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1 2.3 Il calcestruzzo Il calcestruzzo, detto anche beton di cemento, è un conglomerato costituito da materiali inerti (sabbia e ghiaia o pietrisco) tenuti insieme e saldati tra loro da una malta di cemento ed acqua, in modo da dare origine ad una massa monolitica, dura e resistente. 2.3.1 Componenti 2.3.1.1 Acqua L'acqua deve essere limpida e dolce. Essa non deve cioè contenere materiali in sospensione, specie sostanze di natura organica o argilloide che potrebbero pregiudicare una buona aderenza fra i vari costituenti del calcestruzzo, né d'altra parte vi debbono essere disciolti quantitativi eccessivi di solfati e cloruri, che possono interferire con il meccanismo di presa e di indurimento del cemento: infatti i carbonati e i bicarbonati possono accelerare o ritardare la presa, a seconda delle condizioni, mentre i cloruri accelerano la presa e l'indurimento e possono favorire la corrosione di eventuali armature. Esistono quindi dei limiti di composizione da rispettare, oltre i quali le resistenze meccaniche possono esserne influenzate (considerando solo calcestruzzo non armato). 2.3.1.2 Cemento Esistono tipi diversi di cemento, adatti per impieghi e usi specifici, ma il più utilizzato nelle costruzioni è il cemento Portland. Il cemento Portland è un legante idraulico; esso, impastato con acqua, indurisce all'aria o nell'acqua e dopo l'indurimento può essere impiegato in forma di malte o calcestruzzi resistenti all'acqua. Il cemento Portland è il prodotto della macinazione di una miscela di calce con acido silicico (silicato bicalcico e silicato tricalcico) e composti eminentemente basici di calce con ossidi di alluminio, ferro, manganese e magnesio. Esso viene prodotto cuocendo adatte materie prime finemente macinate e intimamente mescolate fino a parziale fusione e agglomerizzazione (clinkerizzazione). Per essere adatto all'impiego nelle costruzioni, il cemento Portland deve possedere un complesso favorevole di proprietà, che gli derivano dal giusto proporzionamento dei composti in esso formati. Per un impiego privo di inconvenienti, le principali proprietà desiderabili in un cemento Portland sono le seguenti: tempo di rapprendimento lungo ma non troppo

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    2.3 Il calcestruzzo

    Il calcestruzzo, detto anche beton di cemento, è un conglomerato costituito da materiali

    inerti (sabbia e ghiaia o pietrisco) tenuti insieme e saldati tra loro da una malta di

    cemento ed acqua, in modo da dare origine ad una massa monolitica, dura e resistente.

    2.3.1 Componenti

    2.3.1.1 Acqua

    L'acqua deve essere limpida e dolce. Essa non deve cioè contenere materiali in

    sospensione, specie sostanze di natura organica o argilloide che potrebbero pregiudicare

    una buona aderenza fra i vari costituenti del calcestruzzo, né d'altra parte vi debbono

    essere disciolti quantitativi eccessivi di solfati e cloruri, che possono interferire con il

    meccanismo di presa e di indurimento del cemento: infatti i carbonati e i bicarbonati

    possono accelerare o ritardare la presa, a seconda delle condizioni, mentre i cloruri

    accelerano la presa e l'indurimento e possono favorire la corrosione di eventuali

    armature. Esistono quindi dei limiti di composizione da rispettare, oltre i quali le

    resistenze meccaniche possono esserne influenzate (considerando solo calcestruzzo non

    armato).

    2.3.1.2 Cemento

    Esistono tipi diversi di cemento, adatti per impieghi e usi specifici, ma il più utilizzato

    nelle costruzioni è il cemento Portland.

    Il cemento Portland è un legante idraulico; esso, impastato con acqua, indurisce all'aria

    o nell'acqua e dopo l'indurimento può essere impiegato in forma di malte o calcestruzzi

    resistenti all'acqua. Il cemento Portland è il prodotto della macinazione di una miscela

    di calce con acido silicico (silicato bicalcico e silicato tricalcico) e composti

    eminentemente basici di calce con ossidi di alluminio, ferro, manganese e magnesio.

    Esso viene prodotto cuocendo adatte materie prime finemente macinate e intimamente

    mescolate fino a parziale fusione e agglomerizzazione (clinkerizzazione). Per essere

    adatto all'impiego nelle costruzioni, il cemento Portland deve possedere un complesso

    favorevole di proprietà, che gli derivano dal giusto proporzionamento dei composti in

    esso formati. Per un impiego privo di inconvenienti, le principali proprietà desiderabili

    in un cemento Portland sono le seguenti: tempo di rapprendimento lungo ma non troppo

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    (una o più ore); tempo di indurimento molto breve (una o più decine di ore); elevata

    resistenza meccanica; basso calore di idratazione; buona resistenza ad agenti chimici (in

    particolare solfati); stabilità di volume; basso tenore di alcali; bassi costi di produzione.

    Sfortunatamente alcune di queste proprietà non possono essere ottenute

    simultaneamente, pertanto la composizione di un cemento viene scelta in modo tale da

    ottenere una combinazione favorevole delle proprietà elencate, anche in vista di

    determinati tipi di impiego (Alunno Rossetti V., 1999).

    2.3.1.3 Aggregati

    2.3.1.3.1 Normativa sugli aggregati naturali

    La definizione, la classificazione e le caratteristiche fisiche, fisico-chimiche,

    meccaniche e geometriche degli aggregati normali composti da materiali lapidei naturali

    sono contenute nella norma UNI 8520, sostituita dalla norma UNI EN 932:2001 e UNI

    EN 933:1999. La norma è costituita da 22 parti: dopo la definizione e classificazione

    (parte 1) e l'indicazione dei limiti di accettazione delle varie caratteristiche (parte 2), le

    parti da 3 a 22 descrivono le modalità di prova per la determinazione dei valori di

    queste.

    2.3.1.3.2 Definizione

    Gli aggregati, che rappresentano la maggior parte della massa dei conglomerati

    cementizi poiché occupano mediamente dal 60 all'80% del loro volume complessivo,

    per le loro proprietà fisiche e talvolta anche chimiche, svolgono un ruolo "attivo", che

    influenza il comportamento finale dei conglomerati: per questa ragione è appropriato

    usare il termine "aggregati", al posto di "inerti", più tradizionalmente conosciuto.

    Gli aggregati devono realizzare lo "scheletro" del conglomerato: i loro granuli devono

    pertanto provenire da una materia compatta e non degradata e costituire uno scheletro

    lapideo addensato, così da costipare nella massa del conglomerato il maggior numero

    possibile di particelle solide; oltre a una migliore resistenza, ne deriva anche un

    vantaggio economico per la minore quantità di pasta di cemento occorrente. Poiché i

    granuli che compongono lo scheletro devono aderire tenacemente alla pasta di cemento

    che li agglomera, risultano importanti anche la loro omogeneità, la forma, la struttura, la

    pulizia, ecc.

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    Per gli aggregati si impiegano vari nomi in relazione alla pezzatura e al modo di

    ottenerli; i termini: sabbia, sabbione, risello, pisello, ghiaino, ghiaia, ciottoli, pietrame,

    si riferiscono a materiali di origine glaciale e alluvione a spigoli arrotondati di

    dimensione crescente, mentre i termini: sabbia, graniglia, pietrischetto, pietrisco, si

    riferiscono a materiale di qualsiasi origine ottenuto per frantumazione, a spigoli vivi, di

    dimensioni crescenti.

    Gli aggregati naturali sono estratti da cave, dal letto dei fiumi o dal mare. Le operazioni

    che li rendono disponibili all'impiego sono sostanzialmente:

    - estrazione;

    - frantumazione, quando necessario, per ottenere le pezzature d'uso;

    - setacciatura, per selezionare le dimensioni dei granuli;

    - lavaggio del materiale selezionato, quando necessario e/o possibile.

    Questi aggregati, per la loro origine, possono presentare variazioni di qualità e

    omogeneità anche nell'ambito di una stessa zona geografica. Infatti al variare del fronte

    di prelievo il materiale estratto può essere diverso, sia come composizione mineralogica

    sia come struttura, e, talvolta, come pezzatura.

    Un metodo di classificazione degli aggregati è basato sulla vagliatura: il materiale

    passante per almeno il 95% attraverso il vaglio avente maglie di apertura 4 mm è

    denominato "aggregato fine" o sabbia; il materiale trattenuto almeno per il 95% al

    vaglio suddetto è l'"aggregato grosso"; il materiale passante per almeno il 90% al vaglio

    da 0,075 , è denominato "filler".

    Aggregato fine: la sabbia naturale o artificiale, da usare nei calcestruzzi, deve risultare

    bene assortita in grossezza e costituita di grani resistenti, non provenienti da rocce

    decomposte o gessose. Essa deve risultare scricchiolante alla mano, non lasciare traccia

    di sporco, non contenere materie organiche, melmose o comunque dannose.

    Generalmente negli impasti la sabbia si misura e si dosa a volume; a tale proposito è da

    tener presente che la sabbia umida, per piccole percentuali d'acqua, aumenta di volume

    sino al 30% rispetto al materiale asciutto mentre minore è l'influenza del peso. In linea

    generale si può affermare che il peso in volume in mucchio della sabbia varia, a seconda

    della finezza e della percentuale d'acqua, da un minimo di 12 kN/m3 per sabbie grasse

    asciutte ad un massimo di circa 20 kN/m3 per sabbie umide.

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    La sabbia ha notevole importanza sulla resistenza del calcestruzzo, soprattutto per la sua

    composizione volumetrica. Sono generalmente preferite le sabbie silicee, specialmente

    se formate con prevalenza di granuli quarzosi, mentre occorre verificare che non siano

    presenti feldspati e mica, materiali suscettibili di lente decomposizioni in ambienti

    umidi.

    Aggregato grosso: l'aggregato grosso è costituito da ghiaia o pietrisco, che costituiscono

    la parte grossa dell'impasto. La ghiaia o il pietrisco non devono contenere impurità,

    fango, terriccio, polvere; devono avere superfici scabre, non devono provenire da

    materiali friabili, gelivi o gessosi; sono da escludere materiali tufacei e teneri. Il calcare

    duro, compatto dà ottime ghiaie e ottimi pietrischi. Anche il granito e le rocce silicee

    danno in genere buone ghiaie. Gli elementi che formano la ghiaia od il pietrisco variano

    molto di grossezza, di solito da 5 a 50 mm; si possono impiegare anche ciottoli di fiume

    per getti in grandi masse, mentre per pareti o solette sottili si dovrà impiegare il

    ghiaietto con elementi da 5 a 25 mm di diametro. Anche la ghiaia deve avere grani di

    dimensioni assortite per conferire maggiore compattezza al calcestruzzo.

    Il pietrisco, proveniente da frantumazione di blocchi di pietra, è costituito da elementi a

    spigoli vivi, limitati da facce piane e scabre; per queste sue proprietà è opinione

    generale che dia calcestruzzi migliori di quelli preparati con la ghiaia.

