19-02-11 RASSEGNA STAMPA - Anacerprese agricole hanno introdotto cambiamenti (investimenti in nuo-vi...

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19-02-11 RASSEGNA STAMPA 19-02-09 NOTIZIE DA AGRA PRESS Riso italiano 19-02-11 CAMPI E STALLE NELL’ERA 4.0, COSI CAMBIA L’ITALIA VERDE Affari&Finanza 19-02-11 BIOMETANO, LA RISCOSSA DEL GAS VERDE. STESSE EMISSIONI DI UN’AUTO ELETTRICA Affari&Finanza 19-02-11 CHE CIBI SARA’? ECCO LA LISTA DEI BUONI E DEI CATTIVI Il Giornale

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19-02-11RASSEGNASTAMPA19-02-09NOTIZIEDAAGRAPRESSRisoitaliano19-02-11CAMPIESTALLENELL’ERA4.0,COSICAMBIAL’ITALIAVERDEAffari&Finanza19-02-11BIOMETANO,LARISCOSSADELGASVERDE.STESSEEMISSIONIDIUN’AUTOELETTRICAAffari&Finanza19-02-11CHECIBISARA’?ECCOLALISTADEIBUONIEDEICATTIVIIlGiornale

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19-02-09 BIOMETANO:GIANSANTI(CONFAGRI),BENEGAVASUNECESSITA'RISOLUZIONEPROBLEMIFILIERA1077-roma(agrapress)-“accogliamocongrandesoddisfazioneledichiarazionidelsottosegretarioall’ambientevanniaGAVA,chehaevidenziatoilruolostrategicodelbiometano,energiarinnovabile,pulita,programmabileeflessibilenellatransizioneenergeticadelpaese.riteniamodiestremaimportanzal’avermessoinprimopianolanecessita'diintervenireperrisolvereiproblemiriscontratiinsedeattuativadeldecretobiometano”,affermailpresidentediconfagricoltura,massimilianoGIANSANTI."occorre,comeindicatodalpresidentediconfagricolturanelcorsodelrecenteincontroconilsottosegretarioall’ambiente,superarelafasedistallochesie'venutaacrearesull’avviodelleiniziativeimprenditorialisullariconversioneabiometanodegliimpiantiabiogasesistenti,conl’obiettivodisviluppareeffettivamenteunaproduzionenazionaledabiomasseagricole”,spiegalaconfagricoltura.“leparoledelsottosegretarioGAVAdimostranononsololavolonta'dirisolvereiproblemitecnici,maanchel’impegnopersostenereconforzaquestafilieraenergeticastrategicaperleimpreseagricolecheguardanoall’innovazione,allabioeconomia,allasostenibilita'eall’economiacircolare”,haconclusoGIANSANTI.08:02:19/00:06RIPARTELACAMPAGNA"STOPCETA"1118-roma(agrapress)-ideputatisaraCUNIAL(m5s),silviaBENEDETTI(misto),stefanoFASSINA(leu)erossellaMURONI(leu),isenatorisaverioDEBONIS(misto),loredanaDEPETRIS(leu)eelenaFATTORI(m5s),l'europarlamentaredarioTAMBURRANO,stefanoMASINIdicoldiretti,alfonsoPECORAROSCANIOpresidentedellafondazioneuniverdeejacopoDIONISIOdeldipartimentoeconomicodellacgilhannotenuto,traglialtri,unaconferenzastampail4febbraioallacamerasu"stopttip,stopceta:ripartelacampagna"perchiedere,tral'altrodi"bocciarealpiu'prestoinparlamentolaratificadeltrattatodiliberalizzazionedegliscambitraeuropaecanada".maggioridettaglisuhttps://goo.gl/wa9VRh.08:02:19/17:10

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Ritaglio stampa ad uso esclusivo del destinatario, non riproducibile.

Data 11/02/2019

Pagina 24

Foglio 1

Ritaglio stampa ad uso esclusivo del destinatario, non riproducibile.

obot che riescono ad analizzare il latte men-tre la mucca è ancora sotto mungitura. Se

qualcosa non va, perché l’animale ha problemi di salute, il latte vie-ne subito dirottato in un conteni-tore apposito, senza finire nella ci-sterna di raccolta. Laboratori di ri-cerca dove nascono “nuove varie-tà” o si recuperano vecchi semi, come il riso Lido che era ormai scomparso perché attaccato dai funghi e ora, risanato e rinvigori-to, è molto richiesto dai giappone-si per i piatti di sushi. Canali con “paratoie intelligenti” e banco-mat dell’acqua e informazioni pre-cise agli agricoltori che via smart-phone o tablet sanno quando - nel tal giorno e alla tal ora – il frutteto o parte di esso debbono ricevere acqua. Aziende immense, con 6.500 ettari di buona terra, che so-no diventate un hub agro–indust-riale che con la collaborazione del ministero dell’Agricoltura si è pre-so l’’impegno di coinvolgere nella Precision Farming almeno il 10%

delle aziende agricole italiane.Basta percorrere poche decine

di chilometri, nelle campagne di Bologna e di Ferrara, per scoprire la Silicon Valley dell’Agricoltura 4.0. Quella nuova agricoltura che, come il “guerriero” di Pierangelo Bertoli, ha “un piede nel passato e lo sguardo dritto e aperto nel futu-ro”. Semi, terreno, acqua, alleva-mento, concimi, intelligenza artifi-ciale. Si studia tutto, in questa Sili-con Valley. Non a caso collegata ad atenei e centri di ricerca che com-pletano l’elenco dei protagonisti.

i protagonisti

Si va dalla Sis (Società italiana se-menti) di San Lazzaro di Savena, al-la stalla didattico sperimentale del-la facoltà di Veterinaria (ateneo di Bologna) a Ozzano, dall’Acqua Campus del Cer (Canale emiliano romagnolo) a Mezzolara di Budrio per arrivare all’hub agro-industria-le delle Bonifiche Ferraresi Spa a Jolanda di Savoia.

