25 08 2011 IlFoglio · IL FOGLIO ANNO XVI NUMERO 199 DIRETTORE GIULIANO FERRARA GIOVEDÌ 25 AGOSTO...

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IL FOGLIO ANNO XVI NUMERO 199 DIRETTORE GIULIANO FERRARA GIOVEDÌ 25 AGOSTO 2011 - 1,30 quotidiano Redazione e Amministrazione: via Carroccio 12 – 20123 Milano. Tel 02/771295.1 Sped. in Abb. Postale - DL 353/2003 Conv. L.46/2004 Art. 1, c. 1, DBC MILANO DOPO LA CADUTA DI TRIPOLI Il direttorio obbligato IL FOGLIO ANNO XVI NUMERO 199 DIRETTORE GIULIANO FERRARA GIOVEDÌ 25 AGOSTO 2011 - 1,30 quotidiano Redazione e Amministrazione: via Carroccio 12 – 20123 Milano. Tel 02/771295.1 Sped. in Abb. Postale - DL 353/2003 Conv. L.46/2004 Art. 1, c. 1, DBC MILANO Roma. Diversi osservatori si stanno ora- mai chiedendo per quale ragione al fian- co della Germania, nel direttorio che aspira a guidare l’Europa fuori dalla cri- si dei debiti sovrani, figuri sempre la Francia. Dopotutto a Parigi le cose non vanno poi così bene. Il rating sovrano è salvo, certo, ma le banche calano in Bor- sa come tutte le altre. Il presidente della Repubblica, Nicolas Sarkozy, si sforza di infondere sicurezza e tra Libia, Siria e vertici europei si prodiga a fare la voce grossa in politica estera, ma le crepe nei muri si vanno vistosamente moltiplican- do. A Ferragosto le principali banche d’affari americane avevano diffuso i dati con l’esposizione complessiva verso con- troparti francesi con toni preoccupati, e il picco nei credit default swap (cds) sulla Francia tradisce forte preoccupazioni su Parigi. Preoccupazioni che trovano ampio riscontro nei dati delle ultime ore: le sti- me di crescita per l’anno in corso parla- no di un calo inatteso per il 2011 (dal 2 per cento previsto all’1,75 per cento) e il 2012. Ciò comporterà anche una riduzione del- le entrate fiscali e una maggiore difficoltà nel raggiungere l’obiettivo stabilito per il 2011, ovvero un rapporto deficit/pil al 5,7 per cento, fino al 3 per cento nel 2013. Per questo ieri al primo ministro, François Fillon, è toccato l’ingrato compito di an- nunciare al paese una manovra aggiunti- va di 12 miliardi di euro, un miliardo su quest’anno e 11 sul prossimo. A farne le spese saranno molte agevolazioni fiscali, un nucleo di contribuenti facoltosi a cui verrà applicata una tassa una tantum del 3 per cento sui redditi da lavoro e capita- li superiori a 500 mila euro e forse anche gli incentivi pubblici al lavoro straordina- rio. Il tutto mentre i tecnici di Eliseo e Quai d’Orsay lavorano alacremente a una visita di stato in Cina, con il possibile sco- po di chiedere a Pechino sostegno per il rifinanziamento del debito. Lacrime e sangue anche a Parigi, dunque. Eppure la consuetudine dei vertici bilaterali e dei moniti congiunti franco-tedeschi al resto dell’Eurozona continua come se niente fosse, al punto da far tornare in mente la coppia inossidabile Gerhard Schröder e Jacques Chirac di qualche anno fa. Una coppia pesante, quella, che per anni sancì un irrigidimento nei rapporti tra il vago- ne di testa dell’Europa continentale e gli Stati Uniti, sincronizzando le iniziative delle due cancellerie. Ma a quei tempi gli equilibri erano diversi, le disparità non erano così evidenti e le due potenze si parlavano davvero da pari a pari. In que- sti giorni va in scena un film profonda- mente rivisitato nella trama e negli attori. La Francia odierna è un paese che vuole comunicare al resto del mondo di essere ancora nella stanza dei bottoni. Ci prova in tutti i modi, innanzitutto per salvarsi dalle borse che scommettono contro Pari- gi ma anche per ringalluzzire l’elettorato in vista delle prossime elezioni politiche. E se la Corte europea vigilasse sui conti? Berlino, per conto suo, ha un’esigenza diversa. Certo, ieri l’indice Ifo sulla fidu- cia degli imprenditori tedeschi è sceso ri- spetto a luglio, facendo peggio di quanto si attendessero gli analisti, ma la Germa- nia resta l’unico paese con le spalle ab- bastanza larghe da reggere l’euro, e que- sto status fa sì che i meccanismi collegia- li le calzino stretti. A dare fastidio non so- no solo le interminabili concertazioni con partner europei in cronica difficoltà, ma anche i sondaggi tedeschi che segnalano un crescente desiderio di sganciare la Grecia e di non transigere su politiche troppo blande. Il dibattito sugli Eurobond è un po’ la cartina di tornasole di questa situazione: ieri perfino Sergio Marchion- ne, l’ad di Fiat, ha ritenuto doveroso pro- nunciarsi sul tema, sostenendo che “non c’è altra soluzione al problema” dei debi- ti sovrani. Il segretario generale dell’Oc- se, Angel Gurría, ha detto invece che i ti- toli di debito comune non ci saranno e che è meglio pensare a raddoppiare il Fondo salva stati (Efsf); mentre il solita- mente misurato presidente federale tede- sco, il cristiano democratico Christian Wulff, ha prima sollevato dubbi sul soste- gno della Bce ai mercati dei titoli di sta- to, poi ha detto che anche sull’Efsf biso- gna ascoltare i parlamenti. Angela Merkel infine, forse per dare l’idea di cosa signi- fichi condividere con Berlino le scelte di politica fiscale, ha suggerito che la Corte di giustizia europea vigili sull’applicazio- ne del Patto di stabilità. E’ anche per ri- spondere all’assedio sugli Eurobond che entra in gioco Parigi: la presenza di un partner un po’ ammaccato ma blasonato come la Francia evita la solitudine delle grandi decisioni, l’accusa di scelte unila- terali e altre iatture. La fluttuazione della biancheria Guardando le ragazze per strada, ma come indicatori del mercato Q uando nel 2005 Margaret Thatcher ven- ne presentata a David Cameron, dopo che quest’ultimo era stato eletto leader del Partito conservatore, osservò incredula: “Non può essere il capo del Partito conser- vatore: non porta la cravatta”. Aveva ragio- ne. Chi si veste in modo così informale e trascurato, come facevano abitualmente “i padroni dell’universo” nella City e a Wall Street negli anni Zero del nuovo Millennio, potrebbe essere altrettanto informale e tra- scurato – come in effetti è stato – da dimen- ticare che l’argomento decisivo per una banca o un istituto finanziario è: la Fiducia. Chi aveva previsto la crisi del 2009 aveva – consciamente o addirittura inconsciamen- te – colto questo segno semiologico dei tempi. In ogni momento, ciascuno di noi esegue undici milioni di connessioni si- naptiche inconscie, ma è in grado di fare solo quaranta pensieri razionali consci. Il signor Darcy aveva una rendita di dieci mi- la sterline l’anno perché l’era delle Guer- re napoleoniche era stata un periodo di boom. Lo sappiamo perché Elizabeth Ben- net indossava, senza corsetto, abiti stile impero fluttuanti in seta marezzata traspa- rente trattenuti da un nastro fissato sotto il seno, di cui rappresentava l’unico soste- gno. Non stupisce che il nuovo, audace val- zer fosse considerato una forma di copula sulla pista da ballo. Tuttavia, per gli specu- latori finanziari da quelle morbide curve ballonzolanti colava oro, perché la moda femminile è un utile indicatore finanziario delle mutanti condizioni economiche mon- diali. Prendiamo il XX secolo. Il boom dei ruggenti anni Venti vede le “flapper” in- dossare minigonne con un’impalcatura sot- tostante ridotta ai minimi termini. Addirit- tura, il primo reggiseno era rappresentato da due fazzoletti legati insieme. Durante la Grande Depressione, invece, imperavano gli abiti da sera lunghi e attil- lati, mentre per il giorno le donne preferi- vano indossare gonne più lunghe: segno in- conscio della maggiore protezione che si cerca, istintivamente, nei periodi di crisi. Gli anni Cinquanta hanno visto abiti como- di e protettivi. L’epoca eisenhoweriana del- la prosperosa pruderie è stata dominata dalla gonna svasata tre quarti (civettuola, ma sicura), non da ultimo in virtù di un’in- dustria della corsetteria fatta di pancere contenitive e reggiseni appuntiti che usava- no più gomma dell’industria automobilisti- ca americana. Il produttore cinematografi- co Howard Hughes mise a frutto tutta la sua esperienza di progettista aeronautico per confezionare un reggiseno per la sua fi- danzata, nonché star hollywoodiana, Jane Russell, che le consentisse di superare la rigida censura del codice Hayes, che preve- deva che il seno rimanesse immobile sullo schermo in qualsiasi situazione. Gli anni Sessanta hanno visto l’esplosio- ne delle minigonne di Mary Quant. Questi anni d’oro si sono trasformati intorno al 1970 negli anni di piombo, quando l’infla- zione salì al 25 per cento e le gonne scese- ro a toccare il pavimento. Nella battaglia tra il produttore sindacalizzato e il consu- matore privatizzato dei thatcheriani anni Ottanta hanno avuto la meglio le spalle ampie imbottite e i capelli cotonati. L’inti- mo, spesso color porpora, era un segno di potere personale, “perché io valgo”. Il de- cennio boom dal 1994 è stato segnato da quelli che si potrebbero definire “anni dai facili costumi” (“Sex & the City”), ca- ratterizzati dall’invalidante feticismo po- dologico dei tacchi alti, perché “sono trop- po ricca per dover camminare”. Nella mo- da esplode un mix di costoso, anoressico, “simil-chic”, con scarpe traballanti, reggi- seni dolorosamente costrittivi e tanga tan- to sottili da poter dimenticare di averli ad- dosso, il tutto sognando di diventare la moglie trofeo di un banchiere o di un cal- ciatore (gli eroi del momento). L’insosteni- bilità di questa situazione, in cui ci si ri- trova a essere un tacchino legato pronto per essere farcito, si è materializzata nel 2008, quando il boom si è trasformato in tracollo. Ora, un attento lettore del mer- cato avrà notato che la vendita di tanga è calata notevolmente dal 2004 per registra- re oggi un meno 27 per cento (come i mer- cati), mentre quest’anno, in piena crisi, Marks & Spencer ha venduto 500 mila paia di mutande coprenti e protettive. Sembra che anche le gonne si stiano adattando al- la crisi. Quindi, quando ci si sofferma al- l’angolo della strada a guardare le ragaz- ze che passano (come cantava Dean Mar- tin in: “Standing on a corner watching all the girls go by”) si stanno ovviamente stu- diando i mercati finanziari. La Giornata * * * * * * In Italia Nel mondo ALFANO APRE AL CONFRONTO SUL- LA MANOVRA, “LA MIGLIOREREMO”. Il segretario del Pdl, Angelino Alfano, nel suo intervento ai direttivi parlamentari dei gruppi del Pdl, ha detto: “La manovra sarà approvata dal Parlamento nei saldi previ- sti dal governo. Con la Lega troveremo un’intesa. Stiamo lavorando per migliora- re il testo, Berlusconi ha idee importanti”, riguardo alle proposte presentate dal Pd: “Ci sono molte ombre, ma qualcuna può es- sere valutata”. *** Rapiti a Tripoli quattro giornalisti italia- ni. Si tratta di Elisabetta Rosaspina e Giu- seppe Sarcina del Corriere della Sera, Do- menico Quirico della Stampa e Claudio Mo- nici inviato di Avvenire. *** Marchionne sostiene Montezemolo: “Se Luca decidesse di scendere in politica avrebbe il mio appoggio”. Poi sugli investi- menti l’ad di Fiat ha detto: “Servono certez- ze. Per ora non c’è nessun aumento di ca- pitale in vista. L’aumento dell’Iva proposto nella manovra avrà un impatto sul merca- to dell’auto e sui consumi”, riguardo alla patrimoniale Marchionne ha precisato: “Sono disposto a fare qualsiasi cosa se l’o- biettivo è chiaro”. Il presidente Fiat, John Elkann: “L’Italia deve decidere se vuole fa- re auto come vuole fare la Fiat”. “Fiat ha avuto dall’Italia tutte le certezze che chie- deva”, ha replicato il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi. *** Il Pd si divide di fronte allo scioperogene- rale indetto dalla Cgil. Il segretario Pier Luigi Bersani ha detto: “C’è bisogno di ri- compattare, non dividere il paese”. Per il leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini: “Lo sciopero è un errore politico”. Il leader dell’Idv, Antonio Di Pietro, ha detto: “Io e il popolo viola scenderemo in piazza”. Articolo a pagina quattro *** Meotti è tra i vincitori di Capalbio 2011. Il redattore del Foglio, Giulio Meotti, è stato premiato alla quindicesima edizione con il libro “Non smetteremo di danzare”. *** Cresce la disoccupazione giovanile: 1.138.000 di under 35 è senza lavoro. Il 29,6 per cento dei ragazzi sotto i 24 anni è sen- za lavoro. La media europea è del 21 per cento. Lo ha reso noto uno studio di Confar- tigianato. Il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, ha detto: “Il nuovo apprendistato è la risposta”. *** Borsa di Milano. FtseMib +1,8 per cento. L’euro chiude in rialzo a 1,44 sul dollaro. L’UNIONE EUROPEA HA VOTATO NUOVE SANZIONI CONTRO L’IRAN. La decisione dell’Ue ha colpito gli interessi economici dei reparti speciali al Quds, le forze di élite dell’esercito iraniano, accusa- ti di sostenere, “con armi e intelligence”, il regime di Bashar el Assad in Siria. Tre persone sono state uccise in Siria da un operazione dell’esercito siriano a Homs. *** La Francia impone una nuova tassa sui redditi superiori ai 500 mila euro. L’impo- sta sarà del tre per cento. La manovra è parte del piano del governo di Nicolas Sarkozy di tagliare il deficit di 12 miliardi entro i prossimi due anni. *** Moody’s abbassa il rating del Giappone. L’agenzia ha declassato il giudizio sul debi- to sovrano del paese “da Aa2 ad Aa3”. Articolo a pagina quattro *** Google pagherà una multa di 500 milioni di dollari. Il governo americano ha accusa- to l’azienda californiana di aver aiutato a vendere medicinali di compagnie farma- ceutiche canadesi negli Stati Uniti. *** Un incontro tra Medvedev e Kim Jong -Il è avvenuto in Siberia. Il leader della Corea del nord ha detto al presidente russo di “essere pronto a una moratoria sulla pro- duzione e i test di armi nucleari”. Il cargo spaziale russo Progress M-12M lanciato dalla Siberia è andato fuori orbi- ta schiantandosi a terra poco dopo. *** Un militante di Hamas è stato ucciso du- rante un raid dell’aeronautica israeliana su Gaza. Secondo il portavoce dell’esercito, il militante stava preparando un nuovo at- tacco a Israele dal Sinai. L’Idf ha ordinato il dispiegamento di più uomini e mezzi al confine con l’Egitto in se- guito alla minaccia di terrorismo dalla re- gione confinante del Sinai. *** Negli Stati Uniti cresce la domanda di be- ni durevoli. Secondo il dipartimento del Commercio, a luglio le vendite di macchine e aerei sono