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35 FOTOGRAFIA AEREA, RICOGNIZIONE AEREA, ARCHEOLOGIA AEREA La fotografia aerea è la tecnica che permette di docu- mentare i risultati della ricognizione aerea ed è una delle tecniche utilizzate (insieme alla fotointerpreta- zione, restituzione cartografica e grafica, schedatura descrittiva di tracce o altri elementi telerilevati) da quel settore di studi definito genericamente in Gran Bretagna “Archeologia Aerea”. L’Archeologia Aerea non è sotto ogni aspetto un soggetto autono- mo, benché offra capacità analitiche e conoscenze originali. I risultati di ricerche condotte con questi strumenti risultano essere molto più informativi se associati con altre metodologie dell’indagine archeologica quali ad esempio scavi, ricognizioni estensive, prospezioni geofisiche o con le tecniche di telerilevamento più innovative descritte nell’ultima parte di questo volume. In questo capitolo abbiamo preferito dedicare par- ticolare attenzione alla prospezione aerea piuttosto che all’analisi di fotografie verticali scattate per scopi non archeologici. Come precedentemente illustrato nel Capitolo 1, gli archeologi italiani hanno avuto la tendenza a concentrarsi su quest’ultimo campo, benché siano stati ottenuti notevoli successi tramite voli appositamente commissionati, come nel caso della ricerca della città di Spina (Fig. 1.9). In Gran Bretagna, al contrario, l’archeologia aerea ha avuto la tendenza a trarre lo spunto, insieme a un consistente numero di dati, dalla prospezione aerea eseguita in prima persona dagli stessi ar- cheologi, preferendo la fotografia obliqua a quella verticale. I ricchi archivi di fotografie verticali della Gran Bretagna non sono stati ignorati bensì am- piamente studiati, specialmente in tempi recenti. Queste fotografie rappresentano senza dubbio una risorsa imprescindibile (unitamente con le fotografie oblique) per la restituzione grafica del patrimonio archeologico a scale locali, regionali o nazionali. La maggiore risoluzione e ricchezza informativa offerta dalle fotografie oblique ha svolto un ruolo determinante nella documentazione di evidenze e nello stimolare la discussione di modelli e teorie storico-archeologiche relative a ogni periodo della storia e preistoria britannica. Impiegando entrambi i tipi di fotografia, verticale o obliqua, la risorsa archeologica è documentata attra- verso un maggior numero di immagini. La maggior parte dei documenti aerofotografici dovrebbero esse- re conservati negli archivi pubblici, ben catalogati e a nostro avviso accessibili sia agli archeologi e sia al grande pubblico in generale (in futuro ci auguriamo consultabili anche attraverso Internet). Le fotogra- fie consentono per loro natura molteplici usi, ma raggiungono il loro massimo potenziale quando le informazioni in esse contenute vengono estrapolate e trascritte in schede e soprattutto su base cartografica, il supporto informativo più comune per la diffusione dei dati archeologici. FOTOGRAFIE AEREE VERTICALI Le fotografie aeree verticali (Fig. 2.1, in basso) sono scattate il più delle volte da aeroplani specificamen- te attrezzati con sofisticati strumenti fotografici rivolti verso il terreno in direzione ortogonale o quasi rispetto al piano della pellicola. In passato le fotografie verticali avevano principalmente sco- po militare o cartografico. Attualmente vengono ampiamente utilizzate per altri compiti tra cui il monitoraggio ambientale, la pianificazione di nuove vie di comunicazione, la documentazione progressiva di grandi progetti infrastrutturali, ecc. L’aeroplano realizza il rilevamento attraverso più voli paralleli, scattando automaticamente fotografie con una o più macchine fotografiche a intervalli regolati, in maniera da ottenere che ogni fotografia venga a sovrapporsi alle vicine in tutte le direzioni, realizzando una totale copertura dell’area (Fig. 2.2). La sovrapposizione delle fotografie consente, tramite l’uso di stereoscopi di vario tipo, la visio- ne tridimensionale del territorio (Figg. 7.8, 7.9). Questa documentazione è fondamentale per la 2.1 Fotografie aeree oblique e verticali Veduta obliqua (sopra) e verticale (sotto) di una parte del territorio collinoso di Yorkshire occidentale in Inghilterra. Si veda inoltre Fig. 9.12. 2. RILEVAMENTO AEREO: VANTAGGI E LIMITI © 2005 All’Insegna del Giglio s.a.s., vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale

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FOTOGRAFIA AEREA, RICOGNIZIONE AEREA, ARCHEOLOGIA AEREA

La fotografia aerea è la tecnica che permette di docu-mentare i risultati della ricognizione aerea ed è una delle tecniche utilizzate (insieme alla fotointerpreta-zione, restituzione cartografica e grafica, schedatura descrittiva di tracce o altri elementi telerilevati) da quel settore di studi definito genericamente in Gran Bretagna “Archeologia Aerea”. L’Archeologia Aerea non è sotto ogni aspetto un soggetto autono-mo, benché offra capacità analitiche e conoscenze originali. I risultati di ricerche condotte con questi strumenti risultano essere molto più informativi se associati con altre metodologie dell’indagine archeologica quali ad esempio scavi, ricognizioni estensive, prospezioni geofisiche o con le tecniche di telerilevamento più innovative descritte nell’ultima parte di questo volume.In questo capitolo abbiamo preferito dedicare par-ticolare attenzione alla prospezione aerea piuttosto che all’analisi di fotografie verticali scattate per scopi non archeologici. Come precedentemente illustrato nel Capitolo 1, gli archeologi italiani hanno avuto la tendenza a concentrarsi su quest’ultimo campo, benché siano stati ottenuti notevoli successi tramite voli appositamente commissionati, come nel caso della ricerca della città di Spina (Fig. 1.9).In Gran Bretagna, al contrario, l’archeologia aerea ha avuto la tendenza a trarre lo spunto, insieme a un consistente numero di dati, dalla prospezione aerea eseguita in prima persona dagli stessi ar-cheologi, preferendo la fotografia obliqua a quella verticale. I ricchi archivi di fotografie verticali della Gran Bretagna non sono stati ignorati bensì am-piamente studiati, specialmente in tempi recenti. Queste fotografie rappresentano senza dubbio una risorsa imprescindibile (unitamente con le fotografie oblique) per la restituzione grafica del patrimonio

archeologico a scale locali, regionali o nazionali. La maggiore risoluzione e ricchezza informativa offerta dalle fotografie oblique ha svolto un ruolo determinante nella documentazione di evidenze e nello stimolare la discussione di modelli e teorie storico-archeologiche relative a ogni periodo della storia e preistoria britannica.Impiegando entrambi i tipi di fotografia, verticale o obliqua, la risorsa archeologica è documentata attra-verso un maggior numero di immagini. La maggior parte dei documenti aerofotografici dovrebbero esse-re conservati negli archivi pubblici, ben catalogati e a nostro avviso accessibili sia agli archeologi e sia al grande pubblico in generale (in futuro ci auguriamo consultabili anche attraverso Internet). Le fotogra-fie consentono per loro natura molteplici usi, ma raggiungono il loro massimo potenziale quando le informazioni in esse contenute vengono estrapolate e trascritte in schede e soprattutto su base cartografica, il supporto informativo più comune per la diffusione dei dati archeologici.

FOTOGRAFIE AEREE VERTICALI

Le fotografie aeree verticali (Fig. 2.1, in basso) sono scattate il più delle volte da aeroplani specificamen-te attrezzati con sofisticati strumenti fotografici rivolti verso il terreno in direzione ortogonale o quasi rispetto al piano della pellicola. In passato le fotografie verticali avevano principalmente sco-po militare o cartografico. Attualmente vengono ampiamente utilizzate per altri compiti tra cui il monitoraggio ambientale, la pianificazione di nuove vie di comunicazione, la documentazione progressiva di grandi progetti infrastrutturali, ecc. L’aeroplano realizza il rilevamento attraverso più voli paralleli, scattando automaticamente fotografie con una o più macchine fotografiche a intervalli regolati, in maniera da ottenere che ogni fotografia venga a sovrapporsi alle vicine in tutte le direzioni, realizzando una totale copertura dell’area (Fig. 2.2). La sovrapposizione delle fotografie consente, tramite l’uso di stereoscopi di vario tipo, la visio-ne tridimensionale del territorio (Figg. 7.8, 7.9). Questa documentazione è fondamentale per la

2.1 Fotografie aeree oblique e verticaliVeduta obliqua (sopra) e verticale (sotto) di una parte del territorio collinoso di Yorkshire occidentale in Inghilterra. Si veda inoltre Fig. 9.12.

