2010 . 1 - G n II - Il Picchio | associazione culturale per la...

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Il Picchio Mensile di informazione e cultura di Camino e frazioni [email protected] Aut. Tribunale di Casale Monf. n.258 del 16/01/2009 ANNO II - N. 1 - GENNAIO - FEBBRAIO 2010 stampato su carta riciclata mamma che fr eddo! Editoriale L o spirito comune del nostro gruppo, quando è nato il giornale, era di af- frontare problematiche locali e cercare di dare degli spunti di riflessione per miglio- rare il nostro quotidiano e fare nascere in questa maniera un certo senso civico, un maggiore interessamento alle cose pubbli- che. L’analisi delle tematiche, l’incontro con le persone, ci portano anche a racco- gliere testimonianze e ad arricchire le no- stre conoscenze non solo a livello sociale, ma anche storico, di costume,di tradizio- ni. In questo numero abbiamo chiesto a Cesare Lusona di raccontarci la sua storia dei cantoni. Per noi questo costituisce un bel traguardo perché la sua esperienza la- vorativa e la conoscenza di questi luoghi ci hanno consentito di capire meglio il nostro territorio. Siamo andati a vedere le vecchie cavi di Castel San Pietro, abbia- mo scoperto che il “cantùn” non era solo una roccia, ma una storia degli uomini, un materiale che ha modellato il paesag- gio, le nostre case, i fienili, le chiese. In un certo senso adesso guardiamo questa terra con altri occhi. Ecco perché le vostre testi- monianze possono rivelarsi importanti ed interessanti per noi, ma soprattutto per la comunità intera e la sua memoria. E con lo stesso atteggiamento, di attenzione e cura, crediamo si debba parlare della cosa pub- blica, che appartiene a tutti, ma spesso non viene considerata tale. Il disinteresse verso ciò che ci circonda, verso le decisioni non oculate, verso certi atteggiamenti, è causa degli obbrobi che ci circondano. La critica non è uno strumento sterile, deve essere condiviso e portato avanti con l’intento di costruire. Si è persa la voglia di mettersi assieme ed è un peccato perché la forza di un gruppo, di un movimento, è quella di dare corpo a delle idee, ad un ideale di vita. E se ognuno di noi portasse il suo contributo...

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Il PicchioMensile di informazione e cultura di Camino e frazioni

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mamma che freddo!

Editoriale

Lo spirito comune del nostro gruppo, quando è nato il giornale, era di af-

frontare problematiche locali e cercare di dare degli spunti di riflessione per miglio-rare il nostro quotidiano e fare nascere in questa maniera un certo senso civico, un maggiore interessamento alle cose pubbli-che. L’analisi delle tematiche, l’incontro con le persone, ci portano anche a racco-gliere testimonianze e ad arricchire le no-stre conoscenze non solo a livello sociale, ma anche storico, di costume,di tradizio-

ni. In questo numero abbiamo chiesto a Cesare Lusona di raccontarci la sua storia dei cantoni. Per noi questo costituisce un bel traguardo perché la sua esperienza la-vorativa e la conoscenza di questi luoghi ci hanno consentito di capire meglio il nostro territorio. Siamo andati a vedere le vecchie cavi di Castel San Pietro, abbia-mo scoperto che il “cantùn” non era solo una roccia, ma una storia degli uomini, un materiale che ha modellato il paesag-gio, le nostre case, i fienili, le chiese. In un certo senso adesso guardiamo questa terra con altri occhi. Ecco perché le vostre testi-monianze possono rivelarsi importanti ed interessanti per noi, ma soprattutto per la

comunità intera e la sua memoria. E con lo stesso atteggiamento, di attenzione e cura, crediamo si debba parlare della cosa pub-blica, che appartiene a tutti, ma spesso non viene considerata tale. Il disinteresse verso ciò che ci circonda, verso le decisioni non oculate, verso certi atteggiamenti, è causa degli obbrobi che ci circondano. La critica non è uno strumento sterile, deve essere condiviso e portato avanti con l’intento di costruire.Si è persa la voglia di mettersi assieme ed è un peccato perché la forza di un gruppo, di un movimento, è quella di dare corpo a delle idee, ad un ideale di vita. E se ognuno di noi portasse il suo contributo...

2 Il Picchio - N. 1 - Gennaio - Febbraio 2010

Un altro inverno… come una voltaGelo e neve prolungati: perchè quest’anno battiamo i denti?

Accidenti, ci risiamo: la scorta di legna sta diminuendo, i pellets sono qua-si finiti e la bolletta del metano… ci

preoccupa non poco! Ma che sta succeden-do? Forse che la “flessibilità” che ci persegui-ta in quasi tutti gli ambiti della nostra vita ha incominciato ad influenzare anche gli an-damenti climatici? E la grande minaccia del riscaldamento globale come spiega inverni così crudi?Eravamo ormai abituati, negli anni ’90 e ini-zio millennio, a non avere quasi più la neve e a veder fiorire le prime piante alla metà di

febbraio… Risposte certe non esistono perché la clima-tologia e la meteorologia, per loro natura, non sono scienze esatte, sono nate da pochi decenni e hanno la pericolosa presunzione di confrontarsi con l’onnipotenza divina di Giove Pluvio…

Per cui, dopo tali doverose note di ammis-sione dei limiti della scienza, dovute, anche a causa di recenti, brucianti previsioni errate, veniamo ai fatti. Il responsabile degli inverni particolarmente crudi e nevosi è un fenome-no atmosferico che si chiama: strat warming (riscaldamento stratosferico).Ma come? Il freddo è causato da un riscal-damento?Allora… siamo in pieno inverno e la stratosfe-ra (fascia di atmosfera tra 8000 e 15000 metri di quota) si riscalda proprio in corrisponden-za del polo nord. Come è possibile, da dove

arriva quel calore? Molte sono state le tesi dibattute da quando il fenomeno fu scoperto negli anni ‘50 ad opera di Richard Sherhag dell’Università di Berlino. Negli anni ‘80, quando av-venne uno dei riscaldamenti stratosferici più famosi della storia a seguito del quale ci piombò in casa l’inverno del secolo, si pensava a con-tributi cosmici derivanti dal vento solare (radiazioni).Ora, a oltre 20 anni di di-stanza dal quel famoso ri-scaldamento stratosferico (1985) e con il senno di poi fornito dalle sofisticate rile-vazioni satellitari, nonché da radiosondaggi condotti fino alle altissime quote, si è compreso che tutto parte dal basso. Insomma il calore si propaga dalla troposfera (fascia di atmosfera da terra fino ad 8000 metri di quo-ta). In che modo? Facciamo un passo indietro. Intanto abbiamo accennato ad una delle possibili conseguenze: le ondate di gelo alle medie latitudini.

La differenza di temperatura tra poli ed equatore viene compensata dalle correnti a getto, cinture di vento che a causa della rotazione terrestre ruotano in senso an-tiorario attorno all’emisfero, racchiudendo entro il proprio interno un vero e proprio lago di aria gelida: il vortice polare troposfe-rico.

Storie di freddo

Prima del 1700 non esistevano i termo-metri, quindi per avere notizie di tipo climatico dobbiamo fare riferimento a documenti storici che ci danno notizie “empiriche“ su fenomeni atmosferici effettivamente accaduti: fiumi, lagune, tratti di mare che gelano, nevicate ab-bondanti, descrizione di inverni partico-larmente freddi. In base a tali riferimenti storici possiamo dire che dopo il periodo caldo medievale, in Europa, a partire dalla metà del 1300, si è assistito ad un graduale calo della temperatura media globale con un’espansione dei ghiacciai alpini (con un culmine nel XIX secolo) e con l’inizio di una serie di inverni via via sempre più rigidi; tale periodo è so-prannominato PEG ( piccola era glaciale) ed ebbe una durata di circa cinque seco-li, alla fine dei quali è iniziata la risalita termica che ci accompagna fino ai giorni nostri.Durante la PEG è probabile che la serie di invernate più rigide in assoluto si sia registrata nel 1400: è a questo secolo che infatti apparterrebbe l’inverno forse più freddo dell’ultimo millennio, ovvero il 1407/08. Si ha notizia che i ghiacci po-lari abbordarono addirittura il nord della Scozia e che l’inverno fu particolarmen-te crudo in Inghilterra, ove il Tamigi a Londra gelò per la durata record di 14 settimane consecutive.Altri inverni freddissimi furono quelli del 1709, 1738 e 1785.Nel XIX secolo si ricordano il 1829/30, il 1879/80 e il gennaio del 1893.Nel 1888 a Varallo Sesia (450 metri s.l.m.) caddero 4 metri di neve in una sola nevicata.Infine nel XX secolo si ricordano il 1928/29, 1939/40, 1941/42 e nella me-moria di molti di noi il febbraio del ‘56 e il mitico gennaio del 1985 quando si registrarono -23.2° a Firenze, -6.8° a Genova, -19.4° a Brescia, -18.4° a Ve-rona, -22.0° a Piacenza, -11.0° a Roma Ciampino e -15.8° a Perugia. Il freddo cominciò il 6 gennaio (la famosa nevi-cata dell’Epifania a Roma) e durò per circa due settimane, dopodiché l’entrata di una perturbazione atlantica seppellì la pianura padana con un manto alto fra i 50 e i 90 cm.

Riccardo longhi

Neve negli anni ’50 a Brusaschetto (per concessione di Evasio Vellano)

attualità

Queste cinture di vento non seguono un andamento rettilineo ma ondulano con am-piezze più o meno evidenti a seconda dell’at-trito assorbito durante il passaggio su oceani,

continenti e catene montuose. Si sviluppano così le onde planetarie che ridistribuiscono caldo e freddo tra le alte e le basse latitudini. Ebbene laddove le creste d’onda (anticicloni subtropicali) superano una certa ampiezza, un punto critico di non ritorno lungo i me-ridiani, iniziano a crescere anche in spessore. In questo modo il calore in esse contenuto viene iniettato nelle alte quote stratosferiche, si propaga verso i cieli polari e ne determina il repentino riscaldamento che può arrivare ad un aumento di 50-80°C.Arriviamo al dunque: il riscaldamento ano-

malo della stratosfera artica provoca lo “split” (scivolamento verso il basso) del vortice po-lare, lo divide in due o tre lobi che precipi-tano solitamente in Canada e in Siberia;

quest’anno i lobi sono stati tre e uno di loro è venuto a far visita all’Europa.Per fortuna, l’Italia, e in particolare il Piemonte, è protetta dalle Alpi che de-viano le correnti fredde pro-venienti da nord e gli effetti sono meno crudi di quelli che si verificano nell’Euro-pa del nord.Il freddo aggira le Alpi e può entrare in due modi: da est (porta della bora) inte-ressando prevalentemente le regioni nord-orientali e il versante adriatico, oppure da ovest (porta del Rodano) colpendo i versanti tirrenici e la Sardegna. Sembra stra-no che il freddo non riesca a scavalcare le Alpi ma ciò si spiega col fatto che l’aria fredda è più pesante dell’aria calda, quindi “striscia “sulla superficie terrestre e il suo spessore è solitamente in-feriore alla barriera alpina occidentale.Infine mi sembra doveroso citare un articolo del Cor-riere della Sera del 31 gen-naio 2010 dal titolo: “Il vor-

tice polare che farà slittare la primavera fino ad aprile”, nel quale, citando uno studio scientifico dell’Ibimet, Istituto di Biometereologia del CNR, si dice che «masse d’aria fredda di origine subpolare, che di solito toccano Siberia e Nord Europa, si spingeranno fino alle medie latitudini», come spiega Massimiliano Pasqui dell’Ibi-met. «E gli effetti sul clima si sentiranno per 60 giorni».Nota di ottimismo: normalmente le pre-visioni a lungo termine non sono per nulla affidabili…anche se le emette il CNR.

