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2.3 TECNOLOGIE PER LA CONVERSIONE ENERGETICA DEL LEGNO A cura di Valter Francescato – AIEL, Associazione Italiana Energie Agroforestali [email protected] 2.3.1 IL PROCESSO DI COMBUSTIONE DEL LEGNO La combustione del legno avviene essenzialmente in tre stadi, funzione della temperatura del processo: Essiccazione Degradazione Combustione Da un punto di vista spaziale, nelle caldaie a pezzi di legna queste fasi avvengono separatamente mentre, specie nelle caldaie di maggiore taglia, con alimentazione automatica della griglia mobile, questi processi avvengono in diverse sezioni della stessa griglia. Tuttavia, negli apparecchi del primo tipo esiste una separazione anche temporale delle fasi di evaporazione dei volatili (pirolisi) e della ossidazione di questi (combustione). Da un punto di vista temporale, il grafico 1 mostra in termini qualitativi il processo di combustione di piccole particelle di biomassa; quando le particelle aumentano di dimensione si crea un certo grado di sovrapposizione tra le diverse fasi, all’estremo, nel caso di caldaie a pezzi di legna, vi è un elevato grado di sovrapposizione tra fasi. Grafico 1 – La combustione di piccole particelle di biomassa procede in tre fasi ben distinte. Essiccazione L’acqua contenuta nel legno inizia a evaporare già a temperature inferiori ai 100 °C. Essendo l’evaporazione un processo che usa l’energia rilasciata dal processo di combustione, abbassa la temperatura in camera di combustione, rallentando il processo di combustione. Nelle caldaia a pezzi di legna, ad esempio, è stato rilevato che il processo di combustione non può essere mantenuto se il legno ha un contenuto idrico (w%) superiore al 60%. Infatti, il legno “fresco” richiede un tale quantitativo di energia per far evaporare l’acqua in esso contenuta che porta la temperatura della 0 0,2 0,4 0,6 0,8 1 0 0,5 1 1,5 2 2,5 3 3,5 4 Tempo (s) Volume (mm 3 ) Essicazione Degradazione Combustione dei gas

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2.3 TECNOLOGIE PER LA CONVERSIONE ENERGETICA DEL LEGNO A cura di Valter Francescato – AIEL, Associazione Italiana Energie Agroforestali [email protected] 2.3.1 IL PROCESSO DI COMBUSTIONE DEL LEGNO La combustione del legno avviene essenzialmente in tre stadi, funzione della temperatura del processo:

Essiccazione Degradazione Combustione

Da un punto di vista spaziale, nelle caldaie a pezzi di legna queste fasi avvengono separatamente mentre, specie nelle caldaie di maggiore taglia, con alimentazione automatica della griglia mobile, questi processi avvengono in diverse sezioni della stessa griglia. Tuttavia, negli apparecchi del primo tipo esiste una separazione anche temporale delle fasi di evaporazione dei volatili (pirolisi) e della ossidazione di questi (combustione). Da un punto di vista temporale, il grafico 1 mostra in termini qualitativi il processo di combustione di piccole particelle di biomassa; quando le particelle aumentano di dimensione si crea un certo grado di sovrapposizione tra le diverse fasi, all’estremo, nel caso di caldaie a pezzi di legna, vi è un elevato grado di sovrapposizione tra fasi.

Grafico 1 – La combustione di piccole particelle di biomassa procede in tre fasi ben distinte.

Essiccazione L’acqua contenuta nel legno inizia a evaporare già a temperature inferiori ai 100 °C. Essendo l’evaporazione un processo che usa l’energia rilasciata dal processo di combustione, abbassa la temperatura in camera di combustione, rallentando il processo di combustione. Nelle caldaia a pezzi di legna, ad esempio, è stato rilevato che il processo di combustione non può essere mantenuto se il legno ha un contenuto idrico (w%) superiore al 60%. Infatti, il legno “fresco” richiede un tale quantitativo di energia per far evaporare l’acqua in esso contenuta che porta la temperatura della

