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2008. Acque in Italia. L’emergenza continua: a rischio molte specie di pesci

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2008. Acque in Italia. L’emergenza continua: a rischio molte specie di pesciWorld Day for Water 2008Giornata mondiale dell’acqua22 marzo 2008

A cura di Andrea Agapito Ludovici & Sergio Zerunian

Hanno collaboratoPaola Sozzi, Simone Rossi, Guido Trivellini, Massimiliano Rocco

Foto di: Simone Rossi, Sergio Zerunian, Andrea Agapito Ludovici, Davide Agapito Ludovici

Disegni: Titti De Ruosi

Si ringrazia: Carmelina Pani, Alessandro Ripamonti, Lucia Ambrogi, Nicoletta Toniutti,Stefano Petrella, Luigi Ghedin, Elisabetta Marchiori, Letizia Oddi, Barbara Franco, ClaudiaAndriani, Franco Ferroni

Coordinamento editoriale: Paola Sozzi & Andrea Agapito Ludovici

Grafica: L’Ippocastano - Milano

Stampa: Stilgrafica srl

In copertina: Triotto e Cobite (foto di Davide Agapito Ludovici)

sostiene i progetti di salvaguardia dei Fiumi del WWF Italia.

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Indice

Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3

1. I pesci delle acque interne: tra interessi e tutela . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5

2. Il governo delle acque e le autorità di distretto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13

3. Dieci pesci a rischio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17Lampreda padana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18Lampreda di ruscello . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20Storione cobice . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22Trota macrostigma . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24Carpione del Fibreno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26Trota marmorata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28Carpione del Garda . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33Panzarolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35Ghiozzo di ruscello . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37Anguilla . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39

4. Conclusioni e proposte . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42

5. Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 45

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Attualmente la tutela e gestione dei nostricorsi d’acqua, laghi e zone umide sta

attraversando un periodo piuttosto buio acausa, soprattutto, di una grande confusionenormativa, della frammentazione di compe-tenze e risorse e della tardiva o mancataapplicazione di direttive internazionali(Direttiva Quadro Acque 2000/60/CE, diretti-va partecipazione 2003/35/CE, direttiva habi-tat 92/43/CE) per cui l’Italia è stata più volterichiamata o condannata dall’UnioneEuropea.

Purtroppo in Italia si sta abbandonando l’ap-proccio a scala di bacino per favorire unacontroproducente parcellizzazione dellagestione del territorio, funzionale solo ad unaspartizione di risorse e poteri fra Stato ed Entilocali. Invece, è solo rilanciando e rafforzan-do le Autorità di bacino/distretto che è possi-bile garantire una corretta programmazione egestione di attività ed interventi per il rag-giungimento degli obiettivi di qualità entro il2015 previsti dalla Direttiva Quadro Acque2000/60/CE.

È, inoltre, indispensabile una lettura integratadi più direttive europee affinché si possanoperseguire nel modo più corretto gli obiettivieuropei. Per questo è necessario tener presen-te, ad esempio, la Direttiva 92/43/CE 1, lacosiddetta direttiva “Habitat”, “relativa allaconservazione degli habitat naturali e semina-turali e della flora e della fauna selvatica”,che comprende un gran numero di ambienti especie ittiche presenti anche in Italia. Sono così stati inclusi nell’elenco europeo 24specie di pesci d’acqua dolce indigeni nelnostro Paese; pur comprendendo molte dellespecie importanti per la conservazione, questoelenco è lacunoso in quanto lascia fuori, adesempio, specie endemiche e a rischio d’estin-

zione come il Carpione del Garda, il Carpionedel Fibreno e il Panzarolo (Zerunian, 2003,2007).

La condizione della fauna ittica italiana è piut-tosto grave ed è lo specchio di una situazionedi degrado generalizzato della rete idrograficasuperficiale: delle circa 50 specie autoctone dipesci solo una, il Cavedano, può essere oggiconsiderata non a rischio (Zerunian, 2007);tutte le altre, comprese le 22 specie endemicheo subendemiche, sono da considerare a diver-so grado in pericolo di estinzione.

Anche per questo la corretta tutela degli eco-sistemi acquatici deve tener conto dei proces-si ecologici che ne garantiscono la funziona-lità, ma deve anche tenere in adeguata consi-derazione i valori naturalistici che la stessa U-nione Europea ha evidenziato nella DirettivaHabitat. W

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3Introduzione

Fig. 1. Il medio-basso corso del fiume Piave tra il 2002e il 2004 è stato oggetto di un’indagine del WWF eGuardia di Finanza. Sono state individuate 567 porzionidi aree boscate per un totale di 1078 ettari. Sono stati rilevati 3.508 fabbricati in golena per unconsumo di suolo pari a 485.000 m2. Purtroppo unabuona parte dei comuni rivieraschi mantengono lapossibilità di sviluppi e nuove edificazioni a ridosso delfiume, soprattutto attraverso ampliamenti dei fabbricatiesistenti (foto Plavis WWF GdF)

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In occasione della Giornata Mondiale dell’ac-qua il WWF vuole richiamare l’attenzione suipesci d’acqua dolce come indicatori di qualitàambientale ma anche e soprattutto come ele-menti importanti di una biodiversità che stascomparendo sempre più velocemente.

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1 Recepita con il DPR n. 357/1997 e aggiornato e integrato con il DPR n. 120/2003

Fig. 2. Scardola (foto di Andrea Agapito Ludovici)

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I pesci rappresentano senza dubbio unadelle componenti biologiche più signifi-

cative e a rischio degli ecosistemi di acquedolci, ma rivestono anche una notevoleimportanza per il loro valore commerciale ericreativo. Vi è, quindi, un’alta complessità diaspetti, ecologici e naturali, economici esociali, che è indispensabile considerare pergarantire una corretta tutela e gestione dell’it-tiofauna.

L’attività di pesca sportiva è certamente diestrema importanza soprattutto se si pensache in Italia ci sono circa due milioni dipescatori dilettanti, 60.000 dei quali praticanoattività agonistica, e sono aggregati in circa3000 associazioni che fanno parte allaFIPSAS (Federazione Italiana Pesca Sportivaed Attività Subaquee). Nonostante sia un’atti-vità “ricreativa”, l’indotto economico ad essalegato è certamente significativo: va, infatti,dall’abbigliamento specialistico all’attrezza-tura da pesca che ha raggiunto livelli estrema-mente sofisticati, considerando anche le strut-ture e le attività legate alle “pesche sportive”.Tutto ciò, consente la vita e diffusione dinumerose testate giornalistiche rivolte aipescatori. Insomma, un mondo ampio ed arti-colato che gravita intorno alla “risorsaittica”costituita dai pesci d’acqua dolce.

La pesca nelle acque interne è regolamentatada un vecchio testo unico nazionale, il RegioDecreto 8 ottobre 1931, n.1604 (Approvazionedel testo unico delle leggi sulla pesca -Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 23 gen-naio 1932, n. 18), ma attualmente è delegataalle Regioni che hanno normato l’attività conproprie leggi, delegando poi alleAmministrazioni provinciali il ruolo premi-nente nella gestione dell’ittiofauna; in parti-colare le funzioni amministrative provinciali

vanno dal rilascio della licenza di pesca, siaper la pesca dilettantistica che professionale,a tutte le concessioni che la legge prevede,dall’autorizzazione dei centri privati di pesca,all’utilizzo degli elettrostorditori, alle autoriz-zazioni per lo svolgimento di gare e manife-stazioni di pesca, cioè a tutte quelle forme diattività che in un modo o nell’altro hanno ache fare con la fauna ittica. Inoltre, semprealle Province è delegato lo svolgimento dell’i-struttoria per l’erogazione di contributi, peresempio rivolti ai pescatori professionisti,piuttosto che alle associazioni di dilettanti. Dinotevole interesse è anche la comparsa dimanuali e linee guida per la gestione dellapesca in un’ottica di tutela della fauna ittica 2.Molte Amministrazioni provinciali si sonodotate di carte ittiche o carte delle vocazioneittiche, a seguito di leggi regionali, allo scopodi “fotografare” le varie realtà e soprattuttoidentificare le azioni di tutela e gestione del-l’ittiofauna; in molti casi, insieme alle carteittiche sono stati redatti dei veri e propri pianiittici provinciali dai quali derivano anche ledifferenti regolamentazioni sul territorio; ilproblema è che spesso questi piani o regola-menti provinciali non “parlano” tra loro e ciò

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51. I pesci delle acque interne: tra interessi e tutela

Fig. 3. La Tinca, pesce molto ambito dai pescatori, haun’ampia valenza ecologica, tipica dei tratti medio –bassi dei corsi d’acqua dove la vegetazione è ricca e ilfondo fangoso. Ha un’ampia distribuzione euroasiatica,mentre in Italia è diffusa su quasi tutto il territorionazionale. È specie considerata “quasi a rischio” (fotoAndrea Agapito Ludovici).

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è problematico soprattutto per i fiumi apparte-nenti a più province o addirittura che ne se-gnano il confine. Sul tratto pavese del Ticino,ad esempio, è vietata la cattura e la detenzio-ne della Trota marmorata (Salmo trutta mar-moratus) inferiore a 40 cm, mentre sul trattomilanese è vietata la pesca di Trota marmora-ta e ibridi marmorata-fario inferiori a 50 cm,altro è deciso poi per i tratti o le sponde nova-rese e varesina. Tutto ciò segue logiche ditutela diverse, legittime, ma che poco o nientehanno a che fare con una gestione oculata dipopolazioni ittiche presenti su uno stessobacino o addirittura nello stesso fiume!Come per molti altri aspetti (per esempioavviene lo stesso per le concessioni in agricol-tura o per la regolamentazione dei minimideflussi vitali) è la mancanza di coordinamen-to e di politiche su vasta scala (o che almeno sirifanno al bacino idrografico), la base di que-ste disfunzioni controproducenti.

La pesca professionale nelle acque interne èun comparto principalmente legato ai grandilaghi prealpini, ai laghi vulcanici del centroItalia e ai laghi costieri, dove si concentraancora un discreto numero di pescatori pro-fessionisti.

Un altro comparto importante nell’ambito deipesci delle acque interne è quello dell’acqua-

coltura, considerando con questo termine l’in-sieme delle attività legate alla produzione diorganismi acquatici, in acque dolci e salma-stre, comprendenti pratiche di allevamentoittico intensive, estensive 3 e semiestensive. Inquesti ultimi anni l’acquacoltura ha avuto unincremento notevole, passando da meno di 5milioni di tonnellate di produzione mondialeannua negli anni ’70 ai quasi 50 milioni ditonnellate di produzione annua del 2005 (fonteIsmea 2008– FAO). Si tratta quindi di un’atti-vità che sta assumendo un’importanza semprecrescente, alleggerendo l’impatto della pescatradizionale in relazione al soddisfacimentodella domanda di pesce in aumento. Certamente nel complesso delle attività di

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Grafico 1. Produzione mondiale in acquacoltura per gruppi di specie. Legenda: Pesci d’acqua dolce: Carpe, Barbie altri Ciprinidi, Tilapie e altri Ciclidi, Pesci di acque dolci vari - I Pesci diadromi: Storioni, Pesci spatola, Anguille,Salmoni, Trote, Sperlani, Alose e altri. (fonte FAO, in ISMEA 2008)

Fig. 4. Fiume Adda. Sbarramento all’altezza del canaleVacchelli. L’interruzione della continuità fluviale e lamancanza del minimo deflusso vitale sono tra le princi-pali cause della rarefazione di molte specie di pesci(foto Andrea Agapito Ludovici).

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acquacoltura i pesci strettamente d’acquadolce rappresentano un percentuale ancorapiuttosto bassa, mentre di un certo interessesono i pesci diadromi 4 che, invece, raggiungo-no produzioni considerevoli.

Nelle acque dolci vi sono diverse specie alle-vate in Italia e tra queste vi sono varie trote,tra cui la Trota fario (Salmo trutta trutta) e laTrota iridea (Onchorynchus mychiss) quest’ul-tima di origine nord americana, l’Anguilla(Anguilla anguilla), lo Storione bianco (Aci-penser transmontanus), la Carpa (Cyprinuscarpio). La gestione spesso poco responsabiledi queste specie ha provocato in molti casiimpatti negativi sulle specie indigene. Unagestione responsabile deve invece compren-dere anche la garanzia di evitare immissionisconsiderate che rischiano (in molte situazio-ni purtroppo il danno è stato già fatto!) dicompromettere le comunità ittiche autoctone(vedi Zerunian, 2002).

Vi sono poi diverse specie allevate solo per ilripopolamento, come lo Storione cobice(Acipenser naccarii) la cui la cattura, deten-zione, trasporto ed il commercio è vietato aisensi del Decreto Ministeriale del 3 maggio1989, del ex-Ministero della MarinaMercantile Disciplina della cattura dei ceta-cei, delle testuggini e degli storioni e successi-ve modifiche.È solo da pochi anni che è maturata laconsapevolezza che i pesci del nostro Paese

sono in grave pericolo e che è necessariaun’attiva azione di conservazione dell’ittiofau-na (Zerunian 1996, 2002; WWF Italia, 1998).Delle 63 specie di taxa indigeni delle acqueinterne, 48 sono quelle più direttamente legatealle acque dolci mentre le altre 15 frequentanoprevalentemente le acque costiere (Zerunian2004). Nel 1998 è comparso un primo elencodi specie catalogate secondo i criteridell’IUCN (Zerunian, 1998), successivamenteseguito dalla Lista rossa dei vertebrati Italianiredatta dal WWF Italia (1998). La lista è stataaggiornata periodicamente e la tabella 1 neriporta l’ultimo aggiornamento (Zerunian,2007) che mostra la situazione allarmante perun po’ tutte le specie e tragica per alcune diloro, come lo Storione, lo Storione ladano e laLampreda di fiume, che in Italia sono conside-rate estinte. Dal 1998 la situazione è peggiora-ta e sembra seguire un trend irrimediabilmen-te negativo: oltre alle specie considerate estin-

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Grafico 2. Acquacoltura in Italia per gruppi di specie (fonte FAO, in ISMEA 2008)

Fig. 5. Trote fario allevate per le reintroduzioni (fotoAndrea Agapito Ludovici.)

