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Le pompe 43 2 Le pompe 2.1 Introduzione, 2.2 Le caratteristiche delle pompe, 2.3 Le pompe dinamiche, 2.4 L’accoppiamento con l’unità di potenza, 2.5 L’effetto delle viscosità, 2.6 L’adescamento delle pompe dinamiche, 2.7 Gli eiettori, 2.8 Le tipologie di pompe dinamiche per i servizi scafo, 2.9 Le pompe volumetriche, 2.10 Le pompe volumetriche alternative, 2.11 Le pompe volumetriche rotative, 2.12 Le tipologie di pompe volumetriche per i servizi scafo, 2.13 Le caratteristiche costruttive delle pompe, 2.14 L’uso di bordo: i servizi per lo scafo, 2.15 L’uso di bordo: i servizi per il carico 2.1 Introduzione Le pompe sono macchine operatrici idrauliche, ossia macchine il cui compito è quello di trasformare energia meccanica in energia contenuta nel fluido, in modo da aumentare l’energia di quest’ultimo in termini di velocità e pressione. Con riferimento al modo di lavorare del fluido si dividono in due categorie: macchine dinamiche – sono dette anche “a flusso continuo” perché è presente un flusso continuo di fluido tra ingresso e uscita. A regime in un sistema stazionario la portata è perciò costante istante per istante. Si tratta di macchine in cui il trasferimento di energia avviene in virtù di forze fluidodinamiche, in genere facendo aumentare la quantità di moto del fluido per mezzo di pale attraverso una parte rotante (girante), e si parla allora di turbomacchine oppure, in casi particolari, senza organi mobili come nel caso della pompa ad eiettore, un fluido uscendo ad alta velocità da un ugello aspira un altro fluido. macchine volumetriche – in esse il fluido è forzato in uno spazio finito delimitato da parti meccaniche e successivamente spinto fuori da tale volume. La portata del fluido è perciò intermittente, o per lo meno

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Le pompe

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2 Le pompe

2.1 Introduzione, 2.2 Le caratteristiche delle pompe, 2.3 Le pompe dinamiche, 2.4 L’accoppiamento con l’unità di potenza, 2.5 L’effetto delle viscosità, 2.6 L’adescamento delle pompe dinamiche, 2.7 Gli eiettori, 2.8 Le tipologie di pompe dinamiche per i servizi scafo, 2.9 Le pompe volumetriche, 2.10 Le pompe volumetriche alternative, 2.11 Le pompe volumetriche rotative, 2.12 Le tipologie di pompe volumetriche per i servizi scafo, 2.13 Le caratteristiche costruttive delle pompe, 2.14 L’uso di bordo: i servizi per lo scafo, 2.15 L’uso di bordo: i servizi per il carico

2.1 – Introduzione

Le pompe sono macchine operatrici idrauliche, ossia macchine il cui compito è quello di trasformare energia meccanica in energia contenuta nel fluido, in modo da aumentare l’energia di quest’ultimo in termini di velocità e pressione. Con riferimento al modo di lavorare del fluido si dividono in due categorie: • macchine dinamiche – sono dette anche “a flusso continuo” perché è

presente un flusso continuo di fluido tra ingresso e uscita. A regime in un sistema stazionario la portata è perciò costante istante per istante. Si tratta di macchine in cui il trasferimento di energia avviene in virtù di forze fluidodinamiche, in genere facendo aumentare la quantità di moto del fluido per mezzo di pale attraverso una parte rotante (girante), e si parla allora di turbo−macchine oppure, in casi particolari, senza organi mobili come nel caso della pompa ad eiettore, un fluido uscendo ad alta velocità da un ugello aspira un altro fluido.

• macchine volumetriche – in esse il fluido è forzato in uno spazio finito delimitato da parti meccaniche e successivamente spinto fuori da tale volume. La portata del fluido è perciò intermittente, o per lo meno

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fluttuante, in funzione della frequenza di ricambio del fluido nel volume di controllo. Si tratta cioè di macchine a regime periodico, in cui il trasferimento di energia è dovuto alla pressione statica che si esercita sulle parti mobili della macchina.

Le diverse configurazioni di pompe dinamiche e volumetriche verranno qui di seguito descritte dopo aver richiamato alcuni parametri fondamentali per la caratterizzazione delle pompe.

2.2 – Le caratteristiche delle pompe

Nelle macchine a fluido le grandezze fisiche più direttamente collegate al fluido sono la portata volumica – indicata con Q e misurata in [m3/s] – ed il lavoro massico, ovvero l’energia utile ceduta dalla macchina all’unità di massa del fluido – indicato con l e misurato in [J/kg = m2/s2] –, ma più comunemente ci si riferisce all’energia ceduta per unità di peso e chiamata prevalenza manometrica – indicata con h e misurata in [m] –, in quanto misurabile, come differenza di carico idraulico totale fra aspirazione e mandata della pompa, con un con un manometro differenziale.

In base a tali grandezze si definisce la potenza effettivamente trasmessa al fluido – indicata con P e misurata in [W] – come prodotto fra il lavoro massico e la portata massica:

P = l (ρ Q) = (g h) (ρ Q) = γ Q h [W] (2.2.A)

dove con ρ [kg/m3] si indica la massa volumica del fluido, con g [m/s2] l’accelerazione di gravità e con γ [N/m3] il peso specifico del fluido.

La potenza assorbita dalla pompa deve considerare il rendimento complessivo della macchina η [-]: si definisce rendimento idraulico ηY il rapporto fra il lavoro ricevuto dal fluido e quello fatto sul fluido dalla pompa (perdite legate alla viscosità del fluido), rendimento volumetrico ηV quello che tiene conto delle sfuggite di fluido attraverso i giochi e rendimento organico ηO quello che tiene conto della potenza dissipata per attrito sui supporti e per azionare gli eventuali ausiliari. Perciò il rendimento totale vale:

η = ηY ηV ηO [-] (2.2.B)

e la potenza assorbita dalla pompa Pa [W] si calcola come rapporto fra la potenza trasmessa al fluido ed il rendimento totale:

Pa = (g h /ηY) (ρ Q /ηV) 1/ηO = P/η [W] (2.2.B)

Un altro parametro importante nella valutazione del funzionamento di una pompa è rappresentato dall’altezza netta positiva di aspirazione NPSHr

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(Net Positive Suction Head required): esso misura, in metri di colonna di fluido, la massima caduta di pressione ∆pin [Pa] che si realizza nella pompa, rispetto alla pressione misurata alla bocca di aspirazione (al variare del flusso generato). Essa assume una particolare importanza nella valutazione della possibilità dell’insorgere di cavitazione nel corpo della pompa, ponendo un limite sulla pressione d’ingresso nella pompa.

La massima caduta di pressione all’interno della pompa non deve infatti comportare il raggiungimento della tensione di vapore del liquido, in altre parole definendo pin [Pa] la pressione assoluta all’imboccatura della pompa, deve valere:

pin − ∆pin ≥ pV [Pa] (2.2.C)

ove pV [Pa] è la tensione di vapore del liquido alla temperatura di esercizio dell’impianto. Indicando infine con NPSHa (Net Positive Suction Head available) la differenza fra la pressione assoluta all’imboccatura della pompa (funzione della configurazione dell’impianto) e la tensione di vapore del liquido alla temperatura di esercizio, deve valere:

NPSHr = ∆pin /γ ≤ (pin – pV)/γ = NPSHa [m] (2.2.C)

Si ricorda che la tensione di vapore dell’acqua a 20 °C è di circa 2,3 kPa, mentre per gli olii combustibili vale indicativamente 10,0 kPa − tale parametro inoltre può diventare critico, considerando che spesso questi olii sono riscaldati prima di essere pompati.

Si osservi che in un impianto in cui la pompa aspira con battente negativo da un serbatoio in pressione, detti ∆z [m] l’altezza della pompa sul livello del serbatoio, po [Pa] la pressione sulla superficie del liquido nel serbatoio ed Yo [m] la somma delle perdite idrauliche fino alla flangia di aspirazione della pompa, il parametro NPSHa assume il valore ricavato dalla seguente relazione:

NPSHa = (po – pV)/γ − ∆z − vin2/(2g) − Yo [m] (2.2.C)

dove vin [m/s] è la velocità del liquido all’ingresso della pompa. Nella trattazione delle pompe volumetriche è uso fare riferimento alla

pressione statica piuttosto che all’energia specifica di peso, infatti molto spesso il termine statico è preponderante su quello cinetico e su quello geodetico. Per questo motivo il parametro NPSH assume la dimensione di una pressione e viene perciò più propriamente definito NPIP (Net Positive Inlet Pression) − si osservi che nella pratica in luogo del Pascal la pressione è misurata in bar (1 bar corrisponde a 0,1 MPa) e la portata volumetrica è misurata in genere in [m3/h].

In base a quanto detto, è evidente che il funzionamento della pompa ad una data velocità di esercizio (velocità di rotazione della girante o

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genericamente degli organi mobili) viene descritto quando sono noti i valori (h, Q, η, Pa, NPSHr). Poiché inoltre in genere sarà utile conoscere come essi variano al variare della portata, le curve delle grandezze (h, η, Pa, NPSHr) vengono usualmente calcolate per la circolazione di acqua (o del liquido per il quale si prevede l’utilizzo della pompa) e vengono diagrammate in funzione della portata Q − esse prendono il nome di curve caratteristiche della pompa.

2.3 – Le pompe dinamiche

Le pompe dinamiche possono essere classificate, in base alla direzione di flusso che si realizza all’interno del corpo rispetto all’asse di rotazione della girante, in pompe a flusso radiale (dette centrifughe), a flusso assiale (dette “ad elica”) ed a flusso misto nei casi intermedi. Per quanto riguarda il loro utilizzo, è regola generale che è conveniente utilizzare pompe radiali per elaborare flussi con bassi rapporti fra portata e pressione e pompe assiali per elaborare flussi con elevati rapporti fra portata e pressione. Ciò si deduce dall’analisi delle curve che esprimono il rendimento ideale (ossia il rendimento idraulico massimo) in funzione della velocità specifica − grandezza proporzionale a Q1/2 ed inversamente proporzionale ad h3/4. Dalle stesse curve si può osservare che, per valori molto bassi della velocità specifica, il rendimento ideale che si ottiene con giranti radiali è piccolo: si può concludere quindi che tale zona di lavoro è sconsigliata.

Nelle pompe dinamiche a flusso radiale (pompe centrifughe) il liquido entra assialmente nel centro della cassa e viene costretto a percorrere una serie di condotti mobili generati dalle pale della girante ed infine scaricato radialmente a pressioni e velocità più elevate ove, per mezzo di una voluta a spirale, la maggior parte di energia cinetica viene convertita in energia di pressione (per elevati recuperi di pressione si costruiscono invece casse con diffusore). Esso viene poi scaricato attraverso la bocca di mandata. Nella loro configurazione più semplice queste pompe sono a singolo ingresso (aspirazione dall’occhio della cassa) e singolo stadio (una sola girante).

Esse possono essere anche a più stadi (multistadio) con più giranti disposte, sullo stesso albero, in serie rispetto al flusso. Rispetto ad una pompa centrifuga monostadio a singola aspirazione e dello stesso diametro (quindi con girante identica) si ha l’effetto di aumentare la pressione di mandata a parità di portata, con un aumento di pressione quasi uguale a quello prodotto dal singolo stadio moltiplicato per il numero degli stadi – infatti aumentano le perdite nei condotti del corpo della pompa. Il vantaggio rispetto ad una pompa monostadio che elabora la stessa portata e pressione è quello di avere un rendimento ideale considerevolmente maggiore, dovuto al fatto che le giranti hanno singole velocità specifiche più alte di quella di una pompa ad unico stadio.