Riccardo Longhi

3 Il Picchio - N. 1 - Gennaio - Febbraio 2010attualità

Torta di Ciapètte: ‘De. Co.’ per valorizzare

un prodotto locale

Tutti avranno sentito parlare della “Turta ad Ciapétti”. Questo dolce tutto piemon-tese coniugato nella nostra regione nei piu variegati modi, con le mele, con o senza caffè, ha una particolarità a Camino in quanto viene preparato con un ingredien-te tutto caminese: la Ruscalla, una mela di colore giallo intenso, con lentiggini, ru-ginosa di forma oblunga la cui polpa è di colore panna. Il suo gusto è dolce, molto aromatico con retrogusto di vaniglia.Pare che questo nome sia stato proprio dato da Lorenzo Ruscalla (1856-1940), un contadino caminese che trovò a Po, dopo una delle frequenti piene, un piantino di melo e iniziò a riprodurlo sul nostro comu-ne. Non è così strano dare il proprio nome – o nomi di fantasia – a delle varietà di frutta e di rose: l’idea che anche noi abbia-mo una mela tutta nostra è molto poetica. Sarebbe interessante dare slancio a questa varietà: Claudio Caramellino di Odalengo Piccolo sta cercando di farne dei piantini. Nel frattempo il Comune ha deliberato il 23 febbraio una Denominazione Comunale per valorizzare la torta di ciapétte e quindi anche la varietà Ruscalla. Le ciapètte, in-fatti, sono le fette di mela essicate all’aria oppure nel forno, che a Camino venivano prodotte a partire dalla qualità Ruscalla.L’idea di una Denominazione Comunale è di Luigi Veronelli, secondo il quale i comuni possono valorizzare il proprio territorio at-traverso le produzioni artigianali ed agrico-le. La De.Co. si può rivelare uno strumento valido per recuperare una patrimonio agri-colo e gastronomico. Dalla sfera dei ricor-di potrebbero uscire antiche ricette e per i golosi, il piacere di nuove degustazioni, con la popolazione chiamata a confrontarsi in qualche sagra sfiziosa.la ricetta tradizionale, pur con molte va-rianti individuali, prevede: ciapètte (chio-di di garofano da usare nella cottura del-le mele), uova, sale, zucchero, vaniglia, gallette sbriciolate con gherigli di pesca pestati o amaretti e savoiardi, polvere di cacao, vaniglia, polvere di caffè, liquore, noce moscata.Intanto si invitano tutti a venire il 7 marzo presso il Forno di Cornale a Camino per assaggiare la torta di Ciapet-te che sarà anche in vendita.

Cathy BernardUna mattina di gelo nella Valletta...

4 Il Picchio - N. 1 - Gennaio - Febbraio 2010attualità

Giorgio Rondano a tutto campoDopo i primi sei mesi di amministrazione, il bilancio del sindaco

A giugno 2009 le votazioni comuna-li hanno portato all’elezione della nuova amministrazione sotto la sua

direzione.Sono trascorsi ormai i primi sei mesi, quali sono i problemi principali che avete dovu-to affrontare e, tirando un po’ le somme di questo primo periodo di lavoro, cosa si sente di segnalare, cosa ritiene che la nuo-va amministrazione sia stata in grado di apportare, quale impronta ha dato al Co-mune?A sei mesi dalle elezioni mi pare presto poter fare un primo bilancio. Stiamo sicuramente lavorando sul programma elettorale e pro-seguendo le iniziative già intraprese dalla precedente Amministrazione. Si è approvato il Piano Regolatore Rurale, abbiamo aderito al piano regionale per la lotta alle zanzare ribadendo che è arrivato il momento di fare chiarezza sui soldi che si spenderanno e che dopo dieci anni dall’avvio del programma di lotta integrata è arrivato il momento di avere dei risultati tangibili, promozione turistica e valorizzazione dei prodotti eno-gastronomici è sempre in primo piano e l’ultima iniziativa è quella che daremo la DE.CO. (Denomi-nazione Comunale) alla “tùrta ad ciapétti” meglio conosciuta come torta di Camino che ha la particolarità di avere come base di pre-parazione le mele essicate (ciapét) della va-rietà Ruscalla presente solo nel nostro territo-rio, si sta rifacendo il sito internet, si stanno portando avanti i progetti per le sistemazioni delle frane, sta proseguendo il progetto di consolidamento della frazione Brusaschetto, si stanno portando avanti progetti a lungo termine per la ristrutturazione dell’edificio comunale e del centro servizi, si sta valu-tando l’opportunità di costruire un asilo per agevolare le giovani coppie che risiedono nel comune e che devono conciliare il lavoro e i figli piccoli, l’assistenza agli anziani è sempre in primo piano e la nascita dell’associazione GAIAS sta portando dei risultati veramente non immaginabili. Per concludere direi che di “carne al fuoco” ce n’é parecchia e l’impegno sicuramente non manca. Questo è il suo primo incarico in veste di Sindaco: a livello personale, umano, come sta affrontando questa nuova sfida profes-sionale? Come si è inserito questo impegno nella sua vita?è sicuramente un impegno a cui dedico pas-sione e tutte le energie disponibili, cercando

di conciliarlo al meglio con il lavoro e la famiglia. Devo ammettere che mi ha aiu-tato parecchio aver passato 5 anni a fianco del Sindaco Guttero dal quale ho imparato le basi per lavorare nell’amministrazione pubblica. Ci tengo a sottolineare l’impegno messo in campo da tutte le maestranze, colla-boratori e amministratori comunali che si sta rivelando un punto di forza fondamentale per poter portare a buon fine tutti gli impegni presi con i Cittadini Caminesi.

Obiettivi operato 2010? Quali le principali linee di lavoro, progetti da realiz-zare?Gli obbiettivi principali sono quelli del program-ma elettorale per il quale siamo stati eletti. Siamo comunque attenti ad ogni altra esigenza che si dovesse presentare per il nostro Co-mune.

Sul tema della sicurezza, per salvaguardare la citta-dinanza in particolare dal-le effrazione e dai furti?La sicurezza dei cittadini è un problema sempre più rilevante. La video sorve-glianza in atto nel nostro territorio ha ridotto no-tevolmente tale fenomeno ma sicuramente non si deve abbassare la guardia ed è la video sorveglianza il punto cardine su cui lavoriamo e che cercheremo di poten-ziare. Mi sento di fare un appello di collaborazione a tutti i cittadini perchè segnalino tempestivamen-te ogni possibile sospetto, sia agli uffici comunali che di-rettamente alle forze dell’ordine, il presidio del territorio è fondamentale per fermare chi cerca di approfittare della distrazione della cittadinanza.

Sul discorso strade, mi riferisco in partico-lare alla provinciale, in uno dei primi con-sigli comunali, si era detto che la Provin-cia non avrebbe agito se non con il nuovo anno. A gennaio 2010, a che punto siamo? Ci sono aggiornamenti a riguardo? Tempi-

stiche?è un argomento che mi tocca sul vivo. Devo ahimè ammettere che a tutt’oggi non posso dare risposte certe sulla sistemazione della SP 7. L’amministrazione provinciale più volte interpellata dopo tante promesse non si fa più nemmeno trovare al telefono. Apprendiamo dai giornali la prossima realizzazione di opere faraoniche per circonvallazioni la cui utilità è tutta da verificare e non si trovano poche migliaia di euro per rappezzare situa-

zioni veramente pericolose, neppure la propo-sta di eseguire noi i lavori è stata accettata. Ci sentiamo veramente ai confini dell’im-pero sia per la Provincia di Alessandria che per la Regione Piemonte. L’attuale forza di governo Regionale sta per affrontare la cam-pagna elettorale prossima senza proporre un candidato del territorio e questo la dice lunga su quanto siamo considerati. Non per questo rinunceremo a far valere le nostre richieste.

Giorgio Rondano, sindaco di Camino dal giugno 2009.

Per quanto riguarda invece i lavori di fronte al Comune, a quando la fine? Quando po-trà ritornare alla sua sede la biblioteca?Contiamo di inaugurare l’edificio in occa-sione di Riso & Rose che si terrà il 15 e 16 maggio. Appena il tempo lo permetterà ri-prenderanno i lavori che saranno terminati per la fine di aprile e da tale periodo si potrà di nuovo accedere ai locali della biblioteca.

Camino ha partecipato al bando regionale “10.000 alloggi “, e da quanto anche comu-nicato anche attraverso le pagine del Mon-ferrato, il finanziamento sarà utilizzato per dare nuova veste all’’ex Scuole al fine di recarvi in questa struttura bilocali destina-ti ad anziani e giovani coppie. Quali sono le motivazioni alla base di questa scelta? Come verranno selezionate le persone per l’assegnazione di queste abitazioni? Dove sarà spostata la Pro Loco e quindi dove tro-veranno spazio le feste cittadine?Proprio in questi giorni abbiamo visto pub-blicato sul BUR l’assegnazione dei fondi per la realizzazione di tale progetto. Entro la fine di giugno depositeremo il progetto ese-cutivo definitivo e dopo l’approvazione da parte della Regione procederemo con l’ap-palto dei lavori, la ristrutturazione sarà realizzata seguendo i principi della bioar-chitettura senza stravolgere le caratteristiche architettoniche dell’edificio. La motivazione che ha spinto l’amministrazione ad aderire a questo progetto è determinata dall’analisi fatta sull’attuale situazione economica che ha una ricaduta negativa sui cittadini co-stretti a dover affrontare sempre più difficol-tà soprattutto tra i giovani e gli anziani. Gli alloggi saranno destinati a giovani coppie e ad anziani dando priorità a chi già risiede nel nostro Comune, i dettagli per le assegna-zioni saranno stabiliti in un disciplinare che deve ancora essere approvato. Per quanto ri-guarda la sede della Pro Loco sarà per ora spostata nel locale polifunzionale che si sta terminando davanti al Comune, una sala di circa 250,00 mq. con annessi servizi e le feste cittadine si potranno svolgere sulla piazza esterna soprastante.

