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Capire il jazz Le strutture dello swing

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Capire il jazz

Le strutture dello swing

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Indice

Introduzione 9Colpo d’occhio su questo libro 10La scelta dei capitoli 10Sullo stile del libro 13Avvertenze generali 14I dati di ogni brano 15Sui brani 15Sulle tecniche di registrazione 15

Capitolo 1: La natura del jazz 171.1. Come leggere questo libro 171.2. Il ruolo dell’improvvisazione nel jazz 171.2.1. Le strutture dell’improvvisazione 191.3. La potenza dello swing e la sua evoluzione 201.3.1. La tecnica strumentale nel jazz 201.4. Le origini del jazz ed i suoi creatori 211.5. L’universalità del jazz 231.6. L’approccio di questo libro 231.7. La qualità delle registrazioni e di questi esempi 24

Capitolo 2: Teoria musicale 252.1. Introduzione 252.2. Contare i tempi della battuta e le battute 252.3. Le note musicali 282.4. Molte note assieme: intervalli ed accordi 302.4.1. L’origine delle sette note 332.5. Scale e modi 342.6. Le progressioni di base 352.7. Le “blue notes” 362.8. L’improvvisazione nel jazz: la parafrasi della melodia 372.9. La notazione musicale 382.10. Tonalità e scale 402.11. Strumenti che traspongono 432.12. Trasposizione digitale 432.13. Il programma che determina e suona accordi 45

Capitolo 3: Il blues a 12 battute 473.1. Il significato di “blues” in questo capitolo e nel libro 473.2. La struttura del blues a 12 battute 483.3. Esempi di blues nel jazz 493.4. Blues in minore 593.5. Conclusioni 60

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Capitolo 4: Rhythm Changes (Anatole) 614.1. La struttura di base 614.2. La parte A 614.3. La parte B o ponte 634.4. La struttura completa 634.5. Gli esempi 634.6. Conclusioni 70

Capitolo 5: Gli “standard” 715.1. Introduzione 715.2. Gli esempi 715.3. Conclusioni 74

Capitolo 6: I brani rifatti 756.1. Introduzione 756.2. Gli esempi 756.3. Conclusioni 78

Capitolo 7: La “battaglia” fra Coleman Hawkins e LesterYoung 807.1. Introduzione 807.2. Gli esempi 827.3. La verità sulla battaglia 837.4. Conclusioni 84

Capitolo 8: Tributo a Benny Carter 858.1. Introduzione 858.2. Gli esempi 868.3. Conclusioni 88

Capitolo 9: Il concetto di “compositore” nel jazz 899.1. I compositori 899.2. Jelly Roll Morton 909.3. Duke Ellington 939.4. Thelonious Monk 979.5. Charles Mingus 999.6. Conclusioni 101

Capitolo 10: Tributo a Jimmie Lunceford 10210.1. Introduzione 10210.2. Gli esempi 10310.3. Conclusioni 107

Capitolo 11: I cantanti nel jazz 10811.1. Introduzione 10811.2. Gli esempi 10811.3. Conclusioni 112

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Capitolo 12: Le stranezze 11312.1. Introduzione 11312.2. Gli esempi 11312.3. Conclusioni 125

Capitolo 13: Jazz modale 12713.1. Introduzione 12713.2. Gli esempi 12813.3. Conclusioni 130

Chapter 14: Free Jazz 13114.1. Introduzione: le ambizioni del free jazz e la sua originalità 13114.2. Gli esempi musicali 13314.3. Conclusioni 135

Capitolo 15: Cinema e jazz 136

Capitolo 16: Bibliografia e Referenze 14116.1. Lista di referenze, con tutte quelle menzionate nei capitoli precedenti 14116.2. Commenti 144

Appendice: Lista degli esempi 147

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Introduzione

Sia che amiate il jazz o lo odiate, che abbiate interesse per il jazz o no, questolibro vi piacerà, credetemi. Ad esempio, è possibile che apparteniate alla categoria diquelli che dicono: “non mi piace il jazz”, oppure: “il jazz è un’orribile cacofonia disuoni senza senso”. Se è così, questo libro è senza dubbio per voi, perché vi aprirà unmondo di sensazioni, colori, sapori e paesaggi che renderà la vostra esperienza di vitapiù ricca.

Questo libro vuole illustrare, con un po’ di materiale didattico e molti esempimusicali, come il jazz1 “funziona”. Dato che questa musica pone l’accento su aspettinon comuni ad altri tipi di musica, un minimo di spiegazioni possono esserenecessarie per apprezzarlo, e quanto più sono profonde, tanto più l’apprezzamento ègrande. Nonostante questo trattato non cerchi di far di voi un musicista, forse solo unmusicologo, dovrebbe permettervi di facilmente riconoscere le strutture musicali usatedai jazzisti nelle loro improvvisazioni e l’uso che ne fanno. Ciò è importante, perché ilnocciolo dell’arte improvvisatoria sta nel trattamento del materiale musicale.

Vi sono anche quelli a cui il jazz non dispiace, ma che non hanno alcunacomprensione del suo funzionamento interno, proprio come vi sono di quelli cheapprezzano l’arte senza conoscerne il processo creativo. Il che è perfettamenteaccettabile, specialmente se il processo artistico è stato interiorizzato anche senzasaperlo. Tuttavia non ci sarebbe niente di male nel cercare di rendere oggettiva questaconoscenza, possibilmente usando la terminologia musicale accettata, perché rendel’esperienza musicale comprensibile a tutti.

Vi sono di quelli a cui non piace la musica sotto nessuna forma. Ciò è difficile dacredere perché, a parte disfunzioni patologiche, il mondo dei suoni comunica semprequalche significato ed emozioni a creature viventi, dagli uomini ai gatti passando perle piante (?), e data la gran quantità di musiche in tutte le epoche e culture, ognipersona ha qualche reazione alla musica - spesso sfruttata da musiche utilitaristichecome gli inni, le antifone, le marce militari.

Vi sono poi di quelli che affermano di non amare il jazz. Ciò è abbastanzacomune, ma sono certo che in moltissimi casi derivi da un malinteso, dato che non èfacile sapere che cosa sia il jazz. Già la sua definizione, come vedremo oltre, èdifficile e, anche se sembra una verità lapalissiana, solo il “buon” jazz è jazz, e questonon è facile da trovarsi. I brani di questo libro, si può affermare, costituiscono esempidi “buon jazz”, anche se sono stati scelti più che altro per illustrare gli argomentitrattati. La mia esperienza è che la gente che non ama il jazz è sorpresafavorevolmente quando esposta a grandi opere.

Vi sono di quelli che hanno qualche apprezzamento per il jazz - che rappresentacirca il 3,4% delle vendite di dischi contro il 3,8% per la musica classica - ma chefanno fatica a comprendere qualità o deficienze di un brano. Questi beneficeranno disicuro da questo libro, che si prefigge di spiegare come questa musica viene fatta ecome va apprezzata.

1 La parola “jazz” verrà usata in tutto questo testo per indicare quel genere di musica generalmentechiamato in tal modo, anche se il termine è spesso disprezzato dai musicisti di jazz, che preferisconopensare in termini di musica.

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Colpo d’occhio su questo libro

Se, com’è probabile, state tenendo in mano questo libro, dovete sapere che ogniparola o frase in corsivo e sottolineata è un collegamento (link) ad un esempiomusicale che può essere ascoltato.

Il CD-ROM incluso nel libro contiene quanto segue:− il libro completo in un singolo in formato Acrobat, “libro.pdf”− l’archivio EXCEL “brani.xls”, che è la lista di tutti gli esempi musicali,

classificati per capitolo; il foglio 1 contiene tutto quanto, il foglio 2 solo ibrani in formato MP3, ed il foglio 3 solo gli esempi didattici sintetizzati informato MISI. Questo è l’archivio che dovreste aver sempre sullo schermo seleggete dal libro in forma cartacea: basterà poi cliccare sull’esempio riportatonel libro per udirlo

− il programma “chords.exe” con l’archivio corrispondente DEVICE.TXT (nonnecessario) per conoscere le note di un accordo ed ascoltarlo

− la cartella MP3 con i suoi 421 esempi di brani di jazz in formato MP3− la cartella MIDI con i suoi 4 esempi di brani in formato MIDI− la cartella AUXIL con i suoi 70 esempi didattici in formato MIDI e uno

WAV

La scelta dei capitoli

Questo libro, e tutto il materiale che contiene, non richiede alcuna conoscenzamusicale. Tutte le definizioni partono da zero, da come sono definite le note fino alleprogressioni armoniche e le analisi musicologiche con griglie armoniche.

Svariati criteri hanno dettato la scelta dei capitoli. Dapprima l’accento è posto sucome il jazz sia fondamentalmente diverso da ogni altro tipo di musica e che cosa essosi prefigge. In seguito, per vederne il contenuto, un po’ di strumenti della musicologiavengono trattati per scavare profondamente nella musica: ad esempio, le strutture ed ilmateriale musicale usato dai jazzisti per costruire il loro messaggio extra-musicale.Alcuni capitoli si occupano di argomenti raramente trattati in testi di jazz: che cosa siaun “compositore” di jazz, l’analisi dell’opera di grandi jazzisti raramente discussi,come Jimmie Lunceford, o di noti qui rivisti per aspetti nuovi (le sezioni di sassofonidi Benny Carter, i brani strani) o aspetti del jazz non ovvi a profani (in che cosaconsiste la qualità di un cantante). Termina con materiale didattico sul jazz modale esul free jazz.

Ecco un breve riassunto dei capitoli e del loro contenuto:

Capitolo 1. La natura del jazz

Perché il jazz non è “solo” una musica: la teoria dello swing. Lo swing è perdefinizione la linfa vitale del jazz ed è un concetto che non ha solo a che fare conaccenti ritmici, ma anche con tutti quegli elementi non oggettivabili, forse extra-musicali, grazie ai quali il jazzista “racconta la sua storia”. Quindi per i jazzisti, i qualipossiedono una tecnica musicale senza pari e superiore, di solito, a quella di interpreticlassici, la loro tecnica è sempre e solo al servizio dell’espressione, e non fine a sestessa.

Capitolo 2. La teoria musicale

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Questo capitolo, il più teorico del libro, intende coprire i fondamenti della musicacollegati con il jazz e spiegare la terminologia usata nei capitoli seguenti. Inparticolare vengono trattati:

− tempi e battute, ossia come si identica una particolare sezione di un brano− le note musicali, che cosa sono, da dove provengono, che cosa significano− più note assieme: intevalli ed accordi, le basi dell’armonia, o l’arte di assemblare

suoni− scale e modi− progressioni di base− le “blue notes”− l’improvvisazione nel jazz: la parafrasi di melodie− la notazione musicale− tonalità e scale− strumenti che traspongono− la trasposizione digitale− il programma che determina e suona accordi

Tutti i concetti sono spiegati con esempi musicali (note, accordi, scale) chepossono essere uditi con il CD-ROM incluso.

Capitolo 3. Il blues a 12 battute

Si tratta della più importante struttura improvvisatoria, base di un gran numero dibrani di jazz, compresi quelli non chiamati blues (mentre alcuni chiamati così nonsono blues!). La struttura viene descritta in dettaglio con la sua armonia di base, equindi con molti esempi. Si noterà come l’armonia non sia essenziale, e come ijazzisti abbiano continuamente modificato gli accordi pur mantenendo la natura dellastruttura. Lo scopo è di permettere al lettore di riconoscere subito questa struttura.

Chapter 4. Rhythm Changes (Anatole)

Si tratta di una struttura più complessa, eppure molto diffusa. Ancor più che per ilblues vi sono innumerevoli variazioni. Anche qui l’idea è di permettere al lettore diriconoscere la struttura grazie ai molti esempi musicali, nonché le variazioniintrodotte dai jazzisti.

Chapter 5. Gli “standard”

Gli standard sono un’altra sorgente di materiale musicale per i jazzisti. Sono statescelte alcune interpretazioni quali Stardust, Honeysuckle Rose, Laura, All the thingsyou are, per vedere come i jazzisti trattano il materiale.

Capitolo 6. I brani rifatti

Assieme ai brani composti da jazzisti, i “brani rifatti” costituiscono una gran partedel materiale del jazz. Si tratta di canzonette esistenti, sugli accordi delle quali vienesovrapposta una nuova melodia, talvolta anche un’altra armonia. Gli esempi illustrano

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come questo funzioni. Il sommo per il lettore è di imparare a riconoscere, per unbrano rifatto, la sua origine armonica, ossia l’originale.

Capitolo 7. La “battaglia” fra Coleman Hawkins e Lester Young

Questo è un esempio di come nel jazz intere scuole stilistiche siano basate suelementi non oggettivabili quali la sonorità del sassofono tenore, il tipo di swing, l’usodi abbellimenti come il vibrato ed il “growl”, la forma della linea melodica. Hawkinse Young sono esempi lampanti di poli opposti. I brani dovrebbero permettere allettore di vedere le differenze dei rispettivi approcci.

Chapitolo 8. Tributo a Benny Carter

Carter è un multi-strumentalista, eccellente al sassofono alto e talvolta allatromba. Gli esempi sono stati scelti per illustrare la sua abilità a scrivere e condurresezioni di sassofoni.

Capitolo 9. La definizione di “compositore” in jazz: Jelly Roll Morton, DukeEllington, Thelonious Monk, Charles Mingus

Infine, il materiale del jazz proviene dall’opera di jazzisti, sia improvvisatori(Armstrong, Hawkins, Parker, Coltrane) che compositori, quelli che hanno costruitouna base teorica originale per la loro opera. Quattro di questi - Morton, Ellington,Monk, Mingus - sono trattati in dettaglio.

Capitolo 10. Tributo a Jimmie Lunceford

Quest’orchestra aveva il livello delle più note di Duke Ellington e Count Basie,ma forse a causa della morte prematura del direttore Lunceford nel 1947 oggi èpraticamente dimenticata. Questi esempi vogliono raddrizzare questo torto storico emostrare l’eleganza e la raffinatezza dell’insieme e dei solisti, sempre basate sulmassimo dello swing.

Capitolo 11. I cantanti di jazz

Il canto nel jazz non è un esercizio di bel canto, ma al contrario la voce è usatacome uno strumento musicale del jazz per massimizzare l’espressione e lo swing. Istili variano pertanto da quello urlato di gola alla pronuncia pacata.

Capitolo12. Le stranezze

Questi brani sono stati inclusi perché giacciono ai margini del jazz o hannoqualche particolarità: sia nell’armonia, nell’origine del materiale (classica, o di altreculture musicali, che nell’espressione, e così via. Dimostrano quanto siano vaste lefrontiere del jazz - in un certo senso, tutto è jazz, inclusi l’inno Abide With Me ed ilbrano tunisino Djerbi!

Capitolo 13. Jazz Modale

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Si tratta di esempi in cui l’improvvisazione, invece di essere basata suprogressioni armoniche, è concepita su scale e modi. Illustrano la transizionedall’armonia tonale ad altri paradigmi per l’improvvisazione.

Capitolo 14. Free Jazz

Il jazz è di solito tonale, con metro a 4/4 e strutture armoniche a multipli di 4battute. Invece questi jazzisti dimostrano che tali caratteristiche, che provengono dalmondo classico, dai valzer, mazurche, operette, produzioni di Tin Pan Alley, non sonoessenziali per la generazione dello swing e possono essere accantonate. Bahia,suonato dapprima come negli anni ’50 e poi come negli anni ’60, illustra come loswing aumenti grazie agli apporti dell’espressionismo del free, che tendeall’universalità nella musica e nell’espressione, come gli esempi illustrano.

Capitolo 15. Cinema e jazz

Non è per niente un trattato esaustivo sui film che hanno a che fare con il jazz.Sono contenute osservazioni su ciò che c’è di buono e meno buono nella storia dellacollaborazione fra la settima arte ed il jazz, e posso se non altro dire che ho visto tuttiquesti film.

Capitolo16. Bibliografia e referenze

Una lista bibliografica di referenze, sia citate che non citate nel testo, e qualchecommento.

Sullo stile del libro

In tutto questo scritto viene usata la forma impersonale, come in “non c’è dubbioche Hawkins si divertì molto in Olanda” quando viene asserito un fatto oggettivo ocontrollabile. Mentre invece la prima persona, come in “Sono convinto che questo siauno dei migliori brani di Parker” è usata quando il sottoscritto sta esprimendo unparere personale, soggettivo e che non obbligatoriamente deve essere condiviso dallettore o da altri.

Avvertenza: l’uso del maschile per indicare una persona non implica per nienteuna preferenza di sesso, evita solo la ripetizione di pronomi. Mi rimetto al perdonodelle lettrici, che spero apprezzeranno i brani di jazz suonati da donne.

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Avvertenze generali

Mi permetto di ricordare che questo è un testo che si limita a voler esaminare ilmeccanismo interno del jazz, e niente di più (come se non bastasse!). Per cui tuttoquello che vi è contenuto è stato concepito per questo scopo, perciò mi sentoobbligato a sottolineare quanto segue.

Questo non è un libro sulla storia del jazz. Materiale storico ed aneddotico èstato incluso solo dove ritengo sia di aiuto. Non vi sono garanzie di completezza, odaccuratezza, anche se sono abbastanza sicuro del mio sapere e delle mie fonti.

Non è un juke box di brani di jazz. Vi sono 421 esempi, estratti da dischi veririmaneggiati, per illustrare gli argomenti del testo. Per cui raramente sarete in grado diascoltare un brano per “goderlo”. Se la musica vi piace, dovrete comperarvi il disco(vi sono abbastanza referenze discografiche nell’archivio brani.xls per poterlo fare).

Non è un saggio discografico. L’informazione data sui brani dovrebbe bastare adidentificarne la registrazione, se disponibile (per lo più all’istante, in negozispecializzati). Nessuna pretesa di accuratezza, anche se ancora una volta sonoabbastanza sicuro delle mie fonti. Ho classificato, soggettivamente, la disponibilità deibrani per ogni esempio, nella quarta colonna, come segue:

3- correntemente disponibile in un negozio di CD (nei maggiori), nella sezionededicata al jazz, dove semmai l’esperto locale ve lo saprà trovare

2- il CD era disponibile ma credo sia difficile da trovare, ma forse il negozio ve lopuò ordinare

1- si tratta di un CD difficile da trovare o di un 33 giri, ma che forse si puòordinare

0- non ho la più pallida idea dove si possa trovare questo disco, probabilmente lamia copia proviene da un disco a 78 giri o da qualche trasmissione radio cheho registrato decenni fa.

Vi potrete chiedere, ma a che cosa serve includere estratti da brani quasiimpossibili da trovare? Ho almeno due risposte: la prima è che ho pensato chel’esempio doveva essere incluso per illustrare l’argomento trattato, anche se il branonon è più disponibile. La seconda è che spero che dimostriate che ho torto: magari nelfrattempo il brano è stato pubblicato di nuovo su di un CD che non conosco, o l’avetetrovato in versione 78 giri in qualche negozio di antichità - come mi è successo.Infine, invito caldamente il lettore interessato a comunicare con me per postaelettronica per chiedermi aiuto. Ancora una volta, senza garanzia di accuratezza.

Non è un cosiddetto “fake book” con le griglie armoniche di brani e melodie perstudenti di jazz. Ho talvolta incluso griglie armoniche di brani, spesso semplificate,per illustrare gli argomenti del testo. In altre parole, questo non è un libro perapprendere a suonare, ma per apprendere ad ascoltare anche senza alcunacognizione musicale o musicologica precedente.

Questo non è un trattato su criteri estetici nel jazz, musica o arte. Sebbene ilmateriale trattato è certamente della più alta qualità musicale, questo non è il punto,dato che gli esempi hanno scopo didattico. Per cui la scelta di un dato brano nonimplica alcuna discriminazione o giudizio su di un altro non incluso. Certamente gliesempi sono stati scelti perché li conosco bene e perché credo che illustrino bene ciòche cerco di dire. Per cui ritengo che critiche quali “ma non ha nemmeno incluso X”non abbiano molto senso in questo contesto.

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I dati di ogni brano

I dettagli discografici nell’archivio brani.xls sono sufficienti secondo me adidentificare il brano di origine e la registrazione (e distinguerla da altre versioni: adesempio, Count Basie ha registrato Jumpin’ at the Woodside parecchie volte, comeEllington con Take the A Train, due esempi fra molti). Ho dato il numero di battutedel brano dove è importante, il metronomo per dare un’idea di come contare -nonostante che spesso la velocità cambi all’interno del brano, dato che lo swing non èa velocità fissa, ma è il rapporto che si stabilisce fra solista, o sezione melodica, esezione ritmica - per cui ho approssimato il numero di battiti al minuto al prossimomultiplo di 5, non certo una pratica felice per tenere costante l’errore in tutta lagamma da 50 a 350!

La tonalità è menzionata dove ha significato. Ossia, anche se il jazz è per lo piùtonale, in brani in cui il ciclo improvvisatorio evolve in fretta non è facile stabilire uncentro tonale (come nei brani di Monk, quale Ruby, My Dear, sottocapitolo 9.4).Inoltre le orchestre di jazz cambiano tonalità per accomodare cantanti, solisti o sezionicon passaggi da riutilizzare (si veda Caldonia, capitolo 12). Come sempre, questeindicazioni sono state date per aiutare il lettore, che può farne quel che crede, fino acontestarle.

Sui brani

I 421 segmenti da brani di jazz sono stati processati in vari modi. Alcuni inizianoproprio all’inizio del brano, altri nel mezzo, ed alcuni iniziano a brano inoltrato eterminano con la fine del brano. Per cui ho spesso fatto comparire il branogradualmente o l’ho fatto svanire.

Quindi ho cercato di rimuovere un po’ del rumore di fondo, presente spesso nonsolo nei 78 giri in shellac e nei 33 giri in vinile, ma anche in riedizioni contemporaneesu CD! Una vergogna! Per quanto possibile ho eseguito un po’ di restauri, ma nonabbiate paura, più di un brano è pieno di rumori vari, dato che non sono in grado dirimuoverli tutti. Quindi ho normalizzato il volume per cercare di dare lo stesso a tutti ibrani. Da ultimo, mi sono reso conto che molti dischi e addirittura CD non “girano”alla velocità giusta, per cui la musica è nella tonalità sbagliata! Vergogna totale,perché costerebbe poco alla casa discografica controllare che l’originale sia nellatonalità e velocità corrette. Ho ripristinato tonalità e velocità grazie ad un processodigitale, decritto nel sottocapitolo 2.12.

Sulle tecniche di registrazione

Gli esempi provengono da registrazioni dal 1917 - non includendo i rulli dipianola, che sono anteriori - a circa oggi e sono stati registrati in vario modo.

Fino a circa il 1925, la registrazione era meccanica, il che significa che la trombadi fronte al musicista, che funzionava da amplificatore sonoro, possedeva unamembrana collegata meccanicamente all’ago che incideva. La velocità era di “circa”78 giri ed antichi grammofoni hanno una levetta che permette di variare la velocità!Non è difficile identificare una registrazione meccanica, a causa della scarsa bandasonora - un po’ come i vecchi telefoni - e della dinamica limitata - poca variazione dapiano a forte. Tutte le registrazioni di Enrico Caruso sono meccaniche.

Quindi si impose la registrazione elettrica (microfono ed amplificatore) emagnetica (in cui l’ago che incide è mosso da un elettromagnete), e la qualità di quei

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78 giri diventò con il tempo vicina all’alta fedeltà, eccettuato per la dinamica, cheperò era di gran lunga più alta che quella dei primi dischi. Nei primi anni ’30 un solomicrofono veniva usato per registrare un’orchestra di 15 elementi, eppure l’arteacustica di quegli ingegneri era tale da farci udire tutti gli strumenti con l’intensitàgiusta, inclusi chitarra, contrabbasso e batteria, come possiamo udire oggi. Nella metàdegli anni ’30 vennero messi a punto registratori “portatili”, quelli che usò Hawkinsper incidere nei vari casinò in Olanda. Quasi tutti i dischi di jazz erano da 25 cm eduravano circa 3 minuti. Il materiale era shellac, a parte qualche incisione direttanell’acetato (rumoroso e di bassa qualità, come Up On Teddy’s Hill, capitolo 5, eOrnithology, seconda version, capitolo 6).

I dischi microsolco a 33 giri apparvero nei primi anni ’50, e quelli di jazz eranosempre da 25 cm come i precedenti 78 giri, con 4 brani per facciata. I brani potevanoperò essere più lunghi di 3 minuti quando la registrazione iniziò ad essere effettuata sunastro magnetico, per essere trasferita dopo al disco. I nastri acquisirono molte pistesu cui gli stumenti potevano essere registrati separatamente e “mixati” in seguito. I 45giri Extended Playing con 2 brani per faccia apparvero in quest’epoca, contenenti unterzo del Long Playing da 30 cm da cui erano estratti, mentre quelli per i juke boxavevano un brano per facciata e sostituirono i 78 giri, perché più piccoli e duraturi. Lastereofonia arrivò dopo la seconda metà degli anni ’50 (si veda tuttavia laregistrazione stereo dell’orchestra di Duke Ellington nel 1932, sottocapitolo 9.3). Laqualità delle registrazioni degli anni ’60 è eccellente, a parte un leggero rumore difondo del nastro ed una dinamica limitata dal nastro analogico, ed il fatto che restavasempre troppo facile graffiare il disco, che aveva sempre più rumore del nastro.

I CD apparvero all’inizio degli anni ’80, ma quelli di jazz soppiantarono i dischidi vinile solo a partire dalla seconda metà della decade. Non vi è problema aripubblicare i dischi degli anni ’60 e ’70 - se le compagnie discografiche esitano, lofanno molte ditte pirata, specialmente in Giappone. Le registrazioni contemporaneehanno una qualità limitata solo dalla bontà dell’impianto stereo casalingo - non sonotra quelli che dicono che i CD hanno un suono peggiore dei microsolco! Mentre midiletto del suono del mio vecchio amplificatore Fisher a valvole, affermo che gliapparecchi di oggi hanno proprio un bel suono, più che sufficiente per i brani di jazz,in cui non si ascolta il “suono” della musica, bensì la “storia” che il musicista ciracconta. Tuttavia consiglio l’ascolto di questi MP3 su di un impianto ad alta fedeltà enon dai microaltoparlanti di una scheda audio o di un notebook.

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Capitolo 1La natura del jazz

1.1. Come leggere questo libro

Questo è un libro multimediale. Ciò significa che la sola lettura non basta perutilizzarlo pienamente, dato che trae molta della sua originalità dal fatto che gliesempi descritti possono essere attivati direttamente ed ascoltati. Dopo tutto, un librosulla musica dovrebbe contenere musica! Vi sono qui oltre 420 esempi di brani dijazz, per oltre un secolo di storia, ed oltre 70 esempi didattici in formato MIDI perillustrare la teoria musicale.

Tutti questi collegamenti o links, la presenza dei quali è indicata dal fatto che iltesto è in corsivo e sottolineato, possono essere attivati se si legge il testo dalloschermo del computer.

Se invece si preferisce tenere in mano la versione stampata del libro, come faccioio, allora è consigliabile avere aperto sullo schermo l’archivio brani.xls, che contiene inomi di tutti gli esempi sonori nell’ordine in cui appaiono nel libro stampato,raggruppati per capitolo.

Le referenze alle altre opere pubblicate sono incluse in parentesi quadre, comeper esempio [Lucchini], e si trovano nella bibliografia, capitolo 16.

1.2. Il ruolo dell’improvvisazione nel jazz

Il jazz è per definizione improvvisato, perché il suo scopo è la glorificazionedell’istante. Il modo in cui il materiale è trattato è l’elemento più importante, più cheil materiale stesso. Il jazz è l’erede di una cultura orale [Sidran] e pertanto vuoletrasmettere il messaggio ponendo l’accento massimo su quegli elementi nonoggettivabili che non possono essere scritti su di uno spartito musicale.

Ne segue che l’improvvisazione musicale non è la stessa che in altre disciplinemusicali, ad esempio nella musica classica. Per esempio, se J.S.Bach improvvisa unafuga, non diventa un jazzista, perché il suo scopo è di creare un’opera finita ecompleta, che nelle sue intenzioni dovrebbe trasmettere la stessa qualità emotivaanche se trascritta ed eseguita secoli più tardi, e rendere un ideale di perfezione ebellezza indipendente dall’istante in cui viene suonata. Mentre al contrario si può direche un’orchestra di jazz che suona da uno spartito “improvvisi”, perché ogniinterpretazione è, per definizione, diversa, perché vive in un altro istante.

