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A CURA DEL CIRCOLO DEL PARTITO DEMOCRATICO DI BRUXELLES

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A CURA DEL CIRCOLO DEL PARTITO DEMOCRATICO DI BRUXELLES

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La costruzione dell’Europa politica emerge !nal-mente all’attenzione dell’opinione pubblica come una priorità de-

cisiva per continuare a garantire alle future generazioni crescita, coesione sociale, democrazia Por-tare più Europa diventa quindi un compito essenziale per una forza politica come il Partito Democra-tico. Più Europa tra i militanti e simpatizzanti, tra i propri amminis-tratori e eletti, all’interno dei circoli.

La Summer School organizzata dalla Delegazione del Partito Democra-tico al Parlamento Europeo è stata un’importante occasione per o"r-ire a oltre 200 giovani del Pd prov-enienti da tutta Italia, come anche da Bruxelles, uno spazio di ri#es-sione di alta qualità sull’Europa, le sue istituzioni, le sue politiche.

Come circolo del Partito Democra-tico di Bruxelles siamo stati onorati di poter seguire i lavori della Sum-mer School e di contribuire alla sua realizzazione. Il nostro circolo - non solo per vicinanza geogra!ca - ha una vera e genuina vocazione europea.

Crediamo sia un compito prima-rio del Partito Democratico oggi, ad ogni livello, europeizzare la po-litica italiana, superando molti dei luoghi comuni che circolano sull’Europa e facendo sforzo per spiegare e informare sulle con-quiste e le opportunità che essa ha portato e che porterà in futuro.

Dobbiamo quindi avere più corag-gio, quando parliamo con i nos-tri simpatizzanti ed elettori, anche a costo di rischiare l’impopolarità nell’a"ermare la necessità di avere più Europa, anche in conseguenza della crisi economico - !nanziaria e del senso di perdita di controllo dem-ocratico, il bersaglio più facile e frag-ile, l’Europa, viene additato da molti come fonte di ogni male presente.

Come se non fossero, al contrario, proprio l’assenza di un’Europa po-litica e il superamento del metodo comunitario le ragioni dell’incapacità delle leadership nazionali di dare ris-poste alla disoccupazione, alla crisi dei debiti sovrani, alla mancanza di investimenti e prospettive di crescita.

Non si tratta di sostituire il sol dell’avvenire col sole di Bruxelles (anche perché qui da noi di sole ce n’è poco, nostro malgrado..), oc-corre però andare oltre un certo europeismo di facciata e chiamare le cose col proprio nome. Ovvero, fare un salto deciso e improcrastina-bile verso il federalismo europeo, con tutto quello che tale scelta comporta in termini di sovran-ità, di identità, di azione politica.

Siamo convinti che dai dibattiti e dalle ri#essioni tenute nel corso della Summer School tutti i partecipanti abbiano portato con sé una nuova e più forte percezione dell’Europa e del Parlamento Europeo come luoghi centrali della politica italiana e del nostro impegno civile. Una percezi-

one che, nei prossimi anni, speriamo potrà rendere del tutto naturale re-alizzare, ad ogni livello, il senso di una compiuta cittadinanza europea.

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Francesco Cerasani è segretario del circolo PD di Bruxelles.

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l’esperienza di questa Summer school del Partito Demo-cratico a Bruxelles lascia in tutti noi un bellissimo ricordo fatto di incontri, ri#essioni e dibattiti molto intensi.

La presenza di tanti ragazzi, degli eurodeputati del par-tito democratico, dei funzionari del gruppo S&D e degli assistenti e stagiaire ha mostrato ancora una volta, se pro-prio ce ne fosse bisogno, che la partecipazione alla vita politica è ancora molto forte.

E proprio da questa partecipazione dobbiamo ripartire.

Non si può negare che stiamo vivendo , in Italia e in Europa, una fase delicata in un contesto storico partico-lare. Si tratta della prima grande crisi dell’Unione europea dalla sua nascita e ne usciremo solo se ci sarà più Europa .

E la storia dovrebbe aver insegnato che da queste situ-azioni si esce solamente se si segue tutti una direzione fatta di scelte collegiali e condivise.

Oggi purtroppo, nessun paese europeo è più in grado di competere con le grandi potenze economiche mondiali (Cina, Brasile, India, Stati Uniti) che stanno crescendo a ritmi vertiginosi. Nessuno può farlo, da solo, nemmeno la Germania.

Credo che un esempio della gestione della crisi ci venga dagli USA, dove Stati con grandi problemi economici (i cosiddetti CANI, California , Arkansas, Stato di New York e Illinois) non sono lasciati soli e alla mercè della !nanza speculativa ma sono accompagnati (grazie alla po-litica comune e ad una banca centrale) dal governo cent-rale con interventi mirati.

Se vogliamo che l’Unione europea continui ad esistere dobbiamo seguire la strada già tracciata da altri , quella che era nella testa dei padri fondatori, quella che ci dovrà portare, attraverso un percorso condiviso, verso la nascita degli Stati Uniti d’Europa, con un progetto forte, capace di rilanciare la crescita comune, assicurare mobilità e nuovi posti di lavoro ed una maggiore integrazione po-litica su temi !nora lasciati alla giurisdizione dei singoli Stati.

