2011-12-04 in Viaggio Con Annie

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    LA DOMENICADIREPUBBLICA DOMENICA 4DICEMBRE2011NUMERO 355

    CULT

    La copertina

    FERRARI E SIMONE

    Lera di YouBook:perch adesso

    gli editori cercanoscrittori fai-da-te

    La recensione

    GIORGIO VASTA

    Quel romanzogiocattoloche assomigliaad Alice

    Allinterno

    Lintervista

    ANTONIO MONDA

    Stefan Merrill BlockSe la malattiaci aiuta a capirechi siamo davvero

    Il teatro

    RODOLFO DI GIAMMARCO

    Glauco Mauriporta in scenail suo circopieno di fiabe

    Il libro

    ALESSANDRO BARICCO

    Una certaidea di mondo

    American Dustti fa ridere dentro

    Alan Parker

    Il mio cinemafatto di musica

    Spettacoli

    ALAN PARKER

    Storia di Chimerail bianco e nerosecondo Mattotti

    Limmagine

    PINO CORRIAS

    ANNIE LEIBOVITZ

    In viaggio

    con AnnieLa morte del padre e della compagna, i debitiLa Leibovitz reagisce con un pellegrinaggio

    nelle case dei suoi maestri: Freud, Dickinson, Darwin... il riscatto della grande fotografa

    Quando arrivai alla casa di Emily Dickinson non ceraquasi pi luce. Avevo portato con me una piccola fo-tocamera digitale e cominciai a scattare una foto do-po laltra. Senza pensarci. In una vetrinetta di plexi-glass era esposto uno dei suoi abiti bianchi e mi ritro-vai attratta dai dettagli del vestito, i bottoni di alaba-

    stro e i pizzi. In una fotografia dellabito intero scattata da lontanoil risultato un normale abito bianco. Ma da vicino scopr i che difattura raffinata. Per una donna che passava quasi tutto il tempoin solitudine doveva essere meraviglioso contemplare i dettagli. Esentirli al tatto. Sapendo che non erano destinati ad altri che a lei.

    In questa casa Emily e la sorella vissero gli ultimi anni da sole.

    Fu venduta dopo la loro morte e adesso un museo, ma per deci-ne di anni vi hanno abitato altre persone. Nel perimetro del mu-seo cera una seconda casa e le guide che ce la mostrarono ci chie-sero se volessimo vederla da vicino.

    (segue nelle pagine successive)

    MICHELE SMARGIASSI

    Quelche resta quando le persone se ne vanno. Un paiodi guanti che hanno stretto migliaia di mani. Un tele-visore bucato da un colpo di pistola. Un vestito bian-co come un fantasma. disabitato il nuovo mondo di

    Annie Leibovitz. Proprio lei, la fotografa pi peoplemai esistita, sovrana, tiranna del ritratto ai livelli pi

    luccicanti e costosi. Anzi dis-abitato: abbandonato dalle personeche vi hanno vissuto. Non c un solo essere umano, sol o case vuo-te e paesaggi deserti, nelle oltre duecento pagine di Pilgrimage, illibro che le sconsigliavano di fare, non ne venderai una sola co-pia, il libro che lei ha voluto o forse ha dovuto fare: Dovevo sal-varmi la vita.

    A volte esplode, nella carriera dei grandi fotografi, il bisogno didisintossicarsi dal mondo che i loro stessi occhi hanno costruito.Quello di Annie Leibovitz era grande come il sogno americano, contutto il suo immaginario di successo, glamour, potenza.

    (segue nelle pagine successive)

    FOTOANNIELEIBOVITZ.FROMPILGRIMAGE(RANDOMHOUSE,2011)

    Repubblica Nazionale

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    N

    La copertinaAnnie Leibovitz

    ANNIE LEIBOVITZ

    (seguedalla copertina)

    on cera quasi pi luce e dapprima rifiutammo, ma poi finimmo colseguire un piccolo sentiero che conduceva l. Le case erano moltovicine, a un centinaio di metri di distanza luna dallaltra. La se-conda apparteneva al fratello di Emily, Austin. La casa di Austin fuuna rivelazione. Rimasi esterrefatta. Era buia, misteriosa. [...] Sco-prii che con la fotocamera digitale non mi serviva molta luce. Misembrava di riuscire a vedere negli angoli. Nessuna distorsione dicontrasto o di colore come avviene quando premi il pulsante del-le macchine analogiche. La digitale rendeva praticamente quelloche vedevo [...].

    Diversi anni fa Susan Sontag e io avevamo in mente di fare un li-bro intitolatoBeauty Book. IlBeauty Bookci avrebbe fornito la scu-sa di viaggiare in tutti i posti che ci interessavano e che volevamovedere. Per me significav a poter fare di nuovo fotografie solo se sti-molata a farle. Senza programmi prestabiliti. [...] Trovarmi in unasituazione in cui cogliere unimmagine solo per ispirazione. Dopola morte di Susan capii che non avrei potuto realizzare il BeautyBook, anche se con il passare del tempo mi rendevo conto che avreipotuto fare un libro diverso, con una lista di posti diversi. Inev ita-bilmente la lista sarebbe stata influenzata dal mio ricordo di Susane da quello che interessava lei, ma sarebbe stata comunque la mialista. Allinizio non avevo unidea ben chiara di che cosa avrei po-tuto fotografare, si form per gradi. Emily Dickinson era la poetes-sa preferita di Susan. [...]

    Casa Freud

    La Hogarth Press, gestita per molti anni da Leonard e VirginiaWoolf, aveva pubblicato le opere di Freud fin dagli anni Venti delNovecento. I Woolf andarono a trovare Freud nella sua nuova ca-sa al 20 di Maresfield Gardens nel 1939, poco tempo dopo che luiera emigrato a Londra. Leonard scrisse che lo studio di Freud eracos pieno di antichit da sembrare un museo. Ora davvero unmuseo e tutto si trova esattamente nello stesso posto in cui eraquando i Woolf andarono a prendere un t. A Londra Freud av evadei pazienti e li segu fino a due mesi prima della morte, avvenutanellautunno del 1939. Aveva abitato l soltanto per un anno ma lostudio era identico a quello del suo appartamento di Vienna. [...]

    Visitando la casa, guardando tutte le stanze, aprii una porta pipiccola e vidi un lettino rivestito con un tessuto dai motivi geome-trici molto elaborati. Mi dissero che un tempo si trovava nello stu-dio di Freud ed era stato il suo letto di morte. Freud si era trasferitonello studio dopo uno dei primi allarmi aerei nel quartiere, pen-sando che sarebbe stato pi al sicuro che al piano di sopra. Pass isuoi ultimi giorni guardando il giardino, circondato dalle sue col-lezioni e dai suoi libri.

    LA MOTO

    DI ELVIS

    LHarley-DavidsonHydra Glidedel 1957a Graceland

    Ho fotografato i miei fantasmi

    IL LETTINO

    DI FREUD

    Il divanonello studiodi MaresfieldGardens,a Londra

    IL PICCIONE

    DI DARWIN

    Lo scheletrodi piccionedella raccoltadi Darwina Tring

    Casa Darwin

    Down House, la casa di Charles Darwin nel Kent, stata restau-rata splendidamente ma al posto del suo studio adesso si trova ilnegozio di souvenir. Darwin comper Down House nel 1842 alletdi trentatr anni, quando era gi famoso. Il diario delle sue espe-rienze come naturalista durante il viaggio compiuto a bordo delBeagle aveva colpito la fantasia popolare. Darwin rimase via cin-que anni durante i quali accumul migliaia di esemplari e gett lebasi intellettuali dellopera della sua vita . Down House divent per

    lui il centro del mondo. La lasciava di rado. [...]La storia di Darwin che viene illuminato sullevoluzione stu-

    diando le forme dei becchi dei diversi fringuelli presenti nelle iso-le Galapagos solo una leggenda. [. ..] Il primo capitolo de Lorigi-ne della speciecontiene un lungo passo sullallevamento dei pic-

    Dal lettino di Freud al vestito bianco

    di Emily Dickinson.Dopo un periododifficile la pi celebre ritrattista americanasi rimette in viaggio. Stavolta non immortala vipe rockstar, ma gli oggetti e i luoghi dei maestriPer consegnarci il suo diario pi intimo

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    cioni. Convinto che sia sempre meglio studiare un gruppo speci-fico, dopo attenta riflessione, ho scelto i piccioni domestici scris-se Darwin. Si iscrisse a dei Pigeon club e document particolari co-me la quantit di melma accumulata dai piccioni sulle zampequando pioveva. Per confrontare gli scheletri delle varie razze, rac-coglieva i corpi e li bolliva, ma lodore e il disordine in cucina era-no troppo per sua moglie, e quindi decise di spedirli dove potesse-ro essere sottoposti a un trattamento pi professionale.

    Casa Presley

    La casa di Elvis Presley a Memphis stata conservata pi o me-no comera ai tempi in cui lui vi abitava. Le stanze al pianoterra at-tirano migliaia di turisti, ma il secondo piano dove lui mor rimaneprivato. Elvis e la sua famiglia si trasferirono da Tupelo a Memphisnel 1948, quando Elvis aveva tredici anni. Elvis parlava spesso di

    comperare una casa per i genitori. Nel 1957 acquist Graceland,una villa in arenaria con colonne corinzie. I genitori di Elvis e lanonna Minnie Mae vivevano l con lui e in seguito anche la mogliePriscilla e la figlia Lisa Marie. I vestiti della madre, Gladys, sono tut-tora nellarmadio. Gli occhiali da sole di Minnie Mae sono su unvassoio sopra un cassettone.

