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GIUGNO 2021 REVISIONE REGOLAMENTO TEN-E POSITION PAPER

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GIUGNO 2021

REVISIONE REGOLAMENTO TEN-E

POSITION PAPER

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REVISIONE REGOLAMENTO TEN-EPOSITION PAPER IN VISTA DEL CONSIGLIO EUROPEO DELL’ENERGIA DEL 11 GIUGNO 2021

Questa nota elabora un ragionamento sulle posizioni che l’Italia dovrebbe supportare durante il Consiglio dell’Energia del 11 giugno 2021 nel quale si discuterà la revisione del regolamento TEN-E in vista delle negoziazioni con il Parlamento Europeo nella seconda metà del 2021. La nota si focalizza su tre punti sui quali l’Italia può giocare un ruolo decisivo, in particolare riguardo il bisogno di nuove infrastrutture a gas, il ruolo dell’idrogeno e la governance del regolamento stesso.

MESSAGGI CHIAVE1. In Europa e in Italia non vi è più bisogno di nuove infrastrutture a gas per la sicurezza dei si-

stemi e accompagnare la transizione energetica. L’Italia dovrebbe perciò sostenere l’esclusio-ne di nuove infrastrutture a gas naturale dal nuovo regolamento di progetti per infrastrutture transnazionali allineandosi alla richiesta degli altri undici Stati Membri1.

2. L’idrogeno blu non può essere considerato una tecnologia intermedia per problemi legati allo sviluppo delle reti, complessità tecniche e competitività futura rispetto all’idrogeno ver-de. L’Italia dovrebbe perciò sostenere l’inclusione nel nuovo regolamento soltanto di progetti infrastrutturali mirati dove non esiste alternativa e solo per l’idrogeno verde, da ottenere con l’uso di fonti di energia rinnovabile, in linea con l’obiettivo di neutralità climatica al 2050.

3. La governance del regolamento deve garantire trasparenza, l’utilizzo di dati scientifici e indi-pendenti, e accountability per dare più garanzie di controllo pubblico sulla programmazione e finanziamento delle infrastrutture.

1 Austria, Belgio, Germania, Danimarca, Estonia, Irlanda, Lussemburgo, Lettonia, Paesi Bassi, Spagna e Svezia

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CONTESTO POLITICONell’ultimo decennio, il regolamento sulle reti transeuropee per l’energia (TEN-E) è diventato uno strumento chiave per costruire un sistema energetico Europeo interconnesso e resiliente alle crisi di approvvigionamento. Ora che progressi significativi sono stati raggiunti, l’attuale re-visione della TEN-E dovrebbe spostare il suo obiettivo dalla fornitura di energia alla programma-zione di un sistema infrastrutturale resiliente e in linea con gli obiettivi di decarbonizzazione di 1,5 gradi e della neutralità climatica al 2050. Nel recente comunicato G7 della Ministeriale Clima e Ambiente2, il Ministro Cingolani si è impegnato a trasformare il sistema energetico in linea con l’obiettivo 1,5 e il net-zero. Rivedere il regolamento TEN-E in quest’ottica è il primo passo per una vera implementazione degli impegni climatici internazionali e nazionali. Inoltre, nell’ultimo scenario dell’Agenzia Internazionale per l’energia, si chiarisce definitivamente che il gas non può essere considerato un “combustibile di transizione” poiché si prevede che il consumo di gas a livello globale raggiungerà il suo picco entro il 2025”.