Ma quali sono gli obiettivi dell’AdP (Agricoltura di precisio-ne) e dell’Agricoltura 4.0 (evoluzio-ne dell’AdP in chiave digitale)? In-

cremento delle rese con minor im-piego di risorse, aumento di quali-tà, efficienza e competitività, mi-nor impatto sull’ambiente. Secon-do una ricerca di Nomisma, svolta da Denis Pantini e Stefano Baldi, negli ultimi tre anni il 76% delle im-prese agricole hanno introdotto cambiamenti (investimenti in nuo-vi impianti, macchinari e tecnolo-gie, nuove pratiche agronomiche).

sono le vacche a decidere

Cambiamenti che hanno rivoluzio-nato anche l’allevamento. Nella stalla sperimentale 4.0 del diparti-mento Scienze mediche veterina-rie di Ozzano (Università di Bolo-gna) le vacche non vengono più munte prima dell’alba e prima del tramonto – come prassi da secoli – ma scelgono loro quando presen-tarsi al robot di mungitura. «Come succedeva un tempo - racconta An-drea Formigoni, docente di nutri-zione e alimentazione animale – quando era la vacca a decidere l’al-lattamento del vitello. Nella nostra stalla la media è di 3 mungiture e ci sono mucche che si presentano più di quattro volte. L’analisi del

latte già nel corso della mungitura permette di controllare grasso, proteine, lattosio, urea, cellule so-matiche e l’eventuale presenza di sangue e– può essere seguita in di-retta, via smartphone, dall’alleva-tore, dal veterinario, dal nutrizioni-sta e dall’addetto alla stalla che un tempo era il bovaro o bergamino e che oggi è soprattutto un tecnico specializzato».

Un microfono al collo

A leggere l’elenco di strumenti ed analisi, sembra di essere in una su-per clinica per umani. Pesatura di-namica almeno due volte al gior-no, conducibilità elettrica del latte (per rilevare le mastiti), il sistema RuminAct per misurare il tempo di ruminazione ogni due ore, trami-te un microfono posto nella parte alta del collo. «Siamo stati in primi in Europa – dice il professor Formi-goni – a utilizzare questi sensori per controllare l’attività masticato-ria. Del resto, l’alimentazione è l’al-tro perno della nostra stalla speri-mentale. Facciamo analisi raffina-te sulla digeribilità dei foraggi e sul-la loro composizione e assicuria-Ec

onom

ia Uom

ini &

azi

ende

I numeri

Paolo Mannini direttore Canale Emiliano Romagnolo

Campi e stalle nell’era 4.0così cambia l’Italia VerdeCresce, esporta, crea occupazione. L’economia italiana frena, il settore agroalimentare cresce. La filieraha raggiunto nel 2018 i 200 miliardi di fatturato, di cui 140 miliardi attribuibili all’industria e 60 al primario. L’incidenza del settore sul Pil è oggi pari all’11%. Ed è forte anche il peso sul lavoro: l’alimentare nel complesso impiega 1,4 milioni di persone. Da Cenerentola a regina tecnologica, ecco come si è trasformata l’agricoltura

R

CHIRADECH CHOTCHUANG/ALAMY

Inchiesta: l’agricoltura del terzo millennio / 1

jenner meletti, Bologna

Mauro Tonello presidente della Sis

1

76%INNOVAZIONE

Sono le imprese agricole che hanno introdotto cambiamenti

10%PRECISION FARMING

E’ la quota di imprese che il ministero vuole coinvolgere

I numeri

-20%CHIUSURE DOMENICALI

Secondo l’ultimo rapporto Confimprese appena presentato, il timore dell’imposizione di chiusure domenicali sta frenando le nuove aperture di negozi e i piani di sviluppo delle catene dalla Gdo che da sole prevedono, nel caso, minori vendite per 34 miliardi nel 2019, pari a un calo del 13%. Mentre il saldo sull’apertura di nuovi negozi diverrebbe negativo del 20% rispetto al 2018

24Lunedì

11 febbraio2019

IL CANALE DEL SINDACATO

Una manifestazione dei primi anni Cinquanta in Piazza Re Enzo a Bologna: Il sindacato era in prima fila nella richiesta di modernizzazione delle infrastrutture, anche se allora si guardava soprattutto alla forza lavoro necessaria alla realizzazione delle grandi opere

mo – attraverso la robotica per l’ali-mentazione - che ogni animale rice-va ciò che gli serve, né più né meno e al momento giusto. Una vacca che produce fino a 70 litri di latte al giorno ‘sa’ che presentandosi al-la mungitura sarà compensata con un supplemento di foraggio. Stu-diamo anche il benessere degli ani-mali, che in estate soffrono le stress termico. Ecco allora i senso-ri che comandano l’avvio dei gran-di ventilatori o delle docce , sotto le quali le vacche vanno anche 10 – 12 volte al giorno. Tutti progetti, questi, che servono alle grandi stal-le ma anche quelle piccole della collina, dove c’è un ritorno dei gio-vani a un lavoro più lieve e soprat-tutto più stimolante».

i sarti dell’ acqua

E’ sempre aperto, a Mezzolara di Budrio, l’Acqua Campus del Cer, Canale emiliano romagnolo, che mostra – dai rotoloni ai droni, dall’irrigazione a goccia a quella sotterranea – tutti i mezzi per sal-vaguardare il tesoro più importan-te dell’agricoltura: l’acqua. «Il no-stro obiettivo – dice Paolo Manni-ni, direttore scientifico del Cer – è risparmiare un terzo dell’acqua og-gi utilizzata dall’agricoltura. Ri-spetto all’antica tecnica dell’irriga-zione a scorrimento, si arriva fino al 50%. Ma bisogna continuare stu-di e ricerche. Ora abbiamo prepa-rato un sistema a goccia sotterra-nea a portata così bassa che oltre all’evaporazione evita anche la percolazione, la perdita dell’ac-qua in profondità».

