19 Rimborsi fatture a 28 giorni TIM e Vodafone non ci stannoAlla guida di Outlander Più elettrica...

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MAGAZINE n.189 / 18 3 DICEMBRE 2018 Eolo, arrestato il CEO Luca Spada. Truffa per 3,5 milioni € 29 Sony 1000XM3 Musica e silenzio 33 DJI Osmo Pocket 4K e foto super 31 Panasonic UB9000 Gioia degli audiofili IN PROVA IN QUESTO NUMERO 04 Amazon è ufficialmente operatore postale in Italia Via libera da parte del Ministero dello Sviluppo Economico per erogare servizi di spedizione. Amazon è ora al pari degli altri player nazionali 03 Inizia l’era del modem libero Cosa fanno gli operatori? Il modem libero è già realtà, ma come si stanno adeguando gli operatori? TIM e Fastweb iniziano Vodafone rimanda, Wind Tre non è chiara Vi spieghiamo cos’è il gamma e perché è importante 15 Apple iPhone X in produzione: XS e XS Max vendono poco 05 Rimborsi fatture a 28 giorni TIM e Vodafone non ci stanno Il TAR del Lazio ha obbligato gli operatori a risarcire gli utenti entro il 31/12, ma TIM e Vodafone ricorrono in appello. Si attende la reazione di Wind Tre e Fastweb 02 26 iPad Pro 2018. Bello, ma iOS è il suo limite 45 Alla guida di Outlander Più elettrica che ibrida Come rendere “smart” la tua casa con 500 euro 19 Audi stupisce tutti con e-tron GT 36 09

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MAGAZINEn.189 / 183 DICEMBRE 2018

Eolo, arrestato il CEO Luca Spada. Truffa per 3,5 milioni €

29

Sony 1000XM3 Musica e silenzio

33

DJI Osmo Pocket 4K e foto super

31

Panasonic UB9000 Gioia degli audiofili

IN PROVA IN QUESTO NUMERO

04

Amazon è ufficialmente operatore postale in Italia Via libera da parte del Ministero dello Sviluppo Economico per erogare servizi di spedizione. Amazon è ora al pari degli altri player nazionali

03

Inizia l’era del modem libero Cosa fanno gli operatori?Il modem libero è già realtà, ma come si stanno adeguando gli operatori? TIM e Fastweb iniziano Vodafone rimanda, Wind Tre non è chiara

Vi spieghiamo cos’è il gamma e perché è importante 15

Apple iPhone X in produzione: XS e XS Max vendono poco05

Rimborsi fatture a 28 giorni TIM e Vodafone non ci stanno Il TAR del Lazio ha obbligato gli operatori a risarcire gli utenti entro il 31/12, ma TIM e Vodafone ricorrono in appello. Si attende la reazione di Wind Tre e Fastweb

02

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iPad Pro 2018. Bello, ma iOS è il suo limite

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Alla guida di Outlander Più elettrica che ibrida

Come rendere “smart” la tua casa con 500 euro 19

Audi stupisce tutti con e-tron GT

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MAGAZINEn.189 / 183 DICEMBRE 2018

di R. PEZZALI e M. DI MARCO

Vittoria a metà per i consumatori: il

TAR del Lazio ha deciso che tut-

ti gli utenti che hanno pagato di

più con il passaggio della fatturazione

da mensile a quella ogni 4 settimane

dovranno essere risarciti entro il 31

dicembre 2018. A fine anno, quindi,

molti italiani si troveranno accreditato

in automatico sul conto telefonico un

piccolo bonus variabile a seconda del

tipo di abbonamento sottoscritto. Non

ci sarà bisogno di richiederlo, sarà una

procedura automatica; l’unico nodo da

scegliere è legato a coloro che hanno

cambiato operatore, che saranno ri-

sarciti in qualche modo ma le modalità

non sono ancora state definite. I rim-

borsi per ogni singolo utente saranno

calcolati in base a quanto una persona

ha pagato e a quanto avrebbe dovuto

invece pagare nel periodo che parte il

23 giugno 2017 e che termina quando

MERCATO Il TAR del Lazio ha obbligato gli operatori a risarcire gli utenti entro il 31 dicembre

Rimborsi per i 28 giorni: TIM e soci restituiranno 1 miliardo di euro, vengono annullate però le multe TIM e Vodafone in appello contro la decisione del TarAnnullata la multa AGCOM. TIM e Vodafone intanto ricorrono in appello al Consiglio di Stato

si è tornati alla fatturazione mensile,

quindi quest’anno ad aprile.

La buona notizia non è solo il rimborso

ma anche l’obbligo di rimborso entro il

31 dicembre: non c’è il tempo neces-

sario per bloccarlo tentanto un even-

tuale appello al Consiglio di Stato. Una

vittoria per gli utenti, costretti a pagare

di colpo di più facendo entrare nelle

casse delle telco una cifra superiore al

miliardo di euro. Purtroppo anche gli

operatori possono sorridere alla sen-

tenza del TAR del Lazio: dovranno ri-

sarcire tutto, ma non dovranno pagare

la multa che gli era stata comminata da Agcom. Il tribunale ha infatti accol-

to il ricorso di TIM, Vodafone, Wind Tre

e Fastweb e ha annullato la multa che

era pari a 4,6 milioni di euro: il compor-

tamento scorretto non è stato quindi

sanzionato, anche se si dovrà atten-

dere la sentenza prima di capire per

quale motivo la multa è stata tolta.

A pochi giorni dalla decisione del Tar

del Lazio, però, TIM e Vodafone non

ci stanno e hanno deciso di fare ap-

pello al Consiglio di Stato. I due ope-

ratori hanno chiesto la sospensiva

della decisione, come segnalato da

Movimento Consumatori. “Abbiamo

appreso - afferma Alessandro Mostac-

cio, segretario generale di Movimento

Consumatori - che Tim e Vodafone,

nonostante cause perse e condanne

dell’Agcom, confermate dal Tar Lazio,

non si arrendono e anche se non sono

state ancora pubblicate le motivazioni

con le quali il Tar dà ragione all’Au-

torità, procedono tamburo battente

a impugnare una sentenza di cui co-

noscono solo il dispositivo”. “Ora ci

auguriamo - auspica Mostaccio - che

Windtre e Fastweb non seguano le

orme di Tim e Vodafone e rispettino

le delibere Agcom”. I rimborsi, a meno

di improbabili annullamenti, saranno

“automatici”: sul conto telefonico sarà

accreditato un importo variabile, a se-

conda di quanto spetti all’utente. In to-

tale si parla di circa un miliardo di euro

da restituire agli utenti.

Google non esclude la chiusura di Google News in EuropaSe la Link Tax verrà confermata, Google potrebbe decidere di chiudere Google News in Europa. E non sarebbe la prima volta: successe la stessa cosa nel 2014 in Spagna di E. VILLA

Il problema è sempre il solito: la Link Tax. Se la formulazione defi-nitiva della legislazione europea imporrà ai giganti del web (Google, Facebook ecc) il pagamento di una tassa per ogni link a una news esterna, ne vedremo delle belle.La vicenda è stranota. Gli editori vivono con Google un rapporto conflittuale: da un lato servizi come Google News sono fonte di traffico per i magazine, dall’altro il fatto che Google riporti parte della notizia (il classico “snippet”) nei risultati delle ricerche è uno svantaggio perché i lettori potrebbero limitarsi a quello e non proseguire nella let-tura sul sito del magazine. Morale: l’Unione Europea si sta avviando verso una legislazione che “tassi” la visualizzazione dei link da parte dei giganti del web, cosa ben poco apprezzata da parte di Google. Intervistato da The Guardian, Ri-chard Gingras (Vice-President of News) non ha escluso la possibilità che Google blocchi Gnews in tutto il territorio europeo. Certamente una decisione non è stata ancora presa e bisogna prima attendere la formulazione definitiva, ma l’ipo-tesi dello shut down è stata presa in considerazione. Tanto più che non sarebbe la prima volta: Google chiuse GNews in Spagna nel 2014 quando il governo decise di tassa-re i link per sostenere il mercato in-terno dell’editoria. Se si ripeterà la stessa cosa nell’Unione Europea, Google è pronta ad agire nuova-mente. Col risultato di rendere più difficile a tutti l’accesso alle notizie tramite il motore di ricerca.

MERCATO Tutti i canali anche in versione HD quando disponibile

I canali Mediaset adesso sono disponibili per gli abbonati Sky

di R. FAGGIANO

D opo la pace commerciale firmata tra Sky e Mediaset siamo arrivati al traguar-

do finale di avere libero accesso ai canali Mediaset da parte degli abbonati

Sky. Dopo una prima apertura su Canale 5, ora anche Retequattro, Italia 1,

20 Mediaset, Iris, La5, Focus, Italia Due, Mediaset Extra e TopCrime sono libera-

mente visibili per gli abbonati Sky. Tutti i canali sono disponibili anche in versione

HD quando disponibile, proprio come sulla piattaforma Tivùsat. In passato i canali

generalisti Mediaset erano liberamente visibili agli abbonati Sky, ma dopo i diversi

screzi tra le due emittenti Mediaset aveva adottato la codifica Nagravision per la

visione riservata alla piattaforma Tivùsat tramite la card dedicata. Con questa de-

cisione Mediaset recupera una buona fetta di potenziali consumatori, considerata

l’abitudine di molti abbonati Sky di

vedere anche i ca- nali gratuiti esclu-

sivamente tramite il decoder Sky,

senza sfruttare il digitale terrestre.

L’aggiornamento della numerazio-

ne è stato avviato da Sky in queste

ore e verrà attuato progressivamen-

te per i diversi tipi di decoder.

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MAGAZINEn.189 / 183 DICEMBRE 2018

Estratto dai quotidiani onlinewww.DDAY.it

Registrazione Tribunale di Milanon. 416 del 28 settembre 2009

e

www.DMOVE.itRegistrazione Tribunale di Milano

n. 308 del’8 novembre 2017

direttore responsabileGianfranco Giardina

editingMaria Chiara Candiago

EditoreScripta Manent Servizi Editoriali srl

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Facebook pagherà oltre 100 milioni di euro al fisco italianoOltre 100 milioni di euro. È quanto pagherà Facebook all’Agenzia delle Entrate per chiudere la controver-sia relativa al periodo tra il 2010 e il 2016, si legge in una nota dell’Agenzia stessa, a seguito delle indagini fiscali condotte dalla Guar-dia di Finanza e coordinate dalla Procura della Repubblica di Milano. Tale accordo tra l’Agenzia delle Entrate e Facebook Italy riguarda un fatturato di quest’ultima che, nei sei anni presi in esame, ha superato i 296 milioni di euro in Italia, gene-rati dalle pubblicità, con una base imponibile di circa 200 milioni. L’indagine ha riguardato il “giro” di diritti e licenze che coinvolge anche Facebook Ireland, che fa capo a Fa-cebook Ireland holdings, la cui sede fiscale si trova nelle isole Cayman, che applicano un regime fiscale molto più morbido rispetto a quello italiano. Ora la pace fiscale.

di M. DI MARCO

D alla mezzanotte del 1° dicembre è

entrato in vigore il modem libero

per tutti i nuovi utenti. Ciò nono-

stante l’adeguamento, a giudicare da

quanto appare sui siti ufficiali degli opera-

tori, non c’è stato del tutto; anzi, alcuni si

sono proprio “dimenticati” della delibera

348/18/CONS dell’Autorità per le Garanzie

nelle Comunicazioni (AGCOM).

TIM, pronte offerte senza TIM Expert né modem incluso. Ma sono nascosteTIM ha organizzato una pagina dedicata per fornire agli utenti tutti i parametri ne-

cessari per connettersi alla rete; tali dati

possono essere fornito anche “contattan-

do gratuitamente il servizio di assistenza

tecnica per i clienti TIM in linea fissa 187

opzione 2”. L’operatore aggiunge, poi,

i dettagli più salienti della delibera: “In

ottemperanza alla delibera AGCOM n.

348/18/CONS sul tema della libertà di

scelta del terminale, a partire dall’1 dicem-

bre 2018 i clienti TIM possono scegliere il

prodotto (ad esempio modem) che prefe-

riscono per connettersi ad Internet e frui-

re dei servizi voce TIM. Da questa data è

possibile collegarsi alla Rete mediante la

Fibra, l’XDSL e l’ADSL, utilizzando le ap-

parecchiature terminali di propria scelta.”

Scavando inoltre nei documenti di tra-

sparenza tariffaria, risulta inoltre evidente

che TIM abbia iniziato a proporre offerte

equivalenti e senza modem incluso, ma

che, allo stesso tempo, non abbia fatto

nulla affinché gli utenti potessero notarle.

Chiunque arrivi sul sito ufficiale e, diver-

samente da quanto abbiamo fatto noi,

cerchi precisamente informazioni sul mo-

dem libero, infatti, non trova nulla di utile,

soltanto le classiche offerte con modem

incluso.

TIM (così come ci aspettiamo che farà la

maggior parte degli altri operatori) prefe-

risce mettere in evidenza le offerte con il

suo modem o router. A livello legale, però,

TIM è l’unica che, già oggi, ha rispettato

gli obblighi della delibera AGCOM.

Fastweb, ci sono tutti i parametri. Wind non dà segnaliCome aveva promesso, Fastweb ha

organizzato una pagina informativa ri-

MERCATO È in vigore il modem libero per i nuovi clienti di rete fissa. Ecco ad oggi la situazione

Modem libero: TIM in regola, Fastweb quasi Vodafone temporeggia, Wind Tre fuorileggeSe ne ricorda soltanto TIM, Vodafone rimanda le informazioni a “inizio 2019”. Wind la peggiore

guardante i “modem

alternativi”, specifi-

cando tutti i parametri

di rete “per una cor-

retta configurazione

della connessione ad

Internet su rete Adsl,

Vsdl e Fibra”. L’opera-

tore sottolinea anche

gli oneri che non gli

spettano più. Per

esempio la manuten-

zione dell’apparecchio nel caso di guasti

del dispositivo, che è a carico del cliente

nel caso in cui scelga un modem o un rou-

ter di terze parti. Viene poi specificato che

“nel caso in cui il cliente scelga di utilizza-

re un modem di sua proprietà non potrà

usufruire di servizi” tra cui l’assistenza tec-

nica da operatore dedicato, gli interventi

sulle configurazioni sull’apparato back up

e ripristino configurazioni e l’abilitazione

ai servizi aggiuntivi specializzati Fastweb

previsti dall’offerta, “quali ad esempio il

WOW FI o il servizio di video-sorveglian-

za”. Sul sito Wind, invece, non appare

alcuna informazione rispetto alla delibera

del “modem libero”; non si trovano pa-

rametri di rete per la configurazione di

apparecchi terzi né alcuna informativa

che dia all’utente i dettagli dei suoi nuovi

diritti. Tanto meno offerte con modem

escluso. A onor del vero un’offerta con

modem escluso Wind ce l’ha: parliamo

della Absolute per ADSL e FTTC (Fiber-

to-the-Cabinet). Tale offerta, però, è vali-

da solo fino a lunedì 3 dicembre.

Tiscali, nessun riferimento alla delibera. Ma già permetteva i modem alternativiAnche Tiscali sembra non aver ancora

posto in essere alcune delle principali

novità. Nella pagina dedicata agli adem-pimenti agli obblighi di AGCOM, infatti,

l’operatore non fa alcun riferimento alla

delibera 348/18/CONS e non ci sono

nuove offerte equivalenti senza il mo-

dem (Tiscali offriva già, invece, offerte

con modem fornito gratuitamente).

Da parte sua, però, Tiscali già permette-

va di impostare un modem di terze parti

per le linee ADSL. I parametri per que-

st’ultimi sono disponibili sul sito ufficiale;

inoltre Tiscali propone una pagina dedi-cata ai modem “certificati”.

Vodafone: tutte le informazioni a “inizio 2019”Vodafone, infine, fa riferimento alla deli-

bera di AGCCOM specificando nella se-zione “Informa” del suo sito ufficiale che

“Vodafone sta provvedendo ad adeguare

la propria infrastruttura di rete al fine di

consentire l’accesso ad Internet con mo-

dem scelti dal cliente e compatibili con la

rete di Vodafone. Non appena completa-

te le attività Vodafone provvederà a darne

adeguata informativa in tale sezione e co-

munque ad inizio 2019. Qualora il cliente

volesse migrare verso altro operatore,

Vodafone non ti addebiterà alcun costo in

caso di mancata restituzione della Voda-

fone Station.” Un aggiornamento a metà,

insomma: tutte le informazioni chiare ar-

riveranno in ritardo, “a inizio 2019”, ma

già ora chi recederà dal contratto potrà

tenersi la Vodafone Station senza dover

pagare nulla alla società.

Mancano le offerte modem esclusoNel momento in cui scriviamo (e momento

in cui gli operatori già avrebbero dovuto

adeguarsi alla delibera), l’adeguamento

è parziale: bene TIM, “benino” Fastweb;

male Vodafone e ancora peggio Wind.

L’aspetto più delicato però resta vuoto:

la maggior parte degli operatori non ha

un’offerta “corrispondente” a quelle pre-

cedentemente in auge, ma priva di un

modem a pagamento. Fastweb sembra

preannunciare una nuova offerta da lune-

dì 3 dicembre che sarà in linea con i nuovi

obblighi. Ma il giorno del modem libero

per i nuovi clienti era oggi. E a parte TIM

nessuno se l’è ricordato completamente.

Articolo aggiornato alle 14.11 per aggiun-

gere la situazione che riguarda Tiscali

e alcuni dettagli dell’offerta Absolute di

Wind, che non include il modem

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MAGAZINEn.189 / 183 DICEMBRE 2018

di A. SPIGNO

Amazon Italia Logistica e Amazon Ita-

lia Transport: sono questi i nomi del-

le due aziende che hanno ricevuto

il via libera da parte del Ministero dello

Sviluppo Economico per erogare servizi

di spedizione sul territorio nazionale in-

sieme ad altri 4.400 operatori, già iscritti

in questo speciale elenco.

Amazon mette la parola fine ad un con-

tenzioso aperto con l’AGCOM dalla scor-

sa estate: l’Autorità per le Garanzie nelle

Comunicazioni, infatti, aveva multato il

colosso dell’e-commerce per 300.000

euro, riconoscendo una abusività del-

l’azienda nel processo di consegna dei

pacchi e nelle attività legate alla logistica

nei centri di snodo interregionale e nei

depositi di Amazon Logistic. Amazon,

quindi, potrà seguire (e gestire) tutta la fi-

liera senza la paura di incorrere in sanzio-

ni: Amazon Italia Logistica e Amazon Italia

Transport, però, dovranno sottostare alla

legge vigente che, per le aziende regi-

strate all’elenco degli operatori postali

MERCATO Il colosso dell’e-commerce riceve l’OK del Ministero dello Sviluppo Economico

Amazon diventa operatore postale in ItaliaAmazon Italia Logistica e Amazon Italia Transport opereranno nel mercato italiano spedizioni

del MiSE, prevede una tassa pari all’ 1,4

per mille dei ricavi e un adeguamento alle

norme per i lavoratori che, da ora in poi,

dovranno essere inquadrati nel Contratto

Nazionale del Settore Postale. La licenza

concessa alle due nuove aziende ha una

durata di sei anni e si applica su tutta la

posta con peso superiore ai 2 kg, sui pac-

chi tra 20 e 30 kg e su servizi come pony

express, raccomandate urgenti e conse-

gna con data e ora certa, ma si parla an-

che di “servizi a valore aggiunto” per invii

postali sino a 2kg e pacchi fino a 20kg.

La compagnia guidata da Jeff Bezos

conquista, perlomeno in Italia, un altro

pezzo di mercato, andando a concorrere

direttamente con altri importanti player

nazionali come Poste Italiane e Nexive,

ma stando alle parole di un portavoce

della filiale italiana, Amazon continuerà

per il momento ad utilizzare i tradizionali

corrieri per il trasporto dei prodotti “alla

porta” del cliente, con il costante obietti-

vo di rispettare i tempi di consegna.

Dipendenti ammalati di cancro, Samsung ammette la colpa e chiede scusaSamsung ha ammesso le proprie colpe nei casi di cancro sviluppati da alcuni dipendenti che hanno prestato servizio nelle fabbriche di Suwon. Dovrà ora risarcire le vittime di G. MERO

Samsung ha chiesto scusa ai di-pendenti che si sono ammalati di cancro dopo aver lavorato nelle fabbriche di semiconduttori della società negli ultimi trent’anni. Lo scandalo è balzato fuori nel 2007 quando il produttore è stato inter-pellato per la prima volta in tribu-nale per rispondere alle accuse di un gruppo di ex collaboratori e dei rispettivi familiari. “Ci scusiamo sin-ceramente con i lavoratori e con le loro famiglie per la sofferenza provocata dalla malattia” ha detto il co-presidente dell’azienda Kim Ki-nam. “Non siamo riusciti a ge-stire correttamente i rischi per la salute nelle nostre fabbriche di se-miconduttori e LCD”. In base ai dati diffusi, sono circa 240 le persone ad aver contratto 16 diverse tipo-logie di cancro, oltre a sviluppare patologie rare e malattie congeni-te. Si tratta perlopiù di dipendenti che hanno svolto le loro mansioni nelle fabbriche di Suwon, a sud di Seoul, a partire dal 1984. Hwang Sang-gi, leader della class action e padre di una ex dipendente morta nel 2007 per leucemia, ha affer-mato di esser soddisfatto per aver mantenuto le promesse fatte a sua figlia: “Onestamente le scuse non sono sufficienti, ma le accettiamo. Non c’è alcun modo per ripagarci dei torti subiti, del dolore e della sofferenza per la perdita un pro-prio caro, troppe persone hanno subito lo stesso destino”. L’accordo prevede un risarcimento pari a 150 milioni di won (circa 120.000 euro) a ogni dipendente, se ancora in vita, o alla rispettiva famiglia.

di P. AGIZZA

Sin dai tempi di Steve Jobs e del pri-

mo iPhone, passare dall’App Store

è l’unico modo lecito per installare

nuove applicazioni sull’iPhone. Questa

modalità d’uso ha portato l’App Store a

diventare il negozio virtuale più redditizio

del web, popolato da milioni di applicazio-

ni e con un grado di sicurezza molto alto.

Tutto questo però potrebbe cambiare.

Molto tempo fa, infatti, un gruppo di uten-

ti denunciò Apple perché a loro giudizio

l’App Store sarebbe un sistema monopoli-

stico. Fin qui niente di nuovo sotto il sole:

la tesi, però, sostiene che costringendo i

possessori dell’iPhone ad acquistare le

app esclusivamente sull’App Store, i prez-

zi siano aumentati a causa della mancan-

za di concorrenza. La causa civile, avviata

nel lontano 2011, approda ora davanti alla

Corte Suprema: infatti si è tenuta l’attesa

udienza dei legali di Apple e pare che le

prime impressioni non siano favorevoli

all’azienda: ciò nonostante, la sentenza

arriverà solo a giugno

2019 ed è possibile che

Apple riesca, nelle pros-

sime sedute, a ribaltare

il sentiment generale.

Sta di fatto che se non

ci riuscisse, la sentenza

potrebbe costringere

Apple ad aprire il merca-

to a nuovi negozi per la

vendita delle app.

Si andrebbe, in pratica, a delineare anche

per l’iPhone la stessa situazione che vige

attualmente su Android. Difatti i dispositivi

del robottino verde hanno la possibilità di

scaricare le app da più piattaforme, oltre

che da quella ufficiale di Google (Google

Play). Esistono infatti svariate alternative

fra cui scegliere, con lo shop di Amazon

e il Samsung Galaxy Apps fra i più famo-

si. La difesa di Apple verte sul fatto che

l’azienda non venderebbe direttamente

app nell’App Store, ma si limiterebbe a

gestire questo spazio virtuale mettendo in

comunicazione venditore ed acquirente,

trattenendo una percentuale su ogni ven-

dita. Se venisse riconosciuto il fatto che

Apple non è un venditore ma un semplice

intermediario, ogni rivendicazione cesse-

rebbe. Sposando in pieno questa teoria,

la corte processuale di San Francisco

aveva dato ragione ad Apple nel giudizio

di primo grado. Il ricorso in appello degli

accusanti però, ha contribuito a riaprire

il caso e a passare la palla alla Corte Su-

prema che dovrà pronunciarsi su questa

scottante questione.

MERCATOUna class action intentata nel 2011 porta Apple davanti alla Corte Suprema

Apple: il monopolio di App Store ha i giorni contati?L’App Store rientra nella fattispecie del monopolio? Al momento Apple pare sfavorita

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MAGAZINEn.189 / 183 DICEMBRE 2018

di M. DI MARCO

Truffa ai danni dello Stato pluriag-

gravata. È solo uno dei capi d’accu-

sa rivolti a Eolo, fornitore di servizi

di linea fissa con sede a Busto Arsizio.

Il CEO dell’azienda, Luca Spada, è stato

arrestato e altri cinque manager sono

indagati, anche in virtù dell’accusa di

furto di radiofrequenze non autorizza-

te e di turbata libertà dell’esercizio di

un’industria o di un commercio. Sono

attualmente stati sequestrati dalla Guar-

dia di Finanza 3,5 milioni di euro dai

conti di Eolo.

Secondo i rilevamenti delle forze dell’or-

dine, Eolo ha infatti operato su frequen-

ze non ancora assegnate dal Ministero

dello Sviluppo Economico; in tal modo

“era in grado di offrire una connessione

internet più veloce” secondo la Guardia

di Finanza. Nella nota viene inoltre evi-

denziato che Eolo “è riuscita ad eludere i

controlli che periodicamente il Ministero

dello Sviluppo Economico svolge sull’uti-

lizzo delle bande di frequenza assegna-

MERCATO Il legale rappresentante di Eolo è stato arrestato e altri cinque manager sono indagati

Eolo, società nei guai: truffa allo Stato per 3,5 milioni di euro. Agli arresti il CEOLe indagini della GdF hanno rilevato che operava su frequenze non ancora assegnate dal MiSE

te agli operatori del settore”. Viene inda-

gata anche la società “perché ritenuta

responsabile dei reati commessi nel suo

interesse o a suo vantaggio, secondo le

norme della responsabilità amministrati-

va delle persone giuridiche”.

Ora sorgono dubbi rispetto alla connet-

tività degli utenti: cosa accadrà alle linee

che sono state attivate truffando lo Sta-

to? È senz’altro presto per avere certe ri-

sposte, ma domande simili gli utenti che

hanno un’offerta Eolo iniziano a farsele.

Pur senza entrare nel merito delle inda-

gini, l’azienda ha comunicato la propria

posizione: “In riferimento a notizie cir-

colate oggi, Eolo apprende con stupore

che Luca Spada, amministratore delega-

to della società, è stato sottoposto alla

misura cautelare degli arresti domiciliari

per una vicenda chiarita 2 anni fa presso

le sedi competenti.” “L’azienda e i suoi

soci - prosegue la nota - rinnovano la

fiducia sia nei confronti del proprio top

management che nelle autorità compe-

tenti, certi che la vicenda verrà chiarita

nell’interesse di tutte le parti coinvolte.”

TIM, multa di 232mila euro dall’AGCOM: scarsa trasparenza con gli utentiPer AGCOM TIM non ha fornito informazioni chiare sull’applicazione dello sconto nel primo anno di abbonamento ai suoi clienti di linea fissa

di M. DI MARCO

Scarsa chiarezza delle informa-zioni fornite e aver “condotto gli utenti ad esprimere un consenso non consapevole”. Con tali accuse, l’AGCOM ha diffidato TIM e ha mul-tato l’azienda per 232mila euro, ossia quattro volte il minimo edita-bile per la violazione specifica (che prevede un massimo di 580mila euro di multa), come evidenziato nella delibera pubblicata sul sito ufficiale dell’Autorità. Alcuni utenti che hanno sottoscritto alcune of-ferte per la fibra ottica di TIM han-no contestato la comunicazione dell’azienda sullo sconto previsto per il primo anno di abbonamento. Tale sconto anziché essere appli-cato subito, “sarebbe stato ricono-sciuto ai clienti successivamente, con un rimborso sulle bollette che sarebbero state emesse nell’8°, 10° e 12° mese dall’attivazione dell’of-ferta”. Secondo AGCOM, TIM “non ha adottato tutte le misure neces-sarie affinché gli utenti avessero potuto disporre facilmente, prima della conclusione del contratto, dell’indicazione chiara e puntuale del costo di abbonamento mensile dell’offerta (...)”. TIM ha evidenziato che prima di terminare l’acquisto online l’utente “ha a disposizione, in un’unica schermata, tutte le in-formazioni di carattere commer-ciale e sul diritto di ripensamento”; Inoltre, ha aggiunto di aver dato “immediato riscontro” agli utenti che hanno sporto reclamo. Per AGCOM, invece, viene accertato che TIM abbia “violato i principi ge-nerali di correttezza e buona fede, non avendo fornito in maniera tra-sparente tutte le informazioni.”

di G. MERO

N uove grane in arrivo per Google da

parte dell’Unione Europea. Il colos-

so del web dovrà ancora una volta

difendersi dall’accusa di aver raccolto in

modo non autorizzato informazioni sugli

utenti durante l’utilizzo di servizi e appli-

cazioni riconducibili alla società tramite

smartphone. Sono già sette le associa-

zioni dei consumatori di altrettanti Stati,

guidati dall’Organizzazione Europea dei

Consumatori (BEUC), che hanno manife-

stato l’intenzione di voler fare chiarezza

sull’operato di Big G. Tra i dati che Goo-

gle avrebbe ottenuto senza un regolare

consenso degli internauti figurano infor-

mazioni sulla posizione geografica e sul-

l’orientamento politico e sessuale.

In base al GDPR, ovvero al regolamento

generale sulla protezione dei dati entrato

in vigore in Europa da maggio di quest’an-

no, le multe per le aziende che non

rispettano le normative sulla pri-

vacy possono colpire direttamen-

te il volume di affari generato dalle

multinazionali grazie all’utilizzo di

tali informazioni. “La fame di dati di

Google è nota, ma la dimensione

con cui inganna i suoi utenti per

tracciare e monetizzare ogni loro

mossa è spaventosa”, sono state

le dichiarazioni di Monique Goyens,

direttore generale del BEUC, riportate

da Bloomberg. “La situazione è più che

allarmante. Google non rispetta i principi

fondamentali del GDPR, tra cui l’obbligo

di adoperare le informazioni sensibili in

modo lecito, equo e trasparente”. Google

ha risposto alle accuse chiarendo che su

tutti i device Android la cronologia delle

posizioni è disattivata di default, inoltre gli

utenti possono modificare tale preferen-

za in qualsiasi momento accedendo alle

impostazioni del proprio dispositivo. Non

è però escluso che alcune app riescano a

tracciare la posizione dell’utente serven-

dosi di altri dati al fine di migliorare l’espe-

rienza d’uso. Per questo è bene consulta-

re anche la sezione “attività web e app”

dal proprio account Google. La società si

è comunque detta disposta ad esaminare

il rapporto inviato dal BEUC per valutare

eventuali modifiche alla propria policy.

MERCATO Secondo l’organizzazione europea dei consumatori, Google non rispetta il GDPR

Google, raccolti dati sensibili all’insaputa degli utentiSecondo l’accusa, Google avrebbe tracciato la posizione degli account anche con il GPS spento

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MAGAZINEn.189 / 183 DICEMBRE 2018

di Candido ROMANO

E letto il nuovo amministratore delega-

to di TIM: è Luigi Gubitosi. La nomina

è avvenuta solo con i voti dei dieci

consiglieri di maggioranza che fanno

capo al fondo attivista Elliott, che detiene

l’8,8%. I cinque consiglieri eletti da Viven-

di hanno invece votato contro e il gruppo

francese è pronto a contestare la proce-

dura di questa nomina; si prospetta quindi

una battaglia legale. Per la prima volta

infatti un amministratore delegato è stato

nominato senza l’unanimità de consiglio.

Gubitosi ha ricoperto nella sua carriera di-

versi ruoli al vertice, prima in FIAT dal 1985

al 2005, poi in Wind dal 2007 al 2011, in

RAI come direttore generale dal 2012 al

2015 e poi come Commissario Straordi-

nario di Alitalia, incarico che ovviamente

MERCATO Il socio di maggioranza Vivendi è contrario al quarto ad di Telecom Italia in 4 anni

Luigi Gubitosi è il nuovo amministratore delegato di TIM. L’obiettivo è la rete unicaLuigi Gubitosi, classe 1961, già AD di Wind, ha ricoperto ruoli importanti anche in FIAT e Rai

lascerà. Gli attuali problemi di TIM riguar-

dano la riduzione dei costi e aumento del-

la redditività, ma anche lo scorporo della

rete. Appena insediato Gubitosi ha espo-

sto i prossimi passi per TIM: “Tim ha una

grande storia e un capitale umano da va-

lorizzare per vincere la sfida del mercato,

incrementare la generazione di cash flow

per ridurre il debito ed esaminare con

attenzione e velocità il progetto per la

costituzione di una rete unica”. Ciò coinci-

derebbe con quello che vuole il Governo,

o almeno l’emendamento M5s al decre-

to fiscale (il testo è stato anticipato dal Corriere delle Comunicazioni) per creare

un player unico che punta all’integrazione

della rete TIM con Open Fiber. Gubitosi

avrebbe quindi le caratteristiche giuste

per fare da ponte tra azienda e Governo.

