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Introduzione

Perché nasce questo libro

Cara lettrice, caro lettore, quello che hai tra le mani è un libro speciale.Alcuni mesi fa abbiamo chiesto a tutte le persone che avevano scelto di aderire al

programma di adozione di comunità del Cesvi di aiutarci a realizzare un libro di fiabe, con racconti pieni di speranza e di gioia per i bambini delle nostre Case del Sorriso. L’iniziativa è stata accolta con favore e in molti hanno scelto di partecipare scrivendo fiabe originali o reinterpretando quelle della propria infanzia, felici di poter regalare qualcosa di sé.

Oggi quel sogno è sorprendentemente diventato realtà. Abbiamo raccolto le fiabe più belle in questo libro, che porteremo ai bimbi di tutte le Case del Sorriso del Cesvi. Per ognuno di loro sarà un dono, una sorpresa, sarà il libro che cercheranno ogni sera per addormentarsi sereni e sognare un domani pieno di sorrisi!

Leggendo le fiabe ci siamo resi conto di quanto potesse essere importante condivi-dere questo risultato con persone come te. Ed eccoci qui, con un dono utile e bello da sfogliare, in cui trovare tante storie da leggere ai bambini della tua vita.

Oltre a sei bellissime fiabe illustrate, mai pubblicate prima d’ora, troverai anche una breve nota d’introduzione al Cesvi e alle Case del Sorriso, le nostre strutture d’acco-glienza, presenti in sette Paesi del mondo, in cui aiutiamo ogni anno migliaia di bambini, e una sezione dedicata alle nostre storie a lieto fine, quelle dei tanti beneficiari a cui abbiamo realmente cambiato la vita. Una finestra sul mondo dove siamo impegnati ogni giorno, che guarda oltre i suoi tanti problemi e privilegia la speranza in un futuro migliore. Fino ad arrivare all’ultima storia, forse la più importante, il cui protagonista puoi essere tu…

Buona lettura!

Giangi MilesiPresidente di Cesvi Fondazione Onlus

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Cesvi e le Case del Sorriso

Cesvi Fondazione Onlus è un’organizzazione umanitaria italiana, laica e indipenden-te. Nata a Bergamo nel 1985, realizza progetti di cooperazione e sviluppo nei Paesi più poveri del mondo, attraverso opere di aiuto umanitario che contribuiscono all’affer-mazione dei diritti universali dell’uomo. Prima ONG ad essere premiata due volte con l’Oscar di Bilancio per la sua trasparenza, Cesvi opera principalmente in Africa, Asia Meridionale e America Latina. È impegnata soprattutto nella lotta alla fame e alle gran-di pandemie (come malaria e Aids), nella difesa dei diritti dell’infanzia, nella promozione del ruolo delle donne. Interviene inoltre nelle emergenze per portare un aiuto concreto alle popolazioni colpite da guerre e calamità naturali.

Le Case del Sorriso sono strutture di aiuto e accoglienza per orfani, bambini di stra-da, minori in stato di abbandono, donne e bambini vittime di violenza e sfruttamento. Si trovano in Brasile, Congo, Haiti, India, Perù, Sudafrica e Zimbabwe e offrono cibo, acqua pulita per bere e lavarsi, opportunità di educazione e formazione, cure mediche, supporto psicologico, laboratori e attività ludico-ricreative. Le Case del Sorriso sono luoghi protetti e sicuri, al riparo dalla violenza, dalla miseria e dai pericoli che contrad-distinguono i difficili contesti in cui sono inserite. Nelle Case del Sorriso tutti i bambini possono crescere insieme, imparando a prendersi cura di sé e degli altri, con la certez-za di avere davanti una vita migliore.

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cherie, le sembrò che la Luna diventasse sempre più grande e che si stesse piano piano avvicinando a lei. Ma no! …non era proprio possibile, “sarà una mia stupida fantasia”, pensò la principessa!

Invece era vero!! La Luna era proprio lì, a un passo, pareva di poterla toccare… Sofia corse a prendere un lungo na-stro di seta turchese, del colore del mare, per avvol-gere la Luna e attirarla verso di sé. Ecco, era fatta!

Un balzo e la bella principessa si trovò a passeggiare sulla Luna!! L’atmosfera era ma-gica, c’era un lunghissimo viale che conduceva a un meraviglioso giardino, con al centro una suggestiva fontana, che zampillava… stelle! Seduta ai piedi della fontana, Sofia scorse una bambina, pote-va avere quattro o cinque anni, era vestita di stracci,

La casa delle stelledi Silvia Maria

C’era una volta, in un regno molto lontano, una dolce principessa, buona e gentile, sposata a un re egoista e tiranno, che non riusciva proprio a ren-derla felice.

