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MAGAZINEn.236 / 2125 GENNAIO 2021
LG potrebbe annunciare la chiusura della divisione smartphone 05
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Tutto sul nuovo Switch-off TV Tutto sul nuovo Switch-off TV Lo switch-off del digitale terrestre non sarà scaglionato per aree. Le due scadenze che toccano gli utenti saranno all’unisono in tutta Italia: 1 settembre 2021 e 21-30 giugno 2022. Ecco la FAQ completa per fare chiarezza
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MAGAZINEn.236 / 2125 GENNAIO 2021
di Gianfranco GIARDINA
Partiamo subito dal punto chiave: no, lo switch-off
televisivo NON sarà scaglionato per regioni.
Chi segue assiduamente DDAY.it lo sa bene:
da anni oramai riportiamo le date dei due passaggi
chiave, quello all’MPEG4 e quello al DVB-T2, sotto-
lineando che, contrariamente a quanto accadde con
il primo swtich-off, le due scadenze non saranno dif-
ferenziate per aree ma avverranno nello stesso mo-
mento a livello nazionale, con tutte le complicazioni
connesse dal punto di vista logistico e commerciale.
Da diverse settimane, invece, assistiamo a una cam-
pagna di cattiva informazione attorno allo switch-off
televisivo con protagonisti anche importanti mezzi
di stampa nazionali, evidentemente poco e male in-
formati, che hanno equivocato alcune fasi tecniche
a bassissimo impatto sui consumatori (lo sposta-
mento delle frequenze) con i passaggi di formato di
trasmissione, che invece porteranno allo spegnimen-
to di milioni di TV in Italia a partire da settembre di
quest’anno.
L’equivoco nasce - va detto - anche in seguito ad una
frase imprecisa che era riportata sul sito ministeriale dedicato allo switch-off che è stata corretta.
Cerchiamo ancora una volta di fare chiarezza sulle
scadenze e sulle fasi previste per questo nuovo swi-
tch-off televisivo, oramai alle porte.
Quali sono le scadenze che riguardano direttamente i consumatori?Le date chiave dello swtich-off sono due: il 1 settem-
bre 2021, data in cui tutte le trasmissioni nazionali
passeranno all’unisono e su tutto il territorio in codifi-
ca MPEG-4. E poi la decade dal 21 al 30 giugno 2022,
TV E VIDEO Torniamo sul tema dello switch-off del digitale terrestre per smentire le fake news e rispondere a tutte le domande
Lo switch-off TV non sarà scaglionato per aree Due scadenze nazionali e all’unisono in tutta ItaliaLe due scadenze sono nazionali: 1 settembre 2021 e 21-30 giugno 2022. La FAQ per fare chiarezza sul nuovo switch-off TV
in cui tutte le trasmissioni digitali terrestri verranno
diffuse nello standard DVB-T2, sempre con un pro-
cesso unico a livello nazionale.
Perché allora si è parlato da molte parti di uno switch-off scaglionato in aree?Chi ha informato i consumatori parlando di switch-off
scaglionato in aree geografiche, ha semplicemente
commesso un grossolano errore, che ha scatenato
anche non poca confusione tra consumatori e retai-
ler. Il processo scaglionato in aree riguarda solo lo
spostamento delle frequenze (che potrà avvenire
solo dopo il passaggio a MPEG-4 del 1 settembre
2021). Uno spostamento che darà pochi problemi ai
cittadini: basterà semplicemente risintonizzare i ca-
nali (processo che molti TV fanno automaticamente)
per continuare a vedere tutte le trasmissioni. Le due
vere scadenze dello switch-off, che richiederanno per
molti la sostituzione del TV o l’acquisto di un deco-
der sono quelle del 1 settembre 2021 e di fine giugno
2022 e valgono a livello nazionale.
In pratica, cosa succederà il 1 settembre 2021?Il 1 settembre 2021 tutti i multiplex nazionali (ovvero-
sia tutte le emittenti dei canali nazionali) passeranno
in codifica MPEG-4 (o più propriamente AVC). Questo
metterà fuori gioco tutti i TV e i decoder non HD, ov-
verosia quelli che oggi non sono in grado di sintoniz-
zare, per esempio, il 501 di Rai HD. Il passaggio del 1
settembre riguarderà la codifica e l’emissione di tutti
i canali nazionali per tutto il territorio italiano. Potreb-
bero passare con qualche mese di ritardo (questo sì
a seconda delle aree) le sole emittenti locali che po-
trebbero decidere di aspettare a codificare in MPEG4
solo nel momento dello spostamento delle frequenze
per la propria zona di emissione.
E cosa succederà dal 21 al 30 giugno 2022?Nell’ultima decade di giugno 2022 ci sarà, sem-
pre a livello nazionale, il passaggio alle trasmissioni
DVB-T2. Questo passaggio manderà “a nero” un nu-
mero molto alto di TV e decoder (si parla di almeno
15-20 milioni di apparecchi in Italia, solo nelle prime
case).
Può essere che ci sia uno slittamento delle date previste?Una cosa è certa: la banda 700 MHz, da cui si origi-
na tutto il processo di switch-off, il 1 luglio 2022 sarà
nelle mani delle telco che hanno acquistato a caro
prezzo le frequenze. Al momento non c’è alcuna avvi-
saglia di spostamenti di date sul processo televisivo e
segue a pagina 03
Qui alcuni dei tanti articoli usciti sui quotidiani in cui si raccontava di un processo di switch-off per aree, notizia destituita di ogni fondamento.
Un’immagine tratta dal sito “La nuova TV digitale” (nuovatvdigitale.mise.gov.it).
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MAGAZINEn.236 / 2125 GENNAIO 2021
TV E VIDEO
Switch-off TV, la FAQ completasegue Da pagina 02
le scadenze sono messe nero su bianco non solo sui
decreti legge ma anche sul sito del MiSE. Certamente
l’obiettivo è sfidante: i TV che richiederanno interventi
di sostituzione o l’applicazione di un decoder, sono un
numero che fa tremare i polsi. Una possibile apertura
a uno scenario di rinvio, almeno della scadenza del
giugno 2022 è stata aperta da Antonello Giacomel-
li, commissario dell’AGCOM e già sottosegretario al
MiSE con delega proprio sul dossier switch-off. Ma
dai funzionari e dai politici attualmente al Ministero
e impegnati su questo fronte, l’ipotesi di un rinvio al
momento non è stata neppure mormorata tra i denti o
lasciata lontanamente intendere.
Da fine giugno 2022 inizieranno anche le trasmissioni HEVC?L’obiettivo finale del passaggio televisivo che stiamo
per vivere sarà quello di arrivare a trasmissioni emes-
se in DVB-T2 e codificate in HEVC a 10 bit, una codi-
fica di nuova generazione (denominata anche H.265)
più efficiente di MPEG-4 e che quindi permette di
risparmiare banda e di trasmettere in modalità HDR.
Ma - va chiarito - non esiste alcun obbligo in capo alle
emittenti di iniziare sin da giugno 2022 le trasmissioni
in HEVC. Anzi, in considerazione del fatto che la codi-
fica HEVC esiste solo in scansione progressiva e che
la maggior parte delle strutture di produzione delle
emittenti nazionali sono ancora in scansione interlac-
ciata, è molto probabile che a luglio 2022 le trasmis-
sioni in HEVC saranno pochissime se non addirittura
del tutto assenti.
In corrispondenza delle due scadenze, vedremo anche un miglioramento della qualità delle trasmissioni? Ci saranno altri benefici?
Durante la fase transitoria, tra settembre
2021 e giugno 2022, non ci si aspetta un
miglioramento qualitativo delle trasmissioni:
il passaggio a MPEG-4 viene fatto proprio
per liberare lo spazio necessario al riasset-
to delle frequenze e molti canali verranno
“schiacciati” su pochi multiplex, probabil-
mente con qualche sacrificio temporaneo in
termini di banda non interamente compen-
sato dall’aumento di efficienza del codec.
Dopo il giugno 2022, invece, con il passag-
gio anche al DVB-T2, ci si potrebbe aspet-
tare qualche miglioramento qualitativo, ma
molto dipenderà dalle decisioni delle emit-
tenti: meno canali di maggiore qualità o più
canali di qualità non eccelsa? Il vero salto,
in realtà, si avrà solo con il passaggio alle
codifiche HEVC (possibili da giugno 2022
ma non obbligatorie) che permetteranno di
avere anche su digitale terrestre qualche
canale 4K; e soprattutto che segneranno il
passaggio alla scansione progressiva.
Che tipo di disagi ci si deve attendere nelle fasi di spostamento delle frequenze che intercorrono tra settembre 2021 e giugno 2022?Le fasi intermedie, che sono effettivamente
scaglionate per aree geografiche (prima il
Nord a fine 2021, poi il Centro-tirrenico nel
primo trimestre 2022 e per finire il Cen-
tro-adriatico e il Sud nel secondo trimestre
2022) prevedono solo lo spostamento del-
le frequenze per assumere l’assetto finale
previsto dal PNAF, senza alcun cambio di tecnologia.
L’unico disagio previsto per i consumatori in questo
periodo è la necessità di rifare periodicamente la
sintonia dei canali, operazione che peraltro molti TV
e decoder eseguono automaticamente durante la
notte. Qualche grattacapo in più potrebbero averlo
gli utenti che abitano in condominio con impianto di
antenna centralizzato e “canalizzzato”: questi sistemi
prevedono una serie di filtri sulle frequenze non utiliz-
zate per evitare disturbi. Questi impianti potrebbero
richiedere quindi una o più riconfigurazioni a carico di
un antennista per permettere ai canali spostati sulle
frequenze filtrate di arrivare fino al TV.
Mi hanno detto che i TV venduti dopo il 2017 sono sicuramente compatibili anche con il livello più evoluto delle nuove trasmissioni. È vero?È molto probabile ma potrebbe non essere sicuro.
Infatti, la legge, prevedendo questo futuro passag-
gio, ha disposto che sin dal gennaio 2017 tutti i TV
venduti ai consumatori finali fossero dotati di tuner
DVB-T2 e compatibili con la codifica HEVC: se i riven-
ditori sono stati onesti, quindi, tutti i TV venduti dal
2017 in poi dovrebbero essere compatibili con questi
standard. Ma l’ipotesi, diventata poi realtà, di trasmet-
tere in HEVC Main10 (ovverosia con codifica a 10 bit)
a quell’epoca non era ancora emersa e quindi sono
stati venduti diversi modelli DVB-T2 HEVC ma non a
10 bit, soprattutto sugli schermi di piccole dimensioni.
Per quanto dicevamo nel paragrafo precedente, que-
ste TV potrebbero comunque continuare a funziona-
re anche da luglio 2022 in avanti, per lo meno fino a
che non inizieranno trasmissioni HEVC Main 10.
Come faccio a sapere se il mio TV supererà i due passaggi previsti dallo switch-off?RAI e Mediaset, su indicazioni del MiSE, da qualche
mese stanno mandando in onda due canali test alle
posizioni 100 e 200 codificati in HEVC a 10 bit.
I TV e i decoder che riescono a visualizzare questi
canali (che poi si sostanziano in un cartello fisso) sono
già compatibili con il massimo livello televisivo che
verrà raggiunto dopo lo switch-off. Gli altri TV sem-
segue a pagina 04
torna al sommario 4
MAGAZINEn.236 / 2125 GENNAIO 2021
plicemente vedono “nero” o più frequentemente non
riescono neppure a sintonizzare i canali sul 100 e
200, che quindi risulteranno non assegnati. In questo
caso, per sapere se i TV coinvolti si spegneranno il
1 settembre 2021 o a giugno 2022 serve un supple-
mento di indagine. Come abbiamo spiegato in altre
risposte, il fatto di non vedere i canali test potrebbe
semplicemente significare che il TV in questione, pur
essendo DVB-T2 e HEVC non è compatibile con le
codifiche a 10 bit: apparecchi di questo tipo potrebbe-
ro andare avanti a funzionare correttamente ancora
per qualche tempo dopo il giugno 2022 (sicuramente
con le principali emittenti nazionali) e quindi avere
una minore urgenza nell’adeguamento.
Sulle specifiche del mio TV trovo DVB-T2 ma non si fa menzione di HEVC: vuol dire che l’apparecchio non sarà adeguato al post-giugno 2022?Non è detto: lo standard HEVC fino a un paio di anni
fa era considerato marginale e in alcuni casi non ve-
niva riportato nella lista delle specifiche tecniche. Esi-
ste anche un certo numero di modelli - numericamen-
te limitato - con tuner DVB-T2 ma senza capacità di
decodifica HEVC. A complicare la situazione, anche
altri modelli nelle cui specifiche è riportato il codec
HEVC, ma che in realtà sono in grado di decodificare
questi contenuti solo in streaming o da hard disk ma
non via antenna.
In cosa consiste il Bonus TV che dovrebbe rendere più morbido il passaggio alle nuove tecnologie televisive?Si tratta di un bonus di 50 euro (massimi) ottenibili
direttamente in fase di acquisto di TV o decoder che
sia DVB-T2 HEVC Main10 a condizione che si abbia
un indicatore del reddito ISEE inferiore ai 20mila euro,
con il limite di un bonus per ogni nucleo familiare.
Per un TV i 50 euro vanno a scontare il prezzo di acqui-
sto, mentre nel caso dei decoder (che generalmente
costano meno di 50 euro) il prodotto risulta gratuito
per gli aventi diritto. Sono stati stanziati in totale 151
milioni di euro per il Bonus TV da consumare entro la
fine del 2022, ma in oltre un anno di operatività è stato
assorbito solo il 10% delle quote disponibili. Per que-
sto motivo è allo studio una revisione dei requisiti di
questo beneficio per far sì che venga allargato a una
platea più ampia di utenti.
Ho sentito che in Finanziaria sono stati stanziati ulteriori 100 milioni per favorire il passaggio ai nuovi TV da parte degli utenti. È vero?Sì, la Finanziaria 2021 ha previsto un ulteriore stanzia-
mento di 100 milioni di euro per stimolare la sostitu-
zione di TV e decoder con modelli attuali compatibili
con le nuove trasmissioni. Il Ministero dello Sviluppo
Economico sta lavorando alla definizione dei meccani-
smi con cui erogare questi ulteriori contributi. Si parla
di accorpare questi fondi a quelli rimanenti dal Bonus
TV per la creazione di un nuovo super bonus allargato
a fasce reddituali più ampie, come anche è stata fatta
l’ipotesi di affiancare al Bonus TV (più o meno modifi-
cato) un processo di rottamazione finanziata dei vec-
chi TV, questa volta aperta a tutti i consumatori. Ma
bisognerà aspettare che vengano stabilite modalità e
procedure, lavoro che porterà via, se va bene, qualche
mese.
Ci saranno problemi a trovare TV e decoder a ridosso delle scadenze di settembre 2021 e giugno 2022?Non ci sono numeri certi sui TV che si spegneranno
nelle due scadenze e neppure si sa quanti di questi
verranno effettivamente rimpiazzati con nuovi TV o af-
fiancati da decoder Si parla, in tutti gli scenari possibili,
di diversi milioni di apparecchi che smetteranno di fun-
segue Da pagina 03
zionare. Il mercato italiano da alcuni anni è stabile attor-
no ai 4 milioni di TV e circa 300mila decoder all’anno
e certamente i numeri coinvolti da questo switch-off
sono enormi rispetto a questi valori. Malgrado i pro-
duttori e i rivenditori stiano ritoccando le proprie stime,
è purtroppo prevedibile che si andrà incontro a mesi
di carenza di prodotto, un po’ come sta succedendo
per i notebook in seguito al lockdown. Anzi, probabil-
mente sarà peggio perché la scadenza unica nazionale
renderà la domanda di prodotti, soprattutto decoder,
ancora più “impulsiva”, tenendo anche conto che le
abitudini italiane sono quelle di non anticipare gli ac-
quisti ma muoversi solo quando succede qualcosa. Da
questo punto di vista il 2021 non si prospetta come un
anno di “saldi” sui TV e certamente la seconda parte
dell’anno e il primo semestre 2022 vedranno momen-
ti in cui non sarà possibile trovare il modello preferito.
In questo senso, sarebbe bene muoversi con qualche
mese di anticipo nell’adeguare il proprio parco TV, per
poter scegliere il modello più adatto alle proprie esi-
genze e cercare un prezzo più conveniente.
La sostituzione del TV o l’aggiunta di decoder DVB-T2 HEVC sono le sole soluzioni per “salvare” dei TV non compatibili?No, ci sono anche altre soluzioni per continuare a ve-
dere i programmi TV che prevedono l’abbandono del
digitale terrestre per passare ad altre forme di trasmis-
sione. La cosa più comoda e immediata per chi ha un
TV con tuner satellitare integrato, è di comprare una
CAM di Tivusat e passare alla ricezione satellitare (ov-
viamente serve una parabola puntata verso HotBird).
Così il TV continua a funzionare ricevendo via satellite
tutti i canali televisivi nazionali, 50 canali in HD e 7 in
4K, oltre che i 23 canali regionali di RAI. E questo sin da
subito, senza aspettare le scadenze del 2022. Ai già
utenti, va ricordato che in queste settimane anche Ti-
vusat sta ponendo in essere un piccolo switch-off: tutte
le trasmissioni stanno via via passando in MPEG4, cosa
che sta mettendo fuori gioco decoder e CAM solo SD.
Anche i clienti di Sky con decoder di nuova genera-
zione sono al riparo da problemi (a patto di vedere
tutto tramite il decoder della pay TV): infatti Sky Q,
che integra il tuner digitale terrestre, è già compati-
bile con le nuove trasmissioni. La visione via Internet
dei canali presenti sul digitale terrestre via smart TV
è invece un po’ più complessa: le app delle emittenti
sono diverse (per “cambiare canale” bisognerebbe
uscire da una ed entrare nell’altra) e non tutti i canali
sono disponibili.
TV E VIDEOO
Switch-off TV, la FAQ completa
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MAGAZINEn.236 / 2125 GENNAIO 2021
di Roberto PEZZALI
“Gentile Utente, Con la presente ti informiamo che siamo venuti a co-noscenza di una possibile violazio-ne dei dati personali (un cosiddetto “data breach”) presenti nel portale “deascuola.it”. Stiamo svolgendo accurate indagini interne, tuttavia non possiamo escludere un even-tuale data breach che potrebbe comportare eventuali furti d’iden-tità, attività di phishing o l’accesso non autorizzato al portale o ad altri siti Internet in cui sono state utiliz-zate le medesime username e pas-sword utilizzate nel portale.
Con questa mail DeAgostini Scuola ha
avvisato alcuni utenti di un possibile
data breach. Facciamo saltare subito il
condizionale: il data breach c’è stato, e
ce lo ha confermato DeAgostini stessa
spiegandoci anche che il Garante della
Privacy è stato avvisato, come richiesto
dalla normativa vigente.
DeAgostini non ci ha voluto specificare
come è successo e quanti utenti sono
stati interessati, tuttavia ha riferito che
riguarda uno dei database e non tutti.
Secondo le nostre fonti, che ci hanno
ricondotto al venditore del “dump”, a
chi sta vendendo sul dark web i dati
sottratti, si tratterebbe di un database
contenente 250.000 combinazioni di
mail e password.
La cosa in assoluto più grave, e la con-
ferma ci arriva direttamente da chi sta
cercando di piazzare il pacchetto ad un
valore assolutamente basso, è la pre-
senza di password in chiaro: nel data-
base che è stato sottratto le password
non erano criptate. Una leggerezza
gravissima, la prima cosa che insegna-
no ad ogni corso di sviluppo web.
Il consiglio che diamo a tutti coloro che
erano registrati al portale “deascuola.it”
è di cambiare subito tutte le password,
anche se non hanno ricevuto la mail. Il
fatto che le password prelevate siano in
chiaro lascia pensare che l’intera infra-
struttura non sia gestita nel migliore dei
modi, e prevenire è meglio che curare.
DeAgostini Scuola si merita sicuramente
un 2 in sicurezza informatica, ma anche
un bel 4 in condotta: se è vero che ha av-
visato gli utenti di un “possibile” data-bre-
ach legato ai loro dati personali, non ha
più fatto sapere nulla anche quando loro
stessi avevano capito che l’intrusione c’è
stata. Il Garante è stato avvisato, gli utenti
sono stati lasciati con il dubbio: nessu-
na mail, nessun messaggio sui social
network, nessun messaggio sul sito.
La pagina di accesso di deascuola.it si
presenta come si presentava il mese
scorso, non un avviso né un avverti-
mento. Come se i dati di 250.000 utenti
iscritti alla piattaforma, incluse le pas-
sword in chiaro, non valgano niente.
Chissà cosa ne pensa il Garante.
MERCATO Il furto di una parte dei dati c’è effettivamente stato, ed è stato segnalato al Garante
DeAgostini Scuola bocciata in sicurezza Violazione dati personali e password in chiaroIntanto pare che, secondo nostre fonti, le password all’interno del database fossero in chiaro
MERCATO L’UE ha chiesto a Google garanzie per l’acquisizione
Fitbit è ufficialmente di Google “Non useremo i dati per le pubblicità”
di Massimiliano DI MARCO
Google ha completato l’acquisizione di Fitbit. L’accordo era stato annunciato a
novembre 2019: la transazione è valsa 2,1 miliardi di dollari. È servito molto
tempo per valutare con attenzione il modo in cui Google tratterà i dati dei
dispositivi di Fitbit, che monitorano vari parametri legati al benessere fisico, come la
frequenza cardiaca e la qualità del sonno.
Il timori di alcuni concorrenti di Google e di attivisti della privacy online, nonché dei re-
golatori, era che la società potesse sfruttare tali informazioni così sensibili per profilare
ancora di più gli utenti. Il giro d’affari della società è basato sulla pubblicità; usa tutti i
dati che raccoglie attraverso i suoi servizi, come Gmail e Android, per poter fornire agli
inserzionisti un bersaglio facile da colpire. L’Unione Europea, in particolare, ha chiesto
a Google diverse garanzie per poter approvare l’acquisizione. Per esempio, ha chiesto
che i dati registrati dai dispositivi Fitbit non vengano usati a fini pubblicitari e che, inol-
tre, altre aziende di terze parti potranno continuare ad avere accesso ai dati di Fitbit
previo il consenso degli utenti. Resterà invariata anche la compatibilità dei dispositivi
Fitbit con iOS. Tali condizioni sono state accettate dalla Commissione Europea alla
fine di dicembre. L’impegno di Google è vincolante, vale dieci anni ed è prolungabile
per ulteriori dieci a giudizio della Commis-
sione Europea in caso in cui “venisse giu-
stificata la necessità per tale estensione”.
“Questo accordo ha sempre riguardato i
dispositivi, non i dati, e abbiamo chiarito
fin dall’inizio che proteggeremo la pri-
vacy degli utenti di Fitbit” ha sottolineato
Rick Osterloh, vicepresidente senior della
divisione Devices & Services di Google.
LG potrebbe annunciare la chiusura della divisione smartphone. Ha perso 4.5 miliardi di dollari in 5 anniA dirlo è direttamente il CEO Kwon Bong-seok: le perdite sono eccessive e il mercato diventa sempre più competitivo. Sul tavolo ci sono diverse ipotesi, dalla chiusura alla vendita della divisione di Roberto PEZZALI
I numeri sono chiari: nel terzo tri-mestre del 2020 LG ha spedito (non venduto) 6.5 milioni di smar-tphone, con una quota di mercato vicina al 2%. Poco se ti chiami LG Electronics, e sei tra le più grosse aziende al mondo di elettronica di consumo. Negli ultimi cinque anni è sempre andata peggio, con la divisione mobile che ha perso 4.5 miliardi di dollari. Il CEO Kwon Bong-seok ha inviato un messag-gio ai dipendenti spiegando che ci sarebbe stato un cambiamento importante nella divisione smar-tphone. “Poiché la concorrenza nel mercato globale dei disposi-tivi mobili sta diventando sempre più agguerrita, è giunto il momen-to per LG di esprimere un giudi-zio freddo e capire quale sia la scelta migliore per l’azienda - ha scritto il CEO - LG sta valutando tutte le misure possibili, inclusa la vendita, la chiusura e il ridimen-sionamento del business degli smartphone”.Secondo i media locali una deci-sione dovrebbe arrivare presto, con uno statement ufficiale.
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MAGAZINEn.236 / 2125 GENNAIO 2021
I test di nPerf premiano Fastweb: “Miglior rete fissa in Italia”La rete fissa di Fastweb è la più performante in Italia, secondo i test di nPerf. I risultati sono basati su 2,4 milioni di test: gli utenti possono scaricare l’app di nPerf sul proprio dispositivo iOS o Android; l’insieme degli utenti compone lo studio. A questi si aggiungono i test di velocità integrati sui siti Internet che collaborano con nPerf. Fastweb ha raggiunto i risultati migliori nei test di velocità di upload e di latenza prendendo in considerazione tutte le tecnologie di rete fissa: 32,56 Mbit/s e 35,73 ms rispettivamente. Per velocità di download la migliore, in questo test, è stata WindTre con 80,59 Mbit/s, seguita da Fastweb (78,72 Mb/s), Vodafone (66,14 Mb/s) e TIM (56,19 Mb/s). Eolo, Linkem e Tiscali non sono stati inclusi nelle statistiche a causa dei pochi test eseguiti dagli utenti nPerf in questi operatori. Nel 2020, la velocità media di download in Italia è stata di 67 Mb/s; quella di upload di 23 Mb/s e la latenza media di 39 ms.
Estratto dai quotidiani onlinewww.DDAY.it
Registrazione Tribunale di Milanon. 416 del 28 settembre 2009
e
www.DMOVE.itRegistrazione Tribunale di Milano
n. 308 del’8 novembre 2017
direttore responsabileGianfranco Giardina
editingMaria Chiara Candiago
EditoreScripta Manent Servizi Editoriali srl
via Gallarate, 76 - 20151 MilanoP.I. 11967100154
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MAGAZINE
MAGAZINE
di Roberto PEZZALI
Il nuovo CEO di Intel, fresco di nomina,
ha già le idee chiare. Intel dovrà diven-
tare quello che non è stata negli ultimi
anni. Pat Gelsinger torna in Intel dopo tan-
ti anni, e si trova per la prima volta a dover
gestire una situazione particolare, quella
dove l’azienda più grande al mondo nel
campo dei processori per PC ha di fron-
te una concorrenza davvero agguerrita.
Non solo da parte di AMD, ma anche da
parte di Apple che con il processore M1
ha in un solo colpo tolto a Intel lavoro, era
un partner strategico, e ha dimostrato di
saper far meglio in termini di prestazioni
di quanto fatto da Intel stesso.
