2.5 La fusoliera · 2015. 3. 8. · MODULO A NOZIONI FONDAMENTALI di TECNICA AERONAUTICA _____...

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MODULO A NOZIONI FONDAMENTALI di TECNICA AERONAUTICA ________________________________________________________________________________________ UNITA’ 2 L’AEROPLANO e LE SUE PARTI pag. A/35 2.5 La fusoliera La fusoliera è il corpo vero e proprio dell’aereo e come tale deve assolvere molteplici funzioni tra le quali alloggiare la cabina di pilotaggio, il carico utile e gran parte degli impianti di bordo. Inoltre deve costituire l’elemento strutturale che collega le ali con gli organi di stabilità e controllo posti sugli impennaggi di cosa. Se assolve solo alla prima funzione è detta carlinga altrimenti è detta trave di coda. Longitudinalmente la fusoliera di un velivolo da trasporto può essere considerata un corpo fusiforme costituito da un tratto centrale di forma cilindrica che separa una parte prodiera a forma ogivale (forebody) e una poppiera (afterbody). La parte anteriore viene modificata per permettere l’installazione della cabina di pilotaggio, mentre la forma di quella posteriore dipende dall’esigenze di accessibilità e di carico del materiale da trasportare e dalla necessità di far assumere al velivolo gli angoli di seduta ottimali nelle fasi di decollo e atterraggio. Dal punto di vista aerodinamico, essendo la fusoliera un corpo fusiforme, un parametro molto importante, in fase di progettazione e dimensionamento, è il “rapporto di finezza” o “finezza” ovvero il rapporto tra la lunghezza complessiva L ed il diametro D della più grande sezione trasversale della fusoliera. L’inverso della finezza, ovvero il rapporto (D max /L), è noto come snellezza della fusoliera. A titolo di esempio nella tabella accanto vengono riportati i valori di finezza e snellezza relativi ad alcuni velivoli commerciali. La finezza è un parametro aerodinamico fondamentale in quanto è legata al coefficiente di resistenza della fusoliera. Quest’ultimo può dirsi composto da due fattori: il primo è la resistenza d’attrito legata al superficie bagnata del corpo, e che quindi cresce con la lunghezza L, il secondo è la resistenza di pressione ( o di forma) che è invece legata all’area massima della sezione trasversale, e che pertanto aumenta all’aumentare del diametro D della sezione. Dal bilancio tra la resistenza di forma e quella di attrito è possibile individuare un valore ottimo della finezza che minimizza la resistenza. Tuttavia le moderne fusoliere, per motivi di carattere strutturale legati all’ingombro minimo necessario, hanno un rapporto di finezza maggiore di quello di ottimo (vedi grafico a lato) Velivolo D/L snellezza L/D finezza DC-9 0,096 10,416 DC-8 0,076 13,158 DC-10 0,072 13,888 Boeing 707 0,074 13,513 Boeing 747 0,086 11,627 Concorde 0,046 21,739

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    UNITA’ 2 L’AEROPLANO e LE SUE PARTI pag. A/35

    2.5 La fusoliera

    La fusoliera è il corpo vero e proprio dell’aereo e come tale deve assolvere molteplici funzioni tra le

    quali alloggiare la cabina di pilotaggio, il carico utile e gran parte degli impianti di bordo. Inoltre deve

    costituire l’elemento strutturale che collega le ali con gli organi di stabilità e controllo posti sugli impennaggi

    di cosa. Se assolve solo alla prima funzione è detta carlinga altrimenti è detta trave di coda.

    Longitudinalmente la fusoliera di un velivolo da

    trasporto può essere considerata un corpo

    fusiforme costituito da un tratto centrale di forma

    cilindrica che separa una parte prodiera a forma

    ogivale (forebody) e una poppiera (afterbody).

    La parte anteriore viene modificata per permettere l’installazione della cabina di pilotaggio, mentre la forma

    di quella posteriore dipende dall’esigenze di accessibilità e di carico del materiale da trasportare e dalla

    necessità di far assumere al velivolo gli angoli di seduta ottimali nelle fasi di decollo e atterraggio.

    Dal punto di vista aerodinamico, essendo la fusoliera un corpo fusiforme, un parametro molto importante, in

    fase di progettazione e dimensionamento, è il “rapporto di finezza” o “finezza” ovvero il rapporto tra la

    lunghezza complessiva L ed il diametro D della più

    grande sezione trasversale della fusoliera. L’inverso della

    finezza, ovvero il rapporto (Dmax/L), è noto come

    snellezza della fusoliera. A titolo di esempio nella

    tabella accanto vengono riportati i valori di finezza e

    snellezza relativi ad alcuni velivoli commerciali.