Abitavano in un bellissimo palazzo, chiamato la Casa delle Stelle, perché in cima ad una delle torri c’era una splendida cupola di cristallo trasparente che permetteva di ammirare uno spettacolo da togliere il fiato, quando il sole tramontava e sorgeva una luna d’argento che portava con sé migliaia e migliaia di stelle lucenti.

La principessa Sofia trascorreva le sue notti col naso all’insù, verso quella cupola e si perdeva in mille sogni e fantasie, cercando di dimenticare la sua vita infelice e deside-rando più di ogni altra cosa di raggiungere quella Luna, che a lei sembrava una Bianca Signora comprensiva e accogliente.

Una notte, mentre Sofia era più persa del solito nelle sue fantasti-

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spaventata e sola e il suo aspetto era sofferente e spaurito. Alla principessa parve subi-to di aver incontrato quella figlia che aveva tanto desiderato e non era mai riuscita ad avere. Le si avvicinò, le sorrise e le domandò il suo nome: si chiamava Grace.

Grace sembrò subito fidarsi, le tese una mano piccola e magra e si lasciò condurre ovunque Sofia volesse.

La principessa la portò con sé alla Casa delle Stelle, le diede da mangiare i cibi più golosi e attraenti, la vestì con abiti di raso e pizzo e le acconciò i lunghi capelli neri col nastro turchese che aveva reso possibile il loro incontro. Grace era bellissima!!

Sofia però sapeva bene che il re cattivo non l’avrebbe mai accettata a palazzo e fu costretta a tenerla nascosta di giorno, per poterla poi abbracciare e giocare con lei ogni notte, sotto la cupola di cristallo che mostrava loro la casa e il giardino dove Grace aveva vissuto. Solo a queste condizioni, il re accettò di non cacciarle entrambe per sempre.

Passarono così settimane, mesi e anni e la piccola Grace crebbe e divenne una splen-dida ragazza, colta e gentile con tutti. Il suo animo era buono e tutti le volevano bene, tranne il re.

In particolare il giardiniere Eric le voleva bene, molto bene, l’aveva vista spesso pas-seggiare nei giardini del palazzo, all’imbrunire, e si era subito innamorato di lei. Quello che Eric non sapeva era che anche Grace ricambiava il suo amore, senza aver mai avuto il coraggio nemmeno di alzare gli occhi verso di lui per un saluto. Il suo cuore bat-teva troppo forte!!!

Il giorno del diciottesimo compleanno di Grace, Eric decise che era giunto il momen-to di dichiarare il proprio amore e di sfidare l’ira del re cattivo, che non avrebbe mai permesso le loro nozze.

Infatti, il re decise di tendere un agguato a Eric e ucciderlo, solo perché aveva osato mettersi contro di lui. Si armò della sua spada più lunga e tagliente, mise l’armatura più splendente e fece preparare il suo miglior cavallo. Ma al momento di montare in sella, decise di non mettere l’elmo, perché era molto vanitoso e voleva che tutti ammirassero la sua bellezza.

Eric se ne stava nel giardino, intento al suo lavoro, e quasi non si rese conto che un enorme cavallo stava galoppando verso di lui con in sella il re con la spada sguainata.

Si voltò, guardò il cavallo negli occhi e questi, quando giunse a pochi metri da lui, si impennò facendo cadere il cattivo tiranno, che precipitò a terra, picchiando la testa su un sasso e morendo sul colpo.

La sua vanità e la sua cattiveria lo avevano punito.Subito nel regno esplose una grande gioia, tutto il popolo era felice perché si era

liberato da un perfido tiranno e poteva finalmente festeggiare l’amata principessa Sofia, incoronandola Regina.

Il matrimonio tra Eric e Grace fu celebrato quello stesso giorno, tra fuochi d’artificio

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e giochi festosi. Da allora la Casa delle Stelle fu aperta al popolo e chiunque avesse bisogno di aiuto qui trovava accoglienza e rifugio.

Da quel giorno la Casa delle Stelle si chiamò Casa del Sorriso!