    Casa GrahamHo passato la vita a guardare le foto di Martha Graham scattate

    da Barbara Morgan. Continuo a tornare a quelle immagini:la mi-

    gliore collaborazione possibile fra un fotografo e il suo soggetto. [...]Cerano due o tre stanze stracolme di pi le di scatole e bauli. Tro-vammo una scatola di oggetti di scena di Deaths and Entrances,balletto su tre sorelle che probabilmente sono le Bront, o forselartista e le sue due sorelle. La danza la pi fragile delle arti. Gli

    scrittori hanno i testi, i compositori gli spartiti . La danza esiste so-lo nellattimo. Quando se ne va un coreografo, i custodi pi affi-dabili del suo lavoro sono i ballerini che hanno eseguito loperasotto la sua guida. Ci sono filmati di performance o di prove di dan-za, ma non saranno mai efficaci quanto un coreografo che mo-della il movimento di un singolo corpo. O, nel caso di MarthaGraham, lei stessa che balla. Il che mi rende ancora pi care le fo-tografie di Barbara Morgan.

    Traduzione Giovanna Arenare e Claudia Cavallaro 2011 by AL Archive LLC. Published in the United States

    by Random House, an Imprint of The Random House PublishingGroup, a division of Random House, Inc. New York /Agenzia Santachiara 2011 De Agostini L ibri Spa

    in accordo con Jeffrey D. Smith / Contact Press Images

    RIPRODUZIONE RISERVATA

    IL LIBRO

    Pilgrimage di Annie Leibovitz(De Agostini, 248 pagine,100 fotografie a colori, 50 euro) in libreria. Da Emily Dickinsona Virginia Woolf, da Sigmund Freuda Charles Darwin, da Elvis Presleya Louisa May Alcott: la grandefotografa ci porta nelle casedei maestri del passato

    (segue dalla copertina)

    Finire nel campo visuale delle sue lenti era entrare nel Pantheon.Tutti, da Lennon a Kidman a Nicholson fino alla regina Elisa-

    betta (Maest, potrebbe togliersi la corona? cosformale

    ...),hanno subto i suoi ordini, i suoi set geniali, bizzarri o sontuosi. Ri-trattista superstar di icone superstar, questo stata per decenni An-na-Lou Leibovitz di Waterbury, dinoccolata, algida, volitiva ragaz-zona della provincia americana, fino a quando la sua vita di succes-so and a sbattere sugli scogli. Perse assieme, nel 2005, il padre e lacompagna, la scrittrice Susan Sontag, grande intellettuale radical.Poco dopo, una valanga di debiti (rimediata in qualche modo) fu sulpunto di costringerla a svendere il suo invalutabile archivio.

    Reag come scritto nel sangue americano: mettendosi in viaggioverso una nuova frontiera. Nellagosto 2009 part con le due figlie ge-melle per una vacanza scacciapensieri alle cascate del Niagara: andtutto male, carta di credito bloccata, deprimente camera di motel,inseguimento impietoso degli avvocati. Ma di fronte al grande saltodacqua, dietro le spalle delle bimbe eccitate, la mano istintivamen-te alla macchina, locchio inquadra, il dito preme: davanti al catinoverde smeraldo (sar la copertina del libro) era straordinaria la sen-sazione di galleggiare sopra le cascate, di volare senza cadere sopraun vuoto senza celebrit, scenografie, lustrini...

    Quando era viva Sontag, stilavano liste di luoghi da visitare assie-me per scriverci un libro che aveva gi un titolo,Beauty Book. Non cene fu il tempo. Ma dopo quellimmagine acquea libera e liberatrice,Leibovitz fece la sua lista, e part. Un po folle, arbitraria, a volte ca-suale, tra Europa e America, era una lista di case senza inquilini, ca-se di grandi personaggi: Lincoln, Roosevelt, Woolf, Freud, Darwin,per prima Emily Dickinson, la poetessa preferita di Susan. Casepiene di cose, e paesaggi pieni di tracce di chi li rese immagini (lo Yo-semite di Ansel Adams). fra oggetti e luoghi orfani che Leibovitz, asessantadue anni, ha scritto il suo diario interiore (mai tanto scrittoun suo libro). Alla ricerca di quel che resta quando le persone non so-no pi l, cio una cosa cruda e semplice. Sono tornata a quel checonta davvero.

    Il vuotodietro il glamour

    MICHELE SMARGIASSI

    RIPRODUZIONE RISERVATA

    LABITO

    DI EMILY

    Lunicovestito rimastodi EmilyDickinsonad Amherst

    IL MONDO

    DI MARTHA

    I materialidi scenadello studiodi New Yorkdella Graham

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    Simili a marionette ma ricoperte di oro, argento e abitiprestati dalle famiglie ricche, sfilavano in processionia met strada tra sacro e profano.Per secoliamatissime da fedeli e parroci sparirono

    per volere di Papa Pio X.Adesso una mostrane celebra gli antichi fasti. E le assolve

    Le storieFesta dellImmacolata

    SONDRIO

    Le hanno trovate nei solainascosti delle chiese, infondo agli armadi delle sa-grestie. Alcune, per salvar-

    si, erano diventate Madonne partigia-ne, portate nelle cappelle di alta mon-tagna per evitare il rastrellamento im-posto dai vescovi. Adesso sono qui, le

    Madonne vestite, che ovviamente di-ventano le Madonne nude quandovengono spogliate dei loro abiti prezio-si e sembrano burattini di legno. Un vol-to scolpito e dipinto con colori vivi.Orecchini, collane doro, parrucche dicapelli veri. E sotto il volto un semplicetorsolo di legno, per snodabile come ilPinocchio di Collodi perch solo muo-vendo busto e braccia si pu procedere

    alla vestizione. Saranno in mostra, que-ste Madonne vestite o spogliate, dal 10dicembre al Mvsa, il museo valtellinesedi storia e arte, e nella galleria del Credi-to Valtellinese. Insomma, conquiste-ranno il cuore della citt, dopo esserestate per decenni ricercate, umiliate edistrutte. In confidenza col sacro, statuevestite al centro delle Alpiracconta la sto-ria di Madonne diverse da tutte le altre,perch cambiavano abito e trucco se-guendo la moda del tempo.

    Ecco la Madonna di Torre Santa Ma-ria, il cui corpo stato segato a met perpoter aggiungere un altro pezzo di ad-dome e fare crescere la statua di trentacentimetri. Queste Vergini spiega ladirettrice del museo, Angela dellOca erano vestite con abiti donati di soli-to da famiglie ricche. Nel Cinquecento-Seicento la parte inferiore di questi ma-nichini aveva forma di cono, con assi di

    legno che simulavano una gonna. Manel Settecento la moda cambiata e al-

    lora anche le nostre madonne sono sta-te modificate e tante, come le dame diquel tempo, si sono ritrovate con un vi-tino di vespa.

    La nostra storia inizia nel 1998 quan-do Francesca Bormetti, storica dellartee curatrice della mostra, in un sottotettodella chiesa di Mazzo di Valtellina trovauna Madonna con le braccia rotte. EraunAddolorata, col volto dolente. Com-

    presi che una statua in quellecondizioni, con assi dipinte di

    verde al posto della gonna,non poteva certo essere

    esposta in chiesa. Doveva dun-que essere una Madonna vestita.

    Statue di questo tipo erano presenti so-prattutto nel Sud dellItalia, in Spagna enellAmerica latina, ma non se ne cono-sceva lesistenza sulle nostre Alpi. Laricerca vera e propria inizia nel 2005 eporta alla scoperta di quaranta Madon-

    ne nascoste o esposte in piccole chiese,mentre si ha notizia di altre novanta cheinvece sono andate distrutte. Al loro po-sto sono arrivate le Madonne moderne,alcune in legno ma molte in gesso o pla-stica, prodotti seriali, coloratissimi e digrande effetto scenico, ma fredde, daammirare a distanza, non pi da vesti-re e da accudire. Tanti corredi sono an-dati dispersi. In una chiesa di Venezia

    una sola madonna aveva sessantunoabiti completi. A vestirle di solito ilgiorno prima della processione era-no solo le donne. In alcuni casi veniva-no usati anche i profumi e il trucco perle labbra e il viso.

    fra la fine dellOttocento e i primidecenni del Novecento racconta Bor-metti che inizia la caccia a queste ma-donne popolari. Laccusa quella dinon essere conformi alle regole fissatedalla liturgia della chiesa, di essere inde-

    corose e poco adatte a ispirare senti-menti di devozione. Nella mia ricerca hocomunque ritrovato un legame fortissi-mo fra i fedeli e queste strane statue. Eanche i parroci in molti casi non hannoaccettato il diktat dei vescovi. Prima diuna visita pastorale arrivava in parroc-chia un questionario della curia, con ilquale si chiedeva se fossero presentidelle madonne vestite. Spesso il parro-

    JENNER MELETTI

    La cacciatadelle madonne vestite

    LA VESTIZIONE

    In successionei momentidella vestizionedella Madonnadel Rosariodi Delebio(Sondrio):il preziosoabito in ganzovenezianoche indossa il vestitoda sposadonatoda unagentildonnadel SettecentoLa Madonnadi Delebio tra le pi bellein mostra

    LE STATUE

    I manichini uscitidalle botteghedegli intagliatori

    I TESSUTI

    Raffinate camicie,vesti e sottane in setae altri tessuti preziosi

    LA LETTERA

    A sinistra,la letteradi incaricoalla bottegaFantoniper lesecuzionedi una Madonnada vestire(per gentileconcessionedellaFondazioneFantoni)nella chiesadi Breno vicinoa BresciaSotto, labitodella Madonnadella Nevedi Chiuro(Sondrio)

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    narle. Lambivalenza che denota mol-te manifestazioni di religiosit popola-re scrive il prelato deriva in so-

    stanza dal suo collocarsi in una zona difrontiera, nella quale i confini che se-parano la devozione da mentalit ma-giche e superstizione appaiono talvol-ta labili. La pratica di vestire le statueconsente un contatto particolarmenteconcreto e intimo, una familiarit cheben risponde allesigenza tipica dellareligiosit popolare di appropriarsidella figura sacra, presente nel simula-

    cro, rendendola partecipe della pro-pria vita quotidiana. Nel caso specificodelle statue vestite documentata an-che la prassi per cui la persona che ave-va donato i propri indumenti al simu-lacro potesse periodicamente ripren-derli e indossarli, cos da assicurare ef-fettivamente tale scambio di contatti.In sostanza si pu dire che gli abiti, unavolta indossati dalla statua, erano di-ventati reliquie. Manipolazioni cheinteressavano anche i Bambin Ges.

