21 DICEMBRE 2014 Se ben vissuti, valgono proprio la pena

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12 scuolaatuttocampo LA DIFESA DEL POPOLO 21 DICEMBRE 2014 Il viaggio è metafora del desiderio di cono- scenza e della ricerca della verità. L’uomo, pro- prio perché vive, compie un viaggio. Lo fa, anche se resta fermo e non abbandona mai la propria ca- sa. Certo, esistono esperienze diverse e contra- stanti nel modo di affrontare e immaginare viaggi: si pensi a Ulisse, Marco Polo, Dante, Goethe. Nel viaggio lavorano due forze: la proiezione verso l’ignoto che sta lontano da noi e la discesa nei mi- steri che abitano le profondità dell’io. Entrambe esprimono l’incognita di un esito imprevedibile e che arriva a sorprendere, fino a spaventare, quan- do allo specchio appare il nostro vero volto. Due lu- stri fa lessi un bell’articolo dello scrittore e sociolo- go Ulderico Bernardi dedicato al viaggio (parte di queste righe le devo proprio a lui). Sono moltissimi i giovani che amano spendere parte della loro vita on the road, per le strade dei continenti. Il viaggio spalanca il mondo. Ed è, come filosofia dell’andare, un esito della modernità. Infat- ti non è stato sempre così. Per le creature mortali, cantava Omero, nulla è più duro del vagabondare. Raccoglieva un sentire profondo, trasmesso poi nel sofferto viaggio di Ulisse. Uno stato d’animo uni- versale, di quei tempi, se è vero che in qualche lin- gua, come l’inglese, travel, viaggio, e travail, trava- glio, hanno la stessa radice. Un grande pensatore come Pascal, individuava addirittura la causa del- l’infelicità umana nell’incapacità di restarsene tran- quillamente seduti nella propria stanza. Per i moderni il viaggio è libertà. La sofferenza del lasciare, sia pure temporaneamente, la propria casa si è volta in stimolo al cambiamento, in solle- citazione dell’intelligenza e opportunità di relazioni con persone e ambienti fuori dell’ordinario. Si è definito il turista contemporaneo un pellegrino della modernità. I maestri del pensiero di tutti i tempi hanno descritto l’uomo come un viaggiatore. Così, infatti, si è popolata la terra. In un incessante mi- grare. Le tante forme del viaggio hanno un solo cuore che le muove: una tensione inesausta, a cer- care il senso della propria appartenenza, tra desi- derio di stabilità – dove si nasce, dove si parte, do- ve si torna – e sollecitazione al confronto: la curio- sità di vedere, di imparare, di scambiare. Dicono gli studiosi, che nella lingua dei tibetani, popolo reli- gioso, la parola uomo si associa nel significato a colui che migra. Chi si muove compie una scelta di valore. Segue una fede, cerca un ideale, insegue una speranza. Scambia e cambia. L’importante è avere una meta e uno scopo. La salute, il contatto con la natura, il piacere dell’esserci, la visione delle meraviglie del creato. Contemplando un cielo stel- lato, sgombro dalle luci metropolitane. Godendo si- lenzi inconsueti. Imparando «ad ascoltare le nuvole e vedere scorrere il vento», come dicono gli zingari. C’è sempre un mondo da scoprire, quando tut- ti i sensi e lo spirito insieme, si dispongono all’at- tenzione. Si tratti dell’universo degli umani o di quello delle cose. “Vai con Dio” (addio), non è solo un saluto. Invita a un andare pieno di senso. Ovun- que si dirigano i passi, e qualunque sia lo scopo che li muove. La condizione dell’uomo libero si manifesta nel viaggio, non nella misura dei chilo- metri percorsi o dei giorni impiegati. Purché sia va- canza e non vacuità. Pienezza del senso, e non il vuoto dell’insensatezza. Patrizio Zanella VIAGGI DI ISTRUZIONE Fortemente voluti dagli studenti, sono esperienze indimenticabili