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L ’uccell in del freddo

Viene l’inverno: e con gelide tramontane spazza ogni cosa e copre di neve e di silenzio la terra. L’inverno è lì che mette bianco sui campi, quando vede un uccellino che va vo-

lando da una siepe all’altra.“Ehi tu, che fai?’” domanda. “Da dove scappi?”“Stavo su, nella boscaglia; e sono venuto in basso a far due chiacchiere col mio amico pettirosso”.“Ah sì? E il tuo amico dov’è? Partito? E tu che fai qui? Perché non sei andato con lui?”“Io non ho paura del freddo. Dopo di te tornerà la primavera; e sto ad aspettarla. Trre trre terit!”“Ora comando io; e non voglio che voli e canti, voglio solo riposo e silenzio”. Ciò dicen-do, l’inverno copre di neve anche le siepi degli orti e dei giardini. L’uccellino, che si era nascosto in una catasta di le-gna, si trova al mattino in mezzo alla neve, ma non si perde d’animo e ricomincia a cantare “Trre trre terit!” L’inverno apre il sacco dei venti e fa uscire una tra-montana così arrabbiata da far scappare anche i lupi.L’uccellino, che si era nascosto in un tronco d’albero, al mattino trova tutto gelato, ma non si perde d’ani-mo e ricomincia a cantare: “Trre trre terit!”“Ma insomma, tu chi sei?”, chiede l’inverno.“Io sono il Re di macchia, sono lo scricciolo, il reatti-no.”“Ah! E ancora non senti freddo?”“Lo sopporto. Sono abituato ai venti delle montagne”.L’inverno rimane sopra pensiero; poi dice:“Sei piccolo ma ardito. Mi piaci. Resta pure con me. Sarai il mio uccellino: l’uccellin del freddo.”

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Due blocchi di ghiacciodi Lina

C’erano una volta due blocchi di ghiaccio. Si erano formati durante il lungo inverno, all’interno di una grotta di tronchi, rocce e sterpaglie in mezzo ad un bosco sulle pendici di un monte. Si fronteggiavano con ostentata reci-

proca indifferenza. I loro rapporti erano di una certa freddezza. Qualche “buon giorno”, qualche “buona sera”. Niente di più. Non riuscivano cioè a “rompere il ghiaccio”.

Ognuno pensava dell’altro: “Potrebbe anche venirmi incontro”. Ma i blocchi di ghiac-cio, da soli, non possono né andare né venire. Ma non succedeva niente e ogni blocco si chiudeva ancora di più in se stesso.

Nella grotta viveva un tasso. Un giorno sbottò: “Peccato che ve ne dobbiate stare qui. È una magnifica giornata di sole”. I due blocchi di ghiaccio scricchiolarono pesantemen-te. Fin da piccoli avevano appreso che il sole era il grande pericolo. Sorprendentemen-te, quella volta uno dei blocchi di ghiaccio chiese: “Com’è il sole?” “È meraviglioso, è la VITA”, rispose il tasso. “Puoi aprire un buco nel tetto della tana? Vorrei vedere il sole…”, disse l’altro. Il tasso non se lo fece ripetere. Aprì uno squarcio nell’intrico di radici e la luce calda e dolce del sole entrò come un fiotto dorato.

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Dopo qualche mese, un mezzodì, mentre il sole intiepidiva l’aria, uno dei blocchi si accorse che poteva fondere un po’ e liquefarsi diventando un limpido rivolo d’acqua. Si sentiva diverso, non era più lo stesso blocco di ghiaccio di prima. Anche l’altro fece la stessa meravigliosa scoperta. Dopo alcuni giorni, dai blocchi di ghiaccio sgorgavano due ruscelli d’acqua che scorrevano all’imboccatura della grotta e, dopo poco, si fon-devano insieme, formando un laghetto cristallino che rifletteva il colore del cielo. I due blocchi di ghiaccio sentivano ancora la loro freschezza, ma anche la loro fragilità e la loro solitudine, la preoccupazione e l’insicurezza comuni.

Scoprirono di essere fatti allo stesso modo e di aver bisogno in realtà l’uno dell’altro.Arrivarono due cardellini e un’allodola e si dissetarono. Gli insetti vennero a ronzare

intorno al laghetto; uno scoiattolo dalla lunga coda morbida vi fece il bagno.E in tutta questa felicità si rispecchiavano i due blocchi, che ora avevano ritrovato un

cuore.A volte basta solo un raggio di sole. Una parola gentile. Un saluto. Una carezza. Un

sorriso. Ci vuole così poco a fare felici quelli che ci stanno accanto. Allora, perché non lo fai anche tu?

