21 - La vita svelata - incompleto - La vita svelata...O Signore, rivelami i tuoi segreti, mandami i...

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KAIROS 2/2000 SOMMARIO 2 5 17 25 29 48 50 51 KAIROS Il tempo favorevole La Parola Vivere è credere S.Pagani La Tradizione È il tempo di Nazareth M. Lafon La Preghiera Credere mi è necessario Paolo VI Letture Spirituali In dialogo con le famiglie C.M. Martini KRONOS Giornata di Studio In libreria

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KAIROS 2/2000

SOMMARIO

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51

KAIROS Il tempo favorevole

La Parola

Vivere è credere S.Pagani

La Tradizione È il tempo di Nazareth

M. Lafon

La Preghiera Credere mi è necessario

Paolo VI

Letture Spirituali In dialogo con le famiglie

C.M. Martini

KRONOS

Giornata di Studio In libreria

Kairós 4/2001

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La vita

svelata

di Severino Pagani

La Parola

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1. Alla presenza del Signore O Signore, raccoglimi alla dispersione di questo giorno. Tu mi hai accompagnato fin da quand'ero ragazzo nelle mille vicende della vita. Ho incontrato tante persone, ho fatto moltissime cose. La casa, la scuola, il lavoro, gli amici. Mi fermo davanti a te, stanco, un po' frastornato; ti prego, da' senso e nuova vivacità ai miei giorni. Conducimi verso ciò che è essenziale, unifica la mia vita e le mie esperienze. Illumina le mie confusioni, apri il mio cuore all'ascolto della tua Parola. O Signore, senza le tue parole il mondo e la vita non si spiegano più. Le domande più vere a poco a poco si spengono, il gusto del vivere diventa opaco, il vuoto interiore impressiona. La tentazione è quella di non pensarci più e la voglia è quella di farne a meno. Senza le tue parole, Signore, la vita si spegne. Raccoglimi, nel silenzio e nella pace, radunami alla tua sublime e discreta presenza, apri il mio cuore all'ascolto della tua Parola. O Signore, rivelami i tuoi segreti, mandami i tuoi messaggi, vinci le mie resistenze, svegliami dalla mia mediocrità; parlami o Signore, ti ascolterò. Donami la gioia di andare fino in fondo, donami il coraggio di salire fino al principio, in cui il tuo segreto diventa rivelazione per me, e consolazione per coloro che mi vogliono bene. Apri il mio cuore all'ascolto della tua Parola. Dal Vangelo secondo Giovanni 1In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. 2Egli era in principio presso Dio: 3tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste.

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4In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; 5la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l'hanno accolta. 6Venne un uomo mandato da Dio e il suo nome era Giovanni. 7Egli venne come testimone per rendere testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. 8Egli non era la luce, ma doveva render testimonianza alla luce. 9Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. 10Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo riconobbe. 11Venne fra la sua gente, ma i suoi non l'hanno accolto. 12A quanti però l'hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, 13i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. 14E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità (Gv 1, 1-14).

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3. Proposta di meditazione (Lectio-meditatio) In queste prime righe del Vangelo di Giovanni vi si trova in sintesi tutto il suo pensiero spirituale: nel Verbo di Dio fatto carne è nascosta la vita e il suo segreto. La vita, il senso della vita, che era nascosto, viene svelato. Questo svelamento è la rivelazione, cioè il racconto che Dio fa di se stesso mandando a noi Gesù. Senza questo racconto che rivela e dischiude, il senso profondo dell'esistenza rimarrebbe nascosto, velato, inaccessibile. Non avremmo parole per interpretare i nostri giorni: l'incarnazione del Verbo nel volto di Gesù ci manifesta e ci spiega il senso delle nostre giornate e il valore della storia degli uomini. La vita viene svelata, il segreto viene annunciato. Chi lo accoglie diventa figlio e diventa capace di contemplare la gloria di Dio. a. La Vita Non è facile descrivere la vita ad un giovane di oggi. Quante cose sa già della vita! Eppure a volte un giovane sembra così estraneo ai significati profondi, sembra così smarrito. Le grandi domande faticano a formularsi e le risposte sembrano così fragili e così effimere. Cosa dice il Vangelo sulla vita? Il Vangelo dice che la vita sta all'origine di tutto e precede la creazione stessa. La vita sta «in principio» (Gv 1, 1.2). La vita infatti è l'esistenza stessa di Dio, origine prima e termine ultimo dell'esistenza umana. Solo lì l'uomo trova gusto e quiete. Spesso, distratto ed egoista, l'uomo si sente ferito, vorrebbe essere raccolto, custodito, protetto; ma non riesce neppure ad immaginare che la vita deriva dall'amore esistente tra Dio e il suo Verbo, tra il Padre e il suo Unigenito Figlio (Gv 1, 17-18). Il Vangelo di Giovanni vuole ricordare questa idea essenziale: all'origine della vita sta una relazione personale; si tratta di quel rapporto segreto che solo Cristo poteva svelare. Questo rapporto segreto e miserioso è la Trinità di Dio, un mistero di comunione nell'amore del Padre e del Figlio nello Spirito Santo. Gustare la vita significa diventare figli. Diventare figli vuol dire essere ospitati in questa relazione. Fin da ora è possibile una vita spirituale.