    La finezza è un parametro aerodinamico fondamentale in

    quanto è legata al coefficiente di resistenza della

    fusoliera. Quest’ultimo può dirsi composto da due fattori: il primo è la resistenza d’attrito legata al superficie

    bagnata del corpo, e che quindi cresce con la lunghezza L, il secondo è la resistenza di pressione ( o di

    forma) che è invece legata all’area massima della sezione trasversale, e che pertanto aumenta all’aumentare

    del diametro D della sezione. Dal bilancio tra la

    resistenza di forma e quella di attrito è possibile

    individuare un valore ottimo della finezza che

    minimizza la resistenza. Tuttavia le moderne fusoliere,

    per motivi di carattere strutturale legati all’ingombro

    minimo necessario, hanno un rapporto di finezza

    maggiore di quello di ottimo (vedi grafico a lato)

    Velivolo D/L

    snellezza

    L/D

    finezza

    DC-9 0,096 10,416

    DC-8 0,076 13,158

    DC-10 0,072 13,888

    Boeing 707 0,074 13,513

    Boeing 747 0,086 11,627

    Concorde 0,046 21,739

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    Forma e dimensioni della fusoliera variano a seconda della categoria di appartenenza del velivolo, nonché

    delle prestazioni richieste. Le sezioni trasversali più usate negli aerei civili sono le seguenti:

    • Sezione rettangolare o rettangolare con cappottatura a calotta, ormai in disuso (fig. a e b) ;

    • Sezione ovalizzata, impiegata per piccoli aerei da trasporto persone (fig. c);

    • Sezione a lobi circolari, usato nei grossi aerei da trasporto (fig. e);

    • Sezione circolare, ottima sotto ogni aspetto è la più comune (fig. d);

    Trasversalmente la forma della sezione della fusoliera

    deve obbedire a diverse ragione, la più importante delle

    quali è quella di alloggiare il carico utile, per cui un

    volta che lo si è determinato, si cerca di alloggiarlo

    utilizzando la minima sezione frontale.

    Inoltre poiché per i velivoli operanti ad alta quota le

    fusoliere devono essere pressurizzate, si ricorre ad una

    sezione circolare [in fig. la (1)], che facendo lavorare il

    fasciame a trazione e non a flessione permette di

    assorbire la pressurizzazione nel modo meno gravoso.

    Nel caso dei velivoli civili, la sezione più diffusa oltre a

    quella circolare e quella lobata [in fig. la (2)]. Ad essa si ricorre, ad esempio, quando la capacità della stiva

    della sez. circolare (1) è insufficiente, e quindi anziché ricorrere alla sezione circolare di raggio maggiore (3),

    si può utilizzare la sezione lobata (2) che a parità di carico è sicuramente più conveniente dal punto di vista

    della resistenza aerodinamica. La sezione lobata (2) rispetto a quella circolare (1) presenta oltre che un

    maggiore capacità per unità di lunghezza anche un miglioramento dell’aerodinamica dell’intersezione ala-

    fusoliera, per contro richiede pavimenti lavoranti, quindi più pesanti e di difficile costruzione ed è più gravoso

    l’assorbimento dei carichi legati alla pressurizzazione.

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    Tuttavia in alcuni casi come per i grossi velivoli da trasporto si sacrificano le condizioni dettate dalla

    pressurizzazione e si dispongono i passeggeri su più piani secondo diverse architetture:

    Nel caso di piccoli velivoli e di quelli militari non esistono regole generali per la forma trasversale della

    fusoliera, non essendovi le stringenti motivazioni del carico utile, e pertanto essa è determinata

    essenzialmente da motivi di ingombro e può assumere le forme più svariate.

    Dal punto di vista costruttivo, le fusoliere si possono distinguere in tre grosse categorie a seconda degli

    elementi che costituiscono la struttura resistente della fusoliera:

    ⇒ Fusoliere a traliccio o reticolari (in acciaio utilizzata negli aerei leggeri ed ultraleggeri);

    ⇒ Fusoliere a guscio;

    ⇒ Fusoliere a semiguscio.

    Nel caso delle strutture a guscio e semiguscio, la sezione di una fusoliera è costituita da elementi

    longitudinali detti correnti aventi la funzione di assorbire gli sforzi indetti dalle flessioni, da elementi

    trasversali dette ordinate aventi la funzioni sia di appoggio per i correnti che di forma, e dal rivestimento

    che oltre alla funzione propria ha anche quella di assorbire le sollecitazioni di torsione e quelle generate dalla

    pressurizzazione. Uno dei problemi nel dimensionamento della fusoliera, è quello generato dalla presenza

    delle aperture (oblò, portelli,..). Infatti una struttura sottile in presenza di aperture riduce notevolmente la

    propria rigidezza torsionale e pertanto nel calcolo delle aperture occorrerà prevedere opportuni rinforzi

    interni, realizzati con elementi profilati che costituiscono un vero e proprio telaio intorno all’apertura stessa.

    I componenti e le diverse tipologie strutturali della fusoliera saranno trattati in dettaglio nel successivo

    modulo G “Analisi strutturale della fusoliera”.

