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MAGAZINE n.236 / 21 25 GENNAIO 2021 LG potrebbe annunciare la chiusura della divisione smartphone 05 26 26 HP Reverb G2. Realtà virtuale, immagine reale Galaxy Buds Pro I migliori di Samsung IN PROVA IN QUESTO NUMERO Samsung Galaxy S21 5G Nuovo dal design al processore Tre modelli di fascia alta rivisti nel design e nelle caratteristiche, con un’inedita funzione integrata nella fotocamera. Il modello top ha l’innovativo sensore Isocell HM3, che promette “miracoli” 07 Come funziona la GPU. La pipeline grafica Da processore ausiliario dei PC a componente indispensabile di ogni dispositivo con uno schermo: è la GPU. Scopriamo cos’è, qual è il suo ruolo e come funziona, cominciando da come nasce un’immagine in computer grafica 16 Serie A 2021 - 2024 su Prime Video? Amazon è pronta all’offerta 06 Tutto sul nuovo Switch-off TV Tutto sul nuovo Switch-off TV Lo switch-off del digitale terrestre non sarà scaglionato per aree. Le due scadenze che toccano gli utenti saranno all’unisono in tutta Italia: 1 settembre 2021 e 21-30 giugno 2022. Ecco la FAQ completa per fare chiarezza Ott ica Sony F1.4 GM Nitidezza e geometria 24 24 Dyson 360 Heurist Provaci ancora, James Il nuovo CEO di Intel “Dobbiamo fare CPU migliori di Apple” 14 18 29 29 32 32 10 10 Galaxy S21 Ultra Galaxy S21 Ultra Quanto dura la batteria? Quanto dura la batteria? Il test di laboratorio Il test di laboratorio 34 34 Il GDPR protegge davvero i dati degli utenti europei? 02 SUV elettrico EQA SUV elettrico EQA La nuova offensiva La nuova offensiva di Mercedes di Mercedes

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MAGAZINEn.236 / 2125 GENNAIO 2021

LG potrebbe annunciare la chiusura della divisione smartphone 05

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HP Reverb G2. Realtà virtuale, immagine reale

Galaxy Buds Pro I migliori di Samsung

IN PROVA IN QUESTO NUMERO

Samsung Galaxy S21 5G Nuovo dal design al processore Tre modelli di fascia alta rivisti nel design e nelle caratteristiche, con un’inedita funzione integrata nella fotocamera. Il modello top ha l’innovativo sensore Isocell HM3, che promette “miracoli”07

Come funziona la GPU. La pipeline grafica Da processore ausiliario dei PC a componente indispensabile di ogni dispositivo con uno schermo: è la GPU. Scopriamo cos’è, qual è il suo ruolo e come funziona, cominciando da come nasce un’immagine in computer grafica

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Serie A 2021 - 2024 su Prime Video? Amazon è pronta all’offerta06

Tutto sul nuovo Switch-off TV Tutto sul nuovo Switch-off TV Lo switch-off del digitale terrestre non sarà scaglionato per aree. Le due scadenze che toccano gli utenti saranno all’unisono in tutta Italia: 1 settembre 2021 e 21-30 giugno 2022. Ecco la FAQ completa per fare chiarezza

Ottica Sony F1.4 GM Nitidezza e geometria

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Dyson 360 Heurist Provaci ancora, James

Il nuovo CEO di Intel “Dobbiamo fare CPU migliori di Apple” 14

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1010

Galaxy S21 Ultra Galaxy S21 Ultra Quanto dura la batteria? Quanto dura la batteria? Il test di laboratorio Il test di laboratorio 3434

Il GDPR protegge davvero i dati degli utenti europei?

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SUV elettrico EQA SUV elettrico EQA La nuova offensiva La nuova offensiva di Mercedesdi Mercedes

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MAGAZINEn.236 / 2125 GENNAIO 2021

di Gianfranco GIARDINA

Partiamo subito dal punto chiave: no, lo switch-off

televisivo NON sarà scaglionato per regioni.

Chi segue assiduamente DDAY.it lo sa bene:

da anni oramai riportiamo le date dei due passaggi

chiave, quello all’MPEG4 e quello al DVB-T2, sotto-

lineando che, contrariamente a quanto accadde con

il primo swtich-off, le due scadenze non saranno dif-

ferenziate per aree ma avverranno nello stesso mo-

mento a livello nazionale, con tutte le complicazioni

connesse dal punto di vista logistico e commerciale.

Da diverse settimane, invece, assistiamo a una cam-

pagna di cattiva informazione attorno allo switch-off

televisivo con protagonisti anche importanti mezzi

di stampa nazionali, evidentemente poco e male in-

formati, che hanno equivocato alcune fasi tecniche

a bassissimo impatto sui consumatori (lo sposta-

mento delle frequenze) con i passaggi di formato di

trasmissione, che invece porteranno allo spegnimen-

to di milioni di TV in Italia a partire da settembre di

quest’anno.

L’equivoco nasce - va detto - anche in seguito ad una

frase imprecisa che era riportata sul sito ministeriale dedicato allo switch-off che è stata corretta.

Cerchiamo ancora una volta di fare chiarezza sulle

scadenze e sulle fasi previste per questo nuovo swi-

tch-off televisivo, oramai alle porte.

Quali sono le scadenze che riguardano direttamente i consumatori?Le date chiave dello swtich-off sono due: il 1 settem-

bre 2021, data in cui tutte le trasmissioni nazionali

passeranno all’unisono e su tutto il territorio in codifi-

ca MPEG-4. E poi la decade dal 21 al 30 giugno 2022,

TV E VIDEO Torniamo sul tema dello switch-off del digitale terrestre per smentire le fake news e rispondere a tutte le domande

Lo switch-off TV non sarà scaglionato per aree Due scadenze nazionali e all’unisono in tutta ItaliaLe due scadenze sono nazionali: 1 settembre 2021 e 21-30 giugno 2022. La FAQ per fare chiarezza sul nuovo switch-off TV

in cui tutte le trasmissioni digitali terrestri verranno

diffuse nello standard DVB-T2, sempre con un pro-

cesso unico a livello nazionale.

Perché allora si è parlato da molte parti di uno switch-off scaglionato in aree?Chi ha informato i consumatori parlando di switch-off

scaglionato in aree geografiche, ha semplicemente

commesso un grossolano errore, che ha scatenato

anche non poca confusione tra consumatori e retai-

ler. Il processo scaglionato in aree riguarda solo lo

spostamento delle frequenze (che potrà avvenire

solo dopo il passaggio a MPEG-4 del 1 settembre

2021). Uno spostamento che darà pochi problemi ai

cittadini: basterà semplicemente risintonizzare i ca-

nali (processo che molti TV fanno automaticamente)

per continuare a vedere tutte le trasmissioni. Le due

vere scadenze dello switch-off, che richiederanno per

molti la sostituzione del TV o l’acquisto di un deco-

der sono quelle del 1 settembre 2021 e di fine giugno

2022 e valgono a livello nazionale.

In pratica, cosa succederà il 1 settembre 2021?Il 1 settembre 2021 tutti i multiplex nazionali (ovvero-

sia tutte le emittenti dei canali nazionali) passeranno

in codifica MPEG-4 (o più propriamente AVC). Questo

metterà fuori gioco tutti i TV e i decoder non HD, ov-

verosia quelli che oggi non sono in grado di sintoniz-

zare, per esempio, il 501 di Rai HD. Il passaggio del 1

settembre riguarderà la codifica e l’emissione di tutti

i canali nazionali per tutto il territorio italiano. Potreb-

bero passare con qualche mese di ritardo (questo sì

a seconda delle aree) le sole emittenti locali che po-

trebbero decidere di aspettare a codificare in MPEG4

solo nel momento dello spostamento delle frequenze

per la propria zona di emissione.

E cosa succederà dal 21 al 30 giugno 2022?Nell’ultima decade di giugno 2022 ci sarà, sem-

pre a livello nazionale, il passaggio alle trasmissioni

DVB-T2. Questo passaggio manderà “a nero” un nu-

mero molto alto di TV e decoder (si parla di almeno

15-20 milioni di apparecchi in Italia, solo nelle prime

case).

Può essere che ci sia uno slittamento delle date previste?Una cosa è certa: la banda 700 MHz, da cui si origi-

na tutto il processo di switch-off, il 1 luglio 2022 sarà

nelle mani delle telco che hanno acquistato a caro

prezzo le frequenze. Al momento non c’è alcuna avvi-

saglia di spostamenti di date sul processo televisivo e

segue a pagina 03

Qui alcuni dei tanti articoli usciti sui quotidiani in cui si raccontava di un processo di switch-off per aree, notizia destituita di ogni fondamento.

Un’immagine tratta dal sito “La nuova TV digitale” (nuovatvdigitale.mise.gov.it).

torna al sommario 3

MAGAZINEn.236 / 2125 GENNAIO 2021

TV E VIDEO

Switch-off TV, la FAQ completasegue Da pagina 02

le scadenze sono messe nero su bianco non solo sui

decreti legge ma anche sul sito del MiSE. Certamente

l’obiettivo è sfidante: i TV che richiederanno interventi

di sostituzione o l’applicazione di un decoder, sono un

numero che fa tremare i polsi. Una possibile apertura

a uno scenario di rinvio, almeno della scadenza del

giugno 2022 è stata aperta da Antonello Giacomel-

li, commissario dell’AGCOM e già sottosegretario al

MiSE con delega proprio sul dossier switch-off. Ma

dai funzionari e dai politici attualmente al Ministero

e impegnati su questo fronte, l’ipotesi di un rinvio al

momento non è stata neppure mormorata tra i denti o

lasciata lontanamente intendere.

Da fine giugno 2022 inizieranno anche le trasmissioni HEVC?L’obiettivo finale del passaggio televisivo che stiamo

per vivere sarà quello di arrivare a trasmissioni emes-

se in DVB-T2 e codificate in HEVC a 10 bit, una codi-

fica di nuova generazione (denominata anche H.265)

più efficiente di MPEG-4 e che quindi permette di

risparmiare banda e di trasmettere in modalità HDR.

Ma - va chiarito - non esiste alcun obbligo in capo alle

emittenti di iniziare sin da giugno 2022 le trasmissioni

in HEVC. Anzi, in considerazione del fatto che la codi-

fica HEVC esiste solo in scansione progressiva e che

la maggior parte delle strutture di produzione delle

emittenti nazionali sono ancora in scansione interlac-

ciata, è molto probabile che a luglio 2022 le trasmis-

sioni in HEVC saranno pochissime se non addirittura

del tutto assenti.

In corrispondenza delle due scadenze, vedremo anche un miglioramento della qualità delle trasmissioni? Ci saranno altri benefici?

Durante la fase transitoria, tra settembre

2021 e giugno 2022, non ci si aspetta un

miglioramento qualitativo delle trasmissioni:

il passaggio a MPEG-4 viene fatto proprio

per liberare lo spazio necessario al riasset-

to delle frequenze e molti canali verranno

“schiacciati” su pochi multiplex, probabil-

mente con qualche sacrificio temporaneo in

termini di banda non interamente compen-

sato dall’aumento di efficienza del codec.

Dopo il giugno 2022, invece, con il passag-

gio anche al DVB-T2, ci si potrebbe aspet-

tare qualche miglioramento qualitativo, ma

molto dipenderà dalle decisioni delle emit-

tenti: meno canali di maggiore qualità o più

canali di qualità non eccelsa? Il vero salto,

in realtà, si avrà solo con il passaggio alle

codifiche HEVC (possibili da giugno 2022

ma non obbligatorie) che permetteranno di

avere anche su digitale terrestre qualche

canale 4K; e soprattutto che segneranno il

passaggio alla scansione progressiva.

Che tipo di disagi ci si deve attendere nelle fasi di spostamento delle frequenze che intercorrono tra settembre 2021 e giugno 2022?Le fasi intermedie, che sono effettivamente

scaglionate per aree geografiche (prima il

Nord a fine 2021, poi il Centro-tirrenico nel

primo trimestre 2022 e per finire il Cen-

tro-adriatico e il Sud nel secondo trimestre

2022) prevedono solo lo spostamento del-

le frequenze per assumere l’assetto finale

previsto dal PNAF, senza alcun cambio di tecnologia.

L’unico disagio previsto per i consumatori in questo

periodo è la necessità di rifare periodicamente la

sintonia dei canali, operazione che peraltro molti TV

e decoder eseguono automaticamente durante la

notte. Qualche grattacapo in più potrebbero averlo

gli utenti che abitano in condominio con impianto di

antenna centralizzato e “canalizzzato”: questi sistemi

prevedono una serie di filtri sulle frequenze non utiliz-

zate per evitare disturbi. Questi impianti potrebbero

richiedere quindi una o più riconfigurazioni a carico di

un antennista per permettere ai canali spostati sulle

frequenze filtrate di arrivare fino al TV.

Mi hanno detto che i TV venduti dopo il 2017 sono sicuramente compatibili anche con il livello più evoluto delle nuove trasmissioni. È vero?È molto probabile ma potrebbe non essere sicuro.

Infatti, la legge, prevedendo questo futuro passag-

gio, ha disposto che sin dal gennaio 2017 tutti i TV

venduti ai consumatori finali fossero dotati di tuner

DVB-T2 e compatibili con la codifica HEVC: se i riven-

ditori sono stati onesti, quindi, tutti i TV venduti dal

2017 in poi dovrebbero essere compatibili con questi

standard. Ma l’ipotesi, diventata poi realtà, di trasmet-

tere in HEVC Main10 (ovverosia con codifica a 10 bit)

a quell’epoca non era ancora emersa e quindi sono

stati venduti diversi modelli DVB-T2 HEVC ma non a

10 bit, soprattutto sugli schermi di piccole dimensioni.

Per quanto dicevamo nel paragrafo precedente, que-

ste TV potrebbero comunque continuare a funziona-

re anche da luglio 2022 in avanti, per lo meno fino a

che non inizieranno trasmissioni HEVC Main 10.

Come faccio a sapere se il mio TV supererà i due passaggi previsti dallo switch-off?RAI e Mediaset, su indicazioni del MiSE, da qualche

mese stanno mandando in onda due canali test alle

posizioni 100 e 200 codificati in HEVC a 10 bit.

I TV e i decoder che riescono a visualizzare questi

canali (che poi si sostanziano in un cartello fisso) sono

già compatibili con il massimo livello televisivo che

verrà raggiunto dopo lo switch-off. Gli altri TV sem-

segue a pagina 04

torna al sommario 4

MAGAZINEn.236 / 2125 GENNAIO 2021

plicemente vedono “nero” o più frequentemente non

riescono neppure a sintonizzare i canali sul 100 e

200, che quindi risulteranno non assegnati. In questo

caso, per sapere se i TV coinvolti si spegneranno il

1 settembre 2021 o a giugno 2022 serve un supple-

mento di indagine. Come abbiamo spiegato in altre

risposte, il fatto di non vedere i canali test potrebbe

semplicemente significare che il TV in questione, pur

essendo DVB-T2 e HEVC non è compatibile con le

codifiche a 10 bit: apparecchi di questo tipo potrebbe-

ro andare avanti a funzionare correttamente ancora

per qualche tempo dopo il giugno 2022 (sicuramente

con le principali emittenti nazionali) e quindi avere

una minore urgenza nell’adeguamento.

Sulle specifiche del mio TV trovo DVB-T2 ma non si fa menzione di HEVC: vuol dire che l’apparecchio non sarà adeguato al post-giugno 2022?Non è detto: lo standard HEVC fino a un paio di anni

fa era considerato marginale e in alcuni casi non ve-

niva riportato nella lista delle specifiche tecniche. Esi-

ste anche un certo numero di modelli - numericamen-

te limitato - con tuner DVB-T2 ma senza capacità di

decodifica HEVC. A complicare la situazione, anche

altri modelli nelle cui specifiche è riportato il codec

HEVC, ma che in realtà sono in grado di decodificare

questi contenuti solo in streaming o da hard disk ma

non via antenna.

In cosa consiste il Bonus TV che dovrebbe rendere più morbido il passaggio alle nuove tecnologie televisive?Si tratta di un bonus di 50 euro (massimi) ottenibili

direttamente in fase di acquisto di TV o decoder che

sia DVB-T2 HEVC Main10 a condizione che si abbia

un indicatore del reddito ISEE inferiore ai 20mila euro,

con il limite di un bonus per ogni nucleo familiare.

Per un TV i 50 euro vanno a scontare il prezzo di acqui-

sto, mentre nel caso dei decoder (che generalmente

costano meno di 50 euro) il prodotto risulta gratuito

per gli aventi diritto. Sono stati stanziati in totale 151

milioni di euro per il Bonus TV da consumare entro la

fine del 2022, ma in oltre un anno di operatività è stato

assorbito solo il 10% delle quote disponibili. Per que-

sto motivo è allo studio una revisione dei requisiti di

questo beneficio per far sì che venga allargato a una

platea più ampia di utenti.

Ho sentito che in Finanziaria sono stati stanziati ulteriori 100 milioni per favorire il passaggio ai nuovi TV da parte degli utenti. È vero?Sì, la Finanziaria 2021 ha previsto un ulteriore stanzia-

mento di 100 milioni di euro per stimolare la sostitu-

zione di TV e decoder con modelli attuali compatibili

con le nuove trasmissioni. Il Ministero dello Sviluppo

Economico sta lavorando alla definizione dei meccani-

smi con cui erogare questi ulteriori contributi. Si parla

di accorpare questi fondi a quelli rimanenti dal Bonus

TV per la creazione di un nuovo super bonus allargato

a fasce reddituali più ampie, come anche è stata fatta

l’ipotesi di affiancare al Bonus TV (più o meno modifi-

cato) un processo di rottamazione finanziata dei vec-

chi TV, questa volta aperta a tutti i consumatori. Ma

bisognerà aspettare che vengano stabilite modalità e

procedure, lavoro che porterà via, se va bene, qualche

mese.

Ci saranno problemi a trovare TV e decoder a ridosso delle scadenze di settembre 2021 e giugno 2022?Non ci sono numeri certi sui TV che si spegneranno

nelle due scadenze e neppure si sa quanti di questi

verranno effettivamente rimpiazzati con nuovi TV o af-

fiancati da decoder Si parla, in tutti gli scenari possibili,

di diversi milioni di apparecchi che smetteranno di fun-

segue Da pagina 03

zionare. Il mercato italiano da alcuni anni è stabile attor-

no ai 4 milioni di TV e circa 300mila decoder all’anno

e certamente i numeri coinvolti da questo switch-off

sono enormi rispetto a questi valori. Malgrado i pro-

duttori e i rivenditori stiano ritoccando le proprie stime,

è purtroppo prevedibile che si andrà incontro a mesi

di carenza di prodotto, un po’ come sta succedendo

per i notebook in seguito al lockdown. Anzi, probabil-

mente sarà peggio perché la scadenza unica nazionale

renderà la domanda di prodotti, soprattutto decoder,

ancora più “impulsiva”, tenendo anche conto che le

abitudini italiane sono quelle di non anticipare gli ac-

quisti ma muoversi solo quando succede qualcosa. Da

questo punto di vista il 2021 non si prospetta come un

anno di “saldi” sui TV e certamente la seconda parte

dell’anno e il primo semestre 2022 vedranno momen-

ti in cui non sarà possibile trovare il modello preferito.

In questo senso, sarebbe bene muoversi con qualche

mese di anticipo nell’adeguare il proprio parco TV, per

poter scegliere il modello più adatto alle proprie esi-

genze e cercare un prezzo più conveniente.

La sostituzione del TV o l’aggiunta di decoder DVB-T2 HEVC sono le sole soluzioni per “salvare” dei TV non compatibili?No, ci sono anche altre soluzioni per continuare a ve-

dere i programmi TV che prevedono l’abbandono del

digitale terrestre per passare ad altre forme di trasmis-

sione. La cosa più comoda e immediata per chi ha un

TV con tuner satellitare integrato, è di comprare una

CAM di Tivusat e passare alla ricezione satellitare (ov-

viamente serve una parabola puntata verso HotBird).

Così il TV continua a funzionare ricevendo via satellite

tutti i canali televisivi nazionali, 50 canali in HD e 7 in

4K, oltre che i 23 canali regionali di RAI. E questo sin da

subito, senza aspettare le scadenze del 2022. Ai già

utenti, va ricordato che in queste settimane anche Ti-

vusat sta ponendo in essere un piccolo switch-off: tutte

le trasmissioni stanno via via passando in MPEG4, cosa

che sta mettendo fuori gioco decoder e CAM solo SD.

Anche i clienti di Sky con decoder di nuova genera-

zione sono al riparo da problemi (a patto di vedere

tutto tramite il decoder della pay TV): infatti Sky Q,

che integra il tuner digitale terrestre, è già compati-

bile con le nuove trasmissioni. La visione via Internet

dei canali presenti sul digitale terrestre via smart TV

è invece un po’ più complessa: le app delle emittenti

sono diverse (per “cambiare canale” bisognerebbe

uscire da una ed entrare nell’altra) e non tutti i canali

sono disponibili.

TV E VIDEOO

Switch-off TV, la FAQ completa

torna al sommario 5

MAGAZINEn.236 / 2125 GENNAIO 2021

di Roberto PEZZALI

“Gentile Utente, Con la presente ti informiamo che siamo venuti a co-noscenza di una possibile violazio-ne dei dati personali (un cosiddetto “data breach”) presenti nel portale “deascuola.it”. Stiamo svolgendo accurate indagini interne, tuttavia non possiamo escludere un even-tuale data breach che potrebbe comportare eventuali furti d’iden-tità, attività di phishing o l’accesso non autorizzato al portale o ad altri siti Internet in cui sono state utiliz-zate le medesime username e pas-sword utilizzate nel portale.

Con questa mail DeAgostini Scuola ha

avvisato alcuni utenti di un possibile

data breach. Facciamo saltare subito il

condizionale: il data breach c’è stato, e

ce lo ha confermato DeAgostini stessa

spiegandoci anche che il Garante della

Privacy è stato avvisato, come richiesto

dalla normativa vigente.

DeAgostini non ci ha voluto specificare

come è successo e quanti utenti sono

stati interessati, tuttavia ha riferito che

riguarda uno dei database e non tutti.

Secondo le nostre fonti, che ci hanno

ricondotto al venditore del “dump”, a

chi sta vendendo sul dark web i dati

sottratti, si tratterebbe di un database

contenente 250.000 combinazioni di

mail e password.

La cosa in assoluto più grave, e la con-

ferma ci arriva direttamente da chi sta

cercando di piazzare il pacchetto ad un

valore assolutamente basso, è la pre-

senza di password in chiaro: nel data-

base che è stato sottratto le password

non erano criptate. Una leggerezza

gravissima, la prima cosa che insegna-

no ad ogni corso di sviluppo web.

Il consiglio che diamo a tutti coloro che

erano registrati al portale “deascuola.it”

è di cambiare subito tutte le password,

anche se non hanno ricevuto la mail. Il

fatto che le password prelevate siano in

chiaro lascia pensare che l’intera infra-

struttura non sia gestita nel migliore dei

modi, e prevenire è meglio che curare.

DeAgostini Scuola si merita sicuramente

un 2 in sicurezza informatica, ma anche

un bel 4 in condotta: se è vero che ha av-

visato gli utenti di un “possibile” data-bre-

ach legato ai loro dati personali, non ha

più fatto sapere nulla anche quando loro

stessi avevano capito che l’intrusione c’è

stata. Il Garante è stato avvisato, gli utenti

sono stati lasciati con il dubbio: nessu-

na mail, nessun messaggio sui social

network, nessun messaggio sul sito.

La pagina di accesso di deascuola.it si

presenta come si presentava il mese

scorso, non un avviso né un avverti-

mento. Come se i dati di 250.000 utenti

iscritti alla piattaforma, incluse le pas-

sword in chiaro, non valgano niente.

Chissà cosa ne pensa il Garante.

MERCATO Il furto di una parte dei dati c’è effettivamente stato, ed è stato segnalato al Garante

DeAgostini Scuola bocciata in sicurezza Violazione dati personali e password in chiaroIntanto pare che, secondo nostre fonti, le password all’interno del database fossero in chiaro

MERCATO L’UE ha chiesto a Google garanzie per l’acquisizione

Fitbit è ufficialmente di Google “Non useremo i dati per le pubblicità”

di Massimiliano DI MARCO

Google ha completato l’acquisizione di Fitbit. L’accordo era stato annunciato a

novembre 2019: la transazione è valsa 2,1 miliardi di dollari. È servito molto

tempo per valutare con attenzione il modo in cui Google tratterà i dati dei

dispositivi di Fitbit, che monitorano vari parametri legati al benessere fisico, come la

frequenza cardiaca e la qualità del sonno.

Il timori di alcuni concorrenti di Google e di attivisti della privacy online, nonché dei re-

golatori, era che la società potesse sfruttare tali informazioni così sensibili per profilare

ancora di più gli utenti. Il giro d’affari della società è basato sulla pubblicità; usa tutti i

dati che raccoglie attraverso i suoi servizi, come Gmail e Android, per poter fornire agli

inserzionisti un bersaglio facile da colpire. L’Unione Europea, in particolare, ha chiesto

a Google diverse garanzie per poter approvare l’acquisizione. Per esempio, ha chiesto

che i dati registrati dai dispositivi Fitbit non vengano usati a fini pubblicitari e che, inol-

tre, altre aziende di terze parti potranno continuare ad avere accesso ai dati di Fitbit

previo il consenso degli utenti. Resterà invariata anche la compatibilità dei dispositivi

Fitbit con iOS. Tali condizioni sono state accettate dalla Commissione Europea alla

fine di dicembre. L’impegno di Google è vincolante, vale dieci anni ed è prolungabile

per ulteriori dieci a giudizio della Commis-

sione Europea in caso in cui “venisse giu-

stificata la necessità per tale estensione”.

“Questo accordo ha sempre riguardato i

dispositivi, non i dati, e abbiamo chiarito

fin dall’inizio che proteggeremo la pri-

vacy degli utenti di Fitbit” ha sottolineato

Rick Osterloh, vicepresidente senior della

divisione Devices & Services di Google.

LG potrebbe annunciare la chiusura della divisione smartphone. Ha perso 4.5 miliardi di dollari in 5 anniA dirlo è direttamente il CEO Kwon Bong-seok: le perdite sono eccessive e il mercato diventa sempre più competitivo. Sul tavolo ci sono diverse ipotesi, dalla chiusura alla vendita della divisione di Roberto PEZZALI

I numeri sono chiari: nel terzo tri-mestre del 2020 LG ha spedito (non venduto) 6.5 milioni di smar-tphone, con una quota di mercato vicina al 2%. Poco se ti chiami LG Electronics, e sei tra le più grosse aziende al mondo di elettronica di consumo. Negli ultimi cinque anni è sempre andata peggio, con la divisione mobile che ha perso 4.5 miliardi di dollari. Il CEO Kwon Bong-seok ha inviato un messag-gio ai dipendenti spiegando che ci sarebbe stato un cambiamento importante nella divisione smar-tphone. “Poiché la concorrenza nel mercato globale dei disposi-tivi mobili sta diventando sempre più agguerrita, è giunto il momen-to per LG di esprimere un giudi-zio freddo e capire quale sia la scelta migliore per l’azienda - ha scritto il CEO - LG sta valutando tutte le misure possibili, inclusa la vendita, la chiusura e il ridimen-sionamento del business degli smartphone”.Secondo i media locali una deci-sione dovrebbe arrivare presto, con uno statement ufficiale.