La capacità dell’Unione Europea di realizzare il progetto del Green Deal europeo dipende in gran parte dalla decarbonizzazione del suo sistema energetico, responsabile di più del 75% delle emissioni3. A causa della durata della vita delle infrastrutture energetiche, le decisioni infrastrut-turali prese oggi sono decisive per raggiungere o ostacolare gli obiettivi al 2050. Esse hanno an-che un impatto significativo nell’indirizzare la transizione di altri settori economici, come quello industriale tramite elettrificazione o idrogeno. Secondo l’ultimo rapporto AIE4, che delinea come limitare l’aumento delle temperature mondiali a 1.5° secondo gli obiettivi dell’Accordo di Parigi, non è più necessario investire in infrastrutture per l’approvvigionamento di combustibili fossili incluso il gas naturale. Nello specifico nel settore elettrico si prevedono emissioni zero già nel 2035 nei Paesi con economie avanzate come l’Italia, la riduzione dei consumi gas nel solo settore elettrico, necessaria per dare spazio alle fonti rinnovabili, evidenzia la ridondanza delle infrastrut-ture gas nei paesi europei.

Q&A 1 Perché l’Italia non ha bisogno di sostenere l’ammissibilità di nuovi progetti a gas?

Gli obiettivi Europei di decarbonizzazione che l’Italia ha sottoscritto richiedono di indirizzare gli investimenti nel settore energetico unicamente in tecnologie in linea con il raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050. Investire in infrastrutture che rimarranno operative per decenni ma la cui utilità già nel medio periodo è incompatibile con gli scenari di decarbonizza-zione equivale ad uno spreco di risorse pubbliche, con danno per i consumatori e la competitivi-tà delle imprese. Allineare le infrastrutture agli scenari più progressisti permetterebbe invece di evitare ingenti spese in futuro.  

2 Comunicato G7 della Ministeriale Clima e Ambiente: https://assets.publishing.service.gov.uk/government/uplo-ads/system/uploads/attachment_data/file/988551/g7-climate-environment-communique.pdf 3 Commissione europea: https://ec.europa.eu/info/sites/default/files/european-green-deal-communication_en.pdf4 AIE: https://www.iea.org/reports/net-zero-by-2050

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Il ruolo di nuovi progetti in gas naturale come combustibile di transizione ha raggiunto la fine del suo percorso in Europa e in Italia e pertanto nuovi progetti infrastrutturali per il gas naturale non dovrebbero essere inclusi nei nuovi regolamenti. A livello UE la domanda di gas fossile ha già raggiunto il suo picco nel 2010 e sta diminuendo in più di metà degli Stati membri, inclusa l’Italia. Secondo le stime della Commissione Europea, la quantità di gas naturale usato dovrebbe diminuire di almeno il 32-37%5 entro il 2030 rispetto all’attuale. Tuttavia, secondo uno studio recente di Global Witness6, gli investimenti europei già programmati vedrebbero la capa-cità dell’UE di importare gas naturale aumentare del 35%, generando costi non recuperabili che ricadrebbero sui consumatori. Infine, occorre ricordare che molti dei progetti già inclusi in pas-sato sono stati costruiti con notevole ritardo7, cosa che rende l’infrastruttura oggi in programma ulteriormente incompatibile con la decarbonizzazione.

Non fa eccezione l’Italia dove i consumi finali di gas naturale sono progressivamente diminuiti8 dal picco del 2005. Come si può vedere nei grafici sotto riportati, i consumi sono diminuiti in tutti i settori almeno fino al 2014, quando hanno registrato una ripresa nel solo settore termoelettrico, anche a fronte del rallentato sviluppo delle rinnovabili nel nostro paese. Tuttavia, nei prossimi 15 anni il gas verrà progressivamente e completamente sostituito da fonti rinnovabili supportate da tecnologie abilitanti come stoccaggi, demand side management e reti elettriche. Ad oggi le rinnovabili contribuiscono per circa il 35% dei consumi elettrici; l’obiettivo del Piano Nazionale Energia e Clima (PNIEC) è fissato al 55% entro il 2030. Tale obiettivo andrà fortemente innalzato nella revisione del PNIEC a seguito del nuovo target europeo di decarbonizzazione al 2030, pas-sato dal -40 al -55% rispetto al 1990. Gli obiettivi recentemente dichiarati del governo sull’au-mento della quota di energia rinnovabile nella produzione elettrica suggeriscono una quota del 72%9 entro il 2030, in linea con lo scenario della AIE per una decarbonizzazione completa del settore elettrico entro il 2035. Tale obiettivo è necessario per rimanere in linea con l’obiettivo di 1,5 dell’Accordo di Parigi e come contributo equo dei paesi avanzati alla lotta al cambiamento climatico. Tale percentuale di penetrazione delle rinnovabili lascia uno spazio contendibile sul mercato elettrico, tra gas naturale ed import del solo 28%.