Ci sono le paratoie intelligenti, lungo i 135 chilometri del Cer, che solleva di 15 metri l’acqua del Po a Bondeno poi a gravità la fa arrivare a Rimini (salvando anche indu-strie, hotel e case nella Riviera). «Noi gestiamo l’acqua come fossi-mo sarti, lavoriamo su misura. Tra-mite le nostre app (Irrinet in Emi-lia Romagna e Irriframe in Italia) possiamo dire alla tale azienda in quale giorno e a che ora bisogna da-re tot millimetri d’acqua a un cam-po che ha sete. Da anni abbiamo i bancomat dell’acqua, dove il colti-vatore ‘preleva’ ciò che serve ai suoi campi. Stiamo controllando, attraverso i sensori di 150 pozzetti, anche l’acqua di falda”. “Rispar-miare va bene – dice Francesco Vin-cenzi, presidente dell’Anbi, l’asso-ciazione delle bonifiche italiane – ma bisogna ricordare che solo l’11% dell’acqua che cade dal cielo viene trattenuta, per poter poi essere usata per acquedotti, campagne e

industria. Per fortuna qualcosa sta cambiando. Con la Finanziaria del 31 dicembre 2017 è stato deciso il potenziamento dei bacini e per 30 progetti, con un finanziamento di 230 milioni, si stanno già aprendo i cantieri”.

C’è un protagonista importan-te, nella Silicon Valley dell’agricol-tura: la collaborazione. Il 2017 è sta-to un anno importante per l’elabo-razione di alleanze e strategie. An-bi, Cer e Bonifiche Ferraresi, ad esempio, hanno firmato un proto-collo per la ricerca nel campo dell’irrigazione. Le stesse Bonifi-che hanno acquisito nel novembre dello stesso anno il 41,19% del capi-tale sociale della Sis. E a luglio è na-ta Ibf Servizi, società delle Bonifi-che Ferraresi, che ha l’obiettivo di mettere a disposizione di migliaia di aziende italiane i servizi di preci-sion farming studiati e realizzati nella più grande azienda agricola italiana (6.500 ettari).

i servizi di precisione

L’accordo – sottoscritto dall’allora ministro Maurizio Martina – preve-de un investimento di 12 milioni, 4 dei quali forniti da Ismea, ente del ministero dell’Agricoltura. «L’o-biettivo – racconta Francesco Pu-gliese, direttore area ricerca Ibf Servizi – era ed è quello di fornire, in tre anni, servizi di precisione ad almeno il 10% delle aziende italia-ne, coprendo 1,2 milioni di ettari di Sau, superficie agricola utilizzata. Possono essere interessate azien-

de di due ettari o di tremila ettari, sia di agricoltura convenzionale che biologica. Bonifiche Ferraresi è diventata così un hub agro-indu-striale, per il miglioramento della competitività, l’incremento della qualità, la riduzione dei costi e la sostenibilità dell’impatto ambien-tale».

I numeri della Bonifiche raccon-tano che la filosofia dell’Agricoltu-ra 4.0 (mettere in equilibrio quel terreno, quella coltura, conoscen-do ogni metro quadro di terra per dare solo l’acqua ed il concime ne-cessario) non fa promesse vane: nel 2017 ha registrato un incremen-to di 200 euro per ettaro (più 12%) nella resa del frumento, con un ta-glio dei costi del 7% e un aumento del 5% della produttività; incre-mento di 350 euro per ettaro nel mais, aumento di 400/500 euro per ettaro nella resa dei pomodori. «Produrre con la precision far-ming – questo l’appello di Ibf Servi-zi ai coltivatori italiani – consente all’impresa agricola di conciliare ri-spetto per la natura e competitivi-tà. Essere sostenibili, conviene».

a Società Italiana Se-menti – racconta il pre-sidente Mauro Tonel-lo – è stata fondata

nell’agosto 1947 dai Consorzi agrari legati alla Coldiretti allo scopo di ‘provvedere alla molti-plicazione delle sementi di razze elette’. Questo in tempi in cui il contadino si teneva in casa qual-che sacco di grano per la nuova semina, senza garanzie di un buon raccolto. Si può dire che già allora è nata quella che ormai da tempo chiamiamo ‘agricoltu-ra di precisione’. Nostro primo compito è produrre seme certifi-cato che garantisca purezza spe-cifica, germinabilità garantita, assenza di semi di erbe infestan-ti. Questo attraverso il migliora-mento genetico, con varietà sem-pre più produttive e più resisten-ti alle malattie».

«”Per fare il seme ci vuole il frutto”, cantava Sergio Endrigo. Ma non basta. «Bisogna conosce-re bene la terra dove si semina – dice Tonello – e oggi abbiamo i mezzi per sapere tutto ciò che av-viene anche nel sottosuolo, se-guendo il seme e poi le radici fi-no a 180 centimetri di profondi-tà. Tutto questo restando in uffi-cio, tramite sensori. Abbiamo an-che gli strumenti (satelliti e dro-ni) per sorvegliare dall’alto il co-lore del terreno, che ci racconta se il campo abbia o no bisogno di azoto o altro fertilizzante, con parcelle di lettura di appena 18 metri quadrati. In questo modo riusciamo a dare alla terra ciò che serve davvero e non un chilo in più: si risparmia sui costi e non si inquina».

Il riso che piace ai giapponesi è la varietà Lido. «Siamo riusciti a renderlo resistente ai funghi ed ora è in forte rilancio. Va bene anche il frumento Senatore Cap-pelli (quello della ‘battaglia del grano’ nel Ventennio fascista) che quest’anno sarà seminato su 7.000 ettari. Ci sono sempre nuo-ve battaglie. Ci sono risaie infe-state dal ‘riso crodo’, un falso ri-so che va estirpato a mano. E’ ar-rivato in Italia vent’anni fa dalla Spagna, con il riso Indica. Con i droni e satelliti vogliamo riusci-re ad individuare le zone infesta-te e rendere più facile l’elimina-zione. Il crodo riduce la produ-zione anche del 25–30%, provo-cando l’abbandono della risaia».