Sempre più forte e urgente il tema del nu-cleare, tornato in auge, si parla di Trino come sito segnalato appunto per far ripar-tire il nucleare in Italia. Si parla sempre di Trino, di Saluggia dei comuni limitrofi, ma purtroppo anche Camino per la sua vicinanza alla centrale è inevitabilmente e direttamente coinvolta. A questo riguardo l’amministrazione come si schiera, favore-vole o contraria a ricominciare la corsa al nucleare? E come il Comune è stato fino ad oggi coinvolto in queste scelte e strategie a livello regionale, provinciale e nazionale? Come è possibile conciliare queste scel-te (oggi non ancora ufficializzate) con la vocazione turistica portata avanti a fior di quattrini dalle istituzioni locali, in primis la Provincia, per il Monferrato?è ormai da quasi cinquant’anni che il nostro comune convive con una centrale nucleare e ancora peggio con il deposito di scorie radio-attive posizionato sui pozzi dove si preleva l’acqua per fornire l’Acquedotto del Monfer-rato, scorie che rimarranno lì depositate sino al loro esaurimento visto che il famoso sito unico nazionale, di cui tanto si parla, pro-babilmente non sarà mai realizzato. Certo è che avere una centrale nucleare a due passi non è sicuramente un vanto per il nostro Co-mune che sta puntando parecchio sulla valo-rizzazione del territorio a livello turistico. Non so neppure se saremo coinvolti nelle de-cisioni per tale realizzazione, che sarebbe sul territorio di un altro Comune e di un’altra Provincia. A mio avviso avere una centrale nucleare a un chilometro o a cento chilometri cambia poco, se pensiamo ad un’eventuale incidente con fuoriuscita dal sito di radia-zioni le distanze in gioco sono molto superio-ri. Bisognerà quindi vigilare affinchè, se la centrale verrà realizzata, sia di quelle che in gergo vengono chiamate “di terza generazio-ne” le quali dovrebbero essere più sicure e con una minore produzione di scorie. Il tema del-la sicurezza è propedeutico a qualsiasi nuova iniziativa in campo nucleare.

Si ringrazia il Sindaco per la disponibilità offerta.

Intervista di Stefania tromba

Proseguono (a rilento) i lavori per la “sala

polifunzionle”

I lavori per la realizzazione della sala po-lifunzionale posizionata di fronte all’edi-ficio del Comune di Camino procedono, ma secondo quanto definito nel contrat-to di appalto dovevano essere terminati entro la data dell’11 dicembre 2009; ov-viamente come tutti possiamo notare il termine non è stato rispettato.Da quanto ci è stato riferito dal tecni-co comunale i lavori hanno subito un notevole rallentamento a causa di un imprevisto relativo alle opere di fonda-zione poiché non sono state valutate a dovere determinate condizioni del ter-reno a supporto della struttura. Infatti, per assicurare la stabilità dell’edificio, è stato necessario realizzare dei micropali di fondazione. Tale intervento, oltre ad allungare i tempi di realizzazione della struttura ha anche fatto lievitare i prez-zi definiti precedentemente l’inizio dei lavori. A quanto pare, il municipio per rientrare nel costo inizialmente pattui-to, ha cercato di economizzare su altre opere, infatti il muro perimetrale è stato realizzato più sottile rispetto a quello ini-zialmente dimensionato.Speranzosi che non si stia ad econo-mizzare troppo sulla struttura portante dell’edificio, manteniamo la stessa fidu-cia per il completamento del manufat-to, e ci auguriamo che venga migliorata l’estetica del muro in cemento arma-to che per circa 25 metri costeggia via Roma. Confidiamo nell’operato del municipio di Camino, che possa dare il buon esem-pio ad operare secondo i crismi del buon gusto e della sensibilità nei confronti dell’ambiente e del paesaggio.

Alberto CavalchinoConsigliere Comunale

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Strada facendo...Qualche problema per la nuova carreggiata

In attesa che l’attuale cava in zona ex Bru-saschetto basso diventi area umida di interesse ambientale e venga recuperata

alla fruizione pubblica, possiamo notare che un primo esempio di zona lacustre per anfibi

si è già naturalmente formata a monte del-la strada che porta a Brusaschetto; la strada ne crea l’argine, mancando le necessarie pendenze per l’evacuazione. Mi pongo da profano le domande: tutto questo ristagno non crea problemi alla stabilità della strada? Canali di scolo si vedono ma sono colmi di detriti e non ancora fun-zionati per le mancate pen-denze. Con le ruspe presenti sul posto non mi sembra un lavoro impossibile. Inoltre ci giungono conti-nue segnalazioni.. – e non dai soliti brusaschettesi – che avvertono della estrema

pericolosità dei raccordi della suddetta stra-da con la precedente; quando i mezzi sono sul posto qual’è la difficoltà a fare un rac-cordo graduale? O, al limite, aggiungere un po’ di bitume anche dopo? Con i proventi della cava non ce la si fa? è vero che è tutto provvisorio e dobbiamo baciare per terra di avere una strada ma... meglio non lamentarsi troppo se no chiudono anche quella! Cre-do che occorra guardare a lungo termine e non solo all’ordinario; il togliere la neve, ad esempio, in una zona di collina non potrà mai accontentare tutti e non vedo la pro-posta del sindaco di essere forniti di gomme da neve o catene così provocatoria. La neve qui viene tolta e anche in modo abbastanza puntuale;d’altronde per un evento limitato nel tempo non possiamo avere gli spartineve delle autostrade.Ancora un pensiero: intendo le righe sopra come un suggerimento che chiede solo di essere preso in considerazione come tale; credo nel “partito del fare” e non in quello della polemica, ma purtroppo vedo sempre solo il partito degli allineati e consenzienti. Fare sì, ma con riflessione che sappia tenere in considerazione anche chi propone altro o diverso... altrimenti non disturbiamo più la parola democrazia e chiamiamo il tutto in un modo diverso.

Pier Iviglia

L’intervento deL consigLiere cavaLchino

Bando “10000 alloggi” e mutuo di mezzo milione

di euro per il comune

Il Comune a breve si appresterà ad ini-ziare i lavori di ristrutturazione dell’edi-ficio ubicato in Camino, via Roma n. 4, ex asilo e attuale sede Pro-loco. Questo intervento è determinato dalla parteci-pazione da parte del nostro Comune al bando Regionale “10000 alloggi entro il 2012” (Deliberazione del Consiglio Regio-nale 20 dicembre 2006, n. 93 – 43238). Questo bando ha la finalità di predisporre alloggi rientranti nell’edilizia agevolata, con canoni d’affitto popolari. Questi ver-ranno realizzati all’interno della struttura in questione; e consisteranno in 4 mono-locali e 3 trilocali, i quali verranno asse-gnati alle persone più bisognose secondo determinate graduatorie.L’importo lavori di quest’opera sarà pari a 700.000 euro che proverranno per la somma di 210.000 euro dalla Regione Piemonte a fondo perduto, mentre la re-stante parte (490.000 euro) consisterà in un finanziamento sotto forma di mutuo da restituire sempre alla Regione. Oltre ad avere perplessità in riferimento alla fruibilità dell’intervento da parte della popolazione caminese, la parte più diffi-cile da digerire risulta essere il mutuo che il Comune si sobbarca con ripercussioni sull’intera popolazione.Insomma, esiste una vera esigenza da parte del Comune di Camino di investire questo denaro e di indebitarsi per predi-sporre appartamenti nell’ambito dell’edi-lizia agevolata?Se la risposta è affermativa, spero che sia stato fatto uno studio di fattibilità sull’in-tervento munito di indagine dettagliata per valutare il bacino d’utenza degli al-loggi e il numero delle possibili richieste.Spero infine che, per lo meno, sia stato fatto uno studio di tipo economico, visto che il Comune si appresta a indebitar-si con la Regione per un importo pari a 490.000 euro.Lascio che la popolazione rifletta su tale tipo di intervento che risulta essere estre-mamente gravoso per Camino.

Consigliere Alberto Cavalchino

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cultura e territorio

Pietra da cantoni, Ecomuseo e territorioLa riscoperta delle antiche cave caminesi e le iniziative dell’Ecomuseo

Non è infrequente, passeggiando per le strade e i sentieri del Monferrato, imbattersi in affioramenti di roccia

biancastro-giallina, oppure grigiastra, più o meno dura, le cui lisce pareti macchiano di lucentezza l’intrico della vegetazione. É pietra da cantoni. Quella che alcuni chia-mano tufo, con un termine che è tanto im-proprio quanto sconveniente da utilizzare in presenza di Chiara Natta, architetto, anima organizzativa dell’Ecomuseo della Pietra da Cantoni. L’istituzione, nata con legge regionale sette anni fa, parla anzitutto alla popolazione del territorio: differentemente da un museo in senso classico, l’ecomuseo è infatti un ‘museo diffuso’, i cui saloni sono in realtà le colline, i paesaggi e i borghi, e dove al posto delle teche troviamo l’ambien-te, la biodiversità, la storia e le tradizioni di queste terre. L’ecomuseo è anche un museo partecipato, sia dalla gente, che è chiamata a collaborarvi attraverso iniziative ed eventi, sia dalle istituzioni locali: 19 comuni del ca-salese hanno scelto di farne parte, e tra que-sti, per chi non lo sapesse, anche quello di Camino. Un motore di iniziative, dunque, le cui tematiche, attraverso la pietra da canto-ni, spaziano dalla salvaguardia del paesaggio alla didattica, dalla paleontologia alla cultu-ra materiale.Dopo una visita e una chiacchierata nella sede “informale” dell’Ecomuseo, attual-mente ricavata nell’edificio comunale di Cellamonte in attesa della sistemazione definitiva, ci siamo ovviamente appassiona-ti all’argomento, tanto più perchè la pietra

da cantoni rappresenta una superficie e una consistenza ben note al tatto dei nostri avi. Grazie all’aiuto del dott. Cesare Lusona, per tanti anni responsabile del laboratorio chimico di importanti ditte cementiere, ab-biamo incominciato a individuare sul nostro territorio antiche cave di pietra ormai ab-bandonate. É probabile che il loro numero sia grosso modo indefinibile, se per cava si intende semplicemente il luogo dove veni-vano tagliati e prelevati i blocchi destinati a diventare materiale edile: era infatti pratica comune di chiunque possedesse terra “pre-levare” all’occorrenza da un punto della pro-prietà dove emergeva la roccia qualche bloc-co per “risistemare” un muro o fare qualche altro lavoretto. Tuttavia alcune aziende di cavatori esistevano anche sul territorio di Camino.La prima che abbiamo individuato e visio-nato grazie alla disponibilità di Francesca Balestreri, attuale proprietaria del terreno, si trova a Castel San Pietro, proprio sopra le ultime case del cantone Roncheisa, lungo la strada che dalla frazione conduce a Castel-lo di Camino. Oggi nulla più di un taglio netto e geometrico nel fianco della collina, peraltro parzialmente crollato a causa delle abbondanti piogge dello scorso anno, con-sente di intuire la presenza di quella che fino al primo dopoguerra era una piccola cava, evidentemente fornitrice delle imprese di costruzioni del luogo. Qualcuno a Castel San Pietro si ricorda ancora, chiusa la cava, delle pile di blocchi di pietra da cantoni ri-maste lì invendute a testimoniare un cambio