È proprio Apple la prima azienda che Pat
Gelsinger ha messo nel mirino: nel corso
di un’intervista concessa ad un quotidia-
no locale dell’Oregon, ad Hillsboro c’è il
più grosso centro di ricerca mondiale di
Intel, Gelsinger ha detto
che “Intel deve essere
in grado di realizzare
per il mercato dei com-
puter prodotti migliori
di ogni prodotto realiz-
zato da quella lifestyle
company che ha sede a
Cupertino”. Nonostante
Apple abbia comuni-
cato che l’intenzione è
di andare avanti anche
con Intel per un periodo
di transizione, è chiaro che tra qualche
anno Apple sarà totalmente autonoma.
Ad Intel resta il mercato PC, e qui negli
ultimi anni AMD è stata una dolorosa
spina nel fianco: sotto la guida di Lisa Su
ha saputo sfornare prodotti competitivi
nei prezzi e nelle prestazioni andando a
toccare prima il mercato dei notebook e
poi, con gli ultimi Zen 3, anche il mercato
gaming, da sempre territorio di Intel.
Pat Gelsinger, che al momento è al ti-
mone di VMWare, si insedierà a metà
febbraio e tra le prime decisioni sul
banco c’è l’outsourcing di parte della
produzione a TSMC. L’obiettivo è libe-
rare infatti le linee per far decollare la
produzione a 10 nanometri e preparare
il salto verso la 7 nanometri.
MERCATO Pat Gelsinger, il nuovo CEO di Intel, ha dichiarato che” Intel deve fare molto di più”
Il nuovo CEO di Intel ha le idee molto chiare “Dobbiamo fare CPU migliori di Cupertino” È chiaro che tra qualche anno Apple sarà totalmente autonoma. Ad Intel resta il mercato PC
di Roberto PEZZALI
Sky Wi-fi è finalmente disponibile
anche per tutti i clienti Sky che non
vivono in una città connessa da una
rete in fibra FTTH.
Lo ha annunciato Sky, spiegando che
grazie ad un accordo wholesale firmato
con Fastweb è ora in grado di connet-
tere anche le famiglie nelle aree dove
Open Fiber non arriva, sfruttando ovvia-
mente l’ultimo miglio in rame. L’accordo
porta così Sky Wifi in oltre 1500 città e
grandi comuni e copre la quasi totalità
dei capoluoghi di provincia italiani tra
cui Trieste, Trento, Lodi, Rimini, Mas-
sa, Viterbo, Avellino e Trani. L’aggiunta
dell’offerta FTTC, oltre a quella già pre-
sente FTTH, permette a Sky di ampliare
la copertura di molte città già coperte,
come Roma e Firenze Ovviamente, la
fibra vera è solo quella FTTH con velo-
cità di 1 Gbps, tuttavia oggi molte zone
non sono coperte dalla vera fibra e Sky
è voluta andare incontro ai clienti che
volevano una offerta convergente, TV e
MERCATO L’offerta di connettività di Sky ha triplicato la sua copertura sul territorio nazionale
Sky Wi-fi, con l’FTTC salgono a 1500 le città connesseGrazie all’accordo wholesale con Fastweb Sky Wifi è disponibile in oltre 1500 città e grandi comuni
internet tutti forniti dallo
stesso operatore.
Ma non tutte le FTTC
sono uguali. Sky infatti
anche per l’FTTC utilizza
la sua nuova rete core
con la CDN per i conte-
nuti, e nella sua rete ha
10 punti di interconnes-
sione con la rete Fastweb. Sky è stata poi
molto attenta a selezionare le città e le
zone: usa infatti la rete Fastweb (e TIM
nelle zone dove Fastweb si appoggia a
TIM) ma si è garantita la banda piena fino
al cabinet. In pratica ha scelto di connet-
tere solo quelle zone dove era sicura di
riuscire ad avere velocità buone, quella
parte di FTTC “pregiata”. Secondo i test
effettuati su alcuni clienti la banda media
di Sky Wi-fi, con connessione FTTC, è di
80 Mbps proprio perché sul singolo ar-
madio i clienti Sky Wi-fi hanno accesso
ad una quantità di banda pre-allocata
da Sky e sovradimensionata. Resta sem-
pre la variabile ultimo miglio: la distanza
dall’armadio e la qualità del doppino sono
variabili fuori dal controllo degli operatori.
Sky offre, a chi non è ancora cliente, Sky
Wi-fi insieme a Sky Q in versione senza
parabola: è confidente sul fatto che il ser-
vizio pay TV possa funzionare bene solo
utilizzando la connettività IP, ad ogni ora
del giorno. Tipo di connettività a parte, re-
sta valida tutta l’offerta di Sky Wi-fi fino ad
oggi, dallo Sky Wifi Hub basato sulla tec-
nologia di distribuzione e gestione della
banda di Comcast. Ricordiamo che Sky
Wi-fi al momento è offerta solo ai clienti
Sky: chi non è cliente deve acquistare un
pacchetto che prevede anche la pay TV.
Non è possibile avere la sola connettività.
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MAGAZINEn.236 / 2125 GENNAIO 2021
di Roberto PEZZALI
Samsung ha finalmente annunciato la serie Galaxy
S21. Li abbiamo visti in mille salse in questi ulti-
mi mesi: abbiamo visto le foto, abbiamo letto le
caratteristiche tecniche, mancavano all’appello solo i
prezzi e la proposta di acquisto. Ci teniamo però a in-
quadrare questo Galaxy S21, o meglio questi tre Galaxy
S21: il top di gamma Samsung, solitamente previsto per
aprile, quest’anno arriva prima. Una decisione strategica
per Samsung, quasi una voglia di voler cancellare Gala-
xy S20 e i suoi numeri non troppo positivi.
Con una uscita a gennaio Samsung anticipa le mosse
dei produttori cinesi, che sono pronti a invadere il mer-
cato con i top di gamma basati sullo Snapdragon 888, e
si prende tre mesi in più per fare con Galaxy S21 i nume-
ri che non ha fatto con Galaxy S20.
La fascia premium, lo sappiamo bene, è sempre più
difficile da vendere ed è sempre più difficile fare gli
stessi numeri che si facevano negli anni scorsi: oggi un
Samsung Galaxy S20 FE, l’unico uscito con il buco della
serie S20, è uno smartphone eccellente capace di sod-
disfare la quasi totalità delle persone e costa la metà di
quanto costava un S20 al lancio.
La serie S21 non è né dirompente né rivoluzionaria: non
porta in dote display con tecnologie nuove, non ha so-
luzioni inedite, è un Galaxy S20 Mark II, come si è solito
dire nel mondo della fotografia. Ogni singolo punto è
stato rivisto e migliorato, ma non stravolto.
La voglia di Samsung nel cancellare il Galaxy S20 si
vede anche dalla scelta di non venderlo più: l’unico S20
che resterà in gamma sarà il Galaxy S20 FE: tutti gli altri
spariranno dagli scaffali e non verranno riposizionati nel
prezzo.
Con Galaxy S21 Samsung ha aggiunto (tanto) ma ha
anche tolto: sparisce infatti l’espansione di memoria da
tutti e tre i modelli, ed è per questo che Galaxy S21 Ultra
viene venduto in tre diverse configurazioni da 128 GB,
256 GB e 512 GB di storage, sparisce il caricabatterie
dalla confezione e viene abbassata la risoluzione del
display nei modelli S21 e S21, che passa da Quad HD
a Full HD. Una scelta, questa, che aiuterà sicuramente
a migliorare l’autonomia, uno dei talloni di Achille del
modello precedente.
I cambiamenti sono tanti, e riguardano prima di tutto il
design: Samsung ha ridotto la cornici, ha appiattito gli
schermi e ha rivisto il blocco delle fotocamere che final-
mente riesce a differenziarsi dalla massa.
Il monoblocco in alluminio può non piacere, ma almeno
è un tratto distintivo. Il retro è in vetro per tutti i modelli
eccetto per S21 liscio: ha un retro in materiale “glastic”,
plastica trattata per apparire vetro. La scelta farà storce-
re il naso a qualcuno, ma li abbiamo toccati e la differen-
za non si sente, anzi, siamo sicuri che sia più resistente
alle cadute il modello il plastica di quello in vetro.
Tutti i modelli sono 5G e hanno all’interno anche le an-
tenne per il 5G mmWave, che però è disattivato tramite
firmware: se servirà il supporto a questo tipo di banda
verrà abilitato in futuro. Il processore per l’Europa sarà il
nuovo Exynos 2100 a 5 nanometri, con 8 GB di RAM per
i due modelli di base e 12 GB per l’Ultra, che diventano
16 GB per la versione da 512 GB di storage.
Cosa cambia tra i tre modelli? Prima di tutto lo schermo:
S21 avrà uno schermo completamente piatto da 6.2”,
S21+ uno schermo da 6.7” sempre piatto ma con una
accennata curva ai bordi che non interessa però il pan-
nello, mentre S21 Ultra avrà uno schermo da 6.8” leg-
germente curvo, ma è solo una questione di grip.
I pannelli sono tutti AMOLED Wide Color con refresh
rate variabile, ma quello della versione Ultra è un AMO-
LED LTPS che può andare da 120 Hz scendendo fino a
10 Hz di refresh, consumando pochissimo. Questo pan-
nello permette di gestire in modo dinamico risoluzione
e refresh, e l’utente può scegliere anche di tenere la ri-
soluzione massima e il refresh rate massimo, 120 Hz. Mi-
gliora anche la luminosità di picco, 1500 nits sulla carta.
Il pannello di S21 ultra dispone anche di strato digitaliz-
zatore per la compatibilità con S Pen: S21 Ultra sarà per
la prima volta compatibile con la penna che però è ven-
duta a parte. E’ una penna con 4096 livelli di pressione,
ma non è bluetooth e non ha bisogno di ricarica.
Cambiando la dimensione dello schermo, cambia anche
la batteria: 4000 mAh sul piccolo, 4800 mAh sul Plus e
5000 mAh sul modello Ultra.
Un’altra differenza è rappresentata dalla presenza del
modulo di comunicazione Ultra Wide Bandwith su S21
Plus e su S21 Ultra: servirà per utilizzare lo smartphone
come chiave per le auto compatibili, o per cercare i nuo-
vi Samsung Galaxy Smart Tag in modalità UWB, quindi
in modo più preciso.
Gli Smart Tag sono piccoli accessori che Samsung ha
annunciato con la serie S21: uno verrà dato in omaggio
con lo smartphone a chi lo acquista nel periodo di lan-
cio, gli altri potranno essere comprati a 34.90 euro.
Siamo davanti a piccoli localizzatori per oggetti, come le
chiavi, e Samsung ne venderà due modelli: un modello
bluetooth (quello dato in omaggio) compatibile con tut-
ti gli smartphone e un modello bluetooth e Ultra Wide
Bandwidth che se usato con S21 Plus e S21 Ultra sarà
molto più preciso. Se infatti il modello bluetooth ci indi-
cherà la prossimità di un tracker, permettendoci di capi-
re in che zona abbiamo lasciato le chiavi, il modello Ultra
Wide Bandwidth usando la realtà aumentata e con una
freccia ci indicherà esattamente dove andare a cercare,
con precisione di pochi centimetri.
Passiamo infine alle fotocamere: saranno tre sui due
modelli S21 e S21+ e quattro sul modello S21 Ultra. Sam-
segue a pagina 08
MOBILE Samsung ha lanciato il nuovo Galaxy S21: tre modelli di fascia alta interamente rivisti nel design e nelle caratteristiche
Galaxy S21 5G: nuovo design, nuovo processore E un sensore fotografico innovativo sul modello topPrezzo più basso e compatibilità con la penna per il modello top. Annunciato il nuovo sensore Isocell HM3 sul top di gamma E nell’editor c’è una funzione, per ora sperimentale, che permette di rimuovere con un tocco gli oggetti indesiderati dalle foto
torna al sommario 8
MAGAZINEn.236 / 2125 GENNAIO 2021
MOBILE
Galaxy S21segue Da pagina 07
sung è intervenuta anche qui per risolvere i problemi
che aveva avuto con S20, primo tra tutti la gestione della
messa a fuoco problematica. Ha abbandonato la messa
a fuoco a ricerca di fase e il sensore ToF e ha adottato
un sensore di messa a fuoco laser ma, più importante,
ha usato sensori dual pixel sui tele, molto più efficienti in
ambito video per la messa a fuoco continua. Su Galaxy
S21 e Galaxy S21+ le fotocamere sono da 12 megapixel
la principale, 12 megapixel la ultra wide e 64 megapixel
quella tele, usata anche per i video 8K.
Su Galaxy S21 Ultra resta il sensore da 108 megapixel
con possibilità di scatto in RAW a 12 bit, c’è il super wide
da 12 megapixel ma il tele viene sdoppiato: due sensori
da 10 megapixel vengono usati per un medio tele 3x e
un lungo tele 10x. Sul fronte video, oltre all’8K, segnalia-
mo la possibilità per la prima volta di registrare in 4K a
60 fps con tutti gli obiettivi. Alla base di tutta la serie c’è il
classico dna Galaxy: c’è Knox per la sicurezza, c’è il sen-
sore ultrasonico sotto lo schermo, c’è la ricarica wireless
anche inversa e c’è la certificazione waterproof. Il siste-
ma operativo sarà Android 11 con Samsung One UI 3.1.
Samsung Galaxy S21 sarà in vendita subito nelle tre co-
lorazioni Phantom Titanium, Phantom Navy e Phantom
Brown e non ci sarà pre-order. Al posto di legare una
particolare promozione al pre-order Samsung ha deciso
di legarla alla vendita fino al 28 di gennaio un Galaxy S21
avranno in omaggio un Galaxy Smart Tag e le Galaxy
Buds Live nel caso di S21 e S21+ e un Galaxy Smart Tag
e le nuove Galaxy Buds Pro nel caso di S21 Ultra.
Galaxy S21 5G nella versione da 8GB e 128GB verrà
venduto ad un prezzo consigliato di 879 euro mentre
nella versione da 8GB e 256GB costerà 929 euro. Per
Galaxy S21+ 5G nella versione da 8GB e 128GB servi-
ranno 1.079 euro mentre per il modello da 8GB e 256GB
1129 euro. Galaxy S21 Ultra partirà da 1279 euro nella
versione da 12 GB e 128 GB, per arrivare a 1329 euro in
quella da 12 GB e 256GB e a 1459 euro per il modello
più carrozzato, 16 GB di RAM e 512 GB di storage. Costa
di meno di S20.
C’è un però: tutti potranno usare uno sconto immediato
di 100 euro: visitando il sito della promo si potrà scarica-
re un voucher che offrirà lo sconto immediato, e sarà cu-
mulabile anche con il reso di uno smartphone che verrà
valutato fino a 409 euro, valutazione data da Samsung
all’iPhone 12 Pro Max. Restituendo un Galaxy S20 la va-
lutazione è di 200 euro circa.
Video e prime impressioniAbbiamo avuto modo di toccare con mano i tre nuovi
modelli di Samsung Galaxy S21, in attesa di una prova
approfondita del modello Ultra. Eravamo curiosi di per-
cepire la differenza di materiali tra S21 e S21+ S21 Ultra,
ricordiamo che il retro del primo è in plastica mentre gli
altri due sono in vetro, tuttavia non è facile, sembrano
davvero simili.
La finitura opaca aiuta a rendere tutti e tre i colori molto
più belli. Il nero è meraviglioso, il silver anche ma for-
se quello più particolare è il viola. Dal vivo rende molto
meglio che in foto. S20 liscio ha dimensioni perfette: lo
schermo piatto si usa che è una meraviglia, in mano sta
davvero bene, ha un buon grip ed è davvero leggero.
S21 Ultra è grande e pesante: non è troppo diverso da
un iPhone 12 Pro Max come dimensioni e peso, ma chi
vuole usarlo con S Pen deve calcolare anche la custo-
dia, che lo rende un po’ troppo largo nella presa ren-
dendo difficile il grip. Ottimo come sempre il display:
Samsung ha saggiamente scelto di limitare la risolu-
zione su S21 e S21+: su S21 la scelta è assolutamente
sensata, la batteria è piccola, 4000 mAh, e uno schermo
QHD era assolutamente sprecato. Osservato da vicino
lo schermo si mostra luminoso, compatto, con un ottimo
filtro antiriflesso e una notevole dinamica. Sul S21+ forse
ci stava uno schermo con risoluzione maggiore: la diffe-
renza in termini di nitidezza, se si confrontano i 6.7” FHD
di S21+ e i 6.8” QHD di S21 Ultra, si percepisce.
Tutti i dettagli sulle fotocamereLa fotografia resta uno dei motivi di acquisto di uno
smartphone. La serie Galaxy S è da sempre una delle
serie più apprezzate quando si tratta di scegliere uno
smartphone top che faccia anche ottime foto, e se fino
al Galaxy S10 Samsung aveva tenuto un approccio più
tradizionale, con sensori a risoluzione bassa ma di gran-
di dimensioni, con S20 lo scorso anno ha inserito diversi
elementi che avevano turbato un equilibrio che durava
da anni. L’aggiunta del super sensore da 108 megapixel
ha creato qualche grattacapo sulla messa a fuoco, e allo
stesso tempo il tele periscopico con sensore da 48 me-
gapixel non ha saputo, prove alla mano, offrire una resa
paragonabile a quella di obiettivi simili usati da Huawei
sui suoi flagship.
Samsung cambia, più nel software forse che nell’har-
dware, e anche se non cambia moltissimo ci sono co-
munque diverse migliorie. Partiamo dal Galaxy S21 Ultra,
che usa una configurazione a quattro fotocamere con
un doppio tele obiettivo.
Il sensore Ultra Wide, un 12 megapixel con pixel da 1.4
micrometri, è un sensore molto veloce dual pixel capace
anche di registrare in 4K a 60 fps. Non un sensore nuo-
vissimo, è stato usato in passato anche da altri Galaxy,
ma comunque un buon sensore da 1/2.56”. L’apertura
non cambia, è sempre F2.2.
Il reparto tele è curioso: Samsung lo ha sdoppiato per-
ché utilizzando il solo obiettivo a periscopio avrebbe do-
vuto coprire tutte le focali intermedie utilizzando il sen-
sore da 108 megapixel: l’aggiunta di un ottica 3x fissa
inserisce un passo intermedio.
I due tele sono entrambi da 10 megapixel, sono en-
trambi stabilizzati e condividono lo stesso sensore dual
pixel ma non la stessa ottica. Sul medio tele c’è un 3x
equivalente ad un 72 mm F2.4, sul tele 10x c’è un’ottica
periscopica 10x da 240 mm.Il sensore dietro queste ot-
tiche, dati alla mano, ha pixel da 1.22 µm e tutto sembra
ricondurre al Sony IMX374 che Samsung ha usato come
sensore per la fotocamera anteriore su diversi modelli
passati. È un sensore da 1/3.2”, molto più piccolo di quel-
lo da 48 megapixel usato lo scorso anno sul Galaxy S20:
la riduzione delle dimensioni del sensore ha aumentato
la focale equivalente del periscopio. L’obiettivo è anche
più buio: F4.9 contro gli F3.5 di Galaxy S20. La differen-
za fisica dovrebbe essere tuttavia compensata dai nuovi
algoritmi dello space zoom. Galaxy S21 e Galaxy S21
Plus hanno invece la stessa identica configurazione di
fotocamere di Galaxy Note 20: la Ultra Wide è la stessa
del modello Ultra, mentre la principale è una 12 mega-
pixel dual pixel F1.8 con pixel da 1,8µm che Samsung ha
usato anche sul Galaxy S20 FE.
Secondo Samsung, il Galaxy S21 Ultra ha il sensore fotografico più innovativo mai prodotto. Vi spieghiamo perchèIl sensore di S21 Ultra non è tra quelli sul catalogo, è il
nuovo Isocell HM3. Samsung ha annunciato il nuovo
sensore e le sue caratteristiche il giorno successivo al
lancio di S21, scelta alquanto strana: la fotografia è uno
segue a pagina 09
Samsung Galaxy S21Anteprima video
lab
video
torna al sommario 9
MAGAZINEn.236 / 2125 GENNAIO 2021
TEST
Galaxy S21 5Gsegue Da pagina 08
dei punti di forza di Galaxy S21 Ultra e raccontare il nuo-
vo sensore avrebbe aiutato a far capire il tipo di miglio-
ramento che ci si può aspettare dalla fotocamera del
nuovo flagship. La scelta, fatta lo scorso anno, di puntare
su un sensore da 108 megapixel poteva apparire azzar-
data, ma Samsung aveva una esigenza: permettere a
S20 di registrare video in 8K. Questo perché la strategia
dell’azienda, sul fronte TV, è quella di spingere i conte-
nuti 8K e lo smartphone top di gamma doveva essere in
grado di registrare video a 33 megapixel.
Samsung ha dovuto quindi abbandonare il classico sen-
sore da 12 megapixel dual pixel che sapeva gestire in
modo praticamente perfetto e ha dovuto ripiegare su
un sensore con una risoluzione più alta. Samsung aveva
anche un’altra necessità: l’adozione di un tele a perisco-
pio, quindi con una focale più spinta, richiedeva la ge-
stione di tutte le focali intermedie tramite interpolazione
e un sensore ad alta risoluzione avrebbe fatto comodo.
La scelta è caduta così sul sensore da 108 megapixel
HM1, e questa scelta ha comportato vantaggi e svan-
taggi. Tra i vantaggi la risoluzione elevata e la flessibilità
nel gestire l’ingrandimento tramite crop, tra gli svantaggi
un rolling shutter evidente in fase di ripresa video e una
messa a fuoco lenta e imprecisa, non è un sensore dual
pixel. Samsung su Galaxy S21 Ultra non poteva torna-
re indietro ai 12 megapixel, e si è vista costretta a fare
un sensore totalmente nuovo che in qualche modo an-
dasse a tamponare le mancanze e i difetti della prima
versione. Nasce così il nuovo HM3, apparentemente
identico all’HM1 ma profondamente diverso. L’HM3 ha
sempre 108 megapixel, è sempre da 1/1.33” e ha sempre
pixel da 0.8µm, ma rispetto all’HM1 e all’HMX usato da
Xiaomi è stato interamente rivisto sia nella parte ottica
sia nella parte elettronica.
Per la parte ottica il cambiamento più evidente riguarda
l’aggiunta di lenti particolari davanti ai pixel di messa a
fuoco: Samsung non è riuscita a fare un sensore dual
pixel, dove ogni pixel è diviso in due fotorecettori, e ha
così dovuto lavorare sulla messa a fuoco ibrida fase /
contrasto migliorando la definizione dei pixel di fase. Su
108 milioni di pixel infatti una percentuale di fotoricetto-
ri viene usata solo ed esclusivamente per catturare le
informazioni di messa a fuoco, e davanti a questi fotore-
cettori Samsung ha montato lenti particolari diverse da
quelle montate davanti ai pixel che invece catturano la
luce per poi trasformarla in immagini. Questo dovrebbe
migliorare la resa della messa a fuoco, soprattutto in
modalità video, avvicinandola a quella di un dual pixel.
Non ci possiamo aspettare la resa di un dual pixel, ma
con il nuovo Super PD Plus, questo il nome della tecno-
logia, e con il sensore di messa a fuoco laser montato
sul retro la lentezza e l’imprecisione di S20 dovrebbero
essere un ricordo. La maggior parte dei miglioramenti
riguardano però la parte elettronica: i nuovi convertitori
abilitano il supporto alla cattura a 12 bit, ovviamente limi-
tata ai file RAW, e soprattutto è presente una circuitazio-
ne a doppia conversione che permette di catturare ogni
foto a due valori differenti di sensibilità nativa.
Samsung la chiama Smart ISO Pro e dovrebbe essere
simile alla tecnologia usata da Panasonic sulle nuove
mirrorless: ogni segnale viene convertito a due diversi
livelli contemporaneamente, in fase di cattura, e le due
immagini vengono unite direttamente a livello di sen-
sore. Secondo Samsung l’uso di questa tecnica evita
di ricorrere a soluzioni software come la fusione di più
foto, limitando quindi il motion blur. Una foto catturata
dall’HM3 ha una gamma dinamica di tre volte superiore
a quella catturata dall’HM1. Sempre nel sensore ci sono
altre due migliorie che aiutano sulle foto con poca luce:
la prima è una nuova modalità “low noise” che aumenta
la sensibilità del 50%, e la seconda è la gestione har-
dware del pixel binning. Il pixel binning è quella soluzio-
ne scelta da molti produttori per accorpare i dati di più
pixel aumentando la sensibilità: il sensore da 108 mega-
pixel del Galaxy S21 può lavorare a 108 megapixel o a
12 megapixel, accorpando i pixel a gruppi di nove. Sam-
sung sul nuovo HM3 la gestione della modalità binning
viene gestita da un nuovo modulo hardware nel senso-
re stesso che permette anche il passaggio fluido da 12
megapixel a 108 megapixel. Secondo Samsung oltre ad
un netto miglioramento della qualità fotografica, sia sulla
gamma dinamica sia sulla resa con poca luce, il nuovo
sensore consuma anche il 6.5% in meno quando è acce-
so e siamo in modalità “preview”.
La vera rivoluzione è la gomma oggetti: con un tocco via gli intrusi dalle fotoIl nuovo Galaxy S21 ha un segreto nascosto all’interno
dell’editor della fotocamera che potrebbe cambiare
la vita di molti utenti. Esiste infatti una funzione, al mo-
mento sperimentale, che permette di rimuovere con un
tocco gli oggetti indesiderati dalle foto. Può sembrare
una cosa da poco, esistono già applicazioni che lo fan-
no, tuttavia il fatto di averla all’interno dello smartphone,
direttamente nell’editor integrato, è una comodità unica.
L’eliminazione di un oggetto indesiderato dalla foto è
uno dei problemi più difficili da affrontare per chi non ha
troppa confidenza con le app di fotoritocco: il traliccio
con i cavi della tensione, la panchina, la persona in se-
condo piano, basta davvero poco per rovinare lo scatto
perfetto. Alzi la mano chi non ha nel rullino fotografico
foto rovinate da un intruso, che per pigrizia o perché non
si ha voglia di spostare la foto sul desktop è ancora li,
non è stato rimosso. La soluzione proposta da Samsung
è di una semplicità disarmante: utilizza il machine lear-
ning per identificare gli oggetti, con la stessa tecnica di
segmentazione che permette alla fotocamera di gestire
diverse zone della foto, e basta toccare l’oggetto che
si desidera rimuovere per selezionarlo. Un altro click, si
cancella, e l’intruso viene eliminato. Vale per le persone
o per gli elementi artificiali o naturali, non c’è differenza:
se c’è contrasto l’oggetto viene selezionato. Si possono
anche selezionare più elementi insieme. Lo smartpho-
ne cerca di riempire lo spazio restante nel migliore dei
modi, un po’ come viene fatto da Photoshop con la fun-
zione “content aware fill”. Qui sotto alcuni esempi su
fotografie scattate in precedenza e non con il Galaxy
S21: la funzione funziona su tutte le foto, anche su quel-
le vecchie. Si tratta di una funzione sperimentale, che
si appoggia ad un modello IA ancora da perfezionare,
tuttavia funziona già più che bene.