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Essicazione

Degradazione

Combustione dei gas

camera di combustione al di sotto del livello minimo richiesto per sostenere la combustione. Perciò, il contenuto idrico del legno è uno dei parametri qualitativi più importanti dei combustibili legnosi. Oltre alla combustione, il contenuto idrico del legno influenza la temperatura adiabatica1 della combustione e il volume dei gas prodotti per unità di energia. Il legno umido ha bisogno di un maggiore periodo di permanenza durante il processo di essiccazione, prima delle due fasi successive di pirolisi/gassificazione e combustione, questo significa che è necessaria una camera di combustione più grande. Quindi la conoscenza del contenuto idrico del legno combustibile in ingresso al focolare è fondamentale per una corretta regolazione dei sistemi di aria forzata che agiscono nella camera di combustione e per una corretta progettazione dei volumi e della geometria della caldaia che assicuri un sufficiente periodo di permanenza dei gas nella calda camera di combustione per una loro completa combustione. Inoltre, il rendimento termico del processo (rapporto tra il calore prodotto dalla caldaia e il contenuto energetico del combustibile) decresce con l’aumentare del contenuto idrico del legno, un fenomeno che, negli impianti di maggiore potenza, può essere parzialmente compensato insellando un’unità di condensazione. Degradazione termica (pirolisi/gassificazione) Dopo il processo di essiccazione, a partire da una temperatura di 200 °C circa, il legno è sottoposto ad una fase di degradazione termica che porta all’evaporazione della sua componente volatile. Questa componente rappresenta in termini ponderali oltre il 75% del legno, perciò si può dire che la sua combustione significa principalmente la combustione dei gas che lo compongono. La velocità di evaporazione dei gas aumenta con l’aumentare della temperatura. I primi componenti del legno ad essere degradati sono le emicellulose e successivamente la cellulosa. I legni duri (faggio, robinia) contengono più emicellulose rispetto ai legni teneri (abeti) quindi la perdita di peso che avviene durante la fase di decomposizione del legno dei primi è più precoce e accentuata rispetto ai secondi. A 400 °C, la maggior parte delle sostanze volatili sono state liberate e il processo evaporativo decresce rapidamente. Tuttavia, una certa perdita di peso del legno si ha ancora tra i 400 e i 500 °C dovuto alla degradazione della lignina, la quale si decompone durante tutto il processo di evaporazione ma la maggior parte della sua degradazione avviene alle più alte temperature. Il faggio, avendo il più alto contenuto in emicellulose e il più basso di lignina, produce il più basso quantitativo di residui carboniosi di combustione. Nelle caldaie questa fase viene favorita dai flussi di aria primaria pre-riscaldata. Combustione Consiste nella completa ossidazione dei gas, una fase che inizia tra i 500 e i 600 °C e si protrae fino ai 1000 °C circa. Nel range 800-900 °C il carbone solido è combusto e con lui anche il catrame. La regola delle 3 T La mancanza di adeguate condizioni causa la combustione incompleta del legno e quindi aumentano le emissioni nocive. La combustione incompleta è causata principalmente dalle seguenti condizioni negative:

- inadeguata mescolanza tra aria e combustibile nella camera di combustione, - una carenza complessiva di ossigeno disponibile - temperatura di combustione troppo bassa - tempi di permanenza troppo corti

Quindi la qualità della combustione è legata a tre fattori fondamentali: Tempo, Temperatura e Turbolenza. I tre parametri sono fortemente connessi tra loro. È importante un adeguato tempo di permanenza del combustibile sul focolare, dei fumi caldi nella seconda zona di combustione e negli scambiatori. 1 In termodinamica una trasformazione adiabatica è una trasformazione termodinamica nel corso della quale un sistema fisico non scambia calore con l'ambiente esterno.

La temperatura deve raggiungere livelli sufficientemente elevati per consentire di completare le varie fasi della combustione specie quella di ossidazione dei gas. Infine è fondamentale un sufficiente apporto d’aria nelle varie zone e fasi della combustione attraverso gli apporti di aria primaria, secondaria ed eventualmente terziaria. La combustione è completa, almeno teoricamente, quando tutte le parti del combustibile hanno reagito con l’ossigeno. Diversamente, se non viene apportata aria a sufficienza, parte dell’energia contenuta nel combustibile rimane nei co-prodotti della combustione ad es. come ossido di carbonio, e si ha così una combustione incompleta. La quantità di aria teoricamente richiesta è la quantità di aria necessaria a produrre un processo di combustione completa, quindi tu tutte le parti del combustibile. Il rapporto tra la quantità di aria teorica e quella attuale è chiamata rapporto d’aria in eccesso (λ), tale fattore per il legno varia tra 1,25 e 1,4 che in altri termini significa un surplus d’aria tra il 25 e il 40%. La combustione completa è naturalmente solo un concetto teorico, specie nei combustibili solidi quale è il legno, in quanto è problematico raggiungere un corretto grado di mescolanza tra aria e combustibile in un periodo di tempo così limitato. La combustione incompleta da luogo ad una incompleta combustione dei gas e un aumento di incombusti sia organici che inorganici, questo si traduce in un aumento del contenuto di CO e polveri nei fumi esausti. Negli ultimi trentenni vi è stato un graduale aumento dell’efficienza riscontrata nelle caldaie a legno che ha portato a una sostanziale riduzione dell’emissione di CO e delle altre emissioni nocive (polveri, composti organici volatili, ossidi di azoto e di zolfo). I due grafici di seguito mostrano i risultati della lunga campagna di rilievi effettuata dal BLT di Wieselburg (www.blt.bmlf.gv.at), noto istituto dell’alta Austria che certifica - a scala europea - le emissioni e i rendimenti degli apparecchi di combustione a legno. Nei due grafici è interessante

notare come vi sia stata una diminuzione del grado di dispersione dei dati nel tempo, che testimonia un diffuso miglioramento delle tecniche costruttive delle caldaie, con rendimenti medi che si attestano, nel 2004, sopra l’85% e livelli di CO spesso, più o meno abbondantemente, sotto i 50 mg/Nm3. Oltre al CO, esistono una serie di altri parametri che caratterizzano i fumi esausti e che possono essere usati come parametri-controllo della qualità del processo di combustione. La percentuale di O2, dovrebbe essere nel range 5-8%. La quantità di CO2 dovrebbe essere quanto più prossima al valore teorico che per il legno è 20,4%. esiste tuttavia una forte correlazione tra O2 e CO2, ha valori di O2 del 5-8% corrispondono valori di CO2 del 13-16%. La quantità di NOx è legata principalmente alla temperatura che forma i così detti NOx termici, perciò la temperatura dovrebbe essere nel range

850-1200 °C. Infine, un parametro importante è anche la temperatura dei fumi che dovrebbe mantenersi sotto i 150-170 °C.