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b. Il significato: il logos Questa vita ha un senso, si alimenta ad un significato. La vita può essere spiegata, raccontata, resa presente. Il significato della vita si dispiega nel Verbo. Questo sostantivo, il Verbo, è molto caso a Giovanni ed è necessario che lo spieghiamo bene. La parola Verbo nella lingua originale del Vangelo secondo Giovanni si dice logos. Nella lingua greca questo termine ha molti e specifici significati. Possiamo anche ricordare la carica di messaggi che per un greco aveva questa parola logos: ragione ultima delle cose, parola creatrice, sapienza ordinatrice, parola vivificante e quindi illuminante, parola rivelatrice. Questo Verbo sta all'origine di tutto e precede la creazione stessa («In principio...»: Gv 1, 1.2), è rivolto verso Dio («era presso Dio»: Gv 1, 1.2). Poteva indicare la mente, la mente pensante e sovrana su tutte le cose, l'intelligenza, la motivazione del pensiero, ciò che si ha quando si ha ragione, il senso di una cosa, la sapienza, ecc. Questo vocabolo, anche nella concretezza del linguaggio quotidiano, significava il costo del tutto, il quanto costa: quando andavano a far la spesa e comperavano olio, pane, sale, vino poi mettevamo utto davanti e con una frase fatta chiedevano al venditore: qual è il logos, nel senso di quanto fa, quanto costa tutto, che prezzo ha, quanto vale? Perché dunque Giovanni ha scelto il termine logos? Se con esso voleva indicare la parola di Dio, perché non ha usato una espressione più chiara? Se voleva invece indicare la sapienza perché non ha scelto una parola più idonea a questo significato? Giovanni ha voluto scegliere una parola altamente simbolica, capace cioè di evocare immediatamente e sinteticamente una ricchezza tale di valori che richiamassero con infinite allusioni alla pienezza del senso della vita, nella sua possibilità concreta, storica, visibile e insieme eterna, che non si logora e che tuttavia diviene con noi. Ora ciò che un greco recepiva dal diffuso contesto di vita con la parola logos, era tutto ciò che si riferiva al senso delle cose, alla loro ragione ultima, al perché dell'esistenza umana, nei suoi

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aspetti più concreti e più astratti insieme, al perché del mondo. La prima pagina del Vangelo di Giovanni conduce qui: ai supremi perché, in modo tale che vengano spiegati. Proviamo a rileggere, interpretando con libertà il testo: In principio c'era un senso per la vita: il significato, il senso, il valore, il prezzo della vita era nascosta presso Dio; e Dio raccoglieva in sé questo segreto. Il segreto della vita era in principio presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di questo misterioso vissuto di Dio, e senza questo vivace desiderio di Dio niente è stato fatto di tutto ciò che esiste. Nel logos era la vita, e la vita era la luce degli uomini. Ora, tutta questa segreta «logica» di Dio è diventata una persona concreta (carne) nell'umanità storica di Gesù, il quale è venuto in mezzo a noi, a vivere la nostra stessa vita, perché noi imparassimo a vivere e a morire come lui. È così vicino alla nostra esperienza: quante volte nella vita sperimento giornate di banalità, in cui non capisco più il senso di quello che faccio. Neppure la fede sembra essere un aiuto. Non capisco più il perché della mia vita e della vita del mondo. Le relazioni mi sembrano superficiali, i rapporti con le persone non danno più gusto. Mi chiedo che senso ha tutto questo? Da dove vengo? Perché c'è la vita? A quale logica si ispira? Quale logos la alimenta? Questa pagina del Vangelo di Giovanni è l'inizio di una risposta: ti richiama che la ragione ultima della nostra esistenza è in Dio. La tua esistenza così com'è – e tutta la situazione umana – ha un perché e lo ha in Dio. Lo ha nella dipendenza da lui. Se sto ricercando uno scopo di vita, lo trovo dipendendo totalmente da Dio. Presso Dio c'è il senso della mia vita qui e adesso, non solo il suo senso complessivo. Tutto il mondo (vv. 9.10) ha questo significato. Nessuna situazione umana è priva di senso. Sapremo riconoscere Gesù, mentre ci svela il segreto della vita?