    Qui il monsignore cita la storica e an-tropologa francese Christiane Klapi-sch-Zuber: Nei monasteri femminilile pie donne non si accontentano dicullare i loro piccoli Ges; qui o l essegli fanno il bagno, lo rivestono, gli ricu-ciono i vestitini.

    Nella dottrina della Chiesa non cper una condanna netta di questa for-ma di religiosit popolare. Nei docu-

    menti repressivi di un secolo fa si cita ilConcilio di Trento (1545-1563), ma lagrande diffusione delle madonne ve-stite avvenuta senza problemi nei se-coli successivi. Il Concilio si limita araccomandare che le immagini nonsiano ornate in modo appariscente eprovocante. Ancora nel 1888 la Con-gregazione dei riti accetta queste sta-tue, precisando che non debbano ave-re nulla di indecente n di profano.

    Ad avviare una vera e propria guerra

    contro queste madonne il vescovo diMantova, Giuseppe Sarto. E quandoquesti diventa patriarca di Venezia e in-fine, fra il 1903 e il 1910, Papa Pio X, tut-ti i vescovi si adeguano. Per fortuna ilbellissimo saggio di monsignor Saverio

    Xeres, per queste madonne vestite eperseguitate, arriva oggi come unas-soluzione.

    RIPRODUZIONE RISERVATA

    co non rispondeva, o addirittura consi-gliava ai fedeli di nascondere la statua inuna chiesetta sui monti o in cappelle pe-riferiche delle confraternite.

    Sono madonne, queste, che viveva-no una volta o due allanno, nel giornodella festa loro dedicata o quando une-mergenza richiedeva il loro intervento.A Pedesina, in Val Gerola, c la Ma-donna delle ruine, portata in proces-sione quando una frana minacciava ilpaese. Ci sono poi Vergini invocate

    contro la siccit, le alluvioni, le malat-tia. C una Madonna chiamata delbuon consiglio, perch secondo la tra-dizione una ragazza le chiese quale deidue pretendenti al matrimonio doves-se sposare e una voce rispose: Prendiquello senza capelli. Si scopr poi chedietro la statua si era nascosto lo spasi-mante che non aveva bisogno del pet-tine. A Livigno una di queste Madonne

    ancora oggi portata in pro-cessione, la prima domeni-ca dagosto, quando in pae-se si fa lunica fienagione del-lanno. Negli altri giorni nascostain una teca oscurata in un oratorio. Ilsabato ilgudz, ossia il padrino, la togliedalla teca e la mette su un piedistallo.Poi gli uomini debbono uscire dallora-torio e inizia la vestizione, che in que-sto caso il cambio dabito fra feriale efestivo. Due sorelle sono le gudze, le

    madrine. La maggiore veste la Madre,la pi giovane il Bambino.

    In un ricco saggio preparato per il ca-talogo della mostra (con fotografie diMassimo Mandelli) monsignor Save-rio Xeres, direttore dellarchivio storicodella diocesi di Como, cerca di spiega-re i motivi per i quali la Chiesa per al-meno due secoli ha accettato le Ma-donne vestite e poi ha cercato di elimi-

    LINVENTARIO

    A destra,linventariodegli arredidellaltaredella Madonnadel Rosariocon lelencodel riccocorredodi abitie gioiellidella statuavestitaa Mazzodi ValtellinaSotto, labitodella Madonnadel Rosariodi Castello(frazionedi Gerola)

    LA MOSTRA

    Le madonne vestite saranno in mostra a Sondrio dal 10 dicembreal Mvsa, il Museo valtellinese di storia e arte e nella galleria

    del Credito Valtellinese. Allesposizione, dal titolo In confidenzacol sacro, allegato un catalogo con foto di Massimo Mandelli

    e introduzione di monsignor Saverio Xeres

    ARTIGIANALI.Da sinistra, tre momenti della vestizione della Madonna della chiesa di San Carlo a Chiuro; di seguito, le Madonne di Mello, Pedesina, Rogolo e Livigno, in provincia di Sondrio

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    Mostri

    Sento le nuvole che riempiono lorizzonteE la dissonanza emessa dalle personeche si scontrano anzich accarezzarsiSi mangiano anzich amarsiSiamo mostri. Animali sbiaditiche hanno perso ogni direzione

    LimmagineSogni e incubi

    LA STORIA

    Un uomo si addormenta sotto lalbero dovesedeva sempre un famoso pensatoreIl sogno la porta dingresso in un mondofiabesco di nuvole antropomorfe, animalifantastici e rapaci. Il sogno diventa incubofino alla scena finale del drago e al risveglio

    Si intitola Chimera. Lo avevaincominciato nel 99, poi lo avevainterrotto.Ora il maestrodella graphic novel ha decisodi portare a termine

    quelloscuro raccontoperch in sintonia con la vita

    strappata che mi sento intornoEcco le sue tavole inedite

    Mattotti

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    Colori

    Il verde profondit. Il rosso energiaSe metti larancione, il disegno

    comincia a vibrare. Fino a quandoarriva il momento in cui tutti i segnivanno al loro postoe i colori iniziano a cantare

    a olio, le copertine delNew Yorker, lamicizia con Art Spie-gelman, il lavoro con Lou Reed e Bob Wilson su Edgar Al-lan Poe, e insomma quel tempo che la linea retta della vi-ta trasforma in un labirinto nel quale Mattotti continua aperdersi per ritrovarsi.

    In quel fine secolo si era gi lasciato alle spalle Milano etante altre citt, cominciando da Brescia, anno 1954, sem-pre dietro al padre ufficiale della Guardia di finanza checambiava sede ogni quattro anni: Ancona, Udine, Como,Mantova, Venezia. Probabile che sia stato quellesodoperpetuo a dargli radici cos fragili da spingerlo a dise-gnarle per renderle portatili, paesaggio dopo paesaggio.Dice: Disegnare era il mio modo di portarmi dietro ilmondo vecchio e di impadronirmi di quello nuovo. Dise-gnare era la mia ossessione. Ricordo uninfinit di pome-riggi nei quali venivo inghiottito da quel tempo dilatatoche solo i colori sanno spalancare.

    A forza di campionare il mondo si era iscritto ad archi-tettura, circondato dai colori dacqua di Venezia e da pro-fessori straordinari come Aldo Rossi capaci di mettere unacornice allo spazio per trasformarlo in una geometria abi-tabile. Ma il cielo era troppo basso per non cercare aria trale diagonali primaverili di Bologna. Racconta: Era il mi-rabile anno 1977. Nellaria Radio Alice. Nelle case la sco-perta delle prime tavole freak di Robert Crumb trovate sulVillage Voice, dei viaggi psichedelici di Matteo Guarnac-cia, e di quelli solitari di Andrea Pazienza. Si discuteva tan-tissimo. Si formavano gruppi. Si inventavano riviste.

    Mattotti pubblica la sua prima storia, Incidenti(1981),sulle pagine di Linus, diretto da quellaltro cercatore dimondi che fu Oreste del Buono. Lascia Bologna per Mila-no, va a caccia di lavoro tra la lucentezza dei colori a lietofine della moda. Ma intanto finii tra i nebbioni della Bo-visa. Ricordo labirinti di case e molta solitudine. Assorbi-vo ispirazioni dalla periferia, immaginavo personaggi cat-tivi, intrecci drammatici. Per sopravvivere riempie qua-derni. Cercavo rivelazioni dentro le macchie di colore chementre si dilatano e si asciugano suggeriscono forme, pro-fili, animali. Si incanta dentro a viaggi che sono anche so-nori: Perch i colori fanno parte di una unica sinfonia. Il

    verde profondit. Il rosso energia. Il nero e il bianco so-no il mistero. Se metti larancione, il disegno comincia avibrare. Fino a quando arriva il momento in cui tutti i se-gni vanno al loro posto e i colori iniziano a cantare.

    Parigi la via duscita dalla gabbia italiana. Il luogo do-ve il disegno evolve. Il colore diventa cera e poi olio. C larivelazione dei corpi immersi nellacqua di David Hock-ney, e di quello spazio curvo degli abbracci ch e sono i sen-timenti. Quando inizia Chimera, Mattotti ha appena fi-nito di completare le tavole francesi di Stigmate. Raccon-ta: Avevo in mente il titolo e lo stile. Avrei continuato a la-vorare con quel bianco e nero che per me il doppio colo-re dellinconscio. Gli serve per infilarsi nel bosco che ciportiamo dentro e da l sentire leco dei mostri in avvici-namento. Il viaggio regge per trenta tavole. Poi si inter-rompe. Non avevo pi la concentrazione per andareavanti. Pubblicai il libro pensando che quello era il suo de-

    stino. Del resto era una storia senza testo. Ognuno pote vaguardarla con piena libert creativa e magari immaginareun finale in proprio.