Del resto, si tratta di un’ evoluzione naturale per lo spazio europeo nel contesto globale.

Quanti avrebbero scommesso sull’ Unione europea quan-do questa è nata? C’era un’idea, un progetto, ma non si poteva sapere !no a che punto sarebbe arrivata. Oggi dob-biamo dire grazie ai padri fondatori facendo quel passo in avanti che consentirà alle generazioni future di vivere in pace nel Continente europeo.

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David Sassoli è Presidente della Delegazione del Partito Democratico al Parlamento Europeo.

Care democratiche,

cari democratici,

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Il momento di grande drammaticità per l’Unione europea risuona nelle parole degli oratori che sono intervenuti durante le due plenarie della Summer School organizzata dalla Delegazione del Partito Democratico al Parlamento Europeo.

Il progetto europeo sembra sul bordo di un baratro che potrebbe inghiottire cinquant’anni di integrazione. Per la prima volta, come sottolineato da Anna Colombo (Seg-retario generale del Gruppo dei Socialisti e Democratici al Parlamento Europeo), il processo di integrazione sem-bra aver perso la sua caratteristica di irreversibilità. “C’è il rischio di perder di vista la necessità dell’Europa e la nostra generazione è la prima generazione del dopoguerra a correre questo pericolo”, mette in guardia l’onorevole Silvia Costa.

Il problema risiede forse nell’incapacità di ridare un valore normativo all’integrazione europea. L’onorevole Enrico Letta intervenendo alla Summer School ha sottolineato come il motto “mai più la guerra”, che aveva accompa-gnato l’avvio dell’integrazione europea, non risponda più alle esigenze della popolazione. È dunque necessario trovare nuovi valori e idee che possano motivare e mo-bilizzare i popoli europei attorno al progetto europeo.

La s!da che ci troviamo di fronte è riuscire a guidare in mani-era indenne l’Unione europea fuori dalla più drammatica transizione politica ed economica che abbia mai a"rontato. Le parole del vicepresidente del Parlamento Europeo, Gi-anni Pittella, riprendendo una frase di Gramsci sembrano andare in questo senso: “quando il vecchio non c’è più, ed il nuovo non c’è ancora” si aprono le porte per la crisi. Urgono dunque nuove soluzioni e un rinnovato impegno politico.

Certamente la classe dirigente europea deve prender-si le sue responsabilità. Come messo in evidenza dall’onorevole David Sassoli, sono circa dieci anni che il processo di integrazione si è interrotto. Questo ar-resto nell’evoluzione dell’Unione ha impedito di ris-pondere in maniera coerente alla crisi, rendendo inoltre l’Europa più debole di fronte al resto del mondo perché incapace a spiegare verso quale direzione desidera andare.

Una maggiore legittimità dell’Europa è certamente una delle chiavi di volta per la soluzione di parte di questa cri-si. L’onorevole Sassoli non ha nascosto l’importanza della partecipazione civile attraverso i partiti, creando dunque le condizioni per una migliore comprensione dell’Unione europea. Visto il grande impatto delle decisioni eu-ropee sulla politica nazionale una maggiore conoscenza della dimensione comunitaria renderebbe i cittadini più consapevoli di quello che succede tra le “mura domes-tiche” degli stati membri. In quest’ottica sarà necessario che i temi europei diventino centrali nelle future cam-pagne elettorali che ci attendono nei prossimi due anni.

(Tommaso Cresto Dina)

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A!ari esteri e Mediterraneo

(tcd)

Negli ultimi vent’anni il mon-do al di fuori dell’Europa è profondamente cambiato, ma l’Unione europea non sembra aver interioriz-

zato tale mutamento. La voce dell’Unione resta oggi ancora troppo frammentata tra le diverse volontà nazionali e quindi poco incisiva sulla scena internazionale. Il ruolo dell’Europea negli A"ari internazionali, già drasticamente ridotto dopo la !ne della Seconda Guerra mondiale, sembra oggi ad un bivio: o l’Unione saprà darsi un nuovo indirizzo nella condotta delle sue relazioni esterne o sarà relegata alla più completa im-potenza. Il mondo è ormai multilaterale, un singolo paese europeo non può più esercitare ruoli importanti, per questo è più che mai necessario uni!care gli sforzi. Ma per farlo serve, come Bruno Marasà (già capo unità a"ari esteri del gruppo S&D, oggi direttore dell’u$cio del Parlamento europeo a Mi-lano) ha sottolineato (citando Gramsci), us-cire dal provincialismo del cosmopolitismo e dal nazionalismo della politica. L’onorevole Panzeri proseguendo l’analisi ha spiegato che l’Unione deve passare dall’attivismo al protagonismo, deve quindi essere capace non solo di rispondere agli eventi, ma deve lei stessa dettare l’agenda internazionale. Per fare questo non è necessaria la creazione di un esercito europeo, come sottolineato da entrambi gli oratori; ci può essere una politi-ca estera europea coerente anche senza un es-ercito. Il potenziale economico dell’Unione la rende già una potenza civile. Le richieste di maggiore democrazia che si levano dall’altra sponda del Mediterraneo creano una grande occasione per mostrarsi !nalmente come un attore internazionale maturo. Sfortu-natamente !no ad ora l’Unione non ha saputo cogliere le opportunità, restando preda degli egoismi e delle priorità nazionali.