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te, vi sono pesci apparentemente comuni comel’Anguilla, il Triotto, l’Alborella, la Tinca, laScardola e il Latterino, precedentemente con-siderati “non a rischio”, che sono stati inseritinella categoria “quasi a rischio”.

Qualche anno fa è stato proposto anche un“Piano d’azione generale per la conservazionedei Pesci d’acqua dolce italiani” (Zerunian,2003), che rappresenta un prima organica pro-posta per la tutela delle comunità ittiche inItalia. Il Piano, inoltre, evidenzia la necessitàdi avviare urgenti azioni specifiche per 8 taxaconsiderati di particolare interesse conserva-zionistico: la Lampreda padana, la Trotamacrostigma, il Carpione del Fibreno, ilCarpione del Garda, il Panzarolo, il Ghiozzodi ruscello, lo Storione cobice e la Trota mar-morata. Solo per queste ultime due specie visono in atto progetti scientifici di conserva-zione.

Le cause di questa situazione sono riconduci-bili in gran parte alla malagestione della reteidrografica superficiale e alle artificializzazio-ni degli habitat (canalizzazioni, dighe, traver-se, escavazioni in alveo, inquinamento delleacque, introduzione specie aliene…) più volteanalizzata e denunciata anche dal WWF(2001, 2005, 2006, 2007); queste problemati-che sono sintetizzate nella tabella 2, che evi-denzia le relazioni tra le cause e i danni, diret-ti o indiretti, alle specie o comunità ittiche.Vale la pena soffermarsi su uno degli aspettipiù specifici che incidono fortemente sull’it-tiofauna autoctona: l’introduzione di speciealloctone o aliene. Nonostante esistano casiriconducibili all’epoca romana, basti pensarealla Carpa (Cyprinus carpio) introdotta inquel tempo nelle nostre acque, si tratta di unfenomeno divenuto preoccupante nel corsodel Novecento, per il quale non ci sono anco-ra efficaci politiche di contrasto. L’introduzione delle specie aliene è un proble-ma mondiale alla cui radice vi sono svariatemotivazioni: aumentare le risorse alimentari,diversificare le specie per fini alieutici, avvia-re interventi di lotta biologica (es. Gambusieintrodotte per lotta alle zanzare); inoltre, sonostati immessi, spesso in modo involontario oincosciente, pesci ornamentali o pesci usaticome esche vive. Vi sono stati casi drammatici di stravolgimen-to di interi ecosistemi come quello della Percadel Nilo, introdotta nel Lago Vittoria nel 1954per ragioni commerciali, che ha causato

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Tabella 1 Lista rossa dei pesci d’acqua dolce d’Italia (Zerunian, 2007). Legenda: in neretto sono indicati gli endemiti ed i subendemiti. Le categorie IUCN si rifanno alla più recente termi-nologia adottata dall’Unione Mondiale per la Conservazione della Natura (IUCN, 2001), mentre per quanto riguardai criteri riportati in tabella è stata considerata l’entità della diminuzione in percentuale e nel tempo della consistenzadelle popolazioni (A) e poi l’estensione dell’areale e la sua frammentazione (B); per quanto riguarda la percentualedell’areale italico rispetto all’areale totale, con A s’intende che la specie ha il 100% del suo areale in Italia, con B il75-99%, con C il 50 - 70%, con D il 25 - 49%, con E il 5 - 24% e con F meno del 5%. Per quanto riguarda le minacce sono state considerate le alterazione degli habitat come segue:

A2 artificializzazione degli alvei fluviali e costruzione di sbarramenti fluviali lungo i corsi d’acquaA3 Inquinamento delle acqueB5 Inquinamento geneticoB6 Pesca eccessivaB7 Pesca illegaleB8 Competizione o predazione da parte di specie alieneC1 Cause naturali

Fig. 6. Gobione, Triotto, e Cobite, queste ultime dueendemiche del nostro Paese e tutte e tre considerate“quasi a rischio” (foto Davide Agapito Ludovici)

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Criteri IUCN % areale italico/totale MinacceESTINTO IN ITALIA (Ex, Extint)Storione A E A2, A3, B6Storione ladano A F A2, A3, B6, B7Lampreda di fiume A EGRAVEMENTE MINACCIATO (CR, Critically Endangered)Lampreda di mare A E A2, A3Storione cobice A C A2, A3, B6Trota macrostigma A,B C A2,A3,B5,B6,B7,B8Carpione del Fibreno A,B A A2, B6, B7, C1Carpione del Garda A,B A A3,B6,B7,B8,C1MINACCIATO (EN,Endangered)Lampreda di ruscello A E A2, A3,B7, B8Lampreda padana A B A2, A3, B7, B8Agone A,B A A3,B6Trota fario (popolazioni indigene) A F A2,A3,B5,B6,B8Trota lacustre A,B F A3,B5,B6,B8Trota marmorata A B A2,A3,B5,B6,B8Temolo (popolazioni indigene) A F A2,A3,B5,B6,B8Panzarolo A,B B A2,A3Ghiozzo di ruscello A,B A A2,A3,B7,B8VULNERABILE (Vu, vulnerable)Alosa A E A2,B6Pigo A D A2,A3,B6Sanguinerola A F A2,A3,B8Savetta A A A2,B6,B8Lasca A A A2,A3,B6,B8Barbo canino A A A2,A3Cobite mascherato A A A2,A3Cobite barbatello A F A2,A3Luccio A F A2,A3,B5,B6,B8Nono A,B D A2,B8Spinarello A,B E A2,A3,B8Pesce ago di rio A E A2Scazzone A E A2,A3,B7,B8Cagnetta A,B C A2,A3Ghiozzo padano A B A2,A3,B7QUASI A RISCHIO (NT, near threatened)Anguilla A E A2, B6Rovella A A A2,A3,B8Triotto A A A3,B8Vairone A,B A A2,A3Alborella A A A2,A3,B6,B8Alborella meridionale A A A2B5,B8Gobione A A2Barbo A B A2,B5,B7,B8Tinca A E A2,A3Scardola A E A2,A3,B8Cobite A F A2,A3,B5Persico reale A F A3,B6Ghiozzetto cenerino A A A3Ghiozzetto di laguna A B A3Latterino A D A3A RISCHIO MINIMO (LC, Least concern)CavedanoDATI INSUFFICIENTI (DF, data deficient)BottatriceSalmerino

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l’estinzione di oltre 200 specie endemiche diCiclidi Aplocromini. Ma altrettanti irrimedia-bili danni a comunità di specie endemiche cisono state nel Lago Titicaca (Perù), nel LagoManau (Filippine) o nel Lago Toba (Sumatra,Indonesia).In Italia la situazione non è certo migliore:anche in questi ultimi anni, sono state infeli-cemente immesse in natura molte specie,come l’Abramide, il Siluro, il Gardon, laPseudorasbora, il Cobite di stagno orientale,

che si sono aggiunte alle numerose già pre-senti e “naturalizzate”, come il Persico sole, ilPersico trota, il Pesce gatto, la Gambusia, ilLucioperca, il Carassio, la Trota iridea e tantialtri (vedi Nocita e Zerunian, 2007). Vi sonodanni anche alle popolazioni indigene a causadelle non infrequenti ibridazioni tra taxa im-messi e quelli presenti, come per le trote dovesi registra spesso questo problema.

Ma i danni non derivano solo da queste speciechiaramente alloctone, ma anche da specie“italiane”, altrettanto alloctone se inopinata-mente spostate da un bacino idrograficoall’altro. Un singolare caso è quello delGhiozzo padano (Padogobius martensii),introdotto con ripopolamenti per la pescasportiva in alcuni corsi d’acqua dell’Italiacentrale, che è direttamente entrato in compe-tizione con l’autoctono Ghiozzo di ruscello(Gobius nigricans), causandone la sua ridu-zione e parziale scomparsa da vari fiumi(Zerunian e Taddei, 1996; Zerunian, 2002).

Purtroppo la normativa internazionale e lalegislazione italiana sono ancora insufficientiW

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10 I. Danni diretticon perdita di diversità biologica per rarefazione o estinzione locale di alcune specieI.1 Inquinamento prodotto dalle attività industrialiI.2 Inquinamento prodotto dalle attività agricoleI.3 Costruzione di sbarramenti trasversali lungo i corsi d’acqua (dighe, chiuse, ecc)I.4 Pesca eccessiva e pesca illegaleI.5 Eccessiva captazione di acqua e conseguente riduzione delle portate di torrenti e fiumiI.6 Immissione di specie aliene predatrici o portatrici di patologie

II. Danni indiretticon perdita di diversità biologica per rarefazione o estinzione locale di alcune specie, come con-seguenza della perdita di diversità ambientaleII.1 Inquinamento prodotto dagli insediamenti urbani e zootecniciII.2 Canalizzazione dei corsi d’acquaII.3 Interventi sugli alvei (cementificazioni, prelievi di ghiaia, ecc)con variazioni della diversità biologica in seguito a immissioni e ripopolamenti effettuati in modoirrazionaleII.4 Immissione di specie aliene con nicchia ecologica simile a quella di specie indigene e com-petizione con quest’ultimeII.5 Inquinamento genetico di popolazioni indigene conseguente all’ibridazione con individuiconspecifici o congenerici di origine alloctona immessi per fini di ripopolamento

Tabella 2. Attività antropiche e loro conseguenze con effetti deleteri per i pesci d’acqua dolce in Italia; vengonoraggruppate in funzione del tipo di danni che provocano alla comunità ittica (Zerunian, 2002)

Fig. 7. Fiume Cherio. La canalizzazione dei corsid’acqua è una delle cause principali della perdita dihabitat naturali lungo i fiumi. (foto Andrea AgapitoLudovici)

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a garantire una adeguata ed efficiente azionedi conservazione dell’ittiofauna autoctona. LaDirettiva 92/43/CE, cosiddetta “Habitat” e“relativa alla conservazione degli habitatnaturali e seminaturali e della flora e faunaselvatiche”, pur comprendendo numerosihabitat acquatici e specie ittiche è piuttostolacunosa: non comprende, infatti, alcuniendemiti a rischio di estinzione come ilCarpione del Garda, il Carpione del Fibreno eil Panzarolo. Vi è certamente l’esigenza diuna integrazione e aggiornamento dell’Alle-gato II che consenta l’integrazione di questespecie di assoluto pregio. Inoltre, è stato defi-nito e ratificato a livello nazionale (D.M. del3/4/2000 – DM del 17 ottobre 2007 pubblica-to sulla G.U. del 6/11/07 n.258) un elenco diSiti d’Importanza Comunitaria (SIC), moltidei quali non hanno ancora i necessari Pianidi gestione e tantomeno avviate azioni di tute-la e conservazione specifiche.

I pesci sono certamente un importante indica-tore di qualità delle acque interne e anche perquesto sono considerati, insieme a flora ac-quatica e macroinvertebrati, tra gli elementiqualitativi per la classificazione dello stato e-cologico delle acque superficiali, quindi siaper fiumi che per laghi, della Direttiva quadroacque 2000/60/CE (allegato V); la comunitàittica viene considerata nella sua composizio-ne, abbondanza e struttura. Attualmente vi èun ampio dibattito sulle metodiche da utiliz-zare per la valutazione della componente itticanell’ambito della Direttiva 2000/60/CE per-ché ancora non vi sono metodi ampiamenteaccettati. Anche in Italia sono stati presentatialcuni metodi o indici, spesso tra loro moltodifferenti (Scardi, Tancioni, 2007; Forneris etal.2006; Zerunian, 2004a) e sui quali la co-munità scientifica non è ancora concorde. Ildibattito è ancora sostanzialmente fermo suun piano teorico e ciò che è indispensabile edurgente è una fase di sperimentazione che po-trebbe essere avviata subito in un significativocampione di corpi idrici e verificare l’attendi-bilità dei metodi, la loro praticità e praticabi-lità la rispondenza con gli obiettivi della nor-mativa europea. Val la pena comunque avan-zare alcune considerazioni sugli approcci cheseguono gli indici o metodi attualmente in di-scussione: ve ne sono almeno due che posso-no essere ricondotti ad un approccio “natura- W

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Fig. 8. Carpa (foto Andrea Agapito Ludovici)

Grafico 3. Incidenza delle diverse cause di minaccia per i Pesci d’acqua dolce italiani; in molti casi per una specieconcorrono diversi tipi di minaccia (Zerunian, 2002)

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Alterazione deglihabitat

Inquinamentodelle acque

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Pesca eccessiva Pesca illegale Introduzionedelle specie aliene

Cause naturali

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a) a specie indigene che presentano unadiversità ambientale;

b) a specie la cui presenza è giudicata auspi-cabile per la gestione delle acque dallecompetenti autorità degli Stati membri.”(comma3, art.1)

È evidente che una specie alloctona come unlucioperca o sandra, sebbene possa ricoprireun ruolo trofico simile al luccio nostrano, nonpuò avere lo stesso valore complessivo.Inoltre, anche se in modo ancora del tuttoinsufficiente, la normativa italiana si staorientando verso il controllo delle speciealloctone presenti e il divieto di introdurnealtre; infatti, ad esempio, nelle aree SIC oZPS è vietata l’introduzione di specie allocto-ne e dovrebbero essere attivate misure digestione e salvaguardia delle popolazioni dispecie prioritarie autoctone (DPR 120/2003).Inoltre, molti regolamenti di pesca provincialivietano espressamente, una volta pescati, ilrilascio di specie alloctone, arrivando a pre-scriverne la soppressione.