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c. La luce Questa vita si è comunicata all'uomo come una luce, perché il segreto della vita è luce degli uomini. Gli uomini che accolgono la vita che viene da Dio e ne fanno esperienza ne rimangono illuminati. In particolare ci viene detto che in lui (Verbo/Logos) «era la vita e la vita era la luce degli uomini» (v. 4). La simbologia della luce aiuta a cogliere il senso che Giovanni attribuisce al termine rivelazione. Infatti il simbolo della luce, indica qualcosa che proviene da un Altro: la luce è qualcosa che si riceve; è qualcosa che ci raggiunge dal di fuori di noi: ci illumina. Non siamo stati noi a conquistare Dio, ma è lui che si è rivelato a noi nel suo Figlio, logos fatto carne. Da soli non avremmo mai conosciuto il segreto della vita. Senza questa rivelazione il senso ultimo e autentico della vita riamarrebbe per l'uomo velato, nascosto, inaccessible per sempre. Ci sarebbero solo le tenebre. È tuttavia possibile che le tenebre che ancora ci sono nel mondo non accolgano la luce. Questa vita che è luce per gli uomini suscita in noi tre atteggiamenti spirituali: lo stupore per la rivelazione, la chiarezza del discernimento, la riconoscenza per l'universalità della grazia. Innanzitutto, la rivelazione che illumina la nostra vita ci lascia pieni di stupore nel riconoscere la grandezza di Dio nei nostri confronti. È grande l'opera del Signore, e la nostra vita si esprime in accoglienza di un dono e di un destino che neppure osavamo pensare. Non siamo il frutto del caso, non siamo il prodotto di una necessità biologica o culturale; siamo stati pensati da Dio, voluti da lui perché partecipassimo alla pienezza della sua vita. La creatura riconosce il Creatore. Si esprime in adorazione. L'atteggiamento credente si esprime nella forma dell'accoglienza della rivelazione. Molti non accolgono, ma coloro che accolgono questa luce diventano figli di Dio (v. 18). Questa luce viene rivelata nell'oggi, come allora, ancora attraverso dei testimoni: la Chiesa, il Vangelo, la Parola, che è lampada ai miei passi e luce sulla mia strada. Questa pagina del Vangelo mi interroga circa la mia capacità di adorazione: so riconoscere con stupore questa straordinaria iniziativa di Dio nei miei confronti? Mi rendo conto che nella mia

