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Sponsor principale

Con il Contributo

Regione Liguria Provincia della Spezia

2 0 1 0

Ente Copromotore

Assessorato alla Cultura

Enti patrocinatori

Comunedi Carro

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Si ringraziaRegione Liguria Signor Angelo Berlangieri Assessore alla Cultura Sport Spettacolo, Signor Daniele Biello Provincia della Spezia Signor Marino Fiasella Presidente, Signora Pa-ola Sisti Assessore alla Cultura, Signora Elisabetta Pieroni Comune della Spezia Signor Massimo Federici Sindaco, Comune di Carro Signor Antonio Solari Sindaco Comune di Beverino Signor Andrea Costa Sindaco, Comune di Bo-nassola Signor Andrea Poletti Sindaco, Signor Giampiero Raso Assessore alla Cultura, Comune di Rocchetta Vara Signor Riccardo Barotti Sindaco, Comune di Santo Stefano di Magra Signor Juri Mazzanti Sindaco, Comune di Sesta Godano Signor Giovanni Lucchetti Morlani Sindaco, Co-mune di Varese Ligure Signora Michela Marcone Sindaco, Signor Adriano Pietronave, Signora Maria Cristina De Paoli Istituzione per i servizi Culturali del Comune della Spezia Signora Cinzia Aloisini CAMeC Signor Giacomo Borrotti Teatro Civico Signora Patrizia Zanzucchi, Signor Luigi Lu-petti Camera di Commercio Industria Agricoltura e Arti-gianato della Spezia Signor Aldo Sammartano Presidente, Pro Loco Niccolò Paganini di Carro Signor Giuseppe Garau Presidente, Signora Teresa Paganini Associazione Amici del Festival Paganiano di Carro Sig.ra Monica Amari Staglieno Presidente Associazione Amici di Paganini Signor Enrico Volpato Presidente

Questa pubblicazione è stata curata da Andrea Barizza

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Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno

giovedì15 luglio La Spezia ore 21.00Teatro Civico

I Solisti venetidiretti da

Claudio ScimoneProgramma

Il virtuosismo strumentale da Vivaldi a Paganini

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A.Vivaldi Dall’Opera Terza L’Estro Armonico Concerto n.11 in Re min. per due violini, violoncello e archiAllegro, Adagio spiccato, AllegroLargo e spiccatoAllegroChiara Parrini Francesco Comisso, violino Gianantonio Viero, violoncello

A.Vivaldi Concerto in La min. RV 419 per violoncello e archiAllegroAndanteAllegroGiuseppe Barutti, violoncello

A.Vivaldi Concerto in Re magg. RV 93 per mandolino e archiAllegroLargoAllegroUgo Orlandi, mandolino

A.Ponchielli Capriccio per oboe e archiRossana Calvi, oboe

D.Dragonetti Concerto in La magg. per contrabbasso e archiAllegro moderatoAndanteAllegro giustoLeonardo Colonna, contrabbasso

G.Rossini Variazioni in Mibim magg. per clarinetto e archisu temi di Mosè in Egitto e La Donna del lagoLorenzo Guzzoni, clarinetto

N.Paganini Variazioni sul Carnevale di Venezia op.10 per violino e archi Lucio Degani, violino

Programma

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I Solisti Veneti, fondati nel 1959 da Claudio Scimone, sono il Gruppo Orchestrale da Camera più popolare nel mondo con i loro oltre 5.500 concerti in più di 80 Paesi e nei principali Festival Internazionali. Ospiti abituali delle più importanti reti televisive italiane e straniere, sono stati al centro di alcuni dei più significativi film o programmi televisivi di contenuto musicale. Hanno registrato, fra l'altro, l'integrale delle opere di Vivaldi e Albinoni stampate in vita e portato al successo internazionale una serie di capola­vori di grandi compositori prima dimenticati. Con l'immenso trionfo delle rappresentazioni di Orlando Furioso di Vivaldi hanno rivelato al mondo la grandezza dell'opera teatrale vivaldiana. Hanno in corso la pubblicazione dell'opera omnia di Giuseppe Tartini. Colmando una lacuna dell'editoria musicale italiana le edizioni de I Solisti Veneti hanno pubblicato una importantissima serie di cataloghi tematici di opere dei massimi compositori veneziani: Albinoni, Bonporti, Tartini, Galuppi, Platti, Torelli, Dall'Abaco, M. Lombardini. I Solisti Veneti sono stati i primi in Italia a tenere concerti nelle scuole ele­mentari e medie con programmi e presentazioni appositi. Questa appas­sionata opera di propaganda della grande musica è stata coronata dalla vittoria nella singolare manifestazione del Festivalbar 1970, decretata da 350.000 voti di pubblico giovanile. Numerosi compositori hanno dedicato a Claudio Scimone e I Solisti Veneti opere scritte apposta per il Gruppo dando vita ad una nuova letteratura per 12 o più archi solisti.

Claudio Scimone, allievo per la direzione d'orchestra di Dimitri Mitro­poulos e Franco Ferrara, ha raggiunto una reputazione mondiale sul po­dio in qualità di direttore sinfonico e di opera. Ha al suo attivo le prime esecuzioni moderne integrali di numerose opere rossiniane quali Mosè in Egitto, Maometto II, Edipo a Colono, Zelmira, Armida, Ermione, le prime vivaldiane di Orlando Furioso e di Catone in Utica, nonché infinite altre fra cui Le Jugement Dernier di Salieri, Il Nascimento dell'Aurora e Pimpinone di Albinoni, La caduta di Adamo di Galuppi,...Ha dedicato un'intensa attività alla creazione di nuovo pubblico per la grande musica e alla formazione dei giovani musicisti. E' stato docente di Esercitazioni Orchestrali presso il Conservatorio di Venezia e, per 27 anni, Direttore del Conservatorio Superiore di Padova. Molti i riconoscimenti ottenuti tra cui il Premio Grammy di Los Angeles, il Grand Prix du Disque dell'Academie Charles Cros di Parigi, quello dell'Académie du Disque Lyrique. A Claudio Scimone e a I Solisti Veneti è stato assegnato nel 2008 al Teatro La Fenice di Venezia il Premio Una vita nella musica della Fondazione Arthur Rubinstein, ritenuto il premio musicale più prestigioso in Europa.

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I Solisti Venetidiretti daClaudio Scimone Lucio Degani, violino principale Chiara Parrini, Francesco Comisso, Enzo Ligresti, Matteo Ruffo, Michelangelo Lentini, Walter Daga, violino Giancarlo Di Vacri, Silvestro Favero, viola Gianantonio Viero, Giuseppe Barutti, violoncello Leonardo Colonna, contrabbasso Rossana Calvi, oboe Lorenzo Guzzoni, clarinetto Ugo Orlandi, mandolino

Ugo ORLANDI, mandolino

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10Società dei Concerti onlus

La SpeziaCentro Studi Opera Omnia

Luigi Boccherini Lucca

Musicalwords.itCremona

Comitato scientifico: Andrea Barizza, Roberto Illiano, Lorenzo Frassà Fulvia Morabito, Luca Sala e Massimiliano SalaKeynote speakers: Prof. Vincenzo Caporaletti Università di Macerata

Prof. Rudolf Rasch Utrecht University

CAMeC Centro Arte Moderna e ContemporaneaPiazza Cesare Battisti 1

La Spezia 15-17, 2010

Oltre le Note:L’improvvisazione nella musica

occidentale dal Settecento all’Ottocento.

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Programma

Il convegno si propone di indagare l’improvvisazione nella musica nei secoli XVIII e XIX.I numerosi interventi sono distribuiti in cinque aree tematiche: 1) l’improvvisazione nella musica vocale; 2) l’improvvisazione musicale nella trattatistica e nei repertori coevi; 3) l’improvvisazione nella musica strumentale; 4) l’improvvisazione e la musica popolare nel ’700 e ’800; 5) improvvisazione e composizione. L’improvvisazione musicale sarà trattata da un punto di vista inter-disciplinare; sono pertanto inclusi studi che prendono in considera-zione aspetti etnomusicologi, sociologici, filosofici e antropologici.

Giovedì 15 luglio9.00-9.30: Registrazione e accoglienza9.30-10.00: Apertura dei lavori

10.00-11.00: Session 1: L’improvvisazione nella musica vocale Presiede: Roberto Illiano

•Damien Colas: Improvvisazione e ornamenzatione nell’opera francese e italiana nella prima metà dell’Ottocento•Laura Möckli: Abbellimenti o Fioriture: The Singer’s Creative in Nineteenth Century Opera

Pausa caffé

11.30-12.30: Session 1: L’improvvisazione nella musica vocale Presiede: Roberto Illiano

•Simone Ciolfi: Modelli d’improvvisazione nei recitativi delle Cantate di Alessandro Scarlatti•Naomi Matsumoto: Free Virtuosity and Rehearsed Traditions: A Study of the Flute-Accompanied Cadenza in Donizetti’s Lucia di Lammermoor

13.00 Pranzo

15.00-16.00: Keynote Speaker 1: Prof. Rudolf Rasch (Utrecht University): La fugacità della composizione musicale

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16.15-17.00: Presentazione dei volumi: • Nicolò Paganini Diabolus in Musica, a cura di Andrea Bariz-za e Fulvia Morabito (Brepols, 2010)• Instrumental Music and the Industrial Revolution, a cura di Roberto Illiano e Luca Sala (Ut Orpheus, 2010)• European ‘Fin de siècle’ and Polish Modernism. The Music of Mieczysław Karłowicz, a cura di Luca Sala (Ut Orpheus, 2010)

Pausa caffé

17.30-19.00 Session 2: L’improvvisazione musicale nella trattatistica e nei repertori coevi

Presiede: Andrea Barizza• Mariateresa Dellaborra: «L’orecchio più che ’l tempo dee ser-vire di guida»: l’improvvisazione nella trattatistica della seconda metà del XVIII secolo• Marina Esposito: Improvviso e improvvisazione negli scritti di W. H. Wackenroder ed E. T. A. Hoffmann• Carmela Bongiovanni: Testimonianze sulla prassi improvvisa-tiva strumentale dei musicisti italiani tra ’700 e ’800

19.30 Cena

21.00: Concerto I Solisti Veneti Claudio Scimone direttore, Teatro Civico della Spezia

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Venerdì 16 luglio9.00-10.30: Session 3: L’improvvisazione nella musica strumentale

Presiede: Fulvia Morabito• Fabrizio Ammetto: Aspetti di prassi esecutiva nei concerti per due violini di Vivaldi• Martin Edin: Cadenza Improvisation in Solo Piano Music Ac-cording to Czerny, Liszt and their Contemporaries• Klimis Voskidis: The Role of Improvisation in Liszt’s early Piano Transcriptions

Pausa caffé

11.00-12.30: Session 3:L’improvvisazione nella musica strumentale

Presiede: Luca Sala• Martin Kaltenecker: Improvisation as Oration• Renato Ricco: Virtuosismo e improvvisazione in Charles-Auguste de Bériot• Gregorio Carraro: Natura e arte nell’ornamentazione di Giu-seppe Tartini. Le sonate del ms. 1888 fasc. 1 (Padova, Archivio Cappella Antoniana)

13.00 Pranzo

15.00-16.00: Keynote Speaker 2: Prof. Vincenzo Caporaletti (UniMc)Ghost Notes. Problematiche delle improvvisazioni inaudibili

16.30-18.00: Session 4: L’improvvisazione nella musica strumentale (II)

Presiede: Rudolf Rasch• John Lutterman: Cet art est la perfection du talent: Chordal Thoroughbass Realization, the Accompaniment of Recitative, and Improvised Solo Performance on the Viol and Cello • Walter Kreyszig: The Adagio in C-Major for Flute and Basso continuo (QV 1:7) in the Versuch einer Anweisung die Flöte traversière zu spielen (1752) of Johann Joachim Quantz • Philippe Borer: Paganini’s Virtuosity and Improvisatory Style

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18.30-19.30: Session 5: L’improvvisazione e la musica popolare nel ’700 e ’800

Presiede: Vincenzo Caporaletti• Csilla Petho -Vernet: The Advantages and Drawbacks of No-tation or How to Face Improvisatory Elements in 19th century Hungarian Popular Music• Raffaele Di Mauro: Improvvisazione popolare e urbana a Napoli nel primo ’800: dai canti del Molo a Io te voglio bene assaie

20.00 Cena

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Sabato 17 luglio

9.30-11.00: Session 6: L’improvvisazione nella musica strumentale (III)

Presiede: Massimiliano Sala• Rohan H. Stewart-MacDonald: Improvisation into Composi-tion: The First Movement of the Sonata in F-sharp Minor, Op. 81 by Johann Nepomuk Hummel• Valerie Woodring Goertzen: Clara Schumann’s Improvisations and Her Mosaics of Small Forms• Steven Young: Practical Improvisation: the Art of Louis Vierne

Pausa caffé

11.30-12.30 Session 7: L’improvvisazione nella musica strumentale (IV )

Presiede: Roberto Illiano• Rogerio Budasz: Harmonic Patterns and Melodic Paraphrases in 18th Century Portuguese Guitar Music• Maria Christina Cleary: The Single-Action Harp: The Unwritten Score

13.00 Pranzo

18.00: Trasferimento a Carro20.30: Concerto in Piazza della Chiesa a CarroLeticia Muñoz Moreno Archi dei Filarmonici di Torino

Cena

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Festival Paganiniano di Carro 2010 Mostra

Orchestra visivaMostra personale di Federico Marconi (CAMeC, 15-17 luglio 2010)

La ricerca che Federico Marconi conduce ormai da quasi dieci anni ha come fil rouge la contaminazione fra i linguaggi espressivi. Molte le tappe di questo percorso che ha visto Marconi affrontare temi differenti e materiali diversi - dagli studi-esplorazioni-espressioni realizzati con colori a olio su carta di cocco all’indagine sulla superficie materica delle sue effimerografie, ai lavori maturati a seguito dell’esperienza dell’ar-tista a Pechino - per approdare, infine, alle opere realizzate in occasione della Confe-renza internazionale Oltre le Note: L’improvvisazione nella musica occidentale tra Settecento e Ottocento (IX edizione del Festival Paganiniano di Carro).In questa circostanza Marconi improvvisa la propria Orchestra visiva creando, attra-verso il proprio linguaggio artistico, una serie di strumenti e di note che intendono raccontare la creazione artistica musicale. Una partitura virtuale, dunque, che acqui-sta dimensioni e colori reali.Le dimensioni e i colori sono quelli di un poetico pentagramma aereo realizzato con fili rossi e chiodi che li tengono in tensione, avvolgendo i tre lati della sala espositiva in una nuova dimensione musico-visiva.L’intenzione con cui Marconi lavora sulle singole opere, strumenti o note, è quella di depurare gli elementi da dettagli superflui e lavorare sull’essenzialità del bianco e nero con sole poche note di colore. Quest’ultimo è quindi usato solo per tratteggiare l’essenzialità del singolo strumento musicale o della singola nota e per indicare il pentagramma, che diviene il vero e proprio filo rosso su cui si succedono note e strumenti usati nell’improvvisazione musicale dell’artista

Mostra

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Festival Paganiniano di Carro 2010 Mostra

Federico Marconi (1974)Architetto, vive e lavora alla Spezia, dove affianca all’attività progettuale la realiz-zazione di eventi di temporanea modificazione dello spazio pubblico e il lavoro nell’ambito delle arti visive, della scenografia, dell’allestimento e dell’interior-design, riconducibili in ogni caso all’analisi e all’indagine conoscitiva intorno alle dinamiche e ai processi relazionali tra individuo e spazio urbano. Nel campo delle arti visive, le sue scelte espressive in questi anni sono state diverse, ma sempre fortemente caratterizzate: pittura figurativa e informale, installazioni, materiali come la carta di cocco, il legno, l’ardesia, le lastre radiografiche, floppy disk, plexiglass…Punto di partenza di questa ricerca è la riflessione sull’inadeguatezza dei mezzi d’indagine tradizionali al fine di comprendere lo spazio metropolitano contempo-raneo: La ricerca personale nasce proprio dalla difficoltà di qualsiasi indagine conoscitiva nei confronti della metropoli contemporanea solamente attraverso l’utilizzo di quei modelli morfologici, analitici e descrittivi forniti dalle discipline che lavorano sullo spazio, come architettura ed urbanistica.Una scelta, quella delle arti visive, che non viene dunque dettata solo da urgenze espressive, ma che viene anche intesa come personale strumento di indagine ed interpretazione dei complessi meccanismi relazionali che esistono tra individuo e spazio.Di lui Lamberto Pignotti scrive: La sua attività si svolge in un’area inter-mediale (architettonico-progettuale, performance e installazioni, opere plurimateriche) che spesso intende - anche attraverso esplicite titolazioni di sue opere verbo-visive che si avvalgono a tratti di un supporto di lavagna - coinvolgere emblematica-mente i cinque sensi nel suo complesso.Marconi ha collezionato un’intensa partecipazione a manifestazioni di creatività col-lettiva di differente natura. Da Febbraio 2008 due delle sue ultime opere (Individualità-Moltitudine 2008 e Li-mite 2008) entrano a far parte della collezione permanente del CAMeC-Centro Arte Moderna e Contemporanea della Spezia. Selezionato dal critico Germano Beringheli e inserito nel Dizionario degli artisti li-guri 2005-2006 (Ed. De Ferrari, Genova), è stato indicato dal critico e artista visivo Lamberto Pignotti per il Premio Mario Razzano. Ha ricevuto una segnalazione di merito al Premio Albero Celeste 2005 e ha curato GEMINI MUSE 2005 nella città della Spezia. Ha realizzato esposizioni personali e collettive in Italia, in Cina e in Germania. Ul-tima personale al CAMeC-Centro Arte Moderna e Contemporanea della Spezia nel 2008 (30 maggio-29 giugno), all’interno della mostra China new vision - Chinese Contemporary Art Collections from Shanghai Art Museum, rassegna su artisti ci-nesi ideata da Bruno Corà.Brunetto De Batté, Francesca Mariani, Enrico Formica, Paola Valenti, Germano Be-ringheli, Lamberto Pignotti, Federica Ratti, testate giornalistiche e molte voci dal web si sono occupati e hanno scritto del suo lavoro.