Non possiamo ovviamente aspettarci lo stesso risultato
di Photoshop, ma per una foto da pubblicare su Insta-
gram o su Facebook questa funzione è utilissima. Anzi,
se guardiamo all’uso tipico di uno smartphone, dove la
maggior parte delle foto vengono usate per la condivi-
sione tra amici e sui social, il fatto di poter rimuovere in
pochi secondi un particolare sgradito è anche più impor-
tante dei megapixel, dello zoom e di altre funzioni che
sul piccolo schermo difficilmente si riescono ad apprez-
zare. Al momento c’è solo su Samsung Galaxy S21, ma
Samsung la porterà anche su altri modelli.
Esiste una funzione, al momento sperimentale, che permette di rimuovere con un tocco gli ogget-ti indesiderati dalle foto.
torna al sommario 10
MAGAZINEn.236 / 2125 GENNAIO 2021
di Roberto PEZZALI
Lo scorso anno il Galaxy S20 Ultra ha fatto regi-
strare prestazioni assolutamente insoddisfacenti
quando si è trattato di misurare l’autonomia reale:
con il nostro test di laboratorio bastavano circa 7 ore
per prosciugare la batteria da 5000 mAh, troppo poco.
Tutti gli indizi portavano ad un colpevole: il processore
Exynos, eccessivamente energivoro ma soprattutto con
una spiccata predisposizione al surriscaldamento, che
come sappiamo porta al throttling e ad una riduzione
delle prestazioni. Quest’anno dentro al Galaxy S21 Ul-
tra c’è ancora un processore Samsung Exynos, ma è
il nuovo modello 2100 che, secondo Samsung, è stato
totalmente rivisto e non ha più i problemi di surriscalda-
mento e prestazioni della versione precedente.
Lo diciamo subito: Samsung ha ragione, perché il test di
batteria del nuovo Samsung Galaxy S21 Ultra fa segna-
re un risultato di tutto rispetto.
Ricordiamo che il nostro test di basa su una procedura
guidata ben precisa, e abbiamo ripetuto più volte il test
sullo stesso smartphone ottenendo lo stesso risultato:
è ripetibile, rigido nei requisiti e assolutamente fedele a
quello che è poi un uso reale.
Per il Galaxy S21 Ultra dobbiamo fare due precisazioni:
solitamente misuriamo gli smartphone in modalità “out
of the box” ma in questo caso ci sono due parametri che
per gli utenti possono essere interessanti: la frequenza
di refresh variabile, che arriva a 120 Hz, e lo schermo
che può essere gestito con un rendering FHD+ o QHD+.
Abbiamo scelto di fare il test più pesante, quello della
modalità “heavy”, usando sia il QHD+ sia i 120 Hz e con
la connettività 5G, quindi il risultato che vedete qui sotto
è la condizione in assoluto peggiore. Il 5G consuma un
po’ di più del 4G, i 120 Hz consumano più dei 60 Hz
e il QHD+ consuma di più del FHD+. La seconda pre-
cisazione riguarda il nostro test: la procedura è ovvia-
mente identica e invariata, tuttavia abbiamo aggiornato
il videogioco utilizzato. La nuova versione che il nostro
partner tecnico ci ha fornito ha il frame rate sbloccato,
quindi se fino ad oggi gli smartphone con display a 120
MOBILE S20 era un vero disastro quando si è trattato di misurare l’autonomia reale della batteria: per fortuna S21 si riscatta appieno
Galaxy S21 Ultra, quanto dura davvero la batteriaDentro al Galaxy S21 Ultra c’è il nuovo processore Samsung Exynos 2100, totalmente rivisto. Ecco il test di laboratorio
Hz li abbiamo sempre misurati con un videogioco che
arrivava al massimo a 60 fps, con Galaxy S21 per la
prima volta nel caso di schermo a 120 Hz il videogioco
viene eseguito a 120 fps. E nel grafico di framerate, pub-
bicato sotto, si vede chiaramente come non ci siano più
i problemi che invece avevamo visto su S20. Veniamo
subito alla scheda riassuntiva dei risultati, per poi appro-
fondire i due differenti scenari.
DDay Heavy, 8 ore e 40 minutiIl risultato nella modalità “massacrante” è assolutamen-
te buono. Come abbiamo scritto prima questo valore
si riferisce alla condizione peggiore possibile: refresh
rate a 120 Hz, connettività 5G e risoluzione QuadHD+.
Il passaggio al 4G aumenta l’autonomia di circa 30 mi-
nuti, neppure troppo, mentre l’aumento, disattivando i
segue a pagina 11
1 2
DDAY HEAVY
torna al sommario 11
MAGAZINEn.236 / 2125 GENNAIO 2021
120 Hz e modificando la risoluzione non è facilmente
quantificabile perché tutto dipende dall’utilizzo. Chi usa
molto lo smartphone per giocare riducendo risoluzione
e refresh avrà un grande vantaggio in termini di rispar-
mio energetico, chi invece lo usa inviare messaggi su
Whatsapp e leggere le mail avrà comunque un benefi-
cio, ma sarà meno evidente. Lo stesso test DDay Hea-
vy, fatto però in 4G / FHD e a 60 Hz fa registrare 9 ore
e 37 minuti. Nella foto 1 vediamo la curva di scarica
della batteria, e nella foto 2 l’assorbimento del daispo-
sitivo. Come si può vedere, Samsung avrebbe potuto
guadagnare qualcosa sull’autonomia se il Galaxy S21,
in stand by, avesse avuto un consumo quasi nullo. Tut-
tavia anche in sTand-by un assorbimento leggero c’è,
questo perché Samsung ha bisogno di tenere attivi
molti servizi, anche a supporto del suo ecosistema.
Non è comunque un problema. La temperatura è re-
lativamente bassa, non si passano mai i 35°. Rispetto
al Galaxy S20 siamo su un altro livello. Nonostante il
TEST
Galaxy S21 Ultra, durata della batteriasegue Da pagina 10
Qui sopra, ottimo anche il grafico relativo alla parte gaming: zero throttling, fps costanti in tutte le sessioni e come si può vedere si raggiungono senza problemi i 100 fps alla massima risoluzione di rende-ring. Con lo schermo che segue a 100 Hz.
Dalle diverse curve qui sopra si può vedere come lo smar-tphone resti anche molto più fresco durante la misurazione attestandosi sui 30 gradi.
nostro gioco fosse ancora nella versione bloccata a 60
fps, quindi con lo schermo a 60 Hz, il telefono dopo un
paio di cicli scaldava e iniziava a perdere vistosamente
frame per strada portandosi a 40 fps. Per un flagship è
una cosa inaccettabile.
Nel grafico legato al gioco, questa volta a 60 Hz, lo smartphone risponde alla perfezione quando gli vengono chieste prestazioni in ambito 3D: 60 fps costanti, senza mai piegarsi.
DDay Medium, 15 ore e 16 minutiIn modalità media, quindi la modalità di test che si basa
su un utilizzo moderato, il Galaxy S21 Ultra dimostra che
l’autonomia non è più un problema. Con oltre 15 ore di
utilizzo il flagship Samsung si posiziona nella parte alta
della nostra classifica. In questo caso abbiamo usato
la misurazione “out of the box”, e anche qui si devono
valutare le classiche oscillazione che potrebbero dare
l’aggiunta o la disattivazione di alcune funzionalità. 15
ore sono un risultato ottimo, soprattutto se consideriamo
che Samsung lo ottiene senza far ricorso a funzionalità
che impattano poi sull’utilizzo reale del telefono: non c’è
un sistema di risparmio energia aggressivo che chiude
le app in background o ferma le notifiche. S21 non ha
niente di tutto questo, le 15 ore sono raggiunte senza im-
brogliare. Dopo oltre una settimana di prove possiamo
dire che il Galaxy S21 Ultra è effettivamente un S20 Ultra
MK II, una versione rivista e corretta di uno smartphone
che lo scorso anno abbiamo ritenuto buono, ma non ec-
cezionale come avrebbe dovuto essere. A questo link, ecco come misuriamo gli smartphone in laboratorio.
DDAY MEDIUM
3
Qui sopra, il report dell’app “Don’t kill my App” che verifica la presenza di sistemi di rispar-mio energia troppo aggressivi.
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MAGAZINEn.236 / 2125 GENNAIO 2021
di Massimiliano DI MARCO
Il discusso aggiornamento dell’informati-
va sulla privacy di WhatsApp non avver-
rà più l’8 febbraio. La società ha annun-
ciato, tramite un post sul blog ufficiale, che le novità entreranno invece in vigore
il 15 maggio; oltre tre mesi dopo quanto
inizialmente preventivato. “L’8 febbraio,
nessun account verrà sospeso o elimina-
to” ha chiarito WhatsApp.
L’aggiornamento alla privacy è diventato
un problema per WhatsApp. La principa-le novità riguarda le chat avviate con le
aziende, che usano una versione diversa
dell’applicazione (WhatsApp Business): le
attività possono sfruttare le conversazioni
avute con gli utenti a scopi commerciali.
WhatsApp insiste che oltre a questa
novità - preannunciata lo scorso novem-
bre - non cambi nulla per gli utenti: le
conversazioni restano crittografate end-
to-end e quindi “né WhatsApp né Face-
book possono vedere i tuoi messaggi
privati“. La società ha inoltre sottoline-
ato che “non teniamo traccia delle per-
sone che chiami o a cui invii messaggi.
WhatsApp non può nemmeno vedere la
posizione da te condivisa e non condivi-
de i tuoi contatti con Facebook.”
Seppur il nuovo aggiornamento “non
cambia nulla di tutto questo” si è rapida-
mente trasformato in un guaio per la so-
cietà: tantissimi utenti hanno intravisto
nella possibilità che WhatsApp diven-
tasse molto più legata a Facebook un
colpo alla propria privacy. Molte perso-
ne sono corse a scaricare applicazioni
di messaggistica alternative: in partico-
lare, Signal e Telegram hanno registrato
l’aumento più consistente nei download
da inizio anno. “Continueremo a impe-
gnarci per fare chiarezza sulle informa-
zioni errate riguardanti la sicurezza e la
privacy su WhatsApp” si legge nel post.
“In modo graduale, e secondo le tem-
pistiche di ciascuno, inviteremo i nostri
utenti a rivedere l’informativa prima del
15 maggio, quando saranno disponibili
le nuove opzioni business”.
MOBILE Troppe polemiche: l’aggiornamento alla privacy previsto per l’8 febbraio è stato rinviato
WhatsApp posticipa aggiornamento privacyLa società ha inoltre annunciato che si prenderà tempo per chiarire la situazione agli utenti
di Massimiliano DI MARCO
Nel giro di quattro anni il numero
di accessi in rame per la rete
fissa è stato più che dimezzato.
I dati dell’Autorità per le Garanzie nelle
Comunicazioni (AGCOM) hanno evi-
denziato che a settembre 2020 le reti
in rame sono state “meno del 40%” ri-
spetto a settembre 2016. In questo arco
temporale, le linee con una larghezza
di banda per il download superiore ai
30 Mbit al secondo sono cresciute dal
12,7% al 64,4%.
Gli accessi in Fiber to the Cabinet
(FTTC) sono saliti di 7,06 milioni di unità;
quelle FTTH, più performanti, di 1,16 mi-
lioni e quelle in Fixed Wireless Access
(FWA) di 610 mila). Per quel che riguarda
gli operatori, TIM è quello più presen-
te, con una quota del 42,1%; è seguito
da Vodafone (16,7%), Fastweb (15,1%)
e WindTre (14%). A livello europeo, gli
obiettivi da raggiungere entro il 2025 prevedono che tutti le abitazioni ab-
MOBILE I dati AGCOM registrano un netto calo delle linee di rete fissa in rame nell’arco di 4 anni
Rete fissa: il rame in Italia scende ancora Ma gli obiettivi europei sono lontaniTIM rimane il principale operatore. Facebook è la piattaforma più visitata: 36,1 milioni di utenti unici
biano accesso a una
connessione a banda
larga da almeno 100
Mbit/s. L’Italia si era impegnata, come gli
altri Paesi dell’Unio-
ne Europea, a rag-
giungere l’obiettivo
di una connessione
di almeno 30 Mbit/s
per tutte le abitazioni
nel 2020,: obiettivo che evidentemente
non è stato raggiunto, così come in altri
Stati membri.
Mobile: Vodafone è prima, Iliad al 6,6%Lo scenario di mercato cambia se vie-
ne preso in considerazione il mobile: in
questo caso è Vodafone il primo ope-
ratore (29,1%), a brevissima distanza
da TIM (29%); terzo operatore mobile
è invece WindTre (26,1%). Iliad ha una
quota del 6,6%. Le SIM complessive
sono però calate su base annua: era-
no 104,1 milioni a settembre 2020, cioè
220 mila in meno rispetto a settembre
2019. Il consumo medio del traffico dati
mensile è stato di 9,2 GB, in crescita
del 48% su base annua. Facebook è
stata la piattaforma più visitata: ha re-
gistrato 36,1 milioni di utenti unici gior-
nalieri, in calo del 2,2% su base trime-
strale. Sono diminuiti anche gli accessi
a Instagram, Twitter, TikTok e Pinterest.
In totale, hanno navigato in rete 42 mi-
lioni di utenti medi giornalieri.
WindTre: troppi “ostacoli burocratici” per far partire il 5G. Basso: “Alzare i limiti delle emissioni”Le emissioni elettromagnetiche in Italia sono fra le più basse al mondo. Secondo Roberto Basso di WindTre, alzare sarebbe “l’intervento a costo zero con il miglior rendimento” di Massimiliano DI MARCO
Roberto Basso, direttore delle Re-lazioni esterne e sostenibilità di WindTre, ha dichiarato a Milano Finanza che i permessi e le tempi-stiche necessari per sviluppare la rete 5G vanno in senso contrario alle “pur importanti semplificazio-ni” introdotte di recente e “frenano gli investimenti privati, spesso nel generale disinteresse della poli-tica”. Prosegue Basso: “Nel 2020 è stato approvato soltanto il 64% delle richieste di permesso, con tempi medi di 79 giorni (ci sono casi in cui l’attesa arriva a 9 mesi)”. WindTre sta proponendo alle am-ministrazioni locali “una pianifica-zione complessiva degli interventi strutturali” per ridurre l’onere buro-cratico. In Italia vige un limite qua-litativo di 20 V/m come soglia di attenzione, ma di 6 V/m nelle aree con una forte densità di persone: è fra i più bassi al mondo. La Com-missione per la Protezione dalle Radiazioni non Ionizzanti propone un limite, già cautelativo, di 61 V/m. Rispettare tale limite nel contesto dello sviluppo delle reti 5G signi-fica costruire molte antenne e quindi aumentare i costi. Secondo Basso, sarebbe “l’intervento a co-sto zero con il miglior rendimento”.
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MAGAZINEn.236 / 2125 GENNAIO 2021
di Roberto PEZZALI
Mediatek ha annunciato il nuovo
SoC Dimensity 1200, il suo nuovo
top di gamma. Sentiremo parlare
spesso di questo processore, anche per-
ché siamo convinti che verrà scelto da
molti produttori di smartphone di tutto il
mondo per cercare di aumentare il margi-
ne, sempre più ridotto, su ogni dispositivo
venduto. Qualcomm ha processori di ot-
timo livello, ma con l’arrivo del 5G la sua
bottega è diventata davvero cara.
Il Dimensity 1200 è un prodotto interes-
sante perché viene realizzato da una
azienda che storicamente ha sempre fat-
to processori destinati al mercato audio
video. Non è al livello dello Snapdragon,
ma adotta soluzioni innovative come ad
esempio il modem dual 5G, che offre la
possibilità di utilizzare in contemporanea
la connessione a due reti 5G Stand Alone
di nuova generazione. Tra le primizie c’è
anche il bluetooth 5.2 con codec LC3, il
nuovo codec a bassa latenza che sfrutta il
bluetooth LE per trasmettere l’audio al po-
sto del bluetooth classico. Senza dimen-
ticare la decodifica hardware
AV1: la sezione audio video
del Dimensity, proprio per
l’esperienza nel campo dei
TV e dei blu-ray, è da primo
della classe.
Il SoC è realizzato con archi-
tettura produttiva a 6 nano-
metri probabilmente da Sam-
sung, e per la CPU utilizza la
classica configurazione 4 - 3
- 1 con quattro Cortex A55 ad alta efficien-
za, tre core A78 a 2.6GHz per i carichi
standard e un altro core Cortex A78 con
clock a 3 GHz come unità di calcolo per i
carichi più pesanti. Nessun core custom,
ma la classica architettura vista anche su
altri SoC che però ha già dimostrato di
poter dare ottime prestazioni, anche in
termini di consumi.
A fianco della CPU trovano spazio un pro-
cessore per l’intelligenza artificiale e un
processore per l’elaborazione fotografi-
ca. Questi moduli non sono affatto potenti
quanto l’Hexagon e lo Spectra di Qual-
comm, e nonostante Mediatek dichiari il
supporto per fotocamere fino a 200 me-
gapixel la banda passante è decisamen-
te limitata, e il massimo di camere che si
possono gestire in contemporanea sono
una 32 megapixel e una 16 megapixel.
Stessa cosa per lo schermo: se da una
parte Mediatek spara un esagerato quan-
to inutile 168Hz di refresh, il supporto per
gli schermi si ferma al FHD+. 168 Hz, bene
ricordarlo, equivale a 24Hz x 7, tuttavia i
contenuti a 24 Hz sugli smartphone sono
rari, rarissimi. La sparata più grossa però
riguarda la GPU Arm Mali-G77: Mediatek
parla di “Ray Tracing in Mobile Games”,
ma è pura utopia. La Mali G77 non è il pro-
cessore grafico più recente fatto da Me-
diatek, e soprattutto non è tra i più veloci.
MOBILE Il SoC Dimensity 1200 diventerà presto una alternativa a Qualcomm per molti produttori
Mediatek annuncia il Dimensity 1200 Ma il ray tracing sugli smartphone è utopia La sparata più grossa però riguarda la GPU Arm Mali-G77: “Ray Tracing in Mobile Games”
di Massimiliano DI MARCO
L e sanzioni USA su Huawei hanno
avuto un impatto su una grossa so-
cietà statunitense: Qualcomm. I chip
distribuiti dalla società in Cina sono calati
del 48,1% nel 2020 rispetto all’anno pre-
cedente, secondo una ricerca di CINNO
Research pubblicata da CNBC. L’impossi-
bilità di commercializzare con Huawei, a
causa del divieto imposto da Trump nel
2019, ha colpito duramente il giro d’affari
di Qualcomm in Cina. La quota di Qual-
comm in Cina è così scesa dal 37,9% del
2019 al 25,4%. Con l’impossibilità di acce-
dere ai chip di Qualcomm, fra cui i proces-
sori Snapdragon, Huawei ha dovuto fare
riferimento ai chip disegnati da HiSilicon,
MOBILE Qualcomm ha subito l’impatto delle restrizioni imposte a Huawei dall’amministrazione Trump
La caduta di Huawei trascina anche Qualcomm Spedizioni in Cina quasi dimezzate rispetto al 2019 Secondo CINNO Research, la quota di Qualcomm in Cina è scesa dal 37,9% del 2019 al 25,4%
una sua sussidiaria, e prodotti
dalla taiwanese TSMC. Nella
prima metà del 2020 ciò ha
portato a un deciso incremen-
to della quota di mercato dei
processori detenuta da HiSi-
licon; ma quando Trump ha
esteso il ban contro Huawei
impedendo anche ad azien-
de come TSMC, poiché usano macchi-
nari statunitensi, di commercializzare con
Huawei, la quota detenuta da Huawei è
calata dal 37% del primo semestre 2020
al 27,2%. A vincere è stata MediaTek, che
ha raggiunto il primo posto per volume di
chip distribuiti: ha guadagnato quote di
mercato nel segmento di fascia media.
Tra i suoi partner in Cina, oltre a Huawei,
ci sono Vivo, Xiaomi, Oppo: queste so-
cietà si sono affidate a un produttore di
chip diverso da Qualcomm per diversifi-
care i propri fornitori. Xiaomi non aveva
poi torto: Trump ha inserito la società in
una lista nera che vieta alle società ame-
ricane di investire nelle quote di Xiaomi,
sebbene possa continuare a vendere i
loro prodotti e servizi.
OnePlus, chiuso il reparto di ricerca e sviluppo. Sarà accorpato a quello di OppoOppo e OnePlus unificheranno i loro reparti di ricerca e sviluppo in un unico dipartimento, con i dipendenti che faranno capo ad Oppo. Nessuna fusione all’orizzonte: anche Color OS e Oxygen rimarranno indipendenti di Pasquale AGIZZA
Novità all’interno dell’impero BBK Electronics. Due dei marchi princi-pali del gruppo, Oppo e OnePlus, unificheranno i loro reparti di ricer-ca e sviluppo. A darne l’ufficialità è la stessa OnePlus, dopo che la notizia era stata riportata dal sito cinese DoNews, secondo cui la decisione era stata presa già a dicembre ma si è effettivamente concretizzata solo ora. Da sottoli-neare che i dipendenti del nuovo dipartimento di ricerca e sviluppo unificato fanno capo esclusiva-mente ad Oppo. L’unione fra Oppo e OnePlus non dovrebbe portare, però, ad un unico sistema operati-vo: Color OS e Oxygen rimarranno infatti due progetti attivi e separati, anche se le novità software saran-no sviluppate in contemporanea per i due sistemi. Il futuro per le due società prevede lo sviluppo di nuove tecnologie da integrare poi, con nomi diversi, all’interno della gamma dei due produttori. Del gruppo BBK Electronics fan-no parte anche Vivo e Realme e, secondo indiscrezioni, il prossimo passo sarà quello di portare anche il reparto di ricerca e sviluppo di Realme nel nuovo dipartimento.
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MAGAZINEn.236 / 2125 GENNAIO 2021
di Massimiliano DI MARCO
Il Regolamento Generale per la Protezione dei Dati
Personali (a cui spesso si fa riferimento con la sigla
inglese di GDPR) è uno strumento in più per gli uten-
ti europei (qui il testo completo). Lo ha dimostrato il
recente caso che è montato attorno a WhatsApp: la
novità più sgradita - la profilazione degli utenti tramite
la raccolta dei metadati - non era prevista per chi usa-
va l’applicazione nell’Unione Europea.
Il tema della protezione dei dati personali è però com-
plesso: coinvolge i dati anonimi e il modo in cui ven-
gono aggregati; gli effettivi diritti concessi all’utente
e, soprattutto, il livello di fiducia che gli utenti posso-
no avere nei confronti delle promesse delle aziende,
che spesso sono grandi multinazionali tecnologiche.
Per comprendere alcune delle sfumature del GDPR,
DDAY.it ha intervistato Pierluigi Perri, avvocato e co-
ordinatore del corso di “Perfezionamento in data pro-
tection e data governance” all’Università degli Studi
di Milano.
(L’intervista è stata trascritta. Alcune sue parti sono
state modificate per rendere il testo più fluido e com-
prensibile)
DDAY.it: Il GDPR viene effettivamente fatto rispetta-re tramite l’enforcing delle autorità?Pierluigi Perri: “Un recente studio ha analizzato le
attività delle autorità garanti dei vari Paesi e si è visto
che tutte si stanno dedicando all’enforcement: quella
italiana è fra le più attive sotto questo aspetto”.
DDAY.it: I dati anonimi non sono protetti dal GDPR. Però riunire molti dati anonimi, come può fare una grossa azienda, può portare all’identificazione di un soggetto.Pierluigi Perri: “Se si usano tecniche di data mining
o correlazione, che portano a identificare il soggetto,
allora si ricade nel concetto di dato personale.”
DDAY.it: Non è un grosso buco del GDPR?Pierluigi Perri: “Certo, ma infatti esiste un altro rego-
lamento, che non ha avuto ancora la fama del GDPR,
che è il Regolamento sul trattamento dei dati non
personali. Viene qualificato come dato non personale
quel dato che non rientra nelle ipotesi del dato per-
sonale perché non identifica l’interessato. L’idea del
legislatore è stata quella di espandere al massimo
la categoria del dato personale e stabilire che il dato
non è personale o anonimo per sempre: dipende da
come viene elaborato e trattato.
Nulla vieta che un dato inizialmente anonimo poi,
se viene correlato o trattato in qualche modo, pos-
sa diventare un dato personale. Viceversa, è anche
possibile che dai dati personali - come nel caso
dell’aggregazione statistica - non sia possibile risalire
all’identità del soggetto.”
SOCIAL MEDIA E WEB Le recenti polemiche nate attorno a WhatsApp hanno dimostrato l’utilità del GDPR nell’Unione Europea
Il GDPR protegge davvero i dati degli utenti europei?Fino a che punto il regolamento europeo può proteggere i dati personali degli utenti? Lo abbiamo chiesto a un esperto
DDAY.it: Perché si è deciso di escludere i dati anoni-mi dalla protezione del GDPR?Pierluigi Perri: “Con il GDPR l’obiettivo del legislato-
re era regolamentare i dati personali, cioè qualsiasi
informazione che renda un soggetto identificato o
identificabile. Fuori da questo ambito, come nel caso
del dato anonimo, siamo fuori dal GDPR.”
DDAY.it: Cosa succede quindi ai dati anonimi?Pierluigi Perri: “Posso-
no essere liberamente
trattati dalle aziende.”
DDAY.it: Anche vendu-ti a terzi?Pierluigi Perri: “Sì.”
DDAY.it: Io, come uten-te, posso sapere a chi sono stati venduti?Pierluigi Perri: “No,
l’esercizio dei diritti
dell’interessato è una caratteristica del Regolamento
Generale per la Protezione dei Dati Personali, quindi
dovremmo essere in un’ipotesi di dato personale per-
ché si possano fare tali richieste al titolare del tratta-
mento. Bisogna però fare attenzione: il trattamento
prevede anche il dato pseudoanonimo, cioè un dato
a cui sono state applicate una serie di misure di pro-
tezione per renderlo come se fosse anonimo.
Un esempio è la separazione di un dato. Una struttu-
ra sanitaria, per esempio, potrebbe separare il dato
anagrafico da quello della prestazione, ciascuno in
un suo silo: senza la chiave di correlazione, non pos-
so dire chi abbia fatto una determinata prestazione
sanitaria. Dipende ovviamente da quanti sono i dati
pseudoanonimizzati e quali sono le informazioni a
contorno, come la data, il sesso, etc.”
DDAY.it: Il GDPR è entrato in vigore nel 2018. Visto che le multinazionali hanno le risorse per aggregare
facilmente tanti dati anonimi, non è nato già supe-rato?Pierluigi Perri: “Il GDPR nasce come testo di legge
molto aperto. Le ipotesi di trattamento automatizza-
to, che possono portare all’identificazione di un dato
considerato anonimo, ricadono nel GDPR. Ciò che,
secondo me, è importante comprendere della visione
del legislatore è che la definizione di un dato anoni-
mo o personale è mutevole: quello che
per noi oggi è un dato anonimo, tra
due mesi - magari per lo sviluppo di
un algoritmo di correlazione che po-
trebbe portare alla reidentificazione
dell’interessato - allora a quel punto
diventa dato personale. La distinzione
viene sempre fatto su una base di ef-
fettività nel momento in cui tale dato
viene valutato. Il legislatore ha tenu-
to presente l’evoluzione tecnologica
e ha provato a realizzare un testo di
legge che abbracciasse varie ipotesi.”