Scontro diretto Vivendi-Elliott sempre più vicinoUna “società delle reti” nazionale che

vuole modificare Codice delle Comunica-

zioni elettroniche, di cui il costo dell’ope-

razione ricardrà sulle casse dello Stato.

Chiaramente l’emendamento potrebbe

essere ritirato o respinto, solo il tempo

potrà dirlo. A Gubitosi in ogni caso sono

state attribuite deleghe esecutive, come

al predecessore Amos Genish, mentre

altre attività strategiche per la sicurezza,

compresa Sparkle, sono per ora attribuite

a Stefano Grassi, responsabile della sicu-

rezza. Intanto l’ex Genish, che è rimasto

consigliere per Vivendi, ha detto che

questi cambi repentini di strategia e lea-

dership stanno dividendo i due azionisti,

con la politica che ha giocato un ruolo

importante e con successo. Entro l’inizio

del 2019 ha chiesto quindi un’assemblea,

ma potrebbero farlo in realtà uno o più

fondi, per uno scontro già annunciato nei

prossimi mesi. Ci saranno conseguenze

anche legali riguardo a ciò che è accadu-

to durante il consiglio di amministrazione.

Vivendi vuole impugnare la delibera di

nomina per vizi procedurali e la questione

finirà alla Consob. Si parla di riunione di

dieci consiglieri indipendenti che fanno

capo a Elliott in separata sede per decide-

re il destino di Genish. Inoltre per Vivendi

c’è conflitto di interesse, dato che Gubito-

si da commissario straordinario di Alitalia,

da cui si dimetterà, ha firmato il contratto

di fornitura vinto da TIM.

Luigi Gubitosi è il nuovo AD di TIM

MERCATO ll valore delle loro azioni è in calo da mesi

Cinque giganti hi-tech bruciano 945 miliardi di dollari in borsa

di M. DI MARCO

Vengono chiamate FAANG. La sigla identifica le iniziali di Facebook, Amazon, Apple,

Netflix e Alphabet (in borsa indicata come GOOGL), che negli ultimi mesi hanno

perso oltre 945 miliardi di dollari di dollari se viene confrontato il valore delle loro

azioni alla chiusura del mercato del 19 novembre, rispetto al massimo raggiunto nelle

ultime 52 settimane. In tutti i casi tale apice è stato raggiunto tra giugno e settembre, il

che rende ancora più imponente il tracollo. Il colpo più duro lo hanno subito Facebook

e Amazon, che hanno perso rispettivamente 250 e 255 miliardi di dollari in borsa, ossia

il 39,5% e il 25,4%. Netflix è la società che, delle cinque, ha perso meno: 63 miliardi. Ma

in percentuale si tratta del 35,6% dal suo apice azionario. Apple ha visto svanire 222

miliardi di dollari (20,5%), mentre Alphabet 155 miliardi 20,3%). Ognuna di essere ha

perso, quindi, più del 20% rispetto all’apice delle ultime 52 settimane; stanno insomma

vivendo una situazione di mercato ribassista secondo i parametri di Wall Street. I motivi

sono disparati. Per Apple, per esempio, gli analisti vedono con negatività l’incertezza

sulla crescita delle vendite suoi iPhone e, in generale, del suo hardware. Facebook

è costantemente in mezzo a scandali e a guazzabugli amministrativi che starebbero

minando il rapporto tra Zuckerberg e Sheryl Sandberg, direttrice operativa. Amazon

ha stimato un fatturato inferiore alle aspettative del mercato nonostante ci troviamo nel

periodo più florido dell’anno per il commercio. Netflix fatica a coniugare l’aumento dei

profitti con l’allargamento della base e la produzione di contenuti esclusivi per la sua

piattaforma. Il calo, però, coinvolge anche fattori politici e macroeconomici. La “guerra

dei dazi” tra Cina e USA, per esempio, ma anche l’aumento dei tassi di interesse e la

paura, da parte degli investitori, di un rallentamento dell’economia nel breve termine

sono fattori che stanno influenzando le scelte degli investitori. Laddove fino a poco

tempo fa le FAANG erano, quindi, un “porto sicuro” per gli investitori, oggi gli azionisti

stanno vendendo le proprie azioni, accelerando un calo del mercato già presente.

Elezioni UE: ecco come Google controllerà le pubblicità politicheMancano 6 mesi alle elezioni del Parlamento Europeo e Google ha varato una serie di iniziative volte a offrire la massima trasparenza al processo democratico ed evitare le fake news

di E. VILLA

L’impatto dei media online sull’esi-to delle elezioni politiche è immen-so e per questo i giganti del web, capaci di veicolare messaggi a miliardi di persone, sono sempre sotto la lente d’ingrandimento. Tra-scorse le elezioni di mid-term ame-ricane, ora gli occhi sono puntati su quelle che la prossima primavera porteranno alla ricomposizione del Parlamento Europeo. Mancano 6 mesi, ma meglio organizzarsi per tempo. Non è un caso che Google, Facebook, Twitter e altre abbiano recentemente sottoscritto un co-dice di condotta da implementare in situazioni particolarmente ‘sen-sibili’ come quella che coinvolgerà l’Europa nel 2019. Oggi Google ha deciso di scendere in dettaglio dopo che i rumor delle scorse ore avevano già annunciato qualcosa di simile. Il colosso del web agirà su diversi fronti: protezione dei siti web dagli attacchi hacker volti a oscurare parte del messaggio po-litico, intensificazione degli sforzi contro la proliferazione delle fake news e, soprattutto, controllo rigi-do e severo sulle pubblicità politi-che accettate nel network pubbli-citario. Il concetto è quello della massima trasparenza: Google im-plementerà un rigido sistema di verifica degli inserzionisti (affinché siano chi dicono di essere) e per-metterà ai lettori di verificare da chi proviene un AD, chi l’ha acquistato, a chi è rivolto e quanto è stato spe-so per mostrarlo. In questo modo, si augura Google, sarà più facile assicurare un processo trasparen-te e corretto.

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MAGAZINEn.189 / 183 DICEMBRE 2018

Trump agli alleati, Italia inclusa: “Bloccate i prodotti Huawei”Il governo statunitense avrebbe avviato una dura campagna di sensibilizzazione per sconsigliare l’uso dei prodotti Huawei agli alleati, Italia compresa. Il colosso cinese esprime rammarico e sorpresa di P. AGIZZA

Ancora una volta il governo sta-tunitense e Huawei sono ai ferri corti. Sempre per lo stesso tema: le accuse di spionaggio. Già vietati in territorio americano, Washington vorrebbe che il bando ai prodotti Huawei si estendesse anche ai ter-ritori dei principali alleati, tra cui an-che l’Italia. Tale messaggio sareb-be stato inviato sia ai governi sia ai vertici delle società di telecomuni-cazioni. Per ottenere questo obiet-tivo, secondo il The Wall Street Journal, l’amministrazione Trump avrebbe messo in piedi una vera e propria “campagna di sensibilizza-zione” per avvertire le altre nazioni dei pericoli legati alla privacy insiti nelle apparecchiature Huawei. Una delle voci più importanti di questa campagna è quella di Chris Wray, il capo dell’FBI, secondo cui “Le apparecchiature Huawei consentirebbero loro di modifica-re o rubare informazioni e di fare spionaggio senza essere scoper-ti”. Addirittura, sempre secondo l’articolo, Washington sarebbe disposta a pagare grosse somme purché Huawei e altri marchi cinesi scompaiano dal mercato europeo. Non si è fatta attendere la risposta di Huawei: “se il comportamento di un governo si estende oltre la pro-pria giurisdizione, tale attività non dovrebbe essere incoraggiata”. Pone l’accento, poi, sul fatto che i dispositivi Huawei sono utilizzati in oltre 170 Paesi del mondo e che milioni di consumatori e aziende scelgono ogni giorno il marchio.

di Candido ROMANO

AGCOM ha pubblicato i dati del

nuovo Osservatorio sulle Comu-nicazioni, che dipinge un quadro

in costante evoluzione in Italia quando si

parla di accesso alla rete e non solo. Una

connettività estremamente cambiata: si

naviga meno da rete fissa e molto di più

da mobile. Nel 2014 il 95% degli accessi

da rete fissa era in rame, a giugno 2018

accessi del genere sono scesi al 65%, 6

milioni di linee in meno.

Salgono invece le tecnologie di rete fissa

di qualità migliore, con 5 milioni di unità

in più di FTTC (Fiber-to-the-Cabinet) e

400.000 in più di FTTH (Fiber-to-the-

Home), oltre alle 650.000 in più per la

tecnologia FWA (Fixed Wireless Access).

Ad aumentare è quindi la velocità di con-

nessione: da giugno 2017 le linee sotto ai

10 Mbps sono calate di 1,24 milioni di unità

e ora rappresentano il 28,3% degli acces-

si. Sono aumentate, infatti, le linee con ve-

locità compresa tra 30 e 100 Mbps (+ 1,97

milioni di unità, oggi il 23,6%) e sopra i 100

Mbps (1 milione in più, oggi il 14,3%). C’è

comunque ancora molto lavoro da fare. Il

leader tra gli operatori è ancora TIM, che

MERCATO Oltre 54 milioni di SIM connesse a Internet nel secondo trimestre del 2018

Sale la velocità media della rete fissa in Italia. Mobile, il consumo medio è 3,63 GBRete fissa, in calo le linee sotto i 10 Mbps, mentre cresce la fibra nelle sue varie forme

ha un 44,7% di market share. Ci sono poi

Vodafone Fastweb e Wind Tre con quote

che si attestano tra il 14% e 15%.

SIM, il consumo medio è di 3,63 GB al meseOgni anno aumentano le SIM per la con-

nessione mobile di 2,4 milioni di unità.

Mentre si attende il 5G, il traffico sulla

infrastruttura mobile italiana cresce sem-

pre di più. Nel secondo trimestre del

2018 sono 54 i milioni di SIM che hanno

effettuato connessioni, con un consumo

medio di 3,63 GB ogni mese (+54,7%).

AGCOM sottolinea quindi una continua

crescita della banda larga mobile in Ita-

lia. Crollano ovviamente gli SMS, -35%

rispetto all’anno precedente.

Per quanto riguarda il mercato mobile,

TIM vince con il 31,2% delle utenze (in

crescita dello 0,9%), segue Wind Tre al

30,4% (ma scende dell’1,6%). Il primo

operatore in Italia è TIM, ma se si consi-

derano solo le SIM “human” e si escludo-

no quelle di tipo M2M, allora Wind Tre è

invece il leader con il 34,5%.

Le abitudini di navigazione e dieta mediaticaAl di là del mezzo per accedere alla rete,

in Italia (ma anche nei principali Paesi

europei) il tempo medio di navigazione

giornaliero si attesta sulle due ore, più

del 4% rispetto al 2017. Google e Face-

book i più visitati, ma anche Instagram.

Passando invece agli ascolti TV rispetto

al giugno 2017 si vede una contrazione

per la Rai, che scende al 33,3%; Media-

set ha uno share di 33,7%. Il dato interes-

sante proviene invece dall’editoria quo-

tidiana: continua la tendenza negativa.

Al giugno 2018 la vendita di quotidiani si

attesta a poco più di 2,8 milioni di copie,

-7,5% rispetto allo stesso periodo di giu-

gno 2017. Leggera flessione anche per la

vendita di quotidiani digitali (-2%).

Prendendo in considerazione l’intero

periodo dall’Osservatorio sulle Comuni-

cazioni, cioè giugno 2014-2018, le copie

giornaliere vendute, sia cartaceo che di-

gitale, sono passate da 2,9 a 1,9 milioni.

Insomma i quotidiani perdono 1 milione

di copie vendute in 4 anni, con una fles-

sione del 34%.

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MAGAZINEn.189 / 183 DICEMBRE 2018

di P. AGIZZA

N ella battaglia tra Siri e Google

Assistant su iOS, il secondo

assistente ha appena preso

(letteralmente) una scorciatoia. L’ulti-

ma versione dell’applicazione mobile

(per il momento solo negli Stati Uniti)

ha infatti introdotto il supporto alle

scorciatoie di Siri. Cosa significa? Che

pronunciando, per esempio, “Ehi Siri

ok Google” viene automaticamente

aperto l’assistente di Google, pronto a

recepire il comando vocale dell’utente.

Un passaggio, quello appena descrit-

to, che può aprire Assistant anche da

schermo bloccato.

L’integrazione profonda di Siri con

iOS impedisce di selezionare Google

Assistant come assistente vocale pre-

definito su iPhone. Con la frase (un po’

macchinosa) “Hey Siri, Ok Google” l’as-

sistente virtuale di Apple aprirà Goo-

gle Assistant, consentendo agli utenti

iPhone di usare l’app di Google senza

dover sbloccare il telefono e, soprat-

MOBILE Negli USA, la nuova versione dell’app Assistant per iOS supporta le scorciatoie di Siri

“Ehi Siri, OK Google”: la scorciatoia vocale di iOS 12 per usare Google Assistant Pronunciando “Ehi Siri Ok Google”, per esempio, si potrà avviare l’assistente vocale di Google

tutto, senza dover

andare a selezio-

nare l’applicazio-

ne. Come tutte

le scorciatoie di

Siri, l’utente può

scegliere la “frase

magica” collegata

alla scorciatoia,

ma siamo certi

che “ehi Google”

e “ok Google” saranno le più gettona-

te. Questo metodo, per quanto come

detto un po’ macchinoso,rappresenta

comunque un importante passo in

avanti per gli utenti che si affidano ad

Assistant, specialmente per la gestione

della domotica. Gli usi pratici delle scor-

ciatoie di Siri, infatti, vanno oltre alla

semplice apertura dell’app: impostando

una frase personalizzata (per esempio

“Ehi Siri, notte Google”) si possono far

partire, per esempio, i comandi rapidi di

Google Assistant - se precedentemente

configurati - per spegnere le luci e im-

postare la sveglia sullo smartphone pri-

ma di andare a dormire. La novità, per

il momento, sembra destinata al solo

territorio nordamericano.

L’ultimo aggiornamento di Google Assi-

stant per il Belpaese non fa riferimen-

to a questa possibilità, ma crediamo

che non tarderà ad arrivare nel resto

del mondo. Ovviamente si attendono

reazioni dal colosso di Cupertino. Ap-

ple permetterà questa “furbata” per

bypassare il proprio assistente vocale

oppure limiterà l’uso delle scorciatoie

ad altri assistenti virtuali?

di B. DI BLASI

Tra le varie discussioni su Reddit e il

forum di supporto di Google, sono

emersi una serie di problemi legati

all’attivazione della fotocamera e per

realizzare foto e video con applicazioni

fotografiche di terze parti: la fotocamera

non si avvia.

Il problema riscontrato si verifica all’av-

vio della Google Camera che invia un

messaggio allarmante sullo schermo: “il

driver della fotocamera ha prodotto un

errore irreversibile”. Un problema che, di

fatto, la rende inutilizza-

bile, richiedendo, come

temporanea soluzione,

un riavvio del telefono.

Differentemente, con

le applicazioni di terze

parti, si verifica un errore

comunicato dal messag-

gio sullo schermo “non

posso connettermi alla

fotocamera”; anche in questo caso ren-

dendo inutilizzabile la fotocamera e se

si ritenta di lanciare l’applicazione, oltre

al messaggio di errore, si disatttiva

il flash. Tale errore persiste anche

dopo un ripristino ai dati di fabbri-

ca e, peggio ancora, anche in Safe

Mode. Curiosamente un errore si-

mile, in passato, era stato riscontra-

to anche con i Pixel 2 e anche nel

Nexus 6P, dove sporadicamente

si presentavano questi problemi.

Come segnalato da Charged, a quanto

pare il nodo della questione risiede in un

problema di firmware che, ci si augura,

Google possa sistemare al più presto. In

generale Google non ha rifiutato la sosti-

tuzione del prodotto ad alcuni fortunati

utenti; per altri invece, aldilà dell’apertu-

ra di un ticket di assistenza, non ci sono

state sostituzioni di prodotto, ritenendo,

probabilmente, di poter sistemare il bug

in tempi brevi, pur non avendo rilasciato

una nota ufficiale a riguardo.

OnePlus 7 la variante 5G alzerà ulteriormente il prezzoOnePlus è fra i produttori che nel 2019 lanceranno sul mercato smartphone compatibili con il 5G. Ora giungono le prime notizie sul futuro top di gamma, dalle specifiche base al prezzo di M. SERVADIO

Ne ha fatta di strada OnePlus da quando si faceva conoscere soprattutto per il rapporto quali-tà hardware-prezzo dei suoi di-spositivi. Tuttavia l’introduzione del 5G potrebbe spostare ulte-riormente l’asticella del prezzo, almeno secondo le indiscrezio-ni, che vorrebbero un ipotetico OnePlus 7 5G posizionarsi a 649 euro di base, affiancato da una versione 4G più classica, con un prezzo di listino più vicino a quello dell’attuale top di gamma OnePlus. OnePlus 6T parte, an-che in Italia, da 559 euro e arriva a 639 euro, ma questa volta il nuovo aumento sarebbe moti-vato da quella connettività 5G che nel 2019 sarà all’avanguar-dia. Basti pensare che Apple sta puntando il 2020 per integrare il 5G nei suoi smartphone, con un anno di ritardo rispetto ad aziende come OnePlus, Xiaomi e ZTE. Certo poi l’altro elemento fondamentale, oltre ai dispositivi supportati, è un’infrastruttura di rete che permetta effettivamen-te di sfruttare la connettività 5G. Quanto a specifiche tecniche i ben informati parlano di un chip Snapdragon 855, affiancato dal modem Snapdragon X50, pro-gettato da Qualcomm proprio in vista del supporto alle reti 5G.

MOBILE Diversi utenti hanno segnalato l’impossibilità di usare la fotocamera del proprio Pixel 3

Pixel 3, la fotocamera non funziona: colpa di un bugPare che il nodo della questione risieda in un problema di firmware. Nessuna soluzione in vista

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MAGAZINEn.189 / 183 DICEMBRE 2018

di M. DI MARCO

L ’assistente digitale di Vodafone, Tobi,

tra le chat di WhatsApp. Tobi sarà

infatti presto disponibile sulla piat-

taforma di messaggistica, permettendo

agli utenti Vodafone e non di fruire del-

l’assistente nello stesso modo in cui già

possono fare sul sito Vodafone, sull’app

My Vodafone o su Messenger.

A un numero selezionato di utenti verrà

fornito l’accesso a Tobi su WhatsApp a

partire da dicembre; in base al feedback

di tali utenti, Vodafone valuterà succes-

sivamente le modalità e le tempistiche

per estendere la disponibilità di Tobi su

WhatsApp. Un assistente sempre più

presente. A fine ottobre Vodafone è stata

tra le prime a supportare Amazon Alexa

in italiano; oggi Tobi è accessibile, trami-

te i comandi vocali, dagli altoparlanti con

Alexa integrata, come gli Echo di Amazon

e i Sonos. “Vogliamo esserci su tutte le

piattaforme più usate dai nostri utenti”

evidenzia Claudio Raimondi, respon-

sabile Digital e Intelligenza Artificiale di

Vodafone Italia. Per ora, non sono ancora

previsti né lo sbarco di Tobi su dispositivi

Google Home né la compatibilità con le

scorciatoie di Siri o Telegram. Non vengo-

no coinvolti soltanto gli utenti Vodafone:

anche chi proviene da un altro operatore

può porre domande a Tobi. “Ovviamen-

te in questo caso è più limitato e l’utente

può, per esempio, fare domande sulle

offerte commerciali” fa notare Raimondi.

Basta un messaggio su WhatsApp, in-

somma, per sapere cosa prevedono le

tariffe con lo smartphone incluso, qual è

il codice PUK della propria SIM oppure

quanti GB sono disponibili con il proprio

piano tariffario all’estero. Ci sono poi altri

limiti, dettati, in questo caso, da mancanze

tecniche di WhatsApp. Se dal sito Vodafo-

MOBILE L’assistente digitale di Vodafone, Tobi, sarà presto disponibile anche su WhatsApp

Vodafone, l’assistente Tobi arriva su WhatsApp. Presto risponderà anche al 190 L’accesso a Tobi su WhatsApp verrà fornito la partire da dicembre a un numero selezionato di utenti

ne o tramite Messenger è possibile, per

esempio, avere delle schede interattive

per scegliere una nuova offerta, ciò non

è possibile su WhatsApp, dove la conver-

sazione è soprattutto testuale. In tali casi

Tobi suggerirà all’utente di proseguire sul

sito ufficiale di Vodafone.

Tobi risponde anche al telefonoTobi non sostituirà interamente l’assisten-

za. Un esempio chiaro di tale binomio è

rappresentato dal sistema IVR, ossia il si-

stema di risposta vocale interattiva tipico

dei centralini, basato sulla pressione dei

dati del telefono per indirizzare l’utente.

Tale sistema è già oggi coinvolto da Tobi:

una manciata di utenti, quando telefona

al 190, viene aiutata da Tobi, sfruttando lo

stesso sistema di domanda e risposta di-

sponibile sulle applicazioni mobile. Quan-

do Tobi non riesce a esaudire la specifica

richiesta dell’utente, allora la palla viene

passata a un operatore umano. Per ora,

comunque, è soltanto un test, che verrà

reso accessibile ad altri utenti al momento

opportuno. Un sistema di omnicanalità: la

conversazione con Tobi prosegue anche

se l’utente si sposta dal web allo smar-

tphone e poi ad Alexa. “Tobi tiene in me-

moria lo storico della con-

versazione con l’utente”

spiega Raimondi, così che

l’utente possa proseguire

la conversazione in modo

intelligente e trasversale.

Tobi infatti non consuma

Giga del piano tariffario e

può essere usato anche

con credito residuo pari a

zero. Solo a ottobre, Tobi

ha ricevuto oltre 2,1 milio-

ni di visite, gestendo oltre un milione di

conversazioni, di cui l’80% senza bisogno

dell’intervento di un operatore umano.

L’intenzione non è comunque quella di

andare a sovrapporre totalmente l’assi-

stenza che viene fornita ogni giorno dagli

operatori umani. Per Vodafone e per gli

utenti, però, Tobi diventerà sempre più

importante per gestire informazioni rapi-

de e accessibili da qualsiasi dispositivo.

iPhone XS, vendite insufficienti: accordo con Samsung non rispettato. Al via la produzione di iPhone X A causa di basse vendite di iPhone XS e XS Max, Apple si ritrova a dover produrre di nuovo iPhone X per un accordo sugli acquisti di pannelli OLED con Samsung di B. DI BLASI

Apple ha bisogno di iPhone X. Non per generare più profitti, bensì per rispettare gli obiettivi di acquisto previsti dall’accordo con Sam-sung per la fornitura degli scher-mi OLED. Le vendite inferiori alle aspettative di iPhone XS e XS Max, secondo quanto riportato dal The Wall Street Journal, non sarebbe-ro infatti sufficienti. Questo atteg-giamento conservativo da parte di Apple rispecchia le indiscrezioni riguardo al taglio di produzione per i nuovi modelli. In particolare sarebbe l’iPhone XR a essere sta-to accolto meno positivamente del previsto; colpa anche di iPhone 8, ancora un valido prodotto che può essere trovato a un prezzo infe-riore di XR. Una situazione che ha spinto molti acquirenti a optare per questa scelta anziché fiondar-si sul modello meno caro dei nuo-vi smartphone. iPhone X sarebbe stato riesumato, quindi, anche per il semplice fatto che è meno costo-so produrlo rispetto a iPhone XS e XS Max, con componenti hardwa-re e manodopera economicamen-te meno gravose, secondo il Wall Street Journal. In passato Apple ha sempre continuato a produr-re modelli precedenti finché ha trovato domanda in certi mercati; quest’anno, forse, chiudere im-mediatamente la produzione di iPhone X in favore del nuovo trio potrebbe non essersi rivelata una mossa azzeccata.

L’assistente di Vodafone Tobi è disponibile anche per smart speaker con Amazon Alexa integrata

Un esempio di conversazione su WhatsApp tramite Tobi

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MAGAZINEn.189 / 183 DICEMBRE 2018

di M. DI MARCO

L e ambizioni di Huawei non sono finite

quando ha superato Apple per volu-

me di smartphone spediti; ora l’azien-

da cinese punta a superare Samsung e

diventare il primo produttore al mondo.

Numeri che ovviamente non raccontano

la storia completa - bisogna infatti tenere

conto dei profitti generati dagli smartpho-

ne. La crescita di Huawei negli ultimi tri-

mestri, però, è evidente e sebbene il mar-

gine di vantaggio di Samsung sia ancora

molto esteso, l’idea che Huawei possa

avvicinarsi al rivale è molto credibile.

Il sorpasso, però, è una storia diversa. A

guardare i dati dal primo trimestre 2016 al

secondo trimestre del 2018 (la nostra fon-

te è stata IDC), la tendenza di Samsung

è in negativo, laddove quella di Huawei

è in positivo. Per completezza abbiamo

inserito anche l’andamento di Apple, che

nel corso dei dieci trimestri presi in esame

è rimasto pressoché stabile. Nel secondo

trimestre del 2018 Huawei ha spedito 54,2

milioni di smartphone, mentre Samsung

71,5 milioni. Per quanto quest’ultima stia

affrontando molti problemi, specialmente

nel segmento economico dove i produtto-

ri cinesi, Huawei inclusa, le danno filo da

torcere, 17-20 milioni di smartphone ogni

MOBILE L’AD di Huawei promette che l’azienda distribuirà più smartphone di Samsung entro il 2020

Huawei-Samsung, la sfida per essere i numeri uno. E vincono i consumatoriObiettivo credibile, ma Samsung non starà a guardare. La battaglia si preannuncia accesa

trimestre non sono un

vantaggio tanto picco-

lo. Escludendo il quarto

trimestre 2017, quando

ha registrato un calo

delle unità spedite su

base annua, da molti

trimestri a questa parte

Huawei sta tenendo un

ritmo di crescita in dop-

pia cifra. Il più clamoro-

so è senz’altro quello

del secondo trimestre

2018: +40,9% rispetto all’anno preceden-

te. L’indagine di Strategy Analytics relativa

al terzo trimestre di quest’anno dà Huawei

ancora in vantaggio su Apple (51,8 contro

46,9 milioni), ma Samsung sempre al pri-

mo posto con oltre 72 milioni di smartpho-

ne spediti, sebbene in calo.

La battaglia è tosta e Samsung non sta a guardareHuawei sa l’obiettivo di superare Sam-

sung non è auspicabile nel breve termine;

l’amministratore delegato Richard Yu mira

invece di raggiungere tale risultato nel

2020. Nel primo trimestre 2016 c’erano

quasi 50 milioni di smartphone a stacca-

re Samsung da Huawei; oggi sono meno

di 20 milioni. Tra due anni Huawei sarà

il primo produttore di smartphone? Con

questo ritmo di crescita senz’altro. Allora

la domanda è un’altra: riuscirà a mante-

nere stabile tale ritmo grazie all’ottimo

lavoro che sta facendo sulla fascia alta

con la serie P e Mate? Samsung non sta a

guardare e con Galaxy A9 ha dimostrato

di voler diventare molto più competitiva

anche nel segmento intermedio e di non

voler certo restare indietro. Inoltre con

Galaxy S10 promette di innovare in modo

sostanzioso rispetto a Galaxy S9, il che

potrebbe spingere il suo top di gamma,

senza dimenticare Infinity Flex Display,

il suo smartphone pieghevole. Una bat-

taglia commerciale molto accesa, dalla

quale emerge già a oggi un solo vincitore:

il pubblico, che sul mercato ha dispositivi

sempre migliori.

Smartphone pieghevole, LG sfida Samsung: depositati tre brevettiAnche LG pensa allo smartphone pieghevole? Lo dimostrerebbero tre brevetti, che lasciano intuire che la società possa avere in serbo un concorrente al Samsung di F. AQUINI

LG ha registrato, proprio qualche giorno fa, tre nuovi marchi: Flex, Foldi e Duplex. La registrazione ha avuto luogo presso la Euro-pean Union Intellectual Property Office il 21 novembre ed è sta-ta categorizzata come Class 9, ovvero appartenente a una ca-tegoria che comprende, fra gli altri dispositivi, gli smartphone. A cosa si riferiscono i tre marchi quindi? Dai nomi sembrerebbe non esserci alcun dubbio: an-che LG, al pari di Samsung, sta progettando uno smartphone (o una famiglia di smartphone) pie-ghevole. E la presenza di ben tre marchi potrebbe essere giustifi-cata, se non per la creazione di tre nuove famiglie, quantomeno per “bloccare” i papabili nomi mentre i piani aziendali vengono definiti. Il primo, in particolare, porta alla mente il G Flex, smar-tphone prodotto dalla stessa LG e caratterizzato da uno schermo curvato, mentre gli altri due, Fol-di e Duplex, lascerebbero pensa-re a una smartphone ripiegabile a libretto con doppio schermo (o con un solo schermo che si piega a metà). Insomma, almeno in Corea le idee sul futuro degli smartphone sembrano averce-le chiare: schermi pieghevoli in ogni salsa. Quando dovrem-mo aspettarci il primo modello? Stando a quanto mostrato da Samsung la tecnologia c’è, quin-di non è escluso che in uno dei prossimi eventi internazionali si possa già mettere gli occhio su un modello funzionante.

dI B. DI BLASi

Apple ambivalente: da una parte

veste l’armatura del paladino della

privacy, evidenziando la necessità

di regolamentare tale aspetto della vita

digitale, ma dall’altra parte incassa miliardi

di dollari da Google affinché resti il mo-

tore di ricerca predefinito su Safari. “Non

è una situazione perfetta, sono la prima

persona a dirlo”. A parlare è Tim Cook, in

un’intervista concessa ad Axios su HBO.

Cook ammette che l’accordo pluriennale

con Google deriva dalla consapevolezza

che “il loro motore è il migliore”. Cook, in

un intervento a Bruxelles di fine ottobre,

evidenziava che “non dovremmo indora-

MOBILE Apple riceve miliardi da Google affinché resti il motore di ricerca predefinito su Safari

Apple parla di privacy e riceve miliardi da GoogleL’accordo pluriennale con Google deriva dalla consapevolezza che “il loro motore è il migliore”

re le conseguenze: è una sorveglianza e

queste quantità di dati personali servono

solo ad arricchire le società che li rac-

colgono”. “Guardate cosa abbiamo fatto

con i controlli che abbiamo integrato” ha

risposto Cook riferendosi ad alcune fun-

zioni di Safari. “Abbiamo una navigazione

web privata, abbiamo una protezione in-

telligente sui tracker e ciò che abbiamo

cercato di fare è trovare il modo di aiutare

i nostri utenti nel quotidiano”. Apple tra in-

cudine e martello, avendo da una parte i

colossi - come Google e Facebook - che

sfruttano la sua piattaforma per creare

valore per se stesse, e dall’altra parte gli

utenti che si ritrovano “controllati” da un

prodotto del quale non riescono più a

fare a meno. Apple si è più volte espressa

con toni forti attaccando le aziende che

raccolgono i dati per profilare gli utenti.

Il controsenso dell’accordo con Google

diventa, così, ancora più evidente e Apple

dovrà trovare un modo migliore in futuro

per far combaciare i suoi due intenti: pro-

teggere la privacy degli utenti e offrire il

“meglio per il proprio browser.”

Page 11: 19 Rimborsi fatture a 28 giorni TIM e Vodafone non ci stannoAlla guida di Outlander Più elettrica che ibrida Come rendere “smart” la tua casa con 500 euro 19 Audi stupisce tutti

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MAGAZINEn.189 / 183 DICEMBRE 2018

di Emanuele VILLA

N el turbolento mare delle telco, Vo-

dafone vince una (piccola) batta-

glia contro TIM. L’oggetto del con-

tendere è la pubblicità dell’offerta TIM

Senza Limiti Platinum, che l’operatore

blu propone con “GB senza limiti” o “GB

illimitati” salvo poi strozzare la velocità

di navigazione a 32 kbps dopo 50 GB

di consumo. Non che TIM non lo possa

fare, ma Vodafone sostiene che 50 GB

non siano nulla di speciale nel panorama

attuale delle telecomunicazioni: chi già li

applica non usa l’espressione “GB senza

limiti” per poi spiegare che, dopo tale so-

glia, la navigazione viene portata a livelli

di sopravvivenza solo nelle note piccole

della pagina. Inoltre, il fatto che la stes-

sa TIM offra Giga illimitati “full speed”

nel servizio TIM Party può generare ul-

teriore confusione: se l’assenza di limiti

c’è in altri profili, non si tratta di sicuro di

un’espressione ‘iperbolica’.

Dal canto suo, TIM si è difesa adducen-

do motivazioni formali, tipo che nell’of-

MOBILE Piccola vittoria di Vodafone contro TIM: il Giurì obbliga TIM a modificare l’offerta

TIM, stop alla pubblicità dei “Giga Illimitati”TIM Senza Limiti Platinum offriva GB senza limiti, ma dopo 50 GB la velocità passa a 32 Kbps

ferta si parla unicamente di quantità di

dati fruibili e non di velocità (nessuna

promessa, dunque, sulla seconda), che

la pubblicità è statica e l’utente ha tutto

il tempo di apprendere i contenuti nelle

note e che 32kbps sono sufficienti per

attività di “non poco conto”.