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produzione di carte topografiche tramite tecniche di restituzione aerofotogrammetrica con strumen-tazioni analogiche o digitali (si veda in particolare PICCARRETA, CERAUDO 2000, pp. 48-72; Sguardo, pp. 94-102).Come abbiamo appena visto l’acquisizione di prese verticali comporta l’impiego di appositi velivoli di un equipaggiamento fotografico complesso che non può reagire con la dovuta tempestività all’evo-luzione delle condizioni di visibilità delle tracce archeologiche. A questo bisogna aggiungere che i costi della fotografia verticale sono estremamente elevati; le spese possono essere contenute solo quando le esigenze archeologiche coincidono con gli obiettivi di soggetti commerciali. Per queste ragioni le fotografie verticali sono solo occasional-mente commissionate dagli archeologi che predi-ligono, di norma, utilizzare fotografie verticali già esistenti, eseguite a scopo topografico o comunque non archeologico. Queste sono disponibili presso specifici archivi in grandi quantità anche se l’accesso al materiale fotografico non è sempre libero e in alcuni casi la scala di dettaglio risulta troppo pic-cola per gli obiettivi archeologici (sull’argomento si veda in particolare PICCARRETA, CERAUDO 2000, pp. 189-98). Le evidenze archeologiche appaiono in queste fotografie quasi sempre per caso, poiché pochi sono i voli eseguiti nel periodo dell’anno più idoneo per rilevare informazioni archeologiche e la luce è spesso troppo tenue per rendere in modo equilibrato l’effetto di luci e ombre (a tale proposito bisogna sottolineare che le caratteristiche stereosco-piche tendono a compensare questo aspetto). Una attenta analisi delle fotografie verticali (e oblique) di una vasta porzione territoriale, può richiedere la consultazione (a dipendenza della scala di dettaglio) di parecchie centinaia di immagini spesso conserva-te presso differenti archivi. Questo tipo di indagini richiede competenze, tempo e finanziamenti non sempre disponibili. Nonostante alcuni dei limiti

discussi le fotografie verticali costituiscono una fonte di informazioni indispensabile per l’archeo-logo, consentendo la localizzazione estremamente precisa delle evidenze e il riconoscimento di un certo numero di tipologie di siti. Le fotografie ver-ticali offrono allo studioso la visone sinottica del contesto indagato nell’istante dello scatto e quindi delle fasi di sviluppo documentate da varie riprese nel corso degli anni.

FOTOGRAFIE AEREE OBLIQUE

Le fotografie aeree oblique (Fig. 2.1, in alto) sono scattate con una marcata angolazione del piano della pellicola rispetto al piano del terreno, otte-nendo come risultato una visione prospettica simile a quanto avviene per fotografie scattate dalla cima di una collina o da un alto campanile. Per questa ragione sono facilmente leggibili sia dagli archeologi sia da non professionisti, offrendo un punto di vista inconsueto e privilegiato. Al contrario la fotografia verticale offre una visione “piatta” del territorio, restituendo un documento meno intuitivo e più difficile da capire.Le fotografie oblique sono solitamente scattate dagli stessi archeologi, o da piloti che hanno acquisito fa-miliarità con le evidenze archeologhe. Le fotografie oblique, il più delle volte, rappresentano vedute

2.2 Aerofotografie verticaliSchema ideale della rotta aerea e fotografie stereoscopiche. La fotografia verticale fornisce copertura totale dell’area di ricognizione, attraverso acquisizioni sistematiche di fotografie per strisciate. La sovrapposizione dei fotogrammi di almeno il 60% consente la visualizzazione tridimensionalmente del territorio tramite stereoscopio a specchi o portatile (Fig 7.8) Disegno modificato estratto dal manuale italiano più recente di aerofotografia archeologica (PICCARRETA,CERAUDO 2000, fig 34).

2.3 Volare ad alta quotaNelle giornate caratterizzate da eccellenti condizioni di visibilità gli archeologi aerei hanno l’opportunità di volare a quota più alta dell’usuale per documentare ampie porzioni di paesaggio registrando lo stato attuale oltre talvolta alle evidenze archeologiche, entrambe in stretta relazione con le peculiarità topografiche del contesto. Nella figura si possono osservare nel fondovalle un paesaggio fortemente parcellizzato al quale si contrappongono gli spazi aperti collinari (Galles meridionale).

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particolari e selezionate in volo dall’archeologo nel corso delle ricognizioni, per documentare qualcosa a cui si attribuisce un significato archeologico. Tutte le evidenze che l’archeologo non riesce a riconoscere – o non interpreta come archeologia – finiscono per non essere segnalate (se non per caso). Le fotografie oblique, per questa ragione, documentano solo un campione molto ridotto del territorio se paragonate alle prese verticali. Nel corso delle ricognizioni aeree ogni immagine obliqua – almeno in teoria – viene acquisita nelle migliori condizioni: punto di vista, visibilità, momento del giorno e dell’anno vengono scelte al fine di ottenere la migliore documentazione delle informazioni archeologiche o topografiche.Questo tipo di fotografia viene realizzato con comuni aeroplani da turismo, senza apportare alcuna mo-difica e utilizzando normali macchine fotografiche. Ciò comporta costi molto contenuti e un’organiz-zazione più semplice. Il costo totale di un’ora di volo, ipotizzando da cinque a un massimo di venti avvistamenti, è stimabile tra 250 e 500, incluse le spese per il materiale fotografico.Le fotografie aeree realizzate da archeologi do-cumentano elementi riconosciuti dall’archeologo nel momento dello scatto. Se l’archeologo che ha eseguito le riprese non partecipa alla successiva attività di restituzione grafica, dovrà essere assolu-tamente consultato, per quanto possibile, durante le operazioni di cartografia e la redazione della documentazione.

INTEGRAZIONE TRA FOTOGRAFIE VERTICALI E OBLIQUE

Sia le prese verticali sia le oblique sono caratterizzate da vantaggi e da limiti, ciò comporta l’impossibilità di sostituire l’una all’altra e viceversa. In ambito ar-cheologico e più in generale nelle Scienze della Terra è ben noto che la combinazione delle due tecniche di ripresa risulta molto efficace, consentendo di colmare molti dei rispettivi limiti. In Italia, a causa delle restrizioni aerofotografiche, agli archeologi è venuta a mancare la possibilità di acquisire fotografie oblique e quindi di sperimentare i benefici dell’inte-grazione delle fonti. Mentre la fotografia verticale ha raggiunto significative punte di eccellenze è man-cata la possibilità di volare e fotografare paesaggi ed emergenze nel momento giusto dell’anno e del giorno. Tra gli obiettivi principali di questa pubbli-cazione vi è l’intenzione di illustrare le conoscenze di base delle metodologie impiegate in quest’ultimo campo di ricerca. Inizialmente punteremo l’atten-zione sui principali fattori e sulle condizioni che gli archeologi aerei sfruttano per esplorare il paesaggio sottostante.

2.4 Sfruttamento della luce radenteVoli effettuati in prossimità del tramonto, al mattino presto o durante l’inverno (illuminazione bassa rispetto all’orizzonte) possono aiutare a individuare tracce da microrilievo precedentemente sfuggite. Il caso proposto è relativo a un’area collinare nel nordest del Galles. Nell’immagine sono evidenti le tracce scure di un hillfort dell’età del ferro, sulla sommità di una collina. Entrambi, un recinto rettangolare, in alto a destra, e una recinzione a doppio fossato, in primo piano, sono rimasti sconosciuti fino al momento in cui questa fotografia è stata scattata. Più precisamente, queste evidenze rimasero sconosciute fino a quando la loro esistenza non è stata esplicitata nella relazione scritta successivamente al volo.

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ELEMENTI CARATTERISTICI DELLE RIPRESE AEREE OBLIQUE

Sull’argomento segnaliamo che contributi signifi-cativi sono rintracciabili nei lavori di Alvisi (ALVISI 1989, pp. 48-57), di Piccarreta (PICCARRETA 1987, pp. 115-83; PICCARRETA, CERAUDO 2000, pp. 101-28) e di Ceraudo (Sguardo, pp. 81-85). Attualmente il riferimento più esaustivo su tracce quali cropmark e soilmark rimangono le pubblicazioni in lingua inglese di Wilson (WILSON 1982, 2000). Conside-razioni interessanti sono infine i contributi di Riley (RILEY 1987).

La visione dall’alto

Il punto di vista dall’alto costituisce senza dubbio l’elemento più caratterizzante della documentazione aerea. L’ampia visuale aerea consente di abbracciare la totalità (o quasi) del territorio e delle evidenze, permettendo il riconoscimento di conformazioni invisibili o difficilmente comprensibili a livello del suolo (Fig. 2.3). L’opportunità di osservare e rap-presentare uno o più siti su un unico documento, consente di cogliere la relazione tra le parti in modo più chiaro, come pure l’interazione tra siti e tra sito e topografia. Uno svantaggio è costituito dal fatto che la visione dall’alto, in particolare per prese singole, non stereoscopiche, appiattisce talvolta i contorni e nasconde la reale consistenza dei rilievi dovuti a insediamenti e coltivazioni. Un punto di vista meno inclinato, soffre meno di questi difetti, sebbene venga compromessa la comprensibilità della visione. L’ideale sarebbe eseguire, per ogni sito, fotografie sia quasi verticali che a una minore angolazione prospettica, ma questo risulta rara-mente praticabile per motivi economici. Il miglior compromesso consiste nell’esame della topografia di insediamenti appena scoperti con un’integra-zione di immagini scattate sul terreno e coppie stereoscopiche di fotografie verticali.Luci e ombre: la luce radenteTutti i fotografi usano luci e ombre, illuminazione e ombreggiatura, per definire la forma degli oggetti fo-tografati. Nelle mani di esperti aerofotografi, ombre e luci possono rivelare la presenza di insediamenti che, in condizioni di illuminazione non appropriate o da un punto di vista errato, risulterebbero del tutto invisibili (Figg. 2.4, 2.5). In generale vale la regola che più è basso l’angolo di incidenza dei raggi del sole, più definita è l’ombreggiatura e il risultante controluce. In queste condizioni le possibilità del fo-tografo di riconoscere e documentare le evidenze se-polte aumentano sensibilmente. A queste condizioni naturalmente non mancano eccezioni. Se la luce del sole è troppo bassa l’effetto provocato sugli elementi

che compongono il paesaggio può confondere invece che rivelare conformazioni. Sole basso e illumina-zione troppo intensa genera un effetto negativo se nella scena sono presenti elementi caratterizzati da una accentuata componente verticale, ad esempio edifici o terrapieni ancora ben conservati; in questi casi il rischio maggiore consiste nel perdere impor-tanti dettagli nelle ombre. Condizioni appropriate in questi ultimi casi sono cielo lievemente coperto e luce diffusa. Infine è utile osservare che in genere è molto difficile essere in grado di prevedere con ampio anticipo le condizioni di illuminazione di un sito e che alcune di queste si verificano piuttosto raramente.Alcuni dei principi per l’uso corretto della luce e del controluce sono illustrati nel Capitolo 10.