    2.3.1.3.3 Natura petrografica

    La qualità di un aggregato dipende in buona misura dalla sua natura petrografica e dalla

    sua composizione mineralogica. Diversi gruppi di rocce danno origine agli aggregati

    naturali: quarzite, calcare, basalto, granito, porfido e altri; i minerali contenuti in essi

    sono i minerali silicei, micacei e ferromagnesiaci, i carbonati, i solfati, gli ossidi, ecc.

    Specialmente per gli aggregati di nuova provenienza è importante effettuare un esame

    petrografico, per determinarne la natura e la composizione mineralogica. Infatti alcuni

    minerali solo apparentemente sono inerti, ma in realtà possono reagire, in presenza di

    acqua, con la pasta del cemento e formare composti in grado di reagire e distruggere la

    compattezza del calcestruzzo. Alcune rocce contengono abbondanti quantità di miche,

    le quali, per la loro forma laminare, indeboliscono la struttura del conglomerato. Inoltre

    in particolari condizioni di esposizione, alcuni minerali costituenti le rocce (opale,

    calcedonio, selce, alcune forme di quarzo microcristallino) risulterebbero reattivi con la

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    pasta di cemento e sono pericolosi per l'integrità dei manufatti, anche se presenti in

    quantità minime. Infine la conoscenza della natura petrografica di alcune rocce

    carbonatiche è indispensabile per valutare la reattività agli alcali.

    DENOMINAZIONE PROVENIENZA FORMA E STRUTTURA

    sabbie, ghiaie cave, letti di fiume, mare granuli arrotondati, struttura più o meno compatta

    sabbie, pietrischi rocce, tramite frantumazione forma irregolare a spigoli vivi

    pomice, tufo, lava, ecc. eruzione vulcanica, tramite ev. frantumazione forma arrotondata o irregolare

    struttura porosa o vetrosa barite (solfati di bario),

    minerali di ferro (magnetite, limonite)

    roccia frantumata forma irregolare, struttura compatta

    2.3.1.3.4 Granulometria degli aggregati

    La distribuzione granulometrica degli aggregati viene determinata con la cosiddetta

    "analisi granulometrica" cioè per vagliatura, usando una serie di vagli (setacci o

    crivelli), ciascuno dei quali ha dei fori di apertura o "luce" tali che l'intera serie copra un

    certo intervallo dimensionale. Le aperture dei setacci impiegate variano spesso secondo

    la progressione avente ragione 2 . La norma UNI 8520/5 elenca 35 setacci e 27

    crivelli aventi aperture da 200 a 0,0063 mm. Per eseguire l'analisi granulometrica, i

    vagli si dispongono uno sopra l'altro con apertura crescente, su un apposito apparecchio

    che, mediante vibrazione, produce la classificazione del materiale introdotto sul setaccio

    più alto. Partendo da un peso noto di materiale, dopo il trattamento si determinano le

    percentuali di aggregato rimaste nei vari setacci; il materiale, passante ad un vaglio e

    trattenuto al successivo, si chiama "classe granulometrica". Si ottiene così una tabella,

    che può essere trasformata in una curva, riportando in ascisse l'apertura dei vagli (in

    mm) del setaccio e in ordinate la percentuale di aggregato in esso trattenuto (curva

    granulometrica dei trattenuti).

    La somma dei trattenuti cumulativi diviso cento è il cosiddetto modulo di finezza (MF)

    (tanto più elevato quanto minore è nel complesso la finezza di un aggregato), che

    individua con un parametro numerico unico la distribuzione granulometrica di un

    aggregato nel suo complesso.

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    Dalla distribuzione granulometrica dell'aggregato dipendono varie proprietà del

    calcestruzzo, e in particolare la sua lavorabilità, cioè la capacità di essere impastato,

    trasportato e posto in opera. Un impasto preparato con un aggregato "grossolano", cioè

    costituito in prevalenza da granuli grossi e contenente solo piccole percentuali di granuli

    fini, risulterebbe rigido perché la scorrevolezza degli aggregati grossi fra loro è modesta

    e quindi la lavorabilità risulterebbe scarsa; per essere lavorato tale impasto

    richiederebbe molta acqua, a scapito delle resistenze meccaniche finali e con tendenza

    alla separazione dei componenti della miscela. D'altra parte anche un impasto, preparato

    con aggregati molto ricchi di granuli fini, richiede una quantità di acqua elevata perché,

    aumentando la superficie delle particelle è necessaria una maggiore quantità di liquido

    per bagnarle tutte. Una minima richiesta di acqua si avrà pertanto con una distribuzione

    granulometrica ottimale in modo che l'impasto contenga, nella dovuta proporzione, gli

    aggregati grossi, quelli fini e quelli intermedi.

    La migliore distribuzione granulometrica può essere desunta in base a considerazioni

    relative al volume dei vuoti fra gli aggregati. Quando infatti due aggregati

    monogranulari di dimensioni differenti vengono mescolati, il volume dei vuoti risulta

    inferiore a quello di ciascun componente e vi è un particolare rapporto fra le quantità

    relative dei due aggregati per il quale il volume dei vuoti risulta minimo.

    Fin dai primi del Novecento sono state dedotte teoricamente alcune distribuzioni

    granulometriche, basate sul requisito della massima densità, le quali avrebbero dovuto

    dare i migliori risultati nel confezionamento del calcestruzzo. Siccome la distribuzione

    granulometrica ha influenza anche su altre proprietà, e in particolare sulla richiesta

    d'acqua, oltre al requisito della densità si è tenuto conto anche di altre considerazioni,

    che hanno infine portato all'adozione di un numero limitato di curve caratteristiche.

    Oggi vengono prese in considerazione due o tre curve teoriche che rappresentano il

    miglior compromesso fra il requisito della densità e quello della non segregabilità

    dell'aggregato.

    Anche se vi sono dei fautori di curve discontinue (non è stato infatti dimostrato che una

    curva discontinua peggiori le resistenze meccaniche, anche se in effetti essa riduce la

    lavorabilità del calcestruzzo fresco), oggi in pratica si adottano delle curve continue,

    rappresentate da equazioni del tipo:

  • 7

    a

    Dd

    p

    ⋅= 100

    dove: p = percentuale passante attraverso un setaccio;

    d = apertura del setaccio;

    D = diametro massimo dell'aggregato;

    a = costante.

    A queste condizioni corrisponde una famiglia di parabole; all'atto pratico la curva

    granulometrica più diffusa è la curva di Fuller, una parabola di equazione

    Dd

    p ⋅= 100

    Un'altra curva molto usata, specialmente se si impiegano dosaggi elevati di cemento, ad

    esempio nella prefabbricazione, è quella di Bolomey: secondo questo autore per la

    miscela cemento aggregato vale la curva:

    ( )Dd

    AAp ⋅−+= 100

    oppure, se riferita al solo aggregato:

    ( )100

    100

    100⋅

    −⋅−+=

    C

    CDd

    AAp

    in cui C è la percentuale in peso di cemento della miscela e A una costante il cui valore

    è compreso fra 1 e 14; 12 se l'aggregato è di forma arrotondata e 14 se è spigoloso.

    Per getti di grande mole si fa talvolta uso della curva cubica, più ricca di fini, per

    supplire al basso dosaggio di cemento:

    3100Dd

    p ⋅=

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    Curve granulometriche di riferimento

    Secondo gli autori di tali curve, esse forniscono le distribuzioni granulometriche che

    danno i migliori risultati dal punto di vista delle resistenze e delle lavorabilità del

    calcestruzzo. Negli impianti di produzione, sia se si cava materiale alluvionale sia se

    l'aggregato è tutto ottenuto per frantumazione, il materiale prodotto viene diviso in

    frazioni (dove per "frazione" si intende il materiale trattenuto da due vagli non

    consecutivi): sabbie, pietrischetti, pietrischi, ghiaietto, ghiaia. Né il materiale ottenuto

    inizialmente, detto misto di cava, né le varie frazioni sono adatte all'impiego nel

    calcestruzzo; le diverse frazioni debbono essere mescolate tra loro. Occorrono quindi

    dei criteri per poter eseguire la miscelazione in modo da realizzare curve prossime a

    quelle ideali. In casi meno frequenti la cava può fornire degli aggregati in cui sono

    rappresentate tutte le frazioni granulometriche di diametro compreso fino al valore D

    massimo desiderato: bisogna in tal caso poter stabilire se l'aggregato sia accettabile o

    che cosa bisogna fare per renderlo tale, qualora non lo sia. Non si potrà ovviamente

    pretendere la coincidenza con una delle curve teoriche, ma si fisserà piuttosto un

    criterio, per stabilire se la curva granulometrica di un determinato aggregato sia o meno

    accettabile, consistente nel fissare per i diversi setacci un margine in più e in meno

    rispetto al valore della curva teorica: si ottengono così una curva teorica inferiore e una

    superiore a quella teorica, le quali determinano il cosiddetto fuso granulometrico.

    Stabiliti i criteri di tolleranza, un aggregato è considerato accettabile se la sua curva

    granulometrica è compresa nel fuso.

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    A seconda dell'impiego, cioè del tipo di costruzione a cui è destinato il calcestruzzo, vi

    possono essere tolleranze diverse e quindi fusi differenti.

    Fuso granulometrico costruito sulla curva di Fuller

    Una volta che si sia deciso di adottare una certa curva di distribuzione granulometrica,

    si presenta il problema di combinare gli aggregati disponibili, cioè di mescolare in

    opportune proporzioni sabbie, ghiaietti e pietrischetti, ghiaie o pietrischi, in modo che

    l'aggregato risultante abbia la distribuzione granulometrica desiderata. Allorché si tratta

    miscelare aggregati di più frazioni, anche in parte sovrapposte, si ricorre a metodi

    diversi: uno dei più semplici prevede l'uso di un diagramma avente la scala delle ascisse

    proporzionale a Dd , in modo che la parabola di Fuller ne risulti rettificata.

  • 10

    Combinazione degli aggregati, metodo grafico

    2.3.1.3.5 Forma e tessitura superficiale dei granuli

    Gli aggregati naturali hanno granuli di forma arrotondata, quelli provenienti da

    frantumazione sono invece irregolari e con spigoli vivi. La forma migliore per l'uso nei

    conglomerati è quella più vicina alla sfera. I granuli, allungati e appiattiti o a spigoli

    vivi, rendono viceversa l'impasto più rigido e più difficile da lavorare, tendono a

    stratificarsi orizzontalmente riducendo la resistenza della massa e possono provocare

    formazione di sacche d'aria o d'acqua sotto di essi, rendendo la massa più vulnerabile

    agli attacchi dall'esterno, quindi meno durabile. Anche la tessitura superficiale influenza

    le proprietà fisiche del calcestruzzo: la superficie dei granuli, lucida od opaca, può

    determinare una maggiore o minore aderenza della pasta cementizia e una diversa

    richiesta d'acqua a parità di lavorabilità.

    2.3.1.3.6 Diametro massimo dell'aggregato

    Le considerazioni da fare per la scelta del diametro massimo, Dmax, dell'aggregato sono

    molteplici. Anzitutto la scelta è condizionata dal tipo di manufatto che si deve costruire:

    il diametro massimo non deve essere superiore a 1/5 dello spessore del getto

    Un aspetto molto importante è quello relativo alla richiesta di acqua di impasto e alla

    richiesta di pasta legante, infatti un maggiore quantitativo di acqua si traduce in minori

    resistenze meccaniche, mentre un maggiore consumo di pasta è antieconomico.