Il Giurì ha dato ragione a Vofadone. Il

concetto è semplice: il fatto che un’of-

ferta principale sia poi ‘temperata’ da

indicazioni particolari è ammessa, ma

l’indicazione supplementare deve es-

sere contestuale alla primaria, cosa che

non è (era?) nella comunicazione TIM.

Qui era infatti necessaria una specifica

azione da parte del cliente, che peraltro

non è guidato nella direzione giusta per

comprendere al 100% le caratteristiche

dell’offerta. Risultato: la pubblicità non

è conforme all’articolo 2 del Codice di

Autodisciplina e va tolta o modificata

in modo consono. Cosa che peraltro

ci pare sia già avvenuta: in questo mo-

mento la pagina dell’offerta riporta l’in-

dicazione 50GB di fianco a “GB senza

limiti” e subito sotto viene dichiarata la

velocità “Superati i 50 GB la velocità si

riduce a 32kbps”.

Display senza tacche né cornici Huawei vuole anticipare SamsungIl teaser pubblicato da Huawei mostra un nuovo smartphone, che potrebbe far parte della linea Nova. Il dispositivo è dotato di full-display nel quale è stato ricavato un piccolo foro, che lo rende simile all’Infinity-O di Samsung di G. MERO

Huawei è pronta ad anticipare le mosse di Samsung nel settore mobile con i prossimi top di gam-ma. Il produttore cinese ha difatti pubblicato sul proprio profilo Wei-bo uno scatto, in anteprima, di un nuovo smartphone che secondo i rumor farà parte della linea Nova e arriverà entro l’anno.L’immagine mostra il dispositivo inquadrato frontalmente senza cornici, con a bordo un full-display che copre l’intera superficie. È pre-sente solo un piccolo foro in alto a sinistra adibito probabilmente ad ospitare una fotocamera per selfie e videochiamata.Si tratta di una soluzione già illu-strata da Samsung con il nome Infinity-O e che dovrebbe vedere la luce sui primi smatphone nel 2019. Huawei anticiperà dunque di qualche mese il colosso su-dcoreano in una corsa contro il tempo nel definire l’aspetto degli smartphone di prossima gene-razione. Richard Yu, amministra-tore delegato Huawei, ha citato di recente proprio il volume di smartphone distribuiti da Sam-sung quale dato da eguagliare e superare entro il 2020, con l’am-bizioso obiettivo di diventare il primo produttore al mondo.

di M. DI MARCO

T IM è riuscita a connettere un pro-

totipo di smartphone alla rete 5G

NR (New Radio). Nei laboratori to-

rinesi dell’operatore, fa sapere l’azien-

da, “sono stati completati i primi test di

connessione OTA (Over the Air)” gra-

zie alla collaborazione con Ericsson e

Qualcomm, di cui è stato usato il mo-

dem Snapdragon X50, che sarà pronto

il prossimo anno per la disponibilità

commerciale. Per la realizzazione dei

test di trasmissione è stata utilizzata

una porzione della gamma di frequen-

ze 3,4-3,8 GHz, aggiudicate a TIM dal

recente bando di gara del Ministero per lo Sviluppo Economico. “Questo

traguardo - commenta TIM - rappre-

senta un passo fondamentale verso

MOBILE TIM ha annunciato di aver completato con successo il suo test in laboratorio

TIM, connesso smartphone alla rete 5G “Questo risultato è un passo fondamentale”Nei laboratori torinesi, TIM è riuscita a connettere alla rete 5G un prototipo di smartphone

l ’ implementazione

del 5G in Italia a be-

neficio dei clienti”.

“Il nostro terminale di

test - spiega Enrico

Salvatori, presidente

di Qualcomm Europe

- è il primo device 5G

NR con fattore di for-

ma di uno smartpho-

ne disponibile per

queste sperimenta-

zioni e stiamo lavoran-

do con tutti I nostri partner per rendere

il 5G una realtà commerciale nel corso

del 2019”. TIM si aggiunge alla lista,

sempre più lunga, di società nazionali

e internazionali che stanno testando

con successo la rete 5G su smartpho-

ne. Recentemente ZTE ha annuncia-

to i risultati raggiunti in laboratorio,

preannunciando che il prossimo anno

lancerà sul mercato uno smartphone

compatibile con la rete 5G. Altrettanto

faranno OnePlus, Xiaomi e, molto pro-

babilmente, anche Samsung.

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MAGAZINEn.189 / 183 DICEMBRE 2018

di E. VILLA

N on passa giorno che non ci sia almeno una noti-

zia sul fronte delle tariffe telefoniche. Ce ne sono

sempre state tante, ma l’arrivo di Iliad ha causato

un’accelerazione incredibile: c’è chi offre 50 GB a qual-

che euro al mese, chi ribatte con 60 o più, chi si inven-

ta tariffe ad hoc da pochi spicci per recuperare i propri

clienti e chi cerca di tenere i prezzi invariati puntando

sulla qualità dell’infrastruttura. Insomma, è una giungla.

Posto che seguiamo questo mercato con interesse, oggi

chi vuole cambiare profilo tariffario andando verso la

convenienza non può che essere in difficoltà:. Una pro-

va comparativa tra le diverse offerte del mercato è quasi

impossibile perché presupporrebbe valutare non solo

dati oggettivi come la quantità di dati e di SMS per un

certo prezzo mensile, ma anche la copertura e la qualità

della rete. Ma anche restando sugli elementi oggettivi e

facilmente comparabili, quali sono le tariffe migliori e/o

più convenienti del momento?

Prima cosa: valutare le ‘operator attack’Puoi amarla o meno, ma la certezza è che Iliad ha rivo-

luzionato il mercato italiano della telefonia. Il lancio di

offerte dal costo contenuto con 30 e più GB ha scos-

so un settore in equilibrio imponendo ai competitor di

controbattere in qualche modo: alcuni si sono inventati

tariffe fortemente competitive, altri hanno addirittura fon-

dato società separate con l’obiettivo di concentrarsi sulla

convenienza, altri ancora creano profili ad hoc aggressivi

e destinati direttamente ai clienti dei competitor, con una

particolare predilezione proprio per Iliad. La prima cosa

da fare, dunque, è valutare una di queste offerte. Ormai

la classica bipartizione tra offerte ‘per tutti’ e ‘per nuovi

clienti’ non è più sufficiente: si è aggiunta la categoria

delle offerte ‘per chi proviene dall’operatore X o dagli

operatori X, Y e Z’, che sa tanto di sfida commerciale. Ma

a noi che gli operatori si diano battaglia interessa dav-

vero poco, anzi ci fa piacere: il problema, semmai, è che

a queste offerte non sempre viene data visibilità online,

non basta andare sul sito per trovarle, non tutti i nego-

zi vi aderiscono e, soprattutto, spesso la loro durata è

estremamente ridotta, al limite delle 24 ore. L’ipotesi mi-

gliore per fare l’affarone è chiamare o recarsi in negozio

e valutare se ci sono o meno avendo cura di considerare

tutto, ovvero costi di attivazione (spesso assenti nel caso

di cambio gestore), costo mensile ed eventuale vincolo

temporale, che fortunatamente non può più essere ‘im-

menso’ come un tempo. Rispetto ad altre indagini già fat-

te in passato, questa volta però abbiamo un vantaggio:

non dobbiamo più comparare tariffe mensili con altre

quadrisettimanali, perché fortunatamente il mese “da 28

giorni” appartiene al passato.

Quindi quale conviene?Non potendo comparare offerte ad hoc a causa della

loro volatilità, vogliamo mettere sullo stesso piano quelle

“stabili” degli operatori. E soprattutto ci interessa evi-

denziare quei profili che possono davvero servire alla

MOBILE Dopo mesi trascorsi a parlare di Iliad, Ho Mobile, Kena, oggi se volessimo cambiare tariffa, a quale dovremmo rivolgerci?

Le tariffe telefoniche più convenienti di fine 2018Si sa che Iliad è conveniente e che i ‘big’ stanno tentando di recuperare clienti agendo sul prezzo, ma regna la confusione

maggior parte delle persone: sappiamo tutti che i 60 GB

mensili di Tre o i 50 di Iliad li consumerà - se va bene

- una persona su 100, per cui abbiamo deciso di mettere

sullo stesso piano offerte di medio profilo con 10 - 20 GB

(se disponibili, ovviamente) e verificare quale sia la più

conveniente. Poi ci sarà sicuramente qualcuno che ‘ha

bisogno’ di 60 GB, ma con questo servizio cerchiamo di

soddisfare le esigenze dei più: tanti minuti, qualche SMS

e una decina di GB ci fanno trascorrere il mese in sere-

nità. Alla fine, le domande cui vogliamo rispondere sono

due: è vero che, a fine 2018, Iliad e Ho Mobile hanno

portato una rivoluzione tale da essere imbattibili a livello

di convenienza? Ed è vero che gli operatori tradizionali,

puntando sulla capillarità della loro rete e sulla presenza

storica sul territorio, hanno deciso di alterare le offerte in

modo tutto sommato ‘relativo’ a causa dell’arrivo in forze

degli operatori low cost? Iniziamo a fare qualche ipotesi.

TIM all’attacco: 10 € e si naviga sereniIl sentiment che accompagna l’operatore ‘blu’ non è a

tinte nette: chi ne elogia la qualità della connessione

e l’indubbia capillarità, chi lo ritiene ‘fuori mercato’

per la sua strenua resistenza nella politica dei prezzi.

In effetti fa un po’ strano leggere di piani tariffari da

50 euro al mese per 50 GB di traffico su 4.5G, ma è

anche vero che non mancano le offerte dal piacevole

rapporto qualità/prezzo. Quella che ci pare ideale ai fini

di questo servizio è TIM Extra Power, un profilo tariffa-

rio disponibile per gli utenti del web e che può essere

attivato da tutti i nuovi clienti. Ciò significa che ne può

usufruire sia chi passa da un altro operatore (qualsiasi),

sia chi attiva una nuova linea. I numeri sono interessan-

ti anche se ai minimi della nostra ricerca: parliamo di 10

GB su rete 4.5G da 700Mbit e 1.000 minuti nazionali a

10 euro al mese. Mancano gli SMS ma al giorno d’oggi

non sembra un limite insormontabile. Piuttosto, come

spesso accade non è semplicissimo districarsi tra le

note: l’offerta costa 9,99 euro al mese il primo anno e

poi diventa 12,99 euro, l’attivazione di 9 euro è gratuita

per chi procede tramite sito ma restano da pagare 25

euro per la SIM, dei quali 20 sono di traffico. Morale: la

SIM costa 5 euro, e il primo mese è gratuito. Il primo

anno andiamo a pagare 114,89 euro, un ottimo prezzo

che però sale a più di 150 il secondo anno. E di questo

bisogna tenere conto.

Vodafone nella soglia dei 10 € con Simple+Da quando ha in casa Ho Mobile, la situazione di Vo-

dafone si è un po’ complicata. L’operatore ‘rosso’ deve

puntare su qualità e quantità di servizi se vuole far ri-

saltare la sua offerta in un mercato che punta al “nume-

rone” di fianco ai Giga. Partendo da un punto di vista

di convenienza, Simple+ ci pare l’opzione più vicina ai

nostri canoni: 1.000 minuti di traffico voce, 1.000 SMS

(che non serviranno più, ma a volte fanno comodo) e

20 GB di traffico su rete 4.5G fino a 1 Gbps per 10 euro

al mese. Senza vincoli temporali ma con l’obbligo (se

così si può dire) dell’addebito su carta di credito o con-

to corrente e senza costi di attivazione per nuovi clien-

ti, con in più il vantaggio della navigazione illimitata su

applicazioni social e chat.

Tre Play Master è come una “low cost”Negli ultimi anni, Tre ha sempre puntato forte sulla leva

del prezzo. Volendo puntare sulla convenienza, un buon

punto di partenza ci sembra All-in Master, che come da

copione ha minuti illimitati, zero SMS, 30 GB di traffico

su rete 4G a 6,99 euro al mese. Leggendo in modo ap-

profondito si scopre che c’è anche altro da valutare: un

costo di attivazione di 9 euro e la “solita” opzione LTE

che viene offerta gratuitamente fino a giugno del pros-

simo anno dopo di che (salvo proroghe) costa 1 euro al

mese. Che su un canone di 6,99 non è pochissimo. Ma

il limite maggiore è il vincolo contrattuale: per usufruire

di 30 GB a 6,99 euro al mese con la All-in viene richiesta

fedeltà per 24 mesi. Se questo non è un problema, tutto

il pacchetto viene offerto a poco meno di 95 euro all’an-

no, un ricca offerta ‘low cost’ che è addirittura inferiore a

molti competitor più ‘quotati’ dal punto di vista della con-

venienza. Se invece non si vuole avere alcun vincolo, si

può optare per Play Master, che costa uguale ma offre

15 GB di traffico anziché 30 e azzera, per attivazioni onli-

ne, il contributo di attivazione di 9 euro. A questo punto

optiamo per Play Master e simuliamo l’acquisto online:

un anno ci costa meno di 90 euro (89,88 euro).

segue a pagina 14

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MAGAZINEn.189 / 183 DICEMBRE 2018

Anche Wind sul treno dei 9,99 € al meseLa sfida tra i ‘big 4’ del mercato si gioca davvero sul sin-

golo euro di differenza. Al momento in cui si scrive, per

esempio, Wind sta sponsorizzando un po’ ovunque il

suo profilo tariffario da 8,99 euro con minuti illimitati, 100

SMS e 40 GB, un’offerta notevole che però fa parte della

categoria di quelle “estemporanee” a tempo. Preferiamo

quindi orientarci su All Inclusive - Easy Pay, che per un

euro in più (9,99 euro/mese) offre 20 Giga, minuti illimi-

tati e 100 SMS. Limiti? Più o meno i soliti: intanto il paga-

mento va fatto con carta di credito o RID pur trattandosi

di un profilo ricaricabile (11,99 euro/mese con pagamento

su credito residuo), ma c’è anche un discorso di vincolo

temporale che va a incidere sul costo di attivazione: solo

3 euro ma l’offerta va tenuta per 24 mesi. Da notare tra

l’altro che una volta esauriti i 20 GB su LTE la navigazione

continua ma a velocità ridotta, fino a 128 kbps e, cosa

tutt’altro che trascurabile, che in questo momento Wind

regala 100 GB da esaurire in un anno. Se vi va di spende-

re sui 125 euro all’anno, è un’ipotesi da non scartare.

Iliad, ora si parte da 50 GBSe con gli operatori tradizionali è possibile optare per

una quantità di traffico di medio livello, con Iliad si punta

subito in alto. D’altronde l’operatore è arrivato in Italia con

l’intento di offrire molto a basso prezzo e, soprattutto, di

fornire una trasparenza tariffaria mai vista prima. Quindi

se oggi si vuole passare a Iliad, il punto d’accesso è sem-

plicemente quello più completo, da 7,99 euro al mese

per minuti, sms illimitati e 50 GB di traffico nazionale. In

questo momento non ci sono alternative ad eccezione

dell’offerta Voce che costa solo 4,99 euro al mese ma,

oltre a minuti ed sms illimitati, offre unicamente 40MB

di traffico dati. Oltre al costo della rata mensile, bisogna

mettere in conto l’acquisto una tantum della SIM: 9,99

euro al momento della prima attivazione. A livello pura-

mente economico, con 105 euro all’anno l’offerta Iliad ha

ben pochi concorrenti.

Ho Mobile, leggermente più caro di IliadHo Mobile è il brand (della famiglia Vodafone) che più di

tutti sta cercando di contrastare le politiche di prezzo di

Iliad. Non per niente anche qui non si può andare su un

profilo tariffario da 20 GB o 30 GB ma bisogna rivolgersi

a quello da 50 GB. Le differenze con l’analogo profilo

targato Iliad sono millimetriche: anche qui parliamo di

minuti, sms illimitati e 50 GB di traffico in Italia, ma qui

si introduce un fantomatico 4G Basic che altro non è se

non un LTE con velocità in download e upload limitata a

30 Mbps. La cosa non dovrebbe creare alcun problema

in condizioni di navigazione da smartphone ma potreb-

be esserlo durante l’uso dell’hotspot, che comunque è

compreso nel prezzo. Stesso trattamento per quanto

concerne i costi di attivazione (e della SIM): 9,99 euro

una tantum. Le differenze col nemico di sempre, cioè

degli ultimi 6 mesi, sono quindi il 4G Basic, la capillarità

della rete (Ho Mobile sfrutta la rete Vodafone) e un diver-

so trattamento delle chiamate e navigazione all’estero:

entrambi offrono un certo pacchetto dati per navigare

in UE, ma Iliad vi aggiunge le telefonate dall’Italia a 60

destinazioni, molte delle quali extra UE.

Kena: conviene, ma c’è il “problema” del 3GAnche il brand Kena, che rientra nella galassia TIM (No-

verca), sta combattendo per un posto al sole nel mondo

delle tariffe più convenienti. Nell’ottica del rapporto qua-

lità/prezzo, troviamo interessante Kena 7,99, un profilo

con 30 GB di dati, minuti illimitati e 30 SMS: curiosa que-

sta dotazione di messaggi, ma d’altronde ormai vengo-

no usati pochissimo e una trentina può essere più che

sufficiente nell’ottica del mese. Come al solito si tratta

di un’offerta dedicata a chi attiva un nuovo numero con

Kena o in caso di passaggio da altro operatore: non è

previsto altro vincolo, mentre curiosamente il prezzo

di “accesso” (SIM e attivazione) è superiore alla media:

19,99 euro, di cui bisogna tenere conto. Purtroppo il pro-

filo Kena 7,99 è ancora vincolato alla rete 3G: l’operatore

permette il passaggio alla rete 4G soltanto ai clienti già

attivi prima del 9 ottobre 2018, mentre successivamen-

te è necessario optare per un profilo che lo prevede fin

dall’inizio, come quello da 8,99 euro. Anzi, a questo pun-

to saliamo un po’ di livello e optiamo per quest’ultimo,

che ha caratteristiche analoghe al precedente ma con

qualche variazione significativa: gli SMS diventano 100,

il traffico dati va a 50 GB e il contributo di attivazione

è a zero. In fin dei conti con l’azzeramento del contri-

buto iniziale, questo risulta anche più conveniente se

calcoliamo il primo anno. Con 107 euro un anno passa

liscio.

Fastweb, un’offerta molto equilibrataFastweb ha inaugurato la corsa alla semplificazione

delle tariffe telefoniche, che è diventato un vero e pro-

prio cavallo di battaglia di Iliad e delle altre compagnie

low cost. Di tutti i profili, quello che consideriamo più

equilibrato è Mobile Voce e Giga, che però rispetto agli

altri considerati finora offre solo 10 GB per chi non è

cliente Fastweb di linea fissa. Noi supponiamo di non

esserlo, altrimenti avremmo 30 GB per 6,95 euro al

mese: qui ci dobbiamo accontentare di 10 GB a 10,95

euro, con 1000 minuti e 100 sms. Non ci sono vincoli di

durata né differenze tra chi è cliente e chi non lo è. Al

momento non ci sono altri costi da aggiungere e in più

il primo mese è gratuito. Il risultato annuale è un po’ più

caro rispetto alle altre soluzioni considerate: 120,45 euro

per un anno. Eccezionale invece per i clienti Fastweb: 88

euro su 12 mesi, quasi un record.

Tutti rivolti alla convenienzaDire che solo le aziende di recente ingresso sul merca-

to siano orientate verso la convenienza sarebbe falso.

Posto che l’indagine di cui sopra non ha carattere scien-

tifico e che le tariffe e le condizioni cambiano quotidiana-

mente, alcuni aspetti sono comunque interessanti: oggi

tutti gli operatori, anche quelli ‘tradizionali’ hanno profili

pensati per massimizzare il rapporto qualità/prezzo e il

costo annuale è abbastanza in equilibrio. La differenza

fondamentale con gli operatori ‘low cost’ non è il prezzo

annuale (nella nostra indagine, Tre è capace di un prezzo

inferiore a tutti gli altri, anche di Iliad e di Kena), ma la

spinta di questi ultimi verso profili tariffari con contenuti

quasi infiniti. Se con TIM, Vodafone, Tre e Wind possiamo

scegliere serenamente 10, 20 GB, le low cost puntano

altissimo e ci fanno pagare una cifra “simile” per 50 GB.

Ma visto che 50, 60 e 100 GB l’utente medio se ne fa

poco, l’arma definitiva del 2019 potrebbe essere una ri-

duzione proporzionale di contenuti e prezzo, ammesso

che il conto economico lo permetta: voi che ne direste di

un Iliad con minuti illimitati e 15 GB a 3,99 euro?

MOBILE

Le tariffe telefoniche più convenienti segue Da pagina 13

Minuti SMS Giga Vincoli Mese Attivazione Costo 1° anno (online)

TIMExtra Power

illimitati 0 10 Nuovi clienti 9€ (gratis

online) e

5€ SIM

9,99€ 114,89€

VodafoneSimple+

1000 1000 20 Nuovi clienti Gratis

nuovi

clienti

9,99€ 119,88€

Tre Play Master

illimitati 0 15 no 9€

(gratis

online)

6,99€ 89,88€

Wind All-InclusiveEasy Pay

illimitati 100 20 24m 3€ 9,99€ 122,88€

Iliad Giga 50 illimitati illimitati 50 no 9,99€ 7,99€ 105,87€

Ho Mobile 9,99

illimitati illimitati 50 no 9,99€ 9,99€ 129,87€

Kena 8,99 illimitati 100 50 Nuovi clienti no 8,99€ 107,88€

Fastweb MobileGiga e Voce

1000 100 10 no 5€ 10,95€ 120,4€

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MAGAZINEn.189 / 183 DICEMBRE 2018

di Roberto PEZZALI

R ispondere alla domanda “Cos’è il gamma?” può

sembrare semplice, ma sono talmente tanti gli

aspetti legati e influenzati dal gamma che questo

termine è in assoluto uno dei più confusi in ambito video

o foto. Ogni dispositivo che deve visualizzare o registra-

re immagine, che sia un monitor, una macchina fotogra-

fica, uno scanner o un televisore riceve un segnale in

ingresso e deve restituire un segnale in uscita che sia

più o meno coerente con quello ricevuto. Questa è la

così detta Funzione di trasferimento o Gamma o Curva

del Gamma. Il gamma, banalmente, è una curva di tra-

sformazione che dato un determinato valore in ingresso

restituisce un determinato valore in uscita. Capire il gam-

ma non è affatto semplice, perché è quel valore che più

di tutti impatta su ogni aspetto di una catena, o workflow,

in ambito foto e video. Ma proveremo a spiegarlo, par-

tendo dalle origini.

L’origine storica del gamma: il tubo catodicoSe vogliamo capire dove ha origine tutto dobbiamo

tornare al vecchio TV o monitor CRT. Composto da un

tubo catodico, questo tipo di display per visualizzare un

segnale ha bisogno di un segnale di voltaggio in ingres-

so, e questo segnale porta alla creazione di un fascio

elettronico che colpisce una superficie a fosfori. Questa

superficie, lo schermo, eccitata dal fascio diventa lumi-

nescente e mostra l’immagine. Nell’ambito di questo

articolo ci limiteremo a considerare questo segnale di

ingresso come unico, guardando quindi alla scala di gri-

gi risultante, ma ogni componente R, G e B ha un suo

gamma. Lavorando in ambito analogico, stiamo parlan-

do di un tubo catodico, il segnale video in ingresso è un

impulso in volt che porta ad una emissione misurabile in

candele al metro quadrato o nits.

I primi produttori di televisori si sono accorti che ad un

segnale di ingresso di 100 milliVolt corrispondeva una

determinata luminanza in uscita, tuttavia se questo se-

gnale veniva raddoppiato di intensità, quindi 200 milli-

Volt, in uscita non si leggeva una luminanza doppia.

Il comportamento del tubo catodico non è affatto lineare,

ma disegna una curva simile a quella che vediamo nella foto 1. Questa curva è una semplice curva esponenziale,

che può essere espressa matematicamente come:

VIDEO CREATIVO Il gamma è tra tutti i valori legati all’immagine quello più importante, ma anche il più difficile da capire

Vi diciamo cos’è il gamma e perché è importanteCapire il gamma non è semplice, perché è il valore che più di tutti impatta su ogni aspetto di workflow in ambito foto e video

Luminanza = tristimolo^2.5

L’esponente, 2.5 nel caso del tubo catodico, è il valore

di gamma.

Un comportamento simile inizialmente non rappresen-

tava un problema: come venivano usati i tubi CRT per i

display, venivano usati i tubi anche per produrre le prime

videocamere, ed essendo entrambi non lineari la ripresa

e la riproduzione si compensavano.

Con l’avvento dei sensori a stato solido, i CCD e i CMOS,

i problemi però sono arrivati e chi creava contenuti si è

trovato di fronte ad un segnale che il display visualizzava

“male”. La videocamera con sensore a stato solido regi-

strava infatti il segnale in modo lineare, e questo segna-

le visto sui monitor a tubo non dava il risultato sperato.

Ecco quindi che si è deciso di correggere il segnale della

videocamera prima di inviarlo al televisore per compen-

sare l’andamento non lineare del display. Per farlo si è

introdotto quella che è la compensazione di gamma, una

curva inversa applicata in fase di registrazione del se-

gnale che, contrastando quella del TV, potesse portare

ad un risultato finale nuovamente lineare. Per capire me-

glio questa cosa è bene servirsi di un esempio, partendo

dalla foto 2. Se questa immagine venisse acquisita da un

sensore a stato solido senza alcuna compensazione per

poi essere visualizzata da un televisore a tubo catodico:

1

2

segue a pagina 16

3

4

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MAGAZINEn.189 / 183 DICEMBRE 2018

l’immagine sarebbe terribilmente scura, perché come

abbiamo detto il tubo catodico non ha un comportamen-

to lineare. Per correggere il problema l’immagine viene

quindi salvata applicando una correzione inversa, che va

a compensare il comportamento del tubo: i valori di lumi-

nosità sembrano sfalsati, ma il televisore la visualizzerà

correttamente. Per capire ancora meglio vediamo il gra-

fico della curva affiancato al risultato (foto 4). l gamma

dei televisori CRT e dei monitor a tubo catodico è pari

a 2.5, e questo valore è arrivato fino ai giorni nostri. In

realtà non è arrivato proprio 2.5 come valore di gamma,

ma 2.2, questo perché si è pensato di aggiungere anche

una leggera compensazione sul segnale che tenesse

conto anche dell’ambiente di visione. La TV si guarda

solitamente in un ambiente luminoso, e il contesto incide

molto sulla visione. Prendiamo la foto 5. Sebbene il livel-

lo dei quadrati sia identico, i tre quadrati sopra appaiono

meno contrastati di quelli sotto. Questo perché i primi li

guardiamo in un contesto luminoso, i tre sotto in un con-

testo scuro. La stessa cosa accade quando guardiamo

un film con la stanza buia e un film con la stanza illumina-

ta: il contrasto percepito cambia. Proprio per questo mo-

tivo, calcolando che la visione di un TV o di un monitor

o di una foto avviene in un contesto di luce ambientale,

e non certo al buio, si è scelto di variare leggermente il

gamma portandolo da 2.5 a 2.2. In questo modo non

aumenta il contrasto dell’immagine, ma aumenta il con-

trasto percepito, e questo porta ad un miglioramento

della leggibilità delle zone più scure. Il motivo è legato

al funzionamento dell’occhio: In presenza di molta luce,

e in un ambiente domestico la luminosità ambientale è

spesso superiore a quella del TV, la pupilla si adatta chiu-

dendosi un po’, e questo fa passare meno luce renden-

do l’occhio meno capace di leggere le zone scure.

La prova di tutto questo la si ottiene spegnendo la luce

senza cambiare nulla: quando l’occhio si adatta si pos-

sono scoprire dettagli nelle ombre che a luce accesa

sfuggono. Questo valore di gamma pari a 2.2 lo ab-

biamo ereditato anche ai giorni nostri, e viene usato in

ambito video e in ambito foto. Considerando che il va-

lore di gamma viaggia insieme ai profili colore, il 2.2 lo

troviamo nel Rec709, il profilo usato per l’HD e quindi il

più comune oggi. I contenuti pensati per il cinema non

usando tuttavia il Rec709 ma lo spazio colore DCI-P3,

e per questo motivo non si usa 2.2 ma 2.4, quindi una

curva di gamma più adeguata ad una visione al buio. Le

stesse calibrazioni dei TV per la visione al buio, come

ISF Night, hanno un gamma di 2.4 o 2.5. Il Rec2020, il

profilo usato per l’Ultra HD, usa anche lui 2.2 come 2.2

viene usato in ambito fotografico e grafico per i profili

sRGB e AdobeRGB.

Ora dovrebbe essere più chiaro cos’è il gamma, come è

nato e come è arrivato fino ad oggi. Abbiamo parlato di

volt e di tubo catodico, tuttavia oggi tutto questo non esi-

ste più, si ragiona in digitale. Ma il gamma esiste ancora,

perché la sua utilità va oltre tutto questo.

Perché il gamma è il parametro in assoluto più importanteLa linearità di un display è in assoluto il valore più impor-

tante, perché è quello che stabilisce la distribuzione di

tutti i mezzitoni dell’immagine. Il nero e il bianco sono fis-

sati, 0 e 1, tutto quello che sta in mezzo viene modificato

dal gamma. Il gamma è relativo non solo alla scala di gri-

gi, ma anche ai colori: ogni componente cromatica ha un

suo gamma e quindi una sua linearità: non è solo impor-

tante in un display guardare la resa cromatica al 100%,

ma è fondamentale capire anche come si comporta dal

10% al 90% di intensità. Un display poco lineare sballa to-

talmente la resa delle sfumature sui mezzitoni, e questo

è un aspetto che andremo a vedere quando parleremo

del colore. Il gamma e la linearità di un display sono pro-

babilmente i valori in assoluto più importanti: lo schermo

deve compensare la curva di gamma encoding del con-

tenuto che stiamo visualizzando. Quando si calibra un

TV, e quando si cerca di sistemare la linearità di un TV,

si modificano alcuni parametri per fare in modo che la

curva del TV sia sovrapposta a quella che è una curva di

riferimento, nel caso dell’HD 2.2. Vedremo nel paragra-

fo sotto che per il video è oggi consigliato calibrare un

TV per seguire una curva 2.4 o un nuovo tipo di curva.

Nei menu del televisore c’è un parametro di gamma che

applica una correzione sulla curva del TV, andando a va-

riare la luminosità dei mezzitoni. Tuttavia non è possibile

una regolazione precisa senza uno strumento, e soprat-

tutto senza intervenire su tutti i punti della scala di grigi:

ecco perché alcuni TV permettono la regolazione su 2

punti, 5 punti, 10 punti o addirittura 20 punti. Regolare la

scala di grigi e la linearità è fondamentale.

Il gamma è morto, lunga vita al gammaCapire il gamma non è affatto semplice, e soprattuto ci

troviamo davanti ad un valore che abbiamo ereditato dai

vecchi tubi catodici, anno 1930. Emulare il comportamen-

to di un tubo catodico con un TV digitale come un LCD o

un OLED è semplice, ma prodotti di questo tipo possono

dare molto di più. Ecco perché la EBU, la European Broa-

dcasting Union, ha stabilito nel 2008 che per i monitor

professionali è meglio utilizzare 2.35 come curva, ma era

solo un piccolo passo. La svolta l’abbiamo avuta nel 2011

quanto l’ITU, International Telecommunication Union,

ha ridefinito la nomenclatura di gamma ripensandola in

chiave moderna. Il nuovo nome per i display digitali è

EOTF, Electro-Optical Transfer Function, funzione di tra-

sformazione da elettrico a ottico. Non solo è stato deciso

di cambiare il nome, ma è stata cambiata anche la cur-

VIDEO CREATIVO

Cos’è il gamma e perché è importantesegue Da pagina 15

5

va: al posto di quel 2.2 che abbiamo ereditato dal 1930

viene consigliata una curva più vicina al 2.4 del cinema

digitale. Inoltre è stata introdotta una curva denominata

BT.1886 che si avvicina di più al comportamento del tubo

e potrebbe risolvere qualche problema di sfumature sul-

le basse luci di TV che hanno un livello del nero elevato.

Qui sotto un confronto tra la curva BT.1886 e una norma-

le curva di gamma 2.4 misurate su un TV LCD con una

luminosità di 100 cd/m2 e un livello del nero di 0.05 cd/

m2. Come si può vedere la trasformazione compensa in

modo diverso le basse luci. Oggi molti consigliano di ca-

librare un TV seguendo questa curva, e effettivamente

regolando la linearità di un TV per sovrapporsi alla curva

BT.1886 permette di esprimere al meglio le possibilità di

molti TV di oggi. Molte TV, come Panasonic e LG, hanno

alcuni preset di visione cinema che utilizzano il BT.1886

come curva di decoding.

In questa serie di foto, vediamo come varia l’immagine al variare del gamma. Variando il gamma andiamo a modificare i dettagli sulle ombre senza modificare né il nero né il bianco.