Risulta, quindi, necessaria una lettura nonmiope ma integrata della normativa per inter-pretarla nel senso più compiuto e complesso egarantire nel modo più adeguato il raggiungi-mento degli obiettivi di interesse pubblico.

listico – conservazionistico” (Forneris et al.,2006; Zerunian, 2004a), mentre uno utilizzale reti neurali e privilegia un approccio “eco-logico – funzionale” (Scardi, Tancioni, 2007).I primi sono “naturalistici” perché rispondonoa conoscenze legate alle Scienze Naturali e“conservazionistici” perché tengono conto deiprincipi di conservazione della natura e con-sentono un approccio integrato anche con al-tre normative europee come la già citata Di-rettiva Habitat. L’approccio “ecologico – fun-zionale” dà invece risalto ai ruoli ecologici ri-coperti dalle specie ittiche considerate, comead esempio quello trofico, senza dare peso al-l’autoctonia - alloctonia delle specie.

In attesa che venga promossa una seria speri-mentazione scientifica, ci si consenta di soste-nere che un approccio “naturalistico – con-servazionistico” permette una maggiorecoerenza con gli orientamenti complessividella politica ambientale dell’UnioneEuropea, non solo in relazione alla correttaapplicazione delle Direttive 2000/60/CE e92/43/CE, ma anche in relazione alla piùrecente Direttiva 2006/44/CE sulla qualitàdelle acque dolci che richiedono protezionee miglioramento per essere idonee alla vitadei pesci. Infatti, questa direttiva “mira a pro-teggere o migliorare la qualità delle acquedolci correnti o stagnanti in cui vivono opotrebbero vivere, qualora l’inquinamentofosse ridotto o eliminato, pesci appartenenti:

Fig. 10. Luccio (foto Andrea Agapito Ludovici)

Fig. 9. Lucioperca (foto Andrea Agapito Ludovici)

2 Ad esempio Sono state redatte le “linee guida per la gestione della pesca in Lombardia nel triennio 2005/2007”.3 L’allevamento estensivo è quello praticato nelle valli da pesca e nelle lagune costiere e l’alimentazione deriva preva-

lentemente dalla rete alimentare naturale, mentre quello intensivo, che rappresenta la principale fonte di produzioneper l’acquacoltura, si avvale di bacini artificiali di dimensioni relativamente ridotte ad alta concentrazione di pesci econ fornitura diretta di mangime.

4 Pesci che regolarmente migrano dall’acqua dolce alla marina e viceversa.

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Un’adeguata tutela e gestione delle acquee degli ecosistemi acquatici può essere

garantita considerando il livello di bacinoidrografico, come sancito dalla ex legge sulladifesa del suolo del 1989 n.183 e come ribadi-to dalla Direttiva quadro acque 2000/60/CE –in gran parte inapplicata in Italia - e dalla piùrecente Direttiva del Parlamento Europeo edel Consiglio sulla valutazione e gestione delrischio alluvionale (2007/60/CE), e promuo-vendo una corretta integrazione con le altrepolitiche ambientali e territoriali. Tra queste,in primis, le normative legate alla conserva-zione della natura riconducibili alla Direttiva“Habitat”, 92/43/CE, o più specificatamente diprotezione della fauna ittica come la direttiva2006/44/CE.

Le Autorità di distretto previste dalla Direttiva2000/60/CE ricalcano, più o meno fedelmente,il principio con cui sono state istituite leAutorità di bacino a seguito della legge183/89. Questi soggetti hanno certamentecostituito una novità positiva nell’ambito dellapianificazione territoriale italiana. Composteda Stato e Regioni si sono rivelate dei tavoli diconfronto continui tra istituzioni che, anche sea volte loro malgrado, hanno collaboratoinsieme soprattutto per far fronte al diffusodissesto idrogeologico. Certamente le variecalamità ed eventi straordinari, susseguitisi trala fine degli anni ’80 e i ’90, hanno “aiutato”le Autorità a redigere Piani stralcio per le fascefluviali, Piani di assetto idrogeologico, pro-grammi d’intervento o schemi previsionaliprogrammatici. E negli anni sono stati ancheintrodotti meccanismi di maggior coinvolgi-mento degli enti locali grazie, ad esempio, alleConferenze programmatiche previste dallaL.365/00.

Le Autorità di bacino sono divenute un sog-

getto estremamente importante, in quanto cro-cevia di interessi diffusi ed esigenze di cate-gorie e, soprattutto, come punto di raccolta edelaborazione di conoscenze indispensabili perdisegnare una visione unitaria di bacino sullaquale definire un progetto condiviso e ancheper consentire il raggiungimento del buonostato ecologico delle acque superficiali, comerichiesto dalla Direttiva 2000/60/CE.Purtroppo in questi ultimi anni le Autorità dibacino hanno perduto gran parte delle lorofunzioni a causa di alcune azioni che nehanno minato alla base la capacità propositivaed operativa. Va ricordato innanzitutto ilDlgs.152/99 che ha delegato le Regioni allaredazione dei Piani di tutela delle acque,senza garantire un adeguato livello di coordi-namento delle Autorità nei territori omogeneicostituiti dai bacini idrografici. Un altro aspetto negativo ha riguardato lerisorse economiche: la legge 179 del 2002 hamodificato pesantemente il sistema di pro-grammazione delle risorse destinate agliinterventi e alle opere sul territorio, di fatto W

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132. Il governo delle acque e le autoritàdi distretto

Fig. 11. Piave (progetto Plavis WWF GdF). Lamancanza di un governo a livello di bacino idrograficioporta allo sfruttamento del territorio fino ad incidereprofondamente sulla sua funzionalità ecologica elasciando poche possibilità al recupero ambientale.(foto Plavis WWF GdF)

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esautorando l’attività dei Comitati istituziona-li delle Autorità di bacino, i quali, da allora,non effettuano più la ripartizione su basetriennale delle risorse, secondo gli interventiindividuati dai piani di bacino (o loro stralci).Inoltre, dal 2004, proprio a seguito dellanovella legislativa, non sono più stati trasferi-ti fondi per le attività istituzionali (fondistudi) e ciò ha comportato un lento ma inevi-tabile rallentamento delle attività, che con-durrà alla perdita di una competenza cosiimportante come quella che veniva svoltadalle autorità di bacino. Si è, inoltre, verifica-ta (tra il 2006 e il 2007) una grave mancanzadi risorse per le spese di parte corrente, che hagenerato una articolata situazione debitorianelle Autorità che, oltre a sviluppare ulteriorispese (interessi e oneri legali), ha reso troppodifficoltoso lo svolgimento dei compiti istitu-zionali. A ciò si aggiunga il Decreto delMinistero dell’Ambiente della Tutela delTerritorio e del Mare (2006/632) per la“Definizione ed attivazione del PianoStrategico Nazionale per la Mitigazione delrischio idrogeologico. Annualità 2006”, chedi fatto rivede la pianificazione del rischioidrogeologico bypassando le Autorità di baci-no e individuando Regioni ed enti locali comedestinatari di fondi (219.854.000,00 euro) perinterventi che possono essere realizzati ancheal di fuori delle aree a rischio individuate daipiani delle autorità di bacino (basati su studi evalutazioni peraltro già acquisite e condivisecon gli enti locali!). Infatti, l’articolo 3 dellostesso decreto recita che “le aree oggettod’intervento, ove già non lo siano, dovrannoessere comprese nei piani stralcio per l’asset-to idrogeologico in corso di predisposizione,predisposti, adottati o vigenti”.

Infine, anche il cosiddetto codice dell’am-biente, il Dlgs.152/06, che ha rivisto, nella suaparte III, l’intera legislazione su acque, difesadel suolo e desertificazione, e ha, almeno inteoria, recepito la Direttiva 2000/60/CE, inrealtà genera più confusione che altro (l’iden-tificazione dei distretti idrografici è stataespressamente criticata dalla CommissioneEuropea) 5. Le criticità di questo Decreto legi-

slativo sono state affrontate dal GovernoProdi con un’apposita Commissione di revi-sione che però non è riuscita ad concludere ilsuo lavoro per la parte III.

Gli sforzi negli anni ’90, dovuto all’applica-zione della legge sulla difesa del suolo,L.183/89 o della “Galli”, L.36/94 o della“Cutrera” L.37/94, per cercare di pianificare eavviare una gestione ordinaria, secondo prin-cipi di prevenzione e sostenibilità, sono statiin gran parte vanificati dallo scempio didecreti, leggine, norme transitorie e quant’al-tro che hanno favorito e favoriscono solo ilcontinuo ricorso alla dichiarazione di “stato diemergenza”, sempre più frequente in questiultimi anni, ogni qualvolta la situazione escedalla norma.

In questo quadro, piuttosto sconfortante,dovrebbero essere correttamente attuatediverse direttive europee, come la Direttivaquadro acque 2000/60/CE, la direttiva rischioalluvionale 2007/60/CE, la direttiva per la“qualità delle acque dolci per la protezione omiglioramento per essere idonee alla vita deipesci” 2006/44/CE, la direttiva “Habitat”92/43/CE che, come si è detto, sono in parteinapplicate (l’unica è la direttiva Habitat cheoltre ad essere stata ratificata è in via di appli-cazione anche se con notevoli problemi).

È evidente che è necessario e urgente rilancia-re un governo pubblico della risorsa idricabasato su una pianificazione di bacino idro-grafico che permetta di coniugare e raggiun-gere gli obiettivi di qualità della Direttiva“quadro acque”, di sicurezza della direttiva“rischio alluvionale” e di conservazione delleDirettive “Habitat” e “Qualità delle acquedolci per la protezione o miglioramento peressere idonee alla vita dei pesci”.

L’esigenza di riaffermare il ruolo centraledelle Autorità di bacino e/o distretto peravviare piani di gestione di bacino idrografi-co, attraverso percorsi partecipati e sulla basedi conoscenze approfondite e condivise, perregolamentare l’uso della risorsa in funzioneW

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delle reali disponibilità idriche e degli obietti-vi di qualità previsti dalla Direttiva2000/60/CE, è molto diffusa tra i più diversi“stakeholder”, come è anche emerso anchenella tavola rotonda “Riflessioni e considera-zioni degli operatori del settore”, nell’ambitodella Conferenza internazionale organizzatadal WWF Italia (Torino 23 novembre 2007),“Il ruolo dell’economia nella gestione del-l’acqua. la Direttiva quadro acqua e l’analisieconomica”, alla quale hanno partecipato rap-presentanti di: ANBI (Associazione nazionaleBonifiche ed Irrigazioni), Coldiretti,Assoelettrica, Mineracqua, Federutility,Contratto Mondiale dell’Acqua, RegionePiemonte e, ovviamente, WWF 6.

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5 http://www.wwf.it/UserFiles/File/WWF%20Cosa%20Facciamo/Acque/Fiumi_a_rischio_autorit_di_bacino.pdf6 Il materiale della Conferenza è scaricabile dal sito: http://www.wwf.it/acque nella sezione Acque ed economia

Fig. 13. Cavedano alla misurazione (foto AndreaAgapito Ludovici)

Fig. 12. Censimento con elettrostorditore (foto AndreaAgapito Ludovici)

Fig. 14. Luccio alla “pesa” (foto Andrea AgapitoLudovici)

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Fig. 15. Carta sintetica delle aree prioritarie identificate dal WWF. In blu le aree italiane identificate all’internodell’Ecoregione Alpi, in giallo le aree identificate nell’ecoregione Mediterraneo Centrale; in verde sono le areeprioritarie identificate in Lombardia e Veneto nella pianura padano - veneta.

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Lo sforzo per conservare le espressionirappresentative della biodiversità legate

ai diversi ecosistemi naturali presenti sulnostro pianeta, ha portato il WWF a coinvol-gere numerosi esperti del mondo scientificoper identificare le più importanti ecoregioni datutelare, ovvero quelle più rappresentativedegli habitat terrestri, d’acqua dolce e marinidel mondo. Sono così state identificate 238ecoregioni, l’insieme delle quali è chiamato“Global 200”. Tra queste ve ne sono due che interessano di-rettamente l’Italia: l’ecoregione MediterraneoCentrale e l’Ecoregione Alpi.

Successivamente (2006), attraverso un meto-do di “expert based”, che ha visto il coinvolgi-mento di numerosi esperti naturalisti ed ecolo-gi, sono state individuate le aree prioritarie perla conservazione della biodiversità all’internodelle due ecoregioni. Per le Alpi ne sono statericonosciute 24 mentre per l’ecoregioneMediterraneo Centrale 36.Sono stati poi avviati processi analoghi diidentificazione di aree prioritarie anche in pia-nura padana (con le Regioni Lombardia eVeneto), funzionali a garantire una visione alivello di bacino idrografico e per meglio defi-nire eventuali azioni di connessione e rinforzotra le due ecoregioni confinanti.

