 220n. 347, 238n. 66.

H. Haupt 238n. 66. J. Heeg 1 76n. 227, 247-248n. 1 2 1 , 393,

394n. 1 39. !.L. Heiberg 20nn. 3 e 4, 200 e n. 3 1 0,

320n. 258. Th. Hopfner 1 1 6n. 2, 1 59n. 1 53, 169n.

1 94, 1 70n. 199, 269 e n. 54, 33 ln . l , 332 e n . 3 , 338n. 14, 341 -342n. 28, 343n. 33, 344n. 38, 359n. 72, 370n. 29, 37 ln. 33, 372n. 36, 382, 385.

A.J. Hopkins 258n. 1 5 . C . Hopkins 434.

F. Jacoby 39n. 16, 92n. 1 7, 234n. 49, 270n. 59, 372n. 39.

Foakes Jackson 385n. 9 1 .

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484 La rivelazione di Ermete Trismegisto - L 'astrologia e le scienze occulte

G. de Jerphanion 434.

A. Kircher 455. P. Kraus 449n. 2 1 , 452, 456n. 38, 457,

458 e n. 42. J. Kroll l O. W. Kroll 9, I O, ! I n. 2, 6 1 n. 1 14, 99n.

62, 1 07n. 1 06, 1 30n. 40, 1 36n. 67, 140n. 84, 1 52n. 1 20, 1 63n. 1 70, 1 65n. 1 72, 1 70 e nn. 1 96 e 1 98, 1 7 1 n. 204, 234nn. 49 e 50, 248n. 1 22, 26 1n. 28, 292 e n. 1 39, 3 l l n. 2 1 1 , 3 12n. 2 12, 346n. 4 1 , 366n. 1 7, 382n. 83.

O. Lagercrantz 9, 258n. 14, 259n. 1 7, 260 e nn. 2 1 e 24, 26 1 nn. 26 e 28, 266nn. 41 e 42, 267nn. 43 e 45, 279n. 90, 280n. 98, 28 1 n. 99.

M.J. Lagrange 6 1 n. 1 1 5. Kirsopp Lake 385n. 9 1 . O . v. Lemm 429. A.J. Letronne 322n. 270. H. Lewy 37 1n. 32. E.O. v. Lippmann 255nn. l e 2, 256nn. 7 e

8, 257nn. I O e I l , 258n. 1 5 , 259n. 1 8, 262n. 32, 274n. 74, 280n. 97, 284n. 1 1 5, 285n. 1 1 7, 296n. 1 5 1 , 308n. 1 93, 309n. 1 96.

C.C. Mac Cown 327n. 296. H. Marrou 25n. 23. G. Maspero 76n. 55, 99n. 57. L. Ménard l On. l . Ad. Mieli 255n. 2. D.H. Miiller446n. I l .

C.A. Nallino 455, 456 e n. 40. M.P. N ilsson 58 n. l 03, 1 1 5n. l . A.D. Nock l O, 55 n. 95, 60n. I l O, 67n. 8,

69n. 23, 70n. 30, I l On. 1 22. Ed. Norden 1 38n. 74, 386n. 96, 40 1 e n.

1 7 1 , 408 e n. 1 92.

F. Orth 1 65n. 1 7 1 . W. Otto 9 1 n. 1 2, 1 09 e nn. 1 14 e 1 16,

1 1 0n. l 2 1 .

B.E. PeiT)· 234n. 49. Fr. Pfister I OOn. 63, 1 67n. 1 79, 1 68n.

1 85, 1 70n. 1 96, 365n. 9. Ch. Picard 93n. 27.

R. Pietschmann 89nn. 1 -3 . M. Plessner 1 36n. 67, 2 1 9n. 346, 255n. 4,

286n. 120, 375n. 59, 406n. 1 89, 455, 456 e n. 38, 457, 459.

K. Preisendanz 1 02n. 80, 1 67n. 1 8 1 , 260, 26 1 n. 28, 265n. 40, 268n. 49, 33 1 n. l , 343nn. 29 e 3 1 -32, 344n. 38, 349nn. 46 e 47, 350n. 48, 354n. 53, 355n. 57, 358n. 70, 359n. 72, 385 e n. 92, 405, 407n. 1 9 1 , 4 17.

F. Preisigke 1 1 7n. 7, 246n. 1 14. L. Preller 57-58n. l 03. H. Ch. Puech 37n. 2.

L. Radermacher 429. A. Rehm 149n. I l l , 255n. l . K. Reinhardt 1 1 6n. 2, 356n. 60, 364n. 7 . R. Reitzenstein 9, I O, 58n. 104, 9 lnn. 12 e

1 3, 93n. 28, 97n. 5 1 , l 03n. 96, l 04 e n. 97, 1 30n. 40, 1 38n. 74, 239n. 7 1 , 249n. 1 29, 256n. 6, 295n. 147, 297n. 1 53, 299n. 1 57, 300n. 1 6 1 , 302n. 1 69, 307n. 1 84, 308nn. 1 86 e 1 90, 3 1 0-3 1 1n. 207, 3 1 1nn. 208 e 2 1 1 , 3 1 2n. 2 12, -3 13n., 3 1 5n. 224, 3 1 6nn. 230 e 232, 3 1 7nn. 235 e 238, 3 1 8n. 244, 321 n. 261 , 327n. 295, 328nn. 299-30 1, 334 e nn. 4-8, 338nn. 1 4- 15 e 1 7, 349n. 46, 350nn. 48 e 50, 35 1n. 5 1 , 354n. 54, 359n. 72, 366n. 1 7, 382n. 83, 386n. 96, 394n. 140, 399n. 1 59, 403n. 1 76, 408 e nn. 194-195, 427, 429, 455.

R. Reitzenstein-H.H. Schaeder 3 1 3n. 2 1 6. 365n. 1 2, 375n. 59, 455.

E. Riess 99n. 60, 1 1 5n . l , 1 3 ln. 49, 1 53n. 125, 1 67nn. 1 8 1 e 1 84, 1 74n. 208, 248n. 1 2 1 , 255n. l, 27 ln . 65, 279n. 92, 338n. 16, 366n. 1 7, 380, 381 n. 80.

H. Ritter 79n. 6 1 , 1 1 6n . 2, 259n. 1 8, 375n. 59, 376n. 65, 380n. 79, 450, 456, 459.

G. Roeder 89nn. l , 5 e 7, 90nn. 9 e I l . 1 53n. 1 24.

J. Rohr I O l n . 75, 1 1 6n. 2, 232nn. 43 e 45. 233n. 46, 272n. 69, 4 15n. 3.

W.H. Roscher 89n. l . P. Roussel 364-365n. 8. Ad. Rusch 89nn. 1 -3 e 5-7, 90nn. 9 e I l ,

9 1 n. 1 4. J. Ruska I l , 169n. 1 94, 2 13n. 33 1 , 2 15n.

338, 2 1 9n. 346, 255-256n. 4, 259n. 18. 281n. 99, 282n. 1 05, 284nn. 1 1 2 e 1 16,

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Indici

285, 286nn. l l 9, 1 20 e 123, 287 e n. l28, 292n. 141 , 307n. 184, 309nn. 1% e 200, 3 12n. 2 12, 3 17nn. 236 e 241, 3 19nn. 250 e 254, 320 e nn. 257 e 259-260, 32ln. 261, 34l n. 23, 363n. 5, 374n. 55, 376n. 65, 406n. 189, 450 e n. 28, 451 e n. 3 1 , 452, 454 e n. 37, 455, 457, 458, 460.

F. Sbordone 1 53nn. 1 23 e 124, 324n. 280, 380n. 79.

H.H. Schaeder 2 1 9n. 346. Th. Scherrnann 433. W. Schrnid 476. W. Schrnid-0. Stll.hlin 2 l n. 1 6, 99n. 59,

!03n. 96, 365n. 9. C. Schrnidt 308n. 1 89. K.F.W. Schrnidt 75n. 50. Ed. Schwartz 39n. 16, 386n. 96. W. Scott I O, 1 37n. 67, 2 1 9n. 346, 24 ln .

80, 294n. 1 42, 295n. 1 46, 297n. 1 54, 298n. 1 56, 30lnn. 1 62 e 1 64, 307n. 1 84, 308nn. 1 86 e 1 89, 309nn. 1 95 e 200, 3 1 Onn. 203 e 207, 3 l ln. 208, 3 1 2n. 2 1 2, 3 1 3n. 2 1 7, 3 1 4n. 2 1 8, 3 17n. 24 1, 3 1 8n. 248, 3 1 9nn. 25 1 -253, 321n . 26 1 , 327n. 295, 356n. 6 1 , 364, 378, 423, 426, 427.

D. Serruys 1 30n. 40, 238n. 66, 247n. 1 1 6. Ch. Singer 26n. 24, 1 67n. 1 79, 230n. 40. D. W. Singer 1 93n. 290, 256n. 5. F. Skutsch 1 30n. 40, 346n. 4 1 . A. Sprenger 446n. 5, 462. V. Stegemann 1 33n. 6 1 . M . Steinschneider 1 33n. 6 1 , 255n. 4. Ed. Stemplinger 1 1 5n. l , 1 1 6- 1 17n. 2,

1 52n. 1 20, 1 57n. 144.

v

B. Strauss 455. E. Strong 22n. 19 . K. Sudhoff 1 52n. 1 20, 460n. 43. H. Suter 193n. 293, 220n. 347.

485

Ch. Tannery 238n. 66, 390, 391 e n. 129. A.E. Taylor 36n. 60, 1 22n. 18 . L . Thomdike 133nn. 61 e 62, 134n. 63,

135n. 67 (n; 18 e 2 1 ), 136n. 67, 1 67n. 183, 168nn. l86 e 187, 177n. 230, 193nn. 290 e 293, 220n. 347, 234n. 47, 237n. 63, 238n. 66, 240nn. 76 e 77, 388n. 1 14.

J. Tkatsch 445n. 2.

L. della Vida 381 -382n. 8 1 .

Th. Weidlich 1 1 6n. 2. M. Wellmann 9, ! OOn. 64, 232n. 45,

233n. 46, 234nn. 47-50, 235nn. 52-54, 236nn. 56 e 58, 237n. 65, 238n. 66, 239nn. 67 e 68, 240n. 79, 24 ln. 82, 242n. 86, 245nn. 1 00 e 1 0 1 , 246nn. 1 08 e 1 1 3, 247n. 1 2 1 , 248 e nn. 123 e 1 24, 249nn. 1 28 e 129, 25 ln. 140, 253 e n. 1 5 1 , 260n. 24, 261 e nn. 26-29, 266n. 42, 327n. 296, 393n. 1 38.

A. Wickenhauser 365n. l O. U. v. Wilamowitz-Moellendorf 58n. l 05,

248n. 1 22. U. Wilcken 48n. 64, 68n. 14, 72nn. 37-40,

76n. 55, 92n. 23, 96nn. 4 1 -42 e 44, 300n. 1 60, 322n. 268, 364n. 8, 365n. 8.

G. Wolff325n. 286.

Th. Zahn 429, 430, 43 1 . E. Zinner 1 93n. 290.

INDICE ANALITICO'

ACHAAB (ACHARAS) L'ARATORE ... 295, Alchimia 302 e n. 1 70 - e astrologia . . .... . . . . . . . . . . . . . . . 223-225

AKMON .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 02 e n. 87 - e magia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 224-225 ALBERTO MAGNO . . . . . . . . 1 33, ! 8 ! , 23 J n. 42 - e mistica . . . . . . . . . . . 303 ss., 308-323,

3 1 2n. 2 1 2, 327-328

Questo indice include soltanto un piccolo numero di nomi e argomenti più direttamente pertinenti al mio argomento. Per il resto, vedi l ' Indice Generale (pp. 5-7) e gli altri Indici (da I a IV).