Chiaramente questa è una descrizione poco sfumata, tipo bianco-nero, per renderel’idea. Difatti molti musicisti occidentali hanno costruito i loro brani sull’istante, unpo’ come fanno i jazzisti - per esempio, molti brani di Chopin o spartiti per legni diVivaldi assomigliano ad improvvisazioni trascritte - mentre esistono versioni dellostesso brano da orchestre jazz così precise da non poterle distinguerle - ad esempioJimmie Lunceford, assoli improvvisati a parte. Tuttavia rimane la differenzafondamentale nell’approccio, ossia, che il merito di un brano di jazz sta praticamentetutto nel modo in cui è suonato, e non nella composizione o spartito - che di solito nonc’è neanche.

È possibile nominare quegli elementi non oggettivabili con il termine abusato diswing. Lo swing è la linfa vitale del jazz, il medio attraverso il quale il musicista dijazz comunica con l’ascoltatore. Il termine possiede differenti significati in epochediverse - gli innovatori sono sempre stati tacciati, all’inizio della loro carriera e di una

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nuova epoca, di non saper “swingare”, fino a quando critici e pubblico riuscivano amettersi finalmente al passo. Per cui lo swing non può essere ridotto né a qualcheasimmetria ritmica - che è stata persino riprodotta da qualche programma di computer,anche se con cattivi risultati - né ad uno stile particolare - quale l’uso di vibrato, ampiasonorità e “growl” da parte dei sassofonisti tenore della fine degli anni ’30, che siispiravano a Louis Armstrong e Coleman Hawkins. Stile in seguito abbandonato daLester Young ed i suoi discepoli, incluso Charlie Parker, che hanno ridefinito loswing. Allo stesso modo, i boppers degli anni ’40 e ’50, e poi i sostenitori del freejazz degli anni ’60 e ’70 - John Coltrane, Pharoah Sanders, Archie Shepp, AlbertAyler, Gato Barbieri - hanno considerevolmente esteso il concetto dello swing, graziealla loro abilità di sentire il tempo in modo preciso, pur abbandonando la pulsazioneregolare dei predecessori.

Anche se molti degli aspetti dell’improvvisazione libera possono essere ritrovatiin altre culture, specialmente quelle non scritte - “fado” nel Portogallo e “CanteHondo” in Andalusia [Lang], e la musica andina di Perù, Bolivia e Cile - il jazz afro-americano ha la proprietà di essere divenuto, che lo voglia o no, un’arte nel senso incui questo termine viene usato in occidente. Ciò implica che i musicisti di jazz nonambiscono a “rispettare la tradizione” e “suonare come i padri”, e ciò vale perfinonella tradizione relativamente chiusa di New Orleans, dove nuovi re della cornetta odella tromba detronizzavano gli anziani. I nuovi musicisti, invece, sono sempre staticapaci di trarre ispirazione dai documenti “astratti” degli anziani, come fece CharlieParker studiando a memoria gli assoli di Lester Young dai dischi, per costruire unanuova partenza e sviluppare un contributo originale. Almeno in questo senso, il jazz èun’arte e non un folklore o una musica popolare (anche se l’etichetta di arte verrà poivista come alienante dai jazzisti del free, come vedremo nel capitolo 14). Difatti, iljazz si è evoluto rifacendo in pochi decenni la storia di secoli di musica occidentale,dalla polifonia all’astrattismo.

Questo fatto ha importanti conseguenze, che forse rappresentano la “prova” chelo swing è qualcosa di unico, e determinano quale sia il “documento” dell’arte delloswing. Se per l’arte figurativa il documento di riferimento è il quadro o la scultura, perla letteratura è il libro o il materiale stampato, e per la musica classica occidentale è lospartito (che si presuma contenga ciò che voleva il compositore, dato chel’insegnamento classico apprende appunto come leggere lo spartito ed interpretarlocorrettamente, centro di tutto l’interesse, nonostante diverse interpretazioni che peròhanno tutte lo scopo di rappresentare lo spirito del compositore, e non quellodell’interprete), per il jazz è invece la registrazione discografica, che sia cilindro,disco piatto, a 78 giri, in vinile, o digitale (si veda il sottocapitolo 1.10) che costituisceil documento oggettivo, perché solo la registrazione del suono cattura e riproduce loswing. Per cui la preistoria del jazz finisce nel 1917, quando la Original DixielandJass Band, un gruppo bianco di New Orleans, incide il primo disco di jazz della storia,Livery Stable Blues, capitolo 3 (una breve discussione su sistemi di registrazione piùantichi, quali i rulli per pianoforti, appare nel capitolo 12). Ossia, per quanto grandepossa essere stato Buddy Bolden [Barker, Lang] non abbiamo nessun strumento jazz-musicologico per analizzare la sua arte, perché non ha lasciato dischi. Quindi l’”arte”del jazz non avrebbe potuto svilupparsi prima dell’invenzione del grammofono, unprodotto venduto alla comunità afro-americana, che liberata dalla schiavitù di cuisoffriva prima della guerra civile poté essere trasformata in una società di salariati econsumatori. Quindi ancora, il disco non è solo una simpatica aggiunta ad una musicache può esistere senza di esso, come è il caso della musica classica, è invece ildocumento indispensabile senza il quale il jazz non può essere “annotato”.

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Si può affermare che nel jazz tutti gli elementi musicali vengono usati nel sensodella massimizzazione dello swing. Quindi l’uso dell’armonia tonale classica, criticatocon ragione dagli amanti di musica classica perché ridotto a strutture elementari, èlimitato a quelle sequenze sulle quali un improvvisatore può costruire la sua prosodiacon la massima facilità per generare swing e costruire parafrasi naturali.

Le melodie vengono sistematicamente trasformate per evitare sequenze che nonportano allo swing, come è stato il caso di canzonette mal composte, perfino quelle dinoti autori come Gershwin e Porter, che non erano jazzisti, la cui melodia è statamigliorata o modificata per riprodurre modelli swinganti - il poeta Langston Hughesscrisse che il be-bop, con le sue melodie che sembravano ritmicamente asimmetricheagli ascoltatori di mezzo secolo fa, riproducono le inflessioni della parlata dei neri e dicerti dialetti africani. La scelta del metro è limitata, almeno fino agli anni ’60, alsemplice 4/4 delle marce occidentali, solo più tardi portata a 3/4 e 6/8, raramente 5/4.Ancor più grave da un punto di vista musicologico, tutti i brani di jazz consistevano diun numero di battute che era un multiplo di 4, come nei valzer, polche, mazurche,marce militari, perché quello era lo schema che istintivamente si prestava al meglioper l’improvvisazione e lo swing. Tale riduzionismo musicale - armonia limitata, ritmisemplici, strutture fisse - ha nuociuto all’immagine del jazz per decenni, specialmentefra quelli che non hanno saputo vedere, o sentire, le conquiste nello sviluppo delloswing. È stato risolto in parte con l’idea di universalità del free jazz (capitolo 14),capace di fare a meno di armonia, 4/4, tonalità, maggiore e minore, battute, e perfinodelle note, pur mantenendo la forza espressiva generalmente associata con l’idea diswing.

1.2.1. Le strutture dell’improvvisazione

Il jazz ha una particolarità che nessuna altra musica che conosco possiede: ossia,(quasi) tutti i brani sono, o erano, costruiti su strutture di base, e non sull’armonia,come nella musica dell’occidente, su modi e scale melodiche come in India ed inAsia, o su sovrapposizioni poliritmiche come in Africa e a Cuba [Bilmes].

È opportuno ripetere queste caratteristiche: le strutture dell’improvvisazione neljazz non dipendono da armonia, melodia, ritmo, metro o velocità del metronomo,eppure rimangono chiaramente identificabili.

Pur esistendo brani standard (capitolo 5) con sequenze di accordi ben conosciutedai jazzisti - Stardust, All the Things You Are, i brani di Gershwin e Porter, e quelli dicompositori di jazz come Ellington e Monk (capitolo 9) - un numero molto grande dibrani sono basati sulla struttura del bues a 12 battute (capitolo 3) e su quella deiRhythm Changes AABA a 32 battute (capitolo 4).

Queste strutture di base, sorte dalla tradizione e dalla necessitàdell’improvvisazione, hanno il vantaggio di poter essere subito riconosciute, usatefacilmente nell’improvvisazione, trattate, modificate e così via senza gran riguardoper le caratteristiche musicali che le sorreggono, pur senza cambiarne la natura.Un’impresa al di fuori della competenza di musicisti classici, solo pochi dei quali sisentono a loro agio nell’improvvisare in un largo di Vivaldi, o suonare al volo ilcontinuo per clavicembalo, o suonare assieme senza spartito (che addirittura il grandeYehudi Menuhin dimostrò di non saper fare con Duke Ellington): nel jazz è un po’come se il direttore d’orchestra, dopo aver rimosso lo spartito, cambiato l’armonia, lamelodia, il ritmo, la velocità di esecuzione, chiedesse poi un’interpretazione che tuttiriconoscano come quel largo di Vivaldi!

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Come è possibile identificare queste strutture? Affermo che questa abilità sianecessaria per poter afferrare ciò che l’improvvisatore sta cercando di fare,distinguendo fra quello che proviene dalla base della struttura e quello che vi vieneaggiunto o modificato. L’essenza dell’improvvisazione e dello swing è proprioquesto, “fare del nuovo” in un modo che “però è sempre lo stesso” brano. Adesempio, perfino nel trattamento del ritmo, l’abilità del jazzista risiede nel “starnefuori” il più possibile senza però caderne fuori. Lo stesso si applica ad armonia emelodia. Una maniera di visualizzare questo processo potrebbe essere di vedereimprovvisazione melodica e sezione ritmica come due fili fra cui si estende unalamina come quella di una bolla di sapone, che sarebbe lo swing, mentre entrambitirano in tutte le direzioni ma senza mai romperla. Lo stesso viene poi riprodotto,come nei frattali, fra i membri delle sezioni melodiche dell’orchestra, di quelli dellasezione ritmica, ed anche negli assoli non accompagnati (come in West End Blues,capitolo 3, My Man e Famous Alto Break, capitolo 12). Tutto ciò può avere a che farecon i leggeri spostamenti fra i tamburi degli Africani e dei Cubani, che pur suonandoassieme non cadono mai esattamente sul battito dove l’orecchio occidentale vorrebbe[Bilmes].

Lo studio e l’analisi di queste strutture è l’oggetto dei capitoli 3 e 4, mentre altri,e specialmente i capitoli 5, 13 e 14 hanno lo scopo di identificarne altre, quali quelleche sono le stesse anche se appaiono diverse, come nel capitolo 6.

1.3. La potenza dello swing e la sua evoluzione

Come visto, lo swing consiste di tutti quegli elementi non oggettivabili checostituiscono l’unicità di un brano e che non hanno quasi niente a che vedere con ciòche è scritto sullo spartito, ammettendo che ci sia. Sono tentato di aggiungere che loswing è la proiezione di sentimenti umani (tristezza, gioia, ambivalenza) con metodiche non sono contenuti negli elementi musicali, e vengono pertanto trasmessi con uncanale non musicale.

Per illustrare l’evoluzione della tecnica dello swing, e da quando e per quanto ijazzisti si siano preoccupati con questo problema, dalle origine stesse del jazz (infattil’evoluzione non si è mai fermata), ho scelto l’esempio, che vuol essere spettacolare,dello stesso brano, una composizione elaborata dal titolo di Shanghai Shuffle, di LarryConley e Gene Rodemich, registrata dalla stessa orchestra, quella di FletcherHenderon, due volte, la prima nel 1924 e poi ancora nel 1934.

Solo dieci anni (meno di un ottavo della vita di Giuseppe Verdi) e quantadifferenza nello swing! Al punto che si fa fatica a riconoscere il brano! Mentre ilsuono dell’orchestra del 1924 è piacevole e commovente, è come se nel 1934 trombe,sassofoni, tromboni, sezione ritmica uscissero da una massa vischiosa di miele emolassa per mettersi a saltare e ballare! È questo uno dei miracoli dello swing, di cuioso sperare che il lettore apprezzi l’evoluzione, ad esempio dall’assolo di King Oliverin Dippermouth Blues, capitolo 3, alla superba disinvoltura di Charlie Parker inRelaxin’ at Camarillo, capitolo 3, fino ai fuochi di artificio di Coltrane in Straight, NoChaser, capitolo 12, senza per questo disdegnare i tentativi dei primordi, che cipermettono di apprezzare i progressi.

1.3.1. La tecnica strumentale nel jazz

Non c’è dubbio che, in modo indipendente, i jazzisti abbiano sviluppato tecnichestrumentali che, soprattutto per gli strumenti a fiato, vanno al di là di quello che ci si

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aspetta da un musicista classico, senza ancora entrare in merito sulla facilità diimprovvisare e di swingare. Tuttavia questa tecnica è spesso non ortodossa edincompleta.

Ciò capita perché, per quanto grande possa essere la tecnica di un jazzista, essa èstata sviluppata in funzione del messaggio. E niente più. E non in funzione dell’abilitàdi interpretare musica che non sia la propria.

In più, molti jazzisti hanno fatto coscientemente degli sforzi per svilupparetecniche non ortodosse, perché quella disponibile, ad esempio delle scuole di musica,non era adatta o sufficiente. Esempi sono l’ampia sonorità di Coleman Hawkins e diBen Webster al sax tenore, con vibrato e “growl”, l’uso di sordine da parte di CootieWilliams, Sy Oliver, Buck Clayton e Tricky Sam Nanton, l’uso dei muscoli del ventreda parte di Monk per accentuare l’uso percussivo del pianoforte (sottocapitolo 9.4), lariservatezza di Miles Davis, i modelli africani nella batteria di Art Blakey, i suoni“astratti” dei sassofonisti del free jazz (capitolo 14), tutte tecniche all’opposto diquella classica. A parte qualche eccezione (Art Tatum, Bill Evans, Lee Konitz, PaulDesmond) la tecnica strumentale nel jazz ha poca somiglianza con quella della musicaclassica - forse un altro fattore che ha allontanato dal jazz gli amanti della musicaclassica, a proprio agio con sonorità standardizzate - perché l’idea nel jazz èprecisamente quella di non riferirsi ad uno standard preesistente, ma di sviluppare ilproprio modo di esprimere il messaggio, come in poesia.

Il fatto che il musicista di jazz usi la sua tecnica in funzione di quello che vuoldire, e non come bagaglio che gli permette di eseguire musica in un contestosconosciuto anche se standardizzato, come per chi ha un’istruzione classica, ha serieconseguenze. Ad esempio, in molti brani considerati capolavori del jazz, il musicistasfrutta tutta la sua arte, prende rischi, dà al brano un alone di incompletezza edimperfezione, che però ha poca importanza, finché il messaggio passa. Quindi i branidi jazz possono essere pieni di errori di esecuzione: note di tromba stonate nell’operadi Louis Armstrong, fischi d’ancia in quella del sassofonista Charlie Parker, arpeggiirregolari del pianista Thelonious Monk, note sforzate del sassofonista John Coltrane,tutti errori di esecuzioni di jazzisti con una tecnica prodigiosa. D’altro canto vi sonogli eccessi della tecnica del pianista Art Tatum, all’opposto dell’incostanza di BudPowell. Mi spingerò a dire che la conquista di nuovi territori nel jazz è ottenuta alcosto di qualche errore musicale, e che il tentativo sia del maestro che di suoidiscepoli, anche ben intenzionati, di correggere questi errori non aggiunge niente, anzidetrae dalla freschezza pionieristica della prima opera. Meglio ancora, l’opera perfettadi jazz è quella in cui il musicista riesce a mettere tutta quanta la sua tecnica alservizio dell’espressione, usandola per quanto necessaria, e non di più. Difatti, unjazzista con buone idee ma con tecnica deficiente è tanto inascoltabile quanto uno cheusa scintille di virtuosismi senza niente da dire.

1.4. Le origini del jazz ed i suoi creatori

Questo paragrafo serve a dissipare il mito di New Orleans come unica fonte ditutta la saggezza jazzistica, nonché del mito razzista della “innata” superiorità deineri.

Si dice di solito che quella musica che conosciamo sotto il nome di jazz (o jass)prende una forma più o meno definitiva fra le bandelle di New Orleans verso la finedell’ottocento. Si tratta certamente di una semplificazione, tuttavia vi sono aspettistorici e sociologici che fanno di questa città un posto unico a quei tempi: la posizionecentrale nel bacino dei Caraibi, con Cuba, Giamaica, Trinidad ed altri luoghi che

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hanno svolto un ruolo essenziale nella conservazione di ritmi africani nellepiantiagioni - e nel famoso Congo Square a New Orleans [Barker, Lomax, Lang]; latradizione spagnola e francese - il Cattolicesimo non impediva le manifestazionimusicali, né delle bandelle né nelle chiese, e la musica da danza era tollerata; laproliferazione di bordelli di alta classe nel quartiere di Storyville, chiusi nel 1917, chesostenne pianisti e permise loro di far evolvere il ragtime; l’esistenza di una classemedia mulatta, i creoli, con una tradizione musicale copiata dalla Francia, a cuipoterono attingere i neri quando i creoli vennero “abbassati” al loro livello; l’esistenzadi molte società, parchi pubblici e feste che avevano bisogno di orchestre da ballo.Tuttavia la sintesi della musica occidentale e ritmi africani stava succedendo sul tuttoil territorio degli Stati Uniti (e oltre): Saint Louis era ad esempio un centro del ragtime- una musica scritta su spartito da precursori del jazz [Destefano] - che si estendevafino a Memphis, Kansas City, lungo tutto il sud-ovest fino al Texas, e più tardi versonord, da Chicago alla futura mecca del jazz, New York - senza dimenticare, ancorauna volta, il contributo costante dei Caraibi.

Si può certo affermare che tutti gli innovatori del jazz provengono dalla comunitàafroamericana. È certo legittimo pensarla così, ma non perché - come molti hannoasserito in passato - perché “i negri hanno il ritmo nel sangue” - uno stereotiporazzista che va con quello del “nero felice e ignorante che pensa solo a ballare”, comedicono le parole della canzone Underneath the Harlem Moon - ma per un fatto dicultura. È pure inaccettabile che l’abilità di divenire grandi musicisti di jazz dipendadall’origine razziale (qualsiasi cosa si intenda per “razza”, un concetto per il qualenon vi è alcuna base scientifica, come indicano le ricerche sul DNA che dimostranoche tutti gli essere umani sono imparentati, indipendentemente dal colore della pelle; especialmente gli afro-americani, già mescolati con i bianchi ed imparentati con gliindiani indigeni, gli asiatici e così via). È forse più ragionevole assumere che unbambino immerso in una certa atmosfera, come quella della Chiesa nera e della suamusica (Monk, Aretha Franklin), con gospels, blues, locali notturni (Charlie Parker) edischi di jazz, abbia una maggior intuizione, da adolescente, per innovazioni nel jazz,di quella di chi è stato allevato con la ninna nanna di Brahms (capitolo 12), Mozart eBeethoven - che il bambino sia nero, bianco o verde. È pure ragionevole notare che visono eccezioni alla regola del “nero”: quali il cornettista e pianista Bix Beiderbecke,di origine tedesca dello Iowa, il primo ad essere stato imitato da neri; DjangoReinhardt, gitano del Belgio, grande influenza sui chitarristi d’oltre oceano. Senzadubbio il messaggio culturale del ghetto nero è diverso da quello di una casa dibianchi della classe media, anche se uno dei maggiori innovatori, Miles Davis,proveniva da un agiato ambiente di East St.Louis, e molti jazzisti avevano diplomiuniversitari, come Fletcher Henderson e Jimmie Lunceford.

Quindi il jazz è il frutto del crogiolo americano. Senza armonia europea, bandelleanglosassoni con ottoni, danze francesi riprese dai creoli, ritmi spagnoli, arie italiane,percussioni africane, il mondo del jazz come lo conosciamo non sarebbe esistito. Maancora una volta, ricordiamo che non è il materiale originale che è importante neljazz, ma come viene usato per trasmettere il messaggio. È anche vero che senza latecnologia moderna come la registrazione - il documento nel jazz è il disco - i brani dijazz non avrebbero potuto essere conservati e la sua evoluzione non sarebbe statapossibile.

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1.5. L’universalità del jazz

Nonostante tutti i grandi innovatori, quali Louis Armstrong, Duke Ellington,Coleman Hawkins, Lester Young, Charlie Parker, John Coltrane fossero afro-americani, vi sono eccezioni, come quelle menzionate di Leon Bismarck BixBeiderbecke di Davenport, nello Iowa, di origine germanica, e Django Reinhardt, ungitano belga che non parlava inglese e viveva in una roulotte nella periferia di Parigi.Sono innovatori nonostante la loro origine non fosse afro-americana, né copiasseromodelli afro-americani: la cornetta di Bix ha una chiarezza “bianca” tutta sua, mentrela chitarra di Django contiene tutte le inflessioni e coloriture della musica gitana.

È proprio a causa di quest’universalità che il jazz è più vicino ad un’arte che adun folklore come il flamenco; che non è uno stile “locale” come il blues. Perdefinizione, il jazz non è ancorato in un insieme fisso di conoscenze musicali - come,ad esempio, la musica classica - ma può incorporare facilmente materiale da altreculture (si veda, Djerbi, capitolo 12, Polyusko Polye, capitolo 13), musicali e non. Percui il jazz sta diventando una specie di lingua franca che permette la riscoperta dimusiche antiche e tradizionali, come sta succedendo nella zona baltica (quasi unacontinuazione di quello che Bartòk fece con la cultura magiara) e anche,inaspettatamente, nell’Europa del nord, come dimostra il “nuovo” folklore norvegesedi Jan Garbarek (capitolo 14), o altrove, com’è successo per il Tango Nuevo di AstorPiazzolla di Buenos Aires (capitolo 12). L’universalità del jazz è fiorita specialmentedagli anni ’60 in poi, quando si è smesso di vedere il jazz come una versione corrottadel blues afro-americano e più come un linguaggio universale, grazie alla sua facoltà,maggiore che per la musica occidentale tradizionale, di incorporare in modo rispettosogli stilemi di tutte le musiche del mondo, dal medio oriente all’India, passandodall’Europa antica, dagli aborigeni dell’Australia e l’America latina.

1.6. L’approccio di questo libro

Nonostante che, per necessità, questo libro consideri molti fatti storici, non è untrattato sulla storia del jazz. Non vi si troverà nessun sequenza storica tipo: jazz diNew Orleans, poi Chicago, in seguito grandi orchestra, magari Kansas City, NewYork, quindi il be-bop, il cool, l’hard bop, ecc. [Stearns, Shapiro-Hentoff].

L’enfasi viene posta invece sulle strutture musicali, quali il blues a 12 battute, glistandards, i brani rifatti, e come il tutto evolve attraverso le diverse epoche del jazz.Si trarra pertanto di un approccio verticale attraverso i tempi, invece di unoorizzontale attraverso gli strati storici. Il riconoscimento delle strutture perl’improvvisazione, che è ciò che dà una chiara chiave di lettura di ciò che unimprovvisatore fa per dire, è uno dei fattori più importanti per l’apprezzamento deljazz, perché indipendente dallo stile e dai manierismi di un linguaggio e di una dataepoca.

L’indipendenza dal formalismo del suo tempo, per un’opera d’arte, è qualcosache il jazz sottolinea in modo preponderante, anche se il concetto si applica a tutte learti. Vi sono quelli che, per esempio, amano la musica barocca per il suo formalismo,e non per quello che il musicista cerca di dire - e ciò sembra diffuso fra molti amantidella tradizione classica, che sembrano rassicurati quando ritrovano gli stessi brani intutti i concerti e soddisfatti quando l’interpretazione corrisponde a quello che giàconoscono. In questo senso, la situazione è triste in tutte le arti (si veda laspeculazione odiosa nella pittura), contro cui il jazz ha combattuto vigorosamente,poiché ogni interpretazione è, per definizione, improvvisata e diversa. D’altro canto, il

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fatto di riconoscere che non è il manierismo di un dato linguaggio stilistico del tempoche è importante, ma invece come l’artista usa il linguaggio del suo tempo, è ciò chepermette a noi oggi di apprezzare opere del passato al di là della loro espressione, acausa dell’essenza costante dei problemi umani, amore, odio, gioia, tristezza.

Ciò vale specialmente per il jazz, perché lo scopo dell’artista è quello di“raccontare una storia” e non di “far musica”. Per cui forme come tonale, modale,free, veloce, lento, hot, sweet e così via non hanno importanza alcuna, perché questistili sono in realtà asserviti all’espressione. Un blues resta un blues sia che sia suonatoda un cornettista analfabeta di New Orleans o da un pianista di New York che ha fattoil conservatorio. Come corollario, la qualità della registrazione non ha importanza, fintanto che quello che il jazzista cerca di “dirci” passa fino a noi, che sia unaregistrazione meccanica degli anni ’20 o una digitale del 1990.

1.7. La qualità delle registrazioni e di questi esempi

A causa di quanto precede, osservazioni quali “ma questa è solo una canzonettatrita degli anni ‘30” o “questo disco è graffiato malamente” non hanno luogonell’apprezzamento del jazz, perché l’interessato non sta ascoltando con le orecchieuna forma musicale o una collezione di suoni da un impianto stereofonico, ma con lapropria anima quello che un’artista sta cercando di fare per trasmettere il suomessaggio.

Al rischio di esprimere troppa soggettività, racconterò un’esperienza personale.Quando ascolto musica classica, che naturalmente amo molto, mi disturba il minimoerrore musicale, che appare sempre più grande ad ogni nuovo ascolto - sono uno diquelli che contribuisce all’inquinamento della musica classica e chiede sempre piùperfezione! Quando ascolto jazz, non solo non mi disturba la cattiva qualità dellaregistrazione con i suoi rumori vari, ma anche note errate, errori musicali,nell’intonazione e nella regolarità del ritmo non mi danno nessun fastidio. Forseperché nel primo caso ascolto la musica, mentre nel secondo ascolto il messaggio.

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Capitolo 2Teoria musicale

2.1. Introduzione

Questo capitolo è un’introduzione a concetti musicali quali note e accordi,limitata a ciò che è necessario per comprendere quanto contenuto in questo testo. Nonè pertanto un corso completo in acustica o armonia tonale, bensì tratta i concetti cheverranno introdotti, secondo le necessità, per la comprensione del jazz e per seguirefacilmente le descrizioni delle opere di jazz.

Pertanto, questo capitolo apparirà come il più difficile e teorico del libro. Un po’di pazienza e sforzo saranno necessari per ben capirne i contenuti, che probabilmentesi chiariranno a poco a poco, grazie all’ascolto. Però la ricompensa sarà grandequando il lettore comincerà a riconoscere questi concetti teorici nella praticadell’ascolto di veri brani di jazz.

2.2. Contare i tempi della battuta e le battute

Si parla spesso, sia in questo testo che altrove, di tempi e battute. Il tempo èl’unità temporale del brano, ed i tempi sono raggruppato in battute, nel jazzsolitamente quattro tempi per battuta - con eccezioni descritte più avanti. Battute, etempi all’interno della battuta, servono anche da punti di riferimento per specificareun dato istante musicale e descrivere che cosa sta accadendo, per evidenziare notedella melodia o accordi dell’armonia. Quindi, la prima cosa da imparare, prima ancoradi note ed accordi, è quella di contare le battute ed identificare i tempi. Dato che neljazz i brani sono quasi tutti costruiti in multipli di 4 battute con 4 tempi per battuta, ilcontare è molto facilitato e diventa facilmente istintivo.

Invece di usare un esempio didattico costruito artificialmente per lo scopo per far“vedere” tempi e battute, si può fare riferimento a brani esistenti e illustrativi di jazz,quali Jumpin’ at the Woodside (in onore di un Woodside Café da qualche parte),registrato dall’orchestra di Count Basie nel 1938 a New York. Si tratta di un esempiodel tipo di brani a riff - segmento musicale ripetuto - che l’orchestra sapeva comporreall’istante, e perfino improvvisare a sezioni.