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MAGAZINEn.236 / 2125 GENNAIO 2021

I test di nPerf premiano Fastweb: “Miglior rete fissa in Italia”La rete fissa di Fastweb è la più performante in Italia, secondo i test di nPerf. I risultati sono basati su 2,4 milioni di test: gli utenti possono scaricare l’app di nPerf sul proprio dispositivo iOS o Android; l’insieme degli utenti compone lo studio. A questi si aggiungono i test di velocità integrati sui siti Internet che collaborano con nPerf. Fastweb ha raggiunto i risultati migliori nei test di velocità di upload e di latenza prendendo in considerazione tutte le tecnologie di rete fissa: 32,56 Mbit/s e 35,73 ms rispettivamente. Per velocità di download la migliore, in questo test, è stata WindTre con 80,59 Mbit/s, seguita da Fastweb (78,72 Mb/s), Vodafone (66,14 Mb/s) e TIM (56,19 Mb/s). Eolo, Linkem e Tiscali non sono stati inclusi nelle statistiche a causa dei pochi test eseguiti dagli utenti nPerf in questi operatori. Nel 2020, la velocità media di download in Italia è stata di 67 Mb/s; quella di upload di 23 Mb/s e la latenza media di 39 ms.

Estratto dai quotidiani onlinewww.DDAY.it

Registrazione Tribunale di Milanon. 416 del 28 settembre 2009

e

www.DMOVE.itRegistrazione Tribunale di Milano

n. 308 del’8 novembre 2017

direttore responsabileGianfranco Giardina

editingMaria Chiara Candiago

EditoreScripta Manent Servizi Editoriali srl

via Gallarate, 76 - 20151 MilanoP.I. 11967100154

Per [email protected]

Per la pubblicità[email protected]

MAGAZINE

MAGAZINE

di Roberto PEZZALI

Il nuovo CEO di Intel, fresco di nomina,

ha già le idee chiare. Intel dovrà diven-

tare quello che non è stata negli ultimi

anni. Pat Gelsinger torna in Intel dopo tan-

ti anni, e si trova per la prima volta a dover

gestire una situazione particolare, quella

dove l’azienda più grande al mondo nel

campo dei processori per PC ha di fron-

te una concorrenza davvero agguerrita.

Non solo da parte di AMD, ma anche da

parte di Apple che con il processore M1

ha in un solo colpo tolto a Intel lavoro, era

un partner strategico, e ha dimostrato di

saper far meglio in termini di prestazioni

di quanto fatto da Intel stesso.

È proprio Apple la prima azienda che Pat

Gelsinger ha messo nel mirino: nel corso

di un’intervista concessa ad un quotidia-

no locale dell’Oregon, ad Hillsboro c’è il

più grosso centro di ricerca mondiale di

Intel, Gelsinger ha detto

che “Intel deve essere

in grado di realizzare

per il mercato dei com-

puter prodotti migliori

di ogni prodotto realiz-

zato da quella lifestyle

company che ha sede a

Cupertino”. Nonostante

Apple abbia comuni-

cato che l’intenzione è

di andare avanti anche

con Intel per un periodo

di transizione, è chiaro che tra qualche

anno Apple sarà totalmente autonoma.

Ad Intel resta il mercato PC, e qui negli

ultimi anni AMD è stata una dolorosa

spina nel fianco: sotto la guida di Lisa Su

ha saputo sfornare prodotti competitivi

nei prezzi e nelle prestazioni andando a

toccare prima il mercato dei notebook e

poi, con gli ultimi Zen 3, anche il mercato

gaming, da sempre territorio di Intel.

Pat Gelsinger, che al momento è al ti-

mone di VMWare, si insedierà a metà

febbraio e tra le prime decisioni sul

banco c’è l’outsourcing di parte della

produzione a TSMC. L’obiettivo è libe-

rare infatti le linee per far decollare la

produzione a 10 nanometri e preparare

il salto verso la 7 nanometri.

MERCATO Pat Gelsinger, il nuovo CEO di Intel, ha dichiarato che” Intel deve fare molto di più”

Il nuovo CEO di Intel ha le idee molto chiare “Dobbiamo fare CPU migliori di Cupertino” È chiaro che tra qualche anno Apple sarà totalmente autonoma. Ad Intel resta il mercato PC

di Roberto PEZZALI

Sky Wi-fi è finalmente disponibile

anche per tutti i clienti Sky che non

vivono in una città connessa da una

rete in fibra FTTH.

Lo ha annunciato Sky, spiegando che

grazie ad un accordo wholesale firmato

con Fastweb è ora in grado di connet-

tere anche le famiglie nelle aree dove

Open Fiber non arriva, sfruttando ovvia-

mente l’ultimo miglio in rame. L’accordo

porta così Sky Wifi in oltre 1500 città e

grandi comuni e copre la quasi totalità

dei capoluoghi di provincia italiani tra

cui Trieste, Trento, Lodi, Rimini, Mas-

sa, Viterbo, Avellino e Trani. L’aggiunta

dell’offerta FTTC, oltre a quella già pre-

sente FTTH, permette a Sky di ampliare

la copertura di molte città già coperte,

come Roma e Firenze Ovviamente, la

fibra vera è solo quella FTTH con velo-

cità di 1 Gbps, tuttavia oggi molte zone

non sono coperte dalla vera fibra e Sky

è voluta andare incontro ai clienti che

volevano una offerta convergente, TV e

MERCATO L’offerta di connettività di Sky ha triplicato la sua copertura sul territorio nazionale

Sky Wi-fi, con l’FTTC salgono a 1500 le città connesseGrazie all’accordo wholesale con Fastweb Sky Wifi è disponibile in oltre 1500 città e grandi comuni

internet tutti forniti dallo

stesso operatore.

Ma non tutte le FTTC

sono uguali. Sky infatti

anche per l’FTTC utilizza

la sua nuova rete core

con la CDN per i conte-

nuti, e nella sua rete ha

10 punti di interconnes-

sione con la rete Fastweb. Sky è stata poi

molto attenta a selezionare le città e le

zone: usa infatti la rete Fastweb (e TIM

nelle zone dove Fastweb si appoggia a

TIM) ma si è garantita la banda piena fino

al cabinet. In pratica ha scelto di connet-

tere solo quelle zone dove era sicura di

riuscire ad avere velocità buone, quella

parte di FTTC “pregiata”. Secondo i test

effettuati su alcuni clienti la banda media

di Sky Wi-fi, con connessione FTTC, è di

80 Mbps proprio perché sul singolo ar-

madio i clienti Sky Wi-fi hanno accesso

ad una quantità di banda pre-allocata

da Sky e sovradimensionata. Resta sem-

pre la variabile ultimo miglio: la distanza

dall’armadio e la qualità del doppino sono

variabili fuori dal controllo degli operatori.

Sky offre, a chi non è ancora cliente, Sky

Wi-fi insieme a Sky Q in versione senza

parabola: è confidente sul fatto che il ser-

vizio pay TV possa funzionare bene solo

utilizzando la connettività IP, ad ogni ora

del giorno. Tipo di connettività a parte, re-

sta valida tutta l’offerta di Sky Wi-fi fino ad

oggi, dallo Sky Wifi Hub basato sulla tec-

nologia di distribuzione e gestione della

banda di Comcast. Ricordiamo che Sky

Wi-fi al momento è offerta solo ai clienti

Sky: chi non è cliente deve acquistare un

pacchetto che prevede anche la pay TV.

Non è possibile avere la sola connettività.

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MAGAZINEn.236 / 2125 GENNAIO 2021

di Roberto PEZZALI

Samsung ha finalmente annunciato la serie Galaxy

S21. Li abbiamo visti in mille salse in questi ulti-

mi mesi: abbiamo visto le foto, abbiamo letto le

caratteristiche tecniche, mancavano all’appello solo i

prezzi e la proposta di acquisto. Ci teniamo però a in-

quadrare questo Galaxy S21, o meglio questi tre Galaxy

S21: il top di gamma Samsung, solitamente previsto per

aprile, quest’anno arriva prima. Una decisione strategica

per Samsung, quasi una voglia di voler cancellare Gala-

xy S20 e i suoi numeri non troppo positivi.

Con una uscita a gennaio Samsung anticipa le mosse

dei produttori cinesi, che sono pronti a invadere il mer-

cato con i top di gamma basati sullo Snapdragon 888, e

si prende tre mesi in più per fare con Galaxy S21 i nume-

ri che non ha fatto con Galaxy S20.

La fascia premium, lo sappiamo bene, è sempre più

difficile da vendere ed è sempre più difficile fare gli

stessi numeri che si facevano negli anni scorsi: oggi un

Samsung Galaxy S20 FE, l’unico uscito con il buco della

serie S20, è uno smartphone eccellente capace di sod-

disfare la quasi totalità delle persone e costa la metà di

quanto costava un S20 al lancio.

La serie S21 non è né dirompente né rivoluzionaria: non

porta in dote display con tecnologie nuove, non ha so-

luzioni inedite, è un Galaxy S20 Mark II, come si è solito

dire nel mondo della fotografia. Ogni singolo punto è

stato rivisto e migliorato, ma non stravolto.

La voglia di Samsung nel cancellare il Galaxy S20 si

vede anche dalla scelta di non venderlo più: l’unico S20

che resterà in gamma sarà il Galaxy S20 FE: tutti gli altri

spariranno dagli scaffali e non verranno riposizionati nel

prezzo.

Con Galaxy S21 Samsung ha aggiunto (tanto) ma ha

anche tolto: sparisce infatti l’espansione di memoria da

tutti e tre i modelli, ed è per questo che Galaxy S21 Ultra

viene venduto in tre diverse configurazioni da 128 GB,

256 GB e 512 GB di storage, sparisce il caricabatterie

dalla confezione e viene abbassata la risoluzione del

display nei modelli S21 e S21, che passa da Quad HD

a Full HD. Una scelta, questa, che aiuterà sicuramente

a migliorare l’autonomia, uno dei talloni di Achille del

modello precedente.

I cambiamenti sono tanti, e riguardano prima di tutto il

design: Samsung ha ridotto la cornici, ha appiattito gli

schermi e ha rivisto il blocco delle fotocamere che final-

mente riesce a differenziarsi dalla massa.

Il monoblocco in alluminio può non piacere, ma almeno

è un tratto distintivo. Il retro è in vetro per tutti i modelli

eccetto per S21 liscio: ha un retro in materiale “glastic”,

plastica trattata per apparire vetro. La scelta farà storce-

re il naso a qualcuno, ma li abbiamo toccati e la differen-

za non si sente, anzi, siamo sicuri che sia più resistente

alle cadute il modello il plastica di quello in vetro.

Tutti i modelli sono 5G e hanno all’interno anche le an-

tenne per il 5G mmWave, che però è disattivato tramite

firmware: se servirà il supporto a questo tipo di banda

verrà abilitato in futuro. Il processore per l’Europa sarà il

nuovo Exynos 2100 a 5 nanometri, con 8 GB di RAM per

i due modelli di base e 12 GB per l’Ultra, che diventano

16 GB per la versione da 512 GB di storage.

Cosa cambia tra i tre modelli? Prima di tutto lo schermo:

S21 avrà uno schermo completamente piatto da 6.2”,

S21+ uno schermo da 6.7” sempre piatto ma con una

accennata curva ai bordi che non interessa però il pan-

nello, mentre S21 Ultra avrà uno schermo da 6.8” leg-

germente curvo, ma è solo una questione di grip.

I pannelli sono tutti AMOLED Wide Color con refresh

rate variabile, ma quello della versione Ultra è un AMO-

LED LTPS che può andare da 120 Hz scendendo fino a

10 Hz di refresh, consumando pochissimo. Questo pan-

nello permette di gestire in modo dinamico risoluzione

e refresh, e l’utente può scegliere anche di tenere la ri-

soluzione massima e il refresh rate massimo, 120 Hz. Mi-

gliora anche la luminosità di picco, 1500 nits sulla carta.

Il pannello di S21 ultra dispone anche di strato digitaliz-

zatore per la compatibilità con S Pen: S21 Ultra sarà per

la prima volta compatibile con la penna che però è ven-

duta a parte. E’ una penna con 4096 livelli di pressione,

ma non è bluetooth e non ha bisogno di ricarica.

Cambiando la dimensione dello schermo, cambia anche

la batteria: 4000 mAh sul piccolo, 4800 mAh sul Plus e

5000 mAh sul modello Ultra.

Un’altra differenza è rappresentata dalla presenza del

modulo di comunicazione Ultra Wide Bandwith su S21

Plus e su S21 Ultra: servirà per utilizzare lo smartphone

come chiave per le auto compatibili, o per cercare i nuo-

vi Samsung Galaxy Smart Tag in modalità UWB, quindi

in modo più preciso.

Gli Smart Tag sono piccoli accessori che Samsung ha

annunciato con la serie S21: uno verrà dato in omaggio

con lo smartphone a chi lo acquista nel periodo di lan-

cio, gli altri potranno essere comprati a 34.90 euro.

Siamo davanti a piccoli localizzatori per oggetti, come le

chiavi, e Samsung ne venderà due modelli: un modello

bluetooth (quello dato in omaggio) compatibile con tut-

ti gli smartphone e un modello bluetooth e Ultra Wide

Bandwidth che se usato con S21 Plus e S21 Ultra sarà

molto più preciso. Se infatti il modello bluetooth ci indi-

cherà la prossimità di un tracker, permettendoci di capi-

re in che zona abbiamo lasciato le chiavi, il modello Ultra

Wide Bandwidth usando la realtà aumentata e con una

freccia ci indicherà esattamente dove andare a cercare,

con precisione di pochi centimetri.

Passiamo infine alle fotocamere: saranno tre sui due

modelli S21 e S21+ e quattro sul modello S21 Ultra. Sam-

segue a pagina 08

MOBILE Samsung ha lanciato il nuovo Galaxy S21: tre modelli di fascia alta interamente rivisti nel design e nelle caratteristiche

Galaxy S21 5G: nuovo design, nuovo processore E un sensore fotografico innovativo sul modello topPrezzo più basso e compatibilità con la penna per il modello top. Annunciato il nuovo sensore Isocell HM3 sul top di gamma E nell’editor c’è una funzione, per ora sperimentale, che permette di rimuovere con un tocco gli oggetti indesiderati dalle foto

torna al sommario 8

MAGAZINEn.236 / 2125 GENNAIO 2021

MOBILE

Galaxy S21segue Da pagina 07

sung è intervenuta anche qui per risolvere i problemi

che aveva avuto con S20, primo tra tutti la gestione della

messa a fuoco problematica. Ha abbandonato la messa

a fuoco a ricerca di fase e il sensore ToF e ha adottato

un sensore di messa a fuoco laser ma, più importante,

ha usato sensori dual pixel sui tele, molto più efficienti in

ambito video per la messa a fuoco continua. Su Galaxy

S21 e Galaxy S21+ le fotocamere sono da 12 megapixel

la principale, 12 megapixel la ultra wide e 64 megapixel

quella tele, usata anche per i video 8K.

Su Galaxy S21 Ultra resta il sensore da 108 megapixel

con possibilità di scatto in RAW a 12 bit, c’è il super wide

da 12 megapixel ma il tele viene sdoppiato: due sensori

da 10 megapixel vengono usati per un medio tele 3x e

un lungo tele 10x. Sul fronte video, oltre all’8K, segnalia-

mo la possibilità per la prima volta di registrare in 4K a

60 fps con tutti gli obiettivi. Alla base di tutta la serie c’è il

classico dna Galaxy: c’è Knox per la sicurezza, c’è il sen-

sore ultrasonico sotto lo schermo, c’è la ricarica wireless

anche inversa e c’è la certificazione waterproof. Il siste-

ma operativo sarà Android 11 con Samsung One UI 3.1.

Samsung Galaxy S21 sarà in vendita subito nelle tre co-

lorazioni Phantom Titanium, Phantom Navy e Phantom

Brown e non ci sarà pre-order. Al posto di legare una

particolare promozione al pre-order Samsung ha deciso

di legarla alla vendita fino al 28 di gennaio un Galaxy S21

avranno in omaggio un Galaxy Smart Tag e le Galaxy

Buds Live nel caso di S21 e S21+ e un Galaxy Smart Tag

e le nuove Galaxy Buds Pro nel caso di S21 Ultra.

Galaxy S21 5G nella versione da 8GB e 128GB verrà

venduto ad un prezzo consigliato di 879 euro mentre

nella versione da 8GB e 256GB costerà 929 euro. Per

Galaxy S21+ 5G nella versione da 8GB e 128GB servi-

ranno 1.079 euro mentre per il modello da 8GB e 256GB

1129 euro. Galaxy S21 Ultra partirà da 1279 euro nella

versione da 12 GB e 128 GB, per arrivare a 1329 euro in

quella da 12 GB e 256GB e a 1459 euro per il modello

più carrozzato, 16 GB di RAM e 512 GB di storage. Costa

di meno di S20.

C’è un però: tutti potranno usare uno sconto immediato

di 100 euro: visitando il sito della promo si potrà scarica-

re un voucher che offrirà lo sconto immediato, e sarà cu-

mulabile anche con il reso di uno smartphone che verrà

valutato fino a 409 euro, valutazione data da Samsung

all’iPhone 12 Pro Max. Restituendo un Galaxy S20 la va-

lutazione è di 200 euro circa.

Video e prime impressioniAbbiamo avuto modo di toccare con mano i tre nuovi

modelli di Samsung Galaxy S21, in attesa di una prova

approfondita del modello Ultra. Eravamo curiosi di per-

cepire la differenza di materiali tra S21 e S21+ S21 Ultra,

ricordiamo che il retro del primo è in plastica mentre gli

altri due sono in vetro, tuttavia non è facile, sembrano

davvero simili.

La finitura opaca aiuta a rendere tutti e tre i colori molto

più belli. Il nero è meraviglioso, il silver anche ma for-

se quello più particolare è il viola. Dal vivo rende molto

meglio che in foto. S20 liscio ha dimensioni perfette: lo

schermo piatto si usa che è una meraviglia, in mano sta

davvero bene, ha un buon grip ed è davvero leggero.

S21 Ultra è grande e pesante: non è troppo diverso da

un iPhone 12 Pro Max come dimensioni e peso, ma chi

vuole usarlo con S Pen deve calcolare anche la custo-

dia, che lo rende un po’ troppo largo nella presa ren-

dendo difficile il grip. Ottimo come sempre il display:

Samsung ha saggiamente scelto di limitare la risolu-

zione su S21 e S21+: su S21 la scelta è assolutamente

sensata, la batteria è piccola, 4000 mAh, e uno schermo

QHD era assolutamente sprecato. Osservato da vicino

lo schermo si mostra luminoso, compatto, con un ottimo

filtro antiriflesso e una notevole dinamica. Sul S21+ forse

ci stava uno schermo con risoluzione maggiore: la diffe-

renza in termini di nitidezza, se si confrontano i 6.7” FHD

di S21+ e i 6.8” QHD di S21 Ultra, si percepisce.

Tutti i dettagli sulle fotocamereLa fotografia resta uno dei motivi di acquisto di uno

smartphone. La serie Galaxy S è da sempre una delle

serie più apprezzate quando si tratta di scegliere uno

smartphone top che faccia anche ottime foto, e se fino

al Galaxy S10 Samsung aveva tenuto un approccio più

tradizionale, con sensori a risoluzione bassa ma di gran-

di dimensioni, con S20 lo scorso anno ha inserito diversi

elementi che avevano turbato un equilibrio che durava

da anni. L’aggiunta del super sensore da 108 megapixel

ha creato qualche grattacapo sulla messa a fuoco, e allo

stesso tempo il tele periscopico con sensore da 48 me-

gapixel non ha saputo, prove alla mano, offrire una resa

paragonabile a quella di obiettivi simili usati da Huawei

sui suoi flagship.

Samsung cambia, più nel software forse che nell’har-

dware, e anche se non cambia moltissimo ci sono co-

munque diverse migliorie. Partiamo dal Galaxy S21 Ultra,

che usa una configurazione a quattro fotocamere con

un doppio tele obiettivo.

Il sensore Ultra Wide, un 12 megapixel con pixel da 1.4

micrometri, è un sensore molto veloce dual pixel capace

anche di registrare in 4K a 60 fps. Non un sensore nuo-

vissimo, è stato usato in passato anche da altri Galaxy,

ma comunque un buon sensore da 1/2.56”. L’apertura

non cambia, è sempre F2.2.

Il reparto tele è curioso: Samsung lo ha sdoppiato per-

ché utilizzando il solo obiettivo a periscopio avrebbe do-

vuto coprire tutte le focali intermedie utilizzando il sen-

sore da 108 megapixel: l’aggiunta di un ottica 3x fissa

inserisce un passo intermedio.

I due tele sono entrambi da 10 megapixel, sono en-

trambi stabilizzati e condividono lo stesso sensore dual

pixel ma non la stessa ottica. Sul medio tele c’è un 3x

equivalente ad un 72 mm F2.4, sul tele 10x c’è un’ottica

periscopica 10x da 240 mm.Il sensore dietro queste ot-

tiche, dati alla mano, ha pixel da 1.22 µm e tutto sembra

ricondurre al Sony IMX374 che Samsung ha usato come

sensore per la fotocamera anteriore su diversi modelli

passati. È un sensore da 1/3.2”, molto più piccolo di quel-

lo da 48 megapixel usato lo scorso anno sul Galaxy S20:

la riduzione delle dimensioni del sensore ha aumentato

la focale equivalente del periscopio. L’obiettivo è anche

più buio: F4.9 contro gli F3.5 di Galaxy S20. La differen-

za fisica dovrebbe essere tuttavia compensata dai nuovi

algoritmi dello space zoom. Galaxy S21 e Galaxy S21

Plus hanno invece la stessa identica configurazione di

fotocamere di Galaxy Note 20: la Ultra Wide è la stessa

del modello Ultra, mentre la principale è una 12 mega-

pixel dual pixel F1.8 con pixel da 1,8µm che Samsung ha

usato anche sul Galaxy S20 FE.

Secondo Samsung, il Galaxy S21 Ultra ha il sensore fotografico più innovativo mai prodotto. Vi spieghiamo perchèIl sensore di S21 Ultra non è tra quelli sul catalogo, è il

nuovo Isocell HM3. Samsung ha annunciato il nuovo

sensore e le sue caratteristiche il giorno successivo al

lancio di S21, scelta alquanto strana: la fotografia è uno

segue a pagina 09

Samsung Galaxy S21Anteprima video

lab

video

torna al sommario 9

MAGAZINEn.236 / 2125 GENNAIO 2021

TEST

Galaxy S21 5Gsegue Da pagina 08

dei punti di forza di Galaxy S21 Ultra e raccontare il nuo-

vo sensore avrebbe aiutato a far capire il tipo di miglio-

ramento che ci si può aspettare dalla fotocamera del

nuovo flagship. La scelta, fatta lo scorso anno, di puntare

su un sensore da 108 megapixel poteva apparire azzar-

data, ma Samsung aveva una esigenza: permettere a

S20 di registrare video in 8K. Questo perché la strategia

dell’azienda, sul fronte TV, è quella di spingere i conte-

nuti 8K e lo smartphone top di gamma doveva essere in

grado di registrare video a 33 megapixel.

Samsung ha dovuto quindi abbandonare il classico sen-

sore da 12 megapixel dual pixel che sapeva gestire in

modo praticamente perfetto e ha dovuto ripiegare su

un sensore con una risoluzione più alta. Samsung aveva

anche un’altra necessità: l’adozione di un tele a perisco-

pio, quindi con una focale più spinta, richiedeva la ge-

stione di tutte le focali intermedie tramite interpolazione

e un sensore ad alta risoluzione avrebbe fatto comodo.

La scelta è caduta così sul sensore da 108 megapixel

HM1, e questa scelta ha comportato vantaggi e svan-

taggi. Tra i vantaggi la risoluzione elevata e la flessibilità

nel gestire l’ingrandimento tramite crop, tra gli svantaggi

un rolling shutter evidente in fase di ripresa video e una

messa a fuoco lenta e imprecisa, non è un sensore dual

pixel. Samsung su Galaxy S21 Ultra non poteva torna-

re indietro ai 12 megapixel, e si è vista costretta a fare

un sensore totalmente nuovo che in qualche modo an-

dasse a tamponare le mancanze e i difetti della prima

versione. Nasce così il nuovo HM3, apparentemente

identico all’HM1 ma profondamente diverso. L’HM3 ha

sempre 108 megapixel, è sempre da 1/1.33” e ha sempre

pixel da 0.8µm, ma rispetto all’HM1 e all’HMX usato da

Xiaomi è stato interamente rivisto sia nella parte ottica

sia nella parte elettronica.

Per la parte ottica il cambiamento più evidente riguarda

l’aggiunta di lenti particolari davanti ai pixel di messa a

fuoco: Samsung non è riuscita a fare un sensore dual

pixel, dove ogni pixel è diviso in due fotorecettori, e ha

così dovuto lavorare sulla messa a fuoco ibrida fase /

contrasto migliorando la definizione dei pixel di fase. Su

108 milioni di pixel infatti una percentuale di fotoricetto-

ri viene usata solo ed esclusivamente per catturare le

informazioni di messa a fuoco, e davanti a questi fotore-

cettori Samsung ha montato lenti particolari diverse da

quelle montate davanti ai pixel che invece catturano la

luce per poi trasformarla in immagini. Questo dovrebbe

migliorare la resa della messa a fuoco, soprattutto in

modalità video, avvicinandola a quella di un dual pixel.

Non ci possiamo aspettare la resa di un dual pixel, ma

con il nuovo Super PD Plus, questo il nome della tecno-

logia, e con il sensore di messa a fuoco laser montato

sul retro la lentezza e l’imprecisione di S20 dovrebbero

essere un ricordo. La maggior parte dei miglioramenti

riguardano però la parte elettronica: i nuovi convertitori

abilitano il supporto alla cattura a 12 bit, ovviamente limi-

tata ai file RAW, e soprattutto è presente una circuitazio-

ne a doppia conversione che permette di catturare ogni

foto a due valori differenti di sensibilità nativa.

Samsung la chiama Smart ISO Pro e dovrebbe essere

simile alla tecnologia usata da Panasonic sulle nuove

mirrorless: ogni segnale viene convertito a due diversi

livelli contemporaneamente, in fase di cattura, e le due

immagini vengono unite direttamente a livello di sen-

sore. Secondo Samsung l’uso di questa tecnica evita

di ricorrere a soluzioni software come la fusione di più

foto, limitando quindi il motion blur. Una foto catturata

dall’HM3 ha una gamma dinamica di tre volte superiore

a quella catturata dall’HM1. Sempre nel sensore ci sono

altre due migliorie che aiutano sulle foto con poca luce:

la prima è una nuova modalità “low noise” che aumenta

la sensibilità del 50%, e la seconda è la gestione har-

dware del pixel binning. Il pixel binning è quella soluzio-

ne scelta da molti produttori per accorpare i dati di più

pixel aumentando la sensibilità: il sensore da 108 mega-

pixel del Galaxy S21 può lavorare a 108 megapixel o a

12 megapixel, accorpando i pixel a gruppi di nove. Sam-

sung sul nuovo HM3 la gestione della modalità binning

viene gestita da un nuovo modulo hardware nel senso-

re stesso che permette anche il passaggio fluido da 12

megapixel a 108 megapixel. Secondo Samsung oltre ad

un netto miglioramento della qualità fotografica, sia sulla

gamma dinamica sia sulla resa con poca luce, il nuovo

sensore consuma anche il 6.5% in meno quando è acce-

so e siamo in modalità “preview”.