d’epoca tanto repentino da aver quasi can-cellato la memoria di quelle attività. Esistono nel territorio di Rosignano cave ancora più imponenti che rivelano, in un dedalo di corridoi e anfratti, la geometrica precisione dei nostri cavatori nel tagliare i cantoni. Incontrando Bruno Monti, co-proprietario della cava in regione Colma, abbiamo sentito quanta passione per questi luoghi ancora esista. Il desiderio è di riaprire al pubblico questi siti e destinarli a concer-ti e conferenze: quale cornice più intima e suggestiva per dare continuità al lavoro ca-denzato dei cavatori, che con picconi e ascie sottili ed affilate scandivano le giornate! Ri-volgiamo a chi ci legge l’invito a segnalarci luoghi di cava, oggetti di lavoro e iscrizioni viste su muri di tufo. Non sarà un lavoro inutile perchè il rispetto e l’attenzione al no-stro territorio oggi esiste solo se ci rendiamo conto di essere l’ultimo anello di una catena fatta di migliaia di volti e vite che ci hanno preceduto forgiando la terra e le cose e che danno anima ai nostri borghi.

Pier Iviglia, Carlo Rosso

Ecomuseo della Pietra da Cantonivia Dante Barbano, 30

Cella Monte (AL)[email protected]

I suggestivi interni della cava Angelino alla Colma di Rosignano

8 Il Picchio - N. 1 - Gennaio - Febbraio 2010cultura e territorio

Il bianco dei cantoni e il rosso dei mattoniIn viaggio tra scienza e tradizione per conoscere meglio i “cantoni”

di Cesare Lusona

Se esaminiamo un materiale secondario da costruzione quale il gesso e lo con-frontiamo con il costituente dei “can-

toni”, osserveremo quanto segue. Il gesso è presente nelle nostre contrade, a Cocconato, Montiglio, Murisengo, Madonnina di Crea ecc. Pur avendo un’origine mineralogica analoga alla pietra da cantoni, non è, come quella, un materiale eterogeneo, bensì un prodotto chimico ben definito. É il solfato di calcio biidrato (SO4 2H2O), cristallizza-to nel sistema lanceolato con cristalli anche grandi, vetrosi e trasparenti. Questo com-posto, riscaldato, diventa bianco e farinoso, perde una molecola d’acqua che quando è bagnato recupera velocemente rapprenden-dosi (presa rapida).Il gesso quindi è più vicino, come comporta-mento, alla marna (sempre di origine mari-na), principale costituente del cemento fino agli anni ’50 - ’60.Abbiamo così tre prodotti presenti nel sotto-suolo del casalese, prodotti di origine marina, formatisi quando da noi c’era un mare poco profondo su cui pioveva cenere vulcanica e nel quale lavoravano microrganismi acquati-ci. I foraminiferi (organismi protozoi) cattu-ravano il calcio per i loro minuscoli gusci, le diatomee facevano lo stesso catturando però la silice. Altri microrganismi catturavano lo zolfo formando il gesso.La pietra da cantoni è per lo più formata da calcio sotto forma di carbonato di calcio (Ca CO3), foraminiferi fossili e silice amorfa (ce-neri), cioè non cristallizzata. La sua forma-zione spiega la varietà di pietra da cantoni che oggi possiamo trovare: bianca, gialla, grigio-azzurrina.Quella bianca risulta essere tenera, leggera e geliva, poco durevole, contenendo alte quan-tità di silice amorfa. La pietra gialla, in svaria-te tonalità, è molto più resistente e pesante: in essa aumenta la percentuale di carbonato di calcio. Infine, quella grigio-azzurrina è an-cora più resistente e pesante (materiale mort-morillonitico). Pertanto, in tempi remotissi-mi, a seconda che piovesse più o meno cenere si aveva un prodotto più o meno biancastro e tufaceo. Con basse quantità di cenere vul-canica, invece, un prodotto più giallastro e tendente alle caratteristiche del marmo. Se poi il mare era più o meno profondo, si poteva avere anche un prodotto più siliceo, resistente, di colore azzurrino. Questi pro-cessi erano altresì condizionati dalle correnti marine, dalle temperature, dai movimenti tettonici, smottamenti che hanno dato luo-go alla formazione e al deposito di strati più o meno consistenti e orientati in diverse di-rezioni. La successiva azione di dilavamento

operata dalle acque meteoriche allorquando le nostre colline erano emerse, ha asportato questo materiale in alcuni punti e lasciato in-vece importanti “lenti” in altri.Osservando la distribuzione delle ex cave di cantoni nel nostro territorio si è colpiti dalla loro quantità e dalla loro amplissima distri-buzione.

In Monferrato diffusissime sono state le cave di “cantoni”, usati in edilizia residenziale, agricola e rustica. L’uso singolo o associato a mattoni era subordinato all’importanza della co-struzione. Le cosiddette “travate” erano infatti di soli cantoni e poi, risalendo nella rilevanza dell’edificio, si alternava un corso di can-toni con un corso di mat-toni, due strati di mattoni, fino a tre strati di mattoni tra una fila di cantoni e la successiva. La dimensione più comune del cantone era quella di un parallelepipedo di 20 x 20 x 40 centimetri, e questo per varie ragioni. In primo luogo la possibilità di manipolarli e trasportarli agevolmente e, nello stesso tempo, risparmio di calce rispetto al mattone che è molto più piccolo. Il cantone era scavato a cie-lo aperto, sovente a tempo perso durante la pausa dei lavori agricoli in inverno. La muratura in pietra da cantoni non solo è la più economica, cosa che non guasta, ma ha caratteri-stiche fisiche, dinamiche, meccaniche e di comfort ambientale già sfruttate dai nostri avi. Essendo poi più o meno geli-va, veniva protetta dal gelo con uno spesso intonaco di malta bastarda (calce, sabbia e una spolverata di cemento). Tra le varietà lo-cali di pietra da cantoni, quella di Moleto è la meno geliva, possedendo un alto tenore di carbonato di calcio. Per contro la muratura a strati interrompe la risalita dell’umidità dal terreno per capillarità, un grosso guaio che interessa i muri di soli mattoni.Questo muro massivo gioca un ruolo favore-vole nel mantenere la temperatura ambiente sia in estate che in inverno. Si viene infat-ti a determinare un volano termico creato

dalla massa del muro coperto all’interno e all’esterno da un consistente intonaco poro-so che non crea barriera vapore e resta quin-di sempre asciutto. Mantenendo costante la temperatura per nove/undici ore, alla sera assicura il mantenimento del calore fino al sorgere del sole la mattina successiva.La pietra da cantoni era giudicata più o meno buona secondo il colore; infatti se più bianca risulta più tenera, mentre più giallina è mag-giormente dura e durevole. Il duomo di Ca-sale, costruito in pietra da cantoni 800 anni

orsono, è ancora integro seppure non intona-cato: la sua pietra, infatti, di colore giallino, è ricca di carbonato di calcio, che l’avvicina per consistenza e composizione un po’ di più al marmo.Con i prodotti chimici attuali, trasparenti e repellenti dell’acqua all’ossido di alluminio che lasciano respirare il muro, sarebbe bene tornare a fare manufatti dove l’alternanza del “bianco” dei cantoni e del “rosso” dei matto-ni crea il caratteristico muro monferrino dal bell’impatto visivo ed estremamente confor-tevole sotto l’aspetto dell’abitabilità.

Il lavoro dei cavatori

9 Il Picchio - N. 1 - Gennaio - Febbraio 2010cultura e territorio

Il miele: un prodotto preziosoMarco Bianco, apicoltore rocchese, ce ne spiega i segreti

L’attività di apicoltore sembra interessare molti “hobbisti”, specialmente negli ulti-mi anni. è un mondo affascinante, per-

tanto abbiamo pensato di intervistare Marco Bianco, apicoltore del comune di Camino che ci ha fornito molte informazioni interessanti.

Quando avete iniziato la vostra attività di api-coltori?La nostra attività di apicoltori è iniziata nel 1989, quindi circa 21 anni fa. La nostra azienda, ubi-cata in zona collinare, risultava un po’ svantag-giata dal punto di vista agricolo. Abbiamo pensa-to all’apicoltura come ad una valida alternativa e ci siamo dedicati ai primi 40 alveari.II mondo delle api si è dimostrato fin da subito davvero straordinario. L’operosità, l’organizza-zione e l’”affiatamento” di questi insetti così piccoli ci hanno coinvolto al punto che quella che all’ini-zio era una “sfida” si è trasformata nella nostra principale attività.Nonostante sia un lavoro impegnativo, a volte pe-sante (soprattutto nel pieno della stagione), è mol-to interessante. La vita di ogni alveare è sempre “unica” e questa particolarità rende il lavoro sem-pre diverso e con una componente di improvvisa-zione che lo rende spesso piacevole ed interessante.Quale tipo di mercato coprite?II miele viene venduto per la maggior parte all’ingrosso ad altri apicoltori e ai negozi. Di que-sto una quantità non trascurabile viene esportata all’estero. Per quanto riguarda la vendita al det-taglio, purtroppo manca il tempo per dedicarci ai mercati ed alle fiere, tuttavia tanti clienti vengono a trovarci ad acquistare direttamente qui da noi.Come viene scandito il lavoro dell’apicoltore? Ora siamo in inverno, le api sono in letargo e il lavoro riprenderà in primavera?II lavoro dell’apicoltore può in apparenza sem-brare stagionale, ma in realtà non è del tutto vero. tante attività devono essere svolte anche in inver-no, quando le api sono agglomerate nelle arnie per riscaldarsi. tempo permettendo, durante le giornate di sole in cui riusciamo ad aprire le arnie senza danneggiarle, passiamo a nutrire le api per evitare che muoiano di fame a causa dell’esauri-mento delle scorte di miele. Altri lavori si svolgono in laboratorio e consistono nel preparare il mate-riale che servirà durante la stagione apistica.Sul finire dell’inverno l’ape regina inizierà a de-