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486 La rivelazione di Ermete Trismegisto - L 'astrologia e le scienze occulte

- araba . . . . . . .... . . . 255-256n. 4, 374-375, 447, 450-45 1

(vedi III: Alchimisti arabi) - nel Medioevo . . . . . . . . . . . . . . . . . 256n. 5 - ebrea . . . . . . . . . . . . . . . 278-279, 323-325 - Adamo nell'- . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 1 4-3 1 5 Demoni nell'- . . . . . . . . . . .. . . . . . . . 325 ss. Metodi n eli'- . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 273-278 Nomi simbolici nell'-. . . . . . . 259 Papiro di -.. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 260-26 1 Scritti ermetici di - .. . . . . . . . . . 292 Settanta n eli'- . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 1 4n. 2 1 9 Tinture nell'- ... . . . . . . . . . . . . . . . . . 257-259 Tinture opportune nell'- .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 309n. 1 96, 323 ss. Terra vergine n eli' -... . . . . . . . . 3 1 3n. 2 1 7 Uovo nell'- . . . . . . . . . . . .. 328-329 e n . 303

Alchimisti (vedi I B) . . . . . . . . . . . . . Lista di - .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 280-28 1 Anepigrafo . . . . . . . . . . . . . . . 273, 274n. 75,

279n. 90, 280, 282, 289 ss. Claudiano .... . . . . . . . . . . . . . . . 264n. 36, 28 1 ,

377n. 68 Eli odoro .. . . . . . . . ... .... . . . . . . . . . . . . 1 32, 280 Giovanni di Tuthia ........... 280-281 e n. 99 Pammenes .... . . . . . . . . . . . . . . . 26 1 n. 28, 263,

265 e n. 279 Panseris .. . . . . . . . .. . . . . . . . . . . 28 1 , 283n. I lO,

288n. 1 30 Pelagio .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28 1 , 288 e n. 1 3 1 Petasio .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 62, 28 1 Phimenas . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26 1n . 28 Teosebeia .......... 279, 297, 307n. 185, 309,

3 1 9, 321 ss., 326n. 290, 328n. 299, 4 17, 454, 478

Zosimo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I l , 56n. 1 0 1 , 63, 96, 1 03 e n . 92, 1 56, 249n. 1 29, 250 e n. 1 33, 25 1 n. l 04, 256n. l 08, 258n. 1 3, 265n. 39, 272n. 69, 273 e n. 7 1 , 277n. 83, 278 e n. 85, 279 e nn. 89 e 90, 280, 28 1, 282, 283 e n. 1 1 1 , 286nn. 1 1 9 e 122, 287, 288 e n. 1 29, 290, 292 e n. 14 1 , 294, 295, 296n. 1 52, 297 e n. 1 54, 298, 302n. 1 70, 303, 304, 306 e n. 1 8 1 , 307 e n . 1 85, 308 ss., 309nn. 1 96 e 1 97, 3 1 1n. 208, 3 1 2n. 2 1 2, 3 1 3nn. 2 1 4 e 2 1 6, 3 1 4n. 2 19, 3 1 7nn. 239 e 242, 3 1 8n. 247, 320, 32 1 ss., 326n. 290, 328, 329, 4 1 7

' 423 ss., 452,

453, 458

ALESSANDRO DI MACEDONIA .. . . . . 1 68 e n. 85, 1 77, 1 8 1 e n. 246, 238n. 66,

374n. 55, 375n. 59 AMNAEL (Angelo) . . . . . . . . . . . . . . . . 299 e n. ! 59,

300, 405 ANASSIL\0 DI L.-\RISSA .. . . . . . . . . . . . 260, 261n.

28, 267n. 44 APOLLOBECHES (PIBECH10) .. . . . . . . 1 67n. 28 1 ,

233, 272n. 69, 28 1 APOLLONIO DI TIANA . . . . . . . . . . . . . . . . 30, 33, 35,

39, 4 1 , 44n. 5 1 , 45n. 54, 52, 55n. 96, 1 68, 2 1 3n. 33 1 , 234 e n. 47, 374n. 55, 376n. 66, 395 ss., 405, 406n. 1 89, 4 1 1 , 457 - (BALINAS) . . . . . . . . . . . . 234 e n. 47, 374n.

55, 375n. 59, 376n. 66, 456, 457 - (G.-\l.IENUS) . . . . . . . . . . . . . . . . . ... . .406n. 1 89

Arabi Alchimia araba . . . . . . . . . . . . . . . . . . 255-256n.

4, 374-375, 447, 450-45 1 , 452 Astrologia ........................... 193 ss., 194n.

294, 212 ss., 453-454 Ermetismo . . . . . . . . . . . . . .. 1 33n. 6 1 , 445 ss. Geroglifici tra gli - .. . . . . . . . . 380n. 79 Libro nascosto tra gli - . . . . . 375n. 59 "Pimandro" tra gli - 448n. 1 6, 457-458 Piramidi tra gli - . . . . . . . . . . . . . . . 376n. 65 Rivelazione tra gli - .... . 363n. 5, 371n.

34, 374-376, 375n. 59, 376n. 65 Talismani tra gli - ... . . . 3 75n. 63, 453 Tempio magico tra gli -.. . . 79n. 6 1 "Traditi o mystica" tra gli -406-407n. 189

ARISTOTELE . . . . . . . . . . . . . . . . . . 82-83, 84, 85-86, 225-23 1 , 274-275, 41 3-4 14, 45 1 , 456

ARPOCRAZIONE . . . . . . . . . . . .. 1 68 e n. 1 89, 1 74, 1 75, 1 77, 1 78 n. 232, 238n. 66, 239, 24 1 e nn. 83 e 85, 242 e n. 87, 243,

244 e n. 93, 246, 249 e n. 125. 375, 376, 400n. 164

AslR.U.IPSico ............................... l 02, 365n. 9 Astrologia

- e alchimia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 223-225 - e magia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 224-225 - araba . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . l l, 1 93 ss . .

1 94n. 294, 212 ss., 453-454 Apotelesmatica universale ..... 63, 127, 121!.

134, 137-139, 141, 142 Botanica astrologica ......... 56n. l O l, l 00,

1 28, 1 3 1 , 134, 167 e n. 179. 1 69 ss., 183, 41 1 , 4 17

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Indici

"Caratteri" astrologici . . . . . . . l 70n. l 99, 1 99n. 307

Cerchio di Petosiris . . . . . . ... l 53 e n. 1 25 Decani . . . . . . . . . . . . . ... . 1 4 1 - 1 42, 1 43 - 1 48,

1 57- 159, 1 69-1 74 Erborismo astrologico . . . . . . . l 84- 1 85 Fondatori dell'astrologia

Enoch . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 388n. 1 14 Seth ..... .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 388n. 1 1 4

Iatromatematica (vedi I A latromathematika) Iniziative . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 28, 1 3 9 Luoghi astrologici . . . . . . . . . . . . . 1 40 Medicina astrologica .... l 52 ss., 160-163 Melotesie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 157- 1 59 - decaniche .... . . . . . . . . . . . . . . . ... . 157- 1 59 - planetarie ......... . . . 1 20- 1 2 1 , 1 59- 1 60 - zodiacali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . l57- 158 Monomoirai .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 49 Organon di Ermete . . . .. . . . . . . l 54 Pianeti

Carattere dei - . . . . . . . . . . . . . 1 20- 1 25 Nomi dei - .. . . . . . 1 22- 123, 1 22n. 1 8 Piante dei -.. . . . . . . . . . . . . . . . . 1 77- 1 93

Piante astrologiche .. . . . . . . . . . . 1 69 ss. - delle stelle fisse . . . . . . . . . . . . . . 193-22 1 dei pianeti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 77- 1 93 del sole

Cicoria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 182- 1 83 Elioscopo ... . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 86- 1 87 Prolifica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 79- 1 8 1

- dello zodiaco . . ..... . . . . . . . . . . . 1 7 4- 177 - aetos . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I OO, 1 70 - peonia . . . . . . . . . . . . . . . . l 3 1 , 1 83-184, 1 85,

1 86- 1 87, 1 88-1 93 Pietre astrologiche . . . . . . . ..... 1 69n. 194,

2 15-220 Preghiere alle stelle . . . . . . . . . . . 225 Sfera di Democrito . . . . . . . . . . . l 54 Stelle brillanti . . . . . . . . . . 1 48- 149, 193 ss. Zodiaco .. . . . . . . . . . . . . . . . . . l 24- 125, 1 57- 159,

174- 177, 205 ss. Astrologi (vedi I A).

Ambrés . . . . . . . . . . . . ..... . . . . . . . . . .. . . 153 e n. l 24 Anonimo del 379 . . .. . . . . . . . . . . ... 1 3 1 , 1 32,

148-1 49, 206-207, 208, 2 1 0, 2 1 2, 2 1 3 l

Antioco di Atene . . . . . . . . . . . . . .... . 1 3 1 n. 46, 140, 1 4 1 , 1 94

Giuliano di Laodicea ........ 1 3 1 , 1 32 Ipparco ...... . . . . . . . . . . . . . l 40, 149, 1 50, 204

487

Panaretos .............. I OOn. 67, 132, 140 Paolo di Alessandria ..... l 32 e n. 57, 140 Retorio ...... .. .... .. .. . . . l 40, 1 4 1 n. 90, 143,

1 50, 208, 208 e n. 329, 2 1 0, 2 1 3 Salmeschoiniaka ..... 99 e n. 62, l 00, 130 Serapione di Alessandria ... 140, 141 , 149 Teofilo di Edessa . . . . . . . . . . . . . . . l 96n. 300,

207, 2 1 5n. 335 Teucro di Babilonia . . . . . . . . . . . l 69n. 1 94,

208, 455, 458 Tolomeo ...... 20, 149, 153, 1 78n. 23 1 ,

1 94, 200 ss., 207, 208, 2 10, 2 1 1 -2 1 2, 370, 373

Trasillo . . . . . . . ..... . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 40

B.-\RDESANE .................... 449 e n. 2 1 , 45Jn. 32 BoLO DI MENDE . . . . . . . . . . 62, 1 67n. 6 1 , 233,

234 e nn. 48 e 49, 235, 236, 245, 247n. 1 1 7, 253, 257, 261 e nn. 28 e 29,

262-278, 279, 293, 304, 373 BoTHRos (re dei Persiani) .......... 381 -382 e

n. 81 , 383, 384

çANAKYA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .455 Commercio con l ' India . . . . . . . . . . 264n. 38

DAMIGERONE ........... 62, 248n. J2J , 340n. 23 D.-\RDANO . . . . . . . . . . . . . . . l 67n. 1 8 1 , 233, 234 DEMOCRIT0 . . . . . . . . . . . . 4 J , 42, 44, J67n. 1 8 1 ,

26 ln. 28, 262n. 32, 274 (vedi BoLO) - (Sfera di) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 54

Egi//o Geroglifici . . . . . . . . . . . . .. . . . . .. . .. . .. . . 380n. 79 Heron (Horus) ... 296-297 e n. 153, 259 Letteratura egiziana

Racconti di Setne-Khamuas ...... 98 Libro dei Morti . . . . . . . . . . . . .. 98

Mandulis (Apollo) .... . ....... . . . 66 ss., 69-70, 356n. 6 1

Massima di Sansnos .... . . .... . 67 s. Menecheres .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 73, 76 Nectanebo .. . . . . . . . . . . . . . . .... . . ..... . 73, 76 ss. Onirocriti egiziani ... ... . . . . . . . 364-365n. 8 Pellegrinaggi in Egitto ........ 66 ss. Psammetico ... . . . . . . . . . . 244, 270, 373, 382 Sacerdoti d'Egitto - iniziatori della filosofia .... 38, 40 - maestri dei saggi greci . . . . .41-43, 45-46 Purezza di vita dei - ... .. .. . . . . .46-49 Unione a Dio dei - .... . .. .. .. . . . 53, 55-56

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488 La rivelazione di Ermete Trismegisto - L 'astrologia e le scienze occulte

Scritti greci sull'Egitto ... . . . . . l 09- 1 1 O Serapeo di Memphis ........... 72 ss. Vita solitaria in Egitto .... ..... 65-66

EMPEDOCLE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .448, 453 ENOCH . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6 1 , 1 68 e n. l 86, 1 69,

198 ss., (vedi I ( ! )) 261 s., 297-298 Ermetismo (v. I ( l ), I A, I B).