La vera rivoluzione è la gomma oggetti: con un tocco via gli intrusi dalle fotoIl nuovo Galaxy S21 ha un segreto nascosto all’interno

dell’editor della fotocamera che potrebbe cambiare

la vita di molti utenti. Esiste infatti una funzione, al mo-

mento sperimentale, che permette di rimuovere con un

tocco gli oggetti indesiderati dalle foto. Può sembrare

una cosa da poco, esistono già applicazioni che lo fan-

no, tuttavia il fatto di averla all’interno dello smartphone,

direttamente nell’editor integrato, è una comodità unica.

L’eliminazione di un oggetto indesiderato dalla foto è

uno dei problemi più difficili da affrontare per chi non ha

troppa confidenza con le app di fotoritocco: il traliccio

con i cavi della tensione, la panchina, la persona in se-

condo piano, basta davvero poco per rovinare lo scatto

perfetto. Alzi la mano chi non ha nel rullino fotografico

foto rovinate da un intruso, che per pigrizia o perché non

si ha voglia di spostare la foto sul desktop è ancora li,

non è stato rimosso. La soluzione proposta da Samsung

è di una semplicità disarmante: utilizza il machine lear-

ning per identificare gli oggetti, con la stessa tecnica di

segmentazione che permette alla fotocamera di gestire

diverse zone della foto, e basta toccare l’oggetto che

si desidera rimuovere per selezionarlo. Un altro click, si

cancella, e l’intruso viene eliminato. Vale per le persone

o per gli elementi artificiali o naturali, non c’è differenza:

se c’è contrasto l’oggetto viene selezionato. Si possono

anche selezionare più elementi insieme. Lo smartpho-

ne cerca di riempire lo spazio restante nel migliore dei

modi, un po’ come viene fatto da Photoshop con la fun-

zione “content aware fill”. Qui sotto alcuni esempi su

fotografie scattate in precedenza e non con il Galaxy

S21: la funzione funziona su tutte le foto, anche su quel-

le vecchie. Si tratta di una funzione sperimentale, che

si appoggia ad un modello IA ancora da perfezionare,

tuttavia funziona già più che bene.

Non possiamo ovviamente aspettarci lo stesso risultato

di Photoshop, ma per una foto da pubblicare su Insta-

gram o su Facebook questa funzione è utilissima. Anzi,

se guardiamo all’uso tipico di uno smartphone, dove la

maggior parte delle foto vengono usate per la condivi-

sione tra amici e sui social, il fatto di poter rimuovere in

pochi secondi un particolare sgradito è anche più impor-

tante dei megapixel, dello zoom e di altre funzioni che

sul piccolo schermo difficilmente si riescono ad apprez-

zare. Al momento c’è solo su Samsung Galaxy S21, ma

Samsung la porterà anche su altri modelli.

Esiste una funzione, al momento sperimentale, che permette di rimuovere con un tocco gli ogget-ti indesiderati dalle foto.

torna al sommario 10

MAGAZINEn.236 / 2125 GENNAIO 2021

di Roberto PEZZALI

Lo scorso anno il Galaxy S20 Ultra ha fatto regi-

strare prestazioni assolutamente insoddisfacenti

quando si è trattato di misurare l’autonomia reale:

con il nostro test di laboratorio bastavano circa 7 ore

per prosciugare la batteria da 5000 mAh, troppo poco.

Tutti gli indizi portavano ad un colpevole: il processore

Exynos, eccessivamente energivoro ma soprattutto con

una spiccata predisposizione al surriscaldamento, che

come sappiamo porta al throttling e ad una riduzione

delle prestazioni. Quest’anno dentro al Galaxy S21 Ul-

tra c’è ancora un processore Samsung Exynos, ma è

il nuovo modello 2100 che, secondo Samsung, è stato

totalmente rivisto e non ha più i problemi di surriscalda-

mento e prestazioni della versione precedente.

Lo diciamo subito: Samsung ha ragione, perché il test di

batteria del nuovo Samsung Galaxy S21 Ultra fa segna-

re un risultato di tutto rispetto.

Ricordiamo che il nostro test di basa su una procedura

guidata ben precisa, e abbiamo ripetuto più volte il test

sullo stesso smartphone ottenendo lo stesso risultato:

è ripetibile, rigido nei requisiti e assolutamente fedele a

quello che è poi un uso reale.

Per il Galaxy S21 Ultra dobbiamo fare due precisazioni:

solitamente misuriamo gli smartphone in modalità “out

of the box” ma in questo caso ci sono due parametri che

per gli utenti possono essere interessanti: la frequenza

di refresh variabile, che arriva a 120 Hz, e lo schermo

che può essere gestito con un rendering FHD+ o QHD+.

Abbiamo scelto di fare il test più pesante, quello della

modalità “heavy”, usando sia il QHD+ sia i 120 Hz e con

la connettività 5G, quindi il risultato che vedete qui sotto

è la condizione in assoluto peggiore. Il 5G consuma un

po’ di più del 4G, i 120 Hz consumano più dei 60 Hz

e il QHD+ consuma di più del FHD+. La seconda pre-

cisazione riguarda il nostro test: la procedura è ovvia-

mente identica e invariata, tuttavia abbiamo aggiornato

il videogioco utilizzato. La nuova versione che il nostro

partner tecnico ci ha fornito ha il frame rate sbloccato,

quindi se fino ad oggi gli smartphone con display a 120

MOBILE S20 era un vero disastro quando si è trattato di misurare l’autonomia reale della batteria: per fortuna S21 si riscatta appieno

Galaxy S21 Ultra, quanto dura davvero la batteriaDentro al Galaxy S21 Ultra c’è il nuovo processore Samsung Exynos 2100, totalmente rivisto. Ecco il test di laboratorio

Hz li abbiamo sempre misurati con un videogioco che

arrivava al massimo a 60 fps, con Galaxy S21 per la

prima volta nel caso di schermo a 120 Hz il videogioco

viene eseguito a 120 fps. E nel grafico di framerate, pub-

bicato sotto, si vede chiaramente come non ci siano più

i problemi che invece avevamo visto su S20. Veniamo

subito alla scheda riassuntiva dei risultati, per poi appro-

fondire i due differenti scenari.

DDay Heavy, 8 ore e 40 minutiIl risultato nella modalità “massacrante” è assolutamen-

te buono. Come abbiamo scritto prima questo valore

si riferisce alla condizione peggiore possibile: refresh

rate a 120 Hz, connettività 5G e risoluzione QuadHD+.

Il passaggio al 4G aumenta l’autonomia di circa 30 mi-

nuti, neppure troppo, mentre l’aumento, disattivando i

segue a pagina 11

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DDAY HEAVY

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MAGAZINEn.236 / 2125 GENNAIO 2021

120 Hz e modificando la risoluzione non è facilmente

quantificabile perché tutto dipende dall’utilizzo. Chi usa

molto lo smartphone per giocare riducendo risoluzione

e refresh avrà un grande vantaggio in termini di rispar-

mio energetico, chi invece lo usa inviare messaggi su

Whatsapp e leggere le mail avrà comunque un benefi-

cio, ma sarà meno evidente. Lo stesso test DDay Hea-

vy, fatto però in 4G / FHD e a 60 Hz fa registrare 9 ore

e 37 minuti. Nella foto 1 vediamo la curva di scarica

della batteria, e nella foto 2 l’assorbimento del daispo-

sitivo. Come si può vedere, Samsung avrebbe potuto

guadagnare qualcosa sull’autonomia se il Galaxy S21,

in stand by, avesse avuto un consumo quasi nullo. Tut-

tavia anche in sTand-by un assorbimento leggero c’è,

questo perché Samsung ha bisogno di tenere attivi

molti servizi, anche a supporto del suo ecosistema.

Non è comunque un problema. La temperatura è re-

lativamente bassa, non si passano mai i 35°. Rispetto

al Galaxy S20 siamo su un altro livello. Nonostante il

TEST

Galaxy S21 Ultra, durata della batteriasegue Da pagina 10

Qui sopra, ottimo anche il grafico relativo alla parte gaming: zero throttling, fps costanti in tutte le sessioni e come si può vedere si raggiungono senza problemi i 100 fps alla massima risoluzione di rende-ring. Con lo schermo che segue a 100 Hz.

Dalle diverse curve qui sopra si può vedere come lo smar-tphone resti anche molto più fresco durante la misurazione attestandosi sui 30 gradi.

nostro gioco fosse ancora nella versione bloccata a 60

fps, quindi con lo schermo a 60 Hz, il telefono dopo un

paio di cicli scaldava e iniziava a perdere vistosamente

frame per strada portandosi a 40 fps. Per un flagship è

una cosa inaccettabile.

Nel grafico legato al gioco, questa volta a 60 Hz, lo smartphone risponde alla perfezione quando gli vengono chieste prestazioni in ambito 3D: 60 fps costanti, senza mai piegarsi.

DDay Medium, 15 ore e 16 minutiIn modalità media, quindi la modalità di test che si basa

su un utilizzo moderato, il Galaxy S21 Ultra dimostra che

l’autonomia non è più un problema. Con oltre 15 ore di

utilizzo il flagship Samsung si posiziona nella parte alta

della nostra classifica. In questo caso abbiamo usato

la misurazione “out of the box”, e anche qui si devono

valutare le classiche oscillazione che potrebbero dare

l’aggiunta o la disattivazione di alcune funzionalità. 15

ore sono un risultato ottimo, soprattutto se consideriamo

che Samsung lo ottiene senza far ricorso a funzionalità

che impattano poi sull’utilizzo reale del telefono: non c’è

un sistema di risparmio energia aggressivo che chiude

le app in background o ferma le notifiche. S21 non ha

niente di tutto questo, le 15 ore sono raggiunte senza im-

brogliare. Dopo oltre una settimana di prove possiamo

dire che il Galaxy S21 Ultra è effettivamente un S20 Ultra

MK II, una versione rivista e corretta di uno smartphone

che lo scorso anno abbiamo ritenuto buono, ma non ec-

cezionale come avrebbe dovuto essere. A questo link, ecco come misuriamo gli smartphone in laboratorio.

DDAY MEDIUM

3

Qui sopra, il report dell’app “Don’t kill my App” che verifica la presenza di sistemi di rispar-mio energia troppo aggressivi.

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MAGAZINEn.236 / 2125 GENNAIO 2021

di Massimiliano DI MARCO

Il discusso aggiornamento dell’informati-

va sulla privacy di WhatsApp non avver-

rà più l’8 febbraio. La società ha annun-

ciato, tramite un post sul blog ufficiale, che le novità entreranno invece in vigore

il 15 maggio; oltre tre mesi dopo quanto

inizialmente preventivato. “L’8 febbraio,

nessun account verrà sospeso o elimina-

to” ha chiarito WhatsApp.

L’aggiornamento alla privacy è diventato

un problema per WhatsApp. La principa-le novità riguarda le chat avviate con le

aziende, che usano una versione diversa

dell’applicazione (WhatsApp Business): le

attività possono sfruttare le conversazioni

avute con gli utenti a scopi commerciali.

WhatsApp insiste che oltre a questa

novità - preannunciata lo scorso novem-

bre - non cambi nulla per gli utenti: le

conversazioni restano crittografate end-

to-end e quindi “né WhatsApp né Face-

book possono vedere i tuoi messaggi

privati“. La società ha inoltre sottoline-

ato che “non teniamo traccia delle per-

sone che chiami o a cui invii messaggi.

WhatsApp non può nemmeno vedere la

posizione da te condivisa e non condivi-

de i tuoi contatti con Facebook.”

Seppur il nuovo aggiornamento “non

cambia nulla di tutto questo” si è rapida-

mente trasformato in un guaio per la so-

cietà: tantissimi utenti hanno intravisto

nella possibilità che WhatsApp diven-

tasse molto più legata a Facebook un

colpo alla propria privacy. Molte perso-

ne sono corse a scaricare applicazioni

di messaggistica alternative: in partico-

lare, Signal e Telegram hanno registrato

l’aumento più consistente nei download

da inizio anno. “Continueremo a impe-

gnarci per fare chiarezza sulle informa-

zioni errate riguardanti la sicurezza e la

privacy su WhatsApp” si legge nel post.

“In modo graduale, e secondo le tem-

pistiche di ciascuno, inviteremo i nostri

utenti a rivedere l’informativa prima del

15 maggio, quando saranno disponibili

le nuove opzioni business”.

MOBILE Troppe polemiche: l’aggiornamento alla privacy previsto per l’8 febbraio è stato rinviato

WhatsApp posticipa aggiornamento privacyLa società ha inoltre annunciato che si prenderà tempo per chiarire la situazione agli utenti

di Massimiliano DI MARCO

Nel giro di quattro anni il numero

di accessi in rame per la rete

fissa è stato più che dimezzato.

I dati dell’Autorità per le Garanzie nelle

Comunicazioni (AGCOM) hanno evi-

denziato che a settembre 2020 le reti

in rame sono state “meno del 40%” ri-

spetto a settembre 2016. In questo arco

temporale, le linee con una larghezza

di banda per il download superiore ai

30 Mbit al secondo sono cresciute dal

12,7% al 64,4%.

Gli accessi in Fiber to the Cabinet

(FTTC) sono saliti di 7,06 milioni di unità;

quelle FTTH, più performanti, di 1,16 mi-

lioni e quelle in Fixed Wireless Access

(FWA) di 610 mila). Per quel che riguarda

gli operatori, TIM è quello più presen-

te, con una quota del 42,1%; è seguito

da Vodafone (16,7%), Fastweb (15,1%)

e WindTre (14%). A livello europeo, gli

obiettivi da raggiungere entro il 2025 prevedono che tutti le abitazioni ab-

MOBILE I dati AGCOM registrano un netto calo delle linee di rete fissa in rame nell’arco di 4 anni

Rete fissa: il rame in Italia scende ancora Ma gli obiettivi europei sono lontaniTIM rimane il principale operatore. Facebook è la piattaforma più visitata: 36,1 milioni di utenti unici

biano accesso a una

connessione a banda

larga da almeno 100

Mbit/s. L’Italia si era impegnata, come gli

altri Paesi dell’Unio-

ne Europea, a rag-

giungere l’obiettivo

di una connessione

di almeno 30 Mbit/s

per tutte le abitazioni

nel 2020,: obiettivo che evidentemente

non è stato raggiunto, così come in altri

Stati membri.

Mobile: Vodafone è prima, Iliad al 6,6%Lo scenario di mercato cambia se vie-

ne preso in considerazione il mobile: in

questo caso è Vodafone il primo ope-

ratore (29,1%), a brevissima distanza

da TIM (29%); terzo operatore mobile

è invece WindTre (26,1%). Iliad ha una

quota del 6,6%. Le SIM complessive

sono però calate su base annua: era-

no 104,1 milioni a settembre 2020, cioè

220 mila in meno rispetto a settembre

2019. Il consumo medio del traffico dati

mensile è stato di 9,2 GB, in crescita

del 48% su base annua. Facebook è

stata la piattaforma più visitata: ha re-

gistrato 36,1 milioni di utenti unici gior-

nalieri, in calo del 2,2% su base trime-

strale. Sono diminuiti anche gli accessi

a Instagram, Twitter, TikTok e Pinterest.

In totale, hanno navigato in rete 42 mi-

lioni di utenti medi giornalieri.

WindTre: troppi “ostacoli burocratici” per far partire il 5G. Basso: “Alzare i limiti delle emissioni”Le emissioni elettromagnetiche in Italia sono fra le più basse al mondo. Secondo Roberto Basso di WindTre, alzare sarebbe “l’intervento a costo zero con il miglior rendimento” di Massimiliano DI MARCO

Roberto Basso, direttore delle Re-lazioni esterne e sostenibilità di WindTre, ha dichiarato a Milano Finanza che i permessi e le tempi-stiche necessari per sviluppare la rete 5G vanno in senso contrario alle “pur importanti semplificazio-ni” introdotte di recente e “frenano gli investimenti privati, spesso nel generale disinteresse della poli-tica”. Prosegue Basso: “Nel 2020 è stato approvato soltanto il 64% delle richieste di permesso, con tempi medi di 79 giorni (ci sono casi in cui l’attesa arriva a 9 mesi)”. WindTre sta proponendo alle am-ministrazioni locali “una pianifica-zione complessiva degli interventi strutturali” per ridurre l’onere buro-cratico. In Italia vige un limite qua-litativo di 20 V/m come soglia di attenzione, ma di 6 V/m nelle aree con una forte densità di persone: è fra i più bassi al mondo. La Com-missione per la Protezione dalle Radiazioni non Ionizzanti propone un limite, già cautelativo, di 61 V/m. Rispettare tale limite nel contesto dello sviluppo delle reti 5G signi-fica costruire molte antenne e quindi aumentare i costi. Secondo Basso, sarebbe “l’intervento a co-sto zero con il miglior rendimento”.

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MAGAZINEn.236 / 2125 GENNAIO 2021

di Roberto PEZZALI

Mediatek ha annunciato il nuovo

SoC Dimensity 1200, il suo nuovo

top di gamma. Sentiremo parlare

spesso di questo processore, anche per-

ché siamo convinti che verrà scelto da

molti produttori di smartphone di tutto il

mondo per cercare di aumentare il margi-

ne, sempre più ridotto, su ogni dispositivo

venduto. Qualcomm ha processori di ot-

timo livello, ma con l’arrivo del 5G la sua

bottega è diventata davvero cara.

Il Dimensity 1200 è un prodotto interes-

sante perché viene realizzato da una

azienda che storicamente ha sempre fat-

to processori destinati al mercato audio

video. Non è al livello dello Snapdragon,

ma adotta soluzioni innovative come ad

esempio il modem dual 5G, che offre la

possibilità di utilizzare in contemporanea

la connessione a due reti 5G Stand Alone

di nuova generazione. Tra le primizie c’è

anche il bluetooth 5.2 con codec LC3, il

nuovo codec a bassa latenza che sfrutta il

bluetooth LE per trasmettere l’audio al po-

sto del bluetooth classico. Senza dimen-

ticare la decodifica hardware

AV1: la sezione audio video

del Dimensity, proprio per

l’esperienza nel campo dei

TV e dei blu-ray, è da primo

della classe.

Il SoC è realizzato con archi-

tettura produttiva a 6 nano-

metri probabilmente da Sam-

sung, e per la CPU utilizza la

classica configurazione 4 - 3

- 1 con quattro Cortex A55 ad alta efficien-

za, tre core A78 a 2.6GHz per i carichi

standard e un altro core Cortex A78 con

clock a 3 GHz come unità di calcolo per i

carichi più pesanti. Nessun core custom,

ma la classica architettura vista anche su

altri SoC che però ha già dimostrato di

poter dare ottime prestazioni, anche in

termini di consumi.

A fianco della CPU trovano spazio un pro-

cessore per l’intelligenza artificiale e un

processore per l’elaborazione fotografi-

ca. Questi moduli non sono affatto potenti

quanto l’Hexagon e lo Spectra di Qual-

comm, e nonostante Mediatek dichiari il

supporto per fotocamere fino a 200 me-

gapixel la banda passante è decisamen-

te limitata, e il massimo di camere che si

possono gestire in contemporanea sono

una 32 megapixel e una 16 megapixel.

Stessa cosa per lo schermo: se da una

parte Mediatek spara un esagerato quan-

to inutile 168Hz di refresh, il supporto per

gli schermi si ferma al FHD+. 168 Hz, bene

ricordarlo, equivale a 24Hz x 7, tuttavia i

contenuti a 24 Hz sugli smartphone sono

rari, rarissimi. La sparata più grossa però

riguarda la GPU Arm Mali-G77: Mediatek

parla di “Ray Tracing in Mobile Games”,

ma è pura utopia. La Mali G77 non è il pro-

cessore grafico più recente fatto da Me-

diatek, e soprattutto non è tra i più veloci.

MOBILE Il SoC Dimensity 1200 diventerà presto una alternativa a Qualcomm per molti produttori

Mediatek annuncia il Dimensity 1200 Ma il ray tracing sugli smartphone è utopia La sparata più grossa però riguarda la GPU Arm Mali-G77: “Ray Tracing in Mobile Games”

di Massimiliano DI MARCO

L e sanzioni USA su Huawei hanno

avuto un impatto su una grossa so-

cietà statunitense: Qualcomm. I chip

distribuiti dalla società in Cina sono calati

del 48,1% nel 2020 rispetto all’anno pre-

cedente, secondo una ricerca di CINNO

Research pubblicata da CNBC. L’impossi-

bilità di commercializzare con Huawei, a

causa del divieto imposto da Trump nel

2019, ha colpito duramente il giro d’affari

di Qualcomm in Cina. La quota di Qual-

comm in Cina è così scesa dal 37,9% del

2019 al 25,4%. Con l’impossibilità di acce-

dere ai chip di Qualcomm, fra cui i proces-

sori Snapdragon, Huawei ha dovuto fare

riferimento ai chip disegnati da HiSilicon,

MOBILE Qualcomm ha subito l’impatto delle restrizioni imposte a Huawei dall’amministrazione Trump

La caduta di Huawei trascina anche Qualcomm Spedizioni in Cina quasi dimezzate rispetto al 2019 Secondo CINNO Research, la quota di Qualcomm in Cina è scesa dal 37,9% del 2019 al 25,4%

una sua sussidiaria, e prodotti

dalla taiwanese TSMC. Nella

prima metà del 2020 ciò ha

portato a un deciso incremen-

to della quota di mercato dei

processori detenuta da HiSi-

licon; ma quando Trump ha

esteso il ban contro Huawei

impedendo anche ad azien-

de come TSMC, poiché usano macchi-

nari statunitensi, di commercializzare con

Huawei, la quota detenuta da Huawei è

calata dal 37% del primo semestre 2020

al 27,2%. A vincere è stata MediaTek, che

ha raggiunto il primo posto per volume di

chip distribuiti: ha guadagnato quote di

mercato nel segmento di fascia media.

Tra i suoi partner in Cina, oltre a Huawei,

ci sono Vivo, Xiaomi, Oppo: queste so-

cietà si sono affidate a un produttore di

chip diverso da Qualcomm per diversifi-

care i propri fornitori. Xiaomi non aveva

poi torto: Trump ha inserito la società in

una lista nera che vieta alle società ame-

ricane di investire nelle quote di Xiaomi,

sebbene possa continuare a vendere i

loro prodotti e servizi.

OnePlus, chiuso il reparto di ricerca e sviluppo. Sarà accorpato a quello di OppoOppo e OnePlus unificheranno i loro reparti di ricerca e sviluppo in un unico dipartimento, con i dipendenti che faranno capo ad Oppo. Nessuna fusione all’orizzonte: anche Color OS e Oxygen rimarranno indipendenti di Pasquale AGIZZA

Novità all’interno dell’impero BBK Electronics. Due dei marchi princi-pali del gruppo, Oppo e OnePlus, unificheranno i loro reparti di ricer-ca e sviluppo. A darne l’ufficialità è la stessa OnePlus, dopo che la notizia era stata riportata dal sito cinese DoNews, secondo cui la decisione era stata presa già a dicembre ma si è effettivamente concretizzata solo ora. Da sottoli-neare che i dipendenti del nuovo dipartimento di ricerca e sviluppo unificato fanno capo esclusiva-mente ad Oppo. L’unione fra Oppo e OnePlus non dovrebbe portare, però, ad un unico sistema operati-vo: Color OS e Oxygen rimarranno infatti due progetti attivi e separati, anche se le novità software saran-no sviluppate in contemporanea per i due sistemi. Il futuro per le due società prevede lo sviluppo di nuove tecnologie da integrare poi, con nomi diversi, all’interno della gamma dei due produttori. Del gruppo BBK Electronics fan-no parte anche Vivo e Realme e, secondo indiscrezioni, il prossimo passo sarà quello di portare anche il reparto di ricerca e sviluppo di Realme nel nuovo dipartimento.

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MAGAZINEn.236 / 2125 GENNAIO 2021

di Massimiliano DI MARCO

Il Regolamento Generale per la Protezione dei Dati

Personali (a cui spesso si fa riferimento con la sigla

inglese di GDPR) è uno strumento in più per gli uten-

ti europei (qui il testo completo). Lo ha dimostrato il

recente caso che è montato attorno a WhatsApp: la

novità più sgradita - la profilazione degli utenti tramite

la raccolta dei metadati - non era prevista per chi usa-

va l’applicazione nell’Unione Europea.

Il tema della protezione dei dati personali è però com-

plesso: coinvolge i dati anonimi e il modo in cui ven-

gono aggregati; gli effettivi diritti concessi all’utente

e, soprattutto, il livello di fiducia che gli utenti posso-

no avere nei confronti delle promesse delle aziende,

che spesso sono grandi multinazionali tecnologiche.

Per comprendere alcune delle sfumature del GDPR,

DDAY.it ha intervistato Pierluigi Perri, avvocato e co-

ordinatore del corso di “Perfezionamento in data pro-

tection e data governance” all’Università degli Studi

di Milano.

(L’intervista è stata trascritta. Alcune sue parti sono

state modificate per rendere il testo più fluido e com-

prensibile)

DDAY.it: Il GDPR viene effettivamente fatto rispetta-re tramite l’enforcing delle autorità?Pierluigi Perri: “Un recente studio ha analizzato le

attività delle autorità garanti dei vari Paesi e si è visto

che tutte si stanno dedicando all’enforcement: quella

italiana è fra le più attive sotto questo aspetto”.

DDAY.it: I dati anonimi non sono protetti dal GDPR. Però riunire molti dati anonimi, come può fare una grossa azienda, può portare all’identificazione di un soggetto.Pierluigi Perri: “Se si usano tecniche di data mining

o correlazione, che portano a identificare il soggetto,

allora si ricade nel concetto di dato personale.”

DDAY.it: Non è un grosso buco del GDPR?Pierluigi Perri: “Certo, ma infatti esiste un altro rego-

lamento, che non ha avuto ancora la fama del GDPR,

che è il Regolamento sul trattamento dei dati non

personali. Viene qualificato come dato non personale

quel dato che non rientra nelle ipotesi del dato per-

sonale perché non identifica l’interessato. L’idea del

legislatore è stata quella di espandere al massimo

la categoria del dato personale e stabilire che il dato

non è personale o anonimo per sempre: dipende da

come viene elaborato e trattato.

Nulla vieta che un dato inizialmente anonimo poi,

se viene correlato o trattato in qualche modo, pos-

sa diventare un dato personale. Viceversa, è anche

possibile che dai dati personali - come nel caso

dell’aggregazione statistica - non sia possibile risalire

all’identità del soggetto.”

SOCIAL MEDIA E WEB Le recenti polemiche nate attorno a WhatsApp hanno dimostrato l’utilità del GDPR nell’Unione Europea

Il GDPR protegge davvero i dati degli utenti europei?Fino a che punto il regolamento europeo può proteggere i dati personali degli utenti? Lo abbiamo chiesto a un esperto

DDAY.it: Perché si è deciso di escludere i dati anoni-mi dalla protezione del GDPR?Pierluigi Perri: “Con il GDPR l’obiettivo del legislato-

re era regolamentare i dati personali, cioè qualsiasi

informazione che renda un soggetto identificato o

identificabile. Fuori da questo ambito, come nel caso

del dato anonimo, siamo fuori dal GDPR.”