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Nicolò Paganini Diabolus in musicaLa Spezia (16-18 luglio 2009)

Renato Ricco*

Il convegno internazionale Nicolò Paganini Diabo-lus in Musica, organizzato dalla Società dei Concerti della Spezia e dal Centro Studi Opera Omnia Luigi Boccherini di Lucca - La Spezia, 16-18 luglio 2009, Centro d’Arte Moderna e Contemporanea; comitato scientifico: Andrea Barizza, Lorenzo Frassà, Roberto Illiano, Fulvia Morabito, Luca Sala, Massimiliano Sala -, è riuscito nel suo duplice e mirabile intento: offri-re una serie di relazioni di straordinaria ricchezza e varietà, tracciando allo stesso tempo nuove possibili linee di ricerca relative alla vicenda biografica e arti-stica del virtuoso. Sono state affrontate, in una molte-plicità di approcci e angolature, problematiche volte a una più completa ed esatta contestualizzazione e conoscenza della figura di Paganini, nella cui arte si realizza in modo compiuto un perfetto equilibrio fra composizione, esecuzione e interpretazione, dove quest’ultima si configura come un prolungamento e un completamento del suo atto creativo di com-posizione(1).Sono stati altresì individuati ulteriori filoni collaterali, come l’approfondimento della prassi improvvisativa o l’indagine più allargata sulle composizioni della congrua serie di virtuosi dell’archetto che nel solco paganiniano indubbiamente s’inseriscono. Si avvalo-ra così, in tutta la sua portata, l’importanza del lascito artistico del genovese.Da un punto di vista biografico, Matteo Mainardi ha puntato l’attenzione sui soggiorni di Paganini a Mila-no. Nel capoluogo lombardo il virtuoso ebbe modo di esibirsi non solo presso il Teatro alla Scala, ma anche in strutture private, quali il Teatro Carcano e il Teatro Re: nuovo, inoltre, il ritrovamento di notizie di un concerto di Paganini tenuto nel giugno 1814 presso il

Resoconto del convegno 2009

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Santuario della Beata Vergine dei Miracoli di Saronno. Connessa ai soggiorni milanesi è la vicenda editoriale delle sue prime opere (opp. 1-5) edite presso Ricor-di: in particolare, mediante una scrupolosa indagine delle lastre d’incisione, è stato possibile appurare che le prime tracce della pubblicazione dei Capricci, da-tata 1820, risalgono al 1817. Partendo da recensioni apparse su riviste coeve quali Il Corriere delle dame, è stato anche possibile inquadrare meglio la ricezione della figura di Paganini; degno di nota, a questo pro-posito, quanto osservato dall’inviato dell’Allgemeine musikalische Zeitung presente a un concerto mila-nese del virtuoso, in cui quest’ultimo viene definito come un artista capace di produrre furore nel pub-blico. Il rapporto tra Paganini e Napoli è stato invece prin-cipalmente esaminato da Antonio Caroccia ed Enrica Donisi mediante lo studio di personalità quali Gaeta-no Ciandelli e Onorio de Vito. Il primo, violoncellista, docente di strumento al Conservatorio San Pietro a Majella e presso l’Istituto dei Ciechi di Aversa, studiò con Paganini e si guadagnò l’affetto e la sincera stima del suo docente, sia sul piano artistico che profes-sionale, come attestato in alcune lettere dello stesso Paganini. Anche De Vito fu sia virtuoso che composi-tore, docente a Napoli e Aversa presso le medesime strutture dove insegnò Ciandelli. L’eredità di Paga-nini è ben visibile nelle opere violinistiche dei due, ai quali si potrebbe senz’altro aggiungere Giuseppe Grasso D’Anna: lo stile brillante e le conquiste tecni-che del genovese sono infatti centrali in opere come lo Scherzo sopra alcuni pensieri dell’opera Linda di Chamounix (attestato sia in versione per violino che per violoncello con accompagnamento di pianofor-te) di Ciandelli, le Variazioni su un tema nazionale il ritorno di primavera per violino e pianoforte di De Vito, o il Capriccio per violino solo e il Tema variato per due violini di D’Anna. Un indubbio influsso pa-ganiniano è presente infine nei maggiori esponenti della scuola violinistica napoletana: il rumeno Euse-bio Dworzak von Walden, il caposcuola, e i suoi due

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principali allievi, Luigi D’Ambrosio e Gaetano Fusella - subentrato al maestro a S. Pietro a Majella -, nonché Giovanni Calveri, autore di 6 Capricci per violino di notevole fattura. Se è stato nuovamente affrontato il discorso dei legami tra Paganini e Pietro Antonio Locatelli - a quest’ultimo è dedicata l’esauriente monografia di Fulvia Morabito (2) presentata nel corso del convegno - in merito ai Capricci paganiniani, si è rilevato come sia possibile individuare tutta una serie di prestiti e analogie tra questi due autori e la produzione violi-nistica di matrice tartiniana, come i Capricci attribuiti a Pietro Nardini e varie composizioni di Bartolomeo Campagnoli. Presentando nuovo materiale documentario e ico-nografico, Flavio Menardi Noguera ha dato maggior spessore alla figura di Camillo Sivori, il quale, con Paganini e fors’anche con altre personalità seconda-rie sinora poco studiate come Nicola De Giovanni, contribuì alla caratterizzazione di quella che si può definire scuola violinistica ligure. Entrando nei det-tagli della parabola artistica sivoriana, si evince che la migliore testimonianza della profondità dell’arte del violinista consiste nella sua duplice natura di virtuoso trascendentale - dal 1840, anno di morte di Pagani-ni, Sivori diventa quasi l’ufficiale esecutore pubblico delle sue opere - e di esecutore attento e sofisticato di musica da camera, in special modo di quartetti.Sotto vari aspetti, ognuno con ricchezza e novità di contenuti, Tatiana Berford, Diane Tisdall e Philippe Borer hanno discusso del rapporto esistente tra Nico-lò Paganini e Giovanni Battista Viotti, che già anni or sono Edward Neill ebbe a definire il padre spirituale (3) del primo: vale la pena di ricordare che il 1782 fu non solo l’anno di nascita di Paganini, ma anche il pri-mo del decennio parigino di Viotti. Si è cercato allora di capire quali fossero, sia da un punto di vista tecni-co-strumentale che estetico, i caratteri distintivi e in-novativi dell’arte viottiana rispetto al background del violinismo francese, forte di personalità del calibro di Joseph Boulogne Chevalier de Saint-Georges e Pierre

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Gaviniès, senza dimenticare il siculo-croato Giovanni Giornovichi. Una peculiarità dello stile viottiano, di fondamentale importanza per il recupero fattone da Paganini, consiste nella maggiore cantabilità, o me-glio, nel predominio - esemplificato nella formula violon chanteur versus violon virtuose - dell’elemen-to lirico su quello virtuosistico. La sede formale dove questo si realizza appieno è il movimento centrale dei concerti, come dimostrano bene non solo le opere di Viotti ma anche quelle dei suoi discepoli: Rodol-phe Kreutzer, Pierre Rode e Pierre Baillot. Attraver-so un’attenta analisi delle strutture compositive di Paganini e Viotti, è stata sostenuta la suggestiva tesi secondo cui il Secondo Concerto in si minore con un campanello obligato - il cui manoscritto origina-le autografo è stato oggetto da parte di Mariateresa Dellaborra di una scrupolosa disamina, tale da ac-certare come l’orchestrazione originale prevedesse strumenti quali il serpentone e il cimbasso - sarebbe addirittura interpretabile come una sorta di tombeau per Viotti, i cui concerti nn. 17, 18 e 22 risultano d’al-tronde presenti nel repertorio paganiniano. Rispetto allo stesso Viotti, inoltre, Philippe Borer ha dimostra-to come Paganini abbia compiuto passi in avanti di cruciale importanza per quel che riguarda l’armonia. Partendo dalla dimostrazione di come, in contesto cromatico, i rapporti tra le note successive non siano costanti (15/16; 128/135; 24/25; 25/27), si deduce che i semitoni abbiano quattro differenti grandezze, il che testimonia una significativa lontananza dall’uniformi-tà degli intervalli del temperamento equabile. Nella scala di Paganini, anche conosciuta come scala ar-monica o sintonica cromatica, ognuno dei successivi semitoni risulta in relazione con la tonica. Questa particolare organizzazione dei suoni ha diretta rela-zione con il concetto di melodia quale armonia in successione, nozione di base di un certo rilievo per Paganini e per tutti quei violinisti formatisi nel solco della grande tradizione corelliana e tartiniana. Rispet-to alla scala cromatica incompleta, utilizzata ancora da Viotti, la scala di Paganini integra in più il trito-

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no, cioè il quarto grado innalzato, e tale inclusione offre la possibilità di impiegare un nuovo intervallo (terza eccedente) e inesplorati orizzonti armonici. Sono stati inoltre messi in luce nuovi possibili punti di contatto che con l’opera di Paganini si potrebbero rinvenire sia nella trattatistica tartiniana sia nella ric-ca produzione di metodi per violino composti tra la metà del XVIII e la metà del XIX secolo.Robin Stowell, primo keynote speaker del convegno, ha illustrato come Paganini abbia vissuto, e anche sfruttato, l’alone diabolico che, a partire dal suo esordio parigino del 1828, fu associato sempre più sovente al suo nome, anche grazie, o meglio a causa, delle recensioni di Jules Janin. Stowell ha in primo luogo spiegato come all’intervallo di tritono - chiama-to appunto diabolus in musica - siano sempre stati collegati una serie di significati sinistri e negativi, e, al contempo, come l’immagine della morte o del ma-ligno sembri esser stata associata con una certa fre-quenza allo strumento del violino, sia da un punto di vista genericamente artistico che più specificamente letterario. A questo specifico proposito basterebbe ricordare la figura di Franzesco, il diabolico musicista di origini italiane della novella epistolare di Friedrich Rochlitz, Aus dem Leben eines Tonkünstlers: Fragment, che presenta, non a caso, vaghe ma significative somi-glianze con Paganini, come il viso emaciato e la chio-ma bruna e riccia (4). Per rimanere all’ambito lettera-rio, l’identificazione del violino come strumento del diavolo è palese anche nella novella hoffmanniana Rat Krespel. In particolare, la connessione tra Nicolò Paganini e la sfera diabolica sembra avere una precisa origine e spiegazione nelle parole di Goethe, il quale, nella conversazione con Johann Peter Eckermann, dopo aver chiarito che il demonico [dämonisch] non è possibile comprenderlo né mediante l’intel-letto né mediante il raziocinio, specifica che esso è palese in Paganini in gran misura (5). E non è mera coincidenza che la data della conversazione goethia-na sia il 2 marzo 1831, esattamente una settimana

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prima del debutto parigino di Paganini. Partendo poi dalla disamina della tecnica e di alcune composizioni paganiniane compiuta da Carl Guhr nel suo Ueber Paganini’s Kunst, die Violin zu spielen, pubblicato nel 1829, dove vengono individuate le principali peculiarità e le più rivoluzionarie innova-zioni dell’arte violinistica del genovese, l’attenzione è stata focalizzata sulla figura del virtuoso tedesco August Wilhelmj: questi, grazie a una felice combi-nazione di forza interpretativa trascinante e indubbia perizia strumentale, ricevette, come confermato an-che da Franz Liszt, l’appellativo di Paganini tedesco o Paganini redivivus, rappresentando una valida, sep-pur forse leggermente anacronistica, alternativa alla concezione violinistica propria di Joseph Joachim, i cui esordi strumentali erano pur stati all’insegna del virtuosismo trascendentale. È bene comunque pun-tualizzare che quest’ultimo giudizio non fu esclusivo appannaggio di Wilhelmj: a partire da Camillo Sivori, infatti, sino ai virtuosi attivi tra i secoli XIX e XX - Jan Kubelík, Frantisek Ondricek e Vaša Príhoda, per li-mitarsi alla sola scuola violinistica ceca -, un discreto numero di solisti furono salutati dalla critica come Paganini redivivi. A Parigi l’autore de Le Streghe destò un’impressione cruciale sui violinisti e, probabilmente in misura an-che maggiore, sui pianisti presenti nella capitale (6) : Fryderyk Chopin, Robert Schumann, Franz Liszt, ma anche altri virtuosi quali John Field, Friederich Kal-kbrenner, Johann Peter Pixis, Ignaz Moscheles, Fer-dinand Hiller, Sigmund Thalberg e Stephen Heller. In relazione ai concerti parigini, giusta attenzione è stata dedicata da Cécile Reynaud a quanto scritto da François-Joseph Fétis circa l’arte di Paganini, sia nelle differenti edizioni della Biographie universelle des musiciens che nel capitolo de La musique mise à la portée de tout le monde, denominato L’exécution.L’impatto su questa generazione di pianisti, inteso come primo esempio di divismo, anche in virtù alle particolari atmosfere, talvolta eccentriche, che Paga-nini amava creare durante le proprie esibizioni pubbli-

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che, si concretizza in alcune trascrizioni e altre opere che si basavano su sue composizioni. Nel primo caso sono state discusse da Camilla Bork e Andrea Malva-no le opp. 3 e 10 di Schumann, le quali evidenziano la volontà dell’autore di andare alla radice del proces-so compositivo dei Capricci di Paganini, rispetto ai quali alcune articolazioni fraseologiche e vari schemi ritmici risultano variati. Proprio mediante l’analisi di queste due opere è stato acutamente osservato come Schumann ravvisasse in Paganini una duplice natura: una votata al puro virtuosismo strumentale volto a incantare le platee, e un’altra, più profonda e dalla prima a volte soffocata, meramente poetica. Rilevan-do poi come l’aggettivo poetico fosse accostato da Schumann solo a personalità degne della massima ammirazione (come Bach, Schubert, Hoffmann e Shakespeare), Malvano ha osservato che l’opera di trascrizione/ricreazione pianistica mira esattamen-te a esaltare il lato poetico dei Capricci; Franz Liszt sembrerà invece puntare la sua attenzione sull’altro aspetto dell’arte paganiniana, quello trascendentale e più legato al funambolismo tecnico. Sempre al fine d’ottenere una più precisa e circostan-ziata conoscenza della vicenda artistica paganiniana da un punto di vista storico e socio-culturale, Carme-la Bongiovanni ha scandagliato, con grande perizia e ricca documentazione, l’ambiente musicale genove-se in cui il giovane Nicolò si forma, mentre Antonio Carlini ha approfondito le relazioni tra l’idea alta del violino e tutto quel mondo musicale autenticamente popolare in cui il violino è protagonista (insieme a fi-sarmonica, mandolini e trombe), fatto di esibizioni in strada, in occasione di feste o fiere, e in sale da ballo. La conoscenza da parte di violinisti popolari di com-posizioni colte (testimoniata da manoscritti di recen-te scoperta) e la presenza nel repertorio del Paganini camerista di movimenti di danza, quali monferrine o alessandrine, testimonia la validità e l’importanza di questo filone d’indagine.La produzione di Paganini, in particolare l’Allegro maestoso del Concerto n. 1 op. 6 in Re maggiore, è

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stata esaminata in sede d’analisi formale da Rohan H. Stewart-MacDonald: ne è emersa una tipologia di prassi compositiva all’insegna di quella che a ragione è stata definita discontinuità episodica. Se da un lato si è dimostrato come per i differenti temi sia possibile individuare un’unica idea di base, la consequenziali-tà della forma-sonata viene minata dalla sostituzione della parte centrale con quello che in realtà appare come un secondo solo: si potrebbe ipotizzare che questo procedimento venga mutuato da Viotti, come anche da Rode, nei concerti in cui questa peculiarità stilistica è ben attestata. Inoltre, se l’orchestrazione di Paganini è sovente improntata a un’idea di grandeur, come dimostra il largo impiego di tromboni e percus-sioni, la liricità proprio del suo stile violinistico viene accreditata in maggior misura se messa in relazione con il trattamento dell’orchestra da parte di Vincen-zo Bellini e Gaetano Donizetti. Emerge così tutta la coerenza dell’arte compositiva paganiniana, che, pur avvicinandosi indubbiamente allo stile melodramma-tico, rimane sempre e comunque di squisita e pura natura strumentale.Altrettanto importanti sono state le discussioni circa le ipotesi di arricchire l’attuale corpus delle opere di Paganini. Danilo Prefumo ha infatti affrontato il pro-blema dell’autenticità dei 4 Studj per violino solo, citati nel catalogo Moretti/Sorrento (M.S. V/2 pp. 346-347), e Italo Vescovo ha dato la meritata importan-za, in sede analitica e di prassi strumentale, a quella produzione paganiniana cameristica a torto ritenuta minore, come ad esempio i Tre duetti per violino e fagotto (M.S. 130) - nel cui manoscritto originale solo il secondo reca il titolo concertante - e i Sei Cantabili e Valtz per violino e chitarra (M.S. 124-129), dedica-ti a Camillo Sivori. Al fine di chiarire quali siano le principali istanze tecniche determinanti l’eredità paganiniana all’interno del complesso quadro del violinismo italiano del XIX secolo, dell’opera di Sivo-ri sono stati presi in esame, principalmente sotto gli aspetti della forma e della tecnica strumentale, i 12 Études-Caprices op. 25. In riferimento alle conquiste

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di Paganini sono state inoltre prese in considerazione anche le 24 scale per violino ed altrettanti piccoli sol-feggi progressivi con l’accompagnamento di un altro violino di Alessandro Rolla e le 24 Cadenze opera po-stuma del figlio di costui, Antonio, che con Paganini suonò diverse volte in duo.Nel corso del convegno sono emerse le molteplici connessioni, di natura tecnica ed estetica, tra Pagani-ni e altri virtuosi, contemporanei o di qualche genera-zione più giovani: in particolare, Renata Suchowiejko si è soffermata in primo luogo su Karol Josef Lipinski, che incontrò il genovese a Padova nel 1817, e quindi anche sugli altri violinisti-compositori polacchi Apoli-nary Katski, Henryk Wieniawski e Izydor Lotto. Inol-tre Harald Herresthal ha relazionato sul norvegese Ole Bull, che iniziò lo studio dei Capricci nel 1824, appena quattordicenne, e si recò appositamente a Parigi nel 1831 per conoscere e ascoltare Paganini, suonò regolarmente in pubblico composizioni di quest’ultimo, rivelando poi un palese influsso della tecnica trascendentale nelle sue opere violinistiche.Fondamentali, al fine di un approfondimento della tecnica paganiniana, risultano essere le annotazioni nel diario di Bull, in cui si legge come, per esempio, Paganini usasse eseguire passaggi cromatici con un unico dito, confermando così quanto già affermato da Guhr. È forse opportuno notare infine come le istanze ‘rivoluzionarie’ proprie della scuola parigina d’ascendenza viottiana abbiano influenzato, pratica-mente, tutto il violinismo ottocentesco: ve ne sono tracce in Paganini, ma anche negli stessi Lipinski e Bull, come dimostrano il Concerto militaire op. 21 n. 4 per violino e orchestra del primo e la Polacca guer-riera per violino e pianoforte del secondo. Un altro virtuoso italiano, il cui stile violinistico si sostanzia largamente del bagaglio tecnico-stilistico di Paganini, e che anche aderisce a quest’ideale di retorica sten-torea, è Antonio Bazzini, con il suo Grand Allegro de Concert op. 15 e i concerti per violino e orchestra n. 3 (Concerto trionfale) e Militare. La ricezione della musica di Paganini e il suo stile

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esecutivo ebbero un forte impatto non solo sui violi-nisti del XIX secolo, ma anche, più a largo raggio, nei confronti della prassi esecutiva coeva, che in questo periodo subisce una decisa trasformazione: questo l’oggetto dell’intervento del secondo keynote spe-aker del convegno, Clive Brown. Un cambiamento di tali proporzioni affonda le sue radici in profondi rivolgimenti sociali tecnologici e politici: si assiste a uno sviluppo delle classi medie che sostenevano e promuovevano gli eventi musicali, al conseguente maggior numero di concerti pubblici e al lento decli-no dell’aristocrazia; come attestato dalle vicende bio-grafiche dello stesso Paganini, che nel 1809 decide di abbandonare la corte lucchese dando vita a quella che diventerà la figura del concertista moderno. In queste trasformazioni sociali s’inseriscono anche le nuove conquiste per quel che concerne la tecnica dell’arco - grazie anche alle innovazioni apportate da François Tourte, sperimentate in primis da Viotti nel periodo parigino - e l’uso del vibrato.In seno al convegno è emerso un quesito di particola-re interesse: se Paganini pensasse o meno a una pos-sibile esecuzione pubblica dei suoi Capricci. A que-sto proposito, alcune testimonianze coeve sembrano confermare questa ipotesi. In pieno spirito romanti-co, nella Vie de Rossini (1823) Stendhal scrive: Non bisogna ascoltare Paganini quando cerca di lottare con i violini del Nord nel repertorio dei grandi con-certi, ma quando suona i capricci in una serata in cui è in vena. Ci tengo ad aggiungere che questi capricci sono più difficili di qualunque concerto (7). In modo più neutro, Heinrich Wilhelm Ernst, per quanto riferito da Joseph Joachim e riportato dal suo allievo Andreas Moser (8) , parla dell’esecuzione paga-niniana di qualche Capriccio come bis. Volendo ripensare a tutto quanto il convegno ha ela-borato, se ne può trarre una chiara indicazione di la-voro: solo abbandonando in via definitiva l’idea di un compositore isolato e ineguagliabile fenomeno mete-oritico(9) e approfondendo per contro lo studio della nutrita produzione virtuosistica coeva e posteriore, la

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figura di Paganini risulterà inserita in compiuta orga-nicità sia nella storia della musica che nello sviluppo della tecnica violinistica.