L’abbondanza di numeri usati per identificare tempi e battute potrà spaventareinizialmente il lettore - come se si trattasse di un testo di aritmetica! - ma il tutto è inrealtà molto semplice. Suggerisco l’ascolto degli esempi per qualche volta, e poi lalettura di queste spiegazioni.

Il brano si apre con un’introduzione - che in senso stretto non è parte dellastruttura, dato che non viene più ripresa in alcuna forma - che ben illustra tempi ebattute. Dopo l’introduzione viene esposto il tema, una struttura AABA, ossia di 4sequenze di 8 battute l’una per un totale di 32 battute. La prima, A, viene ripetuta 2volte, segue una volta la B e poi una volta la A per concludere. Il metronomo, o lavelocità di esecuzione è di 245 tempi, o battiti, al minuto, che è abbastanza veloce, edogni tempo è pure chiamato quarto (da non confondere con l’intervallo di quarta)perché la battuta contiene, o dura, 4 tempi o quattro quarti, che si esprime dicendo cheil metro del brano è a quattro quarti o 4/4.

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L’introduzione. Lo strumento che esegue la figura melodica iniziale è ilpianoforte. Dura 2 battute e viene ripetuta 4 volte. È interessante notare, e questo è ilvantaggio pedagogico dell’esempio, che ogni nota corrisponde esattamente a 1 tempo,in questo caso 4 tempi che salgono di tono nella prima battuta, ed altri 4 che scendonodi tono nella seconda battuta, in modo che il tutto possa ripetersi.

Dato che questo segmento melodico di due battute viene ripetuto 4 volte,l’introduzione dura 8 battute e contiene un totale di 4 x 8 = 32 note e tempi. La primavolta si ode distintamente il pianoforte, poi si aggiungono ogni volta componenti dellasezione ritmica. Si sente bene il lavoro sui piatti della “charleston” sul primo e terzotempo, chiamati tempi forti, della terza ripetizione, e nella quarta si aggiunge lachitarra, in modo che alla fine dell’8.va battuta la sezione ritmica al completo è prontaa sostenere tutta l’orchestra, che sta per entrare ed esporre il brano.

Il brano. Come avviene spesso in musica, il brano inizia prima della primabattuta, che viene numerata con 1. Ciò non è tipico del jazz, ma lo si trova peresempio in valzer di Chopin, Strauss (Il bel Danubio blu), il Concerto No. 1 perPianoforte di Tchaikovsky, la Primavera di Vivaldi, la canzone, e jazz standard,Stardust. È come se un po’ di tempo venisse “rubato” dalla battuta precedente, chechiamerò battuta 0. Il riff principale (o frase ripetuta) viene suonato dai sassofoni, èuna sequenza di 4 note, le prime 3 corte (durata di un ottavo, metà di un quarto)seguite da una lunga, come per ta-du-di-da. Il ta cade fra il terzo ed il quarto tempodella battura 0 - che è l’ottava battuta dell’introduzione - sopra il pianoforte di Basie;il du cade esattamente sul quarto tempo, ed il di fra il quarto tempo (della battuta 0) edil primo (della battuta 1 del brano). Quindi il da cade esattamente sul primo tempodella prima battuta. Questo modello si ripete per tutte le 8 battute del segmento A: percui, il ta cade sempre fra il terzo e quarto tempo delle battute pari (seconda, quarta,sesta ed ottava) mentre il da cade sempre sul primo tempo delle battute dispari (prima,terza, quinta e settima). Ciò vale anche per il secondo A, che ripete le prime 8 battutee si svolge fra la nona e la sedicesima battuta, con l’eccezione che il riff non vieneripetuto alla battuta 16 perché alla 17.ma inizia il segmento B. Le trombe rispondonoal tema ta-du-di-da con il controtema papa - pa -pa. Il tutto può essere rappresentatodal seguente schema:

Battuta 0 1 2 3Tempo 1 2 3 4 1 2 3 4 1 2 3 4 1Sassofoni ta du di da ta du di daTrombe pa pa pa pa

Riassumendo, i sassofoni entrano sempre sul terzo tempo e mezzo di una battutapari, mentre le trombe rispondono sul secondo e terzo tempo di una battuta dispari, esul primo e terzo tempo di una pari.

Questo processo può essere interiorizzato, a memoria, cantando la melodia esostituendo il numero del tempo durante le pause, come segue::

uno - due - tre ta du di da - due - tre - quattro

(in grassetto dove cade il tempo), e la parte delle trombe come segue:

uno - pa - pa - quattro - pa - due - pa - quattro

La parte B, chiamata “ponte” (bridge o release) è diversa, dato che si tratta di unaprogressione I-IV-II-V, spiegata nel capitolo 4. Non vi sono riff come nella parte A,

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bensì un assolo di sassofono alto, eseguito da Earl Warren, che conduceva la sezione.Dura 8 battute, e come precedentemente alcuni tempi sono “rubati” in modo che ilprossimo ta cada prima dell’inizio del terzo ed ultimo A, ossia sulla battuta 24, cosìche l’ultimo A possa svolgersi fra le battute 25 e 32, completando il ciclo. Oltre ai riffdello schema, l’orchestra ripete, nella battute 31 e 32, la figura ta-du-di-da 4 volte, equindi il da cade ogni volta sul primo e terzo tempo delle battute 31 e 32, proprioprima dell’assolo di pianoforte che segue.

Le prossime 32 battute sono eseguite dal solista Count Basie al pianoforte.L’orchestra esegue un accompagnamento in sottofondo durante i due segmenti A,ossia dalle battute 1 a 16, con la figura ta-du-di-da. Il segmento B, dalle battute 17 a24, non è accompagnato dall’orchestra, che riprende per l’ultimo A dalla 25.ma alla32.ma battuta. All’inizio della 31.ma battuta si assiste ad uno stilema in voga presso leorchestre swing: quello di interrompere la pulsazione della sezione ritmica, perpermettere al solista di entrare prematuramente rubando due battute, senza alcun altrosuono di sottofondo. Questo breve assolo durante una pausa della sezione ritmicaviene chiamato “break” (interruzione) e crea un notevole contrasto con il momentodel rientro della ritmica, alla battuta 1 del prossimo “chorus” o ritornello (i breakserano molto diffusi nel jazz di New Orleans). L’assolo di tromba con sordina è diBuck Clayton, allora uno dei massimi solisti dell’orchestra. È accompagnato da rifforchestrali, sui quali non ci soffermeremo perché non essenziali per il processo dicontare.

Lo stesso “break” appare alla fine del suo assolo, alle battute 31 e 32, perpermettere una simile entrata al sassofonista tenore Lester Young, che esibisce la suatecnica della ripetizione della nota con un suono diverso, chiamata della “diteggiaturaalternata” (alternate fingering), una delle caratteristiche del suo stile (capitolo 7), chepone l’accento sul ritmo invece che sulla melodia - Young era un batterista all’iniziodella sua carriera. Notevole è come stira le note tra le battute - qualche cosa che il suorivale Hawkins non faceva, almeno a quell’epoca (vedasi il capitolo 7) - a dimostrareche lo swing può essere ottenuto pur con la massima indipendenza dai tempi. Iniziapoi il ponte alla battuta 17 con una figura melodica ascendente di 6 note, che iniziauna nota prima della battuta. Dato che la sequenza non riempie tutta la battuta, ognivolta che viene ripetuta viene spostata indietro di un tempo, come se vi fosse unasovrapposizione di ritmi, quello del brano (e della ritmica) e quello della figuramelodica (e del solista) come e si dovesse contare contemporaneamente in 6 e in 8, oin 3 tempi e 4 tempi (un sistema già usato da Mozart nella sua opera Don Giovanni, incui tre orchestre suonano sul palcoscenico contemporaneamente in 3 diversi metri;tuttavia l’idea di Young è più probabilmente di origine africana e ricorre spesso nellasua opera). La figura scivola pertanto fra le battute ed il solista la conclude alla battuta22, la quinta del ponte.

Quindi l’orchestra, condotta da clarinetto e trombone, riprende alla battuta 32dell’assolo di Young, dove ho concluso l’esempio per salvare spazio e perché non piùrilevante per la discussione.

Per una buona comprensione del jazz è importante comprendere la suddivisionein tempi e battute, sia in questo esempio che nei prossimi, anche perché nel testo verràspesso fatto riferimento a questi concetti, per situare un elemento musicale e unacaratteristica musicale del brano.

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2.3. Le note musicali

Il jazz ha preso in prestito molti dei concetti della musica tonale classica, quali adesempio le note musicali. Vi sono varie teorie sulla storia delle note e sulla loroorigine, dai Babilonesi a Pitagora di Samo. Tuttavia oggi si impiega il sistemarelativamente moderno chiamato temperato, definito nel ’700.

Il tutto inizia dall’ottava, che è l’intervallo far due note tale che la più alta haesattamente il doppio della frequenza di quella bassa (la frequenza è il numero divibrazioni al secondo, sia di una corda che della colonna d’aria di uno strumento afiato, che fa vibrare il timpano del nostro orecchio). A causa della costruzionedell’orecchio, i due suoni vengono percepiti come la stessa nota, anche se la secondaè più alta. Per convezione internazionale, la nota chiamata la, o a in inglese, ha unafrequenza di 440 Hertz o Hz - ossia, una corda che vibra 440 volte al secondo suona illa. Per cui 880 Hz è pure un la. Le note vengono chiamate, in inglese a, b, c, d, e, f eg, dopo di che il ciclo si ripete. In italiano si fa partire la serie dall’equivalente di c, esi chiamano do, re, mi, fa, sol, la, si. Dato che questo è un trattato sul jazz e che tutti itesti riprendono la denominazione inglese, userò d’ora in poi i nomi inglesi delle note.Ciò non crea difficoltà se ci si ricorda, come trucco mnemonico, che l’inglese f èl’italiano fa. In ogni modo, sarà sempre possibile riferirsi al seguente specchietto:

inglese c d e f g a bitaliano do re mi fa sol la si

Inoltre, in tutto questo libro, userò la convenzione seguente:

Convenzione. Le note, nella loro designazione inglese, appariranno in minuscoloed in corsivo, come c, le scale con il nome della nota seguita dal modo, come in cmaggiore, e gli accordi con la nota fondamentale in maiuscolo, come in Cm7. Lealterazioni verrano indicate con il simbolo ! per diesis (sharp) e " per bemolle (flat).

I tasti bianchi del pianoforte sono ordinati in modo che l’inizio di un’ottava, dal c(non da a) è il tasto bianco appena prima della nera del gruppo di due nere.

I tasti bianchi formano la sequenza c - d - e - f - g - a - b, una scala di 7 note checorrisponde al modo maggiore - un modo, come spiegato in seguito, corrispondeall’ordine in cui appaiono le note - della scala di c - che è la nota da cui parte la scala -dunque, in questo caso, la scala di c maggiore. L’intervallo fra ogni tasto ed ilprossimo (che spesso è quello nero, come dopo il c ; il prossimo è bianco solo dovenon ce n’è uno nero, come fra e e f) viene chiamato semitono, mentre quello fra due

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tasti bianchi che hanno uno nero in mezzo è un tono. Quindi fra c e d vi è un tono, frac e e vi sono due toni, mentre fra e e f, e fra b e c, vi è un semitono, come pure fraogni tasto bianco ed il prossimo nero, sia in su che in giù.

Se oltre alle 7 note della scala maggiore si considerano i tasti neri, si ottiene untotale di 12 note per ottava, in modo che l’intervallo fra ogni nota e la prossima èsempre un semitono. I tasti neri ricevono il nome del tasto bianco precedente seguitodalla designazione diesis, indicato dal simbolo !, oppure il nome del tasto biancoseguente con la designazione bemolle, indicato con il simbolo ". Per esempio, il primotasto nero dopo il c si chiama c-diesis o c!, o anche d-bemolle o d". Per estensione sipuò applicare lo stesso sistema per i tasti bianchi, ossia e può anche essere chiamatof", b è c", e! è f , e b! è c.

Prima del ’700, intervalli, diesis e bemolli venivano determinati in un modocomplesso in cui le note dipendevano dalla scala e dal contesto musicale - dal punto divista matematico, si poteva dire che il sistema non era “chiuso”, perché ogni nuovanota generava una nuova scala che generava nuove note, all’infinito. Per cui si definìun sistema per approssimare tutte le note vicine, inclusi diesis e bemolli, in modo chefossero le stesse per ogni scala: per far questo si pensò di suddividere l’ottavaesattamente in 12 intervalli uguali, in modo che ogni semitono in ogni scala fosseuguale a tutti gli altri. Ne segue che un semitono è uguale alla 12.ma radice di 2 (12suddivisioni dell’ottava, che è 2), che è 1.059463.

Da questa osservazione segue come si può ottenere ogni nota. Per esempio, c èsituato 3 semitoni sopra a, che abbiamo visto ci è dato a 440 Hz. Si moltiplichidunque 440 x (radice 12.ma di 2) alla 3.za potenza, ottenendo 523 Hz, che rappresentail c un’ottava sopra al do centrale del pianoforte, che nella MIDI è codificato con c5.Quindi, il c centrale di un pianoforte è la metà, ossia 262 Hz. Il metodo per ottenereuna nuova nota consiste dunque nel moltiplicare una nota conosciuta per un numero dipotenze della 12.ma radice di 2 corrispondente al numero di semitoni fra le note. In talmodo, ogni nota è definita.

Questo sistema di accordatura degli strumenti è stato chiamato temperato,poichè in modo “temperato” ruba un po’ da, o aggiunge a, ogni nota per rendereuguali tutti i semitoni. La potenza e flessibilità del sistema è stata dimostrata daJ.S.Bach, ad esempio nel suo Clavicembalo ben temperato, in cui ogni fuga è in unascala diversa e si mostra come sia facile muoversi, o modulare, da una scala all’altra.

Ci si può aspettare che gli strumenti moderni siano temperati. Ciò valespecialmente per quelli a tastiera quali il pianoforte, ma anche per trombe, clarini,sassofoni e così via. Per strumenti a corda (senza i tasti della chitarra) quali gli archi,il trombone a coulisse e simili, il musicista deve apprendere ad accordarsi con gli altristrumenti. Il problema di suonare strumenti ben temperati, come il pianoforte, conaltri, come gli archi, è stato risolto dalla pratica di secoli e fa parte dello studio di unmusicista classico. Nel jazz, i suonatori di strumenti a fiato sanno come soffiare pereliminare problemi di intonazione (vi sono sassofoni inerentemente stonati! Le trombepossono essere regolate pistone per pistone).

2.4. Molte note assieme: intervalli ed accordi

La musica occidentale si è data molta pena per sviluppare l’armonia, ossia l’artedi far suonare molti suoni assieme. Lo sviluppo è relativamente recente: la musicamedievale, come il canto gregoriano, non ha armonia esplicita, e fino all’inizio del‘700 la maestria armonica non era stata raggiunta pienamente - come dimostral’aspetto fluttuante, vagante e perfino illogico di opere dal rinascimento fino al ‘600.

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L’enfasi sull’armonia ha però comportato la perdita di caratteristiche musicali chesono state sviluppate da altre civiltà. Per esempio, la musica dell’India ha una varietàdi modi e di suddivisioni dell’ottava, mentre la musica europea ha ridotto tutto a solidue modi, il maggiore ed il minore. La musica africana ha sviluppato ritmi chevariano durante lo svolgimento del brano e sovrapposizioni di ritmi, o poliritmo,mentre in occidente si è restati con metri fissi a multipli di 2 e 3 - solo al marginedella tonalità europea, come in Bulgaria e nei Balcani, si trovano metri a 5 e 7. Timbried effetti speciali, che tornano nel jazz, sono stati eliminati, perché il suono dellostrumento, e la voce del cantante lirico, devono essere “puliti” per non disturbarel’effetto armonico.

Il jazz ha preso quel che ha potuto, o voluto, dall’armonia tonale, ossia tuttoquello che si accordava con il proprio concetto dello swing (capitolo 1), permettessele inflessioni vocali del blues, suoni distorti, “growls”, nonché tutti quegli effettispeciali che fanno parte della tradizione orale [Sidran]. Quindi, all’opposto dellamusica classica in cui l’armonia è fine a se stessa, l’armonia nel jazz è uno fra moltialtri strumenti utili alla generazione dello swing - strumento che può essere ignorato,come il jazz modale ed il free illustrano. Per cui tratteremo solo di quegli aspettidell’armonia tonale che riguardano il jazz.

L’ intervallo è lo spazio musicale, o l’impressione, di due note suonate assieme.Vi sono sette intervalli possibili nella scala. Il nome dell’intervallo indica la quantitàdi note fra le due note, compresa la prima e l’ultima. Quindi l’intervallo ad esempiofra c e f è una quarta, perché si conta c-d-e-f. Segue una lista in intervalli nell’ordinedella loro importanza, con una suddivisione più precisa.

Nota: Gli esempi sono in formato MIDI. È sufficiente cliccare sul nomesottolineato per attivarle e far partire ad esempio un programma come il WindowsMedia Player. Per vederne le note è necessario un sequencer, però in tal caso ènecessario stare attenti sul fatto che il MIDI “confonde” diesis e bemolli, per cui adesempio g" può essere reso come f!, il che è errato.

L’intervallo fra c e g è a quinta. Alterandone una delle note - ossia, aggiungendoun diesis o bemolle - mantiene il nome, ma il suono cambia: ad esempio, c - g", or c! -g è sempre una quinta, ma per distinguerla viene chiamata diminuita. Allo stessomodo, l’intervallo c - g! è una quinta aumentata. Si noti che, a causa del sistematemperato, c - f! ha esattamente lo stesso suono di c - g", ma non è una quinta perchévi sono solo 4 note fra c to f , ossia è una quarta aumentata.

Il secondo intervallo per importanza è la terza, come ad esempio fra c e e. Visono terze maggiori, quali c - e, f - a, g - b, e terze minori, quali d - f, e - g, a - c, b - dnella scala di c maggiore. Evidentemente una terza minore (come c - e") contiene unsemitono in meno della terza maggiore.

L’intervallo fra c e f è una quarta. Una quarta aumentata, come quella fra c e f!, èpossibile, ma una quarta diminuita non lo è, perché ad esempio fra c and f" l’intervallonon si distinguerebbe da una terza maggiore.

Un intervallo importante è la settima, come tra c e b. Per distinguerla da quella frag e f, che ha un semitono in meno ed è chiamata settima minore (l’esempio è a c - b"),c - b viene chiamata settima maggiore.

L’intervallo fra due note contigue è evidentemente una seconda (c - d in questoesempio). Quindi il semitono, come fra c e d" (e non c e c!) è una seconda diminuita,mentre quella fra c e d! è una seconda aumentata, che ha il suono di una terzaminore, ma è una seconda.

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La sesta è l’intervallo fra c e a, ossia l’inversione della terza minore fra a and c,in tal caso una sesta maggiore. Dato che quella fra e e c ha un semitono in meno, èchiamata minore ed ha il suono di una quinta aumentata (qui c - a").

Per concludere, si parla pure di ottava e di unisono (la stessa nota). Oltre l’ottavasi trova la nona (seconda sopra l’ottava), decima, undicesima, dodicesima (come unaquinta un’ottava sopra), e tredicesima, nel jazz specialmente quelle dispari, con gliaggettivi del caso tipo diminuita o aumentata.

Benché già due intervalli possano suggerire l’armonia, come nelle invenzioni diBach a due voci, il modello centrale dell’armonia classica è quello a 4 voci, ossia conaccordi a quattro parti chiamate, dal basso verso l’alto, basso, tenore, alto e soprano.In alcuni casi una nota è raddoppiata, mentre in generale vi sono quattro note distinte.Nel jazz, specialmente dagli anni ’40 in poi, gli accordi hanno spesso almeno 4 notedistinte, mentre ve ne sono anche con 5, 6 e 7 note, aggiungendovi none, undicesime etredicesime. Cominceremo con gli accordi di tre note.

Partendo da c nella scala di c maggiore, si può costruire un accordo maggioreaggiungendo la terza maggiore, e, e la quinta, g. Si tratta dunque dellasovrapposizione della terza maggiore fra c ed e e della terza minore fra e e g. Anchese quanto segue è probabilmente inesatto e soggetto ad interpretazione, si dice che latriade (tre note) maggiore abbia la sua origine nella fisica degli armonici. Difatti unacorda che vibra, o un tubo che suona, mettiamo la nota c, genera pure suoni confrequenze che sono multipli esatti della nota fondamentale. Due volte la frequenza èl’ottava, un altro c; tre volte è il g sopra l’ottava, quattro volte è il prossimo c e cinquevolte è la nota e. Quindi l’intervallo fra c ed il g acuto è di 3, che diventa 3/2 seabbassiamo il g di un’ottava, mentre fra c ed e l’intervallo è 5, che diventa 5/4abbassando di due ottave. Quindi la “vera” quinta corrisponde all’intervallo di 3/2 o1.5, che viene approssimata nel sistema temperato a: 2 alla potenza 7/12, o 1.4983 (visono 7 semitoni fra c e g); mentre la “vera” terza è 5/4 o 1.25, approssimata nelsistema temperato a 1.259921. Quindi, in un pianoforte temperato, la quinta èleggermente diminuita, mentre la terza è leggermente eccedente.

La nota sulla quale è costruito l’accordo, in modo che le terze siano poste unasopra l’altra, viene chiamata la fondamentale. Quindi l’accordo contenente le note e -g - a - c ha come fondamentale la nota a, perché l’accordo posto in posizione conterze sovrapposte appare come a - c - e - g (come spiegato sotto, si tratta di un accordodi settima minore).

Un accordo maggiore viene indicato semplicemente con la sua fondamentalescritta in maiuscolo, come C.

Nella scala di c maggiore, le cui note sono c - d - e - f - g - a - b, una nota puòessere indicata anche con il suo grado, ossia la posizione nella scala. Per esempio, lanota a è il sesto grado. Il primo grado viene anche chiamato tonica, e due gradiimportanti sono pure: la dominante, il quinto grado, e la sottodominante, il quartogrado.

La triade può anche essere minore, come nell’accordo c - e" - g, or a - c - e. Inquesto caso, la posizione delle terze maggiore e minore è invertita, la minore è inbasso e la maggiore in alto. Questo accordo viene indicato con la fondamentale inmaiuscolo seguita dal simbolo m o - , per cui l’accordo citato sopra viene indicato conCm o C-.

Vi sono altre due triadi possibili: c - e - g! , sovrapposizione di due terzemaggiore, chiamata aumentata ed indicata con C(!5) o C(+5), e b - d - f,sovrapposizione di due terze minori, chiamata diminuita e indicata con Cd o Co.

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Sovrapponendo un’altra terza si crea un accordo a quattro note. Il più importanteè quello dell’accordo maggiore con una terza minore in alto, come g - b - d - f,chiamato accordo di settima di dominante e indicato con G7. Questo perché èl’accordo costruito sul quinto grado della scala, la dominante, in questo caso g nellascala di c. Questo accordo ha l’importante funzione di risolvere sulla tonica, l’ancoratonale della scala e punto di riposo finale del brano - tutta la musica tonale si concludesulla tonica - risoluzione che avviene grazie alla presenza, nell’accordo di settima didominante, della sensibile ascendente b che muove per mezzo tono a c, e dellasensibile discendente f che muove verso e. Ossia, l’intervallo di quinta diminuita fra be f “schiaccia” la terza maggiore c - e dell’accordo di tonica, e permette all’accordo disettima di dominante di risolvere sulla tonica - come si può ascoltare nell’esempio conla sequenza b-f → c-e, e quella G7 → C.

Se si aggiunge invece una terza maggiore, come in c - e - g - b, si ottiene unaccordo di settima maggiore, indicato con CM7. La settima in cima all’accordomaggiore è generalmente un abbellimento di origine melodica.

Una settima minore in cima ad un accordo minore, come in d - f - a - c, èchiamato accordo minore di settima ed indicato con Dm7 o D-7. Ha di solito lafunzione di risolvere sull’accordo di settima di dominante, di cui è una preparazione.Nell’esempio si può ascoltare dapprima l’accordo e quindi la sequenza Dm7 → G7 →C. Nel jazz l’accordo sul secondo grado sostituisce a volte la settima di dominante epuò avere altre funzioni, come vedremo.

Accordi ottenuti con una settima maggiore su di un accordo minore sono rari.L’accordo verrebbe chiamato minore con settima maggiore. L’esempio verrebbeindicato con Am(+7).

Non si aggiunge una terza su di un accordo aumentato: né una terza maggiore,che raggiungerebbe l’ottava della fondamentale, né una terza minore come in c - e - g!- b, che ha uno strano suono. Esiste invece c - e - g! - b" che ha la funzione di settimadi dominante con quinta aumentata, indicato con C7(!5). Veniva usato spesso inoperette e vecchie canzoni e sfrutta il fatto che la quinta aumentata, in questo caso lanota g!, funziona da sensibile addizionale. Lester Young usava spesso questa nota.Nell’esempio si può dapprima ascoltare l’accordo, che da solo sembra strano, poi unabreve sequenza che lo situa nel contesto.

Settime in cima ad accordi diminuiti sono molto usate, come nel caso di b - d - f -a, un accordo di settima semi diminuito, indicato con B0, o forse con Bm7("5); onell’accordo b - d - f - a", chiamato di settima diminuita, indicato con Bd7, in cuianche la settima è diminuita e non minore. Quest’accordo contiene solo terze minorie, compreso c - d! - f! - a, ve ne sono solo quattro in tutto in una scala, e dato che sonocomuni a tutte le tonalità e non hanno un carattere tonale proprio, possono pertantovenire usati per spostare il centro tonale (come in Caldonia, capitolo 12, all’inizio delsesto ritornello). Mentre l’accordo semi diminuito appare di solito nel contesto delmodo minore, fungendo da dominante secondaria di altri gradi.

Quindi vi sono gli accordi con la sesta in cima, come c-e-g-a, indicato con C6.Provengono da vecchie canzoni, operette, dall’industria di canzonette di Tin-Pan-Alley a New York, e sono stati abusati specialmente negli anni ’20 e ’30, disprezzatida musicisti classici. Anche se l’accordo di C6 ha il suono di Am7 - vi sono le stessenote - ha la funzione armonica di un accordo di tonica, e non di transizione sul VIgrado. La grande maggioranza degli accordi di sesta sono maggiori, sempre con sestamaggiore - come quella fra c e a. La sesta ha un ruolo di abbellimento - come lasettima maggiore, usata in periodi seguenti. Spesso migliora il punto di partenza di

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una progressione (una sequenza di accordi in logica relazione fra loro), come in C6 -E"7d - Dm7 - G7, uno dei modelli dei Rhythm Changes del capitolo 4.

Per le esigenze di questo testo, accordi con 9.na, 11.ma e 13.ma non verrannotrattati sistematicamente, ma caso per caso. Appaiono a volte, ma generalmente gliintervalli superiori hanno più una funzione melodica che armonica. Uno dei mieipreferiti viene ottenuto dalla sovrapposizione di C7 con D, che si può scrivere conC13(#11) ed ha funzione di settima di dominante. È altresì vero che una delle bellezzedel jazz moderno sta proprio nell’uso degli intervalli superiori, come Charlie Parkerosservò cercando di improvvisare sul ponte di Cherokee che poi divenne Koko(capitolo 6) [Shapiro-Hentoff, Russell3], ma tali note vengono usate nella frasemelodica.

2.4.1. L’origine delle sette note

Ciò che segue rappresenta un tentativo di spiegare da dove provengono le note.Nel sottocapitolo precedente è stato spiegato un sistema, quello temperato, perdeterminare la frequenza di ogni nota partendo dal la o a. Si è visto che in tal modo laterza e la quinta sono vicine a quello che dovrebbero essere - la quinta leggermentediminuita, la terza leggermente aumentata. Quanto segue, per nulla esaustivo né al disopra della critica, estrae le note dagli armonici.

Nella realtà, nessun strumento musicale produce solo una nota alla sua esattafrequenza: la nota a citata sopra è stata prodotta elettronicamente. Mentre invece unacorda che vibra sulla nota c vibra contemporaneamente al doppio della frequenza, altriplo, quadruplo, quintuplo e così via - anche se con intensità decrescente. Ora, ildoppio della frequenza di c è un altro c, il triplo è g, il quadruplo è ancora c, mentre ilquintuplo è e. Ecco così trovate tre note della scala.