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    2.6 Organi di stabilizzazione e controllo

    Nei velivoli ad architettura classica, gli organi di stabilizzazione e controllo sono costituiti:

    � dal piano di coda orizzontale (detto anche

    impennaggio orizzontale), che provvede ad assicurare

    la stabilità e la manovrabilità del velivolo intorno

    all’asse di beccheggio. In particolare esso si compone

    di una parte mobile, detta equilibratore o elevatore, e

    di una fissa detta stabilizzatore. In alcune

    configurazioni l’intera superficie orizzontale è tutta

    mobile ed in tal caso si parla di stabilatore.

    � dal piano di coda verticale (detto anche impennaggio verticale), che provvede ad assicurare la stabilità

    e la manovrabilità del velivolo intorno all’asse di imbardata. In particolare esso si compone di una

    parte mobile, detta timone di direzione, e di una fissa detta deriva.

    � dagli alettoni che, situati all’estremità alari per aver il maggior braccio rispetto all’asse longitudinale,

    comandano il movimento di rollio.

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    ORGANO di CONTROLLO COMPOSIZIONE COMPITI

    IMPENNAGGIO ORIZZONTALE

    Stabilizzatore (parte fissa) Stabilità longitudinale (beccheggio)

    Equilibratore o elevatore

    (parte mobile)

    Comanda il movimento di beccheggio tramite

    la barra ( o volantino) azionata dal pilota

    longitudinalmente. Quando la barra viene

    spinta in avanti, l’equilibratore si abbassa e il

    velivolo picchia, se viene tirata verso il petto,

    l’equilibratore si solleva e il velivolo cabra.

    IMPENNAGGIO VERTICALE Deriva (parte fissa) Stabilità direzionale (imbardata)

    Timone

    (parte mobile)

    Comanda il movimento di imbardata tramite la

    pedaliera azionata dal pilota. In particolare se il

    pilota abbassa il pedale destro, il timone ruota

    verso destra, nasce un momento di imbardata

    che fa ruotare il velivolo intero a destra.

    ALETTONI

    Coppia di elementi mobili

    simmetrici rispetto all’ala e

    che si muovono in modo

    asincrono

    Comandano il movimento di rollio tramite la

    barra ( o volantino) azionata trasversalmente

    dal pilota. In particolare se si sposa la barra alla

    destra del pilota, l’alettone sinistro si abbassa

    (la semiala si solleva) mentre quello destro si

    solleva (la semiala si abbassa). Nasce un

    momento che fa virare il velivolo verso destra.

    La necessità dell’impennaggio orizzontale nasce dal fatto che, se il velivolo fosse costituito solo dall’ala

    e dalla fusoliera, non risulterebbe equilibrato al beccheggio. Infatti la portanza del velivolo parziale (Lw)

    applicata nel centro pressione (C.P.) non è baricentrica. Il C.P. è generalmente arretrato rispetto al

    baricentro G alle basse incidenze (Fig. a) ed avanzato alle

    alte incidenze (Fig. b). Ciò significa che si genera un

    momento a picchiare MY nel primo caso ed un momento a

    cabrare nel secondo. Nasce quindi l’esigenza di disporre di

    una seconda superficie portante in coda (piano orizzontale)

    che genera un momento uguale ed opposto a quello

    squilibrante del velivolo parziale (senza coda). Si comprende

    quindi il perché, nel volo orizzontale uniforme, il piano di

    coda deve essere deportante se il baricentro è in avanti (Fig.

    a) e portante nel caso opposto (Fig. b).

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    UNITA’ 2 L’AEROPLANO e le SUE PARTI pag. A/40

    La necessità dell’impennaggio verticale nasce invece dall’esigenza di garantire la stabilità direzionale del

    velivolo. Ad esempio quando il velivolo è investito da una raffica laterale, il piano di coda verticale produce

    una forza aerodinamica, detta devianza, che rispetto al baricentro genera un momento di imbardata che

    tende ad annullare la perturbazione. Il timone di direzione viene azionato dal pilota attraverso la pedaliera

    per garantire la manovrabilità direzionale.

    Per quando riguarda la disposizione dei piani di coda, oltre alla configurazione classica, con il piano

    orizzontale installato nell’estremità posteriore della fusoliera alla base della deriva, è possibile avere tante

    altre soluzioni di seguito raffigurate.

    Nell’ impennaggio a croce, il piano orizzontale è situato ad altezze intermedie rispetto a quello

    verticale mentre nell’ impennaggio a T i piani orizzontali sono siti all’estremità superiore della deriva. Si

    possono avere anche soluzioni in cui la superficie verticale anziché essere unica e costituita da più derive.

    Chiaramente la scelta del tipo di configurazione dipende da diversi fattori, tra i quali le sollecitazioni di

    flessione e torsione che le forze aerodinamiche generate dai piani di coda esercitano sulla fusoliera.