Hermes Logos . . . .. . . . . . . . . . . . . . . 90 ss. Hermes Thoth . . . . . . . . . . . . . .. . . . . 89 ss., 1 29,

1 45, 148, 1 54, 332, 335, 452 - nella magia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 335-345 Ermete Trismegisto . . . . . . . . .. . 95-97 Ermete nel Medioevo ... 1 33-134 e n. 6 1 Ermetismo popolare ed e. dotto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1 1 0-1 1 1 Ermetismo e manicheismo. 219-220n. 346 Confratemite ermetiche .. l 04-109, 1 5 1 Gnosi ermetica . . . . . . . . . . . . . . . . ..

nell 'alchimia . . . . . . . . . . . . . . . . 303 ss. nella magia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 345 ss.

Letteratura ermetica ..... . 97 ss., 129 ss., 1 34n. 67, 1 34 ss., 1 67 ss., 237 ss., 280 ss., 292-293

- araba . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .445 ss. - in Egitto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 97- 1 00 Magia ermetica . . . . . . . . . . . . . . . . . 335 ss. Organon di Ermete . . . . . . . . . . . . l 54 Poimandres (Pimander o Pimandro)

328, 448n. 16, 457, (vedi l ( l ))

Fu.cco AFRICO . . . . .. . .. . . . 168 e n. 190, 238n. 66, 240 e nn. 76 e 77, 376 (v. I A)

JSTA.SPE . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . .. . . . . . . . 9, 62, ( 05, 4 ( (

KYIUNOS (re dei Persiani) ... 240 SS., 376n. 65, 377

.11agia (vedi I C) Abraxas . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35 1n . 5 1 Cipriano il Mago . .. . . . . . . . . . . . 57ss.,429ss. Epatzono (Heptazonos) . . . . . 394n. 1 39,

397n. 1 5 1 Gnosi magica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 345 ss. Kosmopoiia di Leida . . . . . . . . 334, 346,

350-353 Magia e alchimia . . . . . . . . . . . . . . 224 - e astrologia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 224-225 Nome dalle 7 vocali . . . . . . . . . . 399n. 1 59 Preghiere magiche . . . . . . . . . . . . 346-350 Ricette d'immortalità . . . . . . . . 354-359

Sator Arepo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .434 Testamento di Adamo .... 388 e n. 1 15, 395 Thoth nella magia . . . . . . . . . . . . . 335-345 "Traditi o mystica" nella- ... 403 ss.

MAIIIIONIDE . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . 456 MANICHEO L'ANTICRISTO . . . .. . . . . . 3 1 7n. 239 MARCELLO DI SIDE.. . . . . . . . . ... . . . ... . . 248 e n. 1 22 MEJI.IBRES . . . . . . .. . . . . .. . .. 1 53n. 124, 327n. 295 .\fisteri

Giuramento di - . . . . . . . . . . . .... . 398n. 1 57 Tatuaggio nei - . . . . . . . . . . . . . . . . . 300n. 160 "Traditio" nei - .. . . . . . . . . . . . . . . .402-4 10

.\fisticismo - nell 'alchimia .. 303 ss., 307, 3 12n. 2 12,

323, 327-328 - nella magia . . . . . . . . .... 33 1 -332, 345 ss. - estatico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 365 ss. Estasi e sonno . . . .... . . . . . . . . . . . . 367n. 20 Ogdoade . . . . . . . . . . . . . 399 e nn. 1 59 e 1 60 Ricetta d' immortalità . . . . . . . . 354-359 Vita solitaria in Egitto . . . . .. 65-66

NECHEPSO (vedi I A) Necyomantia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8 1 Neopitagorismo . . . . . . . . . . . . . . . . 33-36, 4 13n. 2

0SRON . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 374, 385 0STANE . . . . . . . . . . . . . . 62, 1 02, 1 67, 233, 234,

237n. 65, 268-269, 278, 374, 382, 45 1 e n. 34

PANCR.UE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 66 PANFILO L'ERBORISTA . . . . I OO, 1 70, 236n. 6 1 PAXAt.I0 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 245 PETOSIRIS (vedi I A: Nechepso)

- (Cerchio di) ..... . . . . . . . . . . . . . . 153 e n. 125 PrrAGORA .. . . . . . . 33 ss., 37, 42-43, 1 67n. 1 80,

390-393 P1TYs (Bnos) .. . . . . . . . . . . . . ..... . 382 e n. 83, 384 PLATONE (vedi I ( l )) PLOTINO (vedi I ( ! )) POSTUJ\10 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . 395 PROCOPIO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ..453 Purezza di vita

degli Esseni e Terapeuti . . . . 50 dei Bramani.. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5 I -52 dei Magi persiani . . . . . . . . . . . . . . 50-5 1 dei sacerdoti di Egitto . . . . . . .46-49

Razionalismo greco Decadenza del -. . . . . . . . . . . 23 ss., 25n. 23

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Indici

Razionalismo di Aristotele . . . . . 82-83, 225-23 1

- di Plotino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 84 - di Socrate .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27n. 26 - e religione .. . . . . 27-33, 84-88, 4 1 3 ss. - e tecnica in Grecia . . . . . . . . . 26n. 24 Salvare i fenomeni ..... . . . . . . . 26n. 25

Rivelazione. Divinazione nella magia . . . 33 1 -332 Manti ca dei sogni.. . . . . . . . . . . . . 364n. 7 Oracoli di Clara . . . . . . . . . . . . . . . . 28, 3 1 -32 Oracolo del Vasaio . . . . . . . . 365-366, 373 Porta del cielo . . . . . . . . . . . . . . . 367-368n. 22 Rivelazione di Elchasai" . . . . 37, 6 1 - d'Iside a Horus . . . . . . . . . . . . . . . 294-303 - di Ostane . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 268-269 - in estasi .. . . . . . . . ... . . . . . . . . . . . . . . 365-370 - mediante un angelo . . . . . . . . 299 ss. - tra gli Arabi . . . . . . . . . 363n. 5, 37 ln. 34,

374-375, 375n. 59, 376n. 65 Scienza per rivelazione .... 27 ss., 80 ss.,

4 16 ss. Scoperta della stele ...... 270n. 59, 372 ss.

RoBOAMO . . . . . . . . . . . . 168, 1 84, 389, 393-395

Saggezza orientale . . . . . . . . . . . . . . . . . 38 ss. Bramani

- iniziatori della filosofia ... .41 - maestri dei saggi greci .... .43, 45-46 Purezza di vita dei - .. . . . . . . . . 5 1 -52 Unione a Dio dei - . . . . . . . . . . . 53-54, 55

Magi di Persia - iniziatori della filosofia .... 38-41 - maestri dei saggi greci .... .42-44 Purezza di vita dei - ........... 50-5 1 Unione a Dio dei - ............. 53, 55 (Vedi anche Egitto)

S . .u.OMONE . . . . . . . . . . . 56n. 1 0 1 , 60, 88, 1 05, 146n. 1 07, 1 67n. 1 8 1 , 168 e n. 1 87,

1 74, 1 76- 1 77, 1 84-1 87, 224, 23 1 , l 237 e n. 65, 238n. 66, 248n. 1 24,

327 e n. 296, 336, 393-395, 404, 405, 4 1 1

Scienze occulte Macrocosmo-microcosmo .. 1 1 8- 12 1 ,

1 54- 1 60 Metodo nelle scienze occulte .......................... 23 1-234, 4 12 ss. "Mirabilia" ....... ............. 1 1 6n. 2, 231 ss.

489

Simpatia universale . . . . 1 1 5-1 2 1 , 1 1 6n. 2, 153-1 57, 162-166, 274-277,

4 14 ss., 4 1 5n. 3 Virtù occulte ... . . 23 1 ss., 413 ss., 4 15n. 3 (vedi II iòlÒnjç, qrocrucéç)

Scritti scientifici nel n sec . .. . . . . . 20-2 1 SOCRATE .... . . . . . . . . . . . 27n. 26, 28, 36, 93, 274,

408, 45 1

TELAUGE ..................... . . . . . . . . . .... 385, 390-393 T ESSALO DI TR..U.LE ..................... 77-8 1 , 8 1 n.

63, 1 00, 1 68, 1 74, 1 75, 177, 1 8 1 - 182, 185, 238n. 66, 269, 332, 336, 36 1 -362, 363n. 4, 364, 365, 366, 370,

37 1 , 403, 4 16, 4 17 Traduzioni arabe . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . 20-21 Traduzioni latine nel Medioevo .. . . . . . . 20-2 1

L"nione a Dio - dei Bramani . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 53-55 - dei Magi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 53, 55 - dei sacerdoti d i Egitto . . . . 53, 55-56

Visioni divine . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 65 ss., 361 ss. Aretalogia d'Imouthes . . . . . . 73-76 Sogno di Nectanebo . . . . . .... . 76-77 Visione di Asclepio . . . . . . . . . . . 77-80 - di Helios . . . . . . . . . . . .. . . . . . . . . . . . . 356 ss. - di Mandulis . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 66 ss. - in estasi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 365-370 - oracolare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 81 ss.

Visioni nel Serapeo . . . . .. . . . . . . . . . . 72

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ADDENDA

P. 27 1 , /. 10. Niente sfuggiva a Usener. Soffermandosi, in un articolo di Rh. M (XXXVI, 1 87 1 , 1 55 ss. = Kl. Schr. , II, 250 ss.) su uno scolio luca­niano (ad Luc. II 2 = Commenta Lucani, p. 484): Quod antiquissimus poeta ad.firmat dicens "natura naturam vincit et dii deos", Io ha già avvicinato alla nostra formula alchemica, e ha dimostrato che la fonte è Nechepso, secondo Firmico Materno, Math. , IV 16 si c et Necepso Aegyptii iustissimus imperator, optimus quoque astronomus per ipsos decanos omnia vitia va­letudinesque collegi!, ostendens quam valetudinem quis decanus efficeret, quia una natura ab alia vincitur unusque deus ab altero, ex contrariis ideo naturis contrariisque potestatibus omnium aegritudinum medelas divinae rationis magisteriis adinvenit. Si spiega che lo scoliaste faccia di Nechepso un antiquissimus poeta, poiché questo re d'Egitto era ritenuto aver vissuto in un'antichità favolosa: poeta Io designerebbe come 7totT]n'Jç = "facitore d'oro". Usener cita altri impieghi della medesima formula, nella magia, per esempio in Marcello (ap. J. GRIMM, Kleinere Schriften, II 1 43) venenum veneno vincitur, e nella gnosi, v. g. Acta Thomae, p. 7 1 . 8 Bonnet <pélpJ.HlKU l:n:pa òtaÀ.UEtv oiòamv ÉLEpa <pélpJlaKa.