DDAY.it: Cosa succede quindi ai dati anonimi?Pierluigi Perri: “Posso-

no essere liberamente

trattati dalle aziende.”

DDAY.it: Anche vendu-ti a terzi?Pierluigi Perri: “Sì.”

DDAY.it: Io, come uten-te, posso sapere a chi sono stati venduti?Pierluigi Perri: “No,

l’esercizio dei diritti

dell’interessato è una caratteristica del Regolamento

Generale per la Protezione dei Dati Personali, quindi

dovremmo essere in un’ipotesi di dato personale per-

ché si possano fare tali richieste al titolare del tratta-

mento. Bisogna però fare attenzione: il trattamento

prevede anche il dato pseudoanonimo, cioè un dato

a cui sono state applicate una serie di misure di pro-

tezione per renderlo come se fosse anonimo.

Un esempio è la separazione di un dato. Una struttu-

ra sanitaria, per esempio, potrebbe separare il dato

anagrafico da quello della prestazione, ciascuno in

un suo silo: senza la chiave di correlazione, non pos-

so dire chi abbia fatto una determinata prestazione

sanitaria. Dipende ovviamente da quanti sono i dati

pseudoanonimizzati e quali sono le informazioni a

contorno, come la data, il sesso, etc.”

DDAY.it: Il GDPR è entrato in vigore nel 2018. Visto che le multinazionali hanno le risorse per aggregare

facilmente tanti dati anonimi, non è nato già supe-rato?Pierluigi Perri: “Il GDPR nasce come testo di legge

molto aperto. Le ipotesi di trattamento automatizza-

to, che possono portare all’identificazione di un dato

considerato anonimo, ricadono nel GDPR. Ciò che,

secondo me, è importante comprendere della visione

del legislatore è che la definizione di un dato anoni-

mo o personale è mutevole: quello che

per noi oggi è un dato anonimo, tra

due mesi - magari per lo sviluppo di

un algoritmo di correlazione che po-

trebbe portare alla reidentificazione

dell’interessato - allora a quel punto

diventa dato personale. La distinzione

viene sempre fatto su una base di ef-

fettività nel momento in cui tale dato

viene valutato. Il legislatore ha tenu-

to presente l’evoluzione tecnologica

e ha provato a realizzare un testo di

legge che abbracciasse varie ipotesi.”

DDAY.it: Le aziende possono aggregare dati non anonimizzati?Pierluigi Perri: “Se rientra nell’ambito della loro atti-

vità che hanno dichiarato nell’informativa, sì, certo.”

DDAY.it: E che tipo di dati?Pierluigi Perri: “Tutti quelli che hanno raccolto lecita-

mente. Un’azienda può raccogliere una serie di dati

per finalità di marketing e poi fare una proiezione,

per esempio, su quante persone abbiano attivato un

buono sconto e in quale area geografica. Questo tipo

di azione dev’essere dichiarato nell’informativa che

viene consegnata alle persone.”

DDAY.it: Nell’Unione Europea le aziende possono trattenere i dati per sempre o sono obbligate a ri-spettare una scadenza?

segue a pagina 15

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MAGAZINEn.236 / 2125 GENNAIO 2021

Pierluigi Perri: “Le aziende sono obbligate a indicare

una scadenza. Sotto questo aspetto, però, il Garan-

te per la protezione dei dati personali è intervenuto

sottolineando il tema dell’accountability: il titolare del

trattamento adegua il trattamento stesso a seconda

dell’operazione che deve svolgere per la finalità che

si è prefissato nel rispetto della legge. È il titolare,

quindi, che deve identificare i metodi migliori per ri-

spettare la legge e contemporaneamente raggiun-

gere la finalità. Per questo è difficile stabilire delle

scadenze preimpostate. Il titolare potrà scegliere una

conservazione del dato che non potrà essere indiscri-

minata.”

DDAY.it: Gli utenti possono verificare la cancellazio-ne del dato una volta che l’azienda lo ha usato per le proprie finalità?Pierluigi Perri: “Si può esercitare il diritto all’accesso

con cui si chiede all’azienda se quest’ultima è in pos-

sesso di dati che lo riguardano. Se l’utente già sa

che l’azienda è in possesso di dati personali perché,

per esempio, ha prestato il consenso, può rivolgere

la stessa domanda per sapere per quanto tempo i

dati vengono conservati o se sono effettivamente

stati cancellati. Il titolare è obbligat o a rispondere

alle domande dell’interessato. Se l’utente si accorge

che il titolare ha risposto in maniera non veritiera,

per esempio perché continua a ricevere comunica-

zioni dall’azienda, ciò può essere un elemento utiliz-

zato per un’azione contro il titolare”.

DDAY.it: Se un malintenzionato riuscisse a pene-trare nell’account di un utente, potrebbe richiedere i dati dell’utente-vittima tramite la richiesta legitti-mata dal GDPR?Pierluigi Perri: “Il titolare è obbligato a identificare

l’interessato che presenta la richiesta. L’hacker do-

vrebbe non solo penetrate l’account, ma avere qual-

che elemento di identificazione, come la copia di un

documento, per avallare la sua richiesta.”

DDAY.it: È giusto quindi ritenere il GDPR uno dei regolamento più avanzati al mondo in tema di pro-tezione dei dati personali?Pierluigi Perri: “Secondo me, è ragionevole, pur

con le complessità del caso: il trattamento dei dati

personali è una delle tematiche più in evoluzione. La

riprova di tutto questo l’abbiamo dal fatto che altri

Paesi si stanno ispirando alla tradizione europea per

prendere alcuni principi e trasferirli nelle loro norma-

tive”.

DDAY.it: Prendendo come esempio il recente di-battito nato attorno a WhatsApp, il GDPR tutela effettivamente gli utenti europei più di quelli, per esempio, nordamericani o cinesi, quindi?Pierluigi Perri: “Sì. Partiamo però da due concetti

di protezione dei dati diversi: in America si parla di

privacy; in Europa si parla più correttamente di pro-

tezione dei dati. Negli Stati Uniti non esiste un testo

onnicomprensivo come il GDPR; ma esistono una se-

rie di testi di legge che toccano settori estremamente

piccoli, dove c’è il trattamento dei dati, fatta ecce-

zione per un recente testo di legge, cioè il California

Consumer Privacy Act.

Anche in America si sta iniziando a sentire l’esigen-

za di avere un testo un po’ più ampio, che non curi

solo la privacy dei consumatori o di chi, per esempio,

prende in prestito dei libri. Alcuni tentativi ci sono già

stati, ma non sono mai andati a buon fine.”

DDAY.it: La spada di Damocle che pende sul GDPR è la fiducia nell’idea che le aziende facciano effet-tivamente ciò che dicono di fare: quali dati prendo-no, per quanto tempo li trattengono…Pierluigi Perri: “Ahimè, sì. È un discorso di regole:

il GDPR lascia un ampio margine affinché le parti

possano autoregolarsi. Io, azienda, dico a te, utente,

cosa farò con i tuoi dati e ti lascerò abbastanza liber-

tà di scelta per dire sì ad alcune cose e no ad altre,

che è ciò che vediamo nei consensi più elaborati: la

possibilità di acconsentire al trattamento, al marke-

ting, alla profilazione, alla profilazione di terze parti;

sfumature che l’interessato può disciplinare, insieme

al titolare, senza dover necessariamente concedere

trattamenti di dati che non ritiene necessari o graditi”.

DDAY.it: Un suo commento sul caso di WhatsApp: le preoccupazioni sono legittime o si è fatto più tram-busto del necessario?Pierluigi Perri: “Dalle informazioni che abbiamo, l’at-

tività che WhatsApp voleva svolgere, ma che comun-

que non avrebbe interessato chi usa WhatsApp in

Europa, era un’attività di profilazione, pur senza en-

trare nel merito dei messaggi: questi continuavano a

essere cifrati end-to-end. L’azienda avrebbe raccolto

i metadati di utilizzo: il numero di telefono dei contat-

ti, le modalità d’utilizzo dell’applicazione (numero di

messaggi, i contatti più frequenti, gli orari di utilizzo,

etc) ma senza entrare nel merito dei messaggi. Per

una narrativa che si è diffusa con le dinamiche ra-

pide dei social network si è generato questo timore,

che credo sia legato al fatto che WhatsApp potesse

entrare nel merito dei messaggi e quindi una perdita

di riservatezza totale, che a sua volta ha portato a

una fuga verso alternative simil-WhatsApp che, alme-

no sulla carta, dichiarano di non fare queste attività

di profilazione. Mi sembra che non ci fossero pericoli

concreti o comunque non venissero dichiarate ope-

razioni che non fossero già in essere.”

DDAY.it: La questione WhatsApp ha aperto un’ul-teriore parentesi: come esprimere un consenso su qualcosa che, poiché è spesso scritto volutamente in modo ambiguo, non si riesce a capire?Pierluigi Perri: “Il GDPR dice che l’informativa de-

v’essere scritta in maniera trasparente e con un lin-

guaggio semplice e chiaro. Entriamo nel merito del

“legal design”: riuscire a trasmettere dei contenuti

legali in modo non ridondante o eccessivamente

tecnico. È un obiettivo al quale tutti i titolari dovreb-

bero tendere.”

DDAY.it: Il GDPR lo ha stabilito, ma la realtà poi è molto diversa…Pierluigi Perri: “C’è chi lo fa. Siamo in una fase altale-

nante. Per esempio, alcune strutture sanitarie hanno

fatto delle informative a fumetti per avere un linguag-

gio adatto ai più piccoli. Altri ancora hanno curato

l’aspetto multilingua dell’informativa tenendo conto

delle specificità dell’utenza; altri stanno usando delle

icone, che sono più facili da interpretare. C’è chi in-

vece continua a presentare 20 o 30 pagine scritte.

L’autorità garante, sotto questo aspetto, sta sottoli-

neando molto l’esigenza di avere informative chiare”.

SOCIAL MEDIA E WEB

Il GDPR protegge davvero i dati degli utenti europei?segue Da pagina 14

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MAGAZINEn.236 / 2125 GENNAIO 2021

di Gaetano MERO

Sono passati circa tre anni da quan-

do Amazon ha ufficializzato l’ac-

quisizione dei diritti sul franchise Il

Signore degli Anelli, facendo pregustare

ai fan l’arrivo di una nuova serie incentra-

ta sull’universo creato da J. R. R. Tolkien.

Dopo un lungo periodo di attesa senza

alcuna notizia a riguardo, la società ha

rotto il silenzio diffondendo una prima

sinossi dello show (riportata da TheOne-Ring.net) che sarà ambientato cronolo-

gicamente nella Seconda Era del mondo

di Arda. Qui si potrà assistere alla salita

al potere dello spietato Sauron, colui che

ha forgiato l’anello unico del potere.

Si legge nella nota: “la nuova serie targa-

ta Amazon Studios - basata su Il Signore

degli Anelli - porterà sugli schermi per

la prima volta le leggendarie avventure

narrate da J. R. R. Tolkien nella Seconda

Era della Terra di Mezzo. Questo epico

dramma sarà ambientato migliaia di anni

prima degli eventi di Lo Hobbit e Il Signo-

re degli Anelli, e condurrà gli spettatori

ENTERTAINMENT Amazon ha diffuso la sinossi ufficiale della prima serie su Il Signore degli Anelli

Il Signore degli Anelli riparte dalla Seconda Era Ecco finalmente la trama della serie AmazonLa storia sarà ambientata durante la Seconda Era della Terra di Mezzo. Riprese in corso in Nuova Zelanda

in un’epoca in cui i grandi poteri furono

forgiati, i regni salirono alla gloria e cad-

dero in rovina, eroi improbabili furono

messi alla prova, le speranze risultavano

appese ad un filo sottile e il più grande

cattivo mai uscito dalla penna di Tolkien

minacciò di trascinare il mondo intero

nell’oscurità”.

Sullo schermo interagiranno una nutrita

serie di personaggi, tra vecchi e nuovi,

mentre affrontano il temuto riemergere

del male nella Terra di Mezzo. “Dalle

profondità più oscure delle Montagne

Nebbiose, alle maestose foreste della

capitale degli elfi Lindon, passando dal

regno dell’isola mozzafiato di Númenor

fino ai confini più remoti dell’universo,

questi regni e personaggi scriveranno

un’eredità che sopravvivrà nei secoli”.

Le riprese della prima sono già in corso

in Nuova Zelanda, mentre dagli studi

Amazon è stata già ordinata una se-

conda stagione che verrà girata subito

dopo la prima. La sceneggiatura è firma-

ta da J.D. Payne e Patrick McKay affian-

cati dal regista J.A. Bayona, quest’ultimo

anche in veste di produttore esecutivo

assieme a Belén Atienza. Del cast fanno

parte Robert Aramayo, Maxim Baldry e

Will Poulter.

di Roberto PEZZALI

La scadenza per presentare le offer-

te per aggiudicarsi i diritti TV per la

trasmissione del prossimo triennio

di Serie A è fissata per il 26 gennaio.

La Lega spera di raccogliere almeno

1.15 miliardi di euro, e parte di questi

potrebbero arrivare proprio da Ama-

zon. Secondo Bloomberg, infatti, che ha

ricevuto informazioni da diverse fonti,

Amazon sarebbe pronta a presentare

una sua offerta per portare tutte o al-

cune partite sulla sua piattaforma Prime

Video. L’Italia sarebbe quindi il terreno

scelto da Amazon per lanciare alla gran-

de le partite in diretta streaming: lo fa

già in altri Paesi, ma in Italia l’accoppiata

Champions League, già confermata, e

Serie A porterebbe senza dubbio Ama-

ENTERTAINMENT Secondo Bloomberg, Amazon sarebbe pronta a fare un’offerta “bomba”

Serie A 2021-24 su Amazon Prime Video?Bloomberg convinta: Amazon farà l’offertaL’offerta porterebbe tutte o alcune partite su Prime Video. Scadenza presentazione il 26 gennaio

zon a diventare la pay TV preferita da

chi ama il calcio.

Da Amazon e dalla Lega, interrogate da

Bloomberg, bocche cucite, ma è chiaro

che qualcosa di vero c’è: Amazon ha in-

tenzione di investire sul calcio e lo ha

dimostrato acquisendo i diritti per tra-

smettere alcune partite della massima

competizione europea per il prossimo

triennio La verità si saprà solo quando

verranno aperte le buste: se all’inter-

no ci sarà anche un’offerta di Amazon,

e sarà congrua, molti italiani saranno

felici. Soprattutto se la Serie A finirà

nell’abbonamento Amazon Prime sen-

za costi aggiuntivi.

Netflix, boom di iscritti nel 2020: gli utenti della piattaforma sono più di 200 milioniLa particolarità dell’anno appena trascorso, sommato al successo di alcune serie, hanno fatto schizzare in alto i numeri della piattaforma: sono più di 200 milioni gli abbonati, con un aumento di 37 milioni rispetto al 2019 di Pasquale AGIZZA

Il 2020 è stato un anno d’oro per Netflix: la società ha registrato, infatti, una crescita impetuosa, andando a superare gli oltre 200 milioni di abbonati paganti in tutto il mondo. Andando ad analizzare i numeri, il 2020 ha portato 37 milioni di nuovi uten-ti. Le restrizioni conseguenti alla pandemia da Coronavirus hanno indubbiamente aiutato ad otte-nere questo boom, ma la qualità e l’ottima accoglienza riservata ad alcune nuove serie hanno fatto il resto. Il 2021 di Netflix si prospetta meno intenso rispetto al 2020, anche se la società ha dichiarato che il piano per il 2021 prevede il lancio di un nuovo film a settimana. In particolare, ci si aspetta un certo rimbalzo nei nu-meri. Da non sottovalutare poi le mosse della concorrenza, con Di-sney+ che sta facendo registrare ottimi risultati. Ma la situazione economica estremamente flori-da - 25 miliardi di dollari incassa-ti nel solo 2020 - ed alcuni assi nella manica in tema di program-mazione rendono la posizione di Netflix molto stabile in questo 2021 appena iniziato.

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MAGAZINEn.236 / 2125 GENNAIO 2021

di Paolo CENTOFANTI

È uno dei componenti oggi più importanti non solo

di personal computer e workstation, ma anche

dispositivi portatili, smartphone e tablet, fino ad

arrivare anche al cloud. Nasce per la grafica 3D ma ha

trovato impiego anche nel mondo della simulazione

scientifica e dell’Intelligenza Artificiale. Stiamo parlando

naturalmente della GPU o Graphic Processing Unit, che

ha trasformato le schede video da semplice periferica

destinata a pilotare un monitor a vero e proprio com-

puter nel computer. Ma cosa fa e come funziona una

GPU? Perché è diventata indispensabile? L’argomento

è complesso ma cercheremo di approcciarlo nel modo

più semplice possibile senza però rinunciare ad appro-

fondire gli aspetti più importanti.

Una rivoluzione nata con i videogiochiLe schede video nascono con i primi computer come

quel componente dedicato alla conversione dei dati di-

gitali prodotti dal processore in segnali analogici visua-

lizzabili su un monitor a tubo catodico. Le prime schede

video erano rudimentali e svolgevano un ruolo tutto

sommato semplice: visualizzare i caratteri di interfacce

testuali su schermi monocromatici. Ma parallelamente,

nell’industria dei videogiochi arcade prima e con le pri-

me console domestiche poi, nascevano i primi proces-

sori grafici programmabili che consentivano di generare

grafica computerizzata. Nei primi anni ’80, i due mondi

si incontrano e nascono le prime schede video per PC

capaci di visualizzare grafica 2D e 3D, mentre la risolu-

zione e il numero dei colori riproducibili cominciano a

crescere. Si assiste ad una veloce successione di stan-

PC Da processore ausiliario dei PC a componente indispensabile di ogni dispositivo con uno schermo: parliamo della GPU

Come funziona la GPU. La pipeline graficaScopriamo cos’è una GPU, qual è il suo ruolo e come funziona e partiamo da come nasce un’immagine in computer grafica

segue a pagina 19

dard, CGA, EGA, VGA, XGA e così via.

La vera svolta arriverà nel 1996 grazie a 3DFx Inte-

ractive, piccola azienda californiana che lanciò il suo

processore grafico Voodoo per schede video, il primo

esempio di vera e propria GPU dedicata all’accelerazio-

ne della grafica 3D, che porterà alla nascita delle prime

schede video nel senso moderno del termine, seppure

il termine Graphic Processing Unit (GPU appunto) verrà

utilizzato per la prima volta poco più avanti da Nvidia

con il lancio della scheda grafica GeForce 256.

Voodoo sbaragliò la concorrenza con prestazioni im-

pensabili all’epoca per la fascia consumer e ridisegnan-

do completamente il mercato e spronando aziende

come ATI e Nvidia a produrre soluzioni rispettivamente

come le serie Rage e RIVA. Da lì in poi si è assistito

ad un’evoluzione rapidissima che ha visto in pochissimo

tempo architetture mutare radicalmente e una vertigi-

nosa crescita delle prestazioni. Ma qual è la novità che

hanno introdotto queste schede? Per capirlo occorre

fare un passo indietro e scoprire come nasce un’imma-

gine computerizzata.

La CPU da sola non bastaCome sappiamo, l’immagine elettronica è costituita da

una griglia di pixel il cui colore deve essere aggiorna-

to in accordo con la frequenza di aggiornamento dello

schermo, ovvero il numero di fotogrammi al secondo.

Per visualizzare l’immagine, il computer deve calcolare

il colore di ciascun pixel per ogni fotogramma: nel caso

di schermo 4K e frequenza di 60 Hz, ad esempio, il PC

dovrà processare almeno 3840x2160 pixel 60 volte al

secondo per un totale di poco meno di 500 milioni di

pixel al secondo.

Il mitico Doom girava su PC in un’epoca in cui l’accele-

razione 3D ancora non esisteva: la grafica 3D era inte-

ramente calcolata dalla CPU con tecniche rudimentali

dettate dalle risorse computazionali a disposizione.

Il processore o CPU, il componente principale di ogni

personal computer, è teoricamente in grado di svolgere

autonomamente tutte le principali operazioni per la ge-

nerazione dell’immagine, dalla visualizzazione di carat-

teri alla grafica 3D di un videogioco, ma c’è un aspetto

molto importante di cui tenere conto: la CPU è quello

che viene definito un general purpose processor, un

processore cioè concepito per svolgere calcoli di ogni

tipo e allo stesso tempo nessuno in particolare. Ma ela-

borare centinaia di milioni di pixel al secondo è in realtà

un compito estremamente specializzato e soprattutto

ripetitivo. Ecco quindi l’intuizione di affiancare al proces-

sore principale un secondo processore esplicitamente

dedicato ed ottimizzato ad elaborare in parallelo un

gran numero di dati, su cui alla fine vengono effettuate

Il processore Voodoo di 3DFX arrivò sul mercato polverizzando a livello di prestazioni la concorrenza e di fatto dando inizio all’era dell’accelerazione hardware 3D. La prima generazione di schede Voodoo non supportava grafica 2D e andava collegata in parallelo alla scheda video del PC con un collegamen-to passante per l’uscita video: quando veniva lanciata un’applicazione 3D come un videogame, l’uscita video (analogica) veniva commutata automaticamente.

torna al sommario 19

MAGAZINEn.236 / 2125 GENNAIO 2021

PC

Come funziona la GPU. La pipeline graficasegue Da pagina 18

sempre le stesse operazioni, sgravando dal compito la

CPU che può essere invece utilizzata per elaborazioni

più complesse e di altro tipo. Semplificando al massimo,

possiamo pensare alla CPU di un computer come all’in-

gegnere che crea il progetto tecnico di un edificio e alla

GPU come all’architetto che lo trasforma in un bel dise-

gno a colori ultra realistico e con tutti gli abbellimenti

del caso. Di fatto la scheda video è un computer nel

computer: ha la sua motherboard (la scheda stessa), il

suo BIOS, la sua memoria e il suo processore, la GPU

appunto.

Come nasce un’immagine 3DSemplificando al massimo, il processore grafico o GPU

ha dunque la funzione di creare una scena tridimen-

sionale sulla base delle istruzioni fornite dal processo-

re principale e per ogni fotogramma di trasformala in

un’immagine bidimensionale ricca di dettagli ed effetti

da visualizzare sullo schermo. Il punto di partenza sono

dei modelli tridimensionali che l’applicazione posiziona

all’interno dello spazio 3D virtuale in ogni istante, insie-

me a tutte le informazioni che riguardano la disposizio-

ne delle sorgenti di luce, le caratteristiche delle super-

fici, effetti speciali, posizione della cinepresa virtuale

e sue caratteristiche (apertura, focale, messa a fuoco,

etc.) e tanto altro ancora. Tutte queste informazioni ven-

gono passate alla scheda grafica che ha il compito di

effettuare quello che viene chiamato il rendering del

fotogramma.

Gli oggetti che compongo la scena vengono costruiti

utilizzando come mattoncini dei poligoni, vengono co-

lorati calcolando l’effetto delle luci e le proprietà dei

materiali che devono rappresentare e “vestiti” appli-

cando quelle che in gergo vengono chiamate texture,

in sostanza delle vere e proprie immagini che vengo-

no applicate come delle decalcomanie sui modelli 3D

per dare realismo alla grafica. Prendendo come input

la posizione della videocamera virtuale in quell’istante

- il nostro punto di vista - e la posizione relativa di ogni

elemento, la GPU calcola ciò che andrà effettivamente

visualizzato, applica le trasformazioni necessarie per

creare la corretta prospettiva 2D, le eventuali texture

che definiscono le caratteristiche delle varie superfici,

applica gli effetti di illuminazione, come riflessi e ombre,

effettua eventuale post-processing come anti-aliasing e

quindi scrive il fotogramma da visualizzare sul monitor,

per poi passare all’elaborazione di quello successivo.

LA PIPELINE GRAFICAQuesto insieme di operazioni avviene secondo una

serie di passaggi che prende il nome di pipeline gra-

fica. Addentrandoci un po’ più nel dettaglio possiamo

cominciare a individuare i seguenti passaggi logici.

La costruzione della geometriaViene innanzitutto creata la geometria della scena di-

sponendo i modelli 3D nello spazio tridimensionale. Ciò

avviene definendo la posizione dei vertici di ciascun

modello, punti che hanno una posizione nello spazio

virtuale dell’applicazione (in un videogioco sarà il livello

in cui ci troviamo) e diversi attributi quali colore, orienta-

mento nello spazio e texture. (foto 1)Questi vertici vengono quindi raggruppati in “primitive”,

componendo cioè dei triangoli (i poligoni), che vanno

a creare le superfici degli oggetti che compongono la

scena. Il risultato è un insieme di triangoli adiacenti tra

loro che come dei mattoncini vanno a comporre i vari

elementi della scena. A questo punTo, abbiamo una

collezione di oggetti geometrici tridimensionali astratti

che devono essere trasformati nei pixel bidimensionali

che verranno visualizzati sullo schermo.

La costruzione dell’inquadraturaViene eseguita quindi quella che viene chiamata “proie-

zione” con cui viene definita l’inquadratura da mostrare

sullo schermo, calcolando la prospettiva rispetto alla

posizione della camera virtuale e alle eventuali defor-

mazioni introdotte dalla focale della lente virtuale (foto 2). Si tratta di un processo che richiede la trasforma-

zione delle coordinate dei vertici in diversi sistemi di

riferimento. Ma attenzione: convertendo una vista tridi-

mensionale in un’immagine bidimensionale, ci saranno

degli elementi che saranno nascosti alla vista in quanto

fuori dall’inquadratura o perché coperti da altri elementi

da quella particolare angolazione. Vengono quindi ef-

fettuate delle operazioni denominate rispettivamente

“clipping” e “culling” che hanno lo scopo di tagliare

quegli elementi che comunque non saranno visibili e la

cui elaborazione rappresenterebbe solo uno spreco di

risorse di calcolo. La proiezione può essere ottenuta in

diversi modi. Storicamente sono stati adottati diversi al-

goritmi che rientrano tutti nella categoria delle tecniche

di rastering, ma un altro metodo è quello del ray tracing.

La differenza tra i due sostanzialmente è che nel me-

todo classico si parte da un punto della superficie del

modello 3D e si calcola la sua proiezione sul piano che

rappresenta l’immagine bidimensionale. Nel ray tracing

si segue il processo inverso, tracciando dei raggi che I modelli 3D sono composti da un insieme di triangoli o poligoni: più numerosi sono i poligoni di un mo-dello maggiore sarà il livello di dettaglio. Nell’immagine sopra è possibile vedere a sinistra un rendering parziale di un modello in cui è possibile ancora distinguere le primitive (le facce dei poligoni) e a destra il rendering completo con shading e texture applicate.

Schematizzazione della pipeline grafica logica ai tempi delle API DirectX 10. Con le DirectX 12 sono stati introdotti ulteriori shader, ma questo schema rimane utile per comprendere gli step principali. © Nvidia

segue a pagina 20

torna al sommario 20

MAGAZINEn.236 / 2125 GENNAIO 2021

partono dall’obiettivo della camera virtuale e raggiun-

gono le superfici degli oggetti 3D, intersecando il pia-

no dell’immagine 2D.