Uno degli obiettivi più importanti è quello di“assicurare la tutela e la gestione sostenibiledegli ecosistemi fluviali e lacustri di interesseecoregionale“, come espressamente previstonella biodiversità vision per l’ecoregioneMediterraneo centrale, e l’ittiofauna è unadelle componenti fondamentali di cui tenerpresente in modo prioritario nella definizionedei Piani d’azione delle aree prioritarie identi-ficate.

Le dieci specie di pesci, di seguito illustrate,sono quelle su cui è necessaria un’azione diconservazione prioritaria e quindi urgente eche possono ben rappresentare un primo elen-co su cui fondare una efficace tutela degli e-cosistemi acquatici. Per ogni specie sono de-scritti sinteticamente gli aspetti geonemici,l’habitat caratteristico, sono richiamate alcunebrevi note biologiche e vi è una parte specialesui “Rapporti con l’uomo e la conservazione”(in gran parte le schede sono tratte da Zeru-nian- 2003, 2004)Nell’Ecoregione Alpi, allargata alla pianurapadano–veneta, ci sono diverse specie itticheprioritarie endemiche o sub endemiche comela Lampreda padana, lo Storione cobice, laTrota marmorata, il Carpione del Garda,Ghiozzetto cenerino, il Panzarolo, il Ghiozzopadano (inopinatamente introdotto in alcunicorsi d’acqua del centro Italia), vi sono poi ilTriotto, Alborella, la Savetta, il Barbo canino,il Cobite mascherato che hanno popolazionipiù o meno isolate anche nell’EcoregioneMediterraneo centrale.Esclusive dell’ecoregione Mediterraneo cen-trale vi sono la Lampreda di ruscello, la Ro-vella, l’Alborella meridionale, la Trota ma-crostigma, il Carpione del Fibreno, il Ghiozzodi ruscello.Comuni invece ad entrambe le ecoregioni visono alcune specie endemiche come il Vairo-ne, la Lasca, il Barbo, il Cobite e il Ghiozzet-to di laguna.

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173. Dieci pesci a rischio

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Geonemia La specie è endemica nella regionePadana. La gran parte del suo areale ricade inItalia: è presente nel versante alpino del baci-no del Po, in Veneto, in Friuli-Venezia Giuliae, con una popolazione isolata,nell’Appennino marchigiano (fiume Potenza).È stata recentemente segnalata anche nel ver-sante adriatico della Slovenia e in Dalmazia.

Habitat La Lampreda padana vive esclusiva-mente nelle acque dolci: si riproduce nei trattimedio-alti dei corsi d’acqua, anche in piccoliruscelli con acque limpide e fresche, su fon-dali ghiaiosi; svolge la fase larvale nei trattipiù a valle dei corsi d’acqua, o nelle aree ripa-riali dove la corrente è moderata, infossata neisubstrati sabbiosi o fangosi. Vive anche nellerisorgive. Poiché si tratta di una specie ste-noecia, necessita di una buona qualità dell’ac-qua e più in generale dell’ambiente.

Note di biologia È un ciclostomo bentonico ditaglia piccola (la lunghezza totale massima èdi circa 20 cm nelle larve prima della meta-morfosi, e poco meno negli adulti), che svol-ge l’intero ciclo biologico nelle acque dolci.Le conoscenze sulla sua biologia sono scar-sissime. La riproduzione ha luogo tra gennaioe marzo, con modalità probabilmente simili aquelle della Lampreda di ruscello (L. planeri).In quest’ultima specie la deposizione deigameti ha luogo in piccole buche ovali scava-te su fondali ghiaiosi alla profondità di pochidecimetri, preferibilmente in aree ombreggia-te. La fase larvale dura 4-5 anni: come in tuttii Ciclostomi la larva, chiamata “ammocete”,ha la bocca a forma di ferro di cavallo e occhinon visibili perché ricoperti dalla pelle; viveinfossata nella sabbia o nel fango e si nutre,mediante filtrazione dell’acqua, di microrga-nismi e tra essi soprattutto diatomee.Raggiunta la lunghezza di 20 cm circa ha

luogo la metamorfosi, accompagnata da unarapida maturazione delle gonadi. Gli adulti,che vivono 6-8 mesi, non assumono cibo(manca quindi la fase parassita tipica deiCiclostomi migratori) e si spostano all’internodei corsi d’acqua alla ricerca dei substrati ido-nei alla deposizione dei gameti. L’attivitàriproduttiva dipende strettamente dalla tempe-ratura, ma non sono noti i valori ottimali perquesta specie. Poco tempo dopo la riprodu-zione, gli individui muoiono.

Rapporti con l’uomo e conservazione L’a-reale della Lampreda padana ha subito un’e-vidente contrazione nel nostro paese in segui-to all’estinzione locale, o consistenti decre-menti, di numerose popolazioni. Le causemaggiormente responsabili dei depaupera-menti riguardano le alterazioni degli habitat:canalizzazioni ed altri interventi sugli alvei,come i prelievi di ghiaia, che provocano lascomparsa delle idonee aree di frega; inquina-mento delle acque e dei substrati in mezzo aiquali viene svolta la fase larvale; abbassa-mento delle falde, con conseguente diminu-zione di portata delle risorgive. Anche lapesca, condotta in alcune località con sistemidistruttivi sia a carico degli ammoceti chedegli adulti in fase riproduttiva, è responsabi-le della rarefazione di questa specie in alcunidei nostri corsi d’acqua. Sembrano essereinfine deleteri i massicci ripopolamenti aSalmonidi, in quanto le trote immesse caccia-no attivamente le lamprede, soprattutto allostadio larvale. Localmente è oggetto di consu-mo; viene anche utilizzata come esca nellapesca sportiva ai pesci predatori.Lampetra zanandreai è riportata nellaDirettiva 92/43/CEE tra le “specie animali evegetali d’interesse comunitario la cui conser-vazione richiede la designazione di zone spe-ciali di conservazione” (all. II) e tra le “specieW

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18 Lampreda padanaLampetra zanandreai (Vladykov, 1955)

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animali e vegetali d’interesse comunitario ilcui prelievo nella natura e il cui sfruttamentopotrebbero formare oggetto di misure digestione” (all. V). È inoltre elencata fra lespecie particolarmente protette nellaConvenzione di Berna (all. II). Gli interventiper la conservazione di questa specie, cherisultano piuttosto urgenti in considerazionedell’evidente contrazione dell’areale, riguar-dano in primo luogo la tutela della naturalitàdei corsi d’acqua e il controllo dell’inquina-mento.

È inoltre auspicabile l’istituzione di aree pro-tette fluviali laddove sono presenti popolazio-ni che hanno ancora una buona consistenzanumerica. Sono infine indispensabili ricerchesulla biologia e l’ecologia di questo preziosoendemismo padano, così come il monitorag-gio dello stato delle popolazioni. Sono ipotiz-zabili reintroduzioni nei corsi d’acqua dove siè verificata l’estinzione locale.

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Fig. 16. Lampreda padana (foto Simone Rossi)

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Geonemia L’areale è simile a quello dellaLampreda di fiume: comprende tutta l’Europasettentrionale e parte dell’Europa centrale, piùun’area mediterranea che va dal bacino delFiume Rodano (in Francia) a quello delFiume Sele (in Campania). In Italia è presentein tutte le regioni peninsulari tirreniche finoalla Campania; è, inoltre, nota una popolazio-ne presso le sorgenti del Fiume Pescara.

Habitat La Lampreda di ruscello vive esclusi-vamente nelle acque dolci: si riproduce neitratti medio-alti dei corsi d’acqua, anche inpiccoli ruscelli con acque limpide e fresche,su fondali ghiaiosi; svolge la fase larvale neitratti più a valle dei corsi d’acqua, o nelle areeripariali dove la corrente è moderata, infossa-ta nei substrati sabbiosi o fangosi. Poiché sitratta di una specie stenoecia, necessita di unabuona qualità dell’acqua e più in generaledell’ambiente.

Note di biologia È un ciclostomo bentonico ditaglia piccola (la lunghezza totale massima èdi circa 20 cm negli ammoceti prima dellametamorfosi, e poco meno negli adulti), chesvolge l’intero ciclo biologico nelle acquedolci. Alle nostre latitudini la riproduzione haluogo in tarda primavera, su fondali ghiaiosi,alla profondità di pochi decimetri. I gametivengono deposti in piccole buche ovali di 15-20 cm di diametro e 5-10 cm di profondità,site preferibilmente in aree ombreggiate. Ladeposizione dei gameti si protrae per diversigiorni. Alla schiusa delle uova le larve vengo-no trasportate passivamente nei tratti dei corsid’acqua dove la corrente è meno veloce; quivivono per 3-7 anni infossate nella sabbia onel fango nutrendosi per filtrazione di alghe,principalmente diatomee, e di altri microrga-nismi. Raggiunta la lunghezza di circa 20 cmha luogo la metamorfosi, accompagnata da

una rapida maturazione delle gonadi. Gliadulti non assumono cibo (manca quindi lafase parassita), e si spostano all’interno deicorsi d’acqua alla ricerca dei substrati idoneialla deposizione dei gameti. L’attività ripro-duttiva dipende strettamente dalla temperatu-ra, richiedendo il raggiungimento di 10-11°C;il periodo in cui ha luogo, compreso tramarzo e luglio, varia perciò nelle diverse partidell’areale. Poco tempo dopo la riproduzionegli individui muoiono.

Rapporti con l’uomo e conservazione L’arealedella Lampreda di ruscello ha subìto un’evi-dente contrazione nel nostro paese in seguitoall’estinzione locale, o consistenti decrementi,di numerose popolazioni. Le cause maggior-mente responsabili riguardano le alterazionidegli habitat: canalizzazioni ed altri interventisugli alvei, come i prelievi di ghiaia, che pro-vocano la scomparsa delle idonee aree difrega; inquinamento delle acque e dei substra-ti in mezzo ai quali viene svolta la fase larva-le. Anche la pesca, condotta in alcune localitàcon sistemi distruttivi sia a carico degliammoceti che degli adulti in fase riproduttiva,è responsabile della rarefazione di questa spe-cie in alcuni dei nostri corsi d’acqua.Sembrano essere, infine, deleteri i massicciripopolamenti a Salmonidi, in quanto le troteimmesse cacciano attivamente le lamprede,soprattutto allo stadio larvale.

Lampreda di ruscelloLampetra planeri (Bloch, 1784)

Fig. 17. Lampreda di ruscello (foto Sergio Zerunian)

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Localmente è oggetto di consumo; viene an-che utilizzata come esca nella pesca sportivaai pesci predatori. Nella Lista rossa dei Pescid’acqua dolce indigeni in Italia viene conside-rata “in pericolo”. Lampetra planeri è riporta-ta nella Direttiva 92/43/CEE tra le “specie ani-mali e vegetali d’interesse comunitario la cuiconservazione richiede la designazione di zonespeciali di conservazione” (all. II); è, inoltre,elencata fra le specie protette nella Con-venzione di Berna (all. III).

Gli interventi per la conservazione di questaspecie riguardano in primo luogo la tuteladella naturalità dei corsi d’acqua e il controllodell’inquinamento. È inoltre auspicabile l’isti-tuzione di aree protette fluviali laddove sonopresenti popolazioni che hanno ancora unabuona consistenza numerica. È necessario ilmonitoraggio dello stato delle popolazioni, esono infine ipotizzabili reintroduzioni neicorsi d’acqua dove si è verificata l’estinzionelocale.

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Fig. 18. Oasi WWF Sorgenti del Pescara (foto Andrea Agapito Ludovici)

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Geonemia. La specie è endemica nel bacinodel Mare Adriatico, dove frequenta le costesettentrionali e orientali. Nelle acque internel’areale storico riguarda soprattutto i principa-li corsi d’acqua dell’Italia settentrionale(fiumi Po, Adige, Brenta, Livenza, Piave eTagliamento); altre popolazioni sono note inDalmazia (fiumi Cetina e Narenta) e nel lagodi Scutari.

Habitat Lo Storione cobice è un migratoreanadromo ed è perciò eurialino. In mare occu-pa le aree in prossimità degli estuari, soprat-tutto quelle con fondali fangosi e sabbiosi, a10-40 m di profondità; non si allontana dallalinea di costa. Per la riproduzione risale ifiumi di maggiori dimensioni; la sua valenzaecologica nelle acque interne sembra esserediscreta, potendo vivere e forse anche ripro-dursi in diverse condizioni ambientali.