La Sis è leader nazionale per i semi di grano tenero e duro e del riso. «Stiamo studiando anche le arachidi italiane, che venivano prodotte fino al 1974, forse autoc-tone, forse importate dalla Soma-lia. Una scelta, la nostra, non le-gata soltanto al cambiamento cli-matico. Le prospettive sono buo-ne: le arachidi non sono attacca-te dalle aflatossine e hanno una resa che può arrivare a 35 quinta-li per ettaro». – j.m Ec

onom

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l’innovazione si fa stradarisposte in %

meno braccia in agricoltura

Il caso

Dal 1947 conserva e certifica la qualità delle sementi utilizzatee vigila sulle selezioni Il riso Lido che piace ai giapponesi Al

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tare

1Una coltivazione di cavoli con l’ausilio di un robot per l’analisi del terreno e la determinazione della quantità di acqua

Sis, la bancadei semidel madein Italy

L

©RIPRODUZIONE RISERVATA

il valore aggiunto cresce sopra la media

Focus

©RIPRODUZIONE RISERVATA

I numeri

aziende agricole troppo piccole

I numeri

11%ACQUA PIOVANA

Quota che viene drenata, raccolta e utilizzata a fini agricoli

+12%LA RESA DEL FRUMENTO

È il miglioramento ottenuto con l’agricoltura di precisione

25Lunedì

11 febbraio2019

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Data 11/02/2019

Pagina 25

Foglio 1

Ritaglio stampa ad uso esclusivo del destinatario, non riproducibile.

obot che riescono ad analizzare il latte men-tre la mucca è ancora sotto mungitura. Se

qualcosa non va, perché l’animale ha problemi di salute, il latte vie-ne subito dirottato in un conteni-tore apposito, senza finire nella ci-sterna di raccolta. Laboratori di ri-cerca dove nascono “nuove varie-tà” o si recuperano vecchi semi, come il riso Lido che era ormai scomparso perché attaccato dai funghi e ora, risanato e rinvigori-to, è molto richiesto dai giappone-si per i piatti di sushi. Canali con “paratoie intelligenti” e banco-mat dell’acqua e informazioni pre-cise agli agricoltori che via smart-phone o tablet sanno quando - nel tal giorno e alla tal ora – il frutteto o parte di esso debbono ricevere acqua. Aziende immense, con 6.500 ettari di buona terra, che so-no diventate un hub agro–indust-riale che con la collaborazione del ministero dell’Agricoltura si è pre-so l’’impegno di coinvolgere nella Precision Farming almeno il 10%

delle aziende agricole italiane.Basta percorrere poche decine

di chilometri, nelle campagne di Bologna e di Ferrara, per scoprire la Silicon Valley dell’Agricoltura 4.0. Quella nuova agricoltura che, come il “guerriero” di Pierangelo Bertoli, ha “un piede nel passato e lo sguardo dritto e aperto nel futu-ro”. Semi, terreno, acqua, alleva-mento, concimi, intelligenza artifi-ciale. Si studia tutto, in questa Sili-con Valley. Non a caso collegata ad atenei e centri di ricerca che com-pletano l’elenco dei protagonisti.

i protagonisti

Si va dalla Sis (Società italiana se-menti) di San Lazzaro di Savena, al-la stalla didattico sperimentale del-la facoltà di Veterinaria (ateneo di Bologna) a Ozzano, dall’Acqua Campus del Cer (Canale emiliano romagnolo) a Mezzolara di Budrio per arrivare all’hub agro-industria-le delle Bonifiche Ferraresi Spa a Jolanda di Savoia.

Ma quali sono gli obiettivi dell’AdP (Agricoltura di precisio-ne) e dell’Agricoltura 4.0 (evoluzio-ne dell’AdP in chiave digitale)? In-

cremento delle rese con minor im-piego di risorse, aumento di quali-tà, efficienza e competitività, mi-nor impatto sull’ambiente. Secon-do una ricerca di Nomisma, svolta da Denis Pantini e Stefano Baldi, negli ultimi tre anni il 76% delle im-prese agricole hanno introdotto cambiamenti (investimenti in nuo-vi impianti, macchinari e tecnolo-gie, nuove pratiche agronomiche).

sono le vacche a decidere

Cambiamenti che hanno rivoluzio-nato anche l’allevamento. Nella stalla sperimentale 4.0 del diparti-mento Scienze mediche veterina-rie di Ozzano (Università di Bolo-gna) le vacche non vengono più munte prima dell’alba e prima del tramonto – come prassi da secoli – ma scelgono loro quando presen-tarsi al robot di mungitura. «Come succedeva un tempo - racconta An-drea Formigoni, docente di nutri-zione e alimentazione animale – quando era la vacca a decidere l’al-lattamento del vitello. Nella nostra stalla la media è di 3 mungiture e ci sono mucche che si presentano più di quattro volte. L’analisi del

latte già nel corso della mungitura permette di controllare grasso, proteine, lattosio, urea, cellule so-matiche e l’eventuale presenza di sangue e– può essere seguita in di-retta, via smartphone, dall’alleva-tore, dal veterinario, dal nutrizioni-sta e dall’addetto alla stalla che un tempo era il bovaro o bergamino e che oggi è soprattutto un tecnico specializzato».

Un microfono al collo

A leggere l’elenco di strumenti ed analisi, sembra di essere in una su-per clinica per umani. Pesatura di-namica almeno due volte al gior-no, conducibilità elettrica del latte (per rilevare le mastiti), il sistema RuminAct per misurare il tempo di ruminazione ogni due ore, trami-te un microfono posto nella parte alta del collo. «Siamo stati in primi in Europa – dice il professor Formi-goni – a utilizzare questi sensori per controllare l’attività masticato-ria. Del resto, l’alimentazione è l’al-tro perno della nostra stalla speri-mentale. Facciamo analisi raffina-te sulla digeribilità dei foraggi e sul-la loro composizione e assicuria-Ec

onom

ia Uom

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azi

ende

I numeri

Paolo Mannini direttore Canale Emiliano Romagnolo

Campi e stalle nell’era 4.0così cambia l’Italia VerdeCresce, esporta, crea occupazione. L’economia italiana frena, il settore agroalimentare cresce. La filieraha raggiunto nel 2018 i 200 miliardi di fatturato, di cui 140 miliardi attribuibili all’industria e 60 al primario. L’incidenza del settore sul Pil è oggi pari all’11%. Ed è forte anche il peso sul lavoro: l’alimentare nel complesso impiega 1,4 milioni di persone. Da Cenerentola a regina tecnologica, ecco come si è trasformata l’agricoltura