A fronte di consumi in calo e tecnologie abilitanti alternative già competitive con nuovo gas, non sono pertanto necessarie10 nuove infrastrutture transfrontaliere, poiché quelle esistenti sono già capaci di soddisfare la domanda di gas mentre la capacità di import11 e quella di stoccaggio12

sono aumentate negli ultimi anni.

5 Commissione europea: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/?uri=CELEX:52020SC0176 6 Global Witness (2020) Report “Pipe down”: https://www.globalwitness.org/en/campaigns/oil-gas-and-mining/pipe-down/ 7 CAN Europe: https://caneurope.org/candidate-projects-5th-pci-list-briefing-push-fossil-gas/ 8 Ispra: https://www.isprambiente.gov.it/files2021/pubblicazioni/rapporti/r343-2021.pdf 9 Domani editoriale: https://www.editorialedomani.it/politica/italia/cingolani-pnrr-transizione-energetica-rinnova-bili-2030-piano-cosa-prevede-n7q2hyvk 10 Carbon tracker: https://carbontracker.org/reports/foot-off-the-gas-italy/11 Ministero della Transizione Ecologica: https://dgsaie.mise.gov.it/bilancio-gas-naturale 12 Snam: https://www.snam.it/it/trasporto/dati-operativi-business/5_Dati_operativi_stoccaggio/

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Negli ultimi decenni il gas naturale ha giocato un ruolo chiave che ha permesso di sostituire parte di fonti fossili maggiormente emissive (quali carbone e prodotti petroliferi) nel mix energetico ita-liano. Infatti, tra il 1990 e il 2019 la quota di gas naturale è aumentata dal 26,3% al 39,2%13 sul totale dei combustibili consumati e, nel 2019, il gas occupava una quota del 48.2% sulla produzione elet-trica totale. Questo rende oggi il gas naturale il principale responsabile delle emissioni nazionali nella produzione elettrica con il 65% (dati 2019) evidenziando come nella strategia della decarbo-nizzazione il gas deve iniziare ad essere considerato parte del problema e non più una soluzione.Sostenendo nuovi investimenti in infrastrutture a gas naturale si rischia di spendere risorse pub-bliche in opere non più necessarie e non sostenibili per raggiungere l’obiettivo di 1,5 prolungan-do eccessivamente la vita di quelle esistenti, invece di investire in soluzioni a zero emissioni, pie-namente sostenibili, competitive e che creano nuove industrie, catene di valore e occupazione.14

Figura 1 Domanda di gas naturale per settore, Gm3 e contributo percentuale del gas nella generazio-ne elettrica 1988-2019

Elaborazioni ECCO su dati BEN. La domanda di gas in Italia non ha più raggiunto i livelli del 2005. L’unico settore che mostra una crescita dei consumi è quello termoelettrico i cui consumi verran-no progressivamente e velocemente sostituiti dallo sviluppo delle rinnovabili.

2. Perché l’Italia non dovrebbe supportare progetti che promuovano l’idrogeno blu?

Nel 2019, il 99% dell’idrogeno prodotto a livello mondiale ha avuto come fonti primarie il carbone o il gas naturale. Di quest’ultimo solo l’1%15 si avvale della cattura e stoccaggio del carbonio (CCS). Le emissioni derivanti dalla produzione di idrogeno (equivalenti alla somma di quelle del Regno Unito e dell’Indonesia16) dimostrano la complessità di decarbonizzare il processo produttivo e soddisfare la domanda allo stesso tempo. Inoltre, dove il CCS è usato, rimane il problema delle perdite di metano durante l’estrazione e trasporto del gas. Di conseguenza l’idrogeno prodotto a partire da energie rinnovabili (idrogeno verde) è l’unico veramente sostenibile.