Dai poligoni ai pixel, il rasteringA questo punto segue un’operazione che prende il

nome di rasterizzazione (rastering): i triangoli vengono

trasformati da una superficie geometrica continua in

una matrice di pixel o meglio fragment, elementi che

hanno come attributi la posizione su una griglia - que-

sta volta in un piano 2D - colore, trasparenza, profon-

dità, texture da applicare. (foto 3)Potete immaginare il processo come disegnare una

serie di forme su un foglio a quadretti e quindi di co-

lorare tutti quei quadretti racchiusi da queste forme: i

disegni sono le primitive, i quadretti che avete colo-

rato sono i fragment. La differenza è che i fragment

sono vincolati ad una griglia, il raster appunto, che

corrisponde alla matrice dei pixel dell’immagine finale.

Shading e texture mappingResta quindi da determinare il colore di ciascun pixel,

assegnando un valore ai diversi attributi di ogni frag-

ment, operazione che prende il nome di shading,

ombreggiatura, dalle tecniche con cui viene calcolato

l’effetto dell’illuminazione sulle superfici in grafica 3D,

ovvero come la luce si riflette per ricreare le caratte-

ristiche di un materiale e la generazione delle ombre.

Il colore dei pixel viene determinato anche dall’ap-

plicazione di texture, dall’effetto dei triangoli attigui,

o dall’uso di tecniche come il bump mapping che

donano profondità alle superfici senza il ricorso alla

generazione di ulteriori triangoli. A ciò si possono poi

aggiungere effetti ambientali (neb-

bia e fumo per esempio) e tanto

altro ancora. (foto 4). Il mapping

delle texture è un’operazione più

complessa di quello che sembra:

occorre determinare la prospetti-

va delle superfici, quindi prendere

l’immagine 2D che costituisce la

texture, deformarla e ruotarla in

accordo alla prospettiva della su-

perficie e quindi elaborare i pixel

corrispondenti. Il processore Vo-

odoo di 3DFx aggiungeva al PC

proprio una Texture Mapping Unit

dedicata: la grafica 2D e buona

parte della grafica 3D rimaneva in

carico alla CPU, ma l’acceleratore

prendeva in carico il rendering fi-

nale campionando, trasformando

e applicando le texture alle super-

fici 3D.

Il rendering finaleTerminato il processing di tutti i

fragment si ottengono i pixel veri

e propri che verranno assemblati

insieme completando il rendering.

2

3 4

1

Un esempio di Texture. A sinistra la mappa UV che viene utilizzata per tradurre il modello 3D in 2D dimensioni per l’applicazione delle texture nei software di rendering. A destra le texture che donano i dettagli grafici al modello 3D. Le texture vengono utilizzate anche per assegnare alle superfici altre caratteristiche come trasparenza, lucidità, rugosità e molte altre proprietà. © Luana Bueno

Ciascuna primitiva viene infatti elaborata in parallelo

come fosse un livello a sé e l’output costituito dai frag-

ment viene scritto all’interno di una memoria tampo-

ne, il frame buffer. Lungo la pipeline grafica, per ogni

pixel viene calcolato il livello di profondità, assegnan-

do la posizione lungo l’asse Z: banalmente è l’informa-

zione che dice cosa va sotto e cosa va sopra andando

a impilare sul piano tutti i vari elementi, come in un

collage. Il rendering viene a questo punto completato

applicando tecniche di sovracampionamento e anti-a-

liasing dando il tocco finale all’immagine.

Quella che abbiamo appena visto è in realtà una sem-

plificazione: molte operazioni vengono effettuate in

più punti della pipeline grafica, come il controllo delle

visibilità delle superfici o lo stesso shading che avvie-

ne già a livello dei vertici, argomenti che approfon-

diremo nella prossima puntata, dove vedremo come

tutto ciò si riflette nell’architettura di una moderna

GPU. Nelle prime schede video a ogni passaggio del-

la pipeline grafica corrispondeva un’unità di calcolo

specifica della GPU: si parlava allora di pipeline fissa.

Le GPU si sono evolute significativamente da allora e

la pipeline è oggi completamente programmabile: le

GPU sono cioè costituite da centinaia di core identici

che svolgono diversi passaggi della pipeline grafica

a seconda delle istruzioni da eseguire a ogni ciclo di

clock. Dalla prima Voodoo in poi sempre più passag-

gi della pipeline grafica sono stati spostati dalla CPU

alla GPU e di nuovi ne sono stati aggiunti, fino ad arri-

vare alle moderne architetture di oggi.

PC

Come funziona la GPU. La pipeline graficasegue Da pagina 19

torna al sommario 21

MAGAZINEn.236 / 2125 GENNAIO 2021

di Pasquale AGIZZA

L’aggiornamento autunnale di Win-

dows 10, contrassegnato dalla sigla

21H2, sarà contraddistinto da un

profondo lavoro di restyling dell’aspetto

grafico. A darne notizia è il giornalista

Zac Bowen, della testata Windows Cen-

tral. Il giornalista, che allega all’articolo

anche alcune immagini in anteprima,

rende noto che l’aggiornamento ha

nome in codice “Sun Valley” e, come

detto, si concentrerà quasi esclusiva-

mente sullo svecchiare l’aspetto grafico

di Windows 10. Uno dei settori in cui

Microsoft interverrà è quello del menu

Start. L’aspetto grafico sarà molto simile

a quello a cui siamo abituati, ma come

vediamo, il menu Start può separarsi

dalla barra delle applicazioni. A riceve-

re un cambiamento totale sarà il Centro

Notifiche, che dovrebbe essere lo stes-

so per Windows 10 e Windows 10X, e

che diventerà una sorta di ibrido fra il

Centro di Controllo dei dispositivi iOS

e il normale gestore delle notifiche pre-

sente su tutti gli smartphone.

L’intento sarebbe proprio quello di av-

vicinare l’interfaccia di Windows 10 a

quella di Windows 10X, la versione al-

leggerita del sistema operativo di cui lo

stesso Bowen ha rilasciato un video.

Come noto, Windows 10X è una versione

di Windows nata con lo scopo di fornire

una versione del sistema operativa snel-

la, veloce ed adatta anche a dispositivi

a doppio schermo come l’avveniristico e

sfortunato Surface Neo.

È facile individuare in Windows 10X un

tentativo di contrastare Google e il suo

ChromeOS, così come è facile, guar-

dando le immagini e il video condivisi

dal sito, accorgersi di alcune similitudini

molto profonde. Partiamo dal menu Start

che “fluttua” al centro dello schermo, e

che raccoglie solo scorciatoie per le ap-

plicazioni e per le PWA - le Progressive

Web App che potrebbero cambiare il pa-

radigma d’uso dei dispositivi nei prossi-

mi anni. Nel video possiamo poi vedere

in azione il nuovo Centro Notifiche, con

le modifiche che potrebbero arrivare,

come scritto in precedenza, anche sulla

versione standard di Windows 10.

Il video di Windows Central ci mostra,

infine, il gestore dei file di Windows 10X,

che si presenta davvero molto basilare.

In questo caso più che con un PC, è faci-

le trovare similitudini con iPadOS.

La build provata dal sito sembra essere

molto vicina allo stadio finale, andando

così a confermare le indiscrezioni circa

un rilascio dei primi dispositivi con Win-

dows 10X nella primavera del 2021.

PC La testata Windows Central ci fornisce una panoramica sul futuro di Windows 10

Il futuro di Windows 10, che cosa ci aspetta Restyling grafici e l’uscita di Windows 10XL’aggiornamento autunnale avrà un forte restyling che coinvolgerà menu Start e Centro Notifiche

Windows 10X Demo

Samsung 870 EVO, i nuovi SSD consumer migliorano le prestazioni del 30% e costano pocoLegge i dati casuali il 38% più velocemente del precedente 860 EVO e vanta nel complesso il 30% di prestazioni in più. 250 GB costano 47 euro di Sergio DONATO

Samsung ha presentato un nuovo SSD SATA da 2,5” della sua serie più economica e conosciuta, l’870 EVO, che ritorna a una classica configurazione V-NAND TLC, cioè a tre bit per cella, dopo il lancio dell’870 QVO con tecnologia QLC, quattro bit per cella, arrivato nell’e-state del 2020. Il confronto da fare per il lancio dell’870 EVO è con la generazione precedente dell’860 EVO. Samsung ha dato al control-ler e alla flash V-NAND dell’870 EVO l’ultima iterazione della sua tecnologia, che gli permettono di raggiungere una velocità di lettura e scrittura sequenziale SATA 3 da 6 Gb/s, rispettivamente di 560 e 530 MB/s. Per il buffer si serve di un SLC variabile che fa coppia con la tecnologia Intelligent TurboWrite in grado di mantenere le presta-zioni sui livelli di picco. Rispetto all’860 EVO, il nuovo 870 EVO ha una velocità di lettura casuale dei dati migliore del 38%. Comples-sivamente, invece, le prestazioni sono aumentate del 30%. Il mo-dello da 4 TB, oltre a una garanzia di 5 anni ha anche un valore di 2.400 TBW, cioè di 2.400 Terabyte garantiti in scrittura prima di mani-festare qualche eventuale malfun-zionamento.

PC Il primo modello ad arrivare sarà il pannello da 14 pollici

Primi OLED per notebook a 90 Hz L’annuncio di Samsung Display

di Paolo CENTOFANTI

Samsung Display, la divisione del gruppo Samsung che si occupa dello sviluppo e

produzione di schermi per monitor e TV, ha annunciato la disponibilità del primo

schermo OLED per notebook al mondo con frequenza di aggiornamento di 90

Hz. I portatili oggi in commercio con schermo OLED hanno tutti pannello con un refre-

sh massimo di 90 Hz. Il primo modello ad arrivare sul mercato sarà il pannello da 14

pollici, con la produzione di massa che inizierà a marzo, mentre i primi portatili di pro-

duttori terzi che ne faranno uso arriveranno nel corso del 2021. Samsung Display, nel

suo comunicato, si concentra soprattutto sui benefici dei 90 Hz, sottolineando come

secondo i propri test le prestazioni sono superiori a quelle dei pannelli LCD da 120 Hz:

“Samsung Display ha testato la lunghezza della sfocatura (dovuta al movimento, ndr)

utilizzando lo stesso filmato di un’auto in corsa e ha determinato che il trascinamento

dell’OLED a 90 Hz e dell’LCD a 120 Hz è rispettivamente di 0,9 mm e 1 mm”. Il tempo

di risposta delle immagini percepito tramite le due tecnologie è in realtà legato a fattori

differenti, ma è vero che anche l’OLED può

beneficiare di una frequenza di refresh su-

periore. La tecnologia OLED offre un tem-

po di risposta essenzialmente istantaneo,

ma la tecnica di sample & hold normal-

mente impiegata porta comunque il nostro

sistema visivo a percepire una sfocatura

sulle immagini in movimento. Aumentare la

frequenza è una delle strade per mitigare

questo fenomeno.

torna al sommario 22

MAGAZINEn.236 / 2125 GENNAIO 2021

di Sergio DONATO

La presenza al CES 2021 di Canon

è stata spaziale: non per il lancio di

nuove fotocamere, ma nel senso let-

terale del termine. Ha riacceso i riflettori

sul suo piccolissimo satellite CE-SAT-1,

creando un sito interattivo in grado di

mostrare le capacità di questo “scato-

lotto” in orbita a 500 km dalla Terra, che

può scattare foto della superficie del pia-

neta grazie a una Canon EOS 5D Mark III

montata al suo interno.

CE-SAT-1 orbita sopra le nostre teste

già da un po’ di tempo: dal giugno del

2017. È un parallelepipedo di 85 x 50 x

50 cm del peso di 60 kg, ed è il primo

microsatellite costruito interamente da

Canon, anche se la piattaforma usata è

stata quella del satellite AxelSpace Ho-

doyoshi. Il suo cuore è una fotocamera

EOS 5D Mark III modificata e privata del

FOTOGRAFIA Il microsatellite CE-SAT-1 Canon è in orbita a 500 km dalla Terra. Dentro ha una EOS 5D Mark III

Canon EOS 5D Mark III montata su un satellite Chiunque può “scattare” una foto dallo spazio Canon ha realizzato un sito interattivo dedicato al satellite, su cui costruire un business miliardario

filtro passa basso con una risoluzione

di 5760 x 3840, accompagnata da un

telescopio da 40 cm in configurazione

Cassegrain con una lunghezza focale di

3.720 mm. CE-SAT-1 può scattare foto

che comprendono un’area di 6 x 4 km

con una risoluzione di circa un metro

per pixel. Ha anche un piccola compatta

PowerShot S110 per acquisire immagini

con una focale più corta.

Il sito interattivo creato da Canon per

CE-SAT-1 ha l’ottimo accompagnamento

vocale dell’astronauta Marsha Ivins, e il-

lustra cosa può fare il satellite e perché

è stato messo in orbita. Gli utenti non

possono guidare il satellite, ma posso-

no scattare per finta foto già acquisite

e nel frattempo imparare qualcosa di

più sul progetto. e aree preselezionate

da Canon toccano alcune regioni di in-

teresse, come le Bahamas, New York,

l’Alaska, Venezia, l’Antartide. C’è anche

il Giappone e, nel dettaglio, i laboratori

dove è stato costruito il satellite.

Un affare da miliardi di dollari: microsatelliti al servizio della TerraEntro il 2030, Canon spera di mettere

su un business da miliardi di dollari in-

torno a questi microsatelliti.

Il CE-SAT-1 serve a raccogliere dati sul

traffico, a rilevare incendi, per monitora-

re l’inquinamento e per aiutare gli agri-

coltori a ottimizzare i loro raccolti.

Dopo il lancio del CE-SAT-1 nel 2017, la

scorsa estate Canon ha provato a lan-

ciare un CE-SAT-1B aggiornato.

Ma il razzo Electron del RocketLab che

lo aveva in consegna si è guastato dopo il lancio quando era a circa 190

km di quota.

Nikon potrebbe registrare il suo peggior anno finanziario di sempre: -720 milioni di dollariIl 2020 fiscale si chiuderà a marzo di quest’anno per Nikon. Le previsioni sono nerissime: un deficit di 720 milioni di dollari. La speranza è nelle full frame di alta gamma di Sergio DONATO

La pandemia da coronavirus ha avuto una ripercussione negati-va sul mercato delle fotocamere. Nikon prevede che il 2020 sarà il suo anno finanziario peggiore di sempre, con 720 milioni di dollari di perdite. Nel periodo aprile-set-tembre ha già dovuto fronteggia-re circa 449 milioni di dollari di deficit, ma l’anno fiscale di Nikon si chiuderà a marzo 2021. Nikon prevede di sigillarlo con una per-dita complessiva colossale: circa 720 milioni di dollari. Un dato che spaventa se messo in rapporto soprattutto con il surplus di circa 65 milioni di dollari del 2019. I dati arrivano dalla pubblicazione Toyo Keizai. Nikon deve anche manda-re giù il fatto che Canon ha avuto un ottimo 2020: per lei si prevede un profitto di circa 616 milioni di dollari. La contrazione del merca-to è stata comunque impressio-nante. Toyo Keizai ha guardato le spedizioni delle fotocamere del 2019 in Giappone: 15,21 mi-lioni di unità, un ottavo del totale registrato dieci anni prima. Nikon ha comunque ricevuto segni in-coraggianti dal mercato delle sue mirrorless full frame, ed è in que-sto settore che Toyo Keizai vede la futura ripartenza di Nikon.

SCIENZA Portava Internet in aree disagiate con palloni aerostatici

Google chiude Project Loon Vivrà in un altro progetto Google X

di Pasquale AGIZZA

I palloni aerostatici di Loon non voleranno più. Alphabet, la società che controlla Go-

ogle, ha deciso infatti di chiudere il progetto che si proponeva di portare la connes-

sione Internet ad alta velocità nelle aree disagiate, tramite l’utilizzo appunto di palloni

aerostatici. Alla base della chiusura c’è la difficoltà, per Alphabet, di rendere profit-

tevole il servizio. Non ci sarebbe un modello di business sostenibile per il progetto,

che si è dimostrato troppo costoso negli anni e senza reali prospettive di guadagno.

La notizia della chiusura del progetto è giunta ai più inaspettata, visto che in estate

Alphabet aveva lanciato la prima connessione ad Internet tramite Loon in Kenya. Il

servizio si basa sull’utilizzo di trentacinque palloni aerostatici e copre una porzione

di territorio di oltre 50mila chilometri quadrati della nazione africana. Anche questo

progetto, però, sarà chiuso.

I palloni aerostatici di Loop si erano rivelati fondamentali, poi, per il ripristino delle

comunicazioni a Puerto Rico, quando nel 2017 un terribile uragano aveva messo in

ginocchio le reti mobili e fisse dell’isola caraibica.

Alcune delle più avanzate tecnolo-

gie di Loon, però, troveranno posto

all’interno di Project Taara, un altro

progetto della divisione X di Google

- la divisione focalizzata sull’innova-

zione tecnologica - che si propone

di portare la connessione veloce

nelle zone svantaggiate del pianeta

utilizzando la trasmissione wireless

di fasci di luce.

torna al sommario 23

MAGAZINEn.236 / 2125 GENNAIO 2021

La Ragazza con l’orecchino di perla fotografata a una risoluzione di 10 miliardi di pixel. Il sito interattivo è spettacolare10 miliardi di pixel, 4,4 micron per pixel. Ma ci sono anche aree con pixel da 1,1 micron. La Ragazza con l’orecchino di perla come non è mai stata vista prima di Sergio DONATO

Il famoso dipinto Ragazza con l’o-recchino di perla del pittore olan-dese Johannes Vermeer è stato fotografato a una risoluzione di 10 miliardi di pixel. Alcuni particolari dell’opera hanno ricevuto un trat-tamento d’onore e scendono a un dettaglio di 1,1 micron per pixel; e hanno a disposizione anche una riproduzione in 3D. Hirox Europe è stata chiamata dal museo per fare una scansione approfondita dell’o-pera. È stato usato un microscopio Hirox 3D, che ha scandito auto-maticamente il dipinto in una sola notte, collezionando 9.100 foto poi riunite per formare un’immagine complessiva di 10.118 megapixel (93.205 x 108.565), con ogni sin-golo pixel grande 4,4 micron (35x). Sono state poi scelte 10 aree chia-ve che sono state acquisite a una risoluzione ancora maggiore, che ha condotto a immagini con singo-li pixel grandi solo 1,1 micron (140x) e tradotte anche nello spazio tridi-mensionale. Monti e valli creati dal-le pennellate di Vermeer. Hirox e la Mauritshuis hanno messo a dispo-sizione del pubblico queste imma-gini. Qui è possibile raggiungere la scansione nel sua interezza.

di Sergio DONATO

La talpa di InSight non ce l’ha fatta. Re-

spinta dalla particolarità del suolo di

Marte, non è riuscita a creare le con-

dizioni iniziali per proseguire all’interno

del terreno. Si è fermata a circa trentacin-

que centimetri, ma avrebbe dovuto rag-

giungere almeno tre metri per far funzio-

nare i propri sensori. InSight non la userà

più, ma la missione del lander non è finita.

La talpa è stata cacciata indietro dal suolo di MarteIl 9 gennaio, il team che controlla il lan-

der InSight su Marte ha dato lo stop ai

lavori della talpa, che in sostanza è un

battipalo che avrebbe dovuto battere

ripetutamente il suolo marziano per pe-

netrarlo e raggiungere almeno una pro-

fondità di tre metri. Lo strumento si chia-

ma Heat Flow and Physical Properties

Package (HP3), e la discesa della talpa

avrebbe permesso di tirare dietro di sé

un nastro pieno di sensori per misurare

la temperatura interna del suolo.

Lo scopo di HP3 era quello di misurare il

calore proveniente dall’interno di Marte

per rivelare quanto di esso fluisca dal

pianeta e quale sia la fonte del calore.

Saperlo, avrebbe aiutato gli scienziati a

capire se Marte si è formato come han-

no fatto la Terra e la Luna, e avrebbe

dato loro informazioni sull’evoluzione

del pianeta. HP3 è stato sviluppato e

costruito dal Centro Aerospaziale Tede-

sco (DLR). Ed è dal 28 febbraio del 2019

che la sonda, chiamata “talpa”, ha tenta-

to di scavare nella superficie marziana,

ma l’inaspettata tendenza del suolo a

compattarsi ha privato la talpa dell’attri-

to di cui aveva bisogno per martellarsi e

quindi spingersi a una profondità suffi-

ciente. Si è fermata a circa 35 centimetri

di profondità.

SCIENZA E FUTURO Ha scavato solo per circa 35 cm, perché il terreno marziano si è rivelato anomalo

La “talpa” di InSight non scaverà più su Marte È stata battuta dal particolare suolo marzianoLa talpa avrebbe dovuto portare i sensori per misurare la temperatura ad almeno 3 m di profondità

L’ultimo disperato tentativo, il soccorso del braccio roboticoLo strumento è stato posizionato nel

punto di scavo dal braccio robotico, la

talpa ha iniziato a funzionare, ma è riu-

scita a guadagnare solo altri 2-3 centi-

metri, facendo scomparire la sua cima

sotto il terreno marziano. Ma più in giù

di così non è riuscita ad andare. Il team

di InSight sulla Terra ha quindi provato

un ultimo tentativo usando lo scavino

del braccio robotico per raschiare il

terreno su cui stava operando la sonda

e pressarlo per fornire ulteriore attrito.

Ma dopo che la talpa ha compiuto 500

martellate aggiuntive senza ottenere ri-

sultati, sabato 9 gennaio InSight ha do-

vuto alzare bandiera bianca, e il team

ha interrotto definitivamente l’attività di

scavo. InSight è un lander della NASA

lanciato il 5 maggio 2018 e ammartato

il 26 novembre dello stesso anno. Non

è un rover e non può spostarsi per cer-

care terreni migliori sui quali ritentare le

attività di scavo.

Un terreno diverso da quello che ci si aspettavaNonostante il suo fallimento, la talpa

ha dato comunque alcune informazioni

agli scienziati, come quelle riguardanti

le proprietà inaspettate del terreno nei

pressi di InSight. La realizzazione della

talpa si basava sul terreno osservato

nelle precedenti missioni su Marte: un

terreno che si è rivelato molto diverso

da quello contro cui la talpa ha letteral-

mente sbattuto il naso.

InSight comunque non si dà per scon-

fitto. La sua missione è stata appena

estesa dalla NASA fino al 2022, quin-

di continuerà a osservare il meteo del

Pianeta Rosso e a fare il “sismometro

marziano”.

A questo proposito, il team intende im-

piegare il braccio robotico per seppel-

lire il cavo che trasmette dati e alimen-

tazione tra il lander e il sismometro di

InSight, e che finora ha registrato più di

480 terremoti. Seppellirlo contribuirà a

ridurre gli sbalzi di temperatura che

hanno creato suoni simili a scricchiolii

e scoppiettii nei dati sismici.

Una rappresentazione grafica dello strumento HP3

torna al sommario 24

MAGAZINEn.236 / 2125 GENNAIO 2021

di S. DONATO, G. GIARDINA

Sony ha lanciato un nuovo obiettivo della sua se-

rie G Master, che rappresenta lo stato dell’arte

delle lenti della società giapponese. Per il suo

cinquantanovesimo obiettivo con attacco E, Sony ha

pensato a una focale classica: si tratta di una lente

prime e più precisamente di un 35 mm F1.4 adatto a

macchine full frame. Naturalmente, non è il primo 35

mm di Sony con attacco E. In gamma ci sono già l’FE

35 mm F1.8, e poi il Sonnar T* FE 35 mm 2,8 ZA e il

Distagon T* FE 35 mm F1.4 ZA, entrambi di Zeiss.

Il nuovo FE 35 mm F1.4 GM (modello SEL35F14GM)

vuole quindi ampliare soprattutto il catalogo G Master,

accogliendo una focale che mancava alla serie e ap-

profittandone per portare novità sostanziali.

Peso piuma e bokeh sotto controlloLe prime riguardano senz’altro il peso e le dimensio-

ni. Non siamo di certo di fronte a un lente pancake,

ma l’FE 35 mm F1.4 GM è lungo 96 mm e pesa 525

grammi. Per fare un esempio, il Distagon equivalente

di Zeiss è lungo 112 mm e pesa 630 grammi.

Tra le caratteristiche principali sono da far notare i

due elementi XA asferici che danno sicurezza all’inte-

ra immagine e che concorrono a rendere uniforme le

fonti di luce sullo sfondo degli scatti bokeh.

Avere elementi asferici che fanno il loro dovere aiuta

soprattutto a evitare l’effetto “onion ring”, che produ-

ce cerchietti più piccoli e visibili all’interno delle fonti

di luce sfocate, come se fossero appunto gli “anelli in-

terni di una cipolla”. A contribuire a dare una forma cir-

colare degna di questo nome agli effetti di luce bokeh

ci sono anche le undici lamelle del diaframma che ot-

tengono un cerchio perfetto in grado di dare il benve-

nuto alla luce in ingresso senza spigoli. Una luce che

promette di non avere coloriture inaspettate grazie a

un elemento ED (extra-low dispersion) che sopprime

le aberrazioni cromatiche e il purple fringing, ovvero

gli aloni sfocati di colore variabile nelle zone ad alto

contrasto, così come le aberrazioni cromatiche longi-

TES È il dodicesimo obiettivo G Master. Pensato per le full frame di casa Sony, arriva a febbraio. Ecco i primi scatti che abbiamo realizzato

Test della nuova ottica Sony 35mm F1.4 GM Nitidezza e geometria da paura in mezzo chiloIl nuovo 35 mm F1.4 punta su un bokeh eccelso grazie alle undici lamelle del diaframma e ai due elementi asferici XA

tudinali che nelle lenti meno prestigiose colorano di

verde e viola i piani sfocati inferiore e superiore di

uno scatto. Per tenere a bada il flaring della luce diret-

ta del sole, l’FE 35 mm F1.4 GM si affida alla copertura

Nano AR Coating II che è applicata sulla superficie

di tutti gli elementi. Sulla lente esterna dell’elemento

frontale è stata inoltre utilizzata la F Coating (Fluorine

Coating) che fa scivolare l’acqua e repelle le sostanze

contaminanti come l’untuosità delle ditate. L’obiettivo

è resistente all’acqua e alla polvere, ma non è com-

pletamente sigillato e protetto dalle intemperie.

Autofocus senza attritiLa dimensione minima di messa a fuoco è di 27 cm,

che però diventano 25 cm se si focheggia manual-

mente. L’ingrandimento massimo è di 0.23x in auto-

matico e di 0.26x in manuale.

L’autofocus si basa su due motori XD Linear (Extreme

Dynamic), che non hanno elementi di attrito e nessu-

na parte meccanica per il movimento, perché si affi-

dano a una guida elettromagnetica. La messa a fuoco

manuale è a risposta lineare in modo da assicurare la

risposta della ghiera ai movimenti più lievi. Sulla parte

esterna trovano posto il bottone per mantenere il fuo-

co (che può essere assegnato a molte altre funzioni

dal menu della fotocamera), e poi quello per sceglie-

re tra fuoco manuale e automatico, così da fornire un

accesso diretto a opzioni essenziali per fotografi e vi-

deomaker. C’è anche il pulsante per decidere se ave-

re l’anello che comanda l’apertura a scatti o in modo

fluido, particolarità sempre ben accolta dai videoma-

ker. L’obiettivo accetta filtri da 67 mm. Il Sony FE 35

mm F1.4 GM per full frame sarà disponibile a partire a

fine gennaio a un prezzo di listino di 1.700 euro. In oc-

casione del lancio, Sony ha precisato che il nuovo 35

mm non intende sostituire le lenti Zeiss, soprattutto il

Distagon T* FE 35 mm F1.4 ZA con il quale andrà in

diretta concorrenza per il valore di apertura massimo.

