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CAPITOLO 2 CENTRALI DI PRODUZIONE DELL’ENERGIA ELETTRICA Appunti a cura dell’Ing. Emanuela Pazzola Tutore del corso di Elettrotecnica per meccanici, chimici e biomedici A.A. 2005/2006 Facoltà d’Ingegneria dell’Università degli Studi di Cagliari

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CAPITOLO 2

CENTRALI DI PRODUZIONE DELL’ENERGIA ELETTRICA

Appunti a cura dell’Ing. Emanuela Pazzola

Tutore del corso di Elettrotecnica per meccanici, chimici e biomedici

A.A. 2005/2006

Facoltà d’Ingegneria dell’Università degli Studi di Cagliari

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CAPITOLO 2. CENTRALI DI PRODUZIONE DELL’ENERGIA ELETTRICA

Gli impianti idroelettrici………………………………………...….pag. 2

Gli impianti termoelettrici ..…………………………...…...…......pag. 6

Gli impianti di Cogenerazione…….…………………………….. pag. 8

Gli impianti Eolici………………….………………………………. pag. 9

Gli impianti Fotovoltaici ………………………………………… pag. 11

Gli impianti a Celle Combustibili……...……………...……...…pag. 12

Gli impianti a biomasse……………………………………….….pag. 13

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CAPITOLO 2

CENTRALI DI PRODUZIONE DELL’ENERGIA ELETTRICA

Indipendentemente dalla tecnologia impiegata e dalla fonte primaria di

energia utilizzata, in quasi tutte le centrali di produzione una o più macchine

operatrici (Generatori Sincroni o Asincroni) trasformano energia meccanica di

rotazione ottenuta da un fluido (acqua, vapore, aria) in energia elettrica.

Le taglie dei generatori, in termini di potenza elettrica producibile, sono

ampiamente variabili: si va dai pochi kilowatt propri delle piccole unità di

produzione, alle centinaia di megawatt delle grandi centrali.

Una possibile classificazione delle centrali viene effettuata in relazione al tipo di

energia primaria sulla quale ha luogo la trasformazione.

Gli impianti idroelettrici hanno la capacità di convertire l’energia potenziale

meccanica posseduta dall’acqua in energia elettrica. Percorrendo condotte libere

o forzate, il fluido sfrutta in caduta il salto geodetico (differenza di quota tra il

bacino di accumulo ed il livello delle turbine) cedendo energia potenziale per

acquistare energia cinetica, la quale viene trasmessa alle pale della turbina,

determinandone la rotazione; la coppia risultante viene trasmessa all’alternatore

mediante un albero comune e genera quindi energia elettrica.

La fig. 1 schematizza un generico impianto idroelettrico a serbatoio. La diga (D)

crea uno sbarramento dando luogo ad un bacino artificiale (S). Da esso attraverso

un’opera di presa (OP), l’acqua viene derivata alla centrale attraversando un

canale derivatore (CT), munito di un pozzo piezometrico (P), e una condotta

forzata (F). Il pozzo piezometrico ha la funzione di smorzare i transitori che si

determinano nelle manovre di apertura e chiusura delle valvole della condotta

forzata. Nella sua discesa verso la centrale (C) l’acqua compie il salto naturale

(H0) acquisendo un’elevata energia cinetica a scapito dell’energia potenziale in

precedenza posseduta, azionando una turbina il cui asse è accoppiato

meccanicamente a quello di un generatore sincrono. L’acqua in uscita dalla

turbina è convogliata nel bacino di scarico (CS).

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Fig. 1 Schema di un impianto idroelettrico a serbatoio

Fig. 2 Centrale idroelettrica

AlternatoreTurbina

Acqua in pressione

Diga

CCeennttrraallee IIddrrooeelleettttrriiccaa

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Elementi principali di un impianto idroelettrico sono la turbina idraulica ed il

generatore elettrico, ai quali si affiancano le pompe e gli organi di regolazione (di

velocità e pressione) e comando.

La turbina idraulica è essenzialmente costituita da un organo fisso, il distributore, e

da uno mobile, la girante. Il primo ha tre compiti fondamentali:

• indirizza la portata in arrivo alla girante nella direzione dovuta,

• regola la portata mediante organi di parzializzazione,

• provoca una trasformazione parziale o totale dell’energia di

pressione posseduta dalla portata di fluido in energia cinetica.