  • 11

    Aumentando il diametro massimo, nell'ipotesi di mantenere la curva di Fuller,

    diminuisce la quantità di acqua necessaria per lasciare costante la lavorabilità

    dell'impasto, in quanto un aggregato grossolano ha una minore superficie specifica, e

    richiede una quantità d'acqua minore per bagnare tutte le particelle.

    Diametro massimo e richiesta d'acqua d'impasto

    Se ne deduce che l'impiego di un aggregato avente il Dmax maggiore richiede pure, per

    fornire la stessa resistenza meccanica, (con lo stesso rapporto acqua/cemento), un

    minore tenore di cemento, con un minore sviluppo di calore, minore ritiro e minore

    spesa.

    Tali considerazioni portano a favorire l'impiego degli impasti preparati con aggregati a

    più elevato diametro massimo. Ciò contrasta naturalmente con le considerazioni di

    carattere geometrico sopra fatte, e impartisce inoltre agli impasti la tendenza alla

    "segregazione", cioè alla possibilità di separazione degli aggregati grossi, durante la

    preparazione, il trasporto, la posa in opera e la compattazione. In certi grossi getti sono

    stati disposti manualmente elementi molto grossi durante la costruzione delle strutture,

    con maggiore dispendio di mano d'opera, ma con notevole riduzione di cemento e

    quindi con sviluppo di una minore quantità di calore di idratazione.

    In relazione al diametro massimo viene anche indicato il contenuto minimo di parti fini

    (passante al setaccio 0,25 mm), per assicurare compattezza e lavorabilità:

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    dmax (mm)

    Contenuto minimo di fini (kg/m3)

    8 525

    16 450

    32 400

    > 50 350

    Nella figura sottostante, il dosaggio di cemento viene riportato in funzione del diametro

    massimo Dmax; tutti gli impasti considerati nel diagramma hanno la stessa lavorabilità

    (abbassamento al cono = 12 cm) e ogni curva si riferisce a impasti con uguale resistenza

    a compressione.

    Resistenza a compressione in funzione del diametro massimo e dei dosaggi di cemento

    Considerando una curva di impasti ed eguale resistenza, ad esempio 30 N/mm2, si vede

    che, aumentando il diametro massimo, si riduce la quantità di cemento necessaria, a

    parità di lavorabilità dell'impasto, a garantire quel dato valore della resistenza.

    Poiché una data resistenza viene ottenuta con un certo valore del rapporto

    acqua/cemento, se diminuisce la quantità di cemento deve diminuire anche l'acqua. In

    definitiva, aumentando il diametro massimo dell'aggregato viene richiesta meno acqua

    per avere la stessa lavorabilità.

  • 13

    È più difficile ottenere valori elevati della resistenza impiegando aggregati molto grossi:

    oltre un certo limite gli alti valori della resistenza vengono mantenuti solo aumentando

    anche il contenuto di cemento.

    Si osserva inoltre che, fissato il valore del diametro massimo, all'aumentare del

    dosaggio di cemento si ottengono resistenze più elevate, a parità di lavorabilità

    dell'impasto.

    2.3.1.3.6.1 Massa volumica

    La massa volumica è il peso per unità di volume di un materiale (generalmente espresso

    in [kg/m3]). La conoscenza di questo valore, che identifica gli aggregati come normali,

    pesanti o leggeri, è necessaria per lo studio della composizione delle miscele. Per gli

    aggregati si distinguono tre diverse masse volumiche, caratterizzate da volumi via via

    crescenti:

    Massa volumica reale: peso per unità di volume della materia da cui è formato

    l'aggregato, nell'ipotesi che questa sia perfettamente addensata, senza vuoti né porosità

    interna.

    Massa volumica del granulo: peso per unità di volume dei singoli granuli, con la loro

    porosità interna, che dipende dalla natura dell'aggregato. La conoscenza di questo valore

    è indispensabile per il progetto delle miscele.

    Massa volumica apparente o in mucchio: peso per unità di volume dei granuli in

    mucchio, comprendente sia la porosità dei grani che i vuoti presenti nel mucchio, e

    risulta influenzata, oltre che dalla natura dell'aggregato, anche dalla dimensione dei

    granuli e dalla loro distribuzione.

    2.3.1.3.6.2 Assorbimento d'acqua

    I granuli degli aggregati, in genere porosi, difficilmente risultano completamente

    asciutti: questa condizione in pratica si verifica raramente e si può realizzare solo con

    essiccazione prolungata del materiale in stufa. All'aumentare della quantità d'acqua

    contenuta, gli aggregati risultano:

    - parzialmente asciutti: quando l'umidità è presente solo nella parte interna dei

    granuli;

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    - saturi con superficie asciutta: condizione che può verificarsi dopo un breve

    essiccamento, artificiale o naturale, in depositi aperti o coperti;

    - bagnati: condizione abbastanza comune, poiché gli aggregati vengono lavati prima

    della consegna e possono essere bagnati dalla pioggia, se depositati all'aperto.

    L'acqua assorbita da un aggregato in condizione di saturazione rappresenta in media una

    piccola percentuale del peso asciutto, che aumenta con l'aumentare della porosità; negli

    aggregati bagnati, l'acqua di superficie è presente in quantità variabile, maggiore nella

    parte fine.

    La condizione dell'aggregato nei confronti dell'umidità contenuta è importante per la

    confezione della miscela, in particolare per l'esatta valutazione dell'acqua totale di

    impasto: se l'aggregato è asciutto, una parte dell'acqua di impasto viene assorbita fino a

    saturazione e l'acqua restante, disponibile per il confezionamento dell'impasto, è allora

    minore di quella prevista; se l'aggregato è bagnato, l'acqua di superficie si aggiunge a

    quella d'impasto e si ha un eccesso d'acqua.

    La conoscenza dell'assorbimento d'acqua serve inoltre per valutare porosità, resistenza e

    gelività dell'aggregato:

    a maggior assorbimento corrisponde maggiore porosità;

    a maggiore porosità corrisponde minore resistenza;

    a maggiore porosità corrisponde maggiore gelività.

    2.3.1.3.6.3 Impurità

    Le impurità presenti negli aggregati (limo, argilla, materie organiche, terreni vegetali,

    residui di carbone, solfati, ecc.) possono essere terrose, organiche o saline. Le impurità

    terrose sono costituite da limo o argilla in grumi o in massa che formano delle

    incrostazioni superficiali sui granuli; se questo rivestimento è poco aderente, può essere

    asportato mediante idoneo trattamento. Tali impurità, se presenti nella miscela, riducono

    l'aderenza tra i granuli dell'aggregato e la pasta cementizia, richiedono una maggiore

    quantità d'acqua di impasto e provocano diminuzione della resistenza del calcestruzzo.

    Le impurità organiche, che in genere derivano dalla decomposizione dei vegetali,

    intervengono ad ostacolare i fenomeni di presa e indurimento e quindi lo sviluppo della

    resistenza.

  • 15

    Le impurità saline possono essere costituite da solfati e cloruri: la loro presenza può

    provocare una reazione chimica con la pasta di cemento, con conseguenti fenomeni

    come aumento di volume, degradazione dell'aggregato, corrosione delle armature

    metalliche. Alcune forme di silice presenti negli aggregati reagiscono con gli alcali

    contenuti nella pasta di cemento, generandosi così la reazione "alcali-aggregati", con

    aumento di volume e conseguente pressione tra granuli e pasta, con possibile

    disgregazione di quest'ultima, rigonfiamento e disgregazione del calcestruzzo.

    2.3.1.3.6.4 Gelività

    L'aggregato è considerato gelivo quando subisce una variazione di volume, temporanea

    o permanente, per azione del gelo. In questo caso, cicli di gelo e disgelo ripetuti

    possono provocare deterioramento del calcestruzzo, con screpolature superficiali o

    disgregazione più profonda. La gelività dell'aggregato indica anche la porosità dello

    stesso, quindi minore resistenza e durabilità: tuttavia va considerato che nel

    conglomerato i grani sono avvolti dalla pasta di cemento, il che in genere ne migliora il

    comportamento.

    2.3.1.3.6.5 Proprietà meccaniche

    Tra le proprietà meccaniche degli aggregati si annoverano senza dubbio le resistenze

    meccaniche e, in particolare, la resistenza a compressione. Questa caratteristica, e in

    modo più pronunciato per l'aggregato grosso, determina il valore massimo di resistenza

    che può essere raggiunto da un calcestruzzo. Se infatti si confezionano diverse miscele

    con un determinato aggregato, migliorando progressivamente la resistenza della pasta

    legante (Rp, in figura), ad esempio riducendo i rapporti A/C, si osservano miglioramenti

    proporzionali della resistenza del calcestruzzo (Rc). Fintantoché la resistenza

    dell'aggregato (Ra) è superiore a quella della pasta, sarà questa a cedere. Quando invece

    la resistenza della pasta, per valori maggiori di Rp1, supera quella dell'aggregato, sarà

    questo a rompersi ad un valore praticamente costante e indipendente dalla qualità della

    pasta legante.

    Per questo motivo è utile osservare, dopo la rottura dei provini di calcestruzzo, se

    l'aggregato si è fratturato o se si è avuto distacco della pasta del legante dall'aggregato

    stesso, traendo deduzioni in merito all'adeguatezza dell'uno o dell'altro materiale.

  • 16

    Relazione tra la resistenza a compressione del calcestruzzo e quella della pasta cementizia in esso presente.

    Per la misura della resistenza a compressione dell'aggregato si eseguono prove di

    schiacciamento su provini cubici con facce spianate, di lato 7,1 cm per elementi a grana

    fine e di 10 cm per elementi a grana grossa, ricavati da ciottoli e frammenti di roccia.

    Si possono sottoporre a prova anche provini cilindrici ottenuti per carotaggio, purché

    spianati, di altezza pari al diametro e di dimensioni paragonabili a quelle dei cubetti.

    Per materiali sciolti di piccole dimensioni (ghiaia, sabbia) si può eseguire una prova di

    frantumazione del materiale con cilindro e pistone di acciaio, valutando la riduzione del

    modulo di finezza. La resistenza all'abrasione dell'aggregato, significativa per

    calcestruzzi che debbano subire sollecitazioni di attrito o urto, viene misurata con

    l'apparecchiatura "Los Angeles" costituita da un tamburo d'acciaio disposto con l'asse

    orizzontale e ruotante, del diametro di 71 cm, in cui si pone l'aggregato di caratteristiche

    granulometriche note e sfere di acciaio da 46 mm di diametro. Dopo un numero di giri

    prefissato, si determinano, mediante vagliatura, la "perdita di massa per urto e

    rotolamento".