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vita non c'è nulla senza spiegazione ultima? Vivo l'atteggiamento della creatura di fronte al suo Signore? Sono capace di autentica adorazione in spirito e verità? In secondo luogo, la vita si presenta come una luce che fa chiarezza, opera il giudizio, stabilisce il criterio del discernimento. Mi aiuta a riconoscere il bene e il male, mi sostiene nelle scelte, mi indica la via da seguire. Questa luce mi obbliga a costruire una coscienza, a valutare la storia, a cogliere le differenze. Mi sollecita ad una responsabilità. La cultura greca nell'incontro con il cristianesimo è affascinata dal tema della luce: pensiamo alla chiarezza luminosissima delle coste mediterranee. Dove non c'è luce non ci sono differenze, non ci sono singolarità, non ci sono sfumature, tutto è indistinto, non ci sono qualità della vita, solo monotonia, banalità, confusione, noia. Dove c'è luce invece si coglie la distanza tra un soggetto e un altro, c'è possibilità di reale relazione: le differnze si colgono, si incontrano, non si confondono, si riconoscono, si distinguono, possono scegliersi, possono amarsi. Il segreto della vita che viene da Dio stabilisce la singolarità della persona, rivela la vocazione di ciascuno, spinge verso il discernimento e la libertà. Il Signore mi libererà dalle mie confusioni. Questa pagina mi conduce a considerare il capitolo delle mie confusioni, le fatiche del mio discernimento, il paziente lavoro per costruirmi una coscienza cristiana, le sincerità necessarie per fare chiarezza sulla mia vita. Mi provoca una matura esperienza di intelligenza e di coraggio. Infine, la luce vera che viene nel mondo illumina ogni uomo (Gv 1, 9); è un dono dato a tutti, è una grazia universale. Se l'uomo non si chiude e non si oppone, la rivelazione, lo svelamento del segreto della vita è per tutti. Nessuno può dire che la sua vita è al di fuori del progetto di Dio. Questo dono universale, questa grazia su grazia, è data per mezzo di Gesù Cristo (c Gv 1, 17). In quanto la grazia sollecita la libertà, questa luce è un costante invito alla partecipazione alla vita di Dio, conosce la pazienza della conversione e della carità. d. L'umanità di Gesù: la carne

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Il segreto della vita che ci viene rivelato non è qualcosa di astratto ma è visibile nella carne, cioè nella persona storica di Gesù di Nazaret. Chi guarda Gesù impara a vivere. «Guarderanno a colui che hanno trafitto». Il Vangelo presenta un modello concreto di vita, introduce a seguire un maestro. Il volto di Gesù è il luogo concreto in cui Dio si rivela. La sua presenza è storica, non si estranea dalle vicende degli uomini, al contrario vi partecipa; Gesù è con noi nei linguaggi della nostra cultura, ci accompagna in questa difficile e straordinaria avventura. È proprio nella storia degli uomini e nella mia singolare vicenda che Gesù viene a parlare. La rivelazione della vita avviene nella persona di Gesù Cristo: vivrò nella misura in cui sarò cristiano. La sua umanità (la sua “carne”: Gv 1, 14a) è il luogo in cui risplende la gloria di Dio (Gv 1, 14b) ed è il punto di riferimento per modellare la mia umanità: i miei sentimenti saranno quelli di Cristo Gesù; il mio modo di fare, di agire, di soffrire, di perdonare sarà simile a quello di Gesù. Tutto in lui annuncia la vita che egli possiede in se stesso (Gv 1, 4) e che è venuto a donare (Gv 1, 12-13). Descrivere la vita, definirne i tratti e le qualità è possibile solo guardando lui, ascoltando lui. In questo senso, l'intero Vangelo di Giovanni svelerà la vita dell'uomo, perché descriverà l'essere e l'agire di Gesù Cristo, il Dio-Uomo. In particolare l'affermazione che il Verbo si fece carne, significa che si fece uomo debole e fragile, in comunione con la nostra condizione umana. Questa pagina di Vangelo mi invita a dedicare più tempo e più energie per contemplare l'umanità di Gesù: Dio da ricco che era, si è fatto povero per me, per essermi vicino, per sottrarmi alla mia solitudine, per accompagnarmi nelle mie difficoltà, per essere una presenza reale nella mia vita. L'onnipotenza di Dio in Gesù, non ha i tratti della violenza; la sua gloria è irradiata da un luogo di apparente totale fallimento, la croce. Questo mi insegna che il segreto della vita passa attraverso il dono di sé, fino ai segni più grandi di dedizione, pazienza e amore, irriversibili e totali. La mia vita di oggi è piena di futuro se si fa piccola.