Governance economica ed istituzionale

(tcd)

Di fronte ad una crisi che imperversa ormai da quat-tro anni sembra che i nodi stiano venendo al pettine: le politiche di rigore e la

gestione della crisi a livello intergoverna-tivo non risultano e$caci nel contrastare lo stallo economico in cui si trova l’Europa. Come sottolineato dagli onorevoli Co"erati e Gualtieri, siamo di fronte ad un doppio problema, uno riguardante le politiche eco-nomiche degli stati membri e l’altro i poteri dell’UE. Le fragilità messe in luce dalla crisi evidenziano la necessità di un reindirizza-mento delle politiche economiche a favore della crescita e della cessione di maggiori poteri all’Unione. Il tema della crescita, sot-tolinea Co"erati, deve ritornare al primo posto dopo un periodo “anti-democratico” di imposizione della politica della stabilità. Inoltre tale crescita sembra andare nella di-rezione voluta dai mercati che, come messo in evidenza da Gualtieri, non hanno scelto di attaccare i paesi dell’area Euro sulla base dei loro debiti, ma sulla base della loro bilancia commerciale (considerando quindi i tassi di crescita delle economie nazionali). Tale po-litica di crescita deve però accompagnarsi ad un accentramento a livello dell’Unione della politica monetaria, già di competenza dell’UE, e della politica economica, ancora in mano agli stati. Solamente una maggiore coerenza tra le due dinamiche potrebbe of-frire all’Europa la possibilità di uscire da questa crisi, infatti non si può pensare una politica monetaria comune senza una po-litica economica comune. Entrambi gli ora-tori ritengono necessario un ruolo maggiore dell’Unione nella de!nizione di una politica economica a livello europeo, ma ciò non deve farsi a sfavore dell’unica istituzione che a livello europeo gode della legittimità popo-lare: il Parlamento Europeo. Solo attraverso l’assemblea, infatti, ogni decisione presa potrà dirsi legittima agli occhi dei cittadini europei.

Diritti e sicurezza

(Paolo Costa)

L’avanzato stato dell’integrazione economica fra i Paesi membri dell’Unione europea ha portato vantaggi indiscutibili ai cittadini che ne hanno bene!ciato. Tut-

tavia, economie sempre più integrate chie-dono col tempo un altro tipo di integrazi-one: quella politica, tra i cui e"etti diretti troviamo primo fra tutti la cittadinanza eu-ropea. Declinare questo tipo di cittadinanza è complesso, anche perché è inevitabile che il lavoro atto alla sua realizzazione sia lungo e impegnativo, riguardando una dimensione transnazionale. Questo il messaggio essen-ziale delle relazioni di Luigi Berlinguer e Rita Borsellino, i quali si sono concentrati, rispettivamente, sulla protezione del dir-itto d’autore e della proprietà intellettuale, sull’integrazione tra i sistemi universitari e sulla formazione di una cultura giuridica comune all’interno dell’UE, il primo; men-tre sulla sicurezza interna, e quindi special-mente sulla lotta al terrorismo e alla crimi-nalità organizzata, la seconda. Quello a cui si sta lavorando al momento è un regime real-mente integrato di diritti, che permettano l’attuazione del mercato unico, favorendo le condizioni ottimali di mobilità, attraverso ad esempio la mutua riconoscenza dei titoli di studio, ma anche la protezione dei cittadini, tramite l’estensione a livello europeo della lotta ai fenomeni criminali come le ma!e, il terrorismo, i crimini ambientali. Luigi Berlinguer ha evidenziato come strumenti quali il brevetto europeo, il contratto eu-ropeo, la class action europea, la protezione europea del diritto d’autore, costituiscono delle tappe irrinunciabili per permettere la transnazionalizzazione di attività di qual-siasi tipo e attuarne al tempo stesso la do-vuta tutela. Il tentativo di creare una cultura giuridica europea uniforme rientra in questa ottica, e in quella più generale secondo cui, a problematiche europee è necessario rispon-dere con soluzioni europee, indipendente-mente dalla natura della questione trattata.