Note di biologia È un pesce di taglia grande,ma inferiore rispetto alla gran parte degliAcipenseridi (la lunghezza massima è di 200cm circa, anche se raramente supera i 140-150 cm e il peso di 25-30 kg); oltre che per lataglia, si distingue dal congenerico Acipensersturio per il diverso profilo della testa che,osservata dorsalmente o ventralmente, nelnaccarii ha il profilo più arrotondato. Glistudi sulla sua biologia riproduttiva, interes-santi anche per fini gestionali e conservazio-nistici, hanno evidenziato la possibilità che loStorione cobice possa svolgere l’intero ciclobiologico in acqua dolce. Negli Acipenseridiesistono tre diverse modalità di svolgimentodel ciclo biologico: specie o popolazioni checompiono l’intero ciclo in acqua dolce; specieo popolazioni che si riproducono in acquadolce e permangono a lungo nelle acqueinterne, accrescendosi nelle acque salmastredegli estuari; specie o popolazioni che si

riproducono in acqua dolce e che raggiungo-no rapidamente il mare dopo la deposizionedei gameti. Lo Storione cobice appartiene alsecondo gruppo, ma qualche popolazionepotrebbe mostrare tendenze e capacità a vive-re come gli Acipenseridi del primo gruppo.La dieta, studiata nei fiumi Po e Ticino suesemplari di lunghezza compresa fra 30 e 130cm, comprende esclusivamente invertebratibentonici. Gli esemplari di maggiori dimen-sioni si nutrono anche di pesci. Non c’èdimorfismo sessuale. Scarsissime sono leconoscenze sulla riproduzione: il periodoriproduttivo ricade in primavera (maggio egiugno), ma può interessare anche la primaparte dell’estate; la deposizione dei gametiavviene in acque ferme o moderatamente cor-renti presso le rive, e sembra che possa averluogo anche in acque salmastre a poca distan-za dal mare.

Rapporti con l’uomo e conservazione La spe-cie è oggetto di pesca professionale ed èpotenzialmente allevabile in piscicoltura perfini commerciali. Lo Storione cobice è unodei pesci indigeni nelle acque dolci italianeche corrono i maggiori rischi di estinzione.Tutte le popolazioni hanno subìto una fortecontrazione demografica, dovuta a: pesca pro-fessionale, che fino agli anni ’80 è stata eser-citata anche su esemplari in età pre-riprodutti-va; alla costruzione di dighe, che impedisco-no il raggiungimento delle principali aree difrega; all’inquinamento delle acque e, più ingenerale, al degrado degli habitat. La sua pre-senza in Italia è oggi limitata al bacino del Poe, in misura inferiore, ai principali fiumi delVeneto; risulta però in drastica diminuzionequasi ovunque. Acipenser naccarii è riportatonella Direttiva 92/43/CEE tra le “specie ani-mali e vegetali d’interesse comunitario la cuiconservazione richiede la designazione di zone

Storione cobiceAcipenser naccarii Bonaparte, 1836

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speciali di conservazione” (all. II); insieme adA. sturio è il solo pesce d’acqua dolce italianoelencato nella stessa direttiva anche tra le“specie che richiedono una protezione rigoro-sa” (all. IV). Acipenser naccarii è inoltre elen-cato fra le specie particolarmente protettenella Convenzione di Berna (all. II), ed èriportato nell’allegato B dei regolamenticomunitari sul commercio di fauna e flora sel-vatiche nel rispetto della Convenzione diWashington (CITES). Per la conservazione diquesto importante subendemismo della faunaitaliana sono urgenti concrete misure: il divie-to temporaneo di pesca; la costruzione di pas-saggi per pesci in prossimità delle dighe o, in

alternativa, la realizzazione di aree di fregaartificiali subito a valle dei principali sbarra-menti; interventi finalizzati a ridurre l’inqui-namento delle acque; ripopolamenti (tale atti-vità è in corso dalla metà degli anni ’90 inalcuni fiumi della Lombardia e dal 1999 inalcuni fiumi del Veneto) e reintroduzioni. Levarie tipologie d’intervento dovrebbero essereinserite in uno specifico piano d’azione checomprenda anche ricerche su alcuni aspettifondamentali della biologia e dell’ecologiadella specie, nonché il monitoraggio delladistribuzione e dello stato delle singole popo-lazioni.

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Fig. 19. Storione cobice (foto Simone Rossi)

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Geonemia È un subendemismo italiano.L’areale originario comprende le regionipeninsulari tirreniche, la Corsica, la Sardegna,la Sicilia e la parte occidentale del Nord-Africa. In Italia il maggior numero di popola-zioni è presente nella Sardegna centro-orien-tale e Sicilia sud-orientale e due sole popola-zioni nel Lazio.

Habitat La Trota macrostigma vive nei trattialti dei corsi d’acqua di tipo mediterraneo,che hanno origine da sistemi montuosi dimedia altitudine o da risorgive carsiche postealla base di essi; questi ambienti sono caratte-rizzati da acque limpide e moderatamentecorrenti, fondo ghiaioso, temperature normal-mente comprese fra 10 e 17 °C, discreta pre-senza di vegetazione macrofitica. Nella zona-zione dei corsi d’acqua italiani è una dellespecie tipiche della Zona dei Salmonidi.Mostra una discreta valenza ecologica che glipermette di sopravvivere anche in condizioninon ottimali, come quelle riscontrabili nelperiodo estivo nei piccoli corsi d’acqua medi-terranei.

Note di biologia È un pesce di taglia media(la lunghezza totale massima è normalmentedi 45-50 cm e il peso di 1,2-1,5 kg; sono perònote catture di esemplari di taglia maggiore,fino a 2-3 kg), la cui biologia è poco cono-sciuta. Si nutre soprattutto di larve e adulti diinsetti, sia acquatici che terrestri, e altri inver-tebrati. Non c’è dimorfismo sessuale. Ladeposizione dei gameti è stata osservata indicembre e gennaio in Sicilia, in febbraio emarzo nel Lazio; le aree di frega sono situatein acque basse e correnti, con fondo ghiaiosoe libero da vegetazione subacquea. Il suoriconoscimento può avvenire sulla base deiseguenti caratteri della livrea presenti nel loroinsieme nello stesso individuo: 9-13 grandi

macchie ellissoidali grigiastre lungo la regio-ne mediana di ciascun fianco, quelle anterioritalvolta sdoppiate o frammentate; macchierotondeggianti nere sui fianchi, parte dellequali provviste di alone chiaro; grossa mac-chia nera nella regione opercolare, sul preo-percolare subito dietro l’occhio o più poste-riormente sull’opercolare; colorazione dellapinna adiposa e delle piccole macchie grigia-stra o bruna, mai rossa.

Rapporti con l’uomo e conservazione Nel suoareale italico questo Salmonide corre un altorischio di estinzione per numerose cause:eccessive captazioni idriche e inquinamentodelle acque (fenomeni particolarmente negati-vi nei piccoli corsi d’acqua tipici dell’areamediterranea); artificializzazione degli alveifluviali, come cementificazioni e rettificazio-ni, e prelievi di ghiaia che distruggono le areedi frega; eccessiva attività di pesca sportiva efenomeni di bracconaggio (che possono risul-tare deleteri negli ambienti lotici di piccoledimensioni); competizione alimentare, “inqui-namento genetico” e diffusione di patologieda parte delle Trote fario introdotte, spesso inmodo massiccio, a vantaggio della pescasportiva. Queste cause hanno prodotto nume-rose estinzioni locali, sia per il progressivodepauperamento delle popolazioni, sia attra-verso la perdita delle caratteristiche genetiche

Trota macrostigma Salmo (trutta) macrostigma Duméril, 1858

Fig. 20. Trota macrostigma (foto Sergio Zerunian)

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e fenotipiche del taxon in seguito all’ibrida-zione. È il caso del fiume Ninfa, in provinciadi Latina: recentissime osservazioni (ottobre2003) hanno documentato il grave declinodella popolazione ivi presente, che è oggi sul-l’orlo dell’estinzione in primo luogo a causadell’ibridazione con trote alloctone. Salmo(trutta) macrostigma è riportata nella Direttiva92/43/CEE tra le “specie animali e vegetalid’interesse comunitario la cui conservazionerichiede la designazione di zone speciali diconservazione” (all. II). La Regione Sardegnaha istituito il divieto di pesca alla Trotamacrostigma su tutto il territorio. Gli inter-venti di conservazione per questo taxon devo-no essere impostati e portati avanti in piùdirezioni: tutela dei tratti dei corsi d’acquacaratterizzati da habitat idonei, con particola-re attenzione per le zone dove non sono com-promessi gli elementi morfologici e fisicinecessari alla riproduzione; riduzione della

pressione di pesca, mediante opportune limi-tazioni e divieti (nel caso di popolazioni chepresentano una buona consistenza numerica,un compromesso accettabile potrebbe esserequello di consentire la pesca sportiva “no-kill”); divieto di ripopolare con Salmonidialloctoni i corsi d’acqua dove è ancora pre-sente la Trota macrostigma, effettuando iripopolamenti solo con materiale selezionatoe proveniente da piscicolture specializzate;reintroduzione nei corsi d’acqua dove si èverificata l’estinzione locale nel corso delNovecento. È poi auspicabile l’istituzione diaree protette fluviali laddove sono presentipopolazioni pure di Trota macrostigma; sono,infine, necessarie ricerche tassonomiche sumateriale proveniente dalle varie parti dell’a-reale, con il fine di individuare i caratteri dicui tener conto nei programmi operativi diconservazione, nonché ricerche sulla biologiae l’ecologia.

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Fig. 21. Trota macrostigma (disegno di Titti De Ruosi)

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Geonemia L’unica popolazione di cui è costi-tuita la specie vive nel lago di Posta Fibreno,nel versante tirrenico dell’Italia centrale(Provincia di Frosinone). Si tratta quindi di unendemismo con distribuzione puntiforme.

Habitat Il Carpione del Fibreno svolge il suociclo biologico in un piccolo lago (circa 27 hadi superficie e 15 m di profondità) che ha ori-gine da sorgenti pedemontane alimentate daun bacino imbrifero carsico. Il lago, in consi-derazione del rapido ricambio d’acqua dovutoalla consistente portata delle sorgenti (mediaannuale di circa 11 mc/sec), può essere consi-derato un ambiente lotico con acque modera-tamente correnti; esse hanno una trasparenzapressoché totale e la temperatura costante-mente intorno a 10 °C. Questo Salmonideoccupa le parti più profonde del bacino equelle prossime alle sorgenti, direttamente incomunicazione con il sistema carsico sotterra-neo, dove i substrati sono pietrosi o ghiaiosi.Mostra una preferenza per le aree povere diluce. Frequenta anche i piccoli torrentiimmissari del lago, probabilmente per motivitrofici, ma solo occasionalmente è stato osser-vato nel primo tratto del corso d’acqua emis-sario.

Note di biologia È un pesce di taglia piccola,mostrando valori in lunghezza e in peso (nor-malmente 17-18 cm e 60-70 g; eccezional-mente fino a 22-23 cm e 130-150 g) che sonotra i più bassi all’interno della famigliaSalmonidae. La conoscenza della sua biologiaè piuttosto scarsa e riguarda solo alcuni aspet-ti della riproduzione; la specie è comunquestenoecia e sembra piuttosto specializzata. Ilciclo vitale è probabilmente breve, forse solodi due-tre anni. Nessun dato è noto sull’accre-scimento, né sull’alimentazione. La maturitàsessuale è raggiunta a taglie estremamente

ridotte, quando gli animali hanno probabil-mente un solo anno di età: i maschi sono ses-sualmente maturi già alla lunghezza di 11-12cm (peso medio 20 g circa), le femmine giàalla lunghezza di 13-14 cm (peso medio 40 gcirca). Non c’è dimorfismo sessuale. La ripro-duzione ha luogo su fondali ghiaiosi e pietro-si. La fecondità assoluta appare molto bassa,in relazione alla grande dimensione delleuova e alla ridotta taglia massima raggiuntadalle femmine. Nessuna osservazione è statacompiuta sul comportamento riproduttivo. Lastagione riproduttiva è molto lunga andandoda ottobre ad aprile, con un picco in dicembree gennaio. Ciò probabilmente è dovuta alfatto che, seppur ciascuna femmina abbia unperiodo di deposizione breve e ben definito,risulta esserci una grande variabilità nel cicloovarico tra i vari individui. Anche nei maschiè stata osservata una situazione simile.

Rapporti con l’uomo e conservazione IlCarpione del Fibreno è ad alto rischio diestinzione, sia per cause naturali che percause antropiche. Le prime dipendono dallepiccole dimensioni del bacino in cui vive, cheper motivi spaziali e trofici impone limitibassi alla consistenza numerica dell’unicapopolazione che costituisce la specie. Le prin-cipali minacce antropiche sono invece l’alte-razione dell’habitat (tra la fine degli anni ’60e i primi anni ’70 il bacino lacustre è statoparzialmente riempito con pietrame e mate-riale edilizio di scarto, che ha ridotto laprofondità massima da circa 25 metri ai 15attuali), la pesca eccessiva e la pesca illegale.La pesca per motivi di consumo veniva eser-citata soprattutto in passato ma, purtroppo,questa pratica è in uso ancora oggi. Anche leimmersioni subacquee effettuate durante ilperiodo riproduttivo possono creare problemi.Inspiegabilmente Salmo fibreni non compareW

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26 Carpione del FibrenoSalmo fibreni Zerunian e Gandolfi, 1990

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tra gli animali protetti dalla Direttiva92/43/CEE e dalla Convenzione di Berna.Trattandosi di una specie stenoecia a distribu-zione puntiforme, il Carpione del Fibrenodovrebbe avere priorità assoluta di conserva-zione, insieme al suo habitat. Il bacino dovevive il Carpione del Fibreno è il cuore diun’area protetta della Regione Lazio: laRiserva Naturale Lago di Posta Fibreno la cuigestione deve maggiormente tener conto dellaconservazione del patrimonio biologico, per-

manendo così alcune delle minacce antropi-che menzionate. Per garantire la sopravviven-za di questo Salmonide, così come degli altriimportanti elementi faunistici presenti nellariserva, è necessaria una gestione che consi-deri come prioritari gli obiettivi della conser-vazione, anche in armonia con le finalità dellalegge quadro nazionale sulle aree protette (L. n° 394/1991). Sono, infine, necessari studisu vari aspetti poco noti o sconosciuti dellabiologia e dell’ecologia della specie.