Per trovare le altre, si ripete il processo partendo da g. Il triplo della sua frequenzaci dà la nota d ed il quintuplo la nota b. Quindi si considera la nota che corrispondeall’inversione dell’intervallo c - g, ossia la nota che sta a c come g sta a c: questa notaè f. Si ripete dunque il processo per f: il triplo della sua frequenza è un c (dalla suadefinizione) ed il quintuplo è la nuova nota a.

Rispetto alle frequenze, ne segue pertanto che g è 3/2 di c, e è 5/4 di c - idenominatori appaiono quando si riporta la nota all’interno dell’ottava, per cui ilrapporto è sempre maggiore di 1 e minore di 2. Inoltre, d è 3/2 di g e b è 5/4 di g. Perdefinizione, f è 4/3 di c e a 5/4 di f.

La tabella seguente indica per tutte e sette le note il rapporto esatto ottenuto comesopra con la costruzione dagli armonici, il valore decimale approssimato ed il valoreottenuto nel sistema temperato, arrotondato a 4 decimali dopo la virgola.

Nota c d e f g a b cRapporto 1 9/8 5/4 4/3 3/2 6/5 15/8 2Decimale 1 1.125 1.25 1.333 1.5 1.667 1.875 2Temperato 1 1.1225 1.2599 1.3348 1.4983 1.6818 1.8877 2

Questo sistema di accordatura ha il pregio di mantenere le relazioni fra treimportanti note della scala: la tonica o primo grado, la dominante o quinto grado, ela sottodominante o quarto grado.

Vi sono altri modelli o sistemi di accordatura per ottenere le note, ad esempioquello attribuito a Pitagora, che forse l’ha ripreso dai Babilonesi. Funziona così: siprenda una corda, che vibra con il c, e se ne derivi il triplo della sua frequenza - ad

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esempio, tagliandola in tre; se ne riporti la nuova nota nell’ottava, ottenendo g a 3/2;si ripeta il processo ottenendo d a 9/8, quindi da lì si ottiene a a 27/16, e a 81/64, b a243/128 e f! a 729/512. Il numeratore sarà sempre una potenza di 3, ed ildenominatore una di 2. Si noti la stranezza di ottenere f! al posto di f, che comevedremo sotto corrisponde al modo lidio, che però potrebbe essere rimediato facendoripartire il processo da f, ossia riordinando la scala. Ma il problema con ciò è che intutti e tre gli accordi maggiori della scala, quello sulla tonica, c-e-g, sulla dominante,g-b-d, e sulla sottodominante f-a-c, la terza maggiore ha il valore 1.2656, che è troppodiscosto dal valore armonico 1.25 e stride con gli armonici della fondamentale. Percui si è preferito il sistema basato sugli armonici, e più tardi il sistema temperato,perché mantiene gli intervalli costanti in ogni scala, compensando il leggero difetto diaccordatura con la facilità di ottenere diesis e bemolli uguali in tutte le scale.

2. 5. Scale e modi

Un modo è un certo ordine di porre le note in successione in una scala. In musicaclassica si usano due modi. Il maggiore è quello dei tasti bianchi del pianofortepartendo da c, e cioè c - d - e - f - g - a - b. Si noti che la triade che ha comefondamentale la tonica è esattamente l’accordo maggiore.

Il modo minore è in teoria quello dei tasti bianchi del pianoforte partendo da a:ossia, a - b - c - d - e - f - g. Si noti ancora che la triade di tonica corrisponde, inquesto caso, esattamente all’accordo minore.

Le cose sono però più complesse nel caso del minore, perché l’accordo di settimadi dominante abbisogna della sensibile ascendente, per cui viene inseritaun’alterazione supplementare, il g!, per ottenere l’accordo e - g! - b - d (purmantenendo che il g! NON fa parte della scala ed è un abbellimento usato in certiaccordi), che fa funzionare la progressione E7 - A. Ciò genera il minore armonico conle note a - b - c - d - e - f - g!. Inoltre, data l’ineleganza del salto di seconda eccedentefra f e g!, e per imitare la linea melodica di brani in maggiore, si aumenta anche ilsesto grado salendo, e si abbassa il settimo grado discendendo, ottenendo la sequenzaa - b - c - d - e - f! - g! - a - g - f - e - d - c - b - a, chiamata minore melodico. Tuttoquesto c’entra con il jazz solo in quanto molti brani e canzonette usano modi classici,anche se nell’improvvisazione i jazzisti usano sempre il minore melodico ascendentein entrambi le direzioni.

Inoltre, dato che il jazz è l’arte di improvvisare sentenze melodiche su di una database armonica, si è sentito il bisogno di rendere sistematico l’uso di modi per datiaccordi, riprendendo la definizione usata in musica classica per i modi antichi. Sitratta di modi che esistevano prima dell’affermazione del periodo tonale e che,tenendo presente che le terre della tonalità sono state Germania, Austria e Italia, conle loro capitali musicali, sono sopravvissuti specialmente in quelle al margine dellatonalità, ossia Francia, Inghilterra, Europa orientale (senza dimenticare tutto ilMediterraneo sud-orientale né la musica araba, con aspetti non-tonali), a cui sono statidati, dal Medio Evo, forse in maniera poco rigorosa, nomi greci, perché la musicaantica era modale.

Date sette note, è possibile costruire sette modi senza inserire alcuna alterazione,semplicemente ordinando la sequenza da un’altra nota. Questi modi si chiamano:

ionio, dal c, ossia c - d - e - f - g - a - b, come c maggioredorico, dal d, ossia d - e - f - g - a - b - cfrigio, dall’ e, ossia e - f - g - a - b - c - d

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lidio, dall’f, ossia f - g - a - b - c - d - emissolidio, dal g , ossia g - b - c - d - e - feolio, dall’ a, ossia a - b - c - d - e - f - g, come il minore melodico discendentelocrio, dal b, ossia b - c - d - e - f - g - a

Tutti questi modi hanno la caratteristica di possedere un gruppo di note fra cui visono due toni, come c - d - e, ed un altro con tre toni, quali f - g - a - b, separatiognuno da due semitoni, quali quelli fra e e f e quello fra b e c. Un ordinamento diquesto tipo si chiama scala diatonica, ed ha una certa importanza, perché scale medio-orientali con sette note non hanno questa caratteristica.

Ora vediamo questi modi e le loro proprietà. Il dorico può essere detto (in sensomatematico) di essere invariante sotto l’operatore dell’inversione e dellaretrocessione - in altre parole, se lo si suona dall’alto verso il basso, o dall’ultima notaverso la prima, l’ordine degli intervalli, toni e semitoni, è lo stesso. Solo il dorico haquesta proprietà. Vi sono molti brani in dorico, quali Greensleeves, Scarborough Fair,e molti brani modali nel jazz, quali la prima parte di My Favorite Things di Coltrane.L’Irlanda ne è piena.

Il frigio appare episodicamente in contesti improvvisatori, dato che corrispondeall’accordo sul terzo grado, ad esempio Em7 nella tonalità di c maggiore.

Il lidio è come il modo maggiore con il quarto grado aumentato. Costituisce labase della teoria sul jazz di George Russell [Russell1] e lo si trova in qualche brano dimusica popolare.

Il missolidio è il modo che strettamente corrisponde all’accordo di settima didominante. È come il modo maggiore, eccetto per il settimo grado che è statoabbassato. Lo si trova in molte musiche folkloristiche (e ricreazioni, come in Fête diDebussy) e in brani di jazz modale, come molti esempi del CD-ROM annessodimostrano.

L’eolio è come il modo minore senza alcuna alterazione.Il locrio, nonostante il suono strano, viene usato spesso nel jazz in un contesto di

accordi diminuiti ed ha pertanto una certa importanza per l’improvvisazione e laparafrasi musicale.

2.6. Le progressioni di base

Una progressione è una sequenza di accordi, sulla quale i jazzisti improvvisanouna melodia. Alcune di queste progressioni sono già state menzionate. Quelle cheseguono sono semplici sequenze che si ritrovano in tutto il jazz e che hanno la loroorigine nell’armonia tonale e nelle canzonette europee ed americane.

Il fulcro dell’armonia tonale è una progressione che parte dalla tonica, procedealla dominante e poi alla tonica, ossia una sequenza I - V - I, ossia tonica - dominante- tonica. È così che sono costruite le sinfonie. Nel jazz, questa struttura la si ritrovanella sequenza C - G7 - C, in cui l’accordo di settima di dominante può esserepreceduto da un accordo che risolve su di esso, come in Dm7 - G7 - C (vi sonomoltissimi esempi di questo tipo in questo testo e CD-ROM). Estendendo laprocedura musicale, l’accordo sulla fondamentale d può essere preparato da unaccordo sul sesto grado a, dando origine alla progressione, che parte da C:

C - Am7 - Dm7 - G7 - C

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che rappresenta una delle strutture di base dei “Rhythm Changes” (descritte nelcapitolo 4). Se ogni accordo durasse due tempi, ossia una mezza battuta, avremmo:

C/Am7 - Dm7/G7

ed il tutto si ripete. Vi sono quasi infiniti brani di jazz i quali, in qualche istante,usano questo modello, poiché può essere usato in qualsiasi segmento musicale in cuilo stesso accordo - specialmente quello sulla tonica - viene ripetuto su 2 battute.Inoltre, se ripetuto almeno 4 volte, ad esempio per 8 battute, il modello diventa unadelle strutture sulle quali possibile è improvvisare, come la parte A dei RhythmChanges.

Un’altra progressione che, a differenza delle precedenti, risolve sullasottodominante è:

C - C7 - F

che si ritrova spesso alla quarta battuta di un brano di blues (capitolo 3). Ilmovimento da C7 a F, che introduce la nota b" che non appartiene alla tonalità di c,presuppone un movimento armonico, ossia una modulazione, alla tonalità di f - ciòcapita in moti brani di jazz, specialmente per l’attrazione della sottodominanterichiamata da un’aggiunta non presente nella musica classica occidentale e tipica delblues e del jazz, le blue notes.

2.7. Le “blue notes”

In sovrapposizione al modo maggiore, il jazz ed il blues aggiungono altre duenote, che corrispondono al terzo grado ed al settimo grado abbassato - ossia, e" e b"nella scala di c maggiore - alle 7 note esistenti. L’origine di queste note è stata oscuraper decenni di musicologia nel jazz e venne spesso ripetuto che la scala africana erapentatonica, che dunque consisteva di cinque note invece delle sette note viste sopra,e che mancava del terzo e settimo grado (niente di sorprendente, dato che noti branieuropei come il Valzer delle candele, o Auld Land Syne, scozzese, userebbe sesuonata in c solo le note c-d-e-g-a), per cui africani in America, confrontati con ilmodo maggiore, avrebbero abbassato il terzo e settimo grado. Molto più convincenteappare invece la teoria di Schuller [Schuller1] secondo la quale la scala blues, ossia ilmodo maggiore con l’aggiunta del terzo e settimo grado diminuito, deriva dal metodocon il quale nella musica africana vengono armonizzate melodie, a quarte e quinteparallele nel modo maggiore.

Nell’evoluzione del jazz, resta il fato che una nota come e" possa essere suonatain una melodia sopra un accordo di C maggiore (vedasi l’esempio), senza che ciòappaia come dissonante come sarebbe nella musica classica, come pure un b"sovrapposto all’accordo di tonica in c (vedasi l’esempio) non dà l’impressione di unamodulazione alla tonalità di f, come invece sarebbe il caso in musica classica.

Ne segue che è possibile, per l’improvvisatore nel jazz, usare una sequenza dinote che va bene in ogni caso con le blue notes, senza rispetto per l’armoniasoggiacente, il che per necessità viene talvolta utilizzato per movimenti in scale straneo lontane. È pure possibile in tal modo dare un carattere “bluesy” a brani di originechiaramente triviale (triviale sia secondo jazzisti che musicologi classici), comefacevano istintivamente le orchestre “del territorio” e specialmente quelle del sud-ovest (nero) degli Stati Uniti. Anche se non esiste nessun “trucco” per fare, da unacanzonetta, un brano di jazz - è un’arte che c’entra con lo swing - le note blues

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rappresentano spesso, per associazione, quel fattore in più, come un peperoncino cheaggiunge sapore allo swing.

2.8. L’improvvisazione nel jazz: la parafrasi della melodia

Nel caso dei cosiddetti standards (capitolo 5) i jazzisti concepiscono la propriaparafrasi improvvisata come una variazione melodica del tema, specialmente quandoquesto viene esposto con poche modifiche o abbellimenti, come nell’esposto di LouisArmstrong di Stardust o in quella di Don Byas di Laura. Tuttavia, in molti altri casi,l’improvvisazione consiste di una riscrittura completa di un brano sulla sua armonia(come nel caso dell’interpretazione di These Foolish Things, capitolo 7, da parte diLester Young) o addirittura della creazione, partendo da brani esistenti, di nuovi branidi jazz: come ad esempio, da What is This Thing Called Love a Hot House, da HowHigh the Moon a Ornithology, da Honeysuckle Rose a Scrapple from the Apple, daYou’re Driving Me Crazy a Moten Swing (capitolo 6), dagli innumerevoli branicostruiti sulla struttura dei Rhythm Changes quali Yeah, Man, Anthropology,Dexterity, Lester Leaps In, Oleo (capitolo 4).

Quindi, più di una semplice parafrasi melodica viene impiegata da un musicista dijazz nella sua improvvisazione: e di che cosa si tratta?

Il metodo più elementare e sciatto è quello della tecnica del do-mi-sol-do, o c-e-g-c, ossia di arpeggiare l’accordo sul quale si suona. Senza originalità e pocointeressante, rappresenta tuttavia l’inizio da contrappunto, dal quale si possonoinserire altre note di passaggio, per cui la frase c-d-e-f-g può riempire i quattro tempidi una battuta che comincia sulla triade C, in cui il g cade sul primo tempo dellaprossima battuta. John Coltrane aveva sviluppato l’arte di arpeggiare gli accordi, siaquelli dati che quelli di passaggio, alla fine degli anni ’50, ad alta velocità, come eglidimostra in Mr.P.C., capitolo 3, e in Straight, No Chaser, capitolo 12.

A questo schema possono essere aggiunte note di passaggio, le appoggiaturedella musica classica, come nella frase c-e-f-f!-g-f-e-d che riempie i 4 tempi di duebattute, una figura melodica tipica di Count Basie (come in Jumpin’ At the Woodside,che però è in b"). Quindi, per estendere il modello, vi si possono aggiungere tutti gliabbellimenti della tecnica improvvisatoria, come fecero i precursori di New Orleans ecome fanno i jazzisti contemporanei, seguendo i maestri del passato che hanno estesol’arte.

L’arte di improvvisare su di un dato accordo, ossia su di una progressione,richiede allenamento. In generale, vengono considerate le note dell’accordo delmomento, assieme a quelle dell’accordo che segue prima di raggiungerlo - adesempio, usando note comuni ai due - per risolvere con note del secondo accordo.Tutto ciò in una frazione di secondo, sia a velocità basse del metronomo quali 60battiti al secondo che nel velocissimo Countdown di Coltrane (capitolo 6), in cui gliaccordi si susseguono ogni due tempi di 340 battiti al minuto! Evidentemente ciòrichiede una notevole capacità di improvvisazione, un lungo allenamento e abilità noncomuni.

Alcuni testi di teoria [Sabatella] hanno trattato in modo sistematico accordi eprogressioni, indicando quale modo debba usato per ogni transizione o progressione.Un musicista di jazz è in grado di identificare al volo accordi e progressione di unbrano, anche se lo sente per la prima volta, e di improvvisarci a orecchio senzanecessariamente saper dire le note che suona, forse solo la diteggiatura. Tali prodezzenon sono naturalmente necessarie per il lettore di questo libro, tuttavia l’abilità diriconoscere la base armonica, e come si svolge attraverso le battute, che questo testo

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mostra con i suoi numerosi esempi, è un esercizio utile che aiuta ad apprezzare l’artedell’improvvisatore.

2.9. La notazione musicale

Come in precedenza, mi ritraggo da ogni pretesa di completezza: questo non è,come ho già espresso nel capitolo 1, un corso di musica, né, in questo paragrafo, dicome si scrive la musica. Inoltre, la notazione musicale e gli spartiti hanno pocaimportanza nel jazz, a parte per gli arrangiamenti. La notazione musicale ha tuttavia ilmerito di rappresentare in modo obiettivo gli eventi musicali, almeno quellioggettivabili. Sufficienti nozioni verranno menzionate per poter seguire gli esempidati in saggi di musicologia jazz.

Nel corso dei secoli, la musica europea ha sviluppato un sistema di notazione perle note con la forma di un diagramma bidimensionale, in cui l’asse verticalerappresenta le frequenze - discretizzate, o approssimate, nel sistema temperato - equello orizzontale il tempo. La posizione delle note viene riferita ad una griglia a 5righe, il pentagramma, e la nota viene rappresentata da un’ellisse che occupaesattamente lo spazio fra due righe, oppure può apparire centrata su di una riga, comesegue:

L’asse orizzontale dei tempi è marcato dalla suddivisione in battute, separatedalla stanghetta verticale. La durata della nota e la durata di una pausa è indicatadalla sua forma. Ammettendo che il metro è di quattro quarti, nell’esempio abbiamo,da sinistra a destra, una nota intera o di quattro quarti, poi una pausa di quattro quartiper tutta la battuta, quindi una metà o due quarti (con l’aggiunta del trattino verticale),una pausa di una metà, quindi nella quarta battuta un quarto (nota nera con il trattino),una pausa di un quarto, poi un ottavo (nota nera con trattino e coda), una pausa di unottavo, un sedicesimo (nero con trattino e due code), la pausa di un sedicesimo, e unaltro ottavo. La prossima battuta inizia con un trentaduesimo. Note e pause con unpunto hanno la durata estesa del 50%, un altro punto indica un 25% addizionale.Segue una pausa di un sedicesimo e mezzo subito dopo il trentaduesimo, e l’ultimanota a destra dura un quarto e mezzo. È possibile avere note al di fuori delpentagramma, sopra e sotto, come illustrato dall’ultima della quarta battuta e dallaprima della quinta battuta, disegnando trattini orizzontali che lo continuano.

Tuttavia ciò non indica di quale nota si tratta. Ciò viene indicato da un simbolo direferenza chiamato la chiave. Ve ne sono parecchie, ma quella usata più spesso è:

chiamata chiave di violino (perché originariamente usata per i violini) o di sol(perché il simbolo è una G stilizzata. Il suo centro indica esattamente la posizionedella nota sol o g, che cade a cavallo della seconda linea del pentagramma contandodal basso. Quindi le note g - a - b - c sono rappresentate come segue:

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Il simbolo subito dopo la chiave, 4 sopra 4, indica che il metro del brano è diquattro quarti. A volte viene scritto con una C maiuscola.

Pure molto usata è la chiave di basso, che ha la forma seguente:

Il simbolo rappresenta una F stilizzata ed indica che la nota f cade esattamentesulla linea fra i due punti, la seconda verso il basso contando dall’alto. Per cui le notedi questo segmento sono f, e, d, e, f, g, in questo caso ottavi, legati assieme in gruppiper questioni di leggibilità, invece di usare sei codine individuali. Il metro è di seiottavi.

Ora che la nota è determinata dalla chiave e dalla sua posizione nel pentagramma,resta da determinarne l’ottava: ossia, sulla tastiera di un pianoforte si possono trovareben 8 c! Di quale si tratta? La convenzione è che, nella chiave di violino, il docentrale, quello a 262 Hz, cade a cavallo della prima lineetta da disegnarsi propriosotto la più bassa del pentagramma, come segue:

mentre la stessa nota cade pure, nella chiave di basso, a cavallo della lineetta dadisegnarsi appena sopra la più alta del pentagramma. Per cui le due note di questosegmento sono c centrale e b appena sotto - qui due metà. Da questo diagramma èfacile riconoscere come l’uso del doppio pentagramma con le chiavi di violino e dibasso sia diffuso per la musica pianistica, dato che vi si scrive la parte per la manodestra in alto e per la sinistra in basso. Le partiture orchestrali sono invece moto piùcomplesse, perché vi è un pentagramma per ogni strumento o sezione, talvolta conchiavi diverse.

Un’informazione ulteriore che appare accanto alla chiave è quella della scala delbrano, grazie all’uso di diesis e bemolli.

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Il primo esempio è tratto da uno spartito per pianoforte, il brano è a cinque quartied ha quattro bemolli in chiave, il che stabilisce la tonalità di a" maggiore. Il secondoesempio è per uno strumento monodico, quattro quarti, 3 diesis in chiave, tonalità di amaggiore. Il terzo, a sei quarti, indica ad esempio una tonalità di g dorico. Come sidetermina la tonalità dalle alterazioni in chiave viene spiegato oltre.

Si noti che la presenza di alterazioni in chiave indica pure che, ove appare la notacorrispondente, essa va considerata alterata, a meno che sia preceduta dal segno #. Sinoti pure che un’alterazione non in chiave dura per tutta la battuta, sempre a meno chenon sia cancellata o sostituita da un’altra. Questo concetto appare nel seguenteesempio:

Il primo c nella prima battuta è diesis, perché così è indicato in chiave. Ilprossimo c è naturale, dunque mezzo tono sotto il primo, a causa del segno #. L’ultimoc è pure naturale perché l’ultima alterazione si mantiene per la battuta. Il c dellaseconda battuta è diesis per via della chiave. Il b è bemolle perché così specificato, ecosì è l’ultimo. Il b della terza battuta è di nuovo naturale perché il bemolle terminacon la battuta. L’ f della terza sarebbe diesis se non vi fosse nessuna notazione, ma pervia del # diventa f naturale. Tutto ciò può sembrare complicato, ma rende lo spartitoleggibile e compatto, riducendo il numero dei segni. Per lo scopo di questo libro non ènecessario essere esperto di spartiti - non ve n’è uno in tutto il testo - tuttavia questespiegazioni sono date per completezza e per permettere una prima lettura di testi chela usano ampiamente, quali [Hodeir1], [Schuller1], [Schuller2], [Porter], [Les cahiersdu jazz]).

2.10. Tonalità e scale

Anche se il concetto di tonalità è meno importante nel jazz che nella musicaclassica - difatti, vi sono molti brani di jazz, quali Sweet Georgia Brown, All theThings You Are, Laura e Ruby, My Dear in cui la scala cambia così spesso da renderedifficile l’identificazione di un centro tonale - la maggior parte del jazz è tonale. Ciòsignifica che la musica possiede un punto di riferimento, una scala definita dalla suatonica, il primo grado della scala, e che tutte le altre note vengono udite in riferimentoad essa. È quasi corretto affermare che un brano finisce sulla tonica (e spesso iniziacon essa), dunque un brano in c finisce sul c (la tonalità è un tuttavia un concetto piùcomplesso, spiegato ad esempio con la sottile teoria di Schenker, che però esula dagliscopi di questo testo).

Per fare un esempio, si consideri la tonalità di c maggiore e le sue note sullatastiera di un pianoforte: sono i tasti bianchi da un c fino al prossimo c senza nessuntasto nero, ossia nessun diesis né bemolle (in certe tastiere, i colori sono invertiti). Acausa di come il pianoforte è accordato, vi è un tono (o due semitoni) fra c e d, d e e, epure fra f e g, g e a, a e b. Vi è invece esattamente un semitono fra e e f, b e ilprossimo c. Lo si vede bene osservando che non vi sono tasti neri fra e e f, e b e c, per

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cui l’intervallo fra questi tasti deve essere un semitono, proprio come quello fra untasto bianco ed il nero adiacente, per esempio d e d! (tasto bianco - tasto nero).

Il suono totale della sequenza mostra bene che cosa significhi scala maggiore.Cantando la sequenza c - d - e - f - g - a - b - c, un bambino nell’occidente apprendedalla prima infanzia dove porre i due semitoni e il funzionamento della tonalità, su cuisi basano le ninne nanne e le prime canzoni che si apprendono.

Dall’introduzione del sistema temperato, che “discretizza” o “tempera” l’ottavasuddividendola in 12 intervalli (i semitoni, tutti uguali), tutte le note, inclusi diesis ebemolli, sono le stesse in tutte le scale. In altre parole, è possibile iniziare la sequenzadella scala maggiore da un’altra nota, poniamo d, ed usare tasti e note già presenti nelpianoforte per ottenere una nuova sequenza, che ha lo stesso carattere, ma ad un’altraaltezza.

Ma come si trovano le note della nuova scala? Se si premono semplicemente itasti bianchi da d al prossimo d si ottiene qualcos’altro, perché il primo semitonoappare fra la seconda e terza nota della scala, e e f, e non fra la terza e la quarta comenelle scala di c maggiore. Difatti, come spiegato sopra, la scala ottenuta partendo da dè il modo dorico. Occorre quindi usare qualche tasto nero per correggere l’errore inmodo che la sequenza da d abbia, fra una nota e l’altra, gli stessi intervalli di quella dic maggiore.

Vi sono almeno due metodi per trovare i tasti neri (oltre a sapere la soluzione amemoria, come è il caso per ogni musicista): provare ad aggiungere diesis a bemollifino a quando si ottiene una sequenza con 2 toni, 1 semitono, 3 toni, 1 semitono, comein c maggiore - fino a quando “suona giusto”. Quindi, partendo da d, si nota che ilterzo grado f è basso, per cui lo si sostituisce con f!, il che dà la sequenza d - e - f! - g -a - b, che sembra corretta per i primi sei gradi. Quindi si nota che la nota c è bassa e lasostituisce con c!, che ancora una volta risolve il problema. Si ottiene così la scala,corretta, di d maggiore, che consiste di d - e - f! - g - a - b - c! - d. Si può allora direche d maggiore è la scale con due diesis in chiave, e lo esprime nello spartito comesegue:

Questo sistema a prova e riprova fornisce sì, alla fine, il risultato corretto, ma vi èun sistema più veloce e scientifico, basato sul ciclo delle quinte. Il cerchio verràrappresentato qui sotto da una retta, che è una circonferenza dal raggio infinito. Siconsideri un ordinamento delle note in modo che l’intervallo fra una e la prossima siasempre una quinta, come segue:

f - c - g - d - a - e - b - -1 0 1 2 3 4 5

La numerazione parte da 0 per c, diventa negativa andando vero sinistra epositiva verso destra. È interessante notare che il numero è esattamente la quantità didiesis (se positivo) o bemolli (se negativo) nella scala: per cui, d maggiore possiede 2diesis, e b maggiore ne ha 5. Inoltre, lo schema permette pure di determinare di qualidiesis si tratta: sono tutti quelli partendo dalla nota all’estrema sinistra, f, fino alla notaproprio prima di quella della scala, non inclusa. Ad esempio, d maggiore ha duediesis, che sono f! e c!, in quell’ordine, proprio come in chiave. b maggiore ne ha 5, f!,

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c!, g!, d! e a! - ci si è fermati alla nota e proprio prima di b includerla. E la serie puòessere fatta continuare oltre al b, con f!, poi c! e così via, e quando tutti i diesis sonostati usati, esistono i doppi diesis - ma nessuna di queste scale viene usata in realtà etanto meno nel jazz - anche se in teoria la retta può continuare all’infinito.

Lo stesso metodo continua anche andando verso sinistra, con qualche differenzaminore. Come prima, l’origine o rappresenta assenza di diesis e bemolli, e se unnumero positivo è la quantità di diesis, uno negativo è la quantità di bemolli, comemostra lo schema seguente:

d"""" - a"""" - e"""" - b"""" - f - c -5 -4 -3 -2 -1 0

Quindi f maggiore è la scala con un bemolle. Come prima, lo schema indica puredi quale bemolle si tratta. Si inizia con la nota precedente quella della scala e si contaverso destra per tante note quanto vi sono bemolli. Per f, iniziamo una nota prima, conil b", e dato che ce n’è uno è quello. Come secondo esempio, consideriamo a", haquattro bemolli, cominciamo dalla nota prima, d". e contando 4 verso destra troviamo:d", a", e" e b". Come per i diesis, la serie può continuare verso sinistra, oltre a d" , cong", c", f" ecc., di cui gli ultimi due non hanno senso perché sono gli stessi di e e b) edove necessario esistono doppi bemolli. Tuttavia le scale usate in pratica sono quelle dad" a b, mentre nel jazz, data la costruzioni degli strumenti a fiato, scale come d, a, e eb maggiore sono molto rare (con l’eccezione del blues vocale con chitarra, per laquale e and a sono scale facili).