La prime impressioni: alla riscoperta della street photography a mano liberaAbbiamo avuto la possibilità di divertirci per qualche

ora con uno dei primissimi esemplari di questa nuova

lente Sony. L’architettura esterna è quella delle ultime

ottiche G Master, caratterizzata dalla ghiera fisica dei

diaframmi (utilizzabile anche in continuo per i video):

questa caratteristica dà un gusto e una velocità di uti-

lizzo che l’era digitale aveva fatto perdere.

Il 35mm è un’ottica grandangolare moderata, molto

versatile: certamente, una lente così luminosa (o po-

tremmo anche dire “veloce”), che arriva addirittura a

F1.4, si presta molto bene per la fotografia a mano

libera, quella in cui si cattura lo scatto sulla base

dell’estro del momento, come nella street photo-

graphy. Nelle poche ore avute per il primo contatto

con questa lente, abbiamo utilizzato una Sony A7R

IV per dare modo alla lente di esprimere tutte le sue

potenzialità sui 60 megapixel di questa macchina. Per

prima cosa abbiamo fatto qualche scatto per verifi-

care la tenuta del dettaglio anche agli estremi della

lente, che sembra molto buona, come ci si aspetta da

un’ottica prime di questa qualità. Si può anche notare

segue a pagina 25

torna al sommario 25

MAGAZINEn.236 / 2125 GENNAIO 2021

l’assenza di deformazioni sensibili (in sviluppo non è

stata applicata alcuna correzione geometrica).

Concludendo: un rapporto qualità-peso incredibile. Anche se il prezzo ne fa un’ottica per “benestanti”Non c’è dubbio che ci sia da divertirsi con quest’ot-

tica. Il 35mm, nell’era degli smartphone, potrebbe

essere considerata anche un “new normal” e pesi e ingombri di questa lente ne fanno la compagna per-

TEST

Ottica Sony 35mm F1.4 GMsegue Da pagina 24

Un ingrandimento di una zona periferica della foto a sinistra denota una nitidezza eccellente,

pur nel perfetto equilibrio del microcontrasto, che non è stato enfatizzato in fase di sviluppo.

Nei due scatti qui sopra, abbiamo voluto provare sia a forzare gli ISO a 100, a favore della massima nitidezza, sia a spingerci fino a 1000, per scatti maggiormente al riparo dal micromosso, che su una 60 megapixel è dietro l’angolo. I risultati sono decisamente convincenti.

Per valutare un caso di profondità di campo corta, abbiamo provato uno scatto in cui il fuoco è stato posto sul punto di attenzione: a F1.4, malgrafo la focale corta, la profondità di campo è veramente selettiva, fin troppo per il nostro esempio. Si tratta di un elemento creativo nelle mani del fotografo che, a seconda della situazione, deve saper dosare bene l’apertura del diaframma, soprattutto se poco abituato a lavorare con ottiche così luminose.

I NOSTRI SCATTI DI PROVA (cliccare per vedere lo scatto alla risoluzione nativa)

Il bokeh è molto bello, finanche troppo preciso con i punti luce rispetto ad alcune estetiche più oniriche. Ecco uno scatto d’esempio, giocato con il soggetto al fuoco minimo e le lucette di un albero di Natale.

fetta delle uscite leggere, anche come unica ottica. E

questo anche se nello zainetto si ha una fotocamera

ad altissima risoluzione: la qualità di questi vetri non

teme nulla, neppure il super-dettaglio della A7R IV.

L’ottica non è stabilizzata (sarebbe anomalo a queste

focali), ma con un minimo di manualità di scatta bene

anche a mano libera con le sole luci notturne della

città. Con un treppiede e diaframmi più chiusi, potreb-

bero uscire delle meraviglie.

Il vero limite è il prezzo, in grado di spaventare chiun-

que: un 35 mm fisso al prezzo di un corpo macchina

di fascia alta non è un boccone facile da deglutire. Chi

può e ha una macchina esigente dal punto di vista del

microdettaglio, però, dovrebbe pensarci seriamen-

te: chi passa (o meglio torna) a una lente prime, allo

zoom è difficile che ci torni...

torna al sommario 26

MAGAZINEn.236 / 2125 GENNAIO 2021

di Gianfranco GIARDINA

Negli ultimi mesi del 2020 è uscito il nuovo robot

Dyson, il 360 Heurist. Si tratta di una messa a

punto del modello precedente (si chiamava 360

Eye) che non ne stravolge l’architettura e la meccanica

e le cui messe a punto riguardano “l’intelligenza” del ro-

bot. Si passa, con il nuovo Heurist, a una logica in conti-

nua evoluzione, che impara (o dovrebbe imparare) dalle

proprie esperienze. Abbiamo messo questo robot alla

prova. Non in laboratorio ma nell’ambiente più adeguato

a una vera prova sul campo: un’abitazione di dimensioni

medio-grandi su un solo livello. E gli abbiamo dato tem-

po: questa non è una prova che può essere fatta in po-

che ore e per almeno due motivi. Il primo è che il robot

va valutato in una pluralità di situazioni e di possibili osta-

coli, condizioni che, in una casa reale, si verificano solo

in giornate diverse. E poi perché la prerogativa fondante

di questo modello è il fatto di essere “euristico”, ovvero-

sia di apprendere dalle proprie esperienze e quindi di

migliorare il proprio comportamento e la conoscenza

dell’ambiente pulizia dopo pulizia.

Un form factor diverso: Dyson si distingue sempreSe guardiamo gli ormai tanti robot aspirapolvere sul

mercato, nessuno ha il rapporto di forma del 360 Heu-

rist. Siamo di fronte a un cilindro con un raggio deci-

samente ridotto rispetto agli altri e con un maggiore

sviluppo in altezza. La scelta, al di là di creare una diffe-

renziazione anche estetica, cosa che certamente piace

a Dyson, porta con sé alcuni vantaggi e qualche svan-

taggio. La prima buona notizia è che il robot così occupa

meno spazio quando è dormiente presso la sua base di

ricarica. È così più facile trovare l’angolino giusto, abba-

stanza accessibile ma - se possibile - non troppo in vista.

Infatti viene un po’ da sorridere quando vediamo i video

TEST Dyson ha la migliore tecnologia per l’aspirazione, ma non sembra aver colmato ancora il gap sulla componente robotica

Robot aspirapolvere Dyson 360 Heurist in prova Aspira alla grande ma non sempre torna a casa La navigazione ha qualche problema, soprattutto al buio. E il profilo troppo alto mal si accorda con le cucine italiane

promozionali dei robot - tutti, non solo questo - con le

basi di ricarica piazzate lungo una bella parete vuota

al centro del salotto. La realtà è ben diversa: nessuno

vuole tenere il proprio robot in bella vista, neppure se

è bello e dai colori scenici come questo 360 Heurist.

L’altro grande vantaggio di questo rapporto di forma è

il fatto di potersela cavare meglio tra gli ostacoli, come

per esempio nella selva di gambe tra sedie e tavoli. Il ri-

sultato è una copertura migliore anche in case comples-

se e la capacità di uscire indenne da possibili incastri.

Il principale limite, invece, è quello di non riuscire a infi-

larsi sotto i mobili meno alti. Va detto che anche i robot a

profilo più basso, non passano dappertutto: la maggior

parte dei divani è comunque troppo bassa, molti mobili

con i piedini anche. La scelta se andare su qualcosa di

stretto e alto come il Dyson, se stare su qualcosa di in-

termedio come iRobot o spingersi su quelli più bassi e

larghi come Rowenta, dipende in larga parte dal tipo di

arredamento che si ha in casa.

Il vero limite dell’altezza del 360 Heurist, almeno nella

nostra esperienza, non sta tanto nell’impossibilità di an-

dare sotto alcuni mobili, quanto nel fatto di non riuscire

a correre a filo degli zoccolini dei classici arredamenti

delle cucine, sempre rientranti rispetto al filo anta. Qui

Dyson paga a nostro avviso un design un po’ troppo

UK-centrico. Infatti - non lo sapevamo prima - abbiamo

realizzato, guardando un po’ di immagini, che l’abitu-

dine in Gran Bretagna è di avere un’altezza superiore

dello zoccolino dei mobili della cucina rispetto a quanto

accade in Italia; altezza che permette al robot Dyson di

passare sotto l’anta e arrivare a filo del mobile e quindi

di raccogliere anche le classiche briciole e i piccoli resi-

dui che l’attività di cucina genera inevitabilmente. Con

le cucine italiane, salvo eccezioni, il robot Dyson tocca

contro l’anta e lì si ferma, restando a qualche centimetro

dallo zoccolino. E, come vedremo, questo costituisce un

problema soprattutto in considerazione dell’architettura

delle spazzole scelta dal produttore inglese.

Un robot ciclonico con spazzola a tutta larghezza, ma senza spazzoline fuori sagomaDue cose si notano subito della scelta Dyson: la classi-

ca spazzola elicoidale Dyson è posizionata nel punto di

maggior larghezza, quindi quasi al centro della pianta,

lungo il diametro, con una leggera sporgenza che per-

mette la raccolta per tutta la larghezza dell’apparecchio.

Questo permette al 360 Heurist di aspirare su tutta la

scia che percorre. Questo layout ha permesso agli in-

gegneri Dyson di non inserire la classica spazzolina

rotante laterale presente in altri modelli, finalizzata a

portare la polvere verso il centro, e cioè verso il punto di

aspirazione; spazzolina che, per detriti particolarmente

leggeri, come le briciole di pane, può anche fungere la

“catapulta” verso la tangente, con un’azione non sem-

pre efficace. Proprio per questo generalmente i robot

fanno più di un passaggio, così da correggere eventuali

segue a pagina 27

La pianta più piccola permette al Dyson 360 Heu-rist di cavarsela meglio di altri robot tra le gambe di tavoli e sedie.

torna al sommario 27

MAGAZINEn.236 / 2125 GENNAIO 2021

TEST

Dyson 360 Heurist segue Da pagina 26

spostamenti involontari di briciole e polvere fuori dalla

propria area di aspirazione. Se da questo punto di vista

la mancanza della spazzolina rotante è un vantaggio,

dall’altro fa sì che l’efficacia del 360 Heurist sia stretta-

mente limitata all’area coperta e non alle fasce limitrofe.

E qui torniamo al problema degli zoccolini della cucina:

senza spazzolina fuori sagoma, viene meno anche la

possibilità di avvicinare l’area utile di aspirazione allo

spigolo. Il movimento del 360 Heurist avviene, come nel

modello precedente, grazie a una coppia di veri e propri

cingoli gommati e tassellati. Questo sistema garantisce

all’apparecchio un grip decisamente buono su qualsiasi

superficie; e, grazie anche a una sorta di “sospensioni”

ad assetto variabile, è davvero in grado di cavarsela an-

che in condizioni difficili, liberandosi con destrezza da

piccoli ostacoli, asperità, piccoli gradini e tappeti.

Il robot è dotato di una serie di sensori a corto e medio

raggio e dall’iconico “occhio” grandangolare rivolto ver-

so l’alto con il quale scruta l’ambiente circostante a 360

gradi e impara a muoversi. La camera è circondata da

una serie di LED pronti ad accendersi automaticamente

nell’istante in cui la luminosità fosse troppo bassa, per

esempio quando il robot opera al buio o quando si trova

a passare sotto qualche mobile e quindi in condizioni

di scarsa illuminazione. La sezione di aspirazione, ovvia-

mente, ha tutti gli stilemi del brand Dyson: architettura

ciclonica, motore digitale ad alta potenza, contenitore

della polvere trasparente. I colori sono quelli “di fami-

glia” con le plastiche nella classica finitura metallizzata

in colorazione blu decisa e cangiante. La base di ricarica

è semplicissima: una “L” di lamiera bianca da addossare

al muro, con i contatti di ricarica sulla parte orizzontale e

dei marker ottici (quattro quadrati neri in campo bianco)

su quella verticale. Questi marker fungono da “richiamo”

ottico per l’apparecchio quando deve tornare alla base.

Non ci sono sistemi di richiamo attivi, come per esempio

i radiofari IR presenti in modelli di altre marche.

L’app e la mappatura della casa: quasi perfettaLa messa in funzione è decisamente facile. Mentre si

effettua la prima ricarica, è possibile già connettere

l’apparecchio alla app Dyson: la procedura va senza

intoppi particolari e le impostazioni della Wi-Fi di casa

vengono trasferite all’apparecchio. Va ricordato - come

accade anche per altri modelli comandabili via app - che

la zona in cui si allestisce la base di ricarica deve esse-

re sotto copertura Wi-Fi, pena il non poter utilizzare con

successo il controllo via app. Finita la prima ricarica, si

può procedere subito con la pulizia. O meglio ancora

- come abbiamo fatto noi - con la procedura di apprendi-

mento della pianta di casa. In pratica l’apparecchio fa un

primo giro completo dell’appartamento senza aspirare

ma solo per apprendere. Si tratta di una funzione utile

perché l’operazione viene compiuta a bassa rumorosità

e di fatto in un solo colpo, mentre con altri brand è ne-

cessario impiegare i primi tre o quattro cicli di pulizia per

far apprendere la pianta di casa all’apparecchio.

La procedura è comunque lunga e nel nostro caso ha

richiesto anche una pausa di ricarica: l’apparecchio pas-

sa ripetutamente in tutte le zone della casa e riesce a

ricostruire in un solo giro una buona mappa di casa. Ov-

viamente il lavoro viene meglio se, durante questo tour,

ci si adopera per levare di torno gli ostacoli occasionali.

Alla fine del giro, sull’app è possibile visualizzare una

mappa delle aree coperte. A questo punto diventa pos-

sibile scomporre la pianta in ambienti, disegnando sullo

schermo delle barriere virtuali che dividono le stanze o

le aree che si vuole scomporre. L’operazione non è sem-

plicissima perché, per un limite dell’app, non è possibile

ingrandire la mappa per fare quest’operazione. Per case

complesse, l’operazione richiede l’operare davvero in

punta di dito. Ma alla fine ce la si fa e si può assegnare

un nome differente a ogni stanza, in modo da rendere le

attività successive più semplici. Il 360 Heurist può esse-

re inviato via app a pulire solo una o stanze selezionate,

funzione assai utile. Per ogni stanza è poi possibile sce-

gliere il livello di potenza di aspirazione. Ovviamente è

anche possibile gestire la programmazione settimanale

per un’attivazione automatica.

L’aspirazione firmata Dyson non sbagliaUna cosa va detta: dove il 360 Heurist passa, non perde

un colpo. Il sistema di spazzole e aspirazione è eviden-

temente molto efficace e a ogni pulizia non troviamo

“sbavature”, almeno nelle aree di transito dell’apparec-

chio. I punti in cui fallisce l’obiettivo riguardano i succitati

zoccolini rientranti, lungo i quali la pulizia non riesce.

Se l’aspirazione è potente ed efficace, di certo non si

può dire che l’apparecchio sia silenzioso; anzi diremmo

che siamo sui livelli di un aspirapolvere Dyson senza filo.

Da questo punto di vista, la cosa decisamente consiglia-

ta è quella di far lavorare l’apparecchio quando si è fuori

casa, così da non essere d’intralcio per lui e soprattutto

per non essere infastiditi dal rumore. Peraltro, si sa, non

c’è aspirazione potente senza rumore, è un fatto fisico.

I cingoli dimostrano tutta la loro efficacia (per esempio

passano senza fatica un generoso cavo di una prolunga

che corre in un punto del pavimento) e il robot si muove

snello tra le gambe delle sedie della cucina e della sala.

I sensori funzionano bene e l’apparecchio si mostra

sempre delicato nei confronti degli ostacoli, che o non

tocca affatto arrivando proprio a filo, o che al massimo

“bacia” fugacemente prima di arretrare e allontanarsi.

Qualche dubbio lo desta il contenitore dello sporco, che

non è molto generoso e quindi richiede uno svuotamen-

to abbastanza frequente. Lo sgancio del contenitore è

davvero facile (basta premere un tasto) mentre Il siste-

ma di apertura, che richiede la trazione del tappo, po-

trebbe a nostro avviso essere migliorato, magari con un

sistema di apertura a sportello attivato dalla pressione

di un tasto. Alla fine, il fatto che il contenitore, nella parte

bassa, sia trasparente non ci dispiace affatto: un colpo

d’occhio basta per capire se è giunto il momento di fare

pulizia e svuotarlo. Molto validi i filtri, sia quelli di carico

che di scarico dell’aria, capaci di abbattere le polveri

segue a pagina 28

I sensori di prossimità anteriori del Dyson 360 Heurist sono nella parte bassa e vedono lo zocco-lino a distanza e cercano di avvicinarsi. L’anta del mobile però lo ferma con un piccolo urto.

Non appena il 360 Heurist percepisce buio o penombra, accende la corona di led posta interno all’ottica centrale.

Dopo il lungo giro di ricognizione, l’utente può

dividere la mappa

ricavata in ambienti lo-gici separati,

da trattare in maniera

differenziata per le attività

di pulizia.

torna al sommario 28

MAGAZINEn.236 / 2125 GENNAIO 2021

emesse. All’interno c’è anche una porta USB che può

essere usata per l’aggiornamento del firmware nel caso

in cui non connetta l’apparecchio a Internet. La batteria è

certamente adeguata a un buon funzionamento dell’ap-

parecchio, ma comunque una sola carica non permette

la pulizia dell’intero appartamento da noi utilizzato per

il test; va detto che l’apparecchio, quando ha bisogno,

va a ricaricarsi per poi proseguire automaticamente da

dove ha interrotto. Sul fronte dell’autonomia, il fatto di

lavorare in penombra o al buio è una vera “mazzata”: le

luci, evidentemente, richiedono molta energia e accele-

rano visibilmente la necessità di ricorrere a una ricarica

La navigazione, il vero tallone d’Achille del 360 Heurist, soprattutto al buioIl 360 Heurist promette di orientarsi unendo le informa-

zioni che gli provengono dalla telecamera e dai sensori,

con quelle che ottiene dalla ricostruzione del percorso

fatto, una procedura che via via si affina aumentando

il livello di confidenza statistica dell’informazione e che

in robotica viene definita navigazione SLAM (Simul-

taneous localization and mapping). Il robot Dyson in

condizioni normali ha dimostrato di funzionare bene e,

tutto sommato anche in tempi buoni, malgrado la pian-

ta ridotta e quindi la necessità di fare alcuni passaggi

in più rispetto a modelli della concorrenza. Una cucina

grande, per esempio, viene pulita in poco più di 20 mi-

nuti. Qualche problema, invece, l’abbiamo sperimentato

mandando il robot in stanze lontane dalla propria base:

non sempre l’apparecchio, a fine lavoro, è riuscito a ri-

trovare la strada di casa. Non abbiamo però riscontrato

un comportamento deterministico da questo punto di

vista e non siamo riusciti a capire quale potesse essere

la condizione scatenante del problema, visto che inve-

ce molte altre volte il task è stato portato a termine con

successo. Fatto sta che, dopo aver vagato invano per la

casa per molto tempo, l’apparecchio si è abbandonato

alla sua batteria scarica ed è stato necessario riportarlo

manualmente alla base. La cosa che ci ha colpito è che

come se in alcune pur rare condizioni, il robot andasse

in completa confusione: in una di queste circostanze, gi-

rovagando per la casa, l’apparecchio è arrivato anche a

pochi centimetri dalla base di ricarica, ma non è stato in

grado di riconoscerla, come se si sentisse altrove. In una

situazione, l’apparecchio è entrato in uno stato di bloc-

co, pur da acceso, ed è stato necessario svitare il fermo

apposito e staccare la batteria per farlo ripartire. Ab-

biamo quindi prolungato la nostra prova di alcune set-

timane, per capire se la vocazione naturale all’appren-

dimento e all’adattamento all’ambiente propri di questo

apparecchio (da cui il nome Heurist) avrebbe migliorato

via via le cose, ma non abbiamo rilevato significativi pro-

gressi. Insomma, parrebbe che l’algoritmo di navigazio-

ne richieda ancora una discreta messa a punto, come se

l’occhio superiore non riuscisse a trovare, almeno nella

casa da noi utilizzata per il test, sufficienti riferimenti per

orientarsi in maniera univoca. Eppure parliamo di un’abi-

tazione decisamente convenzionale, con soffitti chiari e

planari, con lampadari, quadri e altri elementi di chiaro ri-

ferimento. Ma la maggiore perplessità sull’apparecchio,

ci è nata dalle esperienze di lavoro al buio o in forte

penombra, condizione che è praticamente la normali-

tà nel funzionamento a casa non presidiata. In queste

condizioni il 360 Heurist diventa drammaticamente len-

to e indeciso. L’accensione dei LED sicuramente aiuta

l’orientamento, ma evidentemente non basta: la nostra

cucina, che in condizioni di buona illuminazione veniva

pulita in 22 minuti, diventa un task da circa 7 ore, con

tre intervalli di ricarica. Senza dubbio il LED acceso au-

menta i consumi e la conseguente necessità di dedicare

del tempo alle ricariche, ma un tempo di lavoro di set-

te ore per 11 metri quadri di superficie, rende la pulizia

impraticabile nella maggior parte dei casi: piuttosto si

passa alla tradizionale scopa o, meglio ancora, a un ra-

pido passaggio con un aspirapolvere, magari proprio

un Dyson cordless. Il buio poi complica ancora di più

l’orientamento, aumentando il tasso di fallimento del

“ritorno a casa”. A meno che non ci fosse un problema

specifico sull’esemplare da noi provato (non possiamo

escluderlo, ma era del tutto nuovo al momento della

nostra prova), dobbiamo dire che questo robot non

pare adatto a lavorare in condizioni di buio completo,

contrariamente a quanto accade con i più titolati pro-

dotti della concorrenza, che nelle nostre prove non ci

hanno mai dato particolari problemi nei task eseguiti

a tapparelle chiuse e luci spente. A completamento

di un’esperienza di utilizzo che non possiamo definire

riuscita, si è manifestato anche qualche problema sul

fronte del Wi-Fi: in diverse situazioni, pur rimanendo ali-

mentato sulla base, il robot ha inspiegabilmente perso

il collegamento con la Wi-Fi (peraltro sufficientemente

potente in quel punto) rendendo necessaria una nuova

procedura di impostazione della rete.

Conclusioni: la robotica è un mestiere difficile. Dyson può e deve fare meglioIl 360 Heurist è l’unico prodotto robotico nella vasta

gamma Dyson. Ma la robotica è un vero e proprio me-

stiere, uno dei più difficili, perché le condizioni di la-

voro possibili sono moltissime e per certi versi anche

imprevedibili. E come abbiamo visto per esempio con

le altezze dei mobili della cucina, le esigenze possono

anche differire a seconda dell’area geografica. Questo

360 Heurist non ci sembra un punto di arrivo adeguato

al brand e al livello molto alto degli altri prodotti Dyson,

generalmente impeccabili sul fronte delle prestazioni; ci

sembra di essere, piuttosto, di fronte a uno step evoluti-

vo non ancora del tutto maturo che mette a frutto l’espe-

rienza di Dyson nel design e soprattutto nell’aspirazione

(che è eccellente) ma che non raggiunge gli obiettivi di

autonomia operativa che un robot deve avere.

Qualche miglioramento potrebbe avvenire con aggior-

namenti software, che auspichiamo tempestivi; ma più

probabilmente in casa Dyson si sta lavorando per una

revisione più radicale del 360 Heurist, che di fatto sem-

bra più un’evoluzione che una rivoluzione del modello

precedente. James Dyson dovrà porre rimedio per non

perdere il treno della concorrenza, che su questo fronte

è agguerrita e composta in larga parte da società, come

iRobot o Neato, che hanno la robotica come loro unica

mission. E avere a che fare con una concorrenza con

prodotti dello stesso livello o superiori non è una con-

dizione a cui James Dyson è abituato o nella quale si

dimostri a proprio agio. E forse la dimostrazione viene

anche da un prezzo, 999 euro, che è troppo simile o

addirittura inferiore ai top di gamma della concorrenza,

Allora... provaci ancora James! Puoi fare molto di più.

TEST

Dyson 360 Heurist segue Da pagina 27

A luci accese la pulizia dura 24 minuti.

Al buio la pulizia della stessa area viene completata in 7 ore, con tre sessioni di ricarica.

n una delle sessioni in cui l’apparecchio è andato in “con-fusione”, ha vagato per 9 ore in cerca della base, senza riuscire a tornarvi.

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MAGAZINEn.236 / 2125 GENNAIO 2021

di Paolo CENTOFANTI

A diversi mesi dall’annuncio, HP ha iniziato la di-

stribuzione del nuovo visore per la realtà virtuale

Reverb G2. Come il predecessore, e a differen-

za dell’Oculus Quest 2, si tratta di un visore pensato

esclusivamente per essere collegato ad un PC. La ca-

ratteristica di punta rimane invariata rispetto all’originale

Reverb con due display da 2,89 pollici che offrono una

risoluzione di 2160x2160 pixel per occhio, la più alta sul

mercato se si escludono prodotti ancora più di nicchia

come gli esoterici visori di Pimax. Reverb G2 è stato svi-

luppato con la collaborazione di Valve e introduce alcu-

ne importanti novità: raddoppiano le telecamere per il

tracciamento dei movimenti e soprattutto dei controller,

anch’essi rinnovati e sono stati sviluppati delle nuove

cuffie integrate mutuate direttamente dal Valve Index.

Sono state montate anche nuove lenti sempre realizza-

te in collaborazione con Valve ed è stato introdotto il

controllo meccanico della distanza intra-pupillare. Sulla

carta è a livello di specifiche dunque uno dei migliori

visori per la piattaforma Windows Mixed Reality e sicu-

ramente uno dei più interessanti per PC, con un prezzo

di listino che va di pari passo: 699 euro.

Il visore: leggero e confortevoleIl Reverb G2 si presenta come un dispositivo dal design

asciutto e funzionale e con un buon livello costruttivo

seppure interamente in plastica per mantenere l’unità

leggere e confortevole da indossare. La maschera che

viene in contatto con il viso si aggancia ora magnetica-

mente al visore il che agevola la connessione del cavo

e l’eventuale swap con accessori di ricambio. Il visore

si regola tramite due bande elastiche laterali che man-

tengono la maschera ben aderente sul viso offrendo

un ottimo isolamento dalla luce esterna, più una fascia

TEST Il nuovo visore per la realtà virtuale di HP è finalmente in arrivo. Ma è davvero il visore VR da avere? Lo abbiamo provato

HP Reverb G2. Realtà virtuale, immagine quasi realeReverb G2 è stato sviluppato in collaborazione con Valve. 2160x2160 pixel per occhio, tracking migliorato e nuovi controller

superiore che regola l’inclinazione del “cuscinetto” po-

steriore. Il peso (550 grammi) è davvero ben distribuito

e la maschera è morbida e rimane confortevole anche

durante lunghe sessioni. Un piccolo archetto rimovibile

consente di bloccare in posizione il lungo cavo di 6 me-

tri. Il connettore si inserisce indicativamente nell’angolo

superiore sinistro del visore in un alloggio piuttosto pro-

fondo nascosto dietro la maschera e occorre prestare

attenzione a infilare bene il cavo di modo che il connet-

tore entri effettivamente nella presa. Il cavo si fa quindi

scorrere sul lato sinistro, facendolo passare dietro l’alto-

parlante delle cuffie e quindi bloccandolo con l’archetto.

