1°C Formaglini Eva Maria Teresa Lisi Mariasole...di pasta di mandorle, confezionava frutta di pasta...

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1°C Formaglini Eva Maria Teresa Lisi Mariasole

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    Formaglini Eva Maria Teresa

    Lisi Mariasole

  • IL COUS COUS

  • Il cous cous è il piatto più popolare in Marocco e nel Nord Africa, ma diffuso in

    tutto il mondo. La storia ha elaborato diverse opinioni circa le sue origini.

    Alcuni ritengono che il cous cous, come la pasta, sia stato creato in Cina,

    mentre altri sono sicuri della sua origine dall’Africa dell’est.

    Tuttavia, l’evidenza più palese sembra indicare il Nord Africa.

    Inoltre, proprio qui, delle scoperte archeologiche risalenti al non secolo,

    avrebbe portato alla luce degli utensili da cucina per preparare il cous cous.

    Le origini del cous cous risalgono ad una leggenda biblica che vede

    protagonisti il Re Salomone e la Regina di Saba. La leggenda narra che re

    Salomone, innamoratosi perdutamente della Regina di Saba, passasse le notti

    insonni, smaniando e deperendo a vista d’occhio. Il medico di corte,

    interpellato, gli preparò un sapiente impesto di semola di grano duro,

    insaporito da alcune essenze vegetali.

    Il re, ripreso vigore, poté finalmente regnare in pace.

    Nacque così il cous cous, o almeno, così racconta la leggenda dove compaiono

    due delle parole chiave che fanno di questo piatto qualcosa di più che un

    semplice soggetto gastronomico: amore e pace.

    Barbi Pietro

  • LA CARBONARA

  • Nelle miniere di carbone i minatori dovevano spesso rimanere anche più giorni nelle

    viscere della terra pertanto non era possibile conservare prodotti freschi tranne

    alcuni. Ad esempio pasta, uova, guanciale stagionato e pecorino. Secondo la storia è

    da questi prodotti che nacque la ricetta degli spaghetti alla carbonara.

    La probabile leggenda dice anche che i minatori, non avendo molta acqua a

    disposizione, riciclassero quella della cottura della pasta.

    L’utilizzare l’acqua del giorno prima la rendeva particolarmente collosa, dando al

    piatto maggior cremosità e il leggero profumo di salvia copriva quel possibile odore

    “freschino”, provocato dall’uovo. Si dice inoltre che i vistosi puntini neri provenissero

    dal carbone finito nel piatto, successivamente sostituito dal pepe nero.

    Una seconda leggenda narra che un ex carbonaio (spazzacamino) romano, si dedicò

    successivamente alla ristorazione e inventò questo piatto in onore del suo vecchio

    mestiere chiamandolo “carbonara”.

    Carlà Matilde

  • LE CREPES SUZETTE

  • Quando si dice crepes si pensa subito alla Francia, ma in realtà la ricetta originale

    della crepes Suzette, elegante dessert reso goloso da una delicata salsa

    all’arancia e al “Grand Marmier”pare essere monegasca.

    La storia della nascita di questo piatto vede protagonista il “cafè de Paris” di

    Montecarlo alla fine dell’ottocento. Sembra che la ricetta sia nata dall’errore di

    un giovane apprendista cuoco Henry Charpentier, incaricato di preparare il

    dessert del principe del Galles. Il giovane versò del liquore per sbaglio nella

    padella che si infiammò a contatto con il gas. La crepe così flambata venne

    comunque servita al principe che la trovò talmente squisita da chiederne il bis. Il

    nome Suzette venne dato in onore della figlia di un amico del principe.

    Secondo un’altra leggenda l’inventore di questo piatto è il maitre Joseph del

    ristorante Marivaux di Parigi che nel 1897 dedicò la ricetta ad un’attrice

    dell’opera di nome Suzette.

    In Francia, comunque le crepes sono considerate un simbolo di alleanza e di

    amicizia; nei giorni della Candelora e del martedì grasso, n’è l’usanza di

    esprimere un desiderio mentre si girano le crepes.

    Fini Pietro

  • LE SFRAPPOLE

  • Se impastiamo farina, zucchero, uovo, tiriamo la sfoglia sottile, la riduciamo a

    strisce, la friggiamo in olio, burro e strutto, serviamo tutto spolverizzato di

    zucchero a velo, abbiamo ottenuto un tipico dolce di Carnevale.

    Qui a Bologna le chiamiamo sfrappole, in Toscana cenci,in Piemonte e Liguria

    bugie.

    Esse hanno origini antichissime: si pensa infatti che in epoca romana si

    preparassero i frictilia, dolcetti a basa di uova e farina e fritti nel grasso di maiale

    per festeggiare i Saturnali.