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MAGAZINEn.189 / 183 DICEMBRE 2018

di Franco AQUINI

Che Huawei sia un gigante dell’hi-tech lo sanno

anche le pietre, ma l’evento Eco-connect Euro-

pe 2018 ha dimostrato qualcosa in più. Nel corso

dei tre giorni trascorsi nel centro congressi La Nuvola

di Roma, Huawei mostrato al mondo la sua visione

del business del futuro: prodotti pensati per l’ambi-

to aziendale come server, storage, attrezzature per

le infrastrutture di rete, ma anche prodotti e servizi

squisitamente consumer, pensati attorno alla prossi-

ma rivoluzione nel campo della mobilità, la connetti-

vità 5G. DDAY.it era presente per raccontarvi come

Huawei intende delineare il futuro della tecnologia,

un futuro fatto di sensori, infrastrutture, connettività,

prodotti e servizi.

Molto più di uno smartphone: infrastrutture, server e smart-cityQuello dei prodotti consumer è uno dei segmenti

in cui Huawei è particolarmente forte. Ma visto che

non parliamo spesso di tecnologia business, non

tutti conoscono il ruolo centrale del colosso cinese

nel mondo b2b. Parliamo di server, switch, storage,

dispositivi per i collegamenti di rete e per le infra-

strutture. Ma non solo, all’interno di questa grossa

divisione si sviluppano anche progetti per la Smart

City e per la Smart Manufacturing. In altre parole,

Huawei produce direttamente tutti gli elementi fon-

damentali per realizzare infrastrutture e per abilitare

le aziende alle nuove sfide poste dalla tecnologia.

Passiamo alle notizie: durante Eco-connect Europe

è stata annunciata la prima soluzione all-SSD Azure

Stack. Stiamo parlando di server, fondamentalmente,

a base di dischi a stato solido, pensati per accelerare

lo sviluppo di servizi cloud ibridi basati sulla piatta-

forma Microsoft. Per quanto riguarda le smart city, in-

SMARTHOME Huawei ad Eco-connect Europe 2018 ha mostrato la sua visione del futuro tra convegni ed esposizioni

Assistente virtuale, pagamenti e 5G: ecco come Huawei lancia la sfida ad Apple, Samsung e GoogleSi è parlato soprattutto del futuro della tecnologia, un futuro fatto di sensori, infrastrutture, connettività, prodotti e servizi

vece, Huawei, in collaborazione con SAP e Digicom,

ha presentato uno strumento gestionale particolar-

mente innovativo: si chiama Intelligent Operation

Center (IOC) e raccoglie e analizza i dati di alcuni

aspetti della città per fornirli a chi deve prendere

decisioni. Integra al suo interno servizi come voce,

video, mappe, call center e centri di

comando, fornendo un aiuto fonda-

mentale anche in caso di emergen-

ze. I campi di applicazione dell’IOC

di Huawei vanno dalla gestione

intelligente dell’illuminazione a

quello dei rifiuti. Senza dimentica-

re la guida intelligente per la qua-

le Huawei fornisce uno strumento

apposito denominato Mobile Data-

center (MDC). Pensato per i produt-

tori di automobili e per gli sviluppa-

tori, MDC permette di sviluppare

applicazioni di guida automatica

funzionanti su veicoli di produtto-

ri diversi. In pratica uno standard

aperto per la guida autonoma che i

produttori di auto potranno integra-

re nelle loro vetture. Infine non van-

no dimenticate le collaborazioni in ambito business,

come quella con TIM, con cui è stata presentata la

soluzione per le reti dedicate alle imprese SD-WAN.

Sempre con Digicom è stato siglato un protocollo

d’intesa per lo sviluppo di terminali di Smart Parking

e OpenCloud. Infine con Wago, Huawei ha siglato

un altro importante accordo per l’automazione e la

gestione energetica delle fabbriche intelligenti.

Il primo terminale 5G arriva al Mobile World CongressDi 5G si parla ormai da mesi. Tra aste pubbliche e

sperimentazioni dei vari operatori, la nuova ge-

nerazione di reti mobile è ormai un argomento da

grande pubblico. Huawei ha focalizzato gran parte

dei 3 giorni di conferenze sulla https://cdn.dday.it/

system/uploads/picture/image/48335/wm_content_

small_IMG_3680.jpeg prossima generazione di reti

mobili, essendo protagonista sia nella progettazione

dell’infrastruttura, che nell’implementazione sui ter-

minali che usufruiscono di questa tecnologia. L’an-

segue a pagina 18

Walter Ji, presidente Consumer Business di Huawei

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MAGAZINEn.189 / 183 DICEMBRE 2018

nuncio più importante riguarda il primo terminale 5G

che Huawei presenterà al Mobile World Congress di

febbraio 2019. Un terminale che verrà commercializ-

zato più avanti nell’anno, molto probabilmente intor-

no alla fine dell’anno. C’è infatti una grande sfida da

affrontare che è quella dei consumi energetici: non

è un mistero che i modem 5G per piattaforme mobili,

allo stato attuale, non garantiscano gli stessi livelli di

consumo energetico di quelli 4G. La tecnologia non

è una semplice evoluzione della precedente, ma

qualcosa di totalmente nuovo e richiede quindi un

elevato livello di affinamento dei consumi. Secondo

Walter Ji, presidente Consumer Business di Huawei,

l’azienda è talmente certa di vincere la sfida da ac-

cennare all’uscita dei dispositivi 5G di fascia media

già a partire dal 2020. Ma non si tratterà soltanto di

smartphone. Alla domanda diretta se Huawei abbia

intenzione di produrre, a livello consumer, soltanto

smartphone, Walter Ji risponde che all’interno della

casa ci saranno anche modem e router con tecno-

logia 5G. In Cina infatti stanno già sperimentando i

router 5G come alternativa stabile alle connessioni

cablate. Una soluzione che potrebbe essere efficace

anche in Italia, dove la morfologia di alcune zone ob-

bliga all’uso di tecnologie wireless in alternativa alle

connessioni dati cablate. Per sottolineare l’importan-

za di questa nuova tecnologia, Ji aggiunge che il 5G

è una delle due tecnologie che cambieranno il futu-

ro dello smartphone. L’altra è l’intelligenza artificiale

che però ha già mostrato i primi frutti, almeno dal

punto di vista fotografico.

La prima Smart Nation sarà l’ItaliaIn conclusione, volendo tirare le somme sui 3 giorni

di esposizione e conferenze, possiamo tracciare il ri-

tratto di un’azienda ormai leader sotto ogni aspetto.

A differenza di molte concorrenti, Huawei ha un’of-

ferta completa che va dal mondo consumer al busi-

ness, dalla produzione di componenti ai servizi. Non

stupisce che il fatturato globale abbia quasi raggiun-

to i 100 miliardi di dollari. Stupisce invece che il totale

investito in ricerca e sviluppo abbia superato di poco

il 10%. Una quantità di risorse che dà senza dubbio i

suoi frutti. In futuro avremo quindi infrastrutture urba-

ne e domestiche Huawei anche da noi? Sicuramente,

anche perché il piano di diffusione in Europa è ormai

stabilito e l’Italia è destinata, nella visione di Huawei,

a diventare una vera Smart Nation. Soprattutto ora

che il mercato americano, a causa dei provvedimenti

dell’amministrazione Trump, è diventato forzatamen-

te meno interessante. Nel programma di Huawei ci

sono anche nuovi shop ufficiali con cui coprire le più

importanti capitali europee. Anche in questo caso

l’Italia ha fatto da apripista col flagship store di Mila-

no, segno dell’attenzione del colosso cinese verso il

Bel Paese. Non rimane che attendere il Mobile World

Congress per capire chi, tra il 5G e l’azienda, abbia

vinto la sfida del consumo energetico.

La strategia per sconfiggere la concorrenza si chiama eco-sistemaUno spazio importante è stato dedicato anche ai pro-

dotti consumer e a quello che è il vero mantra di tutti i

big nella new economy: l’ecosistema.

Nel corso dell’incontro con Jaime Gonzalo, vice presi-

dente della divisione Europe Mobile Service, abbiamo

appreso che Huawei sta lanciando in tutto il mondo

nuovi servizi con l’unica finalità di migliorare l’espe-

rienza d’uso dei propri dispositivi. Una strategia che

si può riassumere facilmente in una parola: ecosiste-

ma. Con una speciale attenzione per la privacy perché

Huawei non è interessata a fare profitti con i dati dei

propri clienti.

Il primo servizio a essere annunciato, pur essendo già

stato anticipato a marzo di quest’anno, è HiAssistant,

l’assistente virtuale di Huawei. Huawei supporta tutti

gli assistenti vocali disponibili su Android, ma ha de-

ciso di sviluppare un nuovo assistente vocale studia-

to attorno alle preferenze e alle abitudini dell’utente.

Senza mai, lo ribadiscono in ogni occasione, utilizzare

i dati dell’utente in modo improprio. HiAssistant sarà,

per fare alcuni esempi, capace di suggerire offerte

contestuali alla posizione geografica. Per esempio

permetterà di acquistare biglietti e molto altro.

Visto così non sembra differire molto dagli altri assi-

stenti virtuali, ma secondo l’azienda l’ecosistema - con

l’insieme di dati sull’utente che potranno essere ana-

lizzati - sarà la sua forza. L’arrivo previsto è nel 2019. Il

SMARTHOME

Huawei tra business ed ecosistemasegue Da pagina 17

secondo grande annuncio di Huawei riguarda i paga-

menti. Huawei Pay se la vedrà direttamente con Apple

Pay, Samsung Pay e Google Pay. Avrà però dalla sua

un enorme punto di forza: il numero enorme di clienti

consumer che a oggi posseggono uno smartphone

Huawei. Il partner scelto è Visa, con la quale hanno

collaborato per sviluppare un sistema di sicurezza ba-

sato su token. Sarà possibile quindi pagare utilizzando

i classici sistemi di sicurezza biometrici dello smar-

tphone (uno su tutti: l’impronta digitale), ma i dati della

carta saranno associati allo Huawei ID. Anche Huawei

Pay verrà lanciato in alcuni Paesi europei nel 2019.

Il terzo annuncio importante riguarda Huawei Video.

Si parla quindi di contenuti video, da noleggiare o ac-

quistare con o senza abbonamento mensile. Gonzalo

parla di un servizio cucito addosso all’utente. Non un

rivale di Netflix insomma, piuttosto un modo per offrire

un servizio in più al cliente che acquista un loro dispo-

sitivo. Si è parlato ad esempio di contenuti pensati ap-

positamente per smartphone, con video verticali - tan-

to per fare un esempio - e con una durata limitata.

L’ultimo servizio annunciato riguarda il mondo dei vi-

deogiochi. Huawei ha infatti intenzione di porre le basi

per supportare gli esport (gli sport elettronici), garan-

tendo tutta la connettività necessaria anche e soprat-

tutto grazie al futuro 5G. Un aspetto da non trascurare

riguarda l’app store proprietario di Huawei, AppGalle-

ry, che offrirà una piattaforma di sviluppo per videogio-

chi molto nota, Unity, con cui Huawei supporterà diret-

tamente gli sviluppatori. Anche questo servizio, come

gli altri di cui abbiamo già scritto, saranno globali e non

avranno quindi limiti regionali.

In una parola: hardware e servizi, una strategia che

ricorda indiscutibilmente Apple e che altri grandi pro-

duttori, Samsung per citarne soltanto uno, non hanno

ancora saputo realizzare. Ci riuscirà Huawei? Visto il

tasso di crescita impressionante, non è assolutamente

da escludere. L’obiettivo è ambizioso, ma Huawei ha

dalla sua una notevole forza sia nell’ambito business

che consumer, oltre che essere direttamente produt-

trice di un SoC (un sistema che comprende tra gli altri

processore e GPU) molto potente.

Il tempo ci dirà se ha visto giusto. Per ora, non resta

che confermare l’imponenza degli investimenti che

Huawei ha messo in campo.

Alla conferenza di apertura dell’Eco-connect Europe 2018 è intervenuto anche il Ministro per i rapporti con il Parlamento e la democrazia diretta Riccardo Fraccaro

Il Prof. Eric Mouline, membro della French Aca-demy of Science mentre illustra alcuni algoritmi di intelligenza artificiale

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MAGAZINEn.189 / 183 DICEMBRE 2018

di E. VILLA

I l concetto di Smart Home non è di sicuro una novi-

tà: il fatto che il controllo degli apparecchi domestici

possa essere automatizzato via app e servizi web e

che l’Intelligenza Artificiale giochi un ruolo notevole per

semplificare la routine quotidiana è un tema sempre

attuale e interessante. L’idea di disporre di un ambien-

te “smart” in cui le luci si accendono a seconda della

luminosità ambientale, in cui la fidata Alexa ci aggiorna

sulle novità del giorno e le videocamere - abilmente oc-

cultate - riconoscono le persone e ci inviano notifiche

è quanto meno affascinante. Anche perché la smart

home non sarà di sicuro una necessità, ma se uno si

abitua alla comodità dei suoi servizi, poi tornare indie-

tro diventa dura. Qui però vogliamo valutare una cosa

diversa. Spesso e volentieri le persone non optano per

dispositivi smart da inserire in casa poiché li considera-

no molto costosi: “figurati se spendo 1.000 euro per ac-

cendere le luci a voce”, ci sentiamo talvolta rispondere,

deducendo che il costo percepito delle soluzioni intelli-

genti sia la principale barriera verso una casa 2.0.

Ma sarà poi vero? Possibile che non ci sia la possibilità,

con un budget tutto sommato contenuto, di attrezzare il

proprio appartamento con la dotazione di base di una

casa 2.0? Cerchiamo di scoprirlo insieme fornendo una

valutazione dei costi e optando solo per dispositivi che

si possono adattare a un appartamento senza richie-

dere alcuna forma di ristrutturazione, neppure lieve. E

così indirettamente diamo anche qualche consiglio per

l’imminente Black Friday: perché alla fin fine risparmiare

piace un po’ a tutti.

Luci: non c’è solo Philips HueIn ambito di illuminazione intelligente un nome svetta su

tutti: Philips Hue. I suoi sistemi di smart lightning esisto-

no da anni e offrono semplicità d’uso unita a svariate

possibilità di regolazione: Hue non è una lampadina ma

un sistema composto da controller, lampadine, lampade,

lightstrip, luci portatili, lampade da tavolo, a sospensione,

controller, faresti e via dicendo, con l’ovvia possibilità di

controllo via rete (cioè app), funzionalità automatiche e

integrazione con Homekit di Apple e Google Home per

la realizzazione di un sistema omogeneo e sincronizzato

di dispositivi. Unico problema: non costa propriamente

poco, visto che lo starter kit - insufficiente per illuminare

SMARTHOME Una casa “connessa” è un sogni di tante persone. Ma è possibile rendere “smart” la casa con un piccolo budget?

Come rendere Smart casa tua con 500 euroIlluminazione a controllo vocale, assistenti personali e sistemi di automazione domestica sono solo alcune delle possibilità

tutta la casa - costa 99 euro di listino. Diciamo che in

questo modo si fa davvero in fretta a “scaricare” il bud-

get a disposizione: ecco perché diamo volentieri un’oc-

chiata al catalogo Ikea: un kit composto da controller e

lampadina Tradfri costa 29,95 € e le singole lampadine

siamo sui 14,95 €. Ragionando un po’ a spanne, con 75

€ siamo già a quattro lampadine e controller, che per un

solo ambiente anche abbastanza ampio sono più che

sufficienti. L’idea non è da scartare. Anzi, andiamo un filo

oltre: con 33 euro si acquista il gateway, indispensabile

per controllare l’impianto con lo smartphone; in questo

modo il sapore hi-tech cresce non di poco. Per quanto

riguarda l’installazione, ci vuole veramente poco: il ga-

teway, da collegare all’alimentazione, è grande come

una Apple TV e si mimetizza senza grossi problemi,

permettendo poi il controllo completo via smartphone,

molto meglio che con un controller dedicato dall’aspetto

tutto sommato anonimo.

Il grande dilemma: Echo o Google Home?Non è questa la sede per scoprire se sia ‘meglio’ uno

o l’altro, soprattutto perché non è facile porre dei crite-

ri di valutazione. Qual è il migliore, quello che capisce

meglio quello che dico? Quello che ha più ‘skill’ per la

gestione degli apparecchi esterni? Quello con cui posso

porre in essere un dialogo. Ora come ora, ci limitiamo

a dire che una casa “2.0” senza un assistente virtuale

intriso di AI non si può ipotizzare. Non tanto affinché ci

imposti la sveglia, ci riproduca una playlist di Spotify o

legga le notizie dalla fonte che vogliamo, ma perché ci

permetta il controllo vocale di alcuni dispositivi smart

presenti in casa. Per l’installazione non ci vuole nulla più

di una presa di corrente e, ovvio, una buona copertura

del Wi-Fi di casa. Per esempio è possibile impartire ad

Alexa delle ‘skill’ che permettono il dialogo dell’Assisten-

te Virtuale con dispositivi esterni, come appunto le luci

Ikea e le Philips Hue. Il prezzo è gestibile in entrambi i

casi, senza differenze di grande entità: volendo stare su

un’operazione a basso budget, si può optare per le ver-

sioni “mini” dei due Assistenti Virtuali, che rispondono ai

nomi di Echo dot e Google Home Mini: probabilmente

non è un caso, ma entrambi costano 59 euro. Con un

po’ di pazienza, tempo e un pizzico di fortuna, si può

arrivare anche a 30 euro.

Audio in tutta la casa, ne vale la pena?Prima di scegliere il modello di assistente virtuale biso-

gna però porsi una domanda: si vuole avere musica in

tutta la casa? L’ideale a questo punto sarebbe un impian-

to multiroom, la cui presenza in un sistema “connesso”

è un vero e proprio must a prescindere dalle dimensioni

dell’appartamento: piccoli satelliti da distribuire in casa,

diffusori più importanti, gruppi di diffusori da riunire in un

solo ambiente per realizzare un Home Theater compo-

nibile sono solo alcune delle possibilità. Che difficilmen-

te sono low cost come il nostro progetto prevede: ma

se la musica è fondamentale, un paio di Google Home

(magari uno standard e un mini) o un Echo e un Echo Dot

possono essere un interessante punto di partenza sul

quale costruire, finanze permettendo, un impianto più

ampio e completo.

Smart Camera, proviamo a spendere 50 euroPoi c’è tutto il discorso delle videocamere di sorveglian-

za, quelle che sono state chiamate a lungo IP Camera.

La questione si complica perché qui c’è davvero di tutto,

al punto che non è per nulla difficile avvicinarsi ai 1000

euro per un sistema di controllo completo da 3 - 4 vi-

segue a pagina 20 Amazon Echo Dot

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MAGAZINEn.189 / 183 DICEMBRE 2018

deocamere e kit di controllo centralizzato. Ma noi vo-

gliamo essere smart con parsimonia: nello store ufficiale

Xiaomi purtroppo non c’è traccia della videocamera IP

da 30 euro, ma in alternativa si può optare sulla propo-

sta Amazon di questa D-Link DCS-932L che non può di

certo vantare un look raffinato ma svolge il compito per

cui è nata. Unica, solita, prescrizione è una presa di cor-

rente nelle vicinanze. Altrimenti si può valutare l’ipotesi

della videocamera integrata nella lampadina: fa quello

che deve fare senza dare nell’occhio. Un’idea da non

scartare. Nell’ambito delle proposte tech dedicate alla

convenienza valutiamo anche questa Wyze Cam, dotata

di skill per Amazon Alexa e capacità di ripresa e storage

in cloud per 14 giorni. Non mancano la ripresa notturna

a infrarossi, rilevamento dei suoni e un’utile base ma-

gnetica: con 50 euro passa il dolore. Poi, certo, c’è tutto

l’arsenale firmato Netatmo, Nest e Arlo, ma per l’acquisto

c’è bisogno di uno sforzo ulteriore: un centinaio di euro

per iniziare, offerte e promozioni escluse.

Termostato smart, è lui che fa risparmiareNon esiste casa smart senza un termostato intelligente.

Ma qui il discorso si complice: impianto autonomo o cen-

tralizzato? Di che tipo? È compatibile con il termostato

smart? Devo chiamare un installatore? Tanti interrogativi

che chi deve semplicemente sostituire le sue lampadine

tradizionali con quelle connesse non si trova di sicuro a

dover affrontare. Qui comunque vale la pena investire

un po’, anche perché un termostato di ultima generazio-

ne - eventualmente coordinato con le sue valvole - può

generare percentuali di risparmio molto interessanti: il

merito è, tanto per cambiare, della possibilità di controllo

remoto, degli scenari che si possono impostare e dell’au-

tomazione permessa dai dispositivi, che spesso è intrisa

di AI. Come dire: il sistema sa che temperatura gradisco

e si regola di conseguenza, sa dove sono e si attiva per

tempo, conosce le mie abitudini e non mi fa sprecare

soldi. I big del settore sono noti: il primo in assoluto è

stato Nest, che è rimasto vincolato al mercato america-

no per anni prima di arrivare da noi, poi ci sono Netatmo

Thermostat e Tado, tutti disponibili come prodotti a sé o

in kit con diversi componenti esterni come le teste ter-

mostatiche per gli impianti centralizzati. Costo? Piuttosto

elevato considerando il nostro budget complessivo, ma

è anche vero che qui conviene investire: la soluzione più

economica ci risulta essere Momit Home, un termostato

intelligente Wi-Fi che non sarà bello e di design come

gli altri, ma si trova su Amazon a poco più di 90 euro:

funziona a batteria, ha l’app di controllo, funzioni di auto-

apprendimento e installazione semplificata, mentre

l’app non si limita a impostare temperature e routine ma

mostra anche statistiche utili per ottimizzare i consumi.

Non ci hanno fatto impazzire le recensioni degli utenti

su Amazon, per cui nel nostro preventivo spendiamo un

po’ di più e optiamo per il termostato Netatmo.

Prese smart da “automatizzare”Non sarà strettamente necessaria, ma qualche presa

smart controllabile da remoto - meglio se via coman-

di vocali di Alexa o

Google Assistant, può

incrementare il tasso

domotico del proprio

appartamento. A cosa

servono gli smart plug

è presto detto: attac-

cano e staccano la

corrente al dispositivo

collegato in funzione

delle impostazioni

dell’utente o, nel caso di

sistemi di controllo come

IFTTT, al sopraggiungere di determinate condizioni.

Questo automatismo le rende ulteriormente utili e me-

ritevoli di considerazione. Il mercato è stracolmo di so-

luzioni, ma qui il consiglio è sì di rivolgersi a un prodotto

low budget (stanti le finalità dell’articolo), ma che sia

compatibile con gli assistenti virtuali di casa Amazon

e Google. Per 29 euro un TP-Link HS100 potrebbe es-

sere una buona idea: piccola, design curato, Wi-Fi, app

di controllo, Alexa e Google Assistant per un prodotto

completo. Ne prendiamo due.

Impossibile non pensare a una Chromecast o una Fire TV StickChi ha un TV di qualche anno pensa di doverlo per

forza sostituire per accedere ai vari Netflix, Prime Vi-

deo e affini. Niente di più sbagliato: a patto che non

si tratti di un TV del paleolitico, basta dotarlo di una

Chromecast di Google, una Apple TV o una Fire Stick

di Amazon per aggiornarlo alle ultime tendenze in fatto

di streaming. Queste cose si sanno. Guardiamo un at-

timo i prezzi: la nuova Chromecast costa 39 euro, per-

mette tutto questo (tranne la visione di Prime Video) ed

è perfettamente sincronizzata con Google Assistant.

In alternativa Apple TV, ma è più costosa, o la Fire TV

Stick della stessa Amazon. Qui siamo a 59 euro per la

versione Basic, mentre restiamo in attesa della versio-

ne 4K. D’altronde chi ha un TV 4K difficilmente lo deve

aggiornare con un dispositivo esterno, per cui una ver-

sione Full HD può anche andare bene per i nostri fini.

Se volete vedere Sky, invece, le possibilità sono diver-

se: Now TV Stick, abbonamento in fibra, parabola. Ma

siamo fuori dalle finalità di questo servizio.

Aprire e chiudere con lo smartphone Obiettivo possibileAltro ambito nel quale

la casa sta diventando

gradualmente smart è

l’accesso. Se ormai è nor-

male accedere alle stan-

ze d’albergo con badge

e - in alcuni casi - codici

d’accesso, le case italia-

ne restano ancorate alla

cara e vecchia chiave. Ma

non è un obbligo: diversi

produttori stanno propo-

nendo la loro visione di

smart lock che permette

l’apertura e la chiusura

totalmente senza chiavi,

SMARTHOME

Rendere smart la casa con 500 eurosegue Da pagina 19

con uno smartphone (alla giusta distanza) e anche di

dare permessi di accesso alle persone fidate, sempre

tramite dispositivi digitali. Qui c’è solo un problema: il

costo è abbastanza alto per i nostri fini. Diciamo che

la media delle soluzioni si posiziona sui 200 - 300

euro. Ma cercando si trova un interessante eqiva smart

lock che Amazon propone a 75 euro. Posto che non

pare sia integrabile in ecosistemi come Google, Alexa

o Homekit di Apple, eqiva offre tutte le classiche fun-

zionalità di uno smart lock a un prezzo abbordabile e

installazione semplificata.

Nove prodotti, ma è solo l’inizioQuanto sopra ci dimostra che con 500 euro o poco più è

già possibile trasformare il proprio appartamento in una

smart home di livello base. Poi non è necessario avere

tutto: si può rinunciare allo smart lock per acquistare una

baby camera o qualche lampadina in più, magari un paio

di faretti, lasciar perdere l’illuminazione e mettere 3 o 4

videocamere di sorveglianza e via dicendo. Però è me-

glio acquistare con una logica tenendo conto dell’ecosi-

stema: se si vuole realizzare una casa smart basata su

Homekit di Apple occorre verificare che tutti (o quasi)

i dispositivi lo siano, così da controllare tutta la casa da

un solo ambiente. Idem per quanto concerne Alexa e

Google Assistant, i cui perimetri si estendono di giorno

in giorno a nuove applicazioni e dispositivi.

Questo il nostro preventivoMa è solo l’inizio: in questa breve rassegna, tesa a dimo-

strare che la smart home non è un concetto applicabile

solo ad appassionati facoltosi, non abbiamo considera-

to tutti gli elettrodomestici e la possibilità della loro inte-

grazione nell’ambiente connesso. Perché a quel punto

dovremmo parlare di robot per la pulizia dei pavimenti,

anch’essi facilmente controllabili via smartphone, dei fri-

goriferi dai quali effettuare la spesa via touch, di forni a

microonde che cucinano da soli e via dicendo: un’infinità

di dispositivi che non potremmo permetterci col budget

ipotizzato in questa guida. Ma il concetto che vorremmo

far passare è la modularità: una volta costruita la piatta-

forma stabile, quando si avrà un budget sufficiente si po-

trà aggiungere un tassello e poi un altro, arrivando con i

propri tempi alla soluzione completa. Che a quel punto

interagirà con noi come un vero e proprio coinquilino.

TIPO MARCA MODELLO PREZZOLighting Ikea Kit Tradfri + Dimmer 29,95 €

Lighting Ikea Tradfri

lampadine 400lumen (x2) 29,90 €

Ass.Virtuale Amazon Echo 99 €

/ Speaker

Ass.Virtuale Amazon Echo Dot 59,99 €

/ Speaker

Smart Camera D-Link DCS-932L 29,90 €

Termostato Smart Netatmo Thermostat 179 €

Smart Stick Amazon Fire TV Stick 59,99 €

Smart Plug TP Link HS-100 (x2) 79,98 €

Smart Lock Eqiva Eqiva 75 €

TOTALE 567,71 €

Termostato Netatmo

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MAGAZINEn.189 / 183 DICEMBRE 2018

di P. AGIZZA

Anche le chiavette Chromecast

entrare a far parte dei sistemi

multiroom di Google. Una delle

funzioni di Google Home più utilizzata

e apprezzata dagli utenti è infatti quella

di poter creare gruppi di altoparlanti per

ascoltare la stessa musica in ogni stanza

della casa, con l’audio perfettamente sin-

cronizzato. Fra i dispositivi supportati fino

a oggi c’erano Google Home, Chrome-

cast Audio e gli altoparlanti con Chrome-

cast integrato.

Una grossa mancanza, però, era quella

di non poter aggiungere al gruppo degli

altoparlanti le Chromecast dedicate alla

trasmissione video. Google ha deciso di

rimediare a questo inconveniente e ha

reso noto che con i prossimi aggiorna-

menti anche i dispositivi video potranno

essere selezionati ed inseriti nei gruppi

di altoparlanti. Questa nuova caratteris-

tica è ancora in fase sperimentale e per

poterne usufruire bisogna abilitare la mo-

SMARTHOME L’aggiornamento consente di usare le Chromecast come parte di un sistema multiroom

La Chromecast come altoparlante per i sistemi multiroom: ecco l’aggiornamentoPer ora è in versione sperimentale accedendo alla modalità Preview nell’app Google Home

dalità Preview del Chromecast attraverso

le impostazioni di Google Home. Con

l’attivazione di questa modalità sarà pos-

sibile selezionare i dispositivi video ed

aggiungerli al gruppo di altoparlanti.

Attraverso tale funzione, disponibile per

tutte le generazioni di Chromecast, la

chiavetta utilizzerà la TV come altopar-

lante e apporterà delle modifiche alla

schermata passando dalla solita scher-

mata del riproduttore video a una nuova

interfaccia immersiva, che mostrerà le

informazioni della canzone riprodotta in

basso a sinistra. Non è ancora noto se

anche le Android TV godranno di questa

novità o se sarà limitata ai soli dispositivi

di trasmissione audio e video.

Non resta che aspettare l’aggiornamento

di Google Home per aggiungere final-

mente Chromecast (e la TV al quale è

collegato) al gruppo degli altoparlanti.

Nel frattempo è possibile sperimentare

tale funzione accedendo alla modalità

Preview nell’app di Google Home.

iRobot, i robot aspirapolvere presto compatibili con Amazon Alexa in italianoAnche gli utenti italiani potranno gestire i robot domestici di iRobot tramite Amazon Alexa per attivare, spegnere o mandare il dispositivo alla base per la ricarica di Massimiliano DI MARCO

Ora che è arrivata in Italia Amazon Alexa sta lentamente espandendo la propria compa-tibilità. iRobot è l’ultima azienda in ordine cronologico a unirsi: “presto”, comunica l’azienda, i suoi robot domestici potranno essere gestiti attraverso l’app per smartphone o i dispositivi Amazon Echo anche in Italia. Che funzioni saranno disponibi-li? Gli utenti potranno chiedere ad Amazon Alexa di attivare, mettere in pausa, spegnere e far tornare alla base di ricarica il proprio robot, purché quest’ul-timo sia un modello compatibile con la connettività Wi-Fi. Il con-trollo vocale è accessibile trami-te l’app dedicata iRobot Home, disponibile su App Store e Goo-gle Play. “I dispositivi a coman-do vocale riscontrano un grande successo sul mercato - sottoli-nea l’amministratore delegato e presidente di iRobot Colin Angle - ed è chiaro che i consumatori desiderano modi più semplici per interagire con un numero in crescita di prodotti e tecnologie all’interno dell’abitazione”.

di E. VILLA

N el nostro approfondimento sul

costo delle soluzioni di smart

home, dimostrando che è possi-

bile costruirsi un basamento di casa 2.0

con un budget di 500 euro. Giunti al ter-

mostato e dovendo limitare il più possi-

bile la spesa, lo sguardo si è posato su

Momit Home Thermostat, un termostato

intelligente che fa più o meno quanto

promesso dai vari Nest, Netatmo e soci

ma per un prezzo decisamente inferio-

re: circa 80 euro. Fin da subito abbiamo

preferito però consigliare una spesa un

po’ superiore: le recensioni pubblicate

su Amazon non erano di certo positive.

Ma onestamente non immaginavamo

che Momit fosse a un passo dalla chiu-

sura: a distanza di pochi giorni il sito è

diventato inaccessibile, gli utenti lamen-

tano servizio clienti assente e, soprat-

tutto, l’impossibilità di controllo remoto

SMARTHOME L’azienda spagnola, produttrice del termostato smart economico, sta fallendo

Momit è fallita, ma il termostato è ancora in venditaMolti utenti lamentano malfunzionamenti e un servizio clienti assente. Ma su Amazon c’è

che passa dal cloud

dell’azienda. Come se il

prodotto, che a questo

punto si affida alle sole

regolazioni manuali

(ammesso ce ne siano)

fosse stato completa-

mente spento.

L’azienda spagnola non

ha mai avuto una rap-

presentanza italiana,

ma indagando su web scopriamo che la

stessa ha inviato la classica mail di com-

miato ai clienti: evidentemente il model-

lo di business non ha funzionato e Mo-

mit (che non va confusa con un’azienda

omonima operante nei servizi cloud) è

costretta ad affrontare difficoltà eco-

nomiche che - se non si invertiranno

- porteranno l’azienda alla chiusura.

Come dire: le speranze sono ridotte

al lumicino. Il problema è che alcuni

retailer lo propongono ancora a listino

come disponibile: su Amazon il prodot-

to è ‘venduto e spedito da Amazon’ e,

nel momento in cui si scrive, pare ce ne

siano 4 in magazzino. Idem sul market-

place di Amazon e per alcuni seller di

eBay: dal canto nostro, l’abbiamo elimi-

nato dall’articolo di settimana scorsa e,

qualora la chiusura venisse confermata

(ma tutti gli indizi sono già qui), si può

giocare la carta della restituzione.