*Diplomato nel 2000 in violino presso il Conservatorio D. Cimarosa di Avel-lino, e ha seguito corsi di perfezionamento sotto la guida di George Mönch e Luca Fanfoni. Nel giugno 2003 si è laureato presso l’Università Federico II di Napoli in lettere classiche col massimo dei voti e lode, discutendo una tesi inerente l’evoluzione del concerto per violino e orchestra negli anni 1900-1940. In seno a varie partecipazioni di convegni ESTA, ha pubblicato sui Quaderni dell’Associazione saggi d’interpretazione violinistica su Vaša Príhoda e Mischa Elman. Nel 2007 pubblica Frammenti di unità perduta (Plectica), rielaborazione/approfondimento della tesi di laurea, in cui ven-gono sinesteticamente messi in luce i nessi tra la crisi dell’armonia tonale e della forma classica e quanto avviene in letteratura, specie in area mitte-leuropea. Ha inoltre pubblicato articoli su Paganini (Brepols Publishers), un saggio inerente l’evoluzione della Ciaccona (per A tutto arco, Cremonabo-oks) e Metamorfosi del classico (versione scritta della conferenza tenuta nell’ottobre 2003 per il Conservatorio di Potenza in collaborazione con il Dipartimento di Filosofia dell’Università di Salerno). Di prossima pubblica-zione due articoli su La Pisanelle di Gabriele d’Annunzio - atti del Convegno internazionale Gabriele d’Annunzio, Léon Bakst e i Balletti Russi di Sergej Diaghilev (Roma, Biblioteca nazionale Central, 4-5 marzo 2010) - e su Pa-ganini a Napoli - atti del convegno Henryk Wieniawski and the Bravura Tradition. Issues of Style, Techniques and Performing Practice, Poznan, 19-21 October 2009.1 SUPICIC, Ivo. La musique expressive, Parigi, Presses Universitaires de Fran-ce, 1957 (Bibliothèque internationale de musicologie), p. 87.2 MORABITO, Fulvia. Pietro Antonio Locatelli, Palermo, L’Epos, 2009 (Con-stellatio musica, 17).3 NEILL, Edward. Paganini compositore’, in: Musicalia, I/4, p. 8.4 Cfr. DI STEFANO, Giovanni. La vita come musica. Il mito romantico del musicista nella letteratura tedesca, Venezia, Marsilio, 1991 (Saggi Marsilio. Musica critica), p. 81.5 ECKERMANN, Johann Peter. Gespräche mit Goethe in den letzen Jahren seines Lebens, a cura di Regine Otto, Monaco, Beck, 21984, p. 405.6 Come nota anche DELLA SETA, Fabrizio. Storia della musica. Vol. 9: Italia e Francia nell’Ottocento, Torino, EDT, 1993 (Biblioteca di cultura musicale), p. 27.7 Citato in BORER, Philippe. The Twenty-Four Caprices of Niccolò Paganini: Their Significance for the History of Violin Playing and the Music of the Romantic Era, Zurigo, Stiftung Zentralstelle der Studentenschaft der Uni-versität Zürich, 1997, p. 288. 8 MOSER, Andreas. Geschichte des Violinspiels, Berlin, M. Hesse, 1923, p. 429.9 Cfr. GOETHE, Johann Wolfgang von. Sulla musica, a cura di Giocanni Insom, Pordenone, Studio Tesi, 1992 (L’arte della fuga, 25), p. 159. La te-stimonianza goethiana è contenuta nella lettera a Carl Friederich Zelter del 9 novembre 1829.

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Fabrizio Ammetto (Universidad de Guanajuato, Gto., México)

Aspetti di prassi esecutiva nei concerti per due vio-lini di Vivaldi

In Europa il più importante compositore di concerti per due violini è senza dubbio Vivaldi, con poco meno di una trentina di lavori scritti lungo quasi il suo intero arco creativo: questo nutrito corpus offre alcuni spunti di analisi sulla prassi esecutiva. La giustificazione com-positiva di un concerto per due violini era duplice: da un lato, aveva una funzione pedagogica (un allievo poteva cimentarsi con una pagina solistica senza sentirsi troppo scoperto suonando la parte del secondo violino); dall’altro, rappresentava una vera e propria competizione, una sfida, atta a misurare le capacità tecnico-musicali dei due conten-denti. A livello compositivo le possibilità di combinazione delle linee melodiche dei due solisti (così come sono generalmente attestate nel-la tipologia del concerto barocco in generale e di quello vivaldiano in particolare) rientrano in quattro tipologie di base: 1. i due strumenti procedono per moti paralleli; 2. dialogano alternandosi; 3. le loro li-nee melodiche si imitano utilizzando qualche tipo di contrappunto; 4. uno dei due strumenti suona una melodia mentre l’altro esegue una figurazione d’accompagnamento. Alla luce di ciò, quale può essere stata, nelle intenzioni del compositore, la relazione tra testo scritto e resa esecutiva? Inoltre, dall’analisi delle partiture dei concerti per due violini di Vivaldi è spesso possibile dedurre anche la disposizio-ne spaziale dei due solisti e dell’orchestra, così come dev’essere stata auspicata dal compositore stesso (un aspetto, questo, mai indagato finora). Nei concerti per due violini, infatti, si possono individuare almeno quattro diversi atteggiamenti compositivi, corrispondenti ad altrettante differenti disposizioni spaziali degli organici e a particolari rese esecutive.

Carmela Bongiovanni (Biblioteca del Conservatorio ‘N. Paganini’, Genova)

Testimonianze sulla prassi improvvisativa strumenta-le dei musicisti italiani tra ’700 e ’800

La prassi improvvisativa nella musica strumentale italiana del Settecen-to ha una lunga e straordinaria tradizione, già più volte documentata e ripercorsa dalla musicologia contemporanea. Due sono le linee guida di uno studio della prassi improvvisativa strumentale tra i musicisti italiani a cavallo dei secoli indicati: da una parte le preziose testimo-nianze teoriche, oggi molto spesso studiate e citate (per fare un solo cenno si pensi al trattato celeberrimo del Galeazzi, considerato forse il più importante del suo tempo per quanto concerne l’arte improv-visativa sul violino), e le preziose testimonianze dirette di virtuosi nel proprio duplice ruolo di interpreti e compositori (è il caso, per citarne solo una, delle memorie di Nicola Petrini Zamboni). Dall’altra parte

I partecipanti e gli abstract

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sono di estrema importanza le fonti cronachistiche che raccolgono e trasmettono in presa diretta le testimonianze degli ascoltatori e dei critici musicali di fronte alle esecuzioni di virtuosi, ma anche di mu-sicisti compositori, nei diversi luoghi italiani. L’immagine restituita è quella di una diffusa prassi dell’improvvisazione, in particolare a livello strumentale italiano, che coinvolge le diverse figure del fare musica, da quella del compositore musicista (è il caso di Ferdinando Paër) a quella del virtuoso strumentista. Questa prassi tuttavia assume carat-teristiche particolari, presenta cioè peculiarità proprie, a seconda dei casi e dei musicisti coinvolti. Il gusto per l’improvvisazione in musica si sviluppa in Italia contemporaneamente alla fortunata serie dei poeti estemporanei, acclamati come virtuosi dalle platee di primo Ottocen-to. Ciò segnala la tendenza verso il virtuosismo improvvisativo, gusto diffuso a più livelli nella società italiana del tempo.

Philippe Borer (Société Suisse de Pédagogie Musicale)

Paganini’s Virtuosity and Improvisatory Style

Paganini’s improvisatory style fascinated his listeners because they had the impression that the original creative process was unfolding before their eyes and ears. Improvisation most closely reflects the Ro-mantic ideal of creation born out of the moment. Such instantaneous translation of the creative impulse into a coherent piece of music re-quires thorough musical grounding and a high degree of instrumental skill that is commonly called virtuosity. In defining (or re-defining) the laws of virtuosity and in illustrating their application in his Twen-ty-Four Caprices op. 1, Paganini provided the Artisti with a tool that would give them access to artistic freedom. The Caprices elicited an enthusiastic response and became a sort of textbook of virtuosity for the rest of the 19th C. Striving for freedom marked the social, poli-tical and artistic movements of the time. Beyond their divergences, the French revolutionaries, the Risorgimento heroes and the young Romantics shared the ideal of Liberté. Thus, Paganini’s fundamental intuition about virtuosity - an aspect of musical language particularly suited to conveying the ideas of liberty and emancipation of the self - had a resonance in the emerging sensitiveness of the era. In this study special attention is given to the respective and distinct notions of virtuosity, improvisatory style, and improvisation. The antinomy of philological reading and improvisatory style in interpreting the music of Nicolò Paganini is discussed. The source material under scrutiny and supporting documents include Bartolomeo Campagnoli’s L’art d’inventer à l’improviste des Fantaisies et des Cadences pour le Vio-lon (1790), Francesco Galeazzi’s Del Suonare all’improvviso (1796), Carl Guhr’s Ueber Paganini’s Kunst, die Violine zu Spielen (1829), as well as relevant passages from Hugo’s preface to the Eastern Lyrics (1829) and Balzac’s La Comédie Humaine (1830-1856).

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Rogerio Budasz (University of California, Riverside)

Harmonic Patterns and Melodic Paraphrases in 18th Century Portuguese Guitar Music

Three early-eighteenth-century codices of music in tablature for the five-course guitar (viola) are about all that remains from the Portu-guese repertory for that instrument up to the publication of Manuel da Paixão Ribeiro’s book in 1789. The absence of Portuguese printed books for the guitar before that date should not be taken as evidence of an absence of a local tradition. Rather, these manuscript sources provide a rare glimpse on local practices of guitar playing, improvising and paraphrasing, sometimes bordering a gray area between written and unwritten traditions. This paper will analyze some examples of such practices, namely the use of harmonic patterns probably origina-ted in Portugal (rojão, chácara, magana, sarau), and local paraphrases of foreign melodies (Mantuana, Aimable Vainqueur, Marizapalos), at-tempting at identifying what is imported and what is local in terms of styles and techniques of variation, improvisation, ornamentation and improvised accompaniment in the Portuguese guitar repertory.

Vincenzo Caporaletti (Università degli Studi di Macerata)

Ghost Notes. Problematiche delle improvvisazioni inaudibili

Sulla base dell’innovativo modello teorico recentemente proposto dall’autore, inerente alla fenomenologia dei processi improvvisativi nella musica, sono individuate alcune decisive questioni epistemo-logiche e metodologiche che attengono alla ricerca sulle pratiche di creazione estemporanea nella tradizione musicale scritta e d’arte eu-ropea, tra Sette e Ottocento. Contestualmente, è delineato un criterio esplicativo dell’eclissi dei processi improvvisativi nella musica d’arte occidentale.

Gregorio Carraro (Università degli Studi di Padova)

Natura e arte nell’ornamentazione di Giuseppe Tar-tini. Le sonate del ms. 1888 fasc. 1 (Padova, Archivio Cappella Antoniana)

Diminuzione, ornamentazione, improvvisazione. Saranno formulate alcune considerazioni sulle principali abitudini non scritte della mu-sica strumentale di medio Settecento. Si ragionerà intorno alle sovra-strutture di un testo qualora questo venga fatto oggetto di ornamenta-zione, entro quali termini esso possa divenire altro da sé, rispetto alla sua struttura originaria. Saranno presi in considerazione alcuni esempi tratti da due fonti violinistiche tartiniane: il ms. dell’Università di Ber-

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keley e il ms. 1888 della Biblioteca Antoniana di Padova. Le sonate per violino e basso continuo di Tartini diventano così un pretesto per parlare dell’ornamentazione secondo il Piranese. Sarà analizzato il suo stile improvvisativo a partire non soltanto dalla sua teoria e pratica dell’ornamentazione (Traité des Agrémens), ma anche dalla sua più generale idea di musica ‘secondo natura’ (Tratatto di Musica secondo la vera scienza dell’armonia).

Simone Ciolfi (Università degli Studi di Roma ‘Tor Vergata’)

Modelli d’improvvisazione nei recitativi delle Canta-te di Alessandro Scarlatti

Fra la fine del secolo XVII e l’inizio del XVIII, la cantata da camera fu uno tra i generi musicali più frequentati dai compositori e più con-sumati dal pubblico: del solo Alessandro Scarlatti ce ne sono giunte poco più di seicento. Note fin dai primi decenni del Settecento per i suoi recitativi insoliti e sperimentali, le Cantate sono state studiate dalla moderna musicologia solo dal punto di vista delle arie. L’anali-si sistematica dei recitativi ha messo in evidenza come la musica di queste composizioni sia caratterizzata dalla sovrapposizione di stra-tegie espressive appartenenti alle tecniche del basso continuo e di modelli tonali (come quello della scala armonizzata, la cosiddetta Re-gola dell’Ottava) che, tra la fine del Seicento e l’inizio del Settecento, divengono il sostrato di un linguaggio musicale diffuso e apprezzato per tutto il secolo XVIII. Ma ciò che più interessa è la varietà che Scar-latti sa trarre da questi modelli, palesi nei recitativi più piani, camuffati dalla diminuzione o dall’elisione nella più peregrina sperimentazione, ma sempre al servizio del verso e della parola specifica. Tale reperto-rio di schemi permette al compositore una produttività intensa dal punto di vista della quantità, e al contempo gli fornisce lo spunto, tramite il tradimento delle aspettative o la variazione minimale, di creare l’insolito e il nuovo, di realizzare una qualità espressiva ‘uni-ca’ per le composizioni più riuscite. Inoltre, all’interno del recitativo, della sua costruzione tonale aperta e della sua struttura a pannelli di sostegno al verso, tali schemi vengono organizzati per evoca proprio la natura di un’improvvisazione, per dare l’impressione dell’estempo-raneità. Tale discorso di economia dell’energia creativa (reperibile in qualunque mestiere) porta direttamente alla velocità del comporre e all’improvvisazione: Giovan Mario Crescimbeni, nel Libro VII prosa V dell’Arcadia (stampata a Roma nel 1711), racconta come Gian Felice Zappi e Alessandro Scarlatti fossero capaci, nell’ambito di un’adunan-za musicale, di scrivere in forma estemporanea l’uno i versi e l’altro la musica. L’aneddoto rimane tale, ma trapela tra le righe l’apprezzamen-to per chi, con velocità e precisione, fornisse in breve un prodotto artistico. Le Cantate di Scarlatti furono copiate e utilizzate fino alla metà dell’Ottocento: la sopravvivenza secolare di questo repertorio ne testimonia la bellezza e l’intelligenza costruttiva, la capacità inter-

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pretativa del testo, la modernità protratta di un linguaggio duttile ma basato su impeccabili congegni.

Maria Christina Cleary (Leiden University, The Netherlands/Orpheus Institute, Ghent, Belgium)

The Single-Action Harp: The Unwritten Score

The historical evidence and the extent musical scores for the single-action harp appear to tell two different and opposing stories about harp playing from 1750-1830. The majority of harp music of this time looks simple to us nowadays, but if historical performance practice and cultural context are considered, it would seem that harpists con-tinued to improvise on a bass line as well as melodically, in a similar way to their 17th century counterparts, even though the written score becomes more important through the 19th century. Many keyboard players began to play the newly developed pedal harp and the reper-toire for both instruments was interchangeable. This would imply that as the practise of composing in real-time over a bass line (basso conti-nuo) was still a fundamental part of a keyboard player’s education, it was also part of a harpist’s training. Evidence is found in harp scores where basso continuo figuration is printed near the bass staff. Me-lodic ornamentation is often included in the initial chapters of harp method books. This shows that the apparently elementary scores were actually elaborated upon, similar to the examples found in these books. Another example of improvisation is the plethora of examples of Preludes used for introducing a new key, modulating, ensuring that the harp was in tune and as musical introductions to Sonatas. The music published in Paris from 1770 onwards includes many examples of the compositional form: the Theme and Variations. A culturally im-portant form, it was especially suited to the musical salons and could be used as a way to show off the technical ingenuity of a performer. Casimir Baecker was one of the most renowned harpists for improvi-sing and some of his compositions were published. Considering the large amount of harp composer-performers, one could propose that each player would have invented their own improvised variations on the well-known themes of the time. As an artistic researcher, I try to experiment with all these forms of improvisation in my historically informed performances.

Damien Colas (CNRS/Institut de recherche sur le patrimoine musical en France, Paris)

Improvvisazione e ornamenzatione nell’opera fran-cese e italiana nella prima metà dell’Ottocento

Lo studio proposto riguarda la storia dell’interpretazione dell’opera italiana nella prima metà dell’Ottocento, più precisamente l’atti-

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vità dei cantanti, e si prefigge come obiettivo d’esaminare il tipo di rapporto che esisteva, all’epoca di Rossini, tra l’ornamentazione dei cantanti e la pratica dell’improvvisazione. Lo statuto dell’interprete nell’opera italiana della prima metà dell’Ottocento ha sempre posto un problema storiografico, in quanto eludeva i principi estetici e po-etici che si affermarono sotto l’influenza del Romanticismo musicale tedesco. Ne sono testimoni l’idea errata, ma persistente, secondo cui Rossini avrebbe abolito la libertà dei cantanti di variare le loro parti, o ancora la categoria a parte che Hegel dovette creare nelle sue Vor-lesungen über die Ästhetik (1838) per fare entrare l’opera italiana nel suo sistema di classificazione fondato sui rapporti tra compositore e interprete. Ora la realizzazione di cadenze, così come la variazione di riprese, è un fenomeno corrente nell’opera della prima metà dell’Ot-tocento, che testimonia la persistenza, nell’ambito di una tradizione dotta che si caratterizza per una concentrazione sempre maggiore sul testo scritto, dell’arte dell’improvvisazione, così come nel caso delle cadenze dei concerti solistici. I trattati di canto e pubblicazione di arie staccate sono una fonte d’informazione per l’ornamentazione delle arie italiane da Rossini fino al primo Verdi. Ora queste variazioni pub-blicate contengono spesso artefatti: alcune di esse sono state ritoccate in modo a volte significativo in vista dell’esecuzione in concerto, poi della pubblicazione, allontanandosi così dall’oggetto sonoro reale che incarnava l’interprete sulla scena all’origine. Al contrario, le annota-zioni dei cantanti nei materiali d’esecuzione rivelano uno stato della loro ornamentazione che è il testimone fedele dell’interpretazione sulla scena. La genesi delle varianti, che si può osservare e si può ri-costituire, attraverso gli schizzi e le modifiche, mostra come l’orna-mentazione si avvicini all’attività d’improvvisazione. È ciò che il mio intervento illustrerà attraverso lo studio di qualche caso preciso, tratto dai materiali d’esecuzione del Théâtre Italien di Parigi e dell’Académie royale de Musique.