    Ora tornata lenergia per regolare quel conto in sospe-so. A ripensarlo adesso stato molto faticoso ricomincia-re. E reggere cos a lungo quella tensione . Calandomi den-tro al mio mondo parallelo da cui non so mai se sar capa-ce di tornare indietro. Autentico viaggio senza meta, co-me sanno tutti i veri viaggiatori che salpano dentro la pro-pria stanza. Disegni di massima inquietudine. In sinto-nia dice con la vita strappata che mi sento intorno.Con le nuvole nere che riempiono lorizzonte. Con la dis-sonanza emessa dalle persone che si scontrano anzichaccarezzarsi. Si mangiano anzich amarsi.

    arrivato fino al drago che esce dallacqua. E quandoho visto il drago ho capito che la storia era conclusa. Ilbianco diventa il congedo del cartello finale: Dimprov-viso mi svegliai. Siamo mostri. Chimere complicate. Ani-mali sbiaditi che hanno perso ogni direzione . Il suo vian-dante ha impiegato dodici anni a risvegliarsi. O almenosembra. Perch nel nostro mondo dombre anche i l risve-glio pu essere solo il prossimo sogno.

    RIPRODUZIONE RISERVATA

    Il mio inconscioin bianco e nero

    LorenzoMattotti ha lo sguardo specializzatoin nuvole animate. Le insegue da quando sta-va sotto le coperte, a occhi spalancati, dentroal foglio bianco del letto, e fuori cera la cam-pagna della sua infanzia di Bassa mantovana.Molte citt e molti viaggi pi tardi, ora che i

    suoi boschi sono i tetti di Parigi visti dalle sue grandi fine-stre di rue de Paradis, il suo bianco e nero tornato a queiprimi paesaggi immaginari. A un viandante senza nomeche si addormenta sotto al nero di un albero. Ai sassi chediventano montagne. Al cielo che sparisce dentro al labi-rinto del bosco, si alza in volo sul le ali di un uccello che hala coda del drago. E corre via inseguito dallombra chesempre ci accompagna con la sua premonizione. Che noichiamiamo destino. E che Mattotti intitola Chimera.

    Questa di Chimera una storia stramba. Senza testo.Un flusso che va dal bianco al nero. Una linea che evolve.

    Una corda tesa sul nulla e la sua vertigine, dice dalla suaconsueta lontananza di narratore fermo sul molo dei con-gedi che guarda partire le sue storie per il loro viaggio inpubblico. Le prime trenta tavole sono del 1999, le ultimeventiquattro della scor sa estate. In mezzo ci sono molte vi-te, uninfinit di viaggi e di colori, i figli, la fatica, la depres-sione, il successo, i libri tradotti in tutto il mondo, i quadri

    IL LIBRO

    Chimera

    di LorenzoMattotti(Coconino Press- Fandango,56 pagine,18 euro) in libreriada domani

    PINO CORRIAS

    Repubblica Nazionale

  • 8/3/2019 2011-12-04 in Viaggio Con Annie

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    LA DOMENICAs 36

    DOMENICA 4 DICEMBRE 2011

    Ancora oggi pi che un regista si considera uno scrittore,

    mentre coltiva anche unaltra antica passione: il disegnoIl mondo per continua ad acclamarlo per i suoi film pieni di musica,

    come The Commitmentse Pink Floyd - The WallQui racconta del suo originalissimo rapporto

    col grande schermo. Iniziato nel sottoscala

    di unagenzia di pubblicit

    SpettacoliSaranno famosi

    CULT

    Le locandinedi tre film cultdiretti da AlanParker: dallaltoEvita (1996),Sarannofamosi(1980)e TheCommitments(1991)

    THE WALL

    La locandinadel film

    Pink Floyd- The Wallche lannoprossimocompie 30 anni

    IL FESTIVAL

    Con oltre 400 titoli tra anteprime,retrospettive e omaggi tornaa Torino, dall8 al 17 dicembre,la XII edizione di SottodiciottoFilmfestival, la rassegnadi cinema fatta da e per i pi giovani

    Ad Alan Parker, che sar ospitedel festival, dedicatauna retrospettivache ne ripercorre la lunga carrieraattraverso pellicole diventate

    leggendarie, da Saranno famosi(1980)aEvita (1996), daFuga di mezzanotte(1978) a The Wall(1982)Info: www.sottodiciottofilmfestival.it

    Repubblica Nazionale

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    s 37

    DOMENICA 4 DICEMBRE 2011

    Quando penso a Roger Waters mi deprimo

    And meglio con Peter Gabriel e poi anche con MadonnaMa i migliori in assoluto furono i ragazzi di Dublino,l anche se non sei capace di suonare almeno sai fare finta

    nema. Era brutta gente. E se vero che se fai un filmavere a che fare con i produttori non cosa facile, altrettanto vero che ci sei abituato. Se invece timetti a lavorate con una rocknroll band, i musi-cisti avranno le loro idee, la casa di produzione lasua, il manager unaltra ancora. E io volevo asso-lutamente evitare tutto questo.

    Poi gli anni passarono e and tutto molto me-glio con Peter Gabriel: Birdy Le ali della libertfu unesperienza bellissima.

    * * *The Commitments: il film che mi ha pi diver-

    tito fare, ogni mattina a Dublino non vedevo loradi andare a lavorare. Ma una fiction che solo in-cidentalmente parla di musica. Il fatto che in Ir-landa tutti cantano o suonano strumenti, e anchese non sono capaci fanno finta di esserlo. Ovvia-mente nel film la musica fa comunque la parte delleone. Tutte le scene vocali vennero registrate dalvivo, esattamente lopposto di quel che accade ingenere. Di solito prima si registra la musica e poi lasi diffonde sul set in modo che le riprese, effettua-te da angolazioni diverse, siano ad essa coerenti.Generalmente sul set si canta e si suona in play-back. Hollywood ha sempre fatto cos. InThe Com-mitments, invece, visto che i microfoni erano mol-to vicini agli attori, abbiamo utilizzato un sistemache mi permetteva di girare con le parti vocali ese-guite dal vivo. In Evitafeci esattamente lopposto,abbiamo realizzato la colonna sonora prima di ini-ziare le riprese: quattro mesi e mezzo chiuso in unostudio a registrare musica, con Madonna semprea fare un sacco di domande alle quali dovevo esse-re in grado di rispondere: quale sarebbe stata la suaposizione sul set, quali gesti avrebbe dovuto com-piere... Devo dire che quella donna ha unetica dellavoro incredibile.

    * * *Ci sono film che amo rivedere e altri no. Pink

    Floyd The Wall stato unesperienza deprimen-te e cerco di pensarci il meno possibile. Roger Wa-ters, di recente, mi ha invitato a vedere la versio-ne teatrale che sta portando in giro e mi ha fattotornare alla mente brutti ricordi. Del resto diffi-cile capire se un film ti caro oppure no perch haavuto molto successo oppure no; oppure se ti caro o meno per i ricordi che p orta con s. Io rien-tro in questa seconda categoria. E se cos, in ge-nerale posso dire di essere stato fortunato. Lamaggior parte dei fi lm che ho fatto sono state del-le belle esperienze. Non voglio dire che per fareun buon film devi per forza essere circondato dagente simpatica. Ci sono film bellissimi nati su setmolto conflittuali. Un ambiente difficile non de-termina necessariamente un buon film o unbrutto film. Per abbastanza vero che se il climasul set positivo si lavora meglio.

    Tutto ci detto ci sono film, come Il conformi-staoUltimo tango a Parigidi Bernardo Bertoluc-ci, che vengono ri-scoperti da generazioni sem-pre nuove. Ed una cosa straordinaria. Ed suc-cesso anche aPink Floyd The Wall. Niente di ma-le. Pi gente acquista il dvd, pi io ci guadagno.

    (Testi tratti daAlan Parker,a cura di Stefano Boni e Massimo Quaglia,

    Edizioni di Cineforum, Bergamo 2011) RIPRODUZIONE RISERVATA

    Le mieorigini sono proletarie. E consi-derato lambiente che frequentavo,se fossi andato in giro a dire che so-gnavo di fare il regista cinematografi-co mi sarei preso un pugno sul naso.In realt a scuola ero decisamente

    bravo a scrivere e a disegnare, e infatti la mia veraambizione era di diventare uno scrittore. Ancoraoggi mi ritengo uno scrittore prestato alla regia. Eancora oggi credo che sia la scrittura la parte pibella del mio lavoro. Mi sorprende sempre che cisiano registi che non scrivono, una cosa che pro-prio non capisco. Stephen Frears, ad esempio,non scrive una sola parola: si limita ad aspettare laconsegna della sceneggiatura finita. Io invece scri-vo sempre, e faccio dei cambiamenti anche la seraprima di una ripresa. Quando scrivi, realizzi il filmnella tua testa. Poi vai sul set e fai il film una secon-da volta. Successivamente, durante il montaggio,lo fai una terza volta. Ed qui, nella parte finale, chesi trova unaltra delle fasi che amo del mio lavoro: il missaggio del suono, quando tutte le immagi-ni sono assemblate con il sonoro. un momentobellissimo, perch tutto torna e per la prima voltavediil tuo film. E poi ci sei solo tu, i tecnici del mix,i montatori: una mezza dozzina di persone.