DDAY.it: Le aziende possono aggregare dati non anonimizzati?Pierluigi Perri: “Se rientra nell’ambito della loro atti-
vità che hanno dichiarato nell’informativa, sì, certo.”
DDAY.it: E che tipo di dati?Pierluigi Perri: “Tutti quelli che hanno raccolto lecita-
mente. Un’azienda può raccogliere una serie di dati
per finalità di marketing e poi fare una proiezione,
per esempio, su quante persone abbiano attivato un
buono sconto e in quale area geografica. Questo tipo
di azione dev’essere dichiarato nell’informativa che
viene consegnata alle persone.”
DDAY.it: Nell’Unione Europea le aziende possono trattenere i dati per sempre o sono obbligate a ri-spettare una scadenza?
segue a pagina 15
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MAGAZINEn.236 / 2125 GENNAIO 2021
Pierluigi Perri: “Le aziende sono obbligate a indicare
una scadenza. Sotto questo aspetto, però, il Garan-
te per la protezione dei dati personali è intervenuto
sottolineando il tema dell’accountability: il titolare del
trattamento adegua il trattamento stesso a seconda
dell’operazione che deve svolgere per la finalità che
si è prefissato nel rispetto della legge. È il titolare,
quindi, che deve identificare i metodi migliori per ri-
spettare la legge e contemporaneamente raggiun-
gere la finalità. Per questo è difficile stabilire delle
scadenze preimpostate. Il titolare potrà scegliere una
conservazione del dato che non potrà essere indiscri-
minata.”
DDAY.it: Gli utenti possono verificare la cancellazio-ne del dato una volta che l’azienda lo ha usato per le proprie finalità?Pierluigi Perri: “Si può esercitare il diritto all’accesso
con cui si chiede all’azienda se quest’ultima è in pos-
sesso di dati che lo riguardano. Se l’utente già sa
che l’azienda è in possesso di dati personali perché,
per esempio, ha prestato il consenso, può rivolgere
la stessa domanda per sapere per quanto tempo i
dati vengono conservati o se sono effettivamente
stati cancellati. Il titolare è obbligat o a rispondere
alle domande dell’interessato. Se l’utente si accorge
che il titolare ha risposto in maniera non veritiera,
per esempio perché continua a ricevere comunica-
zioni dall’azienda, ciò può essere un elemento utiliz-
zato per un’azione contro il titolare”.
DDAY.it: Se un malintenzionato riuscisse a pene-trare nell’account di un utente, potrebbe richiedere i dati dell’utente-vittima tramite la richiesta legitti-mata dal GDPR?Pierluigi Perri: “Il titolare è obbligato a identificare
l’interessato che presenta la richiesta. L’hacker do-
vrebbe non solo penetrate l’account, ma avere qual-
che elemento di identificazione, come la copia di un
documento, per avallare la sua richiesta.”
DDAY.it: È giusto quindi ritenere il GDPR uno dei regolamento più avanzati al mondo in tema di pro-tezione dei dati personali?Pierluigi Perri: “Secondo me, è ragionevole, pur
con le complessità del caso: il trattamento dei dati
personali è una delle tematiche più in evoluzione. La
riprova di tutto questo l’abbiamo dal fatto che altri
Paesi si stanno ispirando alla tradizione europea per
prendere alcuni principi e trasferirli nelle loro norma-
tive”.
DDAY.it: Prendendo come esempio il recente di-battito nato attorno a WhatsApp, il GDPR tutela effettivamente gli utenti europei più di quelli, per esempio, nordamericani o cinesi, quindi?Pierluigi Perri: “Sì. Partiamo però da due concetti
di protezione dei dati diversi: in America si parla di
privacy; in Europa si parla più correttamente di pro-
tezione dei dati. Negli Stati Uniti non esiste un testo
onnicomprensivo come il GDPR; ma esistono una se-
rie di testi di legge che toccano settori estremamente
piccoli, dove c’è il trattamento dei dati, fatta ecce-
zione per un recente testo di legge, cioè il California
Consumer Privacy Act.
Anche in America si sta iniziando a sentire l’esigen-
za di avere un testo un po’ più ampio, che non curi
solo la privacy dei consumatori o di chi, per esempio,
prende in prestito dei libri. Alcuni tentativi ci sono già
stati, ma non sono mai andati a buon fine.”
DDAY.it: La spada di Damocle che pende sul GDPR è la fiducia nell’idea che le aziende facciano effet-tivamente ciò che dicono di fare: quali dati prendo-no, per quanto tempo li trattengono…Pierluigi Perri: “Ahimè, sì. È un discorso di regole:
il GDPR lascia un ampio margine affinché le parti
possano autoregolarsi. Io, azienda, dico a te, utente,
cosa farò con i tuoi dati e ti lascerò abbastanza liber-
tà di scelta per dire sì ad alcune cose e no ad altre,
che è ciò che vediamo nei consensi più elaborati: la
possibilità di acconsentire al trattamento, al marke-
ting, alla profilazione, alla profilazione di terze parti;
sfumature che l’interessato può disciplinare, insieme
al titolare, senza dover necessariamente concedere
trattamenti di dati che non ritiene necessari o graditi”.
DDAY.it: Un suo commento sul caso di WhatsApp: le preoccupazioni sono legittime o si è fatto più tram-busto del necessario?Pierluigi Perri: “Dalle informazioni che abbiamo, l’at-
tività che WhatsApp voleva svolgere, ma che comun-
que non avrebbe interessato chi usa WhatsApp in
Europa, era un’attività di profilazione, pur senza en-
trare nel merito dei messaggi: questi continuavano a
essere cifrati end-to-end. L’azienda avrebbe raccolto
i metadati di utilizzo: il numero di telefono dei contat-
ti, le modalità d’utilizzo dell’applicazione (numero di
messaggi, i contatti più frequenti, gli orari di utilizzo,
etc) ma senza entrare nel merito dei messaggi. Per
una narrativa che si è diffusa con le dinamiche ra-
pide dei social network si è generato questo timore,
che credo sia legato al fatto che WhatsApp potesse
entrare nel merito dei messaggi e quindi una perdita
di riservatezza totale, che a sua volta ha portato a
una fuga verso alternative simil-WhatsApp che, alme-
no sulla carta, dichiarano di non fare queste attività
di profilazione. Mi sembra che non ci fossero pericoli
concreti o comunque non venissero dichiarate ope-
razioni che non fossero già in essere.”
DDAY.it: La questione WhatsApp ha aperto un’ul-teriore parentesi: come esprimere un consenso su qualcosa che, poiché è spesso scritto volutamente in modo ambiguo, non si riesce a capire?Pierluigi Perri: “Il GDPR dice che l’informativa de-
v’essere scritta in maniera trasparente e con un lin-
guaggio semplice e chiaro. Entriamo nel merito del
“legal design”: riuscire a trasmettere dei contenuti
legali in modo non ridondante o eccessivamente
tecnico. È un obiettivo al quale tutti i titolari dovreb-
bero tendere.”
DDAY.it: Il GDPR lo ha stabilito, ma la realtà poi è molto diversa…Pierluigi Perri: “C’è chi lo fa. Siamo in una fase altale-
nante. Per esempio, alcune strutture sanitarie hanno
fatto delle informative a fumetti per avere un linguag-
gio adatto ai più piccoli. Altri ancora hanno curato
l’aspetto multilingua dell’informativa tenendo conto
delle specificità dell’utenza; altri stanno usando delle
icone, che sono più facili da interpretare. C’è chi in-
vece continua a presentare 20 o 30 pagine scritte.
L’autorità garante, sotto questo aspetto, sta sottoli-
neando molto l’esigenza di avere informative chiare”.
SOCIAL MEDIA E WEB
Il GDPR protegge davvero i dati degli utenti europei?segue Da pagina 14
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MAGAZINEn.236 / 2125 GENNAIO 2021
di Gaetano MERO
Sono passati circa tre anni da quan-
do Amazon ha ufficializzato l’ac-
quisizione dei diritti sul franchise Il
Signore degli Anelli, facendo pregustare
ai fan l’arrivo di una nuova serie incentra-
ta sull’universo creato da J. R. R. Tolkien.
Dopo un lungo periodo di attesa senza
alcuna notizia a riguardo, la società ha
rotto il silenzio diffondendo una prima
sinossi dello show (riportata da TheOne-Ring.net) che sarà ambientato cronolo-
gicamente nella Seconda Era del mondo
di Arda. Qui si potrà assistere alla salita
al potere dello spietato Sauron, colui che
ha forgiato l’anello unico del potere.
Si legge nella nota: “la nuova serie targa-
ta Amazon Studios - basata su Il Signore
degli Anelli - porterà sugli schermi per
la prima volta le leggendarie avventure
narrate da J. R. R. Tolkien nella Seconda
Era della Terra di Mezzo. Questo epico
dramma sarà ambientato migliaia di anni
prima degli eventi di Lo Hobbit e Il Signo-
re degli Anelli, e condurrà gli spettatori
ENTERTAINMENT Amazon ha diffuso la sinossi ufficiale della prima serie su Il Signore degli Anelli
Il Signore degli Anelli riparte dalla Seconda Era Ecco finalmente la trama della serie AmazonLa storia sarà ambientata durante la Seconda Era della Terra di Mezzo. Riprese in corso in Nuova Zelanda
in un’epoca in cui i grandi poteri furono
forgiati, i regni salirono alla gloria e cad-
dero in rovina, eroi improbabili furono
messi alla prova, le speranze risultavano
appese ad un filo sottile e il più grande
cattivo mai uscito dalla penna di Tolkien
minacciò di trascinare il mondo intero
nell’oscurità”.
Sullo schermo interagiranno una nutrita
serie di personaggi, tra vecchi e nuovi,
mentre affrontano il temuto riemergere
del male nella Terra di Mezzo. “Dalle
profondità più oscure delle Montagne
Nebbiose, alle maestose foreste della
capitale degli elfi Lindon, passando dal
regno dell’isola mozzafiato di Númenor
fino ai confini più remoti dell’universo,
questi regni e personaggi scriveranno
un’eredità che sopravvivrà nei secoli”.
Le riprese della prima sono già in corso
in Nuova Zelanda, mentre dagli studi
Amazon è stata già ordinata una se-
conda stagione che verrà girata subito
dopo la prima. La sceneggiatura è firma-
ta da J.D. Payne e Patrick McKay affian-
cati dal regista J.A. Bayona, quest’ultimo
anche in veste di produttore esecutivo
assieme a Belén Atienza. Del cast fanno
parte Robert Aramayo, Maxim Baldry e
Will Poulter.
di Roberto PEZZALI
La scadenza per presentare le offer-
te per aggiudicarsi i diritti TV per la
trasmissione del prossimo triennio
di Serie A è fissata per il 26 gennaio.
La Lega spera di raccogliere almeno
1.15 miliardi di euro, e parte di questi
potrebbero arrivare proprio da Ama-
zon. Secondo Bloomberg, infatti, che ha
ricevuto informazioni da diverse fonti,
Amazon sarebbe pronta a presentare
una sua offerta per portare tutte o al-
cune partite sulla sua piattaforma Prime
Video. L’Italia sarebbe quindi il terreno
scelto da Amazon per lanciare alla gran-
de le partite in diretta streaming: lo fa
già in altri Paesi, ma in Italia l’accoppiata
Champions League, già confermata, e
Serie A porterebbe senza dubbio Ama-
ENTERTAINMENT Secondo Bloomberg, Amazon sarebbe pronta a fare un’offerta “bomba”
Serie A 2021-24 su Amazon Prime Video?Bloomberg convinta: Amazon farà l’offertaL’offerta porterebbe tutte o alcune partite su Prime Video. Scadenza presentazione il 26 gennaio
zon a diventare la pay TV preferita da
chi ama il calcio.
Da Amazon e dalla Lega, interrogate da
Bloomberg, bocche cucite, ma è chiaro
che qualcosa di vero c’è: Amazon ha in-
tenzione di investire sul calcio e lo ha
dimostrato acquisendo i diritti per tra-
smettere alcune partite della massima
competizione europea per il prossimo
triennio La verità si saprà solo quando
verranno aperte le buste: se all’inter-
no ci sarà anche un’offerta di Amazon,
e sarà congrua, molti italiani saranno
felici. Soprattutto se la Serie A finirà
nell’abbonamento Amazon Prime sen-
za costi aggiuntivi.
Netflix, boom di iscritti nel 2020: gli utenti della piattaforma sono più di 200 milioniLa particolarità dell’anno appena trascorso, sommato al successo di alcune serie, hanno fatto schizzare in alto i numeri della piattaforma: sono più di 200 milioni gli abbonati, con un aumento di 37 milioni rispetto al 2019 di Pasquale AGIZZA
Il 2020 è stato un anno d’oro per Netflix: la società ha registrato, infatti, una crescita impetuosa, andando a superare gli oltre 200 milioni di abbonati paganti in tutto il mondo. Andando ad analizzare i numeri, il 2020 ha portato 37 milioni di nuovi uten-ti. Le restrizioni conseguenti alla pandemia da Coronavirus hanno indubbiamente aiutato ad otte-nere questo boom, ma la qualità e l’ottima accoglienza riservata ad alcune nuove serie hanno fatto il resto. Il 2021 di Netflix si prospetta meno intenso rispetto al 2020, anche se la società ha dichiarato che il piano per il 2021 prevede il lancio di un nuovo film a settimana. In particolare, ci si aspetta un certo rimbalzo nei nu-meri. Da non sottovalutare poi le mosse della concorrenza, con Di-sney+ che sta facendo registrare ottimi risultati. Ma la situazione economica estremamente flori-da - 25 miliardi di dollari incassa-ti nel solo 2020 - ed alcuni assi nella manica in tema di program-mazione rendono la posizione di Netflix molto stabile in questo 2021 appena iniziato.
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MAGAZINEn.236 / 2125 GENNAIO 2021
di Paolo CENTOFANTI
È uno dei componenti oggi più importanti non solo
di personal computer e workstation, ma anche
dispositivi portatili, smartphone e tablet, fino ad
arrivare anche al cloud. Nasce per la grafica 3D ma ha
trovato impiego anche nel mondo della simulazione
scientifica e dell’Intelligenza Artificiale. Stiamo parlando
naturalmente della GPU o Graphic Processing Unit, che
ha trasformato le schede video da semplice periferica
destinata a pilotare un monitor a vero e proprio com-
puter nel computer. Ma cosa fa e come funziona una
GPU? Perché è diventata indispensabile? L’argomento
è complesso ma cercheremo di approcciarlo nel modo
più semplice possibile senza però rinunciare ad appro-
fondire gli aspetti più importanti.
Una rivoluzione nata con i videogiochiLe schede video nascono con i primi computer come
quel componente dedicato alla conversione dei dati di-
gitali prodotti dal processore in segnali analogici visua-
lizzabili su un monitor a tubo catodico. Le prime schede
video erano rudimentali e svolgevano un ruolo tutto
sommato semplice: visualizzare i caratteri di interfacce
testuali su schermi monocromatici. Ma parallelamente,
nell’industria dei videogiochi arcade prima e con le pri-
me console domestiche poi, nascevano i primi proces-
sori grafici programmabili che consentivano di generare
grafica computerizzata. Nei primi anni ’80, i due mondi
si incontrano e nascono le prime schede video per PC
capaci di visualizzare grafica 2D e 3D, mentre la risolu-
zione e il numero dei colori riproducibili cominciano a
crescere. Si assiste ad una veloce successione di stan-
PC Da processore ausiliario dei PC a componente indispensabile di ogni dispositivo con uno schermo: parliamo della GPU
Come funziona la GPU. La pipeline graficaScopriamo cos’è una GPU, qual è il suo ruolo e come funziona e partiamo da come nasce un’immagine in computer grafica
segue a pagina 19
dard, CGA, EGA, VGA, XGA e così via.
La vera svolta arriverà nel 1996 grazie a 3DFx Inte-
ractive, piccola azienda californiana che lanciò il suo
processore grafico Voodoo per schede video, il primo
esempio di vera e propria GPU dedicata all’accelerazio-
ne della grafica 3D, che porterà alla nascita delle prime
schede video nel senso moderno del termine, seppure
il termine Graphic Processing Unit (GPU appunto) verrà
utilizzato per la prima volta poco più avanti da Nvidia
con il lancio della scheda grafica GeForce 256.
Voodoo sbaragliò la concorrenza con prestazioni im-
pensabili all’epoca per la fascia consumer e ridisegnan-
do completamente il mercato e spronando aziende
come ATI e Nvidia a produrre soluzioni rispettivamente
come le serie Rage e RIVA. Da lì in poi si è assistito
ad un’evoluzione rapidissima che ha visto in pochissimo
tempo architetture mutare radicalmente e una vertigi-
nosa crescita delle prestazioni. Ma qual è la novità che
hanno introdotto queste schede? Per capirlo occorre
fare un passo indietro e scoprire come nasce un’imma-
gine computerizzata.
La CPU da sola non bastaCome sappiamo, l’immagine elettronica è costituita da
una griglia di pixel il cui colore deve essere aggiorna-
to in accordo con la frequenza di aggiornamento dello
schermo, ovvero il numero di fotogrammi al secondo.
Per visualizzare l’immagine, il computer deve calcolare
il colore di ciascun pixel per ogni fotogramma: nel caso
di schermo 4K e frequenza di 60 Hz, ad esempio, il PC
dovrà processare almeno 3840x2160 pixel 60 volte al
secondo per un totale di poco meno di 500 milioni di
pixel al secondo.
Il mitico Doom girava su PC in un’epoca in cui l’accele-
razione 3D ancora non esisteva: la grafica 3D era inte-
ramente calcolata dalla CPU con tecniche rudimentali
dettate dalle risorse computazionali a disposizione.
Il processore o CPU, il componente principale di ogni
personal computer, è teoricamente in grado di svolgere
autonomamente tutte le principali operazioni per la ge-
nerazione dell’immagine, dalla visualizzazione di carat-
teri alla grafica 3D di un videogioco, ma c’è un aspetto
molto importante di cui tenere conto: la CPU è quello
che viene definito un general purpose processor, un
processore cioè concepito per svolgere calcoli di ogni
tipo e allo stesso tempo nessuno in particolare. Ma ela-
borare centinaia di milioni di pixel al secondo è in realtà
un compito estremamente specializzato e soprattutto
ripetitivo. Ecco quindi l’intuizione di affiancare al proces-
sore principale un secondo processore esplicitamente
dedicato ed ottimizzato ad elaborare in parallelo un
gran numero di dati, su cui alla fine vengono effettuate
Il processore Voodoo di 3DFX arrivò sul mercato polverizzando a livello di prestazioni la concorrenza e di fatto dando inizio all’era dell’accelerazione hardware 3D. La prima generazione di schede Voodoo non supportava grafica 2D e andava collegata in parallelo alla scheda video del PC con un collegamen-to passante per l’uscita video: quando veniva lanciata un’applicazione 3D come un videogame, l’uscita video (analogica) veniva commutata automaticamente.
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MAGAZINEn.236 / 2125 GENNAIO 2021
PC
Come funziona la GPU. La pipeline graficasegue Da pagina 18
sempre le stesse operazioni, sgravando dal compito la
CPU che può essere invece utilizzata per elaborazioni
più complesse e di altro tipo. Semplificando al massimo,
possiamo pensare alla CPU di un computer come all’in-
gegnere che crea il progetto tecnico di un edificio e alla
GPU come all’architetto che lo trasforma in un bel dise-
gno a colori ultra realistico e con tutti gli abbellimenti
del caso. Di fatto la scheda video è un computer nel
computer: ha la sua motherboard (la scheda stessa), il
suo BIOS, la sua memoria e il suo processore, la GPU
appunto.
Come nasce un’immagine 3DSemplificando al massimo, il processore grafico o GPU
ha dunque la funzione di creare una scena tridimen-
sionale sulla base delle istruzioni fornite dal processo-
re principale e per ogni fotogramma di trasformala in
un’immagine bidimensionale ricca di dettagli ed effetti
da visualizzare sullo schermo. Il punto di partenza sono
dei modelli tridimensionali che l’applicazione posiziona
all’interno dello spazio 3D virtuale in ogni istante, insie-
me a tutte le informazioni che riguardano la disposizio-
ne delle sorgenti di luce, le caratteristiche delle super-
fici, effetti speciali, posizione della cinepresa virtuale
e sue caratteristiche (apertura, focale, messa a fuoco,
etc.) e tanto altro ancora. Tutte queste informazioni ven-
gono passate alla scheda grafica che ha il compito di
effettuare quello che viene chiamato il rendering del
fotogramma.
Gli oggetti che compongo la scena vengono costruiti
utilizzando come mattoncini dei poligoni, vengono co-
lorati calcolando l’effetto delle luci e le proprietà dei
materiali che devono rappresentare e “vestiti” appli-
cando quelle che in gergo vengono chiamate texture,
in sostanza delle vere e proprie immagini che vengo-
no applicate come delle decalcomanie sui modelli 3D
per dare realismo alla grafica. Prendendo come input
la posizione della videocamera virtuale in quell’istante
- il nostro punto di vista - e la posizione relativa di ogni
elemento, la GPU calcola ciò che andrà effettivamente
visualizzato, applica le trasformazioni necessarie per
creare la corretta prospettiva 2D, le eventuali texture
che definiscono le caratteristiche delle varie superfici,
applica gli effetti di illuminazione, come riflessi e ombre,
effettua eventuale post-processing come anti-aliasing e
quindi scrive il fotogramma da visualizzare sul monitor,
per poi passare all’elaborazione di quello successivo.
LA PIPELINE GRAFICAQuesto insieme di operazioni avviene secondo una
serie di passaggi che prende il nome di pipeline gra-
fica. Addentrandoci un po’ più nel dettaglio possiamo
cominciare a individuare i seguenti passaggi logici.
La costruzione della geometriaViene innanzitutto creata la geometria della scena di-
sponendo i modelli 3D nello spazio tridimensionale. Ciò
avviene definendo la posizione dei vertici di ciascun
modello, punti che hanno una posizione nello spazio
virtuale dell’applicazione (in un videogioco sarà il livello
in cui ci troviamo) e diversi attributi quali colore, orienta-
mento nello spazio e texture. (foto 1)Questi vertici vengono quindi raggruppati in “primitive”,
componendo cioè dei triangoli (i poligoni), che vanno
a creare le superfici degli oggetti che compongono la
scena. Il risultato è un insieme di triangoli adiacenti tra
loro che come dei mattoncini vanno a comporre i vari
elementi della scena. A questo punTo, abbiamo una
collezione di oggetti geometrici tridimensionali astratti
che devono essere trasformati nei pixel bidimensionali
che verranno visualizzati sullo schermo.
La costruzione dell’inquadraturaViene eseguita quindi quella che viene chiamata “proie-
zione” con cui viene definita l’inquadratura da mostrare
sullo schermo, calcolando la prospettiva rispetto alla
posizione della camera virtuale e alle eventuali defor-
mazioni introdotte dalla focale della lente virtuale (foto 2). Si tratta di un processo che richiede la trasforma-
zione delle coordinate dei vertici in diversi sistemi di
riferimento. Ma attenzione: convertendo una vista tridi-
mensionale in un’immagine bidimensionale, ci saranno
degli elementi che saranno nascosti alla vista in quanto
fuori dall’inquadratura o perché coperti da altri elementi
da quella particolare angolazione. Vengono quindi ef-
fettuate delle operazioni denominate rispettivamente
“clipping” e “culling” che hanno lo scopo di tagliare
quegli elementi che comunque non saranno visibili e la
cui elaborazione rappresenterebbe solo uno spreco di
risorse di calcolo. La proiezione può essere ottenuta in
diversi modi. Storicamente sono stati adottati diversi al-
goritmi che rientrano tutti nella categoria delle tecniche
di rastering, ma un altro metodo è quello del ray tracing.
La differenza tra i due sostanzialmente è che nel me-
todo classico si parte da un punto della superficie del
modello 3D e si calcola la sua proiezione sul piano che
rappresenta l’immagine bidimensionale. Nel ray tracing
si segue il processo inverso, tracciando dei raggi che I modelli 3D sono composti da un insieme di triangoli o poligoni: più numerosi sono i poligoni di un mo-dello maggiore sarà il livello di dettaglio. Nell’immagine sopra è possibile vedere a sinistra un rendering parziale di un modello in cui è possibile ancora distinguere le primitive (le facce dei poligoni) e a destra il rendering completo con shading e texture applicate.
Schematizzazione della pipeline grafica logica ai tempi delle API DirectX 10. Con le DirectX 12 sono stati introdotti ulteriori shader, ma questo schema rimane utile per comprendere gli step principali. © Nvidia
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MAGAZINEn.236 / 2125 GENNAIO 2021
partono dall’obiettivo della camera virtuale e raggiun-
gono le superfici degli oggetti 3D, intersecando il pia-
no dell’immagine 2D.
Dai poligoni ai pixel, il rasteringA questo punto segue un’operazione che prende il
nome di rasterizzazione (rastering): i triangoli vengono
trasformati da una superficie geometrica continua in
una matrice di pixel o meglio fragment, elementi che
hanno come attributi la posizione su una griglia - que-
sta volta in un piano 2D - colore, trasparenza, profon-
dità, texture da applicare. (foto 3)Potete immaginare il processo come disegnare una
serie di forme su un foglio a quadretti e quindi di co-
lorare tutti quei quadretti racchiusi da queste forme: i
disegni sono le primitive, i quadretti che avete colo-
rato sono i fragment. La differenza è che i fragment
sono vincolati ad una griglia, il raster appunto, che
corrisponde alla matrice dei pixel dell’immagine finale.
Shading e texture mappingResta quindi da determinare il colore di ciascun pixel,
assegnando un valore ai diversi attributi di ogni frag-
ment, operazione che prende il nome di shading,
ombreggiatura, dalle tecniche con cui viene calcolato
l’effetto dell’illuminazione sulle superfici in grafica 3D,
ovvero come la luce si riflette per ricreare le caratte-
ristiche di un materiale e la generazione delle ombre.
Il colore dei pixel viene determinato anche dall’ap-
plicazione di texture, dall’effetto dei triangoli attigui,
o dall’uso di tecniche come il bump mapping che
donano profondità alle superfici senza il ricorso alla
generazione di ulteriori triangoli. A ciò si possono poi
aggiungere effetti ambientali (neb-
bia e fumo per esempio) e tanto
altro ancora. (foto 4). Il mapping
delle texture è un’operazione più
complessa di quello che sembra:
occorre determinare la prospetti-
va delle superfici, quindi prendere
l’immagine 2D che costituisce la
texture, deformarla e ruotarla in
accordo alla prospettiva della su-
perficie e quindi elaborare i pixel
corrispondenti. Il processore Vo-
odoo di 3DFx aggiungeva al PC
proprio una Texture Mapping Unit
dedicata: la grafica 2D e buona
parte della grafica 3D rimaneva in
carico alla CPU, ma l’acceleratore
prendeva in carico il rendering fi-
nale campionando, trasformando
e applicando le texture alle super-
fici 3D.