Naturalmente la combustione è influenzata fortemente dalla qualità del combustibile, in funzione della tipologia di caldaia. In linea generale, tanto maggiore è l’uniformità della pezzatura e del contenuto idrico nel combustibile legnoso e tanto migliore sarà la combustione.

2.3.2 I GENERATORI DI CALORE Le caldaie a legna possono essere suddivise nelle seguenti categorie, in funzione del tipo di combustibile legnoso impiegato, della potenza del generatore, del tipo di sistema di caricamento del focolare.

caldaie a pezzi di legna di piccola taglia a caricamento manuale caldaie a pellet di piccola taglia a caricamento automatico caldaie a cippato di piccola e media taglia a griglia fissa con caricamento automatico a

coclea caldaie di media e grande taglia a griglia mobile con caricamento automatico a coclea o

spintore CALDAIE A LEGNA Le caldaie a pezzi di legna possono essere suddivise in due categorie in funzione del principio di combustione: combustione inferiore e combustione inversa. Le caldaie a combustione inferiore sono generalmente a tiraggio naturale (Naturzugkessel), la depressione richiama l’aria primaria dall’esterno la quale arriva il braciere; i gas esausti sono richiamati dalla parte inferiore del focolare (aria secondaria) e convogliati nella seconda camera di combustione. Siccome il flusso d’aria attraversa da sotto il focolare risulta molto importante che la legna venga ben impilata in modo che l’aria possa raggiungere in modo omogeneo la zona di combustione.

Caldaia a pezzi di legna a combustione inferiore e tiraggio naturale (Guntamatic – mod KOBRA). 1. Aria primaria 2. Aria secondaria 3. Camera di combustione 4. Scambiatore di calore 5. Sistema di regolazione del tiraggio

Le caldaie a combustione inversa a tiraggio forzato per aspirazione (Saugzugkessel) rappresentano le caldaie più innovative sul piano tecnologico. I gas sono richiamati, dalla depressione forzata creata da un ventilatore a valle, attraverso un foro al di sotto del braciere attraverso il quale giungono nella seconda camera di combustione rivestita in refrattario. La resistenza dei flusso dei gas è piuttosto elevata perciò è necessaria la presenza di un ventilatore a tiraggio indotto a regolazione elettronica. Il ventilatore consente di modulare in modo preciso l’apporto d’aria primaria (generalmente pre-riscaldata) e secondaria nelle camere di combustione. Nel primo settore della canna fumaria è presente solitamente la sonda Lambda che misura in continuo la concentrazione di O2 nei fumi esausti e regola di conseguenza il ventilatore e, nelle

caldaie automatiche, la velocità di caricamento del combustibile. La sonda Lambda è particolarmente utile nelle caldaie a legna e cippato nelle quali si utilizzano combustibili caratterizzati da una ampia variabilità del contenuto idrico e del contenuto energetico. Essa consente di matenere nel tempo un elevato livello di rendimento del processo di combustione e di conseguenza di minimizzare le emissioni nocive. Solitamente l’accensione delle caldaie a pezzi di legna è manuale, tuttavia nei modelli più recenti è stata inserito anche il sistema di accensione automatica.

Localizzazione delle tre fasi della combustione del legno in una caldaia a combustione inversa 1. ESSICAZIONE 2. DEGRADAZIONE TERMICA 3. COMBUSTIONE

Caldaie a combustione inversa a tiraggio forzato per aspirazione (Guntamatic – mod. BMK) 1. Aria primaria pre-riscaldata 2. Aria secondaria 3. Turbo-camera di combustione 4. Turbolatori verticali 5. Sonda Lambda 6. Ventilatore a tiraggio forzato e regolazione elettronica 7. Pannello elettronico di comando

Caldaie a combustione inversa a tiraggio forzato per aspirazione (KÖB – mod. Pyromat ECO) 1. Aria primaria 2. Aria secondaria 3. Scambiatore di calore a turbolatori verticali 4. Sonda Lambda 5. Ventilatore a tiraggio forzato e regolazione elettronica 6. Componente elettronica collegata al pannello di comando