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Crescita, occupazione e cultura

(pc)

Andrea Cozzolino ha aperto l’incontro - di carattere decisa-mente ampio - con l’obiettivo di disegnare una panoramica piuttosto generale della situ-

azione attuale, riportando all’uditorio ciò che il Gruppo dei Socialisti & Democratici sta mettendo in campo per promuovere la crescita in tutti i paesi membri, considerata come priorità assoluta di questo periodo, facendo leva specialmente sulla tassa sulle transazioni !nanziarie, sugli eurobond e sull’introduzione della cosiddetta “golden rule”, consistente nel considerare gli inves-timenti pubblici esterni al calcolo del patto di stabilità. Le misure sono state illustrate più nel dettaglio da Francesca Balzani, il cui intervento ha tenuto a precisare che le risorse di questo bilancio, i fondi strutturali in particolar modo, rappresentano già oggi investimenti concreti per la crescita poiché, è bene ricordarlo, non gravati da alcun debito (essendo l’Unione europea impossibilitata ad avere un bilancio negativo) ed orientati a favorire il recupero sul campo economico delle regioni più povere d’Europa. Il quadro è stato in!ne completato dalla relazione di Silvia Costa, che si è concentrata invece sul tema della cultura, evidenziando gli sforzi in corso per di"ondere il patrimonio cultu-rale europeo, e della formazione, sottolin-eando l’importanza dei programmi europei di mobilità, primo fra tutti Erasmus, che in questi giorni compie il venticinquesimo anno d’età. Un riferimento a questo tipo di programmi è stato fatto anche a proposito dell’occupazione, di cui si immagina sì un aumento quantitativo, ma anche qualitativo. Nella formulazione del futuro budget eu-ropeo, i fondi a disposizione per i program-mi di mobilità aumenteranno considerevol-mente, nell’ottica del raggiungimento degli obiettivi della strategia Europa 2020, secon-do cui l’aumento della competitività è legato strettamente al settore della conoscenza.

Ricerca, innovazione, e infrastrutture

(Chiara de Leonardis)

Patrizia Toia, Debora Serrac-chiani, Mario Pirillo e Vittorio Prodi, hanno animato questo workshop.Nel quadro della crisi che sta attraversando l’Europa

è stato rimesso in discussione anche il “sis-tema politico ed economico europeo”, rivelatosi impreparato ad o"rire valide soluzioni. Una delle chiavi espresse nel corso dell’incontro è stata appunto la sostenibilità. Infatti, come ha a"ermato l’on. Prodi, l’Unione europea è chiamata a compiere “una profonda ri!es-sione non solo sulla crescita economica e ma-teriale ma anche su un modello di sviluppo consapevole e costruttivo”. Ciò vuol dire, come ha precisato dall’On. Toia che “l’Europa deve investire in assets prioritari, quali la ricerca, le reti di trasporto, le infrastrutture e l’ambiente” distanziandosi dall’immagine internazion-ale di un’Europa intesa come “un bel museo di cultura e valori ma che non cresce e non avanza”. Il bilancio europeo come chiarito dall’on. Toia “chiede un contributo minimo agli Stati membri pari all’1% del PIL nazi-onale, l’equivalente del costo di un ca"è per cittadino” ma può rappresentare uno stru-mento e$cace, se impostato su obiettivi con-creti e sull’eccellenza dell’industria europea. “Le infrastrutture costituiscono il volano della crescita” come sottolineato dall’on. Serrac-chiani, riprendendo quanto a"ermato dallo stesso ministro Passera La rete ferroviaria è una delle priorità dell’attuale legislazione e in tale contesto l’Italia riveste un ruolo centrale. Il pacchetto ferroviario europeo prevede 30 corridoi prioritari, di cui 10 hanno già ricevuto !nanziamenti. Di questi, quattro attraversano l’Italia o"rendo oppor-tunità occupazionali e per il territorio. Essi consentiranno inoltre di creare connessioni con tutti gli altri sistemi infrastrutturali, fra cui le reti energetiche. Questo è uno dei tanti esempi che testimonia il ruolo deter-minante svolto dall’Europa, un ruolo che se costruito in modo organico, produrrà vantaggi misurabili nel breve medio peri-odo ed una crescita economica sostenibile.

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La crisi economica ha messo in luce alcune fragilità dell’Unione a livello politico, secondo lei il quadro attuale crea il rischio di un arresto, o peggio, di un ar-

retramento del processo di integrazione o al contrario apre le porte a nuove opportunità?

Non c’è alternativa all’Europa, non nel senso di una costrizione, ma come constatazione di una realtà inconfutabile. Certamente siamo in una fase del percorso dell’Unione Eu-ropea che risente di dieci anni di stallo nel processo di integrazione europea. Una situ-azione che vedeva una moneta unica senza una vera politica economica. Un’Unione dove si è favorito l’allargamento al posto dell’approfondimento, dove ha dominato il pensiero unico del mercato e poco si è fatto per la solidarietà tra i popoli euro-pei. Un’Unione che non ha bene!ciato di grandi leader. Insomma un’Unione che ha favorito lei stessa l’euroscetticismo. Nonos-tante ciò, tutti abbiamo visto in che mani-era la Grecia, pur in un momento tragico, sia riuscita con il voto recente a inviare un segnale forte a tutta l’Europa. Certamente in futuro il trattato andrà ripensato. Ma !no a quel momento, come sempre successo nei processi di crescita dell’integrazione euro-pea, si cercherà di in!larsi nelle maglie più o meno strette dei trattati per approfon-dire il livello di integrazione. Chiaramente per aprire le porte a nuove opportunità ci vorrà anche una grande volontà politica.