    * * *Comunque sia e comunque sia andata, la verit

    che sono stato molto fortunato se teniamo con-to che venivo da Islington, nord di Londra. Alle-poca cerano le cosiddettegrammar schoole sele-zionavano un numero limitato di ragazzini pove-ri da mandare in ottime scuole. Io fui scelto, e quel-la fu la mia vera svolta.

    Dopo le superiori non andai alluniversit. Fuiinvece assunto da unagenzia pubblicitaria. Fa-cevo dei lavoretti semplici, come smistare la po-sta, ma i copywriter e lart directormi davanosempre delle cose da fare. Mi chiedevano, adesempio, di inventare in poco tempo lo slogan

    per un whisky e io li accontentavo. Finii per in-ventarne sempre di pi e, alla fine, mi promosse-ro ajunior copywriter. Gli anni Sessanta a Londrafurono un periodo rivoluzionario, tutto era in tra-sformazione. Soprattutto in ambito artistico emusicale. Accadde la stessa cosa in pubblicit eio ebbi la fortuna di trovarmici in mezzo. Il mon-do della pubblicit era molto democratico: nes-suno mi chiedeva quale universit avessi fre-quentato, bastava che mostrassi quello che sape-vo fare. Anche se ero giovanissimo, molti mieislogan ottennero un grande successo. Eravamoagli albori della pubblicit televisiva e ottenni unpiccolo budget per fare degli esperimenti nellacantina dellagenzia per la quale lavoravo. Io scri-vevo la sceneggiatura degli spot, ma delle ripresee del suono si occupavano altri colleghi. Ero lu-nico a non saper fare nulla di tecnico. Mi limita-vo a dire: Azione!. Ad un certo punto mi ri trovaia fare io il regista, e gli spot divennero sempre piambiziosi. Cos finii per pensare che forse avreidovuto realizzare dei lungometraggi.

    * * *

    A seconda del Paese in cui vado, mi pre sentanocome il regista di Fuga di mezzanotteoppure di Angel Heart, Saranno famosi, Mississippi Bur-ning, Birdy. Tutti film uno diverso dallaltro. Ma vero che apparentemente nella mia carriera mol-

    ti sono stati film musicali. Dico apparentementeperch in realt, secondo me, appartengono a ge-neri diversi.Piccoli gangsters, per la sua struttura, un musical hollywoodiano classico. stato ilmio film desordio ed nato in auto, mentre por-tavamo i nostri quattro figli nella casa di campa-gna, nel Derbyshire, Inghilterra settentrionale.Da Londra era un viaggio lungo, i bambini stava-no seduti dietro e io per intrattenerli raccontavoloro una storia intitolata Bugsy Malone. Il pigrande, che aveva otto o nove anni,mi chiese se potessero essereloro i protagonisti. Fu cosche mi venne in mentedi fare un film soltan-to con attori bam-bini. Era unideaassurda, ridi-cola, una diquelle coseche fai solose sei allini-zio dellac a r r i e r a .F r a n c i sFord Cop-pola, cheama moltoquel film,mi disse che il tipico filmdiretto da und e b u t t a n t esprovveduto. Eaveva ragione.

    Adesso non mi ver-rebbe mai in mente diimbarcarmi in un progettodel genere tanto pi che i mu-sical in quel momento erano completa-mente fuori moda. Ci detto devo confessare che

    proprio un musical il mio film nel cassetto, quel-lo che ho scritto e che non sono mai riuscito a pro-durre: si chiamaBlood Brothers, ed una delle co-se migliori che ho fatto.

    * * *Saranno famosi un film musicale per eccel-

    lenza. Ma dal mio punto di vista semplice menteun film in cui io, da inglese, osservo la vita in Ame-rica: e cosa c che sintetizza la vita in America me-glio del mondo dello spettacolo? (Alla fine del filmvolevo uccidere tutto il cast. I ragazzi non eranogranch simpatici. Del resto anche io con molti diloro sono stato davvero duro).

    Pink Floyd The Wall stato invece il tentativo diraccontare una storia soltanto con la musica e conle immagini. E seThe Commitments stata lespe-rienza pi appassionante della mia vita, devo am-

    mettere cheThe Wall stata la pi deprimente. La-vorare con Roger (Waters, ndr) stato difficilissi-mo. Allinizio non era previsto che io fossi il regista,il mio ruolo era quello di p roduttore e avevo pro-messo a Roger che lavrei solo aiutato a scrivere. Al-la fine, per, mi consegn nelle mani questa suafolle idea, e io mi ritrovai a dover interpretare quelche lui avrebbe voluto dire. Alcune parti della suastoria erano molto chiare, altre non lo erano affat-to. Comunque del tutto evidente che il problema

    vero era il rapporto tra me e Roger. Nonabbiamo mai litigato per questioni

    artistiche, solo per questioni diego. Lui era responsabile

    del suo mondo e io delmio. E i due mondi fi-

    nirono per andare asbattere. Sui titoli

    di testa cera scrit-to: Un film diAlan Parker; lui

    lo fece cambia-re in Un film diAlan Parker, diRoger Wa-ters.

    Non mi so-no divertito per

    niente, fu une-sperienza dav-

    vero patetica. Cidetto, devo am-

    mettere che moltedelle migliori se-

    quenze animate me letrovai gi belle e pronte

    grazie ai Pink Floyd che ave-vano organizzato un tour dal-

    limpianto molto teatrale. Avevanoalle spalle un muro gigantesco sul quale

    proiettavano queste immagini. Anche la bellissi-

    ma sequenza dei due fiori che fanno lamore e chepoi si autodistruggono era gi pronta, come purele sequenze dei martelli in marcia e quelle del fa-scismo. Il mio compito stato solo quello di incor-porarle nella parte di film girata dal vero.

    In seguito ricevetti molte proposte per girare deivideoclip (del resto quello era anche il periodo incui veniva lanciataMtv) ma io ho sempre rispostodi no col senno di poi evidentemente sbaglian-do perch i videclip rendono molto. Ma franca-mente credo che la ragione del mio diniego sia sta-ta proprio il ricordo di quanto fosse stato depri-mente lavorare con Roger Waters. Gli altri membridella band erano persone fantastiche: David Gil-mour, Nick Mason. Ma lui mi fece passare la vogliadi lavorare con i musicisti. Il mondo dellindustriadiscografica, che adesso, con iTunes, molto cam-biato, allora era squallido, peggio di quel lo del ci-

    ALAN PARKERIl cinema la colonna sonora

    LE VIGNETTE Da sinistra: Abbiamo dimenticato di scrivere il nome del film; Madonna e il suo vocal coach: No mia cara, unaltra volta ancora: Do, Re, Mi, Fa...; Questo Carl, il sequel del mio primo marito

    ALANPARKERWILLWRITEANDDIRECTFOR

    FOOD,SOUTHBANKPUBL.,LONDRA2005

    Repubblica Nazionale

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    10/14

    Programmatore

    Grafico, Web designer

    Consulente

    Pr & Marketing

    Dirigente

    Giornalista

    Architetto

    Artista, fotografo

    Proprietario di Coworking

    Altro

    Fino a 19 anni

    da 20 a 29 anni

    da 30 a 39 anni

    da 40 a 49 anni

    da 50 a 59 anni

    oltre i 60 anni

    Cosa fa

    34 %

    12 %

    12 %

    9 %

    5 %

    5 %

    3 %

    3 %

    3 %

    14 %

    Quanti anni ha

    COWORKER

    1 %

    31 %

    44 %

    18 %

    5 %

    1 %

    LA DOMENICAs 38

    DOMENICA 4 DICEMBRE 2011

    Non si tratta di affittare una tavolo e due sedie a chi non ha un ufficio. E non neppurelultima moda internettiana. Nato sei anni fa a San Francisco, il movimentodei coworkers si sta diffondendo ovunque (Italia compresa). Entrare a far partedel network non difficile:basta avere un buon progetto e la vogliadi condividerlo. Parola di chi ci ha appena provato

    NextMezzi di produzione

    RICCARDO LUNA

    Cposta per me. Ciao ragazzi/e,stiamo organizzando un pri-mo incontro per Fronteggiarela Crisi INSIEME. Ci troveremosulle colline reggiane il 3 e 4 di-cembre. Costi contenuti, nes-

    suno scopo di lucro e voglia di stare I NSIEME.Pling! Cari hubbers, dobbiamo prendere altre

    3 scrivanie per il nostro ufficio, il budget purtrop-

    po tipo-Ikea, ma sarebbe carino trovare altre so-luzioni di riuso, recupero, ecc. se avete idee, do-vete liberarvi di 3 postazioni, o altro, fateci sape-re! grazie mille!!

    Pling! Buongiorno!, sono una hubber di Ro-vereto! Vorrei chiederti se puoi mandare aimembri di Milano un evento che sto organiz-zando per Capodanno. Grazie mille davvero ebuon lavoro!

    Pling! Cari Hubbers, provo a raccontarvi chisiamo e cosa facciamo qui nel nostro angolo deinerd. Le nostre case stanno per essere invase daforni, lavatrici, lavastoviglie, televisori, bilance euna serie di altri interessanti oggetti che potran-no essere virtualizzati e controllati da remoto.... Ilprogetto T. stato concepito circa 2 anni fa comeservizio unificato per gestire tutti questi oggettied essere pronto, quando il futuro sar presente,con la propria soluzione... Siamo qui per qualsia-si domanda.