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La trota del Sagittario

La Trota del Sagittario è un Salmonide descritto nella prima metà del Novecento e riscoperto solo loscorso anno (Zerunian e Ruggieri, 2007). Potrebbe trattarsi di una semispecie del complesso Salmotrutta endemica nel versante medio-adriatico della penisola italiana, classificabile come S. (trutta)ghigii Pomini, 1941. Il ritrovamento negli ultimi 25 anni di taxa sconosciuti o dimenticati dallascienza, testimonia l'importanza faunistica e conservazionistica dei Pesci d'acqua dolce d'Italia (fotoSergio Zerunian)

Fig. 22. Carpione del Fibreno (disegno di Titti De Ruosi)

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Geonemia È un subendemismo italiano. Lagran parte del suo areale comprende l’Italiasettentrionale: affluenti alpini del Po, Veneto,Trentino e Friuli-Venezia Giulia; è presentecon popolazioni indigene anche nel versanteadriatico della Slovenia, in Dalmazia, inMontenegro e in Albania.

Habitat La Trota marmorata vive nei trattimedi e medio-alti dei corsi d’acqua, dovericerca acque limpide, fresche (temperaturenormalmente inferiori a 16 °C) e ben ossige-nate, con fondali ciottolosi e ghiaiosi.Preferisce i fiumi di maggiore portata, anchein relazione alle loro più consistenti disponi-bilità trofiche, e situazioni dove ai tratti conacqua corrente si alternano tratti con bucheprofonde: gli adulti hanno una spiccata prefe-renza per le zone con maggiore profondità ecorrente moderata; i giovani, anche per sfug-gire alla predazione esercitata dagli esemplaripiù grandi, preferiscono le zone con profon-dità minore e corrente veloce. È in grado divivere anche nei bacini lacustri, da dove risalei corsi d’acqua immissari per la riproduzione.

Note di biologia È un pesce predatore ditaglia grande (raggiunge normalmente la lun-ghezza totale di 80-85 cm e il peso di 6-7 kg;sono però documentate taglie molto maggiori,fino a 1,4 m e quasi 30 kg). Nei primi due-treanni di vita la dieta è composta da larve diinsetti, crostacei, oligocheti e spesso anche diinsetti adulti che cattura alla superficie del-l’acqua. A età più avanzate inizia a predarepesci (Scazzoni, Sanguinerole, Vaironi, picco-le trote, ecc), mostrando in modo sempre piùevidente la tendenza all’ittiofagia con l’au-mentare della taglia. Il dimorfismo sessuale èminimo ed è visibile solo nel periodo ripro-duttivo, quando i maschi assumono una colo-razione nerastra nella parte inferiore del capo

e nella regione ventrale. La riproduzione haluogo soprattutto nei mesi di novembre edicembre. Gli individui sessualmente maturiricercano in questo periodo i tratti dei corsid’acqua che presentano le caratteristiche ido-nee alla deposizione dei gameti: aree poste inacque poco profonde (20-80 cm), con mode-rata velocità della corrente (0,4-0,8 m/sec) efondo ghiaioso. Sembra che la natura geologi-ca dei substrati dove ha luogo la deposizionesia molto importante: risulterebbero idoneesolo rocce dure che formano ghiaie della giu-sta granulometria per la deposizione delleuova e per la loro successiva ossigenazionefavorita dalla circolazione dell’acqua fra gliinerti. La deposizione dei gameti avrebbe,inoltre, luogo nelle ore serali, prevalentemen-te nei periodi di luna nuova.

Rapporti con l’uomo e conservazione LaTrota marmorata è uno dei pesci più ambitidai pescatori sportivi in Italia settentrionale; èperciò attivamente ricercata, e ciò determinauna forte pressione di pesca con conseguentidepauperamenti nelle popolazioni. È minac-ciata da numerose altre attività antropiche:artificializzazione degli alvei fluviali, comecementificazioni e rettificazioni, e prelievi dighiaia che distruggono le aree di frega; ecces-sive captazioni idriche; variazioni di portatadei fiumi conseguenti alla produzione di ener-gia elettrica che, quando si verificano duranteil periodo riproduttivo, distruggono uova eavannotti; inquinamento delle acque. Laminaccia più consistente per questoSalmonide è però rappresentata dalle intera-zioni con le Trote fario introdotte, spesso inmodo massiccio, a vantaggio della pescasportiva: “inquinamento genetico”, competi-zione alimentare, diffusione di patologie.Tutte queste cause hanno provocato l’estin-zione locale in varie parti dell’areale, sia perW

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28 Trota marmorataSalmo (trutta) marmoratus (Cuvier, 1817)

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il progressivo depauperamento delle popola-zioni, sia attraverso la perdita delle caratteri-stiche genetiche e fenotipiche del taxon inseguito all’ibridazione.Salmo (trutta) marmoratus è riportato nellaDirettiva 92/43/CEE tra le “specie animali evegetali d’interesse comunitario la cui conser-vazione richiede la designazione di zone spe-ciali di conservazione” (all. II). Gli interventidi conservazione per questo taxon devonoessere impostati e portati avanti in più dire-zioni: tutela dei tratti dei corsi d’acqua carat-terizzati da habitat idonei necessari alla ripro-duzione; riduzione della pressione di pesca,mediante opportune limitazioni e divieti (nelcaso di popolazioni che presentano una buona

consistenza numerica, un compromessoaccettabile potrebbe essere quello di consenti-re la pesca sportiva “no-kill”); divieto di ripo-polare con Salmonidi alloctoni i corsi d’acquadove è ancora presente la Trota marmorata,effettuando i ripopolamenti solo con materia-le selezionato e proveniente da piscicolturespecializzate; reintroduzione nei corsi d’ac-qua dove si è verificata l’estinzione locale. È,infine, auspicabile la piena attuazione di alcu-ni specifici piani d’azione già redatti e finaliz-zati alla conservazione, nonché l’istituzionedi aree protette in alcuni dei corsi d’acquadove sono presenti popolazioni pure di Trotamarmorata.

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Fig. 23. Trota marmorata (foto Simone Rossi)

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30 Programma di conservazione della Trota marmorata nel fiume Adda

Nel 1999 è stato avviato un programma di conservazione della Trota marmorata, attraverso un accor-do tra le Province di Cremona e Lodi, la Sezione provinciale di Lodi dello Spinning Club Italia el’Associazione Pescatori Sportivi e Subacquei Lodigiani, con la saltuaria collaborazione delle Pro-vince di Lecco e Milano e della sezione provinciale FIPSAS di Cremona. È stato possibile, innanzi-tutto, raccogliere, su base pluriennale, numerosi dati (come ad esempio il numero e la distribuzionedei nidi) legati alla biologia riproduttiva della Trota marmorata, al fine di comprenderne lo stato disalute nel bacino del fiume Adda sublacuale. Il reperimento di una notevole quantità di informazionisia di carattere biologico che ambientale (Lombardi et Al., 2003, 2005 e 2006; Lombardi e Rossi,2004; Rossi et Al., 2007) ha consentito di adottare opportune pratiche gestionali mirate prioritaria-mente alla conservazione degli habitat, alla rimozione delle criticità di origine antropica e alla tuteladella produzione naturale delle popolazioni selvatiche di trota. Il principio base che regola le attivitàdel programma è quello di promuovere la capacità delle popolazioni di autosostenersi. Solo seconda-riamente è stata data importanza ad una logica produttiva, basata sia sul recupero delle uova in a-sciutta sia su attività di fecondazione artificiale a partire da riproduttori selvatici appartenenti al baci-no dell’Adda, con lo scopo di integrare la produzione naturale nelle zone in cui essa, per eccessivepressioni antropiche, tende a subire una riduzione dei tassi di sopravvivenza di uova e avannotti.

Analisi del trend riproduttivo della trota marmorataLo stato delle popolazioni di Trota marmorata è oggetto di monitoraggio annuale con particolar at-tenzione al censimento delle deposizioni (nidi), eseguito ogni anno a partire dal 1999. È così risulta-to che la popolazione di trote nelle porzioni fluviali da Cassano d’Adda a Lodi è in grado di autoso-stenersi. Inoltre, nel corso degli anni si è assistito ad un incremento del numero di nidi censiti, conun massimo nella stagione 2005/06. Negli anni 2000/01 e 2002/03, il verificarsi di eventi eccezionalidi piena durante il periodo riproduttivo delle trote (collocabile tra fine novembre e Natale) ha deter-minato una alterazione dei processi di deposizione. Analizzando il trend riproduttivo a monte e avalle (fino a Lodi) della derivazione del canale Vacchelli si è notata una progressiva crescita nelleporzioni superiori del fiume cui si contrappone una relativa stabilità di risultati in quelle inferiori. Intali aree la mancata crescita della popolazione di trote è probabilmente imputabile alle maggiori con-dizioni di stress idrico oltre che al peggioramento qualitativo delle acque. Particolarmente grave èpoi la situazione della Trota marmorata a valle di Lodi, tanto che la specie è attualmente da ritenersiquasi estinta nei tratti in oggetto. Tra le possibili cause di questo declino vi è l’incremento dei valoritermici delle acque e la progressiva diffusione del siluro.

Analisi dello status geneticoUna recente ricerca (Forneris e Lucarda, 2006) condotta su soggetti selvatici catturati lungo l’astaprincipale dell’Adda (Province di Cremona e Lodi) e sul canale Vacchelli ha consentito di analizzareil profilo genetico delle popolazioni di Trota marmorata. Confrontando i dati raccolti nell’autunno2003 con quelli rilevati nello scorso decennio, il quadro che si delinea per il fiume Adda pare disostanziale miglioramento per quanto riguarda la Trota marmorata e la conservazione dell’originariaidentità genetica. Alcuni campioni studiati alcuni anni fa e provenienti dalle acque in provincia diMilano presentavano alcune caratteristiche genetiche, sotto il profilo mitocondriale e sotto quellonucleare, difficilmente giustificabili secondo una logica naturale attendibile di tipo zoogeografico edistributivo. L’esiguità dei dati a suo tempo raccolti aveva consentito solamente di ipotizzare chealcuni anni prima vi fosse stata l’immissione di Trota marmorata, o verosimilmente ibridi di marmo-ratus, provenienti da altri distretti e da altri bacini. Viceversa la situazione recentemente riscontratasul corso dell’Adda in località Rivolta d’Adda, Spino d’Adda e sul canale Vacchelli, pare decisamentemigliore e maggiormente spiegabile in termini zoogeografici e della distribuzione naturale della spe-cie. Tale dato costituisce la base per le future politiche gestionali, che devono ricondursi sempre allalogica dell’identità di bacino idrografico onde evitare di perdere le peculiarità intrinseche alle popo-lazioni selvatiche dell’Adda che costituiscono ancora oggi importanti tasselli di biodiversità.

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Uova di Trota marmorata (foto Andrea AgapitoLudovici)

Recupero di uova di Trota marmorata sull’Adda - gennaio 2008 (foto Andrea Agapito Ludovici)

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32 Nidi di trota marmorata da Cassano a Lodi, suddivisi in due sottotratti

Avannotto di Trota marmorata a sacco vitellinoquasi riassorbito.

(Testo di Simone Rossi)

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Geonemia La specie è costituita dalla solapopolazione del lago di Garda. Si tratta quindidi un endemismo con distribuzione puntifor-me.

Habitat Il Carpione del Garda necessita diacque fredde, limpide e ben ossigenate. Nellago di Garda occupa per la gran parte del-l’anno la zona pelagica, soprattutto del medioe del basso lago, spingendosi spesso a profon-dità di 100-200 metri; nei mesi invernali, inrelazione alla riproduzione, si sposta invecenella parte settentrionale del bacino.

Note di biologia È un pesce gregario di mediataglia (normalmente la lunghezza totale mas-sima è di 35-40 cm e il peso di circa 500 g;eccezionalmente può arrivare a 50 cm e 1000g), che può essere considerato stenoecio e dicui si hanno solo modeste conoscenze biolo-giche. L’alimentazione è prevalentementezooplanctofaga. Gli esemplari nati nello stes-so anno possono essere distinti in due gruppidi taglia diversa, in relazione ai due diversiperiodi riproduttivi estivo e invernale (vedipiù avanti). L’età massima sembra essere 5anni. Il Carpione ha una doppia riproduzionenell’arco dell’anno: un primo periodo ripro-duttivo si avrebbe in luglio-agosto, un secon-do in dicembre-febbraio. Osservazioni com-piute nella seconda metà degli anni ’80 hannoportato invece a ipotizzare per il Carpione delGarda un solo lungo periodo riproduttivo, cheva dall’estate all’inverno; luglio-agosto edicembre-febbraio sarebbero solo due picchidell’attività riproduttiva. Esisterebbero duediverse aree in cui vengono deposti i gameti:nei mesi invernali la riproduzione ha certa-mente luogo nella parte alta del lago, nei mesiestivi la riproduzione avrebbe luogo soprat-tutto sulla dorsale sommersa che interessa ilcentro e il basso lago. I gameti vengono depo-

sti in acque limpide e ben ossigenate, su fon-dali rocciosi o ghiaiosi, a profondità compre-se fra 50 e 200 metri. Ogni femmina deponecirca 2000 uova per chilogrammo di peso.Nel periodo riproduttivo si evidenzia ildimorfismo sessuale, che riguarda esclusiva-mente la livrea: mentre le femmine manten-gono la colorazione grigio-argentea, i maschiassumono una colorazione grigio scuro, conriflessi bronzei e pinne nerastre.