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MAGAZINEn.189 / 183 DICEMBRE 2018

di B. DI BLASI

Se è vero che il cinema è sempre

stato - per tradizione - il punto di

riferimento per lo spettacolo au-

diovisivo, sull’HDR il rapporto con i di-

spositivi domestici (leggasi, i TV) è del

tutto invertito. Ma finalmente ci siamo,

è stata appena pubblicata la bozza del-

le specifiche tecniche del cinema HDR,

pensato dalle aziende che, nel 2002,

avevano costituito il consorzio Digital Ci-

nema Initiative (DCI). Nulla di definitivo,

ma sicuramente un passo in avanti verso

una fruizione cinematografica di maggior

qualità rispetto all’attuale.

“Il futuro del Cinema HDR è vicino! Dopo

mesi di intenso lavoro, sono orgoglioso

di vedere il rilascio delle specifiche DCI

draft HDR e del Direct View Display”, ha

dichiarato Michael Zink, VP Technology,

Warner Bros. e Chairman di UHD Allian-

ce. I documenti pubblicati sul sito di DCI,

per quanto molto tecnici e dettagliati,

possono essere riassunti in queste ca-

ratteristiche: uso della tecnologia PQ

(Perceptual Quantizer), video a 12 bit, li-

vello minimo del nero a 0,005 nits e lumi-

TV E VIDEO Prime bozze tecniche con le nuove specifiche per gli standard del Cinema HDR

Verso gli standard del Cinema del futuroUn passo avanti verso una fruizione cinematografica di maggior qualità rispetto all’attuale

nosità di picco a 500 nits. Il tutto basato

su uno spazio colore DCI-P3, quello già

noto dagli appassionati in quanto in uso

dai dispositivi consumer.

I cambiamenti in atto nel mondo del ci-

nema non riguardano unicamente l’HDR:

la tendenza di medio periodo sarà la so-

stituzione della tradizionale proiezione

diretta con i moduli di MicroLED (quelli

che, per esempio, Samsung chiama

CinemaLED) che porteranno benefici

significativi proprio nell’HDR, laddove in-

vece i proiettori faticano di più. La bozza

prevede e tratta entrambe le tipologie di

cinema, di modo tale da essere impiega-

bile fin da subito ma con una grossa e

importante apertura al futuro. Infine, la

bozza disciplina un altro aspetto impor-

tante del cinema del presente/futuro:

l’HFR – High Frame Rate, che potrebbe

portare a un maggiore livello di coinvol-

gimento in sala.

Qui il documento cerca di disciplina-

re non solo la proiezione ma anche gli

aspetti produttivi e di editing del conte-

nuto, con specifiche su risoluzione 2k

con 120 frame al secondo. Se queste

specifiche finiranno per essere approva-

te, i cinefili potranno godere di immagini

più ricche, dettagliate e coinvolgenti,

come già accade a chi utilizza i TV HDR

nel mercato consumer.

di E. VILLA

I TV OLED sono disponibili in Italia

da 5 anni: lo annuncia LG, principale

sostenitore della tecnologia fin dai

suoi albori. Nonostante diversi produt-

tori abbiano deciso di impiegarla, tra cui

TP Vision (Philips), Sony e Panasonic,

nella mente degli appassionati il ter-

mine OLED è indissolubilmente legato

all’azienda coreana. LG, con un comu-

nicato stampa, ha voluto festeggiare

il quinto anniversario del lancio della

tecnologia sul mercato italiano e an-

nunciare il raggiungimento dei 115.000

TV venduti. “Sono già passati 5 anni da

quando abbiamo introdotto la tecnolo-

gia OLED in Italia nel 2013”, ha afferma-

to Mr. Sung Soo Kim, Presidente di LG

Electronics Italia e Grecia, “abbiamo già

guadagnato la fiducia di oltre 100 mila

famiglie, che hanno deciso di credere

TV E VIDEO Con un comunicato LG festeggia il quinto anniversario del lancio dei TV OLED in Italia

LG festeggia 5 anni di OLED e 115.000 TV vendutiL’azienda festeggia la vendita di 115.000 TV alle famiglie italiane. I prossimi li vedremo al CES

in questa tecnologia sinonimo di qualità

dell’immagine, colori perfetti, cura dei

materiali e design unico”. La quota di

mercato italiana degli OLED resta esigua

in rapporto al mercato totale dei TV, che

si stima generi vendite per circa 4 milioni

di pezzi all’anno, ma è anche vero che

OLED è disponibile unicamente nell’am-

bito dei TV di ampie dimensioni, da 55’’

in su. Per festeggiare l’evento, LG ha an-

che lanciato una campagna speciale (di

cui abbiamo già parlato), che prevede il

rimborso di 400 euro con l’acquisto di un

TV OLED della serie E8.

LG, OLED 2019 senza grandi novità? Previsti miglioramenti incrementaliAl cuore dei prossimi OLED, che LG presenterà probabilmente già al CES 2019, c’è la seconda generazione del processore A9. Immagini migliori, ma, almeno per ora, nessuna novità sostanziale di Massimiliano DI MARCO

Al Consumer Electronics Expo 2019 mancano poche settima-ne, ma LG ha già messo le mani avanti: i suoi nuovi TV OLED sa-ranno basati sul processore Al-pha 9 di seconda generazione, che promette una riduzione del rumore in quattro fasi e una ri-produzione dei colori superiore e, in generale, “un’esperienza di visione impareggiabile”.Rispetto all’attuale gamma di OLED di LG, però, al momento non vengono preannunciate no-vità sostanziali: il supporto ai vi-deo a 120 FPS e la riduzione del rumore in quattro fasi sono due caratteristiche sottolineate già lo scorso anno per la gamma 2018 dei suoi OLED. Nulla di nuovo in vista, insomma, ma un’espe-rienza generalmente migliorata rispetto agli attuali modelli.LG promette infatti miglioramenti generali nella qualità dell’imma-gine: “Il processore aggiorna inoltre altri elementi che contri-buiscono a immagini incredibil-mente realistiche, come la niti-dezza, il contrasto e la fedeltà dei colori”.

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MAGAZINEn.189 / 183 DICEMBRE 2018

di G. MERO

Apple ha in cantiere un dongle low

cost che offrirà agli utenti alcune

funzionalità essenziali di Apple TV

per la visione in streaming dei contenuti.

È quanto affermato da The Information, a seguito di alcune informazioni riferite

da persone interne alla società. Appare

d’obbligo il riferimento a dispositivi come

Chromecast e Fire TV Stick che domina-

no il settore dei dispositivi a basso costo,

nel quale probabilmente Apple vorrà rita-

gliarsi un proprio spazio. Effettivamente

per il 2019 è previsto il lancio della nuova

ENTERTAINMENT Potrebbe arrivare presto una chiavetta HDMI con i servizi essenziali di Apple

Apple ha in cantiere una chiavetta low cost per TV dedicata allo streaming dei contenutiServirà ad avvicinare più pubblico, con l’arrivo della nuova piattaforma streaming nel 2019

piattaforma di contenuti targata

Apple, che coprirà in una prima

fase 100 Paesi, Italia compre-

sa, e sulla quale la società sta investendo oltre un miliardo di dollari. Dunque, la mossa di

proporre una propria stick HDMI

appare mirata a raggiungere

una fetta maggiore di utenti, so-

prattutto chi non ha in casa un dispositivo

Apple e non è disposto a spendere 159

euro per l’attuale modello base di Apple

TV (199 per la versione 4K). Il nuovo ser-

vizio, in base ai rumor, sarà compatibile

difatti solo con i dispositivi made in Cu-

pertino, ed includerà contenuti originali

dedicati alle diverse fasce di pubblico.

La società al momento non ha rilasciato

alcun commento.

di R. PEZZALI

Stefan Bodin, pensionato svedese di

64 anni, ha inviato un reclamo scrit-

to all’emittente TV4 perché parte

della grafica fissa usata per mostrare

le previsioni del tempo in sovraimpres-

sione è rimasta stampata sullo schermo

del suo TV OLED e non ne vuole sapere

di andare via. Bodin ignorava che con

un TV di ultima generazione ci potesse

essere ancora il rischio di burn-in, e a

quanto pare lo ignoravano anche molte

altre persone che si sono ritrovate nella

stessa identica situazione. L’OLED usa

materiale organico, e se chi trasmette

esagera con i livelli e l’intensità si corre

il rischio, se si lascia la stessa immagine

per qualche ora, di rovinare il pannel-

lo. L’utilizzatore può far poco in questo

caso: nessuno può capire se un deter-

minato logo o una determinata grafica

possono in qualche modo provocare

danni, e proprio per questo motivo l’E-

BU, l’European Broadcasting Union, è

intervenuta con una serie di consigli per

chi trasmette pensati proprio per evitare

che il segnale televisivo possa in qual-

che modo rovinare il TV di chi guarda.

La raccomandazione R129, “ADVICE TO BROADCASTERS ON AVOIDING

TV E VIDEO Nuove regole di trasmissione per evitare che gli OLED vengano rovinati dai contenuti

L’Associazione europea Broadcaster alle TV “Come evitare che gli OLED si stampino”Intervento per evitare che il segnale televisivo rovini i TV, per esempio con loghi statici

IMAGE RETEN-TION ON TV PRODUCTION DISPLAYS”, era

stata creata nel

2010 per i TV

al plasma e ora

viene aggiorna-

ta per gestire i

nuovi TV OLED.

Il primo consiglio

è quello classico:

evitare loghi statici e grafiche statiche,

se possibile spostare i loghi di continuo

e impostare dei timeout per far sparire

i loghi o le grafiche dopo un lasso di

tempo comunque ridotto. Una seconda

indicazione è più tecnica: i livelli dei sin-

goli loghi o delle grafiche non devono

superare il valore medio di luminanza

del quadro. Nel caso di Stefan Bodin a

restare impresso era un sole giallo al

100%, probabilmente “sparato” dalla TV

ad un livello altissimo per impressionare

i telespettatori. Per ovviare ai problemi

di “burn-in” si consiglia o di mettere le

grafiche su un livello semitrasparente, in

modo tale da ridurre il loro effetto, o di

limitare l’emissione. Nel caso di immagi-

ni a dinamica standard loghi e grafiche

devono avere una luminosità massima

pari al 40% del picco di bianco dell’im-

magine, nel caso di segnali HDR HLG si

scende al 35%, o al 47% del bianco di ri-

ferimento. Si tratta ovviamente di sugge-

rimenti e non di obblighi, ma solitamente

i broadcaster sono molto attenti a que-

ste cose. Al momento non ci sono giunte

segnalazioni di trasmissioni o TV in Italia

che esagerino con loghi o grafiche, ma

ricordiamo che questo non riguarda solo

le trasmissioni, anche le console da gio-

co e ogni periferica collegata, come i de-

coder, generano grafiche che potrebbe-

ro creare problemi. Il suggerimento, oltre

a stare attenti, è anche quello calibrare

il TV: le modalità dinamiche, spesso im-

postate con livelli di luminosità altissima,

aumentano il rischio di burn-in.

Grand Tour 3 è online a gennaio. E c’è anche un gioco per consoleArriva la terza stagione dello show campione di ascolti su Amazon Prime Video. La premiere il 18 gennaio. Insieme alla serie arriva il gioco per PlayStation 4 e Xbox One di P. AGIZZA

Lo spericolato trio di Grand Tour torna sugli schermi di Amazon Prime Video per la terza stagio-ne del celeberrimo show. Jeremy Clarkson, Richard Hammond e Ja-mes May porteranno ancora una volta gli spettatori nel loro mondo fatto di corse sfrenate, paurosi incidenti e scenari mozzafiato. In questa terza serie, dichiara Ama-zon, i tre hanno girato in tutto il mondo viaggiando attraverso i territori accidentati di Colombia, Mongolia e Cina. Non mancherà una puntata ambientata a Detroit e un giro nell’aeroporto di Stansted. La serie sarà esclusiva di Amazon Prime Video e la prima puntata è programmata per il 18 gennaio. Le nuove puntate saranno aggiunte, poi, a cadenza settimanale. Per chi non conoscesse la serie, su Prime Video è possibile guardare le pun-tate delle due serie precedenti. Amazon annuncia anche l’arrivo di un gioco per console. In “The Grand Tour Game” (questo il nome del gioco) la faranno da padrone, manco a dirsi, le gare di velocità a bordo dei bolidi della serie. Fino a quattro persone potranno sfidarsi in split-screen, e l’utilizzo di og-getti bonus contribuirà a rendere ogni sfida imprevedibile. Uscirà, in concomitanza della serie, per Play-Station4 ed Xbox One. Con l’arrivo della terza stagione di Grand Tour e l’inizio dei lavori sulla serie TV del Signore degli Anelli, Amazon cer-ca di farsi largo fra i servizi di strea-ming. Nonostante l’aumento degli iscritti ad Amazon Prime Video, infatti, Netflix resta ancora lontano. Basteranno questi due annunci a ridurre le distanze fra i due colossi dell’entertainment?

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MAGAZINEn.189 / 183 DICEMBRE 2018

di P. AGIZZA

I nstagram dichiara guerra alle app

automatizzate, usate dagli utenti per

postare commenti di spam e ottenere

falsi follower. La “guerra” ai falsi follower

trova ora un alleato negli strumenti di

apprendimento automatico che “aiuta-

no a identificare” chi sfrutta tali servizi.

Instagram ha annunciato che inizierà a

“rimuovere i ‘mi piace’, i follower e i com-

menti” dagli account che usano applica-

zioni di terze parti per “alzare la propria

popolarità”.

Utilizzare applicazioni automatizzate per

ottenere follower viola il regolamento

del social; anzi, coloro che continuano

a usarle a seguito dell’avvertimento di

Instagram “potrebbero vedere influen-

zata la propria esperienza”.

Vengono inoltre sottolineati i problemi

di sicurezza intrinsechi nell’uso di tali

applicazioni di terze parti: “Le persone

che usano questo tipo di app condivido-

no il proprio nome utente e la password

SOCIAL MEDIA Instagram si scaglia con forza contro i servizi che garantiscono falsi follower

Instagram rimuove falsi follower e commenti Chi li compra vedrà “influenzata l’esperienza”I provvedimenti vanno da un semplice richiamo a un impatto “sull’esperienza” sul social

e i loro account sono

talvolta usati da app di

terze parti” il che “ren-

de tali account meno si-

curi”. Le app automatiz-

zate (dette anche bot)

promettono un aumen-

to dei propri follower

e sono un fenomeno

in crescita negli ultimi

tempi. Il funzionamento

prevede un pagamento mensile e che

l’utente fornisca alla app nome utente e

password del proprio account. Da quel

momento l’app si occuperà in automati-

co di inserire falsi commenti, like e se-

guire gli account con più visibilità, oltre

che a procurare falsi follower.

In un periodo storico in cui la quantità di

follower e di ‘mi piace’ restituiscono la

misura dell’influenza e della credibilità

di un utente, nonché del suo valore in

termini pubblicitari, il fenomeno dei falsi

follower a pagamento è una questione

che Instagram non può più ignorare.

La manovra di Instagram va inoltre letta

da un’altra prospettiva: Facebook si tro-

va sotto attenta osservazione a causa

dei falsi account sulle sue piattaforme

che condividono false notizie.

Sin dalle presidenziali statunitensi del

2016, il social network - che con 2 mi-

liardi di utenti attivi può avere una gran-

de influenza - viene additato come uno

dei mezzi principali per diffondere bufa-

le. Togliere falsi follower e minare, così,

gli account meno autorevoli è uno dei

principali strumenti che Facebook (an-

che su Instagram) sta sfruttando.

LinkedIn, basta spam sull’email di lavoro: per scaricare l’indirizzo serve il consensoLinkedIn modifica le impostazioni della privacy: impossibile scaricare l’indirizzo email degli altri utenti senza il loro consenso di Massimiliano DI MARCO

Una novità di LinkedIn farà piacere a molti e contempora-neamente dispiacere tanti. In silenzio Microsoft, che possie-de LinkedIn, ha infatti aggiunto un’impostazione della privacy: impedire che chiunque possa scaricare l’indirizzo email di un altro utente insieme agli altri dati. Ciò significa che, fra le varie conseguenze di tale opzione, gli utenti riceveranno meno email non volute sul proprio indirizzo e-mail di lavoro.Tale opzione (che si trova in Im-postazioni e privacy > Privacy > Chi può vedere il tuo indirizzo email) è infatti disabilitata per impostazione predefinita. Consi-derato che tale aggiornamento è stato fatto senza grande clamo-re, pubblicitari e addetti stampa si sono trovati di punto in bianco senza gli indirizzi e-mail da inse-rire nelle mailing list, per esem-pio. “Questa è una nuova impo-stazione che dà ai nostri membri ancora più controllo sul loro indi-rizzo email su LinkedIn” ha spie-gato un portavoce del social network a TechCrunch in quanto tale opzione ha influenza “su chi possa scaricare il loro indirizzo email tramite l’esportazione dei dati”. Chi vuole può comunque raccogliere gli indirizzi email uno a uno, andando nel profilo degli altri utenti. Non sarà più possibi-le, però, avere gli indirizzi email scaricando l’intero archivio di dati. A meno che l’utente non lo indichi espressamente nelle im-postazioni della privacy.

di M. DI MARCO

I l rinnovato servizio cloud Google One

è disponibile anche in Italia. Si parte

da 15 GB, che come Google Drive

vengono offerti gratuitamente a tutti

coloro che aprono un account Google,

e si arriva fino all’immenso piano da 30

TB al mese. Google One include “Drive,

Gmail e le immagini in qualità originale

di Google Foto”; lo spazio viene infatti

condiviso tra tutti i servizi. L’offerta di

spazio illimitato per su Google Foto, ma

con una compressione delle foto a 16

MP e dei video a 1080p, resta in ogni

caso valida. I piani su abbonamento partono da 1,99 euro al mese (o 19,99

euro l’anno) per 100 GB fino a 299,99

euro al mese per 30 TB mensili. Di-

SOCIAL MEDIA Google One sostituisce Drive ed è ora disponibile per gli utenti italiani

Google One sostituisce Drive e arriva in Italia: fino a 30 TB al mese su cloudUn unico spazio per Drive, Gmail e Foto. In futuro per gli abbonati anche sconti sull’hardware

sponibili anche piani

per 200 GB, 2 TB, 10

TB e 20 TB mensili.

Gli utenti che era-

no in possesso di

un abbonamento a

pagamento di Goo-

gle Drive saranno

automat icamente

convertiti al piano

equivalente di Goo-

gle One. Oltre a convogliare dentro di

sé i vari servizi Google One permette

agli utenti abbonati di sfruttare il sup-

porto di “esperti Google”, condividere il

piano con altri membri della propria fa-

miglia (fino a cinque). In futuro, inoltre,

Google prevede di riservare altri van-

taggi agli abbonati Google One, come

“sconti su hardware Google (mediante

Google Store)” e “sconti sugli acquisti

(mediante Google Express)”. Per il mo-

mento Google One è disponibile come

applicazione per Android, mentre per

iOS arriverà in seguito.

Page 26: 19 Rimborsi fatture a 28 giorni TIM e Vodafone non ci stannoAlla guida di Outlander Più elettrica che ibrida Come rendere “smart” la tua casa con 500 euro 19 Audi stupisce tutti

torna al sommario 26

MAGAZINEn.189 / 183 DICEMBRE 2018

di Roberto PEZZALI

Siamo davanti ad un tablet o a qualcosa di più? La

domanda non è banale, anche se può sembrar-

lo, perché la prima cosa da chiedersi quando si

guarda il nuovo iPad Pro è se dobbiamo considerarlo

ancora un tablet. Lo è, nella forma, ma nel mondo Win-

dows prodotti simili sono considerati ormai 2 in 1, una

denominazione e che ne giustificherebbe anche il prez-

zo non certo popolare. iPad Pro, nella versione wi-fi da

11” e 256 GB di storage costa 1.069 euro, esattamente

come Surface Pro di sesta generazione con processore

Core i5: per entrambi c’è una versione più economica,

ma sia l’iPad Pro da 64 GB sia il Surface con processore

Core m3 sono prodotti che, per due limiti diversi, non ci

sentiamo di consigliare. Se iPad Pro, come dice Apple, è

un potente computer da mettere nelle mani di creativi e

content creator, 64 GB sono un taglio che poco si sposa

con chi deve fare editing di video 4K o di pesanti file

RAW, molto meglio partire dal 256 GB.

Non considereremo l’iPad Pro un tablet, non lo fa Apple

e non lo facciamo neppure noi: per chi cerca un tablet

l’iPad classico, 350 euro e supporto a Pencil, è un pro-

dotto potente, facile da usare, meravigliosamente com-

pleto e con una quantità di applicazione che ogni altra

piattaforma tablet si sogna. L’iPad resta il miglior tablet

al mondo. iPad Pro è il 2 in 1 di casa Apple, un prodotto

che per molti aspetti può tranquillamente essere usato

al posto di un MacBook e che per altri può arrivare dove

il MacBook ha limiti, pensiamo ad esempio all’utilizzo in

piedi, all’assenza di un touch o all’uso di una penna. Ed

è proprio questo l’aspetto che abbiamo voluto mettere

alla prova: dopo anni di conferenze stampa fatte con la

classica configurazione MacBook più reflex per foto e

video, siamo andati ad una conferenza cercando di fare

tutto con iPad Pro e reflex.

Qualità e velocità, giù il capelloL’iPad Pro è un tablet meravigliosamente bello. Sottile, con

un design totalmente fuori dai classici schemi. Ricorda un

po’ l’iPhone 5, ha uno schermo con cornici ridottissime

e una simmetria che gli smartphone di oggi, con notch

di vario tipo, si scordano. L’iPad Pro ha tutto: schermo,

audio, ergonomia, leggerezza, oltre conformazione del-

la scocca in alluminio che, con questa particolare forma,

TEST iPad Pro è il 2 in 1 di Apple che per certi aspetti può arrivare dove il MacBook ha dei limiti. Lo abbiamo provato per vedere se è così

iPad Pro 2018. Tablet fantastico, ma iOS sta strettoSiamo davanti alla più drastica rivoluzione dell’iPad dalla sua nascita, che ha coinvolto tutti gli aspetti. Tranne uno: iOS

sembra proteggere ancora di più il display. Se con la

precedente generazione un colpo di spigolo poteva

mandare in frantumi il vetro, con questa nuova versione

il pannello e il touch appaiono leggermente più protetti.

Si potrebbe criticare il bozzo creato sul retro dalla fo-

tocamera, ma o si usava una fotocamera più sottile, e

quindi meno qualità, o si creava un tablet più spesso.

La fotocamera è da 12 megapixel, con video 4K e Smart

HDR: siamo davanti ad un modulo di assoluta qualità

che può competere con quella dell’iPhone X.

Esistono limiti tecnologici insormontabili oggi, e per

fortuna esistono le cover rendono la protuberanza pra-

ticamente invisibile. Lo schermo, 12.9” nella versione da

noi provata, è un nuovo Liquid Retina: come abbiamo

spiegato nella prova dell’iPhone XR la parola Liquid si

riferisce probabilmente alla riduzione dello spazio tra i

singoli subpixel, che crea una immagine decisamente

più compatta. Non che i vecchi iPad Pro avessero un

brutto schermo, anzi, ma sicuramente quello usato sul-

l’iPad Pro versione 2018 ha guadagnato qualcosina in

termini di gestione dei riflessi, compattezza dell’imma-

gine e contrasto percepito. Resta comunque uno scher-

mo LCD, e ci sono situazioni, soprattutto elementi scuri

con forte luce ambientale, dove contrasto percepito e

segue a pagina 27

Apple iPad Pro 2018 12.9”BELLISSIMO, MA È UN BELLISSIMO IPAD. PER ORA 1199,00 €iPad Pro è un fantastico tablet che ha tutto quello che si può desiderare da un prodotto simile: ha uno schermo di qualità, un design accatti-vante, il miglior audio mai ascoltato su un tablet, accessori di ogni i tipo e tante app di livello. Ma gli manca qualcosa per diventare un vero due in uno, e per la prima volta dobbiamo ammettere che il vero limite di iPad Pro è il suo sistema operativo. Che è bellissimo, veloce, ha applicazioni in quantità e di qualità, ma che resta un sistema operativo pensato per la semplicità, ideato per un uso su smartphone e destinato ad un pubblico consumer e con esigenze consumer. Un iPad da 359 euro con penna fa più o meno le stesse cose che permette di fare iPad Pro ad un prezzo quattro volte inferiore. Le fa più lentamente, l’audio non è lo stesso e lo schermo neppure, ma sono esattamente le stesse cose. Se si guarda al prezzo poi stiamo parlando di un prodotto che costa 1.289 euro nella versione da 12.9” con 256 GB, che ha bisogno di una tastiera che ne costa 219 e di una Apple Pencil, comunque facoltativa, che ne costa 135 di euro. Più qualche adattatore, circa 50 euro di budget se si prendono cose non Apple che funzionano uguale. A conti fatti sono 1.700 euro, che non sono affatto pochi: con la stessa spesa si comprano un MacBook Air nuovo e un iPad e la produttività si impenna. L’iPad Pro è uscito lo stesso anno di iOS 12, probabilmente la miglior versione di iOS mai fatta perché ha risolto alla base tantissimi bug migliorando la stabilità e rendendo più veloci dispositivi che erano dati per spacciati. Apple quest’anno non ha aggiunto grandissime funzionalità, soprattutto in ambito tablet, e iPad Pro subisce questa mancanza di evoluzioni software. Sebbene si possa fare di tutto, anche ad alto livello, gli utenti si scontrano con banalità che su un prodotto simile non dovrebbero esistere: non si può attaccare una chiavetta USB, modificare un file con la penna e salvarlo sulla chiavetta senza necessariamente importalo, e trovarselo magari replicato su iCloud. File non è un vero Finder, e ci sono limiti di utilizzo incrociato delle app che su un prodotto per la produttività non dovrebbero esistere: i file generati dalle app, siano audio, foto o video restano spesso confinati ai container delle singole app e non possono essere aperti o gestiti senza prima passare su File o su iCloud. Durante la scorsa WWDC Apple ha iniziato a parlare di convergenza tra MacOS e iOS: resteranno due sistemi separati, ed è giusto così, ma l’iPad Pro per essere un vero 2 in 1 ha terribilmente bisogno di qualcosa in più di quello che oggi iOS offre. Altrimenti resta un iPad bello e più potente, ma pur sempre un iPad.

Qualità Longevità Design Semplicità D-Factor Prezzo

8 9 9 8 7 6

COSA NON CI PIACEQualità costruttiva e dei componenti eccezionaleApplicazioni velocissime e ottimizzate, anche quelle per uso professionaleSicurezza di aggiornamenti per almeno 5 anni

Allo stesso prezzo si prendono un iPad e un Macbook AirLe potenzialità enormi sono strozzate da un sistema operativo pensato per gestire al meglio le singole appManca il jack audio, e la USB Type C non è poi così aperta

lab

video

7.8COSA CI PIACE

Ipad Pro 2018La videorecensione

lab

video

Page 27: 19 Rimborsi fatture a 28 giorni TIM e Vodafone non ci stannoAlla guida di Outlander Più elettrica che ibrida Come rendere “smart” la tua casa con 500 euro 19 Audi stupisce tutti

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MAGAZINEn.189 / 183 DICEMBRE 2018

TEST

Apple iPad Pro 2018 12.9”segue Da pagina 26

soprattutto dettagli sulle basse luci sono davvero diffi-

cili da cogliere. E a letto, quando si guarda qualcosa al

buio, ci si rende conto che l’OLED dell’iPhone XS è tutta

un’altra cosa.

L’audio integrato è fantastico, corposo, ricco, il meglio

che ci si può aspettare da un prodotto di queste dimen-

sioni, l’audio in cuffia deve fare i conti con l’assenza del

jack. Per Apple le cuffie di iPad Pro sono le Air Pods,

o ancora meglio le Beats Wireless, ma per qualcuno

la sparizione del jack da un tablet di questo tipo è una

sconfitta difficile da digerire. C’è l’adattatore, ma non è lo

stesso che va bene sull’iPhone. La soluzione, come ab-

biamo scritto, sono le AirPods, il prodotto probabilmente

più apprezzato degli ultimi anni dagli utenti Apple. Chie-

dete a qualunque persona con le AirPods se rimpiange il

jack e dirà di no, così come la maggior parte degli utenti

di iPad Pro non saranno minimamente

colpiti dall’assenza del jack audio.

La più grossa rivoluzione a nostro av-

viso di iPad Pro è l’adozione dell’USB

Type C come connettore al posto del

lightning: quest’ultimo resterà ancora su

iPad e iPhone, ma sul modello Pro Apple

si è adeguata alla linea Mac per offrire

una interfaccia che potesse in qualche

modo parlare con il mondo di accessori

e interfacce alla massima velocità pos-

sibile. All’USB Type C si può collegare

un monitor 5K, si possono collegare fo-

tocamere e videocamere, interfacce audio

esterne, ogni tipo di prodotto con la porta che ormai sta

diventando (finalmente) standard. Il cavo USB C - Light-

ning permette di ricaricare le Air Pods e un iPhone, e

soprattutto permette di usare il caricatore dell’iPad per

ricaricare velocemente un iPhone. Volendo si può usare

anche il caricatore del MacBook sull’iPad, ma la ricarica

oltre ai 18 Watt non va: a caricatore più grande non cor-

risponde una ricarica più veloce. Il cavo “USB C - Light-

ning” è probabilmente il cavo più utile per chi ha prodotti

Apple, ed è anche il cavo che va acquistato a parte: pa-

radossale non sia inserito nella scatola di iPhone o negli

iPad, e che Apple continui a distribuire il classico cavo

USB classico.

L’uso sul campo: i pregi e i limitiL’iPad permette di fare tutto: lo schermo del modello da

noi usato, quello da 12.9”, è praticamente grande come

quello dei MacBook. Si può utilizzare senza problema

Pages, si può usare iMovie per fare editing in 4K, si può

usare Lightroom per sviluppare le foto. Il vantaggio di

iPad è dato dalla presenza di centinaia di applicazioni

di altissimo livello che sono state create e pensate pro-

prio per questo prodotto, e a livello di prestazioni non

ha affatto deluso. Difficile però dire quanto il nuovo iPad

Pro sia più potente del modello precedente: se si usano

i benchmark i numeri sono più alti, è normale, ma du-

rante l’utilizzo comune non si riscontra quella differenza

abissale, magari un secondo in meno nell’apertura di un

file RAW di grandi dimensioni, una maggiore velocità

di esportazione di una clip 4K con iMovie, l’apertura di

qualche app più rapida, ma sono cose che non si perce-

piscono più di tanto.

Questo non è una critica al nuovo modello, anzi, ma è la

conseguenza del fatto che le app sono create e cucite

su misura per questo hardware e Lightroom su iPad Pro

riesce ad essere decisamente più veloce di quanto lo

sia su un 2 in 1 con sistema operativo Windows, oltre ad

avere una interfaccia più intuitiva e immediata, essendo

pensata nativamente per l’uso con le dita.

La nuova Apple Pencil è più pratica della vecchia per

il sistema di aggancio magnetico nella parte alta, che

ricarica lo stilo per induzione. Nonostante la tenuta sia

eccellente, come eccellente è la tenuta magnetica del

tablet sulla cover, qualche volta riponendo l’iPad nello

zaino o nella borsa la penna si è sganciata.

La cover in pelle creata per l’iPad Pro da 10.5”, non di-

sponibile per questo modello, era tuttavia più comoda,

ingombrava di meno e aveva lo spazio per riporre lo stilo

da disegno. Oltre alla ricarica a induzione Apple Pencil

guadagna anche un tasto touch nella parte bassa con-

figurabile dalle singole app: affascinante tecnologica-

mente, ma un disegnatore che ha provato la penna ci ha

confidato la sua preferenza per il tasto fisico.

Il 2 settimane di prova iPad Pro si è dimostrato un tablet

fantastico per fare tutto: si possono editare le foto senza

problemi, correggendo i file RAW anche di dimensioni

notevoli, si possono scrivere testi, fare disegni, elabo-

rare file CAD e modelli 3D, si può davvero lavorare a

livello professione perché le app non solo ci sono, ma

sono anche ottimizzate per l’utilizzo su un tablet. Le stes-

se cose si possono anche fare con Surface e Windows,

ma Microsoft risente di applicazioni che spesso sono

pensate per mouse e tastiera, e che da usare in piedi e

tramite touch risultano un po’ più ostiche. Oltre al fatto

di dover fare i conti con applicazioni che possono esse-

re decisamente pesanti, compilate per gestire diverse

librerie grafiche e per hardware più potenti di quelli in-

segue a pagina 28

Page 28: 19 Rimborsi fatture a 28 giorni TIM e Vodafone non ci stannoAlla guida di Outlander Più elettrica che ibrida Come rendere “smart” la tua casa con 500 euro 19 Audi stupisce tutti

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MAGAZINEn.189 / 183 DICEMBRE 2018

seriti nei 2 in 1. Quello che manca però durante il lavoro

all’iPad, che invece non manca ai sistemi Windows, è un

“collante” che permetta di gestire dei flussi di lavoro in

modo semplice.

Se prendiamo le singole app siamo davanti ad un pro-

dotto imbattibile nel rapporto tra facilità d’uso e risultato

raggiungibile, ma se dobbiamo usare diverse app per

portare a termine qualcosa iOS mostra tutti i suoi limiti.

Il sistema operativo di iPad Pro ha infatti alcune rigidità

che non si prestano all’utilizzo che Apple indica per que-

sto tablet, e la gestione di foto e video è una di queste.

