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18 Aprile 2008 1 ACCANIMENTO TERAPEUTICO IN ONCOLOGIA: VERO FALSO PROBLEMA? Appropiatezze ed evidenze di beneficio clinico in oncologia medica. RONDINI ERMANNO Arcispedale Santa Maria Nuova Servizio di Oncologia

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ACCANIMENTO TERAPEUTICO IN

ONCOLOGIA: VERO FALSO PROBLEMA?

Appropiatezze ed evidenze di beneficio clinico in oncologia medica.

RONDINI ERMANNO

Arcispedale Santa Maria Nuova

Servizio di Oncologia

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LA CHEMIOTERAPIA NEGLI ULTIMI MESI DI VITA DEI PAZIENTI AFFETTI DA CANCRO

Problema molto grande in termini di quantità: all’incirca il 50% dei pazienti affetti da cancro vanno incontro a malattia avanzata;

Circa 150.000 decessi anno per cancro in Italia.Spesa sanitaria in continuo aumento per costi farmaceutici e di

assistenza.Ed anche in termini di qualità:

Cure appropriate (chemioterapia palliativa o best supportive care).Scelte preferite dai pazienti.

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Prima di tutto le evidenze scientifiche significative sono poche e quasi tutti gli studi sono retrospettivi e quindi con una scarsa validità per medicina basata sull’evidenza (evidence based medicine).

Premetto fin d’ora che tutte queste considerazioni sono da rimettere in discussione comunque sulla base di eventuali nuove acquisizioni scientifiche e terapeutiche che modificano continuamente le possibilità di cura dei pazienti.

Le evidenze riferiscono che nel confronto tra chemioterapia e BSC vi è un modesto impatto sulla sopravvivenza ma un significativo miglioramento nella qualità di vita e nel controllo dei sintomi per i più frequenti tipi di tumori solidi a favore della CT.

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La tendenza diffusa all’aumento in percentuale dei pazienti che si sottopongono ad un trattamento chemioterapico nelle ultime fasi di vita, si registra in tutti gli studi, questo sia per scelta dei

pazienti sia dei medici. In particolare vi è anche un aumento nell’uso di nuovi farmaci

ad alto costo che potrebbe dipendere da un eccessiva fiducia ,acritica, sulla superiore efficacia di ciò che è comunque

nuovo rispetto ai trattamenti piu’ consolidati.

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La prescrizione di CT palliativa è una scelta tra un delicato equilibrio fra tossicità e potenziale beneficio clinico, ancor più complesso nei pazienti con speranza di vita ridotta.

L’espansione continua delle possibilità terapeutiche per i pazienti con cancro avanzato può spiegare il motivo per cui molti pazienti in fase terminale utilizzino frequentemente le risorse del sistema sanitario; anche se ci sono notevoli variazioni nei diversi sistemi sanitari e per aree socio-culturali diverse.

Indicatori di aggressività oltre alla CT sono il numero delle visite al pronto soccorso, i ricoveri in ospedale ed in reparti di cure intensive, trattamenti chirurgici e radioterapici per pazienti in fin di vita.

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Prima di tutto dobbiamo definire il significato di accanimento terapeutico: “trattamento sproporzionato in termini di

possibilità di beneficio rispetto al rischio di tossicità per un malato sottoposto a una determinata terapia”.

In particolare per un paziente considerato in fase terminale si tratta di un problema sia etico sia scientifico molto complesso che coinvolge tutti gli attori che partecipano nella relazione

terapeutica: medici, pazienti, famiglie, società.

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MEDICO Processo decisionale(capacità prognostica)

Il problema cruciale per il medico è la prognosi per un paziente in fin di vita, deve essere accurata per fare questo si deve tenere conto di molteplici fattori prognostici, tra cui soprattutto il tipo di neoplasia in trattamento.

Uno studio molto importante pubblicato (JCO 01/09/05) in cui si faceva la revisione della letteratura sui criteri prognostici nei pazienti in fase terminale (Marco Maltoni). Su 38 studi valutati solo quattro hanno raggiunto il livello massimo di raccomandazione (A), 2 per il PaP Score e 2 per il PPI (Palliative Prognostic Index).

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In Particolare il PaP Score tiene conto di alcuni parametri:Dispnea, Anoressia, Karnofsky (PS), PCS (previsione clinica di

sopravvivenza in settimane), Leucocitosi, Linfocitopenia.Suddivide i pazienti in tre categoria di probabilità di

sopravvivenza a 30 giorni:Punteggio 0 – 5,5 > 70 %

“ 5,6 – 11 30 – 70 % “ 11,1 – 17,5 < 30 %

La caratterizzazione prognostica ha un ruolo chiave nel rapporto medico- paziente- famiglia oltre che nei percorsi assistenziali.