R

CHIRADECH CHOTCHUANG/ALAMY

Inchiesta: l’agricoltura del terzo millennio / 1

jenner meletti, Bologna

Mauro Tonello presidente della Sis

1

76%INNOVAZIONE

Sono le imprese agricole che hanno introdotto cambiamenti

10%PRECISION FARMING

E’ la quota di imprese che il ministero vuole coinvolgere

I numeri

-20%CHIUSURE DOMENICALI

Secondo l’ultimo rapporto Confimprese appena presentato, il timore dell’imposizione di chiusure domenicali sta frenando le nuove aperture di negozi e i piani di sviluppo delle catene dalla Gdo che da sole prevedono, nel caso, minori vendite per 34 miliardi nel 2019, pari a un calo del 13%. Mentre il saldo sull’apertura di nuovi negozi diverrebbe negativo del 20% rispetto al 2018

24Lunedì

11 febbraio2019

IL CANALE DEL SINDACATO

Una manifestazione dei primi anni Cinquanta in Piazza Re Enzo a Bologna: Il sindacato era in prima fila nella richiesta di modernizzazione delle infrastrutture, anche se allora si guardava soprattutto alla forza lavoro necessaria alla realizzazione delle grandi opere

mo – attraverso la robotica per l’ali-mentazione - che ogni animale rice-va ciò che gli serve, né più né meno e al momento giusto. Una vacca che produce fino a 70 litri di latte al giorno ‘sa’ che presentandosi al-la mungitura sarà compensata con un supplemento di foraggio. Stu-diamo anche il benessere degli ani-mali, che in estate soffrono le stress termico. Ecco allora i senso-ri che comandano l’avvio dei gran-di ventilatori o delle docce , sotto le quali le vacche vanno anche 10 – 12 volte al giorno. Tutti progetti, questi, che servono alle grandi stal-le ma anche quelle piccole della collina, dove c’è un ritorno dei gio-vani a un lavoro più lieve e soprat-tutto più stimolante».

i sarti dell’ acqua

E’ sempre aperto, a Mezzolara di Budrio, l’Acqua Campus del Cer, Canale emiliano romagnolo, che mostra – dai rotoloni ai droni, dall’irrigazione a goccia a quella sotterranea – tutti i mezzi per sal-vaguardare il tesoro più importan-te dell’agricoltura: l’acqua. «Il no-stro obiettivo – dice Paolo Manni-ni, direttore scientifico del Cer – è risparmiare un terzo dell’acqua og-gi utilizzata dall’agricoltura. Ri-spetto all’antica tecnica dell’irriga-zione a scorrimento, si arriva fino al 50%. Ma bisogna continuare stu-di e ricerche. Ora abbiamo prepa-rato un sistema a goccia sotterra-nea a portata così bassa che oltre all’evaporazione evita anche la percolazione, la perdita dell’ac-qua in profondità».

Ci sono le paratoie intelligenti, lungo i 135 chilometri del Cer, che solleva di 15 metri l’acqua del Po a Bondeno poi a gravità la fa arrivare a Rimini (salvando anche indu-strie, hotel e case nella Riviera). «Noi gestiamo l’acqua come fossi-mo sarti, lavoriamo su misura. Tra-mite le nostre app (Irrinet in Emi-lia Romagna e Irriframe in Italia) possiamo dire alla tale azienda in quale giorno e a che ora bisogna da-re tot millimetri d’acqua a un cam-po che ha sete. Da anni abbiamo i bancomat dell’acqua, dove il colti-vatore ‘preleva’ ciò che serve ai suoi campi. Stiamo controllando, attraverso i sensori di 150 pozzetti, anche l’acqua di falda”. “Rispar-miare va bene – dice Francesco Vin-cenzi, presidente dell’Anbi, l’asso-ciazione delle bonifiche italiane – ma bisogna ricordare che solo l’11% dell’acqua che cade dal cielo viene trattenuta, per poter poi essere usata per acquedotti, campagne e

industria. Per fortuna qualcosa sta cambiando. Con la Finanziaria del 31 dicembre 2017 è stato deciso il potenziamento dei bacini e per 30 progetti, con un finanziamento di 230 milioni, si stanno già aprendo i cantieri”.

C’è un protagonista importan-te, nella Silicon Valley dell’agricol-tura: la collaborazione. Il 2017 è sta-to un anno importante per l’elabo-razione di alleanze e strategie. An-bi, Cer e Bonifiche Ferraresi, ad esempio, hanno firmato un proto-collo per la ricerca nel campo dell’irrigazione. Le stesse Bonifi-che hanno acquisito nel novembre dello stesso anno il 41,19% del capi-tale sociale della Sis. E a luglio è na-ta Ibf Servizi, società delle Bonifi-che Ferraresi, che ha l’obiettivo di mettere a disposizione di migliaia di aziende italiane i servizi di preci-sion farming studiati e realizzati nella più grande azienda agricola italiana (6.500 ettari).

i servizi di precisione

L’accordo – sottoscritto dall’allora ministro Maurizio Martina – preve-de un investimento di 12 milioni, 4 dei quali forniti da Ismea, ente del ministero dell’Agricoltura. «L’o-biettivo – racconta Francesco Pu-gliese, direttore area ricerca Ibf Servizi – era ed è quello di fornire, in tre anni, servizi di precisione ad almeno il 10% delle aziende italia-ne, coprendo 1,2 milioni di ettari di Sau, superficie agricola utilizzata. Possono essere interessate azien-

de di due ettari o di tremila ettari, sia di agricoltura convenzionale che biologica. Bonifiche Ferraresi è diventata così un hub agro-indu-striale, per il miglioramento della competitività, l’incremento della qualità, la riduzione dei costi e la sostenibilità dell’impatto ambien-tale».