2.5 Luce radente e microrilieviVedute contrastanti di due recinti nel Galles orientale. Nell’immagine sopra solo quello a destra con recinzione ben preservata è visibile con chiarezza. Nella fotografia sotto, un’illuminazione più obliqua e un punto di osservazione diverso rivelano a sinistra in alto le tracce di un recinto molto degradato tagliato da una siepe lineare.

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Segnaliamo inoltre che gran parte delle descri-zioni delle figure di tutto il volume contengono commenti sull’applicazione delle diverse tecniche fotografiche. La prima lezione da apprendere per un aerofotografo principiante è quella di levarsi in volo nel primo mattino o verso sera. Un altro periodo favorevole sono i mesi invernali quando il sole è più basso sull’orizzonte per gran parte della giornata e l’effetto oscurante di alberi, cespugli e altre forme di vegetazione, pressoché prive di fogliame, comporta una minore obliterazione del terreno, direttamente o tramite la relativa ombra. Inutile dire che luci e ombre appaiono più definite in condizioni di buona visibilità, quando l’aria è priva di vapore acqueo, polveri e inquinamento atmosferico. Per questo e altre ragioni la cono-scenza delle condizioni atmosferiche e un costante aggiornamento sulle previsioni meteorologiche costituiscono informazioni indispensabili per l’ar-cheologo specializzato in questa attività.

Soilmark (tracce di colore su suolo nudo)È noto nel settore dell’archeologia aerea (e più in generale in archeologia) che il suolo in seguito a una alterazione o se ricoperto con altro materiale non può più essere riportato esattamente alle con-dizioni originali. Vi saranno infatti cambiamenti più o meno significativi riguardo a conformazio-ne, contenuto pietroso, drenaggio idrico o valori nutritivi dei depositi che sono stati accumulati in buche o fossati. Vi sarà più pietrame o terreno di riporto in corrispondenza di macie degradate, mentre rasature ipogee di elevati in pietra o argilla faranno cambiare la conformazione del suolo anche laddove ogni traccia superficiale sia stata rimossa dal continuo uso dell’aratro e da fenomeni erosivi. Nelle giuste condizioni queste differenze del primo sottosuolo o i resti di materiale a esso sovrapposti possono essere ancora percepibili dall’occhio attento dell’archeologo aereo.Questo fenomeno si presenta sotto vari aspetti, ad esempio la comparsa, dopo l’aratura o la fresatura, di differenze di colore o di condizioni di umidità, del tipo riportato in Figg. 2.6 e 2.8. Note come soilmark o in taluni casi “dampmark”, queste anoma-lie possono apparire improvvisamente, in relazione all’intervallo di tempo trascorso dall’aratura o dalla fresatura, oppure dal mutamento delle condizioni di umidità del suolo in rapporto a luce solare, vento e temperatura. Un problema significativo consiste nel cambiamento apportato dai ritmi di coltivazione moderni. Le arature al attualmente avvengono in qualsiasi momento dell’anno, della fine dell’estate fino agli inizi dalla primavera. Nelle aree caratte-rizzate da una percentuale relativamente bassa di seminativi, la possibilità di arrivare a sorvolare i

2.6 Tipici soilmark italianiIn alto. Tracce prodotte da arature relativamente recenti e probabilmente, a giudicare dalla sovrapposizione nella parte in alto della fotografia, relative a due periodi cronologici diversi. Al centro. Tracce di viabilità antica visibili sotto forma di variazioni di colore (più chiaro) con andamento rettilineo e diagonale rispetto alla direzione delle arature moderne. Di sotto. Recinzione con un secondo fossato più piccolo al suo interno (Puglia).

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fondi agricoli al momento giusto risulta molto limi-tata. Al contrario se operiamo in un territorio ricco, caratterizzato da un elevata presenza di seminativi, l’osservazione dall’alto di soilmark può fornire ri-sultati importanti.

Cropmark (tracce da vegetazione)Nelle loro forme più tipiche appaiono come varia-zioni del colore e/o della crescita del grano e altre colture (Figg. 2.7, 2.8). Questo fenomeno si osserva specialmente nelle settimane immediatamente pre-cedenti la mietitura. Le tracce associate a fenomeni di questa natura costituiscono uno dei mediatori più efficaci per nuove scoperte. I principi generali che re-golano la formazione delle evidenze superficiali sono illustrati in Fig. 2.7. A questi possono essere aggiunti ulteriori dettagli di cui solo i più importanti verranno menzionati in questa pubblicazione e in particolare nelle didascalie della parte terza (per una trattazione più esaustiva si veda WILSON 1982, 2000).I cropmark vengono divisi in due categorie principa-li, “positivi” e “negativi” (Fig. 2.9). Le tracce posi-tive, che appaiono normalmente in fondi coltivati a cereali, come tracce di colore verde a contrasto con il giallo delle piante mature, denotano usualmente un più alto contenuto nutrizionale da attribuire a maggiore disponibilità di umidità relativa a fossati

2.7 La formazione di cropmarkLe colture crescono più alte e rigogliose al di sopra del suolo più profondo, umido e ricco di humus di fossati o di buche ricolmate. La crescita risulta invece impedita, provocando la maturazione prematura della pianta, nello strato sottile di suolo posto al di sopra di muri o altri depositi impermeabili. Fossati e buche creano anomalie verdi nelle colture in fase di maturazione tendenti al giallo (cropmark positivi). Muri e altri elementi ipogei generano anomalie gialle nelle colture ancora verdi (cropmark negativi). Entrambi tipi possono persistere come anomalie “giallo su giallo” nelle colture mature per differenza di altezza delle colture (Fig. 2.9, in basso).

2.8 Soilmark e cropmark nel Galles orientaleIn alto. Due tumuli sepolcrari dell’età del bronzo visibili come variazioni di tonalità del suolo (più chiare) nella parte in alto del campo. Si noti nell’angolo in basso a sinistra il cumulo esterno di un monumento rituale neolitico tipo “henge” (anello). Anche in questo caso l’evidenza è visibile a causa di una variazione di tonalità più chiara dove l’aratro ha tagliato terreno di riporto del cumulo. Al centro. La stessa evidenza vista come cropmark. Sia i tumuli che il monumento neolitico appaiono come ring-ditch di colore verde intenso. Nel caso dell’henge è visibile una entrata stretta sul lato sinistro. Da notare come il soilmark più chiaro dell’henge nella fotografia in alto ha un perimetro più ampio rispetto al ring-ditch tipo cropmark, mostrando quindi che le anomalie rappresentano parti differenti dello stesso monumento (il cumulo esterno come soilmark mentre il fossato interno come cropmark). In basso. Gli stessi cropmark visti chiaramente a livello del suolo, ma senza la possibilità di cogliere l’evidenza nella sua globalità ben percepibile dalla visione aerea.

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e buche ricolmate o aree con uno strato di humus naturalmente più spesso. Le tracce negative, normal-mente visibili come tracce di colore giallo dovute alla crescita minore dei cereali ancora verdi nel resto del fondo, appaiono a causa di una riduzione del nutri-mento o per scarsa disponibilità di acqua. Elementi archeologici tipici associati a questi fenomeni sono murature sepolte, strade e in generale tutte le su-perfici solide e impermeabili. Sia tracce positive che negative possono sopravvivere talvolta come tracce di colore giallo sulla base gialla del grano maturo, come visto in Fig. 2.9, in basso, 10.10 e 10.11. In condizioni particolari i cropmark possono apparire “invertiti”, fossati o paleoalvei risultano in parte o in tutta la loro estensione come negativi invece che come positivi (si veda per esempio Fig. 2.23). I mec-canismi che generano questo fenomeno non sono sempre chiaramente comprensibili ma sotto molti aspetti questo può essere considerato un problema marginale. L’interpretazione dei cropmark risulta in genere ben chiara in relazione a fossati o altre forme. Un’attenzione specifica a questi problemi potrebbe essere rivolta in relazione allo studio dettagliato di aree insediative, per esempio nella fase precedente uno scavo.I cropmark appaiono tipicamente nei cereali poco prima e poco dopo la maturazione delle piante, ciononostante è possibile osservarli anche in altri pe-riodi dell’anno. Le variazioni della temperatura, del contenuto nutritivo e dell’umidità del suolo all’inizio della primavera, possono accelerare (o rallentare) la crescita delle colture agricole situate al di sopra di resti archeologici sepolti. Le tracce prodotte da que-sto fenomeno sono definite “germination marks”. In alcune occasioni le anomalie possono persistere nel corso delle settimane seguenti, mostrando zone a sviluppo più rigoglioso o più lento (senza cambio di colore) in largo anticipo rispetto al periodo di apparizione dei cropmark. La finestra temporale in cui è più comune osservare questa tipologia di traccia si estende dalla metà del mese di maggio nel mezzogiorno, fino agli inizi del mese di giugno al centro e poco dopo nel nord Italia. Queste date sono indicative in quanto risultano soggette a variazioni talvolta significative. Bisogna infatti considerare che la visibilità dei cropmark è fortemente dipendente dalle condizioni meteorologiche, dai ritmi di colti-vazione e dalle caratteristiche geologiche e pedo-logiche dei suoli. Ad esempio in corrispondenza di suoli argillosi l’esperienza condotta nel Regno Unito rivela che i cropmark sono visibili solo in stagioni particolarmente secche e anche allora solo come anomalie del tipo “giallo su giallo” nelle settimane immediatamente precedenti la mietitura. Per i motivi addotti il livello di visibilità e le qualità cromatiche dei cropmark possono risultare notevolmente diffe-renti di anno in anno e di luogo in luogo nella stessa

2.9 Cropmark positivo, negativo, giallo su gialloIn alto. Cropmark positivi (verde scuro) di fossati riempiti in un accampamento militare romano in Inghilterra, chiaramente visibili e mediati da barbabietole da zucchero, una coltura molto diffusa in alcune parti d’Italia. Al centro. Muri di un edificio romano in Toscana mostrati come anomalie negative poichè la coltura è giunta prematuramente a maturazione al di sopra delle fondamenta in pietra. In basso. Anomalie, precedentemente di colore verde scuro, sopra un complesso di buche e fossati in Ungheria, visibili come macchie giallo chiaro su uno sfondo più scuro quando la cultura ha raggiunto la perfetta maturazione. La luce radente accentua la variazione di altezza delle piante sopra fossati e buche riempite.