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Il valore di un sorriso

In un paese così lontano da non entrare nemmeno nella carta geografica, in un tem-po così remoto da non ricordarmene più, in un magnifico castello collocato su di una verde altura, vivevano un re ed una regina molto amati e stimati da tutti gli abitanti

del regno.I due sovrani avevano un figlio: un bambino ammalato di una malattia che nessun

medico aveva saputo diagnosticare. Il principino se ne stava tutto il giorno a letto: non aveva voglia di alzarsi, né di lavarsi, né di vestirsi, né di uscire a giocare con gli altri bambini. Parlava pochissimo e, cosa ancor più sorprendente, non sorrideva mai. In poche parole soffriva di tristezza, anche se a quell’epoca nessuno sapeva cosa significasse questo stato d’animo.

Il re e la regina erano molto preoccupati per questo strano comportamento e chia-marono a corte i migliori dottori e specialisti, sperando che in qualche modo potessero guarire il loro adorato erede. Ma nessuna medicina e nessuna terapia servirono a riportare la gioia e la serenità sul bellissimo volto del piccolo principe. Alla fine, il re decise di chiedere aiuto ai suoi sudditi: “Colui che riuscirà a far sorridere il principino – disse – riceverà una bellissima ricompensa.” E così vennero inviati cento messaggeri ai quattro angoli del regno per annunciare l’appello reale. Ben presto il castello si riempì di un’immensa folla di mercanti, contadini, curiosi e sedicenti pagliacci. Tutti erano con-vinti di riuscire a far sorridere il principino. Provarono a cantare, a fare strane capriole, addirittura a tirar di sberleffo o a fargli il solletico. Ma l’impresa era più difficile di quanto si potesse immaginare.

Il principe guardava le improvvisazioni a lui dedicate con aria annoiata, sbadigliando di tanto in tanto ed augurandosi di poter rimanere presto solo, assorto nei suoi pensieri. Durante il giorno guardava gli altri bambini giocare, attraverso la finestra della sua camera. C’era chi calciava la palla, chi faceva volare un aquilone, chi si divertiva a na-scondino o a simulare una battaglia. “Perché non vai a giocare con loro?”, gli chiedeva la regina, accarezzandogli i bei capelli dorati. Il principino la guardava con gli occhi pieni di lacrime, senza aprire bocca. Del resto, cosa poteva dire di fronte ad una domanda di cui egli stesso ignorava la risposta? Intanto, il tempo trascorreva alla stessa maniera. Ogni giorno era uguale a quello precedente e identico a quello successivo. E così andò avanti per anni e anni.

Una splendida mattina di primavera, un forestiero si trovò a passare da quelle parti. Mentre si stava dissetando ad una fontana, sentì le donne del villaggio parlare del

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piccolo principe senza sorriso. Informatosi per filo e per segno sulla strana faccenda, giunse al cospetto del re, chiedendo se poteva ten-tare anche lui di far sorridere il principino.

“Perché no?”, pensò il re tra sé e sé. “L’ho permesso agli altri,

lo permetterò anche a questo straniero: tentare non costa nulla!” Il forestie-ro venne allora accom-pagnato nella stanza del piccolo principe. “Ciao”, gli disse, “io vengo da molto lontano, sono vecchio e ho visitato tantissimi paesi.

Vedi questo sacco? In ogni posto dove vado cerco una cosa unica, rarissima, che non si trova altrove e la infilo qui dentro: portandomela dietro è come se avessi un pezzet-to di quella terra sempre con me.

Questo mi fa sentire come se fossi ancora lì, pur essendo dovunque.” Il piccolo principe ascoltava con interesse, anche se non riusciva a comprendere pienamente cosa volesse intendere quell’uomo. Dal tono della sua voce, doveva ad ogni modo trattarsi di una cosa importante. “Sono venuto da te”, continuò il vecchio, “perché nel tuo regno non ho trovato niente che mi possa essere utile, nulla a cui affezionarmi, se non una cosa che tu possiedi, ma non hai.”

“Una cosa che io possiedo ma non ho?”, ripeté con stupore il principino, mettendosi di scatto seduto sul letto. “Impossibile, io ho tutto: sono il principe ed il futuro re di questo grande regno!”

“La cosa a cui mi riferisco”, spiegò il forestiero, “è preziosa, ma non costa nulla e, dato che non la usi, potresti vendermela: io saprei cosa farne.”

“Cos’è questa cosa?”, domandò il principino incuriosito. “È il tuo sorriso”, rispose il vec-chio con un sussurro misterioso. “Ti sbagli”, ribatté il principino, “non puoi comperare una cosa che non costa nulla!” “Hai ragione”, disse il vecchio. “Allora il tuo sorriso dammelo in dono. Potrai riprendertelo quando vorrai, senza portarmelo via, perché io ne conser-verò sempre un pezzetto con me. Se accetti, ti farò anche io un bel regalo.”

“Ma a cosa ti serve il mio sorriso?”, chiese il principino.