  • 17

    Peso in mucchio [T/m3]

    Massa volumica

    reale media [g/cm3]

    Porosità totale %

    del volume

    Porosità apparente

    % del volume

    Assorbimento % in peso

    Coefficiente di dilatazione

    termica lineare

    [°C-1*10-6]

    ROCCE IGNEE a) di profondità Granito e sienite 1,35 2,6-2,8 0,4-1,5 0,4-1,4 0,2-0,5 8 Diorite e gabbri 1,45 2,8-3,0 0,5-1,6 0,5-1,5 0,2-0,4 8 b) effusive Porfido di quarzo 1,35 2,6-2,8 0,4-1,8 0,4-1,5 0,2-0,7 5 Basalto 1,45 2,9-3,0 0,2-0,9 0,3-0,7 0,1-0,3 5 c) detritiche Pomice 0,7 0,5-1,1 30-70 25-60 30-70 9 Tufo vulcanico 0,8 1,1-1,8 25-60 25-50 25-50 9 ROCCE SEDIMENTARIE Calcare tenero 1,05 1,7-2,6 0,5-30 0,5-25 1-25 4 Calcare compatto 1,35 2,7-2,9 0,4-2 0,5-2 2-4 3 Dolomite 1,35 2,3-2,8 0,4-2 0,5-2 2-4 3 Travertino 1,15 2,4-2,5 5-12 4-10 2-5 4 ROCCE METAMORFICHE Gneiss 1,4 2,6-3,0 0,4-2 0,3-2 1,6-0,6 5 Scisti 1,35 2,7-2,8 1,6-2,5 1,4-1,8 0,5-0,6 5 Marmo 1,35 2,7-2,8 0,5-3 0,5-2 0-1 5 Quarziti 1,35 2,6-2,7 0,4-2 0,2-0,6 1,6-1,4 5

    Caratteristiche fisiche di alcuni aggregati

    Resistenza a compressione

    (rottura) [kg/cm2]

    Resistenza a flessione (rottura) [N/mm2]

    Modulo di elasticità

    [kg/cm2]*105

    Tenacità (resistenza

    all'urto) [kg/cm2]

    Resistenza all'usura

    ROCCE IGNEE a) di profondità Granito e sienite 1.600-2.400 100-200 5-6 110-120 1 Diorite e gabbri 1.700-3.000 100-220 8-10 130-180 1-1,5 b) effusive Porfido di quarzo 1.800-3.000 150-200 5-7 130-240 1-1,5 Basalto 2-4.000 150-250 9-12 160-300 1-2 c) detritiche Pomice 50-200 - 1-3 - - ROCCE SEDIMENTARIE Calcare tenero 200-900 50-110 3-6 70-110 4-9 Calcare compatto 800-1.900 60-150 4-7 70-110 4-8 Dolomite 200-600 40-100 2-5 60-110 7-12 ROCCE METAMORFICHE Gneiss 1.600-2.800 - 3-4 40-100 1-2 Scisti 900-1.000 - 2-6 40-80 4-8 Marmo 1.000-1.800 60-150 4-7 70-100 4-8 Quarziti 1.500-3.000 - 5-7 110-180 1,5

    Caratteristiche meccaniche di alcuni aggregati

  • 18

    2.3.1.3.6.6 Qualificazione degli aggregati

    Le prove cui vengono sottoposti gli aggregati forniscono risultati che permettono di

    definirne la loro qualità per confronto con i limiti di accettazione.

    Nelle norme UNI 8520 gli aggregati sono suddivisi in tre categorie:

    CATEGORIA A: aggregati per calcestruzzi con resistenza caratteristica Rck maggiore

    di 30 N/mm2, o esposti ad azioni aggressive;

    CATEGORIA B: aggregati per calcestruzzi con resistenza caratteristica Rck compresa

    tra 15 e 30 N/mm2, ;

    CATEGORIA C: aggregati per calcestruzzi con resistenza caratteristica Rck minore di

    30 N/mm2.

    La qualità di un aggregato deve quindi essere proporzionale alla qualità del

    conglomerato in cui viene usato. In teoria, tutte le caratteristiche dovrebbero essere

    controllate, per giudicare correttamente la qualità di un aggregato e la sua idoneità

    all'impiego: in pratica l'entità dei controlli deve essere stabilita caso per caso. Se si tratta

    di aggregati conosciuti, il cui impiego avviene da tempo con buoni risultati, i controlli

    di accettazione del materiale possono essere di molto ridotti.

    2.3.1.4 Additivi

    Gli additivi per il calcestruzzo costituiscono, dopo il cemento, l'acqua, e gli aggregati,

    un ingrediente che, nella moderna tecnologia del conglomerato cementizio, entra

    sempre più spesso nella composizione del materiale, di regola in quantità non eccedente

    circa 10 kg/m3; a questo proposito la UNI 9858 definisce additivi quei materiali

    "aggiunti in piccola quantità" al calcestruzzo.

    Gli additivi vengono impiegati per ottenere uno o più dei seguenti obiettivi:

    - migliorare le prestazioni di un calcestruzzo allo stato fresco e/o indurito, senza

    modificarne la composizione;

    - ottenere dal calcestruzzo prestazioni che altrimenti non verrebbero raggiunte;

    - ottenere un vantaggio economico nell'impiegare calcestruzzi con prestazioni

    prefissate.

    Gli additivi disponibili sul mercato sono assai numerosi e sono costituiti in genere da

    formulazioni, contenendo, oltre a uno o a più principi attivi essenziali, anche

    componenti accessori, come stabilizzanti, antischiuma, antibatteri.

  • 19

    I tipi di additivi vengono distinti in base alla funzione da essi esplicata, tenendo conto

    che in un prodotto si può avere una combinazione di funzioni. I più importanti, e i più

    usati, tipi di additivo sono:

    - fluidificanti normali, acceleranti o ritardanti;

    - superfluidificanti normali, acceleranti, ritardanti;

    - ritardanti;

    - espansivi;

    - aeranti.

    Oltre a questi possiamo ricordare i fluidificanti aeranti, gli antimuffa, gli antistatici, i

    plastificanti, gli indurenti superficiali, i pigmenti, gli idrofughi, i cosiddetti antigelo, gli

    anticorrosione, gli additivi per prevenire la reazione alcali-silice, i prodotti stagionanti e

    i disarmanti.

    In molti paesi esistono normative per gli additivi, che ne definiscono i tipi, a volte

    pongono dei limiti per le prestazioni, descrivono metodi per il controllo dei requisiti in

    fase di accettazione dei prodotti e per il controllo dell'uniformità di forniture successive.

    In Italia è vigente la normativa Unicemento che attualmente prevede i dieci tipi

    seguenti: fluidificanti normali, fluidificanti acceleranti, fluidificanti ritardanti, aeranti,

    antigelo, superfluidificanti ed espansivi (UNI 7101 e 8145). Gli additivi vengono

    aggiunti agli impianti di betonaggio o, in determinati casi, a piè d'opera subito prima del

    getto; per tutti gli additivi è estremamente importante assicurarsi, mediante l'impiego di

    betoniere efficienti e di tempi di miscelazione abbastanza lunghi, che il prodotto sia

    distribuito in modo perfettamente omogeneo negli impasti e non concentrato

    localmente; in caso contrario si avrebbero, in alcuni punti, delle opere di sovradosaggi,

    in altri, carenza di additivo.

    Le dosi variano da un minimo di 30 cc/100 kg di cemento per gli aeranti a un massimo

    di 2-3 l/100 kg di cemento per certi fluidificanti. Per la corretta valutazione

    dell'incidenza economica degli additivi sul costo del calcestruzzo è opportuno ricordare

    che il loro peso specifico è di regola superiore a 1 kg/dm3 (normalmente 1,2-1,3

    kg/dm3) e perciò il costo può risultare sensibilmente diverso se il dosaggio previsto è ad

    esempio: 1 litro/100 kg di cemento o 1 kg/100 kg di cemento; evidentemente un dato

    additivo incide più se è usato in litri che in chilogrammi.

  • 20

    2.3.1.4.1 Additivi fluidificanti e superfluidificanti

    Gli additivi fluidificanti sono stati i primi prodotti utilizzati nel calcestruzzo, e

    permettono di migliorare la lavorabilità senza aumentare il rapporto acqua/cemento.

    Normalmente questi additivi contengono sostanze polimeriche idrosolubili, come

    principi attivi, capaci di aderire ai granuli di cemento anidro (fenomeno di

    assorbimento); di conseguenza le particelle di cemento (che normalmente, a causa di

    forze elettrostatiche, tendono ad aderire mutuamente) vengono disperse e separate

    nell'acqua d'impasto.

    I fluidificanti in effetti sono dei veri e propri "disperdenti", come quelli usati

    nell'industria delle vernici e degli inchiostri per disperdere le particelle di pigmento; la

    migliore dispersione delle particelle di cemento negli impasti ne migliora la mobilità

    agendo come "lubrificante"; un impasto di calcestruzzo risulta quindi a parità di

    composizione, più fluido e quindi più lavorabile dopo l'aggiunta di un fluidificante.

    In base alla natura chimica dei componenti gli additivi fluidificanti in generale sono

    divisibili in:

    • lignisolfonati;

    • acidi idrossi-carbossilici;

    • polimeri idrossolati.

    I fluidificanti a base di lignisolfonato sono di gran lunga i più utilizzati: il lignisolfonato

    di calcio è un sottoprodotto dell'industria cartaria, accompagnato in genere da zuccheri

    pentosi ed esosi che conferiscono al prodotto caratteristiche di ritardanti; la tendenza del

    lignisolfonato a inglobare piccole percentuali di aria comporta la necessità di inserire

    nel prodotto anche additivi antischiuma.

    Il lignisolfonato viene adsorbito dal cemento dal cemento dando luogo a dei prodotti

    che ne ricoprono i granuli; tale pellicola modifica il potenziale elettrico e porta ad un

    effetto repulsivo tra i grani di cemento, e quindi a una loro maggiore dispersione.

    L'adsorbimento sui grani di cemento porta inizialmente ad un rallentamento delle

    reazioni di idratazione; la successiva maggiore dispersione dei grani, e di conseguenza

    l'aumentata superficie reattiva porta, se l'additivo è presente in percentuali molto piccole

    rispetto al cemento (0,5 l), ad un incremento della velocità di indurimento e quindi di

    sviluppo della resistenza.

  • 21

    La presenza del lignisolfonato ha influenza anche sulla microstruttura del gelo che si

    forma con l'idratazione del cemento: si riscontra infatti una maggiore presenza di fori

    capillari rispetto ad un gelo di un calcestruzzo prodotto con pari rapporto

    acqua/cemento; ne risulta che a pari rapporto acqua/cemento un calcestruzzo prodotto

    con additivo fluidificante può presentare maggiore ritiro. A pari lavorabilità invece il

    calcestruzzo con additivo fluidificante avendo il rapporto acqua/cemento più basso

    presenta un ritiro generalmente inferiore.

    L'additivo fluidificante, essendo immesso in quantità molto piccole, dell'ordine del 0,2-

    0,4%, e agendo con il cemento, deve essere immesso in impasto nel momento in cui è

    minima la possibilità di assorbimento negli aggregati, ove non esercita azione.