aumentati del 4 per cento. *** In Kenya, Ruto è stato espulso dal governo. Il ministro dell’Istruzione è accusato dalla Corte internazionale di aver incitato le vio- lenze post elettorali tra il 2007 e il 2008, nel- le quali morirono più di 1.300 persone. *** Samir Nasri andrà al Manchester United. Il 24enne francese lascerà l’Arsenal. Questo numero è stato chiuso in redazione alle 21 Roma. Ad Angelino Alfano il mandato di negoziare con Umberto Bossi e la Lega. Il pacchetto che il Pdl intende portare in ca- sa padana contiene qualche concessione e qualche pretesa: via l’aumento dell’età pen- sionabile, ridimensionamento dei tagli ai comuni, ma abolizione di tutte le province. L’obiettivo di Silvio Berlusconi è quello di centrare un pareggio politico con l’alleato nordista. Bossi potrà esultare da paladino dei pensionati, ma il Cav. vuole dare un se- gnale forte sui costi della politica: e dunque via tutte le province. D’al- tra parte martedì, al telefo- no con il proprio entourage riunito a Roma, il premier aveva scandito queste pa- role: “Bisogna stabilire una volta per tutte se le provin- ce servono o sono uno spre- co di risorse economiche. Se sono inutili vanno abo- lite tutte, non solo quelle più piccole”. Dopo le per- nacchie rivolte da Bossi ad Alfano appena pochi giorni fa, che poco di buono lasciava- no intendere intorno alle intenzioni del leader leghista nei confronti del segretario del Pdl, è possibile che lunedì prossimo il giovane ex Guardasigilli venga scortato da Silvio Berlusconi nella tana di Bossi. Alfa- no non è uno sprovveduto e molti dei suoi interlocutori, tra i compagni di partito, lo hanno avvertito di un rischio: l’intenzione di Bossi – non estraneo Giulio Tremonti – potrebbe essere quella di non riconoscerti come interlocutore. Una mossa che in effet- ti l’ala ancora tremontiana della Lega (non Roberto Maroni) sta coltivando come ipote- si. Un’opzione che – è il timore del Pdl – avrebbe l’effetto di rilanciare l’appannato Tremonti cui ieri sul Foglio Sandro Bondi si è rivolto con queste parole: “Avrebbe l’occasione di offrire un notevole contribu- to al miglioramento della manovra se, insie- me ad Angelino Alfano, si spendesse mag- giormente per la riforma delle pensioni”. Una causa che il ministro dell’Economia non sembra affatto aver perorato alla cor- te di Bossi. Il Cavaliere parla poco, si tiene tattica- mente fuori dal coro di polemiche e lamen- tele, ma è attivissimo sul dossier della ma- novra. E’ stato Berlusconi a imprimere, tra ieri e martedì, un’accelerazione alle tratta- tive interne al Pdl. “Berlusconi ha idee im- portanti”, ha detto ieri Alfano. Oltre all’a- bolizione tout court delle province, il pre- mier intende innalzare subito l’Iva (forse di un punto o forse solo dello 0,5 per cento) e sollevare – come scritto ieri da alcuni quo- tidiani – la soglia di reddito oltre la quale scatta il contributo di solidarietà. L’idea del Cav. era quella di cancellarlo del tutto, ma forse non si potrà fare. Così come appa- re complicata la riduzione del numero dei parlamentari già a partire dalla prossima legislatura. Berlusconi vorrebbe fortissi- mamente, ma ci sono ovvie e probabilmen- te decisive resistenze. “Se si tenta una leg- ge di questo tipo – dice al Foglio uno dei di- rigenti parlamentari del Pdl – è la volta buona che cade il governo e si va a elezio- ni anticipate”. Stabilire la riduzione del numero dei parlamentari sarebbe come re- capitare ad almeno la metà dei deputati e senatori della maggioranza una lettera di licenziamento definitiva dalla politica, of- frire a tutti costoro la certezza di non esse- re più rieletti già a partire dalla prossima legislatura. Il dubbio non è da poco: accetterà Bossi, leader di un partito nativista e territoriale, che le province spariscano per sempre? Non sarà facile, nonostante le concessioni su pensioni e comuni. E forse anche per questo, alla fine, Berlusconi accompagnerà Alfano. Anche perché davanti al leader le- ghista dovrà essere ribadito senza esitazio- ni un concetto molto caro al Cavaliere: “La patrimoniale, finché sarò capo del governo, non si farà mai”. Dopo le pernacc hie L’ultima offerta del Cav. a Bossi:salve le pensioni ma via tutte le province Alfano si farà ambasciatore di una mediazione “che non si può rifiutare”. Problemi sul taglio dei parlamentari Tutto ma non la patrimoniale A. A LF ANO Perché la Nato ha mostrato più debolezze che forza contro Gheddafi Roma. Forse riuscirà a vincerla ma per la Nato la campagna libica rischia di rap- presentare il canto del cigno. Dopo dieci anni di conflitto afghano, dal quale l’Al- leanza atlantica conta di sfilarsi entro il 2014, la guerra libica ha messo in luce tut- te le debolezze e le contraddizioni di un’al- leanza militare incapace persino di chia- mare la guerra con il suo nome. Nelle no- te di linguaggio dei comandi alleati l’opera- zione Unified Protector è definita “opera- zione a protezione dei civili”. Oltre 20 mi- la sortite aeree delle quali più di 8 mila di attacco con più di 500 missili da crociera e alcune migliaia di bombe sganciate sulla Libia (poco più di 500 delle quali lanciate dai jet italiani) rappresentano uno sforzo non irresistibile per le potenzialità (alme- no quelle sulla carta) della Nato ma di cer- to sufficiente a far rientrare l’intervento nella definizione di guerra come dimostra- no oltre un migliaio di civili uccisi secon- do fonti lealiste. La campagna libica ha già richiesto oltre cinque mesi di incursioni, ben di più di quanto preventivato dai comandi alleati te- nendo conto delle capacità non certo formi- dabili dell’armata di Gheddafi. Sul piano politico e strategico il conflitto nel Mediter- raneo ha ribadito, ingigantendoli, i proble- mi già evidenziati dai partner europei del- la Nato nella campagna afghana. L’ex se- gretario alla Difesa statunitense Robert Gates aveva sottolineato nell’ottobre 2007 di non essere “soddisfatto del fatto che un’alleanza con membri che hanno oltre due milioni di militari non riesca a trova- re le modeste risorse aggiuntive promesse per l’Afghanistan”. Se a Kabul il ruolo preminente degli Sta- ti Uniti ha coperto i vuoti lasciati dagli eu- ropei, in Libia il basso profilo assunto da Washington nelle operazioni aeree ha evi- denziato i limiti militari della componente europea. Le 300 sortite aeree quotidiane pianificate in marzo si sono ridotte in pra- tica a 120/150 per la carenza di aeroplani. In media cinque velivoli messi in campo da Olanda, Belgio, Norvegia, Canada, Spa- gna, Svezia, Danimarca, Qatar ed Emirati arabi uniti oltre ai dodici dell’Italia. Francia e Gran Bretagna con una cin- quantina di cacciabombardieri e una ven- tina di elicotteri d’attacco hanno fornito più della metà dei velivoli da combatti- mento. Svezia e Norvegia hanno già ritira- to i loro jet e se a fine settembre le opera- zioni non saranno ancora concluse si riti- reranno altri paesi, inclusa probabilmente l’Italia. Di fatto non sono più di un centi- naio i jet da combattimento schierati dagli alleati, inclusi i caccia destinati a pattu- gliare lo spazio aereo libico. Una missio- ne marginale già in aprile quando era evi- dente che Gheddafi non disponeva più di forze aeree mentre lo sforzo maggiore si concentrava nelle operazioni contro gli obiettivi terrestri. Roma. L’avanzata trionfale dei ribelli libici, al terzo giorno dopo la “presa di Tripoli”, s’apre a diversi scenari possibi- li. Uno ricorda il caos post invasione in Iraq. Quattro giornalisti italiani – Elisa- betta Rosaspina e Giuseppe Sarcina del Corriere, Domenico Quirico della Stam- pa e Claudio Monici di Avvenire – sono stati rapinati e sequestrati in mattinata lungo la strada che collega Zawiya a Tri- poli, e il loro interprete è stato ucciso. Monici ha telefonato alla sua redazione in Italia. I quattro, sono stati chiusi in un appartamento dai rapitori. Sono stati fer- mati da una banda armata, che poi li ha consegnati alle forze fedeli al colonnello libico. Il console italiano a Bengasi, Gui- do De Sanctis, dice che i giornalisti sono in un palazzo della capitale, tra il bunker di Bab al Aziziyah e l’hotel Rixos – a pro- varlo sarebbe il fatto che dal- l’appartamento si vede un noto centro commer- ciale di pro- prietà di Aisha, la figlia di Gheddafi. Se- condo De Sanc- tis, che è riusci- to a entrare in contatto con uno dei gior- nalisti, gli in- viati “stanno bene” e “sono stati rifocillati con cibo e acqua” allo scadere del digiuno del Ramadan. Le truppe del regime si arroccano in una resistenza tenace: infestano il centro di Tripoli e l’aeroporto e Sirte, la città na- tale del rais, resiste. Nella capitale, i gior- nalisti sono stati liberati dall’hotel Rixos, ma i cecchini continuano a sparare dai tetti. Il capo dei ribelli, Mustafa Abdul Jalil, ha messo una taglia di due milioni di di- nari sulla testa del rais, che ancora non si trova. In un messaggio audio, Gheddafi ha detto di essere ancora a Tripoli e di aver passeggiato in incognito per le vie della capitale, nella mattinata di merco- ledì. Ora che anche il suo bunker di Bab al Aziziyah è caduto, però, è probabile che il rais voglia spostarsi verso sud, ver- so la regione desertica del Fezzan, nel sud della Libia, la sua roccaforte più so- lida, la zona del paese che deve di più a Gheddafi. E’ grazie alle nuove strade e al- le massicce opere di irrigazione, tra cui il Grande fiume artificiale, l’acquedotto più grande al mondo, se la popolazione, da sempre costretta nelle oasi, ha potuto go- dere di un benessere che non fosse lega- to soltanto al petrolio, presente nel nord della regione. Il rais, nel Fezzan, è di casa: ha fatto le scuole superiori a Sabha, la città più im- portante della regione, e buona parte del- la sua tribù, originaria della costa, si è spostata in quelle zone. Sabha, dove ora sono di stanza i mercenari arrivati da Ni- geria e Ciad, era al centro del programma nucleare sviluppato da Gheddafi. Le vel- leità atomiche sono state abbandonate, ma le strutture militari, con tanto di base dell’aviazione, restano ancora operative. Nel Fezzan, i disordini anti regime sono stati minimi, rispetto al resto della nazio- ne. Martedì il colonnello ribelle Ahmad Bani ha detto che “Sabha sarà l’ultima roccaforte del rais, ma con l’aiuto degli abitanti la città cadrà, come già Bengasi, Misurata e Tripoli”. Bruxelles. Nella corsa per il dopo Ghed- dafi, Nicolas Sarkozy e David Cameron si danno battaglia per incassare i dividendi di un cambio di regime a Tripoli. Il presi- dente francese ieri ha confermato una Conferenza internazionale a Parigi il pri- mo giorno di settembre “sulla Libia libe- ra”, dopo aver ricevuto il numero due dei ribelli, Mahmoud Jibril. Ma, come con il ri- conoscimento del Consiglio nazionale di transizione (Cnt) e le prime bombe sulla Libia in marzo, l’Eliseo aveva omesso di comunicare le sue iniziative al premier britannico. Colto di sorpresa dall’invito di Jibril e dalla Conferenza internazionale, Cameron ha chiamato il presidente del Cnt, Mustafa Abdul Jalil. Poi non ha esclu- so l’invio di soldati britannici per una mis- sione di mantenimento di pace in Libia. Anche se un portavoce di Downing Street ha definito “improbabile” un di- spiegamento in questa fase, duecento soldati britannici a Cipro sarebbero pronti a parti- re. “Le truppe sono in stand- by per la Libia dall’inizio di luglio. Tutto il loro equipag- giamento è pronto e aspet- tano solo una chiamata per andare”, ha detto al Daily Mail una fonte del gover- no. “I due paesi manovra- no per prendere posizio- ne”, ha spiegato al Figaro James Barr, autore di “A Line in the Sand”, libro sulla storica rivalità fran- co-britannica in medio oriente. Ma “è ancora troppo presto per di- re chi ha vinto la partita”. Sarkozy si indigna quando si parla di “una guerra per il petrolio”. Ma la france- se Total ha ammesso di aver avviato contat- ti con i ribelli durante il conflitto. British Petroleum ha annunciato che riprenderà le operazioni non appena “le condizioni lo permetteranno”. Oltre agli idrocarburi, la Libia può trasformarsi in un enorme can- tiere per il settore delle costruzioni. Così, la concorrenza internazionale è accanita. Il Qatar ieri ha organizzato una conferen- za dei donatori per raccogliere 2,5 miliar- di di dollari. Mentre Tripoli cadeva in ma- no ribelle, martedì il ministro degli Este- ri turco, Ahmet Davutoglu, è volato a Ben- gasi per spiegare di aver fornito segreta- mente ai ribelli 300 milioni di dollari. La Germania, rimasta fuori per il rifiuto di partecipare all’intervento, cerca dispera- tamente di recuperare un ruolo. Francia e Regno Unito si scambiano colpi sotto il tavolo dell’ufficialità. Sarkozy ieri ha ringraziato Cameron, “amico e partner affidabile”: il premier avrà la copresidenza della Conferenza di Parigi. Ma i suoi diplomatici dicono che il contributo britannico è stato “limitato”: gli aerei francesi avrebbero condotto più missioni e, contrariamente a Londra, Pari- gi ha fornito ai ribelli armi letali. In rispo- sta i britannici fanno valere che la conqui- sta di Tripoli non sarebbe avvenuta senza la Raf e la presenza a terra delle loro for- ze speciali. Nella battaglia sotterranea, Sarkozy e Cameron hanno un interesse co- mune: escludere il prima possibile la Na- to, per avere mano libera. Per Sarkozy, “il periodo del gruppo di contatto e della coa- lizione militare è alla fine”. La risoluzio- ne sulla quale si è riunito ieri sera il Con- siglio di sicurezza serve a Parigi per met- tere la bandierina Onu sulla Conferenza di Parigi e a Londra per sbloccare i fondi libici congelati nelle banche britanniche da trasferire al Cnt. DOPO LA CADUTA DI TRIPOLI Rapiti quattro giornalisti italiani Il rifugio del colonnello nel sud e i piani degli ex al potere e di Ankara Parigi e Londra si danno battaglia per il dopo Gheddafi e assieme liquidano la Nato (segue a pagina quattro) (segue a pagina quattro) • Il sesso, i diritti e la vera giustizia. Pensierini su Nafissatou Diallo, DSK e i processi per stupro (a pagina tre) •Il partito pro patrimoniale ora è un gigante, ma con i piedi d’argilla. Dal Pd alla Lega, a Marchionne (a pagina tre) L’ultima guerra del Patto atlantico DI RICHARDNEWBURY ANALISI Il direttorio obbligato L’abbraccio strumentale di Sarkozy barcollante (per deficit e pil) alla Merkel assediata (sugli Eurobond)