L’accumulo inerziale Nelle caldaie a pezzi di legna è fondamentale l’installazione di un accumulo inerziale che deve essere correttamente dimensionato in funzione di una serie di parametri termotecnici. Infatti, la carica di legna esprime una quantità di energia termica spesso superiore al fabbisogno giornaliero di calore, specie nelle mezze stagioni e d’estate, perciò per evitare di disperdere nell’ambiente questa energia termica, con evidente spreco, essa può essere convogliata e stoccata nell’accumulatore inerziale, detto anche puffer. Il puffer consente di: -ottimizzare la combustione allungando la vita alla caldaia, -assorbire i picchi di richiesta termica, -programmare il riscaldamento degli ambienti per le prime ore del mattino e disporre di maggiori quantità di acqua sanitaria con una sola carica di legna2, -integrare l’impianto con un sistema solare termico, che consente di tenere spenta la caldaia d’estate. Il dimensionamento del puffer dovrebbe essere effettuato secondo la formula definita dalla norma EN 303-5:

VSp = 15 x TB x QN x (1 - 0,3 x Qh/Qmin) VSp Capacità del serbatoio [l] TB Periodo di combustione [h] QN Potenza termica nominale [kW] Qmin Potenza termica minima [kW] Qh Carico di riscaldamento medio edificio [kW]

2 Quando l’accumulo è ben dimensionato d’estate una carica di legna può coprire il fabbisogno di acqua sanitaria di circa 4-5 giorni.

Esempio Casa monofamiliare TB 6 h (legno duro) QN 20 kW Qmin 10 kW (50% potenza nominale) Qh 8 kW ca. 180 m² (Edificio nuovo)

15 x 6 x 20 x (1 - 0,3 x 8/10) = 1.368 L’impianto richiede un puffer di 1500 litri

Il grafico seguente indica la variazione del volume inerziale in funzione dei kWh erogati dal carico di legna lungo le varie rette del rapporto fra il carico di riscaldamento medio dell’edificio e la potenza termica minima, quest’ultima corrisponde al 50% della potenza nominale del generatore. Esempio di schema d’impianto con quattro circuiti di riscaldamento e l’applicazione di un accumulo inerziale e un boiler separato (Fröling). 1. Telecomando, 2. sonda di temperatura esterna, 3. rete elettrica 230 V, 4. sensore temperatura di mandata, 5. circuiti 1/2/3/4, 6. miscelatrici, 7. pompa 2, 8. sonda 1, 9. sonda 2, 10. pompa 1, 11. sonda 3, 12. acqua calda, 13. acqua fredda.

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0 50 100 150 200 250 300QN * TB [kWh]

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Boiler

Puffer

Caldaia a legna Fröling FHG Turbo 3000/ECO

CALDAIE A PELLET Le caldaie a pellet possono coprire completamente e per tutto l’anno il fabbisogno di calore di una casa mono-familiare o bi-familiare. In linea di principio si può scegliere tra impianti compatti semiautomatici e sistemi automatici. L’impianto compatto semiautomatico è composto da una caldaia dotata, a fianco, di un serbatoio per il combustibile (serbatoio giornaliero o settimanale), che generalmente deve essere riempito a mano; perciò deve essere tenuta a parte una scorta di combustibile più grande (ad esempio prodotto in sacchi). Il pellet è estratto e portato nella camera di combustione della calda automaticamente per mezzo di una coclea. Il serbatoio dovrebbe essere dotato di un volume di almeno 400 litri, in questo caso, a seconda della superficie abitabile da riscaldare e della temperatura esterna, la scorta di combustibile può durare fino ad un mese. Nella condizione ideale l’utilizzatore è informato da un indicatore sulla caldaia o da un indicatore a distanza sul limite di livello minimo di riempimento, e in questo caso l’impianto dovrebbe rimanere in funzione per controllare la temperatura di arresto. In Austria, gli impianti compatti devono avere, come sistemi di sicurezza, un meccanismo inibitore di fiamma (MIF) e una sonda termica (ST). Nell’impianto automatico il silo a fianco al generatore (serbatoio settimanale) è rifornito automaticamente da una scorta di combustibile più grande (ad esempio una scorta di un anno); per mezzo di una coclea o con l’ausilio di un sistema di estrazione pneumatico. In una situazione ideale il deposito, o il contenitore, è riempito da un’autocisterna che consegna il pellet, ad esempio, una volta l’anno. Se il trasporto del combustibile dal deposito alla caldaia avviene con una coclea, allora il deposito deve essere attiguo al locale caldaie e deve essere anche installato un dispositivo che impedisca un ritorno di fiamma dalla caldaia al deposito di combustibile. Tale dispositivo è, per esempio, una saracinesca con ruota a celle, una valvola di ventilazione o un dispositivo di spegnimento. In Austria gli impianti di riscaldamento alimentati a pellet completamente automatici devono avere un dispositivo antincendio testato e una sonda per monitorare la temperatura. Il deposito del pellet ha un fondo inclinato, spesso di legno o laminato, con una inclinazione di almeno 40°-45° in modo tale che i pellet possano scivolarvi senza problemi. Il piano inclinato non