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    UNITA’ 2 L’AEROPLANO e le SUE PARTI pag. A/41

    Ad esempio si ha tutto l’interesse a fare in modo che l’impennaggio verticale sia il più basso possibile

    per non indurre grosse torsioni sulla fusoliera, d’altro conto la deriva non può essere troppo bassa per non

    creare problemi di contatto con il terreno al decollo. Per quanto riguarda la posizione dell’impennaggio

    orizzontale possiamo notare che mentre la configurazione T, ha il vantaggio rispetto a quella classica, di

    tenere i piani di coda lontano dalle scie di ali e motori (la si trova, ad esempio, in quegli aeromobili che

    hanno i motori installati nella parte posteriore della fusoliera come l’MD 80), presenta tuttavia

    l’inconveniente, che in condizioni di stallo il piano di coda può essere messo in ombra aerodinamica e

    l’equilibratore non riesce più a garantire il momento necessario per riportare il velivolo in condizioni normali,

    e inoltre, dal punto di vista strutturale, essa risulta più pesante di quella classica, in quanto gli sforzi agenti

    sulla parte orizzontale si scaricano completamente su quella verticale prima di raggiungere la fusoliera.

    Una soluzione alternativa e interessante e quella in cui i piani sono posizionati non più a valle dell’ala ma

    si trovano a monte. Tale configurazione è nota con il nome di canard ed

    è spesso impiegata nel caso di velivoli con ala a delta nei quali il compito

    degli equilibratori è assolto da superfici disposte a fianco degli alettoni,

    dotate di movimento simmetrico, chiamate elevoni.

    Tale soluzione presenta il grosso vantaggio di una riduzione della

    superficie alare, in quanto le alette canard contribuiscono alla portanza

    globale del velivolo, ma a differenza di un configurazione classica con il

    piano in coda, rimane il problema legato alla instabilità intrinseca di un

    sistema siffatto. Per tali motivi si è pensato ad una configurazione mista

    con alette nella parte anteriore e piani orizzontali in coda.

    Un esempio di tale configurazione è il velivolo P180 “Avanti” costruito dalla Piaggio Aero Industries).

    Il Piaggio P180 Avanti è un aereo da trasporto executive da 6 - 9 passeggeri che è

    attualmente l'unico aereo al mondo disegnato, sviluppato e certificato con una

    configurazione a tre superfici portanti e prodotto in serie. La configurazione a tre

    superfici alari ad elevato allungamento permette non solo una ripartizione ottimale

    della portanza necessaria al velivolo ed una significativa riduzione della resistenza

    indotta, ma comporta anche efficienze complessive maggiori dovute alla ridotta

    deportanza che i piani di coda devono generare per bilanciare il momento

    aerodinamico. Inoltre la configurazione propulsiva con eliche spingenti, garantisce

    bassi livelli di rumorosità in cabina grazie al posizionamento dei dischi di rotazione

    a valle delle zone abitate, tuttavia, genera un'impronta sonora inconfondibilmente

    "acuta" all'esterno, a causa dell'interferenza aerodinamica degli scarichi motore

    con le eliche stesse. Il velivolo viene spesso portato ad esempio come

    configurazione canard, ma la dizione per il P-180 è assolutamente impropria, in

    quanto l'ala anteriore pur dotata di flap è sprovvista di superfici mobili di controllo.

    Queste ultime sono infatti convenzionali, ripartite tra ala principale e

    stabilizzatore/equilibratore.

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    2.7 Organi per l’involo e l’atterraggio.

    Gli organi per l’involo e l’atterraggio sono tutti quei dispositivi che consentono al velivolo di decollare

    e atterrare. Nel caso di velivoli “terrestri” essi sono costituiti dai carrelli di atterraggio, normalmente composti

    da ruote fissate ad ammortizzatori, ma possono anche essere utilizzati sci per operazioni su superfici nevose

    o ghiacciate oppure galleggianti per operazioni su superfici acquose, come nel caso degli idrovolanti.

    Il carrello di atterraggio deve inoltre

    consentire le manovre a terra del velivolo e assorbire

    gli urti all’atterraggio. Ovviamente non avendo nessun

    compito durante la fase di volo deve essere il più

    leggero possibile e non deve danneggiare dal punto di

    vista della resistenza aerodinamica.

    I carrelli possono essere di tipo fisso oppure

    retrattile. Nel primo caso il carrello è fissato sotto

    la fusoliera o le ali dell'aereo penalizzando molto dal

    punto di vista della resistenza aerodinamica. Per

    contro risulta meno pesante e non richiede il livello di

    manutenzione necessario per i carrelli retrattili. Viene di solito impiegato negli aerei di piccole dimensioni

    perché nella maggior parte dei casi i vantaggi in termini di prestazioni non giustificano il peso, i costi e la

    complessità maggiore. Inoltre il pilota non rischia

    inutilmente di atterrare con il carrello retratto. Al

    contrario i velivoli di una certa dimensione hanno

    ormai tutti il carrello retrattile nella fusoliera o nelle

    ali dell'aereo. Tale soluzione pur essendo di

    maggiore difficoltà costruttiva, ingombrante e

    pesante, consente tuttavia una maggiore pulizia

    aerodinamica e consente di migliorare

    notevolmente le prestazioni soprattutto in termini di

    velocità di volo.