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quotidianoRedazione e Amministrazione: via Carroccio 12 – 20123 Milano. Tel 02/771295.1 Sped. in Abb. Postale - DL 353/2003 Conv. L.46/2004 Art. 1, c. 1, DBC MILANO

Roma. Diversi osservatori si stanno ora-mai chiedendo per quale ragione al fian-co della Germania, nel direttorio cheaspira a guidare l’Europa fuori dalla cri-

si dei debiti sovrani, figuri sempre laFrancia. Dopotutto a Parigi le cose nonvanno poi così bene. Il rating sovrano èsalvo, certo, ma le banche calano in Bor-sa come tutte le altre. Il presidente dellaRepubblica, Nicolas Sarkozy, si sforza diinfondere sicurezza e tra Libia, Siria evertici europei si prodiga a fare la vocegrossa in politica estera, ma le crepe neimuri si vanno vistosamente moltiplican-do. A Ferragosto le principali banched’affari americane avevano diffuso i daticon l’esposizione complessiva verso con-troparti francesi con toni preoccupati, e ilpicco nei credit default swap (cds) sullaFrancia tradisce forte preoccupazioni suParigi. Preoccupazioni che trovano ampioriscontro nei dati delle ultime ore: le sti-me di crescita per l’anno in corso parla-no di un calo inatteso per il 2011 (dal 2 percento previsto all’1,75 per cento) e il 2012.Ciò comporterà anche una riduzione del-le entrate fiscali e una maggiore difficoltànel raggiungere l’obiettivo stabilito per il2011, ovvero un rapporto deficit/pil al 5,7per cento, fino al 3 per cento nel 2013. Perquesto ieri al primo ministro, FrançoisFillon, è toccato l’ingrato compito di an-nunciare al paese una manovra aggiunti-va di 12 miliardi di euro, un miliardo suquest’anno e 11 sul prossimo. A farne lespese saranno molte agevolazioni fiscali,un nucleo di contribuenti facoltosi a cuiverrà applicata una tassa una tantum del3 per cento sui redditi da lavoro e capita-li superiori a 500 mila euro e forse anchegli incentivi pubblici al lavoro straordina-rio. Il tutto mentre i tecnici di Eliseo eQuai d’Orsay lavorano alacremente a unavisita di stato in Cina, con il possibile sco-po di chiedere a Pechino sostegno per ilrifinanziamento del debito. Lacrime esangue anche a Parigi, dunque. Eppure laconsuetudine dei vertici bilaterali e deimoniti congiunti franco-tedeschi al restodell’Eurozona continua come se nientefosse, al punto da far tornare in mente lacoppia inossidabile Gerhard Schröder eJacques Chirac di qualche anno fa. Unacoppia pesante, quella, che per anni sancìun irrigidimento nei rapporti tra il vago-ne di testa dell’Europa continentale e gliStati Uniti, sincronizzando le iniziativedelle due cancellerie. Ma a quei tempi gliequilibri erano diversi, le disparità nonerano così evidenti e le due potenze siparlavano davvero da pari a pari. In que-sti giorni va in scena un film profonda-mente rivisitato nella trama e negli attori.La Francia odierna è un paese che vuolecomunicare al resto del mondo di essereancora nella stanza dei bottoni. Ci provain tutti i modi, innanzitutto per salvarsidalle borse che scommettono contro Pari-gi ma anche per ringalluzzire l’elettoratoin vista delle prossime elezioni politiche.