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4. Per la preghiera (Contemplatio) La vita. Signore, vengo davanti a te: la tua Parola mi ha ridato la vita. Vorrei rendermene conto in questo momento. La tua Parola, come all'inizio della creazione, mi sostiene, mi conforta, mi perdona. La tua Parola mi fa vivere. Ti ringrazio per il dono della vita; povera cosa sono i miei giorni, fragili e provvisori i miei successi, incerte le mie speranze. Concedimi di accoglierti e di diventare tuo figlio, fedele al Battesimo, e con qualche coraggio per rispondere alla mia personale vocazione. Chiamato a guardare in alto, spesso non sono capace di sollevare lo sguardo: so che mi accompagnerai ancora. Il volto di Gesù dice la fedeltà definitiva della tua presenza nella vita degli uomini. Il significato (logos). Signore Gesù, a volte non mi rendo conto se le mie giornate hanno una loro pienezza, oppure se vivo alla giornata. Ho fiducia che ci sia un motivo per cui vivere, lo ricerco con passione, tento di essergli fedele con vivacità, oppure mi lascio condurre dal fare quello che voglio, indiscriminatamente? Mi chiedo, Signore, stasera, qual è il significato della mia vita. Il mio presente, il mio futuro, il mio bisogno di affetto, le possibilità di dono che ho... chi me le spiegherà? Tutto è stato fatto per mezzo tuo: anch'io sono nei tuoi pensieri, nei tuoi progetti. So che non mi dimenticherai. Voglio crederlo. Comprendo a poco a poco che se desidero la pienezza della vita, se voglio un'esperienza che mi dia gusto e fatica, se voglio verità e ragione, devo risalire all'origine, là fin dal principio, presso di te. La luce. Signore, fammi comprendere quali sono le situazioni e le persone che fino ad oggi hanno illuminato la mia esistenza. Chi ha illuminato i miei giorni: persone vicine, momenti di preghiera, qualche pagine della Scrittura, qualche amicizia, qualche soffrire. Gesù, tu mi assicuri che malgrado le oscurità della situazione presente, malgrado le tragedie umane che mi circondano, malgrado le lentezze della testimonianza cristiana e le situazioni quasi assurde, esiste un Vangelo: la buona

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notizia sulla vita rimane. Rendimi un uomo buono, una donna semplice, che sappia stupirsi del tuo amore per me. Domani pace nei momenti più oscuri, nei rapporti più difficili, nelle attese più pesanti. Dona chiarezza alla mia mente e al mio cuore; capacità di lettura della realtà, criteri cristiani di discernimento; liberami da ogni impaccio e da ogni confusione; purifica la mia fede, rendi casto il mio corpo; lasciami sempre nella luce. Signore, fa' che sia un uomo e una donna capace di riconoscenza, con il cuore grande, con la mente aperta; presenza di grazia anche per i miei fratelli, segno di consolazione, motivo di gioia. La tua luce rischiari il mio cammino. L'umanità di Gesù (carne). Signore, tu mi sei venuto vicino. Conosci la mia fragilità, le mie fatiche, non mi hai lasciato da solo, ti sei fatto carne, ha posto la tua tenda in mezzo a noi. Aiutami a riconoscerti in ogni autentica esperienza umana. Ti so compagno delle mie incertezze, misericordia per i miei peccati; ti riconosco nelle sofferenze dei miei fratelli; so che cammini in mezzo alle contraddizioni e alle fatiche della nostra cultura e delle nostre anime. Perdonami quando non ti vedo, quando non ti faccio posto, quando non ti ascolto nella preghiera, quando non ti seguo nei gesti quotidiani della carità. Aiutami a capire cosa significa adesso per me farti un posto nella vita: nella mia carne, nei miei giorni, nella mia fragilità. Devo forse recuperare il senso della tua grazia, perché mi scopro superficiale. Oppure, devo lasciare qualcosa a cui sono troppo attaccato. Oppure devo trovare un po' più di tempo per la preghiera. Cosa devo fare per farti spazio, perché tu, il Verbo di Dio, luce per me, sia il Signore dei miei giorni? Aiutami, o Signore, a contemplare la tua umanità, la mitezza del tuo cuore, la larghezza del tuo perdono, la profondità del tuo sguardo, la fiducia del tuo abbandono. 5. Per non dimenticare (Actio) Maestro buono, cosa devo fare, per avere la vita? Apprezzerò i momenti più usuali e quotidiani della mia giornat; soprattutto