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Un’altra variante è rappresentata dalla pompa a doppio ingresso: nella doppia aspirazione si hanno una o più coppie di giranti disposte schiena a schiena sullo stesso albero in modo da ridurre le spinte assiali sui cuscinetti. Rispetto ad una pompa che elabora la stessa portata e pressione con una sola girante di dimensioni maggiori, questa soluzione comporta minori problemi di cavitazione, favorendo un valore più alto del parametro NPSHr.

Le curve caratteristiche delle pompe dinamiche hanno andamenti tipici: • la prevalenza h ha un andamento decrescente; è quasi piatta per le

pompe radiali e piuttosto ripida per le pompe assiali; nelle pompe radiali può mostrare anche una tendenza all’instabilità per piccoli flussi;

• la potenza Pa per le pompe radiali ha generalmente un andamento crescente, mentre per pompe assiali ha un andamento decrescente;

• il rendimento η cresce dallo zero fino ad un valore massimo per poi diminuire di nuovo ed annullarsi;

• il parametro NPSHr cresce all’aumentare della velocità del flusso, e quindi della portata.

Riguardo alla curva caratteristica Q–h delle pompe dinamiche centrifughe, va osservato che essa permette l’autoregolazione nel circuito in cui la pompa è inserita, infatti in condizioni prossime a quella di massimo rendimento all’aumentare del carico diminuisce la portata e la potenza assorbita rimane pressoché costante, mentre al diminuire del carico aumenta la portata e la potenza assorbita rimane ancora pressoché costante. Per le pompe assiali questa autoregolazione è molto meno marcata e si può verificare invece un sovraccarico all’aumentare della resistenza del circuito, infatti le curve della potenza e della prevalenza sono molto ripide.

I rendimenti volumetrico ed organico delle pompe dinamiche hanno in genere valori estremamente elevati, prossimi all’unità (ηV = 0,92 ÷ 0,99 ed ηO = 0,98÷0,99), mentre il rendimento idraulico dipende fortemente dalla bontà del progetto (ηY = 0,70÷0,93).

Si osservi inoltre che il rendimento totale diagrammato nelle curve caratteristiche si riferisce a condizioni di assenza di cavitazione. Per ridurre la cavitazione la soluzione migliore è quella che consiste nel creare all’aspirazione un battente statico sufficiente e nel ridurre la lunghezza del ramo di aspirazione (riducendo quindi le perdite di energia).

Una soluzione alternativa, quando la prima via non è percorribile, è quella di installare un’elica (inducer) nella cassa della pompa di fronte alla girante, tale da fare aumentare la pressione del fluido nell’ultimo tratto. Per realizzare lo stesso effetto si installano anche pompe assiali sull’aspirazione della pompa centrifuga, dette pompe booster.

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2.4 – L’accoppiamento con l’unità di potenza

Le pompe dinamiche e volumetriche si prestano ad essere mosse sia da motori elettrici, sia da motori alternativi a combustione interna (in genere motori Diesel), sia ancora da turbine a vapore.

Nel primo caso, si tratta essenzialmente di accoppiamento con un motore elettrico asincrono trifase (generalmente a gabbia). Tale motore ruota a velocità praticamente costante al variare del carico applicato e quindi mantiene la velocità di rotazione della girante invariata anche se cambia il carico del sistema.

La velocità di rotazione nR del motore asincrono è pari a quella di sincronismo nS, governata dalla frequenza della rete f (pari in genere a 60 Hz sulle navi) e dal numero di coppie polari p degli avvolgimenti (nS = 60 f / p rpm), ridotta di una piccola percentuale detta scorrimento. Lo scorrimento varia in funzione del carico e della potenza del motore, in particolare diminuisce al crescere della potenza del motore e aumenta all’aumentare del carico resistente. Indicando con s [-] lo sfasamento percentuale, definito dalla relazione

s = 100 (nS – nR) / nS [-] (2.4.A)

la velocità di rotazione nR può essere valutata in prima approssimazione considerando per lo sfasamento i seguenti valori indicativi: 2,0% per potenze superiori a 50 kW, 3,0÷4,0% per potenze comprese fra 4 kW e 50 kW e 4,0÷8,0% per potenze inferiori a 4 kW.

La curva caratteristica di questo motore ha un andamento tipico, infatti all’avvio il torcente disponibile aumenta lentamente fino ad un massimo prossimo alla velocità di sincronismo, poi diminuisce bruscamente tendendo ad annullarsi alla velocità di sincronismo (valore asintotico).

Va osservato inoltre che la zona d’interesse per le condizioni di esercizio a regime è quella prossima alla velocità limite ove l’andamento decrescente è sub−verticale. Questo andamento illustra la stabilità del motore elettrico asincrono, infatti quando aumenta il torcente resistente aumenta anche la sfasamento s che determina a sua volta l’aumento del flusso concatenato fra induttore ed indotto richiamando dal generatore una maggiore corrente con il risultato di fornire un accresciuto momento motore. Lo stesso comportamento si manifesta al diminuire del momento resistente. Inoltre è importante notare che la variazione di sfasamento è piccola (si mantiene entro qualche punto percentuale).

In sostanza, quando il carico applicato si dimezza rispetto a quello massimo continuativo di esercizio, la velocità rimane quasi costante (subisce solo un piccolo incremento) e l’efficienza praticamente non varia, mentre quando si manifesta un sovraccarico la velocità mostra un decremento proporzionale al sovraccarico, in genere accettabile fino a valori limite del

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200% del carico per prefissati intervalli massimi di tempo (in genere pochi minuti).

Ciò significa che mentre il sistema richiede un momento torcente variabile, la velocità all’albero del motore viene mantenuta pressoché costante. Di conseguenza, nell’accoppiamento con una pompa dinamica permette di mantenere costante la velocità della girante e quindi la curva di funzionamento della pompa rimane invariata, spostandosi invece il punto di lavoro al variare del carico del sistema.

Alla partenza, mentre la velocità di rotazione cresce, i motori asincroni a gabbia sono in grado di fornire un momento torcente pari a quasi il doppio di quello che erogano a regime e ciò può dare problemi a causa delle elevate correnti di spunto, ma d’altro lato rappresenta un vantaggio per gli utenti che vengono avviato sotto carico. Per ridurre la corrente di spunto all’inserimento diretto in linea si usa sostituire l’inserimento con commutazione stella–triangolo, soprattutto per i grandi motori, ma in questo caso è necessario ridurre il carico all’utente perché il torcente disponibile nei primi istanti viene ridotto a circa 1/3. Un’alternativa è rappresentata dall’uso di resistenze in serie agli avvolgimenti, sistema che permette una graduale variazione del torcente. Un sistema simile è quello detto “soft start”, che consiste in un sofisticato sistema elettronico di controllo della corrente.

Per quanto riguarda le pompe, l’avviamento a basso carico si realizza creando un ricircolo, in modo che la pressione alla mandata sia di poco superiore a quella all’aspirazione, ottenendo così una riduzione della potenza iniziale richiesta dell’80÷90%.

I motori elettrici devono soddisfare a particolari requisiti di isolamento in funzione delle condizioni ambientali, perciò nelle zone esposte, o nel caso siano collegati a pompe immerse, sono stagni (oppure del tipo wet motor) e raffreddati dal liquido proveniente dalla mandata della pompa.

I motori per utilizzi navali sono progettati per temperature ambiente di 45 °C e con un opportuno grado di protezione nei confronti dell’ingresso nel motore di corpi solidi (per esempio polveri) e di acqua. Tale grado è definito dal codice IP (Ingress Protection Number), che è formato da due numeri di cui il primo per il grado di protezione all’ingresso di corpi solidi, il secondo per il grado di protezione all’ingresso di liquidi (l’aggiunta della lettera W sta per weather–proofed ed indica l’uso anche in ambiente esposto alle intemperie).

La modalità di raffreddamento del motore è classificata tramite il codice IC (Cooling Category), che indica la categoria di raffreddamento con due cifre: la prima caratterizza il tipo di liquido di raffreddamento, la seconda il tipo di circolazione. I motori che sono inseriti in ambienti ove il ricambio d’aria è minimo (per esempio in una condotta), hanno i cuscinetti lubrificati e il raffreddamento degli avvolgimenti è fatto con il liquido del processo su

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cui è inserita la pompa. In questi casi il liquido pompato può lambire il contenitore del motore (eventualmente usando olio come liquido intermedio di refrigerazione) oppure la cassa esterna del motore. Un’altra soluzione è quella di far passare il liquido refrigerante fra statore e rotore (ma con avvolgimenti sigillati con un lamierino), è questo il motore wet rotor usato per piccole potenze. Infine, per le pompe immerse si usano motori bagnati (wet motor) in cui il liquido pompato lambisce sia il rotore sia l’avvolgimento.

IP − I CIFRA protezione nei confronti dei solidi

IP − II CIFRA protezione nei confronti dei liquidi

0 nessuna 0 nessuna

1 verso corpi ≥ 50 mm 1 da gocciolamento verticale

2 verso corpi ≥ 15 mm 2 c.s. entro 15° dalla verticale

3 verso corpi ≥ 2,5 mm 3 c.s. entro 60° dalla verticale

4 verso corpi ≥ 1,0 mm 4 da spruzzi d’acqua

5 verso la polvere 5 da getti d’acqua

6 da “green water”

7 da immersioni intermittenti

8 da immersioni continue

TABELLA 2.4.A Categorie di protezione per i motori elettrici.

Per avere un alto grado di protezione si ricorre ai motori con cassa completamente sigillata: non è permesso l’ingresso d’aria ed il raffreddamento è favorito da una pronunciata alettatura superficiale. I motori esposti all’ambiente marino sul ponte di coperta hanno cassa stagna, ventilazione naturale e cuscinetti sigillati, il loro grado di protezione è definito dal codice IP 56. I motori che si usano in ambienti ove possono essere presenti gas esplosivi hanno la caratteristica di avere la cassa stagna ai gas e devono essere classificati “a prova di fiamma” (flameproof) ed hanno un’appropriata classe di temperatura (classe che indica la massima temperatura sulla superficie della cassa) .

La variazione discreta della velocità di rotazione del motore elettrico viene effettuata nella pratica ricorrendo alla variazione del numero delle coppie polari p dell’induttore inserite in rete, ottenendo un numero limitato di velocità. In genere per le pompe di bordo la velocità si modula in maniera

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discreta solo su due valori (2po e po), ottenendo per una pompa dinamica velocità di rotazione che sono una la metà dell’altra e di conseguenza dimezzando la portata e riducendo ad ¼ la prevalenza. Infatti, in base alla legge di similitudine si ottiene che, indicate con i pedici 1 e 2 le caratteristiche di funzionamento di una pompa centrifuga per le velocità di rotazione n1 ed n2 [rpm], valgono le seguenti relazioni:

Q2 = (n2/n1) Q1 [m3/s]

h2 = (n2/n1)2 h1 [m] (2.4.B)

P2 = (n2/n1)3 P1 [W]

Per le pompe volumetriche la portata Q è proporzionale alla velocità di rotazione (velocità di manovella) e alla cilindrata, e dipende dal rendimento volumetrico che a sua volta è fortemente influenzato dalla velocità (decresce all’aumentare della velocità). Perciò un dimezzamento della velocità comporta, a meno dell’effetto di riempimento delle camere, il dimezzamento della portata.

Anche la commutazione stella–triangolo si presta alla regolazione della velocità (su due valori), ma è più scomoda, potendosi effettuare a motore acceso solo da stella a triangolo.

In alternativa la velocità può essere variata in maniera continua, ma in genere le pompe non richiedono tale tipo di regolazione. Solamente negli impianti oleodinamici può essere richiesta una variazione continua del flusso, e per queste applicazioni si utilizzano particolari pompe volumetriche a portata variabile.

In qualunque modo si realizzi, la variazione di velocità della girante permette di accordare il punto di lavoro una volta che si manifesta una variazione del carico del sistema: esso si troverà all’intersezione fra la nuova curva del sistema e la curva della pompa relativa alla nuova velocità. Se la regolazione è continua si può realizzare la costanza della pressione o della portata.