che possono lasciare il segno Se ben vissuti, valgono proprio la pena Settembre. L’interrogativo compa- re nell’ordine del giorno dell’as- semblea di classe, subito dopo l’inizio della scuola: viaggio di istruzio- ne - meta, periodo, previsione quota. I più attivi sono gli studenti dell’ultimo anno, perché il regolamento prevede per loro 4 notti e gli esami di maturità met- tono loro una certa tensione organizzati- va. La gita scolastica annuale ha un suo significato nel percorso quinquennale di un gruppo-classe che desidera costruire una propria storia, una bella memoria degli anni del liceo. Questi anni sono unici e indimenticabili nel vissuto dei ra- gazzi e la gita può rappresentare una pa- gina simpatica del loro diario collettivo. Quando la proposta-gita arriva sul tavolo dell’ufficio di presidenza, la clas- se ha già consumato una buona parte di energie nello scontro reciproco tra desi- deri opposti. C’è sempre uno schiera- mento di studenti che insiste di più sul- l’aspetto culturale e sui viaggi all’estero; un altro, invece, sull’aspetto più ludico, festaiolo e perciò punta su mete capaci di soddisfare la voglia di evasione. Il di- battito andrebbe avanti per molto tempo se una scadenza, data dall’alto, non po- nesse fine alle discussioni, obbligando la classe a fissare la meta in modo irrevo- cabile. Il gruppo sa che nel pacchetto-gita entreranno, senza ombra di dubbio, ope- re d’arte, piazze, chiese di valore storico e artistico, spesso viste nei testi durante le ore di storia dell’arte o in altri contesti didattici, tuttavia il pensiero degli stu- denti è proteso verso l’esperienza di una prossimità diversa e più intensa con i compagni, senza la limitazione dei ban- chi e della campanella. Sono in fondo le relazioni, lo stare insieme, oltre alla curiosità e alla novità di un luogo sconosciuto, che spingono i ragazzi a investire energie affettive ed emotive sulla gita perché, di per sé, essi sono abituati a viaggiare molto con la propria famiglia; ma viaggiare in comiti- va è tutt’altra cosa. La fase organizzativa della gita che consente loro di discutere, scegliere la meta, cercare le offerte più economiche, dà senz’altro il gusto di esercitarsi nel dibattito, assumere decisioni e responsa- bilità. Gli studenti sanno che entra nelle regole del gioco accettare i docenti ac- compagnatori, nominati dal responsabile della scuola a sostegno del coordinatore di classe, tuttavia non mancano i tentati- vi di “corteggiamento” nei confronti dei docenti ritenuti da loro più disponibili a sopportare la fatica e il clima di allegria di quei giorni. È anche questo un punto di osservazione interessante per capire dinamiche di classe, empatie o difficoltà di relazione, in altre parole l’universo classe come fosse ripreso da un drone. La scuola che accoglie e incentiva la gita scolastica si pone finalità di natura esclusivamente educativa e culturale. La normativa vigente in materia detta obiet- tivi e condizioni chiari che rispondono a una logica formativa. Gli studenti sanno che la scuola non è obbligata a promuo- vere le gite. Se le promuove è perché crede che abbiano un valore formativo, che possano diventare occasione di cre- scita e di apertura per la classe. Questo punto va ribadito con chiarezza e deter- minazione fin dall’inizio e richiamato ogni volta si presenti la necessità. Ma va anche aggiunto che la gita scolastica, per sua natura, si colloca su un piano diverso rispetto all’attività di- dattica giornaliera: si tratta di una espe- rienza globale della durata di alcuni giorni, in cui le modalità dello stare in- sieme sono diverse da quelle seguite du- rante le lezioni; vi sono i momenti