I numeri della Bonifiche raccon-tano che la filosofia dell’Agricoltu-ra 4.0 (mettere in equilibrio quel terreno, quella coltura, conoscen-do ogni metro quadro di terra per dare solo l’acqua ed il concime ne-cessario) non fa promesse vane: nel 2017 ha registrato un incremen-to di 200 euro per ettaro (più 12%) nella resa del frumento, con un ta-glio dei costi del 7% e un aumento del 5% della produttività; incre-mento di 350 euro per ettaro nel mais, aumento di 400/500 euro per ettaro nella resa dei pomodori. «Produrre con la precision far-ming – questo l’appello di Ibf Servi-zi ai coltivatori italiani – consente all’impresa agricola di conciliare ri-spetto per la natura e competitivi-tà. Essere sostenibili, conviene».

a Società Italiana Se-menti – racconta il pre-sidente Mauro Tonel-lo – è stata fondata

nell’agosto 1947 dai Consorzi agrari legati alla Coldiretti allo scopo di ‘provvedere alla molti-plicazione delle sementi di razze elette’. Questo in tempi in cui il contadino si teneva in casa qual-che sacco di grano per la nuova semina, senza garanzie di un buon raccolto. Si può dire che già allora è nata quella che ormai da tempo chiamiamo ‘agricoltu-ra di precisione’. Nostro primo compito è produrre seme certifi-cato che garantisca purezza spe-cifica, germinabilità garantita, assenza di semi di erbe infestan-ti. Questo attraverso il migliora-mento genetico, con varietà sem-pre più produttive e più resisten-ti alle malattie».

«”Per fare il seme ci vuole il frutto”, cantava Sergio Endrigo. Ma non basta. «Bisogna conosce-re bene la terra dove si semina – dice Tonello – e oggi abbiamo i mezzi per sapere tutto ciò che av-viene anche nel sottosuolo, se-guendo il seme e poi le radici fi-no a 180 centimetri di profondi-tà. Tutto questo restando in uffi-cio, tramite sensori. Abbiamo an-che gli strumenti (satelliti e dro-ni) per sorvegliare dall’alto il co-lore del terreno, che ci racconta se il campo abbia o no bisogno di azoto o altro fertilizzante, con parcelle di lettura di appena 18 metri quadrati. In questo modo riusciamo a dare alla terra ciò che serve davvero e non un chilo in più: si risparmia sui costi e non si inquina».

Il riso che piace ai giapponesi è la varietà Lido. «Siamo riusciti a renderlo resistente ai funghi ed ora è in forte rilancio. Va bene anche il frumento Senatore Cap-pelli (quello della ‘battaglia del grano’ nel Ventennio fascista) che quest’anno sarà seminato su 7.000 ettari. Ci sono sempre nuo-ve battaglie. Ci sono risaie infe-state dal ‘riso crodo’, un falso ri-so che va estirpato a mano. E’ ar-rivato in Italia vent’anni fa dalla Spagna, con il riso Indica. Con i droni e satelliti vogliamo riusci-re ad individuare le zone infesta-te e rendere più facile l’elimina-zione. Il crodo riduce la produ-zione anche del 25–30%, provo-cando l’abbandono della risaia».

La Sis è leader nazionale per i semi di grano tenero e duro e del riso. «Stiamo studiando anche le arachidi italiane, che venivano prodotte fino al 1974, forse autoc-tone, forse importate dalla Soma-lia. Una scelta, la nostra, non le-gata soltanto al cambiamento cli-matico. Le prospettive sono buo-ne: le arachidi non sono attacca-te dalle aflatossine e hanno una resa che può arrivare a 35 quinta-li per ettaro». – j.m Ec

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l’innovazione si fa stradarisposte in %

meno braccia in agricoltura

Il caso

Dal 1947 conserva e certifica la qualità delle sementi utilizzatee vigila sulle selezioni Il riso Lido che piace ai giapponesi Al

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1Una coltivazione di cavoli con l’ausilio di un robot per l’analisi del terreno e la determinazione della quantità di acqua

Sis, la bancadei semidel madein Italy

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il valore aggiunto cresce sopra la media

Focus

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I numeri

aziende agricole troppo piccole

I numeri

11%ACQUA PIOVANA

Quota che viene drenata, raccolta e utilizzata a fini agricoli

+12%LA RESA DEL FRUMENTO

È il miglioramento ottenuto con l’agricoltura di precisione

25Lunedì

11 febbraio2019

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Data 11/02/2019

Pagina 37

Foglio 1

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vanzata dell’elettrico e fuga dal diesel: è ormai questo il trend della mobilità. In Europa co-

me in Italia. Cambia solo la tabella di marcia. Da noi la discesa delle motorizzazioni a gasolio è più len-ta, anche se da gennaio l’Italia ha perso il titolo di roccaforte euro-pea del diesel dopo aver ceduto per la prima volta in 15 anni la lea-dership del mercato alle vetture a benzina. Ma il gap più significati-vo con l’Europa è sull’elettrico che da noi raggiunge appena la quota dello 0,3 per cento.

Insomma, nonostante la fuga dal diesel, la rivoluzione a emissio-ni zero è ancora lontana, come in-fatti conferma l’indice EV Readi-ness 2019 di LeasePlan, che indica il grado di sviluppo nei singoli Pae-si Ue della mobilità elettrica e ci po-ne come fanalino di coda in Euro-pa occidentale. Tra I 22 Paesi presi in esame, infatti all’Italia è assegna-to solo il diciassettesimo posto in classifica: facciamo meglio solo di Romania, Slovacchia, Repubblica Ceca, Grecia e Polonia.

Per uscire dallo stallo molti ana-listi suggeriscono la via del biome-tano, una fonte rinnovabile che si ottiene dalla purificazione del bio-gas ricavato dai rifiuti organici ur-bani o della filiera agricola che in Italia sta prendendo rapidamente piede e può affiancare la mobilità elettrica nel taglio della CO2. Un veicolo a biometano infatti ha le stesse emissioni di un veicolo elet-trico alimentato interamente a energia prodotta da fonte eolica, che significa il 97% in meno di un analogo veicolo alimentato a benzi-na. In più nei motori a metano e

biometano sono praticamente as-senti le emissioni di particolato (-90-95% rispetto al diesel) e gli ossi-di di azoto sono ridotti del 50%. Per la distribuzione del biometano si utilizza la stessa rete del gas e le co-lonnine sono le stesse che alimen-tano le auto a metano che, tra l’al-tro, possono tutte camminare an-che con un pieno di biometano.