Mariateresa Dellaborra (Istituto Superiore di Studi musicali ‘F. Vittadini’, Pavia)

«L’orecchio più che ’l tempo dee servire di guida»: l’improvvisazione nella trattatistica della seconda metà del XVIII secolo

Relativamente al tema dell’improvvisazione i trattati settecenteschi di autori italiani formalizzano alcune soluzioni in modo pressoché siste-matico e costante anche se destinati a strumenti differenti. Per meglio cogliere la varietà degli atteggiamenti e fornire un quadro quanto più possibile vasto e approfondito degli argomenti, la relazione si concen-trerà sui trattati della seconda metà del XVIII secolo investigando sia tra le fonti edite sia tra quelle manoscritte. Dai più noti Regole armo-niche di Vincenzo Manfredini (nell’edizione del 1775 e in quella del 1797), Riflessioni pratiche sul canto figurato di Giambattista Mancini

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(1777), Saggio per ben suonare il flauto traverso di Antonio Loren-zoni (1779), Regole pratiche per accompagnare il basso continuo di Pellegrino Tomeoni (1795), Méthode qui apprend la connoissance de l’harmonie et la pratique de l’accompagnement selon les prin-cipes de l’école de Naples di Florido Tomeoni [1798], alle numerose Regole per accompagnare manoscritte si evidenzieranno una serie di temi ricorrenti: suggerimenti per meglio rendere concretamente af-fettie specifici passaggi; riferimenti al repertorio contemporaneo o del passato come paradigma da seguire o evitare; buoni e cattivi maestri; compositori autorevoli del repertorio nonché differenze ed eccezioni nella realizzazione di certi procedimenti pratici a riprova ulteriore del-la discrepanza tra teoria e prassi.

Raffaele Di Mauro (Università degli Studi di Roma ‘Tor Vergata’)

Improvvisazione popolare e urbana a Napoli nel primo ’800: dai canti del Molo a Io te voglio bene assaie

Nella parte introduttiva della relazione si cercherà brevemente di rico-struire il contesto musicale popolare e urbano della Napoli della pri-ma metà del XIX sec., popolata da diverse figure di musici ambulanti gravitanti particolarmente intorno a una zona ben precisa della città: il Molo. Si passerà poi subito ad analizzare, con un approccio di tipo etnomusicologico, il fenomeno degli ‘improvvisatori’ nel capoluogo partenopeo durante quel periodo. Si parlerà a tal proposito, attraverso fonti sia letterarie che musicali, di un doppio livello di improvvisato-ri. Il primo più tipicamente ‘popolare’, riferibile a quella che Diego Carpitella chiamava «fascia agro-pastorale», con forme di repertorio ancora oggi presenti nella musica di tradizione orale campana (‘fron-ne’ e ‘canti a figliola’) attraverso le quali si disputavano vere e proprie gare, anche sullo stesso Molo, oppure come quella che si svolgeva annualmente a Nola al ritorno dalla festa di Montevergine. Il secondo livello invece più riconducibile alla fascia definita dallo stesso Carpitel-la «artigiano-urbana» (più soggetta alle influenze della musica colta), con vere e proprie sfide organizzate nei salotti e nei teatri (in particola-re nel Teatro dei Fiorentini) con un pianista che improvvisava melodie sulle quali i concorrenti, appartenenti per lo più al mondo delle arti e delle professioni, a sua volta improvvisavano testi a partire da un tema estratto da un’urna. Si procederà quindi all’analisi musicale e testuale di un brano contenuto nei «Passatempi musicali» di Guglielmo Cottrau (pubblicati in tre edizioni dal 1824 al 1829) e indicato come “aria d’im-provvisatore”, fornendo alcune considerazioni generali sulle raccolte ottocentesche di musica popolare destinate ai salotti nobili e borghe-

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si. Si ricostruirà infine, attraverso il confronto incrociato tra tre versio-ni apparse su fogli volanti ottocenteschi e la prima versione a stampa della partitura, la genesi della famosa canzone «Io te voglio bene as-saie», ritenuta erroneamente, da molti storici della canzone, la prima canzone ‘d’autore’ napoletana e spesso impropriamente attribuita a Donizetti. Si dimostrerà che la nascita del brano è invece riconducibile al fenomeno dell’improvvisazione salottiera e urbana di cui si è detto sopra e della quale Raffaele Sacco, ottico di fama, era uno dei princi-pali esponenti. Non a caso la versione del brano ancora oggi cantata e conosciuta in tutto il mondo non è esattamente quella ‘improvvisata’ da Sacco ma quella pubblicata, sempre dal Cottrau, nel 1840 a partire da varianti spurie apparse precedentemente su fogli sparsi.

Martin Edin (Örebro University, Sweden)

Cadenza Improvisation in Solo Piano Music Accor-ding to Czerny, Liszt and their Contemporaries

It is well known that an instrumentalist during the eighteenth century could be expected to provide his own embellishments of fermatas in composed pieces of music. The continuation of this practice into the nineteenth century is, however, an issue that has not, hitherto, recei-ved enough attention. Carl Czerny, writing in 1829, gives a descrip-tion of “cadenza” improvisation in his «Systematische Anleitung zum Fantasieren auf dem Pianoforte». The paper will take Czerny’s views on this topic as its point of departure. His ideas will be examined in the light of writings by other musical authorities in his time. Czerny’s instructions on this subject will, moreover, be related to the piano compositions, teachings and performance practice of Franz Liszt, and suggestions for the employment of “cadenza” improvisation in some nineteenth century piano pieces will be presented.

Marina Esposito (Università degli Studi di Lecce)

Improvviso e improvvisazione negli scritti di W. H. Wackenroder ed E. T. A. Hoffmann

Due insigni esponenti del Romanticismo tedesco, W. H. Wackenroder (1773-1798) ed E. T. A. Hoffmann (1776-1822), furono pienamente inseriti nei dibattiti del loro tempo, alfieri e punti di riferimento della prima generazione dei romantici tedeschi; il primo, infatti, si legò con profonda amicizia a Ludwig Tieck ed esercitò un notevole influsso sul circolo di Jena, radunato intorno ai fratelli August Wilhelm e Friedrich Schlegel, mentre Hoffmann si impose come una delle figure di spicco del gruppo di Berlino. Wackenroder si occupò principalmente di que-stioni estetiche concentrando il suo interesse su argomenti inerenti

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musica e pittura, mentre Hoffmann scese in campo con un’intensa attività che lo vide critico musicale, pittore e compositore, nonché or-ganizzatore di concerti, scrittore e giurista. Due approcci diversi, dun-que, e per alcuni aspetti antitetici nel panorama musicale della loro epoca, eppure accomunati dalla medesima volontà di porre la musica - la più romantica di tutte le arti, perché solo l’infinito è il suo ogget-to (E.T.A. Hoffmann) - tra i temi privilegiati di dibattito e confronto. La relazione esaminerà gli scritti dei due autori tedeschi - in particolare le Herzensergiessungen eines kunstliebenden Klosterbruders e le Phantasien über die Kunst für Freunde der Kunst di Wackenroder, i Fantasiestücke in Callots Manier e Die Serapionsbrüder di Hoff-mann -, mettendo in luce le peculiarità della loro riflessione intorno al tema dell’improvviso e al concetto di improvvisazione nell’ambito delle teorie estetiche coeve che hanno ampiamente affrontato le te-matiche legate all’originalità e alla creatività del genio, all’immediatez-za dell’ispirazione e dell’espressione artistica.

Valerie W. Goertzen (Loyola University, New Orleans, LA)

Clara Schumann’s Improvisations and Her “Mosaics” of Small Forms

Clara Schumann’s introductory preludes, which she notated in 1895, document this eminent pianist’s improvisatory practice and her enga-gement with music of her time, including the music of Robert Schu-mann. These preludes also allow us to envision the sets or “mosaics” of short pieces by different composers that she performed beginning in the mid-1830s, as Clara Wieck. She connected these small forms, which the public was unaccustomed to hearing in concerts, by impro-vised transitions, thereby creating an extended work of contrasting characters, keys, and tempos. Thus a Bach fugue might lead to the finale of Beethoven’s ‘Appassionata’, followed by character pieces of Chopin, Mendelssohn, Robert Schumann, Clara Schumann herself, D. Scarlatti, or other composers. Clara Schumann’s groupings of pieces show her concern for large-scale design, her highlighting of relation-ships among seemingly disparate pieces, and a sense of historical progression in the repertory. Thus her selection of pieces, and her improvised preludes and transitions that connected them constitu-ted a form of analysis. Although she did not notate transitions for any specific set of short pieces, Clara Schumann’s preludes to works of Robert Schumann - «Des Abends» and «Aufschwung» from «Fantasie-stücke», Op. 12, «Schlummerlied» from «Albumblätter», Op. 124, and the slow movement of the F-Minor Sonata - provide rich evidence of the manner in which she constructed improvised introductions. Her composed introductions, instructional materials by her father, Frie-drich Wieck, and others, and reviews of her performances in the press

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are also helpful. This paper examines Clara Schumann’s programmed sets that included pieces by Robert Schumann for which she notated introductory preludes. Study of these materials enhances our under-standing of her programming and the role of improvisation in com-municating her interpretations.

Martin Kaltenecker (Centre de Recherches sur les arts et le langage-EHESS, Paris)

Improvisation as Oration

We analyze several texts that conceptualize improvisation techniques at the beginning of the nineteenth century by means of rhetorical ca-tegories. The rhetorical approach to music, which predominates in the Baroque era, introduces techniques of persuasion in the realm of musical composition. Music thus conceived aims at immediate apprai-sal and consent and is addressed to a present - not a future, absent or hypothetical - community. On the one hand, the improvising pianist - passing gradually (as Hummel did) from small to gigantic audiences - tests the rationalized rules of “dispositio” and “elocutio”, of intelligible form and manifold variation. On the other hand, he offers the image of inspiration or enthusiasm ‘at work’, the fascinating figure of a ge-nius. While his ‘fantastic’ production displays at the end of the eighte-enth century something like a ‘super-work’ (revealing the essence of creating and communicating music), the improvisation is little by little devaluated and disappears form concert programs. A new work concept - linked exclusively to precise notation (as Schumann under-scores) and organicism - considers every fantasy as an ‘infra-work’, seducing only ephemeral or superficial audiences.

Walter Kreyszig (University of Saskatchewan, Canada/Center for Canadian Studies, University of Vienna)

The «Adagio» in C-Major for Flute and Basso conti-nuo (QV 1:7) in the “Versuch einer Anweisung die Flöte traversière zu spielen” (1752) of Johann Joa-chim Quantz

In his widely disseminated «Versuch einer Anweisung die Flöte traver-sière zu spielen» (Berlin, 1752), Johann Joachim Quantz, (1697-1773), composer of a large body of sonatas and concertos for the flute, devo-tes most of his attention to the “tactus” and its subdivision, both with regard to regular notation and ornamentation, with the latter topic discussed in four chapters, respectively, und the headings ‘Of the ap-poggiaturas, and the little essential graces related to them’ (Chapter 8), ‘Of shakes’ (Chapter 9), ‘Of extempore variations on simple inter-vals’ (Chapter 13), and ‘Of cadenzas’ (Chapter 15). While the latter

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chapter pertains merely to the execution of solo concertos, the other chapters identified here, serve as the basis for the interpretation of the entire body of Quantz’s instrumental repertories. Since the relati-vely sparsely notated slow movements within the sonata da chiesa and sonata da camera provide ample room for the exploration of a wide range of diminutions, as illustrated in the «Adagio» in C-Major for flute and basso continuo (QV 1:7), with the approach of presenting the flute part in a plain version (with no diminution) and a highly ornate version perhaps gleaned from the edition of the «Zwölf Methodische Sonaten» (Hamburg, 1728, 1732) of Georg Philipp Telemann (1681-1767), a composer whose compositional skills Quantz praises on several occasions in his «Versuch». Indeed, the ten hitherto extant au-tograph scores of Quantz’s sonatas for flute and basso continuo, iden-tified in Georg Thouret’s «Katalog der Musikaliensammlung aus der Königlichen Hausbibliothek im Schlosse zu Berlin» (Leipzig, 1895), are almost completely devoid of diminutions, with the exception of occasional trills and appoggiaturas. Therefore, the sole fully notated example of small-scale and large-scale diminutions in the «Versuch» is of prime significance, in that it offers insight into a vital aspect of contemporary performance practice, one that received little attention in the actual autographs and subsequent printed editions of Baroque instrumental repertories.

John Lutterman (Whitman College, University of California at Davis)

Cet art est la perfection du talent: Chordal Thorou-ghbass Realization, the Accompaniment of Recita-tive, and Improvised Solo Performance on the Viol and Cello

One of the most striking characteristics of the earliest cello treatises is that so many of them give instruction in chordal thoroughbass realization, especially the conservatory methods designed to train professional musicians. Anecdotal evidence, often in the form of complaints, shows that virtuoso viol players were in the habit of im-provising harmonic realizations of continuo lines, and the practices described in the cello treatises reflect the type of harmonic thinking and improvisatory traditions that solo viol players had developed over the previous two centuries - ways of thinking and traditions that the many eighteenth-century viol players who abandoned the viol for the cello would almost certainly have adapted to their new instrument. In most of the treatises, continuo realization is discussed as a means of accompanying, and written-out realizations of bass lines are frequently given as examples. However, as the popularity of eighteenth-century

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composition treatises founded on thoroughbass practices attests, con-tinuo realization served as a foundation of both written composition and improvised solo performance, a practice often referred to today as “partimento”. The chapter on “fantasieren” in C. P. E. Bach’s «Versuch» is perhaps the most famous example, but the practice is documented in Friedrich Niedt’s «Musicalische Handleitung» and other eighteenth-century sources connected to the Bach circle. While these sources are aimed at keyboard players, there is reason to believe that musicians would have employed similar techniques when improvising on the viol or cello. Indeed, traces of the practice of continuo realization may be discerned in several examples of eighteenth-century music for solo viol and cello, traces which offer valuable clues to the idiomatic nature of improvised solo practices on these instruments.

Naomi Matsumoto (Goldsmiths College, University of London)

‘Free’ Virtuosity and ‘Rehearsed’ Traditions: A Stu-dy of the Flute-Accompanied Cadenza in Donizetti’s «Lucia di Lammermoor»

In the final act of Donizetti’s ‘mad’ opera «Lucia di Lammermoor», the deranged Lucia sings a cadenza accompanied by an echoing flute, in which the instrument takes on the mantel of a ghostly Doppelgänger. The music provides a potent symbol of the abandon of Lucia and, by extension, seems to act as a vehicle for the apparently unfettered dramatic and musical skills of the performer who plays her. But the subtext here of the equation of psychological abandon with performer freedom hardly does justice to the complex traditions and constraints that feed into this illuminating moment. This paper will first attempt to trace the origins of this cadenza through documentary studies by exa-mining the composer’s autograph and investigating the performers who established its earliest staged version. Next, early recordings and materials indicative of the history of vocal pedagogy will be surveyed so as to unravel the transmission lines of the various versions of the cadenza through the different ‘schools’ of singing. It will soon become clear that the cadenza is almost always a carefully-learned and well-re-hearsed collaboration. These factors enable us to see ornamentation less as a kind of freedom and more as an indicator of a performer’s pedigree. Finally, the cadenza and its manifestations will be related to nineteenth-century views on virtuosity and improvisation in general. Despite recent feminist readings, Lucia’s “freedom in madness” can be seen as ironically reversed as her character is embodied in performers who are tightly constrained by the practices of teacher-imitation and apprenticeship – victims themselves of one of the most “patriarchal” contexts within musical society.

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Laura Möckli (Universität Bern, Switzerland)

Abbellimenti o Fioriture: The Singer’s Creative in Ni-neteenth Century Opera

During the first half of the nineteenth century, vocal expression, in-terpretation and ornamentation were essential components of most Italian opera performances. However, due to their oral and improvi-sational nature, first hand written evidence of ornamentation practice is hard to be found. In a few cases - most famously that of the Parisian soprano Laure Cinti-Damoreau - personal notes have been preserved, giving essential insight into her creative work. Though we have no precise knowledge of how much singers of the time actually wrote, it is clear that such personal notes or didactical material are only rarely found in libraries today. This paper presents an anonymous, previou-sly unknown source, written between 1840 and 1850, and containing examples of ornamentation for over fifty arias and duets by Rossini, Pacini, Mercadante, Vaccai, Conti, Donizetti, Bellini and Mozart’s Le nozze di Figaro. The quantity and variety of the examples offer new insight into Nineteenth century aesthetics, opening perspectives on singers’ original means of expression and individual ornamentation propositions. My transcriptions of some of these ornamented arias will allow us to reconsider the paradigms underlying different orna-mentation styles. In exploring the expressional and vocal freedom required for their performance, we will observe how the fine structu-re of these works is completed and enhanced by the ‘Abbellimenti o Fioriture’ they presuppose.

Csilla Petho - Vernet (Université de Paris IV ‘Sorbonne’)

The Advantages and Drawbacks of Notation or How to Face Improvisatory Elements in 19th-Century Hungarian Popular Music

In 19th-century Hungarian popular dance music called verbunkos (which was succeeded but at the same time partly protected later by the csárdás repertoire), improvisation played an important role. The performers of this corpus, the Gypsy musicians employed the impro-visatory techniques in a very creative way. As the introductory part of the paper will demonstrate, writings of the period provide us valuable information about this performance practice. However, it remains dif-ficult, if not impossible, to retrace certain aspects of this practice in the musical sources. The noted repertoire is obviously unable to cap-ture the improvised embellishments of a melody or the richly impro-

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vised solo passages (both being products of the musicians individual creative power) the way they are described in the literary sources. The second part of the paper will deal with the lack of notation in this context, but also it will point out that in certain cases (i.e. in the first noted sources of the early verbunkos) notation can help us to un-derstand which common models helped the musicians to create and re-create musical ideas in the instrumental practice. Finally, the paper will try to shed light on a problematic question of Hungarian music of this period: was the augmented second really so characteristic in this repertoire? Here again, the problem will be examined in the context of improvisation versus notation.