    Queste leccornie venivano servite alla folla che si recava in strada per festeggiare

    e, poiché erano semplici da preparare, se ne potevano fare tante e a basso costo.

    Una leggenda invece ritiene che le sfrappole, chiamate anche chiacchere, abbiano

    origini napoletane.

    Si narra che la regina Savoia, mentre chiacchierava con i suoi ospiti venne colpita

    da un attacco di fame chiamò quindi il cuoco di corte per farsi preparare un dolce

    per lei e per i suoi ospiti.

    Egli, prendendo spunto dalla chiacchierata diede il nome di chiacchiera al dolce

    appena fatto.

    Formaglini Eva Maria Teresa

  • LA PIADINA

  • La piadina romagnola, chiamata in dialetto Piè o Pjida o Pièda ha origini antichissime.

    Gli amanti della piadina la fanno risalire ad Enea e precisamente al momento del suo

    sbarco sulle coste italiche.

    Si narra infatti, che dalla fame, gli esuli decisero di mangiare le schiacciate di farina e

    acqua che normalmente servivano da piatto dopo aver consumato i poveri frutti

    selvatici sulle quali erano posati.

    Una variante della classica piada era il prodotto, ormai dimenticato, preparato con

    acqua e farina di granoturco e uva secca.

    Garagnani Laura

  • IL CROISSANT

  • Il croissant, secondo la leggenda, fu creato per celebrare un’impresa eroica.

    Vienna,nel1683, era assediata dai Turchi.

    La capitale austriaca resisteva e si rifugiava dentro le mura, perciò, le truppe

    ottomane scavarono dei tunnel per andare nel cuore della città e conquistarla.

    Però i fornai, svegli in piena notte per lavorare, si accorsero dei misteriosi movimenti

    e diedero l’allarme.

    Una volta sconfitti i Turchi, i viennesi conquistarono la libertà e, per festeggiare,

    inventarono un dolce particolare, dalla forma di mezzaluna, simbolo dell’impero

    turco. Nacque così il croissant.

    Giardini Caterina

  • IL TORTELLINO

  • Il tortellino racchiude dentro la sua bontà storie e leggende, scritte e cantate che ne vogliono trovare un origine.

    Il suo nome deriva dal diminutivo di tortello, dall’italiano, torta e sull’origine sono state raccontate variopinte

    versioni, da cui sorge anche la disputa sulla sua paternità, contesa tra la città di Bologna e Modena.

    Si narrava che….

    Nel 1200 arrivò in una locanda chiamata Corona, a Castelfranco Emilia, una giovane e bella Marchesina da una

    carrozza tirata da 4 cavalli per riposarsi.

    Il locandiere accompagnò la dama in camera e attratto irrimediabilmente dalla sua bellezza rimase a spiarla dalla

    serratura, rimanendo colpito dal suo ombelico.

    Al momento di preparare la cena, l’immagine lo aveva talmente ispirato da tirare la sfoglia riproducendo le

    fattezze dell’ombelico della giovane nobile, ma non sapendo che cosa fare di quei pezzetti di sfoglia, li riempiì di

    carne. E così nacque il prelibato tortellino ripieno.

    Per altri la medesima storia assume un valore divino, vedendo, al posto della Marchesina, protagonista la Dea

    Venere. Secondo lo scrittore Alfredo Panzini, il tortellino ha origine sul fondo di un secchio. Per la precisione dalla

    “Secchia rapita” cantata dal poeta modenese Alessandro Tassoni nel 1624. Il poema narra per dodici canti l’eterna

    rivalità tra le vicine Modena e Bologna per cui persino un comune secchio da pozzo per l’acqua era motivo di

    disaccordo e lite. Quando la secchia fu rubata dai Modenesi scoppiò una guerra che vide coinvolkti personaggi

    eroici, nobili e divinità dall’olimpo, scesi a a battagliare nel tragicomico duello delle belligeranti città. Dalla

    “Secchia Rapita” si sarebbe ispirato il poemetto ottocentesco di Giuseppe Ceri, narrante la spedizione terrena di

    tre divinità: Bacco, Marte e Venere. Gli Déi schierati dalla parte dei modenesi si fermarono a ristorarsi alla locanda

    di Castelfranco Emilia, al confine tra le province. E lì si riprende il mito delle locandiere folgorato dalla bellezza di

    Venere, a cui dedica la creazione culinaria del tortellino. Altra variante della leggenda, con filo comune il poema

    della “Secchia Rapita”, vuole una Venere dormiente, lasciata sola alla locanda e trovata al risveglio dal locandiere

    in vesti discinte e ammalianti. Le leggende, con la loro anima orale, modificano dettagli per rendersi più

    appetitose, resta noto che ad una donna si deve la forma minuta e soffice del tortellino.

    Gnudi Ludovica

  • LA CIOCCOLATA

  • Per quanto riguarda la storia della cioccolata e le sue leggende ne esistono due.