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“A portare felicità ai bambini che soffrono, ai poveri, agli ammalati”, rispose seriamen-te il vecchio.

“E va bene: te lo dono”, esclamò finalmente il piccolo principe. “Grazie, non te ne pentirai”, concluse il forestiero e tirò fuori dal suo enorme sacco uno specchio dalla cor-nice di osso di tartaruga e dal vetro lievemente incrinato. “Eh no!”, urlò il principe arrab-biato. “Avevi detto che il mio sorriso era prezioso ed ora mi dai in cambio uno stupido vetro rotto. Non vedi quanti specchi belli ci sono nel mio castello? Sono di fine cristallo ed incorniciati d’oro e pietre preziose. Che me ne faccio di questo?”

“Ma è uno specchio speciale”, ribatté il vecchio. “L’ho ricevuto tanti anni fa da un povero mercante che abita in Oriente. Prova a specchiarti.”

Il principino prese in mano lo specchio e lo mise davanti a sé. Improvvisamente si impaurì: il suo viso appariva deformato, lungo lungo e magro magro. Le guance erano tutte ricoperte di puntini rossi ed i denti non esistevano più. Alzò la fronte e guardò il re e la regina, i cortigiani e la servitù: tutti lo fissavano con il fiato sospeso. Si girò e si specchiò nel cristallo del suo comò e vide un bellissimo bambino, dagli occhi color del cielo e dalla pelle liscia e delicata. Riprovò a guardare nello specchio di tartaruga e vide la faccia mostruosa di prima. “Che sollievo”, pensò, “è uno specchio matto!”

I suoi occhi si illuminarono e la sua bocca abbozzò un sorriso timido, che si tramutò tosto in una fragorosa risata. Di corsa, scese le scale ed andò a raggiungere quei bam-bini che aveva sempre osservato da lontano, ma di cui aveva imparato a riconoscere le voci. “Guardate!”, urlò con gioia. “Ho un magnifico gioco da farvi vedere.” “Evviva!”, urlarono a corte. “Il principino è riuscito a sorridere.”

Il re si guardò attorno, alla ricerca di quello strano individuo cui stringere la mano con riconoscenza. Ma il forestiero aveva approfittato della baldoria generale per mettersi in cammino, con il suo pesante sacco in spalla. Dentro, aveva anche il ricordo del sorriso del principino. E quando incontrava qualcuno che era triste, lo tirava fuori e glielo mo-strava. “Vedi”, diceva, “la felicità è dentro ciascuno di noi e può nascere se impariamo ad apprezzare ciò che abbiamo più nel profondo.”

Il vecchio continuava il suo peregrinare, portando il sorriso del piccolo principe da un paese all’altro. Un giorno lo fece vedere anche a me. “Sono così stanco”, mi confidò. “Aiutami tu: porta questo sorriso in tutto il mondo, affinché tutti possano conoscerlo.”

“Non posso”, risposi io di fretta. “È un compito difficile, è un fardello troppo pesante ed io non ho spalle robuste.” “Allora tieni questo”, mi disse, e si allontanò incespicando, con il suo enorme sacco in spalla.

Mi ritrovai sola nella polvere della strada, con una penna in mano ed un quadernetto nell’altra. La sera, a casa, mi misi a scrivere di getto una storia che vi ho appena rac-contato. E, nel rileggerla, una lacrima che scendeva furtiva andò a morire in un sorriso di tenerezza, nato al pensiero di quello strano vecchietto che portava un carico così prezioso da non costare nulla, così immenso da poterlo donare a tutti, senza per questo perderlo e soprattutto senza esaurirlo mai.

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Chi vuole troppo.. .

C’era una volta una gallinella nera che faceva un uovo tutti i giorni. Figuratevi la contentezza della sua padrona! Appena sentiva il coccodè, correva al pollaio e beveva l’uovo fresco.

Ma quella donna, avendo osservato che la gallina era molto magra, pensò: “Se diventasse grassa, mi farebbe almeno due uova al giorno!”

E, con questa speranza, incominciò a nutrire la gallina con bocconi ghiotti e abbon-dantissimi. La gallina cresceva a vista d’occhio. Ma quando davvero fu bella grassa, smise di fare le uova.

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Il mago Cambiatuttodi Clara

E ra una tempestosa giornata d’inverno e Bianchetta e Nerino camminavano nel loro castello.

Bianchetta e Nerino erano fratelli, ma sembravano così diversi tra loro. Bianchetta, con la pelle chiara, amava vestirsi sempre di bianco; Nerino invece, con gli occhi scuri, si vestiva sempre di nero.