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quelli che mi aprono alla fiducia nella vita. Curerò l'inizio di ogni azione, con una preghiera o un pensiero al Signore. Riscoprirò la preghiera davanti al Crocifisso, luogo estremo della fragilità di Dio, segno del suo amore, che richiama al dono totale dell'esistenza nella carne. Il crocifisso della mia camera, o della mia scuola; il crocifisso della mia chiesa mi ricorderà di mantenermi fedele alla Parola, la quale conduce ad offrire la propria vita come ha fatto Gesù. Davanti al Crocifisso potrei individuare un gesto, un'actio, che mi purifichi da qualche inclinazione cattiva della mia vita, voluta o accettata; potrei adoperarmi per individuare e togliere dalla mia quotidiana esistenza qualche azione inutile, senza senso, perché lontana dalla logica del Verbo, perché costruita su abitudini non cristiane, perché legata ai veleni dell'orgoglio o alla sordità della pigrizia.

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di Paolo VI

La Preghiera

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O Cristo, nostro unico Mediatore, Tu ci sei necessario per venire in comunione con Dio Padre, per diventare con te, che sei suo Figlio unico e Signore nostro, suoi figli adottivi, per essere rigenerati nello Spirito Santo. Tu ci sei necessario, o solo vero Maestro delle verità recondite e indispensabili della vita, per conoscere il nostro essere e il nostro destino, la via per conseguirlo. Tu ci sei necessario, o Redentore nostro, per scoprire la nostra miseria morale e per guarirla; per avere il concetto del bene e del male e la speranza della santità; per deplorare i nostri peccati e per averne il perdono. Tu ci sei necessario, o Fratello primogenito del genere umano, per ritrovare le ragioni vere della fraternità fra gli uomini,

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i fondamenti della giustizia, i tesori della carità, il bene sommo della pace. Tu ci sei necessario, o grande Paziente dei nostri dolori, per conoscere il senso della sofferenza e per dare ad essa un valore d'espiazione e di redenzione. Tu ci sei necessario, o Vincitore della morte, per liberarci dalla disperazione e dalla negazione e per avere certezza che non tradisce in eterno. Tu ci sei necessario, o Cristo, o Signore, o Dio con noi, per imparare l'amore vero e per camminare nella gioia e nella forza della tua carità la nostra vita faticosa, fino all'incontro finale con te amato, con te atteso, con te benedetto nei secoli.

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Povero

con Gesù

di Michel Lafon

Letture Spirituali

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«Mio Signore Gesù, come sarà presto povero colui che, amandoti con tutto il cuore, non potrà sopportare di essere più ricco del suo Amato!... Mio Signore Gesù, come sarà povero in fretta colui che, sapendo che tutto ciò che facciamo a uno di questi piccoli lo faccia- mo a te e che tutto ciò che evitiamo di fare a loro non lo facciamo a te, darà sollievo a tutte le miserie che vede accanto a sé!... Come sarà presto povero chi ac- coglierà con fede le tue parole: "Se volete essere per- fetti, vendete quello che avete e datelo ai poveri... "Beati i poveri". 6..) «Mio Dio, non so se possono esistere anime che pur vedendoti povero restino ricche con leggerezza, anime che possano vedersi così superiori al proprio maestro, al proprio Amato da non voler assomigliare a te in tutto ciò che dipende da loro e soprattutto nelle tue umilia- zioni; io voglio sì che queste anime ti amino, mio Dio, tuttavia credo che al loro amore manchi qualche cosa; in ogni caso, io non riesco a concepire l'amore senza un bisogno, un bisogno irresistibile di conformarsi a te,

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di assomigliarti. 6..) Essere ricco, starmene a mio agio, vivere beatamente dei miei beni, mentre tu eri povero, in difficoltà e ti mantenevi lavorando duramente! Io al- meno non ci riesco, mio Dio...: non posso amarti co- sì... » (DP, 174-175). «I Frate//i e le Sorelle del Sacro Cuore si ricorde- ranno che, per essere uniti al Sacro Cuore di Gesti, bi- sogna avere i suoi stessi gusti. Gesù non ha maledetto i ricchi, ed ha avuto amici ricchi, ma egli non ha lodato la ricchezza; ha lodato la povertà... Per se stesso che co- sa ha scelto? Quali sono stati i gusti del suo Cuore?... I Fratelli e le Sorelle valuteranno quanto vale il consi- glio di Dio; comprenderanno quanto vale il suo esem- pio; pregheranno e rifletteranno per conoscere la volon- tà speciale di Dio a loro riguardo, per quel che riguarda la povertà... Avranno sempre davanti agli occhi il Mo- dello unico. il "carpentiere figlin di Maria"... » (RD, 62 1,622).