    Per quanto riguarda la disposizione delle ruote, si possono avere le seguenti configurazioni:

    1. carrello biciclo;

    2. carrello triciclo con ruotino posteriore (configurazione classica);

    3 carrello triciclo con ruotino anteriore.

    Carrello triciclo fisso di un Cessna 172

    Carrello retrattile fuori in atterraggio

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    UNITA’ 2 L’AEROPLANO e le SUE PARTI pag. A/43

    E’ costituito essenzialmente da due ruote poste in linea, come

    quelle della bicicletta, una sotto la fusoliera, poco avanti al

    baricentro, e l'altra in coda. Tale configurazione è tipica degli alianti

    e dei piccoli motoalianti, ma anche di alcuni prototipi di

    aereo/razzo dove occorre ridurre al minimo l' ingombro causato dal

    vano carrello. Non soffre di particolari problemi nelle manovre al

    suolo, ma aiuta invece a mantenere la direzione in decollo ed

    atterraggio, anche in presenza di vento traverso

    E’ costituito da due sole ruote principali poste anteriormente

    sotto la fusoliera o sotto le ali, poco avanti al baricentro e da un

    ruotino di coda o da un pattino in coda. Tale configurazione era

    molto usata fino agli anni trenta da cui l’aggettivo di “classica”. Il

    vantaggio di questo tipo di carrello è che permette l'atterraggio e

    il decollo anche da piste semi-preparate o comunque non in

    condizioni ottimali: questo perché la ruota anteriore dei carrelli

    tricicli non è molto resistente, al contrario della robustezza

    dovuta al fatto di usare due sole ruote. Inoltre questo sistema

    tiene l'elica lontana da eventuali terreni accidentati.

    L’assetto “a cabrare" che assumono gli aerei con carrello classico quando sono a terra comporta una minore

    corsa di decollo rispetto ai tricicli perché l'ala si trova già ad un angolo di attacco abbastanza alto. La difficoltà

    maggiore però sta nel fatto che il baricentro si trova dietro il carrello principale, e questo comporta alcuni

    problemi. Ad esempio in atterraggio, se l'aereo tocca terra un po' bruscamente e a velocità elevata, a causa

    della posizione del baricentro la coda si abbassa, aumenta l'angolo di incidenza, e l'aereo riprende a volare, come

    se rimbalzasse. È quindi importante atterrare alla velocità minima di sostentamento e inoltre le frenate troppo

    brusche rischiano di far capovolgere l'aereo frontalmente.

    E’ costituito da una ruota anteriore posta di solito sotto il muso e da due

    o più ruote poste leggermente dietro il centro di gravità dell'aereo, sotto

    la fusoliera o sotto le ali. In alcuni modelli il carrello anteriore è in grado di

    sterzare per facilitare il rullaggio e le operazioni a terra. Con questo tipo di

    carrello è impossibile che l'aereo si cappotti, si può quindi frenare più

    energicamente riducendo le corse di atterraggio. Inoltre le manovre a

    terra sono più agevoli grazie alla maggiore visibilità e al ruotino anteriore

    e i velivoli sono un po' meno vulnerabili al vento di traverso. La maggior

    parte dei velivoli da trasporto di oggi sono dotati di carrello triciclo

    retrattile. I piccoli monomotori da turismo invece ne hanno uno fisso.

    Gli aerei che atterrano con un alto angolo di attacco sono spesso dotati

    anche di un ruotino di coda per evitare che la coda tocchi la pista

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    UNITA’ 2 L’AEROPLANO e le SUE PARTI pag. A/44

    Un altro vantaggio del carrello triciclo con ruotino anteriore si ottiene in termini di stabilità nelle manovre

    curve. Infatti, nel caso di un carrello triciclo con ruotino posteriore negli spostamenti al suolo, se per una

    folata di vento o per qualunque

    motivo l'aereo inizia a girare, la forza

    centrifuga porta il baricentro verso

    l'esterno restringendo sempre di più

    il raggio di curvatura, con il rischio, a

    velocità elevate, di ribaltare l'aereo.

    Quindi gli aerei che utilizzano questo

    tipo di carrello sono molto sensibili al

    vento laterale. Nella configurazione

    con ruotino anteriore la posizione del

    baricentro rende molto più stabile l'aereo nei movimenti al suolo, perché tende a raddrizzare le curve

    troppo strette, e non permette che l'aereo rimbalzi all'atterraggio.

    Il numero delle ruote che compongono il carrello è funzione del peso massimo al decollo del

    velivolo e dell’area di contatto tra pneumatici e suolo. Le crescenti dimensioni degli aerei con il

    conseguente aumento di peso richiedono un numero maggiore di ruote. Ad esempio l'Airbus A340-500

    dispone di un terzo carrello posizionato al centro della

    fusoliera; il Boeing 747 invece dispone di cinque carrelli: uno

    sotto il muso e gli altri quattro, ognuno da quattro ruote, sotto

    la fusoliera e le ali.