Rudolf Rasch (Utrecht University, The Netherlands)

La fugacità della composizione musicale

A prima vista l’improvvisazione musicale e la composizione musicale sembrano essere due campi completamente diversi. Ma consideran-doli più da vicino la distinzione non è così assoluta. L’improvvisazione parte spesso da un modello fisso, pre-composto per così dire, mentre una composizione scritta lascia ampio spazio alla libertà esecutiva, non solo per quanto riguarda abbellimenti e altre aggiunte prevedibili ma anche per la scelta del tempo, della dinamica, dell’agogica e talora perfino dell’organico. Occorre dunque fissare tali aspetti preventiva-mente o durante il corso dell’esecuzione. Non di rado poi gli esecutori cambiano deliberatamente alcuni dettagli prescritti dal compositore (e chi può impedirlo?), perciò una singola composizione notata su carta permette una molteplicità di realizzazioni sonore. Ma anche la forma scritta di una composizione non rappresenta di solito la versio-ne ‘attendibile’ della composizione. La storia dell’edizione musicale, per esempio, ci insegna che una certa composizione viene notata in modo differente a seconda dell’epoca, dipendentemente dalla prassi del tempo e dalle aspettative dei fruitori. Inoltre una composizione può esistere in versioni dissimili, in arrangiamenti, ecc. La volontà di fissare su carta la forma definitiva di una composizione produce solo un’ulteriore realizzazione. La composizione musicale risulta essere un’entità nascosta dietro le note scritte, un’entità inafferrabile ed es-senzialmente provvisoria.

Renato Ricco (Università degli Studi di Salerno)

Virtuosismo e improvvisazione in Charles-Auguste de Bériot

Mediante un’analisi degli snodi cruciali della vicenda biografica e ar-tistica di Charles-Auguste de Bériot, violinista, compositore e didatta,

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e attraverso una ricognizione di alcune delle opere più significative all’interno della sua copiosa e variegata produzione violinistica, si cer-cherà di capire in quali sedi e secondo quali modalità il virtuosismo strumentale venga a interagire con la pratica improvvisativa. Dai primi studi di canto ai contatti giovanili con Viotti (la cui lezione Bériot rece-pisce grazie al contatto con André Robberechts) a Parigi, dove ascoltò Paganini; dal matrimonio con Maria Malibran, compagna di trionfa-li tournées, alla carriera didattica (Henri Vieuxtemps è solo il nome più famoso di una vasta schiera di virtuosi formatisi alla scuola di de Bériot): questi alcuni dei passaggi cruciali di una personalità artistica che, oltre esser protagonista della vita strumentale del XIX secolo, è al contempo testimonianza di un’evoluzione e di uno sviluppo di un par-ticolare stile strumentale. Senza dimenticare alcune fondamentali os-servazioni, di carattere estetico-stilistico, contenute nella «Méthode de violon», sarà analizzato lo stile di Bériot per quel che concerne il lato compositivo, con adeguato riferimento al rapporto virtuosismo/forma e virtuosismo/improvvisazione: per quest’ultimo aspetto, particolare attenzione verrà data al Prélude ou Improvisation, opera postuma.

Rohan H. Stewart-MacDonald (Cambridge, UK)

Improvisation into Composition: The First Mo-vement of the Sonata in F-sharp Minor, Op. 81 by Johann Nepomuk Hummel

In «Johann Nepomuk Hummel: A Musician’s Life and World Mark» Kroll presents ample evidence of Hummel’s contemporary reputa-tion as a first-class improviser. Using this evidence as a starting point, this paper will explore the assimilation of ‘improvisatory’ techniques into the Sonata in F-sharp minor, Op. 81 (1819), one of Hummel’s most imposing and prestigious works. ‘Improvisatory’ is an adjective often casually applied to this composition. My aim will be to explore its applicability and to hypothesise that, to a unique degree in Hum-mel’s output, the opening movement of Op. 81 simulates an act of improvisation in which the ‘heat of the moment’ leads to occasional non-sequiturs, ‘unnecessary’ repetitions and fluctuations in the level of thematic content. I will consider what this means for Derek Carew’s recent attempt to uncover a continuous network of motivic deriva-tions from the opening theme (CAREW, Derek. ‘Hummel’s Op. 81: A Paradigm for Brahms’s Op. 2?’, in: “Ad Parnassum: A Journal of Eighte-enth- and Nineteenth-Century Instrumental Music”, III/6 (2005), pp. 133-156). Ultimately, this motivic manipulation is only one dimension of Hummel’s portrayal of the tension between the possibility of loss of control and direction posed by an improvisatory act and certain requirements of continuity and structural logic enshrined in the

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eighteenth-century stylistic models that Hummel continues to invoke. In this sense the piece microcosmically depicts Hummel’s contem-porary and modern reputation as a ‘Janus-faced’ figure in the early Romantic musical scene.

Klimis Voskidis (Goldsmiths College, University of London)

The Role of Improvisation in Liszt’s early Piano Transcriptions

Liszt (1811-1886), early in his career, used elements of improvisation which would emphasize his skills both as a virtuoso pianist and inventi-ve composer. His early piano composition included various Transcrip-tions which being written in ‘theme and variations’ form, favoured fea-tures such as structural liberty, imaginative melodic development and virtuosic manner. Since virtuosity and advanced technical skills were considered important ingredients for an instrumentalist’s career in the beginning of the 19th century, improvisation was used by perfor-mers as a demonstration of their practical fluency on their instrument. Liszt often performed in his public appearances variations on popular themes, allowing the audience to choose randomly a tune. Therefore his parallel career as a performer and as a composer enabled him to exploit several aspects of improvisation. Liszt also reproduced on the piano various vocal ‘bel canto’ features such as coloratura, which were directly related to freedom of expression and improvisation. My paper will demonstrate musical examples of improvisational manner which characterize several of Liszt’s Transcriptions. The study of particular scores and the comparison of some works’ alternative versions would lead to valuable conclusions about Liszt’s compositional approach in his early years. His first virtuosic works, more than his late style, di-splay characteristically the relation between composition and improvi-sation, the motivic development through loose structural boundaries. In my presentation I will also highlight the role of improvisation du-ring the development of the piano as an instrument, while Liszt was exploring and expanding the new limits of the keyboard in terms of technique, sonority and musical expression.

Steven Young (Bridgewater State College, MA)

Practical Improvisation: the Art of Louis Vierne

The art of improvisation often results in a dazzling concert performan-ce or a brilliant recording. But in one of the least explored and most demanding aspects of this art, improvisation can have a vital practical function, contributing to the effective conduct of liturgical rites. One of France’s leading organists at the turn of the twentieth cen-

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tury, Louis Vierne, was considered an especially skillful and brilliant improviser. Yet an examination of the four recorded improvisations he made for the Odeon label reveals less virtuosity than pragmatism. In these four pieces, one hears more predictable sounds than the term ‘improvisation’ suggests; the style might even be called pedestrian. A close study of these improvisations reveals the musical intelligence behind them: Vierne’s brilliance can be observed not in extraordinary technical achievements or adventurous harmonies, but in his thou-ghtful attention to the needs of worshippers. This paper will elucidate Vierne’s practical improvisations, contributing to our understanding of both the composer’s artistry and the concept of improvisation.

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Festival Paganiniano di Carro 2010 Concerti

sabato 17 luglio Carro ore 20.30Piazza della Chiesa

Leticia Muñoz Morenoviolino

Archi dell’Orchestra Filarmonica di TorinoSergio Lamberto, konzertmeister

W.A. Mozart, Divertimento k 136Allegro Andante Presto

F.J.Haydn Concerto per violino e orchestra d’archi (per Luigi Tomasini, ante 1769)Allegro moderatoAdagio Finale. Presto

G. Tartini Sonata in Sol min. per violino e basso continuoIl trillo del Diavolo (Trascrizione per violino e orchestra d’archi di Michelangelo Abbado) Larghetto affettuoso, Allegro, Grave-allegro assai

F. Mendelssohn Sinfonia per archi nr.9 in Do magg. Svizzera Grave. AllegroAndanteScherzo. Trio la suisse Allegro vivace

Programma

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Festival Paganiniano di Carro 2010 Concerti

Leticia Muñoz Moreno, è uno dei più apprezzati violinisti della sua generazione. Altrettanto lodato da pubblico e critica per la sua squi­sita musicalità ed espressività.Vincitore di cinque concorsi internazionali: il Henryk Szeryng Compe­tition (2000), Concertino Praga (2000), Novosibirsk (2001) Sarasate (2001), e il Concorso Kreisler. Ha ricevuto numerosi riconoscimenti nazionali e internazionali. Si è esibita nelle sale più importanti del mondo. È stata membro di giuria nel concorso Sarasate del 2007. Ha studiato con il leggendario Maestro Bron a Madrid. E con il mae­stro Maxim Vengerov. Nel 2007 conseguito il master con lode con il Prof D. Takeno alla Guildhall School of Music and Drama. L'ultimo e il più prezioso maestro fù musicali Rostropovich fino al 2003.Da quando ha dodici anni, ha suonato con importanti orchestre in­ternazionali. Ha inoltre partecipato a numerosi festival.Nel 2005, il compositore spagnole Francisco Lara le ha dedicato una composizione dal titolo Capriccio for Leticia. Suona un violino Nicola Gagliano 1762.

Archi dell’Orchestra Filarmonica di Torino sono frutto del lavoro appassionato e costante di Sergio Lamberto, animatore indiscusso della formazione. Senza venir meno al loro ruolo di cuore pulsante dell’intera orchestra, quando si esibiscono in modo indipendente riflettono al meglio lo spirito, il calore e l’intelligenza musicale del loro fondatore. I solisti con i quali hanno collaborato, il pubblico e la critica riconoscono nelle loro esecuzioni la fondamentale atten­zione al dettaglio, ma anche l’allegria e la partecipazione emotiva che caratterizza ogni concerto, segno tangibile del piacere che ogni membro del gruppo prova nel fare musica. Le esibizioni degli Archi dell'Orchestra Filarmonica di Torino sono sostenute dalla Fondazio­ne Cassa di Risparmio di Torino Crt e dalla Fondazione Giovanni Goria.Sergio Lamberto è stato primo violino solista dell’Orchestra Haydn di Trento e Bolzano e dell’Orchestra da Camera di Torino e dal 1991 ricopre lo stesso ruolo nell’Orchestra Filarmonica di Torino. Nel 1987, insieme al pianista Giacomo Fuga e al violoncellista Dario Destefano (a cui è subentrato Umberto Clerici), ha fondato il Trio di Torino con il quale ha vinto il primo premio di musica da camera al Concor­so Internazionale Giovanni Battista Viotti di Vercelli edizione 1990, il secondo premio all’International Chamber Music Competition del 1993 di Osaka e il secondo premio al Concorso Internazionale di Trapani del 1995. Con il Trio di Torino ha suonato dell’ambito dei più importanti festival e per le più prestigiose associazioni musicali in Italia ed all'estero effettuando inoltre incisioni discografiche presso l’etichetta RS. Dal 1982 è docente di violino presso il Conservatorio di Torino.

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Festival Paganiniano di Carro 2009 Concerti

Lunedì19 luglioSesta Godano ore 21.00Piazza della Chiesa

Ensemble Nuovo ContrappuntoMario Ancillotti flauto e direttore Milan Rericha clarinetto Piotre Nikiforoff e Pino Tedeschi violini Ivan Vukcevic violaClaude Hauri violoncelloAlessia Luise arpa

Programma W.A.Mozart Quartetto in Sol Magg. K 370 (trascrizione di Hoffmeister per flauto e archi dall’originale per oboe e archi)

Allegro, Adagio, Rondò

J.Brahms Quintetto in Si min op.115 per clarinetto e archiAllegretto, Adagio, AndantinoPresto non assai, ma con sentimentoFinale, con moto

C.Debussy Sonata per flauto, viola e arpaPastorale - Interlude - Finale

M.RavelIntroduzione e allegro per arpa, flauto, clarinetto e archi

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Festival Paganiniano di Carro 2009 Concerti

Ensemble Nuovo Contrappunto nato per spontanea gene­razione dal Laboratorio di Musica Contemporanea della Scuola di Musica di Fiesole, è un complesso stabi le, multiforme, aperto alle più varie esperienze del linguaggio del Novecento, anima­to e diretto da Mario Ancillotti. Entusiasmanti gli incontri e le collabora zioni, che realizzano pienamente l'esigenza di esplo­rare, conoscere, vivere l'arte di oggi, con musicisti come Berio, Petrassi, De Pablo, Sciarrino, fra molti altri, con personaggi della cultura. Da due anni l'ensemble organizza a Firenze una rasse­gna dal nome Suoni Riflessi in cui mette a confronto la musica con le altre arti ed espressioni dell'uomo che ha riscosso entu­siastici plausi di tutto l'ambiente musicale ed intellettuale.

Mario Ancillotti ha compiuto gli studi musicali di flauto e com­posizione nella sua città natale, Firenze e dove ha avuto modo di incontrare e studiare con musicisti quali Luigi Dallapiccola, Fran­co Rossi, Roberto Lupi, il Quartetto Italiano. È stato Primo flauto dell'Orchestra di Roma della Rai e successivamente di Santa Cecilia fino al 1979. Poi si è dedicato completamente all'attività concertistica ed appare come solista in importantissimi teatri e sale di tutto il mondo. Il suo interesse per la musica contempo­ranea lo porterà a collaborare con tutti i maggiori compositori italiani, dei quali ha tenuto numerosissime prime esecuzioni. Il suo interesse si è allargato poi alla direzione e organizzazione musicale, col quale mette al servizio della musica del ‘900 la sua esperienza di straordinario esecutore. Ha dedicato molte delle sue energie alla didattica ed è stato docente di flauto nei Conservatori italiani e all'estero. Insegna ai Corsi Speciali di Per­fezionamento della Scuola di Musica di Fiesole, alla Hochschule della Svizzera Italiana a Lugano, e tiene corsi estivi in varie parti del mondo.

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Festival Paganiniano di Carro 2009 Concerti

mercoledì 21 luglio Suvero ore 21.00Sagrato della Chiesa di San Giovanni Battista

Sean Lee violino3° premio al Concorso Internazionale violinistico “Niccolò Paganini” di Genova

Emanuele Torquati pianoforte

Programma W.A.Mozart Sonata per violino e pianoforte in La magg. K. 305Allegro di moltoAndante grazioso G.Fauré Sonata n.1 per violino e pianoforte in La magg. op. 13Allegro moltoAndanteAllegro vivoAllegro quasi presto N.PaganiniVariazioni su God Save the Queen M.RavelSonata per violino and pianoforteAllegrettoBlues: ModeratoPerpetuum Mobile: Allegro

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Festival Paganiniano di Carro 2009 Concerti

Sean Lee selezionato tra quasi 300 concorrenti internazio-nali, si e' aggiudicato il secondo premio della Young Concert Artists International Auditions 2008. Nello stesso anno ha vinto il terzo premio del prestigioso concorso internazionale del violino Premio Paganini. Suona negli Stati Uniti come so-lista, nelle formazioni da camera e orchestre. Come vincitore del Juilliard Concerto Competition 2009, ha debuttato con la newyorkese Juilliard Orchestra al Lincoln Center con James DePriest sul podio. Ha suonato come solista con le maggiori orschestre Italiane e Americane. Vincitore di molti premi, Lee è stato uno dei 130 artisti selezionati da 6.500 candidati dalla National Foundation for Advancement of the Arts per parteci-pare il YoungARTS Awards nel 2005 e ha ricevuto Emerging Young Artists Award in Music 2005 dalla California Alliance for Arts Education. Si dedica intensamente anche alla musica da camera, è membro fondatore del LK String Quartett, che viene descritto dal New York Times …ardente e propulsivo, con l’unanimità intensa... Per l'estate 2010, è prevista la sua partecipazione nelle principali manifestazioni musicali mondiali. Suona uno Stradivari del 1728, gentilmente prestato dalla Juilliard School

Emanuele Torquati, ha portato a termine i suoi studi col massimo dei voti e la lode presso il Conservatorio Cherubini di Firenze sotto la guida di Giancarlo Cardini. Si é specia-lizzato in musica da camera con Franco Rossi prima, con il Trio di Trieste poi, presso la Scuola Superiore Internazionale di Duino, conseguendovi il Diploma di Merito. Vincitore di numerosi premi in Italia e all'estero, suona regolarmente in Europa, e all'estero. Gia’ pianista in residenza presso The Banff Centre nel 2008 con il progetto Voyage Messiaen. Re-centemente, spiccano il debutto del progetto sulla Musica degenerata presso il nuovissimo Museo per l’Olocausto di Chicago e il tour americano con Francesco Dillon. Sempre in questa formazione, e’ prevista l’uscita del disco Brilliant con le trascrizioni della musica pianistica e vocale di Robert Schumann. La sua passione per la musica contemporanea lo ha portato ad eseguire in prima esecuzione svariate opere cameristiche e per pianoforte solo e a lavorare intensamente con compositori di primo piano. In campo didattico e’ stato invitato a tenere Masterclasses e Seminari d’interpretazione sulla musica contemporanea da istituzioni quali IULM, Grup-po Aperto Musica Oggi, Scuola di Musica di Fiesole, Conser-vatorio statale Bonporti di Trento.

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Festival Paganiniano di Carro 2009 Concerti

sabato24 luglioMaissana ore 21.00Sagrato della Chiesa di San Bartolomeo

Duo violino e pianoforteAndrea Cardinaleviolino

Alessandro

Magnasco pianoforte

Programma A.Corelli Sonata in Re min. op. 5 n.12 - La Follia Tema e variazioniL.v. Beethoven Sonata in La min. op. 3Presto, Andante scherzoso più Allegretto, Allegro molto N. Paganini Tre Capricci dall’op.1N. Paganini I palpiti Variazioni op. 13J.Brahms Scherzo WoO 2

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Duo Cardinale Magnasco formazione stabile esistente già da svariati anni, ha al suo attivo oltre trecento concerti tenuti in tutta Italia, e all'estero.

Andrea Cardinale si è diplomato presso il ConservatorioPa-ganini di Genova nel 1992 e presso lo stesso conservatorio ha conseguito l'attestato di merito alla master class biennale di alto perfezionamento virtuosistico. Ha seguito corsi di perfe­zionamento tenuti all’Accademia Musicale Respighi di Roma e al Liceo Musicale Viotti di Vercelli dai Maestri Ruggero Ricci, all'Accademia Musicale di Novara da Franco Gulli, al Peabody Conservatory di Baltimora da Berl Senofsky, a Milano da Da­miano Cottalasso, a Genova da Giuseppe Gaccetta, a Blonay da Giuliano Carmignola. Vincitore di numerosi premi e ricono­scimenti nazionali e internazionali svolge attività concertistica come solista e in formazioni da camera; il suo repertorio spazia dalla musica del Seicento fino al Novecento; ha eseguito come solista i capolavori per violino e orchestra di Beethoven, Bach, Paganini, Tchaikowsky, ... Si è poi specializzato nel repertorio virtuosistico per violino solo arrivando a eseguire in concerto l'integrale dei ventiquattro Capricci di Paganini. Ha effettuato tournée in Italia e all'estero partecipando a importanti festival. Ha effettuato registrazioni televisive per le reti nazionali più im­portanti. Ha inciso oltre quindici CD .Suona un violino Vuillaume del 1864 (collezione Devoto).