In questo modo il cavo cade dietro le spalle e non intral-

cia i movimenti, almeno inizialmente: come tutti i visori

“cablati”, quando poi ci si muove nell’ambiente fisico

occorre sempre prestare attenzione a non inciampare

nel cavo dopo alcune giravolte. Le cuffie integrate pro-

gettate da Valve si dispongono invece sopra le orecchie

ma senza toccarle, rimanendo distanziate. Ciò aumenta

sicuramente il confort quando si indossa il visore e crea

una certa sensazione di avvolgimento, ma riduce anche

l’isolamento dai rumori esterni specie se si mantiene il

volume basso. Questo si regola unicamente tramite l’ap-

posito menù della piattaforma Windows Mixed Reality.

I controller: tutti nuovi, ma con ampi margini di miglioramentoI controller sono stati completamente rivisti ma comun-

que pensati per la piattaforma Windows Mixed Reality

supportata dall’HP Reverb. Spariscono i pad touch e ri-

mangono solo i due stick analogici, affiancati dai doppi

trigger (un grilletto vero e proprio più uno per “afferrare”

oggetti sull’impugnatura), le coppie di tasti A/B e X/Y,

tasto windows e tasto menù. I controller sono contrad-

distinti dal grosso anello superiore necessario per il

tracciamento ottico del movimento e sono molto simili

a quelli dell’Oculus Quest 2 e l’ergonomia non è del tut-

to convincente: in mano risultano un po’ troppo piccoli,

soprattutto a livello di impugnatura e durante l’utilizzo ci

si sente un po’ impacciati. Anche lo stick analogico e il

grilletto principale sono un po’ piccoli e un po’ troppo da

giocattolo. I dispositivi sono naturalmente alimentati a

segue a pagina 30

La maschera e le imbottiture posteriori sono davvero molto morbide e rivestite in tessuto. Il visore pesa 550 grammi ma il peso è ben distribuito. Nel com-plesso è uno dei visori più confortevoli che abbiamo mai provato. Molte le similitudini con il Vive Index di Valve, nelle cuffie e nelle finiture in tessuto.

Il visore è dotato di nuove lenti progettate in collaborazione con il team di Valve. Tra le novità, anche il controllo meccanico della distanza inter-pupillare, visibile nell’immagine in basso a destra. In alto a sinistra si trova invece il connettore per il cavo da 6 metri per il collegamento al PC.

torna al sommario 30

MAGAZINEn.236 / 2125 GENNAIO 2021

batterie e utilizzando due pile stilo ciascuno. La connes-

sione avviene al visore via Bluetooth e i controller sono

totalmente privi di porte di alcun tipo. Questo vuol dire

anche che una volta scariche le batterie vanno sosti-

tuite e non possono essere ricaricate direttamente dal

controller collegandoli ad un alimentatore esterno. Vice-

versa, cambiando le batterie si è subito operativi il che

può essere un vantaggio. Al di là degli aspetti estetici, la

novità più importante immediatamente visibile sul viso-

re è l’aggiunta di due videocamere che porta il totale a

quattro. Le nuove videocamere sono posizionate late-

ralmente con lo scopo di allargare il raggio del tracking

dei controller. Si tratta di una novità nel panorama dei

visori Windows Mixed Reality e dovrebbe contribuire a

ridurre la perdita di tracciamento dei controller quando

non si mantengono le mani protese in avanti, miglioran-

do l’esperienza generale.

Installazione facile, ma occhio ai requisitiLa configurazione dell’HP Reverb G2 è piuttosto sem-

plice. In dotazione troviamo il cavo da 6 metri con da

un lato il connettore da inserire nel visore e dall’altra un

piccolo hub a cui si collega l’alimentatore esterno e da

cui fuoriescono un cavo USB-C e un cavo DisplayPort.

In dotazione troviamo anche un adattatore USB Type A/

USB-C e uno DisplayPort/Mini DisplayPort ma occorre

tassativamente una presa USB 3.0 per il corretto fun-

zionamento del Reverb G2. L’uscita video della propria

scheda grafica deve essere invece almeno di tipo Di-

splayPort 1.3. Una volta collegato al PC, il visore viene

riconosciuto dall’app Mixed Reality Portal di Windows 10

con la quale è possibile definire il perimetro dell’area in

cui ci si muove.

Per l’utilizzo del visore con SteamVR occorrerà scaricare

dalla piattaforma di Valve l’apposita app per l’integrazio-

ne delle due piattaforme. SteamVR comparirà così come

una delle applicazioni disponibili all’interno del portale.

Nel caso del Reverb è possibile ridurre la risoluzione da

2160 a 1440p oppure abbassare il refresh rate da 90 a

60 Hz nel caso i requisiti di sistema non siano sufficienti.

Se l’uscita video della propria scheda grafica non sup-

porta la piena risoluzione a 90 Hz, lo schermo del visore

rimarrà nero ma non riceverete nessun messaggio di

errore, il che può portare a pensare erroneamente che

ci sia un qualche problema con i collegamenti effettuati.

Venendo ai requisiti hardware, HP raccomanda per po-

ter sfruttare la piena risoluzione un PC dotato di almeno

una GPU Nvidia GTX 1080 o AMD Radeon RX 5700 o

superiore e processore Intel Core i5 o AMD Ryzen 5 o

superiore, specifiche che ci sentiamo di confermare e

che sono davvero al limite perché la risoluzione offerta

dal Reverb G2 rende molto più percepibile come vedre-

mo il livello di dettaglio grafico delle applicazioni. Per

la nostra prova abbiamo utilizzato la nuova Radeon RX

6800XT di AMD, che si è dimostrata più che adeguata

per pilotare il Reverb G2 con il dettaglio grafico al massi-

mo livello con la maggior parte delle applicazioni.

Risoluzione eccezionale, ma il tracking dei controller non convinceLa prima cosa che salta all’occhio una volta indossato

il visore HP è la quasi totale assenza di effetto screen

door. La griglia di pixel è infatti talmente fine che è appe-

na percettibile è questo è già un grandissimo risultato:

non scompare ancora completamente, ma rispetto ad

altri visori è talmente ridotta che non ci si fa più caso.

Un plauso va anche alle nuove lenti perché l’incredibile

sensazione di nitidezza e trasparenza è anche merito

loro. La sensazione di profondità e il livello di dettaglio

consentito dalla risoluzione dei pannelli LCD, offrono

un livello di immersione che va provato per essere ca-

pito. Le lenti sono sempre di tipo di Frensel ma i bagliori

prodotti dalla diffrazione in presenza di elementi molto

luminosi sullo schermo sono stati sensibilmente ridotti

rispetto alle prime generazioni di visori: sono sempre vi-

sibili in alcune situazioni particolari ma disturbano molto

di meno e non inficiano sulla qualità complessiva dell’e-

sperienza. L’ampiezza dell’angolo visivo non è eccezio-

nale, da specifiche tecniche 114 gradi, e si ha sempre

un po’ l’effetto scafandro, ma la risoluzione e la pulizia

dell’immagine sono talmente elevate che anche questo

difetto una volta preponderante passa decisamente in

secondo piano. Il primo banco di prova non poteva che

essere il miglior gioco oggi disponibile per la realtà vir-

tuale, Half-Life: Alyx. Con il titolo di Valve abbiamo potuto

apprezzare come mai prima i dettagli dei guanti e le armi

impugnate dalla protagonista:

siamo rimasti letteralmente in-

cantati solo a guardare con una

chiarezza cristallina i più piccoli

componenti della scheda elet-

tronica dei guanti ancora prima

di guardarci intorno. Spingendo

anche al massimo il dettaglio

grafico del gioco, la risoluzione

del Reverb G2 è talmente eleva-

ta da rendere paradossalmente

più evidente come la grafica di

Half-Life: Alyx non sia in realtà

all’altezza delle produzioni tripla

A odierne, aspetto che con gli

altri visori era mascherato dalla

ridotta risoluzione: alcune tex-

ture e modelli si rivelano essere

TEST

HP Reverb G2segue Da pagina 29

quasi non all’altezza della risoluzione messa a dispo-

sizione dal visore HP. The Lab di Valve è un’altra delle

esperienze in realtà virtuale che ancora a tanti anni dal

lancio offre del buon materiale demo. È il caso del bre-

ve Robot Repair che però consente di apprezzare con il

Reverb G2 un livello di dettaglio sbalorditivo. È possibile

avvicinarsi ai pannelli degli strumenti sulle pareti e rima-

ne incantati dalla precisione dei vari quadranti e inter-

ruttori che sembrano davvero reali. Stesso discorso con

Star Wars: Squadrons dove il realismo del cockpit delle

navicelle dell’universo di Guerre Stellari vale da solo l’e-

sperienza di gioco, quasi più degli stessi combattimen-

ti. L’unico neo dal punto di vista visivo è costituito dal

rapporto di contrasto dei piccoli schermi, con un livello

del nero un po’ troppo elevato e che limita la resa nelle

scene più buie. Emblematiche da questo punto di visto

le diverse sezioni di Half-Life: Alyx ambientate in corridoi

completamente bui, dove le immagini si fanno partico-

larmente slavate. Ma i veri dolori iniziano nel momento

in cui andiamo a descrivere il tracking effettuato dal si-

stema di telecamere. I momenti del visore sono tracciati

perfettamente e da questo punto di visto non abbiamo

riscontrato alcun tipo di problema nel camminare e

guardarci in giro a 360 gradi all’interno dell’ampia area

di gioco che abbiamo definito per la nostra prova. Con i

controller purtroppo è invece tutta un’altra storia. Nono-

stante le telecamere aggiuntive, basta veramente poco

per perdere di vista i controller nelle nostre mani, non

solo quando le portiamo sui fianchi, ma anche quando

sono teoricamente perfettamente all’interno dell’ango-

lo di visione delle videocamere. Inizialmente abbiamo

dato la colpa all’illuminazione della stanza, ma anche

rimediando alla situazione (nei limiti di un’installazione

casalinga), più volte e con diverse applicazioni i control-

ler improvvisamente vengono persi e non riagganciati

anche tenendoli perfettamente di fronte alle telecamere

se non dopo diversi secondi. Difficile dire dove risieda

il problema, perché a volte scollegando e ricollegando

il cavo USB la situazione migliora sensibilmente per poi

peggiorare al riavvio del PC. Il problema sembra essere

più che altro software, perché si presenta più frequente-

mente nelle vicinanze dei bordi dell’area di gioco che è

definita arbitrariamente in fase di Setup e non è legata

alla posizione fisica delle stazioni base come nei visori

SteamVR. Comunque sia, è chiaro che tutto ciò inficia

non poco sull’esperienza d’uso complessiva, almeno

per tutte quelle applicazioni che fanno uso intensivo dei

controller. Tutto ciò è per certi versi frustrante, perché il

Reverb G2 è davvero un salto in avanti in termini di im-

mersione visiva, ma con questo tracking è come guidare

un’auto sportiva con il freno a mano tirato. Peccato.

Il Reverb G2 si distingue dal modello di prima generazione per l’aggiunta delle videocamere laterali per migliorare la copertura del traccia-mento dei controller.

Grazie alla risoluzione del Reverb G2 è possibile ammirare i dettagli più fini dei guanti gravitazionali di Half-Life: Alyx, tanto da riuscire a osser-vare con estrema naturalezza e realismo anche i piccoli componenti dei circuiti stampati.

torna al sommario 32

MAGAZINEn.236 / 2125 GENNAIO 2021

di Roberto PEZZALI

Il 2020 è stato l’anno degli auricolari true wireless.

Figli delle prime AirPods, gli auricolari true wireless

sono ormai presenti all’interno della proposta com-

merciale di ogni azienda, con prezzi che variano dai

300 euro ai 20 euro. La forbice di prezzo racconta

una storia vera: produrre un auricolare true wireless

costa pochissimo e i margini sono altissimi. Si tratta di

prodotti a scadenza, l’abbiamo già detto diverse vol-

te, auricolari che si possono usare per un anno, forse

due, poi l’autonomia ne risente: le minuscole batterie

all’interno spesso non sono sostituibili e dev’essere

buttato o sostituito l’intero pezzo.

Partiamo con questa premessa perché le Galaxy Buds

Pro costano 229 euro, e rientrano nella fascia alta di

questo segmento: con la consapevolezza che non

sono prodotti che durano anni qualcuno potrebbe

decidere di non spendere così tanto per un paio di

auricolari, rinunciando ad un po’ di qualità ma rispar-

miando. Eppure le Galaxy Buds Pro sono una delle po-

chissime cuffie per le quali saremmo disposti ad una

spesa maggiore, perché tra tutti i modelli sul mercato

sono le più bilanciate che ci sia mai capitato di inserire

nelle orecchie.

Una cosa però va chiarita subito: le Galaxy Buds Pro

sono un po’ le AirPods Pro di Samsung, non tanto

per la fascia di prezzo ma per il legame stretto con

l’ecosistema dell’azienda coreana. Solo abbinate ad

un Samsung Galaxy rendono al meglio, soprattutto se

unite a modelli recenti dotati di Samsung One UI 3.1:

la tecnologia Dolby con head-tracking, la possibilità di

passare velocemente da un dispositivo all’altro, la mo-

dalità bassa latenza sperimentale e l’utilizzo di un co-

dec scalabile ad alta qualità sono tutte cose che solo

l’accoppiamento con un Galaxy garantisce.

Anche senza tutto questo, e a tutti gli automatismi che

TEST Galaxy Buds Pro sono i più avanzati auricolari true wireless mai prodotti da Samsung in collaborazione con AKG. Li abbiamo ascoltati

Auricolari Samsung Galaxy Buds Pro, recensione Forse i migliori auricolari wireless mai ascoltatiSolo abbinati ad un Samsung Galaxy rendono al meglio, soprattutto se uniti a modelli recenti dotati di Samsung One UI 3.1

la coppia Samsung - Samsung garantisce, le Galaxy

Buds Pro restano comunque auricolari eccellenti per

tre motivi principali: ergonomia, qualità audio e funzio-

ni di riduzione del rumore.

Comodi e vestono davvero beneSamsung, con le Galaxy Buds Live, ha trovato a nostro

avviso la forma perfetta per gli auricolari true wireless:

i piccoli fagioli si inseriscono alla perfezione nelle

orecchie, non danno alcun fastidio e possono essere

tenuti per ore, senza alcuna fatica. Inoltre, cosa da non

trascurare, il fatto che non siano sporgenti permetto-

no di tenerle sotto un casco, sotto un berretto, la sera

quando appoggiamo la testa sul cuscino o sull’aereo

quando ci appoggiamo al poggiatesta. Le Galaxy Buds

Live non sono però auricolari in-ear, le Galaxy Buds

Pro lo sono, e nonostante questo riescono mantenere

lo stesso livello di confort aggiungendo come plus una

cancellazione del rumore che funziona.

Il risultato è simile, anche se il fatto di avere i gommini

aggiunge sempre un punto di contatto tra auricolari e

orecchio che le Buds Live non hanno. Se le Buds Live

sono totalmente piatte, le Pro sporgono leggermente

dalle orecchie, e se si indossa un cappello o un casco

danno leggermente più fastidio. Un fastidio, comun-

que, appena accennato.

Il gommino in silicone funziona solo da isolante, non

serve per tenere l’auricolare agganciato all’orecchio

e questo aiuta parecchio sotto il profilo del confort.

Samsung ha curato tutto nei minimi dettagli, soprat-

tutto sotto il profilo costruttivo: il gommino in silicone,

disponibile in tre tagli, non è un banale gommino e

integra anche un utile filtro anti sporcizia. Questo pic-

colo filtro impedisce all’eventuale sporco di andare

a tappare in modo irreparabile i microfoni di uscita

del trasduttore, riducendo con il tempo il volume di

emissione: viene bloccato prima e rende il tutto più

facile da pulire.

La superficie degli auricolari dispone di controlli tou-

ch, che possono essere disabilitati: non ne abbiamo

avuto bisogno, la sensibilità è regolata nel modo cor-

retto e anche se tocchiamo inavvertitamente l’aurico-

lare per riposizionarlo, nel caso in cui dovesse servire,

non vengono impartiti comandi accidentali.

Portata eccezionale e pairing rapidissimoBasta togliere dalla custodia gli auricolari e indossar-

li la prima volta per attivare la procedura di pairing.

Le Galaxy Buds Pro, come le Live, sono particolari:

non c’è un tasto fisico sulla confezione per attivare

l’accoppiamento, basta tenere il dito su entrambi gli

auricolari per qualche secondo. L’accoppiamento è

fulmineo, sia con dispositivi Galaxy che con disposi-

tivi Android e iOS, il vantaggio sui dispositivi Galaxy

segue a pagina 33

torna al sommario 33

MAGAZINEn.236 / 2125 GENNAIO 2021

TEST

Samsung Galaxy Buds Prosegue Da pagina 32

è la possibilità di accoppiare le Buds a più dispositivi

e all’account Samsung Cloud permettendo il cambio

fluido da tablet a smartphone e viceversa.

Rispetto a tanti altri produttori che parlano di ecosiste-

ma quando in realtà siamo davanti solo ad un gadget

connesso, le Buds sono davvero integrate: si appog-

giano all’account Samsung Cloud e possono anche

essere ritrovate tramite Smart Things Cloud.

Nonostante il sistema trasmissivo sia il classico blueto-

oth, rispetto ad altri auricolari wireless abbiamo trovato

la portata e la stabilità della connessione eccezionale.

Giusto per fare un confronto con le Huawei FreeBuds

Pro che usiamo solitamente, ottime, usano le Galaxy

Buds Pro ci si riesce ad allontanare dal telefono mol-

to di più di quanto si possa fare con le Huawei senza

alcuna interruzione di segnale o degradamento della

qualità. Tenendo il telefono sulla scrivania possiamo

passeggiare in tutto l’ufficio, salendo anche di piano,

senza interrompere il segnale: non era mai successo

con nessun altro auricolare wireless.

Le cuffie si ricaricano quando si inseriscono nella cu-

stodia, che dispone di un accumulatore al litio da 472

mAh: all’interno di ogni auricolare c’è una micro bat-

teria da 61 mAh che garantisce un tempo di utilizzo

variabile dalle 3 alle 5 ore. Forse sul fronte dell’auto-

nomia ci si poteva attendere qualcosa in più, ma c’è un

motivo: le Galaxy Buds Pro dispongono di un doppio

trasduttore, sono auricolari a due vie, e pilotare due

driver richiede più corrente di quella che serve per

pilotare un classico auricolare. Si guadagna qualco-

sa spegnendo il sistema di cancellazione del rumore

attivo, ma funziona talmente bene che è un qualcosa

al quale difficilmente si può rinunciare. Combinando

auricolari e ricarica tramite custodia arriviamo comun-

que a 16/17 ore reali, un po’ meno di quanto dichia-

rato da Samsung. La custodia può essere ricaricata

sia tramite USB Type C sia tramite ricarica wireless

certificata QI.

La qualità audio è davvero altissimaLe Galaxy Buds Pro supportano tre tipi di codec: quel-

lo classico SBC, l’AAC e un codec scalabile proprie-

tario di Samsung. Quest’ultimo si può sfruttare solo

con smartphone Samsung, e in abbinamento al codec

scalabile con alcuni telefoni c’è anche il Dolby Atmos

Audio e l’audio 360° tramite Dolby Head Tracking,

una tecnologia simile a quella che Apple ha introdot-

to nelle sue AirPods Pro e che usa i giroscopi e gli ac-

celerometri integrati per capire come viene orientata

e mossa la testa. Il codec è ovviamente importante,

come è importante anche la qualità del materiale che

si ascolta, ma non si può trascurare l’impatto del tra-

sduttore. Qui troviamo il più grande investimento fat-

to da Samsung per i Galaxy Buds Pro: doppio driver,

un driver da 11 mm per i bassi e un driver secondario

da 6.5 mm per gli alti.

Esistono da anni auricolari fatti in questo modo per

il mercato hi-end, e l’investimento di Samsung viene

ripagato da una qualità audio davvero sorprendente.

La risposta è davvero eccellente, basso corposo mai

invadente, ottima spazialità, perfetta ricostruzione

della scena. Ci si può ascoltare di tutto, dalla musi-

ca ai film, senza mai avere la sensazione di trovarsi

davanti ad una carenza in gamma bassa o a medi im-

pastati. Le voci sono sempre nitide, equilibrate, sen-

za sibilanti e mai fastidiose, con un rumore di fondo

davvero bassissimo anche con il sistema di riduzio-

ne del rumore attivo. Molto buona anche la resa dei

microfoni durante le telefonate e le sessioni di video

chiamata o di video conferenza. I microfoni disposti

attorno all’auricolare catturano la voce in modo netto

e chiaro, e il sistema di riduzione del rumore fa un

lavoro eccellente nel filtrare l’audio ambiente. Ottima

anche la resistenza al vento, se le usiamo per cor-

rere o per andare in bicicletta, e nessun problema

se indossiamo un cappello che copre gli auricolari.

Con alcuni auricolari noise cancelling, è il caso delle

FreeBuds Pro che abbiamo usato fino ad oggi, se il

berretto copre le orecchie e quindi anche il microfono

esterno si crea un fastidioso effetto eco. Questo non

succede con le Galaxy Buds Pro.

Riduzione del rumore efficace e intelligenteLe Galaxy Buds Pro risolvono il principale problema

delle Galaxy Buds Live: una cancellazione del rumore

poco efficace. La forma aperta delle Live non poteva

permettere, per ovvi motivi, il raggiungimento di un

livello di prestazioni adeguato ma grazie alla tipologia

in-ear e ai gommini in silicon le Buds Pro salgono in

cattedra. Le abbiamo provate a lungo in questi giorni,

sfruttando anche il classico rumore di fondo dei mezzi

di trasporto, come i treni, e il livello di cancellazione di

rumore delle Pro è eccellente.

Non ci troviamo davanti a quegli auricolari che fanno

effetto tappo, semplicemente abbattono in modo ef-

ficace il tappeto di rumore senza però alterare il con-

tenuto sonoro. La cancellazione del rumore non ha

alcuna influenza sulla resa audio, ma ha un impatto

su quello che è il volume di ascolto: se infatti stiamo

ascoltando una traccia audio e in stazione viene mes-

so un avviso vocale, il volume si abbassa e si riesce

ad ascoltare l’avviso distintamente. La stessa cosa

se qualcuno ci parla o se noi parliamo a qualcuno: la

cancellazione del rumore, oltre ad essere efficace è

anche intelligente e si adatta dinamicamente all’am-

biente inserendo se serve anche l’amplificazione

dell’audio circostante. Ci sono due modalità di ridu-

zione del rumore ambientale, e nonostante si possa

usare il tocco sull’auricolare per ciclare tra i diversi

modi si ha un controllo più granulare se si scarica

l’applicazione dedicata, disponibile anche per iOS,

seppur con funzioni limitate.

Qui sopra, alcune funzioni attivabili solo su Samsung Galaxy.

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MAGAZINEn.68 / 2125 GENNAIO 2021

di M. ZOCCHI

Hyundai ha diffuso le prime imma-

gini in anteprima del nuovo SUV

Bayon, un modello che andrà a

battagliare nel segmento B, che annove-

ra tanta concorrenza in Europa. Abbiamo

giocato un po’ con la luminosità e il con-

trasto delle immagini per rivelare qualche

dettaglio in più, ed in effetti, specialmente

al posteriore, di scorge qualcosa.

Le linee sono piuttosto nette, e ricordano

AUTO ELETTRICA Compaiono le prime immagini teaser per Hyundai Bayon, SUV compatto

Hyundai mostra le prime immagini del SUV Bayon Arriverà anche in versione elettrificata?Il SUV compatto di Hyundai andrà a posizionarsi in un segmento molto affollato in Europa

in parte nuovi corsi stilistici già visti con

la imminente Ioniq 5, mentre al frontale la

posizione su più livelli dei fari ricorda an-

che la Hyundai Kona. Hyundai ha confer-

mato che Bayon sarà uno dei veicoli con

il nuovo design che la casa coreana chia-

ma “Sensuous Sportiness”, per coniuga-

re valore emozionale a nuove soluzioni

estetiche. Sul fronte tecnico ancora non

sappiamo molto, ma quasi sicuramente

non arriverà una versione elettrica, ma

è probabile una semplice mild hybrid.

Bayon dovrebbe arrivare nella prima

metà del 2021.

di M. ZOCCHI

Dopo la prima presentazione datata

dicembre 2019, Mercedes ha pre-

sentato definitivamente EQA, SUV

elettrico che segna l’inizio della nuova

offensiva a batteria della casa tedesca,

dopo il timido iniziale approccio con la

EQC. Come noto, EQA è passata dall’a-

vere caratteristiche estetiche simili alla

Classe A, all’aspetto odierno, un SUV di

4,46 metri di lunghezza e 1,62 metri di al-

tezza. Per questa nuova vettura elettrica

di Mercedes il prezzo è un fattore fonda-

mentale. Secondo il listino italiano EQA

250, questo il nome completo, parte da

41.139 euro IVA esclusa, ovvero poco più

di 50.000 euro con IVA, il che permette

di accedere ai generosi incentivi statali.

Rottamando una vecchia vettura si può

quindi acquistare EQA a circa 40.000

euro, cifra che sale a 44.000 senza rotta-

mazione contestuale. A questo prezzo si

ha una vettura che riprende i temi stilistici

già visti nella EQC, con una batteria da

66,5 kWh, che porta ad una autonomia

secondo il ciclo WLTP di 426 km (17.7

kWh/100 km). Questo per la versione di

AUTO ELETTRICA Dopo tante anteprime, arriva la presentazione definitiva di Mercedes EQA

Mercedes svela il SUV elettrico EQA 426 km di autonomia a 50.000 euro Il SUV compatto vuole imporsi nel segmento più alla moda. Disponibile dalla primavera 2021

lancio, mentre più avanti arriverà una

variante con autonomia fino a 500 km.

Il motore, per ora, ha una potenza di 140

kW, e una coppia equivalente a 375 Nm.

Per quanto concerne la ricarica, EQA ha

a bordo un caricatore in corrente alter-

nata da 11 kW, per tempi di ricarica che

quindi sfiorano le 6 ore, mentre affidan-

dosi alla ricarica fast in corrente continua

e connettore CCS si arriva a un massimo

di 100 kW, ovvero dal 10% all’80% in 30

minuti.

L’infotainment può contare sull’interfac-

cia MBUX, rispondente anche ai coman-

di vocali attivabili con la parola chiave

“Hey Mercedes”. A richiesta disponibile

l’Head up Display o la navigazione con

realtà aumentata Non potevano manca-

re ovviamente i sistemi di assistenza alla

guida, con frenata di emergenza auto-

matica, e a richiesta anche assistente di

svolta, la funzione corridoio di emergen-

za, il sistema di prevenzione degli urti la-

terali in presenza di ciclisti o veicoli che si

avvicinano e l’avvertimento che segnala

le persone sulle strisce pedonali.

Le versioni disponibili sono 6, S SPORT,

SPORT PLUS, SPORT PRO, seguite poi

dal livelli superiori PREMIUM, PREMIUM

PLUS e PREMIUM PRO. EQA 250 sarà

disponibile in concessionaria dalla pri-

mavera 2021.