Per quanto riguarda poi l’arresto della pompa, lo spegnimento del motore comporta l’azionamento di freni elettromagnetici a disco che durante il funzionamento sono tenuti aperti da un attuatore a solenoide in antagonismo con una molla, essi sono in grado di assorbire il 100% del torcente fornito dal motore − e quelli per carichi sospesi di norma il 200% del torcente.

Nel caso di azionamento con motore alternativo a combustione interna (motore Diesel) o con turbina a vapore, la curva caratteristica Q–h della pompa è univocamente definita solo se è nota la legge di funzionamento del motore, ossia la correlazione PM(n) fra la potenza erogata P e la velocità di rotazione n dell’albero motore. Nei motori Diesel essa è funzione della

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modalità di regolazione del flusso di combustibile, nella turbina dipende dalla regolazione dell’immissione del vapore sulle palette.

Se sono note le curve caratteristiche della pompa per diverse velocità n, ossia le curve h(Q, n) e Pa(Q, n), e si conosce la legge di funzionamento del motore, si possono allora determinare le curve caratteristiche Q–h della pompa per predefinite potenze nominali (espresse in percentuali del maximum continuum rate − MCR) erogate dal motore al variare della velocità di rotazione.

Queste curve sono utili per determinare il punto di funzionamento della pompa al variare del carico idraulico, infatti quando si modifica la curva di resistenza del sistema si ha una variazione della velocità del motore ed il nuovo punto di lavoro si trova ricercando l’intersezione fra la nuova curva di carico e la nuova curva Q–h della pompa, calcolata per la potenza nominale erogata dal motore (per esempio il 100% o il 90% del valore di MCR).

Il procedimento per la determinazione per punti della nuova curva caratteristica della pompa a partire dalle curve PM(n), Pa(Q, n) e h(Q, n) può essere così riassunto: • per un prefissato valore di velocità n′ si rileva la potenza erogata PM′

utilizzando la curva PM(n), • nota la potenza erogata dal motore, ovvero la Pa′ assorbita dalla pompa,

dalla curva Pa(Q, n′) si risale alla portata Q′, • infine con la coppia (n′, Q′) si ricava la coppia (n′, h′) dalla curva h (Q,

n′) ottenendo un punto della nuova curva di funzionamento della pompa,

e procedendo per diversi valori della velocità n si ricostruisce la nuova curva caratteristica della pompa azionata, per esempio, da un motore Diesel.

2.5 – L’effetto della viscosità

La viscosità dinamica µ (misurata in [Ns/m2] oppure in centiPoise: 1 cP = 10-3 Ns/m2) lega gli sforzi tangenziali al gradiente di velocità, mentre la viscosità cinematica ν (misurata in [m2/s] oppure in centiStokes: 1 cSt = 10-6 m2/s = 1 mm2/s) è definita come rapporto tra quella dinamica e la massa volumica del fluido ρ [kg/m3]. A titolo di esempio si forniscono in Tab. 2.5.A i valori indicativi della viscosità cinematica di alcuni liquidi ampiamente convogliati nei circuiti di bordo.

Gli olii combustibili più viscosi sono quelli usati per i grandi motori di propulsione (motori lenti) e sono designati come HFO (heavy residual fuel oils). Per il pompaggio essi vengono riscaldati ad una temperatura massima di sicurezza di almeno 10÷20 °C al di sotto di quella di flash–point e comunque almeno superiore a quella di inizio della solidificazione (pour point).

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Le pompe dinamiche hanno un funzionamento fortemente influenzato dalla viscosità del fluido. Per quanto riguarda invece le pompe volumetriche, una caratteristica molto interessante che esse presentano è quella di non risentire praticamente della viscosità del liquido trattato, infatti la curva Q–h non si modifica apprezzabilmente al variare della viscosità.

LIQUIDO VISCOSITÀ CINEMATICA [cSt]

acqua a 20 °C e 0,1 MPa ≡ 1,0

olio combustibile HFO a 50 °C 200÷600 (800)

morchie oleose ≤ 2000

TABELLA 2.5.A Viscosità cinematica di alcuni liquidi trattati negli impianti di bordo.

Quando nelle pompe dinamiche la viscosità del liquido da sollevare aumenta, si ha un detrimento delle caratteristiche della pompa: a parità di velocità di rotazione della girante la portata e la prevalenza diminuiscono assieme al rendimento, e conseguentemente la potenza assorbita aumenta. Il rendimento della pompa centrifuga diminuisce mediamente fino al 60% per liquidi che hanno una viscosità dinamica pari a cento volte quella dell’acqua, perciò usualmente i valori compresi fra 100 cSt e 300 cSt sono ritenuti valori limite per l’uso di queste pompe − si veda la Tab. 2.5.B.

Può essere utile ricordare che esistono dei diagrammi di pratico utilizzo per la determinazione delle prestazioni di una pompa centrifuga funzionante con liquidi viscosi. Si tratta in sostanza di determinare una serie di coefficienti correttivi da applicare alle curve caratteristiche per funzionamento con l’acqua, per modificarne l’andamento nel campo dei valori di esercizio della portata.

viscosità dinamica µ /µacqua 1,0 10,0 100 1000

rendimento massimo ηmax 0,85 0,76 0,52 0,11

TABELLA 2.5.B Rendimenti tipici delle pompe centrifughe al variare della viscosità del liquido trattato.

Il metodo pratico più usato consiste nel selezionare le caratteristiche di portata Qo e prevalenza ho per la condizione di massimo rendimento ηo e successivamente di entrare in un abaco prima con detta portata, poi con detta prevalenza, poi con la viscosità cinematica del fluido µ ed infine con la velocità di rotazione n della pompa dinamica, ottenendo infine diversi valori (validi per diverse percentuali di portata rispetto a quella di massimo

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rendimento) dei coefficienti correttivi della portata fQ, della prevalenza fh e del rendimento fη.

2.6 – L’adescamento delle pompe

Il problema dell’adescamento riguarda essenzialmente le pompe dinamiche, infatti le pompe volumetriche sono generalmente in grado di aspirare il liquido anche quando sono riempite di gas (possono soffrire eventualmente di trafilamento dalle tenute). Un grande difetto delle pompe dinamiche è proprio quello di non essere auto–adescanti, ovvero di non aspirare il liquido se nella cassa è presente aria, o in generale un gas: se nella cassa viene pompata aria la prevalenza manometrica diventa dell’ordine di un millesimo di quella elaborata con l’acqua.

Le soluzioni che si possono adottare per permettere l’aspirazione sono le seguenti: • il posizionamento sotto battente dal lato aspirazione; • l’uso di una cassa ausiliaria che crei un battente all’aspirazione; • il posizionamento di una valvola di non ritorno all’aspirazione; • il posizionamento della pompa in un gomito ad “U”, in modo da evitare

il deflusso del liquido dalla cassa della pompa quando questa si ferma: all’avvio, tramite condotte di ricircolo servite da valvole automatiche l’acqua viene fatta ritornare nella cassa e piano piano la pompa espelle l’aria che arriva dalla condotta di aspirazione (questo procedimento è però causa di surriscaldamenti della pompa e del motore);

• l’uso di pompe ausiliarie per aspirare l’aria presente nella cassa della pompa risucchiando il liquido dall’aspirazione − si tratta di eiettori o di pompe volumetriche (a pistone o a lobi) o di pompe ad anello liquido, azionate in genere dallo stesso albero della pompa principale.

La soluzione più affidabile è quella di posizionare la girante della pompa sotto battente (nella posizione più bassa possibile), ma quando tale via non è percorribile si fa ricorso a pompe ad anello liquido, infatti le pompe volumetriche danno minore affidabilità a causa degli elementi mobili che tendono ad usurarsi più velocemente.

Le pompe ad anello liquido funzionano sfruttando l’azione di risucchio esercitata da una girante che porta in movimento assieme aria ed acqua. La massa d’acqua, sotto l’azione della forza centrifuga indotta dal moto della girante, lambisce le pareti della cassa mentre l’aria rimane tra l’acqua e l’asse di rotazione: poiché la cassa ha forma ovale, l’acqua in un quarto di giro si allontana dal centro risucchiando l’aria da una luce, ed in un altro quarto di giro si avvicina all’asse spingendo fuori l’aria da un’altra luce.

Nella camera ove è alloggiata la girante devono essere sempre presenti sia acqua che aria, per tale motivo la cassa è immersa in un contenitore con

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uno sfogo di livello ed è collegata all’aspirazione con la condotta da sfiatare. Quando il compito della pompa è stato espletato, un galleggiante blocca l’ingresso dell’acqua e la pompa si spegne per azione di una valvola automatica che rileva la depressione all’aspirazione.

Può essere anche previsto un impianto centralizzato che serve più pompe: in questo caso la centralina costituita da due pompe ad anello liquido mantiene in depressione una bombola (polmone) a cui sono collegate le aspirazioni di ventilazione delle casse delle pompe.

2.7 – Gli eiettori

Gli eiettori sono pompe dinamiche senza organi meccanici in movimento che convertono l’energia potenziale di un fluido trascinante in energia cinetica creando un getto che origina una depressione dalla quale viene aspirato il fluido di processo, il cosiddetto fluido trascinato.

Il fluido trascinante (driving fluid) viene immesso nel corpo dell’eiettore tramite un ugello, ed in questo modo gran parte dell’energia da esso posseduta viene trasformata in energia cinetica, esce poi dall’ugello con un’alta velocità arrivando in una camera ove è presente il fluido da pompare (pumped fluid). A questo punto il getto, in virtù della velocità posseduta, richiama il fluido da trascinare creando una depressione e quindi un flusso di fluido trascinato. Una volta che i due fluidi si sono mescolati ad alta velocità nel corpo cilindrico dell’eiettore, essi vengono convogliati nel diffusore per un parziale recupero della pressione.

In genere il fluido trascinante è acqua, aria o vapore (vapore d’acqua o d’olio), quello pompato aria o acqua. In particolare gli eiettori che pompano liquidi vengono detti pompe a getto.

La potenza ceduta dal fluido trascinante viene calcolata come:

PD = ρD g QD hD [W] (2.7.A)

dove con ρD [kg/m3] si indica la massa volumica del fluido trascinante, con QD [m3/s] la portata volumica e con hD [m] l’energia specifica ceduta dalla sezione di immissione a quella d’uscita. La potenza utile, quella assorbita dal fluido di processo, viene calcolata analogamente come:

PP = ρP g QP hP [W] (2.7.B)

dove con ρP [kg/m3] si indica la massa volumica del fluido pompato, con QP [m3/s] la portata volumica e con hP [m] l’energia specifica assorbita dalla sezione di immissione a quella d’uscita.

Su queste basi il rendimento dell’eiettore si calcola come rapporto fra la potenza assorbita dal fluido pompato e quella ceduta dal fluido trascinante:

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η = PP / PD [-] (2.7.C)

Tale rendimento varia fortemente in funzione del rapporto fra le portate dei due fluidi ed è generalmente piuttosto basso – varia infatti da 0,25 a 0,30 ed è influenzato dal fenomeno della cavitazione. Nel calcolo del rendimento si considera che il fluido trascinante sia disponibile a costo nullo, ma in realtà a volte è necessario dotare l’eiettore di una pompa ad alta pressione per l’invio di detto fluido, di conseguenza il rendimento si riduce ancor più.

Il notevole vantaggio offerto dagli eiettori è quello di non avere parti mobili (e quindi non richiedere lubrificazione e controllo delle tenute), di essere auto–adescanti e di non creare problemi in ambienti con vapori infiammabili.

Queste macchine trovano utilizzo come pompe booster − in questi casi come fluido trascinante si usano aria o vapori d’acqua −, come deareatori delle casse delle pompe centrifughe (sistema di adescamento), oppure come dosatori qualora si voglia diluire un fluido in un flusso portante (pompe di dosaggio). Le portate arrivano a 100 m3/h e le pressioni differenziali in genere non superano i 10 bar.