    La tendenza moderna è quella di dotare i carrelli di un

    numero maggiore di ruote ma di minori dimensioni in modo da

    avere, a parità di area di contatto pneumatici-suolo, un

    vantaggio in termini di peso, anche se tale soluzione comporta

    una maggiore complicazione costruttiva.

    Infine il carrello anteriore è dotato quasi sempre di un

    compasso che permette l’orientamento della ruota, mentre quello principale è dotato di freni, che ormai

    sono esclusivamente a disco semplice o multiplo.

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    UNITA’ 2 L’AEROPLANO e le SUE PARTI pag. A/45

    2.8 Cenni sul tipo e sulla disposizione dei propulsori aeronautici.

    La scelta e la disposizione del gruppo propulsore è, dopo l’ala, uno degli elementi che ha notevole

    ripercussione sull’architettura generale del velivolo.

    Premesso che una macchina a sostentazione dinamica (aerodina) può avanzare in volo orizzontale

    solo grazie alla spinta del propulsore installato, tutti i propulsori funzionano secondo lo stesso principio fisico

    che consiste nel prelevare una certa quantità di aria e accelerarla, pertanto la spinta che ne deriva sarà tanto

    più grande quanto più grande è la massa di aria interessata e quanto più grande è la differenza tra velocità

    di efflusso e quella di volo. Per tale motivo i propulsori aeronautici si dividono in due grandi famiglie a

    seconda che venga utilizzata o meno l’aria esterna:

    ⇒ ESOREATTORI;

    ⇒ ENDOREATTORI o MOTORI A RAZZO (che portano con se il combustibile ed il comburente).

    Gli esoreattori, a seconda delle modalità con cui si ottiene la spinta, si suddividono a loro volta in:

    ⇒ MOTOELICHE;

    ⇒ TURBOGETTI;

    ESOREATTORI ⇒ TURBOELICHE O TURBOPROP.

    ⇒ TURBOFAN o TURBOGETTO a DOPPIO FLUSSO;

    ⇒ AUTOREATTORI e PULSOREATTORI.

    In particolare parleremo di propulsori a reazione indiretta se l’aria viene accelerata con un dispositivo

    esterno al motore (elica), di propulsori a reazione diretta quando il fluido è elaborato all’interno del motore.

    Senza entrare nella descrizione di

    ciascun tipo di propulsore, peraltro

    oggetto di altro corso, ci limitiamo qui a

    ricapitolare il campo di utilizzo di

    ciascuno di essi, poiché, in campo

    aeronautico, ogni propulsore viene

    scelto in base alle specifiche prestazioni

    in termini di velocità e quota di volo.

    Quello che necessariamente accomuna tutti i tipi di propulsione è che essi devono rispondere a specifiche

    tecniche molto più restrittive rispetto ai motori per autotrazione in termini di affidabilità, peso limitato,

    ingombro e impatto ambientale (rumore).

  • MODULO A NOZIONI FONDAMENTALI di TECNICA AERONAUTICA

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    UNITA’ 2 L’AEROPLANO e le SUE PARTI pag. A/46

    MOTOELICHE

    Campo di

    utilizzo

    Piccoli velivoli della aviazione generale

    Caratteristiche

    e limiti

    Basse velocità (max 500 Km/h) e quote di volo

    inferiori agli 8.000m a causa delle perdite di

    rendimento volumetrico con la quota. E’ il tipo di

    propulsore più economico alle basse velocità.

    TURBOGETTI o TURBOJET

    Campo di

    utilizzo

    Ormai è utilizzato solo in aviazione militare, in

    campo civile è stato soppiantato dai più economici

    e ecologici turbofan.

    Caratteristiche

    e limiti

    È l’unico propulsore che permette di garantire una

    sufficiente spinta nell’alto supersonico fino a

    velocità di 2.500 Km/h (M=2,2) e quote di volo fino

    a 25.000 m.

    TURBOELICHE o TURBOPROP

    Campo di

    utilizzo

    Velivoli da trasporto cose e/o passeggeri di medie

    dimensioni (es. trasporto regionale)

    Caratteristiche

    e limiti

    Permette di estendere i limiti dell’elica a velocità di

    circa 750 Km/h e quote di volo di 12.000 m. I piccoli

    turboelica sono molto diffusi grazie ai bassi costi di

    realizzo, gestione e manutenzione, alla lunga vita

    operativa e alla grande affidabilità.

    TURBOFAN

    Campo di

    utilizzo

    Aviazione civile a medio e lungo raggio.

    Caratteristiche

    e limiti

    Regimi di volo compresi tra l’alto subsonico ed il

    basso supersonico. Presenta una rumorosità più

    bassa e dei consumi ridotti rispetto al turbogetto.

    Nell’alto supersonico i turbofan non garantiscono

    più la spinta necessaria e si deve necessariamente

    ricorrere ai turbojet.