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Il giovane ricco che si è presentato a te, Signore, ti è piaciuto subito per la rettitudine del suo com- portamento e la sincerità della sua ricerca. Ed è con bontà che tu gli consigli: «Una cosa ancora ti man- ca: vendi tutto quello che hai, distribuiscilo ai pove- ri e avrai un tesoro nei cieli; poi vieni e seguimi ». Vedendolo allontanarsi tutto triste, tu dirai agli apo- stoli: «Quant'è difficile, per coloro che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!» (Lc 18,22-24). Per Fratel Carlo, Gesù è talmente vivo nella sua vita, che egli riesce a calarsi completamente nel suo tempo: si comporta, nella sua preghiera, come se fosse contemporaneo della vita terrena di Gesù. Lo con- templa lattante nella mangiatoia di Betlemme e lo ac- compagna nella sua fuga in Egitto (« allora invecchie- remo di trent'anni ed andremo nel deserto della qua- rantena », LFT, 171), così come lo ha osservato men- tre si chinava sul banco da lavoro di Nazareth e si guadagnava il pane con il sudore della fronte. Poi, in seguito, mentre vive di elemosine. Lo vede, ora spogliato di tutto sulla croce... E si sente spinto, nel- lo slancio di tutto il suo amore, a condividere con lui, nella sua povertà, «tutte le sofferenze, le difficoltà,

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le durezze della vita..., tutte le croci ». Il prodigioso esempio di umiltà di colui che «è venuto a vivere fra gli uomini come uno di loro..., come un uomo disprezzato, rifiutato », non ci inse- gna forse a minimizzare lo sfavillio delle grandezze umane e le illusioni della fortuna? «Dalla sua nasci- ta, continua a istruirci con il suo esempio e a predi- care la povertà, l'abiezione, la sofferenza... ». Più avanti, «poiché lui si è rivelato come l'ultimo ope- raio... (io devo) essere piccolo quanto il mio maestro, per stare con lui, per camminare sulle sue orme, co- me fedele domestico, fedele discepolo..., fedele fra- tello» (DP, 52,53). Tutto sommato, si può descrive- re tutta la vita di Gesù come una discesa: «Non fa altro che scendere: scende quando si incarna, scende quando si fa bambino, scende quando obbedisce, quando si fa... povero, trascurato, esiliato, persegui- tato, torturato, e occupa sempre l'ultimo posto» (VN, 208). Eccomi, Signore Gesù, mentre vivo in questo se colo XX e al tempo stesso ti seguo passo dopo passo imitandoti nella tua povertà. Confesso che, se mi tro- vassi fra gli ascoltatori sulle rive del lago e sulla cima della montagna e sentissi le tue esortazioni a vivere

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povero, a scegliere tra Dio e il denaro, a vendere i miei beni e a darli in elemosina, esse mi turberebbe- ro. Non dobbiamo diventare tutti monaci o mona- che di clausura! Qual è la volontà di Dio per noi, per me, per quanto riguarda la povertà? Signore Gesù, tu che hai conosciuto la vita di famiglia, che hai vis- suto «in mezzo al mondo », illuminami, fa' che ab- bia l'audacia generosa, se questo ti sembra necessa- rio, di rimettere in discussione il mio modo di vive- re! Se devo dare prova di previdenza, proteggermi con molteplici assicurazioni e se devo anche rispar- miare, fa' che non mi dimentichi di abbandonarmi alla divina Provvidenza e che questa fiducia, che mi sembra un po' folle, non si riduca a essere al fondo della lista dei miei calcoli! Qualunque sia la forma di povertà concreta alla quale sono chiamato, una cosa è sicura: se amo i miei fratelli, non potrò essere molto ricco. Se penso che ogni sfortunato che bussa alla mia porta è il Signore stesso a LOI devo aprire. Ed anche se non mi è vici- no, se si trova all'altro capo del mondo, se muore di fame o è malato di lebbra, è ugualmente mio fratel- lo. «Quando si ama il prossimo, il primo frutto di quest'amore è farsi povero per soccorrerlo... Si com-