Ecco il furgone elettrico di Amazon in versione finale. Fa uno strano rumore per i pedoniUn video su Internet mostra il furgone elettrico che Rivian sta sviluppando per Amazon in un test di consegna. E per la prima volta si sente il forte rumore di avvertimento per i pedoni di P. AGIZZA

Ancora avvistamenti per il furgone elettrico che Rivian sta sviluppan-do per Amazon: in un video cat-turato nei pressi di Los Angeles possiamo notare il mezzo impe-gnato in un test di consegna nel mondo reale. Rispetto all’ultimo avvistamento di qualche mese fa ad Irvine, il mezzo non è camuffa-to. Nessuna sorpresa per quel che riguarda il design, con la versione reale del furgone che segue per-fettamente le linee mostrate da Amazon qualche tempo fa. Oltre alla conferma del design, il partico-lare più interessante riguarda il ru-more di avvertimento per i pedoni, che è molto forte. Alcuni testimoni hanno dichiarato di poterlo udire distintamente anche da dentro le proprie case. L’aspetto curioso è che il furgone di Rivian non sin-tetizza il rumore solo quando è in movimento, ma anche quando è fermo con il motore al minimo. Pos-siamo notare, però, come il rumo-re cambi in base alla velocità del mezzo. Amazon inizierà ad utilizza-re i furgoni di Rivian già quest’an-no. Il progetto prevede di metterne su strada 10mila entro il 2022, per arrivare poi ad una flotta di 100mila furgoni elettrici entro il 2030.

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MAGAZINEn.68 / 2125 GENNAIO 2021

di Massimiliano ZOCCHI

ll nuovo CEO Luca de Meo ha portato

una ventata di novità in Renault, che

unita ad una rivoluzione organizzativa

ha generato lo slogan “Renaulution”. Un

cambio operativo e qualitativo per tutti i

marchi gestiti, che trova una sintesi nella

presentazione della Renault 5 Prototype.

La rinascita di una classica che per molti

anni è stata il simbolo di Renault: intel-

ligente, democratica ma anche sporti-

va. E queste sono le stesse sensazioni

che la concept vorrebbe ora richiamare.

Renault, nei prossimi anni, presenterà

ben 7 nuovi modelli 100% elettrici, con

l’obiettivo di rendere la tecnologia più

accessibile, sia in termini di segmenti, sia

in termini economici.

Per questo il simbolo di queste novità

non poteva che essere un’auto “del po-

polo”, apprezzata per design e capacità

di penetrare nell’immaginario comune.

AUTO ELETTRICA Renault scommette su tecnologia e su elettrificazione con la Renault 5 Prototype

La Renault 5 rinasce, moderna ed elettrica E incarna la visione “Renaulution”È la lettura in chiave moderna di una grande classica del marchio. Sarà la nuova regina d’Europa?

La nuova Renault 5 Prototype è una

Renault 5 a prima vista, ma allo stesso

tempo è evidente il richiamo a uno stile

più moderno. La storica presa d’aria sul

cofano diventa lo sportellino per la pre-

sa di ricarica, e sono numerosi i richiami

al design del passato. Appare evidente

che un’auto così potrebbe avere un suc-

cesso immediato, tuttavia per il momen-

to non è dato sapere se resterà un pro-

totipo o vedrà davvero la produzione di

massa. Quel che è certo è che il progetto

Zoe è arrivato ormai alla fine della sua

lunga (e gloriosa) vita e che quindi andrà

sostituito. Sarà proprio la R5 elettrica la

nuova regina d’Europa?

SpaceX pronta a trasformare Boca Chica in spazioporto con resort di lussoSpaceX ha intensificato le attività nel sito di Boca Chica e studia espansioni future, con bar, resort e tour guidati per un vero “Gateway to Mars” di M. ZOCCHI

I lavori per SpaceX proseguono senza sosta, seguendo due vie parallele. Da una parte ci sono i lanci effettuati con successo per vari clienti, sfruttando il pluri-col-laudato razzo Falcon 9, e dall’altra c’è lo sviluppo di Starship, l’enor-me nave spaziale che dovrebbe servire per i voli sulla Luna prima e su Marte poi. Per quest’ultima parte SpaceX ha adottato il sito di Boca Chica, diventata vera e propria base operativa in Texas, tanto da spingere Elon Musk a tra-sferirsi nello stato del sud. A Boca Chica la Starship viene costruita e assemblata nei suoi vari prototipi, e quindi anche testata in loco, con conseguente aumento di perso-nale al lavoro. Per questo era già stato realizzato un bar, con una zona esterna coperta dalle ali del-la prima Starship, MK1.Sembra però che le cose possa-no evolvere, fino a creare un polo industriale e ricettivo, una sorta di spazioporto inclusivo di servi-zi e resort, per i lavoratori e per i visitatori. Lo stesso Musk aveva già dichiarato che erano al lavo-ro per un nuovo e più futuristico bar, dotato anche di un punto di osservazione per i test e i lanci. A questa costruzione si affianche-rebbero delle visite guidate. Spa-ceX avrebbe anche aperto una ri-cerca per una figura manageriale, che gestiscail resort, per “rendere Boca Chica un posto epico dove lavorare e vivere”.

di M. ZOCCHI

Anche Dacia esce rinnovata dal-

la Renaulution, la rivoluzione del

Gruppo Renault che si prefigge lo

scopo di riorganizzare tutta la struttura

della casa francese e di tutti i marchi

controllati. E forse è proprio Dacia più

di tutti a esemplificare il mantra di que-

sti cambiamenti, focalizzati soprattutto

alla semplificazione produttiva, al cost

saving, ma sempre tenendo lo sguardo

ben fisso al futuro.

Il modello su cui si basa il business di

Dacia si è sempre dimostrato efficace

e solido, e quindi resterà simile al pas-

sato, ma con alcuni cambiamenti impor-

tanti. In futuro Dacia utilizzerà la piatta-

forma dell’Alleanza CMF-B, sfruttando

la sua flessibilità, così da passare da 4

piattaforme ad una soltanto, e contem-

poraneamente da 18 tipi di carrozzeria

a 11. Si intensificherà inoltre la sinergia

con il marchio Lada.

La nuova piattaforma consentirà anche

AUTO ELETTRICA È proprio Dacia più di tutti a esemplificare il mantra dei cambiamenti Renault

Anche Dacia si rafforza con la “Renaulution” Una piattaforma per tutte le motorizzazioni, un’auto elettrica economica e un nuovo concept

la produzione di veicoli con motorizza-

zioni a energie alternative o ibridi. Du-

rante il 2021 arriveranno in gamma le

nuove Sandero e Logan, e finalmente la

Spring, elettrica 100% che viene definita

la più accessibile d’Europa. Arriveranno

poi altri tre nuovi modelli entro il 2025.

A simboleggiare il cambiamento, Dacia

ha anche mostrato Bigster Concept,

un veicolo lungo 4,6 metri, con il solito

design robusto e pragmatico, un SUV

che entra a pieno titolo nel segmento C

ma che, come da tradizione Dacia, po-

trebbe avere un prezzo da segmento

inferiore. Non ci sono per ora progetti

precisi per le motorizzazioni, dato che

ancora non si sa se arriverà alla produ-

zione, ma tutte le opzioni potrebbero

essere aperte. Nel frattempo il Concept

strizza l’occhio alla sostenibilità, elimi-

nando cromature, finti metalli o materia-

li pregiati: al loro posto c’è plastica rici-

clata, usata anche allo stato grezzo per

le modanature di protezione esterne.

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MAGAZINEn.68 / 2125 GENNAIO 2021

di Massimiliano ZOCCHI

Ad inizio anno avevamo già par-

lato dei fondi per gli incentivi per moto e scooter elettrici, già

caricati sulla piattaforma ministeriale e

disponibili. Dopo qualche giorno in più

di attesa ripartono invece gli incentivi

per le auto, elettriche, ibride o Euro 6. Il

sito di riferimento, ecobonus.mise.gov.it, è stato ripulito da tutti i riferimenti dei

contributi non più esistenti, aggiornan-

do la grafica con solo i nuovi fondi, ora

caricati e disponibili per le domande de-

gli aventi diritto. Oltre ai già citati fondi

per i veicoli di categoria L, troviamo il

vecchio Ecobonus, con i fondi già stan-

ziati e previsti, al quale si sommano gli

incentivi stabiliti con la Legge di Bilancio

2021, che riprende esattamente quanto

era presente con il Decreto Agosto dello

scorso anno. La somma massima a van-

taggio del cittadino può quindi arrivare

a 10.000 euro (più una manciata di cen-

AUTO ELETTRICA Sono stati caricati i nuovi fondi per gli incentivi statali, al via dal 18 gennaio

Ripartono gli incentivi statali per nuove auto Online 700 milioni di euro per i cittadiniSommano l’Ecobonus già presente agli incentivi stabiliti con la Legge di Bilancio 2021

tinaia di euro in realtà) nel caso si acquisti

un’auto elettrica rottamando un vecchio

veicolo. Riprendiamo il testo di presenta-

zione presente sul sito:

“Dal 1 gennaio 2021 sono disponibili oltre

700 milioni di euro per i cittadini per l’ac-

quisto di veicoli a basse emissioni relativi

sia alle categorie dei motocicli L1 e del-

le auto M1 sia alla nuova categoria dei

veicoli commerciali N1. I concessionari

potranno, a partire dalle ore 10 di lunedì

18 gennaio, accedere sulla piattaforma

ecobonus.mise.gov.it per inserire le pre-

notazioni del contributo per veicoli M1,

mentre è già possibile prenotare i contri-

buti per la categoria L.

Ai contributi già previsti dalla Legge di

Bilancio 2019 e dai successivi DL Rilan-

cio 2020 e DL Agosto 2020, si aggiun-

gono ulteriori risorse stanziate per il fon-

do automotive con la Legge di Bilancio

2021. In particolare, i contributi concessi

per le fasce di emissioni 0-20 g/km e

21-60 g/km sono rifinanziati con ulte-

riori 120 milioni di euro per tutto il 2021,

portando l’ammontare odierno a 390

milioni di euro, essendo 270 milioni già

stanziati. A queste risorse potranno ag-

giungersi i residui degli anni precedenti.

Questa la suddivisione degli incentivi:

•0-20 g/km: 6.000 euro con rottamazio-

ne e 4.000 senza rottamazione

•21-60 g/km: 2.500 euro con rottamazio-

ne e 1.500 senza rottamazione

Alle medesime due fasce potranno ag-

giungersi 2.000 euro con rottamazione

e 1.000 senza rottamazione fino al 31

dicembre 2021, ed in tal caso è anche

previsto uno sconto praticato dal vendi-

tore pari ad almeno 2.000 euro o 1.000

euro a seconda che sia presente o meno

la rottamazione.

Le due fasce di emissioni 61-90 g/km e 91-

110 g/km sono state rimodulate in un’uni-

ca fascia 61-135 g/km (dal primo gennaio

ci sarà infatti un nuovo ciclo di rilevazione

delle emissioni), finanziata con 250 milio-

ni di Euro. Il precedente finanziamento è

andato esaurito. La durata dell’incentivo

è di sei mesi e sarà possibile usufruirne

solo con rottamazione:

61-135 g/km: 1500 euro con rottamazione

Anche in questo caso all’incentivo so-

pra indicato si aggiunge uno sconto

praticato dal venditore pari ad almeno

2.000 euro.

DMOVE In arrivo 20 stazioni, uno stallo sempre dedicato a Taycan

Porsche, Q8 e Enel X insieme 20 stazioni di ricarica ultrafast

di M. ZOCCHI

La rete di ricarica italiana cresce velocemente, e presto avrà un aiuto consistente

anche grazie a Porsche. La casa tedesca, per supportare il successo della sua

prima elettrica, la Taycan, ha stretto una partnership con Q8 ed Enel X per portare

sul territorio nazionale 20 stazioni di ricarica High Power Charging.

Le location avranno una potenza massima di 300 kW in DC, con la possibilità di ricari-

care 2 veicoli contemporaneamente, di qualsiasi marca. Uno stallo però sarà sempre

dedicato a Porsche Taycan. Una volta che saranno attive le colonnine HPC saranno

visibili nella normale app Juicepass di Enel X, ed anche integrate nell’ecosistema Por-

sche. Il prezzo dovrebbe essere il solito delle altre HPC (Ionity, Enel X) ovvero 79 cen-

tesimi per ogni kWh erogato. Le aree, che saranno ovviamente all’interno di stazioni

di servizio Q8, saranno realizzate entro la fine del 2021, e vanno ad unirsi allo sforzo

già messo in campo da Porsche, con le infrastrutture di ricarica rapida nei 30 Centri

Porsche italiani e alle svariate colonnine Destination, presso strutture ricettive.

La prima stazione di ricarica ultrafast sarà

inaugurata presso l’area di servizio Q8 di Pa-

derno Dugnano (MI), seguita da altre stazioni

di servizio presenti su altri snodi importanti

per traffico quotidiano e turismo stagionale

tra cui Carate Brianza (MB), Erbusco (BS),

Padova, Perugia, Roma, Napoli, Polignano a

Mare (BA), Brindisi, Porto Rotondo (OT).

Tesla uccide la concorrenza con il crollo dei prezzi di Model 3: si arriva anche a 38.000 euroSi aggiorna il configuratore europeo di Tesla, con i prezzi della Model 3 che calano in tutta la gamma. Addirittura la Performance ora rientra negli incentivi statali di M. ZOCCHI

Il configuratore di Tesla si è aggior-nato, pare in tutti i Paesi europei, riportando ribassi di prezzo a dir poco clamorosi. Nonostante tutte le novità introdotte da poco, Tesla abbassa ancora i prezzi, in parti-colare di Model 3, che ora diventa un modello spacca mercato. Ba-sandosi sulla colorazione di serie e senza optional, ora la Standard Range Plus parte da 47.900 euro, praticamente il vecchio prezzo con incentivi già applicati, ma in questo caso ancora da scalare. Ed infatti il configuratore propone il costo chiavi in mano di 42.750 euro, ov-vero con i 6.000 euro (senza rotta-mazione) statali già scalati. La Long Range diventa un modello molto appetibile, perché al vecchio prez-zo della SR+ offre 580 km di auto-nomia a partire da 53.990 euro, sempre con incentivi da scalare eventualmente. Addirittura il mo-dello Performance, con cerchi da 20”, velocità massima di 261 km/h, dettagli in carbonio, ora rientra ne-gli incentivi italiani, con un prezzo base di 60.990 euro. Significa por-tarsi a casa il modello top a circa 50.000 euro, con una vecchia vet-tura da rottamare. La concorrenza ora sarà costretta a rivedere la pro-pria politica dei prezzi.

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MAGAZINEn.68 / 2125 GENNAIO 2021

di Massimiliano ZOCCHI

Renault aveva promesso grosse no-

vità, e la conferenza dei piani per

il futuro non ha di sicuro tradito le

aspettative. In un articolo dedicato ab-

biamo già mostrato il nuovo prototipo elettrico della Renault 5, ma le moto-

rizzazione a batteria avranno un ruolo

centrale nel nuovo piano.

Oltre alla presentazione di nuove auto

elettriche, anche lo storico marchio

Alpine passa all’elettrico, e al tempo

stesso diventa espressione univoca

dello sport Renault. Alpine Cars, Renau-

lt Sport Cars e Renault Sport Racing si

riuniscono tutte sotto il brand Alpine.

Questa operazione include, come già

noto, anche il team di Formula 1, e pro-

prio la ricerca abbinata alla F1 sarà una

fonte importante per la nuova gamma

stradale di Alpine, che incredibilmente

diventa 100% elettrica, e i piani per farlo

sono già chiari.

Alpine sfrutterà le sinergie dell’Alleanza

AUTO ELETTRICA Tutte le divisioni sportive di Renault vengono inglobate sotto il brand Alpine

Alpine ingloba le divisioni sportive di Renault Diventa 100% elettrica. Tre auto per il futuroAlpine svilupperà auto elettriche e sportive, anche in collaborazione con il Gruppo Lotus

con Nissan e Mitsubishi, oltre alla new

entry, come collaboratore, di Lotus. Con

questi mezzi a disposizione, il piano

prevede:

• Una compatta sportiva (Segmento

B) 100% elettrica basata sulla piat-

taforma CMF-B EV dell’Alleanza

• Un cross-over sportivo (Segmen-

to C) 100% elettrico basato sulla

piattaforma CMF-EV dell’Alleanza

• Un’auto 100% elettrica sostitutiva

dell’A110, sviluppata con Lotus

In particolare la Business Unit Alpine e

il Gruppo Lotus hanno firmato un proto-

collo di intesa per lo sviluppo di un’auto

elettrica sportiva.

I due team, dalle rispettive sedi in Fran-

cia e Regno Unito, porteranno avanti lo

studio di fattibilità completo per l’inge-

gneria, la progettazione e lo sviluppo in

comune di questo modello.

L’obiettivo è la redditività per il 2025,

considerando anche gli investimenti nel

motorsport.

di M. ZOCCHI

L’arrivo di nuovi modelli e la ripar-

tenza degli incentivi statali sta fa-

cendo nascere tante opportunità

per nuovi clienti che vogliono cambiare

il loro modo di viaggiare. Era attesa “al

varco” Volkswagen, che da tempo ave-

va promesso un prezzo particolarmente

accessibile per la versione base della

ID.3, la prima elettrica del suo nuovo

corso. La promessa è stata mantenuta,

con l’apparizione del modello City nel configuratore online.

Secondo i dati riportati, ID.3 City ha una

batteria da 45 kWh, con una autonomia

dunque di circa 300 km, in base al con-

sumo segnalato di 149 Wh/km. Il prezzo

ovviamente è un suo punto forte, con il

listino che parte da 34.400 euro. Si tratta

AUTO ELETTRICA VW mantiene le promesse. prezzi super competitivi per la versione base della ID.3

Ecco City, l’elettrica Volkswagen ID.3 economica Con gli incentivi ISEE costa 20.000 euroCon l’Ecobonus il prezzo scende a 24.000 euro, addirittura 20.000 euro con l’incentivo ISEE

dunque di una vet-

tura che ha pieno

accesso a tutti gli

incentivi statali, com-

preso l’ormai famoso

incentivo ISEE riser-

vato a chi ha reddito

inferiore ai 30.000

euro, e che consente

di abbattere del 40%

il prezzo di auto elet-

triche con listino fino a 36.600 euro. Ma

andiamo con ordine.

Secondo il configuratore Volkswagen,

potendo accedere all’Ecobonus e agli

incentivi della nuova Legge di Bilancio,

il prezzo della ID.3 scende a 24.290

euro, un costo già particolarmente com-

petitivo. Questo con rottamazione di un

vecchio veicolo. Il sito propone anche

l’opzione senza rottamazione, per cui

con incentivi parziali il prezzo sarebbe di

27.290 euro. Nel caso in cui il cliente pos-

sa accedere all’incentivo ISEE accennato

sopra (di cui si attendono ancora i decreti

attuativi), il prezzo verrebbe tagliato del

40%, arrivando quindi vicino ai 20.000

euro. Per il momento non ci sono infor-

mazioni precise sulla prevista consegna.

Hyundai esagera: con la Maxi Rottamazione fino a 14.000 euro di vantaggi per Kona ElectricLa casa coreana reagisce subito alla ripartenza degli incentivi statali, aggiungendo una sua promozione ai già consistenti contributi statali di M. ZOCCHI

Dopo la mossa a sorpresa di Tesla con il ribasso dei listini, ma la con-correnza non sta certo a guardare. Hyundai, dopo la ripartenza degli incentivi statali, si è attivata subito per sfruttarli al meglio, aggiungen-do anche farina del suo sacco. La promozione Maxi Rottamazione coinvolge molte vetture in gamma, anche la nuova Tucson, ma offre il suo meglio sulle auto elettriche. Nel caso della Kona Electric con batteria da 39 kWh il vantaggio cliente arriva addirittura a 14.000 euro. È ovviamente una promo-zione vincolata alla rottamazione di un vecchio veicolo, così da avere accesso al massimo dell’E-cobonus, ma Hyundai affianca la sua proposta di finanziamento By Mobility. Dicevamo della Kona Electric 39 kWh, che nella versio-ne 136 CV XPrime+ ha un prezzo di listino di 38.400 euro. Grazie allo sconto che la casa aggiunge agli incentivi il prezzo di vendita scende a 24.376 euro, da pagare con la formula di finanziamento. Dopo il primo canone di 932 euro, si passa a rate di 199 euro mensili per 35 mesi, con un riscatto finale di 17.640 euro. Un prezzo decisa-mente appetibile per una delle auto elettriche più efficienti del mercato. La promozione è valida fino al 31 gennaio 2021.

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MAGAZINEn.68 / 2125 GENNAIO 2021

di M. ZOCCHI

Bianchi ha da tempo intrapreso una

strada di cambiamento per la sua

gamma, puntando in maniera deci-

sa sul mercato in espansione delle eBike,

dapprima con la serie T-Tronik (qui l’ar-ticolo dedicato) e poi con l’affascinante

design e l’integrazione tecnologica della

E-SUV (l’abbiamo mostrata qui). Ora

prosegue su questa strada aggiungendo

anche la linea chiamata e-Omnia, sem-

pre eBike, ma che vogliono offrire una

scelta per tutte le esigenze, affiancando

anche la possibilità della configurazione

online.

Le eBike e-Omnia dunque si dividono in

tre diverse famiglie, a secondo degli usi

a cui sarebbe destinata la bici:

• C-Type: City

• T-Type: Tourer (include la versione

uomo e donna ed il modello full su-

spension FT-Type)

• X-Type: Mountain (include il model-

lo full suspension FX-Type)

Si parte da C-Type, eBike tipicamente

BICI ELETTRICA Bianchi affianca alle ebike E-SUV e T-Tronik anche la nuova gamma e-Omnia

Bianchi presenta la gamma eBike e-Omnia Tre categorie e con configurazione onlineLe nuove eBike si dividono in tre famiglie, configurabili su misura per città, trekking ed eMTB

pensata per la città, per i brevi sposta-

menti, comunque effettuati su strade

comode, senza troppe pretese tecniche

e sportive. Il prezzo base è 3.320 euro,

che comprende il colore bianco, motore

Bosch Performance Line CX con batteria

da 500 Wh Powertube e cambio Shima-

no Deore a 10 velocità. Nel configurato-re online è però possibile passare alla

batteria da 625 Wh, o anche al cambio

nel mozzo Shimano Nexus, equipaggia-

to con cinghia Gates in carbonio (+390

euro), o anche cambiare colore ed ag-

giungere vari accessori come borse o

cestini. La serie Tourer propone invece

tre eBike diverse: uomo, donna o full

suspension, sempre modificabili onli-

ne. Sulla pagina della T-Type Gent ad esempio, partendo da un prezzo di

3.370 euro, ci sono addirittura 5 pac-

chetti aggiuntivi, tra cui spicca il top chia-

mato Long Range Plus, che per 1.250

euro aggiuntivi propone una batteria di

scorta da 500 Wh (oltre ai 500 Wh di

serie), display Purion e caricatore da 4A.

Possibile anche effettuare un upgrade

della forcella, passando da Suntour a

Rock Shox Recon, o ad esempio ag-

giungere l’ABS all’impianto frenante, che

però costa caro, 1.640 euro. Creando

una eBike full optional si possono supe-

rare i 7.000 euro.

La versione full suspension invece ha meno opzioni, e permette solo di cam-

biare colore, aggiungere l’ABS o gli ac-

cessori, con un prezzo di partenza di

4.900 euro.

Infine abbiamo i modelli eMTB, front o

full. Partendo dalla X-Type, troviamo una

classica front, sempre basata su forcel-

la Suntour XCR34, sostituibile con Rock

Shox Recon per 100 euro aggiuntivi. An-

che qui è presente il pack long range,

l’ABS o il reggisella telescopico. Si parte

da 3.450 euro, ma si può arrivare a più

di 6.000 euro.

La FX-Type è invece la eMTB biammor-

tizzata, che di serie propone sospensioni

Rock Shox Yari e Deluxe Select, mentre

per sovrapprezzo è configurabile con

Fox 36 Rhythm e Float DPS Performance.

Il pack Performance per 460 euro sosti-

tuisce la batteria con quella da 625 Wh.

Prezzo di partenza di 4.800 euro, che

con il top della configurazione arrivano a

7.950 euro. Qui la pagina dedicata.

DMOVE Annunciato un nuovo sviluppo per il ritorno sul mercato

Torna la DeLorean di Ritorno al Futuro È pronta per rinascere elettrica

di M. ZOCCHI

La DeLorean non è completamente morta. Dopo i 9.200 esemplari prodotti negli

anni ‘80, e la notorietà ottenuta grazie alla trilogia di “Ritorno al Futuro”, l’azien-

da aveva chiuso i battenti, incapace di creare le necessarie economie di scala. Il

marchio, i pezzi di ricambio e tutta la società sono dunque finiti in mano a un magnate

Texano che da anni sogna di riportare la DMC-12 sul mercato, senza successo. Nel

frattempo però il progetto, così come era stato concepito anni fa, è diventato obsoleto,

spingendo la nuova DeLorean a puntare sul motore elettrico. Il powertrain a batteria

sembra essere una scelta perfetta per ciò che rappresenta la DeLorean nell’immagina-

rio comune, da sempre legata a concetti di sogno e fantascienza. Utilizzando telaio e

scocca originali, il team ha lavorato per ammorbidire le linee, modificando i paraurti e in-

serendo fari a LED. Al posteriore si è lavorato mantenendo i classici fanali a riquadri, che

però ora vanno a creare, con un gioco

di colori, la scritta DMC. Gli interni ori-

ginali sono stati ridisegnati completa-

mente, con linee vintage ma moderne,

e con sedili all’altezza di un’auto pre-

mium. Con le caratteristiche adeguate

una DeLorean elettrica avrebbe buo-

ne possibilità di successo.

Trinity è l’asso nella manica di Herbert Diess per rivoluzionare VolkswagenVolkswagen sta già progettando il futuro dopo la gamma elettrica ID. Il progetto Trinity è il passo successivo del cambiamento in atto di M. ZOCCHI

Durante le prime consegne della ID.3, in alcuni Paesi tra le auto più vendute di fine anno, sono iniziate anche le vendite delle prime ID.4, e a breve la produzione verrà ulte-riormente incrementata.Nonostante le cose vadano così bene, il CEO Herbert Diess non dorme certo sugli allori, e anzi prepara già lo step successivo della rivoluzione di Volkswagen. Questa rivoluzione è conosciuta per ora con il nome di Trinity, che lo stesso Diess identifica come il passo successivo a NEO (ovve-ro la gamma ID), lasciando alla fantasia di ognuno i riferimenti ai film di Matrix. È prestissimo per conoscere i dettagli di Trinity, ma sembra che tutto debba partire da una nuova ammiraglia basata sugli studi che sta portando avanti il team Artemis, creato in seno ad Audi. Se già la gamma ID e la piat-taforma MEB dedicata all’elettrico rappresentano una pietra miliare per il Gruppo Volkswagen, ciò che sta facendo Artemis va ancora ol-tre: cercare la massima efficienza e innovazione partendo da un “fo-glio bianco”.Quindi addio a vecchi concet-ti, niente legami con il passato, un’auto nuovo sotto tutti i punti di visti, per creare la migliore vettu-ra - elettrica - possibile. Appunta-mento al 2025.