2.8 – Le tipologie di pompe dinamiche per i servizi scafo

Esistono diverse tipologie costruttive di pompe dinamiche per i servizi scafo. Fermo restando che per impianti di piccole imbarcazioni e per impianti che richiedono potenze limitate la pompa può essere una pompa dinamica monostadio a semplice ingresso, qui di seguito in Tab. 2.8.A si elencano quelle turbo−macchine che più si prestano a risolvere i particolari problemi dei diversi servizi di bordo.

Come anticipato, quando possibile sono usate le pompe centrifughe monostadio a semplice ingresso con asse verticale e motore elettrico direttamente sull’asse, eventualmente corredate con sistemi di adescamento. Disponendo l’asse verticalmente si riduce l’ingombro, si migliora l’accessibilità per la manutenzione (a questo scopo si usano anche a girante aperta) e si aumenta il battente sulla girante favorendo l’adescamento e riducendo i problemi di cavitazione.

Questa semplice pompa può avere la flangia di aspirazione laterale o assiale, prestandosi perciò all’inserimento in una linea o all’estremità di una linea, per esempio per aspirare da una cassa o da una sentina.

La pompa a singolo ingresso si usa preferibilmente per piccole portate, mentre per grandi portate è necessario ridurre il rischio di cavitazione e si ricorre quindi al doppio ingresso, ossia a pompe con giranti che elaborano il flusso in parallelo. Quando possibile queste pompe sono disposte ad asse verticale, favorendo con ciò una minore flessione dell’albero e quindi

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l’efficacia delle tenute, ma se l’unità di potenza è un motore Diesel o una turbina a vapore, le pompe si dispongono ad asse orizzontale per il collegamento senza rinvii.

SERVIZIO TIPOLOGIA DI POMPA

pompa “end suction” sentina

pompa verticale a doppio ingresso laterale

zavorra sentina antincendio lavaggio cisterne circolazione acqua dolce scarico cisterne circolazione acqua di mare esaurimento grandi masse

pompa orizzontale a doppio ingresso laterale scarico cisterne

pompa centrifuga multistadio dissalatore ad osmosi

pompa immersa e pompa wet pit cisterna del carico (product tarker)

pompa multistadio “wet pit” e pompa multistadio a doppio ingresso

cisterna del carico (product tarker)

pompa a flusso misto esaurimento grandi masse

pompa assiale

assetto e bilanciamento trasversale sbandamento (navi rompighiaccio) antirollio booster

pompa a disco sentina

pompa “non−clogging” sanitari

TABELLA 2.8.A Tipologie di pompe dinamiche per i servizi di bordo.

Si ricorre alle pompe multistadio per ottenere elevate pressioni e portate significative, come nel caso dei grandi impianti di dissalazione ad osmosi o nel caso delle pompe di scaricazione delle cisterne delle navi chimichiere.

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Un tipo particolare di pompe centrifughe utilizzate a bordo è rappresentato dalle pompe immerse posizionate nelle casse, che possono essere semplici pompe monostadio con girante appesa collegata direttamente al motore (elettrico o idraulico), dette semplicemente pompe immerse, oppure collegate tramite un lungo albero al motore posto al di sopra della cassa, dette pompe a pozzo bagnato (wet pit pumps). In queste ultime il tubo di mandata può essere posto attorno all’albero (con doppia tenuta sulla girante) o essere separato, inoltre l’albero può necessitare di appoggi intermedi. Il sistema “dry pit” tende a non essere usato per ovvi problemi di riduzione degli ingombri.

Anche questi servizi possono sentire l’esigenza di elaborare elevate pressioni e portate, si fa quindi uso di pompe immerse multistadio (da 2 a 15 stadi), preferibilmente a flusso misto, azionate da motori posti più in alto e collegati tramite lunghi alberi, queste ultime sono dette Vertical Turbine Pumps (VTP). Quando sono a flusso radiale possono eventualmente avere un doppio ingresso laterale − e quindi a bilanciamento assiale − per migliorare le tenute, oppure ancora con tenuta radiale in contro−pressione per ridurre i rischi di esplosione nel caso vengano trattati fluidi infiammabili.

Fra le pompe dinamiche, le pompe a flusso misto trovano impiego per pressioni e portate medie, mentre le pompe assiali sono impiegate per elevate portate e basse pressioni. Molto spesso esse sono posizionate in linea nelle condotte (e sono mosse da un motore elettrico): il vantaggio è quello di non comportare eccessive variazioni di direzione del flusso.

Per quanto riguarda le pompe ad elica, va osservato che esse sono utilizzate ove si manifesta un vantaggio dalla reversibilità della spinta e dalla bassa resistenza offerta quando la girante ruota in folle per effetto di un flusso esterno. Inoltre queste pompe si prestano anche alla regolazione continua della portata, ma solo per basse prevalenze, intervenendo sull’orientazione delle pale (in maniera meccanica o idraulica).

Un tipo particolare di pompa assiale è quella multistadio con rotori che assomigliano a quelli dei compressori − ossia con molte palette che si estendono a spirale su un grande tamburo −. Tali pompe si prestano ad elaborare flussi con grandi quantità di gas o vapori (fino all’80%÷90%), ma con basse pressioni e medie portate.

Gli eiettori infine trovano applicazione come pompe di adescamento, come pompe di vuoto, oppure anche come pompe di dosaggio in vari impianti dei servizi scafo.

Particolari tipi di pompe che non presentano problemi di elaborazione di flussi con solidi in sospensione vengono utilizzate per gli scarichi dei sanitari. Si tratta di pompe centrifughe con girante aperta o addirittura a

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flusso libero − le cosiddette “non−clogging” pumps. Pompe analoghe per i fluidi molto viscosi sono le “pompe a disco”, dove due dischi paralleli in movimento trascinano fluidi viscosi con solidi in sospensione (adatte a flussi fino a 200 m3/h ed in grado di generare pressioni di 30 bar).

Negli impianti a vapore le pompe centrifughe multistadio sono usate sia per l’alimentazione delle caldaie, sia per l’estrazione dal condensatore.

Le condizioni di funzionamento richieste dai servizi di bordo sono in genere tali da creare buone condizioni di lavoro per le pompe dinamiche, che vengono scelte in luogo di quelle volumetriche a meno che non si debbano elaborare fluidi molto viscosi oppure che non siano richieste pressioni molto elevate (in alternativa alle pompe centrifughe multistadio) oppure condizioni di funzionamento alle quali più si presta la curva Q–h tipica delle pompe volumetriche (costanza della portata).

2.9 – Le pompe volumetriche

Le pompe volumetriche sono pompe in cui non vi è trasformazione di energia cinetica in energia di pressione ma quest’ultima è generata dalla pressione statica che si esercita sulle parti mobili della macchina. La velocità impressa al fluido è in genere piuttosto bassa se confrontata con quella generata dalle pompe dinamiche. Queste pompe infatti sono in grado di generare pressioni statiche fino a 10000 bar, anche se usualmente arrivano fino a circa 1000 bar, ma sono adatte ad elaborare portate inferiori a quelle delle turbopompe.

Queste pompe possono avere diverse configurazioni in funzione della forma delle pareti mobili con cui il fluido è forzato dalla bocca di aspirazione a quella di mandata. Si distinguono essenzialmente: • pompe alternative a stantuffo, quando l’elemento mobile che determina

la formazione della cavità è uno stantuffo che scorre, con moto alterno, all’interno di un cilindro (il volume di controllo è quello del cilindro fra punto morto inferiore e superiore);

• pompe rotative, contraddistinte da elementi mobili dotati di moto rotatorio i quali imprigionano il fluido spingendolo verso la mandata (il volume di controllo è una cavità che avanza). A loro volta queste ultime possono avere elementi mobili di diversi tipi: “a vite”, “ad ingranaggi”, “a lobi” ed “a palette”.

La portata volumica Q delle pompe volumetriche è esprimibile in maniera analitica come prodotto fra il volume complessivo delle camere di lavoro e la frequenza di elaborazione dei volumi di liquido. Essa si mantiene costante al variare della pressione di scarico se le camere hanno delle tenute

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efficaci, mentre diminuisce con la pressione di scarico se si verificano trafilamenti.

Si noti che nella trattazione delle pompe volumetriche in luogo di prevalenza manometrica si parla di differenza di pressione fra mandata ed aspirazione, cosicché la potenza effettivamente trasmessa al fluido – indicata con P e misurata in [W] – viene definita come:

P = Q ∆p [W] (2.9.A)

dove ∆p [Pa] è la pressione differenziale elaborata dalla pompa (o più semplicemente la pressione di mandata). Va inoltre osservato che se la pressione si fa molto elevata diventa necessario considerare la comprimibilità del fluido sia nel calcolo della potenza che in quello della portata massica.

I rendimenti di queste pompe presentano la caratteristica di variare molto poco con la portata, con la tendenza comunque a diminuire quando aumenta la velocità d’azione poiché si creano difficoltà di riempimento. D’altro lato il rendimento meccanico tende a migliorare quando aumenta la differenza di pressione, infatti il fluido del processo si comporta spesso da lubrificante sulle parti della camera di lavoro che sono in movimento reciproco, creando un film di liquido che penetra fra gli organi meccanici in maniera tanto più efficace quanto maggiore è la pressione alla quale si trova − va osservato che questo film è generato dal flusso di trafilamento.

Per quanto riguarda il problema della cavitazione, valgono le stesse osservazioni fatte nel caso delle pompe dinamiche riguardo alla definizione ed all’uso del parametro NPSH, anche se questo viene ora espresso in termini di pressione e viene più propriamente definito NPIP (Net Positive Inlet Pression). Inoltre, poiché queste pompe sono spesso utilizzate con olii, il problema della cavitazione può diventare importante. Si osservi però che in realtà una pompa volumetrica soffre della cavitazione in quanto si creano delle fluttuazioni di pressione di shock sui componenti che delimitano la camera e quindi si riduce la vita a fatica degli elementi strutturali. La vaporizzazione comporta anche problemi di riempimento delle camere di lavoro: in pratica la portata massica si riduce.

Il valore del parametro NPIPr dovrebbe essere fornito anche per queste pompe al variare della velocità, ma in pratica i costruttori si limitano a dare il valore della minima pressione di aspirazione a regime.

Per queste pompe non si presenta il problema dell’adescamento, in quanto esse sono generalmente in grado di aspirare il liquido anche quando sono riempite di gas. Ciò riguarda più precisamente le pompe con camere di lavoro dotate di guarnizioni (pompe alternative) − e comunque tutte quelle in cui la tenuta è ben realizzata.

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Una caratteristica molto interessante delle pompe volumetriche è quella di non risentire della viscosità del liquido trattato: la curva Q–h infatti non si modifica apprezzabilmente nelle pompe alternative e diventa addirittura più favorevole nelle pompe rotative.

Per quanto riguarda l’accoppiamento con il motore, valgono le stesse osservazioni fatte nel caso delle pompe dinamiche.

2.10 – Le pompe volumetriche alternative

Le pompe a stantuffo sono costituite da una cassa cilindrica nella quale scorre un pistone connesso ad un vano al quale sono collegate le tubature di aspirazione e di mandata dotate di valvole di non ritorno disposte in modo da permettere il flusso in direzioni opposte. In questo caso le valvole sono automatiche, ma è possibile installare in alternativa due valvole comandate da parti meccaniche del motore primo che trascina la pompa: ciò rende possibile la regolazione della pressione sfasando l’apertura delle valvole.

Queste pompe sono azionate da motori elettrici, da motori a combustione interna o da turbine a vapore, collegati attraverso un meccanismo formato da manovella, biella, testa a croce e stelo oppure da un sistema ad eccentrico. In alternativa sono mosse da motori lineari costituiti da cilindri, coassiali a quelli di pompaggio, mossi da aria, olio o vapore in pressione. Dal sistema rotativo si ottiene una portata che, per ogni ciclo utile del singolo pistone, ha andamento sinusoidale, mentre dal sistema a pistoni lineari si ha un andamento più omogeneo delle velocità e quindi una curva di portata quasi rettangolare. In queste ultime si possono avere pistoni del motore ad alesaggio differente per l’avviamento e per il funzionamento in regime.