Alessandro Magnasco si diploma brillantemente in Piano­forte presso il Conservatorio Paganini di Genova, si perfeziona­to con illustri didatti e concertisti di fama internazionale. Presso lo stesso Conservatorio si è anche diplomato, con il massimo dei voti, in Didattica della Musica ed ha continuato gli studi di Organo, Clavicembalo e Composizione. Ha suonato, nelle prin­cipali sale da concerto in Italia e all'estero, entusiasmando per musicalità e ricercatezza espressiva. Si è classificato primo in diversi concorsi internazionali ed ha effettuato varie registrazioni televisive e radiofoniche in Italia e all'estero. È stato più volte chiamato a partecipare, in qualità di membro di giuria, a concor­si internazionali. È direttore artistico di A.MU.S.A. e consulente musicale della Società Lirico Concertistica di Santa Margheri­ta Ligure. Si occupa della divulgazione della Musica Classica organizzando stabilmente concerti e opere per conto di molti comuni italiani. E’ responsabile musicale della Paganini Phil-harmonic Orchestra.

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Loc. Pianosottano 619020 CARRODANO SPT 0187 897 435F 0187 897 436E [email protected]

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Festival Paganiniano di Carro 2009 Concerti

giovedì29 luglioPorciorasco ore 21.00Corte di Palazzo De Paoli-Gotelli

Philippe Graffin Violino

Agnieszka Kolodziej violoncello

ProgrammaJ.S.Bach Dalle Invenzioni a due voci: BWV 772 n.1 786BWV n.1 e n.15

M.Ravel Sonata per violino e violoncello AllegroTrés vifLentVif, avec entrain

Z.KodalyDuo op.7 per violino e violoncello

N.PaganiniDai Duetti concertanti per violino e violoncello: MS 107 n.2. Allegro Rondò e Presto

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Festival Paganiniano di Carro 2009 Concerti

Phillippe Graffin per l'originale stile esecutivo e per le sue no­tevoli conquiste nel campo artistico è considerato il migliore tra i violinisti francesi. Studente di Joseph Gingold e Philipp Hir­schhorn, le interpretazioni di Graffin del repertorio francese han­no fatto dire alla rivista Gramophone che la sua comprensione dello stile non ha eguali. Artista in continua ricerca, ha riscoperto gli arrangiamenti ori­ginali di classici quali il Poème di Chausson e le Tzigane di Ra­vel, riportato alla luce i dimenticati concerti per violino di Fauré, Saint­Saens, del compositore inglese Samuel Coleridge­Taylor, le sonate di Bruno Walter e ampliato considerevolmente il re­pertorio violinistico. Ha condiviso il palcoscenico con alcuni fra i migliori musicisti del nostro tempo. Tra i suoi partner abituali vi sono i violoncellisti più accreditati. Ѐ il fondatore e il direttore artistico di Consonances, il festival internazionale di musica da camera di Saint. Nazaire, e viene invitato regolarmente ai più importanti festival di musica da camera. La musica contempo­ranea costituisce una parte essenziale dei suoi interessi. Molti compositori hanno scritto opere a lui dedicate. Ha anche suo­nato per la prima volta con Nobuko Imai il Duo Concertante di Barkauskas per violino e viola, e ha eseguito per la prima volta in Francia e Russia il Concerto Parlando di Rodion Shchedrin. Ha inciso con la Hyperion molti dischi che sono diventati un rife­rimento e hanno vinto molti premi. Ha inciso la prima mondiale del concerto per violino del compositore anglo­africano Samuel Coleridge­Taylor, il concerto per violino di Elgar e il Poème di Chausson secondo le versioni dei manoscritti originali. La sua riscoperta del concerto per violino di Frederick Cliffe, eseguito durante l’English Music Festival, è stata molto lodata dai criti­ci e trasmessa su BBC Radio 3. Suona un violino Domenico Busano, costruito a Venezia nel 1730 ed è attualmente Artista Residente all’University di New York di Stony Brook.

Agnieszka Kołodziej completa brillantemente gli studi alla Scuola di Musica Wieniawski, e li ha proseguiti al Conservatorio Reale di Bruxelles con il Maestro Jeroen Reuling e all’Accade­mia Bacewicz di Lodz con il Maestro Stanislaw Firlej. Dopo aver vinto il primo premio al Concorso Internazionale Wilkomirski, l’artista ha ricevuto una borsa di studio e la medaglia d’oro al merito per proseguire gli studi alla Towson University di Balti­mora con Cecilia Barczyk. Nel 2008 ha vinto il primo premio al concorso Edmond Baert di Bruxelles, il primo premio al Peggy Gordon Competition di Baltimora ed è stata premiata inoltre al Concorso Servais. Ha preso parte a vari Festival e corsi esti­vi quali il Seminario Piatigorsky a Los Angeles, gli Incontri In­ternazionali di Enghien, i corsi internazionali di Apeldorn tenuti dai celebri violoncellisti Gary Hoffman, N.Gutman, K.Georgian, M.Flaksman. Nel 2007 è stata scelta dal centro internaziona­le Penderecki per un periodo di studio con il violoncellista Ivan Monighetti al Nieborow Castle. L’interprete è generosamente sostenuta dal 2004 dal Ministero della Cultura Polacco. Suona un violoncello di J.B.Vuillame del 1844 di proprietà del Conser­vatorio Reale di Bruxelles.

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Agente generale alla Spezia

Via Chiodo 161 19123 La Spezia

Tel. 0187.7362900187.778116

Fax 0187.732746

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BATTISTINI ASSICURAZIONI

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Festival Paganiniano di Carro 2009 Saggi

The Discovery of Paganini’s Magic Bow

Joseph Gold*

«The bow is not important. It is the violinist who is important». Paganini said that. He did! This was great publicity for Paganini, the violinist, but very bad publicity for bowmakers. What will happen to the price of bows if violinists believe Paganini?Seriously, dear reader, we are here to examine the genius of Paganini, and learn what bows he used in his meteoric career. I take you back in history, to a time when bows really were ‘unimportant’. We return to the days before Tourte.Paganini was born in Genoa, Italy, in 1782. The modern ‘Tourte’ bow was unknown in Italy — it had just been invented. Paganini was trained in the 18th century style of violin playing. But his ideas were always modern. In his early career, Paganini used the old style bow. Later he wrote that the other violinists lau-ghed at his long bow and thick strings. This is a very important sentence - his long bow and thick strings!From this sentence, we can conclude that those laughing violi-nists used the older, shorter stick. You see, Paganini was always far ahead of his colleagues. We know from both Vuillaume and the great Norwegian violinist Ole Bull, that Paganini used a Post-Tartini style bow. I assume that the length of this bow was approximately ‘normal’, because they commented on the style of the stick but not the length.In the 1820’s, Paganini was actually selling bows of this type. Here is the scenario: I quote from de Courcy’s great 2 volume opus on Paganini: «While superintending the repair of Germi’s instruments in Mantegazza’s workshop, he ordered a quantity of bows. These were made to his specifications, and Germi was to sell the bows in Genoa».Here is Paganini’s letter to Germi, dated January 7, 1824. «The

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Festival Paganiniano di Carro 2009 Saggi

bows should be worth two louis a piece, owing to the precision of workmanship. They are — I repeat — excellent for everybo-dy. As for myself, however, I prefer more hairs with maximum elasticity, which is impossible to attain without altering the de-sign of the stick. This would be hard to do without experimen-ting beforehand and my being present at the tests. But for the moment what difference does it make if they don’t happen to suit me? They do beautifully for anyone who wants to use them — and they suit you, don’t they?»The Mantagazza mentioned appears to be Carlo. He was the luthier to Count Cozio de Salabue.For a description of Paganini’s bow, we turn to the great Norwe-gian violinist Ole Bull. The young violinist told of a chance mee-ting with Paganini on a street in Paris. Nicolo invited the young virtuoso to come along with him. Bull was delighted when the great man talked to him like an old and trusted friend.Ole Bull described Paganini’s bow as being «made after the old Italian style of a somewhat later shape than that of Tartini’s». When the hair was tightened to the proper tension, the stick was nearly straight. Vuillaume, when he saw this bow, laughed and inquired who could play with such a thing. When Paganini brought it to him to be repaired (he had broken the upper end), Vuillaume offered to make him another. He was much displeased with the idea and declined the gift in a very decide manner. He said that he could never think of using any other. Both Ole Bull and Vuillaume agree on all these facts.This style bow can be seen in the drawing which appears in Carl Guhr’s incomparable book «Paganini’s Art of Violin Playing». It is curious to note that this same drawing appears in other books — but the head of the bow is different. Nevertheless, the type of bow is similar to the early style of Joseph René Lafleur. The heads are very high and slender, and very elegant. Vatelot uses the word ‘Pike’ to describe this shape.I believe Paganini retained this bow throughout his career, and had it in the same case with his Guarneri violin and his favorite bow.At this time, I want to mention a few famous bowmakers from Paganini’s visits to Paris. We know that Paganini had contact with Lupot. I offer as evidence the famous letter addressed to Lupot. There is no evidence that Paganini actually used a Lu-

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pot, however.I am also positive that Paganini met Tourte.When violinists speak of bows, the name François Tourte is always spoken with reverence. Did Paganini have any contact with this great bow maker? Bear in mind that Paganini conque-red Paris with his violin and bow in early 1831. Tourte died in April 1835. This would allow a full four years for some kind of contact. Knowing Paganini as we do, he had a very inventive mind; he was curious far beyond the norm. But this is a subject for a later conference.In my youth, I was told that Paganini used a bow by Sirjean. This bowmaker is very obscure — no one knows anything about him.On the other hand, we have solid evidence of a working rela-tionship between Paganini and J. B. Vuillaume. While Paganini was in Paris, Vuillaume marketed his newest invention. It was the ‘revolutionary’ steel bow. In a letter to Edouard Fetis (the noted author and musicologist), Paganini praises the new bow. This letter is dated September 26th, 1834.«I ask you to make known my opinion of the steel bows in-vented by M. Vuillaume, which have already been mentioned in your journal. I have to state in the interest of the musical art that these bows are infinitely preferable and far superior to the wooden ones; they unite great firmness with an equality of resistance throughout their length such as I have not yet found in other bows, and possess sufficient flexibility to achieve easily all shades of tone.» Sounds like a pretty good bow, doesn’t it!At first, the views expressed in this letter seem to contradict his previous statements. However, I believe Paganini is advocating the steel bows for the general public and not for his own use. When viewed in this light, Paganini does not contradict himself at all. Furthermore, I categorically reject the notion that Pagani-ni’s endorsement was done for his personal or financial gain.And now, ladies and gentlemen, to the moment which was, to me, like the discovery of King Tut’s tomb. You all know the great and famous violin of Paganini, ‘Il Cannone’. But the magic wand of Paganini — his bow — was completely unknown. It was always there in Genoa not far from ‘Il Cannone’. But it was always in a secret place; a secret withheld from the world. I was taken to a special room in the palace. There I waited in

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great excitement. The bow finally arrived. It was wrapped in ‘butcher paper’. And now, I will tell you about Paganini’s fa-vorite bow.Holding it is a metaphysical experience, to say the least. Sadly, the bow is broken into many pieces. The identification tag sta-tes that it is in eight pieces. In a fine hand, Achilles Paganini (the only child of Nicolo Paganini) writes on the identification tag, «This is the bow which my father used throughout his arti-stic career». The fact is, Paganini used other bows prior to the memory of Achilles (1825-1895). Early on, Paganini used the pre-Tourte type bow, as we have seen.I have already told you what the bow is not. It is not a Tartini-type bow, nor a Tourte, nor a Lupot, nor a Sirjean. I do believe that it is a Jacob Eury.Before describing this fabulous work of art, it will be interesting to discover how Paganini acquired his favorite bow.The facts surrounding the Eury bow are even more cloudy than how Paganini acquired his Guarneri violin. Perhaps he beca-me acquainted with the French school of bow-making during his formative period in Lucca, Italy (1801-1805). It was here, as court violinist to Princess Elise Bonaparte Baciocchi (sister of Napoleon Bonaparte) that he had his first great concert suc-cesses. The French connection is quite clear. Most likely, thou-gh, he continued to use his ‘old style’ bow for a while longer. Another possibility is through his friendly competition with the French virtuoso Charles Lafont in the year 1816. The bow dates from this period. Thus, this scenario is certainly a possibility. Was it a gift from one great violinist to another? Perhaps. If not, it was most certainly from an admirer.A beautiful portrait of Paganini (1831) by the English artist Sa-muel Lover clearly pictures the ‘new’ bow. There is no doubt that the button and frog are the same as the bow in Palazzo Rosso. February 24, 1831 marks the date of Paganini’s arrival in Paris, the bow-making capital of the world. After careful exa-mination of the bow, I believe that Paganini acquired the bow earlier than 1831. The reason is that the frogs of both bows in Palazzo Rosso are not original. They seem to be made by the same bow maker, and are interchangeable. The frog on the Eury bow has a broader band of hair in accordance with Paganini’s preference. Perhaps only the bone adjuster button

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on the other bow is original, but belongs to the Eury. Alberto Giordano, a present-day violin maker of Genoa, Italy, thinks the frogs are of Italian origin.Another bit of evidence can be observed in the portrait displa-yed in the Naples Conservatory. Albeit undated, the head of the bow stands out clearly. Unfortunately, the pattern is rather generic. It is, however, a modern type bow, and not the post-Tartini type.The Eury bow itself was a magnificent creation. It is bold in concept and boasts a full head. The chamfers are also bold. As is the usual case with Eury, the stick is octagonal. The octagon is executed in the manner of Tourte. It is truly virtuoso octa-gon, as flat as a table top. The bow has excessive wear. Some of this was the result of the profuse sweating of Paganini (he wore woolen underwear to absorb the sweat). The other wear, we can say ‘abuse’, came from enthusiastic and constant use. This is absolute evidence that this was Paganini’s favorite bow.The stick is broken in two places. One was repaired by Vuil-laume. The other is unrepaired at the time of this writing. The head is also a disaster area, with two more breaks. Originally, the head had the Eury trademark of a flat ridge going down the nose all the way to the tip of the bow. Through constant use, this flat ridge, which is really a continuation of the upper octa-gon, has become obliterated. The head of Paganini’s Eury bow resembles bow no. 2 in L’Archet by Millant and Raffin.Constant use has left indelible fingerprints where Paganini grip-ped the bow. You can actually see the indentations where the fingers of Paganini’s right hand were placed. He had very aci-dic perspiration which actually destroyed the wood. Evidence shown in Lover’s portrait, and the butt end of the stick prove that Paganini played without wrapping on the stick. Speaking of the butt end of the stick, it too was broken and repaired with a metal ring. The slot box has been lengthened, but the characteristically large Eury nipple remains.The unlined ebony frog is a unique design. Large and rustic workmanship include a mother-of-pearl diamond on either side. The mother-of-pearl slide is also one of a kind. Overall, the impression of the frog is that of a ‘home made’ job.Undoubtedly, the Eury was in one piece when Paganini died in 1840. The ensuing years have now been kind to it. Broken

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in transit to Genoa in 1851 perhaps, sadly separated from ‘Il Cannone’. Yet, it remains, like the Colosseum in Rome — a ma-gnificent ruin.I take leave of you now in the words of the poet Antonio Barrili: «His magic bow is mute. But its supreme sweetness lives on».

* JOSEPH GOLD, violinist, achieved international recognition when he was selected to be the private violin soloist for famed tenor Luciano Pavarotti. Mr. Gold served in the dual capacity of concertmaster and director of chamber music at the Spoleto Music Festival in Italy. He has been praised on four continents for his brilliant interpretations of the great repertoire of the 19th century violin virtuosos Paganini, Sarasa-te, Bazzini, and others. A graduate of the University of Southern California, he studied with the legendary Jascha Heifetz. Mr. Gold is the author of the definitive book «Paganini’s Art of Violin Playing».

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Festival Paganiniano di Carro 2009 Concerti

sabato31 luglioCarro ore 20.30Piazza della Chiesa

Quartetto di Fiesole Alina Company violinoLuca Guidi violaDaniela Cammarano violino Sandra Bacci violoncello

ProgrammaA.Webern Langsamer Satz R.Schumann Quartetto in La maggiore op. 41 n.3 Andante espressivo. Allegro molto moderato Assai agitato. Un poco Adagio. Tempo risolutoAdagio molto Allegro molto vivace

A.Dvorak Quartetto in Fa maggiore op.96 Allegro ma non troppoLentoMolto vivaceFinale-Vivace ma non troppo

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Festival Paganiniano di Carro 2009 Concerti

Quartetto di Fiesole si forma nel 1988 sotto la guida di Piero Farulli e Andrea Nannoni presso la Scuola di Musica di Fiesole e l'Accademia Chigiana di Siena, dove nel 1992 riceve il Diploma d'Onore. Si perfeziona nel repertorio slavo con Milan Skampa segue gli Amadeus Summer Course presso la Royal Accademy di Londra e frequenta le Masters Classes di Siegmund Nissel nell’ambito dell’Orlando Festival, di Sadao Harada organizzate dagli Amici della Musica di Firenze e di Valentin Berlinsky. Nel giugno 1990 vince all'unanimità il Primo premio al Concorso In­ternazionale per Quartetto d'Archi di Cremona, nel 1992 vince la Selezione ARAM di Roma e nell'ottobre 1996 vince il Primo premio al Concorso Internazionale di Musica da Camera Premio Vittorio Gui di Firenze. Effettua tournées in tutto il mondo. E’ spesso ospite di importanti società di concerti ed è invitato re­golarmente a prestigiosi Festival, ottenendo sempre un grande successo di pubblico e critica. Si avvale delle collaborazioni di Maria Tipo, Piero Farulli, Andrea Lucchesini, Pietro De Maria, Kostantin Bogino, Alain Meunier, Andrea Nannoni, Antonello Farulli, Luca Ballerini, Stefania Cafaro, Nelson Goerner, Fabio Bidini, Marco Vincenzi... Fra le numerose esperienze fatte è importante ricordare la sua esibizione per l'Accademia Nazio­nale di Santa Cecilia dove è invitato ad eseguire all'Auditorium della Conciliazione, in occasione del novantesimo compleanno di Goffredo Petrassi, il Quartetto per Archi (1958) alla presenza dell'autore, la sua esibizione al Quirinale alla presenza del Pre­sidente della Repubblica Italiana e il suo concerto alla Wigmore Hall di Londra in occasione delle celebrazioni per il cinquantesi­mo anniversario del Quartetto Amadeus. Per molti anni è Quar­tetto in Residenza dell’Università di Firenze e spesso è invitato a tenere delle Masters­Classes. Il Quartetto di Fiesole registra per la Radio­Televisione Italiana, Svizzera Francese e Tedesca. Recentemente il violista Pietro Scalvini, straordinario interprete e fondatore del gruppo con Alina Company ha dovuto inter­rompere la sua collaborazione con il Quartetto di Fiesole. Al suo posto è subentrato l’eccellente violista Luca Guidi.