Guntamatic mod BIOSTAR-W 1. Portello per le ceneri 2. Griglia di pulizia del piatto 3. Aria primaria 4. Griglia autopulente 5. Aria secondaria 6. Piastra rotante 7. Condotto di caduta contro il ritorno di

fiamma 8. Zona di distensione 9. Contenitore per le ceneri 10. Servomotore per la pulizia della griglia 11. Soffiante per l’accensione automatica 12. Isolamento in ceramica 13. Isolamento totale 14. Scambiatore di calore 15. Tubi scambiatori di calore 16. Ventilatore per il tiraggio 17. Leva per la pulizia 18. Sonda dei fumi 19. Sonda lambda 20. Comandi con semplice interfaccia utente 21. Sonda per mostrare il livello di riempimento22. Motore 23. Ingranaggio 24. Apertura per il riempimento 25. Serbatoio di scorta settimanale 26. Coclea di trasporto dei pellet

deve essere troppo lungo e deve avere una superficie piana e liscia. Il dimensionamento del deposito può essere fatto in modo speditivo con la seguente formula: perciò una caldaia a pellet di 15 kW necessita di un serbatoio di circa 13,5 m3. Supponendo che la stanza sia alta 2,3 m, il silo occupa una superficie di 6 m2 (misure 2x3x2,3).

Esempio di impianto a pellet automatico con sistema di caricamento pneumatico (Ökofen). Si tratta di un sistema di aspirazione (ciclone montato a destra) collegato a due tubi flessibili lunghi fino a 15 m.

Silo a sacco Sono adatti ad essere collocati in stanze o esternamene. Si tratta di stoccaggi molto flessibili e pratici. Si montano facilmente e presentano una buona tenuta alla polvere e all’acqua. Il silo a sacco è collegato al serbatoio settimanale per mezzo di un sistema pneumatico. Esistono diverse classi dimensionali da 2,8 a 5 t.

Volume del silo in m3 = 0,9 x potenza in kW

CALDAIE A CIPPATO Le caldaie a cippato si dividono in due categorie: 1. le caldaie a griglia fissa 2. le caldaie a griglia mobile LE CALDAIE A GRIGLIA FISSA Si tratta di generatori di piccola e media potenza da 25 kW fino a circa 400-500 kW impiegati a scala domestica fino al servizio di mini reti di teleriscaldamento. Sono dotate di un focolare fisso alimentato in vari modi Le caldaie più diffuse sono quelle dotate di una griglia sottoalimentata a spinta (Unterschubfeuerung), dove l’aria primaria agisce sotto griglia favorendo l’essicazione e la gassifiazone del cippato, mentre l’aria secondaria opera sopra la griglia favorendo un’efficiente ossidazione dei gas.

HARGASSNER W 25-55

1. Sottoalimentazione a spinta 2. Piastra di concentrazione fiamma 3. scambiatore 4. turbolatori 5. flusso gas caldi 6. canna fumaria 7. sonda Lambda3 8. scambiatore di sicurezza (EN 303-5) 9. motore coclee e sist. pulizia

scambiatore 10. coclea asporto cenere 11. barra comando sist. pulizia

scambiatore 12. cassetto cenere 13. aria primaria 14. aria secondaria pre-riscalsata

Basamento di una caldaia a griglia fissa. Fori basali dell’aria primaria (1) sulla griglia e fori laterali dell’aria secondaria (2) sul refrattario.

3 Nello specifico la caldaia è dotata di una sonda in grado di riconoscere il potere calorifico del combustibile (cippato di legno duro/teneo, pellet, trucioli) regolando in automatico la velocità di carico delle coclee.

Il deposito del cippato. L’impianto è composto da un silo, generalmente a pianta quadrata, nel quale il cippato è estratto con sistemi a balestra o a braccio articolato. il sistema di estrazione incanala il cippato nella coclea di trasporto collegata, per mezzo di un pozzetto di sicurezza intermedio, alla coclea di caricamento, che porta il cippato al focolare. La serranda taglia fuoco è un dispositivo di sicurezza contro il ritorno di fiamma che, in caso di superamento di una determinata temperatura soglia, chiude ermeticamente il pozzetto che separa la coclea di trasporto da quella di carico.

1. Balestra rotativa, 2. trasmissione della balestra, 3. coclea di trasporto, 4. motore della coclea di trasporto, 5. serranda taglia fuoco, 6. motore della coclea di carico del focolare, 7. coclea di carico, 8. sistema di accensione (Hargassner).

Il deposito del cippato del cippato può essere disposto in vari modi rispetto al vano tecnico della caldaia. Le soluzioni più economiche sono quelle nelle quali viene ricavato in una stanza esistente oppure si crea una struttura in legno esterna adiacente al vano tecnico su una platea in cemento.

Alcune aziende propongono inoltre unità mobili plug&play (Ecoenergie Srl.).