E se la Corte europea vigilasse sui conti?Berlino, per conto suo, ha un’esigenza

diversa. Certo, ieri l’indice Ifo sulla fidu-cia degli imprenditori tedeschi è sceso ri-spetto a luglio, facendo peggio di quantosi attendessero gli analisti, ma la Germa-nia resta l’unico paese con le spalle ab-bastanza larghe da reggere l’euro, e que-sto status fa sì che i meccanismi collegia-li le calzino stretti. A dare fastidio non so-no solo le interminabili concertazioni conpartner europei in cronica difficoltà, maanche i sondaggi tedeschi che segnalanoun crescente desiderio di sganciare laGrecia e di non transigere su politichetroppo blande. Il dibattito sugli Eurobondè un po’ la cartina di tornasole di questasituazione: ieri perfino Sergio Marchion-ne, l’ad di Fiat, ha ritenuto doveroso pro-nunciarsi sul tema, sostenendo che “nonc’è altra soluzione al problema” dei debi-ti sovrani. Il segretario generale dell’Oc-se, Angel Gurría, ha detto invece che i ti-toli di debito comune non ci saranno eche è meglio pensare a raddoppiare ilFondo salva stati (Efsf); mentre il solita-mente misurato presidente federale tede-sco, il cristiano democratico ChristianWulff, ha prima sollevato dubbi sul soste-gno della Bce ai mercati dei titoli di sta-to, poi ha detto che anche sull’Efsf biso-gna ascoltare i parlamenti. Angela Merkelinfine, forse per dare l’idea di cosa signi-fichi condividere con Berlino le scelte dipolitica fiscale, ha suggerito che la Cortedi giustizia europea vigili sull’applicazio-ne del Patto di stabilità. E’ anche per ri-spondere all’assedio sugli Eurobond cheentra in gioco Parigi: la presenza di unpartner un po’ ammaccato ma blasonatocome la Francia evita la solitudine dellegrandi decisioni, l’accusa di scelte unila-terali e altre iatture.

La fluttuazione della biancheriaGuardando le ragazze per strada, ma come indicatori del mercato

Quando nel 2005 Margaret Thatcher ven-ne presentata a David Cameron, dopo

che quest’ultimo era stato eletto leader delPartito conservatore, osservò incredula:

“Non può essere il capo del Partito conser-vatore: non porta la cravatta”. Aveva ragio-ne. Chi si veste in modo così informale etrascurato, come facevano abitualmente “ipadroni dell’universo” nella City e a WallStreet negli anni Zero del nuovo Millennio,potrebbe essere altrettanto informale e tra-scurato – come in effetti è stato – da dimen-ticare che l’argomento decisivo per unabanca o un istituto finanziario è: la Fiducia.Chi aveva previsto la crisi del 2009 aveva –consciamente o addirittura inconsciamen-te – colto questo segno semiologico deitempi. In ogni momento, ciascuno di noiesegue undici milioni di connessioni si-naptiche inconscie, ma è in grado di faresolo quaranta pensieri razionali consci. Ilsignor Darcy aveva una rendita di dieci mi-la sterline l’anno perché l’era delle Guer-re napoleoniche era stata un periodo diboom. Lo sappiamo perché Elizabeth Ben-net indossava, senza corsetto, abiti stileimpero fluttuanti in seta marezzata traspa-rente trattenuti da un nastro fissato sotto ilseno, di cui rappresentava l’unico soste-gno. Non stupisce che il nuovo, audace val-zer fosse considerato una forma di copulasulla pista da ballo. Tuttavia, per gli specu-latori finanziari da quelle morbide curveballonzolanti colava oro, perché la modafemminile è un utile indicatore finanziariodelle mutanti condizioni economiche mon-diali. Prendiamo il XX secolo. Il boom deiruggenti anni Venti vede le “flapper” in-dossare minigonne con un’impalcatura sot-tostante ridotta ai minimi termini. Addirit-tura, il primo reggiseno era rappresentatoda due fazzoletti legati insieme.

Durante la Grande Depressione, invece,imperavano gli abiti da sera lunghi e attil-lati, mentre per il giorno le donne preferi-vano indossare gonne più lunghe: segno in-conscio della maggiore protezione che sicerca, istintivamente, nei periodi di crisi.Gli anni Cinquanta hanno visto abiti como-di e protettivi. L’epoca eisenhoweriana del-la prosperosa pruderie è stata dominatadalla gonna svasata tre quarti (civettuola,ma sicura), non da ultimo in virtù di un’in-

dustria della corsetteria fatta di pancerecontenitive e reggiseni appuntiti che usava-no più gomma dell’industria automobilisti-ca americana. Il produttore cinematografi-co Howard Hughes mise a frutto tutta lasua esperienza di progettista aeronauticoper confezionare un reggiseno per la sua fi-danzata, nonché star hollywoodiana, JaneRussell, che le consentisse di superare larigida censura del codice Hayes, che preve-deva che il seno rimanesse immobile sulloschermo in qualsiasi situazione.

Gli anni Sessanta hanno visto l’esplosio-ne delle minigonne di Mary Quant. Questianni d’oro si sono trasformati intorno al1970 negli anni di piombo, quando l’infla-zione salì al 25 per cento e le gonne scese-ro a toccare il pavimento. Nella battagliatra il produttore sindacalizzato e il consu-matore privatizzato dei thatcheriani anniOttanta hanno avuto la meglio le spalleampie imbottite e i capelli cotonati. L’inti-mo, spesso color porpora, era un segno dipotere personale, “perché io valgo”. Il de-cennio boom dal 1994 è stato segnato daquelli che si potrebbero definire “annidai facili costumi” (“Sex & the City”), ca-ratterizzati dall’invalidante feticismo po-dologico dei tacchi alti, perché “sono trop-po ricca per dover camminare”. Nella mo-da esplode un mix di costoso, anoressico,“simil-chic”, con scarpe traballanti, reggi-seni dolorosamente costrittivi e tanga tan-to sottili da poter dimenticare di averli ad-dosso, il tutto sognando di diventare lamoglie trofeo di un banchiere o di un cal-ciatore (gli eroi del momento). L’insosteni-bilità di questa situazione, in cui ci si ri-trova a essere un tacchino legato prontoper essere farcito, si è materializzata nel2008, quando il boom si è trasformato intracollo. Ora, un attento lettore del mer-cato avrà notato che la vendita di tanga ècalata notevolmente dal 2004 per registra-re oggi un meno 27 per cento (come i mer-cati), mentre quest’anno, in piena crisi,Marks & Spencer ha venduto 500 mila paiadi mutande coprenti e protettive. Sembrache anche le gonne si stiano adattando al-la crisi. Quindi, quando ci si sofferma al-l’angolo della strada a guardare le ragaz-ze che passano (come cantava Dean Mar-tin in: “Standing on a corner watching allthe girls go by”) si stanno ovviamente stu-diando i mercati finanziari.

La Giornata* * * * * *In Italia Nel mondo

ALFANO APRE AL CONFRONTO SUL-LA MANOVRA, “LA MIGLIOREREMO”. Ilsegretario del Pdl, Angelino Alfano, nelsuo intervento ai direttivi parlamentari deigruppi del Pdl, ha detto: “La manovra saràapprovata dal Parlamento nei saldi previ-sti dal governo. Con la Lega troveremoun’intesa. Stiamo lavorando per migliora-re il testo, Berlusconi ha idee importanti”,riguardo alle proposte presentate dal Pd:“Ci sono molte ombre, ma qualcuna può es-sere valutata”.

* * *Rapiti a Tripoli quattro giornalisti italia-

ni. Si tratta di Elisabetta Rosaspina e Giu-seppe Sarcina del Corriere della Sera, Do-menico Quirico della Stampa e Claudio Mo-nici inviato di Avvenire.

* * *Marchionne sostiene Montezemolo: “Se

Luca decidesse di scendere in politicaavrebbe il mio appoggio”. Poi sugli investi-menti l’ad di Fiat ha detto: “Servono certez-ze. Per ora non c’è nessun aumento di ca-pitale in vista. L’aumento dell’Iva propostonella manovra avrà un impatto sul merca-to dell’auto e sui consumi”, riguardo allapatrimoniale Marchionne ha precisato:“Sono disposto a fare qualsiasi cosa se l’o-biettivo è chiaro”. Il presidente Fiat, JohnElkann: “L’Italia deve decidere se vuole fa-re auto come vuole fare la Fiat”. “Fiat haavuto dall’Italia tutte le certezze che chie-deva”, ha replicato il ministro del Lavoro,Maurizio Sacconi.

* * *Il Pd si divide di fronte allo sciopero gene-

rale indetto dalla Cgil. Il segretario PierLuigi Bersani ha detto: “C’è bisogno di ri-compattare, non dividere il paese”. Per illeader dell’Udc Pier Ferdinando Casini:“Lo sciopero è un errore politico”. Il leaderdell’Idv, Antonio Di Pietro, ha detto: “Io e ilpopolo viola scenderemo in piazza”.

Articolo a pagina quattro

* * *Meotti è tra i vincitori di Capalbio 2011. Il

redattore del Foglio, Giulio Meotti, è statopremiato alla quindicesima edizione con illibro “Non smetteremo di danzare”.

* * *Cresce la disoccupazione giovanile:

1.138.000 di under 35 è senza lavoro. Il 29,6per cento dei ragazzi sotto i 24 anni è sen-za lavoro. La media europea è del 21 percento. Lo ha reso noto uno studio di Confar-tigianato. Il ministro del Lavoro, MaurizioSacconi, ha detto: “Il nuovo apprendistatoè la risposta”.

* * *Borsa di Milano. FtseMib +1,8 per cento.

L’euro chiude in rialzo a 1,44 sul dollaro.

L’UNIONE EUROPEA HA VOTATONUOVE SANZIONI CONTRO L’IRAN. Ladecisione dell’Ue ha colpito gli interessieconomici dei reparti speciali al Quds, leforze di élite dell’esercito iraniano, accusa-ti di sostenere, “con armi e intelligence”,il regime di Bashar el Assad in Siria.

Tre persone sono state uccise in Siria daun operazione dell’esercito siriano a Homs.

* * *La Francia impone una nuova tassa sui

redditi superiori ai 500 mila euro. L’impo-sta sarà del tre per cento. La manovra èparte del piano del governo di NicolasSarkozy di tagliare il deficit di 12 miliardientro i prossimi due anni.

* * *Moody’s abbassa il rating del Giappone.

L’agenzia ha declassato il giudizio sul debi-to sovrano del paese “da Aa2 ad Aa3”.

Articolo a pagina quattro

* * *Google pagherà una multa di 500 milioni

di dollari. Il governo americano ha accusa-to l’azienda californiana di aver aiutato avendere medicinali di compagnie farma-ceutiche canadesi negli Stati Uniti.

* * *Un incontro tra Medvedev e Kim Jong -Il

è avvenuto in Siberia. Il leader della Coreadel nord ha detto al presidente russo di“essere pronto a una moratoria sulla pro-duzione e i test di armi nucleari”.

Il cargo spaziale russo Progress M-12Mlanciato dalla Siberia è andato fuori orbi-ta schiantandosi a terra poco dopo.

* * *Un militante di Hamas è stato ucciso du-

rante un raid dell’aeronautica israelianasu Gaza. Secondo il portavoce dell’esercito,il militante stava preparando un nuovo at-tacco a Israele dal Sinai.

L’Idf ha ordinato il dispiegamento di piùuomini e mezzi al confine con l’Egitto in se-guito alla minaccia di terrorismo dalla re-gione confinante del Sinai.

* * *Negli Stati Uniti cresce la domanda di be-

ni durevoli. Secondo il dipartimento delCommercio, a luglio le vendite di macchinee aerei sono aumentati del 4 per cento.

* * *In Kenya, Ruto è stato espulso dal governo.