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nazione o regione. In termini assoluti non possiamo riassumere caratteristiche di anni “standard”, né di condizioni ‘normali’ o di periodi ‘ideali’ per il rilevamento aereo di queste tracce.Oltre ai cereali (in particolare, orzo, frumento, avena, segale) altre coltivazioni idonee per la me-diazione delle stratificazioni archeologiche in quanto caratterizzate da lunghe radici sono i piselli, fagioli, trifogli ed erba medica, insieme a una varietà di colti-vazioni tuberacee, come ad esempio le barbabietole. Queste ultime possono portare alla formazione di cropmark in vari stadi della loro crescita in alcuni casi sorprendenti per la loro chiarezza (Fig. 2.9, in alto). Le colture a radice corta (si pensi a ravizzone, senape, cavoli di vari tipi, navone, rape e patate) raramente conducono alla produzione di cropmark. Ciò è da attribuire alla ricerca di nutrimento e di acqua nei livelli più alti del primo sottosuolo che in genere preclude ogni possibilità di raggiungere le stratificazioni archeologiche anche in situazioni di stress idrico. Oltre alle diverse potenzialità di mediazione delle tracce la variazione del tipo di coltura influenza direttamente la qualità delle trac-ce. In generale più ampia è la distanza tra le piante, maggiore è l’area di superficie coperta dalle foglie o da altri mediatori. L’effetto sulla percezione della traccia consiste in cropmark per così dire ‘sfocati’. È per questo motivo che anche in condizioni ideali raramente cropmark sono stati osservati su fondi seminati a granturco oppure in corrispondenza di frutteti e di vigneti.Tracce riconducibili al tipo in esame possono essere avvistate saltuariamente anche su terreni destinati a pastura. In tali casi le tracce sono definite “grass-mark” o “parchmark” (Fig. 2.10, in alto). In base a quanto ci è dato osservare nell’Europa transalpina l’apparizione di tracce in corrispondenza di pascoli risulta spesso improvvisa e coincide in genere con la fine di una lunga siccità estiva.Il fenomeno è inoltre fortemente influenzato dalle caratteristiche pedologiche. Ad esempio al di sopra di suoli pietrosi o di altre superfici dure l’erba si tinge, dapprima di colore bruno o ocra su un sot-tofondo verde. In seguito, quando tutto il resto del pascolo ha perduto il suo colore, la parte situata al di sopra di buche o fossati ricolmati si può con-servare verde per un periodo più lungo, fornendo cropmark molto ben distinti. In corrispondenza di terreni gessosi o calcarei, ad esempio la “crosta” del Tavoliere in Puglia, l’effetto può risultare opposto. Il pascolo diventa di colore bruno con un certo anticipo solo al di sopra dei fossati che in questo caso accentuano il drenaggio delle acque invece di trattenerle. I grassmark, anche se sono soggetti a scomparire rapidamente dopo la pioggia, sono di particolare importanza per l’archeologia poiché, pur apparendo meno frequentemente dei cropmark,

2.10 Grassmark e weedmarkIn alto. Fossati di una recinzione con accesso definito da un lunga traccia, visibili come anomalia di colore verde sull’erba ingiallita in seguito a un lungo periodo di siccità lungo il confine gallese. Il toponimo Cloddiau (cumuli) suggerisce l’esistenza in passato di una recinzione. Il sito è stato monitorato per un decennio prima che le prime anomalie apparissero nel 1989. Da allora le tracce non sono più state avvistate. In basso. Una chiesa absidata in Puglia visibile come cropmark “negativo” in un campo di papaveri rossi. Un ulteriore esempio di mediatori erbacei accentuanti formazioni antiche si trova in Fig. 10.14.

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consentono l’indagine di parti del territorio non soggette a coltivazioni e quindi affette da bassi indici di visibilità sia dall’aria sia al suolo.Grassmark anche di maggior chiarezza possono ap-parire quando la mietitura del fieno è seguita da due o tre settimane di clima caldo e secco. L’erba tagliata appassisce fino ad assumere un colore bianchiccio, fatta eccezione per le aree al di sopra di fossati o altre riserve di umidità. Qui le erbe (se non mangiate da ruminanti) possono iniziare una rapida processo di crescita e produrre cropmark molto distinti in fondi che in condizioni normali non potrebbero rivelare nessuna informazione di rilievo.Altri tipi di cropmark, definiti “weedmark”, sono determinati da piccole variazioni del contenuto di umidità, di valori nutritivi o di condizioni micro-climatiche che favoriscono una pianta a discapito di altre o avvantaggiano piante in buona posizione rispetto alle vicine. Poidebard, nelle steppe siriane, notò come anche minime variazioni nelle condizioni del terreno producessero differenze della vegetazio-ne difficili da vedere dal suolo ma chiare dall’alto (Fig. 1.6). Un fenomeno analogo è ravvisabile nella crescita di erbe spontanee in fondi agricoli coltivati a seminativo. Si pensi ai papaveri nei campi di grano (Figg. 2.10, in basso, e 10.14) o erbe infestanti cre-sciute in mezzo alle stoppie dei cereali mietuti (nel Tavoliere delle Puglie è questo un fenomeno ben visibile nei mesi di agosto o settembre). Bradford, discutendo sulle prospettive della ricerca di crop-mark nelle regioni mediterranee, e in particolare nell’Italia del Sud (BRADFORD, 1950; BRADFORD 1957, pp. 24-27), puntualizza che piante selvatiche e fiori possono creare cropmark in pascoli bruciati dal sole nel periodo tra luglio e ottobre (tenendo conto delle dovute approssimazioni). Se infine consideriamo gli effetti prodotti delle piante in fiore nella prima parte dell’anno, nel complesso i fenomeni descritti potrebbero fornire, anche alle parti più aride d’Italia, una gamma di possibilità per la documentazione dei cropmark più ampia rispetto a quanto attestato per le zone più temperate d’Europa.

2.12 Conseguenza di siccitàPaleoalveoli e al di sopra una grande necropoli (in alto a sinistra) visibili in condizioni di siccità dovute a un’estate particolarmente arida (Awaren, Austria).

2.11 Combinazione di neve e luce radenteUn leggero manto di neve insieme alla luce radente invernale enfatizza i terrapieni della tipica struttura dei campi lunghi e stretti (“ridge-and-furrow”) e del sistema di irrigazione dei pascoli, medievale o post-medievale, lungo il confine gallese.

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Ghiaccio, brina, neve, aridità e allagamentoI voli invernali sono caratterizzati in genere dalla presenza di luce radente, una condizione particolar-mente adatta per l’identificazione e la documentazio-ne di anomalie da microrilievo. Oltre all’incidenza della radiazione elettromagnetica, ghiaccio, brina e neve si interpongono tra le evidenze archeologiche e i mediatori accentuando, talvolta in modo signifi-cativo, la visibilità delle tracce. In queste condizioni climatiche bisogna considerare una serie di problemi pratici relativi, in particolare, al raggiungimento del-la pista di decollo e al decollo da una pista innevata o ghiacciata. L’elicottero, caratterizzato dal decollo verticale, può costituire una valida alternativa anche se questo è meno diffuso e molto più costoso (almeno il doppio rispetto al noleggio di un aeroplano legge-ro). Uno spesso strato di brina o una leggera coltre nevosa copre i colori della vegetazione invernale che confondono l’osservatore, mentre crea le con-dizioni ideali per l’osservazione di ombre generate da micro-variazioni della morfologia del terreno ben documentabili con la tecnica fotografica che sfrutta l’effetto di chiaro/scuro. In questo modo è possibile documentare sia insediamenti sia elementi strutturali, antropici e paleoambientali, dei paesaggi antichi o moderni (Figg. 2.11, 5.11, 10.16, 10.17). Dopo una abbondante nevicata è difficile stabilire il livello di visibilità delle tracce. Uno strato di neve eccessivo potrebbe sia nascondere le evidenze sia rivelarle. Diversa è la situazione se lo strato di neve è molto sottile, in tal caso è più generalizzata la tendenza a enfatizzare le variazioni topografiche altrimenti impercettibili anche in condizioni di luce radente. Un altro fenomeno da considerare per l’identificazione di siti archeologici è il diverso ritmo di scioglimento di brina e neve lungo versanti non direttamente esposti alla luce del sole. Neve o brina tendono a sciogliersi più rapidamente in cor-rispondenza di suoli non gelati quale è ad esempio un fossato interrato. L’opposto si può verificare se la temperatura scende e il terreno del fossato gela. Quando la temperatura aumenterà la neve o la brina al di sopra si scongeleranno più lentamente rispetto a quanto avviene nel suolo circostante.Infine fenomeni eccezionali come le inondazioni possono mostrare in aree di pianura differenze del

2.13 Soggetti innondati e sommersiIn alto. Gli earthwork medievali e post medievali visti sotto una coltre di neve in Fig. 2.11 sono mostrati in questa immagine come rilievi inondati durante l’inverno. Queste condizioni risultano molto favorevoli per l’archeologo aereo, in quanto la presenza dell’acqua rivela anche i minimi cambiamenti di quota difficilmente identificabili in condizioni normali. In basso. Resti di un relitto in legno fotografati in acque poco profonde del Mar Baltico.