13 Ispra: https://www.isprambiente.gov.it/fi les2021/pubblicazioni/rapporti/r343-2021.pdf14 Nonostante le emissioni di gas serra di origine energetica per unità di consumo di energia primaria siano dimi-nuite a causa della sostituzione del carbone e dei prodotti petroliferi con il gas naturale e con l’aumento delle energie rinnovabili, il gas produce emissioni dell’ordine di 368, 7gCO2 eq/kwh. 15 E3G: E3G_2021_Hydrogen-Factsheet_Supply_fi nal-2.pdf (netdna-ssl.com)16 AIE: https://www.iea.org/fuels-and-technologies/hydrogen

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I problemi principali per cui l’idrogeno blu non può essere considerato una tecnologia in-termedia prima di sviluppare l’idrogeno verde su larga scala sono quelli della rete europea, di natura tecnica e della sua competitività futura. Investendo nell’idrogeno blu si rischia di sviluppare infrastrutture la cui capacità non corrisponda ai bisogni reali. Lo sviluppo dell’idroge-no non deve essere considerato in alternativa alla promozione dell’efficienza energetica e l’elet-trificazione dei consumi finali. La rete necessaria per l’idrogeno verde deve essere pensatapiù piccola, efficiente e diversa dall’attuale rete del gas. Per ridurre fino al 60%17 le infrastrutture ne-cessarie, e risparmiare notevoli risorse, occorre progettare le infrastrutture a idrogeno in sinergia con lo sviluppo delle rinnovabili nazionali, anche in funzione di accumulo limitando lo sviluppo di infrastrutture transfrontaliere di import. Da un punto di vista tecnico permangono poi diversi ostacoli. Innanzitutto, lo sviluppo del CCS su larga scala entro il 2030 è considerato irrealistico18. La produzione di idrogeno blu non con-segue una piena decarbonizzazione arrivando ad un’efficacia massima tra l’85 e il 95%19. Inoltre l’impiego del metano per la sua produzione determina perdite di gas che potrebbero oscillare tra lo 0,5 e il 4,1%20, a seconda del Paese di origine e della sua applicazione, con un potenziale di surriscaldamento del pianeta circa 80 volte21 maggiore della CO2 lungo un periodo di 20 anni

In generale il trasporto dell’idrogeno è molto costoso poiché richiede temperature molto bas-se mentre il trasporto via nave necessita di processi di conversione con il rischio di perdite di energia. Questo potrebbe determinare uno sviluppo della filiera dell’idrogeno vicino ai centri di consumo, con un disegno della rete completamente diverso da quella attuale del gas. Inoltre, anche la miscelazione con il gas, il così detto blending22, avrà un ruolo ancillare non essendo al momento possibile immettere grandi quantità di idrogeno nelle esistenti infrastrutture a gas.

Infine, è molto importante riflettere sulle potenzialità reali dell’idrogeno. Le stime europee ri-guardo la domanda al 2050 variano notevolmente23. Tuttavia, secondo le più recenti stime24 per il 2030 per i principali paesi G20 inclusa l’Italia, l’idrogeno verde sarà più competitivo dell’idro-geno blu a causa dei costi di sviluppo del CCS. Anche se servirebbero tra gli 80 e i 120 GW25 di capacità rinnovabile aggiuntiva per raggiungere l’obiettivo Europeo al 2030 di 40GW di capacità di elettrolisi, è previsto comunque un forte aumento delle rinnovabili26 nei prossimi anni, e tutte le maggiori economie del mondo stanno investendo nell’idrogeno verde, che fornisce un risorsa di accumulo per l’integrazione delle rinnovabili nelle reti elettriche. Infatti, le aziende Europee hanno già vantaggi competitivi che potrebbero essere sfruttati per diventare leader nel settore.