Il ministro dell’Istruzione è accusato dallaCorte internazionale di aver incitato le vio-lenze post elettorali tra il 2007 e il 2008, nel-le quali morirono più di 1.300 persone.

* * *Samir Nasri andrà al Manchester United.

Il 24enne francese lascerà l’Arsenal.

Questo numero è stato chiuso in redazione alle 21

Roma. Ad Angelino Alfano il mandato dinegoziare con Umberto Bossi e la Lega. Ilpacchetto che il Pdl intende portare in ca-sa padana contiene qualche concessione equalche pretesa: via l’aumento dell’età pen-sionabile, ridimensionamento dei tagli aicomuni, ma abolizione di tutte le province.L’obiettivo di Silvio Berlusconi è quello dicentrare un pareggio politico con l’alleatonordista. Bossi potrà esultare da paladinodei pensionati, ma il Cav. vuole dare un se-gnale forte sui costi della politica: e dunque

via tutte le province. D’al-tra parte martedì, al telefo-no con il proprio entourageriunito a Roma, il premieraveva scandito queste pa-role: “Bisogna stabilire unavolta per tutte se le provin-ce servono o sono uno spre-co di risorse economiche.Se sono inutili vanno abo-lite tutte, non solo quellepiù piccole”. Dopo le per-

nacchie rivolte da Bossi ad Alfano appenapochi giorni fa, che poco di buono lasciava-no intendere intorno alle intenzioni delleader leghista nei confronti del segretariodel Pdl, è possibile che lunedì prossimo ilgiovane ex Guardasigilli venga scortato daSilvio Berlusconi nella tana di Bossi. Alfa-no non è uno sprovveduto e molti dei suoiinterlocutori, tra i compagni di partito, lohanno avvertito di un rischio: l’intenzionedi Bossi – non estraneo Giulio Tremonti –potrebbe essere quella di non riconoscerticome interlocutore. Una mossa che in effet-ti l’ala ancora tremontiana della Lega (nonRoberto Maroni) sta coltivando come ipote-si. Un’opzione che – è il timore del Pdl –avrebbe l’effetto di rilanciare l’appannatoTremonti cui ieri sul Foglio Sandro Bondisi è rivolto con queste parole: “Avrebbel’occasione di offrire un notevole contribu-to al miglioramento della manovra se, insie-me ad Angelino Alfano, si spendesse mag-giormente per la riforma delle pensioni”.Una causa che il ministro dell’Economianon sembra affatto aver perorato alla cor-te di Bossi.

Il Cavaliere parla poco, si tiene tattica-mente fuori dal coro di polemiche e lamen-tele, ma è attivissimo sul dossier della ma-novra. E’ stato Berlusconi a imprimere, traieri e martedì, un’accelerazione alle tratta-tive interne al Pdl. “Berlusconi ha idee im-portanti”, ha detto ieri Alfano. Oltre all’a-bolizione tout court delle province, il pre-mier intende innalzare subito l’Iva (forse diun punto o forse solo dello 0,5 per cento) esollevare – come scritto ieri da alcuni quo-tidiani – la soglia di reddito oltre la qualescatta il contributo di solidarietà. L’ideadel Cav. era quella di cancellarlo del tutto,ma forse non si potrà fare. Così come appa-re complicata la riduzione del numero deiparlamentari già a partire dalla prossimalegislatura. Berlusconi vorrebbe fortissi-mamente, ma ci sono ovvie e probabilmen-te decisive resistenze. “Se si tenta una leg-ge di questo tipo – dice al Foglio uno dei di-rigenti parlamentari del Pdl – è la voltabuona che cade il governo e si va a elezio-ni anticipate”. Stabilire la riduzione delnumero dei parlamentari sarebbe come re-capitare ad almeno la metà dei deputati esenatori della maggioranza una lettera dilicenziamento definitiva dalla politica, of-frire a tutti costoro la certezza di non esse-re più rieletti già a partire dalla prossimalegislatura.

Il dubbio non è da poco: accetterà Bossi,leader di un partito nativista e territoriale,che le province spariscano per sempre?Non sarà facile, nonostante le concessionisu pensioni e comuni. E forse anche perquesto, alla fine, Berlusconi accompagneràAlfano. Anche perché davanti al leader le-ghista dovrà essere ribadito senza esitazio-ni un concetto molto caro al Cavaliere: “Lapatrimoniale, finché sarò capo del governo,non si farà mai”.

Dopo le pernacchie

L’ultima offerta del Cav.a Bossi: salve le pensionima via tutte le provinceAlfano si farà ambasciatore di una

mediazione “che non si può rifiutare”.Problemi sul taglio dei parlamentari

Tutto ma non la patrimoniale

A. ALFANO

Perché la Nato ha mostrato più debolezze che forza contro Gheddafi

Roma. Forse riuscirà a vincerla ma perla Nato la campagna libica rischia di rap-presentare il canto del cigno. Dopo diecianni di conflitto afghano, dal quale l’Al-leanza atlantica conta di sfilarsi entro il2014, la guerra libica ha messo in luce tut-te le debolezze e le contraddizioni di un’al-leanza militare incapace persino di chia-mare la guerra con il suo nome. Nelle no-te di linguaggio dei comandi alleati l’opera-zione Unified Protector è definita “opera-zione a protezione dei civili”. Oltre 20 mi-la sortite aeree delle quali più di 8 mila diattacco con più di 500 missili da crociera ealcune migliaia di bombe sganciate sullaLibia (poco più di 500 delle quali lanciatedai jet italiani) rappresentano uno sforzonon irresistibile per le potenzialità (alme-no quelle sulla carta) della Nato ma di cer-to sufficiente a far rientrare l’interventonella definizione di guerra come dimostra-no oltre un migliaio di civili uccisi secon-do fonti lealiste.

La campagna libica ha già richiesto oltrecinque mesi di incursioni, ben di più diquanto preventivato dai comandi alleati te-nendo conto delle capacità non certo formi-dabili dell’armata di Gheddafi. Sul pianopolitico e strategico il conflitto nel Mediter-raneo ha ribadito, ingigantendoli, i proble-mi già evidenziati dai partner europei del-la Nato nella campagna afghana. L’ex se-gretario alla Difesa statunitense RobertGates aveva sottolineato nell’ottobre 2007

di non essere “soddisfatto del fatto cheun’alleanza con membri che hanno oltredue milioni di militari non riesca a trova-re le modeste risorse aggiuntive promesseper l’Afghanistan”.

Se a Kabul il ruolo preminente degli Sta-ti Uniti ha coperto i vuoti lasciati dagli eu-ropei, in Libia il basso profilo assunto daWashington nelle operazioni aeree ha evi-denziato i limiti militari della componenteeuropea. Le 300 sortite aeree quotidianepianificate in marzo si sono ridotte in pra-tica a 120/150 per la carenza di aeroplani.In media cinque velivoli messi in campoda Olanda, Belgio, Norvegia, Canada, Spa-gna, Svezia, Danimarca, Qatar ed Emiratiarabi uniti oltre ai dodici dell’Italia.

Francia e Gran Bretagna con una cin-quantina di cacciabombardieri e una ven-tina di elicotteri d’attacco hanno fornitopiù della metà dei velivoli da combatti-mento. Svezia e Norvegia hanno già ritira-to i loro jet e se a fine settembre le opera-zioni non saranno ancora concluse si riti-reranno altri paesi, inclusa probabilmentel’Italia. Di fatto non sono più di un centi-naio i jet da combattimento schierati daglialleati, inclusi i caccia destinati a pattu-gliare lo spazio aereo libico. Una missio-ne marginale già in aprile quando era evi-dente che Gheddafi non disponeva più diforze aeree mentre lo sforzo maggiore siconcentrava nelle operazioni contro gliobiettivi terrestri.

Roma. L’avanzata trionfale dei ribellilibici, al terzo giorno dopo la “presa diTripoli”, s’apre a diversi scenari possibi-li. Uno ricorda il caos post invasione inIraq. Quattro giornalisti italiani – Elisa-betta Rosaspina e Giuseppe Sarcina delCorriere, Domenico Quirico della Stam-pa e Claudio Monici di Avvenire – sonostati rapinati e sequestrati in mattinatalungo la strada che collega Zawiya a Tri-poli, e il loro interprete è stato ucciso.Monici ha telefonato alla sua redazionein Italia. I quattro, sono stati chiusi in unappartamento dai rapitori. Sono stati fer-mati da una banda armata, che poi li haconsegnati alle forze fedeli al colonnellolibico. Il console italiano a Bengasi, Gui-do De Sanctis, dice che i giornalisti sonoin un palazzo della capitale, tra il bunkerdi Bab al Aziziyah e l’hotel Rixos – a pro-varlo sarebbe il fatto che dal-l’appartamento sivede un notocentro commer-ciale di pro-prietà di Aisha,la figlia diGheddafi. Se-condo De Sanc-tis, che è riusci-to a entrare incontatto conuno dei gior-nalisti, gli in-viati “stannobene” e “sonostati rifocillaticon cibo e acqua”allo scadere del digiuno del Ramadan.

Le truppe del regime si arroccano inuna resistenza tenace: infestano il centrodi Tripoli e l’aeroporto e Sirte, la città na-tale del rais, resiste. Nella capitale, i gior-nalisti sono stati liberati dall’hotel Rixos,ma i cecchini continuano a sparare daitetti.

Il capo dei ribelli, Mustafa Abdul Jalil,ha messo una taglia di due milioni di di-nari sulla testa del rais, che ancora nonsi trova. In un messaggio audio, Gheddafiha detto di essere ancora a Tripoli e diaver passeggiato in incognito per le viedella capitale, nella mattinata di merco-ledì. Ora che anche il suo bunker di Babal Aziziyah è caduto, però, è probabileche il rais voglia spostarsi verso sud, ver-so la regione desertica del Fezzan, nelsud della Libia, la sua roccaforte più so-lida, la zona del paese che deve di più aGheddafi. E’ grazie alle nuove strade e al-le massicce opere di irrigazione, tra cui ilGrande fiume artificiale, l’acquedotto piùgrande al mondo, se la popolazione, dasempre costretta nelle oasi, ha potuto go-dere di un benessere che non fosse lega-to soltanto al petrolio, presente nel norddella regione.

Il rais, nel Fezzan, è di casa: ha fatto lescuole superiori a Sabha, la città più im-portante della regione, e buona parte del-la sua tribù, originaria della costa, si èspostata in quelle zone. Sabha, dove orasono di stanza i mercenari arrivati da Ni-geria e Ciad, era al centro del programmanucleare sviluppato da Gheddafi. Le vel-leità atomiche sono state abbandonate,ma le strutture militari, con tanto di basedell’aviazione, restano ancora operative.Nel Fezzan, i disordini anti regime sonostati minimi, rispetto al resto della nazio-ne. Martedì il colonnello ribelle AhmadBani ha detto che “Sabha sarà l’ultimaroccaforte del rais, ma con l’aiuto degliabitanti la città cadrà, come già Bengasi,Misurata e Tripoli”.