P. 280, l. 8: Stefano di Alessandria. - Su questo filosofo, commentatore di Platone e Aristotele (su de cae/o, de interpreta/ione), inoltre matematico e astronomo, cfr. l'importante studio di H . U SENER, De Stephano Alexandri­no (Diss. Bonn, 1 880) = Kl. Schr. , III, pp. 247-322. Usener critica l' attribu­zione a Stefano delle nove Lectiones Chemicae edite da L. loELER, Phys. et med. Graec. min. , Il, 1 99 ss., come anche gli toglie l' opusculum apoteles­maticum che gli attribuiscono taluni MSS. (cfr. Usener, op. cit. , 254-257 = scritti di alchimia, 257 ss. = scritto astrologico, edito ivi, 266 ss.).

P. 342: Ricette con figurina di Thoth-Hermes. - Cfr. Apuleio, Apologia, c. 6 1 -65 con il commento di P. V ALETTE, L 'Apologie d'Apulée (Paris 1 908), pp. 3 1 O ss., che riconosce in questa statuetta un "oggetto magico", che "ser­viva con l'aiuto di preghiere che erano veri e propri incantesimi" (op. cit. , p. 3 16). Valette assimila il Mercurio di Apuleio a Ermete Trismegisto (p. 3 12) e osserva giustamente che la statuetta era in legno di ebano, Apol. c. 6 1 , cfr. V ALETTE, op. cit. , p. 3 1 7 e, ancora qui, p. 338 s., n. 1 9. - F.J. DOLGER,

Antike u. Christentum, IV ( 1 933), pp. 67-72, 277-279, raffronta il modo in

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492 La rivelazione di Ermete Trismegisto - L 'astrologia e le scienze occulte

cui Apuleio porta sempre con sé una statuetta di Hermes con l' indossare un' immagine divina, a mo' di amuleto, per proteggersi in viaggio.

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AGGIUNTE E CORREZIONI DELLA SECONDA EDIZIONE

P. 1 9. Sul declino del razionalismo, vedi alcune belle osservazioni di F.-W. W ALBANK, The Causes ofGreek Decline, J H el/. St. , LXIV, 1 944, l O ss., in particolare 1 4 ss.

P. 27, n. 26. Non capisco la controversia cui mi mette alla prova B. FARRINGTON (J He/1. St. , LXV, 1 33) a proposito di Senofonte, Mem. I, l , 9. Farrington osserva: "The topi c under discussion is the attitude of Socrates to the practice of consulting oracles, an d we are told that Socrates thought it improper to consult an oracle about a technique within the range of man's competence to acquire, but quite proper to do so with regard to the outcome, which is beyond man's contro!. It is wrong to ask an oracle how to build a house or manage a farm, right to ask if the house will be struck by lightning or the farm be ravaged by storm. This is the clear sense of the passage. The whole context remains within the sphere of practical affairs [ . . . ] . The Xenophontic passage, in fact, while it contains no reference to scientific research, does contain a reminder that exactness in science is the product of practice and not ofcontemplation." Sicuramente, e siamo d'accordo. Ma basta rileggere la mia frase: "0, infine, si poteva rinunciare una volta per tutte agli sforzi della ragione per affidarsi esclusivamente alle ispirazioni soprannaturali e attendere da una rivelazione divina ciò che in precedenza si otteneva dal paziente lavoro di ricerca", e si constata che ho citato questo testo (n. 26) per stabilire un'opposizione non tra pratica sperimentale e speculazioni teoriche nella scienza, ma tra attività umana razionale e ricorso a un oracolo per ottenere un certo fine. Tessalo, per ottenere la sua pillola, si rivolge ad Asclepio: Socrate l 'avrebbe cercata nel suo laboratorio con l 'aiuto di calcoli, misure e pesi. Il testo citato non potrebbe essere il più adatto.

P. 30, n . 37 . "Eine Ausnahme von der Ausnahme ist Lucrez" (P. Maas, lettera, 1 8 maggio 1 94 7).

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494 La rivelazione di Ermete Trismegisto - L 'astrologia e le scienze occulte

P. 3 1 , l. 25. Leggi "in autunno il grazioso lacco". P. Maas (op. cit. ) mi ha in effetti convinto che occorre adottare la correzione di Ian a�pòv "laKxov: "Der Dionysos dieser Zeit ist der typische a�p6ç und der typische Herbst; und in der Variante des Orakels steht Dionysos".

P. 33 , n. 47. Sull'evoluzione della leggenda di Pitagora, cfr. sem­pre l'eccellente articolo di RoHDE, Die Quellen des Iamblichus in seiner Biographie des Pythagoras, Rh. M., XXVI, 1 87 1 , 554 ss., XXVII, 1 872, 23 ss. = Kl. Schriften (Tiibingen 190 l ), II, l 02- 1 72, in particolare l 02- 1 1 3 .

P. 44, n. 5 1 . "L'accostamento di Etiopi e Indiani, essendo i pri­mi, a detta di Apollonia di Tiana, una colonia dei secondi, può ri­posare su una realtà. Il regime dei monsoni, la cui conoscenza in Occidente dal I secolo d.C., ha permesso lo stabilimento di rapide e regolari relazioni marittime del l 'Impero Romano con l'India, è stato necessariamente conosciuto da molto tempo dai rivieraschi dell 'O­ceano Indiano, donde la facil ità d' importazione antica, in Etiopia e nell 'Alto Egitto, d' idee e pratiche indiane" (J. FILLIOZAT, J. As. , 234, 1 943/5, 3 52).

P. 45, n. 53. "I colloqui tra saggi costituiscono un genere letterario antico e diffusissimo. I dialoghi delle Upani.$ad (che spesso si svol­gono tra un re e un saggio) e quelli che riempiono i testi canonici buddhisti sono innumerevoli. È secondo essi, piuttosto che nella ma­niera di scritti greci simi lari, che è stato composto i l Milindapafiha pali" (J. Filliozat).

P. 56, l. 27/28 . "Il prestigio dell ' India non è deri v�to dal fatto che era ' i l paradiso dei fachiri ' (leggi : yogin) ma anche dal fatto che possedeva scienze e filosofie molto sviluppate e soprattutto perché forniva i più numerosi e più sorprendenti esempi della vita eremi­tica e monacale. Questi esempi erano conosciuti in Occidente, cfr. in particolare Tertulliano, citato in p. 65, n. 2; essi contribuiscono a spiegare la ricerca della vita ritirata di cui si parla in p. 49 e p. 50" (J. Fill iozat).

P. 57-58 . Sull ' inizio, qui riassunto (''Fin dalla sua più tenera in­fanzia [ . . . ]"), della Confessio Cypriani, vedi ora l'eccellente articolo di M.P. NILSSON, Greek Mysteries in the Confession of St. Cyprian, Harv. Theol. Rev. , XL, 1 947, 1 67- 1 76.

P. 94, l . 3 : "Fantasie di un umorista" è senza dubbio esagerato, cfr. G. DAux , Rev. Ét. Gr. , 1 940, 1 20- 1 2 1 .

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Aggiunte e correzioni della seconda edizione 495

P. 95, l . 3 1 . Per 'tptcrjlÉytcn:oç, occorre forse ricordare anche il va­lore religioso del numero tre, per esempio in Grecia, cfr. E. RHonE, Psyché, trad. fr. p. 1 44, n. 2 e p. 547, n. 3 (G. DAux, Rev. Philol. 1 948, 1 80).

P. 99, n. 59. Vedi anche P.W., XVI, 2 1 60-2 1 67, s.v. Nechepso (Kroll), in particolare, per la data, 2 1 63, 5 1 ss.

Pp. l 04 ss. In un articolo sui papiri gnostici copti recentemen­te scoperti, Vigiliae Christianae, III, 1 949, pp. 1 29 ss., J. Doresse scrive (p. 1 37) a proposito della versione copta di cinque trattati ermetici (tra cui l'Asclepio) contenuti nel IX Volume: "Ritrovamen­to enormemente più fondamentale di quello delle redazioni copte di queste opere mescolate con l' insieme omogeneo degli altri trat­tati gnostici, perché era ammesso che l 'ermetismo, specificamente greco, non aveva legami profondi con i l pensiero egiziano o con la gnosi orientale, e che inoltre i testi ermetici non sarebbero mai stati usati come libri religiosi". Quante confusioni e inesattezze. Se, nella seconda parte della frase ("e che inoltre [ . . . ]"), mi si fa l 'onore di prendere di mira questo lavoro, io non ho affatto detto che "i testi ermetici non sono mai stati usati come libri religiosi'' (la sottoli­neatura è mia) perché sarebbe stata, ovviamente, un'assurdità. Al contrario, già nel 1942 ( ap. Rev. Ég. Gr. , riprodotto Rév. H. Tr. , II, pp. 28 ss.), cercando di definire i l logos ermetico d' insegnamento, lo definivo come l ' istruzione che un padre (spirituale), nel suo pri­vato, dà ai suoi figli spirituali . E parlavo di atmosfera da cappella, da santo dei santi. Ma ho anche detto, e dato per ciò delle ragioni per cui l ' insieme di questi scritti non poteva essere assolutamente collegato a una Chiesa ermetica (vol. I, l 04 ), né considerarli come le "liturgie" di una confraternita di mystes (i vi, l 07). In che modo la scoperta di testi ermetici copti in una giara dell'Egitto ( V. C h., p. 1 30) invalida questo giudizio? Essa dimostra semplicemente che alcuni circoli copti erano appassionati di ermetismo. I papiri magici ce l'avevano già insegnato. Inoltre, quando Doresse scrive (p. 1 38): "Così i preziosi testi ermetici i l cui impiego come libri sacri da parte degli gnostici sarà, per alcuni, una sorpresa", parla seriamente? Cre­de di insegnare agli specialisti l' esistenza dei viri novi di Amobio? Lo si rinvia al Mémorial Lagrange ( 1 940). E in quale senso sta uti­lizzando la parola "sacro"? I testi ermetici sono evidentemente sacri per tutti i lettori pagani che considerano il Trismegisto come un dio.

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496 La rivelazione di Ermete Trismegisto - L 'astrologia e le scienze occulte

Intende dire che questi logoi abbiano costituito la B ibbia di una set­ta? Bisogna ancora distinguere. C iò che mi sembrava improbabile, e che credo ancora così, è che gli scritti ermetici siano stati composti da e per una "setta ermetica" costituita in Chiesa. Ma è abbastan­za ovvio che questi scritti, una volta composti, siano potuti servire come libri di edificazione e per singoli e per gruppi , per esempio, a quella setta gnostica del l 'Alto Egitto, di cui Doresse afferma l 'esi­stenza ( V. Ch. , p. 1 3 8). I viri novi di Amobio utilizzavano Ermete accanto a Platone e Numenio. Gli Gnostici di Plotino utilizzavano tutti i tipi di Apocalissi dello Pseudo-Zoroastro, di Zostriano ecc. (Porfìrio, v. Plot. 16). Ciò dimostra che c'era una Chiesa di Ermete, una Chiesa dello Pseudo-Zoroastro?

Quanto alla prima parte della frase (''era ammesso che [ . . . ]"), i l cui obiettivo forse è ancora i l mio libro (pp. l 07 s . ) e Nock nella Pre­fazione all'edizione Budé (1, p. II), pongo di nuovo la stessa questio­ne. Per quale motivo l 'esistenza dei papiri ermetici copti, accanto a testi gnostici, prova che questi testi siano egiziani, ispirati al "pen­siero egiziano" o alla "gnosi orientale"? Doresse pretenderebbe che questi testi copti siano gli originali, gli Hermetica greci delle copie? E cosa vuoi dire con "pensiero egiziano"? Quale? Di che periodo? E cosa intende con questa formula "gnosi orientale", così cara al pubblico ignorante, così generica da perdere ogni significato? Per decidere se i testi ermetici sono permeati o meno di "pensiero egi­ziano", di "gnosi orientale" o di speculazioni greche, c'è, insomma, solo un mezzo, quello che è stato usato, fino ad oggi, dagli autentici studiosi : l 'analisi attenta di questi stessi testi e la ricerca paziente delle possibili fonti. Si potrà discutere senza dubbio al riguardo, ma l 'unico criterio è questo. L'accidente, tutto materiale, d i una versio­ne copta non cambia in nulla la cosa.