Un tipo particolare di pompe alternative a motore lineare è rappresentato dalle pompe a diaframma, in cui l’elemento alternativo è costituito da un’asta che porta alle estremità due dischi: sulle superfici interne dei due dischi può agire il fluido motore, mentre quelle esterne sono affacciate sul fluido di processo − in pratica si tratta di un pistone a doppio effetto su cui lavora sia il fluido motore che quello di processo. Il nome deriva dal fatto che le tenute laterali sono realizzate con diaframmi elastici. La pompa si presta all’elaborazione di fluidi viscosi a basse portate e pressioni.

In generale si ottiene un moto periodico con portate discontinue, che si possono regolarizzare solo utilizzando più pistoni con moto sfasato e stantuffi a doppio effetto. Per rendere sempre più omogenea la portata è usuale aumentare gli stantuffi: si va da 2 a 3, 4, 5, 6, 7 o 9 stantuffi. A causa della complessità costruttiva e delle pulsazioni nel flusso, le pompe vengono dotate, sulla mandata, di accumulatori pneumatici, ove tale soluzione non è

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fattibile si usano pompe con un numero elevato (e dispari) di pistoni − in genere 9 o 11.

In alcune configurazioni gli stantuffi possono essere in linea e collegati ad un albero a gomiti, in altre a stella. Esistono anche configurazioni con stantuffi disposti parallelamente all’albero motore, in questi casi i pistoni sono collegati ad un piatto inclinato rispetto alla cassa.

Un particolare tipo di pompe alternative è quello in cui gli stantuffi, disposti parallelamente o radialmente rispetto all’albero motore, vengono comandati a variare la corsa in modo da ottenere una regolazione continua della portata. Tali pompe, costruttivamente molto complesse, a bordo sono utilizzate esclusivamente nei circuiti oleodinamici di potenza (per esempio nelle timonerie).

Le curve caratteristiche delle pompe alternative mettono in luce la peculiarità di poter mandare, a velocità costante, la stessa portata per qualsiasi pressione entro la disponibilità di potenza del motore primo e la possibilità di resistenza meccanica della pompa: la prevalenza è infatti indipendente dalla portata ed è imposta esclusivamente dalle condizioni di funzionamento del sistema (perciò sulla mandata è obbligatoria una valvola di sicurezza). Tale caratteristica può costituire un vantaggio quando la pompa è utilizzata come dosatore oppure, per esempio, quando si vuole un movimento controllato − ossia a velocità costante − dell’utilizzatore (è il caso di sistemi oleodinamici di controllo e di potenza), ma può costituire un problema se si desidera un impianto che si auto–regola, infatti per aumenti eccessivi della pressione alla mandata si può avere il collasso del sistema.

La portata volumetrica media è proporzionale all’alesaggio, alla corsa, al numero degli stantuffi ed al numero di cicli al secondo di aspirazione e mandata. Detto V [m3] il volume della camera cilindrica fra il punto morto inferiore e quello superiore ed f [1/s] il numero di cicli utili al secondo, vale:

Q = ηV f V [W] (2.9.A)

dove ηV è il coefficiente di riempimento, perciò, poiché ηV non varia apprezzabilmente con la pressione di scarico, si realizza in pratica la costanza della portata al variare del carico.

Come detto, le curve caratteristiche indicano che la portata Q è praticamente costante al variare della pressione allo scarico, e ciò vale anche per la potenza P ceduta al fluido. Per questo motivo, ossia per evidenziare le piccole variazioni di Q e P, è usuale rappresentare tali grandezze in funzione della pressione di scarico mettendo in rilievo che la portata ha un andamento linearmente decrescente mentre la potenza è linearmente crescente. Queste curve dipendono dalla comprimibilità del fluido e sono perciò riferibili solamente al fluido per il quale sono state ottenute.

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Per quanto riguarda i rendimenti, va osservato che i termini parziali assumono tutti valori piuttosto elevati: il rendimento volumetrico (relativo al riempimento delle camere di lavoro ed ai trafilamenti) vale ηV = 0,95÷0,99; quello idraulico (collegato alle perdite di carico nei condotti e nelle valvole ed all’inerzia del liquido nel moto accelerato e decelerato all’interno del cilindro) vale ηY = 0,87÷0,97; quello organico vale infine ηO = 0,88÷0,97.

É interessante notare che il rendimento volumetrico diminuisce all’aumentare della pressione differenziale a causa della compressibilità del fluido, mentre quello idraulico diminuisce proporzionalmente alla pressione di scarico per effetto della non completa apertura delle valvole allo scarico (laminazione). Infine, il rendimento meccanico diminuisce per utilizzi a pressioni inferiori a quella di progetto.

Per una valutazione del rendimento idraulico si possono confrontare il ciclo reale e quello ideale tracciati nel piano pressione−volume p–V: essi rendono conto del lavoro che deve essere svolto in più a causa dell’inerzia del fluido, sia per far entrare il liquido (si deve creare una maggiore depressione iniziale), sia per farlo uscire (si deve generare una maggiore pressione iniziale).

Il rendimento volumetrico diminuisce all’aumentare della velocità di manovella a causa del minor riempimento dei vani di trasporto del liquido sia per filtrazione, sia per riflussi alle valvole e perciò in genere le pompe a stantuffi devono essere collegate ai motori tramite riduttori. Molto importanti risultano a tale riguardo le tenute sui pistoni, infatti per pressioni più elevate (fino a qualche migliaio di bar) si realizzano tenute metalliche accoppiate a premitrecce con guarnizioni che imprigionano il fluido − tali pompe sono dette “a pistoni tuffanti” −, mentre per basse pressioni (fino a circa 150 bar) le tenute si ottengono con fasce elastiche. Le prime sono usate per il trattamento di liquidi che rilasciano vapori infiammabili.

In conclusione, i rendimenti ηY ed ηV di queste pompe, una volta fissata la velocità di azionamento, tendono a compensarsi fra loro al variare della pressione di scarico e praticamente il rendimento della pompa risulta condizionato da quello meccanico, risultando perciò proporzionale alla pressione di lavoro.

Si osservi che nel caso delle pompe a stantuffo i picchi di accelerazione all’aspirazione determinano le condizioni più critiche nei confronti della cavitazione, comportando però più problemi di fluttuazione delle pressioni − e quindi di fatica meccanica − che di erosione. Le condizioni critiche di funzionamento di queste pompe si hanno infatti quando la pompa incomincia a scaricare l’aria ed a pompare liquido: in questa circostanza la forte variazione di volume specifico comporta pulsazioni di pressione che causano

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l’affaticamento degli organi metallici, perciò è preferibile non usare pompe d’adescamento ausiliarie per l’innesco di grandi e costose pompe a pistoni.

La regolazione della portata si può realizzare direttamente sulla pompa variando la velocità di rotazione del motore oppure, come anticipato, limitando la corsa dei pistoni.

Le pressioni elaborate allo scarico da queste pompe trovano un limite solo nelle richieste operative: in genere le pompe a stantuffi tuffanti si trovano in catalogo fino pressioni di 3500 bar. Le portate volumetriche possono anche competere con quelle delle pompe dinamiche, ma l’alta velocità d’azionamento ne compromette il rendimento e l’alta cilindrata ne compromette la resistenza a causa delle elevate sollecitazioni che si hanno sulle parti meccaniche a causa del moto alternato − si raggiungono comunque portate fino a 500 m3/h con pressioni di 100 bar.

2.11 – Le pompe volumetriche rotative

Caratteristica comune a tutti i tipi di pompe rotative è la semplicità costruttiva accompagnata da un basso costo; fra i diversi tipi si menzionano: • le pompe ad ingranaggi, • le pompe a lobi, • le pompe a vite, • le pompe a palette.

La portata fornita da queste pompe può arrivare a qualche migliaio di metri cubi all’ora (ma non costituisce il punto forte di questa tipologia di pompe), con una velocità di rotazione sufficientemente elevata da permettere sempre l’accoppiamento diretto con il motore elettrico che le aziona. La pressione può essere molto elevata e raggiungere qualche migliaio di bar.

Il rendimento totale delle pompe rotative è compreso fra 0,70 e 0,90 a causa di valori modesti del rendimento volumetrico: le fughe sono tanto maggiori quanto maggiore è la prevalenza, quanto minore è la velocità di rotazione e quanto minore è la viscosità del fluido trattato. Le curve caratteristiche mostrano infatti un crescente decremento della portata all’aumentare della pressione allo scarico, decremento che diventa meno accentuato quando vengono elaborati liquidi ad alta viscosità − per i quali la portata diventa pressoché costante.

Le pompe ad ingranaggi sono pompe formate da una cassa entro la quale una coppia di ruote dentate (un pignone ed una ruota trascinata) ingrana trasportando fluido nel meato fra i denti ed il corpo (pompa ad ingranaggi esterni). Un’alternativa è rappresentata da due ruote concentriche ma non coassiali, una con ingranaggio esterno ed una, a maggior numero di

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denti, con ingranaggio interno (pompa ad ingranaggi interni): in questo caso il fluido rimane imprigionato fra i denti delle ruote.

Queste pompe sono utilizzabili solamente con fluidi lubrificanti a causa degli elevati attriti che si generano fra gli organi in movimento. La tenuta è garantita dalla viscosità del fluido e dalla velocità di rotazione, mentre l’adescamento è automatico fino a dislivelli di 4÷8 m in colonna d’olio. La pompa ad ingranaggi esterni viene utilizzata per generare pressioni molto alte (fino a 400 bar) e trova impiego soprattutto nelle trasmissioni idrauliche (circuiti oleodinamici), potendo lavorare anche come motore, e grazie alla sua compattezza, al suo basso costo ed alle alte pressioni che può generare è la più usata fra quelle volumetriche rotative. Quella con ingranaggi interni fornisce pressioni molto basse (1.5 MPa) e portate minori rispetto alla prima, ma è più indicata per pompare fluidi viscosi e fluidi con sospensioni abrasive. Le portate arrivano fino a 3000 m3/h.

Le pompe a lobi non sono altro che particolari pompe ad ingranaggi interni in cui le ruote hanno solo due o tre denti. Sono adatte ad elaborare fluidi viscosi ma soprattutto fluidi con solidi in sospensione anche di grandi dimensioni, quindi non necessariamente lubrificanti; esse sono però inclini ad indurre fluttuazioni nel flusso e vibrazioni. Elaborano pressioni limitate a 30 bar e le portate arrivano fino a 300 m3/h.

Le pompe a vite sono costituite da una cassa entro la quale ruotano uno o più alberi con filettatura a vite (in realtà le pompe sono ad una, a 2 oppure a 3 viti). Nella pompa a singola vite l’albero provoca un movimento orbitale del rotore a vite (collegato all’albero del motore con un albero cardanico), movimento obbligato dalla forma della cassa sulla quale è ricavata la filettatura a doppio principio. Quando le viti sono due il moto è sincronizzato da un accoppiamento meccanico fra gli assi oppure è trascinato dal fluido, quando sono tre, una di esse è conduttrice e le altre sono trascinate: i due principi delle viti trascinate − con senso di filettatura contrario rispetto alla principale − e quello unico della vite conduttrice costituiscono, insieme alla cassa, dei vani chiusi che vengono trascinati verso la mandata.

Queste pompe sono spesso utilizzate per il trasporto di un fluido piuttosto che per creare una prevalenza ed hanno un flusso pressoché continuo, da cui l’assenza di vibrazioni e la silenziosità. La spinta della mandata viene bilanciata con la creazione, sullo stesso albero, di due corpi contrapposti con aspirazione in comune, oppure con canali per compensazione delle pressioni assiali.