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prende quindi come queste due virtù siano unite in- sieme» (PFJ, 88). «Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente da- te» (Mt 10,8), «mettendo a disposizione del prossi- mo tutti i beni della nostra anima e del nostro corpo, tutto quello che abbiamo e tutto quello che siamo » (PFJ, 34). Siamo soltanto i gestori dei nostri beni ma- teriali: «Noi ci consideriamo come servitori, incari- cati di conservare per il loro padrone un deposito che egli ha affidato loro » (RD, 623). Signore Gesù, non posso sfuggire a quello che tu esigi. Anche se distolgo il mio sguardo da te, anche se chiudo il vangelo, ecco che ti riconosco in uno dei fratelli. Ti incontro sempre sul mio cammino. Voglio essere generoso, ma quello che tu mi chiedi, devo con- fessarlo, è duro! Forse, se ti amassi di più, mi sem- brerebbe più facile! Quando il Padre Generale lo autorizza a lasciare la trappa, Fratei Carlo pronuncia voti privati, in par ticolare quello di « povertà perpetua» con cui si im- pegna a « non possedcre mai, né di suo né per suo

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uso, più di quello che potrebbe avere un povero ope- raio» (VN, 28). Abbiamo qui, appena abbozzata, una novità che sconvolgerà la vita religiosa: il passaggio da una povertà giuridica a una povertà sociale. Si con- tinua a rinunciare a ogni diritto personale di proprietà, ma in più ci si impegna a «vivere la vita dei poveri» (MSE, 199 meditazione), come si prefigge Fratei Carlo, qualche mese dopo, nelle sue meditazioni: «Siamo poveri, come Gesù, e ciò consiste nel vivere come i poveri, possedendo snio il necessario in fatto di alloggio, nutrimento, vestiti, beni materiali di ogni tipo: come i poveri. Cerchiamo non una povertà di convenzione, ma la povertà dei poveri» (MSE, 285 a meditazione). I religiosi e le religiose che considerano Fratei Car- lo come loro padre, e tutta la sua numerosa discen- denza spirituale, si sforzano, secondo le situazioni, di rendere concreta questa ispirazione profetica. Ricordare i poveri del nostro tempo non mi al-lontana dalla preghiera, e certamente ancor meno da te, Signore Gesù, che hai vissuto in compagnia dei poveri. I piccoli, i malati, i bambini, tutti coloro cui troppo spesso non si dà abbastanza importanza, era- no i tuoi preferiti. La forma di povertà richiesta da

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Fratei Carlo dai suoi fratelli e dalle sue sorelle - che egli aspettò fino alla sua morte - permette ai poveri di trovarsi a proprio agio nelle loro fraternità. Le nostre vocazioni sono diverse - e non dob- biamo giudicare nessuno - ma siamo tutti chiamati alla beatitudine di «coloro che hanno un'anima da povero» e alla libertà di chi ha rinunciato a tutti i propri averi (Lc 14,33). «È assolutamente indispen- sabile, per essere discepoli di Gesù, rinunciare a tut- to mentalmente, avere il cuore distaccato da tutto, essere poveri in spirito, svuotati da ogni attaccamento; ciò è assolutamente indispensabile per essere disce- poli di Gesù» (PFJ, 92). Non mi creo illusioni sull'autenticità del mio cuore di povero? Ottengo la conferma di ciò se i bisognosi, gli infelici, i sofferenti, i muti, gli esclusi, si sentono a proprio agio con me, come si sentivano a proprio agio con Gesù. «Non smettiamo mai di essere in ogni cosa po- veri, fratelli dei poveri, compagni dei poveri» (MSE, 263a meditazione), per poter essere «dalla tua par- te », Signore Gesù. Aiutami a fare miei i sentimenti di Fratel Carlo quando, nella sua capanna di Naza- reth, metteva tutto il cuore in questa preghiera della

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poverta, che inizia parlando d'amore: «Mio Signore Gesù, come sarà presto povero colui che, amandoti con tutto il cuore, non potrà sopportare di essere più ricco del suo Amato!...» [M. LAFON, “Una voce dal deserto”, Ed. Paoline, Torino 1998, pp. 37-42]