Il rendering finaleTerminato il processing di tutti i
fragment si ottengono i pixel veri
e propri che verranno assemblati
insieme completando il rendering.
2
3 4
1
Un esempio di Texture. A sinistra la mappa UV che viene utilizzata per tradurre il modello 3D in 2D dimensioni per l’applicazione delle texture nei software di rendering. A destra le texture che donano i dettagli grafici al modello 3D. Le texture vengono utilizzate anche per assegnare alle superfici altre caratteristiche come trasparenza, lucidità, rugosità e molte altre proprietà. © Luana Bueno
Ciascuna primitiva viene infatti elaborata in parallelo
come fosse un livello a sé e l’output costituito dai frag-
ment viene scritto all’interno di una memoria tampo-
ne, il frame buffer. Lungo la pipeline grafica, per ogni
pixel viene calcolato il livello di profondità, assegnan-
do la posizione lungo l’asse Z: banalmente è l’informa-
zione che dice cosa va sotto e cosa va sopra andando
a impilare sul piano tutti i vari elementi, come in un
collage. Il rendering viene a questo punto completato
applicando tecniche di sovracampionamento e anti-a-
liasing dando il tocco finale all’immagine.
Quella che abbiamo appena visto è in realtà una sem-
plificazione: molte operazioni vengono effettuate in
più punti della pipeline grafica, come il controllo delle
visibilità delle superfici o lo stesso shading che avvie-
ne già a livello dei vertici, argomenti che approfon-
diremo nella prossima puntata, dove vedremo come
tutto ciò si riflette nell’architettura di una moderna
GPU. Nelle prime schede video a ogni passaggio del-
la pipeline grafica corrispondeva un’unità di calcolo
specifica della GPU: si parlava allora di pipeline fissa.
Le GPU si sono evolute significativamente da allora e
la pipeline è oggi completamente programmabile: le
GPU sono cioè costituite da centinaia di core identici
che svolgono diversi passaggi della pipeline grafica
a seconda delle istruzioni da eseguire a ogni ciclo di
clock. Dalla prima Voodoo in poi sempre più passag-
gi della pipeline grafica sono stati spostati dalla CPU
alla GPU e di nuovi ne sono stati aggiunti, fino ad arri-
vare alle moderne architetture di oggi.
PC
Come funziona la GPU. La pipeline graficasegue Da pagina 19
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MAGAZINEn.236 / 2125 GENNAIO 2021
di Pasquale AGIZZA
L’aggiornamento autunnale di Win-
dows 10, contrassegnato dalla sigla
21H2, sarà contraddistinto da un
profondo lavoro di restyling dell’aspetto
grafico. A darne notizia è il giornalista
Zac Bowen, della testata Windows Cen-
tral. Il giornalista, che allega all’articolo
anche alcune immagini in anteprima,
rende noto che l’aggiornamento ha
nome in codice “Sun Valley” e, come
detto, si concentrerà quasi esclusiva-
mente sullo svecchiare l’aspetto grafico
di Windows 10. Uno dei settori in cui
Microsoft interverrà è quello del menu
Start. L’aspetto grafico sarà molto simile
a quello a cui siamo abituati, ma come
vediamo, il menu Start può separarsi
dalla barra delle applicazioni. A riceve-
re un cambiamento totale sarà il Centro
Notifiche, che dovrebbe essere lo stes-
so per Windows 10 e Windows 10X, e
che diventerà una sorta di ibrido fra il
Centro di Controllo dei dispositivi iOS
e il normale gestore delle notifiche pre-
sente su tutti gli smartphone.
L’intento sarebbe proprio quello di av-
vicinare l’interfaccia di Windows 10 a
quella di Windows 10X, la versione al-
leggerita del sistema operativo di cui lo
stesso Bowen ha rilasciato un video.
Come noto, Windows 10X è una versione
di Windows nata con lo scopo di fornire
una versione del sistema operativa snel-
la, veloce ed adatta anche a dispositivi
a doppio schermo come l’avveniristico e
sfortunato Surface Neo.
È facile individuare in Windows 10X un
tentativo di contrastare Google e il suo
ChromeOS, così come è facile, guar-
dando le immagini e il video condivisi
dal sito, accorgersi di alcune similitudini
molto profonde. Partiamo dal menu Start
che “fluttua” al centro dello schermo, e
che raccoglie solo scorciatoie per le ap-
plicazioni e per le PWA - le Progressive
Web App che potrebbero cambiare il pa-
radigma d’uso dei dispositivi nei prossi-
mi anni. Nel video possiamo poi vedere
in azione il nuovo Centro Notifiche, con
le modifiche che potrebbero arrivare,
come scritto in precedenza, anche sulla
versione standard di Windows 10.
Il video di Windows Central ci mostra,
infine, il gestore dei file di Windows 10X,
che si presenta davvero molto basilare.
In questo caso più che con un PC, è faci-
le trovare similitudini con iPadOS.
La build provata dal sito sembra essere
molto vicina allo stadio finale, andando
così a confermare le indiscrezioni circa
un rilascio dei primi dispositivi con Win-
dows 10X nella primavera del 2021.
PC La testata Windows Central ci fornisce una panoramica sul futuro di Windows 10
Il futuro di Windows 10, che cosa ci aspetta Restyling grafici e l’uscita di Windows 10XL’aggiornamento autunnale avrà un forte restyling che coinvolgerà menu Start e Centro Notifiche
Windows 10X Demo
Samsung 870 EVO, i nuovi SSD consumer migliorano le prestazioni del 30% e costano pocoLegge i dati casuali il 38% più velocemente del precedente 860 EVO e vanta nel complesso il 30% di prestazioni in più. 250 GB costano 47 euro di Sergio DONATO
Samsung ha presentato un nuovo SSD SATA da 2,5” della sua serie più economica e conosciuta, l’870 EVO, che ritorna a una classica configurazione V-NAND TLC, cioè a tre bit per cella, dopo il lancio dell’870 QVO con tecnologia QLC, quattro bit per cella, arrivato nell’e-state del 2020. Il confronto da fare per il lancio dell’870 EVO è con la generazione precedente dell’860 EVO. Samsung ha dato al control-ler e alla flash V-NAND dell’870 EVO l’ultima iterazione della sua tecnologia, che gli permettono di raggiungere una velocità di lettura e scrittura sequenziale SATA 3 da 6 Gb/s, rispettivamente di 560 e 530 MB/s. Per il buffer si serve di un SLC variabile che fa coppia con la tecnologia Intelligent TurboWrite in grado di mantenere le presta-zioni sui livelli di picco. Rispetto all’860 EVO, il nuovo 870 EVO ha una velocità di lettura casuale dei dati migliore del 38%. Comples-sivamente, invece, le prestazioni sono aumentate del 30%. Il mo-dello da 4 TB, oltre a una garanzia di 5 anni ha anche un valore di 2.400 TBW, cioè di 2.400 Terabyte garantiti in scrittura prima di mani-festare qualche eventuale malfun-zionamento.
PC Il primo modello ad arrivare sarà il pannello da 14 pollici
Primi OLED per notebook a 90 Hz L’annuncio di Samsung Display
di Paolo CENTOFANTI
Samsung Display, la divisione del gruppo Samsung che si occupa dello sviluppo e
produzione di schermi per monitor e TV, ha annunciato la disponibilità del primo
schermo OLED per notebook al mondo con frequenza di aggiornamento di 90
Hz. I portatili oggi in commercio con schermo OLED hanno tutti pannello con un refre-
sh massimo di 90 Hz. Il primo modello ad arrivare sul mercato sarà il pannello da 14
pollici, con la produzione di massa che inizierà a marzo, mentre i primi portatili di pro-
duttori terzi che ne faranno uso arriveranno nel corso del 2021. Samsung Display, nel
suo comunicato, si concentra soprattutto sui benefici dei 90 Hz, sottolineando come
secondo i propri test le prestazioni sono superiori a quelle dei pannelli LCD da 120 Hz:
“Samsung Display ha testato la lunghezza della sfocatura (dovuta al movimento, ndr)
utilizzando lo stesso filmato di un’auto in corsa e ha determinato che il trascinamento
dell’OLED a 90 Hz e dell’LCD a 120 Hz è rispettivamente di 0,9 mm e 1 mm”. Il tempo
di risposta delle immagini percepito tramite le due tecnologie è in realtà legato a fattori
differenti, ma è vero che anche l’OLED può
beneficiare di una frequenza di refresh su-
periore. La tecnologia OLED offre un tem-
po di risposta essenzialmente istantaneo,
ma la tecnica di sample & hold normal-
mente impiegata porta comunque il nostro
sistema visivo a percepire una sfocatura
sulle immagini in movimento. Aumentare la
frequenza è una delle strade per mitigare
questo fenomeno.
torna al sommario 22
MAGAZINEn.236 / 2125 GENNAIO 2021
di Sergio DONATO
La presenza al CES 2021 di Canon
è stata spaziale: non per il lancio di
nuove fotocamere, ma nel senso let-
terale del termine. Ha riacceso i riflettori
sul suo piccolissimo satellite CE-SAT-1,
creando un sito interattivo in grado di
mostrare le capacità di questo “scato-
lotto” in orbita a 500 km dalla Terra, che
può scattare foto della superficie del pia-
neta grazie a una Canon EOS 5D Mark III
montata al suo interno.
CE-SAT-1 orbita sopra le nostre teste
già da un po’ di tempo: dal giugno del
2017. È un parallelepipedo di 85 x 50 x
50 cm del peso di 60 kg, ed è il primo
microsatellite costruito interamente da
Canon, anche se la piattaforma usata è
stata quella del satellite AxelSpace Ho-
doyoshi. Il suo cuore è una fotocamera
EOS 5D Mark III modificata e privata del
FOTOGRAFIA Il microsatellite CE-SAT-1 Canon è in orbita a 500 km dalla Terra. Dentro ha una EOS 5D Mark III
Canon EOS 5D Mark III montata su un satellite Chiunque può “scattare” una foto dallo spazio Canon ha realizzato un sito interattivo dedicato al satellite, su cui costruire un business miliardario
filtro passa basso con una risoluzione
di 5760 x 3840, accompagnata da un
telescopio da 40 cm in configurazione
Cassegrain con una lunghezza focale di
3.720 mm. CE-SAT-1 può scattare foto
che comprendono un’area di 6 x 4 km
con una risoluzione di circa un metro
per pixel. Ha anche un piccola compatta
PowerShot S110 per acquisire immagini
con una focale più corta.
Il sito interattivo creato da Canon per
CE-SAT-1 ha l’ottimo accompagnamento
vocale dell’astronauta Marsha Ivins, e il-
lustra cosa può fare il satellite e perché
è stato messo in orbita. Gli utenti non
possono guidare il satellite, ma posso-
no scattare per finta foto già acquisite
e nel frattempo imparare qualcosa di
più sul progetto. e aree preselezionate
da Canon toccano alcune regioni di in-
teresse, come le Bahamas, New York,
l’Alaska, Venezia, l’Antartide. C’è anche
il Giappone e, nel dettaglio, i laboratori
dove è stato costruito il satellite.
Un affare da miliardi di dollari: microsatelliti al servizio della TerraEntro il 2030, Canon spera di mettere
su un business da miliardi di dollari in-
torno a questi microsatelliti.
Il CE-SAT-1 serve a raccogliere dati sul
traffico, a rilevare incendi, per monitora-
re l’inquinamento e per aiutare gli agri-
coltori a ottimizzare i loro raccolti.
Dopo il lancio del CE-SAT-1 nel 2017, la
scorsa estate Canon ha provato a lan-
ciare un CE-SAT-1B aggiornato.
Ma il razzo Electron del RocketLab che
lo aveva in consegna si è guastato dopo il lancio quando era a circa 190
km di quota.
Nikon potrebbe registrare il suo peggior anno finanziario di sempre: -720 milioni di dollariIl 2020 fiscale si chiuderà a marzo di quest’anno per Nikon. Le previsioni sono nerissime: un deficit di 720 milioni di dollari. La speranza è nelle full frame di alta gamma di Sergio DONATO
La pandemia da coronavirus ha avuto una ripercussione negati-va sul mercato delle fotocamere. Nikon prevede che il 2020 sarà il suo anno finanziario peggiore di sempre, con 720 milioni di dollari di perdite. Nel periodo aprile-set-tembre ha già dovuto fronteggia-re circa 449 milioni di dollari di deficit, ma l’anno fiscale di Nikon si chiuderà a marzo 2021. Nikon prevede di sigillarlo con una per-dita complessiva colossale: circa 720 milioni di dollari. Un dato che spaventa se messo in rapporto soprattutto con il surplus di circa 65 milioni di dollari del 2019. I dati arrivano dalla pubblicazione Toyo Keizai. Nikon deve anche manda-re giù il fatto che Canon ha avuto un ottimo 2020: per lei si prevede un profitto di circa 616 milioni di dollari. La contrazione del merca-to è stata comunque impressio-nante. Toyo Keizai ha guardato le spedizioni delle fotocamere del 2019 in Giappone: 15,21 mi-lioni di unità, un ottavo del totale registrato dieci anni prima. Nikon ha comunque ricevuto segni in-coraggianti dal mercato delle sue mirrorless full frame, ed è in que-sto settore che Toyo Keizai vede la futura ripartenza di Nikon.
SCIENZA Portava Internet in aree disagiate con palloni aerostatici
Google chiude Project Loon Vivrà in un altro progetto Google X
di Pasquale AGIZZA
I palloni aerostatici di Loon non voleranno più. Alphabet, la società che controlla Go-
ogle, ha deciso infatti di chiudere il progetto che si proponeva di portare la connes-
sione Internet ad alta velocità nelle aree disagiate, tramite l’utilizzo appunto di palloni
aerostatici. Alla base della chiusura c’è la difficoltà, per Alphabet, di rendere profit-
tevole il servizio. Non ci sarebbe un modello di business sostenibile per il progetto,
che si è dimostrato troppo costoso negli anni e senza reali prospettive di guadagno.
La notizia della chiusura del progetto è giunta ai più inaspettata, visto che in estate
Alphabet aveva lanciato la prima connessione ad Internet tramite Loon in Kenya. Il
servizio si basa sull’utilizzo di trentacinque palloni aerostatici e copre una porzione
di territorio di oltre 50mila chilometri quadrati della nazione africana. Anche questo
progetto, però, sarà chiuso.
I palloni aerostatici di Loop si erano rivelati fondamentali, poi, per il ripristino delle
comunicazioni a Puerto Rico, quando nel 2017 un terribile uragano aveva messo in
ginocchio le reti mobili e fisse dell’isola caraibica.
Alcune delle più avanzate tecnolo-
gie di Loon, però, troveranno posto
all’interno di Project Taara, un altro
progetto della divisione X di Google
- la divisione focalizzata sull’innova-
zione tecnologica - che si propone
di portare la connessione veloce
nelle zone svantaggiate del pianeta
utilizzando la trasmissione wireless
di fasci di luce.
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MAGAZINEn.236 / 2125 GENNAIO 2021
La Ragazza con l’orecchino di perla fotografata a una risoluzione di 10 miliardi di pixel. Il sito interattivo è spettacolare10 miliardi di pixel, 4,4 micron per pixel. Ma ci sono anche aree con pixel da 1,1 micron. La Ragazza con l’orecchino di perla come non è mai stata vista prima di Sergio DONATO
Il famoso dipinto Ragazza con l’o-recchino di perla del pittore olan-dese Johannes Vermeer è stato fotografato a una risoluzione di 10 miliardi di pixel. Alcuni particolari dell’opera hanno ricevuto un trat-tamento d’onore e scendono a un dettaglio di 1,1 micron per pixel; e hanno a disposizione anche una riproduzione in 3D. Hirox Europe è stata chiamata dal museo per fare una scansione approfondita dell’o-pera. È stato usato un microscopio Hirox 3D, che ha scandito auto-maticamente il dipinto in una sola notte, collezionando 9.100 foto poi riunite per formare un’immagine complessiva di 10.118 megapixel (93.205 x 108.565), con ogni sin-golo pixel grande 4,4 micron (35x). Sono state poi scelte 10 aree chia-ve che sono state acquisite a una risoluzione ancora maggiore, che ha condotto a immagini con singo-li pixel grandi solo 1,1 micron (140x) e tradotte anche nello spazio tridi-mensionale. Monti e valli creati dal-le pennellate di Vermeer. Hirox e la Mauritshuis hanno messo a dispo-sizione del pubblico queste imma-gini. Qui è possibile raggiungere la scansione nel sua interezza.
di Sergio DONATO
La talpa di InSight non ce l’ha fatta. Re-
spinta dalla particolarità del suolo di
Marte, non è riuscita a creare le con-
dizioni iniziali per proseguire all’interno
del terreno. Si è fermata a circa trentacin-
que centimetri, ma avrebbe dovuto rag-
giungere almeno tre metri per far funzio-
nare i propri sensori. InSight non la userà
più, ma la missione del lander non è finita.
La talpa è stata cacciata indietro dal suolo di MarteIl 9 gennaio, il team che controlla il lan-
der InSight su Marte ha dato lo stop ai
lavori della talpa, che in sostanza è un
battipalo che avrebbe dovuto battere
ripetutamente il suolo marziano per pe-
netrarlo e raggiungere almeno una pro-
fondità di tre metri. Lo strumento si chia-
ma Heat Flow and Physical Properties
Package (HP3), e la discesa della talpa
avrebbe permesso di tirare dietro di sé
un nastro pieno di sensori per misurare
la temperatura interna del suolo.
Lo scopo di HP3 era quello di misurare il
calore proveniente dall’interno di Marte
per rivelare quanto di esso fluisca dal
pianeta e quale sia la fonte del calore.
Saperlo, avrebbe aiutato gli scienziati a
capire se Marte si è formato come han-
no fatto la Terra e la Luna, e avrebbe
dato loro informazioni sull’evoluzione
del pianeta. HP3 è stato sviluppato e
costruito dal Centro Aerospaziale Tede-
sco (DLR). Ed è dal 28 febbraio del 2019
che la sonda, chiamata “talpa”, ha tenta-
to di scavare nella superficie marziana,
ma l’inaspettata tendenza del suolo a
compattarsi ha privato la talpa dell’attri-
to di cui aveva bisogno per martellarsi e
quindi spingersi a una profondità suffi-
ciente. Si è fermata a circa 35 centimetri
di profondità.
SCIENZA E FUTURO Ha scavato solo per circa 35 cm, perché il terreno marziano si è rivelato anomalo
La “talpa” di InSight non scaverà più su Marte È stata battuta dal particolare suolo marzianoLa talpa avrebbe dovuto portare i sensori per misurare la temperatura ad almeno 3 m di profondità
L’ultimo disperato tentativo, il soccorso del braccio roboticoLo strumento è stato posizionato nel
punto di scavo dal braccio robotico, la
talpa ha iniziato a funzionare, ma è riu-
scita a guadagnare solo altri 2-3 centi-
metri, facendo scomparire la sua cima
sotto il terreno marziano. Ma più in giù
di così non è riuscita ad andare. Il team
di InSight sulla Terra ha quindi provato
un ultimo tentativo usando lo scavino
del braccio robotico per raschiare il
terreno su cui stava operando la sonda
e pressarlo per fornire ulteriore attrito.
Ma dopo che la talpa ha compiuto 500
martellate aggiuntive senza ottenere ri-
sultati, sabato 9 gennaio InSight ha do-
vuto alzare bandiera bianca, e il team
ha interrotto definitivamente l’attività di
scavo. InSight è un lander della NASA
lanciato il 5 maggio 2018 e ammartato
il 26 novembre dello stesso anno. Non
è un rover e non può spostarsi per cer-
care terreni migliori sui quali ritentare le
attività di scavo.
Un terreno diverso da quello che ci si aspettavaNonostante il suo fallimento, la talpa
ha dato comunque alcune informazioni
agli scienziati, come quelle riguardanti
le proprietà inaspettate del terreno nei
pressi di InSight. La realizzazione della
talpa si basava sul terreno osservato
nelle precedenti missioni su Marte: un
terreno che si è rivelato molto diverso
da quello contro cui la talpa ha letteral-
mente sbattuto il naso.
InSight comunque non si dà per scon-
fitto. La sua missione è stata appena
estesa dalla NASA fino al 2022, quin-
di continuerà a osservare il meteo del
Pianeta Rosso e a fare il “sismometro
marziano”.
A questo proposito, il team intende im-
piegare il braccio robotico per seppel-
lire il cavo che trasmette dati e alimen-
tazione tra il lander e il sismometro di
InSight, e che finora ha registrato più di
480 terremoti. Seppellirlo contribuirà a
ridurre gli sbalzi di temperatura che
hanno creato suoni simili a scricchiolii
e scoppiettii nei dati sismici.
Una rappresentazione grafica dello strumento HP3
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MAGAZINEn.236 / 2125 GENNAIO 2021
di S. DONATO, G. GIARDINA
Sony ha lanciato un nuovo obiettivo della sua se-
rie G Master, che rappresenta lo stato dell’arte
delle lenti della società giapponese. Per il suo
cinquantanovesimo obiettivo con attacco E, Sony ha
pensato a una focale classica: si tratta di una lente
prime e più precisamente di un 35 mm F1.4 adatto a
macchine full frame. Naturalmente, non è il primo 35
mm di Sony con attacco E. In gamma ci sono già l’FE
35 mm F1.8, e poi il Sonnar T* FE 35 mm 2,8 ZA e il
Distagon T* FE 35 mm F1.4 ZA, entrambi di Zeiss.
Il nuovo FE 35 mm F1.4 GM (modello SEL35F14GM)
vuole quindi ampliare soprattutto il catalogo G Master,
accogliendo una focale che mancava alla serie e ap-
profittandone per portare novità sostanziali.
Peso piuma e bokeh sotto controlloLe prime riguardano senz’altro il peso e le dimensio-
ni. Non siamo di certo di fronte a un lente pancake,
ma l’FE 35 mm F1.4 GM è lungo 96 mm e pesa 525
grammi. Per fare un esempio, il Distagon equivalente
di Zeiss è lungo 112 mm e pesa 630 grammi.
Tra le caratteristiche principali sono da far notare i
due elementi XA asferici che danno sicurezza all’inte-
ra immagine e che concorrono a rendere uniforme le
fonti di luce sullo sfondo degli scatti bokeh.
Avere elementi asferici che fanno il loro dovere aiuta
soprattutto a evitare l’effetto “onion ring”, che produ-
ce cerchietti più piccoli e visibili all’interno delle fonti
di luce sfocate, come se fossero appunto gli “anelli in-
terni di una cipolla”. A contribuire a dare una forma cir-
colare degna di questo nome agli effetti di luce bokeh
ci sono anche le undici lamelle del diaframma che ot-
tengono un cerchio perfetto in grado di dare il benve-
nuto alla luce in ingresso senza spigoli. Una luce che
promette di non avere coloriture inaspettate grazie a
un elemento ED (extra-low dispersion) che sopprime
le aberrazioni cromatiche e il purple fringing, ovvero
gli aloni sfocati di colore variabile nelle zone ad alto
contrasto, così come le aberrazioni cromatiche longi-
TES È il dodicesimo obiettivo G Master. Pensato per le full frame di casa Sony, arriva a febbraio. Ecco i primi scatti che abbiamo realizzato
Test della nuova ottica Sony 35mm F1.4 GM Nitidezza e geometria da paura in mezzo chiloIl nuovo 35 mm F1.4 punta su un bokeh eccelso grazie alle undici lamelle del diaframma e ai due elementi asferici XA
tudinali che nelle lenti meno prestigiose colorano di
verde e viola i piani sfocati inferiore e superiore di
uno scatto. Per tenere a bada il flaring della luce diret-
ta del sole, l’FE 35 mm F1.4 GM si affida alla copertura
Nano AR Coating II che è applicata sulla superficie
di tutti gli elementi. Sulla lente esterna dell’elemento
frontale è stata inoltre utilizzata la F Coating (Fluorine
Coating) che fa scivolare l’acqua e repelle le sostanze
contaminanti come l’untuosità delle ditate. L’obiettivo
è resistente all’acqua e alla polvere, ma non è com-
pletamente sigillato e protetto dalle intemperie.
Autofocus senza attritiLa dimensione minima di messa a fuoco è di 27 cm,
che però diventano 25 cm se si focheggia manual-
mente. L’ingrandimento massimo è di 0.23x in auto-
matico e di 0.26x in manuale.
L’autofocus si basa su due motori XD Linear (Extreme
Dynamic), che non hanno elementi di attrito e nessu-
na parte meccanica per il movimento, perché si affi-
dano a una guida elettromagnetica. La messa a fuoco
manuale è a risposta lineare in modo da assicurare la
risposta della ghiera ai movimenti più lievi. Sulla parte
esterna trovano posto il bottone per mantenere il fuo-
co (che può essere assegnato a molte altre funzioni
dal menu della fotocamera), e poi quello per sceglie-
re tra fuoco manuale e automatico, così da fornire un
accesso diretto a opzioni essenziali per fotografi e vi-
deomaker. C’è anche il pulsante per decidere se ave-
re l’anello che comanda l’apertura a scatti o in modo
fluido, particolarità sempre ben accolta dai videoma-
ker. L’obiettivo accetta filtri da 67 mm. Il Sony FE 35
mm F1.4 GM per full frame sarà disponibile a partire a
fine gennaio a un prezzo di listino di 1.700 euro. In oc-
casione del lancio, Sony ha precisato che il nuovo 35
mm non intende sostituire le lenti Zeiss, soprattutto il
Distagon T* FE 35 mm F1.4 ZA con il quale andrà in
diretta concorrenza per il valore di apertura massimo.
La prime impressioni: alla riscoperta della street photography a mano liberaAbbiamo avuto la possibilità di divertirci per qualche
ora con uno dei primissimi esemplari di questa nuova
lente Sony. L’architettura esterna è quella delle ultime
ottiche G Master, caratterizzata dalla ghiera fisica dei
diaframmi (utilizzabile anche in continuo per i video):
questa caratteristica dà un gusto e una velocità di uti-
lizzo che l’era digitale aveva fatto perdere.
Il 35mm è un’ottica grandangolare moderata, molto
versatile: certamente, una lente così luminosa (o po-
tremmo anche dire “veloce”), che arriva addirittura a
F1.4, si presta molto bene per la fotografia a mano
libera, quella in cui si cattura lo scatto sulla base
dell’estro del momento, come nella street photo-
graphy. Nelle poche ore avute per il primo contatto
con questa lente, abbiamo utilizzato una Sony A7R
IV per dare modo alla lente di esprimere tutte le sue
potenzialità sui 60 megapixel di questa macchina. Per
prima cosa abbiamo fatto qualche scatto per verifi-
care la tenuta del dettaglio anche agli estremi della
lente, che sembra molto buona, come ci si aspetta da
un’ottica prime di questa qualità. Si può anche notare
segue a pagina 25
torna al sommario 25
MAGAZINEn.236 / 2125 GENNAIO 2021
l’assenza di deformazioni sensibili (in sviluppo non è
stata applicata alcuna correzione geometrica).