    Per ottenere delle riduzioni di impasto di maggiore entità si utilizzano invece additivi a

    base di polimeri di sintesi, di caratteristiche assai più costanti, di due tipi principali:

    prodotti a base di naftalina solfonata polimerizzata con formaldeide (naftalen-solfonati)

    e prodotti a base di melammina solfonata polimerizzata con formaldeide. A questi

    polimeri vengono poi aggiunti altri prodotti per poterne caratterizzare in modo più

    specifico le prestazioni. Questi additivi sono classificati come superfluidificanti. Questi

    additivi possono essere utilizzati a dosaggi superiori rispetto a quelli rispettati per i

    fluidificanti, esercitando la loro azione sul calcestruzzo senza comportare problemi di

    ritardo alla presa: i dosaggi rispetto al cemento vanno generalmente dall'1 al 3%.

    Rispetto agli additivi fluidificanti, i superfluidificanti presentano generalmente una

    maggiore riduzione dell'acqua d'impasto; l'effetto però in generale ha una durata

    inferiore: per casi che lo richiedono è opportuno quindi utilizzare superfluidificanti

    specifici con effetto ritardante.

    I superfluidificanti a base di naftalen solfonati sono i più utilizzati per il loro

    comportamento pressoché costante nei confronti dei diversi cementi, per il loro costo

    inferiore e perché danno impasti con caratteristiche reologiche che non comportano

    problemi di pompabilità e problematiche relative al getto, e alle successive lavorazioni,

    in particolare per pavimentazioni in calcestruzzo; danno luogo a riduzioni del 10-15%

    dell'acqua d'impasto.

    I superfluidificanti melamminici vengono dosati in percentuali maggiori rispetto ai

    naftalen solfonati (dell'ordine del 2-3%), permettendo di ottenere calcestruzzo con

    maggiori riduzioni d'acqua (dell'ordine del 20%) e incrementi di resistenza. Il loro

  • 22

    costo, il loro comportamento non uniforme con i diversi tipi di cemento, la diversa

    reologia che conferiscono al calcestruzzo ne indirizza l'utilizzo a situazioni più

    particolari.

    L'azione dei superfluidificanti si basa su una doppia azione:

    • azione elettrica sul potenziale zeta: azione esercitata sul cemento, che per

    adsorbimento del superfluidificante modifica il suo potenziale zeta e di conseguenza

    aumenta la repulsione fra i grani di cemento, e ne impedisce quindi

    l'agglomerazione;

    • azione fisica sui grani: azione dispersiva e lubrificante sui grani di cemento, per

    ottenere un migliore scorrimento.

    Per ciò che concerne l'impiego, i fluidificanti ed i superfluidificanti possono essere

    utilizzati nei tre modi che seguono (in riferimento ad un calcestruzzo con caratteristiche

    ben precise):

    1. a pari dosaggio di cemento, acqua ed aggregati: l'aggiunta di un

    fluidificante/superfluidificante aumenta la lavorabilità (ad esempio un calcestruzzo

    avente 300 kg/m3 di cemento, 1800 kg/m3 di inerte, 200 l/m3 di acqua, slump 10

    cm), potrebbe passare a slump 22 dopo l'aggiunta dell'additivo. Poiché il rapporto

    acqua/cemento prima e dopo l'aggiunta non varia, le prestazioni del calcestruzzo

    indurito non avranno forti differenze; si avrà però un calcestruzzo fresco di gran

    lunga più lavorabile (in questo caso "autolivellante"); il principale vantaggio è

    perciò quello di una maggiore affidabilità nella realizzazione dei getti, senza che un

    difetto di vibrazione possa produrre porosità macroscopiche (vespai) e senza che in

    cantiere vengano effettuate aggiunte d'acqua non controllate agli impasti per ridurre

    la fatica della posa in opera.

    2. a pari lavorabilità: l'additivo ha una funzione di riduttore d'acqua; nell'esempio

    precedente il calcestruzzo addittivato potrebbe avere: 300 kg/m3 di cemento, 1800

    kg/m3 di inerte, 170 l/m3 di acqua, slump 10 cm. L'aggiunta di additivo dà in questo

    caso vantaggi nelle prestazioni del calcestruzzo, che passando da un rapporto a/c =

    0,66 ad a/c = 0,57, dà maggiori resistenze alle varie stagionature, maggiore

    impermeabilità e durevolezza, minore ritiro e fluage.

    3. a pari lavorabilità e rapporto a/c: usando un fluidificante o superfluidificante si può

    ottenere un calcestruzzo avente uno slump 10 cm e rapporti a/c = 0,6 (e quindi

  • 23

    uguale lavorabilità e prestazioni) con la seguente composizione: acqua 168 l/m3,

    cemento 280 kg/m3, inerte 1800 kg/m3; in questo caso si è ottenuta una riduzione di

    cemento.

    Gli additivi fluidificanti secondo la norma UNI 7102/72, a parità di acqua di impasto,

    devono dare calcestruzzi con consistenza maggiore del 10%. A pari consistenza è

    richiesto un incremento della resistenza a compressione di almeno il 5% a 24 ore e a 3

    giorni, del 10% a 7 giorni, del 15% a 28 e 90 giorni.

    Gli additivi superfluidificanti, secondo la norma UNI 8145/80, devono ridurre per

    calcestruzzo a parità di slump l'acqua di almeno il 10%, e a parità di acqua di impasto

    devono dare calcestruzzi con un aumento dello spandimento di almeno il 100% (prova

    della consistenza con tavola a scosse, UNI 8020). A pari consistenza si deve ottenere un

    aumento della resistenza a compressione di almeno il 30% a 24 ore e a 3 giorni, del

    20% a 7 giorni, del 15% a 28 e 90 giorni. A parità di acqua di impasto non devono

    comportare una perdita di resistenza superiore al 5%.

    2.3.2 Rapporto Acqua/Cemento

    L'acqua usata nella confezione di un calcestruzzo ha il duplice scopo di consentire il

    completo svolgimento delle reazioni di idratazione del legante e di impartire all'impasto

    una sufficiente fluidità, tale da renderlo facilmente lavorabile. L'acqua in eccesso in

    parte viene smaltita per evaporazione, ed in parte si elimina attraverso le pareti delle

    casseforme; in altri casi ancora viene asportata meccanicamente con modalità e tecniche

    particolari. È però pericoloso che l'eccesso d'acqua raggiunga valori troppo elevati: in

    seno alla massa vengono così a crearsi un gran numero di pori capillari con caduta della

    resistenza meccanica, ritiri troppo elevati, alta capacità di assorbimento d'acqua del

    prodotto finito.

    Un rapporto acqua/cemento idoneo ad assicurare il completamento delle reazioni di

    idratazione dei costituenti del legante (Portland) è pari a circa 0,25, cioè corrisponde

    all'aggiunta di 25 litri di acqua ogni 100 kg di cemento. Questa quantità d'acqua sarebbe

    però insufficiente a rendere lavorabile l'impasto, che mancherebbe di qualsiasi plasticità

    e fluidità. Per tale ragione il rapporto acqua/cemento viene solitamente aumentato sino a

    valori di 0,4 e oltre, a seconda delle caratteristiche di lavorabilità richieste.

  • 24

    Si può ancora sottolineare che, se la dosatura del cemento ha una funzione determinante

    ai fini delle resistenze meccaniche del conglomerato indurito, non ci si deve però

    attendere con l'aumento del tenore di legante un incremento illimitato della resistenza

    meccanica stessa. A parità di dosaggio di cemento sarà, ad un certo punto, il rapporto

    A/C ad incidere in modo sensibile sulle caratteristiche finali del calcestruzzo.

    Relazione tra resistenza a compressione e rapporto acqua/cemento

    Se si esaminano a scadenze fisse le resistenze meccaniche di una serie di impasti per i

    quali l'unica variabile sia quest'ultimo rapporto, si osserva una caduta progressiva delle

    resistenze a compressione con l'incremento del valore A/C. I valori di resistenza saranno

    proporzionalmente inferiori mano a mano che il rapporto A/C decresce e ciò è ben

    comprensibile in quanto la carenza di acqua non solo rende l'impasto di difficile

    lavorabilità e omogeneizzazione, ma l'acqua sarà anche in quantità insufficiente a

    garantire una completa adesione della malta all'aggregato grosso. Analogamente, un

    aumento progressivo di A/C oltre un certo valore ottimale conferisce all'impasto

    indurito alta porosità capillare e conseguente diminuzione della resistenza meccanica

    del manufatto.

    Qualora il rapporto acqua/cemento sia molto elevato, pari a 0,6 e più, si può inoltre

    verificare il fenomeno della segregazione, riferito alla segregazione differenziata che

    si realizza all'interno di un recipiente (cassaforma, nel caso specifico). Qualora

    l'impasto sia troppo fluido gli elementi più grossi e più pesanti dell'aggregato tendono a

    sedimentare sul fondo mentre i più piccoli e a minor peso specifico, e l'acqua in

    particolare, si collocano preferenzialmente in superficie. L'acqua raccoltasi in superficie

    - ove venga impedita la sua evaporazione - provoca l'essudazione (bleeding) del

  • 25

    calcestruzzo. Gli inconvenienti che possono conseguirne sono più che ovvi, causa

    l'eterogeneità macroscopica che ne consegue nel conglomerato indurito. Essendo

    difficile - se non impossibile - rimediare a tale fenomeno, sarà quindi sempre necessario

    operare in modo tale che questa segregazione non abbia a verificarsi, curando in modo

    particolare la composizione degli impasti (rapporto A/C, additivi, ecc.) e provvedendo

    ad un accurato trasporto dei medesimi. Oggigiorno la tecnica dei sistemi di vibrazione

    rende possibile la gettata di impasti di consistenza asciutta, con il vantaggio di utilizzare

    quantità più modeste di acqua, incrementando contemporaneamente le resistenze del

    prodotto finale.

    Influenza delle modalità di compattazione sulla curva Rck - a/c

    Il rapporto A/C agisce anche sullo scorrimento viscoso del calcestruzzo. Tale fenomeno,

    detto anche fluage o creep, consiste nell'aumento di deformazione che si verifica nel

    tempo sotto l'applicazione di un carico costante. È soprattutto la pasta di cemento che

    determina il meccanismo del fluage, poiché, come avviene per il ritiro all'essiccamento,

    anche per il fluage gli aggregati si deformano in maniera trascurabile. Lo scorrimento

    viscoso è tanto minore quanto minore è il rapporto A/C e quanto più basso è il dosaggio

    di cemento. Una pasta più compatta è infatti anche meno deformabile, mentre

    l'influenza del dosaggio di cemento è da riferirsi al fatto che il fluage dell'aggregato è

    trascurabile rispetto a quello della pasta cementizia. L'azione esplicata dagli additivi del

    fluage è da mettere in relazione all'incidenza che tali sostanze esercitano sul rapporto

    A/C (Lucco Borlera M., Brisi C., 1992).

  • 26

    Effetto dell'aggiunta di additivo fluidificante sulla curva Rck - a/c

    2.3.3 Tecnologia esecutiva del calcestruzzo

    I componenti di un calcestruzzo normale possono variare, sia in qualità che in quantità;

    la definizione della miscela è funzione delle prestazioni che si vogliono ottenere dal

    conglomerato. Il volume del calcestruzzo è minore della somma del volume assoluto

    degli aggregati più quello della pasta e dei vuoti.