    Pling! Buongiorno! Vi scrivo per ricordarviche domani alle 19, allEco Bookshop di Valcuci-ne, Lisa Casali presenter il suo libro Cucinare inlavastoviglie. Gusto, sostenibilit e risparmio con

    un metodo rivoluzionario e racconter segretie virt di questa tecnica apparentemente bizzar-ra ma molto salutare....

    Pling! Ciao a tutti hubbers, credo che questoarticolo dove descrive come saranno suddivisi i

    finanziamenti sullasse innovazione sociale pos-sa interessarvi! A presto.

    Benvenuti. Vi presento i miei nuovi amici. Sichiamano hubbers, vogliono cambiare il mondoe non aspettano che qualcuno lo faccia per loro.Intanto ci provano. La loro energia si chiama in-novazione, la loro arma una startup, il loroobiettivo non sono i soldi, ma fare delle cose so-cialmente utili (e quindi cercano in genere i soldinecessari a realizzare un progetto non ad arric-chirsi). Il loro modo per farle stare assieme: una

    scrivania accanto allaltra, contaminazione di in-telligenze e di idee, condivisione della rete wifi edella cucina. La loro casa si chiama The Hub,lhanno creata Nicol Borghi, Alberto Masetti-

    Zannini e Federica Scaringella. Sta a Milano in viaPaolo Sarpi, in quello che per molti resta il quar-tiere cinese. Ma in realt gli hubbers sono a casain tutto il mondo: in Italia hanno gi aperto unasede in Trentino, una in Sicilia e stanno per sbar-care a Roma, Bari e Trieste. Li ho incontrati ormaiun paio di mesi fa: un giorno mi sono accorto cheil mio ufficio non era pi in un luogo fisico, ma eranel mio zaino. Un laptop, un tablet, alcuni cari-catori, una chiavetta Usb. Tutto qui. Con un ami-co cercavamo un posto dove lavorare assieme a

    un progetto e cos siamo entrati nel network. Cihanno dato una scrivania di cartone, una pas-sword per il wifi. E siamo diventati hubbers.

    Questa non una moda, un movimento

    mondiale. Si chiamacoworking. nato sei anni faa San Francisco, quando Brad Neuberg, un pro-grammatore molto sveglio e molto hippy, preseun locale all801 di Minnesota Street, lo riemp dimobili Ikea e in pratica disse: se vi serve una scri-vania per realizzare il vostro progetto, prendete-la. In affitto. Quel posto si chiamava Hat Factoryed diventato un mito perch quel gesto appa-rentemente banale di Neuberg ha innescato unarivoluzione sociale. Tornate un attimo con lamente a quegli anni, in Silicon Valley: la prima

    bolla di Internet ormai lontana ma la ripresa de-ve ancora arrivare. In giro pieno di smanettonigeniali che lavorano dove capita: anzi, dove pos-sono collegarsi a Internet con il loro laptop. Nei

    *COWORKING

    Si intende il ritrovo socialedi lavoratori che, sebbene

    continuino a lavorarein modo indipendente

    oltre a uno spaziocondividono alcuni valori comuni:

    collaborazione,disponibilit, circolazione

    del proprio sapere

    80%di spazi coworking

    appartengono ad aziende

    private, il 13% a organizzazioni

    no profit, il 7 % a isti tuti

    governativi e altro

    1129i centri coworking

    in tutto il mondo,

    la maggior parte dei quali

    dislocati negli Stati Uniti

    (531) e in Europa (467)

    1999lanno in cui viene

    coniato il termine

    coworking, dal 2005

    utilizzato per indicare

    uno spazio fisico

    FONTE: SECOND GLOBAL COWORKING SURVEY (DESKMAG)

    WORCOLavorare

    insieme

    non stanca

    Repubblica Nazionale

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    11/14

    Dove sta

    49 %

    18 %

    11 % 13 %

    10 %

    7 % 4 %

    2 %

    5% 3%

    1%

    65 %

    Freelance, libero professionista

    Imprenditore con impiegati

    Impiegato di una compagnia con meno di 5 dipendenti

    Impiegato di una compagnia con 6-99 dipendentiImpiegato di una compagnia con pi di 100 dipendenti

    Studenti

    Altro

    12%

    NORD AMERICA

    EUROPA

    s 39

    DOMENICA 4 DICEMBRE 2011

    COWORKINGPROJECT.COM

    Offre la knowledge base pi guideoperative e legal-fiscali, usodel marchio registrato per un anno(250 - 500 euro). Il networksi compone di 54 spazi in 39 citt

    WWW.THE-HUB.NET

    una rete internazionale di 30 spaziche raccoglie oltre 5.000 imprenditoriNato a Londra nel 2005, il network siestende ormai sui cinque continentiTariffe dai 20 ai 790 euro al mese

    WWW.TALENTGARDEN.COM

    Aperto pochi giorni fa a Bresciaoffre spazi in affitto (un mese costa250 euro, unora 5) a professionistie startupper con background diversiper dare vita a nuove creativit

    LIFEOFTHEFREELANCER.COM

    Nel 2005 Brad Neuberg,un giovane programmatore, lanciail primo esperimento di coworking:all801 di Minnesota Street,San Francisco

    ESEMPI

    tanti libri a loro dedicati li chiamano i nomadicworkerso beduini, perch vagano inseguendoreti wifi come fossero oasi di acqua, dove colle-garsi e lavorare. Il loro luogo preferito la catenadei caff Starbucks che offrono connettivit gra-tis a chi consuma (mai i caff sono stati tanto van-taggiosi per un cliente). In questo contesto la pro-posta del coworking spopola. Non si tratta solo diaffittare una scrivania, questo lo fanno gi i busi-ness center: si tratta di stare vicini a persone checondividono passione per linnovazione. Di en-

    trare in un network di creativit e voglia di fare.Il coworking contagioso. Due anni fa il

    copywriter milanese Massimo Carraro che avevauna sede troppo grande a Lambrate, ha provato

    a farne un Cowo: il successo stato tale che con laformula del franchising ha aperto 54 spazi in 39citt. Il suo modello molto pi semplice di TheHub: hai uno spazio? Condividilo, che tu sia ar-chitetto, avvocato o designer non importa, allar-ga la tua rete. Il coworking non un progetto dibusiness, un progetto di network. Quello checonta sono le persone, spiega Carraro che qual-che giorno fa ha ricevuto nel Cowo di Lambratelassessore alle politiche del lavoro del comune diMilano, Cristina Tajani, che sta studiando il fe-

    nomeno per rispondere a una domanda fonda-mentale: questi luoghi possono essere uno stru-mento per combattere la disoccupazione inco-raggiando limprenditoria? La risposta s. Lo di-cono decine di ricerche che testimoniano la pro-duttivit di chi sceglie questa strada (il rischiosemmai leccesso di lavoro, il coworker non haorario, si ferma quando a corto di creativit).

    Ma pi di tutti lo dice quanto accaduto qualchegiorno fa a Brescia. Il primo dicembre si inaugu-rava il nuovo spazio di coworking a Brescia: sichiama Talent Garden e lo ha creato un giovanestartupper di genio, Davide Dattoli. Lui ha solo 21anni, alle spalle un successo notevole con la suasociet di social media marketing, poi la voglia difare altro, perch i soldi non sono tutto. Lidea diTalent Garden attrarre solo persone di qualitche si occupano di Web e innovazione. A loro di-sposizione, 750 metri su due piani, 56 scrivanie;una bolla sospesa per pensare, una playstation,sale riunioni in vetro per vedere come lavoranogli altri. Per essere ammessi qui non basta pagare250 euro al mese, c un esame tosto: i 150 ragaz-zi che hanno fatto richiesta sono stati messi in ga-

    ra con una presentazione di cinque minuti luna.Spiega Dattoli: Dobbiamo contaminarci. I ta-lenti ci sono in ogni citt. Se li portiamo in un uni-co posto, creeremo qualcosa di bellissimo.

    RIPRODUZIONE RISERVATA

    40%i coworkers che frequentano

    quotidianamente

    gli spazi condivisi,

    il 15% vi accede

    solo un paio di volte al mese

    53% 1MESEla durata massima di un progetto

    su tre intrapreso

    in uno spazio hub

    Le donne impiegano meno

    tempo degli uomini

    gli spazi coworking

    che si trovano in citt

    con pi di un milione

    di abitanti. Solo il 3%

    in piccoli centri

    FO

    TOG

    ETTY

    ING*Brad NeubergFondatore di Hat Factory

    Sembrava che la scelta fosse

    tra lavere un lavoro,con una struttura e dei colleghi,e lessere un freelance, liberoe indipendente. Perch non potevoavere entrambe le cose?