L’entità di tale trasformazione consente di classificare le turbine in due categorie:

se la trasformazione da potenziale a cinetica avviene interamente nel distributore,

si parlerà di turbine ad azione, in caso contrario di turbine a reazione.

La girante infine trasforma l’energia potenziale e/o cinetica in energia meccanica

resa sull’albero motore.

Le principali turbine ad azione sono le Pelton (fig. 3), le Turgo e le turbine a

flusso incrociato.

Fig. 3 Turbina Pelton

Le turbine Pelton sono utilizzate per salti elevati (50-100 metri) e portate limitate.

La turbina Turgo può lavorare con salti fra i 15 ed i 300 metri, ma rispetto alla

Pelton ammette portate maggiori. .

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Le principali turbine a reazione sono le Francis e le Kaplan.

Le Francis sono adatte per salti medi (10-350 m) e portate piuttosto elevate. La

regolazione della portata avviene nel distributore, le cui pale, fatte ruotare intorno

ad assi paralleli all’asse di rotazione della macchina sono in grado di determinare

una variazione della sezione del fluido.

Le turbine Kaplan (fig. 4) sono macchine a flusso assiale, adatte per ridotti salti (2-

20 m) ed elevate portate. In queste macchine si ha la possibilità di fare ruotare le

pale del rotore in sincronismo a quelle del distributore, ottenendo in questo modo

un rendimento maggiore ed indipendente dalla portata.

Fig.4 Turbina Kaplan

Gli impianti idroelettrici possono essere suddivisi in base alla taglia della

potenza nominale (Pn) della centrale in:

• micro-impianti, se Pn è inferiore a 100 KW;

• mini-impianti, se Pn è compresa nell’intervallo 100 KW÷1MW;

• piccoli impianti , se Pn è contenuta nell’intervallo 1 MW÷10 MW;

• grandi impianti , se la potenza nominale è superiore 10 MW.

La differenza è significativa anche in relazione al tipo di impatto ambientale ed

economico: a differenza dei grandi impianti idroelettrici, che richiedono estese

superfici ed imponenti infrastrutture artificiali, i piccoli impianti si integrano quasi

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perfettamente nell’ecosistema, trovando una naturale collocazione nei pressi di

corsi d’acqua e bacini naturali.

In base al sistema di azionamento delle turbine idrauliche, si parla di impianti ad

acqua fluente, ad accumulo o di pompaggio.

Nelle centrali ad acqua fluente, le turbine sono azionate dall’acqua di un fiume. Il

dislivello fra l’alto ed il basso corso del fiume è modesto, se paragonato a quello

delle centrali di accumulazione, ma la portata d’acqua è maggiore. Considerata

l’impossibilità di accumulo di masse d’acqua, queste centrali sono in costante

produzione, contribuendo a soddisfare la fascia base del diagramma di carico

giornaliero.

Le centrali ad accumulo invece sfruttano l’acqua accumulata in bacini artificiali.

Sono caratterizzate da elevati salti geodetici ma da basse portate. Caratterizzate

dalla presenza di gruppi di produzione con ridotti tempi di avviamento e di fermata,

esse sono utilizzate fondamentalmente per coprire il carico di punta.

Le centrali di pompaggio dispongono di gruppi di produzione di tipo reversibile, in

grado cioè di funzionare da generatori o pompe, a seconda delle necessità. In ore

di fabbisogno ridotto si procede al pompaggio dell’acqua dal bacino di valle a

quello di monte, contribuendo al livellamento della curva di carico giornaliera e

garantendo al tempo stesso l’accumulo di masse d’acqua per soddisfare la

richiesta di energia elettrica nelle ore di notevole fabbisogno.

Gli impianti termoelettrici sfruttano il calore prodotto da combustibili di varia

natura (petrolio, gas, carbone) per la generazione di vapore necessario a porre in

rotazione la turbina, come illustra la fig.5.

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Fig. 5 Centrale termoelettrica

Considerazioni di carattere ambientale e di strategia degli

approvvigionamenti sono alla base della tendenza a costruire Impianti a

Policombustibile, capaci, cioè, di utilizzare tipi molteplici di fonte energetica.