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livello delle acque dovuto alla presenza di antichi insediamenti, scoprendo la presenza di earthwork sia ben preservati sia livellati dalle arature (Fig. 2.13, in alto). Anche le situazioni di estrema aridità possono produrre effetti di accentuazione delle tracce rive-lando letti di fiumi abbandonati (Fig. 2.12) o tratti interrati di viabilità antiche.

Fotografia aerea di evidenze subacqueeNegli anni Quaranta e Cinquanta furono condotte ricerche da parte delle autorità militari inglesi e italiane sull’applicazione della fotografia aerea a elementi sommersi. Pellicole, filtri e altri strumenti della tecnica fotografica furono impiegati con succes-so fino a una profondità di 13 metri lungo la fascia costiera. Fin dagli anni Trenta i resti di pali in legno di insediamenti palafitticoli in Svizzera furono resti-tuiti su base cartografica con l’aiuto della fotografia aerea. In Italia i resti di Portus Iulius, sommersi a 13 m di profondità nel golfo di Pozzuoli, sono stati documentati negli anni Cinquanta dall’esercito tramite fotografie aeree (Sguardo, Fig. 878 e pp. 485-92). Recentemente gli archeologi subacquei hanno dimostrato un rinnovato interesse per l’uso della fotografia aerea in questo settore di ricerca (VOLPE 1998). Questo atteggiamento ha consentito l’individuazione, in acque poco profonde, di relitti lungo la costa baltica e altri litorali (Fig. 2.13, in basso; si vedano anche Figg. 10.18 a 10.20), mentre

trappole per pesci e altre evidenze non archeologiche sono state documentate lungo litorali della costa britannica.

Tracce da sopravvivenzaLe evidenze e gli elementi che compongono il terri-torio e che ne caratterizzano il paesaggio moderno talvolta ricalcano scelte passate, restituendo pattern più o meno completi. Una situazione molto diffusa consiste nelle tracce pertinenti ad antichi terrapieni o fossati che in genere risultano in alcune parti erosi dalle arature moderne o obliterati da filari di alberi utilizzati per dividere proprietà e colture agricole. Un esempio ben noto è costituito dalla centuriazione nella valle del Po (Fig. 2.14, a destra) facilmente riconoscibile come tale se osservata dall’alto mentre a livello del suolo non mostra differenze sostanziali da un sistema agricolo moderno. Una caratteristica tipica di questo gruppo di tracce consiste nella sopravvivenza parziale, limitata solo ad alcuni elementi. Bisogna aspettarsi quindi di incontrare prevalentemente situazioni caratterizzate da fossati o resti di terrapieni discontinui a cui si allineano siepi e alberi o parcellizzazioni agricole contemporanee. Persistenza dei tracciati sopravvive spesso in contesti urbani, come per esempio negli anfiteatri romani di Firenze e Lucca (in copertina, in Fig. 2.14, a sinistra, e in Fig. 10.82). L’occhio esperto dell’archeologo è in genere in grado di riconoscere queste situazioni

2.14 Tracce da sopravvivenzaDue esempi di antichi tracciati parzialmente conservati. A sinistra (e in copertina), l’anfiteatro di Firenze, a oggi ancora dominante la struttura viaria ed l’organizzazione urbanistica. A destra, il sistema a griglia della centuriazione romana nei pressi di Imola, conservato (con poche variazioni) nella parcellizzazione agricola e nella viabilità del paesaggio agricolo moderno.

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e documentarle tramite la macchina fotografica, restituendo la dovuta attenzione all’evidenza ar-cheologica.

LA FOTOGRAFIA AL LAVORO

Le ricognizioni aeree e la documentazione aerofoto-grafica sono utilizzabili in ambiti applicativi molto diversi tra i quali non mancano aree di sovrapposi-zione. L’applicazione di queste metodologie con la conseguente scoperta di nuovi ‘siti’ e la rivisitazione di contesti noti può cambiare radicalmente la den-sità o distribuzione degli insediamenti, influendo direttamente sulla formulazione delle ipotesi relative alle dinamiche insediative di un territorio. Fotogra-fie originariamente acquisite a scopi cartografici o

amministrativi possono essere usate per fini educa-tivi e pubblici. In Gran Bretagna ad esempio sia le fotografie verticali sia le fotografie oblique vengono utilizzate nell’ambito dei programmi scolastici con l’obiettivo di migliorare la conoscenza e la percezio-ne dell’ambiente locale.

ScopertaLa più importate applicazione del rilevamento aereo consiste nella scoperta di nuove evidenze o nel-l’arricchimento del record archeologico tramite la documentazione di contesti noti (Figg. 2.15, 2.16). È bene precisare che talvolta la stessa informazione può essere osservata anche a livello del suolo, cio-nonostante in genere questa sfugge alle ricognizioni di superficie, mentre risulta facilmente percepibile

2.15 Scoperta tramite cropmarkA sinistra. La distribuzione di cropmark noti prima dell’inizio delle ricognizione aree su base locale in un’area di 60×50 km nelle valli fluviali e sulle colline del confine gallese.A destra. La densità in seguito a un ventennio di ricognizioni mostra una situazione totalmente differente. Nuovi siti appaiono ancora quasi ogni anno (Fig. 5.6). Situazioni di questo tipo influenzano direttamente i modelli insediativi dell’area, e sollevano perplessità sui modelli elaborati per aree prive di studi aerei o di cropmark.

2.16 L’impatto della ricognizione aereaIn un territorio poco studiato tramite l’analisi di fotografie aeree, l’impatto della ricognizione aerea esplorativa può essere straordinario. Questa mappa mostra 2584 evidenze, gran parte costituite da cropmark, documentate nelle valli fluviali e negli altopiani ungarici da Otto Braasch durante circa 400 ore di ricognizione negli anni 1992-2002. Considerata l’esperienza in altre parti d’Europa è molto probabile che la maggioranza di questi siti sia ancora sconosciuta agli archeologi ungheresi che basano la loro attività quasi esclusivamente sulla ricognizione di superficie.

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dall’alto. Situazioni di questo tipo si possono verifi-care in relazione a evidenze quali earthwork di vario genere (fossati, terrapieni, alcuni elementi connessi alla viabilità e limiti agricoli) o a concentrazioni in superficie di materiali edilizi parzialmente oscurati da vegetazione o fenomeni erosivi. Ciononostante spesso le prospezioni aeree (verticali e oblique) risultano l’unico metodo concreto per scoprire e documentare elementi archeologici. Anche le tracce tipo cropmark e soilmark possono talvolta essere osservate – ma solo parzialmente capite – a livello del suolo (Fig. 2.8, in basso). Un problema comune all’osservazione a terra delle tracce o dei microrilievi consiste infatti nella percezione parziale del fenomeno che comporta gravi difficoltà interpretative e altrettanti problemi per la documentazione dell’evidenza. L’elemento determinante consiste nella prospettiva aerea e nella capacità dell’archeologo di attribuire un significato a ciò che vede dall’alto. Le evidenze individuate e documentate tramite la fotografia aerea diventano informazione che integrano il record archeologico elaborato sul terreno e in laboratorio. Il contributo della ricerca aerea all’interpretazione di singoli inse-diamenti e di reti insediativo-produttive può risultare alquanto significativo, sia in positivo, in relazione alla scoperta di nuove evidenze, sia in negativo, nel caso in cui sia possibile attribuire l’assenza di emer-genze a particolari situazioni ambientali o culturali. Ci riferiamo ai paleosuoli obliterati da spesse coltri alluvionali e alle aree boschive o alla mancanza di ricognizioni aeree in grado di rilevare informazioni altrimenti inaccessibili.