    Nella prima leggenda si narra che nelle lontane Americhe esistesse un Dio di nome Azteco,

    egli possedeva molte ricchezze tra cui l’oro, l’argento e molti alberi di cacao di diversi colori.

    Prima di scomparire da questo mondo egli donò ai mortali il seme del cacao con il quale si

    preparava una bevanda amara e piccante dagli straordinari sapori.

    La seconda leggenda narra di una principessa bellissima che dovette lasciare suo marito

    perché doveva partire in guerra, il principe raccomandò alla principessa di tenere guardia al

    suo immenso tesoro.

    Quando il principe partì la principessa fu assediata dai nemici che volevano sapere il

    contenuto del tesoro e rubarlo, anche se lei, catturata non rivelò mai nulla e nemmeno il

    nascondiglio del tesoro e allora la povera ragazza fu uccisa.

    Dal suo sangue nacque la pianta del cacao i cui semi sono amari come la sofferenza e rossi

    come il sangue, ma eccitanti e forti come la virtù.

    Nuvoli Giada

  • PASTA REALE

  • La chiesa di Santa Maria dell’Ammiraglio, nota come “ la Martorana”, fu fondata a Palermo, nel 1143

    per volere di Giorgio D’Antiochia, il grande ammiraglio al servizio del re normanno Ruggero II.

    Il vicino monastero, fondato nel 1194, fu invece voluto dalla nobildonna Eloisa Martorana per le “nobili

    signore dell’ordine di San Benedetto”.

    Le suore della Martorana sono note per avere inventato una delle specialità dolciarie più famose di

    Palermo: la pasta reale di mennule anche chiamata, Pasta di Martorana o frutta martorana.

    Il monastero della Martorana delle “nobili signore di San Benedetto” arcinoto, infatti, per i suoi “frutti”

    di pasta di mandorle, confezionava frutta di pasta reale di ogni tipo, cercando di imitare alla perfezione

    quella naturale.

    La leggenda narra che ne giugno 1537 Carlo V visitò il giardino del monastero, ricco di alberi di aranci di

    cui le “nobili signore” andavano fiere, ma che, visto il periodo, erano sprovvisti di frutta.

    Le monache per abbellire gli alberi e dare l’idea di un giardino curato, realizzarono con la pasta di

    mandorle, “succose” arance e frutta della stagione, che colorata e appesa agli alberi del loro monastero

    dava al giardino un effetto più vistoso, elegante e bello.

    Nonostante quegli alberi avessero inaspettatamente dato frutto tutti insieme, il re non si accorse

    dell’inganno e ingenuo pensò che quei frutti fossero reali, e le astute monache di Santa Maria

    dell’Ammiraglio furono assai contente di aver burlato il buon re che, incredulo rimase stupito da tanta

    abbondanza. Dopo la soppressione delle corporazioni religiose, avvenute nel 1866, l’attività e la

    produzione dolciaria del monastero della Martorana cessarono completamente e le specialità “nobili

    signore” di Santa Maria dell’Ammiraglio divennero patrimonio dei pasticceri della città.

    All’epoca, infatti, questo dolce ebbe talmente tanto successo che superò le mura del convento fino ad

    arrivare alla corte del re, diventando così, in quel momento, “pasta Riali” (pasta reale). Era un tipico

    originale dolciume consumato durante la commemorazione dei defunti e per il Natale, anche se oggi è

    reperibile in ogni stagione, e considerata un vera e gustosa opera d’arte della pasticceria siciliana

    Paglianti Maria Francesca

  • RISOTTO ALLO ZAFFERANO

  • Nel settembre del 1547, erano in corso i lavori di costruzione per il Duomo.

    Tra gli artigiani c’era il mastro vetraio Valerio di Fiandra che, stava lavorando ad alcune

    vetrate rappresentanti gli episodi di Sant’Elena.

    Tra i suoi allievi, ce n’era uno molto abile nel dosare i colori, grazie al suo ingrediente

    segreto che aggiungeva nell’impasto: lo zafferano. E’ proprio zafferano fu il soprannome di

    questo allievo.

    Mastro Valerio, che era a conoscenza del suo trucco, lo prendeva spesso in giro dicendogli

    che prima o poi, avrebbe iniziato a condirci anche il risotto con quella polvere.

    Il giovane allora, decise di fare uno scherzo al suo maestro corrompendo il cuoco che si

    occupava della preparazione del pranzo per le nozze della figlia di Valerio.

    Ai tavoli arrivò quel risotto giallo che stupì tutti gli invitati ma, dopo l’assaggio si resero

    conto che si trattava di una novità decisamente gustosa.

    Così lo scherzo non ebbe l’effetto sperato, ma diede vita ad uno dei piatti più apprezzati

    nella cucina nostrana

    Saccardo Vittoria