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Festival Paganiniano di Carro 2009 Concerti

venerdì6 agostoBeverino ore 20.30Chiesa di Santa Croce

Trio violino viola e violoncelloPier Domenico Sommati violino Ilaria Bruzzone viola Alberto Pisani violoncello

ProgrammaW.A.Mozart: Divertimento in Mib magg. KV 563AllegroAdagio Minuetto I - Andante con variazioni- Minuetto IIAllegroL.van Beethoven Trio in Sol maggiore op. 9 n.1AdagioAllegro con brio Adagio ma non tanto e cantabileScherzoPresto

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Festival Paganiniano di Carro 2009 Concerti

Pier Domenico Sommati si è diplomato presso il Conserva­torio Mascagni sotto la guida del Maestro Sergio Dei. In segui­to si è perfezionato con i Maestri Renato Zanettovich, Stefan Gheorghiu e Pavel Vernikov per il violino, e con il Trio di Trieste, Riccardo Brengola, Piero Farulli, Norbert Brainin per la musica da camera. Ha collaborato con il Maggio Musicale Fiorentino e con il Teatro La Fenice di Venezia. Dal 1992 è membro dell’Or­chestra del Teatro Carlo Felice di Genova, dove dal 1995 ricopre il ruolo di spalla dei secondi violini. Nel 1991 riceve il Diploma d’onore per la Musica da Camera all’Accademia Chigiana di Siena. Nel 1995 incide per la Casa Discografica Dynamic un Cd di musiche inedite di Paganini, in trio con Stefan Milenkovich e Riccardo Agosti. Svolge un’intensa attività cameristica, abbrac­ciando vari repertori e formazioni, dal duo all’ottetto. Ha al suo attivo, in veste solistica, varie esecuzioni dei Concerti di Bach, delle Quattro Stagioni di Vivaldi.

Ilaria Bruzzone si è diplomata con ottimi voti in violino presso il Conservatorio Paganini di Genova sotto la guida del Maestro Marcello Bianchi nell’anno 1999. Da allora ha collaborato con diverse formazioni cameristiche e orchestrali. Al suo attivo conta diverse collaborazioni con importanti Teatri Italiani. Componen­te, in qualità di violista, del quartetto Zelig ha collaborato nello spettacolo allestito dal Teatro dell’Archivolto I bambini sono di sinistra con Claudio Bisio. Sempre con il quartetto Zelig ha par­tecipato a concerti e manifestazioni a livello nazionale. Dal 2005 fa parte del gruppo musicale Compagnia dell’Alambic, del quale fanno parte musicisti dell’orchestra del Teatro Carlo Felice e del quintetto Mampaa. Con altre tre strumentiste fonda nel 2008 la formazione quartettistica Formus Ensemble.

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Festival Paganiniano di Carro 2009 Concerti

domenica8 agostoPonzano Superiore ore 21.00Corte di Palazo Remedi

Trio clarinetto viola e pianofortePietro Tagliaferri clarinetto Filippo Milani violaSiro Saracino pianoforte

ProgrammaW. A. Mozart Trio Kv 498 Kegelstatt-TrioAndanteMinuettoRondeux

P. Tagliaferri Air per clarinetto, viola e pianoforte

M. Bruch Dagli Otto pezzi op. 83V Rumanische Melodie VI Nachtgesang

R. Schumann Märchenerzählungen op. 132Lebhaft, nicht zu schnellLebhaft und sehr markiert Ruhiges Tempo, mit zartem AusdruckLebhaft, sehr markiert

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Festival Paganiniano di Carro 2009 Concerti

Pietro Tagliaferri diplomato in clarinetto presso il Conser­vatorio Nicolini di Piacenza sotto la guida del maestro Parmi­giani, si perfeziona presso l’Accademia Musicale Chigiana di Siena e presso l’Accademia Internazionale di Biella, sotto la guida di Anthony Pay. Laureato in Musicologia presso la Scuo­la di Paleografia e Filologia musicale di Cremona. Vincitore di concorsi nazionali ed internazionali, svolge una intensa attivi­tà concertistica sia come solista, sia con diverse formazioni cameristiche, in Italia e all’estero. Diversi compositori hanno scritto brani a lui dedicati. Ha effettuato numerose incisioni per importanti case discografiche e incisioni radiofoniche per Rai Radiouno. Svolge attività di ricercatore per conto della Fondazione Monteverdi di Cremona e presso l’Istituto Dio­cesano per la Musica Sacra San Cristoforo di Piacenza. Dal 1991 al 2005 è stato consulente musicale delle reti Media­set. Dal 2005 si dedica alla regia e nel 2006 riceve l’incarico di regista per la collana Mozart Ways 2006. Nell’aprile 2008 Mediaset gli affida la regia del concerto di Zubin Mehta con L’Israel Philharmonic Orchestra presso l’Auditorium Parco della Musica in Roma. Attualmente è direttore artistico delle riprese dei concerti dell’Orchestra Filarmonica della Scala. È docente di ruolo di clarinetto presso il Conservatorio Marenzio di Brescia.

Filippo Milani diplomatosi in violino e viola, ha frequentato la Scuola di Perfezionamento Musicale di Bobbio e la Scuola di Alto Perfezionamento Musicale di Pavia sotto la guida del Maestro Rossi. Dal 1999 suona con l’ Orchestra Filarmonica della Scala, realtà che gli offre l’opportunità di essere diretto da grandi direttori e di frequentare alcuni dei teatri più impor­tanti del mondo. La passione per la musica d’insieme lo porta a collaborare con diversi gruppi cameristici e a frequentare Fe­stival in tutta Europa. Dal 2005 suona in qualità di prima viola nei I Solisti di Pavia, complesso cameristico sotto la guida di Enrico Dindo. Il bisogno di eseguire la musica del passato con una rinnovata prospettiva estetica gli ha permesso la collabo­razione con esecutori di musica antica tra cui i Barocchisti di Lugano con i quali ha effettuato numerose registrazioni.

Siro Saracino ha intrapreso gli studi musicali presso il Con­servatorio Nicolini di Piacenza dove si è diplomato a pieni voti nel 1989 con Giovanna Busatta. Sin da giovanissimo ha partecipato a numerosi concorsi pianistici nazionali ed inter­nazionali vincendo svariati premi. Svolge attività concertistica come solista che in svariate formazioni cameristiche. Come solista ha suonato in Italia e all’estero. Ha inciso un CD dal vivo durante un concerto presso la Towson University di Balti­mora e le sue esecuzioni sono regolarmente trasmesse dalle più importanti radio specializzate. Ha recentemente iniziato un sodalizio con l’attrice Paola Gassman incentrato sull’opera di Satie e Ravel. Ha suonato come solista con le principali orchestre italiane. Dal 2007­2008 è titolare di cattedra presso il Conservatorio Marenzio di Brescia.

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Festival Paganiniano di Carro 2009 Concerti

giovedì12 agostoMattarana ore 21.00Parco dei Tigli

Concerto a due pianoforti e percussioni

Guido Bottaro e Roberto Logli pianoforteDaniele Lunardini e Dario Doriani percussioniProgrammaB.Bartok Sonata per 2 Pianoforti e PercussioniAssai lento - allegro non troppoLento ma non troppo Allegro non troppo

I.Strawinsky Petruschka Suite per 2 PianofortiDanse russeChez PetrouchkaLa semaine grasse

W.Lutoslawsky Variazioni su un Tema di Paganini

R.Logli 1997 per 2 pianoforti

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Festival Paganiniano di Carro 2009 Concerti

Roberto Logli ha studiato pianoforte presso il Conservatorio Niccolò Paganini sotto la guida di Lidia Baldecchi Arcuri, diplo-mandosi con il massimo dei voti e la lode. Ha studiato composizio-ne con Adelchi Amisano, Musica da camera con il Trio di Trieste a Fiesole e con Massimiliano Damerini a Genova. Ha seguito i corsi di perfezionamento pianistico a Salisburgo con Sergei Dorenskij e Aquiles Delle Vigne. E’ vincitore e finalista di numerosi concorsi pianistici. Ha eseguito ed esegue con vivo successo di critica e di pubblico concerti in Italia e all’estero. Dal 2000 si è dedicato alla composizione e alla esecuzione di brani propri e di autori del 900 storico e contemporaneo.

Guido Bottaro, svolge i suoi studi musicali presso il Conservato-rio Paganini di Genova diplomandosi a soli 19 anni con il massimo dei voti e la lode. Studente presso la Scuola di Musica di Fiesole prima, Diplome Supérieur d’Exécution all’ Ecole Normale Alfred Cortot di Parigi poi, frequenta vari Corsi di Perfezionamento. Ha suonato nella prestigiosa Salle Cortot per la Société Chopin di Parigi; è stato invitato al Festival di Mannheim, al Festival di Ve-nezia, a Leiden in Olanda e nel 1994 ha l’onore di suonare per il Mozarteum di Salisburgo nella Wiener Saal. Tra le sue ultime apparizioni in pubblico è di rilievo il Concerto tenuto presso il Te-atro Carlo Felice di Genova nel marzo 2000 come solista con orchestra. Nel maggio 2002 ha suonato un repertorio di musica operistica e liederistica russa; inoltre sempre nello stesso Teatro ha tenuto un concerto solistico con musiche di Sciostakovic e Prokofiev.

Daniele Lunardini intraprende giovanissimo lo studio della Batteria sotto la guida del maetro Paolo Cozzani. Diplomato in strumenti a percussione presso il Conservatorio N. Paganini di Genova, sotto la guida del maestro A. Pestalozza, si specializza nel repertorio Lirico. Inizia l'attività professionale nel 1987 accostan-dosi alla musica e al teatro da camera, al minimalismo, alle musi-che da films, alla musica contemporanea e al repertorio lirico, sin-fonico e jazzistico. Dal 1994 collabora in qualità di percussionista e timpanista con importanti enti lirici e fondazioni lirico-sinfoniche italiane. Dal 1997 al 2005 ricopre il ruolo di timpanista aggiunto presso la Fondazione Teatro Carlo Felice di Genova e dal 2001 ricopre stabilmente il ruolo di timpanista presso l’orchestra Cit-tàLirica di Pisa e del Festival Puccini di Torre del Lago. Nel 2003 forma l’ensemble di percussioni Tin-Cans e collabora inoltre in qualità di batterista con gruppi di musica Jazz All'attività concerti-stica affianca quella di docente.

Dario Doriani si e’ diplomato presso il conservatorio di musica Paganini di Genova sotto la guida del Maestro Andrea Pestalozza e al pari approfondisce gli studi della batteria.Dal 1990 collabora in qualità di percussionista con l’orchestra del

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Festival Paganiniano di Carro 2009 Concerti

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Teatro Carlo Felice ed altre orchestre italiane con cui effettua re-gistrazioni discografiche, concerti e tournee in Italia e all’estero. Nel 1995 nasce il Classic Jazz Quartet, nel quale ricopre il ruolo di batterista.

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Festival Paganiniano di Carro 2009 Concerti

venerdì12 agostoBonassola ore 21.00Oratorio di S.Erasmo

Concerto per flauto e arpa

Massimo Mercelli flauto

Floraleda Sacchi arpa

Programma C.DebussyEn blanc et noir per due pianofortiAvec emportement Lent sombreScherzando

R.Logli 1995 per due pianofortiAllegroLentoPresto

B.Bartok Sonata per due pianoforti e percussioniAssai lento - allegro non troppoLento ma non troppoAllegro non troppo

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Festival Paganiniano di Carro 2009 Concerti

Massimo Mercelli è stato allievo dei celebri flautisti Maxence Larrieu ed André Jaunet. A diciannove anni diviene primo flauto al Teatro La Fenice di Venezia, e vince numerosi premi interna­zionali. Suona regolarmente nelle maggiori sedi concertistiche del mondo, collaborando con artisti di fama internazionale. È direttore artistico e fondatore dell’Emilia Romagna Festival, dal 2001 fa parte del direttivo della European Festival Association. Nel 2006 ha eseguito la premiere di Facades di Philip Glass col compositore al pianoforte, e ha tenuto una masterclass per la Rostropovich Fondation; l’11 settembre 2006 ha tenuto un importante concerto commemorativo presso l’auditorium dell’ONU, a New York. Ha suonato alla Filarmonica di Berlino e alla sala grande del conservatorio di Mosca in un gala’ con Yuri Bashmet e Gidon Kremer ed ha eseguito la prima mondiale di Vuoto d’anima piena di Ennio Morricone sotto la direzione del maestro stesso. Al MusikVerein di Vienna ha effettuato la prima esecuzione mondiale del concerto per flauto ed orchestra di Michael Nyman a lui dedicato.

Floraleda Sacchi, ispirata dai dischi di Annie Challan a suo­nare l'arpa, ha iniziato lo studio di questo strumento a 14 anni sotto la guida dei Maestri Lisetta Rossi e perfezionata con Ali­ce Giles, Alice Chalifoux e con Judy Loman che considera suo mentore. Definita da molti critici artista di eccezionale talento, si è da sempre dedicata al repertorio solistico e alla musica da camera per arpa cercando di sviluppare progetti originali e un personale modo di fare musica. Ha suonato in importanti sale e festival in tutto il mondo confermandosi come una delle più interessanti ed originali arpiste sulla scena internazionale. Dal 2008 è l’unica arpista al mondo ad incidere per Decca con cui ha pubblicato Minimal Harp un progetto per arpa sola definito affascinate da molti giornali, che include 8 prime registrazio­ni mondiali. Tra le altre incisioni recenti spiccano Sophia Corri Dussek, una monografia per arpa sola e Chiaroscuro in cui Flora presenta per la prima volta le sue composizioni. Nume­rosi sono i compositori che le hanno dedicato brani originali. Attualmente sta collaborando con Michael Nyman per la rea­lizzazione di un progetto originale appositamente scritto per lei da questo importante compositore. Tra il 1997 e il 2003 ha vinto un’eccezionale numero di competizioni internazionali. Collabora spesso con attori in spettacoli teatrali. La prestigiosa rivista americana Harp Column le ha dedicato la copertina e l’intervista del numero di Settembre­Ottobre 2009; è l’unica arpista italiana e una delle poche europee ad aver ottenuto questo importante tributo. Dal 2006 è direttore artistico del Lake Como Festival, una rassegna di musica da camera am­bientata in luoghi storici lariani.

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Festival Paganiniano di Carro 2009 Concerti

Conversazione Paganinianasabato14 agosto Carro ore 18.00

Paganini,unico direttore...a cura di Dario De Cicco

La conferenza illustrerà il ruolo che Paganini ebbe nell’evoluzione della figura del direttore d’orchestra. Attraverso l’esame di fonti iconografiche, epistolari e contrattuali si ricostruirà il percorso di un virtuoso che svolse un ruolo significativo nel consolidamento delle funzioni e del ruolo del direttore e dell’orchestra.

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Festival Paganiniano di Carro 2009 Concerti

Dario De Cicco è laureato in musicologia presso l’Universi­tà degli Studi di Pavia, diplomato in pianoforte, didattica della musica e musica corale e direzione di coro. Si è specializzato nei settori della pedagogia musicale presso i principali centri formativi italiani ed europei. Pubblica regolarmente studi e ri­cerche musicologico­didattiche su vari periodici e tiene corsi di formazione per il personale docente dei vari ordini di scuola. È vice­presidente nazionale della Società Italiana per l’Educa­zione Musicale. Collabora con varie istituzioni scolastiche e associazioni mu­sicali svolgendo attività di progettazione e coordinamento in iniziative di sperimentazione didattica in ambito musicale.È docente di Pedagogia musicale presso il Conservatorio Sta­tale di Musica “Giuseppe Verdi” di Torino.

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Festival Paganiniano di Carro 2009 Saggi

sabato14 agostoCarro ore 20.30Piazza della Chiesa

Recital del violinista

MarcoRizzi Edoardo Strabbioli pianoforte

Programma R.Schumann Sonata in Re min. op.121Mit leidenschaftlichem AusdruckAllegrettoLebhaft Bewegt

K.Szymanoswky Tre Capricci da Paganini

R.SchumannSonata in La min. op.105Ziemlich langsam, LebhaftSehr lebhaft Leise, einfach

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Festival Paganiniano di Carro 2009 Saggi

Marco Rizzi Ha studiato con eccezionali insegnanti come G. Magnani, S. Accardo e W. Liberman ed essendosi diplo­mato con lode e menzione speciale ai conservatori di Milano ed Utrecht, viene presto riconosciuto come il più interessante violinista della nuova generazione e gli viene conferito, su indi­cazione di Claudio Abbado, 1’Europäischen Musikförderpreis nel 1991. Regolarmente ospite delle sale più prestigiose in ita­lia e in Europa e collabora con direttori più quotati e con le più rinomate orchestre europee. Violinista in continua evoluzione, ogni anno Marco Rizzi arricchisce di un concerto il suo già vasto repertorio con orchestra: nelle ultime stagioni si sono dunque aggiunti via via il Concerto di Glazunow, Omaggio di Van Vlijmen, Concerto n.1 di Paganini, il Concerto n.2 di Sostakovic, il Concerto di W. Walton e il concerto di Martinu Inoltre, il suo vivo interesse per programmi non di repertorio permette di far conoscere al suo pubblico capolavori inusuali come la Sonata di B. Walter oppure il Concerto di J. Adams. Si inquadrano in questa linea le incisioni dedicate alla musica italiana per violino e pianoforte del '900 che, come la sua regi­strazione delle Sonate e Partite di J.S. Bach, hanno riscosso entusiastici consensi nel mondo musicale. All’attività solistica si affianca una dimensione cameristica vissuta con passione, è spesso ospite di prestigiosi Festival cameristici internazionali. In ambito didattico insegna in una classe di livello internazio­nale alla Hochschule für Musik ­ Mannheim (Germania), dove è titolare di una cattedra di violino, e alla prestigiosa Escuela Superior de Musica Reina Sofia di Madrid. Suona un violino Pietro Guarneri del 1743, messogli a disposizione dalla Fon­dazione Pro Canale Onlus.Premiato nei tre concorsi più prestigiosi per violino è partico­larmente oggi apprezzato per la qualità, la forza e la profondità delle sue interpretazioni.