Il dimensionamento del silo deve garantire un periodo di autonomia invernale di almeno 15-20 giorni. Nella figura a sinistra sono presentate - a titolo di esempio - le dimensioni del silo e del vano tecnico di un impianto a cippato con generatore da 25-30 kW (Guntamatic). Nei piccoli impianti il sistema di estrazione rotativo traccia un cerchio con diametri da 3 fino 5 m. Indicativamente un impianto da 100 kW in inverno può consumare circa 2 msr/giorno perciò un silo di 60 m3 da un’autonomia di un mese. Il consumo giornaliero di un generatore di calore è facilmente calcolabile sulla base dei kWh erogati, del potere calorifico inferiore del legno impiegato e della sua massa sterica. Tuttavia, nei

piccoli impianti, possono essere applicate, con un discreto grado di precisione, la seguenti formule speditive:

Importanza della qualità del cippato. Le caldaie a cippato a griglia fissa necessitano di un cippato con pezzatura omogenea (classi G30 e G50), sia per la ridotta dimensione della griglia sia perché pezzi fuori misura possono essere causa di blocchi alle coclee di trasporto e caricamento. Per ovviare a tali problemi, si ricorre a valvole stellari o frantumatori in corrispondenza del pozzetto, con inserimento della retromarcia della coclea. Pezzatura del cippato ai sensi della norma ÖNORM 7133. Classi dimensionali del cippato

Massa totale 100% G 30 (fine)

G 50 (medio)

G 100 (grande)

Sezione trasversale max. cm2 3 5 10 Lunghezza max. cm 8,5 12 25 Frazione grossolana

max. 20% Diametro* nominale della maglia del setaccio grande

mm 16 31,5 63

Frazione principale dal 60% al 100%

Diametro* nominale della maglia del setaccio medio

mm 2,8 5,6 11,2

Frazione fine (incluse le polveri) max. 20%

Diametro* nominale della maglia del setaccio fine

mm 1 1 1

* si intende la dimensione del cippato che passa attraverso un vaglio avente fori quadrati con lato in mm pari a quelli indicati.

Il contenuto idrico non deve superare il 30% (W30). Queste caldaie infatti hanno una scarsa inerzia termica, in quanto i volumi della camera di combustione e dell’acqua nello scambiatore sono

Potenza caldaia in kW x 2,5 = Consumo annuo di cippato in msr/anno (legno tenero, G30, W30) Potenza caldaia in kW x 2,0 = Consumo annuo di cippato in msr/anno (legno duro, G30, W30)

limitati, perciò l’ingresso di materiale troppo umido abbasserebbe eccessivamente la temperatura di combustione; inoltre, l’eccessiva umidità può ostacolare la fase di accensione, essendo questi generatori dotati di un dispositivo di accensione automatica, per mezzo di un soffiante elettrico che soffia - sul cippato -aria a 700-800 °C per pochi minuti. Esempio di schema d’impianto di una piccola caldaia a cippato, con un circuito di riscaldamento e l’applicazione di un bollitore (Hargassner).

LE CALDAIE A GRIGLIA MOBILE Sono generatori di potenza medio-grande da 500 kW fino ad alcuni MW impiegati a scala industriale fino al servizio di reti di teleriscaldamento. Tuttavia, recentemente, il mercato propone caldaie a grigia mobile anche di piccola taglia.

Caldaia a griglia rotativa montata su un generatore di 150 kW, in grado di bruciare cippato con contenuto idrico fino al 50% (KWB). Nelle caldaie a griglia mobile la griglia non è fissa ma si muove su un piano più o meno inclinato. Sono caldaie adatte alla combustine di cippato umido con caratteristiche dimensionali variabili ed elevato contenuto di cenere. Possono bruciare anche mescole di vari combustibili legnosi, mentre non sono tollerati mix di legno con cereali, erbacee e paglia a causa del loro diverso comportamento di

combustione, basso contenuto idrico e basso punto di fusione delle ceneri. Nel caso di griglia mobile a piano inclinato gli scalini si muovono in senso orizzontale avanti-indietro, spostando gradualmente in avanti il cippato lungo la griglia. La caldaia è dotata di numerosi e complessi dispositivi che garantiscono una omogenea distribuzione del cippato e del letto di braci sopra l’intera superficie della griglia. Questo aspetto è particolarmente importante per garantire un apporto di aria primaria equamente distribuita sulla superficie della griglia. Diversamente, possono crearsi scorie di fusione (figura a lato), un’elevata presenza di ceneri volatili, e un troppo elevato apporto di eccesso d’ossigeno

Inoltre, il trasporto del cippato sopra la griglia deve essere il più “tranquillo” e omogeneo possibile per mantenere il letto di braci calmo e omogeneo evitando così soluzioni di continuità dello stesso che potrebbero dar vita a zone di materiale incombusto. Gli stadi della combustione avvengono in tre sezioni separate della griglia, perciò l’aria primaria - apportata sotto griglia – e la stessa velocità della griglia sono modulanti. La stessa griglia può essere dotata di un sistema di raffreddamento ad acqua per ridurre i fenomeni di fusione - ovvero di produzione di scorie prodotte dalla fusione delle ceneri, che si verifica quando la

temperatura in camera di combustione supera quella di fusione delle ceneri del legno (1140-1340°C) circa) - e allungare la vita ai materiali costruttivi, in particolare il refrattario. Gli stadi della combustione sono ottenuti separando la camera di combustione primaria da quella secondaria per evitare rimescolamenti dell’aria secondaria e per separare le zone di gassificazione e ossidazione. Più efficace è il mescolamento tra aria secondaria e gas di combustione più basso sarà l’eccesso d’ossigeno necessario a completare la combustione e quindi più efficiente sarà il processo di combustione.