DocumentazioneIl punto di osservazione dall’alto permette di ottenere fotografie (oblique o verticali) che forniscono una documentazione obiettiva, di facile lettura e di tipo si-nottico, ovvero relativa all’evidenza nel suo comples-so o quantomeno di larga parte di essa sia questa un sito o un paesaggio archeologico. A livello del suolo il medesimo strumento permetterebbe di documentare l’evidenza solo per parti, modificando necessariamen-te più volte il punto di vista. Nella fotografia obliqua la qualità della documentazione dipende dall’angolo di osservazione, dall’illuminazione, in taluni casi dallo sviluppo delle colture e naturalmente dalle capacità e dalle conoscenze archeologiche del fotografo. La documentazione aerofotografica obliqua, per sua natura, non è esaustiva. Nella maggior parte dei casi nulla viene rivelato per quel che riguarda la crono-logia o la funzione delle strutture documentate, fatta eccezione per i casi in cui sono evidenti forti analogie con insediamenti esplorati dall’alto e verificati tra-mite scavo in altri luoghi. Altra caratteristica della fotografia consiste nella oggettività del prodotto. È infatti ben noto che questo tipo di documentazione

non subisce le distorsioni generate da preconcetti, interpretazioni o rappresentazioni della realtà, come ad esempio accade nella documentazione descrittiva di una unità stratigrafica su un cantiere di scavo o di una unità topografica nel corso delle ricognizioni di superficie. Ciononostante è bene precisare che, se la fotografia rappresenta uno strumento oggettivo, l’uso e il significato attribuito dall’archeologo non lo sono. In una seconda fase la fotografia può essere trasforma-ta da proiezione centrale in proiezione ortogonale e la restituzione delle informazioni archeologiche in essa contenute fornisce nuovi elementi di speculazione e di confronto con dati derivati da altre fonti tra cui è bene includere anche fotografie aeree acquisite in stagioni diverse o in altri anni. Un elemento sogget-tivo che influenza notevolmente le ricognizioni aeree consiste nella definizione da parte dell’archeologo del luogo in cui andare, cosa fotografare e come. Questo fattore, comune a ogni attività della ricerca archeologica, è difficile da controllare specialmente quando le risorse disponibili non consentono di operare con la medesima intensità in tutte le aree di studio. Stabilite le zone di studio in relazione alle risorse economiche l’archeologo deve cercare di operare per quanto possibile in modo sistematico, sia durante l’esplorazione sia nella redazione della documentazione post-volo, segnalando le scelte operate ed eventuali omissioni.Vi sono situazioni in cui le fotografie aeree rappre-sentano l’unica fonte di documentazione supersti-te. Ci riferiamo per esempio a evidenze distrutte da interventi moderni quali estrazioni minerarie, costruzioni di strade o sviluppo urbano. Un feno-meno assolutamente attuale sia in aree fortemente urbanizzate, industriali (Fig. 2.17) o con un forte impulso all’industrializzazione sia in aree agricole soggette ai rischi prodotti dall’agricoltura moderna o dalla conversione in particolare di pascoli e boschi a vigneti, oliveti e frutteti (Figg. 2.18, 10.43, 10.48). Le fotografie aeree scattate durante la seconda Guer-ra Mondiale, e per i rilevamenti degli anni ’50 del territorio nazionale, costituiscono una fonte insosti-tuibile. Questa documentazione rappresenta l’unica memoria per il rilevamento di siti archeologici scom-parsi e per l’analisi delle trasformazioni dei paesaggi urbani e agricoli generati dal miracolo economico negli anni successivi. Queste considerazioni com-portano che ogni fotografia scattata acquista nello stesso momento dello scatto il valore di documento storico. L’autore, nel corso delle sue lezioni negli anni Novanta, era solito mostrare fotografie aeree di una fabbrica d’acciaio nel sud del Galles come esempio di «archeologia industriale dei prossimi 50 anni». Sin dall’inizio del nuovo millennio la fabbrica e le sue fornaci sono state chiuse, così come sono state demoliti i laminatoi per essere rimpiazziate presto da un grande centro commerciale.

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2.17 Fotografia obliqua per documentazioneQuesta fotografia di Hanley, in Inghilterra centrale, è un esempio delle vedute fotografate da J.K.S. St Joseph per l’Università di Cambridge a partire dalla fine degli anni Quaranta. Molti di questi contesti industriali e urbani sono stati vittime di imponenti trasformazioni urbanistiche. Ad Hanley poche se non nessuna delle fornaci in mattoni dell’industria ceramica sono sopravvissute. Fotografie come questa diventano veri e propri documenti storici.

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Restituzione graficaTantissime fotografie aeree vengono scattate ogni anno in Europa, il più delle volte per progetti topo-grafici nazionali o per il monitoraggio delle colture agricole mentre solo una piccola parte per scopi archeologici. Le fotografie rientrano nella docu-mentazione principale che l’archeologo dovrebbe consultare, ad esempio per l’analisi dettagliata di un insediamento prima di procedere all’intervento stratigrafico. In molti casi il contenuto informativo delle fotografie può essere comunicato in modo più efficace semplificandolo (per lo più attraverso molte fotografie) tramite un processo di interpretazione

producendo piante, mappe o descrizioni del tutto simili a quanto prodotto nel corso delle ricogni-zioni di superficie. In altre situazioni, specialmente se l’evidenza è mediata da tracce tipo cropmark o soilmark, la restituzione grafica diretta da fotografie oblique o verticali rappresenta l’unica soluzione per ottenere tale documentazione. In particolare per aree più vaste caratterizzate dalla presenza in un numero elevato di evidenze ben conservate, la restituzione grafica del paesaggio per mezzo di fotografie verti-cali o oblique, come l’esempio in Figura 2.18, può costituire il metodo più economico per la creazione di una documentazione di base fine a se stessa o, nel caso in cui vi fossero le condizioni utili, a pia-nificare interventi di dettaglio quali le ricognizioni archeologiche di superficie (Fig. 9.13) o le indagini geofisiche.

RicercaLa ricognizione aerea, la fotointerpretazione e la re-stituzione delle evidenze hanno un’ampia gamma di applicazioni nel campo della ricerca archeologica. La scoperta di nuovi contesti può dare origine a nuove interpretazioni con un’influenza diretta sui modelli insediativi e socio-economici sviluppati in passato, introducendo nuovi interrogativi che richiederanno approfondimenti tramite scavi o survey sul terreno. Le fotografie aeree consentono di illustrare il con-testo topografico e archeologico dei siti o delle aree studiate, agevolando analisi morfologiche e mor-fometriche che diversamente risulterebbero molto più laboriose. Le immagini telerilevate offrono la possibilità di distinguere, con diversi livelli di preci-sione, la forma geometrica, di misurarne l’estensione superficiale e di localizzare ogni singola evidenza del paesaggio. Le mappe realizzate tramite fotografie aeree costituiscono uno dei più significativi livelli informativi per l’elaborazione di strategie di scavi sia di ricerca sia di salvataggio. Nell’ambito dell’in-tegrazione tra ricognizioni aeree e ricognizioni sul terreno, il volo prima ancora di fornire qualunque nuovo dato archeologico offre al ricercatore l’oppor-tunità di formarsi una mappa mentale del territorio e una visione globale del paesaggio stratificato. I siti osservati dall’alto possono mostrare caratteri-stiche in parte o del tutto diverse da quanto visibile al suolo durante le ricognizione di superficie (Fig. 9.12, 9.13). Il rilevamento aereo viene in alcuni casi utilizzato nelle fasi di progettazione della ricerca sul terreno. In America e Australia, ad esempio, le ricognizioni aeree hanno in primo luogo l’obiettivo di identificare le caratteristiche morfologiche gene-rali dell’aerea indagata, la rete idrica principale, la viabilità secondaria, elementi fondamentali per il riconoscimento indiretto di contesti archeologici di per se stessi non rilevabili dall’aria.

2.18 Documentazione del territorioQuesto paesaggio ‘tradizionale’ di pascoli suddivisi da muri di confine, tratturi e cumuli di pietre è stato fotografato presso L’Aquila nel 2001. Questo tipo di paesaggio, per esempio nelle colline a sud del Tavoliere, sta perdendo le proprie caratteristiche topografiche in seguito all’uso estensivo di fertilizzanti e alla rimozione meccanica del pietrame (si veda ad esempio Fig 10.41).

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InterpretazioneIl punto di osservazione dall’alto e l’ampia area interessata delle fotografie aeree possono risultare d’aiuto per l’interpretazione di insediamenti com-plessi o paesaggi archeologici. Analogie e differenze con pattern situati in prossimità del sito o meno possono essere facilmente riconosciuti così come la formulazione di nuove ipotesi può sorgere dal paragone con altre fotografie, con risultati di pro-spezioni sul territorio, scavi o ricognizioni. In verità il confronto e l’integrazione tra le fonti è essenziale se si vuole giungere a una interpretazione più affida-bile e articolata (Fig. 2.19). Solo in situazioni molto particolari si dovrebbe fare uso di fotografie aeree come unica fonte, specialmente qualora le evidenze si presentino particolarmente complesse sia in rela-zione all’articolazione intra-sito sia al rapporto con la topografia, la pedologia e l’uso del suolo.

ConservazioneIn Italia la restituzione fotogrammetrica di riprese aero-fotografiche è stata ampiamente sfruttata a fini conser-vativi nell’ambito dei beni culturali (Sguardo, passim). Le medesime procedure di restituzione cartografica sono state utilizzate in Gran Bretagna in modo meno frequente in siti particolari. In generale possiamo af-fermare che includere nel Catasto, o meglio tra i layers della cartografia catastale nazionale, le scoperte aeree di siti di interesse culturale, non può (o non dovreb-be) non influenzare il processo di pianificazione dello sviluppo territoriale. Una gestione di questo stampo consentirebbe di formulare con estrema rapidità pre-visioni sull’impatto della realizzazione delle opere in programma. Un aspetto che caratterizza le fotografie oblique rispetto ad altre forme di documentazione con-siste nella capacità (strettamente connessa all’angolo di vista) di rappresentare singoli insediamenti o pattern territoriali con estrema efficacia. La straordinaria for-za comunicativa delle fotografie oblique colpisce gli specialisti ma specialmente il grande pubblico che ne rimane affascinato e incuriosito. Queste prerogative vengono ampiamente sfruttate in Gran Bretagna e in altre parti d’Europa con l’obiettivo di attirare l’atten-zione e sensibilizzare i non addetti ai lavori. Fino a ora abbiamo parlato soprattutto della scoperta dei siti archeologici. Ai fini della conservazione del patrimonio culturale, ricognizioni aeree e fotografia obliqua pos-sono svolgere un ruolo di primo piano nel continuo monitoraggio di paesaggi e dei monumenti, come illustrato in Fig. 2.21. Nel Regno Unito i rilevamenti aerei sono regolarmente impiegati per documentare le conseguenze subite dal palinsesto archeologico nell’ambito di importanti progetti di sviluppo e per la documentazione sinottica dei cantieri archeologici di salvataggio (Fig. 2.20).