Per capire la differenza prendiamo una operazione sem-

plice: un fotografo scatta 200 fotografie con una reflex,

e deve consegnare i 10 scatti migliori su una chiavet-

ta USB in pochi minuti. Con un Macbook con MacOS,

o con un Surface, collega la fotocamera o un lettore di

card ad un ingresso, apre tutte le foto con Lightroom o

Photoshop direttamente dalla camera o dalla card di

memoria, sviluppa le migliori, le apre in Photoshop, ef-

fettua gli ultimi ritocchi e le salva su chiavetta USB. Con

l’iPad Pro una situazione di questo tipo è sicuramente

più problematica: collegando le fotocamera o il lettore di

card si apre infatti la finestra di importazione di default.

Le fotografie vanno importate tutte nel rullino prima di

poter essere aperte con Ligthroom, e questo vuol dire

che l’utente si trova 200 fotografie che non solo occu-

pano spazio che che, nel caso di rullino condiviso con

iCloud, vengono anche replicate sugli altri dispositivi.

E soprattutto non esiste possibilità di esportazione, per-

ché le chiavette USB non vengono gestite se non con

app di terze parti che richiedono comunque lo sposta-

mento dei file. L’app Comandi (Siri Shortcuts) può essere

usata per automatizzare qualche routine (come cancel-

lare le foto importate), ma è la logica stessa di iOS che

prevede applicazioni che funzionano e lavorano solo nel

loro contesto a remare contro un utilizzo più da compu-

ter. Ci sarebbe File, l’app che dovrebbe su iPad sosti-

tuire il Finder del Mac, ma il suo utilizzo è più limitato di

quello di un Finder. L’esempio vale ovviamente non solo

con le foto, ma può essere adattato ad ogni ambito: ci

piacerebbe poter gestire cartelle con video, testi e foto,

indispensabile per chi fa il nostro lavoro, e vorremmo

poter gestire file video passando

tra diverse app senza necessaria-

mente trasferire tutto sul rullino. Al momento, senza fare

giri strani, non si può.

USB Type C, promossa la scelta, ma serve più flessibilitàAnche l’apertura al mondo esterno usando l’interfaccia

USB Type C non è poi una grandissima apertura. Se

da una parte è lodevole la decisione di adottare que-

sta connessione, dall’altra l’utente si scontra con tanti

piccoli limiti. Andiamo per punti: come abbiamo detto si

può collegare un display esterno con risoluzione fino a

5K, ma bisogna considerare che l’interfaccia non è una

Thunderbolt 3 come quella dei Mac ma è una semplice

USB Type C 3.1. Questo vuol dire che si possono collega-

re direttamente tutti i monitor che supportano un ingres-

so video tramite USB (DisplayPort), come ad esempio il

monitor LG 27UK850 (4K) o il Samsung S27H850QFN

(QHD), senza la necessità di un adattatore. Altri moni-

tor, come gli LG UltraFine 5K Display che Apple stessa

consiglia per i Macbook, non sono compatibili perché in

realtà, nonostante il connettore sia Type C, l’interfaccia

di questi modelli è Thunderbolt 3 e non DisplayPort.

Se da una parte quindi è vero che si possono “teori-

camente” collegare monitor esterni fino a 5K, è anche

vero che al momento non ci risulta che esistano moni-

tor 5K USB Type C con interfaccia DisplayPort. Quindi

o si usa l’adattatore HDMI, limitato a 4K (lo stesso che

funziona anche sui vecchi iPad) oppure si collega un

monitor esterno che ha ingresso USB DisplayPort, ma ci

sono solo monitor 4K. E soprattutto per collegarli serve

TEST

Apple iPad Pro 2018 12.9”segue Da pagina 27

un cavo high bandwith, quindi un cavo simile a quello

Thunderbolt venduto sul sito di Apple: il cavo in dotazio-

ne, quello per caricarlo, non è adatto.

Collegando un monitor esterno inoltre si ottiene una

visione “estesa” solo con alcune applicazioni, ed è com-

pito dei singoli sviluppatori di app pensare a come ge-

stire l’uscita secondaria. Con iMovie ad esempio si può

mostrare il video mentre si continua a fare editing, e con

Keynote si può mostrare la presentazione, ma non sono

molte le app che lo gestiscono e soprattutto sono tutte

app Apple. Per tutto il resto c’è il semplice mirroring, e

manca una gestione multischermo come quella di Ma-

cOS, dove ad esempio posso inviare una seconda app

sul monitor esterno mentre tengo aperta sullo schermo

del tablet l’app principale. La porta USB dell’iPad Pro

permette anche la ricarica di altri dispositivi, con una

erogazione massima di 7.5 watt, e gestisce anche acces-

sori e periferiche. Le tastiere funzionano senza proble-

mi, serve solo l’adattatore, e funziona anche l’adattatore

ethernet. Funzionano anche alcuni microfoni e alcune

periferiche midi, ma solo in determinate applicazioni, e

come abbiamo scritto sopra non c’è alcune gestione na-

tiva di dischi esterni e chiavette USB.

Un ultimo limite è legato al Face ID: funziona a meravi-

glia, sia in orizzontale che in verticale, ma rende l’iPad

molto più personale che in passato. Se infatti con il

vecchio modello si potevano registrare più impronte,

ora con FaceID sei vogliamo condividere l’iPad siamo

costretti a cedere alla “famiglia” il pin. iOS ha bisogno,

almeno su iPad, di una gestione multiutente.

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MAGAZINEn.189 / 183 DICEMBRE 2018

di Gianfranco GIARDINA

I l lancio della prima serie della cuffia 1000X a can-

cellazione di rumore di Sony era stato un punto di

svolta chiaro: da allora Bose ha un concorrente

serio nel segmento delle cuffie premium. Anzi, qual-

cosa di più di un concorrente, visto che - ameno a

nostro avviso - la Sony superava per prestazioni,

usabilità e comfort la serie corrispondente di Bose,

la QuietComfort. Sony ha presentato alla scorsa IFA

la terza generazione di questa cuffia, che in queste

settimane è arrivata sugli scaffali. Una cuffia che si

presenta esteticamente, almeno a prima vista, proprio

come la precedente ma che promette prestazioni mi-

gliorate. Ecco la nostra prova

La 1000X è la cuffia top di gamma di Sony. Una cuffia

wireless a cancellazione di rumore, giunta alla terza

generazione, identificata appunto dal suffisso M3.

Praticamente, sulla carta, la cuffia perfetta: qualità

audio d’eccellenza, connessione Bluetooth APT-X e

APT-X HD ma anche la possibilità di collegamento a

filo, batteria super capiente che garantisce 30 ore di

funzionamento continuo in cancellazione di rumore,

costruzione curata e bella custodia da viaggio.

Non vorremmo montarci la testa, ma sembra che i

progettisti di Sony abbiano fatto tesoro proprio della

nostra prova delle prime 1000X: tra tanti pregi ave-

vamo identificato due punti che non incontravano il

nostro gradimento. Il primo riguardava le prestazioni

insoddisfacenti in fase di dialogo telefonico: i microfo-

ni, che sono sul padiglione, evidentemente non erano

abbastanza sensibili: gli interlocutori telefonici si la-

mentavano di sentire male (mentre noi li sentivamo

benissimo); e comunque l’effetto di cancellazione del

rumore rendeva la comunicazione innaturale. Il secon-

do aspetto riguardava la comodità: dopo la seconda

ora di utilizzo, la sensazione di caldo e pressione della

1000X alla prima edizione si faceva sentire.

La serie 3 mette mano a questi aspetti e ad altri par-

ticolari meno rilevanti e lo fa in maniera risolutiva.

Pariamo dalle chiamate telefoniche: i microfoni sono

TEST Sony ascolta i nostri appelli e migliora la cuffia wireless 1000X. Già ci piaceva prima, ora è praticamente perfetta

La regina della musica e del silenzio: in provala cuffia wireless Sony 1000X terza serie La Sony top di gamma si presenta a prima vista esteticamente uguale alla precedente, ma promette prestazioni migliorate

stati raddoppiati e finalmente gli interlocutori ci dico-

no di sentirci bene. E questo anche senza la necessità

di “urlare”. Non si urla anche perché è completamen-

te cambiata la gestione della chiamata da parte del-

la cuffia: ora, quando si attiva la funzione vivavaoce,

anche se è innestata la modalità a cancellazione di

rumore, la 1000 X mkIII la disattiva temporaneamente

e anzi si posiziona in modalità “ambient”, il che vuol

dire che addirittura rileva il rumore ambientale e lo

amplifica leggermente all’interno della cuffia. Questo

fa sì che chi le indossa si senta quando parla, senza la

cancellazione del rumore e le orecchie ovattate dal-

la meccanica stessa della cuffia a padiglione chiuso.

In questo modo, le telefonate si svolgono in maniera

molto naturale e si parla a mani libere con un comfort

praticamente impossibile con altri auricolari o cuffie

binaurali. Per quello che riguarda il comfort, c’è stato

un grande miglioramento, e i pur gradevoli 20 grammi

di peso in meno non sono il fattore più determinante.

Sono soprattutto le forme a fare la differenza: l’ar-

segue a pagina 30

Sony WH-1000XM3SILENZIO, PARLA LA PRIMA DELLA CLASSE 380,00 euro

Nella gara tra le migliori cuffie a cancellazione di rumore, le Sony VH-1000Xm3 a nostro giudizio si aggiudica gradino più alto del podio a colpi di qualità sonora, capacità di riduzione del rumore e comfort di utilizzo. E i quasi 400 euro necessari per farle proprie, che sono certamente tanti, sembrano proporzionati alla qualità di un prodotto che mette in seria difficoltà la concorrenza: Sony batte Bose su tutto, a partire dal de-sign, 30 anni più avanti. Le prestazioni, la comodità e il controllo touch (con la scorciatoia rapida per passare temporaneamente all’ambient mode - basta appoggiare la mano sul padiglione destro) fanno il resto. E alla fine, anche se non sono certo compatte come certi auricolari, queste 1000X, giunte alla terza serie, si fanno preferire rispetto agli altri modelli, anche quelli della stessa Sony, con layout più compatto. Insomma, il regalo di Natale che tutti vorrebbero ricevere.

Qualità Longevità Design Semplicità D-Factor Prezzo

9 9 9 9 10 88.9COSA CI PIACE COSA NON CI PIACEPrestazioni audioComandi touch sul padiglioneOttimo funzionamento vivavoce

Prezzo impegnativoDimensioni non compatte

lab

video

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torna al sommario 30

MAGAZINEn.189 / 183 DICEMBRE 2018

chetto non è più circolare ma ovale, garantendo un

migliore adattamento alla forma della testa, con una

conseguente pressione sui padiglioni ridotta.

Anche i padiglioni sono stati leggermente ingranditi

(almeno nel loro spazio interno e soprattutto in lar-

ghezza), grazie a un forma più tondeggiante: quanto

basta per evitare di “pizzicare” la parte più alta della

cartilagine dell’orecchio, evitando l’inevitabile bru-

ciore che interviene dopo un paio di ore di utilizzo:

i voli intercontinentali diventano finalmente piacevoli

anche dopo le prime ore. Migliorata, anche se non

del tutto eliminata, la sensazione di caldo indotta dai

materiali morbidi del padiglione, anche se il maggior

spazio interno migliora decisamente le cose.

Anche la prestazioni della batteria si sono decisamen-

te evolute: la prima serie non andava oltre le 20 ore di

funzionamento continuo in cancellazione di rumore:

nella M3 l’autonomia aumenta del 50% portandosi a

30 ore di funzionamento. Anche la velocità di carica è

migliorata: si passa da 4 ore a 3 ore.

Addio alla finitura in pelle, ma è giusto cosìUna cosa che ci piaceva molto della vecchia 1000X era

la finitura in pelle, che rendeva il prodotto piacevole

al tatto e lo differenziava rispetto alla concorrenza. Le

nuove 1000X sono invece simili nei colori ma il rivesti-

mento esterno dei padiglioni è in plastica. Da un cer-

to punto di vista questa è un scelta peggiorativa; ma

bisogna anche riconoscere che non sempre le cuffie

vengono trasportate con la bella custodia in dotazione.

Spesso, infatti, per risparmiare spazio finiscono “nude”

nello zainetto. E li finiscono per toccare altri oggetti e,

inevitabilmente, con un materiale fragile come la pelle,

si graffiano. Il rivestimento in plastica è decisamente

più immune ai maltrattamenti e meno deperibile. Trat-

tandosi evidentemente di un prodotto che si utilizza in

mobilità, la scelta di Sony è comprensibile e alla fine

condivisibile. Resta sempre e comunque la possibilità

di gestione delle gesture sul padiglione destro che

mantiene le funzionalità touch. Decisamente migliorata

rispetto alla prima serie la qualità costruttiva: le vibra-

zioni e i rumori - seppur occasionali - legati ad incastri

tra gli elementi di plastica non così perfetti sono assenti

e la struttura appare decisamente “monoblocco”.

La prova d’uso: musica e silenzioÈ facile partire da un prodotto con tanti limiti e migl-

iorarlo. Molto più difficile è farlo con uno quasi per-

fetto come la prima serie delle 1000X. Sony è riusci-

ta nell’intento, senza alcun dubbio. Dal punto di vista

sonoro le differenze sono minime a favore del nuovo

modello più che per la riproduzione in sé, per il fatto

che, lasciando più libero il padiglione auricolare,

l’ascolto è più piacevole e forse anche l’onda sonora

la margini per una migliore propagazione. D’altronde

fare molto meglio delle prime 1000X sul fronte della

qualità di riproduzione era assai complicato: i bassi

sono molto presenti ma non invadenti, le alte ben

nitide, la gamma media non stancante. Sony dichi-

ara anche una capacità di cancellazione migliorata:

a noi non è parso ci siano differenze clamorose. Di

certo il numero di microfoni aumentato ha migliorato

di molto, rendendola finalmente plausibile, la cattura

della voce e quindi il dialogo telefonico.

La cuffia può essere controllata e configurata nel

dettaglio attraverso l’app Headphones di Sony: il

potente DSP può intervenire con molte modifiche,

per esempio sull’equalizzazione o sulla gestione di

un segnale surround. Tra le tante cose, ci è parsa

interessante la possibilità di posizionare nello spazio

la sorgente virtuale del suono, per esempio spostan-

dola virtualmente davanti a noi: questo risolve la

stranezza (anche se oramai siamo abituati) del suono

stereo diffuso in cuffia, inevitabilmente innaturale,

visto che lo stage sonoro collassa al centro della

testa. Interessante anche la possibilità di definire il

tempo di attesa della cuffia priva di segnale prima

di andare in stand-by; si tratta di una funzione assai

utile soprattutto nei viaggi aerei in cui si può usare

con successo la cuffia semplicemente come elimina-

tore di rumore ambientale, pur senza ascoltare nulla

e senza collegamento a nessun device. Grazie a

questo controllo è possibile evitare che dopo cinque

minuti di mancato collegamento la cuffia si spenga,

come faceva il vecchio modello.

Intelligente anche la commutazione automatica in

ambient mode quando entra in funzione il vivavoce,

cosa che accade non solo durante le telefonate. In-

fatti anche quando si interagisce verbalmente con un

personal assistant o si registra un messaggio vocale,

il suono dell’ambiente circostante viene riprodotto in

cuffia: in questo modo l’utente quando parla si sente

nitidamente e evita così di alzare la voce, come nor-

malmente si fa quando si hanno le orecchie ovattate

dal un sistema di cancellazione del rumore.

TEST

Sony 1000X terza seriesegue Da pagina 29

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MAGAZINEn.189 / 183 DICEMBRE 2018

di Roberto FAGGIANO

I l recente abbandono del mercato dei lettori Blu-

ray di fascia elevata da parte di Oppo ha gettato

nello sconforto gli appassionati audiofili che vo-

levano un apparecchio prestigioso e ben suonante

per tutti i loro supporti fisici, Compact disc, Blu-ray e

DVD. Per colmare questo vuoto alcuni grandi marchi

hanno realizzato nuovi lettori: tra questi Panasonic

che propone il nuovo UB9000 (999 euro) con ca-

ratteristiche tecniche degne di grande attenzione,

soprattutto la cura riservata alla sezione audio. Con

le uscite analogiche 7.1 e stereo XLR che lo indiriz-

zano a uno sparuto gruppo di possibili acquirenti,

disposti a spendere cifre elevate per i loro sistemi

audio e home theater, specie chi possiede eccellenti

amplificatori HT dotati di ingressi analogici che non

possono essere aggiornati alle più recenti tecno-

logie audio. Il prezzo può sembrare molto alto, ma

bisogna tenere conto che praticamente non ci sono

più concorrenti e i pochi rimasti costano anche di

più; bisogna anche considerare che un buon letto-

re di soli CD con le stesse caratteristiche costruttive

difficilmente costa di meno. Punto a sfavore la man-

cata compatibilità con i dischi DVD Audio e i SACD,

che riguardano però pochissimi appassionati. Quindi

poniamo un occhio più benevolo su questo nuovo

lettore Panasonic che si presenta subito con una ele-

ganza impeccabile nel suo oscuro frontale metallico,

un piccolo display e i pochi tasti funzione essenziali

per la riproduzione; troviamo anche il logo della cer-

tificazione THX HDR Source e una presa USB per

chiavette di memoria. Tutte le altre funzioni si svol-

gono dal telecomando in dotazione, un classico Pa-

nasonic retroilluminabile ma troppo carico di tasti e

sottotono per il livello dell’apparecchio.

Legge tutto... o quasiTolta la già citata incompatibilità con i formati audio

per audiofili, l’UB9000 può riprodurre tutti i blu-ray

fino all’Ultra HD con tutte le possibili codifiche HDR

fino al 10+, Dolby Vision e HLG. Sul tema garantisce

la presenza del processore Hollywood HCX utiliz-

zato anche sui TV top di gamma di Panasonic.

In verità una sezione alla fine poco utile per il proba-

bile utente di questo apparecchio, che sicuramente

TEST Abbiamo provato il lettore Blu-ray più prestigioso di Panasonic, un modello che punta ad un preciso target di acquirenti

Panasonic DP-UB9000, una gioia per gli audiofiliUn lettore con uscite analogiche 7.1 e stereo XLR, dedicato a chi vuole il massimo dai propri CD e dalla musica liquida

lo collegherà a un prestigioso TV o proiettore 4K

di ultima generazione, magari proprio un OLED Pa-

nasonic che usa il medesimo circuito. Comunque

funzioni sempre gradite per chi ama personalizzare

la visione. La sezione audio è non meno comple-

ta perché troviamo la compatibilità con tutte le più

moderne codifiche audio, dal Dolby Atmos al dts:X,

già disponibili in uscita nel formato analogico per

chi ha un componente dotato dei relativi ingressi o

magari direttamente verso diffusori amplificati dato

che si possono regolare dimensioni e livelli per cia-

scun diffusore.

Per i file musicali un altro buon traguardo per la com-

patibilità fino ai rarissimi DSD 11,2 Mhz, passando per

Flac 192 kHz, WAV, Aiff e Alac. Per la musica liquida

si possono usare anche hard disc esterni su DLNA

tramite l’ingresso posteriore oppure delle semplici

chiavette usb. Dal punto di vista operativo troviamo

pure una piccola sezione smart con un minimo di

contenuti utili come Netflix, You Tube Amazon Prime

video, Chili e poco altro, cioè più o meno quanto si

trova su tutti i televisori connessi alla rete. I menù

funzione sono moltissimi e permettono di operare su

qualsiasi parametro audio e video, l’accesso però è

complesso e spesso limitato alla sola sorgente pre-

scelta; inoltre per molti parametri e filtri non ci sono

molte indicazioni su cosa si vada a modificare, con il

rischio di peggiorare la situazione.

Un panorama spettacolareIl pannello posteriore del lettore Panasonic è pratica-

mente unico, una gioia per gli occhi dell’appassiona-

to: molto difficile infatti trovare le uscite stereo XLR

su un apparecchio di questo tipo e rarissime le usci-

segue a pagina 32

Panasonic DP-UB9000UN ECCELLENTE LETTORE CD 999,00 €Se dovessimo dare un giudizio sulla sola riproduzione musicale di compact disc e musica liquida, il nuovo lettore Panasonic sarebbe promosso a pieni voti per l’eccellenza della riproduzione sonora e l’ootima costruzione. Qui troviamo “in più” la sezione video per i blu-ray Ultra HD e il processore esclusivo CHX, che è sempre utile per una maggiore versatilità. Con queste premesse anche il prezzo di listino, apparentemente elevato, viene ridimensionato in termini pienamente accettabili. Avremmo visto volentieri dei menù di funzione più semplici e un telecomando più consono al livello dell’apparecchio.

Qualità Longevità Design Semplicità D-Factor Prezzo

9 9 9 8 9 9

COSA NON CI PIACEPrestazioni sonoreCostruzione eccellenteQualità riproduzione video

Telecomando economicoMenù funzione complessiNon legge SACD e DVD Audio

lab

video

8.9COSA CI PIACE

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MAGAZINEn.189 / 183 DICEMBRE 2018

te analogiche 7.1. Volendo ci sono anche lu uscite

audio digitali ottica e coassiale. In tema video invece

troviamo le due prese HDMI per il TV o per un siste-

ma solo audio; presente anche una presa USB e c’è

la presa di rete ma c’è anche il Wi-Fi.

Costruzione da manualeIl peso dell’UB9000 sfiora gli 8 chili e questo è già

un primo passo verso ciò che ci aspetta all’interno,

con una costruzione di alto livello, telaio rinforzato e

diviso in tre sezioni: da un lato l’alimentazione distin-

ta tra sezione video, audio e meccanica; al centro la

meccanica e le schede di elaborazione audio mentre

nella terza sezione ci sono i processori video, ulte-

riormente schermati contro ogni interferenza.

Soffermandoci sulla sezione audio si può notare il

diverso trattamento nella parte analogica dei canali

destro e sinistro rispetto alla sezione 7.1, quindi per

il migliore ascolto stereo bisognerà usare i pin RCA

separati oppure le prese XLR. I segnali escono da un

chip AKM di ultima generazione, l’AKM4493 che è in

grado di raggiungere frequenze fino ai 768 kHz su

32 bit con un rapporto segnale/rumore spinto fino

ai 123 dB.

La meccanica di lettura è completamente incapsu-

lata in un contenitore metallico e si segnala per la

perfetta silenziosità nell’utilizzo audio e video. Da

notare la presenza di una ventola di raffreddamento

a uso del processore video, che però entra in funzio-

ne solo quando serve. L’apparecchio è assemblato

nella Repubblica Ceca, nello stesso stabilimento dal

quale escono i migliori TV Panasonic.

Audio eccellente con ogni supportoPremettiamo che il nostro test si è concentrato sulle

caratteristiche audio del nuovo lettore Panasonic,

dopo aver verificato l’ottima riproduzione dei miglio-

ri Blu-ray Ultra HD. Come già detto in precedenza

questo lettore dovrà essere scelto da chi desidera

soprattutto un eccellente riproduttore audio stereo e

multicanale: sarebbe un delitto e uno spreco di de-

naro sfruttare solo l’uscita HDMI.

Per favorire l’ascolto musicale il lettore è predispo-

sto per la funzione Music: durante la riproduzione

dei CD o dei file musicali la sezione video viene

spenta, volendo si può spegnere pure il display. Ci

sono anche alcuni parametri regolabili per affinare

ulteriormente la risposta in frequenza con diverse

fantasiose definizioni di suono valvolare e affini che

già in passato abbiamo trovato su altri lettori Panaso-

nic e su alcuni modelli Technics.

Come in passato, dopo alcuni attenti ascolti che

portano a modifiche irrilevanti dell’ascolto, abbiamo

preferito lasciare la posizione standard e goderci

l’ascolto musicale. Non a caso abbiamo usato il ter-

mine “goderci” perché la resa musicale di questa ul-

tima creatura Panasonic è eccellente, migliore anche

rispetto a molti puri lettori CD che possono costare

cifre superiore all’UB9000. Abbiamo inizialmente

cercato i difetti di riproduzione, ma siamo sempre

stati dirottati sulla musica, che è il migliore compli-

mento che possiamo rivolgere a un componente

audio.

Tra i maggiori pregi possiamo elencare la dinamica e

la riproduzione tridimensionale, una vera fotografia

dei musicisti e del palco; praticamente impossibile

ascoltare male un disco, tutti sembrano registrati al

meglio con grande cura del dettaglio, voci naturali ed

articolate come a un concerto dal vivo, bassi potenti

e profondi. Il dettaglio con le migliori registrazioni è

tale che possiamo concentrarci su uno strumento

piuttosto che su un altro. Con alcuni brani in DSD 5.6

MHz (che purtroppo costringono ad attivare il video

per poter effettuare la selezione dei brani archiviati

su hard disk), la presenza dei cantanti è palpabile in

primo piano. Se per forza dobbiamo trovare un di-

fetto, andrà valutato l’abbinamento a diffusori molto

brillanti, che potrebbero esaltare troppo il dettaglio,

senza mai comunque cadere nello stridente.

TEST

Panasonic DP-UB9000segue Da pagina 31

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MAGAZINEn.189 / 183 DICEMBRE 2018

di Roberto PEZZALI

Abbiamo tra per mani il nuovo Osmo Pocket di DJI,

e abbiamo speso 24 ore per mettere alla prova il

piccolissimo gimbal di casa DJI sulle strade di New

York, posto scelto dall’azienda cinese per il lancio. È diffi-

cile inquadrare Osmo Pocket in una categoria specifica:

tecnicamente sarebbe l’erede minuscolo di DJI Osmo, la

proprio la sua portabilità e le sue dimensioni permettono

di usare la nuova versione per molte più cose, ad esem-

pio come action cam o come videocamera subacquea

usando l’apposita custodia. DJI ha realizzato un prodotto

unico nel suo genere e lo ha racchiuso in 116 grammi di

peso e in una scocca in robusto alluminio che permette

di tenere il gimbal in tasca senza rovinare i giunti. Nel-

la confezione, oltre a Osmo Pocket, è stata inserita una

piccola custodia molto rigida da usare quando si ripone

la videocamera nello zaino o la si tiene nella tasca poste-

riore dei jeans. Cosa ci è piaciuto di Osmo Pocket? Sicu-

ramente la sua versatilità: per un travel blogger, per chi

ama fare video particolari, per chi vuole una action cam

che sia più “videocamera” e per chi adora i video un pro-

dotto simile è un game changer. Rispetto ad una action

camera infatti ha un ottica leggermente più chiusa come

campo di visione, 80°, e questo permette di avere una

in quadratura meno distorta e più piacevole. Il livello di

stabilizzazione è qualcosa di inavvicinabile per qualsiasi

prodotto privo di un meccanismo simile: né il più evoluto

degli smartphone e neppure la GoPro 7 ci si avvicinano.

Quest’ultima forse può rivaleggiare quando c’è luce, ma

in condizioni di scarsa luminosità la stabilizzazione della

GoPro entra leggermente in crisi mentre per l’Osmo il

problema non si pone, lo vedrete nel video sotto dove ci

sono scene girate in ogni condizione.

TEST Foto, video, timelapse e slow-motion: abbiamo fatto di tutto con la nuova Osmo Pocket DJI nella nostra prova su strada

Osmo Pocket, la cam dai tanti pregi e piccoli difettiIn giro per New York, abbiamo voluto vedere quali sono le potenzialità e quali i limiti del più piccolo gimbal video al mondo

Giusta la scelta del sensore, ma con poca luce soffre un po’La scelta di utilizzare un sensore da 12 megapixel e

1/2.3” è sensata, e ci è parso un giusto bilanciamento:

non è il sensore da 1” del Mavic Pro 2, ma è comunque

un CMOS che offre un’ottimo livello di dettaglio in con-

dizioni luminosità accettabili e non perde tantissimo al

calar della notte. Al buio, come per ogni sensore di pic-

cole dimensioni, si devono accettare dei compromessi,

anche perché la lente non è delle più luminose, f/2. DJI

ha fatto un eccellente lavoro sull’ergonomia: due tasti e

un piccolo schermo da 1” permettono di fare quasi tutto.

Lo schermo touch consente di scegliere la modalità di

scatto, configurare qualche funzione di base e anche ge-

stire, con un piccolissimo cursore, la posizione del gim-

bal ma solo sull’asse verticale. L’unica critica che si può

muovere è alla forma dello schermo, quasi quadrata: il

video ripreso effettivamente non è quello visualizzato, lo

schermo mostra una porzione più ampia.

Il cursore è piccolissimo, e forse un po’ scomodo: 1” di

touch screen non sono facili da gestire per chi ha le dita

piccole, e si sente la mancanza di un piccolo joystick fi-

sico da utilizzare per posizionare il gimbal dove meglio

si vuole. Il joystick con controllo dei due assi è presente

solo se agganciamo Osmo Pocket ad uno smartphone

e utilizziamo l’applicazione DJI Mimo. Due le velocità di

movimento del gimbal, a scelta tra lenta e veloce, e tre le

modalità di gestione: Tilt Locked, FPV e Follow, e usiamo

i nomi in inglese perché al momento non c’è la lingua

italiana tra quelle selezionabili. Tilt Locked è la modalità

adatta se si sta riprendendo un soggetto, perché blocca

l’inquadratura nello stesso punto: non importa come si

muove il gimbal, la camera inquadrerà sempre lo stesso

elemento mantenendo gli assi bloccati. FPV è la modali-

tà più creativa, e segue esattamente quello che fa il pol-

so: possiamo variare l’angolo di ripresa su ogni asse e il

gimbal compenserà il movimento stabilizzandolo. Infine

Follow, che permette di muovere il gimbal liberamente

ma tiene fissato l’asse orizzontale per evitare riprese

storte. Ci sarebbe una quarta modalità, l’Active Track: si

può scegliere un soggetto e il gimbal cercherà di mante-

nerlo agganciato, nei limiti del possibile. Lo abbiamo pro-

vato infatti sulla pista di pattinaggio di New York, e con

più persone che si sovrappongono non sempre l’Active

Track è risultato infallibile. Il gimbal si può usare anche in

verticale e sottosopra, basta girarlo di 90° o 180°.

In ripresa arriva fino a 40K e 60 fpsOperativamente le possibilità di ripresa previste nel

caso in cui usiamo il prodotto stand alone, quindi non

agganciato allo smartphone, sono lo scatto singolo,

per il quale possiamo scegliere il formato (4:3, 3:2 e

16:9) e un timer per lo scatto, il video, con scelta tra

Full HD e 4K a 30 fps o 60 fps, lo slow motion, 1080p

4x fisso (200 fps), il time lapse, il motion time lapse e la

foto panoramica. Il motion Time Lapse è un particola-

rissimo tipo di time lapse dove, oltre a scattare una foto

ogni tot secondi per realizzare un video accelerato, si

può anche dire al gimbal di muoversi tra un punto A

e un punto B. Intelligente il modo in cui DJI ha gesti-

segue a pagina 34

Sopra, Panorama, 3x3. Sotto, Panorama 180°. Clicca sulle immagini per l’ngrandimento.

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MAGAZINEn.189 / 183 DICEMBRE 2018

TEST

Osmo Pocket DJIsegue Da pagina 33

to la cosa: basta spostare fisicamente con le mani la

fotocamera e dare un tap sullo schermo per fissare il

punto di partenza e quello di destinazione. Per lo scat-

to panoramico sono presenti il 180° (4128 × 992 pixel di

risoluzione) e una modalità 3x3 che realizza una foto

da 2415 × 1713, unendo tra loro più scatti. Queste risolu-

zioni sono quelle delle immagini “unite” dal software in

dotazione, ma le foto originali sono memorizzate sulla

cartella e si possono unire usando altre app, come ad

esempio Photomerge, creando immagini ben più gran-

di. Non escludiamo che possa arrivare in futuro anche

una modalità 360° vera: all’interno degli asset dell’app

infatti sono presenti icone per funzioni come questa,

non ancora attive però.

140 minuti di autonomia: 2 ore si fanno senza problemiDJI dichiara 140 minuti di utilizzo, e effettivamente due

ore si fanno senza alcun problema. Veloce la ricarica:

anche se sul sito si parla di 73 minuti di charging time

in realtà con un caricatore del MacBook abbiamo rica-

ricato interamente il gimbal in poco meno di 55 minuti.

Si può usare anche un powerbank. Durante l’utilizzo

stand alone i file vengono salvati su una piccola card

di memoria microSD da inserire sul fianco, mentre se

si collega allo smartphone si può usare anche sen-

za card, le foto e i video finiscono direttamente nella

memoria del dispositivo. Manca, nella parte bassa,

l’aggancio per un treppiedi: esiste come accesso-

rio esterno, ma in ogni caso il fondo piatto permette

di appoggiarlo dove si vuole. Con un elastico si può

poi agganciare ad un bastone, ci abbiamo provato, e

fissarlo ad altri elementi trovando soluzioni di fortuna

non è affatto difficile, basta lasciare la libertà al sistema

di stabilizzazione che, se bloccato, si surriscalda e si

disattiva automaticamente.

Crescono le possibilità nel caso in cui si decisa di col-

legarlo ad uno smartphone iOS e o Android: all’interno

della confezione c’è un piccolo connettore multipolare

che permette di agganciarlo direttamente al telefono, e

se quest’ultimo è leggero la presa è talmente salda che

si può reggere il tutto anche con una mano.