Nonostante la crisi evidenzi l’incapacità dei singoli stati a fronteggiare problem-atiche globali, i cittadini europei non sembrano

completamente favorevoli a una maggiore in-tegrazione. Come pensa sia possibile costruire un’Europa più rappresentativa e democratica?

Credo che il problema centrale sia l’incapacità della classe dirigente, della classe amministrativa e territoriale di coinvolgere i cittadini dal basso. Manca la capacità di spi-egare il costo del “non-Europa”. Bisogna vi-vere l’Europa a livello regionale, non bisogna alimentare l’idea che l’Europa sia qualcosa di speciale o tecnico. Questo perché l’idea di un particolarismo europeo ha sostituito la cul-tura europeista dal basso. Va recuperata una dimensione culturale a livello di formazione politica. Poi certo bisogna chiedersi, la rap-presentanza è adeguata? Bisognerebbe creare un presidente europeo e anche delle can-

didature europee, non nazionali. Sarebbe necessario cambiare anche le modalità di consultazione coinvolgendo maggiormente gli organismi nazionali, anche non politici, nei vari dossier. Se non si fa questo il ris-chio è quello di lasciare l’in#uenza sul proc-esso decisionale europeo alle sole lobby di Bruxelles e Strasburgo creando uno squi-librio nella rappresentazione degli interessi. Inoltre sarebbe necessario creare una mag-giore organicità tra parlamentari europei e parlamentari nazionali per sprovincializ-zazione un po’ i parlamentari nazionali.

Qual è secondo lei il bi-lancio dell’esperienza po-litica del PD all’interno del Gruppo S&D?

Chi parla viene da un’esperienza politica che non è quella so-cialista, quindi personalmente è forse stato un po’ di$cile all’inizio. Ma c’è la volontà di creare una realtà politica che vada al di là delle classiche s!de laburiste. Da questo punto di vista direi che siamo a metà strada, su alcuni temi abbiamo trovato un’intesa su altri meno. Per quanto riguarda il PD, il partito è rappresentato in tutte le com-missioni e posso dire con tranquillità che in alcune battaglie politiche siamo stati più avanti di altri partiti del nostro gruppo.

Silvia Costa è responsabile d’aula della Delegazione del Partito

Democratico al Parlamento Europeo.

Intervista a

Silvia

Costa

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In molti paesi europei le riforme eco-nomiche adottate per fare fronte alla crisi si sono principalmente focalizzate sul rigore e la disciplina #scale met-tendo in pericolo il “modello sociale eu-

ropeo”, in tale contesto quali proposte politiche alternative possono o"rire i progressisti di oggi?

Anzitutto occorre caratterizzare meglio l’opera di consolidamento budgetario: non più tagli orizzontali indiscriminati, ma con-centrati in quei settori dove minore risulta l’impatto sociale. Parallelamente va lanciata una strategia coordinata europea per gli in-vestimenti, incentrata sulla modernizzazione delle infrastrutture, sul capitale umano e sul-la creazione di basi nuove per un’economia sostenibile. Per !nanziare questa iniziativa - tenendo dritta la barra dei bilanci - l’unione deve dotarsi di risorse aggiuntive al prop-rio bilancio. Come gruppo dei Socialisti e Democratici riteniamo che le risorse per un grande piano per gli investimenti esistono e che vanno trovati i meccanismi per renderle disponibili. Per questo insistiamo a$nché venga introdotta una Tassa sulle transazi-oni !nanziarie (che garantirebbe qualcosa come 50 miliardi di euro annui), che si at-tivi una strategia comunitaria per ridurre le frodi e l’elusione !scale e che si consenta l’emissione di eurobond. Senza questi stru-menti, il rischio di un irreversibile declino e di una marginalizzazione dell’economia e della politica europea nello scenario mondiale diventerà sempre più concreto.

La crisi economica ha messo in luce alcune fragilità dell’Unione a livello politico, secondo lei il quadro attuale crea il rischio di un arresto, o peggio, di un ar-

retramento del processo di integrazione o al contrario apre le porte a nuove opportunità?

Non ci sono dubbi che il rischio di un ar-retramento e - direi anche - di una messa in discussione del processo di integrazione a un certo punto sia parso concreto. Tuttavia, la parte più acuta di quella fase sembra essere alle spalle - insieme all’idea di un’unione a guida franco-tedesca - messe in sordina dall’evidenza dell’incapacità di quella strate-gia di condurre l’Europa fuori dalle secche della crisi e sancita dal risultato elettorale francese. Questo non signi!ca abbassare la guardia; il Parlamento Europeo - la più grande assemblea democraticamente eletta - può e deve assumere un ruolo cardine nel rilanciare l’idea di una Europa realmente comunitaria, che rappresenti il valore aggiun-to Europeo, che è qualcosa di più e di meg-lio della semplice unione tra Stati Membri.

Nonostante la crisi evidenzi l’incapacità dei singoli stati a fronteggiare problem-atiche globali, i cittadini europei non sembrano

completamente favorevoli a una maggiore in-tegrazione. Come pensa sia possibile costruire un’Europa più rappresentativa e democratica?