Per promuovere l’uso dei carbu-ranti rinnovabili a marzo dello scorso anno è entrato in vigore in Italia un decreto che stanzia 4,7 mi-liardi di incentivi per tutti i nuovi impianti per la produzione di bio-metano e biocarburanti ottenuti da rifiuti, residui agricoli e alghe. Mentre a fine anno è arrivata la nuova direttiva sulle energie rinno-vabili nei Paesi Ue per il periodo 2021-2030, in cui si prevede che en-tro il 2030 almeno il 14% dei carbu-ranti per il trasporto provenga da fonti rinnovabili. Nel testo si preci-sa che la quota di biocarburanti avanzati, quelli cioè ottenuti da ri-fiuti urbani e residui agricoli, deve essere almeno dell’1% nel 2025 e al-meno del 3,5% nel 2030, mentre su quelli ottenuti dalle coltivazioni agricole (per esembio l’olio di pal-ma) la Commissione Ue dovrà defi-nire quali ammettere e quali no.

Intanto in Italia il business è partito. «Al momento – afferma il direttore del Consorzio italiano compostatori (Cic) Massimo Cen-temero – sono attivi 6 impianti. Al-tri due sono in fase di sperimenta-zione. Entro la fine del 2019 si po-trebbe arrivare a circa 180-200 mi-lioni di metri cubi, ma già con l’at-tuale produzione potrebbero cir-colare 50-70mila auto alimentate a biometano, per una percorrenza media di 1,2 miliardi di km». Anche la Snam crede nel gas verde ed ha puntato 100 milioni per la costru-zione di impianti, mentre Eni e Col-diretti hanno sottoscritto un accor-do per produrre 8 miliardi di metri cubi di biometano per il trasporto, prodotto dagli scarti dell’agricoltu-ra e degli allevamenti, entro il 2030. Insomma la sfida del gas ver-de all’auto elettrica è partita, cosa ci riserverà ancora?

Mot

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Imprese

Biometano, la riscossa del gas verdeStesse emissioni di un’auto elettrica

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Graziella marino, roma

Aspettando la mobilitàa zero emissioni sta crescendo anche nel nostro Paese l’uso di questo carburante alternativo. Gli incentivi per i nuovi impianti e la normativa europea

Mot

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Imprese

©RIPRODUZIONE RISERVATA

l dato è di quelli da segnare in rosso. In Italia per la prima volta da settembre 2003, le auto diesel hanno perso la leadership

del mercato a favore di quelle a benzina. E’ già accaduto altrove ma l’ Italia, da sempre roccaforte del “gasolio ad ogni costo”, sembrava dovesse essere risparmiata da questo cambio di rotta. E invece l’inesorabile effetto dieselgate ha colpito anche dalle nostre parti. Nel primo mese dell’anno il calo è stato addirittura del 31 per cento con una quota del 41% del totale immatricolato contro una crescita delle auto a benzina del 28 per cento e una quota di mercato del 45 per cento.Un tracollo, quello del diesel reso ancora più evidente dall’aumento delle vetture a Gpl (+8,2%), delle ibride (+17,8) e naturalmente delle elettriche (+9,3%). Insomma, l’argine si è rotto anche in Italia. E la sensazione è che la tendenza sia destinata a continuare alimentata certamente dalla “demonizzazione” del diesel e i provvedimenti di limitazione del traffico nei centri urbani, con la penalizzazione di alcune tecnologie rispetto ad altre. Il rischio di acquistare un’auto nuova a gasolio e poi non poterla usare durante i blocchi del traffico è più che sufficiente per cambiare tipo di alimentazione e qualche volta anche per rimandare la spesa. Per ora l’unica certezza è questa. E il mercato la sta fotografando benissimo.

ANDY BAKER/GETTY

La produzione

4,7MILIARDI

Previsti da marzo 4,7 miliardi di incentivi per tutti i nuovi impianti la produzione di biometano e biocarburanti

1

Scenari ecologici

1 Il trasporto di un insulato di mais per la produzione di biogas in Germania

Fuorigiri

Valerio Berruti

©RIPRODUZIONE RISERVATA

L’addio al diesel dell’Italiae la leadership della benzina

I

I numeri

I numeri

6IMPIANTI

Al momento in Italia sono attivi 6 impianti per la produzione di biocarburante. Altri due sono in fase di sperimentazione.

37Lunedì

11 febbraio2019

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Data 11/02/2019

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ATTUALITÀ 17Lunedì 11 febbraio 2019 il Giornale

Prosecco. Tu quoque? Ilsuccesso degli ultimi an-ni ha fatto male al Prosec-co: viti piantate ovunque,nei giardini e ai cigli dellestrade, in modo intensivoma anche sui declivi dellecolline più ripide e que-sto fatto, insieme alle for-

ti piogge degli ultimi anni, ha causato erosione eimpoverimento del suolo, come denuncia uno stu-dio dell’università di Padova. E all’estero c’è già chidice no e cerca alternative come il Cremant france-se o il Cava spagnola. Mentre alcuni produttoricorrono ai ripari con progetti che li impegnano acoltivare in maniera sostenibile.

TENDENZE ALIMENTARI

Che cibo sarà?

Ecco la lista

dei buoni

e dei cattivi

Fino a pochi anni fa trova-re un piatto vegetarianoal ristorante era una veraimpresa. Oggi anche glichef più tradizionalistifanno corsi e si ingegna-no per proporre alternati-ve senza carne. E se i ve-getariani sono sempre

più o meno gli stessi, il 10 per cento della popola-zione, aumenta chi la carne la mangia il menopossibile e si diffondono i «lunedì senza carne» echi la mangia solo se allevata in pascoli stile Heidi.Intensivi e non, gli allevamenti consumano moltapiù terra e acqua di ogni coltivazione ed emettonograndi quantità di metano nell’atmosfera.

Il Prosecco ubiquo

Si potrebbero scrivere fiu-mi di parole su questograsso vegetale fino a po-chissimi anni fa onnipre-sente in praticamente tut-te le produzioni dolciarieindustriali (costa poco, haun gusto neutro e conferi-sce cremosità e croccan-

tezza) e ora praticamente relegato alla più famosadelle creme spalmabili. Dopo una campagna webche lo ha demonizzato, partita in un primo momen-ti dai siti di mamme preoccupate per le merendinedei figli. Un caso da studiare sulla potenza dellepreoccupazioni sulla sostenibilità e della salubritàdeli alimenti (o sulla percezione delle stesse).