Per questo tipo di centrale diventa cruciale il problema dell’approvvigionamento e,

dunque, del trasporto, dei combustibili. Il movimento di enormi quantitativi di

materiale di natura molto diversa (solidi, liquidi ed aeriformi) provenienti da tutto il

mondo comporta la necessità di disporre di attrezzature recettive (porti, ferrovie,

ecc) adeguate e specificamente attrezzate sia in termini di velocità operativa che

di sicurezza generale. A differenza di quelle idroelettriche, le centrali

termoelettriche presentano il vantaggio di un regime di produzione indipendente

da fattori stagionali, adattandosi in maniera flessibile alla esigenze del consumo.

Alla luce dell’accresciuta sensibilità verso i problemi ecologici occorre ricordare

che questo tipo di centrale è caratterizzato da un molteplice impatto ambientale:

all’emissione di fumi ed anidride carbonica nell’atmosfera si aggiunge un

apprezzabile inquinamento termico dei corsi d’acqua e laghi dovuto ad acque di

scarico che vengono emesse a temperatura piuttosto elevata.

Combustibili

petrolio

carbone

gas

Vapore in pressione

Caldaia

Condensato

Turbina

CCeennttrraallee TTeerrmmooeelleettttrriiccaa

Alternatore

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Gli impianti termonucleari producono il calore necessario per l’azionamento di

turbine a vapore mediante una reazione di fissione nucleare in un apposito

reattore. Si tratta di centrali di notevole flessibilità operativa, che nel nostro paese

sono state abolite in seguito a un referendum popolare.

Gli impianti di Cogenerazione Per cogenerazione si intende la produzione combinata di energia elettrica e calore

veicolato da vapore acqueo ad alta temperatura. Un impianto convenzionale di

produzione di energia elettrica di tipo termoelettrico ha una efficienza di circa il

35%, mentre il restante 65% viene disperso sotto forma di calore. Con un impianto

di cogenerazione, invece, il calore prodotto dalla combustione viene recuperato al

fine di alimentare una seconda turbina a valle della prima o per altri usi (fig. 6).

Fig. 6 Impianto di cogenerazione

Aria

Combustibile (tipicamente gas)

Combustore

Gas di combustione

SC

Camino

C

Pompaacqua acqua

condensatore

vapore

C : compressore TG : turbina a gas TV : turbina a vapore SC : scambiatore di caloreA : alternatore

IImmppiiaannttoo ddii ccooggeenneerraazziioonnee

T

TV

Alternatore

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In questo modo la cogenerazione raggiunge una efficienza superiore al 90%

permettendo di:

• Risparmiare energia primaria;

• Salvaguardare l’ambiente, in quanto bruciando il combustibile in maniera

più efficiente, si riducono le emissioni a parità di potenza prodotta;

• Diminuire i costi dell’energia elettrica.

Per contro, a fronte di tali vantaggi la cogenerazione presenta limitazioni al suo

impiego, fra i quali occorre ricordare:

• L’onerosità degli investimenti iniziali;

• Il difficile trasporto dell’energia termica a grandi distanze che rende

necessaria la localizzazione degli impianti in prossimità delle aree

produttive.

Gli impianti Eolici Quella del vento è una forma di energia solare cosiddetta "indiretta", avente

origine dal disuniforme riscaldamento della superficie terrestre da parte del sole

che, generando differenze di densità fra le diverse masse d’aria, provoca il

movimento di queste da aree ad alta pressione verso aree adiacenti a bassa

pressione, con velocità proporzionale al gradiente di pressione. L’energia eolica

viene sfruttata per la produzione di energia elettrica, mediante l’impiego di

generatori opportuni, detti aerogeneratori (fig. 7).

Fig. 7 Aerogeneratori

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Negli ultimi anni in Europa l’impegno della ricerca nel settore eolico ha consentito

un massiccio sviluppo tecnologico che permette oggi di progettare, installare e

gestire centrali per la produzione di energia elettrica da fonti eoliche a costi

contenuti, rendendone possibile una maggiore diffusione rispetto al passato.