Tutte le volte che l’uno o l’altra passavano era un continuo apri, chiudi, apri, chiudi. Tutte le volte così. Nerino infatti amava il buio e voleva le finestre sempre sbarrate. Invece Bianchetta voleva le finestre spalancate.

Ad un certo punto un lampo colpì la torre del castello e dalla porta entrò il più potente mago del paese, di nome “Cambiatutto”, con in mano una bacchetta magica. Proprio con quella bacchetta lanciò un incantesimo: “Da oggi tutti gli oggetti del castello funzioneranno al contrario”, disse.

La doccia cominciò a far uscire l’acqua all’insù, l’orologio sembrava im-pazzito, la lavastoviglie sporcava i piatti, la matita cancellava, la gomma scriveva, il frigo riscaldava, il fuoco raffreddava e le porte e le finestre si aprivano e si chiudevano come volevano loro.

Bianchetta e Nerino stavano diventando matti, ma dopo un po’ si abi-tuarono a quelle stranezze: stavano assieme, giocavano e si aiutavano in tutto. In realtà il mago “Cambiatutto” non era cattivo, ma voleva far capire a Bianchetta e Nerino che non è importante aprire o chiudere le finestre ma che è importante, invece, volersi bene e andare d’ac-

cordo. Così i due fratelli, dopo aver smesso di litigare, videro un altro

lampo, e piano piano tutte le cose ripresero la loro funzio-ne… la doccia faceva scendere l’acqua, l’orologio andava a tempo, la lavastoviglie lavava i piatti… e il signor Cam-biatutto sorrideva per l’armonia che regnava nel castello.

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Zimbabwe Tyson, Albert e la voglia di tornare a scuola

C’era una volta Tyson, un bambino di poco più di 10 anni che viveva in Zim-babwe, insieme alla nonna e al fratello maggiore Albert. La mamma era andata a cer-care fortuna in Sudafrica e il papà non aveva le possibilità economiche per mantenere la famiglia. La nonna li mandava a lavorare come pastori, impedendo loro di andare a scuola. Li maltrattava, e come lei anche il loro datore di lavoro. Così, un giorno, Tyson e Albert decisero di scappare. Con pochi soldi in tasca arrivarono ad Harare, dove inizia-rono a vivere di stenti con altri ragazzi, mendicando in giro e rovistando nei cassonetti. Passarono momenti difficili, fino all’incontro con gli educatori del Cesvi. Da allora, alla Casa del Sorriso, hanno iniziato a ricevere pasti caldi, vestiti puliti, istruzione e sostegno. Grazie al lavoro degli educatori sono anche riusciti a rimettersi in contatto con il loro papà, che con un prestito potrà avviare una piccola attività, ricominciare a prendersi cura di loro e farli tornare a scuola!

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SudafricaChe forza, Nicoli

C’era una volta Nicoli, una giovane mamma che aveva due bellissimi bambini, Thabo e Magnolia. Fin da piccola aveva avuto una vita molto difficile, fatta di violenze, orfanotrofi, anni trascorsi in mezzo alla strada. Diventata grande, continuò a soffrire a causa di un compagno che, pur essendo il padre dei suoi figli, la picchiava e maltratta-va. Nicoli non trovava il coraggio di lasciare quest’uomo e tutte le volte che ci provava si faceva convincere dalle sue suppliche e promesse a tornare sui suoi passi, ricomincian-do a vivere con lui. Un giorno, però, Nicoli si rese conto di non poter continuare così e trovò la forza di reagire. Scappò portando con sé i suoi bambini, andò a Cape Town, e ricominciò a vivere in strada. Finché, nel pieno della stagione più fredda, un assistente sociale la indirizzò alla Casa del Sorriso del Cesvi. Lì, dove tutti e tre sono stati accolti e ospitati, Nicoli ha ricominciato una nuova vita, ricevendo finalmente cure, amore e incoraggiamenti. Ha iniziato un corso per diventare infermiera e si sta impegnando du-ramente per garantire un futuro ai suoi bambini!