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Paganini’s Heritage in the Piano Music

Veronica Gaspar*

Chronologically, Paganini is more Beethoven’s generation than the great Romantic composers’ where, paradoxically, the current perception is situating him. Indeed, his relatively late recognition at European level and the admiration of important personalities of the 19th century brought Paganini closer to the epoch he exerted a decisive influence on. A portrayal of Balzac, in his novel Le cousin Pons (1847): «The melancholy and the Raphaelite perfection of Chopin together with the energy and Dantesque grandeur de Liszt comes near to Paganini’s bright-ness» is illustrative for the general fascination Paganini exerted in the epoch.The romantic composers received in different ways Paganini’s influence, but all of them expressed their admiration and con-fessed about their endeavour to imitate the Diabolus in musica. Not just the artist but also the ‘character’ Paganini was percei-ved as the symbol of a profound transformation affecting the music and its ways of communication. He brought in the cen-tre of the musical life the soloist and his innovations added an important weight to the revolutionary transformations which were later carried out by the great Romantic composers — Li-szt, Schumann, Brahms — who were basically pianists.It is said that the Romantism created the independent soloist. Such allegation is not quite accurate at least if we consider the singers. Still, therein the social role of the instrumental per-former emerged from the traditional ancillary or anonymous status described by Guido d’Arezzo as «(the performers) like animals, are reproducing an activity without being aware of

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it». Since the 19th century the role of the instrumental soloist, following Paganini’s wake, got a special weight and became au-tonomous from a particular work created in a particular time. The concert stages began from the early 1800s to take in the performances of works composed by more composers. The musical performance becomes most often a soloist’s choice and the act of communication begins to prevail on the content to be transmitted. A genre not fortuitously developed in this time and decisively influenced by Paganini’s Caprices is the Ro-mantic Etude. This is no more a means for private improving, but an independent work highlighting an important compound of the musical show: the virtuosity.Meanwhile, Paganini catalysed the opening of the audience to the dark side of the human esprit. Indeed the musical discourse which was related to the Apollinic objectivity of a transcenden-tal message or to the Bacchic entertainment added also Saturn in the mythological imaginary of an epoch that created the go-thic novel, the works of Goya or Gerard de Nerval, Mephisto and many secret societies centred on the dark enigmas of the Middle Age. When the inexplicable skills of Paganini broke out, they unleashed the unconscious need for magic of a society not yet accustomed to the too recent positivist trend of the modernity. Paganini himself indulged and used for his career those tendencies, reviving medieval phantasms of the social imaginary in order to connect unusual skills with magic. Therefore the authority of Paganini on the Romantic compo-sers acted on several levels, starting from the direct influence of his musical innovations, but also by the increasing role of the virtuosity and by a particular spirit, reiterated in many works in the 19th and 20th centuries. Because of the relationship of the most important composers of the 19th century with the piano, we could presume that the incontestable influence of Paganini played a decisive role also in the development of this instrument. His challenging impact on the piano music implies as well the broadening of the instrumental limits by the new-invented ‘performer star’. The first composer to evoke Paganini in a piano work seems to be Johann Nepomuk Hummel (1778-1837). He was one of the first pianists to follow the trend to hold recitals presenting (also) works of other composers. Because living in an epoch dominated by Beethoven and later by the reformist Roman-

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ticists, Hummel’s instrumental and creative skills are rather shadowed. In his Fantasia in C major – Souvenirs de Paganini we recognize some of the Caprices, several of which better ex-ploited by other composers in the following years. The work, not published during the composer’s life, doesn’t surpass the average transcription of exercises present in the Baroque. In this Fantasia there are just some Paganini’s themes with a con-ventional accompaniment, under the virtuosity requirements for the piano literature of the time, including Hummel’s own other works. This work was part of an already rising trend to praise Paganini, marking the increasing influence of the great violinist among the musicians in the whole Europe. The influence of Paganini on Frédéric Chopin (1810-1849) was more subtle. Generally, Chopin despised virtuosity as an aim and was rather sarcastic to the average of his contemporary; nevertheless, for Paganini he had only superlatives. For Cho-pin, «Paganini is the embodied perfection» as he incidentally wrote in a letter actually meant to express his admiration for another musician (the pianist Friedrich Kalkbrenner). It seems that Chopin heard Paganini in 1829 in a series of 10 concertos in Warsaw. Chopin took not a significant direct influence from Paganini’s themes. We found just a little piece from his early age inspired by The Carnival of Venice, entitled Souvenir de Paganini for Solo Piano (1829). Chopin’s famous Andante Spia-nato and Grande Polonaise Op. 22 (1830-34) was also inspired by Paganini’s Cantabile Spianato e Poloneza brillante played in Leipzig and Warsaw in 1829. But what inspired Chopin’s rhe-toric in a much more significant way was the original insertion of vocal fioriture in the instrumental music, interrupting the metric pulse as a subjective comment. The ornamental ‘com-ment’ as a technical proceeding was already used in the past: in the Agréments in Baroque works, or even in the Classical repertoire beside the virtuosity Cadences (e.g. the second The-me of the first movement in Beethoven’s Sonata for Piano Op. 31/3 which is repeated with ornaments, producing a tempo-ral dilatation). But its incidence, the variety and embodiment in the work’s structure of the proceeding is a typical mark of the romantic melody and a token of a decisive influence of the King of Violin on the King of Piano.

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In 1824-1825 Robert Schumann (1810-1856) was still oscillating between Music and Poetry (especially because of his friendship with Jean-Paul). In 1828 «amidst the lugubrious walls of Leipzig» he wrote to his mother: «My major studies will be Philosophy and History». But the impact of young Schumann with Paganini during a concert tour in Germany in 1829 determined him to choose music as main occupation. Schumann made two cycles of Studies (Op. 3, 1832 and Op. 10, 1835) directly inspired by the Caprices for violin solo, some of them used by Hummel too. The virtuoso trend inspired by Paganini, also stimulated by the talent of his beloved Clara Wieck, led Schumann toward the perfection of the piano technique. He tried several devices to improve his own technical skills (like the Chiroplast of Johann Bernhard Logier) until he definitively injured his hand. In the Carnival Op. 9 (1834) Schumann had a different approach: in the episode named ‘Paganini’ he is not quoting a manner but painting a personality; the rough energy and the amazing reso-nance-effects are giving us an idea of Paganini’s performance. Franz Liszt (1811-1886) made the best rendering of Paganini’s spirituality and probably gave the most audacious reply to the broadening of the limits of the instrument initiated by the violinist. He felt the contact with Paganini as a challenge and assiduously tried to reach his idol. «My God, what a man, what a violin, what an artist! […]». In 1832 after hearing Paganini, Liszt confessed in a letter to Pierre Wolff: «I practice exercises up to 4-5 hours each day: 8th, 3rd, 6th, tremolos, cadences etc. […] If I will not become mad, you’ll find a real artist in me!» Liszt was preoccupied to prove the superiority and the richness of the piano on the violin. Liszt seemingly made the essential revolution in the piano playing and in the improving of the instrument. Like Chopin, he largely used the art of im-provising ornaments in a Cantabile, but Paganini stirred mainly his preoccupation for virtuosity. The piano gets the benefice of the technical features as scales in 8ves, leaps, chromatic scales etc. giving them rhetoric and emotional significance. In 1838 he wrote Etudes d’exécution transcendantale d’après Paganini and, after trying several variants, he published in 1851 the final version Grandes Etudes de Paganini. Here appeared one of the first transcriptions of the famous Caprice 24, probably the most

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often employed theme in the History of Music.Johannes Brahms (1833-1897) published in 1863 two series of Variations on the 24 Paganini Caprices, creating 28 hypo-stases of psychological nuances and technical diversity. Clara Schumann used to call them ‘Hexen-Variationen’ (Diabolic Variations). Still, this work had nothing diabolic and nothing recalling the consecrated image of Paganini; just one of the variations, no. 4 in the second volume is evoking Paganini’s nationality quoting a well-known Canzonetta. Brahms is bril-liantly representing the stream of the technical imitation to be followed since. He puts further the limits of the pianistic skills, beside a serious contribution to the variation technique, chal-lenging many composers in the next decades. In the 20th century, the evolution of the music led to the fa-ding of the direct, emotional communication, recovering the line of ‘Absolute Music’ interrupted by the Romantic episode. The ‘Paganini character’ disappeared under a huge amount of dark aesthetics; meanwhile the instrumental skills became at-tributes of the musical education devoid of any link with the magic. Nevertheless Paganini was still present in the musical creation. His themes, especially the Caprice no. 24 are continu-ing to provoke countless variations no matter the composers’ style, country or instrumental specialization. An exhaustive list is almost impossible to be completed, when Paganini’s themes are meant for piano, chamber music, jazz-band, percussion, flute, even ukulele… The average motivation for the 20th-century composers seems to be the technical challenge imposed by a very often emplo-yed theme, fortuitously composed by Paganini. The Norwegian composer, Trygve Madsen, eloquently synthesizes this tenden-cy: «Is it possible to do something new with this theme? Or does everything have to be ‘in the shadow of Brahms’?» So-metimes, a particular conjuncture offered a different impulse for one more transcription. For instance, Witold Lutosławski (1913-1994) needed to increase his two-piano repertoire for the duo formation he was playing in during the World War II. He succeeded to create one of the most successful variant of the eternal Caprice 24. Three decades later he transformed this work in a Concerto for Piano and orchestra (1971). The

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approach of Stanisław Skrowaczewski (b. 1923) makes an ex-ception: he is one of the few to evoke the esprit of Paganini, his strange fury, the demonism, thus recalling to some extent Schumann’s Paganini from the Carnival Op. 10. A noticeable work is Luigi Dallapiccola’s (1904-1975): Sonatina canonica in mi bemolle maggiore su ‘Capricci’ di Niccolò Paganini: per pia-noforte (1946). It is one of the few not to use the omnipresent Caprice 24.One can wonder about what has so special this theme and why did it gather the most numerous variants? The general contour is outlining one of the plainest motives, widely used in the Ro-manian traditional folklore until well-known classical works as Beethoven’s Eroica Variations ( Variations and Fugue Op. 35 for piano solo, 1802 and Final movement of the third Symphony, 1803). A lot of composers from different countries (Poland, United Kingdom, Portugal, Italy, USA, Norway, Turkey etc.) exerted their skills processing this theme. It can be found in several styles, from Post-Romanticism until the most advanced avant-garde, nothing to say about Jazz-like productions. Sergey Rachmaninoff ’s (1873-1943) Variations on the 24th Ca-price, namely The Rhapsody for Piano and orchestra on a The-me of Paganini (1934) is probably the most complex homage to Paganini in the last century. The diversity of means and timbres could, finally, reach Paganini’s mastery. The main motive ta-kes several appearances. One of the metamorphoses (mirror inversion) gives birth to one of the most uplifting love songs. Another is Dies Irae drawing near the whole Gothic imaginary of the Romantism, with its witches’ sabbatical dances, demons’ laughter, etc. picturing Paganini’s stamp in the 19th-century imaginary. «Ancient stories appear from the Middle Age, with witches and spirits, rising rumours about the selling out of his soul to the Devil» wrote Liszt in 1840 depicting Paganini’s ima-ge in the 19th century. Almost a century later, Rachmaninoff succeeded to create a corresponding musical image, in the same time a continuation of the technical inventiveness of Pa-ganini and a touching evocation of his esprit.Paganini’s heritage is occupying a large place, from the main challenging impact on pianists (which is continuing even to-day) till the creation of a special rhetoric, beside concrete in-

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novations in the musical genres and forms. He led the broade-ning of the instrumental limits as well for violin as for piano. He harmonized the vocal with the instrumental music and created the novel God of our laic world: the performer-star. Paganini, gathering the occult need for the nocturnal side of the human imaginary and followed by the most important composers-pia-nists, initiated a peculiar trend of spiritual enrichment recon-ciling for a short while the performers’ skills with the musical creation.The Romantism, epoch of Faustus and Mephisto was a turbu-lent epoch, which renewed the art expression. The art works recovered euphemized forms of archaic myths. Apollo, symbol and ideal for art creation, was parting his place in the Arts Pan-theon with Bacchus, Saturn and, recently with Mercury, the God of merchandise. In the short period when the Artist was the intermediary between human and divine, substituting the traditional role of the music itself, Paganini and his pianists-fol-lowers gathered the need of idols in a laic and unstable society. In the Panegyric wrote by Liszt in 1840, he concluded: «Pagani-ni’s unique geniality frightens even his followers. He is a Master in the Empire of Arts on a solitary summit. The enchantment exerted on the audience was so powerful that one could not imagine a natural explanation for such a genius […]».

* Dr. Veronica Gaspar is Associate-professor at the Piano Department in the National Uni-versity of Music Bucharest, obtaining her Ph.D. degree in 1997. In 2002 – Master Degree in Cultural Management. Three books, several articles in revues at national and international level, concert-lessons and numerous active participations in international conferences, meetings, symposia under the research areas of performance sciences, musical percep-tion and communication and cross-cultural communication. She is member of several international societies as ISME, SEMPRE, SMA etc. Foreign languages: French, English, German and Japanese.

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Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno

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Festival Paganiniano di Carro 2010 Calendario Luglio

Calendario

15-16-17 luglio La Spezia, CAMeC, h. 9.00Convegno Internazionale di Studi Paganiniani

Giovedì 15 luglio La Spezia, Teatro Civico h. 21.00Omaggio a Paganini I Solisti veneti, Claudio Scimone direttore

Sabato 17 luglio Carro, Piazza della Chiesa h. 20.30Leticia Muñoz Moreno violinoGli archi de I Filarmonici di Torino

Lunedì 19 luglio Sesta Godano Sagrato di Santa Maria Assunta h. 21.00Ensemble Nuovo ContrappuntoMario Ancillotti, flauto e direttoreFrancesco Negrini, clarinetto Barbara Ciannamea, Pino Tedeschi, violino Yunichiro Muratami, viola Claude Hauri, violoncello Alessia Luise, arpa

Mercoledì 21 luglio Suvero Sagrato di San Giovanni Battista h. 21.003° premio al Concorso Internazionale violinistico Niccolò Paganini di GenovaSean Lee violino Emanuele Torquati pianoforte

Sabato 24 luglio Maissana Sagrato della Chiesa di San Bartolomeo h. 21.00Duo violino e pianoforteAndrea Cardinale violino, Alessandro Magnasco pia-noforte

Giovedì 29 luglio Porciorasco Corte di Palazzo De Paoli-Gotelli h. 21.00Philippe Graffin violino, Agnieszka Kolodziej violoncello

Sabato 31 luglio Carro, Piazza della Chiesa h. 20.30Quartetto di FiesoleAlina Company violino, Luca Guidi viola, Daniela Cammarano violino, Sandra Bacci violoncello

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Festival Paganiniano di Carro 2010 Calendario Agosto

Venerdì 6 agosto Beverino Castello Chiesa di Santa Croce h. 21.00Trio Violino Viola e VioloncelloPier Domenico Sommati violino, Ilaria Bruzzone viola, Alberto Pisani violoncello

Domenica 8 agosto Ponzano Superiore, Palazzo Remedi h. 21.00Trio clarinetto, viola e pianofortePietro Tagliaferri clarinetto, Filippo Milani viola, Siro Saracino pianoforte

Giovedì 12 agosto Mattarana, Parco dei Tigli h. 21.00Concerto a due pianoforti e percussioniGuido Bottaro e Roberto Logli pianofortiDaniele Lunardini e Dario Doriani percussioni

Venerdì 13 agosto Bonassola, Oratorio di S. Erasmo h. 21.00Concerto per flauto e arpaMassimo Mercelli flauto, Patrizia Tassini arpa

Sabato 14 agosto Carro, Casa Nasca h. 18.00Conversazione paganiniana Paganini, unico direttore...a cura di Dario De Cicco

Sabato 14 agosto Carro, Piazza della Chiesa h. 20.30Recital del violinista Marco Rizzi Edoardo Strabbioli piano

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Festival Paganiniano di Carro 2009 Informazioni

Prima o dopo concerto

La SpeziaAll’inferno via Lorenzo Costa 8 T 0187 29458La Cantina via Fazio 85C 339 8036384 / 392 5268980Osteria di Mimmi p.zza Sant’Agostino 66T 0187 751434 Anche la domenica su pre­notazionePane vino e San Daniele via del Torretto 15T 0187 778583 su prenotazioneC 392 5047750 / 333 1715712Toa degli Aranci via Manin 23T 0187 761645 su prenotazioneTrittico via Cavallotti 62 T 0187 735509 su prenotazioneAntica Trattoria Dino Vevèvia Cadorna 18T 0187 735004 su prenotazione

CarroRistorante pizzeria Da Fausto, via Marconi, 38. T 0187 861305 (18,00 euro)Agriturismo biologico Cà du chittu, Isolato Camporione, 25. T 0187 861205 (25,00 euro)Agriturismo Miramonti fraz. Castello loc. Cappella. T 0187 861193 (18,00/22,00 euro)Trattoria Cerreta, Cerreta fraz. di Carro loc. Cerreta. T 0187 861283 (20,00 euro)Trattoria Toso Giovanni,Toso GiovanniToso Giovanni fraz. Ponte S. Margherita via Piave, 30. T 0187 891532 (18,00 euro)

Maissana Albergo Mafun via Provinciale, 6. T 0187 845622 (18,00/20,00 euro)

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Prima o dopo concerto

1 All’inferno 2 La Cantina 3 Pane vino e San Daniele 4 Trittico 5 Osteria di Mimmi 6 Toa degli Aranci 7 Vevè (Antica trattoria Dino)

Dove sono alla Spezia

Mattarana Antica Locanda Luigina via Aurelia 185T+39 0187.893683 C 348 7628240 (18,00/20,00 euro)

Rocchetta Vara Cuccaro Club via Campo Picchiara,150. T 0187 890210 (20,00 euro)

Sesta GodanoRistorante La Margherita via Caduti della Libertà. T 0187 891233 (20,00 euro)

TAXI

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Festival Paganiniano di Carro 2009 Informazioni

Orario notturno mezzi pubblici in città

N

Ospedale Canaletto Migliarina Mazzetta

Viale Ferrari Ponte Scorza P.zza Caduti lavoro Via Bixio

22.3523.3500.35

22.5323.53

via Chiodo

Ospedale Canaletto Lerici Sarzana

via Fiume FS Fossitermi

22.4023.55

23.0723.3200.41

via Chiodo

Ospedale Migliarina Sarciara alta

Cadimare Fezzano Porto Venere

23.2500.47*

23.40

via Chiodo

Vezzano FS

Le Grazie

Radio Taxi 0187 523523

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Orario Bus Navetta Riservato

Trasporto compreso nel biglietto d’ingresso intero

Data/Luogo

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17.7 Carro 21.7 Suvero24.7 Maissana25.7 Sesta Godano 29.7 Porciorasco31.7 Carro 6.8 Beverino8.8 Ponzano Superiore12.8 Mattarana14.8 Carro

18.1519.1518.1519.1518.1518.1519.4520.3019.0016.40

18.3019.3018.3019.3018.3018.3020.0020.1519.1516.55

18.4519.4518.4519.4518.4518.4520.1520.3019.3017.10

Orario partenze dalle fermate

Via della Pianta Al Capolinea della Linea 1

Via Vittorio VenetoFermata Comune

StazioneCentrale La Spezia FS

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Biglietteria

Omaggio a Paganini, Concerto dei So-listi Veneti diretti da Cludio Scimone al Teatro Civico:Posto unico numerato 20,00euro (Con riduzione a 15,00euro acquistando contemporaneamente l’abbonamneto a10 concerti del festival di 40,00euro)Concerti a Carro:intero 15,00euro ridotto 12,00euro.Concerti in altre sedi:intero 12,00euro ridotto 10,00euro.

Abbonamenti a 10 concerti 40,00euro.

Riduzioni La riduzione è accordata ai soci della So-cietà dei Concerti onlus, del Touring Club Italiano, Società Italiana di Musicologia ed ai soggetti previsti dalla Legge. Trasporto compreso nel biglietto d’ingresso intero

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108 InformazioniT 0187 731214C 320 0443341C 347 6843236

Società dei Concerti onlusVia del Prione 4519121 La Spezia

[email protected]

Ufficio stampaStudio MontparnasseDott.ssa Paola StefanucciC 347 6843236