co- muni dei pasti, le lunghe ore di viaggio, l’intimità che si crea alla sera o quando si cammina in gruppo. La condivisione richiesta agli stu- denti sottintende che essi abbiano un comportamento rispettoso dei ruoli e delle regole, senso di corresponsabilità, disponibilità a condividere, buon umore ed equilibrio. In questo senso la gita rap- presenta una sfida alla capacità di essere per gli altri. È bene che gli studenti sappiano che al centro dell’esperienza gita non c’è l’io, ma il noi, includendo nel noi i do- centi accompagnatori, le persone che in- contreranno, l’ambiente che li ospiterà. Non a caso nel saluto che diamo agli studenti prima di partire c’è l’invito ad assumere personalmente la gita come fosse un’impresa personale da portare a buon fine. Se non ci fosse la fiducia che gli stu- denti sapranno rispondere a questo invi- to, la scuola non potrebbe promuovere la gita scolastica. Ed è capitato, sia pur in pochi casi, di doverla cancellare o li- mitare quando la classe non dava garan- zie di fedeltà agli accordi presi. Il nostro liceo possiede su queste at- tività educative una tradizione pedagogi- ca che scaturisce direttamente da don Bosco. Egli ripeteva spesso: «Amate le cose che piacciono ai giovani» (la gita rientra senz’altro tra queste). E all’impe- rativo seguiva la motivazione: «Affin- ché i giovani, imparino ad amare quelle che spontaneamente non amerebbero». Nel caso della gita, chi accompagna i giovani sa che per loro non sono sempre facili lo spirito di adattamento, il rispetto delle regole e dei tempi, la premura ver- so gli altri, l’accettazione di punti di vi- sta diversi. Queste attenzioni educative nella lo- ro genuinità e semplicità appaiono anco- ra oggi fondamentali. A volte si leggono nelle pagine di cronaca episodi di vero sabotaggio della gita scolastica compiu- to dagli stessi studenti. È un rischio pos- sibile, perché il comportamento dei ra- gazzi è imprevedibile. La scuola si cau- tela facendo firmare la lettera di presa visione delle responsabilità come preve- de il regolamento, anche se il presuppo- sto fondamentale rimane la fiducia reci- proca: gli accompagnatori devono senti- re che possono fidarsi degli studenti, e loro non devono tradire tale fiducia. È questo il guadagno più bello e significa- tivo di una gita scolastica: una crescita di responsabilità, un’intesa più profonda, un senso della compagnia più maturo. Bruna Calgaro dirigente del liceo Don Bosco di Padova IL VIAGGIO Vacanza e non vacuità, pienezza di senso e non vuoto dell’insensatezza Metafora del desiderio di conoscenza e di ricerca della verità Scuola a tutto campo è realizzato da Lorenzo Celi, Franco Costa, Gian- domenico Bellomo, Emanuele Fontana, Francesco Ghedini, Massimo Mogno, Francesco Monte- maggiore, Giuseppe Pinton, Patrizio Zanella. Periodicamente, i professori danno i numeri. Nel senso che ri- feriscono i voti dei propri studenti ai genitori. Di solito non ai propri, data l’età media del corpo do- cente... Tant’è. Del resto ormai c’è il registro on li- ne, dove i voti ci sono tutti, color rosso le insuf- ficienze, color verde le sufficienze. Qualche ge- nitore sbianca in volto. In ogni caso i colloqui si fanno ancora. TWEET AGAIN di Giacomo Bevilacqua Dialogo tra una professoressa e un genitore “Di tutto di più” Genitore: «Come va mio figlio?» La prof. risponde seguendo una mappa concettuale... modulo 2 4 1 2 variabili alla prima: potrebbe o dovrebbe 4 variabili alla seconda: applicarsi impegnarsi lavorare studiare 1 alla terza potrebbe impegnarsi applicarsi dovrebbe studiare lavorare DI PIÚ Nella foto grande, suor Bruna Calgaro con due alunne del Don Bosco. Il genitore abbozza.