porre. Avrà così inizio la stagione apistica che tra nuclei, miele e lavori vari in apiario si protrarrà fino al mese di Ottobre.Producete solo miele o anche altri prodotti? Noi, grazie al lavoro delle api, produciamo miele, cera, propoli, polline, pappa reale. II miele, come già detto prima, viene venduto. La cera viene ri-utilizzata in parte per produrre i telaini per le ar-nie e per i melari, in parte viene venduta a clienti che la chiedono per trattare i mobili. La maggior parte del propoli lo vendiamo all’ingrosso, mentre il polline e la pappa reale non li preleviamo dalla cassa e li lasciamo per il nutrimento delle api.Quanti tipi diversi di miele producete? La produzione di miele, come si sa, dipende molto dal tempo. I mieli che riusciamo a produrre qui in zona ogni anno sono l’acacia, il millefiori, la melata di metcalfa. Inoltre spostiamo una piccola parte di arnie in montagna per la produzione del miele di castagno. I mieli di ciliegio e di tarassa-co purtroppo da qualche anno non riusciamo a produrli in quanto il tempo non è favorevole nel periodo della fioritura.Quanto tempo ci mette un telaio a riempirsi? Smielate più volte durante il periodo di fioritu-ra delle piante?Dipende dal tipo di miele. Per l’acacia per esem-pio, nel pieno della fioritura, in due giorni le api riescono a riempire un melario composto da nove telaini. Nelle stesse condizioni, per la melata di metcalfa che è un miele molto più denso, per un melario occorrono almeno tre o quattro giorni. In tutti i casi la smielatura viene effettuata alla fine della raccolta.Quante api ci sono in uno sciame?Una famiglia di api è costituita da una regina, da un numero di api operaie che varia, a seconda della stagione, da 10000 nel periodo invernale a 50000-90000 durante l’estate, da 200-1000 fu-chi (maschi) che sono presenti solo nella stagione primaverile-estiva quando vengono allevate le nuove api regine. Nelle cellette dei telaini da nido si trova la “covata”, formata dalle api che devono nascere.Quanto vive un’ape?L’ape operaia nella stagione primaverile-estiva vive dai 40 ai 45 giorni. All’inizio della sua vita svolge mansioni all’interno dell’alveare. Quin-di, con il passare dei giorni, il suo lavoro si sposta quasi esclusivamente all’esterno, ma sempre in co-

operazione con le altre api della famiglia. Le api che nascono prima dell’inverno sono più longeve e vivono fino all’inizio della stagione apisticaIn che stagione l’ape regina depone le uova? L’ape regina inizia a deporre le uova tra fine Gen-naio e inizio Febbraio e continua fino a Settembre od Ottobre. tutto dipende sempre dalle stagioni, con un ritmo di circa 2000 uova al giorno. Può vivere dai quattro ai cinque anni anche se di so-lito, per il buon andamento della famiglia, viene sostituita ogni due o tre anni.Quali sono le maggiori difficoltà di questo la-voro?Le api, come già detto prima, sono una vera e pro-pria colonia. Ogni individuo ha il suo compito e lo svolge in funzione del bene di tutta la famiglia, per cui in genere non hanno bisogno del nostro intervento. Un problema che le api non riescono a risolvere da sole è la varroa, un pidocchio che, se si insidia nella famiglia e non si interviene può distruggerla. Un altro problema è rappresentato dai prodotti che si usano per la vigna, in agricol-tura e per la frutta che quasi sempre contengono insetticidi. In questo caso le api che vanno sui fiori per bottinare non fanno più ritorno perché avve-lenate. Il rimedio a questo problema sta nel buon senso di chi usa questi prodotti.Negli ultimi anni questo tipo di attività sembra essere diventato una specie di hobby per molti, ma non credo sia così facile improvvisarsi, sba-glio?Noi non dobbiamo dimenticare che quello che per noi è un hobby per le api è un grande lavoro per il benessere di tutti. Questi straordinari insetti sono, di fatto, molto importanti anche per la natura e per la nostra stessa vita. Le api, infatti, vivono solo in ambienti dove non c’è inquinamento e sono molto importanti per l’impollinazione.Per questa ragione, questo “hobby” deve essere svolto con un certo criterio e non solo quando si ha del tempo libero, perché si potrebbero arrecare danni sia alle api che a chi questo lo svolge come la sua principale attività.

Ringraziamo Marco Bianco per la disponibilità e ricordiamo ai lettori che possono contattarlo tramite il sito www.ladolcezzainmonferrato.it o telefonando al n. 0142469292 anche per or-ganizzare visite al laboratorio.

10 Il Picchio - N. 1 - Gennaio - Febbraio 2010cultura e territorio

Fotografare CaminoAperto il concorso fotografico del comune

Sulla scorta delle tante e meritorie ini-ziative che un po’ in tutto il Monferrato vogliono portare la gente a conoscere

la bellezza dei luoghi in cui vivono e creare così una diffusa coscienza del proprio terri-torio e della necessità della sua salvaguardia, anche il comune di Camino è recentemente sceso in campo con una bella iniziativa. É infatti partito da poco meno di un mese un concorso fotografico aperto a tutti i fotogra-fi dilettanti, “un evento che vuole raggiunge-re il duplice scopo di coinvolgere i cittadini caminesi e non nell’osservazione e nella cul-tura paesaggistica di questo angolo di Mon-ferrato, e contemporaneamente fornire una banca dati di immagini del territorio comu-

nale in vista di pubblicazioni e iniziative di valorizzazione future” ci spiega il consigliere Simona Lazzarin, delegata alla cultura del comune e ideatrice, insieme al sindaco Gior-gio Rondano, della competizione. “Il bando – prosegue – specifica che le categorie sono due: ‘paesaggi’ e ‘scorci’; ci sarà quindi una

sezione di fotografie panoramiche a largo raggio visivo, alle quali la posizione di que-sti luoghi si presta particolarmente, e una seconda sezione invece dedicata all’idea di immortalare particolari architettonici o na-turalistici, angoli di campagna, immagini dei borghi e della vita quotidiana che in essi si svolge”.Il concorso avrà termine a novembre, così da consentire ai partecipanti di cogliere l’am-biente caminese in tutte le sue molteplici sfumature stagionali; una giuria composta da artisti e professionisti si farà carico di giudicare le immagini e premiare le più belle con una sostanziosa somma in denaro. Infi-ne, una mostra che si terrà l’anno prossimo

concluderà la manifestazione consentendo al pubblico di ammirare tutti gli scatti che hanno partecipato.Per scaricare il bando e avere tutte le infor-mazioni: www.comune.camino.al.it, op-pure rivolgersi direttamente alla segreteria comunale.

I premiati del concorso “Storie del Monferrato”

I tre cortometraggi selezionati dal con-corso “Storie del Monferrato - Monfer-rato’s short movie tales” sono stati am-messi al Festival Piemonte Movie ed in marzo saranno proiettati nel corso di un evento dedicato al Monferrato in una del-le sale del Cinema Massimo (vicino alla Mole Antonelliana). è la conferma di un successo per un modello vincente e inno-vativo di comunicare: raccontare il Mon-ferrato con le immagini in movimento. Idea dello sceneggiatore Claudio Braggio che ha portato Palazzo del Monferrato a promuovere il primo concorso per l’idea-zione e la realizzazione di cortometraggi con storie e location legate al territorio. La gara è iniziata nel 2008 coinvolgen-do autori provenienti da tutt’Italia; tra gli oltre 20 copioni presentati ne ha visti emergere tre, giudicati idonei per comu-nicare il territorio monferrino. I vincitori

sono stati tutti Piemontesi e le storie molto diverse una dall’altra. “Il cion-dolo del destino” di Andrea Solimani di Alessandria, è stato girato sulle colline di Cassine ed in gran parte incentrato sull’Abbazia; una storia di mistero quasi esoterico. Diversamente “la quadratura del cerchio” di Andrea Saettone di Ver-celli pone al centro della storia gli angoli più belli di Casale Monferrato (Castello, Paraboloide, monumenti liberty) per una conclusione tristemente ironica. Per fi-nire “L’altra” di Alessia Di Giovanni di Crescentino (Vercelli) è una commedia molto scorrevole, ben recitata attraver-sando la città di Novi Ligure. Tutte le pellicole inquadrano panorami sugge-stivi; questo è un punto in comune. I panorami del Monferrato. Obiettivo del concorso: proporre un modo non con-venzionale di raccontare il Monferrato, con storie originali. Come ben ci spiega l’ideatore Claudio Braggio: “Le bellezze del paesaggio possono essere descritte in molti modi, ma le immagini legate in modo armonioso ad una storia sviluppa-no una potenza tale da affascinare tutto il pubblico. I nostri luoghi, le colline ed i paesi sono ideali per evocare vicende ed essi stessi possiedono tesori narrativi che chiedono di essere scoperti.”

Stefania Tromba

I premiati con Franco Nero, membro della giuria di “Storia del Monferrato”.

11 Il Picchio - N. 1 - Gennaio - Febbraio 2010cultura e territorio

In biblioteca un libro tira l’altro...Le proposte della biblioteca di Camino con gli ultimi arrivi!

Gli Italiani, si sa, leggono poco (e non sanno cosa si perdono!). Oggi poi, con la diffusione di internet e la pos-

sibilità di informarsi praticamente su tutto direttamente dal proprio computer, la lettura di libri, giornali e riviste è ulteriormente dimi-nuita. Ma non per questo gli autori smettono di scrivere, le case editrici di pubblicare, le bi-blioteche di arricchirsi di nuove opere. Perché gli amanti della lettura sono comunque tanti e il libro resta sempre uno strumento inso-stituibile di crescita culturale, arricchimento personale, confronto di idee, intrattenimen-to, divertimento… Oggi è un libro di carta da leggere sfogliando le pagine, domani sarà anche un libro elettronico da scorrere sullo schermo, ma sempre libro è: sempre di lettura si tratta. E chissà che la disponibilità dei libri anche nel formato elettronico, così familiare ai giovani, non dia un nuovo impulso al gu-sto della lettura. Nel suo piccolo – che veramente tanto picco-lo non è, perché disponiamo di oltre tremila volumi in continua crescita – la biblioteca di Camino si tiene costantemente aggiornata sulle novità editoriali, fa una selezione delle più interessanti e le acquista con il contribu-to del Comune. Almeno due nuovi libri ogni mese: non è poco, e ci piacerebbe tanto riceve-re suggerimenti e richieste su cosa comprare! Basta telefonare a Francesca, 3357116875. Nel frattempo, la biblioteca ha deciso di in-vogliarvi alla lettura presentando su queste pagine alcuni dei suoi ultimi acquisti, che potrete venire a richiedere nella sede provvi-soria al primo piano del Centro Servizi, ogni domenica mattina dalle 10 alle 12, oppure in orario da concordare telefonando sempre al 3357116875. Se avete dei problemi a muovervi ve li possia-mo anche portare a casa.E se siete un po’ anziani e gli occhi si affatica-no, ve li veniamo a leggere a voce alta. Basta chiedere!

“Pane e tempesta” di Stefano BenniGrandi risate tra moderna follia e vecchia saggezza.