Tuttavia, gli indiscutibili vantaggi di tipo ambientale derivanti da un sempre

maggiore ricorso a questa forma di produzione dell’energia elettrica sono

difficilmente svincolabili dagli svariati ostacoli alla sua piena diffusione, fra cui:

• L’ imprevedibilità della fonte primaria;

• La difficoltà di immagazzinamento dell’energia elettrica prodotta;

• L’inquinamento acustico, che ne impedisce l’installazione in aree urbane;

• Il notevole impatto ambientale, superiore alle altre forme di energia

rinnovabile;

I componenti fondamentali di un aerogeneratore sono il rotore (ad asse

Orizzontale o Verticale), in cui avviene la conversione dell’energia cinetica del

vento in meccanica ed il generatore, in cui si ha la trasformazione da meccanica in

elettrica (fig. 5).

La trasformazione dell’energia meccanica in elettrica può avvenire mediante un

generatore sincrono, oppure mediante un asincrono accoppiato direttamente alla

rete. Il valore di potenza prodotta da un generatore eolico dipende oltre che dal

tipo di impianto, anche dalle caratteristiche di fluttuazione del vento ed è in

generale compresa fra 5 kW ed 2 MW, mentre i generatori più comuni hanno

potenza prossima ad 1 MW.

La bassa densità d’energia eolica per unità di superficie di territorio, unita alla

necessità di massimizzare lo sfruttamento della risorsa disponibile, rende tuttavia

necessaria nella pratica, almeno quando possibile, l’installazione di impianti eolici

in luogo di singoli aerogeneratori. L’esempio più tipico di impianti eolici è

rappresentato dalle “wind-farm”, in cui più generatori eolici collegati da un’unica

linea che li raccorda alla rete locale o nazionale insieme, contribuiscono alla

produzione di energia elettrica.

Gli impianti Fotovoltaici Per energia solare si intende l’energia raggiante sprigionata dal sole per effetto di

reazioni nucleari e poi trasmessa alla terra sotto forma di radiazione

elettromagnetica.

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La tecnologia fotovoltaica consente di trasformare l'energia associata alla

radiazione solare in energia elettrica. Essa sfrutta il cosiddetto effetto fotovoltaico,

basato sulle proprietà di alcuni materiali semiconduttori, di generare una differenza

di potenziale elettrico se colpiti da radiazione solare, senza quindi l'uso di alcun

combustibile.

Il dispositivo più elementare capace di operare la conversione della radiazione

solare in elettrica è la cella fotovoltaica, costituita essenzialmente da due sottili

strati di materiale semiconduttore (in genere silicio) nei quali viene indotta una

prevalenza di cariche negative e positive rispettivamente, dando luogo al bipolo

comunemente indicato come “Giunzione p-n”.

La zona di congiunzione è sede di una migrazione di cariche dalla regione con

eccesso di carica negativa verso quella a prevalente carica positiva, che

determina la formazione di una zona intermedia detta “regione di svuotamento”.

La migrazione di cariche si interrompe al raggiungimento di una situazione di

equilibrio, non appena il campo elettrico a cavallo della regione di svuotamento

acquista l’intensità sufficiente a contrastarla.

L’ equilibrio instauratosi viene meno nel momento in cui la cella fotovoltaica è

colpita da un raggio luminoso di energia maggiore o uguale a quella necessaria a

superare la barriera di potenziale, ossia in grado di portare l’elettrone dalla banda

di valenza a quella di conduzione. Una costante esposizione alla radiazione

luminosa comporterà dunque la formazione di cariche che, in presenza di un

circuito esterno, fluiranno dando luogo ad una corrente continua. L’introduzione di

un inverter nel circuito provvederà, se necessario, alla conversione della corrente

da continua ad alternata (fig. 8).

La tecnologia attuale, peraltro in rapida evoluzione, consente la realizzazione di

impianti fotovoltaici impieganti un elevato numero di celle elementari costituenti i

cosiddetti Pannelli Fotovoltaici, in grado di alimentare quasi totalmente una

normale utenza domestica (circa 3 kW) in condizioni di cielo sereno e buon

irraggiamento solare.

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Fig. 8 Centrale fotovoltaica

Gli impianti a Celle Combustibili La cella a combustibile è un sistema elettrochimico capace di convertire l’energia

chimica di un combustibile, in genere idrogeno, direttamente in energia elettrica,

senza l’utilizzo di un ciclo termico o di organi meccanici in movimento.