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RD CongoKatombe e il suo primo viaggio in aereo

C’era una volta Katombe, un ragazzone che dimostrava sicuramente qual-che anno in più. Era nato in una provincia della Repubblica Democratica del Congo, in una famiglia molto povera. Un giorno, mentre era in compagnia di altri ragazzi, gli si av-vicinò un uomo cattivo che, con la falsa promessa di farlo diventare ricco nella capitale, lo convinse ad andare con lui. Il povero Katombe capì solo poche ore dopo che in realtà era stato rapito e che, da allora, sarebbe stato costretto a derubare altre persone per poter sopravvivere e non essere picchiato dai suoi aguzzini. All’età di 13 anni, fortuna-tamente, Katombe e gli altri bambini che erano con lui riuscirono a fuggire ed entrarono in contatto con gli educatori del Cesvi. Katombe ha trascorso due anni nella Casa del Sorriso di Kinshasa, dove ha potuto finalmente andare a scuola, mangiare cibo sano tre volte al giorno, lavarsi e bere acqua pulita. Ha frequentato un corso di formazione per diventare meccanico, ha imparato l’importanza delle relazioni umane e di aiutare gli altri. Poi tutti i suoi sforzi sono stati premiati, perché il Cesvi è riuscito a ritrovare la sua mamma e con un volo aereo, il primo della sua vita, Katombe è finalmente tornato a casa.

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HaitiChristella, la bambina che farà la maestra

C’era una volta Christella, una bambina debole, magra, vestita di stracci e tutta sporca da capo a piedi. La sua “casa” era una misera baracca nel quartiere di Wharf Jeremie, una delle aree più povere e degradate di Port-au-Prince, la capitale di Haiti. Christella soffriva di asma, a causa dei fumi velenosi che emanavano ogni giorno dall’immondizia che bruciava vicino alla sua casa, ed era una bambina molto triste e infelice. Un giorno gli operatori della Casa del Sorriso hanno incontrato lei e la sua famiglia e da quel momento hanno iniziato a prendersi cura di loro. Il Cesvi ha dato a Christella e ai suoi fratellini cure mediche, cibo, affetto e supporto. Nel piccolo parco giochi della Casa del Sorriso, che è davvero un’oasi di felicità in un luogo così problematico, Christella ha iniziato a giocare insieme alle altre bambine della sua età. Non solo… Christella ha cominciato ad andare a scuola, dove si è distinta tra le bimbe più meritevoli: segue i corsi con attenzione, ha imparato qualche parola di francese e va forte in matematica. Con un sorriso grande così ripete a tutti che da grande farà la maestra.

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BrasileRobson, il bimbo che non sognava

di fare il calciatore

C’era una volta Robson, un ragazzo diverso da tutti gli altri. Non sognava di fare il calciatore, di giocare in uno dei grandi stadi costruiti per i Mondiali del Brasile, o di andarsene in Europa con il pallone e un contratto milionario in mano. Il suo sogno era quello di fare il musicista e di potersi guadagnare da vivere con la sua grande passione: le percussioni! Robson, però, non era nato in un bel posto: Manguinhos è una favela di Rio de Janeiro, un luogo poverissimo dove spesso i bambini e i ragazzi sono attratti dalla criminalità e dalla strada. Lì la vita è ogni giorno una sfida e il rischio è quello di sbagliare e perdersi per sempre. Per fortuna, però, un giorno Robson ha incontrato la Casa del Sorriso del Cesvi: un luogo dove diventare grande e dove impiegare il suo tempo in modo utile e sano. È proprio qui che ha iniziato ad amare la musica e a suo-nare in una band. Dagli educatori ha imparato l’importanza dello studio e di occuparsi degli altri, in particolare delle sue tre sorelline più piccole. Ed è soprattutto per loro che ha scelto di impegnarsi tanto per costruirsi un futuro migliore, lontano dai pericoli della favela, ed emanciparsi dalla povertà. Robson oggi è un ragazzo felice perché sa che la sua passione per la musica lo porterà certamente lontano.

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PeruLisbeth, una mamma finalmente felice

C’era una volta Lisbeth, una bambina che aveva frequentato la scuola solo fino alla seconda elementare. In casa i soldi non bastavano mai e Lisbeth era costretta a lavorare per aiutare la mamma malata e le sorelle più piccole. Un giorno, accadde qualcosa che cambiò per sempre la sua vita: lei e la sua sorellina più piccola subirono violenze da una persona della famiglia. Nessuno le difese e Lisbeth, a soli 9 anni, decise di scappare, andando a vivere in strada insieme ad altre ragazze. Ma qui le cose non migliorarono: Lisbeth conobbe la droga e la prostituzione. Inoltre, veniva picchiata dalle persone che vivevano con lei. A Lima, però, c’è un posto dove anche chi ha sofferto tanto ha la possibilità di ricominciare: è la Casa del Sorriso del Cesvi. Qui Lisbeth, all’età di 15 anni, ha trovato la sua salvezza: è stata aiutata dagli psicologi, ha scoperto di poter avere una vita dignitosa e ha trovato un lavoro con cui poter mantenere i suoi due bambini. Dopo tanto tempo vissuto in strada, tutto è tornato al suo posto e le sofferenze sono ormai solo un ricordo del passato.