Bruxelles. Nella corsa per il dopo Ghed-dafi, Nicolas Sarkozy e David Cameron sidanno battaglia per incassare i dividendidi un cambio di regime a Tripoli. Il presi-dente francese ieri ha confermato unaConferenza internazionale a Parigi il pri-mo giorno di settembre “sulla Libia libe-ra”, dopo aver ricevuto il numero due deiribelli, Mahmoud Jibril. Ma, come con il ri-conoscimento del Consiglio nazionale ditransizione (Cnt) e le prime bombe sullaLibia in marzo, l’Eliseo aveva omesso dicomunicare le sue iniziative al premierbritannico. Colto di sorpresa dall’invito diJibril e dalla Conferenza internazionale,Cameron ha chiamato il presidente delCnt, Mustafa Abdul Jalil. Poi non ha esclu-so l’invio di soldati britannici per una mis-sione di mantenimento di pace in Libia.Anche se un portavoce di Downing Street

ha definito “improbabile” un di-spiegamento in questa fase,duecento soldati britannici aCipro sarebbero pronti a parti-re. “Le truppe sono in stand-by per la Libia dall’inizio diluglio. Tutto il loro equipag-giamento è pronto e aspet-tano solo una chiamata perandare”, ha detto al DailyMail una fonte del gover-no. “I due paesi manovra-no per prendere posizio-ne”, ha spiegato al FigaroJames Barr, autore di “ALine in the Sand”, librosulla storica rivalità fran-co-britannica in medio

oriente. Ma “è ancora troppo presto per di-re chi ha vinto la partita”.

Sarkozy si indigna quando si parla di“una guerra per il petrolio”. Ma la france-se Total ha ammesso di aver avviato contat-ti con i ribelli durante il conflitto. BritishPetroleum ha annunciato che riprenderàle operazioni non appena “le condizioni lopermetteranno”. Oltre agli idrocarburi, laLibia può trasformarsi in un enorme can-tiere per il settore delle costruzioni. Così,la concorrenza internazionale è accanita.Il Qatar ieri ha organizzato una conferen-za dei donatori per raccogliere 2,5 miliar-di di dollari. Mentre Tripoli cadeva in ma-no ribelle, martedì il ministro degli Este-ri turco, Ahmet Davutoglu, è volato a Ben-gasi per spiegare di aver fornito segreta-mente ai ribelli 300 milioni di dollari. LaGermania, rimasta fuori per il rifiuto dipartecipare all’intervento, cerca dispera-tamente di recuperare un ruolo.

Francia e Regno Unito si scambianocolpi sotto il tavolo dell’ufficialità.Sarkozy ieri ha ringraziato Cameron,“amico e partner affidabile”: il premieravrà la copresidenza della Conferenza diParigi. Ma i suoi diplomatici dicono che ilcontributo britannico è stato “limitato”:gli aerei francesi avrebbero condotto piùmissioni e, contrariamente a Londra, Pari-gi ha fornito ai ribelli armi letali. In rispo-sta i britannici fanno valere che la conqui-sta di Tripoli non sarebbe avvenuta senzala Raf e la presenza a terra delle loro for-ze speciali. Nella battaglia sotterranea,Sarkozy e Cameron hanno un interesse co-mune: escludere il prima possibile la Na-to, per avere mano libera. Per Sarkozy, “ilperiodo del gruppo di contatto e della coa-lizione militare è alla fine”. La risoluzio-ne sulla quale si è riunito ieri sera il Con-siglio di sicurezza serve a Parigi per met-tere la bandierina Onu sulla Conferenzadi Parigi e a Londra per sbloccare i fondilibici congelati nelle banche britannicheda trasferire al Cnt.

DOPO LA CADUTA DI TRIPOLIRapiti quattro giornalisti italiani

Il rifugio del colonnello nel sud e ipiani degli ex al potere e di Ankara

Parigi e Londra si dannobattaglia per il dopo Gheddafi

e assieme liquidano la Nato

(segue a pagina quattro)

(segue a pagina quattro)

• Il sesso, i diritti e la vera giustizia.Pensierini su Nafissatou Diallo, DSK ei processi per stupro (a pagina tre)

•Il partito pro patrimoniale ora è ungigante, ma con i piedi d’argilla. Dal Pdalla Lega, a Marchionne (a pagina tre)

L’ultima guerra del Patto atlantico

DI RICHARD NEWBURY

ANALISI

Il direttorio obbligato

L’abbraccio strumentale di Sarkozybarcollante (per deficit e pil) alla

Merkel assediata (sugli Eurobond)

IL FOGLIOANNO XVI NUMERO 199

DIRETTORE GIULIANO FERRARAGIOVEDÌ 25 AGOSTO 2011 - � 1,30

quotidianoRedazione e Amministrazione: via Carroccio 12 – 20123 Milano. Tel 02/771295.1 Sped. in Abb. Postale - DL 353/2003 Conv. L.46/2004 Art. 1, c. 1, DBC MILANO

Roma. Diversi osservatori si stanno ora-mai chiedendo per quale ragione al fian-co della Germania, nel direttorio cheaspira a guidare l’Europa fuori dalla cri-

si dei debiti sovrani, figuri sempre laFrancia. Dopotutto a Parigi le cose nonvanno poi così bene. Il rating sovrano èsalvo, certo, ma le banche calano in Bor-sa come tutte le altre. Il presidente dellaRepubblica, Nicolas Sarkozy, si sforza diinfondere sicurezza e tra Libia, Siria evertici europei si prodiga a fare la vocegrossa in politica estera, ma le crepe neimuri si vanno vistosamente moltiplican-do. A Ferragosto le principali banched’affari americane avevano diffuso i daticon l’esposizione complessiva verso con-troparti francesi con toni preoccupati, e ilpicco nei credit default swap (cds) sullaFrancia tradisce forte preoccupazioni suParigi. Preoccupazioni che trovano ampioriscontro nei dati delle ultime ore: le sti-me di crescita per l’anno in corso parla-no di un calo inatteso per il 2011 (dal 2 percento previsto all’1,75 per cento) e il 2012.Ciò comporterà anche una riduzione del-le entrate fiscali e una maggiore difficoltànel raggiungere l’obiettivo stabilito per il2011, ovvero un rapporto deficit/pil al 5,7per cento, fino al 3 per cento nel 2013. Perquesto ieri al primo ministro, FrançoisFillon, è toccato l’ingrato compito di an-nunciare al paese una manovra aggiunti-va di 12 miliardi di euro, un miliardo suquest’anno e 11 sul prossimo. A farne lespese saranno molte agevolazioni fiscali,un nucleo di contribuenti facoltosi a cuiverrà applicata una tassa una tantum del3 per cento sui redditi da lavoro e capita-li superiori a 500 mila euro e forse anchegli incentivi pubblici al lavoro straordina-rio. Il tutto mentre i tecnici di Eliseo eQuai d’Orsay lavorano alacremente a unavisita di stato in Cina, con il possibile sco-po di chiedere a Pechino sostegno per ilrifinanziamento del debito. Lacrime esangue anche a Parigi, dunque. Eppure laconsuetudine dei vertici bilaterali e deimoniti congiunti franco-tedeschi al restodell’Eurozona continua come se nientefosse, al punto da far tornare in mente lacoppia inossidabile Gerhard Schröder eJacques Chirac di qualche anno fa. Unacoppia pesante, quella, che per anni sancìun irrigidimento nei rapporti tra il vago-ne di testa dell’Europa continentale e gliStati Uniti, sincronizzando le iniziativedelle due cancellerie. Ma a quei tempi gliequilibri erano diversi, le disparità nonerano così evidenti e le due potenze siparlavano davvero da pari a pari. In que-sti giorni va in scena un film profonda-mente rivisitato nella trama e negli attori.La Francia odierna è un paese che vuolecomunicare al resto del mondo di essereancora nella stanza dei bottoni. Ci provain tutti i modi, innanzitutto per salvarsidalle borse che scommettono contro Pari-gi ma anche per ringalluzzire l’elettoratoin vista delle prossime elezioni politiche.

E se la Corte europea vigilasse sui conti?Berlino, per conto suo, ha un’esigenza

diversa. Certo, ieri l’indice Ifo sulla fidu-cia degli imprenditori tedeschi è sceso ri-spetto a luglio, facendo peggio di quantosi attendessero gli analisti, ma la Germa-nia resta l’unico paese con le spalle ab-bastanza larghe da reggere l’euro, e que-sto status fa sì che i meccanismi collegia-li le calzino stretti. A dare fastidio non so-no solo le interminabili concertazioni conpartner europei in cronica difficoltà, maanche i sondaggi tedeschi che segnalanoun crescente desiderio di sganciare laGrecia e di non transigere su politichetroppo blande. Il dibattito sugli Eurobondè un po’ la cartina di tornasole di questasituazione: ieri perfino Sergio Marchion-ne, l’ad di Fiat, ha ritenuto doveroso pro-nunciarsi sul tema, sostenendo che “nonc’è altra soluzione al problema” dei debi-ti sovrani. Il segretario generale dell’Oc-se, Angel Gurría, ha detto invece che i ti-toli di debito comune non ci saranno eche è meglio pensare a raddoppiare ilFondo salva stati (Efsf); mentre il solita-mente misurato presidente federale tede-sco, il cristiano democratico ChristianWulff, ha prima sollevato dubbi sul soste-gno della Bce ai mercati dei titoli di sta-to, poi ha detto che anche sull’Efsf biso-gna ascoltare i parlamenti. Angela Merkelinfine, forse per dare l’idea di cosa signi-fichi condividere con Berlino le scelte dipolitica fiscale, ha suggerito che la Cortedi giustizia europea vigili sull’applicazio-ne del Patto di stabilità. E’ anche per ri-spondere all’assedio sugli Eurobond cheentra in gioco Parigi: la presenza di unpartner un po’ ammaccato ma blasonatocome la Francia evita la solitudine dellegrandi decisioni, l’accusa di scelte unila-terali e altre iatture.

La fluttuazione della biancheriaGuardando le ragazze per strada, ma come indicatori del mercato

Quando nel 2005 Margaret Thatcher ven-ne presentata a David Cameron, dopo

che quest’ultimo era stato eletto leader delPartito conservatore, osservò incredula:

“Non può essere il capo del Partito conser-vatore: non porta la cravatta”. Aveva ragio-ne. Chi si veste in modo così informale etrascurato, come facevano abitualmente “ipadroni dell’universo” nella City e a WallStreet negli anni Zero del nuovo Millennio,potrebbe essere altrettanto informale e tra-scurato – come in effetti è stato – da dimen-ticare che l’argomento decisivo per unabanca o un istituto finanziario è: la Fiducia.Chi aveva previsto la crisi del 2009 aveva –consciamente o addirittura inconsciamen-te – colto questo segno semiologico deitempi. In ogni momento, ciascuno di noiesegue undici milioni di connessioni si-naptiche inconscie, ma è in grado di faresolo quaranta pensieri razionali consci. Ilsignor Darcy aveva una rendita di dieci mi-la sterline l’anno perché l’era delle Guer-re napoleoniche era stata un periodo diboom. Lo sappiamo perché Elizabeth Ben-net indossava, senza corsetto, abiti stileimpero fluttuanti in seta marezzata traspa-rente trattenuti da un nastro fissato sotto ilseno, di cui rappresentava l’unico soste-gno. Non stupisce che il nuovo, audace val-zer fosse considerato una forma di copulasulla pista da ballo. Tuttavia, per gli specu-latori finanziari da quelle morbide curveballonzolanti colava oro, perché la modafemminile è un utile indicatore finanziariodelle mutanti condizioni economiche mon-diali. Prendiamo il XX secolo. Il boom deiruggenti anni Venti vede le “flapper” in-dossare minigonne con un’impalcatura sot-tostante ridotta ai minimi termini. Addirit-tura, il primo reggiseno era rappresentatoda due fazzoletti legati insieme.