Moderna caldaia a griglia mobile inclinata (UNICONFORT mod. Biokraft)

1. zona di essicazione 2. zona di gassificazione 3. zona di ossidazione 4. camera primaria 5. camera secondaria 6. scambiatore 7. bruciatore ausiliario 8. spintore idraulico 9. ventilatori aria primaria 10. ventilatori aria secondaria 11. ventilatori aria terziaria 12. coclea estrazione cenere

Il deposito del cippato è generalmente a pianta rettangolare con sistema di estrazione a rastrelli. Inoltre, la coclea di caricamento può essere sostituita da uno spintore idraulico, essenziale nel caso si impieghi materiale triturato molto eterogeneo, con una notevole frazione di pezzi fuori misura. Esempio di layout per una caldaia a griglia mobile di 700 kW. (UNICONFORT mod. Biotec)

1. Silo cippato 2. sistema di estrazione a rastrelli 3. Motori sistema di estrazione 4. Coclea di trasporto 5. pozzetto di carico 6. Caldaia 7. Multiciclone 8. Aspiratore fumi 9. Canna fumaria 10. Collettori

2.3.3 GENERAZIONE COMBINATA DI CALORE ED ENERGIA ELETTRICA A PICCOLA SCALA La generazione combinata di calore ed energia elettrica (CHP, Combined Heat and Power) dalle biomasse legnose avviene attraverso processi termici chiusi, nei quali il ciclo di combustione della biomassa e il ciclo della generazione elettrica sono separati da uno stadio di trasferimento del calore dai gas caldi della combustine al fluido di lavoro impiegato nel secondo ciclo. Questo perché la combustione delle biomasse e i gas prodotti contengono aerosol, metalli e composti del cloro che possono danneggiare i motori a combustione interna. La generazione elettrica (EE) dalle biomasse, per essere energeticamente e ambientalmente sostenibile, deve essere vincolata alla produzione di energia termica secondo questo principio: produco il kWel solo quando c’è bisogno anche di quello termico! Diversamente il processo porta alla dissipazione e quindi allo spreco di enormi quantità di energia. La CHP, quindi, impone la valorizzazione contemporanea di calore ed EE, cosa non sempre facile da realizzare. In questa sede saranno descritti i seguenti tre processi cogenerativi:

- Il turbogeneratore ORC (Organic Rankine Cycle) - Il motore Stirlig - Il motore a vapore

IL TURBOGENERATORE ORC (500-1100 kWe) Il primo ciclo avviene in una normale caldaia a biomassa (griglia mobile) che impiega l’olio diatermico come fluido termovettore di calore. Esso offre numerosi vantaggi, tra cui: la bassa pressione nella caldaia, l’elevata inerzia, la stabilità nelle variazioni di carico, sistemi di regolazione e controllo semplici e affidabili. Inoltre, la temperatura utilizzata (circa 300°C) nella parte calda dell’impianto assicura lunga durata all’olio diatermico. L’utilizzo di una caldaia ad olio diatermico consente altresì l’operatività dell’impianto senza un operatore patentato, come invece è richiesto per i sistemi a vapore in molte nazioni europee. Il calore di condensazione del turbogeneratore è usato per produrre acqua calda a circa 80 – 90°C, un livello di temperatura adeguato al teleriscaldamento e ad altri usi a bassa temperatura (essiccazione del legno, essiccazione di segatura con successiva pellettizzazione, raffreddamento attraverso impianti ad assorbimento, ecc.). Il turbogeneratore ORC si basa un ciclo chiuso di Rankine, realizzato adottando come fluido di lavoro un olio siliconico.

I turbogeneratori ORC che utilizzano l’ olio siliconico come fluido di lavoro, hanno dimostrato un’efficienza elettrica netta del 18% circa, quando operano con temperature nominali dell’ acqua di raffreddamento (60/80°C). Circa il 79-80% vengono ceduti all’acqua di raffreddamento come calore cogenerato, mentre le perdite elettriche e termiche stimate ammontano a solo il 2-3%. Questo significa che l’efficienza termica globale (efficienza di 1° principio) degli impianti ORC è tra il 97 e il 98%. L’ORC può funzionare senza problemi a carico parziale fino al 10% del carico nominale ed ha un’otima efficienza a carico parziale con rendimento pressoché costante per carichi fino al 50% del carico nominale. Il rendimento complessivo del sistema dipende dall’efficienza della caldaia ad olio diatermico e dalla presenza dell’economizzatore. Rendimenti della caldaia ad olio diatermico (energia disponibile all’ olio/ potere calorifico inferiore ) superiori all’80% sono possibili con le moderne caldaie ad olio diatermico portando ad un’efficienza elettrica globale vicina al 15%. Quando l’economizzatore è installato, l’efficienza termica generale può raggiungere il 90%.