    La sostanziale differenza tra i motori ad elica e quelli a getto é che mentre i primi vengono classificati per

    potenza, i secondi vengono classificati per spinta (per poter paragonare le prestazioni basta moltiplicare la

    spinta del turbogetto per la velocità del velivolo per ottenere la potenza). Inoltre il comportamento alle basse

    velocità dei velivoli ad elica è molto migliore, in quanto mantengono un maggior esubero di potenza

    disponibile, il che garantisce grandi condizioni di sicurezza in quei casi in cui si manifestano imprevisti nelle

  • MODULO A NOZIONI FONDAMENTALI di TECNICA AERONAUTICA

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    UNITA’ 2 L’AEROPLANO e le SUE PARTI pag. A/47

    fasi di decollo o atterraggio, fasi nelle quali statisticamente si verificano la maggior parte degli incidenti.

    Il grande esubero di potenza permette infatti di percorrere rampe più ripide consentendo una rapida ripresa

    dell'aereo nel caso, ad esempio, di un "lungo" in atterraggio. Nella successive figure sono raffrontati i

    diagrammi delle prestazioni di velivoli ad elica e velivoli a getto.

    Le curve indicate con PA rappresentano le potenze fornite dal motore, le curve indicate con PR le potenze

    necessarie al sostentamento del velivolo. Si vede che alle basse velocità il velivolo ad elica, diagramma (a),

    mantiene un esubero di potenza nettamente maggiore del velivolo a getto, diagramma (b), a parità di curva

    delle potenze necessarie. Ciò spiega l’utilizzo della propulsione ad elica nei collegamenti in ambito regionale,

    dove i velivoli non raggiungono mai quote particolarmente elevate, dato il breve tempo di volo, per cui non è

    necessario utilizzare velivoli a getto, che rendono meglio se utilizzati ad alte quote. La brevità delle tratte

    rende inoltre trascurabile il risparmio di tempo dovuto alla maggiore velocità del velivolo a getto.

    Dornier 328 equipaggiato con motore turbofan

    Dornier 328 equipaggiato con motore turboprop

    Esistono aerei utilizzati per l’aviazione civile che vengono prodotti con i due sistemi di propulsione, ad elica e a getto. Un esempio può essere il DORNIER 328. La versione “Jet” è propulsa da due turbofan Pratt & Whitney Canada PWC 306B da 2722 kg di spinta unitaria, mentre la versione “turboprop” da due Pratt & Whitney Model PW 119B, ciascuno dei quali genera una potenza al decollo di 2.180 cavalli sull'albero, con eliche Hartzell esapala in materiale composito. La versione equipaggiata da motori turbofan presenta un consumo orario leggermente più alto a fronte di una velocità di crociera del 20% più elevata. Il motivo principale sta nel fatto che, garantendo il motore a getto una forte spinta fino a quote elevate, il velivolo così propulso può volare a quote operative maggiori rispetto al turboprop, incontrando una minore resistenza aerodinamica e volando a velocità maggiori.

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    UNITA’ 2 L’AEROPLANO e le SUE PARTI pag. A/48

    Boeing 737 equipaggiato con motore turbojet

    Boeing 737 equipaggiato con motore turbofan

    Nelle immagini sopra viene invece riportato un Boeing 737, nelle due versioni, equipaggiate, rispettivamente con motore turbo-jet e con motore turbofan. Si nota un’importante differenza fra i due motori, cioè la maggiore area frontale del turbofan rispetto al turbo jet, che comporta certamente un incremento di resistenza del velivolo e un peggiore comportamento negli assetti deviati. Tuttavia per le velocità di esercizio e per le prestazioni richieste ai velivoli per l’aviazione civile, questo aspetto è considerato trascurabile rispetto ai vantaggi in termini di consumo e impatto ambientale.

    Dopo la scelta del tipo di propulsore, il secondo problema che il progettista è chiamato a risolvere è la

    scelta del numero dei motori e la loro disposizione sul velivolo. Chiaramente la scelta del numero di

    propulsori prima di tutto dipende dalla tipologia di velivolo, poi è legata alle spinte o potenze disponibili e

    infine a considerazioni di sicurezza e affidabilità.

    Rimanendo nel caso dell’aviazione civile possiamo avere:

    ♦ MONOMOTORE a ELICA: è il caso di un unico propulsore (motoelica) che può essere installato o in

    configurazione classica, cioè con elica trattiva, oppure essere montato nella parte posteriore della

    fusoliera e quindi in configurazione propulsiva. La soluzione classica con elica trattiva è vantaggiosa

    dal punto di vista del centramento del velivolo, mentre quella con elica propulsiva è vantaggiosa in

    termini di visibilità e di resistenze passive.

    ♦ BIMOTORE a ELICA: La configurazione classica prevede due motori con elica trattiva collocati in

    gondole sotto l’ala o portati direttamente dall’ala.

    ♦ BIMOTORE a GETTO: Nel caso dei velivoli a getto oltre alla configurazione classica di due motori in

    gondole sub-alari, vi è la possibilità di installarli nella parte posteriore della fusoliera mediante

    appositi piloni. Quest’ultima configurazione (utilizzata ad esempio per il velivolo MD 80) consente di

    avere diversi vantaggi tra i quali:

    • ala aerodinamicamente pulita;

    • basso rumore in cabina;

    • minore altezza da terra della fusoliera;

    • ridotti rischi di ingestione di corpi estranei

    da parte dei turbogetti;

    • Trascurabili effetti di imbardata nel caso di piantata di uno dei propulsori.