L’algoritmo descritto sopra, che può essere facilmente programmato [Lucchini1],funziona per il modo maggiore. Per il minore, occorre ricordarsi che la tonica di unascala minore è esattamente una terza minore sotto a quella del relativo maggiore e chele alterazioni in chiave sono quelle del corrispondente maggiore. Prendiamo l’esempiodi c minore: il relativo maggiore è e", che ha tre bemolli, b", e" e a". Le alterazioni inchiave sono pertanto le stesse che per e", anche melodie e armonie conteranno, comediscusso per il minore armonico e melodico, la nota b al posto di b" e talvolta a alposto di a", indicate nello spartito volta per volta con il segno # - e non nella chiave,perché questa teoria insegna che non fanno veramente parte della tonalità.

Lo stesso vale anche gli altri modi, anche se il loro uso è raro, ma lo si trova avolte in spartiti antichi, come in quelli di Bach. Per trovare la scala di g dorico, ci sirammenta che tale modo inizia dal secondo grado del relativo maggiore, dunque ilrelativo di g dorico è f maggiore. Per cui g dorico ha un bemolle in chiave, b". Ciò èsufficiente per indicare la tonalità, dato che in g dorico basta rendere minore la terza.Evidentemente il sistema si estende a tutti gli altri modi, per cui un bemolle in chiavepotrebbe anche significare a frigio, b" lidio, ecc., notazioni che però non sono maiusate.

Per concludere, questo è lo schema (il ciclo delle quinte linearizzato) chepermette la determinazione di una scale:

c"""" - g"""" - d"""" - a"""" - e"""" - b"""" - f - c - g - d - a - e - b - f! - c!-7 -6 -5 -4 -3 -2 -1 0 1 2 3 4 5 6 7

che si estende da ambo le parti per 7 diesis e bemolli. Tuttavia, un numeroeccessivo di diesis può essere evitato scambiando, ad esempio, c! maggiore con d"maggiore, come permette il sistema temperato - ciò non sarà strettamente corretto,

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però sia Coltrane che Beethoven si prendono di queste licenze. Il sistema temperatosoffre dell’approssimazione delle “vere” terze e quinte, ma questa deficienza èlargamente compensata dalla facilità dell’uso delle stesse note in tutte le scale, il chepermette facili modulazioni - il passaggio da una scala ad un’altra - e trasposizioni -quando un brano originariamente in una scale viene suonata in un’altra.

Da ultimo si noti che, anche se questi concetti e metodi possono apparire difficili,in realtà non sono che la formalizzazione di conoscenze intuitive note a tutti, dato cheogni persona che canta sa trasporre naturalmente “un po’ più in alto” o “in basso” aseconda delle necessità.

2.11. Strumenti che traspongono

Vi è un gran numero di strumenti a fiato per i quali le note digitate hannofrequenze diverse da quelle descritte sopra. Il la è definito per convenzione a 440 Hz eda questa nota derivano le altre, chiamate note da concerto e che sono quelle delpianoforte. Tuttavia questi altri strumenti hanno un proprio c, per loro convenzione,che non è lo stesso del c del pianoforte, perché corrisponde alla frequenzafondamentale del tubo chiuso, senza l’uso di chiavi aggiunte o pistoni o altri sistemiche introducono alterazioni.

Si dice che questi strumenti traspongono perché, se il musicista suonasse lospartito per pianoforte, la musica sarebbe in un’altra scala. Per esempio, tromba esassofono tenore sono in si bemolle, per cui suonano un tono sotto a quanto scrittonello spartito: il musicista che vuole suonare c suona in realtà b". Quindi,l’arrangiatore che scrive uno spartito in c maggiore deve trasporre le parti per questistrumenti in d maggiore.

Quasi tutti gli strumenti a fiato usati nel jazz hanno questa caratteristica. Quasitutte le trombe, il trombone a pistoni, i sassofoni soprano, tenore e basso, e quasi tuttii clarini sono in si bemolle. Il sassofono alto ed il baritono, ed il sopranino, sono in mibemolle. Stranamente la parte per il trombone a coulisse viene scritta con le note diconcerto, anche se la frequenza fondamentale del tubo è si bemolle, ma si tratta di unaconvenzione. Esiste pure un trombone basso in fa.

Per il corno francese, non molto usato nel jazz, viene usata una chiave speciale.L’oboe ed il flauto tenore sono in c - anche esistono flauti in f e g - ed il flauto dolcesoprano è in c, mentre alto e sopranino sono in f. Per facilitare l’esecuzione, esistonostrumenti speciali come i clarinetti in a - usati ad esempio nel Preludio al pomeriggiodi un fauno di Debussy - praticamente mai usati nel jazz. Solamente il sassofono in c,chiamato C-melody, oggi obsoleto ma diffuso decenni fa perché non traspone, e che sisitua fra il tenore e l’alto, ha avuto successo nel jazz, grazie a Frankie Trumbauer,collega di Bix Beiderbecke che lo ha usato nel suo assolo di Singin’ the Blues(capitolo 12), con la sua strana sonorità, come quella di un alto più basso, che LesterYoung cita come sua influenza.

Tutto questo spiega perché certe tonalità sono le preferite dei jazzisti: b", la piùfacile per sassofonisti tenori, trombettisti e clarinettisti; f, a metà strada fra il cpreferito dai pianisti ed il b" di molti fiati, per i quali appare come g; e", il più facileper suonatori di sax alto, ed anche facile per sax tenore e tromba, per i quali apparecome f; c, che appare come d ai tenoristi e a agli altisti; mentre g, a" e d" sonoabbastanza ben tollerati, d, e, a e b vengono generalmente evitati (nonostante che ichitarristi amino e e a, dato che corde della chitarra sono accordate, dal basso versol’alto, come e, a, d, g, b, e, quelle del violino come g, d, a, ed e, ed il contrabbasso e,

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a, d, g ). La scelta delle scale si estende a quelle minori, di cui le più facili perstrumenti in si bemolle sono g, c, d e f minore

2.12. Trasposizione digitale

Uno dei miracoli del trattamento elettronico di segnali digitali è quello che si puòfare per modificare suoni e musica, incluso la trasposizione di un brano in un’altratonalità. Ossia, se il brano sul CD è in una scala sbagliata, è possibile correggerlotrasponendolo all’altezza giusta e alla velocità giusta. Ciò è analogo al procedimentodel passato di accelerare o diminuire la velocità di rotazione di un giradischi - vecchigrammofoni meccanici a 78 giri avevano una levetta per questo scopo, e recentigiradischi di classe hanno un controllo con stroboscopio per ottenere esattamente 331/3 giri al minuto. Ecco spiegato come si può dare lo stesso nel mondo digitale.

La prima figura mostra un’onda sonora, la curva spessa, la cui altezzarappresenta l’ampiezza, che è la quantità di spostamento laterale di una corda chevibra, o del nostro timpano mentre riceve l’onda, in funzione del tempo, l’asseorizzontale. Sono segnati 8 instanti o punti nel tempo. In una registrazione digitale,solo il valore di ognuno di questi 8 punti viene ritenuto e memorizzato. In unCompact Disk, vengono usati numeri a 16 cifre binarie, il che permette una scala divalori da -32,786 a 32,787, che è più che sufficiente, dato che il valore più piccolo ègià al di sotto della soglia del rumore dei nostri amplificatori caserecci. Il circuitoriproduttore, che si chiama convertitore digitale-analogico, o D/A, sa che i punti sonostati ottenuti campionando l’onda ad una frequenza di 44’100 Hz, ossia ogni puntodista nel tempo dall’altro 1/44’100.mo di secondo. Secondo il teorema di Nyquist, ciò

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permette la ricostruzione teorica dei punti della frequenza massima di 22’050 Hz - lametà, perché occorrono due punti per ricostruire una sinusoide come l’onda della notala vista nel sottocapitolo 2.3, il più semplice tipo di onda - ed in pratica, a causa delcomportamento non ideale dei filtri, ci si contenta di 20’000 Hz, adeguato per leesigenze dell’alta fedeltà domestica - per non parlare dei dischi a 78 giri degli esempidi questo libro!

Nella seconda figura si vede la stessa curva, ma invece di 8 punti se ne sonocampionati 9 nello stesso lasso di tempo. Ciò significa che la frequenza dicampionamento, che poi verrà ripresa dal convertitore D/A per ricostruire l’onda, èora di 44’100 x 9/8 = 49,612.5 Hz. L’orecchio non avverte alcuna differenza, perchéla curva viene ricostruita tale e quale. Si potrebbe solo notare che, data la frequenza dicampionamento più alta, e dunque la maggior densità di punti, vi è maggiorprecisione, e la riproduzione, in teoria, di frequenze più alte (si noti che registratori anastro digitali usano 48’000 Hz e più).

Nella terza figura, l’onda è stata “stirata” nel tempo in modo che la distanza fra ipunti sia la stessa di quella della prima figura. Per cui ora sono necessari 9 intervalli ditempo mentre prima ne bastavano 8! Ciò significa che ogni segmento musicale duraora 9/8 rispetto a prima, e che pertanto le frequenze si sono abbassate di 8/9. Ora, 9/8è esattamente l’intervallo di una seconda, quella fra c e d, come descritto nelsottocapitolo 2.4.1, per cui se il brano era originariamente nella tonalità di d, orasuona nella scala di c ed è un po’ più lento: quello che prima durava 80 secondi, orane dura 90.

È questo il modo che ho usato per moltissimi degli esempi per correggere siadischi che CD. Per concludere, l’atto di modificare la frequenza di campionamento diun segnale digitale è come mettere la mano su di un giradischi per rallentarlo mentregira, a parte che è molto più accurato e facile e può essere usato sia per trasporre versol’alto che verso il basso.

2.13. Il programma che determina e suona accordi

Questo semplice programma svolge le seguenti funzioni:− identifica il tipo di scheda MIDI del PC, ne stampa una descrizione e suona c

centrale− richiede con un ? di digitare il nome di un accordo, lo identifica con le sue

note e lo suona; se digitate ENTER, lo risuona; se digitate qualcosa disintatticamente scorretto, si lamenta ed aspetta.

Per far partire il programma, cliccate su chords.exe nel CD allegato. Ciò apriràuna finestra DOS nera e farà partire il tutto. Quanto segue è la trascrizione di unatipica sessione sul mio PC con una carta audio AUDIO PCI (ciò che scrivo io èsegnato in grassetto):

User specified MIDI device # 0.Midi device 0 OK, note sent, everything OK.Man id: 125, Prod Id: 70, Driver Version: 4.0# of voices: 31, # of simultaneous notes: 31, Channel Mask: ffffSupports separate left and right volume control.Supports volume control.

? Cm7c-eb-g-bb, 4 notes, minor seventh chord.

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? EM7e-g#-b-d#, 4 notes, major chord.?e-g#-b-d#, 4 notes, major chord.? Bdb-d-f, 3 notes, diminished chord.<control-c>

La prima indica che il programma ha trovato l’archivio chiamato DEVICE.TXT,che in questo caso contiene il carattere 0, e che ha preso questo numero come quellodella scheda MIDI che l’utente desidera usare. Se quest’archivio fosse assente oilleggibile, la prima riga apparirebbe invece come:

File DEVICE.TXT not there: default MIDI device 0 assumed.

che in generale funziona. Se però sul vostro PC vi è più di una scheda MIDI e nesapete il numero, potete editare l’archivio DEVICE.TXT con un qualsiasi editore ditesto come il Notepad e cambiare 0 con il nuovo numero. Ovviamente, dato che nonpotete scrivere sul CD, dovete prima copiare “chords.exe” e “device.txt” in qualchecartella sul vostro disco duro e lavorare da lì. La prima riga della risposta confermeràil numero da voi scelto.

I simboli accettabili per l’accordo sono:− le lettere da A a G, maiuscole, che specificano la fondamentale dell’accordo,

eventualmente seguita dal simbolo # o b− altre lettere quali m, d, o, M− numeri quali 7, 9, 11, 13, 6, 5− caratteri quali ^, (, ), +, #, -, b, 0sempre sella sequenza corretta, come spiegato nel sottocapitolo 2.4.Esempi: D, Am7, G0, C13(#5), EM9. Tutti gli esempi di accordi in questo libro.

A causa della volatilità delle schede MIDI, non è sempre facile risettarle se sibloccano. Nel caso in cui il programma partisse normalmente ma non si udisse niente,provate a spegnere e riaccendere il PC, dato che ciò risetta il sintetizzatore

Questo programma è stato testato per anni come componente di una sezioneritmica jazz automatica, tuttavia non vengono date garanzie sulla sua esattezza, anchese gli esempi in questo libro funzionano correttamente.

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Capitolo 3Il blues a 12 battute

3.1. Il significato di “blues” in questo capitolo e nel libro

Come molte parole del gergo jazzistico - ad esempio, swing - la parola blues hamolti significati a seconda del contesto. Bluesy è un aggettivo generalmente usato perdescrivere un’atmosfera, di solito triste e melanconica, in cui vengono usate le bluenotes descritte nel sottocapitolo 2.7. Inoltre vi è tutto un ramo musicale chiamato“blues”, con noti esecutori quali Leadbelly, Sonny Boy Williamson, Sonny Terry eBrownie McGee, Big Bill Broonzy, John Lee Hooker, Muddy Waters, Clifton Chenier(che canta anche in francese, capitolo 6) imitati da innumerevoli gruppi di rock, daElvis Presley ai Rolling Stones, ramo che talvolta si interseca con il jazz - e vi sonotesti dotti sul soggetto. Ma poco di questo è l’oggetto di questo capitolo, e ciò nonsolo perché il blues non è il jazz - nonostante le contribuzioni del blues al jazz sianoimmense e che il blues sia la radice del jazz; e che alcuni interpreti, come BessieSmith, siano contemporaneamente attivi sia nel blues che nel jazz - ma anche perchéla nostra preoccupazione temporanea sarà di capire bene la struttura musicalechiamata blues. Questa rappresenta l’importante prototipo di un brano che ognijazzista deve conoscere bene, forse il preferito ad una jam session, usato percompletare una seduta di registrazione, ed anche uno dei preferiti degli appassionati dijazz, perché rappresenta una misura della competenza musicale dell’improvvisatore.

Prima di vedere come sono fatti questa struttura e questo blues è possibileidentificarli. Difatti vi sono innumerevoli brani di musica leggera costruiti su di unblues: il grande successo di Bill Haley Rock Around the Clock, Blues in the Night neiprimi anni ’40, Tutti Frutti di Elvis Presley, Charlie Brown dei Coasters (anche se lebattute sono raddoppiate) e molti altri, inclusi quelli che non meritano di esseremenzionati.

A causa della natura improvvisatoria del jazz e dell’importanza degli elementinon-oggettivabili che costituiscono lo swing, il jazz è forse l’unica musica al mondobasata strettamente su strutture. Queste non sono necessariamente definite da armonia- com’è il caso per la musica dell’occidente - né da scale - come la musica indiana obalinese; difatti vi sono blues in maggiore, minore, dorico - né dal metro o dal tempo,come il valzer o la mazurca, poiché un blues può avere qualsiasi metro ed esserepoliritmico, come nella musica africana. Per “struttura” si intende solo un certonumero di battute, all’interno delle quali può succedere di tutto, eccetto in certi punticardine che identificano una transizione, anche se gli accordi possono esseremodificati o sostituiti.

La più diffusa di queste strutture è il blues a 12 battute (altre, come i RhythmChanges AABA o gli standards ABAC, sono trattate in altri capitoli). Tutte lestrutture elementari del jazz hanno un numero di battute che è un multiplo di 4, comenei valzer, marce e danze europee. Una lunga esperienza di improvvisazione hainsegnato ai jazzisti che la “quadratura” del numero delle battute è il modello piùfavorevole per la generazione dello swing. Il metro a 4/4 ha perso la sua posizione dimonopolio solo negli anni ’50, specialmente con Coltrane ed i suoi brani modali a 6/8,che però mantengono la quadratura. Per cui le strutture elementari sono a 4/4.

L’origine del blues rimonta alla preistoria del jazz e forse alla musica africana. Inun blues classico a 12 batture, ogni segmento di 4 battute corrisponde esattamente ad

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un riga della poesia, nella quale di solito la prima riga viene ripetuta due volte, comein:

I hate to see the evenin’ sun go downI hate to see the evenin’ sun go downIt makes me think of my last go-round

(St. Louis Blues, di William Christopher Handy)Infine, esistono brani di jazz che si chiamano blues ma che non lo sono (ad

esempio, Limehouse Blues, Farewell Blues, Blues in My Heart) mentre vi sonoinnumerevoli brani di jazz che sono dei blues ma che non contengono la parola neltitolo - i blues veloci di Charlie Parker, ad esempio.

3.2. La struttura del blues a 12 battute

Come per molte canzoni popolari, il blues di base è costruito esclusivamente suquegli accordi che sono maggiori in una data scala. Nel modo maggiore ve ne sonotre, quello costruito sulla tonica o primo grado, sulla sottodominante o quarto grado, esulla dominante o quinto grado. Nella tonalità di c maggiore, questi accordi sono: C,con le note c - e - g; F, con le note f - a - c; e G, con le note g - b - d. In musicaclassica, questi accordi sono indicati con I, IV e V, ossia il loro grado. È dunquepossibile esprimere la struttura di base del blues con il seguente diagramma:

I IV I I

IV IV I I

V IV I I

In questa griglia, ogni quadrato corrisponde ad una battuta, o quattro quarti. La silegge da sinistra a destra e dall’alto al basso, come uno spartito. Abbiamo dunque lebattute 1 a 4 nella prima riga, 5 a 8 nella seconda e 9 a 12 nella terza.

La notazione classica ha il vantaggio di rendere chiare le transizioni da un gradoad un altro. Ad esempio, dal primo grado della battuta 4 si passa al quarto grado dellabattuta 5. Inoltre, non dipende dalla tonalità. Eppure non viene mai usata nel jazz perdiverse ragioni, quali: in brani di jazz, il fatto di conoscere la tonalità, che puòcambiare continuamente rendendo la lettura impossibile, aiuta poco; in più, accordipossono essere usati in una data tonalità che però contengono alterazioni di un’altra,come D7 (che contiene f!) che va a G7 nella scala di c. Infatti i jazzisti improvvisanosu accordi e scale, non gradi. Per cui, per una migliore e più facile lettura, i jazzistiusano la notazione per gli accordi spiegata nel capitolo 2, che è quella del programmaper gli accordi sul CD-ROM. Dunque la struttura del blues nella tonalità di cmaggiore viene scritta nel jazz come segue:

C F C C

F F C C

G F C C

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Si vede come la seconda riga ripeta da vicino da prima, che è quello che fa iltesto. La terza riga conclude con la cadenza G-F-C, chiamata plagale in musicaclassica, diffusa negli inni religiosi. Come vedremo, molto di questo vienesistematicamente modificato nel jazz.

3.3. Esempi di blues nel jazz

Non è facile trovare nel jazz esempi musicali che seguano alla lettera la strutturaoriginale vista sopra, perché i musicisti di jazz si sono presi considerevoli libertà sindagli inizi. Tuttavia, i brani Pinetop’s Boogie Woogie - chiaro esempio di aderenzastretta alla struttura - e Yancey Special, di cui udiamo 24 battute, o due ritornelli, sonomolto vicini.

Anche I Don’t Know What Kind of Blues I’ve Got rispetta la struttura di base davicino, nonostante l’atmosfera moderna con dissonanze - quelle di Ellington alpianoforte nell’introduzione. Il primo ritornello ha una forte atmosfera bluesy grazieal clarinetto di Barney Bigard suonato nella scala bassa, con il contrappunto diLawrence Brown al trombone; il secondo è un assolo di Ben Webster al sax tenorenello sfondo dell’orchestra, e nel terzo Bigard ripete il tema sul registro alto delclarinetto. E così nasce un brano completo, da una semplice griglia 4 x 3.

Le prime modifiche che i jazzisti applicano alla struttura di base sono:I. saltar via la transizione a F nella seconda battuta - ossia, mantenere C per

tutte e quattro le battute, specialmente in brani velociII. ignorare l’accordo su F alla battuta 10 e tenere G, o meglio ancora

utilizzare una preparazione a G, ad esempio una semplice funzione didominante che, sempre nella tonalità di c maggiore, alle battute 9 e 10,potrebbe essere così: (la chiamerò II.b):

Dm7 G7

La modifica II dovrebbe essere ovvia per gli appassionati di musica classica edanche leggera, a cui piacciono le cadenze “normali”, come quella spiegata nel capitolo2, che fa Dm7-G7-C e risolve meglio di una cadenza plagale, come sapevano siaMozart che i fabbricanti di canzonette di Tin Pan Alley, da cui il jazzisti hanno presoa prestito. Jump Steady Blues è un esempio in cui entrambe le modifiche vengonousate.

Saint Louis Blues è stato trasposto digitalmente nella tonalità di c maggiore, perpotersi riferire alla griglia di sopra - con le mie scuse alla povera Bessie Smith di cuiho modificato la voce. Ma per farmi perdonare ho incluso il St. Louis Blues originalein e" maggiore, nel capitolo 11. Il brano usa la struttura di base, ma forse perché lentoe per la sofisticazione armonica dell’organista Fred Longshaw all’armonio, nonché diLouis Armstrong alla cornetta, qualche altro accordo è stato aggiunto qua e là perrendere i tutto più interessante, come segue:

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C/C7 F/G(!5) C C7

F A"/G(!5) C C

G D7/G C,C7/D0 C,E"d7/G7

Gli accordi separati dal simbolo / durano solo due quarti, mente quelli che duranoun solo quarto sono separati da una virgola. Come si vede, c’è abbastanza movimentonelle battute 11 e 12, in realtà ancor più di quello che appare nella griglia, dato chel’accordo D0 della battuta 11 e G7 della battuta 12 sono suonati in modo diverso suogni battito.

Jerusalem Blues è un esempio di New Orleans “revival” (chiamato “dixieland”dalle orchestre bianche) degli anni ’40. Usa alcune modifiche tipiche di New Orleans,poco distinte nel primo ritornello, alle battute 7 e 8, ma chiare nel secondo e terzo,come segue:

C F7 C C7

F F C/CM7 A7

D7 G7 C/G7 C/G7

Di nuovo vi è la preparazione dell’accordo D7 alla nona battuta con suadominante A7 nell’ottava battuta. Questo schema si mantiene durante tutto l’assolo diGeorge Lewis al clarinetto, ma il pianista cambia le battute 7 e 8 nel suo assolo.Jazzisti si permettono non solo di cambiare l’armonia di un brano, ma ancheall’interno del brano stesso durante l’esecuzione.

Anche Froggy Bottom aderisce alla struttura di base, eccetto per la modifica I,mentre Honky Tonk Train Blues usa entrambe le modifiche I e II.

Weatherbeaten Blues, del pianista Teddy Weatherford, non molto conosciutoperché esercitò la sua attività a Shanghai e nell’estremo oriente, è un’incisione fatta aParigi in occasione della sua visita ad una grande esposizione. Si tratta di un esempiosofisticato, in cui il musicista aggiunge molti accordi che scivolano e passano dall’unoall’altro, anche se la struttura di base dovrebbe essere ben riconoscibile.

Dippermouth Blues è un famoso assolo di Joe Oliver, re della tromba a NewOrleans, e a parte una leggera stranezza alla battuta 6, ed un accordo aggiunto allabattuta 8, segue lo schema di base con le due modifiche di sopra.

Henry Brown Blues è un blues di base in cui l’autore salta oltre la battuta 2 con lamodifica I solo nel primo ritornello, usa accordi originali nelle battute 3 e 4, e 7 e 8,mantenendo il IV grado nella battuta 10.

I’m Not Rough è una registrazione dell’orchestra di studio degli Hot Five,condotta da Louis Armstrong, un blues in a" maggiore. Dopo l’introduzione alpianoforte di Lil Hardin, a quei tempi sua moglie, la battuta 2 viene saltata via neiprimi tre ritornelli e mantenuto (più o meno) l’accordo di E"7 alle battute 9 e 10, ossiale due modifiche I e II. L’assolo di chitarra di Lonnie Johnson, sopra al banjo diJohnny St.Cyr che marca il tempo, mantiene la struttura di base, anche alla battuta 2,tesse un poco alle battute 7 e 8, lascia intendere un chiaro E"7 alla battuta 9 ed anche

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alla 10 benché preceduto da B"7, e conclude con una sua figura. La struttura dovrebbeessere facilmente riconoscibile.

Livery Stable Blues ha l’onore di essere il primo brano registrato di jazzconosciuto. Segue la struttura di base con modifica I (salto dell’armonia della battuta2), un modifica alla battuta 6, e la progressione C7 - F7 - B"7 alla battuta 8 come inJerusalem Blues (questo brano è in e" maggiore), come segue:

E" % E"7 %

A" Ad E" C7

F7 B"7 E"/B"7 E"

Il simbolo % è usato nelle griglie armoniche per indicare ripetizione. Si noti comegià i primissimi jazzisti, qui l’Original Dixieland Jass Band, si compiacessero amodificare la struttura di base.

Royal Garden Blues, in f maggiore, contiene un assolo di cornetta del grande BixBeiderbecke (il brano era dedicato al Royal Garden Cafe a Chicago, dove avevanosuonato molti jazzisti, incluso la King Oliver’s Creole Jazz Band). La novità è nelperiodico spostamento dell’accordo di base un tono sotto, come fa il pianoforte ognibattuta. Altrimenti aderisce alla struttura, salto alla battuta 2, e progressione D7 - G7 -C7 - F a partire dalla battuta 8, come nel brano precedente.

West End Blues, in e" maggiore, è uno dei capolavori di Louis Armstrong, a causadella brillante introduzione senza sezione ritmica, analizzata in dettaglio in[Schuller1], dimostrazione quasi incredibile di come uno strumento monodico possaswingare tutto da solo. Solito salto alla battuta 2, e mantenimento dell’accordo B"7dalla battuta 9 come da modifica II, con un po’ di riempimento alla battuta 11 perriprendere il prossimo ritornello, che verranno analizzati nel prossimo capitolo.

Perdido Street Blues è un brano molto bluesy del clarinettista di New OrleansJohnny Dodds. Struttura basica in f maggiore con il salto alla battuta 2, uso delladominante C7 alla battuta 10 preceduta dall’accordo su G alla battuta 9. Si noti ilvibrato profondo di Dodds.

Deep Harlem è un brano relativamente sconosciuto di Bix Beiderbecke. Accordicomplessi sono aggiunti alla struttura di base, che però dovrebbe essere chiaramentericonoscibile. Quattro battute sono aggiunte alla fine.

Boogie Woogie è il brano di Pinetop riscritto per quintetto, quello di Count BasieBand con Carl Smith alla tromba (che qui non si sente), Lester Young al sax tenore,Count Basie al pianoforte, Walter Page al contrabbasso e Jo Jones alla batteria. Solitosalto alla battuta 10, ma non alla battuta 2.

The Blues I Like To Hear è un’orchestrazione completa per l’orchestra di CountBasie di Buster Smith, chiamato “professor” per le sue conoscenze musicali, sorgentedi ispirazione e padre spirituale di Charlie Parker. Aderenza alla struttura eccetto allebattute 9 e 10. Si noti il buon lavoro della sezione ritmica, la migliore dell’epoca.