Questo è un libro che vi farà ridere di gu-sto, ma vi lascerà anche una punta di no-stalgia per un mondo ormai in via di estin-zione. Il mitico Bar Sport, cuore generoso e un po’ alcolico della comunità di Montelfo, storico punto d’incontro di chiacchiere, rac-conti, amori, litigi e pestaggi, sta per essere spazzato via da un mega centro commerciale untramoderno e ultrainvasivo. Gli alberi dal bosco hanno già cominciato a cadere sotto le ruspe, gli animali scappano, gli gnomi si mobilitano… la comunità come sempre si di-vide: chi dice che il nuovo porterà comodità e lavoro per tutti, chi sostiene che porterà solo affari per pochi e in compenso distruggerà l’ambiente e la cultura del luogo. E poi arriva la crisi (sì, come quella di oggi, ma con in più carestie e pesti bibliche) ed è la rivincita di chi “ha sempre mangiato pane e tempesta” e sa come resistere ai tempi duri, tutti insieme, in attesa che il vento smetta di soffiare contro.

“Il peso della farfalla” di Erri de LucaUn capolavoro da leggere al volo.

è uno di quei libri che si leggono tutti d’un fiato e non si dimenticano più. La storia è semplice, la qualità letteraria altissima. I protagonisti sono un vecchio camoscio, un vecchio cacciatore, la montagna, la natura bella e violenta, la vita come sopravvi-venza materiale ma anche come riflessio-ne interiore. E questo vale sia per l’uomo sia per il camoscio, perché è un camoscio eccezionale, superbo capobranco e vero re. Tra il cacciatore solitario e il solitario animale è in atto da tempo un duello che è giunto al suo ultimo atto, perché si sen-tono entrambi insidiati dall’età e dalle for-ze che vengono meno. Chi vincerà? Ve lo lasciamo scoprire alla fine di una lettura emozionante ed intensa, dotata di una ca-pacità di commozione ormai rara.

biblioteca a cura di Francesca Balestreri

12 Il Picchio - N. 1 - Gennaio - Febbraio 2010cultura e territorio

Il mistero dei CassoneL’inquietante saga di una famiglia monferrina

I rassicuranti paesaggi agresti del Mon-ferrato, i suoi minuti e placidi borghi, la sua gente semplice, non sempre vanno

d’accordo con le stranezze misteriose che, come in ogni luogo sovrabbondante di sto-ria e storie, scorrono magmaticamente sotto le vicende dell’uomo. La terra di Aleramo e della barbera, infatti, non fa eccezione quan-to a edifici particolari, eventi strani e signifi-cativi, personaggi singolari.Periodicamente, frammenti di queste de-licate ed enigmatiche architetture del passato riemergono, spontanei, quasi a decidere autono-mamente di voler rive-dere la luce. Poco prima, magari, di sparire di nuo-vo. Ma qualcuno riesce, più o meno fortunosamente, a fotografare quelle inde-cifrabili epifanie, come si farebbe con un disco volante, con un fantasma o con lo yeti. Brandelli di umanità spinti tanto ai limiti da apparire impro-babili, eppure vivissimi nel nostro inconscio.Ebbene, Claudio Gal-letto, è riuscito a regalar-ci una vivida e intrigante immagine di una vicenda realmente accaduta, che ha tutti i titoli per appartenere ad una di quelle mani-festazioni di cui sopra. E l’ha incorniciata in un bel libro, dalla scrittura piana e ordinata, gustosamente un po’ arcaicizzata (ma assai scorrevole e “moderna”, come il tu familia-re al posto del voi ecc.) per farci immergere meglio nelle tumultuose vicende storiche del passaggio di Napoleone dalla Valcerrina, in una lontana primavera del 1805. L’impe-ratore soggiorna per breve periodo nella Ma-sone di Guazzolo, la grangia di proprietà del monastero di Rocca delle Donne, da buona

parte della quale aveva, con la confisca dei beni ecclesiastici, scacciato le monache. Un fatto, un accadimento del destino e a forza di colpi di scena, di intriganti seduzio-ni e di private tragedie – il tutto srotolato innanzi alla quinta (e alle camere da letto) del risorgimento e della nascita dell’Italia –, Galletto ci racconta, da una prospettiva narrativa eminentemente psicologica (con abbondante utilizzo della prima persona), le vicende di quattro generazioni della fami-

glia Cassone-Dell’Aglio, monferrini originari in parte di Perno (Castel-letto Merli), in parte di Camino. Stirpe alle prese con una strana arrampica-ta sociale, tutta giocata da donne, ambiziose, disin-volte che nascondono un segreto inconfessabile e terribile. Il romanzo parla al femminile dunque, un femminile luciferino che si impossessa delle perso-ne, ne guida le sorti ripro-ponendo, in un ricorso di coincidenze storicamente documentate, un presagio funesto e terrificante. E cornice migliore a que-sta storia non poteva esse-

re offerta dalla geografia sacra di queste ter-re: tra il colle di Crea, casa della Madonna Nera, e il monastero delle monache di Santa Maria di Rocca, si agita una presenza miste-riosa e straniera che solo allo spirito femmi-nile è dato di possedere, nel bene come nel male.

Galletto Claudio, In nome della croce, Cult Editore. pagg. 300, € 14,00

Carlo Rosso

L’antichissima Rocca a picco sul Po

Dopo la “visita” ai nomi di Isolengo, pro-seguiamo il nostro itinerario verso lo sperone di Rocca delle Donne. La sinuosa strada che discende verso il paese è det-ta Crosia, presumibilmente attestata dal 1274. Ci viene qui fornito l’indizio dell’an-tichità del tracciato che ci rivela come la zona fosse un’area di passaggio signifi-cativa. Il nome crosia, infatti, spesso as-sociato a strata, sta a indicare un trac-ciato scavato nella roccia, tra due alture, e riconduce a tempi romani, allorquando i lavori sulla viabilità possedevano tec-niche estremamente avanzate, progres-sivamente andate perdute nel corso del medioevo. Ciò induce dunque a ritenere l’altura di Rocca zona di transito impor-tante sin da tempi remoti, in probabile connessione con l’attraversamento del Po proprio in questa zona, ben controlla-ta dalla sommità della collina. la strada comunale in terra battuta detta Giaretta che collega il paese al fiume scendendo nella piccola valle del rio Rocca, ricalca infatti un antico passaggio dalla pianura alle colline, relazionato al porto della Roc-ca, attivo nel medioevo (1236) e forse anche prima. Il nome Giaretta, con ogni evidenza si riferisce sia al fondo stradale, il cui acciottolato era visibile ancora pochi anni fa, sia alla finalità della strada che conduceva al fiume e ai suoi ghiaioni.Rocca delle Donne è nota alla storia mon-ferrina per il suo monastero femminile di Santa Maria, le cui origini, sebbene non del tutto chiare, abombrano la possibi-lità che sullo stesso luogo preesistesse un istituto monastico, forse maschile. Il toponimo compare sin dal 1026, in un di-ploma dell’imperatore Corrado che con-fermava beni all’abbazia di Breme, tra i quali compariva la località di Rocca. Per lungo tempo si ritenne che il luogo andas-se letto come Rocca Brusasca (nel docu-mento le due parole appaiono vicine), ma in realtà si tratta di due differenti località, la prima riconducibile appunto a Rocca delle Donne, la seconda alla vicina Brusa-schetto (nel 1299 è attestata una chiesa de brosasca). In ogni caso, tralasciando le vicende storiche dell’origine del luogo e del suo monastero, che riprenderemo in un futuro articolo, qui ci interessa rile-vare come Rocca sia un toponimo assai diffuso, indicante una roccia, uno spero-ne roccioso prominente rispetto alle aree contermini. Analogo della nostra Rocca è l’omonima località di Verrua Savoia che ospita la famosa fortezza, anch’essa a picco sul Po.- continua

C. R.

13 Il Picchio - N. 1 - Gennaio - Febbraio 2010

rubriche del mese

Come fare oggetti in pasta di saleImpastare, cuocere e colorare le vostre durature creazioni

Eccomi a darvi qualche informazione e sug-gerimento per potervi cimentare nella cre-azione a vostra volta di qualche simpatico gadget con la pasta di sale.

IngredientiAcqua, farina, sale. Più il tipo di sale che usate è fino più la pasta risulterà liscia al tatto (si può macinare nel frullatore per renderlo a velo). Per quello che riguarda la farina non ho mai riscontrato sensibili dif-ferenze tra un tipo o l’altro. Potrete usare tranquillamente farina di tipo 0, 00, integrale, di grano duro o te-nero. Le dosi possono variare ma io consiglio di unire la stessa quantità di farina e di sale (es. 1 kg di farina e 1 Kg. di sale). Mettendo infatti meno sale otterrete si una maggiore leggerezza, ma anche una maggiore fragilità. Di acqua ne servirà quel tanto da avere un impasto non trop-po duro o troppo tenero da poter lavorare.

Essicatura Dipende naturalmente dalla gran-dezza dell’oggetto. In forno non ho mai superato i 50/60 gradi per evi-tare che bruciasse fuori e rimanesse cruda all’interno. La cottura andrà controllata a vista come si può fare per un arrosto normale. Si può anche lasciare seccare a temperatura am-biente ma si corre il rischio (special-mente se l’oggetto è un po’ grosso) che si afflosci prima che sia pronto. Esistono diverse soluzioni a questo inconveniente come, per esempio, ricorrere a un’anima in legno (fat-ta con stuzzicadenti) o in metallo. Un’altro trucchetto consiste nel cre-are un’oggetto prima in carta stagno-la e quindi ricoprirlo con la pasta.

Come si coloraConsiglio i colori a tempera (oppure colori acrilici). Ho provato anche con quelli a olio ma il risultato non è stato soddisfacente. Devo dire però che in quel caso avevo usato colori piuttosto vecchi, quindi chi volesse provare potrebbe anche ottenere dei buoni risultati. Un ottimo risultato lo si può ot-tenere anche usando ingredienti naturali: cacao, caffè macinato, orzo, the, zafferano,

vaniglia, peperoncino ecc. Potete usare due metodi per la colorazione: aggiungere i colori all’impasto prima della modellazione e della cottura o, naturalmente, colorarli a mano una volta pronto. Dalla mia esperienza i risulta-ti migliori si ottengono mischiando i colori all’impasto. Riuscirete ad ottenere delle belle sfumature senza per questo essere dei pittori professionisti.

SuggerimentiLa pasta di sale ha molti pregi ma anche mol-ti difetti. Per prima cosa soffre molto l’umi-dità, quindi il mio primo consiglio è quello di verniciare la vostra opera con del Flatting (apposita vernice trasparente protettiva) dopo averla ultimata. Evitate di conservarla sopra i termosifoni. Se da un lato l’asciugatu-ra sarà più efficace e veloce dall’altro potreste ritrovarvi con il vostro capolavoro crepato o imbarcato. Se potete appoggiatelo a un muro

(per esempio su una mensola) perché que-sto assorbirà molta umidità dalla pasta. Ag-giungendo all’acqua dell’impasto colla per tappezzeria o glicerina, si ottiene un impasto più elastico e di maggior consistenza. Per ot-tenere ottimi risultati e bene ricordarsi che la pasta va lavorata a lungo. Se per amalgamare volete usare una classica impastatrice potete farlo, ma attenzione, la grande quantità di

sale presente a lungo andare arrugginirà tutte le sue parti metalliche.