Durante la Grande Depressione, invece,imperavano gli abiti da sera lunghi e attil-lati, mentre per il giorno le donne preferi-vano indossare gonne più lunghe: segno in-conscio della maggiore protezione che sicerca, istintivamente, nei periodi di crisi.Gli anni Cinquanta hanno visto abiti como-di e protettivi. L’epoca eisenhoweriana del-la prosperosa pruderie è stata dominatadalla gonna svasata tre quarti (civettuola,ma sicura), non da ultimo in virtù di un’in-

dustria della corsetteria fatta di pancerecontenitive e reggiseni appuntiti che usava-no più gomma dell’industria automobilisti-ca americana. Il produttore cinematografi-co Howard Hughes mise a frutto tutta lasua esperienza di progettista aeronauticoper confezionare un reggiseno per la sua fi-danzata, nonché star hollywoodiana, JaneRussell, che le consentisse di superare larigida censura del codice Hayes, che preve-deva che il seno rimanesse immobile sulloschermo in qualsiasi situazione.

Gli anni Sessanta hanno visto l’esplosio-ne delle minigonne di Mary Quant. Questianni d’oro si sono trasformati intorno al1970 negli anni di piombo, quando l’infla-zione salì al 25 per cento e le gonne scese-ro a toccare il pavimento. Nella battagliatra il produttore sindacalizzato e il consu-matore privatizzato dei thatcheriani anniOttanta hanno avuto la meglio le spalleampie imbottite e i capelli cotonati. L’inti-mo, spesso color porpora, era un segno dipotere personale, “perché io valgo”. Il de-cennio boom dal 1994 è stato segnato daquelli che si potrebbero definire “annidai facili costumi” (“Sex & the City”), ca-ratterizzati dall’invalidante feticismo po-dologico dei tacchi alti, perché “sono trop-po ricca per dover camminare”. Nella mo-da esplode un mix di costoso, anoressico,“simil-chic”, con scarpe traballanti, reggi-seni dolorosamente costrittivi e tanga tan-to sottili da poter dimenticare di averli ad-dosso, il tutto sognando di diventare lamoglie trofeo di un banchiere o di un cal-ciatore (gli eroi del momento). L’insosteni-bilità di questa situazione, in cui ci si ri-trova a essere un tacchino legato prontoper essere farcito, si è materializzata nel2008, quando il boom si è trasformato intracollo. Ora, un attento lettore del mer-cato avrà notato che la vendita di tanga ècalata notevolmente dal 2004 per registra-re oggi un meno 27 per cento (come i mer-cati), mentre quest’anno, in piena crisi,Marks & Spencer ha venduto 500 mila paiadi mutande coprenti e protettive. Sembrache anche le gonne si stiano adattando al-la crisi. Quindi, quando ci si sofferma al-l’angolo della strada a guardare le ragaz-ze che passano (come cantava Dean Mar-tin in: “Standing on a corner watching allthe girls go by”) si stanno ovviamente stu-diando i mercati finanziari.

La Giornata* * * * * *

In Italia Nel mondoALFANO APRE AL CONFRONTO SUL-

LA MANOVRA, “LA MIGLIOREREMO”. Ilsegretario del Pdl, Angelino Alfano, nelsuo intervento ai direttivi parlamentari deigruppi del Pdl, ha detto: “La manovra saràapprovata dal Parlamento nei saldi previ-sti dal governo. Con la Lega troveremoun’intesa. Stiamo lavorando per migliora-re il testo, Berlusconi ha idee importanti”,riguardo alle proposte presentate dal Pd:“Ci sono molte ombre, ma qualcuna può es-sere valutata”.

* * *Rapiti a Tripoli quattro giornalisti italia-ni. Si tratta di Elisabetta Rosaspina e Giu-seppe Sarcina del Corriere della Sera, Do-menico Quirico della Stampa e Claudio Mo-nici inviato di Avvenire.

* * *Marchionne sostiene Montezemolo: “SeLuca decidesse di scendere in politicaavrebbe il mio appoggio”. Poi sugli investi-menti l’ad di Fiat ha detto: “Servono certez-ze. Per ora non c’è nessun aumento di ca-pitale in vista. L’aumento dell’Iva propostonella manovra avrà un impatto sul merca-to dell’auto e sui consumi”, riguardo allapatrimoniale Marchionne ha precisato:“Sono disposto a fare qualsiasi cosa se l’o-biettivo è chiaro”. Il presidente Fiat, JohnElkann: “L’Italia deve decidere se vuole fa-re auto come vuole fare la Fiat”. “Fiat haavuto dall’Italia tutte le certezze che chie-deva”, ha replicato il ministro del Lavoro,Maurizio Sacconi.

* * *Il Pd si divide di fronte allo sciopero gene-rale indetto dalla Cgil. Il segretario PierLuigi Bersani ha detto: “C’è bisogno di ri-compattare, non dividere il paese”. Per illeader dell’Udc Pier Ferdinando Casini:“Lo sciopero è un errore politico”. Il leaderdell’Idv, Antonio Di Pietro, ha detto: “Io e ilpopolo viola scenderemo in piazza”.

Articolo a pagina quattro* * *Meotti è tra i vincitori di Capalbio 2011. Il

redattore del Foglio, Giulio Meotti, è statopremiato alla quindicesima edizione con illibro “Non smetteremo di danzare”.

* * *Cresce la disoccupazione giovanile:1.138.000 di under 35 è senza lavoro. Il 29,6per cento dei ragazzi sotto i 24 anni è sen-za lavoro. La media europea è del 21 percento. Lo ha reso noto uno studio di Confar-tigianato. Il ministro del Lavoro, MaurizioSacconi, ha detto: “Il nuovo apprendistatoè la risposta”.

* * *Borsa di Milano. FtseMib +1,8 per cento.L’euro chiude in rialzo a 1,44 sul dollaro.

L’UNIONE EUROPEA HA VOTATONUOVE SANZIONI CONTRO L’IRAN. Ladecisione dell’Ue ha colpito gli interessieconomici dei reparti speciali al Quds, leforze di élite dell’esercito iraniano, accusa-ti di sostenere, “con armi e intelligence”,il regime di Bashar el Assad in Siria.

Tre persone sono state uccise in Siria daun operazione dell’esercito siriano a Homs.

* * *La Francia impone una nuova tassa suiredditi superiori ai 500 mila euro. L’impo-sta sarà del tre per cento. La manovra èparte del piano del governo di NicolasSarkozy di tagliare il deficit di 12 miliardientro i prossimi due anni.

* * *Moody’s abbassa il rating del Giappone.L’agenzia ha declassato il giudizio sul debi-to sovrano del paese “da Aa2 ad Aa3”.

Articolo a pagina quattro* * *Google pagherà una multa di 500 milioni

di dollari. Il governo americano ha accusa-to l’azienda californiana di aver aiutato avendere medicinali di compagnie farma-ceutiche canadesi negli Stati Uniti.

* * *Un incontro tra Medvedev e Kim Jong -Ilè avvenuto in Siberia. Il leader della Coreadel nord ha detto al presidente russo di“essere pronto a una moratoria sulla pro-duzione e i test di armi nucleari”.

Il cargo spaziale russo Progress M-12Mlanciato dalla Siberia è andato fuori orbi-ta schiantandosi a terra poco dopo.

* * *Un militante di Hamas è stato ucciso du-rante un raid dell’aeronautica israelianasu Gaza. Secondo il portavoce dell’esercito,il militante stava preparando un nuovo at-tacco a Israele dal Sinai.

L’Idf ha ordinato il dispiegamento di piùuomini e mezzi al confine con l’Egitto in se-guito alla minaccia di terrorismo dalla re-gione confinante del Sinai.

* * *Negli Stati Uniti cresce la domanda di be-ni durevoli. Secondo il dipartimento delCommercio, a luglio le vendite di macchinee aerei sono aumentati del 4 per cento.

* * *In Kenya, Ruto è stato espulso dal governo.Il ministro dell’Istruzione è accusato dallaCorte internazionale di aver incitato le vio-lenze post elettorali tra il 2007 e il 2008, nel-le quali morirono più di 1.300 persone.

* * *Samir Nasri andrà al Manchester United.Il 24enne francese lascerà l’Arsenal.

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Roma. Ad Angelino Alfano il mandato dinegoziare con Umberto Bossi e la Lega. Ilpacchetto che il Pdl intende portare in ca-sa padana contiene qualche concessione equalche pretesa: via l’aumento dell’età pen-sionabile, ridimensionamento dei tagli aicomuni, ma abolizione di tutte le province.L’obiettivo di Silvio Berlusconi è quello dicentrare un pareggio politico con l’alleatonordista. Bossi potrà esultare da paladinodei pensionati, ma il Cav. vuole dare un se-gnale forte sui costi della politica: e dunque

via tutte le province. D’al-tra parte martedì, al telefo-no con il proprio entourageriunito a Roma, il premieraveva scandito queste pa-role: “Bisogna stabilire unavolta per tutte se le provin-ce servono o sono uno spre-co di risorse economiche.Se sono inutili vanno abo-lite tutte, non solo quellepiù piccole”. Dopo le per-

nacchie rivolte da Bossi ad Alfano appenapochi giorni fa, che poco di buono lasciava-no intendere intorno alle intenzioni delleader leghista nei confronti del segretariodel Pdl, è possibile che lunedì prossimo ilgiovane ex Guardasigilli venga scortato daSilvio Berlusconi nella tana di Bossi. Alfa-no non è uno sprovveduto e molti dei suoiinterlocutori, tra i compagni di partito, lohanno avvertito di un rischio: l’intenzionedi Bossi – non estraneo Giulio Tremonti –potrebbe essere quella di non riconoscerticome interlocutore. Una mossa che in effet-ti l’ala ancora tremontiana della Lega (nonRoberto Maroni) sta coltivando come ipote-si. Un’opzione che – è il timore del Pdl –avrebbe l’effetto di rilanciare l’appannatoTremonti cui ieri sul Foglio Sandro Bondisi è rivolto con queste parole: “Avrebbel’occasione di offrire un notevole contribu-to al miglioramento della manovra se, insie-me ad Angelino Alfano, si spendesse mag-giormente per la riforma delle pensioni”.Una causa che il ministro dell’Economianon sembra affatto aver perorato alla cor-te di Bossi.

Il Cavaliere parla poco, si tiene tattica-mente fuori dal coro di polemiche e lamen-tele, ma è attivissimo sul dossier della ma-novra. E’ stato Berlusconi a imprimere, traieri e martedì, un’accelerazione alle tratta-tive interne al Pdl. “Berlusconi ha idee im-portanti”, ha detto ieri Alfano. Oltre all’a-bolizione tout court delle province, il pre-mier intende innalzare subito l’Iva (forse diun punto o forse solo dello 0,5 per cento) esollevare – come scritto ieri da alcuni quo-tidiani – la soglia di reddito oltre la qualescatta il contributo di solidarietà. L’ideadel Cav. era quella di cancellarlo del tutto,ma forse non si potrà fare. Così come appa-re complicata la riduzione del numero deiparlamentari già a partire dalla prossimalegislatura. Berlusconi vorrebbe fortissi-mamente, ma ci sono ovvie e probabilmen-te decisive resistenze. “Se si tenta una leg-ge di questo tipo – dice al Foglio uno dei di-rigenti parlamentari del Pdl – è la voltabuona che cade il governo e si va a elezio-ni anticipate”. Stabilire la riduzione delnumero dei parlamentari sarebbe come re-capitare ad almeno la metà dei deputati esenatori della maggioranza una lettera dilicenziamento definitiva dalla politica, of-frire a tutti costoro la certezza di non esse-re più rieletti già a partire dalla prossimalegislatura.