    Si può considerare che un buon calcestruzzo debba contenere circa 300 kg di cemento

    per metro cubo di prodotto finito. A questi, per ottenere un metro cubo di conglomerato,

    si devono aggiungere, oltre all'acqua, circa 0,4 metri cubi (compresi i vuoti) di sabbia e

    circa 0,8 metri cubi di ghiaia o pietrisco.

    I calcestruzzi a maggior contenuto di cemento si dicono grassi, quelli a minor contenuto

    magri. La massa totale (cemento più aggregato più acqua di impasto) di un metro cubo

    di conglomerato si aggira sui 2400 kg.

    I fattori che influenzano il processo di maturazione sono principalmente la temperatura

    e l'umidità dell'aria. In taluni casi la stagionatura avviene in ambienti chiusi e con

    temperatura e umidità controllate e costanti (è il caso della miniera, in cui la

    temperatura si mantiene costante in modo naturale). Le caratteristiche di un

    conglomerato indurito sono il risultato di tutti i fattori che intervengono nelle fasi di

    trattamento dello stesso, dalla confezione alla maturazione del getto.

  • 27

    2.3.4 Proprietà del calcestruzzo fresco

    2.3.4.1 Valutazione della lavorabilità dell'impasto

    La caratteristica più significativa di un impasto è la sua lavorabilità, che dipende da

    molti fattori, i più importanti dei quali sono: il rapporto acqua/cemento, la temperatura,

    la dimensione e la forma degli aggregati nonché la loro granulometria, la presenza di

    additivi, il contenuto di cemento. La lavorabilità non può per altro assumere un valore

    unico, ma è ovviamente da correlarsi con le esigenze richieste per la posa in opera

    dell'impasto e quindi condizionata dalle dimensioni dei getti, dalla geometria delle

    casseforme e dalla relativa armatura metallica, dai mezzi di costipamento, ecc., per cui

    per ogni utilizzazione si richiede un appropriato grado di lavorabilità.

    La lavorabilità diminuisce col procedere delle reazioni di idratazione del cemento. È

    pertanto necessario che l'impasto possegga la lavorabilità richiesta non solo al momento

    della confezione, ma soprattutto al momento della sua posa in opera. Se l'intervallo che

    intercorre fra confezione e getto non è breve e soprattutto se la temperatura

    dell'ambiente è elevata, la lavorabilità iniziale deve essere maggiore di quella richiesta

    per la sua messa in opera. La perdita di lavorabilità è un fenomeno che avviene

    nell'ambito della prima ora (o delle due prime ore al massimo) dal termine delle

    operazioni d'impasto, come si osserva nel grafico sottostante.

    Andamento della diminuzione di lavorabilità degli impasti di calcestruzzo

  • 28

    La lavorabilità di un impasto viene usualmente valutata attraverso la sua consistenza, ad

    esempio controllando la sua maggiore o minore attitudine a conservare una forma

    impartitagli.

    Si opera, di solito, con una delle tre seguenti metodologie:

    - valutazione di consistenza con il cono di Abrams (UNI 9418);

    - prova al consistometro VéBé (UNI 9419);

    - indice di compattabilità (UNI 9420);

    - spandimento (UNI 8020 - Metodo B).

    Ciascuno di questi metodi serve ad evidenziare uno o più aspetti della lavorabilità.

    2.3.4.2 Prova di abbassamento al cono - slump test

    Questa prova non è molto indicativa: non è adatta per impasti molto asciutti, per i quali

    l'abbassamento del cono è pressoché nullo e risulta difficile valutare le differenze di

    consistenza, e non si applica a calcestruzzi con aggregati di dimensione maggiore di 40

    mm.

    La prova è significativa nel confronto fra impasti di caratteristiche compositive simili:

    se le proporzioni della miscela e la granulometria degli aggregati rimangono inalterate,

    una variazione nell'abbassamento al cono denota una modifica nel rapporto

    acqua/cemento e viceversa. Nonostante i limiti del presente metodo, la prova è

    notevolmente diffusa per la sua semplicità d'esecuzione e la modesta attrezzatura che

    richiede.

    L'apparecchiatura è costituita da un recipiente tronco-conico in lamiera, perfettamente

    liscio all'interno e aperto all'estremità, avente altezza 30 ± 0,2 cm, con diametro di base

    20 ± 0,2 cm e sommità 10 ± 0,2 cm, provvisto di maniglie e di due staffe inferiori per

    tenerlo fermo durante il riempimento. Il recipiente va appoggiato con la base maggiore

    su una superficie piana e pulita.

    L'impasto, scelto in modo da rappresentare il più possibile l'impasto medio che si vuole

    provare, viene posto nella forma tronco-conica in tre strati successivi di ugual spessore,

    fino a completo riempimento. Ogni strato viene costipato con 25 colpi di un tondino di

    ferro di diametro 16 mm e lunghezza 600 mm, con estremità arrotondata.

    Completato il riempimento e livellata la superficie, il cono viene rimosso sollevandolo

    lentamente e perpendicolarmente al piano d'appoggio: l'impasto, liberato dalla forma, si

  • 29

    adagia tanto più quanto meno è consistente. L'abbassamento dell'impasto, in centimetri,

    rispetto alla forma originaria viene assunto come misura della consistenza (slump).

    CLASSE DI CONSISTENZA

    ABBASSAMENTO (mm)

    DENOMINAZIONE CORRENTE

    S 1 da 10 a 40 umida

    S 2 da 50 a 90 plastica

    S 3 da 100 a 150 semifluida

    S 4 da 160 a 200 fluida

    S 5 oltre 210 superfluida Classi di consistenza mediante misura dell'abbassamento al cono

    Se il calcestruzzo si disgrega, la prova va ripetuta; se si disgrega continuamente il tipo

    di prova non è significativa per l'impasto, e si deve utilizzare un altro metodo più adatto

    , a meno che la disgregazione non dipenda da un errato assortimento granulometrico.

    Determinazione della consistenza. Prova di abbassamento al cono.

  • 30

    2.3.5 Proprietà fisico meccaniche del calcestruzzo indurito

    Per effetto dell'indurimento, un calcestruzzo diventa una pietra artificiale, le cui

    caratteristiche principali sono la durezza e la resistenza meccanica.

    Le sollecitazioni cui può essere sottoposto un calcestruzzo sono quelle tipiche di ogni

    materiale da costruzione, cioè compressione, trazione, urto, abrasione. Il calcestruzzo

    presenta capacità di resistenza alle sollecitazioni in misura diversa in funzione della

    propria composizione e qualità delle condizioni esterne nelle quali si trova.

    Il requisito più importante richiesto al calcestruzzo nelle normali applicazioni è la

    resistenza a compressione, che è pure il parametro base per giudicare la qualità di un

    conglomerato in generale. Una elevata resistenza a compressione, infatti, denota la

    presenza di una massa compatta, con una bassa presenza di vuoti o irregolarità

    nell'interno, e garantisce prestazioni elevate anche sotto tutti gli altri aspetti. La

    resistenza rappresenta il criterio base di classificazione dei calcestruzzi.

    2.3.5.1 Resistenza a compressione

    La resistenza caratteristica a compressione del calcestruzzo, Rck, viene determinata

    secondo la norma UNI 6132 su provini cubici o cilindrici maturati per 28 giorni

    secondo la norma UNI 12390-2:2002. La norma UNI 9858 classifica il calcestruzzo in

    base alle resistenze caratteristiche determinate su provini cubici (Rck) o cilindrici (fck).

    Ogni calcestruzzo è caratterizzato dalla sigla C seguita da due numeri, il primo dei quali

    indica la resistenza caratteristica cilindrica, il secondo quella cubica, entrambe espresse

    in N/mm2; tra i due valori esiste una correlazione empirica.

  • 31

    CLASSI di RESISTENZA

    fck [N/mm2]

    Rck [N/mm2]

    C8/10 8 10 C12/15 12 15

    NON STRUTTURALE

    C16/20 16 20 C20/25 20 25 C25/30 25 30 C30/37 30 37 C35/45 35 45 C40/50 40 50 C45/55 45 55

    ORDINARIO

    C50/60 50 60 C55/67 55 67 C60/75 60 75

    ALTE PRESTAZIONI

    C70/85 70 85 C80/95 80 95 C90/105 90 105 C100/115 100 115

    ALTA RESISTENZA

    Classi di resistenza del calcestruzzo riferite a provini cilindrici di diametro 150 mm ed altezza 300 mm

    ed a provini cubici di 150 mm di spigolo.

    La resistenza a compressione del calcestruzzo coinvolge le resistenze della pasta e i

    relativi rapporti qualitativi e quantitativi. La resistenza della pasta aumenta con

    l'indurimento: la massima resistenza si raggiunge soltanto dopo alcuni anni, ma lo

    sviluppo più rapido si ha durante i primi giorni, tanto che dopo circa un mese si ottiene

    già una frazione rilevante della resistenza finale. Inoltre la classe del cemento influenza

    direttamente il livello di resistenza ottenibile.

    Molto importante è l'influenza sulla resistenza della quantità d'acqua impiegata: la pasta

    di cemento può essere assimilata ad una colla, perciò si può dire che aumentando la

    diluizione diminuisce il potere collante.

    La resistenza degli aggregati dipende dalla loro natura mineralogica. Gli aggregati

    normali provengono da rocce che hanno generalmente resistenza a compressione e

    modulo elastico più elevati di quella della pasta di cemento, rispetto alla quale risultano

    quindi meno deformabili. Quando un calcestruzzo è sollecitato da uno sforzo di

    compressione, le tensioni nell'interno della massa si scaricano sui granuli degli

  • 32

    aggregati, più rigidi: di conseguenza i punti di contatto tra pasta e granulo sono

    fortemente sollecitati, tanto che l'aderenza nella superficie di contatto può venire meno,

    generando fratture locali. Pertanto, unita agli effetti della resistenza a compressione,

    assume importanza l'aderenza tra pasta e aggregati, maggiore quando si sviluppa una

    specie di legame chimico, minore se dipende solo da ancoraggio meccanico, influenzato

    quest'ultimo dalla struttura superficiale dei granuli degli aggregati e dall'assenza di

    impurità sugli stessi (in genere un aggregato calcareo sviluppa adesione maggiore di un

    aggregato siliceo, a causa dell'interazione calcare - cemento che rinforza il legame fra i

    due materiali). La presenza di eventuali punti deboli nella massa del calcestruzzo può

    quindi alterare sensibilmente la distribuzione delle sollecitazioni: un punto debole può

    essere rappresentato da granuli non compatti o alterati, in corrispondenza dei quali può

    verificarsi il cedimento che innesca la rottura. Considerato che la resistenza degli

    aggregati è maggiore di quella della pasta, ciò che interessa soprattutto è la omogeneità

    degli aggregati stessi, cioè l'assenza di elementi deboli o degradati. I vuoti presenti nella

    massa sono certamente punti deboli, specialmente se sono di una certa dimensione. Essi

    possono provenire da una non corretta composizione della miscela, in particolare da una

    quantità insufficiente di pasta di cemento in rapporto alla quantità e dimensione degli

    aggregati, o a seguito di un insufficiente costipamento della massa. I granuli devono

    essere completamente avvolti dalla pasta cementizia, la quale deve riempire tutti gli

    spazi esistenti fra i granuli stessi: per questo occorre una quantità adeguata di pasta,

    correlata con la dimensione dei granuli da avvolgere, in particolare con la loro

    superficie. All'aumentare della superficie complessiva, aumenta la quantità di pasta

    richiesta. In una distribuzione granulometrica corretta, quando aumenta il diametro

    medio dei granuli, diminuisce la superficie complessiva da ricoprire, quindi il

    fabbisogno di pasta.