VarieSe si vogliono creare oggetti da po-ter appendere è consigliabile inserire l’oggetto necessario per l’operazione (gancio, filo metallico ricoperto) già durante la lavorazione. Infatti nella fase della seccatura si attaccherà più saldamente. La soluzione di creare manualmente un foro (esteticamen-te più appagante) potrebbe rivelarsi troppo fragile. Per unire tra loro le varie parti di un modello, non è ne-cessario usare la colla. Basterà bagna-re con un pennello le parti di pasta di sale da unire. Ricordandovi che un soggetto grande potrebbe afflo-sciarsi prima che si sia seccato com-pletamente, potrebbe risultare utile creare appositamente una “impalca-tura” (per esempio in metallo) a cui appoggiare le varie parti. Si possono ottenere “effetti speciali” premendo sulla pasta ancora morbida la tela di juta, pezzetti di pizzo, un pettine, ecc. Per dare forma agli oggetti si possono usare naturalmente le cose più disparate: stampi in metallo, car-tone, legno, avendo cura di proteg-gerli con della pellicola trasparente (naturalmente se non andranno in forno), o in alternativa con la pellico-

la d’alluminio. Dopo la verniciatura a lavoro ultimato, si potranno decorare gli oggetti con pizzi, nastri, stoffe, bottoni, perline, fiori sec-chi. Usando spezie otterrete tra l’altro anche dei delicati profumatori per ambienti. StrumentiLe vostre mani sono lo strumento più impor-tante. Difficilmente però riuscirete a fare a meno di mattarello, pennelli, spremiaglio (si anche questo), tagliapasta. Starà alla vostra fantasia usare altri mille strumenti di riciclo.

Simona Lazzarin

Le ricette del mese(a cura di Grazia Zoiti)

Conchiglioni alla crema di carciofi(4 persone)

12 conchiglioni8 carciofi1 patata media1 scalogno100 g. formaggio brie50 g. burro50 g. grana grattugiatoprezzemolosale pepe olio q. b.

Pulire e tagliare a spicchi i carciofi. Sbucciare la patata e tagliarla a cubetti. Tritare lo scalo-gno e rosolarlo con 2 cucchiai di olio, unire patata e carciofi e cuocere per 10 minuti a fuoco medio. A metà cottura unire mezzo bicchiere d’acqua. Salare e pepare mescolan-do. Tenere da parte 8 spicchi di carciofi cotti e frullare il resto. Tritare il brie senza crosta e unirlo alla crema con il burro a fiocchi e un cucchiaio di prezzemolo tritato. Mesco-lare bene il tutto. Lessare i conchiglioni in acqua salata, scolarli al dente e raffreddarli sotto l’acqua fredda. Ungerli in una ciotola

con poco olio e mescolarli. Farcire i conchi-glioni uno alla volta con la crema di carciofi e sistemarli in una pirofila. Cospargerli con il grana grattugiato, decorare con gli spicchi di carciofo tenuti da parte e passare in forno a 200°C per 15-20 minuti.

Seppie con piselli(4 persone)

600 g di seppioline600g di piselli freschiuna manciata di prezzemolouno spicchio d’agliovino biancoolio di olivasale e pepe

Pulire e lavare le seppie intere. Mettere in una casseruola un po’ d’olio, con l’aglio e il prezzemolo tritati. Aggiungere le seppie e farle rosolare per 5 minuti bagnando poi con vino bianco.Sgusciare i piselli e unirli alle seppie (anche piselli surgelati), salare e pepare.Continuare la cottura aggiungendo via via alcuni mestoli d’acqua calda: togliere dal fuoco quando i piselli saranno teneri. Servi-re caldo.

Le tecniche di rilassamento, benessere del corpo e della mente

La vita moderna è una costante corsa con-tro il tempo, l’uomo non sa più rilassarsi e il risultato è un aumento costante delle malattie psicosomatiche, i muscoli sono raramente rilassati. Anche durante il sonno l’uomo disperde molta energia mentale e fisica. Spesso per rilassamento si intende lo stare su una poltrona o un letto, ma questo atteggiamento apparentamente tranquillo comporta molteplici tensioni muscolari. Le tecniche per ottenere un rilassamento soddisfacente sono molteplici, ed una delle più semplici e più efficaci è la seguente.Distendersi su una superficie dura, ad esem-pio su un tappeto o una stuoia, in modo che il nostro corpo assuma una postura corretta con la schiena ben distesa a terra e le mani abbandonate a terra lungo il corpo, i piedi dovranno essere leggermente divaricati in modo da sentirci completamente a nostro agio. La prima cosa che dobbiamo fare è cercare di eliminare ogni pensiero dalla nostra mente, e poiché questa non è una cosa molto facile possiamo concentrare la nostra attenzione sul respiro. Pensiamo e addirittura visualizziamo l’aria che entra nelle nostre narici e immaginiamo che vada

a riempire tutto il nostro corpo scendendo sino alla punta delle dita dei piedi e delle mani e procurandoci una sensazione di be-nessere e di calore. Mentre espiriamo pen-siamo di espellere tutte le cose negative che ci angustiano; in questo modo ci mettiamo in una disposizione d’animo ideale per proseguire nel nostro esercizio. Dobbiamo a questo punto portare la nostra attenzione ai muscoli della testa, della fronte e del viso e cominciare piano piano a rilassare questi muscoli. Compiuto ciò ci concentriamo su quelli del collo e delle spalle e ripetiamo questa operazione e poco per volta scen-diamo sul petto e sulla schiena cercando di rilassare anche queste parti del corpo. Non si deve passare ad un’altra parte del cor-po sino a che quelle che abbiamo preso in considerazione siano totalmente rilassate. Operando in questo modo dobbiamo arri-vare piano piano a rilassare tutte le nostre parti del corpo sino ai piedi. Le prime volte sarà più lungo raggiungere un rilassamento completo, poi con l’esercizio tutto sarà più semplice e automatico.Una volta raggiunto un rilassamento sod-disfacente cercare di mantenere la posizio-ne per dieci minuti e con la pratica si potrà aumentare il tempo da dedicare a questa piccola pausa di benessere. Non resta che provare. Auguri.

Sandro Ricci

14 Il Picchio - N. 1 - Gennaio - Febbraio 2010

Cos’è il Prodotto Interno Lordo?

Viene chiamato PIl il valore monetario del flusso di beni e servizi annualmente prodotto in un paese, comprende cioè sia i prodotti materiali (automobili, elettrodo-mestici ad esempio) sia i servizi (prestazio-ni sanitarie, concerti, spettacoli). Nell’usare il concetto di PIl bisogna misurare il valore della produzione finale del sistema econo-mico e cioè il valore totale di tutti i beni e servizi di cui usufruiscono i consumato-ri o accumulati sotto forma di capitale per rimpiazzare o ampliare le attrezzature e le macchine usurate o consumate nel proces-so di produzione. è importante in questa misurazione non contare i beni intermedi, cioè quei beni che servono a produrre altri beni. Ad esempio quando compriamo una maglia il suo prezzo comprende il costo del tessuto e a sua volta il venditore del tessuto ha incluso nel suo prezzo quello della lana o del cotone. Perciò il valore di tutti i beni intermedi usati nella produzione è incorpo-rato nel prezzo della maglia. Il concetto di PIL è utilissimo per osservare e spiegare il funzionamento della nostra economia, ma ha alcuni difetti:1) Il PIL è in valore e non in unità fisiche, non ci dice cioè quanti beni e servizi sono stati prodotti, ma solo qual’è il valore della vendita di tali beni e servizi.2) Il PIL non riflette i cambiamenti di qualità del prodotto. In una società caratterizzata dal progresso tecnologico i beni migliorano nel corso del tempo e beni nuovi vengono introdotti continuamente sul mercato.3) Il PIL non riflette le finalità della pro-duzione. Se in un certo anno ad esempio il PIl cresce di un miliardo di euro per un aumento delle spese per l’istruzione e in un altro anno aumenta della stessa misura per una crescita nella produzione di siga-rette in ambedue i casi le cifre mostrano la stessa crescita del PIl.Oggi siamo tutti ossessionati dal problema di far crescere ad ogni costo la produzione e quindi il PIl, ma quello che è certo è che tutti i sistemi industriali dovranno cambia-re atteggiamento nei riguardi della cresci-ta. Gli economisti più illuminati affermano che non c’è altra alternativa per il futuro se non quella di considerare la terra una grande astonave alla cui capacità di carico saranno i passeggeri stessi che dovranno adattarsi. Da questo punto di vista la pro-duzione stessa ci appare come un processo circolare: incomincia con le materie prime provenienti dall’ambiente e termina con la materia prima trasformata dal processo di produzione e resa all’ambiente sotto for-ma di scarichi, residui, scorie. Nel gestire questo processo circolare l’obiettivo do-vrebbe essere non quello di massimizzare la crescita, ma di provocare il minor danno possibile all’ambiente nel processo di tra-sformazione.

S. R.

rubriche del mese

15 Il Picchio - N. 1 - Gennaio - Febbraio 2010

Cinghiali, Brusaschetto, piazza Roma: parlarne

non può che essere utile

Sono un abitante, da sempre, del co-mune di Camino fraz. Castel S. Pie-tro.