Rapporti con l’uomo e conservazione IlCarpione del Garda è una specie ad alto ri-schio di estinzione, principalmente per causeantropiche. Queste consistono in primo luogonell’eccessivo sforzo di pesca, esercitato negliultimi decenni anche in periodo riproduttivo ea carico di esemplari non maturi sessualmen-te. Altri elementi negativi sono il degradoqualitativo delle acque del lago, dovuto a dif-fusi fenomeni di inquinamento urbano; com-petizione alimentare con altre specie zoo-planctofaghe. Oltre alle cause antropiche cisono cause naturali che pongono in una con-dizione di rischio la sopravvivenza della spe-cie, legate all’esistenza di un’unica popola-zione. Inspiegabilmente Salmo carpio noncompare tra gli animali protetti dalla Direttiva92/43/CEE e dalla Convenzione di Berna.

Carpione del Garda Salmo carpio Linnaeus, 1758

Fig. 24. Carpione del Garda (foto Sergio Zerunian)

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Trattandosi di una specie stenoecia a distribu-zione puntiforme, il Carpione del Gardadovrebbe invece avere priorità assoluta diconservazione, insieme al suo habitat. Per laconservazione di questa specie sono necessa-rie urgenti misure volte a ridurre l’inquina-mento del lago di Garda, e all’applicazione dinorme più restrittive dell’attività di pescavalide sull’intero territorio lacustre che ammi-nistrativamente interessa le RegioniLombardia e Veneto e la Provincia autonomadi Trento. Sono poi auspicabili misure di tute-la rigorosa delle aree di frega e, per produrrerisultati positivi in tempi brevi, interventi diripopolamento. Sono infine necessari studi sualcuni aspetti poco noti della biologia e del-l’ecologia.

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Fig. 25. Carpione del Garda (disegno di Titti De Ruosi)

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Geonemia È un endemismo della regionePadana, il cui areale originario comprendevatutta la fascia delle risorgive dell’alta pianuraa nord del Po, dalla Lombardia al Friuli-Venezia Giulia. È stata recentemente scopertauna popolazione isolata in Dalmazia (fiumeMatica) ma classificata come sottospecie a sestante: K. Punctatissima croatica.

Habitat Il Panzarolo è un Gobide tipico degliambienti di risorgiva, caratterizzati da acquelimpide e ben ossigenate, moderatamente cor-renti, con temperatura quasi costante nelcorso dell’anno, fondo sabbioso e discretafrequenza di vegetazione macrofitica.Trattandosi di una specie stenoecia, necessitadi una buona qualità dell’acqua e più in gene-rale dell’ambiente.

Note di biologia È un pesce bentonico ditaglia molto piccola (la lunghezza totale mas-sima raggiunta dai maschi, che sono un po’più grandi delle femmine, è di 5,5 cm), la cuibiologia è poco conosciuta. Il ciclo vitale duradue-tre anni. Si nutre di piccoli invertebratibentonici. L’accrescimento è rapido e lamaturità sessuale è raggiunta, in entrambi isessi, al primo anno di età. Il dimorfismo ses-suale è molto evidente e, oltre la taglia,riguarda la papilla genitale (corta e rotondeg-giante nella femmina, allungata e conica nelmaschio) e la livrea: nel maschio risaltanouna serie di strette bande brune sui fianchi,una colorazione complessivamente scuradurante il periodo riproduttivo, una macchiaocellare nera seguita da una più piccolaentrambe circondate da un’area iridescentesulla prima pinna dorsale, due fasce scure tra-sversali sulla prima pinna dorsale; nella fem-mina sono evidenti piccole macchie bruneirregolari sui fianchi e, poco prima delladeposizione delle uova, la colorazione gialla

del ventre. La stagione riproduttiva è moltolunga, e va da febbraio a giugno. Come nellamaggior parte dei Gobidi, in questo periodo ilmaschio diventa territoriale e difende conforza un riparo entro cui avverrà la deposizio-ne dei gameti e una piccola area circostante.Ciascuna femmina depone 100-300 uova perdue o tre volte nella stessa stagione riprodutti-va. Il maschio esercita cure paterne fino allaschiusa che, alla temperatura di 18-20 °C, haluogo dopo 10-12 giorni dalla fecondazione.Appena nati i piccoli stazionano sul fondo perun paio di giorni, fino al completo riassorbi-mento del sacco vitellino; passano quindi acondurre vita pelagica per 35-40 giorni,durante i quali si cibano di plancton, prima diassumere definitivamente le abitudini bento-niche.

Rapporti con l’uomo e conservazione IlPanzarolo è una specie in pericolo, in primoluogo per le trasformazioni ambientali (cam-biamento dell’uso del suolo verso forme diagricoltura intensiva, abbassamento dellafalda, ecc.) che hanno portato alla distruzionedella gran parte delle risorgive dell’altaPianura Padana; è inoltre molto sensibileall’inquinamento delle acque. Queste cause W

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35PanzaroloKnipowitschia punctatissima(Canestrini, 1864)

Fig. 26. Panzarolo (Foto Simone Rossi)

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hanno determinato numerose estinzioni locali,tanto che l’areale è in forte contrazione ed èmolto frammentato. InspiegabilmenteKnipowitschia punctatissima non compare tragli animali protetti dalla Direttiva 92/43/CEEe dalla Convenzione di Berna. Trattandosi diuna specie stenoecia con un areale piuttostolimitato, il Panzarolo necessita assolutamentedi strumenti di protezione. Gli interventi perla conservazione di questa specie, che risulta-no piuttosto urgenti in considerazione dell’e-vidente contrazione dell’areale, riguardano inprimo luogo la tutela degli ambienti di risor-

giva e il controllo dell’inquinamento. È inoltre auspicabile l’istituzione di aree pro-tette laddove sono presenti popolazioni chehanno ancora una buona consistenza numeri-ca. Sono infine indispensabili ricerche sullabiologia e l’ecologia di questo prezioso ende-mismo padano, così come il monitoraggiodello stato delle popolazioni. Dopo aver effet-tuato auspicabili interventi di ripristino ecolo-gico, sono ipotizzabili reintroduzioni in alcunidegli ambienti dove si è verificata l’estinzionelocale.

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Fig. 27. Panzarolo (disegno di Titti De Ruosi)

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Geonemia È un endemismo italiano presentenei sistemi idrografici tirrenici della Toscana,dell’Umbria e del Lazio; il limite settentriona-le è rappresentato dal fiume Serchio, quellomeridionale dal fiume Amaseno. Solo nellaparte alta del bacino del Tevere è però ancorapresente una certa continuità nella distribu-zione; nella maggior parte dell’areale le popo-lazioni risultano fortemente localizzate per-ché, in seguito a vari tipi di alterazione deglihabitat, ci sono state negli ultimi decenninumerose estinzioni locali.

Habitat Il Ghiozzo di ruscello vive nei corsid’acqua di piccola e media portata, caratteriz-zati da acqua limpida e ben ossigenata, e dafondali ciottolosi o ghiaiosi. I giovani, e fuoridal periodo riproduttivo anche le femmine,occupano prevalentemente le aree riparialidove l’acqua è poco profonda e la corrente èmoderata, mentre gli adulti preferiscono areedove la corrente è più vivace e sono presenticiottoli o sassi di alcuni decimetri quadrati disuperficie; questi ultimi rappresentano ele-menti indispensabili per le abitudini compor-tamentali e riproduttive della specie.Trattandosi di una specie stenoecia, necessitadi una buona qualità dell’acqua e più in gene-rale dell’ambiente.

Note di biologia È un pesce bentonico ditaglia piccola (la lunghezza totale massimaraggiunta dai maschi, che sono un po’ piùgrandi delle femmine, è di 11-12 cm), la cuibiologia è conosciuta solo in parte. Variecaratteristiche biologiche dimostrano un con-solidato adattamento alle condizioni relativa-mente stabili dei corsi d’acqua: ciclo vitalepluriennale, breve periodo riproduttivo, vitabentonica sia nella fase adulta che nella fasegiovanile. Si nutre di piccoli invertebrati ben-tonici, come larve di insetti, crostacei e oligo-

cheti. È probabile che la durata del ciclo vita-le sia di 3-4 anni. La maturità sessuale vieneraggiunta dalla maggior parte degli individuidi ciascuna popolazione, sia maschi che fem-mine, al primo anno di età, alla lunghezza di4-5 cm. Il dimorfismo sessuale riguarda lataglia (più grande nel maschio), la papillagenitale (corta e rotondeggiante nella femmi-ne, allungata e conica nel maschio), la dimen-sione della testa (più grande e larga nelmaschio, per il rigonfiamento delle regionipreopercolare e opercolare), la livrea nelperiodo riproduttivo. La riproduzione haluogo nei mesi di maggio e giugno, a tempe-rature dell’acqua comprese fra 15 e 18 °C.Ciascuna femmina depone 100-350 uova, aseconda della taglia. Il maschio esercita curepaterne fino alla schiusa, che alla temperaturadi 18 °C richiede 18-20 giorni. Appena nati ipiccoli si disperdono nell’ambiente, mostran-do subito abitudini bentoniche.

Rapporti con l’uomo e conservazione IlGhiozzo di ruscello è molto sensibile allealterazioni della qualità ambientale, ed in par-ticolare alle artificializzazioni degli alvei; èdanneggiato anche dagli eccessivi prelieviidrici, dall’inquinamento delle acque e dalla W

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37Ghiozzo di ruscelloGobius nigricans (Canestrini, 1867)

Fig. 28. Ghiozzo di ruscello (foto Sergio Zerunian)

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predazione esercitata sugli stadi giovanili daspecie alloctone come ad esempio le troteimmesse in modo massiccio a favore dellapesca sportiva. In alcuni corsi d’acquadell’Italia centrale, come ad esempio nelfiume Amaseno, un’altra minaccia è rappre-sentata dalla competizione con l’alloctonoGhiozzo padano, immesso accidentalmentecon i ripopolamenti a favore della pesca spor-tiva: la diffusione di quest’ultimo ha provoca-to una pericolosa contrazione demograficadella popolazione. Tutte queste cause hannodeterminato numerose estinzioni locali e ren-dono critica la sopravvivenza delle popolazio-ni ancora esistenti; l’areale, che già per causenaturali è di modeste dimensioni, è così inforte contrazione e risulta frammentato.Gobius nigricans è riportato nella Direttiva92/43/CEE tra le “specie animali e vegetalid’interesse comunitario la cui conservazione

richiede la designazione di zone speciali diconservazione” (all. II); è inoltre elencato frale specie protette nella Convenzione di Berna(all. III). Gli interventi per la conservazionedi questa specie, che risultano piuttostourgenti in considerazione dell’evidente con-trazione dell’areale, riguardano in primoluogo la tutela della naturalità dei corsi d’ac-qua e il controllo dell’inquinamento. È poinecessario vietare i ripopolamenti dei corsid’acqua con materiale raccolto in natura, ed èauspicabile l’istituzione di aree protette flu-viali laddove sono presenti popolazioni chehanno ancora una buona consistenza numeri-ca. È inoltre indispensabile il monitoraggiodello stato delle popolazioni di questo prezio-so endemismo dell’Italia centrale tirrenica.Sono, infine, ipotizzabili reintroduzioni neicorsi d’acqua dove si è verificata l’estinzionelocale.

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Fig. 29. Ghiozzo di ruscello (disegno di Titti De Ruosi)

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Geonemia Presenta un’ampia distribuzioneche comprende la parte settentrionaledell’Oceano Atlantico, Il Mar Baltico, il Maredel nord, il Mar Mediterraneo, Il Mar Nero, lagran parte dell’Europa (nei paesi orientaliperò è rara), e il Nord Africa occidentale. InItalia è rinvenibile nelle acque interne di tuttele regioni, con frequenza decrescente in rela-zione all’aumentare della distanza dal mare.La migrazione trofica nelle acque interne èmaggiore nelle regioni tirreniche ed insulari,rispetto a quelle ioniche ed adriatiche.

Habitat L’Anguilla è una specie con ampissi-ma valenza ecologica, in grado di vivere inuna straordinaria varietà di ambienti: acqueoceaniche (dove si riproduce) e marine costie-re; laghi costieri ed estuari; laghi interni ecorsi d’acqua dove preferisce acque calde,moderatamente correnti, ricche di vegetazio-ne e con substrato sabbioso o fangoso inmezzo al quale s’infossa.