Vogliamo inoltre, sul merito della questione ("pensiero egiziano") l 'opinione di un antico, che tuttavia non manca di cedere alla moda dell"'orientalismo"? Giamblico, de myst. , p. 265. 1 3 P., scrive: "In­fatti, i libri che circolano sotto l 'attribuzione di Ermete' contengono l 'antica dottrina del dio Ermete (Thoth), anche se spesso impiegano il linguaggio dei filosofi (greci) perché sono stati tradotti dal i ' egizia-

Sci!. gli Hermetica greci . Giamblico si riferisce qui ai libri che Porfirio, nella Lettera ad Anebone, aveva detto di aver letto: ora Porfìrio non avrebbe potuto leggere né comprendere dei l ibri ermetici in lingua egiziana.

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Aggiunte e correzioni della seconda edizione 497

no da uomini non privi di cultura filosofica". Vale a dire, altrimenti, come osserva Scott (IV, p. 67), che, agli occhi dello stesso Giam­blico, la terminologia degli Hermetica greci è quella della filosofia greca. Se Giamblico mantiene il principio della traduzione, è in virtù di un luogo comune che ho richiamato qui (pp. 1 07 ss., a proposito di C.H., XVI, l e 1 9 ss. ).

P. 1 1 9, n. 1 1 . Sul microcosmo = macrocosmo, vedi W. KRANz, Kosmos und Mensch in der Vorstellungfriihen Griechentums, Nachr. von der kgl. Ges. d. Wiss. zu Gottingen (Ph. Hist. Kl., N.F., II), 1 936/8, 1 2 1 ss.; Hild. HoMMEL, Mikrokosmus, Rh. M , XCII, 1 943, 56 ss. ­Non ignoro la tesi dell 'origine iraniana di queste speculazioni (cfr. l 'articolo di A. GCJTZE, Persische Weisheit in griechischem Gewiinde, Z. f Ind. u. Iran. , II, 1923, 60 ss., 1 67 ss., Reitzenstein-Schaeder, Studien, 6 ss.) e della loro presunta influenza sul de hebdomadibus, ma sto ancora aspettando prove formali, cfr. Rev. Philol. , XXI, 1947, 6 ss. - Paralleli indiani : cfr. J. FILLIOZAT, J. As. , op. cit. , 353 . - Pa­ralleli arabi: M. PLESSNER (lettera, 1 4 gen. 1 949) mi segnala Ghtiyat al-hakfm, I 6 dove si ha carne = terra, ossa = montagne, peli = vege­tazione, vene = fiumi, organi interni = miniere. - Per Ildegarda, cfr. (con PLESSNER) LIEBESCHOTZ, Das al/egorische We/tbi/d der hei/igen Hildegard v. Bingen, Stud. Bibl. Warburg, XVI, 1 930.

P. 1 36, n° 26, Il . 9/ 1 1 : I l testo completo del Liber Hermetis de alchimia è stato pubblicato da R. STEELE-D.-W. SINGER, Proceedings of the Royal Society of Medicine (Sect. of the Hist. of M ed.), 1 927, 485-50 1 ; recensione di PLESSNER, Der /slam, XIX, 1 1 2 s. Interessan­ti varianti di un altro testo ermetico in THORNDIKE, Two more a/eh. Mss. , Speculum, XII, 3 70 ss. (Plessner).

P. 1 50, n. 1 6. Cumont è giunto a una conclusione analoga attra­verso il confronto di questo capitolo del L.H. sulle Monomoirai con i capitoli di Firmico (Mathesis VIII) sullo stesso argomento. Questi infatti, secondo i fatti storici ai quali Firmico fa riferimento, risal­gono alla metà del II sec. a.C. Cfr. F. CuMONT, L 'Egypte des astrolo­gues, pp. 207-2 16.

P. 1 5 5, n. 1 3 3 e 1 3 5 . Sui rapporti tra N echepso-Petosiris ed Erme­te, cfr. anche F. BoLL, Studien iiber Claudius Ptolemaeus (Jahrb. f cl. Phil. , Suppl. XXI, 1 894), pp. 237-238, che cita il papiro Salt. di Londra (oroscopo di un certo Anubion nato il primo anno del regno di Antonino, 1 3 7 d.C.): É1ttà. 8coi. m<E\jHljlÉvoç à1tò 1toìJ..&v �i�À.wv

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498 La rivelazione di Ermete Trismegisto - L 'astrologia e le scienze occulte

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Pp. 1 62- 1 66. Riguardo PROCLO, Su/l 'arte ieratica, cfr. PROCLO, in Aie. pr. , p. 69 Creuzer, citato in HoPFNER, Offenbarungzauber, I § 390 fine.

Pp. 1 93 ss. Piante e pietre delle XV stelle fisse. "Ich unterbreche die Reihenfolge, um auf die Traktate tiber die 1 5 Fixsteme (S. 1 60 ff. ) zurtickzukommen. Die von Ihnen zum Schlul3 angefùhrte Liste des Alfraganus ist offenbar die alteste oder eine der altesten dieser Art. Der Verfasser lebt im 9. Jahrhundert; Mashalla als Verfasser des von De latte edierten Textes, der mir allerdings nicht zuganglich ist, ist mir nach Ihrer Anm. 4 S. 1 60 nicht sicher. Leider kann ich nicht feststellen, warum Alf. diese 1 5 Steme fùr besonders bemer­kenswert halt; ebensowenig ist mir die Natur der von Delambre auf gefùhrten 'Varianten' (S. 1 85 f. ) verstandlich. Dagegen mochte ich mir erlauben, Sie auf eine weitere Liste von 1 5 Fixstemen auf­merksam zumachen, die mir in 2 Textzeugen vorliegt und mit der des Alf. fast identisch ist. Sie steht innerhalb eines ausfùhrlichen Kapitels tiber die astrologische Bedeutung der Fixsteme in dem Buch as-sirr al-maktum fi mukhdtabat an-nudjum (Das verborgene Geheimnis ti ber di e Anrede an di e Steme ), das dem Theologen Fak­hr ad-dìn ar-Razì (gest. 606/ 1 209) zugeschrieben wird, aber nach BROCKELMANN, Gesch. d. ar. Lit. , Suppl. , I 923 f. u. 73 5 von dessen Zeitgenossen ai-Hiralì stammen soli . In meinem Besitz befìndet sich eine genaue Inhaltsangabe des Werkes nach der Berliner arab . Handschrift 5886, die von Ritter stammt, sowie femer ein Auszug aus dem Werke von einem Autor des 1 8 . Jahrhunderts namens al­Fullanì (? BRoCKELMANN, Suppl. , II 494), gedruckt Kairo 1 350 H. Ich bezeichne Ritters Auszug mi t A, den gedruckten Text mit B. B beginnt sein Kapite1 i.iber die Naturen der Fixterne (Teil I, S. 148) damit, dal3 die Zahl der Fixsteme nur dem Schopfer bekannt ist, dal3 jedoch die beobachteten in 3 Arten zerfallen, namlich 1 . , 2 . und 3 . Grol3e. Die Sterne erster Grafie sind 15, namlich (astronom. Bestimmungen in Klammem von mir):

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Aggiunte e correzioni della seconda edizione 499

I akhir an-nahr, ein sehr heller Stern im Widder (alpha Eri­dani)

II al-dabanln, genannt Auge des Stiers (alpha) III der leuchtende Stern am linken Ful3 des Stiers (ohne Na­

men, Identitat unsicher) IV al-aiyiìq, genannt der Ztigelhalter, Zwillinge (alphaAurigae) V mankab al-djauza' al-aiman (alpha Orionis), Zwillinge

VI suhail, Zwillinge (al p ha Argus) VII ash-shi 'riì al-yamaniya, Krebs (alpha Canis majoris)

VIII ash-shi'riì ash-shamiya (alpha Canis minoris)? Krebs IX qalb al-asad (Cor Leonis), Lowe (alpha Leonis) X der Stern auf dem Schwanz des Lowen, Lowe (Identitat

unsicher) XI as-simak ar-ramih, Wage (alpha Bootis)

XII as-simak al-a'zal, Wage (alpha Virginis) XIII Qentaurus, Wage (Centaurus; alpha?) :X:.IV an-nisr al-waqi ' , Steinbock (alpha Lyrae) XV fam al-hùt, Wassermann (alpha Piscis austrini)

Ebenso lautet die Liste in A. Es fehlt mir augenblicklich an Zeit und an Btichern, um sie zu bearbeiten und zu Ihren Listen in Bezie­hung zu setzen; daher nur einige fitichtige Bemerkungen. Vor allem fallt auf, dal3 die Liste wirklich lauter Sterne enthalt, di e auch wir als Sterne l . Grol3e bezeichnen, was bei der Liste des Hermes nicht der Fall ist. Eine StOrung der Reihenfolge scheint auch in unserer Liste vorzuliegen; lal3t sie sich beheben, so hindert nichts, die unbenann­ten Sterne III und X mit Rigel und Altair gleichzusetzen. Das Fehlen von beta Centauri und alpha Crucis hat nichts Auffallendes; und die grol3e von Antares ist umstritten. - In einigen Fallen sind dieselben Sterne gemeint wie in der Liste des Hermes, aber mit anderen Na­men, z. B. Sirius (V Hermes, IV Alf., VII Razi), Procyon (VI, VIII, VIII). Ich neige also mi t Vorsicht zu der Auffassung, dal3 die Zahl 1 5 sieh aus der Anzahl der tatsachlich bekannten bzw. sichtbaren Sterne l . Grol3e erklart, dal3 diese Liste wahrscheinlich noch alter als Alf. ist und die Abweichungen bei Hermes und den verwandten Texten sekundar sein dtirften, wobei Rticksichten auf auffallende Farben oder noch zu untersuchende astrologische Erwagungen eine Rolle gespielt haben konnten.

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500 La rivelazione di Ermete Trismegisto - L 'astrologia e le scienze occulte

Steme 2. GroBe gibt es nach meiner Quelle 45, von denen aber ftir Talismanzwecke nur 1 1 brauchbar sind: die ersten beiden im Klei­nen Baren, 3-8 im GroBen Baren, 9 felt in B, Ritter hat die Liste von A nicht spezifiziert, l O und 1 1 im Krebs." (Plessner).

Pp. 23 1 ss. "Per quanto riguarda i Mirabilia, sarebbe stato neces­sario citare anche il VI libro di Lucrezio, la cui influenza mi sembra essere stata considerevole" (L. Robin).

P. 234, n. 49. Bolo. Si dovrebbe studiare le Physiognomica dello Pseudo-Aristotele, specialmente dal cap. 4 (809 a 2 ss.) con il verbo caratteristico àva<pÉpecr8at ( È1tEtOJÌ yàp Tà òpffi)lEVU È1tÌ Tffiv crffi)l(lTffiV ÀtyETUt ÙVU<pÉpEcr8at È1tÌ TÙç Ò)loté'tllTUç TÙç TE Ù1tÒ TOOV ç0(J)V KUÌ TÙç à1tò Trov 1tpài;EffiV ytVO)lÉVaç, 809 a 4 ss.) e l'uso che si fa di questa àva<popa dei caratteri umani per gli animali dal cap. 6, 8 1 O a 14 ss. Su Bolo e gli scritti dello Pseudo Democrito, vedi anche l 'eccellente comunicazione di E. 0DER in Beitrage zur Gesch. der Landwirtschafl bei den Griechen, Rh. M, XLV, 1 890, 70-77 (su Bolo come fonte dei Geoponica), e, infine, W. ScHMID, Gesch. Gr. Lit. , I 5 , 1948, 34 1 -347. - LlllflOKphetoç: allo stesso modo Schmid, op. cit. , p. 245, n. 1 1 , p. 343, n. 4. - Data: circa 200 a.C., Schmid, p. 245, n. 1 1 e p. 342, n. l (in ogni caso tra Teofrasto e Apollonio autore di Mirabilia).