Il dubbio non è da poco: accetterà Bossi,leader di un partito nativista e territoriale,che le province spariscano per sempre?Non sarà facile, nonostante le concessionisu pensioni e comuni. E forse anche perquesto, alla fine, Berlusconi accompagneràAlfano. Anche perché davanti al leader le-ghista dovrà essere ribadito senza esitazio-ni un concetto molto caro al Cavaliere: “Lapatrimoniale, finché sarò capo del governo,non si farà mai”.

Dopo le pernacchieL’ultima offerta del Cav.a Bossi: salve le pensionima via tutte le provinceAlfano si farà ambasciatore di una

mediazione “che non si può rifiutare”.Problemi sul taglio dei parlamentari

Tutto ma non la patrimoniale

A. ALFANO

Perché la Nato ha mostrato più debolezze che forza contro GheddafiRoma. Forse riuscirà a vincerla ma per

la Nato la campagna libica rischia di rap-presentare il canto del cigno. Dopo diecianni di conflitto afghano, dal quale l’Al-leanza atlantica conta di sfilarsi entro il2014, la guerra libica ha messo in luce tut-te le debolezze e le contraddizioni di un’al-leanza militare incapace persino di chia-mare la guerra con il suo nome. Nelle no-te di linguaggio dei comandi alleati l’opera-zione Unified Protector è definita “opera-zione a protezione dei civili”. Oltre 20 mi-la sortite aeree delle quali più di 8 mila diattacco con più di 500 missili da crociera ealcune migliaia di bombe sganciate sullaLibia (poco più di 500 delle quali lanciatedai jet italiani) rappresentano uno sforzonon irresistibile per le potenzialità (alme-no quelle sulla carta) della Nato ma di cer-to sufficiente a far rientrare l’interventonella definizione di guerra come dimostra-no oltre un migliaio di civili uccisi secon-do fonti lealiste.

La campagna libica ha già richiesto oltrecinque mesi di incursioni, ben di più diquanto preventivato dai comandi alleati te-nendo conto delle capacità non certo formi-dabili dell’armata di Gheddafi. Sul pianopolitico e strategico il conflitto nel Mediter-raneo ha ribadito, ingigantendoli, i proble-mi già evidenziati dai partner europei del-la Nato nella campagna afghana. L’ex se-gretario alla Difesa statunitense RobertGates aveva sottolineato nell’ottobre 2007

di non essere “soddisfatto del fatto cheun’alleanza con membri che hanno oltredue milioni di militari non riesca a trova-re le modeste risorse aggiuntive promesseper l’Afghanistan”.

Se a Kabul il ruolo preminente degli Sta-ti Uniti ha coperto i vuoti lasciati dagli eu-ropei, in Libia il basso profilo assunto daWashington nelle operazioni aeree ha evi-denziato i limiti militari della componenteeuropea. Le 300 sortite aeree quotidianepianificate in marzo si sono ridotte in pra-tica a 120/150 per la carenza di aeroplani.In media cinque velivoli messi in campoda Olanda, Belgio, Norvegia, Canada, Spa-gna, Svezia, Danimarca, Qatar ed Emiratiarabi uniti oltre ai dodici dell’Italia.

Francia e Gran Bretagna con una cin-quantina di cacciabombardieri e una ven-tina di elicotteri d’attacco hanno fornitopiù della metà dei velivoli da combatti-mento. Svezia e Norvegia hanno già ritira-to i loro jet e se a fine settembre le opera-zioni non saranno ancora concluse si riti-reranno altri paesi, inclusa probabilmentel’Italia. Di fatto non sono più di un centi-naio i jet da combattimento schierati daglialleati, inclusi i caccia destinati a pattu-gliare lo spazio aereo libico. Una missio-ne marginale già in aprile quando era evi-dente che Gheddafi non disponeva più diforze aeree mentre lo sforzo maggiore siconcentrava nelle operazioni contro gliobiettivi terrestri.

Roma. L’avanzata trionfale dei ribellilibici, al terzo giorno dopo la “presa diTripoli”, s’apre a diversi scenari possibi-li. Uno ricorda il caos post invasione inIraq. Quattro giornalisti italiani – Elisa-betta Rosaspina e Giuseppe Sarcina delCorriere, Domenico Quirico della Stam-pa e Claudio Monici di Avvenire – sonostati rapinati e sequestrati in mattinatalungo la strada che collega Zawiya a Tri-poli, e il loro interprete è stato ucciso.Monici ha telefonato alla sua redazionein Italia. I quattro, sono stati chiusi in unappartamento dai rapitori. Sono stati fer-mati da una banda armata, che poi li haconsegnati alle forze fedeli al colonnellolibico. Il console italiano a Bengasi, Gui-do De Sanctis, dice che i giornalisti sonoin un palazzo della capitale, tra il bunkerdi Bab al Aziziyah e l’hotel Rixos – a pro-varlo sarebbe il fatto che dal-l’appartamento sivede un notocentro commer-ciale di pro-prietà di Aisha,la figlia diGheddafi. Se-condo De Sanc-tis, che è riusci-to a entrare incontatto conuno dei gior-nalisti, gli in-viati “stannobene” e “sonostati rifocillaticon cibo e acqua”allo scadere del digiuno del Ramadan.

Le truppe del regime si arroccano inuna resistenza tenace: infestano il centrodi Tripoli e l’aeroporto e Sirte, la città na-tale del rais, resiste. Nella capitale, i gior-nalisti sono stati liberati dall’hotel Rixos,ma i cecchini continuano a sparare daitetti.

Il capo dei ribelli, Mustafa Abdul Jalil,ha messo una taglia di due milioni di di-nari sulla testa del rais, che ancora nonsi trova. In un messaggio audio, Gheddafiha detto di essere ancora a Tripoli e diaver passeggiato in incognito per le viedella capitale, nella mattinata di merco-ledì. Ora che anche il suo bunker di Babal Aziziyah è caduto, però, è probabileche il rais voglia spostarsi verso sud, ver-so la regione desertica del Fezzan, nelsud della Libia, la sua roccaforte più so-lida, la zona del paese che deve di più aGheddafi. E’ grazie alle nuove strade e al-le massicce opere di irrigazione, tra cui ilGrande fiume artificiale, l’acquedotto piùgrande al mondo, se la popolazione, dasempre costretta nelle oasi, ha potuto go-dere di un benessere che non fosse lega-to soltanto al petrolio, presente nel norddella regione.

Il rais, nel Fezzan, è di casa: ha fatto lescuole superiori a Sabha, la città più im-portante della regione, e buona parte del-la sua tribù, originaria della costa, si èspostata in quelle zone. Sabha, dove orasono di stanza i mercenari arrivati da Ni-geria e Ciad, era al centro del programmanucleare sviluppato da Gheddafi. Le vel-leità atomiche sono state abbandonate,ma le strutture militari, con tanto di basedell’aviazione, restano ancora operative.Nel Fezzan, i disordini anti regime sonostati minimi, rispetto al resto della nazio-ne. Martedì il colonnello ribelle AhmadBani ha detto che “Sabha sarà l’ultimaroccaforte del rais, ma con l’aiuto degliabitanti la città cadrà, come già Bengasi,Misurata e Tripoli”.

Bruxelles. Nella corsa per il dopo Ghed-dafi, Nicolas Sarkozy e David Cameron sidanno battaglia per incassare i dividendidi un cambio di regime a Tripoli. Il presi-dente francese ieri ha confermato unaConferenza internazionale a Parigi il pri-mo giorno di settembre “sulla Libia libe-ra”, dopo aver ricevuto il numero due deiribelli, Mahmoud Jibril. Ma, come con il ri-conoscimento del Consiglio nazionale ditransizione (Cnt) e le prime bombe sullaLibia in marzo, l’Eliseo aveva omesso dicomunicare le sue iniziative al premierbritannico. Colto di sorpresa dall’invito diJibril e dalla Conferenza internazionale,Cameron ha chiamato il presidente delCnt, Mustafa Abdul Jalil. Poi non ha esclu-so l’invio di soldati britannici per una mis-sione di mantenimento di pace in Libia.Anche se un portavoce di Downing Street

ha definito “improbabile” un di-spiegamento in questa fase,duecento soldati britannici aCipro sarebbero pronti a parti-re. “Le truppe sono in stand-by per la Libia dall’inizio diluglio. Tutto il loro equipag-giamento è pronto e aspet-tano solo una chiamata perandare”, ha detto al DailyMail una fonte del gover-no. “I due paesi manovra-no per prendere posizio-ne”, ha spiegato al FigaroJames Barr, autore di “ALine in the Sand”, librosulla storica rivalità fran-co-britannica in medio

oriente. Ma “è ancora troppo presto per di-re chi ha vinto la partita”.

Sarkozy si indigna quando si parla di“una guerra per il petrolio”. Ma la france-se Total ha ammesso di aver avviato contat-ti con i ribelli durante il conflitto. BritishPetroleum ha annunciato che riprenderàle operazioni non appena “le condizioni lopermetteranno”. Oltre agli idrocarburi, laLibia può trasformarsi in un enorme can-tiere per il settore delle costruzioni. Così,la concorrenza internazionale è accanita.Il Qatar ieri ha organizzato una conferen-za dei donatori per raccogliere 2,5 miliar-di di dollari. Mentre Tripoli cadeva in ma-no ribelle, martedì il ministro degli Este-ri turco, Ahmet Davutoglu, è volato a Ben-gasi per spiegare di aver fornito segreta-mente ai ribelli 300 milioni di dollari. LaGermania, rimasta fuori per il rifiuto dipartecipare all’intervento, cerca dispera-tamente di recuperare un ruolo.

Francia e Regno Unito si scambianocolpi sotto il tavolo dell’ufficialità.Sarkozy ieri ha ringraziato Cameron,“amico e partner affidabile”: il premieravrà la copresidenza della Conferenza diParigi. Ma i suoi diplomatici dicono che ilcontributo britannico è stato “limitato”:gli aerei francesi avrebbero condotto piùmissioni e, contrariamente a Londra, Pari-gi ha fornito ai ribelli armi letali. In rispo-sta i britannici fanno valere che la conqui-sta di Tripoli non sarebbe avvenuta senzala Raf e la presenza a terra delle loro for-ze speciali. Nella battaglia sotterranea,Sarkozy e Cameron hanno un interesse co-mune: escludere il prima possibile la Na-to, per avere mano libera. Per Sarkozy, “ilperiodo del gruppo di contatto e della coa-lizione militare è alla fine”. La risoluzio-ne sulla quale si è riunito ieri sera il Con-siglio di sicurezza serve a Parigi per met-tere la bandierina Onu sulla Conferenzadi Parigi e a Londra per sbloccare i fondilibici congelati nelle banche britannicheda trasferire al Cnt.

DOPO LA CADUTA DI TRIPOLIRapiti quattro giornalisti italiani

Il rifugio del colonnello nel sud e ipiani degli ex al potere e di Ankara

Parigi e Londra si dannobattaglia per il dopo Gheddafi

e assieme liquidano la Nato

(segue a pagina quattro)

(segue a pagina quattro)

• Il sesso, i diritti e la vera giustizia.Pensierini su Nafissatou Diallo, DSK ei processi per stupro (a pagina tre)

•Il partito pro patrimoniale ora è ungigante, ma con i piedi d’argilla. Dal Pdalla Lega, a Marchionne (a pagina tre)

L’ultima guerra del Patto atlantico

DI RICHARD NEWBURY

ANALISI

Il direttorio obbligatoL’abbraccio strumentale di Sarkozy

barcollante (per deficit e pil) allaMerkel assediata (sugli Eurobond)