    Hat Factory Cowo The Hub Talent Garden

    Repubblica Nazionale

  • 8/3/2019 2011-12-04 in Viaggio Con Annie

    12/14

    LA DOMENICAs 40

    DOMENICA 4 DICEMBRE 2011

    C il bollito, decisamentefemminile per tuttele attenzioni che richiedeC larrosto, cos maschionel forno o alla grigliaE in mezzo ci sono gli umidi,brasati e stufatiIl freddo alle porteaccendetei vostri fuochi

    I saporiProteine

    Gli indirizzi

    SALUMERIA BRUNO E FRANCOVia Oberdan 16BolognaTel. 051-233692

    MACELLERIA ZIVIERIPiazza XXIV Maggio 9Monzuno (Bo)

    Tel. 051-6771533

    LA BOTTEGAVia Porrettana 298Sasso Marconi (Bo)Tel. 051-841143

    OSTERIA BOTTEGAVia Santa Caterina 51BolognaTel. 051-585111Chiuso domenica e lunedMen da 35 euro

    MARCONI

    Via Porrettana 291Sasso Marconi (Bo)Tel. 051-846216Chiuso domenica sera e lunedMen da 55 euro

    ANTICA TRATTORIA BELLETTIVia Lavino 499Localit Monte San Pietro (Bo)Tel. 051-6767004Chiuso lunedMen da 25 euro

    LODOLE COUNTRY HOUSELocalit Lodole 325Monzuno (Bo)Tel. 051-6771189Camera doppia da 90 eurocolazione inclusa

    MOLINEVENTIDUE B&B

    Via delle Moline 22BolognaTel. 348-9996506Camera doppia da 120 eurocolazione inclusa

    LOCANDA DEI CINQUE CERRIVia Val di Setta 121Sasso Marconi (Bo)Tel. 051-847734Camera doppia da 85 eurocolazione inclusa

    DOVE DORMIRE DOVE MANGIARE DOVE COMPRARE

    Carnidell

    Le

    inverno

    TacchinellaDue limoni bucherellati e rosmarinoallinterno, sale, pepe e lardellaturadi pancetta allesterno

    In forno per tre ore, sfumandocon un poco di vino bianco

    mentari: chi fa la spesa e chi cucina, chi organizza e chi allestisce tavole e sale. Impossi-bile affrontare il tourbillon delle feste di fine anno senza il puntello di pranzi e cene pen-sati e provati. Impensabile lasciare fuori dai men le carni, spesso cucinate allinsegnadella pazienza. come se volessero addormentarsi nelle pentole colme dacqua, pron-te al miracolo del brodo, del midollo, di lingua e testina che avvincono con la loro consi-stenza gelatinosa, tremolante. Al di l dei sette tagli previsti dalla relig ione del bollito mi-sto, innamorano le tipologie di carne, introvabili sulle tavole della quotidianit lontanodallinverno. Un elenco che, a esclusione dei vegetariani, mette i brividi di piacere al pia-neta dei mangioni: lingua, testina, coda, zampino, gallina, cotechino, rollata, da accop-piare con salse e bagnetti assortiti (verde, rossa, al miele, mostarda, rafano, cugn...). Nel-la tabellina del sette che regola la preparazione dei bolliti, fa eccezione il ventaglio deicontorni, composto di soli cinque alimenti: patate lesse, funghi trifolati, spinaci al bur-ro, cipolle in agrodolce e limmancabile tazza di brodo. Se il bollito antropologicamen-te femmina perch esige la mediazione dellacqua e laccudimento domestico gliarrosti sono irrevocabilmente maschi: forno, brace, griglia, dove domare le carni pi dif-

    ficili, come capretto, piccione e selvaggina. Da cucinare con addosso il gilet imbottito eun bicchiere di rosso serio in mano. In mezzo, troverete i cosiddetti umidi, dove il liqui-do alcolico (brasati) o a base di brodo (stufati). In caso di astinenza da verdure, un me-stolo di minestrone ben fatto rimetter a posto i conti di fibre e sali minerali.

    LICIA GRANELLO

    aggettivo dice molto. Carnale. Che si riferisce al corpo, recita il dizionario, eleggendo iltermine libidinoso come primo sinonimo. Tutta colpa della carne, intesa come insiemedi pulsioni pi o meno peccaminose. Ma lavvento del primo freddo serio, quando il ter-mometro si avvicina a quota zero, rimanda a un altro tipo di carnalit. Perch se lestate fatta di sfizi leggiadri, piatti preparati in punta di forchetta, carpacci e crudit, cottureimpalpabili e salse lievi come un tulle, linverno si porta appresso la voglia di ricette pisostanziose e robuste. Carnali, appunto. A inizio di dicembre, le cucine di casa scaldano

    i fornelli in vista del superlavoro natalizio. Sono i giorni in cui si comincia a indagare con

    il macellaio di fiducia se ha sempre quellamico che alleva polli felici, maiali cresciuti consiero di latte e verdure invece che a mangimi, mucche lasciate libere di brucare in pace.Una sorta di allenamento culinario, a colpi di farciture tradizionali e mix di spezie, pen-tole in formato maxi e trinciapolli nuovi di zecca, memoria di ricette dantan e trucchidautore imparati tra giornali, Internet e tv. Dicembre richiama tutti ai propri doveri ali-

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    Dal pentolone alla brace

    L

    Repubblica Nazionale

  • 8/3/2019 2011-12-04 in Viaggio Con Annie

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    s 41

    DOMENICA 4 DICEMBRE 2011

    LA RICETTA

    Per il risotto280 gr. di riso vialone nano

    100 gr. di caprino30 gr. di latte intero

    30 gr. di cipolla

    50 gr. di olio extravergine

    brodo di carne qb

    Per la battuta di agnello130 gr. di carne magra

    1 foglia di maggiorana2 gr. buccia di arancia

    sale e pepe qb

    Per il pur di topinambur150 gr. di topinambur

    30 gr. di cipolla

    50 gr. di extravergine

    Risotto mantecato al caprino, battuta di agnello e topinambur

    FaraonaFarcitura con salsiccia rosolata, Parmigiano,pane ammollato nel latte, uovo sbattuto. A piacere:castagne, prosciutto, funghi. Servire con patate

    Bollito mistoSette tagli di polpa (tenerone, spalla, scaramella,muscolo, stinco, fiocco, cappello del prete), setteammennicoli (dalla lingua alla gallina) e sette salse

    SpezzatinoVitello, manzo, asino, agnello: bocconi di spallao polpa, spadellati e infarinati, bagnati con vinoe brodo. A bollore, passata di pomodoro e odori

    CapponeCipolla, sedano, carota e pepe per aromatizzarelacqua di cottura. Quando bolle mettere il capponetogliendo la schiuma. Brodo ottimo per i tortellini

    CaprettoTagliato a pezzi, marinato mezzora nel vino bianco,asciugato e rosolato. Poi in forno, con pomodorie rosmarino. A met cottura aggiungere le patate

    BrasatoMarinatura nel vino rosso, con carota, sedano,alloro, chiodi di garofano, noce moscataIn casseruola a rosolare e due ore di cottura col vino

    l viaggionella grassa Emilia, patria di carni squisite e di celebrati salumi,mi piace farlo in compagnia di Ortensio Lando, medico e letterato mi-lanese, che nel 1548 pubblic un singolareCommentario delle pi no-tabili e mostruose cose dItalia e daltri luoghi, raccontando il nostro Pae-se da un punto di vista gastronomico: come attraversarlo, e conoscerlo,da sud a nord, fermandosi di citt in citt ad assaggiare le migliori spe-cialit alimentari che i vari mercati potevano offrire. A Bologna, racco-mand di non tralasciare per nulla al mondo i meravigliosi salcicciot-ti, i migliori che mai si mangiassero, buoni crudi, buoni cotti, buoniin qualsiasi momento della giornata: a tutte lore ne aguzzano lappe-tito e fanno apparire il vino saporitissimo, ancora che svanito e scia-

    pito molto sia. Lando acui piaceva portarnesempre nella saccoccia rivolge un grato pensie-ro a chi seppe inventarli:benedetto chi ne fu lin-ventore, io bacio e adoroquelle virtuose mani.

    La grassa Bologna fu ce-lebrata, nei secoli, ancheper labbondanza di gra-

    no, di verdura, di frutta: luva e le olive delle sue campagne, gli enormicardi e i finocchi dolcissimi facevano mostra di s sui banchi del merca-to e stupivano i viaggiatori. Ma erano soprattutto le carni a essere cele-brate. Giusto al confine fra lEmilia del maiale e la Romagna della peco-ra, Bologna sembrava sintetizzare la ricca cultura gastronomica di que-sta regione, le sue antiche e differenziate vocazioni produttive. Allavvi-cinarsi del Natale, per, queste differenze sfumavano: il predominio delmaiale e della pecora lasciava il posto ad altri animali, ad altre carni. At-torno ai grandi bolliti di manzo tutti si stringevano, mentre in pentolabolliva il cappone, quel rimminchionito animale (come lo definirPellegrino Artusi) che per sua b ont si offre nella solennit di Natale inolocausto agli uomini.