I cittadini non si sono mai avvicinati com-pletamente all’idea di Europa, anzitutto, per-ché l’hanno percepita come un’entità distac-cata, tecnocratica e lontana anni-luce dalle esigenze e dai bisogni quotidiani dei cittadi-ni. Ebbene, io penso che proprio il momento di crisi che stiamo attraversando - e la con-sapevolezza che il sistema “Europa” si tiene a galla solo se unito, mentre i singoli stati da soli non hanno la forza e la capacità per “salvarsi” - rappresenti l’occasione per modi-!care quella immagine. E questo vale anche per i partiti, anzitutto per un partito profon-damente radicato nell’idea e nella tradizione europeista, quale il Pd. In vista delle prossime elezioni politiche nazionali c’è una lezione che non dobbiamo dimenticare: il tema eu-ropeo e il destino dell’Unione sono diventati caratterizzanti, come hanno dimostrato i casi di Francia e Grecia. L’Italia non sarà immune da questo processo, per cui il nostro partito dovrà attrezzarsi al più presto, contestualiz-zando la propria analisi nell’ambito europeo.

Andrea Cozzolino è vicepresidente e tesoriere della Delegazione del

Partito Democratico al Parlamento Europeo.

Intervista a

Andrea

Cozzolino

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La nostra summer school si è col-locata poco prima del Consiglio Europeo di giugno che ha seg-nato un giro di boa, una svolta “politica” nella vita europea,

anche grazie all’azione politica dello schiera-mento progressista europeo e dei suoi vertici istituzionali, a partire da Francois Hollande e Martin Schulz. Questo cambio politico fa ben sperare per il futuro perché rompendo l’asse perverso Merkel - Sarkozy, quasi una diarchia, ha fatto emergere una nuova vitalità di iniziativa nel Consiglio, aprendo, anche grazie all’azione congiunta con l’Italia, uno spiraglio nella direzione “comunitaria”, tanto calpestata in passato. C’è dunque un legame tra questo nuovo corso e la presenza di noi parlamentari europei italiani, eletti dal PD, nel gruppo parlamentare S&D.

Dopo le elezioni europee del 2009 abbiamo scelto, insieme al PD nazionale, di  impeg-narci, assieme al vecchio gruppo socialis-ta,  per la nascita di un nuovo gruppo for-mando  l’alleanza “socialisti e democratici” nel Parlamento perché abbiamo creduto che fosse un investimento politico contribuire all’evoluzione dei vecchi gruppi.

Siamo stati animati dall’ambizione di portare  un elemento di novità e di cambiamento, in seno alla vecchia famiglia socialista, non per un astratto spirito di innovazione “purches-sia”, ma convinti che, come in Italia cosi in Europa, le famiglie politiche avessero bi-sogno di allargarsi e di riaggregarsi anche partendo da posizioni diverse per arri-vare a un nuovo comune programma.

A metà di questa legislatura possiamo fare qualche considerazione e valutazi-one sulla nostra esperienza.  Non tutto il percorso è stato facile e lineare, ma penso che siamo riusciti, grazie alla nostra “diversità” di un partito già molto più plurale degli altri presenti, a portare una voce nuova che ha alimentato il dibattito all’interno del gruppo S&D.

All’inizio forse vi è stata qualche perplessità e qualche incertezza: non era ben chiaro, forse, cosa fosse “questo PD”, ma man mano, “sul campo” e nell’azione politica e legislativa quotidiana, abbiamo saputo dimostrare cosa fosse “questa novità italiana” e da poco cono-sciuti siamo diventati un esempio in qualche caso da imitare, come é stato per le primarie.

Nel gruppo europeo ci sono 27 delegazioni

(presto 28 con l’arrivo della Croazia), si tratta di formazioni, per la gran parte, dalla storia politica  più univoca, cioé quella dei grandi partiti socialisti e/o socialdemocratici europei. Quest’innovazione politica sulla scena europea parlamentare, questo rimesco-lamento, era necessario. 

Infatti i  cambiamenti rapidi e  la crisi cosi profonda del nostro modello di sviluppo,  il nascere repentino di nuove istanze e di nuove richieste anche di rappresentanza politica pongono  s!de inedite !no a  poco tempo fa. Solo  i pigri o i ciechi,  politicamente parlando, o  forse solo i presuntuosi, non si chiedono cosa “occorra in più”, cioè  come riuscire a interpretare meglio i cambiamenti sociali, le di$coltà del mondo del lavoro, la disoccupazione e la recessione, come rimet-tere in moto lo sviluppo, come rinnovare e preservare lo stato sociale, come far valere nella globalizzazione quei valori di civiltà e di solidarietà che sono il patrimonio dei progressisti.

Per questo l’abbandono dell’approccio ideo-logico per valorizzare invece  l’a"ermazione concreta di valori e di ideali, con l’apporto di tante voci e di tante culture che si incon-t r a n o

pur nel-la diversità di pensiero è la strada nuova di progressisti aperti e interessati al futuro.

Questo allargare la nostra piattaforma di pen-siero, questo far incontrare più famiglie  in un’unica famiglia riformista, all’insegna del progetto europeo è la nostra s!da dentro il gruppo S&D.