Concludendo: un rapporto qualità-peso incredibile. Anche se il prezzo ne fa un’ottica per “benestanti”Non c’è dubbio che ci sia da divertirsi con quest’ot-
tica. Il 35mm, nell’era degli smartphone, potrebbe
essere considerata anche un “new normal” e pesi e ingombri di questa lente ne fanno la compagna per-
TEST
Ottica Sony 35mm F1.4 GMsegue Da pagina 24
Un ingrandimento di una zona periferica della foto a sinistra denota una nitidezza eccellente,
pur nel perfetto equilibrio del microcontrasto, che non è stato enfatizzato in fase di sviluppo.
Nei due scatti qui sopra, abbiamo voluto provare sia a forzare gli ISO a 100, a favore della massima nitidezza, sia a spingerci fino a 1000, per scatti maggiormente al riparo dal micromosso, che su una 60 megapixel è dietro l’angolo. I risultati sono decisamente convincenti.
Per valutare un caso di profondità di campo corta, abbiamo provato uno scatto in cui il fuoco è stato posto sul punto di attenzione: a F1.4, malgrafo la focale corta, la profondità di campo è veramente selettiva, fin troppo per il nostro esempio. Si tratta di un elemento creativo nelle mani del fotografo che, a seconda della situazione, deve saper dosare bene l’apertura del diaframma, soprattutto se poco abituato a lavorare con ottiche così luminose.
I NOSTRI SCATTI DI PROVA (cliccare per vedere lo scatto alla risoluzione nativa)
Il bokeh è molto bello, finanche troppo preciso con i punti luce rispetto ad alcune estetiche più oniriche. Ecco uno scatto d’esempio, giocato con il soggetto al fuoco minimo e le lucette di un albero di Natale.
fetta delle uscite leggere, anche come unica ottica. E
questo anche se nello zainetto si ha una fotocamera
ad altissima risoluzione: la qualità di questi vetri non
teme nulla, neppure il super-dettaglio della A7R IV.
L’ottica non è stabilizzata (sarebbe anomalo a queste
focali), ma con un minimo di manualità di scatta bene
anche a mano libera con le sole luci notturne della
città. Con un treppiede e diaframmi più chiusi, potreb-
bero uscire delle meraviglie.
Il vero limite è il prezzo, in grado di spaventare chiun-
que: un 35 mm fisso al prezzo di un corpo macchina
di fascia alta non è un boccone facile da deglutire. Chi
può e ha una macchina esigente dal punto di vista del
microdettaglio, però, dovrebbe pensarci seriamen-
te: chi passa (o meglio torna) a una lente prime, allo
zoom è difficile che ci torni...
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MAGAZINEn.236 / 2125 GENNAIO 2021
di Gianfranco GIARDINA
Negli ultimi mesi del 2020 è uscito il nuovo robot
Dyson, il 360 Heurist. Si tratta di una messa a
punto del modello precedente (si chiamava 360
Eye) che non ne stravolge l’architettura e la meccanica
e le cui messe a punto riguardano “l’intelligenza” del ro-
bot. Si passa, con il nuovo Heurist, a una logica in conti-
nua evoluzione, che impara (o dovrebbe imparare) dalle
proprie esperienze. Abbiamo messo questo robot alla
prova. Non in laboratorio ma nell’ambiente più adeguato
a una vera prova sul campo: un’abitazione di dimensioni
medio-grandi su un solo livello. E gli abbiamo dato tem-
po: questa non è una prova che può essere fatta in po-
che ore e per almeno due motivi. Il primo è che il robot
va valutato in una pluralità di situazioni e di possibili osta-
coli, condizioni che, in una casa reale, si verificano solo
in giornate diverse. E poi perché la prerogativa fondante
di questo modello è il fatto di essere “euristico”, ovvero-
sia di apprendere dalle proprie esperienze e quindi di
migliorare il proprio comportamento e la conoscenza
dell’ambiente pulizia dopo pulizia.
Un form factor diverso: Dyson si distingue sempreSe guardiamo gli ormai tanti robot aspirapolvere sul
mercato, nessuno ha il rapporto di forma del 360 Heu-
rist. Siamo di fronte a un cilindro con un raggio deci-
samente ridotto rispetto agli altri e con un maggiore
sviluppo in altezza. La scelta, al di là di creare una diffe-
renziazione anche estetica, cosa che certamente piace
a Dyson, porta con sé alcuni vantaggi e qualche svan-
taggio. La prima buona notizia è che il robot così occupa
meno spazio quando è dormiente presso la sua base di
ricarica. È così più facile trovare l’angolino giusto, abba-
stanza accessibile ma - se possibile - non troppo in vista.
Infatti viene un po’ da sorridere quando vediamo i video
TEST Dyson ha la migliore tecnologia per l’aspirazione, ma non sembra aver colmato ancora il gap sulla componente robotica
Robot aspirapolvere Dyson 360 Heurist in prova Aspira alla grande ma non sempre torna a casa La navigazione ha qualche problema, soprattutto al buio. E il profilo troppo alto mal si accorda con le cucine italiane
promozionali dei robot - tutti, non solo questo - con le
basi di ricarica piazzate lungo una bella parete vuota
al centro del salotto. La realtà è ben diversa: nessuno
vuole tenere il proprio robot in bella vista, neppure se
è bello e dai colori scenici come questo 360 Heurist.
L’altro grande vantaggio di questo rapporto di forma è
il fatto di potersela cavare meglio tra gli ostacoli, come
per esempio nella selva di gambe tra sedie e tavoli. Il ri-
sultato è una copertura migliore anche in case comples-
se e la capacità di uscire indenne da possibili incastri.
Il principale limite, invece, è quello di non riuscire a infi-
larsi sotto i mobili meno alti. Va detto che anche i robot a
profilo più basso, non passano dappertutto: la maggior
parte dei divani è comunque troppo bassa, molti mobili
con i piedini anche. La scelta se andare su qualcosa di
stretto e alto come il Dyson, se stare su qualcosa di in-
termedio come iRobot o spingersi su quelli più bassi e
larghi come Rowenta, dipende in larga parte dal tipo di
arredamento che si ha in casa.
Il vero limite dell’altezza del 360 Heurist, almeno nella
nostra esperienza, non sta tanto nell’impossibilità di an-
dare sotto alcuni mobili, quanto nel fatto di non riuscire
a correre a filo degli zoccolini dei classici arredamenti
delle cucine, sempre rientranti rispetto al filo anta. Qui
Dyson paga a nostro avviso un design un po’ troppo
UK-centrico. Infatti - non lo sapevamo prima - abbiamo
realizzato, guardando un po’ di immagini, che l’abitu-
dine in Gran Bretagna è di avere un’altezza superiore
dello zoccolino dei mobili della cucina rispetto a quanto
accade in Italia; altezza che permette al robot Dyson di
passare sotto l’anta e arrivare a filo del mobile e quindi
di raccogliere anche le classiche briciole e i piccoli resi-
dui che l’attività di cucina genera inevitabilmente. Con
le cucine italiane, salvo eccezioni, il robot Dyson tocca
contro l’anta e lì si ferma, restando a qualche centimetro
dallo zoccolino. E, come vedremo, questo costituisce un
problema soprattutto in considerazione dell’architettura
delle spazzole scelta dal produttore inglese.
Un robot ciclonico con spazzola a tutta larghezza, ma senza spazzoline fuori sagomaDue cose si notano subito della scelta Dyson: la classi-
ca spazzola elicoidale Dyson è posizionata nel punto di
maggior larghezza, quindi quasi al centro della pianta,
lungo il diametro, con una leggera sporgenza che per-
mette la raccolta per tutta la larghezza dell’apparecchio.
Questo permette al 360 Heurist di aspirare su tutta la
scia che percorre. Questo layout ha permesso agli in-
gegneri Dyson di non inserire la classica spazzolina
rotante laterale presente in altri modelli, finalizzata a
portare la polvere verso il centro, e cioè verso il punto di
aspirazione; spazzolina che, per detriti particolarmente
leggeri, come le briciole di pane, può anche fungere la
“catapulta” verso la tangente, con un’azione non sem-
pre efficace. Proprio per questo generalmente i robot
fanno più di un passaggio, così da correggere eventuali
segue a pagina 27
La pianta più piccola permette al Dyson 360 Heu-rist di cavarsela meglio di altri robot tra le gambe di tavoli e sedie.
torna al sommario 27
MAGAZINEn.236 / 2125 GENNAIO 2021
TEST
Dyson 360 Heurist segue Da pagina 26
spostamenti involontari di briciole e polvere fuori dalla
propria area di aspirazione. Se da questo punto di vista
la mancanza della spazzolina rotante è un vantaggio,
dall’altro fa sì che l’efficacia del 360 Heurist sia stretta-
mente limitata all’area coperta e non alle fasce limitrofe.
E qui torniamo al problema degli zoccolini della cucina:
senza spazzolina fuori sagoma, viene meno anche la
possibilità di avvicinare l’area utile di aspirazione allo
spigolo. Il movimento del 360 Heurist avviene, come nel
modello precedente, grazie a una coppia di veri e propri
cingoli gommati e tassellati. Questo sistema garantisce
all’apparecchio un grip decisamente buono su qualsiasi
superficie; e, grazie anche a una sorta di “sospensioni”
ad assetto variabile, è davvero in grado di cavarsela an-
che in condizioni difficili, liberandosi con destrezza da
piccoli ostacoli, asperità, piccoli gradini e tappeti.
Il robot è dotato di una serie di sensori a corto e medio
raggio e dall’iconico “occhio” grandangolare rivolto ver-
so l’alto con il quale scruta l’ambiente circostante a 360
gradi e impara a muoversi. La camera è circondata da
una serie di LED pronti ad accendersi automaticamente
nell’istante in cui la luminosità fosse troppo bassa, per
esempio quando il robot opera al buio o quando si trova
a passare sotto qualche mobile e quindi in condizioni
di scarsa illuminazione. La sezione di aspirazione, ovvia-
mente, ha tutti gli stilemi del brand Dyson: architettura
ciclonica, motore digitale ad alta potenza, contenitore
della polvere trasparente. I colori sono quelli “di fami-
glia” con le plastiche nella classica finitura metallizzata
in colorazione blu decisa e cangiante. La base di ricarica
è semplicissima: una “L” di lamiera bianca da addossare
al muro, con i contatti di ricarica sulla parte orizzontale e
dei marker ottici (quattro quadrati neri in campo bianco)
su quella verticale. Questi marker fungono da “richiamo”
ottico per l’apparecchio quando deve tornare alla base.
Non ci sono sistemi di richiamo attivi, come per esempio
i radiofari IR presenti in modelli di altre marche.
L’app e la mappatura della casa: quasi perfettaLa messa in funzione è decisamente facile. Mentre si
effettua la prima ricarica, è possibile già connettere
l’apparecchio alla app Dyson: la procedura va senza
intoppi particolari e le impostazioni della Wi-Fi di casa
vengono trasferite all’apparecchio. Va ricordato - come
accade anche per altri modelli comandabili via app - che
la zona in cui si allestisce la base di ricarica deve esse-
re sotto copertura Wi-Fi, pena il non poter utilizzare con
successo il controllo via app. Finita la prima ricarica, si
può procedere subito con la pulizia. O meglio ancora
- come abbiamo fatto noi - con la procedura di apprendi-
mento della pianta di casa. In pratica l’apparecchio fa un
primo giro completo dell’appartamento senza aspirare
ma solo per apprendere. Si tratta di una funzione utile
perché l’operazione viene compiuta a bassa rumorosità
e di fatto in un solo colpo, mentre con altri brand è ne-
cessario impiegare i primi tre o quattro cicli di pulizia per
far apprendere la pianta di casa all’apparecchio.
La procedura è comunque lunga e nel nostro caso ha
richiesto anche una pausa di ricarica: l’apparecchio pas-
sa ripetutamente in tutte le zone della casa e riesce a
ricostruire in un solo giro una buona mappa di casa. Ov-
viamente il lavoro viene meglio se, durante questo tour,
ci si adopera per levare di torno gli ostacoli occasionali.
Alla fine del giro, sull’app è possibile visualizzare una
mappa delle aree coperte. A questo punto diventa pos-
sibile scomporre la pianta in ambienti, disegnando sullo
schermo delle barriere virtuali che dividono le stanze o
le aree che si vuole scomporre. L’operazione non è sem-
plicissima perché, per un limite dell’app, non è possibile
ingrandire la mappa per fare quest’operazione. Per case
complesse, l’operazione richiede l’operare davvero in
punta di dito. Ma alla fine ce la si fa e si può assegnare
un nome differente a ogni stanza, in modo da rendere le
attività successive più semplici. Il 360 Heurist può esse-
re inviato via app a pulire solo una o stanze selezionate,
funzione assai utile. Per ogni stanza è poi possibile sce-
gliere il livello di potenza di aspirazione. Ovviamente è
anche possibile gestire la programmazione settimanale
per un’attivazione automatica.
L’aspirazione firmata Dyson non sbagliaUna cosa va detta: dove il 360 Heurist passa, non perde
un colpo. Il sistema di spazzole e aspirazione è eviden-
temente molto efficace e a ogni pulizia non troviamo
“sbavature”, almeno nelle aree di transito dell’apparec-
chio. I punti in cui fallisce l’obiettivo riguardano i succitati
zoccolini rientranti, lungo i quali la pulizia non riesce.
Se l’aspirazione è potente ed efficace, di certo non si
può dire che l’apparecchio sia silenzioso; anzi diremmo
che siamo sui livelli di un aspirapolvere Dyson senza filo.
Da questo punto di vista, la cosa decisamente consiglia-
ta è quella di far lavorare l’apparecchio quando si è fuori
casa, così da non essere d’intralcio per lui e soprattutto
per non essere infastiditi dal rumore. Peraltro, si sa, non
c’è aspirazione potente senza rumore, è un fatto fisico.
I cingoli dimostrano tutta la loro efficacia (per esempio
passano senza fatica un generoso cavo di una prolunga
che corre in un punto del pavimento) e il robot si muove
snello tra le gambe delle sedie della cucina e della sala.
I sensori funzionano bene e l’apparecchio si mostra
sempre delicato nei confronti degli ostacoli, che o non
tocca affatto arrivando proprio a filo, o che al massimo
“bacia” fugacemente prima di arretrare e allontanarsi.
Qualche dubbio lo desta il contenitore dello sporco, che
non è molto generoso e quindi richiede uno svuotamen-
to abbastanza frequente. Lo sgancio del contenitore è
davvero facile (basta premere un tasto) mentre Il siste-
ma di apertura, che richiede la trazione del tappo, po-
trebbe a nostro avviso essere migliorato, magari con un
sistema di apertura a sportello attivato dalla pressione
di un tasto. Alla fine, il fatto che il contenitore, nella parte
bassa, sia trasparente non ci dispiace affatto: un colpo
d’occhio basta per capire se è giunto il momento di fare
pulizia e svuotarlo. Molto validi i filtri, sia quelli di carico
che di scarico dell’aria, capaci di abbattere le polveri
segue a pagina 28
I sensori di prossimità anteriori del Dyson 360 Heurist sono nella parte bassa e vedono lo zocco-lino a distanza e cercano di avvicinarsi. L’anta del mobile però lo ferma con un piccolo urto.
Non appena il 360 Heurist percepisce buio o penombra, accende la corona di led posta interno all’ottica centrale.
Dopo il lungo giro di ricognizione, l’utente può
dividere la mappa
ricavata in ambienti lo-gici separati,
da trattare in maniera
differenziata per le attività
di pulizia.
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MAGAZINEn.236 / 2125 GENNAIO 2021
emesse. All’interno c’è anche una porta USB che può
essere usata per l’aggiornamento del firmware nel caso
in cui non connetta l’apparecchio a Internet. La batteria è
certamente adeguata a un buon funzionamento dell’ap-
parecchio, ma comunque una sola carica non permette
la pulizia dell’intero appartamento da noi utilizzato per
il test; va detto che l’apparecchio, quando ha bisogno,
va a ricaricarsi per poi proseguire automaticamente da
dove ha interrotto. Sul fronte dell’autonomia, il fatto di
lavorare in penombra o al buio è una vera “mazzata”: le
luci, evidentemente, richiedono molta energia e accele-
rano visibilmente la necessità di ricorrere a una ricarica
La navigazione, il vero tallone d’Achille del 360 Heurist, soprattutto al buioIl 360 Heurist promette di orientarsi unendo le informa-
zioni che gli provengono dalla telecamera e dai sensori,
con quelle che ottiene dalla ricostruzione del percorso
fatto, una procedura che via via si affina aumentando
il livello di confidenza statistica dell’informazione e che
in robotica viene definita navigazione SLAM (Simul-
taneous localization and mapping). Il robot Dyson in
condizioni normali ha dimostrato di funzionare bene e,
tutto sommato anche in tempi buoni, malgrado la pian-
ta ridotta e quindi la necessità di fare alcuni passaggi
in più rispetto a modelli della concorrenza. Una cucina
grande, per esempio, viene pulita in poco più di 20 mi-
nuti. Qualche problema, invece, l’abbiamo sperimentato
mandando il robot in stanze lontane dalla propria base:
non sempre l’apparecchio, a fine lavoro, è riuscito a ri-
trovare la strada di casa. Non abbiamo però riscontrato
un comportamento deterministico da questo punto di
vista e non siamo riusciti a capire quale potesse essere
la condizione scatenante del problema, visto che inve-
ce molte altre volte il task è stato portato a termine con
successo. Fatto sta che, dopo aver vagato invano per la
casa per molto tempo, l’apparecchio si è abbandonato
alla sua batteria scarica ed è stato necessario riportarlo
manualmente alla base. La cosa che ci ha colpito è che
come se in alcune pur rare condizioni, il robot andasse
in completa confusione: in una di queste circostanze, gi-
rovagando per la casa, l’apparecchio è arrivato anche a
pochi centimetri dalla base di ricarica, ma non è stato in
grado di riconoscerla, come se si sentisse altrove. In una
situazione, l’apparecchio è entrato in uno stato di bloc-
co, pur da acceso, ed è stato necessario svitare il fermo
apposito e staccare la batteria per farlo ripartire. Ab-
biamo quindi prolungato la nostra prova di alcune set-
timane, per capire se la vocazione naturale all’appren-
dimento e all’adattamento all’ambiente propri di questo
apparecchio (da cui il nome Heurist) avrebbe migliorato
via via le cose, ma non abbiamo rilevato significativi pro-
gressi. Insomma, parrebbe che l’algoritmo di navigazio-
ne richieda ancora una discreta messa a punto, come se
l’occhio superiore non riuscisse a trovare, almeno nella
casa da noi utilizzata per il test, sufficienti riferimenti per
orientarsi in maniera univoca. Eppure parliamo di un’abi-
tazione decisamente convenzionale, con soffitti chiari e
planari, con lampadari, quadri e altri elementi di chiaro ri-
ferimento. Ma la maggiore perplessità sull’apparecchio,
ci è nata dalle esperienze di lavoro al buio o in forte
penombra, condizione che è praticamente la normali-
tà nel funzionamento a casa non presidiata. In queste
condizioni il 360 Heurist diventa drammaticamente len-
to e indeciso. L’accensione dei LED sicuramente aiuta
l’orientamento, ma evidentemente non basta: la nostra
cucina, che in condizioni di buona illuminazione veniva
pulita in 22 minuti, diventa un task da circa 7 ore, con
tre intervalli di ricarica. Senza dubbio il LED acceso au-
menta i consumi e la conseguente necessità di dedicare
del tempo alle ricariche, ma un tempo di lavoro di set-
te ore per 11 metri quadri di superficie, rende la pulizia
impraticabile nella maggior parte dei casi: piuttosto si
passa alla tradizionale scopa o, meglio ancora, a un ra-
pido passaggio con un aspirapolvere, magari proprio
un Dyson cordless. Il buio poi complica ancora di più
l’orientamento, aumentando il tasso di fallimento del
“ritorno a casa”. A meno che non ci fosse un problema
specifico sull’esemplare da noi provato (non possiamo
escluderlo, ma era del tutto nuovo al momento della
nostra prova), dobbiamo dire che questo robot non
pare adatto a lavorare in condizioni di buio completo,
contrariamente a quanto accade con i più titolati pro-
dotti della concorrenza, che nelle nostre prove non ci
hanno mai dato particolari problemi nei task eseguiti
a tapparelle chiuse e luci spente. A completamento
di un’esperienza di utilizzo che non possiamo definire
riuscita, si è manifestato anche qualche problema sul
fronte del Wi-Fi: in diverse situazioni, pur rimanendo ali-
mentato sulla base, il robot ha inspiegabilmente perso
il collegamento con la Wi-Fi (peraltro sufficientemente
potente in quel punto) rendendo necessaria una nuova
procedura di impostazione della rete.
Conclusioni: la robotica è un mestiere difficile. Dyson può e deve fare meglioIl 360 Heurist è l’unico prodotto robotico nella vasta
gamma Dyson. Ma la robotica è un vero e proprio me-
stiere, uno dei più difficili, perché le condizioni di la-
voro possibili sono moltissime e per certi versi anche
imprevedibili. E come abbiamo visto per esempio con
le altezze dei mobili della cucina, le esigenze possono
anche differire a seconda dell’area geografica. Questo
360 Heurist non ci sembra un punto di arrivo adeguato
al brand e al livello molto alto degli altri prodotti Dyson,
generalmente impeccabili sul fronte delle prestazioni; ci
sembra di essere, piuttosto, di fronte a uno step evoluti-
vo non ancora del tutto maturo che mette a frutto l’espe-
rienza di Dyson nel design e soprattutto nell’aspirazione
(che è eccellente) ma che non raggiunge gli obiettivi di
autonomia operativa che un robot deve avere.
Qualche miglioramento potrebbe avvenire con aggior-
namenti software, che auspichiamo tempestivi; ma più
probabilmente in casa Dyson si sta lavorando per una
revisione più radicale del 360 Heurist, che di fatto sem-
bra più un’evoluzione che una rivoluzione del modello
precedente. James Dyson dovrà porre rimedio per non
perdere il treno della concorrenza, che su questo fronte
è agguerrita e composta in larga parte da società, come
iRobot o Neato, che hanno la robotica come loro unica
mission. E avere a che fare con una concorrenza con
prodotti dello stesso livello o superiori non è una con-
dizione a cui James Dyson è abituato o nella quale si
dimostri a proprio agio. E forse la dimostrazione viene
anche da un prezzo, 999 euro, che è troppo simile o
addirittura inferiore ai top di gamma della concorrenza,
Allora... provaci ancora James! Puoi fare molto di più.
TEST
Dyson 360 Heurist segue Da pagina 27
A luci accese la pulizia dura 24 minuti.
Al buio la pulizia della stessa area viene completata in 7 ore, con tre sessioni di ricarica.
n una delle sessioni in cui l’apparecchio è andato in “con-fusione”, ha vagato per 9 ore in cerca della base, senza riuscire a tornarvi.
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MAGAZINEn.236 / 2125 GENNAIO 2021
di Paolo CENTOFANTI
A diversi mesi dall’annuncio, HP ha iniziato la di-
stribuzione del nuovo visore per la realtà virtuale
Reverb G2. Come il predecessore, e a differen-
za dell’Oculus Quest 2, si tratta di un visore pensato
esclusivamente per essere collegato ad un PC. La ca-
ratteristica di punta rimane invariata rispetto all’originale
Reverb con due display da 2,89 pollici che offrono una
risoluzione di 2160x2160 pixel per occhio, la più alta sul
mercato se si escludono prodotti ancora più di nicchia
come gli esoterici visori di Pimax. Reverb G2 è stato svi-
luppato con la collaborazione di Valve e introduce alcu-
ne importanti novità: raddoppiano le telecamere per il
tracciamento dei movimenti e soprattutto dei controller,
anch’essi rinnovati e sono stati sviluppati delle nuove
cuffie integrate mutuate direttamente dal Valve Index.
Sono state montate anche nuove lenti sempre realizza-
te in collaborazione con Valve ed è stato introdotto il
controllo meccanico della distanza intra-pupillare. Sulla
carta è a livello di specifiche dunque uno dei migliori
visori per la piattaforma Windows Mixed Reality e sicu-
ramente uno dei più interessanti per PC, con un prezzo
di listino che va di pari passo: 699 euro.
Il visore: leggero e confortevoleIl Reverb G2 si presenta come un dispositivo dal design
asciutto e funzionale e con un buon livello costruttivo
seppure interamente in plastica per mantenere l’unità
leggere e confortevole da indossare. La maschera che
viene in contatto con il viso si aggancia ora magnetica-
mente al visore il che agevola la connessione del cavo
e l’eventuale swap con accessori di ricambio. Il visore
si regola tramite due bande elastiche laterali che man-
tengono la maschera ben aderente sul viso offrendo
un ottimo isolamento dalla luce esterna, più una fascia
TEST Il nuovo visore per la realtà virtuale di HP è finalmente in arrivo. Ma è davvero il visore VR da avere? Lo abbiamo provato
HP Reverb G2. Realtà virtuale, immagine quasi realeReverb G2 è stato sviluppato in collaborazione con Valve. 2160x2160 pixel per occhio, tracking migliorato e nuovi controller
superiore che regola l’inclinazione del “cuscinetto” po-
steriore. Il peso (550 grammi) è davvero ben distribuito
e la maschera è morbida e rimane confortevole anche
durante lunghe sessioni. Un piccolo archetto rimovibile
consente di bloccare in posizione il lungo cavo di 6 me-
tri. Il connettore si inserisce indicativamente nell’angolo
superiore sinistro del visore in un alloggio piuttosto pro-
fondo nascosto dietro la maschera e occorre prestare
attenzione a infilare bene il cavo di modo che il connet-
tore entri effettivamente nella presa. Il cavo si fa quindi
scorrere sul lato sinistro, facendolo passare dietro l’alto-
parlante delle cuffie e quindi bloccandolo con l’archetto.
In questo modo il cavo cade dietro le spalle e non intral-
cia i movimenti, almeno inizialmente: come tutti i visori
“cablati”, quando poi ci si muove nell’ambiente fisico
occorre sempre prestare attenzione a non inciampare
nel cavo dopo alcune giravolte. Le cuffie integrate pro-
gettate da Valve si dispongono invece sopra le orecchie
ma senza toccarle, rimanendo distanziate. Ciò aumenta
sicuramente il confort quando si indossa il visore e crea
una certa sensazione di avvolgimento, ma riduce anche
l’isolamento dai rumori esterni specie se si mantiene il
volume basso. Questo si regola unicamente tramite l’ap-
posito menù della piattaforma Windows Mixed Reality.