    Sulla strada

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    I

    Ingredienti per 4 personePurRosolare la cipolla e aggiungere i topinambur, lasciandone

    da parte uno. Stufare, coprendo con acqua, frullare e passare

    al setaccio. Friggere il topinambur rimasto tagliato sottile (chips)

    BattutaBattere la carne al coltello, condire con sale, pepe, buccia di arancia e maggiorana

    Formare un cerchio con la battuta di agnello di 3 mm di spessore e conservare in frigo

    RisottoPreparazione classica del r isotto. Poi aggiungere di tanto in tanto il pur

    Mantecare con il caprino ammorbidito con latte e olio extravergine di oliva

    Nel piattoVersare un mestolo di riso al centro, adagiarvi sopra il disco di agnello,

    dei cucchiai di pur di topinambur, le chips e qualche fogl iolina di maggiorana

    Emilia e Romagnaunite dal capponeMASSIMO MONTANARI

    ILLUSTRAZION

    EDICARLOS

    TANGA

    Valeria Piccini gestisce

    col marito Maurizio

    Da Caino nel cuore

    della Maremma, terra

    di grandi carni, preparate

    con maestria comein questa ricetta ideata

    per i lettori diRepubblica

    Repubblica Nazionale

  • 8/3/2019 2011-12-04 in Viaggio Con Annie

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    LA DOMENICAs 42

    DOMENICA 4 DICEMBRE 2011

    A dieci anni ubbid alla mammae si iscrisse alla scuola di ballodi Kiev. A diciotto era gi protagonista

    al Mariinskijdi San PietroburgoPoi, toile al Bolshoie ospite alla Scaladove torner a febbraioUna carriera, dice,pagata a caro prezzo

    La faticaspesso terribile,la stanchezza sembranon abbandonarti maiEppure si va avanti

    ROMA

    E

    ra un bel po di tempo chenon si vedeva una diva co-s nel mondo della danza,adorata da gruppi di devo-

    ti fan, oggetto di venerazione per schie-re di ragazzine, guardata con incantodal pubblico, contesa dai teatri interna-zionali. Svetlana Zakharova, ucraina, lapi grande artista del balletto mondia-le, toile al Bolshoi di Mosca, toileospite alla Scala di Milano, Artista Eme-rita della Russia, cancella ogni traccia didivismo fuori dal palcoscenico. Entranel salottino al secondo piano del Tea-tro dellOpera di Roma dove solo unpaio di mesi fa stata applaudita inunedizione sfolgorante de La Bayad-redi Minkus e non cammina con laleziosit che le ballerine classiche spes-so mantengono nella vita quotidiana. una ragazza di trentadue anni, in jeanse maglioncino grigio, alta, sottile, i ca-pelli neri sciolti sulle spalle, senza un fi-lo di trucco e il celebre corpo capacedi esprimere tenerissimi amori e strug-genti solitudini, come nellindimenti-

    cabile Odile del trionfale Lago dei cigni,nella piccola Masha de Lo schiacciano-ci, nella bella Giselleo nella seduttivaamante de Lhistoire de Manon leg-gero come un velo di organza.

    Pallida, timida, si siede in un angolodel divanetto ottocentesco. La schiena

    dritta, simpatica e sfuggente, a tratti du-ra, innanzitutto con se stessa: Se il ri-sultato di quello che faccio piace allagente ed un ideale per tutti i ballerinigiovani, ne sono felice dice parlandoin russo perch con linglese non riescea raccontarsi Ma quando ballo nonpenso al successo. Sono molto criticacon me stessa, non mi sento mai, nean-che per un momento, unartista ecce-zionale. Eppure in quattordici annicinquantaquattro spettacoli di cui unatrentina da artista ospite,sonouna cosaeccezionale. Collegi, scuole, insegnan-ti materne e severe, concorsi, e poi tan-ta disciplina, la disciplina tremendadelle lezioni e degli allenamenti, unaprigione da cui non si scappa. E pensa-re che da piccola non sognavo di diven-tare una ballerina. Quando a dieci annimi sono iscritta alla scuola di ballo diKiev, era perch lo voleva mia mamma.Io ho obbedito. Ricordo che ceranotanti bambini, mi sembravano tuttibravi, sicuramente pi di me e tutti conla voglia di vincere. Cera chi facevaquella selezione anche per la terza vol-ta. Non pensavo di riuscire a entrare. Einvece mi presero. Mi sentii per la primavolta molto importante, racconta. Mi

    trasferii a Kiev da sola. Seguivo le lezio-ni, mi allenavo, tutto mi veniva natura-le. Lo dicevo al telefono a mia madre elei mi rispondeva: Vai avanti, sembrafacile ma devi studiare se vuoi impara-re e se vuoi che la scuola ti sia utile.

    La vita di Svetlana sembra un ro-manzo ottocentesco che racconta unastoria di fatiche e vittorie, di severit econquiste. Mi alleno regolarmentecinque-sei ore al giorno. Quando cspettacolo lavoro tutta la giornata, sen-za orario. La fatica spesso terribile, lastanchezza sembra non abbandonartimai. Ma si va avanti. Lho imparato finda bambina. Non sono mai stata una ra-gazzina dal fisico forte, mi sono dovutaabituare alla disciplina, agli allenamen-ti. stato difficile, ho dovuto forzare ilmio corpo alle regole della danza. Maho avuto il sostegno di mia madre e so-prattutto delle mie insegnanti. Nomidi peso nel balletto, Olga Moiseyeva,Ludmilla Semenyaka che ancora oggi la

    segue al Bolshoi da ex grande ballerinadi quel teatro e che ha aiutato Svetlanaa cambiare stile, a trovare nuovi ruoli.

    Per fare carriera bisogna camminaresulle proprie gambe e Svetlana ha cor-

    so, bruciando le tappe. Nel 95 parteci-pa alla International Young DancersCompetiton, ha solo sedici anni, arrivaseconda. cos brava che la celebre ac-cademia Agrippina Vaganova di SanPietroburgo la chiama: per et ed espe-rienza dovrebbe frequentare il secondocorso e invece viene messa al terzo, laclasse del diploma. Essere presi allisti-tuto Vaganova voleva dire essere al topdella danza. Io ero la pi piccola di tuttigli allievi. Sentivo che dovevo impararetutto. Ancora una volta mi sono messasotto e ho lavorato. Ottiene il diplomaa diciottanni e stavolta a contattarla ilprestigioso Teatro Mariinskij: senzanemmeno farla passare per il corpo diballo come vorrebbe la consueta trafila,Svetlana a quellet viene messa neiruoli di protagonista. Giselle, Aurora neLa bella addormentata, Sherazade

    Come cambi la mia vita! Innanzitut-to ci trasferimmo a San Pietroburgo,mia madre e io. Per me fu uno shock. Maancora oggi dico grazie agli insegnanti.Sono onorata che le pi grandi balleri-ne del Mariinskij siano state mie inse-gnanti. La loro per me stata una lezio-ne di vita. Il Bolshoi? Certo ci sono affe-zionata, il teatro dove ho costruito ilmio stile, ma il Mariinskij fa parte dellamia formazione. Al Bolshoi ci arrivai nel2003: era la quarta volta che mi chiama-vano, fino a quel momento avevo sem-pre detto di no perch stavo bene a SanPietroburgo. Solo in quel momento misono detta: ok, adesso ora di cambia-re. Partita dalla cima rimasta semprein vetta. C chi dice che pi della tecni-ca, la vera dote di Svetlana sia naturale:il suo corpo. Per essere una ballerina alta (1,70) ma trovare le sue proporzio-ni raro: testa piccola, ossa minute, col-lo del piede giusto e gambe lunghe condoti di estensione straordinarie e capa-ci di una velocit di esecuzione rara. S,so che c qualcosa di speciale nel miofisico. Quando ero a scuola anche gli al-tri studenti lo vedevano. Io non me nesono accorta subito. Anche perch pernon fare differenze tra me e gli altri al-

    lievi, durante lanno gli insegnanti midavano gli stessi voti dei miei compa-gni, non ero una prima della classe. Maa fine anno quando cerano i saggi e ar-rivava la giuria esterna, i miei voti eranosempre i pi alti e le note eccellenti.

    A febbraio torner in Italia, sar allaScala con Gisellee a maggio conMar-

    guerite e Armand-Concerto Dsh di Ash-ton. Per tutto il 2012 non ha un mo-mento libero: La danza tutta la mia vi-ta: tutti i grandi classici li ho ballati, ilLa-

    go dei cignilho fatto in nove versioni di-verse. Il moderno? Ho ballato con Neu-meier ( Now and Then), Bojarskij(Young Lady and the Hooligan), Rat-mansky, ma non molto altro perchcontinuo a preferire il classico. statamembro della Duma dove ha lavorato aun progetto per i ragazzi per costruirescuole, perch importante crearestrutture dove i giovani possano speri-mentare e studiare in buone condizio-ni. E infondere la voglia di imparare co-

    me successo a me. Se il balletto russo conosciuto in tutto il mondo non so-lo per leccellenza tecnica che si inse-gna nelle nostre scuole, ma perch ci siiscrivono tanti ragazze e ragazze: c

    una scelta amplissima ed ovvio chequesto permette anche di poter sele-zionare il meglio.

    Mai ribellata alla mamma? Alla disci-plina? Alla fatica della danza? Per la pri-ma volta Svetlana sbotta in una granbella risata: Ribellata? No mai sischernisce davanti a una domanda chele deve apparire surreale Ma confes-so che il periodo pi bello stato quan-do ero incinta. Non solo perch tuttierano attorno a me, ma perch final-mente mi potevo riposare. Ma intantosi gi messa in testa che Anja, nata dalmatrimonio con il celebre violinista Va-dim Repin, diventer ballerina. Vivonotutti e tre a Mosca: mamma e pap qua-si sempre in tourne, la bambina affi-data alle cure della nonna che si tra-sferita nella capitale dallUcraina.Anja ha solo otto mesi. un po presto,ma sarebbe bello se ballasse. Ho chiestoa mio marito: Ti piacerebbe che diven-tasse una violinista? Per carit, mi harisposto lui. Bene, mi sono detta, a meinvece farebbe piacere se diventesseuna ballerina. Nonostante la fatica, vor-rei che imparasse anche lei quello cheho imparato io. Quando ero alla scuoladi Kiev una maestra bravissima ci dice-

    va: quando ballate dovete pensare nonsolo a muovervi o alla tecnica o al bel ge-sto armonico. Per ballare ci vuole testa.Non si pu essere stupidi. Ecco il segre-to: la bravura di una ballerina non stanella gambe, ma nella testa.

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    LincontroStelle

    FOTOT

    ASSPHOTO

    Il periodopi felicedella mia vita stato quando

    ero incintaFinalmentemi sonopotuta riposare

    SvetlanaZakharova

    ANNA BANDETTINI