DJI ha confezionato un’applicazione dedicata a Osmo

Pocket che integra un social network, un editor video

e ovviamente la parte di gestione dell’Osmo. Collegan-

do il gimbal allo smartphone aumentano le possibilità

creative e di ripresa, oltre ad avere il vantaggio di uno

schermo decisamente più grande del piccolo LCD da

1” inserito sul manico.

Oltre ad esserci il joystick per controllare il movimento

si attivano infatti tutta una serie di modalità di scatto e

ripresa “Pro” che ampliano il numero di valori controlla-

bili. Per la foto arrivano lo scatto in RAW, il bilanciamen-

to del bianco, la possibilità di variare tutti i parametri

manuali come esposizione e tempo di posa, per il vi-

deo più modalità di ripresa incluso un super fine a 100

Mbps disponibile però con il 1080p e con il 4K ma a fra-

me rate ridotto. Purtroppo queste modalità ci sono solo

ed esclusivamente se si usa uno smartphone: sgan-

ciando il gimbal resta impostata l’ultima modalità “pro”

solo fino a quando non si cambia alcun parametro, poi

si perde e si torna alle modalità del gimbal. Un peccato,

bastava aggiungere un paio di banchi “utente” con una

serie di modalità pre-impostate di scatto o ripresa.

Usando lo smartphone, ad esempio, è possibile scat-

tare con un tempo di posa di 3 secondi di notte a

mano libera lasciando che sia il gimbal a stabilizzare

lo scatto come un vero treppiedi. Ci abbiamo prova-

to e questo è il risultato, 1 secondo quasi di posa: si-

curamente migliorabile. Tra le altre possibilità offerte

dall’app per smartphone, al momento solo da quella

per iOS, ci sono le “Story”, piccole clip che vengono

create automaticamente dall’app partendo da quattro

spezzoni ripresi con una modalità particolare dove la

“testa” del gimbal si muove secondo una serie di pa-

rametri. L’idea è buona, ma DJI “appiccica” alla fine di

queste Story il suo logo e diventano praticamente pub-

blicità: difficile che una persona scelga di condividerle

così, molto meglio ricorrere all’editor. Una nota sulla

gestione del sensore: in modalità foto viene sfruttato

il sensore pieno, in modalità video viene usata quasi

tutta la larghezza, il 98% circa, sia in Full HD che in 4K.

In modalità slow motion viene usata però solo la parte

centrale del sensore, e questo porta ad un crop pari al

2% circa. Tra i due limiti più grandi che abbiamo riscon-

trato attualmente nell’utilizzo dell’applicazione ci sono

l’impossibilità di gestire i video in verticale: si possono

registrare, ma vengono poi memorizzati come se fos-

sero un video in 16:9 storto, e questo impedisce l’uso

con Instagram e con altri social che vogliono un video in

questo formato. Non c’è poi la possibilità di fare dirette,

né su YouTube né su altri social: si può solo condividere

un video già registrato in precedenza, e questo per molti

è un limite. Durante l’uso pratico abbiamo sentito anche

la mancanza dello scatto HDR, e anche lo scatto nottur-

no non è che sia poi così sfruttabile senza usare un filtro

ND: le scie di luce si apprezzano con una posa di 5 o 6

secondi e senza un filtro, anche in manuale, il risultato

è sovraesposto. Se il prezzo di 359 euro è buono per

quello che offre, è anche vero che questo prezzo non

include nessun accessorio e almeno un paio potevano

essere inseriti: il cavetto USB Type C - jack per collega-

re il microfono, l’aggancio per il treppiedi e quello per i

supporti action cam sono accessori utili e sicuramente

non costosi che potevano far parte del bundle iniziale.

E, nonostante il pacchetto di accessori extra sia ricco, ci

sono filtri ND, custodia subacque, selfie stick e controllo

tramite bluetooth e wi-fi manca anche un adattatore per

l’uscita video diretta, che a qualcuno poteva far comodo.

La Osmo Pocket è un nuovo tipo di videocamera, ed è

anche la prima del suo genere. È un piccolo gioiellino

che necessita ancora di qualche ritocco soprattutto sotto

il punto di vista del software e corredo. La qualità è quel-

la che ci si attende da un sensore di questo tipo, anche

se in ambito fotografico è molto meglio uno smartphone

top di gamma, soprattutto i modelli più recenti. Sui video,

invece, il piccolo Osmo Pocket offre una combinazione

tra qualità e possibilità di ripresa imbattibile.

DJI Osmo Pocket I nostri video, dal 4K al Time Lapse

lab

video

clicca sulle immagini per l’ingrandimentoALCUNI SCATTI DI PROVA

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torna al sommario 36

MAGAZINEn.22 / 183 DICEMBRE 2018

di Massimiliano ZOCCHI

N ellla serata italiana, Audi ha pre-

sentato ufficialmente la e-tron GT,

terza vettura completamente elet-

trica che andrà ad unirsi alla gamma en-

tro il 2020. Per la presentazione la casa

tedesca ha scelto nientemeno che Robert

Downey Jr, l’Iron Man dei film Marvel, che

è solito guidare proprio una e-tron.

La vettura non era del tutto una sorpresa,

complici le molte foto circolate nella ver-

sione ricoperta da camouflage, anche se

la mancanza di colori psichedelici rende

molto più evidenti i dettagli del design

definitivo. Si tratta in definitiva di una

berlina sportiva, che aggredisce senza

mezzi termini il settore delle auto di lus-

so, posizionandosi insieme a Tesla Model

S o alla futura Porsche Taycan.

E proprio con la Taycan ha molto in co-

mune, avendo una piattaforma condivisa

oltre alla tecnologia di ricarica. E-tron GT

avrà infatti lo stesso circuito di ricarica

studiato da Porsche per sfruttare cor-

renti a 800 Volt, arrivando quindi a po-

tenze elevate e di conseguenza tempi

di ricarica ridotti al minimo (qui un primo assaggio in una colonnina italiana). I

dati comunicati dalla casa sono anco-

ra parziali e non definitivi, trattandosi in

AUTO ELETTRICA Audi ha tolto il velo a e-tron GT, che dovrebbe arrivare entro il 2020

Audi stupisce con e-tron GT: ricarica super fast, anche wireless, e un design da urloE-tron GT avrà lo stesso circuito di ricarica studiato da Porsche per sfruttare correnti a 800 Volt

realtà di un concept, anche se come già

visto con il modello SUV, le cose non do-

vrebbero cambiare molto da qui al mo-

dello di produzione. L’autonomia per ora

è data per 400 km circa, grazie ad una

batteria da “più di 90 kWh”, il che ha la-

sciato intendere che potrebbe essere da

95 kWh, o anche di più se nel frattempo

dovessero arrivare sul mercato celle al

litio con densità energetica maggiore. La

ricarica sarà velocissima, con colonnine

adeguate, fino ad arrivare a soli 20 mi-

nuti per raggiungere l’80% di autonomia,

molto probabilmente sfruttando lo stesso

network Porsche. Anche da colonnine

normali le prestazioni saranno comun-

que di ottimo livello, sfruttando la presa

CCS Combo fino a 150 kW, potenza che

resterebbe lineare fino al 70%. Come op-

tional si potrà richiedere lo sportellino di

ricarica da entrambi i lati della vettura, e

dalle prime informazioni circolate sembra

potrà esserci anche la ricarica wireless a

richiesta. L’auto misura 4.96 metri di lun-

ghezza per 1.96 di larghezza, gommata

con peneumatici da 22”, 285/30. I moto-

ri elettrici sono 2, sui due assi, per una

potenza totale di 434 kW. Si tratta quindi

di una vettura AWD, con accelerazione

da 0 a 100 in circa 3.5 secondi e velo-

cità massima autolimitata di 240 Km/h.

Infine la capacità di carico, con 450 litri

nel bagagliaio, e grazie alla piattaforma

dedicata all’elettrico, 100 litri anche nel

cofano anteriore. L’appuntamento ora è

per i saloni europei.

Le auto Tesla superano il miliardo e mezzo di km in Autopilot. La guida autonoma è vicinaGrazie ai dati raccolti per le strade del mondo il sistema potrebbe diventare totalmente autonomo entro la fine del 2019 di M. ZOCCHI

Oltre 1 miliardo e 600 milioni di chilometri sono quelli percorsi, dal 2015 a oggi, dalle auto elettriche Tesla nel mondo con l’Autopilot at-tivato, come ha reso noto la casa di Fremont. Le auto Tesla attual-mente in circolazione nel mondo sono circa 500.000, e hanno sulle ruote oltre 16 miliardi di chilometri percorsi; di questi, circa un deci-mo sono appunto quelli percorsi con il sistema Autopilot attivato. Grazie all’interconnessione in tempo reale con la casa madre di tutte le auto circolanti, Tesla ha potuto così raccogliere (in forma anonima) una enorme quantità di dati da tutti i sensori e telecamere installate su Model S, Model X e anche Model 3. Tutti questi dati vengono utilizzati per migliorare sempre più il sistema Autopilot che attualmente è molto vicino alla guida autonoma di livello 3. Questo traguardo, per gli USA del “miliardo di miglia percorse”, era stato a suo tempo dichiarato dallo stesso Elon Musk come il target da raggiungere per far passare l’Autopilot da versione Beta al rilascio ufficiale. Grazie al miglio-ramento continuo, Tesla prevede di portare il suo sistema al livello di guida totalmente autonoma entro la fine del 2019. L’enorme database di immagini e telemetrie poi vengono elaborate per istruire l’intelligenza artificiale della rete neurale di quello che è oggi, sen-za ombra di dubbio, il sistema di guida autonoma più popolare e utilizzato al mondo.

di Massimiliano ZOCCHI

I l web si sa, è pieno di sorprese, come il

progetto della esuberante fat bike che

abbiamo scovato. Si chiama Zebra, o

meglio Zebra FFB, dove l’acronimo sta

per Freaky Fat Bike, perché il suo stesso

creatore ammette che è in qualche modo

“mostruosa”, ma con l’accezione positiva

del termine. Zebra è opera di Guillaume Bout, un designer francese che ama ci-

mentarsi con le bici strane o sportive.

Lo stesso artista è tra l’altro onesto, am-

mettendo in più occasioni di aver preso

delle scelte basandosi esclusivamente

sulla linea, e non su studi sulla struttura, la

resistenza dei materiali o l’eventuale resa

BICI ELETTRICA Per ora esiste solo nei rendering di Guillaume Bout. E se qualcuno la producesse?

Zebra, la Fat Bike dallo stile incredibile, ma è un rendering“Ideata” nel 2016, Zebra ha diversi tratti che potrebbero essere utilizzati anche per una eBike

in utilizzo reale. Già perché

Zebra, in realtà, non esiste

(almeno non esiste ancora)

ma è solo un progetto sulla

carta, o meglio su display.

La realizzazione iniziale in-

oltre risale al 2016, rispolv-

erata dato il grande suc-

cesso delle MTB e eMTB

attuale. Zebra infatti ha

diversi tratti che potrebbero

benissimo essere utilizzati anche per una

eBike, soprattutto nel blocco del movi-

mento centrale, che già in questo design

di partenza sembra alloggiare un motore

elettrico compatto. Le geometrie sareb-

bero sicuramente da rivedere, così come

la meccanica dell’ammortizzatore posteri-

ore (anche se Bout dice che è di ispirazi-

one Nicolai), ma in generale l’insieme

funziona. E se qualcuno decidesse di

metterla davvero in produzione?

SHHH. È ARRIVATALA PRIMA JAGUARCOMPLETAMENTEELETTRICA.

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Autonomia di 470 km*. Ricarica fino all’80% in 40 minuti**. Design rivoluzionario e aerodinamico. Trazione integrale AWD.

400 CV per raggiungere i 100 km/h in 4,8 secondi. Zero emissioni. Elettrica, ma Jaguar al 100%.

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WLTP Consumi fino a 21,2 kWh/100km. WLTP Autonomia fino a 470 km. *I dati relativi all’autonomia sono calcolati su modelli di serie su un percorso standardizzato. L’autonomia massima può variare a seconda delle condizioni del veicolo, della batteria e della strada, e può essere influenzata dalle variabili ambientali e dallo stile di guida. **Usando colonnine di ricarica rapida da 100kW. I tempi di carica effettivi possono variare a seconda delle condizioni ambientali e delle caratteristiche dell’infrastruttura di carica.

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MAGAZINEn.22 / 183 DICEMBRE 2018

di Massimiliano ZOCCHI

N on è più una novità che le piatta-

forme di crowdfunding siano terre-

no fertile per progetti di successo,

ma a volte ce ne sono alcuni che vanno

oltre questa definizione. È il caso di Car-

bo, quella che i suoi creatori canadesi

definiscono come la eBike pieghevole

più leggera al mondo. Chi l’ha provata

conferma in pieno le sensazioni positi-

ve e la qualità costruttiva del prodotto,

tanto che dopo che la voce si è sparsa,

la campagna su Indiegogo ha iniziato a

macinare numeri notevoli, arrivando ad

ottenere 694.340 dollari di fondi, equiva-

lenti al 1388% della goal line inizialmen-

te prefissata. Se state valutando di farci

un pensierino, alla fine della campagna

Carbo salirà di prezzo e l’attesa sarà più

lunga, dato che i backers avranno diritto

di precedenza, con consegne previste

per aprile 2019. Carbo è la tipica mini

BICI ELETTRICA Carbo è una eBike pieghevole e leggerissima che sta spopolando su Indiegogo

Carbo, la eBike pieghevole, è un successoIl suo punto forte è l’estrema leggerezza, grazie al telaio in fibra di carbonio: peso totale 12.9 Kg

bici da città, che si ripiega con meccani-

smi del tutto simile ad altri prodotti della

stessa categoria. Il suo punto forte però

è l’estrema leggerezza, grazie al telaio

in fibra di carbonio, con peso totale di

12.9 Kg. Carbo è anche progettata con

cura, con tutti i componenti facili da

smontare per essere riparati o sostituiti.

Inoltre è possibile

scegliere tra di-

versi modelli in

base alle proprie

esigenze. Si par-

te dal modello

base definito Mo-

del C, che preve-

de un rapporto

fisso a catena,

dal costo di 1.049

euro. Si passa poi alla versione mul-

ti-speed, chiamata appunto Model S,

che per 1.136 euro aggiunge il cambio

a 7 velocità con componenti Shimano.

Infine, per una manutenzione ridotta al

minimo, è possibile acquistare Model X,

con trasmissione a cinghia. Costo 1.486

euro. Completano la dotazione, freni a

disco, display smart con connettività

Bluetooth, sella con luce posteriore, e

la batteria a scomparsa integrata nel

tubo sella. Le opzioni possibile poi sono

molte, da una seconda batteria, a quella

ridotta trasportabile anche in aereo, fino

all’integrazione nel tubo principale del

telaio, oltre ad una borsa da trasporto

apposita. Per chi fosse interessato è

possibile visionare il tutto sulla pagina dedicata.

di Massimiliano ZOCCHI

I n alcuni Stati Europei il bollo auto viene

calcolato diversamente dal meccani-

smo utilizzato in Italia. Anziché sulla

potenza del veicolo, si basa sulle emis-

sioni e i consumi di una vettura, dichia-

rati in fase di omologazione. Il Ministro

dell’Ambiente Sergio Costa sembra si

sia lasciato sfuggire che la sua idea per

il futuro sia proprio questa. Chi inquina di

più pagherebbe di più quindi, anche se

per ora nulla di ufficiale. Le indiscrezioni

sono partite in occasione dell’incontro

per il piano di miglioramento dell’aria nel-

la nostra Capitale. A gennaio 2019 partirà

TRASPORTI L’effetto sulle tariffe sarebbe una sorta di bonus-malus come per le assicurazioni

Ministro Costa: bollo auto, più inquini più paghiSpunta l’ipotesi alternativa di tassare i carburanti, anche se per ora nulla di ufficiale

il blocco dei diesel Euro 3

a Roma, proprio come già

avvenuto in altre località

del nord. Il nuovo bollo po-

trebbe vedere la luce già

nel 2019, ed essere appun-

to basato sulle emissioni di

CO2 delle varie motorizza-

zioni. In questo modo però

si penalizzerebbe chi usa

poco l’auto, e non è detto

che quindi possa inquinare di più rispetto

a chi ha un mezzo più nuovo ma molto

più utilizzato. Spunta quindi nuovamente

l’ipotesi di trasferire la tassa sulle accise

dei carburanti. In questo modo ogni auto-

mobilista non dovrebbe più pagare una

tassa annuale, ma pagherebbe semplice-

mente in base all’utilizzo, in una propor-

zione perfetta tra inquinamento prodotto

e accisa al rifornimento.

Volkswagen ha registrato le sigle da I.D.1 a I.D.9: via i nomi dei prototipi, 4 modelli ancora segretiVolkswagen ha registrato in Europa i nomi I.D. con numerazioni da 1 a 9. Saranno forse questi le sigle per la produzione di serie. C’è spazio per modelli non ancora presentati di M. ZOCCHIDopo le recenti dichiarazioni del CEO Herbert Diess sulla capacità produttiva del gruppo Volkswagen, arriva un’altra notizia originaria-mente lanciata dal sito VW Vortex. Sembra che Volkswagen abbia registrato in tutta Europa i marchi per le sue auto elettriche, da I.D.1 fino a I.D.9. Questo ovviamente suggerisce che una volta entrati in fase di produzione, i prototipi visti finora potrebbero perdere i loro caratteristici nomi in favore di una nomenclatura più semplice. Addio quindi a CROZZ, BUZZ e VIZZION. L’unica vettura che manterrebbe il nome è la compatta simile alla Golf, da sempre conosciuta sem-plicemente come I.D. La quantità di nomi registrati suggerisce anche che potrebbe esserci spazio per altri veicoli non ancora presentati e forse già pronti in qualche cassetto nella sede Volkswagen. Le vetture infatti finora sono quattro, con la riedizione dell’iconico pulmino de-clinata in due configurazioni.Al momento non ci sono notizie su una eventuale registrazione dei marchi anche negli Stati Uniti, la-sciando aperta la strada a possibili diversificazioni.

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MAGAZINEn.22 / 183 DICEMBRE 2018

di Massimiliano ZOCCHI

D opo diversi anni sul mercato, la

Renault Zoe continua ad essere

una delle auto elettriche di mag-

gior successo. Ottimi risultati cavalcati

dalla casa francese il più possibile, dap-

prima con la nuova batteria con autono-

mia raddoppiata (qui la nostra prova), e poi con una manciata di versioni spe-

ciali, edizioni limitate o più equipaggia-

te, senza andare in realtà a modificare

molto. Squadra che vince non si cambia,

si dice. Avremo la possibilità di guidare

e testare a dovere l’ultima versione del-

la compatta elettrica, denominata Zoe

R110. Dopo i primi chilometri percorsi

possiamo fare una prima valutazione.

La nuova sigla non indica solo nuovi

AUTO ELETTRICA Prima valutazione dell’ultima versione della compatta elettrica Zoe R110

Renault Zoe R110: con un nuovo motore e un nuovo colore sembra un’altra autoOltre a un nuovo colore, porta in dote un motore più brillante, con potenza che sale a 80 kW

colori e finiture,

ma soprattutto un

nuovo motore, con

potenza che sale

a 80 kW, 12 in più

del precedente.

E ovviamente si

sentono, soprat-

tutto nello spunto

iniziale dove la

già scattante Zoe

sembra ancora più rapida e leggera.

Nessuna sorpresa per l’autonomia,

sempre attestata a 400 km massimo,

ma più realisticamente circa 300. Ap-

pena iniziata la nostra prova, al 100% di

carica il cruscotto indicava 375 km, che

come sempre a seconda della velocità

e delle accelerazioni calano più o meno

velocemente. In ogni caso il nuovo mo-

tore nonostante la potenza maggiore

non sembra avere consumi più alti.

La nuova Zoe si distingue soprattutto

per il colore appena introdotto, un viola

mirtillo che la caratterizza molto ma che

non appare esagerato. Sfumature viola

riprese anche nei dettagli degli interni,

rigorosamente scuri e all’apparenza più

eleganti nelle finiture, grazie anche ad

accorgimenti come il tessuto su parte

delle portiere. Comoda l’aggiunta per

gli occupanti dei sedili posteriori del

poggiatesta centrale. Resta invece

optional il bracciolo portaoggetti tra i

sedili anteriori. Infine un dettaglio sul

nuovo R-Link, ora compatibile anche

con Android Auto, ma purtroppo non

con Apple CarPlay. Non appena avre-

mo sviscerato tutti i particolari e l’avre-

mo messa alla frusta vi proporremo la

nostra prova completa.

500 elettrica, pronta la versione Barchetta, modificata e migliorataGianfranco Pizzuto, noto imprenditore del mondo delle auto elettriche, è pronto a lanciare un altro progetto della sua Scuderia-E: la versione Barchetta della Fiat 500 elettrica

di M. Z.

Avevamo già parlato di Gianfran-co Pizzuto e della sua nuova av-ventura, Scuderia-E. Pizzuto è un imprenditore di lungo corso nel mondo dell’automotive, in parti-colare per quanto riguarda le auto elettriche. Dopo la bella ma sfortu-nata parentesi con Fisker Karma, ha deciso di fare ciò che mamma Fiat non voleva fare: importare le 500e americane, modificarle, mi-gliorarle, e rivenderle ai clienti ita-liani e europei. Ora questo proget-to sta per arricchirsi di un nuovo tassello, misto tra storia, design, e un pizzico di follia. Scuderia-E vuo-le presentare a un evento a Mon-tecarlo la versione Barchetta della 500 elettrica. L’immagine per ora è solo un rendering, ma il risultato fi-nale non dovrebbe differire molto. Sulla Barchetta verrà fatto lo stes-so tipo di lavoro che Scuderia-E già ha fatto sulle versioni standard. La batteria verrà modificata per portarla a standard odierni, con 44 kWh di capacità per circa 300 km di autonomia reali, e la ricarica dal misero 6 kW in sola AC verrà potenziata con connettore CCS Combo fino a 100 kW in DC. La 500e Barchetta non sarà un’auto per tutti, ma nemmeno un sogno impossibile. Ne verranno prodotti 99 esemplari, con hard top in fibra di carbonio come optional, al prez-zo di 49.000 euro.

di M. Z.

C ’è una motorizzazione che si sta

facendo largo ancor più dell’elettri-

co puro, grazie alla sua versatilità:

l’ibrido plug-in. Le auto ibride ricaricabili

offrono i vantaggi dell’elettrico sulle trat-

te brevi, e l’autonomia del motore endo-

termico quando necessario. Per le auto

sportive invece il sistema plug-in può

essere sfruttato per aumentare le presta-

zioni, mantenendo un livello di emissioni

inquinanti più basso. il CEO di Lamborghi-

ni, Stefano Domenicali, durante un’intervi-

sta con Automotive News, ha confermato

che questo è proprio quello a cui sta pen-

sando la casa italiana.

Quindi non mere speculazioni, ma una

conferma ufficiale direttamente dal ma-

nagement che il futuro di Lamborghini è

con l’ibrido plug-in, in un primo momento

AUTO IBRIDA La prima ibrida, Aventador, in arrivo nel 2021, sarà seguita dalla Huracan

Lamborghini, in arrivo una Aventador ibrida plug-inLa conferma arriva dal CEO: le ibride ricaricabili sono il prossimo futuro di Lamborghini

con la nuova Aventador,

in arrivo nel 2021, segui-

ta poi dalla Huracan.

“Probabilmente ini-zieremo nel 2021, con la nuova Aventa-dor che aggiungerà un motore elettrico al V-12. La stessa cosa accadrà alla famiglia dei V-10, dalla Huracan in poi. Un modello plug-in è l’unico modo per mantenere le performance e il suono del motore Lamborghini ed anche abbassare le emissioni” Stefano Domenicali, CEONon si tratta della prima occasione in cui

si parla dei motori PHEV in casa Lambor-

ghini. Anche con la Urus, il primo SUV

della casa, è stato chiaro fin da subito

che i piani per una versione plug-in erano

già stabiliti.” Significa quindi che tutte le

vetture Lamborghini diventeranno ibride?

Difficile dirlo al momento, ma con i limiti di

emissioni che diventano ogni anno sem-

pre più restrittivi, la probabilità è effetti-

vamente alta, pena il rischio di non poter

omologare le vetture in alcuni Paesi.

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MAGAZINEn.22 / 183 DICEMBRE 2018

di M. ZOCCHI

N egli ultimi anni qualcuno era arri-

vato a definirlo il re dell’automo-

tive moderno, grazie ai grandi

risultati ottenuti, che hanno portato

l’alleanza Renault-Nissan ad essere il

primo gruppo al mondo, e al colpaccio

dell’acquisizione di Mitsubishi Motors.

Ora però il successo di Carlos Ghosn

sembra destinato a precipitare a causa

di gravi accuse da parte delle autorità

giapponesi.

Sembra che il manager di origini brasi-

liane, presidente dell’alleanza e anche

amministratore delegato, sia sotto ar-

resto dopo una indagine alla quale la

stessa Nissan sta collaborando. A Gho-

sn vengono imputate false dichiarazio-

ni circa i suoi compensi, oltre a una non

meglio precisata “cattiva condotta”, di

cui lo accusa Nissan stessa. Nei guai

AUTO ELETTRICA Le autorità nipponiche gli contestano false dichiarazioni sui suoi compensi

Colpo di scena in Giappone: arrestato Ghosn, Presidente di Renault-NissanNissan lo accusa di aver utilizzato risorse aziendali per scopi personali e di “cattiva condotta”

è finito anche Greg

Kelly, un altro mana-

ger del gruppo.

Secondo le prime

notizie circolate dal-

le agenzie di stampa

giapponesi, Ghosn

avrebbe “segnalato

gli importi del com-

penso sui titoli azio-

nari alla Borsa di To-

kyo in una quantità inferiore all’importo

effettivo, al fine di ridurre l’ammontare

totale divulgato sulla remunerazione”.

Fatti quindi che non coinvolgono le

case costruttrici di cui è al comando,

se non che, da un’indagine interna di

Nissan, è emerso anche che il mana-

ger avrebbe utilizzato risorse aziendali

per scopi personali, oltre a cattiva con-

dotta in diverse circostanze. Il gruppo,

che lo scorso anno aveva superato

Volkswagen per volume d’affari, ora

piomba in una improvvisa crisi, tanto

che in borsa è subito calato di diversi

punti, oltre il 12%. Carlos Ghosn, come

prevedibile, rischia anche il posto:

avrebbe lasciato la guida nel 2022, ma

pare che dal Giappone sia già arrivata

una richiesta ufficiale per il suo licen-

ziamento in tronco.

di M. ZOCCHI

Sono tante le aziende che stanno

sviluppando tecnologie per realiz-

zare batterie allo stato solido. Ci

sono esperti del settore come LG Chem,

outsider come Dyson (che le vuole usare

sia per aspirapolveri sia per automobili),

ma ancora nessuno ha annunciato di es-

sere pronto alla produzione di massa.

Una startup cinese ha rotto gli indugi,

dichiarando di aver aperto la prima

linea di produzione, che porterà ad una

produzione su larga scala. Si tratta di

Qing Tao Energy Development Co, una

BATTERIE La rivoluzione delle batterie allo stato solido non sembra essere più così lontana

Batterie allo stato solido, in Cina una start-up è già pronta alla produzione su larga scalaUna startup cinese avrebbe aperto la prima linea di produzione investendo 144 milioni di dollari

spinn off dell’Università

di Tsinghua, forse la

migliore nel panorama

tecnologico cinese. La

linea di produzione si

troverebbe nella città di

Kunshan, nell’est della

Cina ed è stata realizzata

con un investimento pari

a 144 milioni di dollari.

Nell’esempio qui sotto

riportato (non si tratta di una batteria per

il settore automotive) si comprende per-

ché le batterie allo stato solido siano così

importanti. La sostituzione degli elettroli-

ti liquidi con quelli solidi porta

con sé due vantaggi fonda-

mentali. Il primo è la riduzione

della pericolosità e il secondo

è la riduzione dello spazio

necessario, aumentando

quindi la densità energetica.

Nan Cewen, a capo di Qing

Tao, ha affermato che la loro batteria

raggiunge una densità energetica di 400

Wh/kg, un ottimo valore rispetto ai 250

Wh/kg delle celle al litio più moderne.

Il problema da superare resta ancora la

produzione di massa, dato che la linea

inaugurata è in grado di fornire circa 100

MWh all’anno, che corrisponderebbe a

sole 2.000 automobili elettriche ad am-

pia autonomia. Senza economie di scala

inoltre il prezzo potrebbe restare a lungo

poco competitivo.

Nissan annulla il lancio di Leaf e-Plus: i problemi di Carlos Ghosn mettono in crisi il progettoA soli due giorni dagli eventi di lancio programmati, Nissan ha annullato la presentazione della Leaf ad alte prestazioni. Prima bisogna risolvere i guai interni di M. Zocchi

Dopo il lancio, circa un anno fa, della nuova Leaf con design rinno-vato e batteria da 40 kWh, era atte-sa la presentazione del modello ad alte prestazioni Leaf e-Plus, la cui principale caratteristica sarebbe la batteria da 60 kWh, per pareggiare la concorrenza, e la gestione termi-ca dell’accumulatore, correggen-do un errore di progettazione del modello base. Nissan ha annullato gli eventi che erano in program-ma il 28 novembre a Yokohama e Amsterdam, senza indicare una probabile nuova data. La decisione è strettamente correlata con i pro-blemi legali del boss dell’alleanza Nissan-Renault, Carlos Ghosn, re-centemente arrestato e sotto il fuo-co incrociato dei consigli di ammi-nistrazione delle aziende coinvolte. Nissan non vuole che un annuncio comunque ritenuto importante sia offuscato da questioni puramente amministrative e non tecniche. Ol-tre a questo è stato reso noto che i membri dell’alleanza avranno un incontro per decidere come muo-versi in un prossimo futuro. Questo perché Ghosn è stato rimosso dai suoi incarichi in Nissan e Mitsu-bishi, mentre pare che Renault abbia per il momento rimandato la decisione, generando confusione tra gli alleati. Bisogna inoltre con-siderare che Ghosn è visto quasi come un padre per la Nissan Leaf. Quanto si dovrà dunque attendere per vedere la Leaf da 60 kWh? Re-sterà comunque un prodotto desti-nato ad arrivare nel 2019?

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MAGAZINEn.22 / 183 DICEMBRE 2018

di Massimiliano ZOCCHI

Anche su DMove vi abbiamo se-

gnalato i problemi di alcune Tesla Model 3 dopo il recente calo delle

temperature nel Nord America. In alcuni

casi le maniglie si congelano, così come

i finestrini, impedendo l’accesso in auto.

Per questi ed altri motivi Tesla sta pre-

parando l’ennesimo aggiornamento

software che risolverà alcuni intoppi per

i clienti e renderà più confortevole salire

in auto la mattina. Sono diverse le novità

che potrebbero arrivare, tramite il mecca-

nismo dell’aggiornamento OTA, a partire

da un nuovo sistema di precondiziona-

AUTO ELETTRICA Sono diverse le novità che potrebbero arrivare tramite aggiornamento OTA

Tesla si prepara all’inverno: l’aggiornamento software con nuove funzioni di riscaldamentoDopo i problemi segnalati a causa del tempo rigido, Tesla prepara diverse nuove opzioni

mento della batteria, così da farla

rendere al meglio anche nei climi

più rigidi, anche durante la ricarica.

Rispondendo ai messaggi dei fan

su Twitter, Elon Musk ha confermato

che arriverà anche la possibilità di

preriscaldare i sedili tramite l’app per

smartphone. Anche l’esperto redat-

tore di electrek.co, Fred Lambert, ha

provato a dare un suggerimento al CEO,

chiedendo un comando da app per dire-

zionare l’aria calda sui finestrini, per scon-

giurare il blocco della portiera. Non è raro

che Musk risponda direttamente, come in

questo caso, anche se si è limitato a con-

siderarla una “buona idea”, senza con-

fermarne l’arrivo. Resta da sottolineare

il cambio di paradigma introdotto ormai

anni fa da Tesla, con la possibilità di mo-

dificare le prestazioni del veicolo tramite

aggiornamenti software. Ancora nessuna

casa ha raggiunto questo livello di elasti-

cità, e i problemi risolti da Tesla tramite

questa pratica non si contano più.

di Massimiliano ZOCCHI

Con un evento dedicato nella el-

egante cornice di Londra, Jaguar

Land Rover ha presentato la nuo-

va Range Rover Evoque. Pur mantenen-

do il carattere del vecchio modello, lo

stile e la dotazione migliorano, segno di

una maturità completa per una vettura

da sempre molto amata (e premiata).