Mi diletto inoltre, da anni, in modo arcaico a coltivare frutta verdura e affini per uso personale e per gli animali che allevo (e anche per amici e parenti). Leggendo i vari articoli scritti sulla vostra rivista “Il Picchio n°6” (a proposito contraccambio gli augu-ri) intendo quelli che trattano l’argomento cinghiali sul nostro territorio, ho provato questi stati d’animo. Dibattuto/avvilito/contrariato ed ora provo a spiegare il per-chè.Dibattuto: a scrivervi perchè io che leg-go in modo approssimativo qualsiasi cosa dopo aver riletto gli articoli riguardanti la materia ho capito che anche campassi 200 anni non riuscirei a farlo in quel modo (bra-vo Carlo!!) e quindi sono riusciti ad attirare la mia attenzione (raggiunto lo scopo). Avvilito: dal fatto che vedo nel futuro di questi luoghi un estendersi, a macchia di leopardo, di recinti più o meno grandi con reti, filo spinato, palizzate, fili con corrente elettrica incorporata (a proposito le bat-terie per alimentarli non sono inquinanti? O ci laviamo la coscienza portandola dal demolitore?) per proteggerci dai soggetti in questione tralasciando il fatto che essi sono molto astuti ed aggreganti (tutti gli individui imparano dagli altri).Troveranno le dovute contromisure e noi saremo costretti ad inventarci nuovi siste-mi ma nel frattempo non raccoglieremo quello seminato o piantato ed il gerbido inesorabilmente avanzerà.Contrariato: che nei vostri articoli non con-tenti a non risvegliare malcontenti di nes-sun genere non ci siano soluzioni alterna-tive o propositive ai fatti che trascorrono nella routine annuale. Si prende atto e si scrive con forma eccelsa ma ai contenuti propositivi scarni (a proposito ero tentato di farmi correggere la lettera da un esperto ma cosi non sarebbe più stata mia).Ora, da profano, provo io ad inquadrare il problema in modo alternativo e possibile fonte di discussione. Fino a quando lasce-remo lo sviluppo di questo problema nelle mani dei cacciatori in “braccata”, come dite voi non ci sarà rimedio perché non collima con i lori interessi. Oggi possono permet-tersi (sono anche ben visti) di cacciare tut-to l’anno, dove vogliono e come vogliono; basta avere con loro una guardia venatoria volontaria (praticamente uno di loro) però nel frattempo i cinghiali crescono di nume-ro e di peso (abbiamo forse trovato l’an-togonista al gene umano?) e quelli come me si stufano di coltivare e non raccogliere e costruiscono recinti personalizzati con materiali disparati; che spettacolo!! Bella promozione turistica! Bel panorama! Mi ac-corgo di avere trattato un altro argomento “all’ italiana” dove tutti fanno la loro parte (compresi i cinghiali) ma tutto rimane inso-luto. Non so se la pubblicate ma a me ba-sta esprimere quello che sento e lo scrivo a

modo mio; quindi ancora auguri e grazie.Saluti.

Lunati Alessandro

Gentile Redazione,leggo sempre con piacere e partico-lare attenzione “Il Picchio” e Vi faccio

i miei più sentiti complimenti.Riguardo all’argomento “cinghiali”, che ri-entra nel mio settore, in qualità di tecnico faunistico, mi sento di dirVi che siete un po’ troppo morbidi nell’affrontarlo. Non so il vero scopo della Vostra pubblicazione, se é culturale e informativa ritengo abbiate l’obbligo morale di andare a fondo sull’ar-gomento caccia, per fare cultura, per in-formare e per evidenziare le immense ca-renze degli amministratori piemontesi nel comparto caccia.Le nostre campagne sono popolate oggi da nutrie e minilepri, specie alloctone immes-se da scellerati. Assistere a certe battute al cinghiale Vi farebbe crepare dal ridere perché sono battute eseguite da sparatori e non da cacciatori (quelli veri sono una specie in estinzione come l’Avvoltoio degli Agnelli!). Elisa Massa ha tutte le ragioni del mondo quando resta attonita di fronte a spiega-menti paramilitari per le battute al cinghia-le. Ma nulla può cambiare se gli ammini-stratori della caccia restano tali, provate a parlare loro di “caccia di selezione”, di “riproduzione locale”, di “gestione del terri-torio”. Strabuzzeranno gli occhi e non com-prenderanno. Comunque complimenti a Voi per i conte-nuti e la veste della Vostra pubblicazione.Cordiali saluti

Pigi Colombo Fassone

Non sono nata a Brusaschetto, ma ci vivo ormai da dieci anni. Ho scelto di veni-

re a vivere qui perché amo queste colline, le montagne e il grande fiume che vedo dal-la mia casa. Amo questa pic-cola frazione che si sviluppa lungo il crinale della collina, ma da un po’ di tempo a que-sta parte guardo con occhio sempre più critico quello che definisco il “lento degrado” delle sue strutture.Percorrendo il Monferrato e le altre frazioni del Comune ho visto la crescita, il miglio-ramento, la voglia di abbelli-re, di far crescere la propria comunità cercando di man-tener fede alle tradizioni, ri-costruendo, dove possibile, i vecchi borghi, le case in tufo e mattoni, con l’orgoglio di mostrare tradizioni antiche.Purtroppo, e questo lo dico con dolore, quando arrivo in macchina a Brusaschetto, e faccio mio lo sguardo di un turista di passaggio, mi si stringe il cuore: la chiesa, ormai pericolante, la cabina elettrica, i cas-

sonetti dell’immondizia (quella che in altri luoghi chiamano “isola ecologica”) sono l’immagine stessa dell’abbandono.Non è possibile accettare questo degrado. A nulla valgono le assemblee, gli incontri, i progetti fin troppo ambiziosi di restaurare la vecchia chiesa… tutto va ad arenarsi con-tro oggettive difficoltà, ma tutto il resto…E’ mai possibile che si mantenga uno spa-zio/parcheggio (ottenuto dall’abbattimento di un frutteto) senza pensare di creare e dar forma a uno spazio necessario sì, ma che può essere attrezzato ed abbellito semplicemente con qualche albero, una siepe, due panchine, che so i giochi dei bambini… Non so, non sono un architetto, sono di-sposta a capire tutte le esigenze di pratici-tà, ma guardiamoci attorno, come hanno risolto il problema di parcheggio negli altri paesi?la cabina elettrica, è mai possibile che non si possa fare richiesta all’ENEL di ammo-dernare, certamente riducendo l’ingombro o addirittura progettando cavi sotterranei come di fatto accade in altre regioni? (Non voglio citare sempre la Toscana!) E soprattutto i cassonetti… Ho raccolto foto di “isole ecologiche” in altri paesi, ma pos-siamo accettare questo scempio?Purtroppo Brusaschetto ha avuto, in questi ultimi anni, troppi lutti. Recentemente se ne è andato uno dei fondatori del Circolo promotore delle attività ricreative del pae-se. E’ stato un grande dolore per tutti noi, è cresciuto il silenzio e il vuoto attorno a noi.Io dico, non possiamo - proprio per ono-rare questi nostri amici e concittadini che se ne sono andati, ritrovare uno spirito costruttivo, propositivo nei confronti del Comune, senza cercare lo scontro ma con la determinazione necessaria a far rifiorire questo paese.Non accettiamo più cose come queste:

P. L.

lettere alla redazione

16 Il Picchio - N. 1 - Gennaio - Febbraio 2010lettere alla redazione

eventiGolosaria festeggia le de.co.(Denominazione comunale)Sabato 6 marzoA Camino: De.Co. della “Torta dei Ciapetti” - ore 15.00 presso il Forno di Cornale

A Casale M.to: De. Co. dell’agnolotto casalese a cena presso Ristorante La TorreDomenica 7 marzo A Terrugia: De. Co. sulla “Car Crua del Munfrà” - ore 10.00A Frassinello: De. Co. “Gli infernot di Frassinello” - ore 11.30A Pontestura: De.Co. dell’agnolotto di Pontestura - ore 14.30A Mirabello: De.Co. per la “Tirà ad Mi-rabè” - ore 16.00A Serralunga di Crea: De.Co. “Mu-letta di Serralunga” con la storia del-la muletta messa in scena dalla scuola del paese al Castello di Forneglio - ore 17.00A Ponzano: De.Co. sulla “Mostarda

Pum San” - ore 17.30

Casale Monferrato (Al)Sabato 6 marzo, Teatro Municipale, ore 20.30 “Elisir D’amore” di Gaetano Donizetti in lingua piemontese

Sabato 13 marzo, Auditorium San-ta Lucia, via della Provvidenza 5, ora da comunicare, “Questi fantasmi” di Eduardo De Filippo Sabato 27 marzo, Museo Civico, Sala delle Lunette, corso Cavour 5, ore 10.30, conferenza “Il Museo Civico specchio della cultura figurativa piemontese” a cura di Giovanni Romano (Università degli Studi di Torino).

Domenica 28 marzo, chiostro di Santa Croce, ore 16.30, Concerto del Coro di Casale diretto dal Maestro Giulio Ca-stagnoli

Bielmonte (Bi)

Per una serata diversa da svolgere in famiglia e con gli amici vi proponiamo non lontano dal Monferrato le ciaspolate notturneSabato 20 marzo, in occasione della luna nuova, speciale serata con le ciaspo-le e...sorpresaAlla scoperta del territorio in compagnia delle guidePer info: Birreria Chalet Bielmonte tel. 015.744126

VercelliDal 20 febbraio 2010 al 30 maggio 2010 presso lo spazio espositivo Arca, Chiesa di San Marco, via G. FerrarisMostra “Peggy e Solomon R. Gug-genheim: le avanguardie dell’astra-zione” Orario: da lunedì al venerdì dalle ore 14 alle 19; sabato e domenica dalle ore 10 alle 20 (la biglietteria chiude mezz’ora prima)Per info:http://www.guggenheimvercelli.it

Il PicchioMensile di informazione e cultura di Camino e frazioni

Autorizzazione del tribunale di Casale Monf. n.258 del 16/01/2009Proprietario: Carlo Rosso

Direttore responsabile: Paoletta PiccoStampa: Tipografia A.G.S. di Marchisio A. e Croce F. snc, via G. A. Irico, 9 - 13039 Trino (VC)Redazione: via Monastero, 10 - 15020 Camino (AL)Logo de “Il Picchio”: Mauro Galfré

Per contattarci: [email protected] oppure potete telefonare al 3476942699

Su richiesta della sig.ra Serrafero, pub-blichiamo la lettera da lei inviata al sin-daco di Camino.

Gent.mo sig. Sindaco Rondano,con la presente vorrei evidenziare a lei e all’intero consiglio comunale

alcuni problemi riscontrati nella viabilità di piazza Marconi a Camino, in particolare

per i pedoni provenienti da Cornale. 1) Mancano delle strisce pedonali tra via Pontestura a Cornale e piazza Marconi.2) Da Trino o Pontestura arrivano delle auto che attraversano la piazza a forte ve-locità. L’ampia curva della strada provin-ciale non sempre consente di accorgersi in tempo del sopraggiungere dei mezzi. Ser-virebbero dei dissuasori, oppure dei chiari

limiti di velocità e, come ad Ozzano, degli indicatori elettronici di velocità.3) L’ideale sarebbe, come promesso in campagna elettorale un bella ed armonica rotonda.Grazie per l’attenzione Distinti saluti

Laura Serrafero

Bacheca

ATTENZIONE. La lista civica “La nostra Camino” intende organizzare un corso di primo soccorso per la cittadinan-za. Chiunque fosse interessato è prega-to di contattare il n° 338 529 12 63 (ore pasti).Sarà necessario raggiungere il minimo di partecipanti di 15 persone.

Sul n.3/2009 avevamo segnalato la nuova edizione del premio “Marcello Ferranti”, aperto ai giovani delle scuo-le superiori. Il concorso si è concluso e vincitrice è risultata Alice Vita, milane-se, con lo scritto dal titolo “Il rosso e il nero della democrazia”.

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