One o’ Clock Jump è un tipico esempio dei brani che l’orchestra di Basie sapevaimprovvisare, riff su riff, sezione per sezione: frase dei sassofoni, forse armonizzataall’istante, contro-riff degli ottoni. Il tutto sulla struttura del blues (con i soliti salti allebattute 2 e 10) su cui l’orchestra, che si ode dopo un giro della sezione ritmica,avrebbe potuto andare avanti per sempre riff dopo riff, alternandoli con assoli deisolisti principali come Buck Clayton e Harry Edison alla tromba, Dicky Wells e

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Bennie Morton al trombone, Herschel Evans e Lester Young al sax tenore, EarlWarren al sax alto, Basie stesso al pianoforte, e la magnifica sezione ritmica conFreddie Green alla chitarra, Walter Page al contrabbasso e Jo Jones alla batteria. Permostrare il contrasto ho incluso separatamente l’assolo di Herschel Evans e quello diLester Young nello stesso brano. Di più verrà detto sulla differenza fra lo stile diColeman Hawkins e quello di Lester Young, ma in questo caso le due scuole sonorappresentate nella stessa orchestra, e la concezione diversa di sonorità e fraseggi benillustrata in questi assoli. Sent For You Yesterday è un altro assolo sul blues diHerschel Evans, grande sassofonista tenore, sparito prematuramente nel 1939,iniziatore della scuola texana che annovera Illinois Jacquet, Arnett Cobb, Tom Archia,Harold Land, J.R.Monterose, ognuno dei quali possiede una speciale caratteristicanella sonorità che viene chiamata “quella cosa del Texas”. Hawkins riconobbe cheEvans, pur essendo uno dei suoi discepoli, aveva una sonorità speciale.

Eddie’s Blues è un estratto di tre ritornelli del grande violinista Eddie South, dicui le registrazioni di Parigi sono le migliori, sia per la scelta dei brani che deimusicisti, qui Django Reinhardt alla chitarra. Struttura di base con il salto occasionalealla battuta 2 e 10, e qualche abbellimento che fa parte dell’arte di un chitarrista. Lanatura del blues appare chiaramente nel terzo ritornello, più focoso.

Mess A Stomp è un tipico esempio di come le orchestre di Kansas City sapesserodialogare rapidamente a sezioni con riff sul blues. L’arrangiamento è della pianistaMary Lou Williams, a tutti gli effetti direttrice dell’orchestra “Andy Kirk’s TwelveClouds of Joy” (che in realtà erano più di 12 [Kirk]). L’assolo di sax tenore è di DickWilson, discepolo di Chu Berry. Struttura di base con il solito salto alla battuta 10 e avolte nella 2.

Jay McShann è un altro famoso capo orchestra di Kansas City, e questo brano,Hootie’s Blues (il soprannome di Jay) è forse il primo blues registrato da CharlieParker, che ne è anche compositore ed arrangiatore. Dato che l’altra facciadell’originale a 78 giri, Decca 8559, conteneva un successso commerciale vocale,Confessin’ the Blues, questo brano venne ascoltato da molti che si resero conto cheesisteva tutta una maniera nuova di suonare, quella che si diffuse negli anni ’40 comebe-bop. Bird, come Parker era soprannominato, prende l’assolo dopo l’insieme chesegue il pianoforte di McShann. Struttura standard, salto alla battuta 2 e funzione didominante come da II.b alle battute 9 e 10.

Last Goodbye Blues è una breve introduzione pianistica al canto di Joe Turner(rimosso) da parte di Art Tatum, pianista con un tecnica prodigiosa, che in unambiente intimo come questo si trattiene dal suonare troppe note. Un esempio di comeuna semplice struttura come il blues permetta un’arte raffinata e dettagliata, uncammeo musicale. Difficile da battere. Ancora una struttura di base in b" maggiorecon qualche abbellimento alla battuta 9 ed il salto alla battuta 10. Si noti lapreparazione dell’accordo E" alla battuta 5 con settima e nona di B" nella 4.

Geronimo è di un’orchestra sconosciuta diretta da McShann, che avevaun’orchestra completa a Kansas City negli anni ’30 e ’40 che includeva Charlie Parker(vedi sopra). Mi piace molto l’assolo dello sconosciuto Frank Sleets, assolutamentenotevole: 12 battute brucianti, specialmente le ultime 4 sulla stessa nota di cui cambiail suono. Tutta l’orchestra sembra molto vivace. Un altro esempio di che cosa si puòfare con il blues. Struttura di base con salto alle battute 2 e 10.

Every Day è il successo commerciale che permise a Count Basie di ricostituire lasua grande orchestra negli anni ’50. Il brano è una derivazione tipica della strutturache val la pena di analizzare, perché la si ritrova in molti blues di Basie, conmodifiche come al solito alle battute dalla 8 alla 10, come segue:

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A" D" A" A"7

D" B"0/E"7 A" F

B"m7 E"7 A"/Fm7 B"m7/E"7

almeno così per il primo ritornello, mentre nel secondo l’accordo D" dellaseconda battuta viene modificato con altri cambiamenti. La sequenza delle battute 11e 12 è spiegata nel capitolo 4.

Bag’s Groove è un esempio di jazz moderno, in cui però la struttura di base è benrispettata, a parte i soliti salti alle battute 2 e 10. Il riff di Milt Jackson al vibrafono,con Miles Davis alla tromba, rimane uguale per tutti e tre i segmenti di 4 battute,mentre l’armonia cambia.

Walkin’ è un blues di Miles Davis, qui in una versione dell’orchestra di QuincyJones catturata in una trasmissione radio da Parigi nel 1961. Struttura di base conqualche aggiunta dissonante agli accordi maggiori.

Village Blues è un brano di Coltrane che, a parte il salto sulla battuta 2, segue davicino la struttura di base, compresa la cadenza plagale della battuta 10. Certo che ilpianista McCoy Tyner aggiunge molti abbellimenti alla struttura, che danno un saporemoderno al brano, ma la struttura è ben riconoscibile. Si noti come il batterista ElvinJones contribuisce melodicamente al brano, al posto di meccanicamente marcare iquattro quarti, mentre il contrabbassista Steve Davis mantiene una sequenza costante,dando così un carattere modale al brano (capitolo 12).

Mysterioso, brano di Thelonious Monk con Milt Jackson, è notevole perché,nonostante gli accenti moderni, segue da vicino la struttura di base, a parte qualchelibertà alla battuta 10. È un esempio di come Monk, scambiato per un fumista dalledissonanze gratuite, è invece un vero interprete della tradizione, con il suo profondosenso del blues. L’assolo di Jackson è notevole, come sempre.

Original Jelly Roll Blues è un esempio di come, fin dall’inizio, i jazzisti hannomodificato il blues in modo profondo. Ecco che cosa ne ha Jelly Roll Morton:

E" G7 E"9 E"9

A" F!d E"M7 %

Fm7/B"7 F7/B"7 E" F7/B"7

Sorprendente l’accordo di G7 nella battuta 2. Si noti pure la sonorità dellacornetta di George Mitchell, un bravo musicista di Louisville, Kentucky, non moltoconosciuto, ed il suono creolo del clarinettista Omer Simeon, che da bravo jazzistanon ha la sonorità di un clarinettista classico, ma è più “pulito” di un Johnny Dodds odi Sydney Bechet, un altro creolo che però imparò ad avere un suono da nero.

Saddest Tale è un altro esempio del trattamento del blues. L’assolo di tromba è diArthur Whetsol (spesso attribuito a Cootie Williams), specialista di lenti, ed ilclarinetto basso è suonato da Harry Carney. L’armonia di Ellington è molto elaboratae, come è nel suo stile, non concepita in funzione di accordi, ma di voci di strumenti(si veda il sottocapitolo 9.3). come ben appare dietro all’assolo di Whetsol, mentrequella dietro all’assolo di Carney è più semplice. Un’analisi dettagliata dell’armonia

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sarebbe possibile, ma al di fuori dello scopo di questo capitolo, che è quello diriconoscere la struttura di base in ogni pezzo.

Nobody Knows De Way I Feel Dis Morning è uno degli esplosivi assoli di SydneyBechet sul blues. Questo clarinettista e sassofonista soprano di New Orleans hagoduto di grande successo nel mondo intero, incontrò il suo collega e compaesanotrombettista Tommy Ladnier a Leningrado nel 1926, e nel 1919 un articoloprestigioso di Ernest Ansermet, che divenne in seguito il direttore dell’orchestra dellaSuisse Romande ed esperto di musica moderna, ne tessé le lodi, affermando che la suaera la musica del futuro. In questo brano abbiamo la struttura di base con il solito saltoalla battuta 10. Bechet appare ancora nel sottocapitolo 9.2 dedicato a Jelly RollMorton e con il suo successo Petite Fleur nel capitolo 12.

Frenchie’s Blues illustra l’arte di Freddy Johnson, di New York, che visse moltianni in Europa e specialmente in Olanda. Struttura di base, modifica alla battuta 10,tipico stile da jam session sul blues negli anni ’30.

El Salon de Gutbucket è un riff sul blues già registrato dall’orchestra Luncefordcon il titolo Blues in the Groove - si può dunque supporre che ai compari ColemanHawkins e Charlie Shavers mancasse un brano e che l’abbiano preso a prestito dalcollega Eddie Durham, come spesso fanno i jazzisti con disinvoltura. Solo gli assoli diHawkins e Shavers sono inclusi nel segmento. È notevole come questi jazzisti suoninocon lo swing veloce dei boppers, e la sezione ritmica con il pianista Teddy Wilson edil batterista Denzil Best vi si adattino. Per la prima volta udiamo una modifica allebattute da 8 a 10 che diventerà molto diffusa negli anni ’40, ossia:

Dm7/D"m7

Cm7 F7 B"

che si sente bene nell’assolo di Hawkins, meno negli altri. La chiamerò modificaIII, dato che la si trova spesso.

Conversing in Blue è un tipico blues lento del sassofonista tenore Ben Webster,che in due ritornelli esibisce i suoi “trucchi”. In generale, Webster non sembra avereun grande senso dell’armonia - anche se è migliorato continuamente - ma sa di certocome si gira e piega una nota sul suo possente tenore. Struttura di base con lamodifica descritta sopra, ben compitata alla fine del secondo ritornello.

Basically Blue è simile al precedente, ma il sassofonista è Ike Quebec, precedutoda Milt Hilton al contrabbasso. Struttura di base con modifica III, chiaramenteespressa da Hinton, implicitamente da Quebec, che non possiede tutti i trucchi diWebster, ma ha una sonorità larga ed un’interessante scelta delle note.

Adam’s Alley è un blues esplosivo di Illinois Jacquet, sassofonista tenore potentecon l’accento texano. Dedicato ad un disk jockey, fa sentire John Lewis al pianoforteed un assolo crescente di Jacquet il quale, nel suo stile, fa salire la pressione con unaserie di riff. Si tratta della struttura di base con il salto alla battuta 10 e suggerimentidella modifica II.b. È un esempio della potenza che può essere ottenuta con unsemplice blues.

Ool-Ya-Koo è uno degli assoli bop dadaisti di Gillespie e la sua grande orchestra,protagonista di un cortometraggio, Jivin’ with Be-Bop. Struttura di base con il saltoalla 2 e modifiche alle battute 9 e 10. Secondo il poeta Langston Hughes, che parla

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attraverso il suo protagonista Simple, il significato va trovato nella rivolta di Harlemdel 1943, quando le clavi dei poliziotti si abbattevano sulle teste dei neri facendo be-bop, be-bop, ed essi rispondevano con ool-ya-koo!

Blowing the Blues Away è un brano dell’orchestra poco conosciuta del cantanteBilly Eckstine (di ascendenza tedesca, un afro-americano dagli occhi blu). Come dicenel suo canto, vorrebbe che “Mr.Gene” e “Mr.Dexter” gli soffino via il blues, ossia lamalinconia - e così riempiano la musica! È un bell’esempio di “chase”, una gara arincorrersi, fra due musicisti sullo stesso strumento (come quella fra Herschel Evans eLester Young in One o’ Clock Jump, vedi sopra), che sono Gene Ammons e DexterGordon al sax tenore. Dopo il ritornello di Billy, l’ordine degli interventi è ilseguente:− orchestra 4 battute, Gene Ammons 8 battute− orchestra 4 battute, Gene Ammons 8 battute− Dexter Gordon 8 battute, Gene Ammons 4 battute− Dexter Gordon 8 battute, Gene Ammons 4 battute− Dexter Gordon 12 battute− Gene Ammons 12 battute

Dexter ha un suono leggermente più forte con armonici più stridenti, sedevaaccanto ad Illinois Jacquet nell’orchestra di Lionel Hampton, da cui forse proviene lostrillo alla battuta 7 della sua sequenza di 12 battute! Gene è più vicino a Lester, comemostra la sua entrata, dopo il secondo ritornello e subito dopo l’orchestra, con iltrucco della nota ripetuta (si veda anche One O’ Clock Jump sopra). Si tratta dellastruttura di base con i soliti salti delle modifiche I e II. Il batterista è Art Blakey.

Blues for Alice è un tentativo serio di modificare la struttura del blues, compostoda Charlie Parker. È diventato un classico che merita di essere analizzato:

FM7 Em7/A7 Dm7/G7 Cm7/F7

B"M7 G0 Am7 D"7

Gm7 C7 FM7 Gm7

Si noti come Parker segua bene gli accordi della sua composizione nel suo assolo.La sezione ritmica si prende un po’ di libertà - ad esempio, l’accordo D"7 alla battuta8 funge in realtà da G"m7 - e così fanno i solisti. Notevole è la progressione, un ciclodi quinte, che parte da Em7, mezzo tono sotto la tonica, per risolvere compiutamentesu B" dopo 6 passi, alla fine della battuta 4. Si noti inoltre che l’accordo indicato conG7 alla battuta 3 viene invece sostituito con D"7 costruito sul tritono, ma ho volutotenere la progressione simmetrica.

Relaxin’ at Camarillo è un altro capolavoro di Parker, dalla struttura di base conmodifica III, composto dopo che venne rilasciato dall’ospedale statale di Camarillo, anord di Los Angeles. Da menzionare la difficoltà del tema, seguito da due ritornelli diParker, e poi due di Wardell Gray al sax tenore, un bravo musicista che battagliavaspesso con Dexter Gordon, dal suono più morbido e con idee sempre interessanti,purtroppo morto in tenera età. Barney Kessel è alla chitarra e Dodo Marmarosa alpianoforte. Questa è la versione, di quattro, che venne messa in commercio da RossRussell [Russell3].

Billie’s Bounce and Now’s the Time sono due brani preferiti delle jam session,conosciuti da tutti gli appassionati, un motivo in più per includerli qui. Sempre

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struttura di base con modifiche alle battute da 8 a 10. Si noti come Parker improvvisicon naturalezza e precisione sul blues, in un modo che si potrebbe dire classico.Questi assoli sono stati studiati a memoria ed in profondità da molti jazzisti. Adesempio, Miles Davis ripeterà il suo assolo di Now’s the Time - non incluso - annidopo in Straight, No Chaser nota per nota, poi risuonato ed armonizzato dal pianistaRed Garland.

The Rose Truc è uno dei molti esempi di improvvisazione sul blues delvibrafonista Milt Jackson, la stella del Modern Jazz Quartet. Questo è tratto dallacolonna sonora del film Sait-on Jamais (capitolo 15) ed a mia conoscenza non èreperibile, perché diverso dal brano registrato con la suite completa dal MJQ un annodopo per la casa Atlantic. Si tratta della struttura di base, a parte che, nel tema, che quinon è incluso, l’accordo sulla battuta 5 e 6 è in minore! John Lewis al piano, PercyHeath al contrabbasso e Connie Kay alla batteria completano il quartetto.

The Squirrel è ancora una volta un tentativo di modificare la struttura del blues inmodo sostanziale. Il compositore è Tadd Dameron, un arrangiatore e pianista chesuscitò molta ammirazione con la sua orchestra bop dai suoni raffinati, anche se nonprendeva quasi mai assoli. Ecco come rielabora la struttura:

F/ Gm7 F/B" F F7

B"7/Bd7 B"7/Bd7 F/Gm7 Am7/A"m7

Gm7/A"7 D"M7/Gm7,G"7 FM7,Gm7/FM7

Di particolare vi è la progressione che inizia alla battuta 9 A"7-D"M7, cheinterrompe la risoluzione aspettata dalla battuta 8 con Am7/A"m7 - Gm7, chedovrebbe continuare con C7. Invece alla battuta 9 comincia un ciclo di quinte, cheperò si ferma a Gm7, un po’ come nei ponte delle strutture AABA degli anni ’40 delcapitolo 12. Inoltre, l’accordo di G"7 alla fine della battuta 10 sostituisce per C7,perché è sempre possibile sostituire un accordo di settima di dominante con quellocostruito esattamente una quinta diminuita, o tritono, sopra la fondamentale. In questocaso abbiamo G"7 al posto di C7, perché ciò che è importante dell’accordo di settimadi dominante, come spiegato nel capitolo 2, è la presenza delle due sensibili, chenell’accordo C7 della tonalità di f maggiore sono: e, che risolve sulla tonica f, e b",che risolve sulla terza, a, dell’accordo di tonica. Ma queste note sono pure presentinell’accordo G"7 che contiene g" - b" - d" - e, e quindi possono svolgere la stessafunzione. Ecco perché in Blues For Alice l’accordo D"7 sostituisce per G7 senzaproblemi. Questa sostituzione è spesso chiamata del tritono, dal nome della nuovafondamentale tre toni sopra (o sotto) la vecchia, come d" rispetto a g. La rivedremoancora, tra l’altro nei capitoli 4 e 12.

Blue Train è una composizione di John Coltrane, un brano che inizialmente vivein un modo minore ambiguo, ma poi l’improvvisazione è chiaramente in maggiore -per oltre sette battute nel suo assolo, Coltrane si trattiene dal suonare la terza dellatonica per mantenere l’ambiguità, e solo allora comprendiamo che si tratta di un branoin maggiore. È una struttura di base con le solite modifiche alle battute 9 e 10. Il branodimostra che Coltrane è il degno continuatore di Charlie Parker.

Blues March è un tentativo divertente dei Jazz Messengers di Art Blakey - quellicon Lee Morgan alla tromba, Benny Golson al sax tenore, Bobby Timmons alpianoforte e Jimmy Merritt al contrabbasso - di ricreare il suono delle bandelle da

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marcia di New Orleans. La struttura, in b", è sottoposta a qualche elaborazioneimportante che merita di essere citata:

B" E"7 B" B"7

E"7/A"7 D"M7/G"7

C0 F7 B"M7/D"7 G"M7/B7

Non ho indicato nessuna armonia per le battuta 7 e 8, anche se si sentonoembrioni di accordi di passaggio con le note c - c! - d - d! fino al g" dell’accordo di C0- non bisogna esagerare nell’imporre armonie laddove i jazzisti preferisconosuggerirle. Interessate l’uso dell’accordo di E"7 alla battuta 5, che sarebbe normale senon fungesse da inizio di una progressione che porta a D" e G". Nell’improvvisazione,tuttavia, lo schema viene abbandonato a favore di una progressione tipo New Orleans- come in Jerusalem Blues - alle battute 9 e 10, come segue:

B" E"7 B" B"7

E"7/Ed E"7/Ed B" Dm7/Gm7

C7 Cm7/ B7 B"

All Blues è l’unico blues con un metro diverso, 6/8, anche se la struttura di baserimane, con il salto alla battuta 2 e qualche modifica alle battute 9 e 10. Che questo siaveramente un blues appare chiaramente nell’improvvisazione di Miles Davis, di cui sipossono ascoltare due ritornelli. Il brano è tratto dal disco “Kind Of Blue”, forsequello di maggior successo della storia del jazz, un capolavoro.

Cousin Mary è un blues di Coltrane, però non è sempre facile riconoscere lastruttura di base, perché gli accenti sono spostati. Data la natura armonica speciale delbrano vale la pena di esaminarne la griglia:

C7/E"(!9)

A"7 C7/E"(!9) A"7 %

D"7 C7/E"(!9) A"7 D7

D"7 C7/E"(!9) A"7

I primi tre tempi sono “presi a prestito” dalla battuta precedente che non c’è, lastessa della battuta 12 nel ritornello, che genera il rettangolino addizionale in alto. Sinoti pure la sequenza C7/E"(!9), che appare in realtà sul secondo e terzo tempo dellebattute rispettive, al contrario di quanto renda la notazione imperfetta della griglia.

Straight, No Chaser è un tema interessante di Thelonious Monk. È molto vicinoalla struttura di base, inclusa l’osservanza della sottodominante alla battuta 2 - cheperò non viene armonizzata nel secondo esposto del tema - a parte la sequenza dellamodifica II.b con Gm7 - C7 -F che inizia alla battuta 9. Non è tuttavia evidente

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comprendere il brano o cantarlo, dato che lo stesso riff continua a scivolare nel tempotra le varie battute con accenti diversi.

Funky Mama è un esempio di come jazzisti moderni rispettino, e riinventino, latradizione del blues. Il sax alto di Jackie McLean, un giamaicano, mostra chiaramenteche lo strumentista segue i dettami del jazz moderno, ma usa l’enfasi e la franchezzadegli interpreti di blues. Struttura di base con sottodominante alla battuta 2, e qualcheabbellimento della modifica II.b alle battute 8 e 9.

Happy Faces è un arrangiamento swingante che apparve nel primo discodell’orchestra di Quincy Jones. Si tratta della struttura di base, con il salto dellasottodominante alla battuta 2 e funzioni di dominante tipo II.b alle battute 9 e 10. Sinoti il suono massiccio dell’orchestra nel terzo ritornello, prima dell’entratadell’assolo di Zoot Sims al sax tenore.

Parker’s Mood fu un cavallo di battaglia di Charlie Parker, rivisto qui da jazzisticontemporanei. Struttura di base, sottodominante alla seconda battuta, funzionisemplici di dominante alla battute 9 e 10.

Pastel Blue e Blue Monk dimostrano che i riff nel jazz non vanno persi. Il sestettodi John Kirby era un’orchestra da camera molto disciplinata alla fine degli anni ’30,con arrangiamenti eccellenti e difficili, spesso di brani di musica classica. In entrambii brani si riconosce bene la struttura di base ed il mantenimento della dominante allabattuta 10.

Ba-lue-Bolivar Ba-lues-are (il “blues” del “boulevard”) è un’idea astuta diThelonious Monk: invece di rispettare la struttura, egli riproduce la prima riga di 4battute alle battute da 5 a 8 ma nella tonalità della sottodominante, come segue:

B" E"7 B" B"7

E" A"7 E" %

Cm7 F7 B" %

Per cui la seconda riga è un’esatta trasposizione della prima una quarta sopra. Ilfatto che alle battute 7 e 8 non vi è il solito ritorno alla tonica mette in difficoltà ilsassofonista Ernie Henry a causa della violazione dell’abitudine, nonostante cheMonk lo solleciti con gli accordi corretti al suo pianoforte.

Jim Dog è un blues semplice e tradizionale eseguito da jazzisti contemporanei,incluso per mostrare che la struttura non è ancora stata persa. Rispetto dellasottodominante sulla battuta 2, semplici funzioni di dominante alle battute 9 ed 10.Walter Blanding e James Carter (che qui non si ode, se non nelll’insieme), prediligonouna sonorità con vibrato ed ampiezza come quella dei maestri antichi.

Functional è un assolo di Thelonious Monk che mostra bene l’amore per il bluestradizionale di questo innovatore. A tratti sembra di sentire un pianista degli anni ’20.Struttura di base, modifica III alle battute da 8 a 10.

Ray’s Blues proviene dalla colonna sonora del film “The Firm”. Lo si sentementre Tom Cruise sta cercando di scappare attraverso Memphis. Composta edeseguito dal pianista Dave Grusin, che reinterpreta lo stile di un pianista di blues purcon i suoi abbellimenti, il tutto molto bluesy. Struttura di base con numerosemodifiche, come alle battute 5 e 6, e funzioni di dominante alle battute 9 e 10.

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3.4. Blues in minore

Come già citato, la struttura del blues non dipende da melodia, velocità, metro earmonia, e nemmeno dal modo musicale. Quelli che seguono sono esempi di blues inminore.

I Left My Baby è un esempio dell’orchestra Basie, con Buck Clayton alla trombae Lester Young al sax tenore, che precedono il cantato (rimosso) seguito dai riff inminore. Mantenimento della sottodominante alla battuta 2 e semplice dominante(modifica II) alle battute 9 e 10.

Ko-ko è un brano sofisticato di Duke Ellington, che dimostra il tipo di trattamentoavanzato che è possibile sul blues. Si tratta della struttura di base con il salto allabattuta 2, e dominante alle battute 9 e 10. Si noti l’assolo di Tricky Sam Nanton, nelsecondo e terzo ritornello, e le armonie avanzate di Ellington al pianoforte nel quarto.

Israel, del famoso gruppo di dieci di Miles Davis, vive nell’ambiguità tramaggiore e minore, o dorico. Struttura di base, con qualche modifica alla battuta 9.

Carol’s Interlude, dei Jazz Messengers di Art Blakey del 1956, con Donald Byrdalla tromba, Hank Mobley al sax tenore, Horace Silver al pianoforte e Doug Watkinsal contrabbasso, e naturalmente il direttore alla batteria, contiene delle armonieinteressanti per il trattamento del blues in minore, come segue:

Gm Gm Gm G7

Cm D7 Gm B"7

E" A0 Dm7 Gm

Lo schema è abbastanza rispettato nell’assolo di Hank Mobley: la stranezzadell’accordo Dm7 alla battuta 11, che in realtà dovrebbe essere la settima didominante D7, è causata dall’uso del dorico, invece che del minore. La caratteristicasimpatica della struttura è che l’improvvisatore si trova naturalmente proiettato nelmodo maggiore della sottodominante dalla battuta 8 in poi (l’accordo A0 della battuta10 è dubbio, e lo si sente in qualche modo solo durante il tema). Quando torna latromba di Don Byrd, gli esecutori eseguono una figura tipica di questi piccoli gruppi,quello di scambiarsi quattro con il batterista: quattro battute alla tromba, quattro allabatteria, quattro al sassofono, e dato che il blues ha un numero dispari di segmenti di 4battute, ossia 3, ogni solista ha l’opportunità di ricevere un altro segmento. I batteristidi jazz, e specialmente Blakey, sono molti precisi nei loro assoli: non solo contano ibattiti e mantengono il tempo, ma seguono anche la struttura del brano, e perfinol’armonia. Qui gli scambi durano due ritornelli o 24 battute. Poi il gruppo esegue unriff di 8 battute lasciando gli ultimi 4 del tema al batterista - si noti ancora laprecisione con cui riprendono il tutto - terminando nel tema con una coda.Mr. P.C., dedicato a Paul Chambers, è un blues veloce in minore, con il salto alladella battuta 2 e dominante alle battuta 9 e 10. Accenni di dorico alle battute 3 e 4, 7 e8, e 11 e 12. Altrimenti semplice, come dimostra l’assolo di Coltrane.

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3.5. Conclusioni

La struttura di base sintetizzata e i 67 esempi sono stati concepiti per dimostrarechiaramente ed esplicitamente che cosa sia la struttura del blues a 12 battute. Nessunbrano è musicalmente identico, ma tutti sono uguali al livello strutturale. La speranzaè che il lettore identifichi la struttura facendola sua ed interiorizzandola, per poiriconoscerla all’istante in altri brani. In altre parole, essere in grado di entrare in unlocale di jazz, o accendere per caso la radio, e di riconoscere istantaneamente unblues, e che l’improvvisatore ha appena superato la battuta 10.

Ciò non è difficile. Sono certo che molti lettori lo sanno già fare. Sono pure certoche molti sanno riconoscere la struttura del blues senza saperlo. L’ascolto ripetuto diquesti esempi non può che giovare. Nonostante che, come ho scritto nell’introduzione,sia perfettamente legittimo ascoltar musica senza preoccuparsi di come “è fatta”, ilpiacere di riconoscerne le strutture ed identificare ciò che il musicista fa per dire nonha rivali. Credetemi.

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Capitolo 4Rhythm Changes (Anatole)

4.1. La struttura di base

Questa struttura è un’altra di quelle basilari nel jazz e segue da vicino, indiffusione, il blues a 12 battute. È stata adottata dagli albori del jazz, anche se non daitempi di New Orleans, e dalla fine degli anni ’30 ha acquistato maggior importanza dialtre strutture simili, come lo standard di Fats Waller Honeysuckle Rose (trattato neicapitoli 5 e 6).

La struttura consiste di 4 segmenti di 8 battute l’uno. Il primo, il secondo ed ilquarto sono praticamente identici, mentre il terzo connette due parti uguali. Si parladunque di una struttura AABA di 32 battute. La parte centrale B viene spessochiamata ponte (termine usato spesso in questo testo), bridge in inglese, e ancherelease or channel.