Note di biologia È un pesce di taglia medio-grande (le femmine, più grandi dei maschi,raggiungono normalmente la lunghezza totaledi circa 60 cm e il peso di 0,5 kg: sono notiperò valori sensibilmente superiori, raggiuntiin condizioni eccezionali, fino a 130 cm edoltre 2 kg). L’anguilla è una specie migratricecatadroma. Si riproduce in mare e si accrescenelle acque interne, sia quelle salmastre deilaghi costieri e degli estuari, sia quelle dolcidei fiumi e dei laghi interni. La sua biologia èparticolarmente complessa e interessante.L’area di riproduzione si trova nel Mar deiSargassi, in Oceano Atlantico. Alla schiusadell’uovo l’aspetto del piccolo pesce è moltodiverso da quello dell’adulto, essendo a formadi foglia di salice e completamente depigmen-tato. Dopo essere stata trasportata passiva-mente dalle correnti marine, la larva subisce

una prima metamorfosi nelle aree costiere: ilcorpo assume una forma subcilindrica. In questo stadio ha luogo la migrazione nelleacque interne: in Italia ciò avviene tra ottobree febbraio. Qui la pelle diviene pigmentata el’animale assume gradualmente l’aspetto defi-nitivo. La specie mostra una straordinariaadattabilità alle diverse condizioni ambientalidelle acque interne, tollerando bene anchebasse concentrazioni di ossigeno. Ha abitudini lucifughe e mostra la sua massi-ma attività nelle ore crepuscolari e notturne.L’anguilla è un pesce carnivoro che ricercacibo sul fondo grazie all’olfatto particolar-mente sviluppato. La dieta non è specializzatae comprende ogni sorta di invertebrati bento-nici, soprattutto anellidi, crostacei e mollu-schi. Durante la fase trofica, in relazione alla colo-razione del corpo (bruno verdastro o marronesul dorso, giallastro sul ventre) gli individuivengono detti “anguille gialle”. Gli animaliche invece hanno completato l’accrescimentoe che iniziano a dirigersi verso il mare presen-tano una colorazione bruno-nerastra sul dorsoe argentea sul ventre e vengono perciò detti“anguille argentine”: a questo stadio l’intesti-no degenera e l’alimentazione viene sospesa.Non c’è dimorfismo sessuale. I maschi rag-giungono però prima la condizione di anguillaargentina per cui la taglia massima è sensibil-mente inferiore rispetto a quella delle femmine.Fra la tarda estate e l’autunno le anguilleargentine intraprendono la migrazione geneti-ca verso il Mar dei Sargassi: la maturità ses-suale viene raggiunta in mare durante lamigrazione. Dopo la riproduzione, che haluogo nel mese di marzo, gli individui muoio-no. Molti aspetti della biologia riproduttivadell’anguilla restano però ancora sconosciuti. W

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39Anguilla Anguilla anguilla (Linnaeus, 1758)

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Rapporti con l’uomo e conservazione In Italia,così come in altri paesi europei, l’Anguilla èuna delle specie più importanti per la pesca eper l’acquacoltura. Considerando la peculia-rità della sua biologia riproduttiva e le diffi-coltà tecniche che non consentono di effettua-re la riproduzione artificiale, tutti i giovaniindividui da destinare alla piscicoltura e alripopolamento vengono catturati in natura: ciòcontribuisce al depauperamento degli stockselvatici. Nel nostro paese la diminuzionedella presenza dei sub-adulti in fase trofica èdovuta in primo luogo alle dighe, che limitanola libera circolazione di questi pesci, penaliz-zando i tratti di acqua a monte di esse, ed allaintensa attività di cattura degli stadi giovanilieffettuata nelle aree estuariali negli ultimi

decenni per il rifornimento agli impianti e ibacini naturali di acquacoltura. L’inqui-namento industriale è invece responsabile deldepauperamento nelle aree costiere. Nono-stante i decrementi, l’Anguilla è uno dei pochipesci delle acque interne italiane che non è arischio di estinzione grazie all’ampia valenzaecologica, alla buona tolleranza rispetto adalcune tipologie d’alterazione ambientale(come l’inquinamento prodotto dagli scarichiurbani) e all’ampio areale. È però necessariauna regolamentazione in senso più restrittivodella cattura degli stadi giovanili in natura,che coinvolga tutti i paesi atlantici e mediter-ranei interessati alla migrazione trofica di que-sta specie.

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Fig. 30. Anguilla (foto Davide Agapito Ludovici)

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41Anguilla e CITES

Nella 14° Conferenza delle Parti della CITES (Convention on International TradeEndangered Species of Wild Fauna and Flora), svoltasi a L’AIA (giugno 2007), la Svezia, madovremmo dire l’Unione Europea, ha proposto ed ottenuto l’inclusione dell’Anguilla nel-l’appendice II (monitoraggio del commercio e gestione delle popolazioni), chiedendo allacomunità internazionale uno sforzo per la sua conservazione. La specie, considerata “quasia rischio” in Italia, considerata “critically endangered” dall’IUCN, registra un preoccupantedeclino delle popolazioni a livello globale da diversi decenni. Ciò è chiaramente emersoanche dal meeting organizzato dalla FAO del ICES/EIFAC Eel working group del 2006 dalquale, analizzando i trend di presenza di giovani individui fino al 2005, è risultato un decli-no pari al 95-99% dello “stock” originale. Ciò ha determinato la necessità di promuovereun’ampia azione volta alla tutela e gestione di questa specie e dei sistemi di acquicoltura chela vedono coinvolta per limitarne sia lo sfruttamento che il suo incontrollato commerciointernazionale. L’esportazione degli individui giovani per l’acquacoltura in Asia (ben lonta-no dall’areale naturale di distribuzione) comprende più del 50% del totale stimato (di lan-ding of glass eels) dalla seconda metà degli anni ‘90 ad oggi. I Paesi Europei devono comun-que impegnarsi in una protezione attiva dell’Anguilla anche attraverso la realizzazione edapplicazione di Piani a livello di bacino idrografico per la tutela delle popolazioni di questopesce. (testo di Massimiliano Rocco)

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La priorità per garantire una corretta esostenibile tutela e gestione degli ecosi-

stemi d’acqua dolce è senza dubbio rappre-sentata dal rilancio e dalla riorganizzazionedel governo pubblico della risorsa idrica(inteso come capacità delle istituzioni digestire e raccogliere le conoscenze, di pianifi-care, monitorare l’uso della risorsa in modocoordinato, efficace ed efficiente) a livello dibacino idrografico, secondo gli attuali orienta-menti dell’Unione Europea.

È necessario uno sforzo a livello istituzionaleper riaffermare una logica di pianificazione egestione integrata che consenta di raggiunge-re “il buono stato ecologico” dei corpi idricisuperficiali, attraverso politiche di prevenzio-ne, precauzione, tutela e conservazione deglihabitat. Si tratta, in pratica di applicare corret-tamente ed in modo coordinato ed integrato laDirettiva Quadro acque 2000/60/CE, la diret-tiva Rischio alluvioni 2007/60/CE, la direttivasulla qualità delle acque dolci che richiedonoprotezione o miglioramento per essere idoneealla vita dei pesci 2006/44/CE. Per questo c’èla necessità di rivedere completamente laparte III del Dlgs.152/06, il cosiddetto “codicedell’ambiente”, cogliendo l’occasione peravviare un confronto a livello nazionale sulladefinizione di regole nuove per la pianifica-zione e gestione della risorsa idrica e degliecosistemi acquatici.

Il WWF ritiene che una corretta, quanto dove-rosa, applicazione della Direttiva 2000/60/CEdebba avvenire innanzitutto nel rispetto delprincipio del “non deterioramento” previstoall’art.4, da applicarsi già su interventi e pianidi interventi ed infrastrutture in essere (Pianistrategici di mitigazione del rischio idrogeo-logicico…) e che hanno a che fare con i corpiidrici superficiali.

I soggetti che possono agire a livello di baci-no idrografico, come le Autorità di bacino e/odistretto, devono poter promuovere, coordi-nare e diffondere le conoscenze e i monito-raggi ambientali legati alla tutela e gestionedel “loro” territorio, devono poter pianificareo coordinare in modo efficace le pianificazio-ni degli enti locali appartenenti allo stessobacino idrografico. Per far tutto ciò devonoperò disporre di contributi economici adegua-ti al ruolo che ricoprono e direttamente loroelargiti.

È indispensabile evitare la continua frammen-tazione di regole e soggetti anche sugli stessicorsi d’acqua o bacini riguardo pesca, conces-sioni per l’agricoltura o per l’idroelettrico oaltro. Senza una politica omogenea non è pos-sibile garantire una gestione seria della risor-sa, ma si favorisce solo la continua e contro-producente dissipazione di risorse ed energie.

L’integrazione tra le politiche ambientalipotrebbe essere favorita anche da un maggiorcoinvolgimento e ruolo specifico dell’IstitutoNazionale per la Fauna Selvatica (art.7,L.157/92) che ha il compito “di censire ilpatrimonio ambientale costituito dalla faunaselvatica, di studiarne lo stato, l’evoluzione e irapporti con le altre componenti ambientali, dielaborare progetti di intervento ricostituivo omigliorativo sia delle comunità animali siadegli ambienti al fine della riqualificazionefaunistica del territorio nazionale…. di con-trollare e valutare gli interventi faunistici ope-rati dalle regioni o dalle Province autonome,di esprimere pareri tecnico-scientifici richiestidallo Stato, dalle regioni e dalle provinceautonome”. L’INFS, che si occupa di mammi-feri ed uccelli, in questi ultimi anni ha pubbli-cato anche contributi scientifici riguardantil’ittiofauna (Zerunian 2003, Zerunian 2004).W

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42 4. Conclusioni e proposte

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Riteniamo che possa essere di grande utilitàper le finalità di conservazione delle specie edelle comunità ittiche d’acqua dolce la crea-zione di un organo tecnico-scientifico simileall’INFS, che potrebbe chiamarsi IstitutoNazionale per la Fauna Ittica d’acqua dolce.Esso potrebbe essere una struttura operativasia per il monitoraggio faunistico delle popo-lazioni e delle comunità ittiche a livellonazionale, che per alcuni interventi di conser-vazione quali le reintroduzioni; potrebbe,inoltre, svolgere un ruolo di consulenza per leregioni e le province in materia di gestionedell’ittiofauna e definizione dei regolamentidi pesca. In alternativa, si potrebbe pensare diestendere le attuali competenze dell’INFS aipesci d’acqua dolce; in questo caso andrebbeovviamente integrato l’attuale quadro organi-co e strutturale.

Le connessioni tra la difesa del suolo, la tute-la della qualità delle acque e la conservazionedella natura sono sempre più strette ed inte-grate per cui è indispensabile prevedere strut-turalmente ed istituzionalmente che laAutorità di bacino/distretto collaborino congli Enti Parco, gli Enti di gestione dei SIC,l’INFS o il possibile nuovo Istituto Nazionaleper la Fauna Ittica e d’acqua dolce. Inoltre,c’è da considerare che un’azione di formazio-ne e coinvolgimento per i numerosissimipescatori d’acqua dolce potrebbe favorire unamaggiore e più diffusa consapevolezza eresponsabilizzazione nella tutela e gestionedelle acque; il coinvolgimento dei pescatori in

progetti di conservazione delle specie itticheautoctone è importante per la riuscita deglistessi progetti, in quanto i pescatori divengo-no parte attiva anche nei controlli e nei moni-toraggi sulle popolazioni di specie ittiche.

Tra gli aspetti di convergenza più urgenti vi è,senza dubbio, la necessità di promuovere unadiffusa azione di rinaturazione della rete idri-ca superficiale; si pensi solo alla recenteapprovazione (G.U. 2 febbraio 2008 seriegenerale n.28) della direttiva tecnica per gliinterventi di rinaturazione del Po, redatta aseguito dell’applicazione del Piano stralcioper l’assetto idrogeologico del bacino padano(approvato con D.P.C.M. 24/05/01). Un posi-tivo “inquinamento” di conoscenze consenti-rebbe di meglio definire e progettare gli inter-venti di recupero della continuità ecologicadei corsi d’acqua, affinché siano efficaci perla risalita dei pesci, piuttosto che il ripristinodi habitat di “frega” o piuttosto ancora diazioni per il controllo o l’eradicazione di spe-cie alloctone a forte impatto, come il Siluro.

Un approccio integrato può, inoltre, facilitarela realizzazione di Piani d’azione particola-reggiati per le specie ittiche a più alto rischiodi estinzione, come la Lampreda padana, loStorione cobice, il Carpione del Garda, ilCarpione del Fibreno, la Trota macrostigma,la Trota marmorata, il Panzarolo e il Ghiozzodi ruscello.

Inoltre, una lettura integrata delle problemati-che aiuta anche la corretta applicazione dellaDirettiva 2000/60/CE soprattutto nella sceltadi adeguate metodologie di valutazione emonitoraggio della componente ittica che,come si è visto, non possono non considerareil valore conservazionistico delle specie. È,quindi, necessario tener conto adeguatamentedella fauna ittica indigena e, tra essa, quellaendemica; pensiamo, infatti, che una valuta-zione basata su un approccio “ecologico –funzionale” può avvalorare scelte contrarie adaltre normative nazionali o europee, quali leDirettive 92/43/CE o 2006/44/CE. Una pienaapplicazione della Direttiva Habitat

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Fig.31. Tagliamento. Il fiume è oggetto di un devastanteprogetto di casse di espansione in uno dei tratti più bellitra tutti i fiumi alpini (foto Andrea Agapito Ludovici)

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(92/43/CEE), attraverso la realizzazione edattuazione dei Piani di gestione dei SIC, puòrappresentare un decisivo passo avanti nellatutela delle specie ittiche e degli habitat d’ac-qua dolce ed essere un importante strumentod’integrazione con le politiche di tutela delleacque e di difesa del suolo.

Infine, c’è l’esigenza di una integrazione eaggiornamento dell’Allegato II della Direttiva92/43/CE che consenta l’integrazione di spe-cie di assoluto pregio come gli endemitiCarpione del Garda, Carpione del Fibreno ePanzarolo.

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455. Bibliografia

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