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Si rileva inoltre che non tutti i medici sono uguali nel fare

una previsione clinica di sopravvivenza; Nicholas Christakis (BMJ 2003) in una revisione sistematica sulle capacità predittive dei medici per i malati di cancro in fase terminale rileva che la PCS (previsione clinica di sopravvivenza) è generalmente sovrastimata (42 giorni) confrontata con la sopravvivenza vera (29 giorni); la percentuale che faceva una previsione corretta entro una settimana era del 25 %, mentre era sovrastimata per almeno 4 settimane nel 27%.

Tutti gli studi esaminati erano eterogenei su cui non era possibile effettuare una metanalisi.

Lo stesso autore in uno studio precedente (BMJ 2000) evidenziava che medici non esperti in cure di fine vita davano solo il 20 % di previsione accurate, 60 % di sovrastima, 20 % di sottostima.

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Un altro studio evidenzia che medici addestrati a lungo nelle cure di fine vita (9,5 anni) hanno capacità predittiva accurata nel 33 %, un 39 % di sovrastima, ed un 28 % di sottostima.Quindi la stima della prognosi dei pazienti con cancro nelle

ultime fasi della vita necessita di preparazione ed esperienza, dovrebbe essere basata su indicatori comprovati e meno

sull’intuizione. Anche la prognosi più accurata non può escludere il rischio di

errore nella maggior parte dei pazienti, questo limita la classificazione dei pazienti in categorie ristrette.

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Un’altra difficoltà per il medico sta nel dare al paziente una cattiva notizia , c’è anche la paura di togliere la speranza. La famiglia del paziente inoltre a sua volta deve affrontare la stessa paura con talora riflessi determinanti sulle scelte del paziente stesso.

Ciò che serve è la capacità del medico e dell’equipe curanti di avere una relazione efficace ,con uno spazio alle richieste per i bisogni del paziente e della sua famiglia, non solo una caratterizzazione basata sulla spettanza di vita.

Un altro rischio che si corre è la separazione netta tra cure palliative e cure di fine vita, spesso è una divisione artificiale ed in conflitto con le necessità del paziente.

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PAZIENTE Processo decisionale (Preferenze)

Nel processo decisionale del paziente (scelta tra chemioterapia e BSC) entrano diversi fattori:

1) mentalità e convinzioni del paziente;2) mentalità del medico e tipo di ospedale;3) modalità di informazione del paziente;4) l’entità del rischio e del beneficio.

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1. Il modo di pensare e le convinzioni del paziente sono

influenzati dalle precedenti esperienze di malattia, dalla famiglia, dagli amici, dai media e da altri professionisti della salute (medico di medicina generale ,ecc…).

2. I modi di pensare e le attitudini dei medici sono influenzate da ciò che pensano sulla finalità della terapia, sul sollievo dei sintomi, sull’allungamento della vita e sulla necessità di mantenere una speranza per il paziente.

3. In molti studi è stato dimostrato che l’incorniciatura (modalità di informazione) influenza le scelte del paziente.

4. Il tipo di rischio e beneficio che accompagna le diverse opzioni di trattamento influenzano le scelte dei pazienti sia nelle fasi precoci di malattia (più facile) sia nella scelta tra CT e BSC (molto più difficile).

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PREFERENZE

I valori dei pazienti diventano perciò più importanti e le conoscenze dei fattori su cui sono basate le preferenze o le

scelte concrete sono necessarie nella guida del paziente durante il suo processo decisionale.

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PARECCHI FATTORI INFLUENZANO LE PREFERENZE

il contesto in cui vengono inserite le opzioni di trattamento e come sono presentati i risultati, se in termini di sopravvivenza o di mortalità, oppure se sono o non sono esplicitate le incertezze mediche.

Secondariamente l’esperienza di malattia precedente(CT) influenza i pazienti in tal modo che sono più predisposti della popolazione sana o dei medici ad accettare trattamenti potenzialmente tossici.

Anche le variabili demografiche come l’età, vita con altre persone, figli, lavoro, hobbies ed altre variabili soggettive influenzano il paziente, senza parlare dei media (internet), famigliari ed amici. (C.G. Koedoot BJC 2003)

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FAMIGLIA (allargata) Processo decisionale

Tutte le fasi che il paziente malato di cancro deve affrontare, dal punto di vista psicologico, dalla diagnosi alla ricaduta e alla fine della vita,sono vissute anche dai famigliari e amici,

ognuno a proprio modo e talora in tempi diversi. Molto importante è il Care Giver che accompagna e aiuta il

paziente, ma che proprio per questo può pesantemente condizionarlo.