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    UNITA’ 2 L’AEROPLANO e le SUE PARTI pag. A/49

    mentre la configurazione classica, con due motori sub-alari, è preferibile poiché presenta:

    • vantaggi in termini di centramento;

    • migliore rendimento delle prese d’aria;

    • libertà di progettazione degli impennaggi verticali;

    • semplicità e leggerezza delle installazioni di alimentazione e regolazione.

    Nel caso in cui è necessario aumentare il numero dei motori si può ricorrere a un TRIREATTORE o un

    QUADRIREATTORE. Per i grossi velivoli da trasporto la

    formula del trireattore (nella figura a lato un DC 10) è

    legata sia all’esigenza di avere grosse autonomie sia una

    maggiore spinta in fase di decollo poiché spesso gli

    aeroporti, situati vicinissimo al centro delle città, sono

    dotati di piste corte. Chiaramente nel caso di modeste

    percorrenze e piste sufficientemente lunghe un

    trireattore appare sovradimensionato non solo rispetto all’esigenza di crociera ma anche rispetto a quelle di

    decollo ed è ragionevole ricorrere a un bireattore.

    Quando abbiamo a che fare con velivoli di grossi dimensioni necessariamente occorre utilizzare quattro

    propulsori. Il più grande velivolo fin ad oggi costruito

    per il trasporto passeggeri è l’AIRBUS A380. Si tratta

    di un gigante di 560 tonnellate che nella versione più

    capiente può trasportare fino a 656 passeggeri.

    Da quando è cominciata la progettazione di questo

    velivolo le case motoristiche hanno cercato di

    produrre il motore adatto. Ad esempio General Elettric

    e Pratt & Whittney hanno creato un consorzio

    producendo il motore GP7200, un turbofan da 32

    tonnellate di spinta al decollo, mentre la Rolls-Royce ha prodotto il Trent 900, anch’esso da 32 tonnellate di

    spinta. La scelta di quale motore montare viene, in genere, fatta dalla compagnia aerea che acquista

    l’aeromobile, secondo criteri legati alle possibilità di effettuare le manutenzioni. L’A380 ne monterà quattro

    rispondendo al criterio secondo il quale, la spinta disponibile in caso di avaria di un motore, deve essere di

    circa il 20% del peso dell’aeromobile, ed effettivamente tre motori da 32 tonnellate cad. forniscono le 100

    tonnellate richieste.

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    UNITA’ 2 L’AEROPLANO e le SUE PARTI pag. A/50

    Nelle immagini sopra il propulsore sito presso l’ITIS “G.C. Falco” di Capua (CE)

    .................... il turbogetto GENERAL ELETRIC J79-GE

    Il turboreattore J79-GE, propulsore dello storico velivolo

    F 104, veniva costruito, su licenza della ditta General

    Eletric Aircraft, dalla divisione aeronautica della ex

    AERITALIA. Si tratta di un reattore monoalbero del tipo "A

    FLUSSO ASSIALE" provvisto di un compressore assiale a

    17 stadi, una camera di combustione tubo anulare con 10

    tubi di fiamma, una turbina a tre stadi e un post-

    bruciatore. Funzionando a regime "MILITARY" (massima

    spinta senza post-bruciatore) esso forniva una spinta di

    circa 10.000 lbs, pari a 4.540 kg mentre in massima post-

    combustione forniva una spinta di circa 15.800 lbs,

    equivalenti a 7.180 kg. In particolare sul velivolo F 104

    versione “G” era installato il turboreattore J79-GE-11B.

    Successivamente con l'avvento della versione “S” si è

    scelto di equipaggiare gli F 104 con il più potente J79-GE

    19. Quest'ultima versione, caratterizzata da un 15% di

    spinta in più, è stata rivista nella turbina e nell'ugello, ed

    è quella utilizzata sugli ultimi F-104 ASA e ASA-M.

    Peso del motore base 3210 lbs [1.458 kg] Spinta NORMAL (99% RPM) 11870 lbs [ 5.389 kg]

    Peso del condotto di scarico 625 lbs [282 kg] Spinta MILITARY (100% RPM) 11870 lbs [ 5.389 kg]

    Peso totale 3835 lbs [1.740 kg] MINIMO AFTERBURNER 15300 lbs [6.946 kg]

    Temperatura di ingresso in turbina

    993°c MASSIMO AFTERBURNER 17900 lbs [8.126 kg]

    Temperatura di uscita dalla turbina

    670° ± 8°c

    Portata d’aria 170 lb/sec

    Consumo specifico di crociera 0,84 -1,20

    kg/(kgspinta x h)

    Consumo specifico con postbruciatore

    1,96 kg/(kgspinta x h)

    Rapporto di compressione 12.7 : 1