Penso che il nostro contributo a questo cam-mino nuovo e più aderente al cambiamento lo stiamo dando con grande intensità ideale

e grande apporto di competenza e impegno.

Infatti  il nostro contributo politico in termini generali va di pari passo con il nostro apporto in termini di lavoro par-lamentare: basta vedere quanti dossier e quanti rapporti sono stati guidati da donne e uomini della nostra delegazione per ca-pire l’importanza di questo lavoro, che va dal bilancio, agli aspetti costituzionali, dai trasporti  all’industria, alla cultura e ricer-ca, dalla politica regionale a quella del lavo-ro e del superamento della crisi, dallo spazio e all’agricoltura, al commercio internazion-ale, alla lotta alla criminalità organizzata e i diritti civili.

E soprattutto il nostro apporto è stato in-calzante e continuo nel far si che il nostro gruppo avesse la leadership nel Parlamento sul rilancio dell’integrazione europea e del cammino per la costruzione di una vera unità politica. La nostra bandiera è stata quella di un’altra Europa, un’Europa per la crescita, più sociale, più inclusiva e più verde. Grazie all’esperienza europea fatta sul campo il nostro partito italiano é stato il primo ad assumere una “veste europea”

e a costruire quella piattaforma progressista che ci

ha fatto e ci farà

v i n c e r e , speriamo, le elezi-

oni in molti Paesi, cambiando l’orientamento delle istituzioni europee cambiando la maggioranza in Consiglio e la maggioranza al Parlamento Europeo con le prossime elezioni.

La piattaforma progressista è questo: la col-laborazione e l’integrazione tra socialisti, socialdemocratici, democratici, da allargare a verdi, a liberaldemocratici e a quante altre forze credono, prima di tutto, nel progetto europeo.

9HUVR�XQD1829$�675$'$�SHU�LO�SURJUHVVLVPR�HXURSHRdi Patrizia ToiaVicepresidente del Gruppo S&D al Parlamento Europeo

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Quanto è forte il crimine organizzato in Europa? Quali sono i canali inter-nazionali della corruzione e del riciclaggio di denaro?

Leggi e politiche europee sono e$caci nella lot-ta alle ma!e? Come possono essere migliorate?

Per dare una risposta a queste domande, il Parlamento europeo ha istituito una Com-missione su Criminalità organizzata, corruzi-one e riciclaggio di denaro, composta da 45 membri di diverse nazionalità e con in prima !la diversi europarlamentari italiani. Dopo tanti anni, si è !nalmente preso atto che il problema delle ma!e non riguarda solo al-cuni paesi dell’UE ma è bensì una piaga che colpisce l’intero continente ed è quindi necessario mettere a punto una strategia comune per contrastarlo. Non è semplice quanti!care esattamente il danno prodotto dal crimine organizzato e dai tra$ci illegali nel nostro continente, ma alcuni dati posso-no favorire la percezione dell’entità di questi fenomeni: secondo il Fondo Monetario In-ternazionale il riciclaggio di denaro riguarda ogni anno una somma compresa tra 800 e 1.600 miliardi di Euro (rispettivamente il PIL della Polonia o quello dell’Italia).

Si stima che i consumatori europei di cocaina ammontino ad un milione e mezzo, mentre la corruzione polver-izzerebbe 120 miliardi di euro all’anno.

A destare ulteriori preoccupazioni ci sono fenomeni più recenti ma in rapida cresci-ta, come il cybertra$co, legato anche alla tratta di esseri umani e alla pedopornogra-!a, per contrastare la quale l’Unione eu-ropea ha emanato una direttiva nel 2011.

Ad oggi esistono notevoli discrepanze tra le legislazioni dei paesi europei su questi temi: molti degli strumenti fondamentali per la lotta alla ma!a e alla corruzione - come la con!sca e il sequestro dei beni e il loro riuti-lizzo a scopi sociali o le misure di detenzione speciali per i vertici delle organizzazioni crim-inali - non sono presenti negli ordinamenti di tutti gli stati membri o lo sono con perva-sività ed e$cacia molto diverse. Altre misure, come ad esempio l’esclusione dalle gare pub-bliche di appalto per le aziende condannate per reati connessi alla criminalità organiz-zata, dovrebbero avere piena esecutività in tutta l’UE e non soltanto nello stato membro in cui la sentenza di condanna viene emessa.

La Commissione si propone di riunire in-torno allo stesso tavolo le principali organiz-zazioni nazionali, internazionali ed europee, insieme alle autorità giudiziarie e quelle di polizia, per de!nire una strategia comune, condivisa e coordinata oltre che misure di armonizzazione delle legislazioni nazionali.

Il Trattato di Lisbona del 2008 ha for-nito all’Unione europea nuove com-petenze in materia di lotta alla crimi-nalità, che ancora devono essere messe pienamente in valore: dalla previsione di una più ampia competenza comunitaria sul contrasto ai crimini gravi !no alla pos-sibilità di istituire una procura europea.