Esse sono adatte per lavorare con fluidi ad alta viscosità, soprattutto quelle a tre viti, potendo elaborare fluidi aventi viscosità cinematica fino a 5000 cSt ma con portate molto basse al massimo di circa 1,0 m3/h (si osservi infatti che per tutte le pompe volumetriche all’aumentare della viscosità del

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fluido è necessario ridurre la velocità di rotazione allo scopo di mantenere alti rendimenti). Le pompe a due viti consentono portate fino a di 2000 m3/h.

Le pompe a moto sincronizzato si prestano per elaborare anche fluidi non lubrificanti poiché la distanza fra le due viti è garantita meccanicamente, nelle altre invece si possono elaborare solo fluidi lubrificanti (qui la distanza fra le viti è garantita dal fluido − ed è anche all’origine di trafilamenti). In generale le pompe a vite forniscono al massimo 250 bar.

La pompa ad una sola vite si usa preferibilmente per liquidi con particelle in sospensione, portate e pressioni non sono elevate.

Nelle pompe a palette (vane pumps) il volume di trasporto è generato da palette alloggiate radialmente nel corpo di un rotore eccentrico rispetto alla cassa: esse possono scorrere radialmente seguendo con l’estremità il profilo della cassa, alla quale sono tenute premute da molle. L’immissione circonferenziale del flusso può essere fatta su uno o più tratti della circonferenza del rotore.

In genere queste pompe sono a semplice o doppia mandata, ed in quest’ultimo caso generano una portata più uniforme, con riduzione del carico radiale sui cuscinetti causato dal fatto che le palette lavorano solo su parte della circonferenza; inoltre presentano la possibilità di parzializzare la portata (regolazione discreta della portata). Tali pompe possono trattare fluidi a bassa viscosità, e possono fornire alte pressioni (fino a circa 250 bar) e portate elevate (fino a qualche centinaio di m3/h), prestandosi all’utilizzo in circuiti oleodinamici anche come motori.

2.12 – Le tipologie di pompe volumetriche per i servizi scafo

A bordo delle navi le pompe volumetriche trovano largo impiego: le pompe a stantuffi sono adatte ai servizi di drenaggio (stripping) soprattutto delle sentine oleose (liquidi ad alta viscosità), tra queste quelle con grande portata sono utilizzate per lo scarico delle cisterne di greggio o di altre sostanze molto viscose (bitumi) − si veda la Tab. 2.12.A. In genere si tratta di pompe mosse da motori rotativi.

Negli impianti oleodinamici di controllo e di potenza, per i servizi più vari (per esempio negli impianti di coperta), sono utilizzate pompe alternative con pistoni di piccole e medie dimensioni assieme a pompe rotative a palette (ed a ruote dentate); esse trovano applicazioni sia come pompe vere e proprie, sia come motori idraulici.

Le pompe a vite e ad ingranaggi (ma anche a pistoni) trovano applicazione negli impianti di circolazione degli olii, per esempio nei circuiti di lubrificazione e nelle linee di alimentazione dei motori. Per l’iniezione si usano pompe a pistoni tuffanti.

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SERVIZIO TIPOLOGIA DI POMPA

pompa a pistoni con motore lineare

sentina stripping delle cisterne

pompa a pistoni con motore alternativo

sentina scarico cisterne del greggio stripping della sentina sentina oleosa

pompa a pistoni, pompa a palette e pompe ad ingranaggi

impianti oleodinamici

pompe ad ingranaggi e pompe a vite lubrificazione

TABELLA 2.12.A Tipologie di pompe volumetriche per i servizi di bordo.

2.13 – Le caratteristiche costruttive delle pompe

Gli standard di costruzione stabiliscono i tipi dei materiali e delle tenute con riferimento ai diversi liquidi trattati ed agli ambienti di lavoro. Per esempio, se il fluido trattato è infiammabile, allora è necessario impedire al liquido ed ai vapori o gas di venire a contatto con parti calde della pompa (ossia i cuscinetti) ed il motore deve essere impermeabile ai gas ed avere un’opportuna classe di temperatura; se invece il fluido è trattato a basse temperature (gas liquefatti) o è corrosivo, i materiali per elementi meccanici e tenute devono essere specificamente selezionati.

Per quanto riguarda i materiali, valgono le considerazioni fatte nella trattazione delle tubolature di bordo. In aggiunta si osserva che i materiali per le pompe devono avere buone caratteristiche di duttilità, per resistere agli shock ed alle vibrazioni cui le parti strutturali sono soggette durante il funzionamento, di durezza superficiale, per resistere all’erosione che si manifesta soprattutto sulle parti mobili nelle zone in cui il fluido acquista più velocità, e per resistere alla cavitazione. In generale vale quanto segue: • le pompe che trattano acqua di mare sono preferibilmente in leghe di

rame (bronzi), di rame–nichel e di nichel, oppure in acciai inossidabili; • quelle adibite al servizio di acqua dolce usano materiali meno costosi,

quali ghise grigie e ghise duttili, acciai al carbonio ed acciai legati;

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• le pompe per l’olio (combustibile, di lubrificazione o degli impianti oleodinamici) sono in materiali diversi, dalle ghise agli acciai ed ancora ai bronzi;

• le pompe per il greggio sono in acciai inossidabili e quelle per prodotti chimici o gas liquefatti sono in leghe di nichel.

Va tuttavia precisato che, mentre per le casse si può tollerare un materiale meno pregiato, per le giranti, che sono le parti più sollecitate, è obbligatorio usare materiali resistenti. Per questo motivo le giranti sono di un materiale almeno pari, in quanto a caratteristiche di resistenza, a quello delle casse: per le casse sono quindi spesso usati ghise ed acciai e per le giranti acciai inossidabili e bronzi o leghe di nichel.

Per quanto riguarda le pompe a volumetriche alternative, per gli stantuffi si usano i materiali indicati per le giranti delle pompe dinamiche, ricorrendo preferibilmente a materiali leggeri per ridurre le forze inerziali che si generano nel moto alterno – per esempio leghe di alluminio.

I cuscinetti delle pompe sono usualmente del tipo a sfera o a rullo, questi ultimi anche inclinati per assorbire contemporaneamente spinte radiali e assiali.

Con il termine “tenute” si indicano quei sistemi che impediscono al fluido del processo di uscire dalla cassa della pompa attraverso i meati che si formano tra i cuscinetti e l’albero, ove cioè la superficie dell’albero striscia su quella del cuscinetto. Esse sono realizzate in maniere differenti, e sono scelte in funzione della pericolosità dei trafilamenti (tossici, infiammabili, inquinanti), del tipo di fluido elaborato dalla cassa (con riferimento, per la scelta del materiale, in particolare modo al valore del pH) e della differenza di pressione fra l’interno della cassa e l’ambiente esterno.

In un cuscinetto senza tenute il flusso di trafilamento Qt [cm3/min] si sviluppa in maniera proporzionale alla differenza di pressione ∆pt [bar] e all’altezza del meato ht [mm], ed in maniera inversamente proporzionale alla lunghezza del cuscinetto lc [mm] e alla viscosità dinamica del liquido µ [cP]. Considerando le unità di misura appena introdotte, sulla base dell’ipotesi di flusso laminare entro il meato, vale:

Qt = 0,00156 (dc / lc) (ht3 ∆pt) /µ [cm3/min] (2.13.A)

dove dc [mm] è il diametro del cilindro. Si vede perciò che la tenuta si rende tanto più necessaria quanto maggiore sono il gioco e la differenza di pressione, mentre è favorita dalla lunghezza del meato. Ci si affida in genere a sistemi senza una vera e propria tenuta quando sono tollerati piccoli trafilamenti che poi vengono convogliati verso la condotta di aspirazione.

Il più semplice sistema di tenuta su un cuscinetto si realizza con tenute formate da anelli in elastomeri (lip sels) che vengono fissati alla cassa e

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strisciano sull’albero. Si tratta in pratica di anelli elastici con sezione labirintica tenuti eventualmente in posizione da molle metalliche: costituiscono una debole barriera, usata per tenute secondarie ed efficace fino a 10 bar ed a velocità superficiali di 40 m/s. Questo tipo di tenuta risulta invece molto più efficace sugli accoppiamenti pistone−cilindro, riuscendo a sostenere pressioni fino a 2000 bar, ma va osservato che qui le velocità relative medie non superano i 2,0 m/s. Un particolare tipo di tenute ad anelli elastici è rappresentato da quelle tipo “hover” che vengono spinte ad aderire agli elementi in movimento relativo dallo stesso movimento o dalla pressione esercitata da un fluido secondario (sealing fluid).

Un sistema tipico per le tenute degli alberi delle pompe è quello cosiddetto “a premitrecce” (soft packing) in cui anelli di stoppa o di materiali sintetici di sezione quadrata sono alloggiati fra cuscinetto ed albero, compressi assialmente da un anello metallico o radialmente da un liquido in pressione e lubrificati dall’esterno; questa soluzione è preferita quando il liquido da trattare è corrosivo (per esempio acqua di mare). Il sistema viene usato anche per le tenute fra pistone e cilindro nelle pompe a pistoni tuffanti.

Nella configurazione semplice gli anelli di trecce sono imprigionati fra la cassa e l’elemento in movimento. Quanto invece la tenuta deve fare fronte a forti pressioni o deve sigillare un fluido pericoloso, si usano più serie di anelli tenute in posizione da distanziatori ed in corrispondenza di tali distanziatori si predispone la mandata del fluido di lubrificazione (sistemazione a lanterna).

I materiali per la costruzione degli anelli di tenuta possono essere selezionati fra diversi tipi, che vengono scelti in base alle pressioni, alle temperature ed al valore del pH del fluido del processo.

Ogni prodotto trova poi limitazioni nella massima velocità tollerabile di strisciamento (velocità media dell’albero o del pistone nel ciclo di lavoro) e ad ogni materiale va correlata il più adatto tipo di lubrificante. Inoltre, vista la scarsa resistenza meccanica di alcune di queste fibre, si rende a volte necessario creare materiali compositi (o supporti esterni alle fibre da collocare in serie agli anelli) e, a causa della scarsa resistenza al calore, a volte sono anche necessari il raffreddamento oppure l’isolamento dal fluido di processo con anelli di materiali ad alta conducibilità termica (alluminio, rame) affinché il calore venga smaltito verso la cassa. Fra i materiali si distinguono: • le fibre vegetali, • fibre di vetro, • fibre e fili sintetici, • fibre di carbonio,

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• fibre e nastri di grafite, • fibre ceramiche.

Le fibre vegetali (cotone, lino, canapa, ramiè) hanno limitata resistenza chimica ed al calore e si prestano molto bene ad adattarsi alla sede di lavoro; vengono impregnate con dispersioni di PTFE, con grasso oppure con grafite per aumentare la resistenza al calore ed a valori estremi di pH ed anche per aumentare la resistenza meccanica e per migliorare le caratteristiche antifrizione delle fibre di base (si veda la tabella comparativa − Tab. 2.13.A). Fra tutte la canapa è la più usata per circuiti d’acqua dolce e salata in bassa pressione ed a temperature ambientali, mentre il ramiè è una fibra molto robusta ma necessita di lubrificazione poiché abrasiva.

Le fibre di vetro sono molto resistenti agli attacchi chimici ed hanno buona resistenza meccanica perciò, grazie al loro basso costo, trovano vasto utilizzo per medie ed alte pressioni. Necessitano di lubrificazione.