Il nome della struttura deriva forse da una canzonetta di George Gershwinintitolata I Got Rhythm. Tuttavia è probabile che, almeno la struttura, fosse nota datempo ed avesse le radici nel ragtime. Raramente i jazzisti hanno registrato la loroversione della struttura con questo nome, ed inoltre il brano di Gershwin ha duemisure in più nell’ultimo A, che disturba il flusso dell’improvvisazione e che i jazzistihanno eliminato.

4.2. La parte A

È possibile concepire un segmento ad 8 battute che non contenga niente a livellostrutturale, salvo la ripetizione dello stesso accordo di tonica. Se il brano fosse in b"maggiore - molti lo sono - allora si partirebbe dall’accordo di B" e si terminerebbesullo stesso, come segue:

B" % % % % % % %

(il segno % indica ripetizione dello stesso accordo). Un esempio di ciò appare nelbrano Lester Leaps In, la cui parte A è proprio così.

Ovviamente è abbastanza monotono, perfino se paragonato con il sempliceschema del blues, e difficilmente conduce ad una buona improvvisazione. La piùsemplice sostituzione è quella di ornare il terzo e quarto tempo della battuta dispari(modello 1), come segue:

B" / F7 B"

Tuttavia, come visto nel capitolo precedente, l’armonia tonale insegna che si puòfar di meglio. Quindi, un segmento di 2 battute con lo stesso accordo può esseremodificato in modo più sostanziale, pur mantenendo il sapore di tonica, con maggiorvarietà, come segue (modello 2):

B" / Gm7 Cm7 / F7

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Questa sostituzione, chiamata dai musicisti e critici francesi di jazz Anatole, puòessere trovata anche in molte canzoni popolari (ad esempio, se si raddoppia il tempo,in Let’s Twist Again). Abbastanza simile è un’altra sostituzione in voga negli anni ’30(modello 3):

B"6 / D"d Cm7 / F7

che verso la fine degli anni ’30 evolve in qualcosa di simile alla modifica IIIdel capitolo 3, e cioè (modello 4):

Dm7 / D"m7 Cm7 / F7

ed anche (modello 5):

Dm7 / D"m7 Cm7 / B7

in cui l’ultimo accordo, B7, sostituisce la settima di dominante F7 perchéentrambi contengono sia a che e" (o d!), le due sensibili della tonalità di b" maggiore,la sostituzione del tritono descritta per il brano The Squirrel (capitolo 3) poi ancoranel capitolo 12 ed altrove.

Qualcuno di questi schemi si trova spesso nelle prime 4 battute della parte A(talvolta per tutte e 8, come in Parisian Thoroughfare). Nella struttura classica, lebattute 5 e 6 impiegano altri modelli sostitutivi, come ad esempio (modello 6):

B" / B7 E" / Ed

o anche (modello 7)

B" / B7 E" / C0

È quindi ora possibile costruire un intero tipico segmento per la parte A:

B"/Gm7 Cm7/F7 B"/Gm7 Cm7/F7 B"/B"7 E"/Ed B"/F7 B"

La cosa importante è che il segmento inizia con la tonica e finisce con la tonica -anche se innumerevoli brani fanno eccezione, a condizione che si mantengal’ambiente di tonica anche senza l’uso della tonica, ciò che i compositori di jazz sannofare molto bene.

Si noti pure che questi segmenti a 2 battute possono essere usati per rendere piùinteressante una ripetizione dello stesso accordo, in molti contesti come quello dellebattute 11 e 12 del blues, nonché le ultime due di moltissimi brani, che si ricolleganoall’inizio del prossimo ritornello. Quindi li si può trovare non solo nei RhythnChanges, ma in moltissimi brani di jazz, talvolta con le modifiche del caso.

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4.3. La parte B o ponte

Qui si trova quasi di tutto, dato che ci sono innumerevoli progressioni cheiniziano in un qualche punto e terminano sulla dominante o su una delle sue funzioni.La prima progressione offerta dall’armonia tonale deriva dal ciclo delle quinte(capitolo 2), per cui il ponte più diffuso è quello che si muove sui gradi dellefondamentali III - VI - II -V, come segue:

D7 % G % C7 % F F7

Si dice che la fondamentale sale di quarta e scende quinta, in altre paroleattraversa il ciclo delle quinte. Un’altra progressione quasi altrettanto diffusa per ilponte è quella I - IV - II - V che parte dalla tonica, come segue:

B"7 % E" % C7 % F F7

in cui la differenza con la precedente è solo nelle prime 4 battute. Si dice in teoriaclassica che la fondamentale sale di quarta e scende di terza.

Altri ponti verranno trattati su base individuale, in questo capitolo e nei prossimi.Se per esempio il ciclo delle quinte parte dalla tonica o dalla sottodominante, puòportare a tonalità lontane da cui si ritorna con un salto di mezzo tono, come si vedrànel capitolo 12.

4.4. La struttura completa

Siamo ora pronti a vedere, e ad ascoltare, una struttura completa AABA costruitacon questi modelli di Rhythm Changes:

B"/Gm7 Cm7/F7 B"/Gm7 Cm7/F7 B"/B"7 E"/Ed B"/F7 B"

B"/Gm7 Cm7/F7 B"/Gm7 Cm7/F7 B"/B"7 E"/C0 B"/F7 B"

D7 % G % C7 % F F7

B"/Gm7 Cm7/F7 B"/Gm7 Cm7/F7 B"/B"7 E"/Ed B"/F7 B"

La griglia indicata corrisponde esattamente alla struttura armonica sintetizzataper questo testo. Inoltre sia i ponti III - VI - II - V e I - IV - II - V possono essereascoltati individualmente, con un basso preparato apposta per farne sentire ledifferenze e le progressioni menzionate appena sopra. Tutto ciò ritornerà con gliesempi.

4.5. Gli esempi

Non è facile trovare brani che seguono da vicino la struttura originale delsottocapitolo precedente, tuttavia Yeah, Man, dell’orchestra di Fletcher Hendeson, civa molto vicino. Dopo l’introduzione di 4 battute che segue chiaramente il modello 2,

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l’orchestra usa il modello 3 ed il 6 nel segmento A ed il ponte standard III-VI-II-V. Lamaggior differenza è che gli A terminano sulla dominante invece che sulla tonica.

Christopher Columbus, suonato dalla stessa orchestra qualche anno dopo, segueabbastanza bene la struttura di base, salvo che nessun modello tipo 6 o 7 viene usato apartire dalla 5.ta battuta, e che ci si prende un po’ di libertà sugli A. Le melodie che sicontrappuntano sugli A sono un contributo del trombettista Roy Eldridge, di cuiudiamo una nota.

Delaunay’s Dilemma, benché molto più moderno, è incluso a questo punto perchésegue da vicino la struttura di base. A parte la sostituzione di B"7, ultimo accordo delmodello 2, con l’accordo del tritono E7, come spiegato sopra e nel capitolo 3 - perchécontengono le stesse sensibili d e a" o g! che risolvono sulla tonica E" - l’unicaaggiunta alla struttura di base è il segmento di 4 battute alla fine del tema che effettuala transizione da e" a b" maggiore. Il vibrafonista Milt Jackson creaun’improvvisazione che potrebbe essere usata in un libro di testo come esempio diimprovvisazione su questa struttura (un aspirante jazzista farebbe bene amemorizzarla). Il batterista è Kenny Clarke. Il titolo è uno scherzo sul critico francesedi jazz Charles Delaunay - figlio dei pittori Robert e Sonia Delaunay - in una Franciain guerra sul jazz fra sostenitori del moderno be-bop (raisins aigres) e chi comePanassié aveva decretato che non era jazz (figues moisies) - naturalmente Delaunay,con i critici illuminati, sosteneva Parker, Monk e la nuova generazione dei jazzisti.

Harlem Shout, un tipico arrangiamento di Eddie Durham per l’orchestraLunceford, segue la struttura abbastanza da vicino, a parte l’asimmetria ritmicatipicamente luncefordiana nella parte A, specialmente l’ultimo A dalla battuta 25 inpoi. Ponte standard III-VI-II-V, seguito da una breve transizione al secondo ritornello,di cui udiamo due A suonati dai sassofoni.

Shorty George è un tipico brano dell’orchestra Basie. La novità sta nel ponte,trasformato come segue (siamo nella tonalità di d" maggiore):

A D7 D" D"7 A D7 D"/A7 A"7

La progressione A - D nella scala di d" è un esempio antesignano dellasostituzione di una progressione, come E"m7 - A"7 - D"7, con una costruita sui tritonidella fondamentale, ossia A - D7 - D", come hanno fatto sistematicamente i boppers eMonk più tardi. Come si può udire, tutto risolve naturalmente e senza scosse,nonostante la distanza armonica apparente, ed il ponte conclude sulla dominanteproprio come deve. L’assolo di tromba di 16 battute è di Harry Edison, moltomoderno per l’epoca.

Who Ya Hunchin’ è tra l’altro una lezione di batteria del grande Chick Webb,abbastanza ben registrato. Modello 2 nelle prime 4 battute, leggera modifica alla 5, eponte standard III-VI-II-V.

Hotter Than Hell è un esempio di improvvisazione sulla struttura del sassofonistaBen Webster. Il brano è lo stesso di Yeah, Man, ribattezzato dopo la partenza diHawkins per l’Europa, a causa di qualche modifica negli insiemi che qui non si sente.La novità sta nello sforzo che dovrà fare il lettore per riconoscere la struttura, ossia idue A, il B, l’ultimo A, non messi in evidenza da riff orchestrali che sottolineano loschema AABA, mentre qui abbiamo frasi continue.

Tutti i brani appena visti, all’eccezione di Shorty George, hanno un ponte III-VI-II-V, e con Roseland Shuffle abbiamo un segmento di 8 battute che mostra bene come

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Lester Young ne segue gli accordi. È ora di passare all’altro ponte I-IV-II-V, dapprimaascoltandolo bene per sentirne la struttura, poi con gli esempi che seguono.

Love and Kisses, dell’orchestra di Chick Webb, segue bene le armonie di questoponte, come illustra la frase ripetuta e la linea melodica del trombone.

Le 8 battute di Herschel Evans in Texas Shuffle hanno ispirato molti sassofonisti,specialmente quelli del Texas. È stato copiato quasi alla lettera da Illinois Jacquet nelprimo ritornello del suo famoso Flying Home, che ebbe molto successo fra i soldatineri oltre oceano - non solo per il titolo allusivo, ma anche per l’assolo a riff diJacquet. La storia dice che aveva studiato il suo assolo mentre sedeva con DexterGordon nell’orchestra dello xilofonista Lionel Hampton e che finalmente ebbe ilcoraggio di eseguirlo, mentre Benny Goodman registrò lo stesso brano parecchie voltesenza suscitare attenzione particolare. La struttura è standard, la parte A ben centratasulla tonica con qualche abbellimento, ed il ponte è un tipico I-IV-II-V. Jacquetprende due ritornelli, che significarono l’inizio della sua fama, meritata se non perqualche eccesso e mancanza di buon gusto, di sassofonista con un senso magistraleper riff swinganti ed assoli esplosivi. In riferimento al capitolo 2, menzioniamo l’usodi un accordo aumentato sulla dominante alla battuta 7 del ponte nel secondoritornello - molto usato anche da Lester Young.

Seguono ora esempi di improvvisazioni sul ponte I-IV-II-V. You Can Depends onMe non appartiene alla categoria di queste strutture, però il ponte segue il modelloesattamente ed udiamo prima Roy Eldridge alla tromba - stile molto moderno per il1936 - e poi Chu Berry al sax tenore. Il ponte di Honeysuckle Rose, che ancora unavolta non è un Rhythm Changes, è preso da Benny Carter al sax alto, con DjangoReinhardt alla chitarra ed il suo accompagnamento gitano particolare. Jumpin’ at theWoodside è il brano trattato nel capitolo 1 e ne sono state estratte le 8 battute del pontedi Lester Young. Infine Honeysuckle Rose proviene da una seduta discografica,riscoperta negli anni ’70, a Wichita, Kansas, dove McShann si fermò con la suaorchestra per incidere alcuni brani presso una stazione radiofonica, che poi vennerodimenticati. Nonostante sonorità e stile debbano ancora maturare in poco, CharlieParker mostra che la sua abilità di con i tempi veloci era già stata acquisita e sottocontrollo.

I Love That Rhythm In A Riff contiene l’assolo di Gene Ammons dopo il canto diBilly Eckstine (visto anche nei capitoli 3 e 11). Si noti la sua citazione del Bolero diRavel nell’ultimo A, dopo di che affronta direttamente un altro B saltando due A -forse per motivi di spazio nella dittatura dei 3 minuti discografici dei dischi da 25 cma 78 giri. Art Blakey è alla batteria. Ammons è un discepolo di Lester, però congrinta, espressionismi hot e growl.

Ultrafox, per la compagnia discografica Ultraphone, è uno dei primi dischi delQuintette à cordes du Hot Club de France, diretto da Django Reinhardt alla chitarra eStéphane Grappelli al violino. Niente trombe, sassofoni o batterie, per cui ci si chiedequale impatto possa avere la quasi flebile introduzione del violino, ma dopo 8 battuteentra la sezione ritmica, il gruppo inizia a saltellare duro e ben si comprende che sitratta senza dubbio di un’orchestra che non ha problemi a generare swing diretto. Ilbrano, composto da Django, è vicino alla struttura standard, a parte il ponte ed alcunigiri nella parte A, come segue:

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F/F7 B"/C F/F7 B"/C F/Dm Gm/C7 A7/D7 G7/C7

F/F7 B"/C F/F7 B"/C F/Dm Gm/C7 F F/E7

A/A!d E/E(!5) A/Cd E C/Am Dm/G7 C C7

F/F7 B"/C F/F7 B"/C F/Dm Gm/C7 F C7

Interessante l’improvvisa apparizione dell’accordo A7 alla battuta 7 del primo A,che rappresenta un modo di ritardare l’accordo di F che deve cadere sulla battuta 9, undispositivo usato solo nel primo A. Il ponte deriva dalla struttura III-VI-II-V, di cuirestano solo III, A, and V, C, che sono i centri strutturali e durano 4 battute ognuno.

Steak and Potatoes è un brano dell’orchestra del dimenticato Willie Bryant,chiamato il borgomastro di Harlem a causa della sua popolarità nella parte alta di NewYork. L’arrangiamento è di Benny Carter (capitolo 8), che penso sia il solista allatromba. La struttura è standard ed il ponte un tipico III-VI-II-V leggermentemodificato. La sequenza di 8 battute alla fine del tema ha lo scopo di cambiare latonalità da F a D".

Swing Guitars è un arrangiamento del momento di Bill Coleman, un trombettistaafro-americano che trascorse parecchi anni a Parigi. Struttura standard in c maggiore,a parte il ponte, che è:

F F!d C % D7 % % G7

Osservo con commozione gli sforzi del clarinettista francese Christian Wagner,chiaramente amante del jazz, che “ci dà dentro” fortemente. Il sassofonista Big BoyGoodie appare nello sfondo e Django Reinhardt guida la sezione ritmica.

Lester Leaps In, suonato da un gruppo ridotto dell’orchestra di Basie (con BuckClayton alla tromba, Dickie Wells al trombone, Lester Young al sax tenore), èdiventato un classico riff da jam session. Struttura standard in b" con ponte III-VI-II-V, quasi un esempio da libro di testo (come in questo), non fosse che per il fatto chegli interpreti non si preoccupano di rendere esplicita l’armonia della parte A. Vi è piùdi una versione registrata di questo brano e questa non è l’originale diffusa negli anni’30.

Taint’ What You Do è una registrazione dal vivo dell’orchestra di JimmyLunceford (capitolo10). Vi è una versione commerciale del brano, completa, che perònon contiene l’assolo esplosivo al sax alto di Willie Smith, che già prende il pontedell’esposto del tema. Smith, all’inizio della seconda battuta dell’ultimo A, mostracon qualche nota come non ha problema a suonare al di là del registro del suosassofono (anche in Uptown Blues, capitolo 10), qualcosa che fa normalmente: si hal’impressione che gli basti “pensare” ad una nota per suonarla, senza riguardo allostrumento e alla diteggiatura! La struttura è abbastanza normale, in e" maggiore, aparte il ponte, che appare come segue:

A" B"7 E" E"7 A" Fm7 B" %

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un po’ come quello di Swing Guitars, dato che inizia dal quarto grado. Questagriglia non è seguita alla lettera da Smith nel suo assolo, che salta oltre agli accordidelle battute 2, 6 e 7. Il titolo illustra bene la filosofia di Lunceford, ossia tain’t whatyou do, it’s the way how you do it, non è quello che fai, ma come lo fai, ciò chel’orchestra dimostrò con esempio dopo esempio, riprendendo materiale musicale daogni dove - vecchi brani di jazz, brani popolari, canzonette trite, un nonnullaarmonico - e facendone capolavori (capitolo 10).

Cotton Tail è la versione di Duke Ellington della struttura di base con ponte III-VI-II-V (si veda anche i sottocapitolo 9.3), anche se sembra iniziare nella tonalitàerrata. Cootie Williams appare sul ponte, dopo di che seguono due ritornelli folgorantidi Ben Webster. Vi è un film di questo brano registrato per juke-box visivi dell’epoca,con un assolo è diverso.

Squatty Roo è una delle registrazioni dell’orchestra di studio di Johnny Hodges,con la benedizione di Ellington che difatti vi suona il pianoforte. Struttura di baseseguita abbastanza da vicino. Dopo i primi due A dell’insieme, Hodges prende il suoassolo di 32 battute con un classico ponte III-VI-II-V. L’insieme esegue altri due A equindi Hodges prende il ponte.

Mop Mop è il prototipo di brani chiamati in questo modo, perché il temastrumentale occupa le prime 3 battute, chiamando un’implicita risposta “mop mop”sul primo e secondo tempo della quarta battuta. Roy Eldridge alla tromba e ColemanHawkins al sax tenore guidano l’insieme. Al Casey (vedasi pure Honeysuckle Rose,capitolo 5, e I Never Knew, capitolo12) prende il ponte, e dopo l’esposto del tema, ArtTatum esegue un assolo incredibile, raggiungendo il cielo nel ponte III-VI-II-V,seguito da un Hawkins esplosivo che sembra invidioso dei fuochi artificiali di Tatum,come appare dal suo secondo A.

Your Father’s Moustache proviene da un concerto dal vivo del primo “herd”(gregge) di Woody Herman. Si tratta di una struttura normale con ponte III-VI-II-V.Red Norvo appare allo xilofono e Woody Herman al clarinetto, Pete Condoli prende ilfocoso assolo di tromba, Bill Harris al trombone, e Flip Phillips, un imitatore diHawkins, il prossimo ritornello, seguendo il ponte in modo quasi didattico.Un’orchestra che ebbe molto successo per la sua esecuzione entusiasta, miscuglio dimodernità e tradizione.

Non ho quasi nessun dato per Hodge Podge, eccetto che si tratta forse di unaritrasmissione radiofonica di un’orchestra diretta dal pianista di Harlem ClaudeHopkins, accompagnatore di Josphine Baker a Parigi. Viene seguita la struttura dibase, a parte che la parte B è come la A, ma trasposta una quarta sopra, sullasottodominante e"! L’orchestra entra con un crescendo e swing incredibili. Ilsassofonista tenore Bobby Sands mi è sconosciuto, come pure il trombonista, di cuiudiamo 5 note, che è forse Snub Mosley.

Good Bait, brano pure registrato dalla grande orchestra di Dizzy Gillespie, ètratto da una trascrizione radiofonica del gruppo di Tadd Dameron, con Fats Navarroalla tromba e Allen Eager al sax tenore, un discepolo di Lester Young. La parte A èstandard, a parte alla battuta 7, con una figura discendente con un accordo per quarto.Ed anche qui l’interessante è che il ponte è identico all’A, ma trasposto nella tonalitàdella sottodominante. I solisti seguono bene le armonie, ed ancora una volta si èstupiti dalle linee finemente cesellate da Fats Navarro, anche quando suona veloce(come in Lady Bird, capitolo 6).

Seguono alcuni esempi per illustrare come la struttura sia stata utilizzata ai tempidel be-bop, in cui fu molto popolare. Di Anthropology ascoltiamo solo il tema finale:struttura standard e chiaramente seguita, ponte III-VI-II-V senza alcuna deviazione.

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Ah-Leu-Cha è un esempio interessante di contrappunto, al posto del solitounisono dei boppers. Ancora una struttura standard con ponte III-VI-II-V. Miles Davisalla tromba - con il suo tono da “mid-west” o centro paese - e Charlie Parker al saxalto, che prende il ponte ed il primo ritornello.

Home Cookin’ III è uno di tre brani registrati da Charlie Parker in una casaprivata a Los Angeles. Un buon esempio di come lo schema a 32 battute rappresenti labase per un’improvvisazione naturale, come il blues. Oggi sembra così ovvio enaturale.

Boperation è una variazione vicina alla struttura di base, con un ponte I-IV-II-V.Straordinario è come viene esposto il tema dai due trombettisti, Fats Navarro eHoward McGhee, con il sassofonista Ernie Henry.

Things to Come, un brano di Walter “Gil” Fuller, è un altro fuoco d’artificio,stavolta di tutta l’orchestra di Dizzy Gillespie. Nell’estratto si odono due A,probabilmente eseguiti dal sassofonista alto Howard Johnson, quindi la parte B el’ultimo A dall’orchestra, che ci dà un’idea del tutto, mentre viene anticipato il freejazz nella coda (capitolo 14).

Parisian Thoroughfare, attribuito a Bud Powell, segue da vicino la struttura, aparte che il modello 2 viene usato in tutta la parte A, con ponte III-VI-II-V. L’assolodi sax tenore è di Harold Land, con il suo accento texano (si veda sopra, e anche Sentfor You Yesterday, capitolo 3). Il pianista è Richie Powell, fratello minore di Bud.Clifford Brown vi suona la tromba (morì giovanissimo in un incidente d’auto),George Morrow tiene il contrabbasso e Max Roach la batteria. Si tratta di uno deimassimi gruppi della storia del jazz.

Salt Peanuts, una brano di Dizzy Gillespie, è uno primi dischi di be-bop, assiemea Hot House, capitolo 6. Come in Lester Leaps In, l’armonia non è esplicita nellaparte A, a parte l’A dell’insieme prima del vocale dadaista di Gillespie, mentre ilponte è uno standard III-VI-II-V, come ben mostra Charlie Parker.

Oleo è un brano di Sonny Rollins, suonato da Miles Davis e dal suo gruppo, conHorace Silver al piano, Percy Heath al contrabbasso e Kenny Clarke alla batteria. Laparte A è esposta dall’unisono tromba - sax tenore, aderisce alla struttura di base, equindi segue il ponte III-VI-II-V.

Rhythm-A-Ning è la versione della struttura Rhythm Changes di TheloniousMonk e del suo quartetto con Charlie Rouse al sax tenore, John Ore al contrabbasso eFrankie Dunlop alla batteria. Struttura standard con il ponte III-VI-II-V come alsolito, un po’ rimaneggiato da Monk, mentre Rouse segue gli accordi alla lettera.

I prossimi tre brani sono in minore, il che richiede un po’ di rimaneggiamentodell’armonia. Difatti, una progressione come

C / Am7 - Dm7 / G7

che è in maggiore, diventa

Cm / A0 - D0 / G7

in minore, poiché la nota e (in c maggiore) diventa e" (in c minore) nel secondo eterzo accordo, e a diventa a" nel terzo (ma non sempre, e non se è la fondamentale, siveda la discussione sul minore armonico e melodico nel sottocapitolo 2.5, ed il pontedi These Foolish Things, capitolo 7).

Dickies’s Dream, eseguito dallo stesso gruppo che registrò Lester Leaps In (vedisopra), è in c minore. Il modello per la parte A è qualcosa come:

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Cm A" / G

o come qualsiasi simile armonizzazione dell’orchestra che tenga conto delpassaggio del contrabbasso, che suona tra l’altro c - b" - a" - g; mentre il pontesarebbe:

C7 % F7 % B"7 % E" D0/G7

che rappresenta un esempio del ponte a ciclo di quinte, che arriva alla tonalità die" per poi scivolare di mezzo tono a D, secondo grado di c minore, che risolve sulladominante G7. L’assolo di tromba è di Buck Clayton.

Infra Rae, dei Jazz Messengers di Art Blakey’s del 1956 (si veda Carol’sInterlude, sottocapitolo 3.4.) usa un modello convenzionale nella parte A, in d minore,mentre il ponte, preceduto dall’accordo C7 nell’ultima battuta del secondo A, è nelrelativo maggiore f, come segue:

F % D7 % Gm7 % Ed A7

Il trombettista è Donald Byrd, discepolo di Clifford Brown, con qualche influenzadi Miles Davis.

Moanin’ è un brano originale di Bobby Timmons, pianista dei Jazz Messengers diArt Blakey del 1958 ( si veda anche Blues March, capitolo 3). Il brano è costruito sulmodello domanda del solista - risposta del coro, tipico della chiesa, ed ha avuto moltosuccesso per il carattere soul-bluesy. Armonicamente è un paradosso, perché il tema èchiaramente in maggiore, nonostante le molte blue notes aggiunte, come ben dimostracadenza plagale B" - F al terzo tempo di ogni battuta pari, ed al primo di ogni battutadispari. Tuttavia gli assoli sono in mimore ed usano qualcosa come Fm - A" - G - G".Il ponte ha gli accordi seguenti:

B"7 G7/C7 B"7 Fm B"7 G7 C7/Cm7 C7

con ancora una cadenza plagale alle battute 3 e 4. Il trombettista è Lee Morgan,con Benny Golson al sax tenore ed il contrabbassista Jimmie Merritt.

Per concludere questa lista di esempi torniamo ancora a brani in maggiore.Dexterity è un omaggio di John Coltrane al suo maestro Dexter Gordon, di cui adottail suono nell’esposto del tema, nel registro basso del suo sax tenore, invece del suonoacuto con cui ci abituati. Nell’improvvisazione dimostra bene chi è, con un torrente dinote. Paul Chambers, che contribuisce un lungo assolo rimosso, è il contrabbassista,Kenny Drew il pianista e Philly Joe Jones il batterista. Struttura be-bop standard conponte III-VI-II-V.

Straight Ahead è una collaborazione tra il veterano trombettista Kenny Dorhamed il sassofonista Joe Henderson. Il brano non contiene in modo esplicito segmentistandard negli A, anche se ci sono, mentre il ponte è una semplice evoluzione delsolito III-VI-II-V. Tutto ritorna normale nell’assolo di Dorham.

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4.6. Conclusioni

La facoltà di improvvisare sui Rhythm Changes, come sul blues a 12 battute, èpresa per scontata da ogni musicista di jazz, specialmente se vuole partecipare a jamsession. E non è solo che queste strutture, da sole, rappresentino la maggioranza deibrani di jazz, ma è che contengono quasi tutti i segmenti-modello, le sottostrutturearmoniche, che si ritrovano negli altri brani, standard e simili (capitolo 5), proprioquelli che i jazzisti continuano a modificare per i propri bisogni di improvvisazione(come illustrato specialmente nei capitoli 5 e 6, ma anche negli altri).

Un aspirante musicista di jazz riconosce ben presto i vantaggi di queste strutture:esse permettono la massima libertà nell’improvvisazione, il massimo dello swing e lapossibilità di “uscirne” ed inventare nuovi schemi, all’istante, sovrapposti al modellodi base. Per cui è possibile prendere dei rischi senza perdersi. Difatti le strutture sonomolto semplici: tre accordi nel blues in 3 segmenti da 4 battute l’uno, mentre ilRhythm Changes è praticamente un brano tutto sulla tonica con un’escursione alladominante alla fine del ponte. Eppure, paradossalmente, è proprio con questestrutture che i musicisti classici hanno le maggiori difficoltà, perché i punti diriferimento sono pochi e le frontiere fluttuanti.

La struttura Rhythm Changes, come il blues, permette la massima libertà inimprovvisazione e fantasia. I prossimi capitoli illustreranno l’amore dei jazzisti perstrutture più complesse, e la passione per la ricerca (specialmente Hawkins, Monk eColtrane). Tuttavia le statistiche mostrerebbero forse che il maggior numero dicapolavori nel jazz sono blues e Rhythm Changes.