Il nostro pesce azzurro

I legumi sostenibili

Motiviecologici,

economicie culturali

influenzano larichiesta dei prodottigourmet. Spessoinsospettabili

Il nostro piatto sta cambiando ma soprattut-to – notatelo – cambia anche il menu deiristoranti. Il gusto c’entra poco, e pure le

mode in fondo: ormai le fortune di un ingre-diente in cucina possano sempre più per laconsiderazioni su quanto sia sostenibile perl’ambiente. Le considerazioni su questo frontesono varie: dalla lunghezza dei trasporti (il chi-lometro zero ormai è un mantra che tutti cono-sciamo), l’uso più o meno intensivo delle ter-re, le emissioni di gas serra, la cosidetta carbonfootprint, l’impronta di carbonio che quell’ali-mento «regala», per così dire, a una terra giàoberata. E sempre più si para di utilizzo einquinamento dell’acqua, un elementodel quale sentiremo sempre più par-lare in futuro per la sua scarsità.

Schiere di consumatori eco-logisti ed attenti esamina-

no il contenuto del loro piatto secondo questanuova angolatura, consultando siti internetecologisti e tempestando di domande chef ecamerieri spesso inconsapevoli, chiedendo da

dove viene quel pesce o quel-la lattuga per capire se è

buono e sano consumar-la o meno. L’ultimo ca-duto nelle maglie de-gli ambientalisti sa-rebbe il Prosecco,amatissimo dagli in-glesi che lo hanno con-

sumato negli anni pas-sati letteralmente a fiumi

ma che iniziano a chiedersise non stia passando – per

eccesso produttivo - nella listadei cattivi.

La carne inquinante2.

La pesca intensiva secon-do uno studio pubblicatoda «Science» potrebbeportare alla scomparsadelle specie marine edibi-li entro il 2048. Ma giàora sono evidenti le con-seguenze nell’impoveri-mento dei mari. Soprattut-

to per quanto riguarda le specie più ricercate comeil tonno. Ma anche i gamberetti d’allevamento so-no messi al bando da sempre più consumatori con-sapevoli: distruggono gli ecosistemi costieri e leforeste di mangrovie, fanno ampio uso di antibioti-ci e di conseguenza il vostro cocktail di gamberirischia di fare male alla salute oltre che al pianeta.

Tonno e gamberetti3.

Viene usato non solo percorn flakes e polenta l’in-nocuo mais, ma se ne faun grande utilizzo nell’in-dustria (per creare scirop-pi di glucosio a bassoprezzo che finiscono in be-vande e innumerevoli pro-dotti industriali) e come

foraggio per gli allevamenti. Il tutto avviene in colti-vazioni monstre che fanno spesso con grande usodi pesticidi e fertilizzanti chimici. E inoltre tra leprime culture ad essere state geneticamente modi-ficate e infine, come tutti i cereali non integrali fapure ingrassare, e cadono così sotto la scure deidietologi.

Il mais a rischio Ogm4.

La sostenibilità recente-mente è entrata in un luo-go tanto insospettabilequanto il bancone delbar, Ve lo vedete il popolodella notte intento a diver-tirsi e bere bene e allostesso preoccuparsi dellapropria «carbon foot-print»? E invece sì. Il cocktail sostenibile più estre-mo usa scarti di frutta e e verdura, bucce e pelli chenormalmente vengono buttate magari essiccando-le e inoltre sempre più spesso anche i liquori ven-gono «fatti in casa» come le birre e i gin artigianali.E qui siamo al centimetro zero. Casi da manualesono Scarto a bologna e Quaglino’s a Londra.

I cocktail ecologici

5.

...E QUELLI OUTGLI INGREDIENTI IN...

La carne d’allevamento nonè più sostenibile ma le pro-teine sono indispensabili,oltre a farci venire l’acquoli-na pensando a sugose bi-stecche e barbecue. L’alter-nativa più vicina - che po-trebbe arrivare già a fineanno secondo una start upisraeliana - è la carne cresciuta in laboratorio da cellu-le staminali, ma ci sono anche hamburger fatti di vege-tali (barbabietola e cavolo rosso) che sembrano sangui-nare. E per i più audaci, gli insetti: in fondo sono carne,anche loro, no? Ma hanno bisogno di pochissima ac-qua e risorse per proliferare. Ridotte in farine poi sonogià state proposte pure sotto forma di panettone.

Insetti e altre stranezze

In fondo non è che biso-gna dire no a tutto il esceche tra l’altro è anche otti-mo per la salute. Dipendeda come viene allevato eanche pescato, per que-sto sono sempre più diffu-se le certificazioni che cidicono già dal banconedel supermercato cosa possiamo mangiare e cosano. Ci sono poi i periodi e le stagionalità, comenell’ortofrutta, e i vecchi, buoni pesci poveri dellatradizione mediterranea che fanno bene e creanomeno danno agli ecosistemi marini. Ed è anche achilometro zero, perché pescato nei nostri mari contrasporto relativamente limitato.

Il 2016 - non ve ne erava-te accorti? - era l’anno deilegumi stabilito dallaFAO. Perché oltre a forni-re proteine vegetali sonocampioni di crescita so-stenibile: usano poca ac-qua crescono come rampi-canti tra altri vegetali e ar-ricchiscono il terreno. Per questo sono usati a rota-zione con altre coltivazioni. Inoltre i semi possonoessere conservati per lungo tempo. Eppure li igno-riamo. Sono considerati lunghi da cucinare, dannoi noti effetti collaterali e in generale sono ritenutipoco interessanti. Però al ristorante ce li rifilanosempre più spesso in creme, purè e croccanti.

Ok qui siamo proprioall’inferno del gourmet.Pere mele e patate sonocarine ma noi le consocia-mo da quando siamo na-ti, ce le hanno propinatecon le prime pappe e so-no ciò che di meno esoti-co si possa immaginarein cucina. Però ce le compriamo lo stesso. Perchédurano più dell’altra frutta e verdura. Ma gli impal-linati della sostenibilità ci trovano anche altre pro-prietà positive: utilizzano poca acqua per cresceree le coltivazioni sono anche oasi naturali. Il segretodegli eco-gourmet è andare a sfrucugliare tra lecentinaia, anche migliaia di specie meno note.

Mele, pere e patate pagina a cura di Anna Muzio

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Il pericolo olio di palma

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