CAMPI D’USO

MATERIALE pressione massima [bar]

temperature estreme [°C]

pH del fluido

fibre di cotone 70 65°÷100° (130°) da 5 a 10

fibre di lino 80 0°÷90° (150°) da 5 a 10

fibre di canapa 80 < 120° da 6 a 9

fibre di ramiè 250 −30°÷120° da 4 a 11

fibre di vetro 210 < 650° da 4 a 12

fibre aramidiche 350 (−275°) −85°÷300° da 2 a 13

PTFE 350 (−275°) −100°÷280° da 0 a 14

fibre di carbonio 210 −85°÷430° (2000°) da 0 a 14

fibre di grafite 400 < 340° (500°) da 0 a 14

nastri di grafite 350 −240°÷500° da 0 a 14

fibre ceramiche − < 1200° −

TABELLA 2.13.A Campi d’uso dei materiali non metallici per tenute.

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I materiali sintetici sono di diversi tipi e fra questi si rammentano: le fibre aramidiche sono molto dure i prestano per tenute di liquidi aggressivi, ma poiché tendono ad essere abrasive gli alberi devono essere induriti superficialmente, per questo motivo quando sono intrecciate sono anche impregnate di lubrificante; le trecce formate da fili in PTFE (nome commerciale: Teflon) sono molto usate per la loro resistenza agli agenti chimici, hanno alta resistenza meccanica (ma per le alte pressioni, avendo bassa resilienza, gli anelli vengono separati da dischi in fibra di vetro) e qualità antifrizione elevatissime (non necessitano di lubrificazione). Anche poliammidi (nome commerciale: Nylon) sono usati per la buona resistenza all’abrasione e la possibilità di essere impiegati a secco (tenute sugli steli delle valvole). I materiali fin qui citati sono termoplastici, ma anche i materiali termoindurenti trovano impiego per le tenute.

Le fibre di carbonio, sebbene piuttosto costose, sono scelte per l’alta conducibilità termica oltre che per le buone caratteristiche antifrizione e per l’alta resistenza agli aggressivi chimici. Vengono rinforzate con filamenti metallici per aumentarne la resistenza meccanica alle alte pressioni (in ambiente ove l’ossigeno è stato eliminato resistono fino a temperature elevatissime (circa 2000 °C).

La grafite si presenta in forma di fibre che vengono usate per produrre trecce oppure in forma di nastri ad alta purezza. Caratteristica di base di questo materiale è l’auto−lubrificazione e ciò fa sì che l’uso sia esteso anche alle alte temperature e pressioni. Gli anelli in grafite vengono anche preformati con struttura a nido d’ape allo scopo di costituire tenute elastiche. Questo materiale è usato soprattutto alle alte temperature.

Le fibre ceramiche (per esempio silicati d’alluminio) sono fibre molto dure adatte ad alte pressioni − ma a causa della bassa resilienza sono spesso irrobustite da filamenti di metalli ad elevata resistenza. Per quanto riguarda le velocità d’impiego, ossia le velocità relative delle superfici affacciate (albero−cuscinetto o pistone−cuscinetto), i materiali fin qui citati si prestano a valori di 3,0 m/s e più, fanno eccezione però le fibre ceramiche che vengono preferibilmente impiegate per basse velocità (fino a 0,5 m/s) soprattutto per le tenute delle valvole e la grafite, con la quale si possono ottenere tenute per velocità di 30 m/s e più.

Si rammenta ancora che il PTFE non necessita di lubrificanti, così come la grafite: entrambi possono essere usati a secco a basse velocità, anche se il tasso d’usura si fa maggiore ed entrambi sono impiegati come lubrificanti. Per gli altri materiali si usano anche lubrificanti naturali (olii o grassi vegetali ed animali) anche di origine minerale (mica, grafite) oppure sintetica (clorofluorocarburi, PTFE e soprattutto siliconi). La scelta viene fatta in base alla compatibilità con il materiale della tenuta e con il fluido di processo, oltre che in base alla massima temperatura d’esercizio prevista.

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Un altro sistema molto efficace di tenuta è la cosiddetta “tenuta metallica” in cui un anello fissato sull’albero (e portato in rotazione dallo stesso) viene spinto, da una molla coassiale all’albero, a strisciare su un secondo anello fissato alla cassa: la tenuta è realizzata per contatto fra i due elementi in moto relativo e garantita dall’azione della molla. Questo sistema è semplice e viene usato nel 95% delle tenute delle pompe oggigiorno costruite. Diventa obbligatorio inoltre alle alte pressioni e per tenute stagne al passaggio di gas.

Sui pistoni la tenuta viene resa efficace anche dalla configurazione stessa del pistone, infatti il flusso di trafilamento viene ostacolato dall’estensione della lunghezza dell’accoppiamento che si realizza con i pistoni tuffanti e dalla fine rifinitura superficiale degli elementi a contatto.

Per quanto riguarda i materiali, va detto che fra l’elemento in rotazione e quello fisso sono costruiti con materiali particolarmente duri (acciai legati, materiali ceramici, carburi di silicio o di tungsteno) e tra i due viene posto un anello in materiale che favorisca lo scivolamento, ossia un materiale dalle caratteristiche antifrizione come la grafite o il PTFE (anche qui lubrificati), oppure costruito in un materiale parimenti duro.

Un altro metodo, in genere accoppiato con uno dei sistemi precedentemente descritti, è quello di applicare una contro−pressione dall’esterno della tenuta, in modo da ridurre la pressione differenziale cui deve fare fronte la tenuta stessa. Infatti per realizzare una sicurezza aggiuntiva sulla tenuta delle guarnizioni, specialmente quando si elaborano fluidi tossici o dai vapori infiammabili, si realizzano contro–pressioni con casse poste in alto come per le pompe del carico di navi petroliere.

Per ciò che concerne i supporti, va osservato che fra il telaio di sostegno e la cassa sono inseriti opportuni resilienti, atti a smorzare le vibrazioni trasmesse allo scafo. Infine, il collegamento con il motore è realizzato per via diretta con flangiatura, oppure tramite l’interposizione di una giunto che sia in grado di correggere eventuali disassamenti statici o dinamici.

Si tratta in questi casi di giunti in grado di assorbire la flessione dell’albero della pompa oppure di giunti dotati di cedevolezza torsionale per assorbire repentine variazioni di torcente.

2.14 – L’uso di bordo: i servizi per lo scafo

Prima di passare allo studio degli impianti di tubolatura può essere utile analizzare le caratteristiche delle pompe utilizzate per le diverse necessità di bordo. Per questo motivo nelle pagine a seguire verranno illustrate le particolarità delle pompe a partire da quelle per i servizi di scafo.

Come osservazione generale, si fa notare che in ogni impianto è generalmente prevista l’installazione di due pompe in parallelo, ma solo per

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ragioni di sicurezza (le pompe sono intercambiabili), infatti usualmente esse non funzionano in parallelo se non in casi particolari (come per esempio quelle di approvvigionamento d’acqua dolce). Esistono invece sistemazioni in cui si verifica il funzionamento in serie (pompe booster), come per esempio è previsto che in situazioni particolari la pompa adibita allo scarico delle cisterne della nave possa non essere in grado di fornire la prevalenza necessaria, sia per un carico eccessivo, sia per problemi di cavitazione.

Servizio antincendio – Le pompe hanno l’aspirazione su una presa a mare e trattano acqua di mare con pressioni elevate (da 70 a 130 mH2O) e portate che vanno da poche decine a 1000 m3/h (valori minimi fissati da normative); per questo servizio sono installate più pompe lungo la nave allo scopo di rendere più sicuro e flessibile il loro utilizzo in casi di emergenza. Sono utilizzate pompe centrifughe monostadio a doppia aspirazione, orizzontali o verticali, su albero a due supporti oppure a sbalzo, oppure pompe a due stadi. Si utilizzano anche pompe immerse multistadio con motore elettrico sull’asse o con motore collegato più in alto. Sono mosse da motori elettrici o motori Diesel. Negli impianti di spegnimento a schiuma si usano pompe di alimentazione delle manichette del tipo volumetrico (pompe rotative) per quanto riguarda il concentrato, e pompe centrifughe per l’acqua.

Servizio di sentina ed esaurimento grandi masse – Queste pompe necessitano di basse prevalenze, non superiori a 50 mH2O (sufficienti a vincere il battente dovuto al mare) e necessitano di portate fino a qualche centinaio di metri cubi all’ora (valori minimi fissati dalle normative). Sono utilizzate pompe centrifughe monostadio, generalmente verticali su albero a sbalzo, funzionanti anche immerse. Soffrono problemi di adescamento e perciò possono essere sostituite con pompe immerse. Per necessità di drenaggio possono essere usate pompe volumetriche di diverso tipo. Sono comandate a volte da un sistema a galleggiante.

Servizio di trasferimento morchie oleose – Sono usate pompe volumetriche di diverso tipo con portate da 2 a 10 m3/h e pressioni da 3 a 7 bar, adatte a fluidi con viscosità da 10 a 2000 cSt.

Servizio di zavorra – Queste pompe elaborano portate da 100 a 5000 m3/h con prevalenze minori di 50 mH2O. A causa del basso battente che possono avere svuotando le casse hanno problemi di cavitazione e quindi hanno velocità limitate, ovvero portate non superiori a 500 m3/h. Inoltre soffrono di problemi di adescamento. Sono utilizzate pompe centrifughe monostadio a doppia aspirazione, orizzontali o verticali, su albero a due supporti oppure a sbalzo, oppure pompe immerse o ancora pompe assiali reversibili.

Servizio di bilanciamento – Si tratta delle pompe per le casse di sbandamento e di assetto, convenientemente di tipo assiale, sia per le alte

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portate (fino a qualche migliaio di m3/h), sia per le basse prevalenze (al massimo 10÷20 mH2O), sia ancora per le caratteristiche intrinseche di reversibilità del moto, potendo in questo modo ridurre la complessità dell’impianto ad una sola condotta trasversale di collegamento fra le casse.

Servizi generali – Queste pompe sono messe in comune fra diversi utenti principali, per esempio per servizi di circolazione d’acqua, di sentina, di zavorra ed antincendio. Si tratta di pompe centrifughe verticali monostadio. Per soddisfare i requisiti dei diversi sistemi a cui sono collegate, possono avere sistemi di regolazione della velocità.

Impianti di produzione d’acqua dolce – si utilizzano pompe centrifughe monostadio a doppia aspirazione. Hanno portate molto variabili, in funzione della dimensione dell’impianto e del tipo (da 5 a 200 m3/h) e prevalenze fino a 60 mH2O. Sono mosse da motori elettrici. Se il dissalatore è del tipo ad osmosi inversa si usano pompe multistadio (con pressioni fino a circa 70 bar).

Impianti di circolazione dell’acqua – Queste pompe possono avere tutte le configurazioni fin qui elencate, mosse da motori elettrici, con portate fino a qualche centinaio di metri cubi all’ora e prevalenze fino a 60 mH2O.

Impianti oleodinamici – Le pompe possono fornire potenza ai macchinari di coperta, alle pompe del carico, agli impianti per la movimentazione delle boccaporte e per il carico (bighi, gru) ed alle timonerie. Le pressioni di lavoro degli impianti di potenza vanno da 40 bar a circa 350 bar. Nei sistemi oleodinamici di controllo possono essere piccole pompe volumetriche a stantuffo, mentre nei sistemi di potenza sono dei diversi tipi (a stantuffi o rotative).

2.15 – L’uso di bordo: i servizi per il carico

Le pompe per il carico presenti a bordo di alcune navi, per la precisione navi petroliere, chimichiere e navi per il trasporto di gas liquido, meritano qualche parola in più. Innanzitutto va detto che queste pompe sono progettate per effettuare la sola scaricazione della nave, in quanto la caricazione è fatta per mezzo delle stazioni di pompaggio di terra (pompe dei terminali petroliferi o delle industrie chimiche o dei gasdotti).