Ora spetta al Parlamento ed alla nuova Com-missione sulla Criminalità Organizzata im-pegnarsi per dare impulso all’attuazione di questi strumenti e promuovere !nalmente un vero approccio europeo in questo campo.

,O�UXROR�GHO�3DUODPHQWR�HXURSHR�QHOOD�ORWWD�DO�FULPLQH�RUJDQL]]DWRdi Rosario CrocettaPrimo Vicepresidente della Commissione speciale sulla criminalità organizzata (CRIM)

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L’Europa è stata anche in altri mo-menti sul punto di crollare, ma ha resistito. Ce la faremo, così come è avvenuto in passato, se i governi nazionali sapranno anteporre gli

interessi europei a quelli dei singoli Stati.

Servono decisioni forti, coraggiose, che resp-ingano le mire di quei movimenti che gi-ocano sull’ansia, sulle paure, demonizzando “l’altro”e alzando steccati. Credo che il rifu-giarsi in un angolo sia solo un modo per non a"rontare un problema, per non risolverlo, illudendosi di poter scampare alla tempesta. Occorrono invece interventi immediati per rispondere alle contingenze, ma soprattutto strategie di lungo respiro, che facciano leva su una nuova convinzione federalista capace di a"ermare la governance europea anche oltre il Trattato di Lisbona, spingendosi !no agli Stati Uniti d’Europa. E’un’ambizione che non può prescindere da un grande programma di investimento in capitale umano che metta al centro le infrastrutture materiali e immate-riali, la ricerca, la formazione, l’educazione, la banda larga, l’energia proveniente dalle fonti rinnovabili, l’Erasmus universale.

L’Europa siamo tutti noi, non è un’entità astratta. E ognuno dovrebbe contribuire alla sua tenuta, smettendo di sentirsi vit-tima o spettatore, di vivere di attese, di del-egare alla politica che – da sola – non è in grado di sostenere il progetto europeo senza un vero coinvolgimento della cittadinanza.

C’è bisogno che ognuno di noi sia sempre più protagonista di questo nuovo approc-cio al cambiamento, che può far leva sul valore dell’intelligenza connettiva, sulle tec-nologie, su Internet. I giovani hanno già individuato nel web lo strumento per essere protagonisti, ed è a loro, che ora spetta as-sumere !no in fondo il valore della scelta europea. Le discussioni avute nella due giorni della summer school organizzata dalla Delegazione del Partito Democratico al Par-lamento Europeo hanno dimostrato una tenacia e una passione nell’Europa da parte dei nostri giovani simpatizzanti e militanti che lasciano certamente ben sperare per il proseguimento del cammino comunitario.

/·(XURSD�SROLWLFD$'(662di Gianni PittellaPrimo Vicepresidente del Parlamento Europeo

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Intervenendo ai lavori della sum-mer school della Delegazione del Partito Democratico al Parlamento Europeo, Enrico Letta ha risposto ad alcune domande provenienti dai

militanti del Circolo PD di Bruxelles, ec-cone alcune raccolte in forma di intervista.

L’Italia ha fatto i suoi compiti a casa o li sta facendo, ora toccherebbe all’Europa. Come possiamo fare per arrivare a un accordo ambizioso?

Bisogna mettersi insieme a tutti quelli che la pensano come noi e chiedono l’unione politica. Questo è il momento giusto per farlo: uno snodo decisivo perché, mai come oggi, le grandi decisioni si gi-ocano a Bruxelles e non a livello nazionale.

Europa politica signi#ca anche che in futuro i cosiddetti “diktat” di Bruxelles saranno frequenti...

No, dovrà esserci - e ci sarà -   sussidiarietà. Come in Italia:

Roma non dice a Bologna come si devono fare le cose a Bologna; così Bruxelles non darà la linea alle decisioni assunte da ogni Paese su questioni concrete ‘domestiche’. Roma manterrà poteri su scala nazion-ale, ma tante competenze anche nazionali saranno inquadrate - come già in larga parte lo sono - in una logica europea e comu-nitaria. Credo molto nella sussidiarietà e nell’interazione tra livelli istituzionali di-versi in un’architettura perfettamente in-tegrata ed equilibrata. È la strada giusta.

In questo progetto qual è Il ruolo dei giovani e degli italiani all’estero?

Ritengo che la partita europea debba essere giocata soprattutto sui giovani e dai giovani. Perché l’Europa del pas-

sato è stata quella di Mitterand e Kohl che si tenevano per mano al cimitero di Verdun: era una sorta di recupero rispetto ai drammi della guerra. L’Europa del futuro sarà quella della convenienza degli Stati membri a ‘stare insieme’ per ricostruire un ordine dopo la crisi globale con un nuovo paradigma di svi-luppo che restituisca prospettive soprattutto alle giovani generazioni. Questo è il grande tema e intorno a questa s!da dobbiamo coinvolgere i giovani, a partire proprio da chi vive al momento un’esperienza europea.

Intervista a

Enrico

Letta

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Enrico Letta è Vicesegretario na-zionale del Partito Democratico

e deputato alla Camera.

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Progetto Gra!co: Nicolò Carboni

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