I controller: tutti nuovi, ma con ampi margini di miglioramentoI controller sono stati completamente rivisti ma comun-
que pensati per la piattaforma Windows Mixed Reality
supportata dall’HP Reverb. Spariscono i pad touch e ri-
mangono solo i due stick analogici, affiancati dai doppi
trigger (un grilletto vero e proprio più uno per “afferrare”
oggetti sull’impugnatura), le coppie di tasti A/B e X/Y,
tasto windows e tasto menù. I controller sono contrad-
distinti dal grosso anello superiore necessario per il
tracciamento ottico del movimento e sono molto simili
a quelli dell’Oculus Quest 2 e l’ergonomia non è del tut-
to convincente: in mano risultano un po’ troppo piccoli,
soprattutto a livello di impugnatura e durante l’utilizzo ci
si sente un po’ impacciati. Anche lo stick analogico e il
grilletto principale sono un po’ piccoli e un po’ troppo da
giocattolo. I dispositivi sono naturalmente alimentati a
segue a pagina 30
La maschera e le imbottiture posteriori sono davvero molto morbide e rivestite in tessuto. Il visore pesa 550 grammi ma il peso è ben distribuito. Nel com-plesso è uno dei visori più confortevoli che abbiamo mai provato. Molte le similitudini con il Vive Index di Valve, nelle cuffie e nelle finiture in tessuto.
Il visore è dotato di nuove lenti progettate in collaborazione con il team di Valve. Tra le novità, anche il controllo meccanico della distanza inter-pupillare, visibile nell’immagine in basso a destra. In alto a sinistra si trova invece il connettore per il cavo da 6 metri per il collegamento al PC.
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MAGAZINEn.236 / 2125 GENNAIO 2021
batterie e utilizzando due pile stilo ciascuno. La connes-
sione avviene al visore via Bluetooth e i controller sono
totalmente privi di porte di alcun tipo. Questo vuol dire
anche che una volta scariche le batterie vanno sosti-
tuite e non possono essere ricaricate direttamente dal
controller collegandoli ad un alimentatore esterno. Vice-
versa, cambiando le batterie si è subito operativi il che
può essere un vantaggio. Al di là degli aspetti estetici, la
novità più importante immediatamente visibile sul viso-
re è l’aggiunta di due videocamere che porta il totale a
quattro. Le nuove videocamere sono posizionate late-
ralmente con lo scopo di allargare il raggio del tracking
dei controller. Si tratta di una novità nel panorama dei
visori Windows Mixed Reality e dovrebbe contribuire a
ridurre la perdita di tracciamento dei controller quando
non si mantengono le mani protese in avanti, miglioran-
do l’esperienza generale.
Installazione facile, ma occhio ai requisitiLa configurazione dell’HP Reverb G2 è piuttosto sem-
plice. In dotazione troviamo il cavo da 6 metri con da
un lato il connettore da inserire nel visore e dall’altra un
piccolo hub a cui si collega l’alimentatore esterno e da
cui fuoriescono un cavo USB-C e un cavo DisplayPort.
In dotazione troviamo anche un adattatore USB Type A/
USB-C e uno DisplayPort/Mini DisplayPort ma occorre
tassativamente una presa USB 3.0 per il corretto fun-
zionamento del Reverb G2. L’uscita video della propria
scheda grafica deve essere invece almeno di tipo Di-
splayPort 1.3. Una volta collegato al PC, il visore viene
riconosciuto dall’app Mixed Reality Portal di Windows 10
con la quale è possibile definire il perimetro dell’area in
cui ci si muove.
Per l’utilizzo del visore con SteamVR occorrerà scaricare
dalla piattaforma di Valve l’apposita app per l’integrazio-
ne delle due piattaforme. SteamVR comparirà così come
una delle applicazioni disponibili all’interno del portale.
Nel caso del Reverb è possibile ridurre la risoluzione da
2160 a 1440p oppure abbassare il refresh rate da 90 a
60 Hz nel caso i requisiti di sistema non siano sufficienti.
Se l’uscita video della propria scheda grafica non sup-
porta la piena risoluzione a 90 Hz, lo schermo del visore
rimarrà nero ma non riceverete nessun messaggio di
errore, il che può portare a pensare erroneamente che
ci sia un qualche problema con i collegamenti effettuati.
Venendo ai requisiti hardware, HP raccomanda per po-
ter sfruttare la piena risoluzione un PC dotato di almeno
una GPU Nvidia GTX 1080 o AMD Radeon RX 5700 o
superiore e processore Intel Core i5 o AMD Ryzen 5 o
superiore, specifiche che ci sentiamo di confermare e
che sono davvero al limite perché la risoluzione offerta
dal Reverb G2 rende molto più percepibile come vedre-
mo il livello di dettaglio grafico delle applicazioni. Per
la nostra prova abbiamo utilizzato la nuova Radeon RX
6800XT di AMD, che si è dimostrata più che adeguata
per pilotare il Reverb G2 con il dettaglio grafico al massi-
mo livello con la maggior parte delle applicazioni.
Risoluzione eccezionale, ma il tracking dei controller non convinceLa prima cosa che salta all’occhio una volta indossato
il visore HP è la quasi totale assenza di effetto screen
door. La griglia di pixel è infatti talmente fine che è appe-
na percettibile è questo è già un grandissimo risultato:
non scompare ancora completamente, ma rispetto ad
altri visori è talmente ridotta che non ci si fa più caso.
Un plauso va anche alle nuove lenti perché l’incredibile
sensazione di nitidezza e trasparenza è anche merito
loro. La sensazione di profondità e il livello di dettaglio
consentito dalla risoluzione dei pannelli LCD, offrono
un livello di immersione che va provato per essere ca-
pito. Le lenti sono sempre di tipo di Frensel ma i bagliori
prodotti dalla diffrazione in presenza di elementi molto
luminosi sullo schermo sono stati sensibilmente ridotti
rispetto alle prime generazioni di visori: sono sempre vi-
sibili in alcune situazioni particolari ma disturbano molto
di meno e non inficiano sulla qualità complessiva dell’e-
sperienza. L’ampiezza dell’angolo visivo non è eccezio-
nale, da specifiche tecniche 114 gradi, e si ha sempre
un po’ l’effetto scafandro, ma la risoluzione e la pulizia
dell’immagine sono talmente elevate che anche questo
difetto una volta preponderante passa decisamente in
secondo piano. Il primo banco di prova non poteva che
essere il miglior gioco oggi disponibile per la realtà vir-
tuale, Half-Life: Alyx. Con il titolo di Valve abbiamo potuto
apprezzare come mai prima i dettagli dei guanti e le armi
impugnate dalla protagonista:
siamo rimasti letteralmente in-
cantati solo a guardare con una
chiarezza cristallina i più piccoli
componenti della scheda elet-
tronica dei guanti ancora prima
di guardarci intorno. Spingendo
anche al massimo il dettaglio
grafico del gioco, la risoluzione
del Reverb G2 è talmente eleva-
ta da rendere paradossalmente
più evidente come la grafica di
Half-Life: Alyx non sia in realtà
all’altezza delle produzioni tripla
A odierne, aspetto che con gli
altri visori era mascherato dalla
ridotta risoluzione: alcune tex-
ture e modelli si rivelano essere
TEST
HP Reverb G2segue Da pagina 29
quasi non all’altezza della risoluzione messa a dispo-
sizione dal visore HP. The Lab di Valve è un’altra delle
esperienze in realtà virtuale che ancora a tanti anni dal
lancio offre del buon materiale demo. È il caso del bre-
ve Robot Repair che però consente di apprezzare con il
Reverb G2 un livello di dettaglio sbalorditivo. È possibile
avvicinarsi ai pannelli degli strumenti sulle pareti e rima-
ne incantati dalla precisione dei vari quadranti e inter-
ruttori che sembrano davvero reali. Stesso discorso con
Star Wars: Squadrons dove il realismo del cockpit delle
navicelle dell’universo di Guerre Stellari vale da solo l’e-
sperienza di gioco, quasi più degli stessi combattimen-
ti. L’unico neo dal punto di vista visivo è costituito dal
rapporto di contrasto dei piccoli schermi, con un livello
del nero un po’ troppo elevato e che limita la resa nelle
scene più buie. Emblematiche da questo punto di visto
le diverse sezioni di Half-Life: Alyx ambientate in corridoi
completamente bui, dove le immagini si fanno partico-
larmente slavate. Ma i veri dolori iniziano nel momento
in cui andiamo a descrivere il tracking effettuato dal si-
stema di telecamere. I momenti del visore sono tracciati
perfettamente e da questo punto di visto non abbiamo
riscontrato alcun tipo di problema nel camminare e
guardarci in giro a 360 gradi all’interno dell’ampia area
di gioco che abbiamo definito per la nostra prova. Con i
controller purtroppo è invece tutta un’altra storia. Nono-
stante le telecamere aggiuntive, basta veramente poco
per perdere di vista i controller nelle nostre mani, non
solo quando le portiamo sui fianchi, ma anche quando
sono teoricamente perfettamente all’interno dell’ango-
lo di visione delle videocamere. Inizialmente abbiamo
dato la colpa all’illuminazione della stanza, ma anche
rimediando alla situazione (nei limiti di un’installazione
casalinga), più volte e con diverse applicazioni i control-
ler improvvisamente vengono persi e non riagganciati
anche tenendoli perfettamente di fronte alle telecamere
se non dopo diversi secondi. Difficile dire dove risieda
il problema, perché a volte scollegando e ricollegando
il cavo USB la situazione migliora sensibilmente per poi
peggiorare al riavvio del PC. Il problema sembra essere
più che altro software, perché si presenta più frequente-
mente nelle vicinanze dei bordi dell’area di gioco che è
definita arbitrariamente in fase di Setup e non è legata
alla posizione fisica delle stazioni base come nei visori
SteamVR. Comunque sia, è chiaro che tutto ciò inficia
non poco sull’esperienza d’uso complessiva, almeno
per tutte quelle applicazioni che fanno uso intensivo dei
controller. Tutto ciò è per certi versi frustrante, perché il
Reverb G2 è davvero un salto in avanti in termini di im-
mersione visiva, ma con questo tracking è come guidare
un’auto sportiva con il freno a mano tirato. Peccato.
Il Reverb G2 si distingue dal modello di prima generazione per l’aggiunta delle videocamere laterali per migliorare la copertura del traccia-mento dei controller.
Grazie alla risoluzione del Reverb G2 è possibile ammirare i dettagli più fini dei guanti gravitazionali di Half-Life: Alyx, tanto da riuscire a osser-vare con estrema naturalezza e realismo anche i piccoli componenti dei circuiti stampati.
torna al sommario 32
MAGAZINEn.236 / 2125 GENNAIO 2021
di Roberto PEZZALI
Il 2020 è stato l’anno degli auricolari true wireless.
Figli delle prime AirPods, gli auricolari true wireless
sono ormai presenti all’interno della proposta com-
merciale di ogni azienda, con prezzi che variano dai
300 euro ai 20 euro. La forbice di prezzo racconta
una storia vera: produrre un auricolare true wireless
costa pochissimo e i margini sono altissimi. Si tratta di
prodotti a scadenza, l’abbiamo già detto diverse vol-
te, auricolari che si possono usare per un anno, forse
due, poi l’autonomia ne risente: le minuscole batterie
all’interno spesso non sono sostituibili e dev’essere
buttato o sostituito l’intero pezzo.
Partiamo con questa premessa perché le Galaxy Buds
Pro costano 229 euro, e rientrano nella fascia alta di
questo segmento: con la consapevolezza che non
sono prodotti che durano anni qualcuno potrebbe
decidere di non spendere così tanto per un paio di
auricolari, rinunciando ad un po’ di qualità ma rispar-
miando. Eppure le Galaxy Buds Pro sono una delle po-
chissime cuffie per le quali saremmo disposti ad una
spesa maggiore, perché tra tutti i modelli sul mercato
sono le più bilanciate che ci sia mai capitato di inserire
nelle orecchie.
Una cosa però va chiarita subito: le Galaxy Buds Pro
sono un po’ le AirPods Pro di Samsung, non tanto
per la fascia di prezzo ma per il legame stretto con
l’ecosistema dell’azienda coreana. Solo abbinate ad
un Samsung Galaxy rendono al meglio, soprattutto se
unite a modelli recenti dotati di Samsung One UI 3.1:
la tecnologia Dolby con head-tracking, la possibilità di
passare velocemente da un dispositivo all’altro, la mo-
dalità bassa latenza sperimentale e l’utilizzo di un co-
dec scalabile ad alta qualità sono tutte cose che solo
l’accoppiamento con un Galaxy garantisce.
Anche senza tutto questo, e a tutti gli automatismi che
TEST Galaxy Buds Pro sono i più avanzati auricolari true wireless mai prodotti da Samsung in collaborazione con AKG. Li abbiamo ascoltati
Auricolari Samsung Galaxy Buds Pro, recensione Forse i migliori auricolari wireless mai ascoltatiSolo abbinati ad un Samsung Galaxy rendono al meglio, soprattutto se uniti a modelli recenti dotati di Samsung One UI 3.1
la coppia Samsung - Samsung garantisce, le Galaxy
Buds Pro restano comunque auricolari eccellenti per
tre motivi principali: ergonomia, qualità audio e funzio-
ni di riduzione del rumore.
Comodi e vestono davvero beneSamsung, con le Galaxy Buds Live, ha trovato a nostro
avviso la forma perfetta per gli auricolari true wireless:
i piccoli fagioli si inseriscono alla perfezione nelle
orecchie, non danno alcun fastidio e possono essere
tenuti per ore, senza alcuna fatica. Inoltre, cosa da non
trascurare, il fatto che non siano sporgenti permetto-
no di tenerle sotto un casco, sotto un berretto, la sera
quando appoggiamo la testa sul cuscino o sull’aereo
quando ci appoggiamo al poggiatesta. Le Galaxy Buds
Live non sono però auricolari in-ear, le Galaxy Buds
Pro lo sono, e nonostante questo riescono mantenere
lo stesso livello di confort aggiungendo come plus una
cancellazione del rumore che funziona.
Il risultato è simile, anche se il fatto di avere i gommini
aggiunge sempre un punto di contatto tra auricolari e
orecchio che le Buds Live non hanno. Se le Buds Live
sono totalmente piatte, le Pro sporgono leggermente
dalle orecchie, e se si indossa un cappello o un casco
danno leggermente più fastidio. Un fastidio, comun-
que, appena accennato.
Il gommino in silicone funziona solo da isolante, non
serve per tenere l’auricolare agganciato all’orecchio
e questo aiuta parecchio sotto il profilo del confort.
Samsung ha curato tutto nei minimi dettagli, soprat-
tutto sotto il profilo costruttivo: il gommino in silicone,
disponibile in tre tagli, non è un banale gommino e
integra anche un utile filtro anti sporcizia. Questo pic-
colo filtro impedisce all’eventuale sporco di andare
a tappare in modo irreparabile i microfoni di uscita
del trasduttore, riducendo con il tempo il volume di
emissione: viene bloccato prima e rende il tutto più
facile da pulire.
La superficie degli auricolari dispone di controlli tou-
ch, che possono essere disabilitati: non ne abbiamo
avuto bisogno, la sensibilità è regolata nel modo cor-
retto e anche se tocchiamo inavvertitamente l’aurico-
lare per riposizionarlo, nel caso in cui dovesse servire,
non vengono impartiti comandi accidentali.
Portata eccezionale e pairing rapidissimoBasta togliere dalla custodia gli auricolari e indossar-
li la prima volta per attivare la procedura di pairing.
Le Galaxy Buds Pro, come le Live, sono particolari:
non c’è un tasto fisico sulla confezione per attivare
l’accoppiamento, basta tenere il dito su entrambi gli
auricolari per qualche secondo. L’accoppiamento è
fulmineo, sia con dispositivi Galaxy che con disposi-
tivi Android e iOS, il vantaggio sui dispositivi Galaxy
segue a pagina 33
torna al sommario 33
MAGAZINEn.236 / 2125 GENNAIO 2021
TEST
Samsung Galaxy Buds Prosegue Da pagina 32
è la possibilità di accoppiare le Buds a più dispositivi
e all’account Samsung Cloud permettendo il cambio
fluido da tablet a smartphone e viceversa.
Rispetto a tanti altri produttori che parlano di ecosiste-
ma quando in realtà siamo davanti solo ad un gadget
connesso, le Buds sono davvero integrate: si appog-
giano all’account Samsung Cloud e possono anche
essere ritrovate tramite Smart Things Cloud.
Nonostante il sistema trasmissivo sia il classico blueto-
oth, rispetto ad altri auricolari wireless abbiamo trovato
la portata e la stabilità della connessione eccezionale.
Giusto per fare un confronto con le Huawei FreeBuds
Pro che usiamo solitamente, ottime, usano le Galaxy
Buds Pro ci si riesce ad allontanare dal telefono mol-
to di più di quanto si possa fare con le Huawei senza
alcuna interruzione di segnale o degradamento della
qualità. Tenendo il telefono sulla scrivania possiamo
passeggiare in tutto l’ufficio, salendo anche di piano,
senza interrompere il segnale: non era mai successo
con nessun altro auricolare wireless.
Le cuffie si ricaricano quando si inseriscono nella cu-
stodia, che dispone di un accumulatore al litio da 472
mAh: all’interno di ogni auricolare c’è una micro bat-
teria da 61 mAh che garantisce un tempo di utilizzo
variabile dalle 3 alle 5 ore. Forse sul fronte dell’auto-
nomia ci si poteva attendere qualcosa in più, ma c’è un
motivo: le Galaxy Buds Pro dispongono di un doppio
trasduttore, sono auricolari a due vie, e pilotare due
driver richiede più corrente di quella che serve per
pilotare un classico auricolare. Si guadagna qualco-
sa spegnendo il sistema di cancellazione del rumore
attivo, ma funziona talmente bene che è un qualcosa
al quale difficilmente si può rinunciare. Combinando
auricolari e ricarica tramite custodia arriviamo comun-
que a 16/17 ore reali, un po’ meno di quanto dichia-
rato da Samsung. La custodia può essere ricaricata
sia tramite USB Type C sia tramite ricarica wireless
certificata QI.
La qualità audio è davvero altissimaLe Galaxy Buds Pro supportano tre tipi di codec: quel-
lo classico SBC, l’AAC e un codec scalabile proprie-
tario di Samsung. Quest’ultimo si può sfruttare solo
con smartphone Samsung, e in abbinamento al codec
scalabile con alcuni telefoni c’è anche il Dolby Atmos
Audio e l’audio 360° tramite Dolby Head Tracking,
una tecnologia simile a quella che Apple ha introdot-
to nelle sue AirPods Pro e che usa i giroscopi e gli ac-
celerometri integrati per capire come viene orientata
e mossa la testa. Il codec è ovviamente importante,
come è importante anche la qualità del materiale che
si ascolta, ma non si può trascurare l’impatto del tra-
sduttore. Qui troviamo il più grande investimento fat-
to da Samsung per i Galaxy Buds Pro: doppio driver,
un driver da 11 mm per i bassi e un driver secondario
da 6.5 mm per gli alti.
Esistono da anni auricolari fatti in questo modo per
il mercato hi-end, e l’investimento di Samsung viene
ripagato da una qualità audio davvero sorprendente.
La risposta è davvero eccellente, basso corposo mai
invadente, ottima spazialità, perfetta ricostruzione
della scena. Ci si può ascoltare di tutto, dalla musi-
ca ai film, senza mai avere la sensazione di trovarsi
davanti ad una carenza in gamma bassa o a medi im-
pastati. Le voci sono sempre nitide, equilibrate, sen-
za sibilanti e mai fastidiose, con un rumore di fondo
davvero bassissimo anche con il sistema di riduzio-
ne del rumore attivo. Molto buona anche la resa dei
microfoni durante le telefonate e le sessioni di video
chiamata o di video conferenza. I microfoni disposti
attorno all’auricolare catturano la voce in modo netto
e chiaro, e il sistema di riduzione del rumore fa un
lavoro eccellente nel filtrare l’audio ambiente. Ottima
anche la resistenza al vento, se le usiamo per cor-
rere o per andare in bicicletta, e nessun problema
se indossiamo un cappello che copre gli auricolari.
Con alcuni auricolari noise cancelling, è il caso delle
FreeBuds Pro che abbiamo usato fino ad oggi, se il
berretto copre le orecchie e quindi anche il microfono
esterno si crea un fastidioso effetto eco. Questo non
succede con le Galaxy Buds Pro.
Riduzione del rumore efficace e intelligenteLe Galaxy Buds Pro risolvono il principale problema
delle Galaxy Buds Live: una cancellazione del rumore
poco efficace. La forma aperta delle Live non poteva
permettere, per ovvi motivi, il raggiungimento di un
livello di prestazioni adeguato ma grazie alla tipologia
in-ear e ai gommini in silicon le Buds Pro salgono in
cattedra. Le abbiamo provate a lungo in questi giorni,
sfruttando anche il classico rumore di fondo dei mezzi
di trasporto, come i treni, e il livello di cancellazione di
rumore delle Pro è eccellente.
Non ci troviamo davanti a quegli auricolari che fanno
effetto tappo, semplicemente abbattono in modo ef-
ficace il tappeto di rumore senza però alterare il con-
tenuto sonoro. La cancellazione del rumore non ha
alcuna influenza sulla resa audio, ma ha un impatto
su quello che è il volume di ascolto: se infatti stiamo
ascoltando una traccia audio e in stazione viene mes-
so un avviso vocale, il volume si abbassa e si riesce
ad ascoltare l’avviso distintamente. La stessa cosa
se qualcuno ci parla o se noi parliamo a qualcuno: la
cancellazione del rumore, oltre ad essere efficace è
anche intelligente e si adatta dinamicamente all’am-
biente inserendo se serve anche l’amplificazione
dell’audio circostante. Ci sono due modalità di ridu-
zione del rumore ambientale, e nonostante si possa
usare il tocco sull’auricolare per ciclare tra i diversi
modi si ha un controllo più granulare se si scarica
l’applicazione dedicata, disponibile anche per iOS,
seppur con funzioni limitate.
Qui sopra, alcune funzioni attivabili solo su Samsung Galaxy.
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MAGAZINEn.68 / 2125 GENNAIO 2021
di M. ZOCCHI
Hyundai ha diffuso le prime imma-
gini in anteprima del nuovo SUV
Bayon, un modello che andrà a
battagliare nel segmento B, che annove-
ra tanta concorrenza in Europa. Abbiamo
giocato un po’ con la luminosità e il con-
trasto delle immagini per rivelare qualche
dettaglio in più, ed in effetti, specialmente
al posteriore, di scorge qualcosa.
Le linee sono piuttosto nette, e ricordano
AUTO ELETTRICA Compaiono le prime immagini teaser per Hyundai Bayon, SUV compatto
Hyundai mostra le prime immagini del SUV Bayon Arriverà anche in versione elettrificata?Il SUV compatto di Hyundai andrà a posizionarsi in un segmento molto affollato in Europa
in parte nuovi corsi stilistici già visti con
la imminente Ioniq 5, mentre al frontale la
posizione su più livelli dei fari ricorda an-
che la Hyundai Kona. Hyundai ha confer-
mato che Bayon sarà uno dei veicoli con
il nuovo design che la casa coreana chia-
ma “Sensuous Sportiness”, per coniuga-
re valore emozionale a nuove soluzioni
estetiche. Sul fronte tecnico ancora non
sappiamo molto, ma quasi sicuramente
non arriverà una versione elettrica, ma
è probabile una semplice mild hybrid.
Bayon dovrebbe arrivare nella prima
metà del 2021.
di M. ZOCCHI
Dopo la prima presentazione datata
dicembre 2019, Mercedes ha pre-
sentato definitivamente EQA, SUV
elettrico che segna l’inizio della nuova
offensiva a batteria della casa tedesca,
dopo il timido iniziale approccio con la
EQC. Come noto, EQA è passata dall’a-
vere caratteristiche estetiche simili alla
Classe A, all’aspetto odierno, un SUV di
4,46 metri di lunghezza e 1,62 metri di al-
tezza. Per questa nuova vettura elettrica
di Mercedes il prezzo è un fattore fonda-
mentale. Secondo il listino italiano EQA
250, questo il nome completo, parte da
41.139 euro IVA esclusa, ovvero poco più
di 50.000 euro con IVA, il che permette
di accedere ai generosi incentivi statali.
Rottamando una vecchia vettura si può
quindi acquistare EQA a circa 40.000
euro, cifra che sale a 44.000 senza rotta-
mazione contestuale. A questo prezzo si
ha una vettura che riprende i temi stilistici
già visti nella EQC, con una batteria da
66,5 kWh, che porta ad una autonomia
secondo il ciclo WLTP di 426 km (17.7
kWh/100 km). Questo per la versione di
AUTO ELETTRICA Dopo tante anteprime, arriva la presentazione definitiva di Mercedes EQA
Mercedes svela il SUV elettrico EQA 426 km di autonomia a 50.000 euro Il SUV compatto vuole imporsi nel segmento più alla moda. Disponibile dalla primavera 2021
lancio, mentre più avanti arriverà una
variante con autonomia fino a 500 km.
Il motore, per ora, ha una potenza di 140
kW, e una coppia equivalente a 375 Nm.
Per quanto concerne la ricarica, EQA ha
a bordo un caricatore in corrente alter-
nata da 11 kW, per tempi di ricarica che
quindi sfiorano le 6 ore, mentre affidan-
dosi alla ricarica fast in corrente continua
e connettore CCS si arriva a un massimo
di 100 kW, ovvero dal 10% all’80% in 30
minuti.
L’infotainment può contare sull’interfac-
cia MBUX, rispondente anche ai coman-
di vocali attivabili con la parola chiave
“Hey Mercedes”. A richiesta disponibile
l’Head up Display o la navigazione con
realtà aumentata Non potevano manca-
re ovviamente i sistemi di assistenza alla
guida, con frenata di emergenza auto-
matica, e a richiesta anche assistente di
svolta, la funzione corridoio di emergen-
za, il sistema di prevenzione degli urti la-
terali in presenza di ciclisti o veicoli che si
avvicinano e l’avvertimento che segnala
le persone sulle strisce pedonali.
Le versioni disponibili sono 6, S SPORT,
SPORT PLUS, SPORT PRO, seguite poi
dal livelli superiori PREMIUM, PREMIUM
PLUS e PREMIUM PRO. EQA 250 sarà
disponibile in concessionaria dalla pri-
mavera 2021.