    Nella definizione del rapporto pasta - aggregati influisce, oltre alla dimensione dei

    granuli, la loro scorrevolezza al fine di ottenere una buona lavorabilità: dimensione dei

    granuli e lavorabilità dell'impasto sono fattori che dipendono dalle condizioni di

    impiego della miscela.

    Si può quindi affermare che la resistenza a compressione è influenzata:

    • dalla classe di cemento;

    • dal rapporto acqua - cemento;

  • 33

    • dal rapporto cemento - aggregati;

    • dalla qualità degli aggregati, in particolare dalla loro omogeneità e capacità di

    aderenza con il cemento;

    • dalla densità della massa, a sua volta della corretta composizione e del

    costipamento.

    La resistenza a compressione può essere definita potenziale, in quanto quella reale,

    effettiva, si ha soltanto dopo la posa in opera e la maturazione dei getti: durante queste

    fasi lo sviluppo della resistenza può subire accelerazioni, ritardi o scostamenti dai valori

    previsti. Una riduzione della resistenza potenziale può essere causata da un insufficiente

    costipamento, oppure dalla troppo rapida evaporazione dell'acqua di impasto, per effetto

    dell'evaporazione in zone a clima caldo e asciutto.

    Una differente velocità di sviluppo della resistenza è generalmente causata dalla

    temperatura: temperature troppo elevate accelerano lo sviluppo, se l'acqua di impasto

    gela, non può avviarsi il processo di idratazione. Una temperatura iniziale troppo alta

    può causare un'alterazione riduttiva nello sviluppo del processo.

    2.3.5.1.1 Misura della resistenza a compressione del calcestruzzo

    La prova viene eseguita con diversi scopi tra cui quello del controllo di qualità della

    produzione, la rispondenza alle specifiche contrattuali del calcestruzzo acquistato e alle

    specifiche di progetto di quello messo in opera, il controllo del materiale in opera , la

    messa a punto del dosaggio degli impasti.

    Per la prova di compressione si impiegano provini cubici (in Italia e numerosi altri paesi

    europei) o cilindrici (Inghilterra, Stati Uniti, Canada, Australia). Con l'introduzione

    della normativa europea si ammette l'impiego di entrambi i tipi di provino, mentre

    l'Eurocodice, pur ammettendo entrambi i provini, fa essenzialmente riferimento a quelli

    cilindrici.

    Le diverse norme per la misura della resistenza a compressione, come pure le UNI 6126

    e 6135, indicando in genere:

    - materiali, dimensioni e tolleranze delle forme per i provini, che non si devono

    deformare a seguito del riempimento o della compattazione del conglomerato;

    - dimensioni delle forme in relazione al valore di Dmax (la dimensione minima della

    cassaforma dovrebbe essere almeno 5 volte quella del diametro massimo);

  • 34

    - modalità del prelievo del calcestruzzo, modalità di riempimento e compattazione

    delle forme (si usa in genere la vibrazione, onde ottenere il minor volume di vuoti),

    procedimento di lisciatura della superficie libera dei provini;

    - tempo intercorrente tra l'impasto e la sformatura dei provini (secondo UNI: 24 ore);

    - condizioni di stagionatura (secondo UNI: 20°C e umidità relativa = 90%);

    - tempo massimo tra la fine della stagionatura e l'inizio della prova (secondo UNI: 2

    ore);

    - tolleranza di planarità delle superfici del provino su cui è applicata la compressione

    (secondo UNI: ± 0,05 mm);

    - angoli tra le facce di 90° ± 30';

    - precisione della lettura del carico applicato dalla pressa idraulica;

    - velocità di applicazione del carico (secondo UNI: 0,5 ± 0,2 N/mm2sec).

    Naturalmente anche la pressa idraulica, impiegata per l'esecuzione della misura della

    resistenza a compressione, è standardizzata nei suoi diversi organi e deve rispondere

    alla specifica UNI 6686/72.

    Alcuni dei fattori precedentemente indicati influenzano sensibilmente il valore della

    resistenza misurabile su un determinato provino.

    2.3.5.1.2 Norme di riferimento su forma e dimensioni del provino

    I procedimenti e le modalità per la preparazione e la conservazione dei provini e per

    l'esecuzione delle prove sono oggetto delle seguenti norme:

    Ø UNI 6126 e UNI 6128, che stabiliscono rispettivamente le modalità per il prelievo

    dei campioni di calcestruzzo in cantiere e per la confezione in laboratorio di

    calcestruzzi sperimentali;

    Ø UNI 627 e 6129, che stabiliscono le modalità per la preparazione e la stagionatura

    dei provini di calcestruzzo rispettivamente prelevati in cantiere e confezionati in

    laboratorio;

    Ø UNI EN 12390-3:2003, che si riferisce a forme e dimensioni dei provini di

    calcestruzzo per prove di resistenza meccanica, e relative casseforme; questa norma

    prescrive l'utilizzazione, in via normale, di provini cubici per la rottura a

    compressione e a trazione indiretta per spacco, e di provini prismatici di sezione

    quadrata per la rottura a trazione indiretta per flessione.

  • 35

    Per la rottura a compressione e a trazione indiretta è tuttavia previsto che, in casi

    particolari, possano essere anche impiegati provini cilindrici aventi altezza doppia del

    diametro.

    Ø UNI 6131, che stabilisce i criteri e le modalità per il prelievo di campioni di

    calcestruzzo già indurito e per la preparazione di provini;

    Ø UNI 6132 e 6134, che stabiliscono il procedimento da seguire per la

    determinazione della resistenza a compressione di provini sottoposti allo scopo, e,

    rispettivamente, di monconi di prismi rotti a flessione;

    Ø UNI 6133, relativa all'esecuzione della prova di rottura a trazione per flessione;

    Ø UNI 6135, relativa all'esecuzione della prova di rottura a trazione diretta e indiretta;

    Ø UNI 6186, che riguarda le presse idrauliche appositamente progettate e costruite per

    prove di compressione su materiali, come il calcestruzzo, che presentano piccola

    deformazione prima della rottura.

    I valori di resistenza a compressione sono dipendenti dalla geometria e dalle dimensioni

    del provino. Per tenere conto di tali influenze, si utilizzano i fattori di conversione

    riportate nelle seguenti tabelle:

    Spigolo l in mm 100 150 200 250 300

    Indici delle resistenze a compressione su cubi di spigolo l 110% 100% 95% 92% 90%

    Fattori di conversione fra resistenze a compressione misurate su cubi di diversa dimensione.

    Spigolo l in mm 100/200 150/300 200/400 250/500 300/600

    Indici delle resistenze a compressione su cubi di spigolo l

    102% 100% 97% 95% 91%

    Fattori di conversione fra resistenze a compressione misurate su cilindri di diversa dimensione e di pari snellezza h/d = 2.00

    Res. cubica < 25 N/mm2 Rcilindro = 0.80 Rcubo

    25 N/mm2 < Res. cubica < 60 N/mm2 Rcilindro = 0.83 Rcubo

    Res. cubica > 60 N/mm2 Rcilindro = 0.85 Rcubo Fattori di conversione fra resistenze a compressione di cubi l = 150 mm e cilindri d = 150 mm, d = 300 mm.

  • 36

    I fattori di conversione riportati nelle diverse tabelle non sono correlabili tra loro.

    In generale i provini di grandi dimensioni danno resistenze minori dei provini piccoli;

    quelli cilindrici danno resistenze minori dei provini cubici, ed i provini snelli danno

    resistenze minori dei provini tozzi. Inoltre, quanto maggiore è la resistenza a

    compressione del calcestruzzo in esame, tanto più i rapporti di conversione tendono

    all'unità.

    La norma UNI 6130/1 fornisce le indicazioni circa la proporzione tra le dimensioni dei

    provini per la misura della resistenza a compressione e il diametro massimo

    dell'aggregato del calcestruzzo da provare:

    • 15 cm di lato per aggregato con dmax fino a 30 mm;

    • 20 cm di lato per aggregato con dmax fino a 40 mm;

    • 30 cm di lato per aggregato con dmax fino a 70 mm.

    Le cubiere possono essere singole o multiple a tre o quattro cubi; le misure dei lati

    vanno rispettate con tolleranza 2/10 mm, quelle degli angoli con tolleranza 0,5°.

    Le forme devono essere rigide e impermeabili; prima dell'uso le cubiere vanno

    ingrassate all' interno con un sottile strato di olio minerale, privo di acidi grassi, o con un

    disarmante adatto, evitando l'uso di olio bruciato. Si usano anche forme in polistirolo

    espanso, che rappresentano un involucro a perdere. Le forme possono essere sigillate e

    il provino resta a stagionare all'interno, fino al momento della prova. È sconsigliato

    l'uso del coperchio nella stagione calda perché può impedire lo smaltimento del calore.

    La dimensione dei provini è un parametro significativo nella misura della loro

    resistenza. La considerazione principale in proposito è che il verificarsi dell'effetto

    parete può modificare apprezzabilmente il rapporto pasta/aggregato. Se si immagina di

    osservare il calcestruzzo in corrispondenza di una sezione al centro del provino,

    otterremo che la frazione della superficie osservata, costituita da aggregati grossi, è

    all'incirca pari a quella mediamente presente nel materiale. Se invece la sezione

    osservata è parallela e a piccola distanza dalla parete della cassaforma, la frazione della

    superficie data dagli elementi di aggregato grosso sarà alquanto minore. Ciò si deve al

    fatto che la presenza della parete suddetta impedisce agli aggregati di avvicinarvisi; in

    definitiva si può affermare che tanto maggiore è il rapporto tra la superficie del provino

    e il volume di esso, tanto maggiore sarà la frazione di pasta di cemento in esso presente.

  • 37

    Il suddetto effetto parete in definitiva fa sì che lo stesso calcestruzzo, provato su provini

    più piccoli, darà valori di resistenza più elevati.

    Occorre tenere conto del fatto che, essendo la superficie di contatto tra l'aggregato

    grosso e la pasta di cemento il punto di minor resistenza del conglomerato, se il provino

    è troppo piccolo rispetto al diametro massimo dell'aggregato, quest'ultimo aspetto

    diviene preponderante e la resistenza decresce. A seguito dello schiacciamento del

    provino che si realizza nella prova di compressione, si può osservare che il materiale

    delle facce laterali del provino stesso diventa friabile e può essere facilmente asportato;

    la parte restante, meno danneggiata, del provino assume così la forma della figura

    sottostante (a), detta piramidale. Questo comportamento può essere facilmente

    interpretato: durante l'applicazione del carico il provino subisce una contrazione nella

    direzione di applicazione del carico e un rigonfiamento delle facce laterali

    (rappresentato in modo esagerato in figura (b)); questa deformata è dovuta al fatto che, a

    causa dell'attrito, tra i piatti della pressa a contatto del provino, mediante i quali è

    applicato il carico, e le superfici del provino stesso, l'espansione laterale è contrastata, in

    misura maggiore in prossimità delle superfici di contatto, dove si realizza una

    sollecitazione biassiale compressione-compressione, e in misura man mano minore

    allontanandosi da tali superfici. Le parti in cui si sente meno l'effetto del contrasto alla

    dilatazione laterale sono quelle che si dilatano maggiormente e alla fine della prova

    risultano più danneggiate e friabili, e sono quelle che portano al cedimento il provino.