P. 234, l . 1 6, XetpÒK)lllTU (ouva)lEpa): rimedi "fatti a mano, arti­ficiali", contrapposti ai <pucrtKa (ouva)lEpa): rimedi "naturali". Non "operazioni (chirurgiche)", in opposizione ai medicinali (così ScH­MID, p. 343, n. 4: Operationen - Arzneien). Cfr. DIELS-KRANZ, IJS, 2 1 1 (n. ad 2 1 0, 1 4).

P. 239, l. 1 6 . "La pietra aquilina era ancora, circa cinquanta anni fa, considerata in Normandia come un rimedio contro le malattie delle mucche. Bastava metterla sotto le loro zampe" (L. Robin).

P. 240, l . 1 3 . "Il nome del presunto re di Persia Kupav6ç copre quello della 'gloria reale' in avestico hvaranah?" (J. Filliozat).

P. 242, Il. 1 2/ 14 e 375, I l . 1 1 1 1 3 . "Il libro sulla 'stele di ferro' ricorda sia i famosi pi lastri di ferro dell 'India (specialmente quello di Delhi che reca un'iscrizione Gupta) sia il fatto che Nagarjuna, noto come medico e alchimista contemporaneo di çatavahana (cfr. S. LEVI, Kani.$ka et Sataviihana, J A s. , 1 936, l 03 ss.) nel II secolo d.C., avrebbe inciso a Pataliputra su un pilastro (stambhe) una for­mula medica (cfr. P. CoRDIER, Quelques données nouvelles, Calcut­ta 1 899, p. 2, dove Cordier indebitamente ringiovanisce, secondo

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Aggiunte e correzioni della seconda edizione 501

un'informazione di Al-Birii.ni che contraddice la testimonianza di Hiuan-tsang, l 'alchimista Nagarjuna)" (J. Fil liozat).

P. 255 ss. Alcune buone correzioni (non tutte originali) sul testo degli Alchimistes Grecs da parte di DE FALCO, Athenaeum, XXVI, 1 948, 96 ss. (cfr. il mio rend. in Rev. Ét. Gr. , LXII, 1949, p. 235-236).

P. 264, n. 38 . Sulle relazioni commerciali con l'India, cfr. in ulti­mo J. FILLIOZAT, Rev. Hist. Re/. , pp. 1 -29. Sul commercio della lacca indiana, cfr. E.H. WARMINGTON, The Commerce between the Roman Empire and India, Cambridge 1928, 1 78 s. Erroneamente (p. 225, Il. 5 ss.), sulla fede di L.S .J., s.v. À.aKxa, ho confuso la tintura indiana della lacca propriamente detta con la tintura di alkanna (liyxoucra). Questa pianta dalle radici rosse, da cui si ricava una polvere, era conosciuta ad Atene dalla fine del V secolo (nella forma di €rxou­cra, ARISTOFANE, Lys. , 48, SENOFONTE, Oecon. , 10, 2) ed è chiaro che se la À.aKxa dei testi alchemici non designava altro, la comparsa di questo nuovo nome straniero non si spiegherebbe più. La À.aKxa deve riferirsi alla tintura di gommalacca (prodotta da un insetto) che proveniva esclusivamente dai paesi indiani e costituiva una novità rispetto alla tintura di alkanna. Inoltre, come osserva Fil liozat (J. As. , op. cit. , 353), non si possono trarre, dalla sola parola À.aKxa, conclusioni troppo precise circa la data: "Il nome di À.aKxa, ' lacca', preso in prestito dal medio-indiano (lakkha), non è stato necessaria­mente successivo al I o al II secolo della nostra era; il nome indiano del pepe (pippali) è già nel trattato ippocratico Delle malattie delle donne (Littré, t. VIII, p 394) nella forma 7tÉ7tEpt (dato come persia­no; cosa che dimostra semplicemente che era provenuto dall 'Iran). Altri nomi indiani di prodotti sono così passati in greco dai tempi di Erodoto (cfr. crtv8ffiv, 'tela', ' indiana')".

P. 27 1 , l. l O ss. e n. 62. Ho sbagliato ad adottare, per la formula iJ q>ucrtç •ii cpucrEt -rÉp7tETat, ecc. , l ' interpretazione di Diels "Eine Natur freut sich der andem", ecc., come se si trattasse di simpatie e di anti­patie tra metalli diversi. Innanzitutto perché c'è l 'articolo. Poi, come ha notato J. BAYET, REL, 1946, 370, perché "un tale significato non è adatto alla conclusione del § 7 della Profezia d'/side a suo figlio Horus (p. 302) dove si parla della generazione del simile da parte del simile e della nascita dei mostri". Lo stesso studioso ingegnosamen­te propone: "La natura, in questo caso, è affascinata dalla natura; in tal caso, vi trionfa; in tal caso, la domina", e aggiunge: "L'apparente

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assurdità - evidentemente voluta - dell' espressione si risolve solo se si 'risale allo stato fluido, materia prima' che individua le simpatie e le antipatie dei metalli (cfr. p. 277): questa materia prima è la natura, e in contatto, da sola, con la natura (dei corpi) rivela affinità, contra­sto o superiorità". Qualunque sia l 'esegesi, la traduzione mi sembra buona, ed è confermata da un testo di Plinio, dove si parla proprio di poteri occulti nella natura, cfr. N.H., XXXII l , l (ed. Littré): ven­tum est ad summa naturae exemplorumque, per rerum ordinem: et ipsum spante sua occurrit immensum potentiae occultae documen­tum, ut prorsus nec aliud ultra quaeri debeat, nec par aut simile possit inveniri, ipsa se vincente natura, et quidem numerosis modis. Segue l 'esempio del pesci olino detto echeneis (remora) che si crede arresti le navi, anche se spinte dalle forze combinate delle correnti, dei venti, delle vele e dei remi (su l i ' echeneis, vedi anche IX 4 1 , l ) . Così la natura, nel caso de l i ' echeneis, trionfa sulla natura, nel caso dei venti e maree che spingono la nave: il che può far dire e a Plinio ipsa se vincit natura e all 'alchimista, con una formula sviluppata ma di significato identico, T( <pucrtç nìv <puow vtK(i.

P. 274, l. 25 s . : "dai presocratici allo Stagirita". Detto ciò in un modo un po' veloce. "Platone è più vicino al quantitativismo mec­canicistico di Democrito, mentre Aristotele è un qualitativista inte­grale" (L. Robin).

P. 283, no 9. "Vgl. das Zitat in der Turba philosophorum, Sermo 53 , und dazu Ruskas Kommentar, S. 240" (Plessner).

P. 294, n° 3 1 . "Das Olympiodor-Fragment, S. 252 N r. 3 1 , ist im Zusammenhang des ganzen Textes bei RusKA, Turba Philosopho­rum, S . 278, behandelt worden. Ich weiche allerdings von Ruskas negativer Bewertung des Textes vollkommen ab. Seine Darstellung der Lehren der Naturphi losophen HH3t sich grol3enteils aus der echten Ueberlieferung belegen; und mit der Gleichsetzung der Alchemisten mit diesen Naturphilosophen hat er das Thema angeschlagen, von dem die ersten neun Sermones der Turba nur eine andere Ausflih­rung sind, wie ich in genauer Analyse in meinem Buch iiber die Tur­ba bewiesen habe, das hoffentlich bald erscheinen wird" (Piessner).

P. 307, n. 1 85 . "l 28 /ibri a Teosebeia possono rispondere, non ai sette pianeti ripetuti quattro volte, ma alle 28 costellazioni dell 'eclit­tica che sono spesso usate come zodiaco lunare e che sono partico­larmente celebri in India (na/cyatra) e in Cina (sieou) ma sono state

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Aggiunte e correzioni della seconda edizione 503

anche conosciute tra gli Iraniani e, più tardi, tra i Copti e gli Arabi. In effetti, la conoscenza di queste costellazioni o dimore lunari ne­gli ambienti che hanno sviluppato i testi ermetici sembra indicata dall'allusione fatta p. 346-347 (traduzione di una preghiera all 'A­ion) alle 'ventotto fasi della luna', dove difficilmente può trattarsi in realtà di 'fasi ' (a meno che non sia necessario supporre che il numero di 28 non si applicasse, nel testo primitivo, alle fasi ma al prodotto delle quattro fasi da parte dei 7 pianeti indicati nel conte­sto)" (Filliozat).

P. 309, n. 195 . O eò dvm (Eisler, con lettera). P. 3 1 1 , § 7. È pubblicato e tradotto (con correzioni) nell'ultimo

volume di Hermès Trismégiste (frammenti diversi) della collection Budé, da A.-D. Nock (Harvard) e me, fr. 20 e 21 (p. 1 1 7- 1 2 1 ).

P. 3 1 4, § 1 1 . "Die Lehre, daB Adam aus allen vier Elementen ge­schaffen wurde (S. 268 f.), wird in der Turba im 8. Sermo in sonder­barer Weise entwickelt. Dort werden alle GeschOpfe aufgezahlt und allen auBer dem Menschen eine geringere Zahl als 4 Elemente zuge­wiesen. Ruska, S. 1 83 , Anm. l , zitiert die von Ihnen S. 268 Anm. 4 angefùhrte Olympiodoros-Stelle. Die gesamte Theorie habe ich aus hermetischen Schriften belegt, und zwar aus dem von Massignon S. 395 behandelten Ps. Balinas und aus der Rede der Isis an Horus, vgl. J. Kroll, Lehren des H. Trism. , 244, Anm. 3." (Plessner).

P. 323, n. 272. Sui <pi.À.Ot, aggiungi P.W., XX, 95 ss., s.v. Philos (Kortenbeutel), in particolare, per i Lagidi, 98-99.

P. 3 27, n. 295 . Si tratta del Mambres della tradizione ebraica. S. WEINSTOCK (Cl. Quart. , XLII, 1948, 4 1 13) ha riferito che un ma­noscritto di Oxford (Cromwellianus 12 , xv/xvi secolo) reca il m:pì KatmcA.icn:roç dello Pseudo Galeno sotto il titolo 'IJl�pacriou 'E<pecriou 7tEpì àpprocrtrov e giustamente congettura che questo 'IJl�pàcrtoç è uguale al nostro MEJl�pfiç o MaJl�pfiç. Si noterà che, in Zosimo, Mambres dà a Salomone ricette che scacciano i demoni: ora, nella magia come altrettanto nelle concezioni primitive, sono i demoni che, con la loro presenza nel corpo del l 'ammalato, causano le ma­lattie. Cacciare i demoni è dunque guarire. Non vedo alcuna ragione per supporre che l 'Efeso del man. di Oxford sia un' isola del Nilo (Weinstock, 43 ). Efeso era un grande centro di magia, cfr. A et. Ap. 19, 19 e gli Ephesia grammata.

P. 350, l. 6. Leggi senza dubbio "Sarapis", cfr. l. 8.

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P. 363, n. 5 . Già DIETERICH, Mithrasliturgie3, p. 47, n. l , si era av­vicinato a questo argomento con la sua consueta penetrazione. Con­cludeva nel modo seguente: "Eine 'Formenlehre ' der Offenbarung in dem angedeuteten Sinne kann geschrieben werden".