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12 � scuolaatuttocampo LA DIFESA DEL POPOLO21 DICEMBRE 2014

� Il viaggio è metafora del desiderio di cono-scenza e della ricerca della verità. L’uomo, pro-

prio perché vive, compie un viaggio. Lo fa, anchese resta fermo e non abbandona mai la propria ca-sa. Certo, esistono esperienze diverse e contra-stanti nel modo di affrontare e immaginare viaggi:si pensi a Ulisse, Marco Polo, Dante, Goethe. Nelviaggio lavorano due forze: la proiezione verso

l’ignoto che sta lontano da noi e la discesa nei mi-steri che abitano le profondità dell’io. Entrambeesprimono l’incognita di un esito imprevedibile eche arriva a sorprendere, fino a spaventare, quan-do allo specchio appare il nostro vero volto. Due lu-stri fa lessi un bell’articolo dello scrittore e sociolo-go Ulderico Bernardi dedicato al viaggio (parte diqueste righe le devo proprio a lui).

Sono moltissimi i giovani che amano spendereparte della loro vita on the road, per le strade deicontinenti. Il viaggio spalanca il mondo. Ed è, comefilosofia dell’andare, un esito della modernità. Infat-ti non è stato sempre così. Per le creature mortali,cantava Omero, nulla è più duro del vagabondare.Raccoglieva un sentire profondo, trasmesso poi nelsofferto viaggio di Ulisse. Uno stato d’animo uni-versale, di quei tempi, se è vero che in qualche lin-gua, come l’inglese, travel, viaggio, e travail, trava-glio, hanno la stessa radice. Un grande pensatorecome Pascal, individuava addirittura la causa del-

l’infelicità umana nell’incapacità di restarsene tran-quillamente seduti nella propria stanza.

Per i moderni il viaggio è libertà. La sofferenzadel lasciare, sia pure temporaneamente, la propriacasa si è volta in stimolo al cambiamento, in solle-citazione dell’intelligenza e opportunità di relazionicon persone e ambienti fuori dell’ordinario. Si èdefinito il turista contemporaneo un pellegrino dellamodernità. I maestri del pensiero di tutti i tempihanno descritto l’uomo come un viaggiatore. Così,infatti, si è popolata la terra. In un incessante mi-grare. Le tante forme del viaggio hanno un solocuore che le muove: una tensione inesausta, a cer-care il senso della propria appartenenza, tra desi-derio di stabilità – dove si nasce, dove si parte, do-ve si torna – e sollecitazione al confronto: la curio-sità di vedere, di imparare, di scambiare. Dicono glistudiosi, che nella lingua dei tibetani, popolo reli-gioso, la parola uomo si associa nel significato acolui che migra. Chi si muove compie una scelta di

valore. Segue una fede, cerca un ideale, insegueuna speranza. Scambia e cambia. L’importante èavere una meta e uno scopo. La salute, il contattocon la natura, il piacere dell’esserci, la visione dellemeraviglie del creato. Contemplando un cielo stel-lato, sgombro dalle luci metropolitane. Godendo si-lenzi inconsueti. Imparando «ad ascoltare le nuvolee vedere scorrere il vento», come dicono gli zingari.

C’è sempre un mondo da scoprire, quando tut-ti i sensi e lo spirito insieme, si dispongono all’at-tenzione. Si tratti dell’universo degli umani o diquello delle cose. “Vai con Dio” (addio), non è soloun saluto. Invita a un andare pieno di senso. Ovun-que si dirigano i passi, e qualunque sia lo scopoche li muove. La condizione dell’uomo libero simanifesta nel viaggio, non nella misura dei chilo-metri percorsi o dei giorni impiegati. Purché sia va-canza e non vacuità. Pienezza del senso, e non ilvuoto dell’insensatezza.