La Range Rover Evoque diventa anche

eco-chic, con un occhio di riguardo per

la sostenibilità. Per la prima volta è pro-

gettata per l’elettrificazione, con la ver-

sione mild hybrid già disponibile, e con

l’annuncio inatteso che una variante

ibrida plug-in arriverà entro 12 mesi, nel

2019. L’unità elettrica scelta per il mild

hybrid è quella a 48 volt, con batteria

posta sotto il pianale per immagazzina-

re l’energia dissipata nelle decelerazio-

ni. Oltre a questo dettaglio, a velocità

inferiori a 17 km/h, quando il conducen-

te frena, il motore si spegne per mini-

mizzare le emissioni. Ma la sostenibilità

parte ancor prima, dalla fabbrica. JLR

ha lavorato per ridurre drasticamente

le emissioni di diossido di carbonio, fino

ab abbassarle del 46% rispetto ai livelli

misurati nel 2007. L’attenzione all’am-

AUTO IBRIDA Jaguar Land Rover ha presentato la nuova Evoque. Debutterà anche la plug-in

Range Rover Evoque, sempre più tecnologia e sostenibilità. Evoque PHEV arriverà nel 2019Cresce la dotazione tecnologica e l’attenzione alla sostenibilità. Nel 2019 arriverà anche il modello PHEV

biente è sottolineata anche dai materia-

li utilizzati per Evoque, in cui possiamo

trovare fino a 33 kg di materiali naturali

o riciclati. Anche la dotazione tecnologi-

ca migliora, come nel caso del Ground

View, che rende il cofano invisibile, o lo

specchio retrovisore che integra un di-

splay HD nel quale vengono visualizza-

te le riprese della videocamera poste-

riore. L’infotainment migliora, con tutte

le novità del sistema di bordo introdotte

nelle auto più recenti del gruppo, oltre

all’integrazione di Apple Car Play e An-

droid Auto. In Italia è già possibile ordin-

are la nuova Evoque, inizialmente solo

in versione quattro ruote motrici, con

prezzi a partire da 44.500 euro.

Per un modello in cui il motore elettrico

ha un ruolo più consistente dovremo at-

tendere il 2019, quando arriverà anche

il modello PHEV, ovvero ibrida ricarica-

bile. Da un’infografica diffusa dalla casa

scopriamo che la batteria di trazione

sarà da 11.3 kWh, un valore discreto

ma che nel 2018 appare un po’ sotto

le aspettative. L’autonomia in modalità

solo elettrica non è ancora nota, ma dif-

ficile che possa andare oltre i 40-50 km.

Evoque PHEV comunque sarà a tutti gli

effetti una all-wheel-drive, grazie a posi-

zionamento dei due motori sui due assi.

Ecco le caratteristiche:

- batteria 11.3 kWh

- all-wheel-drive

- motore anteriore: 1.5 L, 3 cilindri ben-

zina da 147 kW

- motore posteriore: elettrico da 80 kW

e 260 Nm di coppia

Ecco Everus VE-1, l’elettrica di Honda che costa solo 25.000 dollariHonda, insieme al partner GAC, ha presentato in Cina una elettrica con discreta autonomia e prezzo super, grazie agli incentivi di M. Zocchi

Da tempo Honda ha siglato una partnership con GAC per pro-durre auto in Cina, e cavalcare la grande richiesta di veicoli elet-trici. Proprio a questa categoria appartiene l’auto appena presen-tata al Ghangzhou Auto Show, Everus VE-1.Si tratta di un crossover dalle dimensioni simile alla Honda HR-V, piuttosto nota alle nostre latitudini, e con un prezzo deci-samente aggressivo, l’equivalen-te di 25.000 dollari. Abbastanza conveniente considerando che si tratta di una vettura elettrica, anche se è giusto dire che in par-te il prezzo è ribassato grazie ai forti incentivi del Governo cinese che stanno spingendo fortissimo le vendite di auto elettriche. Sul fronte tecnico, Everus VE-1 ha una batteria da 53.6 kWh, una capacità a metà strada tra i vec-chi modelli e le top di gamma attuali con circa 60 kWh, che gli permette di percorrere fino a 340 km per singola carica. Il motore ha una potenza di 120 kW e una coppia di 280 Nm. La produzio-ne dovrebbe partire entro la fine dell’anno ma non ci sono notizia circa una possibile commercializ-zazione anche in occidente.”

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MAGAZINEn.22 / 183 DICEMBRE 2018

di Massimiliano ZOCCHI

Anche Kia rispetta le promesse, e

dal Salone di Los Angeles presenta

la nuova Soul, declinata come il

modello precedente anche in versione

100% elettrica come Soul EVi. La vettura

mantiene il tipico design, strano ma origi-

nale, ma cresce sotto tutti gli altri punti

di vista, sia come autonomia sia come

tecnologia a bordo.

La nuova Soul è targata MY2020, quindi

le vendite dovrebbero iniziare per la fine

del 2019 e per questo motivo è ufficial-

mente un prototipo. Per la stessa ragio-

ne non gode ancora dei dati omologativi

sulla percorrenza per singola carica, ma

è facile ipotizzare che possa arrivare a

circa 500 Km. Questo perché è equipag-

giata con la stessa batteria da 64 kWh

che già abbiamo visto su Kia Niro EV e

su Hyundai Kona EV (qui la nostra pro-va), con i medesimi risultati.

Altra importante novità è l’abbandono

dello standard di ricarica asiatico, il CHA-

deMO, a vantaggio del Combo CCS,

che permetterà a Soul di raggiungere

potenze di ricarica più elevati e sfruttare

AUTO ELETTRICA Dal Salone di Los Angeles scopriamo anche la nuova Kia Soul EV

Nuova Kia Soul EV, batteria da 500 Km e guida assistita ai massimi livelliEredita la batteria da 64 kWh di Niro e Hyundai Kona. Le vendite dovrebbero iniziare per la fine del 2019

i nuovi network europei e americani in

grande crescita. Kia ha deciso di puntare

forte anche sulla tecnologia a bordo. Tro-

viamo un display da 10.2” touchscreen,

compatibile anche con Apple CarPlay

e Android Auto, oltre a sistemi audio di

buon livello, con il migliore allestimento

che dovrebbe avere un impianto Har-

man/Kardon con 10 speaker a amplifica-

tore dedicato, oltre alla ricarica wireless

per smartphone e sedili riscaldabili.

Anche le tecnologie di guida assistita

sono più che complete. La lista di quello

che Kia Soul avrà in dotazione con il pac-

chetto completo è piuttosto lunga:

- Traction control

- Electronic stability control

- Hill-start assist control

- Monitor pressione gomme

- Allerta pedoni

- Advanced Driver-Assistance Systems

- Forward Collision Warning (FCW)

- Forward Collision-Avoidance Assist

(FCA)

- Lane Departure Warning (LDW)

- Lane Keeping Assist (LKA)

- Driver Attention Warning (DAW)

- Smart Cruise Control

- Blind Spot Collision Warning (BSW)

- Rear Cross-Traffic Collision Warning

Come anticipato la produzione partirà in

Corea il prossimo anno e il prezzo verrà

comunicato più avanti con l’avvicinarsi

della data di commercializzazione.

Rivian esce dall’ombra per stupire: R1S è il SUV elettrico a 7 posti anti-TeslaRivian è la sorpresa del Los Angles Auto Show, con un pick-up prima e un SUV poi, entrambi elettrici, spettacolari e dalle specifiche sbalorditive di Marco MIKHAIL

La start-up americana Rivian ha lanciato il SUV completamente elettrico destinato a competere a livello mondiale per prestazioni ed estetica. R1S può essere dotato di un pacco batterie da 105 kWh a 180 kWh che garantiscono un’au-tonomia di oltre 600 Km. R1S è un SUV a sette posti che a livello di misure può essere comparato alla Tesla Model X. Tecnicamente, il veicolo ricorda molto l’R1T, il pick-up a zero emis-sioni presentato da poco. Le due vetture, infatti, sono dotate di una piattaforma a skateboard sulle quali sono montati 4 motori elet-trici, ciascuno in grado di erogare una potenza di 147 kW. Inoltre, il veicolo può essere dotato di tre differenti pacchi batterie: da 105 kWh, 135 kWh e 180 kWh. Sia la versione SUV che quella pick-up potranno essere ricaricate a 160 kW nelle infrastrutture ultra fast e verranno equipaggiate con un ca-ricabatterie AC a bordo da 11 kW.Il SUV R1S, inoltre, avrà videoca-mera integrata, il radar, e un GPS accoppiato con mappe ad alta de-finizione. A livello di hardware, la vettura monta “Level 3”, il sistema che permette a chi guida di toglie-re le mani dal volante assicurando la corretta direzione della vettura.Rivian ha anche confermato il prezzo, dopo aver aperto i preor-dini: 72.500 dollari, con consegne previste nel 2020.

di A. SPIGNO

U n’automobile come fonte di ener-

gia? Con il nuovo progetto Nissan

Energy e una Nissan Leaf, è possi-

bile. Nissan ha presentato, infatti, un inno-

vativo progetto che permette ai possessori

di una Leaf non solo di ricaricare il battery

pack della propria vettura, ma anche di

immettere nella rete elettrica (Smart Grid)

l’energia in eccesso accumulata, permet-

tendo di alimentare la propria casa/ufficio

o, addirittura, di venderla nei momenti di

maggiore richiesta da parte dei distribu-

tori elettrici nazionali o locali: l’obiettivo

finale di questo progetto é quello di ri-

durre la domanda di energia elettrica

nei momenti di picco permettendo ai

singoli proprietari del mezzo di immettere

l’energia elettrica inutilizzata della Leaf

AUTO ELETTRICA Un progetto che consente di immettere l’energia elettrica inutilizzata nella rete elettrica

Con Nissan Energy, la Leaf diventa una fonte di energiaCon il progetto, Nissan punta a inserire la nuova generazione di Leaf all’interno delle Smart Grid

all’interno della rete elettrica. Altre Case

Automobilistiche giapponesi stanno lavo-

rando a qualcosa di simile, ma limitandosi

a qualche sporadico test. “Nissan Energy

permetterà ai nostri clienti di utilizzare le

auto elettriche non solo per guidare, ma

anche parte di molti altri aspetti della loro

vita” afferma il Vice Presidente Esecutivo

di Nissan, Daniele Schillaci. “Nella nostra

visione, vogliamo cambiare il modo in cui

le automobili sono integrate nella società

e Nissan Energy trasforma questa visio-

ne in realtà”. Nissan Energy verrà svilup-

pato, per ora, negli USA, in Germania e in

Giappone con tre progetti pilota. Durante

la presentazione negli USA, è stato mos-

trato un prototipo del sistema realizzato in

collaborazione con Fermata Energy, che

ha dimostrato come, in un contesto urba-

no, l’investimento nell’acquisto di questo

tipo di automobili può essere ammortiz-

zato con la vendita di energia elettrica

immessa nella Smart Grid: un software è

in grado di calcolare quanta energia liber-

are dal battery pack, riservando la giusta

parte che verrà, successivamente, utiliz-

zata per la guida della vettura. Nissan si

sta preoccupando che questo continuo

scambio di energia non influisca nega-

tivamente sul rendimento della batteria,

ma per ora non ci sono dati che rivelino

un degrado di questo tipo.

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MAGAZINEn.22 / 183 DICEMBRE 2018

di Massimiliano ZOCCHI

M ercato delle auto elettriche ed

ibride plug-in sempre in crescita

in Germania, dove in pratica ogni

mese vengono messe su strada il 50%

delle auto elettriche totali circolanti nel

nostro Paese, per un confronto decisa-

mente impietoso. Ottobre si è chiuso con

una crescita anno su anno del 6%, pari

a 5.386 immatricolazioni. Nel dettaglio,

3.390 messe in strada si riferiscono ad

auto completamente elettriche, mentre il

restante 1.996 riguarda le ibride plug-in,

altrimenti dette PHEV.

AUTO ELETTRICA Mercato delle auto elettriche e plug-in in crescita ad ottobre in Germania

Auto elettriche in Germania: la Golf elettrica comanda, Renault Zoe insegueLa regina locale, la eGolf, comanda la classifica delle più vendute, dietro la francese Zoe

di M. Z.

N elle cronache recenti Sono Mo-

tors ha fatto spesso parlare di sé,

per via del suo prototipo di auto

elettrica, la Sion, che ha un importante

dettaglio che la differenzia da tutte le al-

tre: la capacità di ricaricarsi con energia

solare.

L’auto infatti è ricoperta di pannelli foto-

voltaici su ogni superficie possibile, con-

sentendo così di guadagnare fino a 30

km al giorno di autonomia senza bisog-

no di ricarica. Per il resto è una normale

auto elettrica, con presa per la ricarica

alle colonnine, e normale batteria agli

ioni di litio. Proprio quest’ultimo compo-

nente però sta causando dei grattacapi

agli ingegneri di Sono, come risulta chi-

aro da una recente dichiarazione:

“La situazione è cambiata radical-mente: scandali emissioni, blocchi

AUTO ELETTRICA La startup tedesca annuncia che il costo delle batterie non è sceso come previsto

Sono Motors si scontra con la dura realtà: Sion, l’auto a energia solare, costerà più del previstoProprio la batteria agli ioni di litio della Sion sta causando dei grattacapi agli ingegneri di Sono

La continua crescita ha portato a un tota-

le, per i primi 10 mesi del 2018, di 55.527

auto elettrificate, che sfiorano il 2% di

share in Germania. Tra i modelli più ven-

duti ci sono sia auto 100% elettriche, sia

ibride, con la “classifica” dominata dalla

eGolf, la cui popolarità non accenna a

diminuire. Di seguito i numeri delle im-

matricolazioni:

• Volkswagen eGolf: 784

• Renault Zoe: 609

BMW 225xe Active Tourer: 504

• BMW i3: 426 (306 BEV e 120 REX)

• Smart fortwo electric drive: 402

Le grandi attese Jaguar I-Pace e Hy-

undai Kona Electric hanno invece to-

talizzato rispettivamente solo 22 e 78

immatricolazioni. Dall’inizio dell’anno le

protagoniste sono sempre eGolf e Zoe,

con la compatta francese che però è in

testa con 4.369 esemplari contro i 4.356

dell’elettrica di casa Volkswagen.

dei diesel e cambia-menti climatici, hanno enormemente aumen-tato la pressione su politici e case automo-bilistiche per puntare alla e-mobility. Questo ha portato ad un au-mento della domanda del mercato EV e anche al fatto che il prezzo delle celle al litio non è diminuito come atteso. Per questa ragione attendiamo un prezzo per la batteria della Sion di circa 9.500 euro”.In un primo momento la batteria da 35

kWh con cui la Sion dovrebbe essere eq-

uipaggiata sarebbe dovuta costare circa

4.000 euro, portando così il costo totale

della vettura a 20.000 euro. Questo au-

mento porterebbe quindi la vettura oltre

una certa soglia psicologica, precisa-

mente a 25.500 euro. A onor del vero

resterà sempre la possibilità di acquistare

solo la vettura, scegliendo la formula del

noleggio per la batteria, spendendo im-

mediatamente quindi solo 16.000 euro,

ma anche in questo caso Sono Motors

sarà probabilmente costretta a rivedere

le tariffe mensili al rialzo per coprire i

costi di produzione dei pacchi batteria.

Sempre ammesso che il costo finale

venga effettivamente confermato e

non subisca altri aumenti.

General Motors punta sull’elettrico ma dice addio alla Volt, la migliore ibrida di sempreParte una grande ristrutturazione all’interno di General Motors, con nuovi fondi direzionati all’elettrico e la chiusura di diversi stabilimenti. Si chiude la produzione della Volt di M. Z.

Nonostante il successo della Chevrolet Bolt (importata in pochi esemplari come Opel Ampera-e in Europa) le cose per General Motors non vanno come previsto e partirà nel breve periodo una ristrutturazione aziendale per ri-direzionare gli asset in maniera differente. Punto fermo di questa operazione è l’elettrico, con nuovi fondi a disposizione dello sviluppo dell’architettura elettrica di nuova generazione. Progetto su cui do-vrebbero essere basati diversi mo-delli futuri della casa americana, a partire da un crossover e probabil-mente anche da un SUV, segmenti sempre più rilevanti nel mercato globale. A fare le spese di questo cambio di tendenza sarà la Chevy Volt, auto dal discreto successo (negli Stati Uniti) e da molti consi-derata la migliore ibrida plug-in di sempre. L’auto fu importata anche in Europa nella sua prima versione, sia con marchio Chevrolet (che poi abbandonò il vecchio continente) sia con marchio Opel, come Am-pera. Il modello nuovo invece è rimasto un’esclusiva americana. Si tratta di una ibrida plug-in, ma con batteria discreta da 18.4 kWh, in cui il motore termico serve da grosso range extender, con la trazione che resta sempre relegata al mo-tore elettrico. Va da sé che l’auto-nomia in elettrico è sempre stata la migliore della categoria, dichiarata in 85 km, ma possibile anche sfio-rasse i 90. La produzione dovreb-be interrompersi a marzo 2019.

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MAGAZINEn.22 / 183 DICEMBRE 2018

di Massimiliano ZOCCHI

N ella prestigiosa location della

sede ACI di Milano, Waze ha

messo in mostra le ultime novità

della sua piattaforma di navigazione

social. Per chi non lo sapesse, Waze

unisce le funzionalità di un normale na-

vigatore satellitare, alla versatilità del-

le informazioni che arrivano in tempo

reale da tutti gli utenti e membri della

community. Non solo, chiunque può

anche proporre modifiche alla mappe

qualora riscontrasse un errore, così da

rendere disponibile a tutti l’eventuale

correzione.

Da pochi giorni Waze è ufficialmente

supportata anche all’interno di Apple

CarPlay, il sistema della casa di Cu-

pertino di mirroring per automotive.

Così è sufficiente collegare il proprio

iPhone con il cavo USB per ottenere

una versione ottimizzata di Waze sui

generosi schermi degli infotainment

odierni. In particolare abbiamo potuto

provare il sistema a bordo di vetture

Volkswagen, La Troc e la Polo GTI.

Non una collaborazione casuale per

questa serata speciale, in quanto

Volkswagen e Waze hanno appena si-

glato una collaborazione che porterà

puntatori del navigatore personalizzati

con le auto storiche del gruppo tede-

sco. Si parte con il primo Maggiolino,

disponibile da novembre 2018 per un

periodo di tempo limitato, al quale poi

seguiranno altri modelli come l’iconico

Bulli T1 e la Golf GTI. Gran parte dei

modelli Volkswagen offre già l’integra-

zione con Apple CarPlay (e anche An-

droid Auto) così da rendere possibile

l’utilizzo di Waze. Sulla più piccola Up!

invece c’è un comodo supporto per

utilizzare direttamente lo smartphone.

INFOTAINMENT Waze va alla grande ed ora è compatibile anche con Apple CarPlay

Waze, arriva l’integrazione Apple CarPlay e le icone personalizzate VolkswagenParte anche la collaborazione con Volkswagen per i puntatori con auto storiche del gruppo

Un’altra ottima novità che abbiamo

testato è l’introduzione del player

audio ufficiale di Waze. Direttamente

nell’app è possibile selezionare un

servizio musicale (non più solo Spotify)

e ascoltare i propri brani preferiti du-

rante la navigazione. Al momento non

è possibile richiamare la riproduzione

musicali con i comandi vocali, ma po-

trebbe essere un’aggiunta futura. Per

il resto resta il solito e versatile Waze,

ma ottimizzato per sfruttare il maggio-

re spazio a disposizione sui display di

bordo. Sono più semplici così anche

le segnalazioni di traffico bloccato o

modifiche alla viabilità, appunti che

vengono tutti verificati da una schiera

di volontari che mantiene sempre le

mappe corrette e aggiornate.

Abbiamo avuto anche la possibilità

di chiacchierare con alcuni di questi

“map editor”, che ci hanno spiegato

l’immane lavoro che c’è dietro la cor-

rezione delle mappe, il tutto fatto a

titolo completamente gratuito. Chiun-

que può effettuare una segnalazione,

ma spetta poi agli utenti più esperti

validare le modifiche, o indagare più a

fondo sulla questione, per evitare er-

rori che si rovescerebbero su tutti gli

utilizzatori. Ci sono addirittura diversi

livelli di “autorità” tra i volontari, fino

ad arrivare ai responsabili regionali o

anche nazionali. L’impatto di questo

servizio è stato evidente durante i re-

centi eventi di maltempo, situazione in

cui la community si è messa a servizio

della collettività. Secondo i dati forniti

da Waze, tra il 21 e il 30 ottobre 2018

c’è stato un notevole incremento del-

le segnalazioni sull’app, fino al +385%

fatto segnare dal Veneto, seguito dal-

la Liguria con +322%. Le tempestive

segnalazioni dei volontari Waze han-

no anche aiutato i mezzi di soccorso

a raggiungere le aree colpite. Esiste

anche la possibilità di consultare le

mappe live sulla pagina dedicata,

con le segnalazioni di strade chiu-

se, buche pericolose o tratti inagibi-

Canyon Neuron:ON, la eBike trail confortevole e potenteDopo la Spectral:ON, Canyon completa la gamma 2019 con Neuron:ON, una eMTB dedicata alle lunghe escursioni ma che non disdegna potenza e sportività di M. ZOCCHI

Canyon completa la gamma 2019 con la sorella minore della Spectral:ON, la Neuron:ON, più dedicata alle escursioni trail, puntando sul confort, anche grazie all’escursio-ne da 130 mm e ruote da 29”. Per la parte elettrica Canyon ha puntato sempre su Shimano e la serie Ste-ps E8000, con coppia da 70 Nm e batteria da 504 Wh. Per le taglie dalla M alla XL l’equipaggiamento prevede ruote da 29”, mentre i te-lai XS e S montano ruote da 27.5”. Grazie alla presa USB sul tubo prin-cipale si può collegare un faretto LED o caricare smartphone o GPS da escursione. La batteria è semi-integrata, consentendo la sostitu-zione rapida con una seconda uni-tà. Neuron:ON è disponibile in tre versioni. La 7.0 monta forcella Fox 34 Float Performance e ammortiz-zatore Fox DPS Performance, cam-bio Shimano XT 11 velocità e reg-gisella Fox Transfer Performance. Prezzo 4.299 euro. La versione 6.0 (anche in versione donna) monta sempre Fox, passando però alla forcella Float Rhythm, mentre per i freni si passa da Shimano XT a MT500. Prezzo 3.799 euro. Infine la Neuron:ON 5.0 (anche in versio-ne donna) per 3.299 euro monta sospensioni RockShox e freni Shi-mano MT500, mentre il reggisella è un Iridium Dropper Post.

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JAGUAR I-PACE 100% ELETTRICA

Autonomia di 470 km*. Ricarica fino all’80% in 40 minuti**. Design rivoluzionario e aerodinamico. Trazione integrale AWD.

400 CV per raggiungere i 100 km/h in 4,8 secondi. Zero emissioni. Elettrica, ma Jaguar al 100%.

jaguar.it

WLTP Consumi fino a 21,2 kWh/100km. WLTP Autonomia fino a 470 km. *I dati relativi all’autonomia sono calcolati su modelli di serie su un percorso standardizzato. L’autonomia massima può variare a seconda delle condizioni del veicolo, della batteria e della strada, e può essere influenzata dalle variabili ambientali e dallo stile di guida. **Usando colonnine di ricarica rapida da 100kW. I tempi di carica effettivi possono variare a seconda delle condizioni ambientali e delle caratteristiche dell’infrastruttura di carica.

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MAGAZINEn.22 / 183 DICEMBRE 2018

di Gianfranco GIARDINA

C ’è un’auto ibrida plug-in che è un po’ più plug-

in delle altre. Un veicolo che, molto più di altre

ibride, sa regalare le gioie della trazione pratica-

mente sempre elettrica, pur garantendo un’autonomia

che nessuna elettrica al momento si può permettere.

Si tratta del modello 2019 della Mitsubishi Outlander

PHEV, che abbiamo potuto toccare con mano e guida-

re in un test drive a spasso per la Franciacorta.

L’auto elettrica assistita da un motore termicoOutlander, già nelle versioni PHEV precedenti, ha ca-

povolto il paradigma dell’auto ibrida: non più un mo-

tore elettrico a supporto e compensazione di quello

endotermico, ma un motore endotermico che, se e

quando serve, dà una mano a quello elettrico, senza

partecipare quasi mai direttamente alla trazione. Infatti

l’Outlander PHEV si basa fondamentalmente su una

coppia di motori elettrici che possono però contare su

un pacco batterie ridotto rispetto ai mezzi esclusiva-

mente elettrici, poco sotto i 14 kWh.

A supporto della batteria arriva però il motore termico

da 2,4 litri a benzina in ciclo Atkinson (e quindi partico-

larmente efficiente) che, nella stragrande maggioran-

za dei casi, funziona solo da generatore per ricaricare

le batterie. Infatti, la trazione, fino alla velocità di 135

Km/h (quindi sempre, se si vuole rispettare il codice

della strada) è affidata ai due motori elettrici; il moto-

re termico si attiva o quando la carica della batteria

scende sotto un determinato livello o semplicemente

quando si richiede uno spunto particolarmente deciso

e la sola batteria potrebbe andare in difficoltà.

Solo alle più alte velocità, sopra i 135 km/h, almeno in

condizioni normali, il motore termico contribuisce di-

rettamente alla trazione (permettendo così il raggiun-

gimento della velocità massima di 175), il tutto senza

il cambio, neppure quello automatico. Praticamente

- per dirla con una grande semplificazione - è come

se il motore termico potesse innestarsi sulla trazione

REPORTAGE La versione 2019 della Mitsubishi Outlander PHEV sta per arrivare nei concessionari. La nostra prova in anteprima

Alla guida della Mitsubishi Outlander PHEV Il piacere dell’elettrico, l’autonomia del benzinaLa casa giapponese è riuscita a migliorare un progetto vincente, per un’ibrida plug-in che resta unica nel suo genere

solo “in quinta”: il motore elettrico porta il veicolo in

velocità e poi, solo allora, al numero di giri adeguato,

il motore termico viene innestato in parallelo a quel-

lo elettrico. Così si hanno tutti i vantaggi di un mezzo

elettrico senza averne i limiti.

Ovviamente si può decidere di ricaricare alla presa di

casa (circa 4 ore per il pieno) o alla colonnina (se è fast

25 minuti per un quasi pieno): sono disponibili infatti

sia una presa per l’alternata a bassa tensione che una

CHAdeMO per le colonnine fast. In questo modo, se i

percorsi sono limitati per esempio a un ambito cittadi-

no, è possibile circolare in puro elettrico e ricaricare

alla presa. Insomma, il benzinaio lo si va a trovare ogni

tanto per salutarlo, se è simpatico; altrimenti addio.

Le novità del modello 2019: motori, potenze, batterie

ed emissioni, tutto migliorato

La Mitsubishi Outlander è un SUV di successo che

non ha cambiato drasticamente il proprio design nel-

la nuova versione 2019: le novità sono nei dettagli,

come il musetto, il taglio dei fari anteriori, lo spoiler

posteriore e altri piccoli particolari. Per il resto, mi-

gliora la batteria - come dicevamo -, che cresce di un

1.8 KWh, ovverosia del 15%; cresce anche la potenza

del motore elettrico posteriore, che aggiunge 10 kW

arrivando a 95 CV mentre quello anteriore resta a 82

CV; il generatore migliora la propria erogazione mas-

sima di circa il 10% arrivando a 80 kW. E soprattutto

migliora l’efficienza del motore termico, malgrado il

passaggio da 2000 a 2400 di cilindrata. Il tutto fa sì

che la nuova Outlander riesce a rimanere sotto i 50 g

di CO2 al chilometro, attestandosi a 46. Questa carat-

teristica consente a questo mezzo, tra le altre cose, di

continuare a meritare l’accesso libero alle ZTL, per lo

meno nella maggior parte dei casi (non c’è uniformità

di comportamento da parte dei comuni). Anche per

questo, Mitsubishi si aspetta una grande crescita del-

segue a pagina 46

Mitsubishi Outlander PHEVLa prima guida

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Autonomia di 470 km*. Ricarica fino all’80% in 40 minuti**. Design rivoluzionario e aerodinamico. Trazione integrale AWD.

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MAGAZINEn.22 / 183 DICEMBRE 2018

le vendite dell’Outlander PHEV, che nei progetti, do-

vrebbero raddoppiare. E il declino del diesel iniziato

anche in Italia, come dimostrano i grafici presentati in

conferenza stampa, sembra anticipare questi eventi.

La prova di guida: il mix idealeLa Outlander PHEV è un SUV da due tonnellate, non

una super-sportiva. E il motore elettrico non fa im-

pennare la macchina, ed è giusto così. I 10.4 secondi

per lo 0-100, infatti, non ci raccontano di un bolide,

ma i consumi sono eccellenti: (andando con batte-

ria carica) abbiamo percorso molti chilometri consu-

mando 2 l/100km. Resta poi tutto il gusto della guida

elettrica. L’autista può scegliere se guidare in puro

elettrico (ma con un massimo di 50 km di autonomia)

o utilizzare anche il motore termico per mantenere

non intaccato il livello della batteria o addirittura per

ricaricarla strada facendo. Se andando si affonda pe-

santemente il pedale dell’acceleratore, anche il mo-

tore termico va su di giri: lo fa solo per garantire ai

motori elettrici un’erogazione di corrente sufficiente

all’accelerazione richiesta.

La Outlander si guida facilmente; lo sterzo è morbi-

dissimo e l’impressione è quella di guidare un mez-

zo molto più leggero e maneggevole di un SUV. Del

SUV invece resta il punto di vista rialzato e una certa

scarsa visibilità della parte bassa attorno al veicolo:

una mancanza che può essere mitigata dal kit di vi-

deocamere a 360 gradi in dotazione al miglior alle-

stimento. Ottima la dotazione di elettronica di bordo,

anche del modello di ingresso: c’è il cruise control

adattivo, che funziona molto bene, potendo contare

sulla continuità della trazione elettrica. Ottimo anche

il circuito di rigenerazione della batteria in rallenta-

mento e frenata: si può scegliere tra 5 livelli di rige-

nerazione, che si può cambiare al volo anche gui-

dando grazie a due leve al volante. Non manca poi

la segnalazione sugli specchietti laterali dei veicoli

nell’angolo cieco, la frenata automatica e il sistema

di segnalazione di un eventuale salto di corsia in-

volontario. Manca invece - su qualsiasi allestimento

- il navigatore in plancia, cosa apparentemente cu-

riosa: “Direi che si tratta di una tendenza in atto - ci

ha detto Moreno Seveso, direttore generale di Mit-

subishi Motors Italia -. Meglio usare le app presenti

nello smartphone, alle quali oramai siamo tutti più

abituati”. Infatti tutte le Outlander PHEV 2019 hanno

a bordo sia Apple Car Play che Android Auto: “Così,

oltre ad usare il navigatore, possiamo anche usare

WhatsApp, ovviamente nella sicurezza dell’interfac-

cia vocale”. Interessante l’app utilizzabile sul display

principale che riassume tutte le statistiche di guida,

con particolare attenzione ai fattori elettrici.

Mentre affrontiamo le curve dolci della Franciacorta,

capiamo che questo Outlander è un veicolo deci-

samente bilanciato: in uscita da varianti e tornanti,

riparte leggero, senza perdere la traiettoria: si capi-

sce che il baricentro resta basso, complici i pacchi

batteria, come se non si trattasse di un SUV da due

tonnellate. Ogni tanto, quando entra in funzione il

motore termico, può sorgere un minimo di stranimen-

to: si percepisce che il motore non gira precisamente

ai giri e ai regimi della trazione. Tutto fila alla grande,

compresa l’usabilità: senza indicazioni specifiche e

senza leggere le istruzioni, ci si orienta bene e ci si

trova a proprio agio sin da subito. L’unica cosa che

non ci entusiasma - come dicevamo - è la visibilità

limitata nella zona bassa attorno alla vettura, a causa

delle struttura rialzata del SUV: in manovra, è possi-

bile colpire inavvertitamente qualche ostacolo se alto

circa mezzo metro, evenienza tra l’altro accaduta a

una macchina impegnata nel test drive.

Il bagagliaio è generoso, anche se il piano di carico

alto limita in qualche modo la capienza; un sottovano

permette di avere spazio per il cavo di ricarica, visto

anche che il cofano anteriore è occupato dal motore

termico. Alla fine del viaggio viene anche il momento

di fare una ricarica alla colonnina: la Outlander dispo-

ne di due prese: una Tipo 1 per la corrente alternata e

una CHAdeMO per la carica rapida in corrente conti-

nua: tutto facile e indolore.

I prezzi: si parte da 50.000 euroLa nuova Outlander PHEV, il cui modello d’ingresso

(che pur è molto accessoriato) ha un listino appena

sotto i 50.000 euro, costa poco e costa molto allo

stesso tempo. Costa poco, perché è un SUV elettri-

co con la dotazione aggiuntiva di un motore endo-

termico che funziona quasi soltanto da generatore,

praticamente un unicum sul mercato; costa molto

perché, rimanendo su auto tradizionali, 50.000

euro di budget aprono possibilità di tutto rispetto.

Va riconosciuto a Mitsubishi lo sforzo di aver molto

migliorato il veicolo ritoccando il listino solo margi-

nalmente, circa 2.000 euro. Il modello migliore, che

aggiunge molti optional, arriva al massimo a 55.000

euro. I primi esemplari arriveranno alle concessiona-

rie nel prossimo mese di dicembre, mentre le prime

consegne ai clienti avverranno a gennaio, insieme a

una campagna pubblicitaria di lancio. Vi lasciamo a

una breve intervista con Moreno Seveso, D.G. di Mitsubishi Italia:

REPORTAGE

Alla guida della Mitsubishi Outlander PHEVsegue Da pagina 45

A sinistra la presa Tipo 1 per corrente alternata, a destra la CHAdeMO per ricariche fast DC

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Autonomia di 470 km*. Ricarica fino all’80% in 40 minuti**. Design rivoluzionario e aerodinamico. Trazione integrale AWD.

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