Ecco il furgone elettrico di Amazon in versione finale. Fa uno strano rumore per i pedoniUn video su Internet mostra il furgone elettrico che Rivian sta sviluppando per Amazon in un test di consegna. E per la prima volta si sente il forte rumore di avvertimento per i pedoni di P. AGIZZA
Ancora avvistamenti per il furgone elettrico che Rivian sta sviluppan-do per Amazon: in un video cat-turato nei pressi di Los Angeles possiamo notare il mezzo impe-gnato in un test di consegna nel mondo reale. Rispetto all’ultimo avvistamento di qualche mese fa ad Irvine, il mezzo non è camuffa-to. Nessuna sorpresa per quel che riguarda il design, con la versione reale del furgone che segue per-fettamente le linee mostrate da Amazon qualche tempo fa. Oltre alla conferma del design, il partico-lare più interessante riguarda il ru-more di avvertimento per i pedoni, che è molto forte. Alcuni testimoni hanno dichiarato di poterlo udire distintamente anche da dentro le proprie case. L’aspetto curioso è che il furgone di Rivian non sin-tetizza il rumore solo quando è in movimento, ma anche quando è fermo con il motore al minimo. Pos-siamo notare, però, come il rumo-re cambi in base alla velocità del mezzo. Amazon inizierà ad utilizza-re i furgoni di Rivian già quest’an-no. Il progetto prevede di metterne su strada 10mila entro il 2022, per arrivare poi ad una flotta di 100mila furgoni elettrici entro il 2030.
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MAGAZINEn.68 / 2125 GENNAIO 2021
di Massimiliano ZOCCHI
ll nuovo CEO Luca de Meo ha portato
una ventata di novità in Renault, che
unita ad una rivoluzione organizzativa
ha generato lo slogan “Renaulution”. Un
cambio operativo e qualitativo per tutti i
marchi gestiti, che trova una sintesi nella
presentazione della Renault 5 Prototype.
La rinascita di una classica che per molti
anni è stata il simbolo di Renault: intel-
ligente, democratica ma anche sporti-
va. E queste sono le stesse sensazioni
che la concept vorrebbe ora richiamare.
Renault, nei prossimi anni, presenterà
ben 7 nuovi modelli 100% elettrici, con
l’obiettivo di rendere la tecnologia più
accessibile, sia in termini di segmenti, sia
in termini economici.
Per questo il simbolo di queste novità
non poteva che essere un’auto “del po-
polo”, apprezzata per design e capacità
di penetrare nell’immaginario comune.
AUTO ELETTRICA Renault scommette su tecnologia e su elettrificazione con la Renault 5 Prototype
La Renault 5 rinasce, moderna ed elettrica E incarna la visione “Renaulution”È la lettura in chiave moderna di una grande classica del marchio. Sarà la nuova regina d’Europa?
La nuova Renault 5 Prototype è una
Renault 5 a prima vista, ma allo stesso
tempo è evidente il richiamo a uno stile
più moderno. La storica presa d’aria sul
cofano diventa lo sportellino per la pre-
sa di ricarica, e sono numerosi i richiami
al design del passato. Appare evidente
che un’auto così potrebbe avere un suc-
cesso immediato, tuttavia per il momen-
to non è dato sapere se resterà un pro-
totipo o vedrà davvero la produzione di
massa. Quel che è certo è che il progetto
Zoe è arrivato ormai alla fine della sua
lunga (e gloriosa) vita e che quindi andrà
sostituito. Sarà proprio la R5 elettrica la
nuova regina d’Europa?
SpaceX pronta a trasformare Boca Chica in spazioporto con resort di lussoSpaceX ha intensificato le attività nel sito di Boca Chica e studia espansioni future, con bar, resort e tour guidati per un vero “Gateway to Mars” di M. ZOCCHI
I lavori per SpaceX proseguono senza sosta, seguendo due vie parallele. Da una parte ci sono i lanci effettuati con successo per vari clienti, sfruttando il pluri-col-laudato razzo Falcon 9, e dall’altra c’è lo sviluppo di Starship, l’enor-me nave spaziale che dovrebbe servire per i voli sulla Luna prima e su Marte poi. Per quest’ultima parte SpaceX ha adottato il sito di Boca Chica, diventata vera e propria base operativa in Texas, tanto da spingere Elon Musk a tra-sferirsi nello stato del sud. A Boca Chica la Starship viene costruita e assemblata nei suoi vari prototipi, e quindi anche testata in loco, con conseguente aumento di perso-nale al lavoro. Per questo era già stato realizzato un bar, con una zona esterna coperta dalle ali del-la prima Starship, MK1.Sembra però che le cose possa-no evolvere, fino a creare un polo industriale e ricettivo, una sorta di spazioporto inclusivo di servi-zi e resort, per i lavoratori e per i visitatori. Lo stesso Musk aveva già dichiarato che erano al lavo-ro per un nuovo e più futuristico bar, dotato anche di un punto di osservazione per i test e i lanci. A questa costruzione si affianche-rebbero delle visite guidate. Spa-ceX avrebbe anche aperto una ri-cerca per una figura manageriale, che gestiscail resort, per “rendere Boca Chica un posto epico dove lavorare e vivere”.
di M. ZOCCHI
Anche Dacia esce rinnovata dal-
la Renaulution, la rivoluzione del
Gruppo Renault che si prefigge lo
scopo di riorganizzare tutta la struttura
della casa francese e di tutti i marchi
controllati. E forse è proprio Dacia più
di tutti a esemplificare il mantra di que-
sti cambiamenti, focalizzati soprattutto
alla semplificazione produttiva, al cost
saving, ma sempre tenendo lo sguardo
ben fisso al futuro.
Il modello su cui si basa il business di
Dacia si è sempre dimostrato efficace
e solido, e quindi resterà simile al pas-
sato, ma con alcuni cambiamenti impor-
tanti. In futuro Dacia utilizzerà la piatta-
forma dell’Alleanza CMF-B, sfruttando
la sua flessibilità, così da passare da 4
piattaforme ad una soltanto, e contem-
poraneamente da 18 tipi di carrozzeria
a 11. Si intensificherà inoltre la sinergia
con il marchio Lada.
La nuova piattaforma consentirà anche
AUTO ELETTRICA È proprio Dacia più di tutti a esemplificare il mantra dei cambiamenti Renault
Anche Dacia si rafforza con la “Renaulution” Una piattaforma per tutte le motorizzazioni, un’auto elettrica economica e un nuovo concept
la produzione di veicoli con motorizza-
zioni a energie alternative o ibridi. Du-
rante il 2021 arriveranno in gamma le
nuove Sandero e Logan, e finalmente la
Spring, elettrica 100% che viene definita
la più accessibile d’Europa. Arriveranno
poi altri tre nuovi modelli entro il 2025.
A simboleggiare il cambiamento, Dacia
ha anche mostrato Bigster Concept,
un veicolo lungo 4,6 metri, con il solito
design robusto e pragmatico, un SUV
che entra a pieno titolo nel segmento C
ma che, come da tradizione Dacia, po-
trebbe avere un prezzo da segmento
inferiore. Non ci sono per ora progetti
precisi per le motorizzazioni, dato che
ancora non si sa se arriverà alla produ-
zione, ma tutte le opzioni potrebbero
essere aperte. Nel frattempo il Concept
strizza l’occhio alla sostenibilità, elimi-
nando cromature, finti metalli o materia-
li pregiati: al loro posto c’è plastica rici-
clata, usata anche allo stato grezzo per
le modanature di protezione esterne.
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MAGAZINEn.68 / 2125 GENNAIO 2021
di Massimiliano ZOCCHI
Ad inizio anno avevamo già par-
lato dei fondi per gli incentivi per moto e scooter elettrici, già
caricati sulla piattaforma ministeriale e
disponibili. Dopo qualche giorno in più
di attesa ripartono invece gli incentivi
per le auto, elettriche, ibride o Euro 6. Il
sito di riferimento, ecobonus.mise.gov.it, è stato ripulito da tutti i riferimenti dei
contributi non più esistenti, aggiornan-
do la grafica con solo i nuovi fondi, ora
caricati e disponibili per le domande de-
gli aventi diritto. Oltre ai già citati fondi
per i veicoli di categoria L, troviamo il
vecchio Ecobonus, con i fondi già stan-
ziati e previsti, al quale si sommano gli
incentivi stabiliti con la Legge di Bilancio
2021, che riprende esattamente quanto
era presente con il Decreto Agosto dello
scorso anno. La somma massima a van-
taggio del cittadino può quindi arrivare
a 10.000 euro (più una manciata di cen-
AUTO ELETTRICA Sono stati caricati i nuovi fondi per gli incentivi statali, al via dal 18 gennaio
Ripartono gli incentivi statali per nuove auto Online 700 milioni di euro per i cittadiniSommano l’Ecobonus già presente agli incentivi stabiliti con la Legge di Bilancio 2021
tinaia di euro in realtà) nel caso si acquisti
un’auto elettrica rottamando un vecchio
veicolo. Riprendiamo il testo di presenta-
zione presente sul sito:
“Dal 1 gennaio 2021 sono disponibili oltre
700 milioni di euro per i cittadini per l’ac-
quisto di veicoli a basse emissioni relativi
sia alle categorie dei motocicli L1 e del-
le auto M1 sia alla nuova categoria dei
veicoli commerciali N1. I concessionari
potranno, a partire dalle ore 10 di lunedì
18 gennaio, accedere sulla piattaforma
ecobonus.mise.gov.it per inserire le pre-
notazioni del contributo per veicoli M1,
mentre è già possibile prenotare i contri-
buti per la categoria L.
Ai contributi già previsti dalla Legge di
Bilancio 2019 e dai successivi DL Rilan-
cio 2020 e DL Agosto 2020, si aggiun-
gono ulteriori risorse stanziate per il fon-
do automotive con la Legge di Bilancio
2021. In particolare, i contributi concessi
per le fasce di emissioni 0-20 g/km e
21-60 g/km sono rifinanziati con ulte-
riori 120 milioni di euro per tutto il 2021,
portando l’ammontare odierno a 390
milioni di euro, essendo 270 milioni già
stanziati. A queste risorse potranno ag-
giungersi i residui degli anni precedenti.
Questa la suddivisione degli incentivi:
•0-20 g/km: 6.000 euro con rottamazio-
ne e 4.000 senza rottamazione
•21-60 g/km: 2.500 euro con rottamazio-
ne e 1.500 senza rottamazione
Alle medesime due fasce potranno ag-
giungersi 2.000 euro con rottamazione
e 1.000 senza rottamazione fino al 31
dicembre 2021, ed in tal caso è anche
previsto uno sconto praticato dal vendi-
tore pari ad almeno 2.000 euro o 1.000
euro a seconda che sia presente o meno
la rottamazione.
Le due fasce di emissioni 61-90 g/km e 91-
110 g/km sono state rimodulate in un’uni-
ca fascia 61-135 g/km (dal primo gennaio
ci sarà infatti un nuovo ciclo di rilevazione
delle emissioni), finanziata con 250 milio-
ni di Euro. Il precedente finanziamento è
andato esaurito. La durata dell’incentivo
è di sei mesi e sarà possibile usufruirne
solo con rottamazione:
61-135 g/km: 1500 euro con rottamazione
Anche in questo caso all’incentivo so-
pra indicato si aggiunge uno sconto
praticato dal venditore pari ad almeno
2.000 euro.
DMOVE In arrivo 20 stazioni, uno stallo sempre dedicato a Taycan
Porsche, Q8 e Enel X insieme 20 stazioni di ricarica ultrafast
di M. ZOCCHI
La rete di ricarica italiana cresce velocemente, e presto avrà un aiuto consistente
anche grazie a Porsche. La casa tedesca, per supportare il successo della sua
prima elettrica, la Taycan, ha stretto una partnership con Q8 ed Enel X per portare
sul territorio nazionale 20 stazioni di ricarica High Power Charging.
Le location avranno una potenza massima di 300 kW in DC, con la possibilità di ricari-
care 2 veicoli contemporaneamente, di qualsiasi marca. Uno stallo però sarà sempre
dedicato a Porsche Taycan. Una volta che saranno attive le colonnine HPC saranno
visibili nella normale app Juicepass di Enel X, ed anche integrate nell’ecosistema Por-
sche. Il prezzo dovrebbe essere il solito delle altre HPC (Ionity, Enel X) ovvero 79 cen-
tesimi per ogni kWh erogato. Le aree, che saranno ovviamente all’interno di stazioni
di servizio Q8, saranno realizzate entro la fine del 2021, e vanno ad unirsi allo sforzo
già messo in campo da Porsche, con le infrastrutture di ricarica rapida nei 30 Centri
Porsche italiani e alle svariate colonnine Destination, presso strutture ricettive.
La prima stazione di ricarica ultrafast sarà
inaugurata presso l’area di servizio Q8 di Pa-
derno Dugnano (MI), seguita da altre stazioni
di servizio presenti su altri snodi importanti
per traffico quotidiano e turismo stagionale
tra cui Carate Brianza (MB), Erbusco (BS),
Padova, Perugia, Roma, Napoli, Polignano a
Mare (BA), Brindisi, Porto Rotondo (OT).
Tesla uccide la concorrenza con il crollo dei prezzi di Model 3: si arriva anche a 38.000 euroSi aggiorna il configuratore europeo di Tesla, con i prezzi della Model 3 che calano in tutta la gamma. Addirittura la Performance ora rientra negli incentivi statali di M. ZOCCHI
Il configuratore di Tesla si è aggior-nato, pare in tutti i Paesi europei, riportando ribassi di prezzo a dir poco clamorosi. Nonostante tutte le novità introdotte da poco, Tesla abbassa ancora i prezzi, in parti-colare di Model 3, che ora diventa un modello spacca mercato. Ba-sandosi sulla colorazione di serie e senza optional, ora la Standard Range Plus parte da 47.900 euro, praticamente il vecchio prezzo con incentivi già applicati, ma in questo caso ancora da scalare. Ed infatti il configuratore propone il costo chiavi in mano di 42.750 euro, ov-vero con i 6.000 euro (senza rotta-mazione) statali già scalati. La Long Range diventa un modello molto appetibile, perché al vecchio prez-zo della SR+ offre 580 km di auto-nomia a partire da 53.990 euro, sempre con incentivi da scalare eventualmente. Addirittura il mo-dello Performance, con cerchi da 20”, velocità massima di 261 km/h, dettagli in carbonio, ora rientra ne-gli incentivi italiani, con un prezzo base di 60.990 euro. Significa por-tarsi a casa il modello top a circa 50.000 euro, con una vecchia vet-tura da rottamare. La concorrenza ora sarà costretta a rivedere la pro-pria politica dei prezzi.
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MAGAZINEn.68 / 2125 GENNAIO 2021
di Massimiliano ZOCCHI
Renault aveva promesso grosse no-
vità, e la conferenza dei piani per
il futuro non ha di sicuro tradito le
aspettative. In un articolo dedicato ab-
biamo già mostrato il nuovo prototipo elettrico della Renault 5, ma le moto-
rizzazione a batteria avranno un ruolo
centrale nel nuovo piano.
Oltre alla presentazione di nuove auto
elettriche, anche lo storico marchio
Alpine passa all’elettrico, e al tempo
stesso diventa espressione univoca
dello sport Renault. Alpine Cars, Renau-
lt Sport Cars e Renault Sport Racing si
riuniscono tutte sotto il brand Alpine.
Questa operazione include, come già
noto, anche il team di Formula 1, e pro-
prio la ricerca abbinata alla F1 sarà una
fonte importante per la nuova gamma
stradale di Alpine, che incredibilmente
diventa 100% elettrica, e i piani per farlo
sono già chiari.
Alpine sfrutterà le sinergie dell’Alleanza
AUTO ELETTRICA Tutte le divisioni sportive di Renault vengono inglobate sotto il brand Alpine
Alpine ingloba le divisioni sportive di Renault Diventa 100% elettrica. Tre auto per il futuroAlpine svilupperà auto elettriche e sportive, anche in collaborazione con il Gruppo Lotus
con Nissan e Mitsubishi, oltre alla new
entry, come collaboratore, di Lotus. Con
questi mezzi a disposizione, il piano
prevede:
• Una compatta sportiva (Segmento
B) 100% elettrica basata sulla piat-
taforma CMF-B EV dell’Alleanza
• Un cross-over sportivo (Segmen-
to C) 100% elettrico basato sulla
piattaforma CMF-EV dell’Alleanza
• Un’auto 100% elettrica sostitutiva
dell’A110, sviluppata con Lotus
In particolare la Business Unit Alpine e
il Gruppo Lotus hanno firmato un proto-
collo di intesa per lo sviluppo di un’auto
elettrica sportiva.
I due team, dalle rispettive sedi in Fran-
cia e Regno Unito, porteranno avanti lo
studio di fattibilità completo per l’inge-
gneria, la progettazione e lo sviluppo in
comune di questo modello.
L’obiettivo è la redditività per il 2025,
considerando anche gli investimenti nel
motorsport.
di M. ZOCCHI
L’arrivo di nuovi modelli e la ripar-
tenza degli incentivi statali sta fa-
cendo nascere tante opportunità
per nuovi clienti che vogliono cambiare
il loro modo di viaggiare. Era attesa “al
varco” Volkswagen, che da tempo ave-
va promesso un prezzo particolarmente
accessibile per la versione base della
ID.3, la prima elettrica del suo nuovo
corso. La promessa è stata mantenuta,
con l’apparizione del modello City nel configuratore online.
Secondo i dati riportati, ID.3 City ha una
batteria da 45 kWh, con una autonomia
dunque di circa 300 km, in base al con-
sumo segnalato di 149 Wh/km. Il prezzo
ovviamente è un suo punto forte, con il
listino che parte da 34.400 euro. Si tratta
AUTO ELETTRICA VW mantiene le promesse. prezzi super competitivi per la versione base della ID.3
Ecco City, l’elettrica Volkswagen ID.3 economica Con gli incentivi ISEE costa 20.000 euroCon l’Ecobonus il prezzo scende a 24.000 euro, addirittura 20.000 euro con l’incentivo ISEE
dunque di una vet-
tura che ha pieno
accesso a tutti gli
incentivi statali, com-
preso l’ormai famoso
incentivo ISEE riser-
vato a chi ha reddito
inferiore ai 30.000
euro, e che consente
di abbattere del 40%
il prezzo di auto elet-
triche con listino fino a 36.600 euro. Ma
andiamo con ordine.
Secondo il configuratore Volkswagen,
potendo accedere all’Ecobonus e agli
incentivi della nuova Legge di Bilancio,
il prezzo della ID.3 scende a 24.290
euro, un costo già particolarmente com-
petitivo. Questo con rottamazione di un
vecchio veicolo. Il sito propone anche
l’opzione senza rottamazione, per cui
con incentivi parziali il prezzo sarebbe di
27.290 euro. Nel caso in cui il cliente pos-
sa accedere all’incentivo ISEE accennato
sopra (di cui si attendono ancora i decreti
attuativi), il prezzo verrebbe tagliato del
40%, arrivando quindi vicino ai 20.000
euro. Per il momento non ci sono infor-
mazioni precise sulla prevista consegna.
Hyundai esagera: con la Maxi Rottamazione fino a 14.000 euro di vantaggi per Kona ElectricLa casa coreana reagisce subito alla ripartenza degli incentivi statali, aggiungendo una sua promozione ai già consistenti contributi statali di M. ZOCCHI
Dopo la mossa a sorpresa di Tesla con il ribasso dei listini, ma la con-correnza non sta certo a guardare. Hyundai, dopo la ripartenza degli incentivi statali, si è attivata subito per sfruttarli al meglio, aggiungen-do anche farina del suo sacco. La promozione Maxi Rottamazione coinvolge molte vetture in gamma, anche la nuova Tucson, ma offre il suo meglio sulle auto elettriche. Nel caso della Kona Electric con batteria da 39 kWh il vantaggio cliente arriva addirittura a 14.000 euro. È ovviamente una promo-zione vincolata alla rottamazione di un vecchio veicolo, così da avere accesso al massimo dell’E-cobonus, ma Hyundai affianca la sua proposta di finanziamento By Mobility. Dicevamo della Kona Electric 39 kWh, che nella versio-ne 136 CV XPrime+ ha un prezzo di listino di 38.400 euro. Grazie allo sconto che la casa aggiunge agli incentivi il prezzo di vendita scende a 24.376 euro, da pagare con la formula di finanziamento. Dopo il primo canone di 932 euro, si passa a rate di 199 euro mensili per 35 mesi, con un riscatto finale di 17.640 euro. Un prezzo decisa-mente appetibile per una delle auto elettriche più efficienti del mercato. La promozione è valida fino al 31 gennaio 2021.
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MAGAZINEn.68 / 2125 GENNAIO 2021
di M. ZOCCHI
Bianchi ha da tempo intrapreso una
strada di cambiamento per la sua
gamma, puntando in maniera deci-
sa sul mercato in espansione delle eBike,
dapprima con la serie T-Tronik (qui l’ar-ticolo dedicato) e poi con l’affascinante
design e l’integrazione tecnologica della
E-SUV (l’abbiamo mostrata qui). Ora
prosegue su questa strada aggiungendo
anche la linea chiamata e-Omnia, sem-
pre eBike, ma che vogliono offrire una
scelta per tutte le esigenze, affiancando
anche la possibilità della configurazione
online.
Le eBike e-Omnia dunque si dividono in
tre diverse famiglie, a secondo degli usi
a cui sarebbe destinata la bici:
• C-Type: City
• T-Type: Tourer (include la versione
uomo e donna ed il modello full su-
spension FT-Type)
• X-Type: Mountain (include il model-
lo full suspension FX-Type)
Si parte da C-Type, eBike tipicamente
BICI ELETTRICA Bianchi affianca alle ebike E-SUV e T-Tronik anche la nuova gamma e-Omnia
Bianchi presenta la gamma eBike e-Omnia Tre categorie e con configurazione onlineLe nuove eBike si dividono in tre famiglie, configurabili su misura per città, trekking ed eMTB
pensata per la città, per i brevi sposta-
menti, comunque effettuati su strade
comode, senza troppe pretese tecniche
e sportive. Il prezzo base è 3.320 euro,
che comprende il colore bianco, motore
Bosch Performance Line CX con batteria
da 500 Wh Powertube e cambio Shima-
no Deore a 10 velocità. Nel configurato-re online è però possibile passare alla
batteria da 625 Wh, o anche al cambio
nel mozzo Shimano Nexus, equipaggia-
to con cinghia Gates in carbonio (+390
euro), o anche cambiare colore ed ag-
giungere vari accessori come borse o
cestini. La serie Tourer propone invece
tre eBike diverse: uomo, donna o full
suspension, sempre modificabili onli-
ne. Sulla pagina della T-Type Gent ad esempio, partendo da un prezzo di
3.370 euro, ci sono addirittura 5 pac-
chetti aggiuntivi, tra cui spicca il top chia-
mato Long Range Plus, che per 1.250
euro aggiuntivi propone una batteria di
scorta da 500 Wh (oltre ai 500 Wh di
serie), display Purion e caricatore da 4A.
Possibile anche effettuare un upgrade
della forcella, passando da Suntour a
Rock Shox Recon, o ad esempio ag-
giungere l’ABS all’impianto frenante, che
però costa caro, 1.640 euro. Creando
una eBike full optional si possono supe-
rare i 7.000 euro.
La versione full suspension invece ha meno opzioni, e permette solo di cam-
biare colore, aggiungere l’ABS o gli ac-
cessori, con un prezzo di partenza di
4.900 euro.
Infine abbiamo i modelli eMTB, front o
full. Partendo dalla X-Type, troviamo una
classica front, sempre basata su forcel-
la Suntour XCR34, sostituibile con Rock
Shox Recon per 100 euro aggiuntivi. An-
che qui è presente il pack long range,
l’ABS o il reggisella telescopico. Si parte
da 3.450 euro, ma si può arrivare a più
di 6.000 euro.
La FX-Type è invece la eMTB biammor-
tizzata, che di serie propone sospensioni
Rock Shox Yari e Deluxe Select, mentre
per sovrapprezzo è configurabile con
Fox 36 Rhythm e Float DPS Performance.
Il pack Performance per 460 euro sosti-
tuisce la batteria con quella da 625 Wh.
Prezzo di partenza di 4.800 euro, che
con il top della configurazione arrivano a
7.950 euro. Qui la pagina dedicata.
DMOVE Annunciato un nuovo sviluppo per il ritorno sul mercato
Torna la DeLorean di Ritorno al Futuro È pronta per rinascere elettrica
di M. ZOCCHI
La DeLorean non è completamente morta. Dopo i 9.200 esemplari prodotti negli
anni ‘80, e la notorietà ottenuta grazie alla trilogia di “Ritorno al Futuro”, l’azien-
da aveva chiuso i battenti, incapace di creare le necessarie economie di scala. Il
marchio, i pezzi di ricambio e tutta la società sono dunque finiti in mano a un magnate
Texano che da anni sogna di riportare la DMC-12 sul mercato, senza successo. Nel
frattempo però il progetto, così come era stato concepito anni fa, è diventato obsoleto,
spingendo la nuova DeLorean a puntare sul motore elettrico. Il powertrain a batteria
sembra essere una scelta perfetta per ciò che rappresenta la DeLorean nell’immagina-
rio comune, da sempre legata a concetti di sogno e fantascienza. Utilizzando telaio e
scocca originali, il team ha lavorato per ammorbidire le linee, modificando i paraurti e in-
serendo fari a LED. Al posteriore si è lavorato mantenendo i classici fanali a riquadri, che
però ora vanno a creare, con un gioco
di colori, la scritta DMC. Gli interni ori-
ginali sono stati ridisegnati completa-
mente, con linee vintage ma moderne,
e con sedili all’altezza di un’auto pre-
mium. Con le caratteristiche adeguate
una DeLorean elettrica avrebbe buo-
ne possibilità di successo.
Trinity è l’asso nella manica di Herbert Diess per rivoluzionare VolkswagenVolkswagen sta già progettando il futuro dopo la gamma elettrica ID. Il progetto Trinity è il passo successivo del cambiamento in atto di M. ZOCCHI
Durante le prime consegne della ID.3, in alcuni Paesi tra le auto più vendute di fine anno, sono iniziate anche le vendite delle prime ID.4, e a breve la produzione verrà ulte-riormente incrementata.Nonostante le cose vadano così bene, il CEO Herbert Diess non dorme certo sugli allori, e anzi prepara già lo step successivo della rivoluzione di Volkswagen. Questa rivoluzione è conosciuta per ora con il nome di Trinity, che lo stesso Diess identifica come il passo successivo a NEO (ovve-ro la gamma ID), lasciando alla fantasia di ognuno i riferimenti ai film di Matrix. È prestissimo per conoscere i dettagli di Trinity, ma sembra che tutto debba partire da una nuova ammiraglia basata sugli studi che sta portando avanti il team Artemis, creato in seno ad Audi. Se già la gamma ID e la piat-taforma MEB dedicata all’elettrico rappresentano una pietra miliare per il Gruppo Volkswagen, ciò che sta facendo Artemis va ancora ol-tre: cercare la massima efficienza e innovazione partendo da un “fo-glio bianco”.Quindi addio a vecchi concet-ti, niente legami con il passato, un’auto nuovo sotto tutti i punti di visti, per creare la migliore vettu-ra - elettrica - possibile. Appunta-mento al 2025.