2.19 “Piccole recinzioni” nel confine galleseDistribuzione di “piccole recinzioni” (ad esempio Fig. 2.10, in alto) ascrivibili probabilmente all’età del ferro e al periodo romano nella parte del Galles mostrata in Fig. 2.15. Se si analizza un territorio solo sulla base di evidenze tipo earthwork, si utilizza solo una parte del potenziale disponibile. In questo modo si rischia di incorrere in errori interpretativi sull’occupazione e uso o disuso delle vallate. Sopra. Terrapieni sopravvissuti, situati principalmente nella parte alta del territorio (aree grigie nel disegno). Sotto. La distribuzione appare radicalmente cambiata in seguito all’aggiunta delle evidenze aeree tipo cropmark e in particolare per la pianura dove gli earthwork sono sopravvissuti alle arature meccanizzate in modo molto limitato.

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2.20 A sostegno dell’archeologia di salvataggioFotografie aeree verticali e oblique, talvolta appositamente scattate, sono utilizzate in Inghilterra in modo regolare per meglio comprendere i siti soggetti a scavi archeologici di salvataggio precedenti a costruzioni di strade o di altri sviluppi moderni. In questo gruppo di disegni sono riportati in rosso alcuni frammenti superstiti del territorio rilevati da aereo. Queste evidenze contestualizzano le aree indagate tramite scavo (molto più piccole, in nero) rispetto alla costruzione della viabilità nell’Inghilterra centrale (DEEGAN 2001).

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2.21 Monitorraggio di monumentiNel Galles, e più recentemente in Inghilterra, la fotografia obliqua è utilizzata per monitorare regolarmente i monumenti di proprietà privata soggetti a vincolo, con attenzione particolare alla valutazione di eventuali danni dovuti allo sfruttamento del territorio circostante e del monumento stesso. Le fotografie sono usate da ispettori part-time (equivalenti ai nostri ispettori onorari della soprintendenza) durante le visite a proprietari e affittuari per sensibilizzare la conservazione di siti di importanza nazionale.

Illustrazione e istruzioneUna fotografia aerea obliqua non è altro che una visione prospettica caratterizzata dalla posizione inconsueta del punto di vista. È per questo motivo che le fotografie aeree oblique possiedono una elevata capacità nella descrizione e illustrazione di siti, complessi insediativi, macro strutture del pae-saggio, edifici e contesti urbani sia per un pubblico generico sia per lo specialista. Abbiamo già visto che le immagini scattate nelle giuste condizioni di luce e dalla giusta angolazione possono descrivere forme e strutture pertinenti a evidenze archeologi-che di varia natura in maniera molto più efficace di una descrizione verbale o di una moltitudine di vedute acquisite a livello del suolo. Le fotografie oblique sono ampiamente utilizzate sia in Italia sia in altri paesi in pubblicazioni scolastiche o di-vulgative, in guide turistiche, ecc. Come abbiamo visto fino alla fine del 2000 queste immagini sono state realizzate, in Italia, da fotografi professionisti muniti del permesso per l’acquisizione delle foto-grafie aeree. Ora che è l’archeologo a occuparsi delle riprese aeree è importante considerare oltre alla scrupolosa documentazione scientifica delle

evidenze lo sviluppo contemporaneo di capacità proprie dei fotografi professionisti quali il senso dell’inquadratura, la percezione dei colori e delle ombre, ecc. Nel processo di comunicazione con il grande pubblico non deve in nessun modo essere sottovalutato il contributo offerto dalla presen-tazione di immagini belle e di grande impatto emotivo (Fig. 2.25).

VANTAGGI E LIMITI DELLA RICOGNIZIONE AEREA

Caratteristica tra le più significative del survey ae-reo è la capacità di rilevare la presenza, la forma e le dimensioni di siti archeologici quali ad esempio sistemi insediativi o di viabilità che risultano invi-sibili (o quasi) a livello del suolo. Questo è valido sia per tracce tipo cropmark e soilmark in aree di pianura sia per tracce da microrilievo nelle aree collinose. Il rilevamento aereo consente lo studio in tempi relativamente brevi di ampie estensioni di territorio e l’accesso ad aree altrimenti difficil-mente analizzabili al suolo tramite ricognizione di superficie. La fotografia aerea è risultata utile per l’analisi di paesaggi e di insediamenti ascrivibili cronologicamente a un orizzonte che si estende dalla preistoria all’archeologia industriale, senza soluzione di continuità. Le fotografie verticali, con le dovute attenzioni, costituiscono una fonte inesauribile e inestimabile di nuove informazioni. Ciononostante l’Inghilterra è l’unico paese, a noi noto, nel quale sia stato avviato un progetto siste-matico di analisi e restituzione su scala nazionale (Fig. 1.14). Rilevamenti aerofotografici zenitali ap-positamente commissionati per scopi archeologici sono piuttosto difficili da organizzare con un breve anticipo rispetto a un periodo preciso dell’anno. Al contrario una ricognizione documentata tramite fotografie oblique presenta meno problemi. In particolare i limiti principali sono costituiti dalle condizioni atmosferiche e dalla scarsa visibilità dei cropmark in primavere eccessivamente piovose. La relazione tra l’evidenza individuata al livello del suolo e gli elementi rilevati dall’alto può aumentare in modo significativo l’efficacia delle ricognizioni di superficie soprattutto quando l’analisi e la re-stituzione grafica dell’evidenza aerea precede il lavoro sul campo. In relazione a contesti di scavo la fotografia aerea oltre alla documentazione del can-tiere può offrire una visione più ampia del contesto attraverso la rappresentazione grafica degli elementi presenti nelle fotografie aeree oblique o nelle ri-prese verticali appositamente commissionate. La documentazione aerofotografica assume particolare rilievo nell’ambito dello “scavo minimalista”. Con questa espressione intendiamo riferirci a situazioni in cui le fotografie aeree indicano all’interno di un

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2.22 Fotografie aeree e “scavo minimalista”La figura mostra cropmark relativi a due recinzioni sovrapposte (Galles centrale). L’evidenza in primo piano è composta da due (o tre?) ampi fossati e mostra caratteristiche tipiche delle fortificazioni dell’età del ferro. La recinzione sullo sfondo si presenta come fossato singolo più stretto, con un secondo fossato interno da mettere in relazione con una palizzata o con una cinta muraria alla quale si appoggiava un terrapieno difensivo in legno e terriccio. La recinzione a fossato singolo sembrerebbe essere posteriore rispetto alla prima, dato che i fossati multipli risultano tagliati nella zona di intersezione. La recinzione più tarda potrebbe appartenere al cosiddetto “periodo oscuro”(dal V al X secoli d.C.), del quale pochissime evidenze sopravvivono in Galles e in altre parti della Gran Bretagna. Il toponimo della vicina fattoria, Llys Farm (fattoria della corte) suggerisce l’esistenza di un central place. Fotografie simili a questa, insieme a evidenze restituite di siti complessi o paesaggi antichi, sono caratterizzate da condizioni ideali (si pensi al punto di sovrapposizione dei due fossati) in cui uno “scavo minimalista” potrebbe essere sufficiente per stabilire riferimenti cronologici estremamente significativi.

2.23 Elementi principali e dettagli minoriLe fotografie aeree oblique hanno la tendenza a mostrare solo gli elementi principali, quali fossati di recinzioni (figura sotto, in Puglia) e, talvolta, buche o tombe di maggiori dimensioni. Buche di palo ed elementi sottili lineari, molto diffusi negli scavi, di solito difficilmente sono visibili dall’alto. Nell’immagine a sinistra un’eccezione, relativamente comune in Europa centrale, buche allineate di case allungate neolitiche, in questo caso ad Harting in Germania.

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sito, un complesso o un paesaggio la presenza di alti livelli informativi dove si può procedere con lo scavo al fine di stabilire in particolare la sequenza stratigrafica, la cronologia e la funzione del sito (Fig. 2.22).In ambito nazionale molti sono i vantaggi per la ricerca scientifica e per la conservazione del pa-trimonio archeologico che potrebbero derivare dall’introduzione di ricognizioni aeree. È però verosimile ritenere che il contributo di questa me-todologia non sarà uniforme per tutta la penisola ne necessariamente immediato e facile da realizzare (si vedano, per esempio, Figg. 2.15, 2.16, 2.24). Basti pensare ad alcuni tipi di soilmark visibili talmente di rado che la loro documentazione è da considerare come un evento casuale fatta eccezione per ricogni-zioni mirate su siti dove ne è supposta l’esistenza. Problemi analoghi sono relativi all’apparizione di cropmark secondo tempistiche difficilmente prevedibili e ritmi irregolari. Su terreni ghiaiosi o in aree con suoli leggeri, molto drenanti, alcune colture sviluppano frequentemente cropmark in corrispondenza di periodi caratterizzati da brevi piogge. In queste aree possono essere conseguiti buoni risultati in breve tempo e il trend positivo può proseguire per diversi anni o addirittura per diversi decenni (Fig. 5.6). Al contrario, su suoli pesanti, omogenei, parzialmente o totalmente erosi, e in generale dove vi è cioè un basso contra-sto tra suolo naturale e resti di attività antropiche pregresse, i cropmark possono apparire solo oc-casionalmente in condizioni di estrema siccità. In alcune zone d’Italia, come ad esempio la valle del Po, possono non essere presenti le condizioni ideali per l’osservazione di tracce (comunicazione orale di TIRABASSI 2004). È questa infatti un’area troppo umida e caratterizzata da suoli molto omogenei in particolare per lo sviluppo di cropmark. Bisogna però considerare la presenza di ‘isole’ di visibilità aerea, piccole porzioni di territorio caratterizzate da variazioni nella composizione del suolo che asso-ciate a estati di eccezionale siccità permettono una documentazione occasionale di cropmark (si veda per esempio DE GUIO 1996). Per la loro sporadicità la documentazione delle anomalie in corrisponden-za in queste aree assume una particolare rilevanza. Oltre al significato archeologico la registrazione delle evidenze sarà utile per rispondere a coloro che ne sostengono l’assenza in quanto si basano su fotografie scattate in momenti sbagliati.La trasformazione dell’uso del suolo costituisce un elemento cruciale per la chiusura di finestre di visibilità nel paesaggio (si pensi ad esempio al passaggio da seminativo a vigneto). Nel caso della trasformazione inversa sono le stesse pratiche agricole che creano le condizioni migliori per la