P. 366, n. 1 5 . "Wohl È�llÀCicr�-tévov" (P. Maas). P. 3 66, Il. 1 1 1 12 . "Kai !J.Ot ttç È�'ftmcrev oupavoù Poft ist e in ta­

delloser iambischer Trimeter. Das passt zu poeta in den p. 424 er­wahnten Lucanscholien; poeta = 'faiseur d'or ' scheint mir stilistisch unmoglich. Auch natura naturam vincit et dii deos war wohl in der Vorlage ein iambischer Senar" (P. Maas).

P. 375, n. 59, I l . 6 ss. "Zu den Theorien i.iber die vollkommene Natur mochte ich nur bemerken, dass Reitzenstein-Schaeder 1 1 3 f. zwei Texte durcheinander benutzt: das Sti.ick S. 1 1 3 ist aus Ista­ma/:lis, S. 1 14 ff. aus Istamatis" (Plessner).

P. 39 1 , l. 1 3 ss. "The e of "EKtrop must be evaluated as 5, not 50, and the system cannot be understood unless it is noted that there is no Greek letter to correspond with 9, 90 or 900. This error might have been avoided (a dire i l vero, è un errore di stampa!), if M. Fes­tugière had been familiar with the Arabi c version of this calculation in the Secretum Secretorum, where the numbers have been altered so that the units run from A ( l ) to T (9), the tens from Y ( l O) to S (90), and the hundreds from Q ( 1 00) to Z (900)" (A.T. SHILLINGLAW, Mind, 1 946, 1 84-5).

Pp. 395 ss. Ho sbagliato ad accettare la correzione Postumo pro­posta da Boli ( CCA G. , VII, 1 7 1 ad l. 3 ) e N au (Patr. Syr. , 1 2, p. 1 3 72, n. l ). Il m s. di Parigi reca �oucrtOUIJ.OV E>uÀacrcrov, quello di Berlino LOUcrtOU!-!OY 8aÀacrcrov, e, come mostra LEVI DELLA VmA (Ricerche Religiose, XVIII, 1 947, 450-462), questo nome si ritrova nella for­ma alterata Stomathalassa in uno scritto arabo. D'altronde non sap­piamo nulla su questo discepolo di Apollonio, non più di quanto su un altro discepolo, i l misterioso Artefio della letteratura alchemica latina, cfr. LEVI D. VmA, op. cit. , p. 354, n. 1 6.

Pp. 408-9. L'espressione ro naì in Platone introdurrebbe più spes­so di quanto abbia evidenziato un senno ne, una lezione, un' istruzio­ne morale, ad esempio Leggi VI, 772 e (G. Daux).

P. 43 1 . Alla documentazione lati11a del Martirio, aggiungi il San­ctuarium di B. Mombritius (cfr. Anal. Boli. , XXIX, 442) che è il solo a contenere il testo completo della Passione BHL. 2050.

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lvi, ultima linea. Aggiungi: Cfr. V. RvssEL, Der Urtext der Cypriansage, Arch. fd. Stud. d. neueren Spr. u. Lit. , CX, 1 903 , 273-3 1 1 . Mostra che i l testo siriaco del Martirio è l 'originale, essendo i l testo greco una traduzione dal siriaco e la versione araba una tradu­zione, non dal siriaco, ma dal testo greco. Segue, 280 ss., la tradu­zione tedesca del testo siriaco e della versione araba.

P. 433 . Alla documentazione greca delle Preghiere di Cipriano, aggiungi la recensione BHG. 460 della Oratio Cypriani.

P. 434. Alla documentazione della formula Sator Arepo aggiungi : "A. DELATTE, Anecdota Atheniensia, I ( 1 927), p. 14 1 ; CuMONT, Ren­diconti, ecc., XIII, 1 927, pp. 7 ss.".

lvi, l. 22. Aggiungi: "Io., La voix des monuments (N11e Série, Rome-Paris 1 93 8), p. 39, n. l ; D. ATKINSON, The Sator-Formula and the Beginnings ofChristianity, Bui/. John Rylands Libr. , XXII, 1 938, pp. 4 1 9- 434 (riferimenti p. 4 1 9, n. l ); E.L. BASSET, Cl. Phil. , XL, 1 945, p. 1 1 O; J. CARCOPINO, Le christianisme secret du carré magique, Mus. Helveticum, V, 1 948, pp. 1 6-59; S. EITREM, The "sa­tor-arepo "-formula once more, Eranos, XLVIII ( 1 950), p. 73 s.; H. FucHs, Die Herkunft der Sator-Formel, Schweiz Archiv fiir Volks­kunde, XLVII ( 1 95 1 ), p. 28 ss.".

P. 467, l . 1 4 s . , correggi poeta: "facitore d'oro" secondo la nota di P. Maas, supra, Add. a p. 366.

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L. MASSIGNON

ADDENDA

(APPENDICE III)

P. 448, l. l : su Sarakhsi, cfr. P. KRAus, ap. rivista "Thaqiifa", Cai­ro, n° 276, p. 1 6.

P. 448, n. 20: cfr. L. MAssiGNON, ap. Annuaire Éc. Htes Études (sect. se. relig.), 1 943, p. 5-26; e P. KRAus, ap. "Thaqiifa", n° 276, p. 1 6.

P. 450, 2°: l'ermetismo riconosce solo 5 categorie (jawhar, kam, kayf, zaman, makan: cfr. P. KRAus, Textes, 434).

P. 452 s. "Die Liste des Fihrist hat Ruska in Turba Philosopho­rum (S. 268 ff.) neu bearbeitet; eine ganze Anzahl Bemerkungen und Verbesserungen dazu werden in meinem Buche erscheinen" (Plessner).

P. 455. "In den Ikhwiin as-Sala sind Auszilge aus arabischen her­metischen Schriften erhalten, die man z. T. aus Handschriften be­legen kann. - Die Schrift de Castigatione animae (p. 394) ist bei Scott, IV, 277 ff. abgedruckt. Eine Konstantinopler Handschrift habe ich in /slamica IV, 545 festgestellt, eine weitere, in Kairo befindlich, Kraus in einer arabisch abgefassten Abhandlung. - Die Liste der arabischen Appolloniostexte mit hennetischem Einschlag ist ziem­lich umfangreich, vgl. z. B. fs/amica IV, 55 1 ss. - Als Quelle flir ei­nen Talisman wird Hennes auch in dem Secretum secretorum zitiert, vgl. die englische Ubersetzung bei Steele, Opera hactenus inedita Rogeri Baconi, V, 259" (Plessner).

P. 455, III B) 3°: aggiungi mss. col l. P. Kraus, citati ap. P. KRAus, Jabir . . . , 1 943, I, 1 87- 1 88, tre risaia di "Hunnus" (Denderi): fi ' Isan 'a . . . al-sirr ila Matuthcisiya (Budashir), urj11za (con commen-to), e dhcit al-mabciyin.

P. 456 s. , IV, l 0 : Sirr al-khaliqa: cfr. P. KRAus, Jabir-ibn-Hayyan, 1942, 2, 272, 297; e p. 298, per il Miftah al-hikma (= "Clavis sapien-

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tiae" di Artefio) scoperto da Levi della Vi da, che deriva da esso (cfr. P. KRAus, testi, p. 144, l . 1 1 ).

P. 457, l. 29: takafu' : cfr. Tawhidi, Imta' , Cairo 1 944, volume 2, 190 sq.

P. 458, n. 42: P. Kraus ha pubblicato, prima della sua prematu­ra scomparsa, due volumi rnonurnentali su Jàbir-ibn-Hayyàn nei tomi XLIV-XLV delle Mémoires de l 'Institut d 'Égypte, 1 943-42 (si c), contenenti i l "Corpus des écrits jabiriens", e "Jàbir et la scien­ce grecque"; si trova, nel torno I pp. 1 89- 1 97, una bibliografia che completa quella delle nostre pp. 460-46 1 , specialmente per Jildakì (1, 1 93 , 195) e Shams M.-b- 'Urnar Gharnrì, morto ne1 1 445 (1, 194).

P. 46 1 s., nota agg. B: sul l ' isnad d'lbn Sab'in, cfr. L. MASSIGNON, studio sulle "isnàd" . . . nella tradizione hallagiana, ap. Mélanges Fé­lix Grat, 1 946, l, 4 1 8-4 1 9; nota che S . Muqrì deve essere vocalizza­to "Maqqarì"; è i l mufti di Tlemcen, morto centenario nel 1 620, zio del grande Maqqarì.

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ABBREVIAZIONI

A. T. = H. DIELS, Antike Technik Abh. d. Pr. Ak. d. Wiss. = Abhandlungen der Preussischen Akademie der Wis­

senschafien 382 z. Gesch. d. Medizin = Abhandlungen zur Geschichte der Medizin und der

Naturwissenschafien Abhandl. Akad. Heidelberg = Abhandlungen der Heidelberger Akademie der

Wissenschafien Abhandl d. Bay. Ak. d. Wiss. = Abhandlungen der Bayerischen Akademie der

Wissenschafien Abhandl. d. Kon. Bayer. Ak. d. Wiss. = Abhandlungen der Koniglich Bayeri-

schen Akademie der Wissenschafien Acta Sanctor. = Acta Sanctorum A/eh. gr. = M. BERTHELOT, Collection des anciens alchimistes grecs Alphabet in Myst. u. Magie = F. DoRNSEIFF, Das Alphabet in Mystik und Magie. Anal. Boli. = Analecta Bollandiana. Soc. des Bollandistes Anal. Sacr. = J.B. PITRA, Analecta sacra Spicilegio solesmensi parata Anecd. Graec. = A. DELATTE, Anecdota Atheniensia et alia Annua ire Éc. Htes Études = Annua ire École des hautes études Ant. Beob. = F. BoLL, Antike Beobachtungen farbiger Sterne Arch. Anz. = Archiiologischer Anzeiger Arch. d 'hist, doctr. et litt. du M Age = Archives d'Histoire Doctrinale et Litté­

raire du Moyen Age Are h. f Rei. -Wiss = Archi v for Religionswissenschafi Arch. fd. Stud. d. neueren Spr. u. Lit. = Archiv for das Studium der neueren

Sprachen und Literaturen Asci. = Asclepius Astr. Gr. = A. BoucHÉ-LECLERCQ, L 'Astrologie Grecque Aurore Phil. gr. = J . BuRNET, L 'aurore de la philosophie grecque Bericht. Deutsch. Botan. Gesellsch. = Berichte der Deutschen Botanischen

Gesellschaft BHG. = Bibliotheca hagiographica graeca BHL. = Bibliotheca hagiographica latina BNGI. = Byzantinische-Neugriechische Iahrbilcher Br. = BROCKELI\IANN, Geschichte der Ara b. Litt. , 1 898- 1 902 = C. BROCKEL­

MANN, Geschichte der arabischen Litteratur, 2 voli . 1 898- 1 902 con 3 voli . di Supplemento, 1 937- 1 942

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5 1 O La rivelazione di Ermete Trismegisto - L 'astrologia e le scienze occulte

Bu/1. A c. roy. de Be/g. = Bulletin de la Classe des Lettres de l 'A cadé mie Royale de Belgique

Bull. Corr. He/1. = Bulletin de correspondance hellénique Bu/1. Inst. hist. beige de Rome = Bulletin de l 'Institut historique beige de Rome Bu/1. John Rylands Li br. = Bulletin of the John Rylands Library Bull. Soc. des Antiquaires de France = Bul/etins de la Société des Antiquaires

de France Byz. Zeitschr. = Byzantinische Zeitschrift C.H = Corpus Hermeticum C.R. Ac. Inscr. = Comptes rendus des séances de / 'Académie des Inscriptions

et Belles-Lettres Cat. Man. Alch. Latins o CMAL = J. CoRBETT, Catalogue des manuscrits al-

chimiques latins CCAG. = Catalogus Codicum Astrologorum Graecorum C h. MA. = M . BERTHELOT, La Chimie au Moyen Age Chim MA. = BERTHELOT-DUVAL, La Chimie au Moyen Age, II e BERTHE-