�Patrizio Zanella

VIAGGI DI ISTRUZIONE Fortemente voluti dagli studenti, sono esperienze indimenticabili che possono lasciare il segno

Se ben vissuti, valgono proprio la pena� Settembre. L’interrogativo compa-

re nell’ordine del giorno dell’as-semblea di classe, subito dopo

l’inizio della scuola: viaggio di istruzio-ne - meta, periodo, previsione quota. Ipiù attivi sono gli studenti dell’ultimoanno, perché il regolamento prevede perloro 4 notti e gli esami di maturità met-tono loro una certa tensione organizzati-va. La gita scolastica annuale ha un suosignificato nel percorso quinquennale diun gruppo-classe che desidera costruireuna propria storia, una bella memoriadegli anni del liceo. Questi anni sonounici e indimenticabili nel vissuto dei ra-gazzi e la gita può rappresentare una pa-gina simpatica del loro diario collettivo.

Quando la proposta-gita arriva sultavolo dell’ufficio di presidenza, la clas-se ha già consumato una buona parte dienergie nello scontro reciproco tra desi-deri opposti. C’è sempre uno schiera-mento di studenti che insiste di più sul-l’aspetto culturale e sui viaggi all’estero;un altro, invece, sull’aspetto più ludico,festaiolo e perciò punta su mete capacidi soddisfare la voglia di evasione. Il di-battito andrebbe avanti per molto tempose una scadenza, data dall’alto, non po-nesse fine alle discussioni, obbligando laclasse a fissare la meta in modo irrevo-cabile.

Il gruppo sa che nel pacchetto-gitaentreranno, senza ombra di dubbio, ope-re d’arte, piazze, chiese di valore storicoe artistico, spesso viste nei testi durantele ore di storia dell’arte o in altri contestididattici, tuttavia il pensiero degli stu-denti è proteso verso l’esperienza di unaprossimità diversa e più intensa con icompagni, senza la limitazione dei ban-chi e della campanella.

Sono in fondo le relazioni, lo stareinsieme, oltre alla curiosità e alla novitàdi un luogo sconosciuto, che spingono iragazzi a investire energie affettive edemotive sulla gita perché, di per sé, essisono abituati a viaggiare molto con lapropria famiglia; ma viaggiare in comiti-va è tutt’altra cosa.

La fase organizzativa della gita checonsente loro di discutere, scegliere lameta, cercare le offerte più economiche,dà senz’altro il gusto di esercitarsi neldibattito, assumere decisioni e responsa-bilità. Gli studenti sanno che entra nelleregole del gioco accettare i docenti ac-compagnatori, nominati dal responsabiledella scuola a sostegno del coordinatoredi classe, tuttavia non mancano i tentati-vi di “corteggiamento” nei confronti deidocenti ritenuti da loro più disponibili asopportare la fatica e il clima di allegriadi quei giorni. È anche questo un puntodi osservazione interessante per capiredinamiche di classe, empatie o difficoltàdi relazione, in altre parole l’universoclasse come fosse ripreso da un drone.

La scuola che accoglie e incentiva lagita scolastica si pone finalità di naturaesclusivamente educativa e culturale. Lanormativa vigente in materia detta obiet-tivi e condizioni chiari che rispondono auna logica formativa. Gli studenti sannoche la scuola non è obbligata a promuo-vere le gite. Se le promuove è perchécrede che abbiano un valore formativo,che possano diventare occasione di cre-scita e di apertura per la classe. Questopunto va ribadito con chiarezza e deter-minazione fin dall’inizio e richiamatoogni volta si presenti la necessità.

Ma va anche aggiunto che la gitascolastica, per sua natura, si colloca su

un piano diverso rispetto all’attività di-dattica giornaliera: si tratta di una espe-rienza globale della durata di alcunigiorni, in cui le modalità dello stare in-sieme sono diverse da quelle seguite du-rante le lezioni; vi sono i momenti co-muni dei pasti, le lunghe ore di viaggio,l’intimità che si crea alla sera o quandosi cammina in gruppo.