2.24 Impatto variabile di ricognizione aereaNon tutte le aree ottengono gli stessi benefici dalla ricognizione aerea esplorativa, anche se l’utilità di documentazione e monitoraggio del paesaggio antico e storico è applicabile in ogni area di ogni nazione. La mappa mostra l’impatto variabile di un programma prolungato di ricognizione in Galles, una territorio poco più grande della Toscana. 1. Aree ricche di cropmark. 2. Aree con una produzione più limitata di cropmark ma sempre significativa. 3. Aree collinari caratterizzate da earthwork. 4. Aree con evidenze di archeologia industriale ben preservata.

produzione di tracce tipo cropmark e soilmark. L’emergenza relativa alla progressiva distruzione delle evidenze assegna alla fotografia aerea e alla restituzione grafica delle evidenze un ruolo deter-minante in quanto questa costituisce la migliore metodologia per la scoperta, per il monitoraggio e almeno in parte per la conservazione dei siti dove non è proponibile l’intervento stratigrafico o l’esproprio. Fatta eccezione nei periodi di siccità, difficilmente appaiono cropmark nelle zone d’altura dove poco o nulla del territorio è arato, anche se in questo caso è possibile documentare elementi archeologici attraverso l’enfatizzazione delle ombre sfruttando condizioni di luce radente. Earthwork o siti parzialmente erosi possono essere facilmente obliterati da coltri alluvionali o altri fenomeni di sedimentazione. Vigneti, oliveti, frutteti e boschi costituiscono un limite spesso insuperabile, una parte del paesaggio archeologico nascosto alla visione aerea. Lo stesso è valido per reti viarie

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moderne, ferroviarie, aree industrializzate e ur-banizzate. Ciononostante la fotografia aerea può costituire uno strumento particolarmente efficace nello studio di villaggi, cittadine e centri storici (si veda Firenze, in copertina, e altri esempi nel Capi-tolo 10). Infine spazi inaccessibili alla ricognizione aerea e alla documentazione fotografica risultano tutte le aree situate all’interno di zone militari e in territori troppo distanti da aviosuperfici utilizzabili dagli archeologi.Un problema ricorrente riguarda la datazione e l’interpretazione delle evidenze. In alcuni casi degli insediamenti avvistati e documentati dall’alto può essere determinata la funzione e la cronologia sul-la base di confronti calzanti con siti scavati nello stesso territorio o in aree anche molto lontane. La complessità delle evidenze e talvolta l’assenza di informazioni complete sul sito possono deter-minare interpretazioni errate sia rispetto alla cro-nologia sia alla funzione del sito. Un altro rischio è costituito dalla formulazione di interpretazioni eccessivamente speculative. A tale proposito è difficile indicare quali siano i limiti consentiti seb-bene sull’argomento intendiamo sottolineare che il problema non si limita alla fotografia aerea ma è bensì connaturato alla disciplina archeologica (si pensi ad esempio ai problemi interpretativi della ricognizione di superficie). Nel caso di cropmark e soilmark che presentano forme e dimensioni non riconducibili a tipi noti ben poco può essere detto riguardo all’orizzonte cronologico e alla funzione. Sono queste situazioni in cui è indispensabile ap-profondire l’indagine tramite la pianificazione di controlli al suolo.Tra i maggiori limiti della ricognizione aerea biso-gna segnalare la selettività del metodo: solo alcuni tipi di siti sono identificabili. In assenza di elementi di alterazione del terreno o di materiali estranei al contesto il sito viene difficilmente evidenziato da soilmark o cropmark e altrettanto non sarà visibile come traccia da microrilievo. Gli insedia-menti non fortificati, privi di fossati, terrapieni e muri perimetrali, risultano molto difficili da iden-tificare dall’aria. In questi casi l’attenzione deve essere focalizzata su evidenze tipo buche di palo, silos o fosse per rifiuti (Fig. 5.3, a destra in alto) mentre nel caso di territori collinari su eventuali terrazzamenti artificiali eretti per ospitare singoli edifici o coltivazioni. Nella maggioranza dei casi le fotografie di cropmark rivelano solamente gli elementi di dimensioni maggiori del sito; buche o fosse di fondazione più piccole compaiono nel-le fotografie solo in condizioni particolarmente favorevoli (Fig. 2.23, a sinistra). Nonostante le numerose limitazioni il rilevamento aereo, quando ben applicato, risulta un metodo molto efficace per

la scoperta dell’esistenza dei siti e delle caratteri-stiche principali. La ricognizione aerea dovrebbe costituire solo uno step del processo conoscitivo utile a individuare siti e paesaggi rappresentativi. Successivamente un campione ragionato può es-sere approfondito tramite ricognizioni di superfi-cie, prospezioni geofisiche e scavi archeologici. È evidente che il progressivo approfondimento delle indagini corrisponde a un sensibile incremento delle informazione e contemporaneamente delle risorse economiche impiegate. L’archeologia basa le proprie teorie e modelli su evidenze irrime-diabilmente frammentarie esattamente come un cruciverba in cui troviamo tante caselle vuote e solo poche parole come indizio. Come abbiamo visto anche le ricognizioni aeree sono affette dai medesimi problemi ma riteniamo che oltre ai limiti e ai difetti della metodologia discussa debbano es-sere considerati anche gli insostituibili benefici che questa metodologia comporta per la comprensione di talune parti del passato. Per questi motivi siamo fiduciosi che il metodo della ricognizione aerea sarà bene accolto e a breve messo a disposizione della comunità scientifica per dialogare con altre tecniche consolidate.

IMPATTO POTENZIALE DELLA RICOGNIZIONE AEREA

Le figure 2.15, 2.16, 2.19 e 2.24 mostrano alcuni esempi del contributo della ricognizione esplo-rativa aerea in Gran Bretagna e altrove. Non c’è alcun dubbio, in proposito, che varie parti d’Italia, così come vari aspetti dell’archeologia italiana, potrebbero beneficiarne allo stesso modo. In In-ghilterra, per esempio, un gran numero dei dati relativi a monumenti, in particolare dal periodo Neolitico al Romano, sono stati scoperti tramite le evidenze aeree. Addirittura negli spazi ad alto tasso di sfruttamento agricolo quasi la metà di tutti i siti conosciuti sono stati scoperti tramite la fotografia aerea. Ad eccezione del Tavoliere delle Puglie e della zona di confine tra Lazio e Toscana le aree più favorevoli d’Italia per il rilevamento aereo di cropmark e soilmark devono essere an-cora identificate tramite voli mirati, attraverso lo studio di fotografie verticali, di carte geologiche, pedologiche, meteorologiche e dell’uso del suolo. Da recenti voli nel centro e sud d’Italia è emerso un alto numero di aree collinari potenzialmente indagabili dall’alto tramite fotografie oblique o verticali poiché caratterizzate da paesaggi collinari fossilizzati, sistematicamente terrazzati, ricchi di testimonianze ancora ben visibili di parcellizza-zioni agrarie, recinti e sentieri (Figg. 2.18, 10.15, 10.40, 10.41).

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Il maggiore beneficio per l’Italia giungerà solo nel momento in cui la ricognizione aerea verrà affiancata dalla restituzione su base cartografica e dall’interpretazione delle evidenze; entrambe le procedure sono ampiamente discusse nei Ca-pitoli 6-9. È nostra speranza che i casi di studio

anglosassoni descritti nel presente volume possano costituire esempi significativi dei risultati che è possibile raggiungere qualora il rilevamento aereo divenga uno standard nell’indagine archeologica e nell’esplorazione, interpretazione e conservazione del patrimonio culturale italiano.

2.25 Immagini accattivantiImmagini struggenti possono catturare l’attenzione del pubblico o abbellire una pubblicazione. In senso orario dall’alto a sinistra. A. Ospedale moderno. B. Vigneto di forma originale. C. Cereali abbattuti in seguito a una tempesta estiva. D. Uso fantasioso di un spazio urbano. E. Profilo di un castello. F. Crop circle, non perfetto ma di significato profondo.

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3.1 ‘Un insieme’ di obiettiviAlcuni dei soggetti tenuti presente dall’autore durante il lavoro sull’Inghilterra occidentale, da sinistra in alto in senso orario. A. Cropmark in primavera ed estate. B. Earthwork in condizioni di luce radente. C. Monitoraggio di siti protetti. D. Caratterizzazione territoriale per la tutela. E. Villaggio medievale e moderno. F. Villa di campagna con annessi edifici, giardini e chiesa. G. Campi medievali nel parco di un’altra villa. H. Fabbrica moderna a rischio di chiusura. Altri soggetti potrebbero essere scavi archeologici in atto, strade romane non ancora note, valli fluviali inondate e cropmark in pascoli o colture a radice corta in tarda estate.

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