Per quanto riguarda le navi petroliere, le pompe per il carico devono adattarsi ai diversi petroli greggi o raffinati che vengono trasportati, aventi diversi valori di temperatura di pompaggio, di viscosità, di densità e di pressione di vapore. La prevalenza alla mandata deve essere tale da far arrivare il liquido fino alle cisterne di stoccaggio, che possono essere lontane centinaia di metri dal terminale petrolifero, oppure fino alla prima stazione di pompaggio. In genere le prevalenze vanno da 120 a 180 mH2O con portata

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complessiva delle pompe di bordo tale da riuscire a scaricare l’intera nave in un tempo massimo di 24 ore (con potenze complessive delle pompe fino a 7 MW). Usualmente, per motivi di flessibilità e sicurezza, le pompe sono tre o quattro e le singole portate possono variare quindi dai 700 m3/h ai 9000 m3/h corrispondenti rispettivamente circa a 4000 barili all’ora ed a 56000 barili all’ora, dove il barile è l’unità di misura internazionale per i prodotti petroliferi, pari a 42 galloni americani ed a 159 litri. Il progetto prevede che le pompe lavorino contemporaneamente sulle diverse cisterne per scaricare la nave nei tempi dovuti, e non contempla pompe aggiuntive di sicurezza.

I materiali utilizzati devono essere compatibili con i liquidi trattati, quindi in generale dovranno essere anche “non–sparking” quando i liquidi sono infiammabili. In alcuni casi devono essere compatibili anche con l’acqua di mare, quando le stesse pompe vengono utilizzate per scaricare l’acqua di lavaggio delle cisterne.

Queste pompe vengono installate in un locale pompe ricavato fra il locale apparato motore e l’ultima cisterna del carico, dalla quale è diviso da un’intercapedine stagna. Le pompe si posizionano in basso per ridurre i problemi di adescamento e di cavitazione, inoltre i motori (elettrici o Diesel, oppure ancora turbine a vapore) vengono messi nella vicina sala macchine ed il collegamento di potenza è realizzato con alberi che attraversano la paratia stagna intermedia per via di un passaggio stagno (stagno anche ai gas). Il problema legato al rischio di fuoriuscita di gas infiammabili viene risolto con adeguate tenute ad acqua in contro–pressione realizzata con casse di battente, e contemporaneamente la temperatura dei cuscinetti è costantemente monitorata per evitare esplosioni dovute all’incendio dei gas che potrebbero lambire gli stessi cuscinetti.

In questo caso le pompe utilizzate, visto il rapporto fra prevalenza e portata sono pompe dinamiche centrifughe monostadio a doppia aspirazione, con albero verticale od orizzontale a doppio appoggio. Quando le portate sono relativamente più basse, si possono usare anche pompe verticali a girante appesa, ma sempre monostadio a doppia aspirazione.

Un problema sofferto da queste pompe è quello della cavitazione, in quanto la pressione di aspirazione non è molto elevata e, durante la scaricazione cala fino quasi ad annullarsi; inoltre la tensione di vapore dei greggi è generalmente alta. Ciò limita la velocità di rotazione della pompa (in genere non superiore a 1800 rpm) ed obbliga a soluzioni atte a ridurre il valore del parametro NPSHr. Quando si verificano condizioni limite di cavitazione si usano pompe assiali come pompe di alimentazione di quella principale (booster). In tale configurazione sono preferibili quelle con palettature a comportamento super–cavitante.

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Un altro punto critico del funzionamento di queste pompe è quello dell’aspirazione dei gas presenti nelle cisterne, infatti quando il battente alla campana di aspirazione in cisterna è basso, viene risucchiata anche la miscela di gas inerte presente sopra la superficie del liquido. Per adattarsi a questa condizione di funzionamento le pompe devono essere necessariamente auto–adescanti. In ogni caso è previsto un sistema di sfiatamento funzionante in maniera continuativa durante il pompaggio. Esso è costituito da una cassa di separazione e raccolta dei gas e dei vapori − posta davanti alla pompa − collegata ad una pompa ad anello liquido: al crescere del livello dei gas nella cassa viene ridotta la portata della pompa intervenendo su una valvola di regolazione posta alla mandata. Il controllo è continuo e automatico, e viene attivato da trasduttori di livello posti nella cassa di separazione.

Per ovviare a tutti i problemi sopra illustrati, è usuale installare, soprattutto nelle super–petroliere, pompe volumetriche a stantuffi, mosse da una turbina a vapore. Si fa ricorso a pompe volumetriche di diverso tipo quando il fluido è particolarmente viscoso (ossia quando si tratta di greggi paraffinici o materie poco fluide come i bitumi).

Un impianto alternativo è quello che prevede l’utilizzo di pompe immerse nelle cisterne, ciò viene realizzato per navi petroliere di piccole e medie dimensioni che trasportano petroli di caratteristiche diverse (in genere più di due tipi), oppure più usualmente per navi chimichiere che caricano diversi tipi di prodotti chimici (liquidi anche molto corrosivi, a temperature fino a 70°C), o ancora per navi adibite al trasporto di gas di petrolio LPG, gas naturale LNG o altri gas chimici (in piccole cisterne pressurizzate ed eventualmente refrigerate, oppure in grandi cisterne a pressione ambiente e fortemente refrigerate).

Questo sistema garantisce la segregazione e favorisce la flessibilità di carico della nave. Per questo motivo sulla nave si possono avere dalle 10 alle 20 (o addirittura 40) pompe per il carico. Ogni pompa serve la cisterna in cui è immersa, ma per motivi di sicurezza può servire una o più cisterne vicine, con una portata di 50÷1600 m3/h. Le prevalenze possono essere relativamente più basse rispetto a quelle delle pompe delle grandi navi, da 70 a 150 mH2O.

Queste pompe, del tipo centrifugo o misto (VTP) generalmente a doppio stadio, devono essere adescate perché le casse possono contenere gas e devono avere una valvola di non ritorno in alto sulla mandata, per evitare la caduta di fluido nella cisterna, oltre ad un sistema di ricircolo per il drenaggio a gas inerte delle condotte. Le dimensioni possono essere notevoli, con un corpo molto lungo (dai 12 ai 18 metri) per connettere le giranti, tramite un lungo albero, al motore elettrico o idraulico presente sul ponte di coperta.

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Nelle petroliere (product tankers) , in luogo delle pompe immerse del tipo VTP, si usano preferibilmente pompe centrifughe monostadio verticali con girante appesa o multistadio e motore idraulico direttamente collegato alla pompa, connesso con lunghe tubolature verticali alle condotte dell’impianto oleodinamico centrale, le cui pompe sono collocate in una sala pompe annessa al locale apparato motore. In questi casi sono necessarie pompe con cavità di bilanciamento della pressione poiché il battente all’ingresso può essere molto elevato. Il blocco motore è contenuto in una cassa stagna. Le portate variano da 40 a 500 m3/h.

Nella tabella 2.15.A sono riportati alcuni esempi di scelta delle pompe per diverse tipologie di trasporto di carico liquido alla rinfusa.

TIPO DI NAVE SERVIZI PER IL CARICO

petroliera FPSO 15 cisterne per una capacità di 324000 m3 15 pompe immerse idrauliche da 1500 m3/h

petroliera

15 cisterne per una capacità di 351000 m3 3 gradi di segregazione 3 pompe centrifughe verticali mosse da turbina a vapore da 5000 m3/h

petroliera

21 cisterne per una capacità di 514000 m3 3 gradi di segregazione 3 pompe centrifughe verticali mosse da turbina a vapore da 5000 m3/h

product tanker 12 cisterne per una capacità di 55000 m3 6 gradi di segregazione 12 pompe immerse idrauliche da 600 m3/h

product tanker 10 cisterne per una capacità di 20000 m3 5 gradi di segregazione 10 pompe immerse idrauliche da 300 m3/h

cisterna per prodotti alimentari (succo d’arancia)

16 cisterne per una capacità di 29000 m3 2 gradi di segregazione 8 pompe volumetriche elettriche per il succo concentrato 8 pompe centrifughe elettriche per il succo fresco

TABELLA 2.15.A Esempi di pompe per i servizi del carico.

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Anche nelle cisterne per trasporto di gas liquefatto si usano pompe immerse nelle cisterne. Le pompe appese con motore sul ponte (VTP) sono le più usate, esse dovranno essere in genere pompe multistadio per generare le prevalenze richieste dal carico alla mandata, in alternativa possono essere collocate nelle cisterne le più semplici e leggere pompe monostadio, in serie a pompe assiali che fanno da booster poste sul ponte di coperta. Si ricorre anche a pompe appoggiate sul fondo con motore anch’esso immerso, ma in genere non nelle navi per il trasporto di gas liquefatto a basse temperature ricorrendo a motori elettrici stagni oppure del tipo wet rotor, si da realizzare un migliore isolamento della pompa (non si possono usare motori idraulici). Le portate variano da 15 a 1200 m3/h.

Nella tabella 2.15.B sono riportati alcuni esempi di scelta delle pompe per diverse tipologie di trasporto di gas liquefatto.

TIPO DI NAVE SERVIZI PER IL CARICO

gasiera (LNG) 4 cisterne per una capacità di 138000 m3 8 pompe immerse elettriche da 1700 m3/h

gasiera (LPG) 2 cisterne per una capacità di 9000 m3 2 pompe centrifughe verticali mosse una da 400 m3/h ed una da 650 m3/h

TABELLA 2.15.B Esempi di pompe per i servizi del carico.

Sulle navi petroliere e chimichiere sono necessarie anche pompe per lo stripping, ossia per il drenaggio quando il battente è basso.

Si tratta di pompe che vengono installate nel locale pompe o in ogni cisterna, conformemente a quanto detto per le esigenze del carico. Sono pompe volumetriche rotative (da 40 a 100 m3/h) – anche pompe a diaframma su alcune navi chimichiere, ma per portate al di sotto di 60 m3/h – che lavorano spesso con fluidi ricchi di gas e vapori. In altri casi si usano pompe volumetriche a stantuffi nel locale pompe (da 100 a 350 m3/h) o collocate nelle cisterne, queste ultime possono essere mosse da aria compressa o da vapore o ancora da gas inerte a bassa pressione (con portate limitate, da 5 a 10 m3/h) spinti direttamente in cilindri posti sullo steso albero di quelli di pompaggio.

In generale sia sulle pompe di stripping, sia sulle pompe del carico si sente l’esigenza di ridurre la velocità all’avvicinarsi della fine delle operazioni di scarico, infatti la cavitazione e la ventilazione si fanno sempre più accentuate. A questo scopo si riduce la velocità del motore o, quando le pompe sono centrifughe, si azionano valvole di riduzione della portata poste sulla mandata delle pompe stesse.

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Nell’impianto per la produzione di gas inerte delle navi cisterna sono necessarie portate d’acqua anche per il lavaggio dei gas e per le tenute idrauliche, queste sono realizzate da impianti con normali pompe centrifughe monostadio con portate non elevate e medie prevalenze.

Infine servono anche pompe per il lavaggio delle cisterne: la pompa deve fornire acqua di mare ad un riscaldatore ed infine alle manichette di lavaggio, con prevalenze dell’ordine dei 150 mH2O e portate dai 15 ai 250 m3/h. Si tratta di pompe centrifughe monostadio o a doppio stadio, oppure di pompe VTP multistadio. Il lavaggio del tipo COW (Crude Oil Washing) viene realizzato con pompe che garantiscono a ciascuna manichetta una portata fino a 150 m3/h ed una pressione di circa 10 bar.

Anche nelle navi che trasportano carichi secchi alla rinfusa si può effettuare il carico e lo scarico del materiale tramite tubolature: nelle stive viene aggiunta acqua e la miscela di acqua con sospensioni solide viene pompata tramite pompe che sono generalmente centrifughe monostadio, dovendo avere grandi portate (300÷13000 m3/h) e prevalenze non trascurabili (40÷80 mH2O) ottenute con l’ausilio spesso di pompe booster. Le giranti hanno materiali più robusti e di forma particolare per flussi con solidi in sospensione (solidi fino al 70% in peso). Pompe complementari servono per l’apporto d’acqua di mare nelle cisterne durante la scaricazione, per il lavaggio delle condotte e per l’evacuamento dell’acqua imbarcata nella fase di caricazione.

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