    Le parti di provino che in un certo modo sono "rinforzate" dal contatto con i piatti della

    pressa, come si vede in figura (a), sono piramidi aventi come base la faccia del provino

    a contatto della pressa, e altezza pari a 23⋅d , in cui d è il lato del provino; nel caso

    di provino cilindrico si tratterà evidentemente di coni. In base alle precedenti

    considerazioni, è chiaro che il provino cilindrico della normativa, avente rapporto

    altezza/diametro pari a 2, presenta un volume non contrastato, e quindi più deformabile

    e danneggiabile, alquanto maggiore del provino cubico, come è indicato nelle figure (c)

    e (d); come conseguenza, la resistenza del provino cilindrico vale, per lo stesso

    calcestruzzo, circa l'80% della resistenza del provino cubico.

  • 38

    Modalità di rottura dei provini cubici a compressione

    Nella figura successiva è riportata l'influenza del rapporto h/d sulla resistenza relativa

    del conglomerato per diverse resistenze del calcestruzzo, ponendo pari a 100 la

    resistenza del cilindro

    normalizzato. Di un tale tipo di relazione si deve tener conto nel caso che il provino di

    calcestruzzo non abbia rapporto h/d pari a 1 oppure 2.

    Variazione della resistenza in funzione della forma del provino, per diverse resistenze del calcestruzzo (risultati di Murdock, 1957)

  • 39

    2.3.5.1.2.1 Velocità di applicazione del carico

    In particolare, la velocità di applicazione del carico influenza il valore della resistenza a

    compressione, come viene mostrato in figura; ciò si deve al fatto che la propagazione

    delle fessure richiede un certo tempo e influisce meno se la prova è più rapida.

    Influenza della velocità di applicazione del carico sulla resistenza a compressione.

    2.3.5.1.2.2 Resistenza caratteristica

    Il sistema più usato per misurare la qualità del calcestruzzo è la determinazione della

    resistenza a compressione per rottura dei provini. Ogni provino è un campione

    estremamente ridotto rispetto al getto che deve rappresentare e quindi scarsamente

    rappresentativo, specialmente se nel getto c'è incostanza del materiale.

    È quindi possibile aumentare, per quanto possibile, il numero dei campioni da

    sottoporre a prova, e limitare il controllo a calcestruzzi omogenei, cioè confezionati con

    materiali dello stesso tipo e nelle stesse quantità, con attrezzature e modalità di

    confezione analoghe. Anche i provini devono essere confezionati, stagionati e provati

    nello stesso modo.

    Ridotte così le possibili variazioni dovute a fattori esterni, le differenze nei risultati

    ottenuti dai provini dipendono in massima parte dalle variazioni di qualità proprie di

    quel calcestruzzo, e sono pertanto indice della maggiore o minore uniformità dello

    stesso.

    Sulla base delle resistenze ottenute da un certo numero di provini, occorre calcolare una

    resistenza presunta del materiale. Un procedimento comune è quello di assumere come

    indicativo delle qualità del materiale il valore medio dei risultati della prova, ma ciò non

  • 40

    è significativo perché non fornisce un'indicazione sufficiente. In realtà di un materiale

    interessa non tanto la resistenza media quanto la resistenza minima, intesa non come

    valore minimo dei risultati della prova, ma come minimo "statistico", come quel valore

    che ha elevata probabilità (almeno il 95%) di essere superato dalla popolazione dei

    risultati.

    Poiché non si possono eseguire misure su tutti gli impasti di una produzione, ci si limita

    ad un controllo di accettazione, effettuando una misura su un prelievo di calcestruzzo

    ogni 100 m3 di conglomerato, di cui si determina (su almeno due provini) la resistenza

    media del prelievo.

    2.3.5.1.2.3 Determinazione della resistenza caratteristica

    Per controllare il livello di resistenza di un calcestruzzo omogeneo si devono prelevare

    dallo stesso campioni da sottoporre a prova. Tanto più elevato è il numero dei prelievi,

    tanto più il risultato della prova sarà indicativo della effettiva qualità del materiale. Se

    da un calcestruzzo si effettua un numero n di prelievi si ottiene dunque un numero n di

    resistenze.

    Costruendo un grafico in cui i valori delle resistenze sono segnati in ascisse, e le

    frequenze dei risultati nelle ordinate, cioè il numero di volte che si ottiene quello stesso

    risultato, si ottiene una curva di Gauss, come quella descritta in figura.

    Distribuzione delle frequenze e della Gaussiana.

    Tale curva, significativa per fenomeni, come il calcestruzzo, in cui il risultato dipende

    da molte cause tra loro indipendenti, indica la distribuzione statistica "normale" dei

  • 41

    risultati; in essa il valore medio è quello che si verifica con maggiore frequenza, e

    corrisponde al valore in corrispondenza della verticale passante per il punto più alto

    della curva.

    La resistenza meccanica, minore di quella media, risulta spostata a sinistra rispetto al

    valore medio, tale che soltanto il 5% di tutti i risultati sono inferiori ad essa. La

    resistenza caratteristica viene calcolata con la formula:

    Rck = Rm - k · s

    essendo: Rck = resistenza caratteristica (frattile 5%);

    Rm = resistenza media;

    k = coefficiente numerico, uguale a 1,64 per un numero di prelievi molto

    elevato;

    s = scarto quadratico medio, pari a s = )1(

    )( 2

    −−Σ

    nRR mX ,

    con Rx = resistenza di ciascun prelievo

    n = numero di prelievi.

    Diagramma dei valori statistici significativi.

    Per ottenere un valore piccolo dello scarto quadratico medio, il produttore deve:

    - utilizzare materiali di qualità costante;

    - impiegare bilance e dosatori tarati frequentemente e sufficientemente accurati;

    - miscelare per il tempo dovuto e con miscelatori efficienti il conglomerato.

  • 42

    La resistenza caratteristica è in sostanza pari alla resistenza media diminuita di una certa

    quantità, funzione del numero di prove della costanza dei risultati. La curva a campana

    si modifica nel caso si faccia riferimento a un numero limitato di risultati.

    Data una serie di valori di resistenze di prelievo, se si riportano nel grafico in ascissa i

    valori delle resistenze di prelievo, suddivise in classi di resistenza e in ordinata il

    numero di volte che i singoli risultati appartenenti a ciascuna classe si manifestano, si

    ottiene una spezzata - non una curva poiché si dispone di un numero limitato di risultati

    - in buon accordo con l'andamento della curva di Gauss. Se i risultati sono più dispersi,

    ossia se i valori di resistenza sono più distanti tra loro, si ottiene una spezzata più

    schiacciata: a parità di resistenza media la resistenza caratteristica si trova più a sinistra

    e quindi il valore più basso, oppure a parità di resistenza caratteristica, è necessario

    aggiungere una resistenza media più elevata di quella ottenuta dai risultati delle prove,

    come si osserva nei grafici sottostanti.

    Risultati più dispersi, resistenza caratteristica più bassa, a pari resistenza media.

    Risultati più dispersi, resistenza caratteristica più alta, a pari resistenza caratteristica.

  • 43

    2.3.5.2 Resistenza a trazione

    La resistenza a trazione di un calcestruzzo è piuttosto bassa e rappresenta una frazione

    della resistenza a compressione: in genere si assume pari ad 1/10 di quest'ultima.

    Sotto compressione gli aggregati determinano in modo attivo il comportamento del

    materiale in quanto, essendo a contatto tra loro e con la pasta, riescono ad assorbire,

    deformandosi, buona parte degli sforzi. Sotto trazione l'interfaccia legante-aggregato,

    pur essendo più o meno resistente in funzione del grado di scabrezza e porosità della

    superficie di quest'ultimo e della sua possibilità di formare legami chimici con la pasta

    di cemento, tuttavia costituisce sempre il punto debole della struttura del conglomerato.

    In corrispondenza di tale interfaccia, poi, si generano per i fenomeni di ritiro, numerose

    microfessure che determinano una concentrazione locale della sollecitazione che risulta

    determinante.

    La resistenza a trazione viene misurata mediante:

    - prove di trazione diretta;

    - prova di flessione;

    - prova di trazione indiretta o prova brasiliana.

    2.3.5.2.1 Prova di trazione diretta

    La prova di trazione diretta viene eseguita mediante incollaggio (con resine epossidiche)

    di testate metalliche su provini di calcestruzzo cilindrici e applicando un carico N a due

    perni di afferraggio solidali alle testate stesse. La resistenza a trazione diretta è fctm =

    N/A, dove A è l'area della sezione normale del provino.

    La prova risente in modo spiccato della presenza di difetti nel calcestruzzo (cavità, corpi

    estranei, ecc.) poiché tutto il volume del materiale è sollecitato e quindi qualsiasi difetto

    influisce sul risultato, creando sezioni indebolite. Nelle altre prove di trazione solo una

    parte del provino è sollecitata a trazione, e quindi la sua probabilità che in tale parte sia

    localizzato un difetto è proporzionale alla sua frazione di volume. Inoltre la prova

    presenta la notevole difficoltà sperimentale di ottenere coassialità e parallelismo delle

    barre di afferraggio.

  • 44

    2.3.5.2.1.1 Prova di flessione

    Si esegue su provini prismatici di dimensioni dipendenti da Dmax (in genere 10x10x40

    cm) posti su due coltelli di appoggio e caricati con uno o due coltelli di carico. Il tal

    modo viene misurata la massima sollecitazione di trazione raggiunta sulla fibra più

    bassa, detta "modulo di rottura", dalla relazione

    23

    dbl

    PMR⋅

    ⋅⋅=

    in cui P è l carico, l la distanza tra gli appoggi, b è la larghezza e d è lo spessore del

    provino. Questa prova risente poco della presenza di difetti e dà valori di resistenza più

    elevati, in quanto, rispetto alla prova di trazione diretta e a quella di trazione indiretta, il

    volume interessato dalla sollecitazione è minimo: tipicamente il modulo di rottura è pari

    a 1,6 volte circa la resistenza a trazione diretta.

    2.3.5.2.1.2 Prova di trazione indiretta o prova brasiliana

    È chiamata anche splitting test (letteralmente "test di spaccamento") ed ha il vantaggio

    della facile esecuzione e di fornire risultati abbastanza uniformi rispetto ad altre prove

    di trazione; essa può essere eseguita su campioni cilindrici preparati in laboratorio, di

    carote o anche su cubi.

    La prova viene eseguita disponendo il cilindro di calcestruzzo orizzontalmente tra i