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IndiaKavitha, la bambina che è diventata responsabile

C’era una volta Kavitha, la bambina più piccola di una famiglia molto nume-rosa. Sua mamma vendeva il pesce, mentre suo papà, purtroppo, beveva molto e non era mai stato in grado di occuparsi della sua famiglia. La loro situazione economica, già molto difficile, era peggiorata ulteriormente dopo lo tsunami del 2004, che aveva lette-ralmente spazzato via la casa dove abitavano: a Kavitha mancava il cibo e la povera bambina non poteva nemmeno andare a scuola. Il Cesvi, allora, ha deciso di prendersi cura di lei, accogliendola nella sua Casa del Sorriso. Qui è stata aiutata a superare i tanti traumi che aveva vissuto e ha partecipato a laboratori artistici e attività ricreative. Ha capito quanto siano importanti lo studio e la voglia di applicarsi per conoscere sem-pre di più. A dire la verità, poter andare a scuola non era per lei di grande interesse, al-meno inizialmente. Poi, però, ha fatto davvero molta strada, fino a conseguire il diploma e a divenire lei stessa insegnante: un esempio per tanti altri bambini di come, con gioia ed entusiasmo, si possano superare anche le difficoltà più grandi.

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C’era una volta.. .

C’era una volta una bambina che aveva paura del buio... il buio della vita di strada, il buio della fame e

della povertà, il buio di un passato che cancel-la il sorriso e la gioia dell’infanzia, di un futuro senza volto, senza speranza.

C’era una volta la piccola Shamisia, una dolcissima bimba di 3 anni, che sin dal suo pri-mo vagito ha conosciuto il freddo delle notti trascorse per le strade di Harare, in Zimbabwe. Sin dai primi giorni della sua fragile esistenza ha dovuto lottare insieme alla sua giovanissima mamma Nucy per riuscire a scappare dalle vio-lenze e dai pericoli di una vita fatta di emarginazione, di un letto improvvisato tra i rifuti, di una casa immaginata tra stracci e cartoni.

C’erano una volta il dolore e la sofferenza di una bambina... ma oggi ci sei tu, che hai aperto questo libro e letto le sue fiabe…

Sì, perché oggi puoi esserci tu nella vita di Shamisia, insieme al tuo aiuto concreto che potrà cambiare la storia di questa piccola e dei tanti bambini delle Case del Sorriso del Cesvi, trasformandola in una storia a lieto fine.

Una storia che racconterà a Shamisia e a tantissimi bambini che tutto può davvero cambiare, che il buio non fa più paura, per-ché, d’ora in poi, nei loro giorni e nelle loro notti tornerà la luce di un pasto caldo, di cure mediche quando staranno male, di una casa pronta ad accoglierli e ad avvolgerli in una coperta fatta di calore umano e di vera speranza.

I bambini delle Case del Sor-riso del Cesvi hanno bisogno di sapere che i loro sogni possono

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davvero avverarsi, hanno bisogno di tornare ad essere bambini, perché la vita li ha fatti diventare grandi troppo presto. Hanno bisogno di giocare e di sapere che le fiabe a volte possono diventare realtà.

E allora, cosa aspetti: unisciti a noi in tutto il mondo e aiutaci a raccontare a chi co-nosce solo miseria, abbandono, fame, malattie ed emarginazione che le cose possono cambiare e che, da domani, può realmente iniziare una nuova vita!

Grazie!

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Come sostenere le Case del Sorriso

Per sostenere le Case del Sorriso, Cesvi promuove il sostegno a distanza di intere comunità. Una forma di aiuto più rispettosa dei bisogni di tutti e soprattutto tesa ad evitare situazioni di privilegio tra i bambini e i ragazzi che vivono nello stesso contesto e con gli stessi problemi. Per ricevere maggiori informazioni o chiedere come attivare un’adozione di comunità, contattaci qui:

Cesvi Fondazione OnlusVia Broseta 68/a, 24128 Bergamo (BG)[email protected] www.adozioni.cesvi.org – www.cesvi.org Numero verde: 800.036.036

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CREDITS

Impaginazione e grafica: Area51 Publishing

Illustrazioni: Samantha Pietravalle

Fotografie: Roger Lo Guarro, Giovanni Diffidenti, Pino Ninfa, Tino Mantarro

Testo “C’era una volta”: Ticò Agency

Fiabe: i donatori del Cesvi

Progetto e adattamento testi: Matteo Manara