17 Artelys: https://www.artelys.com/wp-content/uploads/2020/12/Artelys-2050EnergyInfrastructureNeeds.pdf 18 Università di Manchester: https://www.research.manchester.ac.uk/portal/files/184755890/CCS_REPORT_FINAL_v2_UPLOAD.pdf 19 IRENA: Green hydrogen: A guide to policy making (irena.org)20 Fraunhofer IEE: FraunhoferIEE_Study_H2_Heat_in_Buildings_final_EN_20200619.pdf21 IEA: Methane and climate change – Methane Tracker 2021 – Analysis - IEA22 IEA: Limits on hydrogen blending in natural gas networks, 2018 – Charts – Data & Statistics - IEA23 IDDRI: Hydrogen: a trans-European network is not the priority | IDDRI24 BNEFhttps: //about .bnef.com/blog/green-hydrogen-to-outcompete-blue-everywhere-by-2030/ and IRENA https://www.irena.org/newsroom/pressreleases/2020/Dec/Making-Green-Hydrogen-a-Cost-Competitive- Climate-Solution25 Commissione Europea: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/PDF/?uri=CELEX:52020DC0301&from=EN26 DDRI: Hydrogen: a trans-European network is not the priority | IDDRI

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3. Perché serve una riforma della struttura di governance del regolamento TEN-E?

I bisogni infrastrutturali europei sono attualmente identificati da attori di mercato: gli opera-tori del sistema di trasmissione elettrica e di gas (ENTSO-E e ENTSO-G). Essi hanno una solida esperienza e accesso ad un vasto database, basati su decenni di espansione e gestione di reti altamente centralizzate. Con un sistema energetico sempre più decentralizzato, interconnesso e digitalizzato, nuove competenze sono necessarie per prendere decisioni infrastrutturali efficien-ti e coerenti. Per garantire la migliore gestione delle risorse pubbliche dei contribuenti dell’UE, queste decisioni dovrebbero basarsi su dati scientifici e prese in modo indipendente.

Recentemente, in Europa e in alcuni Stati membri27 sono sorte preoccupazioniriguardo l’attuale governance delle infrastrutture. In particolare, diversi attori hanno messo in discussione la ca-pacità di far fronte alle sfide imminenti legate alla trasformazione del nostro sistema energetico considerando il conflitto di interessi incorporati nell’attuale processo.

La Commissione Europea ha riconosciuto nella sua proposta di legge il bisogno di un maggiore controllo per aumentare la fiducia nel processo, in particolare per quanto riguarda la definizione degli scenari, l’identificazione di lacune infrastrutturali a lungo termine e la valutazione dei sin-goli progetti. Tuttavia, la proposta lascia ancora carta bianca agli operatori di rete per definire gli scenari e la metodologia da applicare per prendere le decisioni infrastrutturali.

In linea con i recenti progressi ottenuti nell’accordo sulla legge sul clima europea, anche il re-golamento TEN-E dovrebbe delegare il ruolo guida al nuovo European scientific advisory board on climate change. In particolare, il comitato consultativo dovrebbe essere chiamato a definire gli scenari infrastrutturali, sulla base di dati scientifici e indipendenti, e a supervisio-nare la definizione della metodologia per garantire l’inclusione di tutte le competenze rilevanti nel processo e il rispetto delle linee guida impartite. Infine, la Commissione Europea dovrebbe sempre avere il compito di approvare il risultato finale, per migliorare l’accountability dell’intero processo decisionale ed evitare che industrie con interessi di parte prendano le decisioni nell’in-teresse di tutti.

27 Nel Regno Unito, il regolatore energetico Ofgem ha riesaminato il modo in cui affronta l’incertezza (qui) conclu-dendo che gli scenari devono essere più rigoroso e indipendente dagli interessi dell’industria. A livello europeo, indu-strie, istitutioni publiche (come ACER) e le organizzazioni della società civile hanno evidenziato le carenze dell’attuale governance.

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