LOT-HouoAs, La Chimie au Moyen Age, III Chrest. = U. WILCKEN, Grundziige und Chrestomathie der Papyruskunde, I, 2 Cl. Phil. = Classica/ Phi/ology CMAG. = Catalogue des manuscrits alchimiques grecs CSEL. = Corpus Scriptorum Ecclesiasticorum Latinorum Der Ausgang des Griech. -rom. Heidentums = J. GEFFCKEN, Der A usgang des

griechisch-romischen Heidentums Ég. d. astr. = F. Cui\IONT, L 'Égypte des Astrologues Enc. fs/. = Encyclopaedia of Islam Exc. = Estratti da Stobeo = Stob. Herm. = Stobei !!ermetica F Gr. Hist. = Fragmento Historicorum Graecorum FPG. = Fragmento Philosophorum Graecorum G. A .L. = C. BROCKELI\IANN, Geschichte der arabischen Litteratur Gaz. B.A. = Gazette des Beaux-Arts Gesch. d. Griech Litt. = W. ScHMID-0. STAHLIN, Geschichte der griechischen

Litteratur Gesch. d. Ma t h. u. Naturwiss. im Altertum = J .L. HEIBERG, Geschichte der Ma­

thematik und Naturwissenschafien im Altertum Gnost. mus. l Gnosticisme musulman = I?. BLOCHET, Études sur le gnosticisme

musulman Gramm. grec biblique = F.-M. ABEL, Grammaire du Grec biblique, sui vie d 'un

choix de Papyrus Grundz. = U. WILCKEN, Grundziige und Chrestomathie der Papyruskunde, l, l Harv. Theol. Rev. = Harvard Theological Review Hel/en. Mysterienreligion. = R. REITZENSTEIN, Die hellenistischen Mysterienre­

ligionen nach ihren Grundgedanken und Wirkungen Herbarius2 = A. DELATTE, Herbarius. Recherches sur le cérémonial usité chez

/es anciens pour la cueillette des simples et des plantes magiques, . . . 2e édition, revue et augmentée

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Abbreviazioni 5 1 1

Hist. de la divination dans l 'antiquité = A . BoucHÉ-LECLERCQ, Histoire de la divination dans l 'antiquité, 4 voli.

Hist. Mon. = R. REITZENSTEIN, Historia Monachorum und Historia Lausiaca: eine Studie zur Geschichte des Monchtums und der friihchristlichen Begriffe Gnostiker und Pneumatiker

Hist. of Mag. = L. THORNDIKE, History of Magie and Experimental Science HMR3 = R. REITZENSTEIN, Die hellenistischen Mysterienreligionen: ihre Grund­

gedanken und Wirkungen, 1 9273 I. H. S. = G. SARTON, Introduction to the History ofScience Jdéal rel. des Grecs o Idéal = A.-1. FEsruGIÈRE, L 'idéal religieux des Grecs et

l 'Évangile Jnscr. de Délos = Inscriptions de Délos J. As. = Journal Asiatique J. Hell. St. = The Journal of Hellenic Studi es J. of A m. P h il. = American Journal of Philology Jahrb. f cl. Phil. = Jahrbiicher fiir Klassische Philologie Jahresbericht = W. GuNDEL, Astronomie, Astralreligion, Astralmythologie und

Astrologie. Darstellung und Literaturbericht 1907-1933 in Bursian 's Jah­resbericht, 1 934 , I l , Abt.

JASB. = The Journal of the Asia tic Society of Bengal JASR . = Journal of Achaemenid Studies and Researches JRAS. = The Journal ofthe Royal Asiatic Society K.K. = Kore Kosmou Kl. Schr. = H. UsENER, Kleine Schriften Koir. = Koiranides Kyr. = Kyranis l Kyranides KZ = MUHAFA }:UJJi KHALÌFA, Kashf al-tunim = ed. G. fLOGEL, Lexicon Biblio­

graphicum et Encyclopaedicum l a Mustafa Ben Abdallah Katib Jelebi dieta et nomine Haji Khalfa celebrato compositum. Ad codicum Vìndobonensium, Parisiensium, et Berolinensisfidem primum edidit Latine vertit et commen­tario indicibusque instruxit Gustavus Fluegel, 7 voli.

L. H. = Liber Hermetis L.S. = Liddell Scott [A Greek-English Lexicon] L.S.J. = Liddell Scott Jones [A Greek-English Lexicon] Lapid. de l 'antiquité, I l = F. DE MÉLY-CH.-Él\1. RUELLE, Les lapidaires de l 'an­

tiquité et du moyen-dge, I l : Les lapidaires grecs Mag. hell. = BmEz-CuMONT, Les mages hellénisés: Zoroastre, Ostanès et Hy­

staspe d 'après la tradition grecque Mathem. u. Astronomen d. Ara ber = H . SuTER, Die Mathematiker und Astrono-

men der Araber und ihre Werke Mél. Bidez = Mélanges Bidez Mém. A c. Inscr. = Mémoires de l 'Académie des Inscriptions et Belles Lettres Mon. Asiae Minor. Antiqua = Monumenta Asiae Minoris Antiqua Mus. Helveticum = Museum Helveticum: revue suisse pour l 'étude de l 'Anti­

quité classique.

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5 1 2 La rivelazione di Ermete Trismegisto - L 'astrologia e le scienze occulte

Myst. astrai. = F. CUMONT, "Le mysticisme astrai dans l 'antiquité " in Bull. Ac. roy. de Belg.

Nachr. von der kgl. Ges. d. Wiss. zu Gottingen o NGG = Nachrichten von der Koniglichen Gesellschafl der Wissenschaflen zu Gottingen, Philologische -Historische Klasse.

Neue Jahr. f d. Klass. Alt. = Neue Jahrbiicher fiir das klassische Altertum, Geschichte und Deutsche Litteratur undfiir Piidogogie

Not. et Extr. des mss. = S. DE SAcY, Notices et extraits des manuscrits de la Bibliothèque du Roi, et autres bibliothèques

Off. Joh. = F. BoLL, Aus der Offenbarung Johannis

OGI. o Or. Gr. Inscr. (Sei. ) = Orientis Graeci inscriptiones selectae OZ. o Offenbarungszauber I e II = TH. HoPFNER, Griechisch-Aegyptischer Of­

fenbarungszauber (Studien zur Palaeographie und Papyruskunde . . . von C.

Wessely, XXI e XXIII), 2 voli . P. W. = Paulys Realencyclopadie der classischen Altertumswissenschafl P Grenf = Papyrus Grenfell P. Holm = Papyrus Holmiensis P Holm. = O. L.o\GERCRANTZ, Papyrus Graecus Holmiensis (P Holm.) : Recepte

fiir Si! ber, Steine und Purpur P. Leid. = Papyrus Leidensis X P. Lond. = Papyrus Londinensis P. Rain. = Papyrus Rainer Patr. Apost. Op. = Patrum apostolicorum opera Patr. Syr = F. NAU, Patrologia syriaca PGM o Pap. Gr. Mag. = Papyri graecae magicae: die griechischen Zauber-

papyri Philol. = Philologus Phys. et med. (min.) = J.L. IDELER, Physici et medici graeci minores Poetae Gr. .'vfin. = T. GAISFORD, Poetae graeci minores Priester u. Tempel (im hellenist. A.'gypten) = W. Orro, Priester und Tempel im

hellenistischen A.'gypten: ein Beitrag zur Kulturgeschichte des Hellenismus PSI. = Papiri della Società Italiana Pubi. Soc. Étud. iran. = Publications de la Société des Études Iraniennes Rech. de Se. re!. = Recherches de science religieuse Recueil archéol. orientale = CH. CLERI\IONT-GANNEAU, Recueil d'archéologie

orientale, 8 voli . REL = Revue des Études Latines Rei. Or. = F. Cul\IONT, Les Religions orienta/es dans le Paganisme romain Re!. u. Myth. der alten A.'gypter = H.K. BRUGSCH, Religion und Mythologie der

alten A.'gypter: nach den Denkmalern Rendiconti d. Pont. A c. rom. di archeol. = Rendiconti della Pontificia Accade-

mia romana di archeologia Rev. Acad. Arabe Damas = Revue de l 'Académie Arabe de Damas Rev. Archéol. = Revue archéologique Rev. Bibl. = Revue Biblique Rev. Ét. Gr. = Revue des Études Grecques

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Abbreviazioni

Rév. H. Tr. = A.-J. FESTUGIÈRE, La Révélation d'Hermès Trismégiste Rev. Hist. Rel. = Revue de l 'histoire des religions Rev. Phi/ol. = Revue de philologie, de littérature et d'histoire anciennes Rh. M = Rheinisches Museum for Philologie RSO = Rivista degli Studi Orientali

5 1 3

S. -B. der Wiener Ak. = Sitzungsberichte der Osterreichischen Akademie der Wìssenschaften in Wien, Philos. -Hist. Klasse

Sammelb. = F. PREISIGKE, Sammelbuch griechischer Urkunden aus Àgypten Schr. d. Pap. Inst. Heidelberg = Schriften des Papyrusinstitut Heidelberg Sculpt. Gr. = CH. PICARD, Manuel d'archéologie grecque: la sculpture, 3 voli. Sitz. Ber. Heidelberg = Sitzungsberichte der Heidelberger Akademie der Wis-

senschaften Sitz. Ber. Pr. Ak. = Sitzungsberichte der Preussischen Akademie der Wissen­

schaften Spicil. Solesm. = J.B. PITRA, Spicilegium Solesmense complectens Sanctorum

Patrum scriptorumque ecclesiasticorum anecdota hactenus Sterng/aube = BoLL-BEzoLD-GUNDEL, Sternglaube und Sterndeutung; die Ge­

schichte und das Wesen der Astrologie Stud. Bibl. Warburg = Studien der Bibliothek Warburg Stud. in the hist. of med. Science = CH. H . HASKINS, Studies in the history of

mediaeval Science Stud. z. antik. Synkret. = R. REnzENSTEIN l H.H. ScHAEDER, Studien zum Antiken

Synkretismus aus Iran und Griechenland Studien = J. RusKA, Studien zur Geschichte der Chemie (Festgabe E. O. v. Lipp-

mann) Sy/1. = W. DITTENBERGER, Sylloge inscriptionum graecarum T. Sm. = J. RusKA, Tabula Smaragdina UPZ. = U. WILCKEN, Urkunden der Ptolemaerzeit V Ch. = Vigiliae Christianae Vortriige d. Bibl. Warburg = Vortriige der Bibliothek Warburg Z. f Ind. u. Iran. = Zeitschrift for Indologie und Iranistik Zeitschr. f Semitistik = Zeitschrift for Semitistik und verwandte Gebiete Zwei Griech. Apolog. = J. GEFFCKEN, Zwei griechische Apologeten Zwei Religionsgesch. Fragen = R. REITZENSTEIN, Zwei religionsgeschichtliche

Fragen, nach ungedruckten griechischen Texten der Strassburger Bibliothek

ALTRE RIVISTE CITATE.

Antiquité Classique Archeion Athenaeum Chronique d 'Égypte Der Islam Eranos Jahrbuch Gnomon

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5 1 4 La rivelazione di Ermete Trismegisto - L 'astrologia e le scienze occulte

H ermes Isis Klio Le Arti Oriens Christianus Rivista degli Studi Orientali Speculum: journal of medieval studies Stoicheia Symbolae Osloenses Thaqafa Vìvre et Penser

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Apollo Kosrnokrator Casa del/ 'Argenteria, Pompei

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