La condivisione richiesta agli stu-denti sottintende che essi abbiano uncomportamento rispettoso dei ruoli edelle regole, senso di corresponsabilità,disponibilità a condividere, buon umoreed equilibrio. In questo senso la gita rap-presenta una sfida alla capacità di essereper gli altri.

È bene che gli studenti sappiano cheal centro dell’esperienza gita non c’èl’io, ma il noi, includendo nel noi i do-centi accompagnatori, le persone che in-contreranno, l’ambiente che li ospiterà.Non a caso nel saluto che diamo aglistudenti prima di partire c’è l’invito adassumere personalmente la gita comefosse un’impresa personale da portare abuon fine.

Se non ci fosse la fiducia che gli stu-denti sapranno rispondere a questo invi-to, la scuola non potrebbe promuoverela gita scolastica. Ed è capitato, sia purin pochi casi, di doverla cancellare o li-mitare quando la classe non dava garan-zie di fedeltà agli accordi presi.

Il nostro liceo possiede su queste at-

tività educative una tradizione pedagogi-ca che scaturisce direttamente da donBosco. Egli ripeteva spesso: «Amate lecose che piacciono ai giovani» (la gitarientra senz’altro tra queste). E all’impe-rativo seguiva la motivazione: «Affin-ché i giovani, imparino ad amare quelleche spontaneamente non amerebbero».Nel caso della gita, chi accompagna igiovani sa che per loro non sono semprefacili lo spirito di adattamento, il rispettodelle regole e dei tempi, la premura ver-so gli altri, l’accettazione di punti di vi-sta diversi.

Queste attenzioni educative nella lo-ro genuinità e semplicità appaiono anco-ra oggi fondamentali. A volte si leggononelle pagine di cronaca episodi di verosabotaggio della gita scolastica compiu-to dagli stessi studenti. È un rischio pos-sibile, perché il comportamento dei ra-gazzi è imprevedibile. La scuola si cau-tela facendo firmare la lettera di presavisione delle responsabilità come preve-de il regolamento, anche se il presuppo-sto fondamentale rimane la fiducia reci-proca: gli accompagnatori devono senti-re che possono fidarsi degli studenti, eloro non devono tradire tale fiducia. Èquesto il guadagno più bello e significa-tivo di una gita scolastica: una crescita diresponsabilità, un’intesa più profonda,un senso della compagnia più maturo.

�Bruna Calgarodirigente del liceo Don Bosco di Padova

IL VIAGGIO Vacanza e non vacuità, pienezza di senso e non vuoto dell’insensatezza

Metafora del desiderio di conoscenza e di ricerca della verità

Scuolaa tutto campo

è realizzatoda Lorenzo

Celi, Franco Costa,

Gian-domenicoBellomo,

EmanueleFontana,

FrancescoGhedini,

MassimoMogno,

FrancescoMonte-

maggiore, Giuseppe

Pinton,PatrizioZanella.

�Periodicamente, iprofessori danno i

numeri. Nel senso che ri-feriscono i voti dei propristudenti ai genitori. Disolito non ai propri, datal’età media del corpo do-cente... Tant’è. Del restoormai c’è il registro on li-ne, dove i voti ci sonotutti, color rosso le insuf-ficienze, color verde lesufficienze. Qualche ge-nitore sbianca in volto. Inogni caso i colloqui sifanno ancora.

TWEET AGAINdi Giacomo Bevilacqua

Dialogo tra una professoressa e un genitore“Di tutto di più”

Genitore: «Come va mio figlio?»La prof. risponde seguendo una mappa concettuale...modulo 2 4 12 variabili alla prima: potrebbe o dovrebbe4 variabili alla seconda: applicarsi impegnarsi lavorarestudiare1 alla terza

potrebbeimpegnarsi

applicarsi

dovrebbestudiare

lavorareDI PIÚ

Nella fotogrande,

suor BrunaCalgaro con due

alunne delDon Bosco.

Il genitore abbozza.