Quindi anche i famigliari fanno il proprio processo decisionale con le relative influenze prima elencate.

Anche le preferenze possono essere diverse come anche i fattori relativi che le influenzano.

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LA SOCIETA’

Naturalmente il tipo di società (leggi e ordinamenti) dove il paziente vive, la classe sociale, la presenza o meno di un Care Giver, condizionano le scelte del paziente.

Anche la presenza sul territorio di Hospice modifica le scelte sia dei medici sia dei pazienti, con un minor numero di ricoveri e relativi decessi ospedalieri.

Un dibattito sui problemi di fine vita all’interno della società condiziona le scelte politiche e individuali.

Una cultura “occidentale” che ha smarrito il rapporto con la natura e i cicli della vita, il rifiuto dell’invecchiamento e il mito della eterna giovinezza pervade e domina le scelte che oggi sempre più vengono fatte nei nostri ospedali.

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CRITICA AGLI STUDI RETROSPETTIVI

In primis è molto difficile dare un giudizio di appropiatezza su un trattamento più o meno aggressivo per i pazienti nelle

ultime fasi della vita ; gli studi valutano un periodo che puo’andare da sei ,tre ,un mese, una settimana. Raccogliere informazioni sugli scopi e sul controllo dei sintomi ottenuto

dalle terapie è fondamentale ,visto che l’obbiettivo principale è il miglioramento-conservazione della qualità di vita.

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Inoltre i pazienti inclusi negli studi sono tutti inseriti sulla base dell’avvenuto decesso e questo rappresenta un gigantesco BIAS (selezione della casistica).

Finché non abbiamo dati sui pazienti che possono avere ottenuto un sostanziale beneficio clinico o una risposta obbiettiva antitumorale con la chemioterapia palliativa non possiamo dare giudizi conclusivi sulle scelte effettuate.

Ulteriori studi di tipo prospettico devono valutare la appropiatezza della CT prescritta nei pazienti considerati nelle ultime fasi della vita ed affetti da cancro, misurando i significativi parametri di qualità di vita, PS, descrizione e controllo dei sintomi, altri trattamenti medici concomitanti.

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1. Fin dal primo incontro con il paziente nella presa in carico, quindi nella fase diagnostica iniziale, quando si pongono le basi del

rapporto-relazione medico-paziente-famiglia, non dovrebbero esserci ipocrisie per avere il massimo coinvolgimento conoscitivo sulla reale

situazione e possibilità di sviluppo futuro.2. Questa relazione deve avere una continuità nel tempo in tutte le

tappe fino a quelle che coinvolgono le scelte di fine vita.3. La caratterizzazione prognostica del paziente si dovrà basare su un’evidenza scientifica metodologicamente corretta per favorire il

processo decisionale personalizzato.

MEDICO CURANTECome comportarsi

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ALTRI ASPETTI CRITICI PER IL MEDICO

Dobbiamo essere sufficientemente preoccupati quando diamo consigli ai nostri pazienti sulle scelte da effettuare nella fase finale della vita, dovremmo fare queste scelte come quando riguardano noi stessi o i nostri famigliari, oppure, passatemi la metafora, come quando si effettua un grosso investimento immobiliare (acquisto della propria casa).

Non dovremmo imporre la nostra opinione ai pazienti perché abbiamo una diversa prospettiva e modo di pensare diverso. Le opzioni dovrebbero essere presentate in maniera bilanciata e i pazienti dovrebbero poter scegliere tra tutte queste.

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Sembra che l’attuale aggressività terapeutica sia consonante con i desideri dei pazienti e perciò apparentemente

appropriata,se si valutano gli studi sulle preferenze. I nostri pazienti potrebbero fare in questo momento scelte diverse da quelle che noi faremmo per noi stessi, perché?

Non siamo capaci di spiegare i pro e i contro? Lo riteniamo troppo stressante emozionalmente?

Scegliamo di non dire tutta la verità per preservare la speranza?

Oppure pensiamo che il paziente non sia in grado di accettare ciò che stiamo dicendogli?

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La scarsità di risorse informative, la difficoltà nel comunicare i rischi e benefici della chemioterapia palliativa e anche se ne abbiamo le capacità non sempre possiamo farlo adeguatamente.

Inoltre si deve sottolineare che le bugie dette” a fin di bene” sono pericolose per i pazienti perché con speranze irrealistiche più facilmente scelgono terapie antineoplastiche aggressive.

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Anche la Corte Suprema della California ha sentenziato che: “ I pazienti sono dipendenti dai loro medici sulla base delle

verità e delle informazioni ricevute e che la relazione medico paziente è una relazione di verità fiduciaria piuttosto che una

relazione di affari molto amichevole”. (Craig C. Earle, JCO july 2006 Editorial)