Turbogeneratore da 1.100 kWe installato a Tirano (Sondrio - Italia) nel 2003, applicato a tre caldaie a cippato per una potenza termica complessiva di 20 MWt. Il calore di condensazione è impiegato nella rete di teleriscaldamento (TURBODEN Srl).

IL MOTORE STIRLING (20-100 kWe) Il ciclo Stirling è un processo termodinamico che trasforma l’energia termica in energia meccanica. Il motore Stirling fa parte del gruppo dei motori ad espansione o motore ad aria calda, in cui i movimenti dello stantuffo non derivano dalla combustione interna di gas, bensì, sono il risultato dall’espansione di una massa costante di un gas rinchiuso in una camera che si espande per mezzo dell’energia ceduta da una fonte di calore esterna (la caldaia a cippato). Perciò la produzione di forza è disaccoppiata dal focolare (fonte di calore), il quale può lavorare con qualsiasi tipo di combustibile e - indipendentemente dal processo di forza - può essere ottimizzato per quanto concerne le emissioni. Il motore Stirling può impiegare elio come gas di lavoro, o anche idrogeno. L’uso dell’elio come gas di lavoro è molto efficiente per quanto riguarda il rendimento elettrico, tuttavia è molto importante l’impiego di efficaci guarnizioni per l’isolamento. Nella caldaia avviene la combustione della biomassa legnosa; i gas combusti così generati sono condotti allo scambiatore di calore del motore Stirling, dove parte del contenuto energetico dei gas combusti è usata per trasmettere il calore al gas di lavoro nel motore. Il gas combusto esce dallo scambiatore di calore con una temperatura di 850 °C circa.

Il calore residuo contenuto nel gas combusto è usato in un pre-riscaldatore d’aria per il preriscaldamento dell’aria di combustione. Il preriscaldatore d’aria rappresenta una componente importante nel processo CHP con motore Stirling, per l’aumento del rendimento elettrico. Dopo l’uscita dal preriscaldatore d’aria il gas combusto è condotto nell’economizzatore ed il calore è convogliato alla eventuale rete di teleriscaldamento o viene impiegato come calore di processo. Il rendimento elettrico di questo impianto CHP con motore Stirling è attualmente del 12% circa.

Impianto pilota CHP con motore Stirling di 75 kWel (BIOS - Bioenergiesysteme GmbH e MAWERA).

Motore Stirling di 1 kWe applicato ad una caldaia a pellet di 25 kWt. (Energieumwandlungs Gmbh e KWB)

IL MOTORE A VAPORE (50-1200 kWe) Rappresenta un’alternativa alla turbina a vapore, che trova applicazione solo nei grandi impianti. Il motore a pistoni a vapore è modulare con uno fino a sei cilindri per motore in diverse configurazioni. In base ai parametri del vapore prodotto, sono applicati motori monostadio o multistadio. Il rapporto fra pressione in ingresso e in uscita è tipicamente 3, fino ad un massimo di 6, per uno stadio di espansione. L’efficienza del motore dipende dai parametri del vapore. Si va dal 6-10% fino al 12-20% rispettivamente per i monostadio e i multistadio. La pressione in ingresso è tipicamente tra 6 e 60 bar mentre in uscita può variare da 0 a 25 bar. La figura sotto illustra l’applicazione del motore a vapore ad un impianto di teleriscaldamento a

cippato ubicato nel Comune di Fondo e installato nel 2004 (Trento – Italia). Il vapore generato dalle caldaie (3,5+2,5 MWt) fluisce attraverso il motore (220 kWe, Spilling Energie Systeme GmbH) producendo l’energia elettrica attraverso il generatore. Il vapore in uscita dal motore (con pressione inferiore a 0,5 bar) viene fatto affluire ad uno scambiatore vapore/acqua per l’alimentazione della rete di teleriscaldamento. La grandezza che regola il funzionamento dell’impianto nell’esercizio parallelo alla rete è la pressione del vapore in uscita. Al motore a

vapore è collegato un tratto di esclusione (by pass) con una valvola regolatrice. Se la pressione del motore all’uscita dello stesso diminuisce, nonostante la piena potenza, la valvola riduttrice si apre fino a quando si raggiunge nuovamente la pressione del vapore di scarico desiderata. A motore disattivato il vapore viene guidato attraverso la valvola riduttrice e condotto alla scambiatore vapore/acqua. Il motore a vapore viene avviato manualmente. La regolazione del numero dei giri viene effettuata dal regolatore di forza centrifuga dell’albero di regolazione. La sincronizzazione sulla rete elettrica avviene, quindi, dopo l’introduzione manuale da parte del dispositivo di regolazione, in modo automatico. Il gruppo motore e il relativo alternatore vengono controllati automaticamente e disattivati a distanza in caso di errore. Tutto il sistema di cogenerazione, compresa la rete di teleriscaldamento, è telegestito e telecontrollato. I rendimenti elettrici testati in loco sono circa il 18-19 %, con un regime di accensione pari a circa 3.500 ore/anno.