La cella è costituita al suo interno da due elettrodi in materiale poroso, separati da

un elettrolita. Gli elettrodi fungono da siti catalitici per le reazioni che avvengono

all’interno, le quali consumano fondamentalmente idrogeno ed ossigeno, mentre

l’elettrolita ha la funzione di condurre gli ioni prodotti dalla reazione chimica

chiudendo il circuito elettrico all’interno della cella. La trasformazione

elettrochimica è accompagnata da produzione di calore, che è necessario estrarre

per mantenere la temperatura costante. Il suo funzionamento è dunque analogo a

quello di una batteria; la differenza sta nel fatto che la cella può funzionare senza

interruzioni, almeno finché al sistema vengono forniti il combustibile (idrogeno) ed

il comburente (ossigeno) necessari per fare avvenire la trasformazione, mentre la

batteria ha bisogno di essere ricaricata.

Quello delle celle a combustibile è un sistema energetico conciliabile con

l’ambiente, che si basa sull’idrogeno, vettore energetico eco-compatibile.

CCeennttrraallee FFoottoovvoollttaaiiccaa

Celle fotovoltaiche

Inverter

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Attualmente, tale vettore viene generato a partire dai tradizionali combustibili

fossili, mentre in futuro sarà prodotto da fonti rinnovabili.

Gli impianti a biomasse Per biomassa si intende qualunque materiale organico che possa essere utilizzato

direttamente come combustibile ovvero trasformato in altre sostanze (solide,

liquide o gassose) di più facile utilizzo negli impianti di produzione dell’energia

elettrica . Le più importanti tipologie di biomasse sono i residui forestali, gli scarti

dell’industria di trasformazione del legno (trucioli, segatura, etc.), gli scarti delle

aziende zootecniche ed i rifiuti solidi urbani (RSU).

I processi industriali di produzione dell’energia elettrica da biomasse (biopower)

sono di tipo biochimico e termochimico

I primi di permettono di ricavare energia per reazione chimica dovuta al contributo

di enzimi, funghi e micro-organismi, che si formano nella biomassa sotto particolari

condizioni. Risultano idonei alla conversione biochimica le colture acquatiche, e

alcuni scarti di lavorazione, nonché la biomassa eterogenea immagazzinata nelle

discariche controllate.

I processi di conversione termochimica invece sono basati sull'azione del calore

che permette le reazioni chimiche necessarie a trasformare la materia in energia.

Le biomasse più adatte a subire processi di conversione termochimica sono la

legna e tutti i suoi derivati (segatura, trucioli, ecc.), e taluni scarti di lavorazione.

Qualunque sia il tipo di processo di conversione, il vapore prodotto in uscita,

aziona una turbina determinando nel generatore elettrico ad essa accoppiato la

produzione di energia elettrica.

Le dimensioni dell’impianto variano da pochi KW per unità di generazione locali,

per arrivare a taglie massime di 80 MW per impianti di una certa rilevanza.

Il grafico della figura seguente illustra il contributo di ciascuna fonte energetica al

soddisfacimento del fabbisogno energetico italiano dell’anno 2005 (dati Terna

S.p.a.).

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Occorre precisare che nell’arco di una giornata, le diverse fonti energetiche

primarie contribuiscono in misura diversa al soddisfacimento del fabbisogno orario

di energia. Si veda a tale proposito il diagramma di (fig. 9), indicante la copertura

del fabbisogno orario di energia elettrica in Italia durante due giornate tipo

dell’anno 2002.

Copertura del Fabbisogno netto di energia elettrica anno 2005 (fonte www.terna.it)

70%

14%

2%13% 1%

termoelettrica idroelettrica Geotermoelettrica eolica e fotovoltaica

Importazioni nette

ORE DELLA GIORNATAGiovedì 12-12-2002 Domenica 15-12-2002

0

5452 50 48 46 44 42 40 38 36 34 32 30 28 26 24 22 20 18 16 14 12 10 8 6 4 2 0

GW

37.663 MW

36.829 MW

1 2 3 6 8 9 10 11 12 13 1 1 16 1 18 19 20 21 22 23 2

52.590 MW h 17:00 IIDDRROO--PPOOMMPPAAGGGGIIOO

IIDDRROO--SSEERRBBAATTOOIIOO IIDDRROO--MMOODDUULLAATTAA TTEERRMMIICCOO CCOONNVV.. EESSTTEERROO IIDDRROO--FFLLUUEENNTTEE GGEEOOTTEERRMMIICCOO

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Fig. 9 Copertura del Fabbisogno orario di energia elettrica in Italia