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Capitolo 5Gli “standard”

5.1. Introduzione

Con il nome di standard si intendono quei brani che sono generalmente noti atutti i jazzisti e che pertanto possono essere suonati in riunioni totalmenteimprovvisate quali le jam session. Assieme alla struttura del blues ed ai RhythmChanges costituiscono una fonte importante del materiale musicale del jazz.

Anche che, grazie alle strutture dei due capitoli precedenti, i jazzisti trasformanoradicalmente un brano mentre lo suonano, questa riinvenzione è meno pronunciata nelcaso degli standards, poiché l’improvvisatore si trova davanti ad un brano preesistentee non così flessibile armonicamente, che non può essere trattato con la disinvolturacreativa usata ad esempio per il blues. Tuttavia, in più di un esempio che segue (adesempio, Body And Soul) si può vedere come il jazzista sia capace di ridefinire inmodo sostanziale la canzone di base e costruire brani di jazz anche dal materialecommerciale delle canzonette trite di Tin Pan Alley.

Questo capitolo va mano nella mano con il seguente, quello dei brani rifatti, datoche in molti casi non c’è molta differenza fra il trattamento speciale di uno standarded il suo rifacimento.

5.2. Gli esempi

Si può certo affermare che esistono molti standard al di là di quelli scelti, tuttaviaquesti dovrebbero mostrare eloquentemente come i jazzisti improvvisino su temi dicanzoni, e non solo sulle strutture dei capitoli precedenti.

Stardust è un brano di musica leggera conosciuto anche al di fuori del jazz ed èstato registrato da molte orchestre. La prima versione è di Louis Armstrong ed ha loscopo di mostrare al lettore il tema principale, suonato dalla tromba e poi cantato. Sitratta di una struttura ABAC come mostra la griglia:

E"m7 % % E"0 D"M7 B"7 E"m7/B"7 E"m7

A"7 A"7 D"M7 B"m7 E"7 % A"7/E"7 A"7

E"m7 % % E"0 D"M7 B"7 E"m7/B"7 E"m7

E"0 % D"M7 B"7 E"m7 A"7 D"M7/E"0 D"M7

La versione di Chu Berry è un esempio di improvvisazione, nel suo stilepersonale derivato da Hawkins. Il trombettista è Roy Eldridge. Il prossimo brano faudire la sezione di sassofoni dell’orchestra parigina del leader nero Willie Lewiscondotta da Benny Carter (si veda il capitolo 8), un bell’esempio di swing ed elementinon oggettivabili del jazz: ossia, sembra che questi sassofonisti parlino, respirino,scivolino, saltino, vibrino e pensino assieme, un raggiungimento musicale che quasisolo Carter sapeva ottenere. Quello di Coleman Hawkins è un bell’assolo con ungruppo di studio a Parigi, con Django Reinhardt alla chitarra e Stéphane Grappelli al

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pianoforte - Hawkins era il sassofonista con la più bella sonorità del jazz a quei tempi.Don Byas è un altro sassofonista con un’ampia sonorità, che in questo caso ha benpreparato il suo assolo, con gli arricchimenti armonici dell’inizio degli anni ’40.

Body and Soul è un altro standard classico, registrato più volte, le cui versioniillustrano bene l’avanzamento dello stato dell’arte dell’armonia nel jazz. Si tratta diuna struttura AABA in d" maggiore, con il ponte in d maggiore, mezzo tono sopra.Ancora una volta è Louis Armstrong che ci introduce il brano, mentre Chu Berry cioffre uno dei primi esempi di parafrasi improvvisatoria. Quello di Coleman Hawkins èuno dei maggiori capolavori della storia del jazz: Hawkins era appena tornato dacinque anni d’Europa, che ne avevano un po’ sbiadito la reputazione in America, dovealcuni suoi discepoli come Chu Berrry e Ben Webster miravano a detronizzarlo,sfidato dalla stella nascente di Lester Young. La seguente è la griglia di comeHawkins riscrive l’armonia del brano:

E"m7 E"m7/D7 D"M7 Fm7/Em7 E"m7 F7 B"m7/D7 D"M7

E"m7 E"m7/D7 D"M7 Fm7/Em7 E"m7 F7 B"m7/D7 D"M7

DM7/Em7 DM9/E0 DM7/A7 DM7 Dm7/G7 CM9/E"d7 Dm7/G7 B"7

E"m7 E"m7/D7 D"M7 Fm7/Em7 E"m7 F7 B"m7/D7 D"M7

Con questa versione, che ha pure goduto di un considerevole successocommerciale, Hawkins dimostra di essere sempre il gran maestro. È una delle primevolte in cui si ode chiaramente l’uso degli accordi di passaggio, una tecnica che sidiffonde con il be-bop nella seconda metà degli anni ’50. Hawkins usa ad esempiol’acccordo D7 nel passaggio da E"m7 a D", poiché contiene le stesse sensibili del piùortodosso A"7, e sistematizza l’uso di accordi di passaggio nell’improvvisazionemelodica - si tratta di un esempio precoce dell’uso del tritono (capitoli 3, 4, 9, 10, 12).Dopo questo successo, che sembrava intoccabile, tutti utilizzarono gli accordi diHawkins e nessuno osò sfidare il maestro e suonare il brano, fino all’avvento di JohnColtrane con la sua teoria dell’armonia di Giant Steps (capitolo 12), che è ancora unavolta un metodo della sostituzione degli accordi (spiegata nel capitolo 6 con Tune Upe Countdown). Ricordando che il tempo è raddoppiato - per cui una battuta sembraavere 8 tempi invece di 4 - ecco come Coltrane trasforma il ponte:

DM7/Em7 DM9/B"M7,A7 DM7,F7/B"M7,D"7 G"M7,A7/DM7

Dm7/B0 CM7/E"7 A"M7,B7/EM7,G7 CM7 / B"7

In altre parole, una progressione come D - A7 - D diventa D - {F7/B"} -{D"7/G"}-{A7/D}, il che permette l’inclusione di altri accordi in tonalità lontane, cheperò guidano con naturalezza il ritorno alla tonalità di partenza.

Archie Shepp sembra invece di voler tornare alle origini di Berry e Hawkins, purfacendo ben notare i progressi e le libertà del free jazz, anche se con amore e rispettoper gli anziani. Joe Lovano, un discepolo di Coltrane, qui con il defunto MichelPetrucciani al pianoforte, dimostra che à ancora possibile creare qualcosa di nuovo suquesta base storica tanto abusata.

Honeysuckle Rose, un brano del pianista Fats Waller, è stato per molti anni unodei preferiti delle jam session ed è stato registrato da molte orchestre, di più, negli

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anni ’30, dei Rhythm Changes. La versione dell’autore Fats Waller contiene un belassolo del pianista, che canta un giro nel suo modo comico, ed uno di chitarra di AlCasey. Si tratta di una struttura AABA con un ponte I-IV-II-V, come segue:

Gm7/C7 Gm7/C7 Gm7/C7 Gm7/C7 F/Dm7 Gm7/C7 FM7 %

Gm7/C7 Gm7/C7 Gm7/C7 Gm7/C7 F/Dm7 Gm7/C7 FM7 %

F7 % B" % G7 % C C7

Gm7/C7 Gm7/C7 Gm7/C7 Gm7/C7 F/Dm7 Gm7/C7 FM7 %

L’orchestra dei MacKinney’s Cotton Pickers, attiva specialmente a Detroit e aNew York, ne dà una delle prime interpretazioni. La versione di Hawkins e Carterdimostra come una sezione di sassofoni, qui con André Ekyan al sassofono alto e AlixCombelle al tenore, possano generare uno swing intenso solo esponendo il tema.Thelonious Monk integra il brano nel suo mondo dissonante. Charlie Christian erauna delle forze trainanti per la costruzione del be-bop nei “laboratori” musicali deipiccoli locali al nord di New York - Monroe’s e Minton’s - ed il primo ad utilizzareuna chitarra elettrica, ed è stato registrato con un registratore portatile - forse a filomagnetizzato - mentre dà una lezione di improvvisazione moderna. Il Quintette duHot Club de France crea un nuovo riff sul tema. Per finire, Movin’ with Lester eLester Blows Again sono quasi brani rifatti, come quelli del capitolo 6, anche se qui ilbrano è ben riconoscibile.

Sweet Georgia Brown è un brano oggi popolare fra le orchestre dixieland.Suonato di solito in a", è una struttura ABAC che percorre un ciclo di quinte, comesegue:

F7 % % % B"7 % % %

E"7 % % % A" E"7 A" C7

F7 % % % B"7 % % %

Fm C7 Fm C7 A" F7 B"7/E"7 A"

Il tema viene esposto da Benny Carter alla tromba, con Alix Combelle alclarinetto, Tommy Benford alla batteria e Coleman Hawkins al sassofono tenore. Laprossima versione è del violinista Eddie South con Django Reinhardt alla chitarra, inun’altra tonalità. The Gasser è un’improvvisazione mozzafiato di Roy Eldridge allatromba, con Ike Quebec al sax tenore.

Laura è un tema che ha attirato molti jazzisti a causa del frequente cambiamentodi tonalità, fino al riposo su c maggiore - è la musica di un film di successo con GeneTierney, Dana Andrews e Clifton Webb. Questa versione di Don Byas deve essererara e proviene da un oscuro disco inglese degli anni ‘40, molto maltrattato, conJohnny Guarnieri al piano. Segue la versione di Woody Herman e quindi quella diCharlie Parker “with strings” (gliene hanno fatto fare di porcherie al poveroCharlie!). La griglia si può forse scrivere come segue:

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Am7 D7 GM7 % Gm7 C7 FM7 %

Fm7 B"7 E"M7 Cm7 A0 D7 Bm7 E7

Am7 D7 GM7 % Gm7 C7 FM7 %

Fm D0 CM7 Am7 D7("9) G7 CM7/D0 CM7/E7

anche se presonalmente preferisco sostituire gli accordi di settima di dominantedelle battute 2, 5, 10, 18, 21 con altri, ad esempio i tritoni. In altri rispetti è unostandard ABAC.

All the Things You Are è un altro brano suonato spesso a causa del frequentecambio di tonalità, come segue:

Fm7 B"m7 E"7 A"M7 D"M7 D0/G7 CM7 %

Cm7 Fm7 B"7 E"M7 A"M7 A0/D7 GM7 %

Am7 D7 GM7 % F!m7 B7 EM7 %

Fm7 Bm7 E"7 A"M7 D"M7 D"m7 Cm7 Bm7

B"m7 B"m7/E"7 A"M7 %

Inoltre ha la particolarità della coda di 4 battute in più al di là dei soliti 32. Sipossono ascoltare le versioni di Ben Webster and Art Tatum, che ben espongono iltema, e di Charlie Parker e Dizzy Gillespie, che illustra la scioltezza di Parkernell’evolvere in tutte queste scale, e l’assolo di Slam Stewart, con il contrabbassoall’archetto e l’unisono canticchiato.

5.3. Conclusioni

Quelli visti sono solo esempi fra molti possibili e non costituiscono un trattatosugli standards. Esistono in commercio i cosiddetti fake books con tutti gli standards,melodia e armonia. Le griglie scritte sopra sono solo illustrative, dato che unimprovvisatore vi aggiungerebbe ulteriori abbellimenti armonici.

Lo scopo del capitolo è di dare un’opportunità al lettore di apprendere questistandard, interiorizzarli, e riconoscerli se suonati da altri. E magari di aggiungerne alrepertorio, come Autumn Leaves, I’ll Remember April, e canzonette di Gershwin,Porter, Harold Arlen, ma specialmente quelle dei compositori del capitolo 9.

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Capitolo 6I brani rifatti

6.1. Introduzione

Dato che la maggior parte dei brani di jazz consiste della parafrasi di musicaesistente, è venuto naturale ai jazzisti di tutte le epoche fissare un’improvvisazioneparticolarmente brillante o pensata nel dettaglio (ad esempio, Dippermouth Blues diKing Oliver, capitolo 2; These Foolish Things di Lester Young, capitolo 7), purmantenendo la base armonica del brano originale. Questa pratica fu molto diffusaspecialmente durante l’era be-bop, anche perché le nuove melodie costruite sugliaccordi del brano lo rendevano irriconoscibile, se non dai più esperti, e correttamente ijazzisti non vedevano perché avrebbero dovuto pagare diritti d’autore a qualcun altromentre melodia, esecuzione ed improvvisazione era la loro, come dimostra Hawkinscon il suo Body and Soul (capitolo 7), che non ha quasi niente in comune con lacanzonetta dallo stesso titolo.

6.2. Gli esempi

L’idea di “rifare” i brani era già in auge agli albori del jazz, come Jelly RollMorton spiega nelle registrazioni alla Biblioteca del Congresso del 1938 [Lomax] conl’esempio di Tiger Rag, che resta nel repertorio delle orchestre dixieland. Il primoesempio di Morton al piano, Tiger Rag 1, è ben lo stesso brano di Tiger Rag 1dell’Original Dixieland Jazz Band, la prima orchestra ad aver registrato il brano nel1918, e pure la base di Get Out Of Here, tipico del repertorio di New Orleans,eseguito qui dalla Kid Ory Creole Jazz Band nel 1944. Il secondo tema, Tiger Rag 2,appare due volte nell’esempio, la prima come mazurka a 3/4 e poi in un’altra tonalitàe a 4/4, diventato materiale standard per il jazz. Tiger Rag 2 è pure uno dei temi delbrano della Original Dixieland Jazz Band, quello dove “la tigre ruggisce” sultrombone, ed è pure la base per le variazioni sul tema che Duke Ellington ha chiamatoSlippery Horn.

You’re Driving Me Crazy è una canzonetta, qui eseguita dai McKinney’s CottonPickers, e fornisce la base armonica per il brano di Eddie Durham Moten Swing, chediventerà la sigla dell’orchestra di Count Basie e verrà incluso nel repertorio di tutte leorchestre di Kansas City - una specialità locale. Già in questo esempio non è facilericonoscere che si tratta dello stesso brano!

Honeysuckle Rose, già visto come standard nel capitolo precedente (inclusi i duebrani rifatti di Lester Young) ed eseguito nella sua forma originale dall’orchestra diCount Basie, diventa Marmaduke e Scrapple for the Apple per la penna di CharlieParker, anche se nell’ultimo brano il ponte I-IV-II-V è stato sostituito da quello III-VI-II-V.

How High the Moon, una struttura ABAC a 32 battute, diventa Ornithology, il cuitema è ancora una volta modificato nella seconda versione, sempre Ornithology, il cuititolo proviene dal soprannome di Charlie Parker, Bird. L’originale è eseguito daGerald Wilson alla tromba, un modernista. La terza versione, una registrazione piratain un locale di New York, è suonata da un quintetto con Fats Navarro alla tromba,Charlie Parker al sax alto - in splendida forma - Max Roach alla batteria e TommyPotter al contrabbasso, e brilla fra l’altro per l’assolo eccezionale di Bud Powell, un

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grande pianista dalla produzione incostante, assolo che considero il migliore della suacarriera, migliore della versione registrata nello studio della Blue Note, per il continuoflusso di idee espresse con uno swing esplosivo. Il tema è sempre stato popolare tra ijazzisti per la sua proprietà di modulare in svariate tonalità, come Laura e All TheThings You Are, capitolo 5, come indica la griglia:

G % Gm7 C7 F % Fm7 B"7

E" D7 Gm7 D7 G Am7 Bm7/B"m7 Am7/D7

G % Gm7 C7 F % Fm7 B"7

E" D7 G Am7 Bm7/B"m7 Am7/D7 G %

Come sempre, questa tabella è uno schema strutturale dell’armonia. Per la suaimprovvisazione, un musicista aggiungerebbe delle settime maggiori sugli accordimaggiori e sostituirebbe settime di dominante con quelle costruite una quintadiminuita sopra la fondamentale - il tritono. Essa tuttavia mostra come si concatenanole modulazioni partendo da G fino a E" per toni.

Segue una lista di brani famosi rifatti da Charlie Parker e colleghi. Unacanzonetta come What Is This Thing Called Love diventa Hot House, uno dei primibrani di be-bop mai registrati. Whispering, magistralmente eseguito da Teddy Wilson,diventa Groovin’ High. S’ Wonderful diventa Stupendous. Indiana diventa DonnaLee.

L’evoluzione da Cherokee a Koko è forse una delle più spettacolari ed è bendocumentata nella storia del jazz [Shapiro-Hentoff, Russell3] nelle parole dello stessoCharlie Parker, che afferma di aver intravisto come improvvisare nel modo chedesiderava usando gli intervalli alti (nona, undicesima, tredicesima) dell’accordo -suppongo che fu ispirato dalla melodia del ponte, che spesso è sulla nonadell’accordo. Il brano ha una struttura AABA in cui ogni segmento ha 16 battute, perun totale di 64 battute. Il ponte di Cherokee rappresentava una sfida per gliimprovvisatori e Parker fu il primo a dominarlo - vi è una registrazione dal vivo al“laboratorio” Monroe’s scoperta qualche anno fa, che rappresenta un passodell’evoluzione di questo brano. Ecco la griglia del ponte:

C!m9 F!7 B % Bm7 E7 A %

Am9 D7 G % Gm7 C7 Cm7 F7

Come Charlie Parker, anche Thelonious Monk si è cimentato con i brani rifatti.Lady Be Good, qui nella famosa versione della prima registrazione di Lester Youngcon Count Basie - che Parker aveva memorizzato nota per nota - diventa Hackensack(tema già noto con il titolo Rifftide). Un’altra transizione interessante è quella di JustYou - Just Me → (Just Us) → Justice → Evidence → Reflections.

Blue Skies, esposto con la tipica precisione del sestetto del contrabbassista JohnKirby (notevole l’assolo di Charlie Shavers alla tromba) costituiva una sfida per gliimprovvisatori ,a causa dell’armonia non convenzionale, sia nella parte A che inquella B di questa struttura AABA a 32 battute. Can You Take It è uno dei primi branirifatti sul tema dall’orchestra di Fletcher Henderson, con Coleman Hawkins al sax

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tenore, che mostra di non aver problemi con la difficile armonia, mentre In WalkedBud (per Bud Powell) è ciò che ne fa Monk.

Lady Bird, un brano di Tadd Dameron, un arrangiatore dotato che dirigeva ungruppo be-bop (si può vedere come Fats Navarro alla tromba seguisse da vicino questidifficili accordi) ha la stessa armonia di Half Nelson, registrato da Miles Davis conCharlie Parker al sax tenore, e nonostante che i due brani sembrino diversi, potrebberoessere sovrapposti.

Tune Up è un brano di Miles Davis che John Coltrane ha rielaborato inprofondità, non solo a livello melodico, ma anche a quello armonico, ottenendo ilnuovo brano Countdown, un programma di fuochi d’artificio. Per lo scopo, egliutilizza la sua teoria di sostituzioni di accordi basata sulla progressione di Giant Steps(capitolo 12), già vista bel suo Body and Soul (capitolo 5), che consiste di salti di terzaminore e quarta delle fondamentali dell’accordo. Per vedere come funziona,consideriamo una tipica progressione come

Em7 - A7 - D

Altri accordi possono essere inseriti fra l’accordo di Em7 e quello finale di D,ottenenendo le prime quattro battute di Countdown, come segue:

Em7 / {F7 / B"M7} / {D"7 / G"M7} / {A7/D}

La progressione inizia un mezzo tono sopra all’accordo di Em7 - dove iniziaredipende dal brano, ossia dove deve concludersi; i gruppi di accordi nelle graffe hannoil rapporto dominante/tonica, e la prossima inizia una terza minore dall’ultima tonica(ad esempio, A7 segue G" o F!). Il bello di tutto questo è che permette sostituzioni benal di là di quelle viste nel capitolo 3, con cui l’improvvisatore attraversa tonalitàdistanti con la sicurezza di un tranquillo ritorno alla base. Tuttavia è necessarial’abilità di un Coltrane per eseguire tale prodezza, specialmente con un metronomocosì veloce, per cui la teoria venne utilizzata per breve tempo, e lo stesso Coltraneperse interesse a diffonderla.

Inoltre Coltrane aggiunge una nuova melodia, che si ode alla fine della suaimprovvisazione, quando per la prima volta espone il tema: ecco le prime quattrobattute di Countdown con la melodia.

Per riassumere queste spiegazioni, ecco come Tune Up di Miles Davis potevaessere originariamente:

Em7 A7 D %

Dm7 G7 C %

Cm7 F7 B" %

A7 B"7 Dm %

ed ecco come si trasforma dopo le modifiche di Coltrane:

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Em7/F7 B"M7/D"7 G"M7/A7 DM7

Dm7/E"7 A"M7/B7 EM7/G7 CM7

Cm7/D"7 G"M7/A7 DM7/F7 B"M7

Em7 F7 B"M7 E"7

con la coda

Em7/F7 B"M7/D"7 G"M7/F7 B"/A7

DM7 B"M7 G"M7 DM7

B"M7 G"7 DM7

Da ultimo - e mi chiedo se Coltrane lo sapeva, ma scommetterei di sì - se siprendono le fondamentali degli accordi sostituiti nelle prime quattro battute e siriordinano, si ottiene la sequenza:

b" - d" - d - e - f - g" - a

che assomiglia molto ad un modo mediorentale, come quelli che Coltranestudiava profondamente quando stava sviluppando la sua teoria armonica di terzeminori e quarte.

L’ultimo è un divertente esempio di brano rifatto: dal successo di Louis JordanLet the Good Times Roll, un antesignano del rock & roll, alla versione ispirata dallostile cajun Bon Ton Roulet (traduzione maccheronica senza senso in francese, anchese il resto del canto è abbastanza vicino al francese) del cantante di blues texanoClifton Chenier, che vanta discendenza dal poeta Andrea Chénier ghigliottinatodurante la rivoluzione francese. È interessante paragonare l’esecuzione curata e pulitadi Jordan con l’impeto crudo della fisarmonica di Chenier (qual è la migliore?), cheancora una volta illustra la freschezza del jazz, che costantemente genera nuoveversioni da precedenti considerate definitive e crea nuove atmosfere.

6.3. Conclusioni

In senso lato, tutto nel jazz è un brano rifatto: così sono i blues, i rhythm changes,e perfino quegli standard che vengono eseguiti alla lettera, poiché è solol’interpretazione che conta e non le note suonate. Al primo livello viene rifatta lamelodia, poi l’armonia e finalmente tutto quanto, fino a quando si ottiene un branototalmente nuovo in un vecchio involucro.

Lo scopo principale di questo capitolo è di rendere il lettore attento a questetrasformazioni. Con un po’ di educazione dell’orecchio, grazie anche agli esempipresentati sopra, dovrebbe essere possibile sviluppare l’abilità di riconoscere, sullabase di esempi memorizzati, che il nuovo brano eseguito da qualche improvvisatore èin realtà qualche cosa costruito su di un brano preesistente. Il fatto di riconoscere

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l’origine, come già spiegato nei capitoli precedenti, permette un maggiorapprezzamento di ciò che l’artista cerca di fare. Ciò è naturalmente più difficile diriconoscere un blues o perfino un brano Rhythm Changes, ed è talvolta impossibileanche per un ascoltatore esperto, ma la soddisfazione è maggiore.

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Capitolo 7La “battaglia” fra Coleman Hawkins e Lester Young

7.1. Introduzione

La discussione sugli stili dei sassofonisti tenore Coleman Hawkins e LesterYoung ha imperversato per decenni nel jazz e comincia ad esaurirsi, anche se è stataricostruita nei film di Robert Altman Kansas City e Jazz ‘34: Remembrances ofKansas City Swing (trattati nel capitolo 15). Il motivo della dedica di questo capitolo atal soggetto sta nel fatto che l’esempio di questi grandi sassofonisti illustra bene comenel jazz una scuola stilistica dipenda, non da elementi melodici o armonici come inmusica classica, bensì proprio da quegli elementi non oggetivabili - si potrebbe quasidire, non musicali - che ne fanno l’originalità, del jazz e dello swing.

Gli stili di Hawkins e Young, difatti, giacciono agli estremi opposti dello spettroteorico dello swing. Non è facile tuttavia descrivere queste differenze a parole, ed èsolo con l’ascolto delle opere di questi maestri che si comprende la differenza diconcezione dell’improvvisazione. Tuttavia è forse possibile tentare di descriverealcune delle caratteristiche salienti dei due stili, incoraggiando l’ascolto.

Dapprima occorre notare che gli aspetti dello stile non hanno molto a che vederecon la personalità delle due persone. Si dice che Hawkins fosse schivo, di pocheparole, addirittura timido ed introverso [Chilton]. Young sembrava vivere un mondotutto suo e comunicava con cliché senza senso (ding, dong, bells), chiamando tutti“lady” (come Dexter in Round Midnight di Tavernier, capitolo15) e con un linguaggiotutto suo (come “I feel a draft” per indicare la presenza di un bianco antipatico, “crib”per la collezione di trucchi musicali di un artista) [Porter]. Ciò nonostante, nel jazz unmusicista “parla” nella sua improvvisazione descrivendo eloquentemente il propriomondo e la propria visione, per cui questi aneddoti non hanno rilevanza diretta con lostile.

Si può forse dire che lo stile di Hawkins sia estroverso. Fu il primo nella storiadel jazz ad usare il sassofono tenore come voce solistica potente, quando dominavanoi trombettisti. Studiò con cura lo stile di Louis Armstrong, da cui prese a prestitoconsiderevolmente, e vi aggiunse un suono potente, largo e caldo, accresciuto da unampio vibrato. Sviluppò una tecnica e velocità notevole di esecuzione, a volte inraffiche esplosive, e si interessava molto di armonia, come dimostra nei suoi assoli ecomposizioni. Con il passar degli anni, la sua sonorità divenne sempre più sensuale ecapace di esprimere tutte le sfumature, dalla dolcezza alla rabbia urlata.

Nonostante Hawkins abbia sperimentato per tutta la sua vita, dai tempi del jazztipo New Orleans della prima orchestra di Fletcher Henderson fino al free jazz,passando per il periodo degli anni ’30 in cui era il capofila indiscusso e per la suapartecipazione alla rivoluzione del be-bop negli anni ’40, la sua carriera si puòsuddividere in periodi. Dal 1923 al 1930 è in una fase di ricerca, con assoli checontengono a volte scariche ineguali di energia. Dal 1930 comincia a coltivare unostile rapsodico, specialmente nei lenti, che matura durante il suo soggiorno in Europadal 1934 al 1939, in cui aveva una sonorità soave, senza rudezza. La sua sonoritàmatura ulteriormente dal suo ritorno in America nel 1939 e diventa più piena edespressionista. Dal 1945 alla sua morte nel 1971 incorpora progressivamente elementidei sassofonisti moderni nel suo stile, anche se sempre all’interno del suo stile e dellasua sonorità unica, e partecipa a sessioni con Monk e Coltrane (sottocapitolo 9.4) e

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perfino al free jazz con Max Roach. Insomma, tutta la storia del jazz è contenuta nellasua attività instancabile.

In contrasto, il suono di Young è leggero e agile, con un minimo di vibrato,nessun effetto seducente, piuttosto asciutto, con linee lunghe che tagliano all’internodell’accordo saltando oltre all’armonia. Anche se il suo stile evolve dal 1936 alla suamorte nel 1959, specialmente nella sonorità che diventa più larga negli anni ’40, edanche se alcuni dei suoi “cribs” cambiano con il tempo, non è possibile definireveramente dei periodi, dato che dal suo primo disco nel 1936 il suo stile è già maturoe sviluppato. All’opposto della sonorità di Hawkins che è volutamente sensuale,Young non dà molta importanza all’arte di “sedurre” l’ascoltatore, offrendo il suosuono asciutto ed essenziale, dando il massimo di enfasi alla generazione dello swing,in un modo quasi minimalista, con un discorso dalla coerenza altamente sviluppata incui, si direbbe, la prima nota è legata all’ultima, come se Lester concepisse le suelinee come un tutto. Dal momento delle sue prime registrazioni nel 1936 (BoogieWoogie, capitolo 3; Lady Be Good, capitolo 6) Lester è in pieno possesso dei suoimezzi come se sapesse esattamente ciò che desidera affermare - non vi sono sessioniin cui Lester non suoni bene, perché così è il suo stile unico, a parte quando èindebolito fisicamente, verso la fine degli anni ’50. Forse c’è un salto stilistico fraprima del suo arruolamento nell’esercito, un periodo che fu vissuto come un incubo eche gli fece moto male, e dopo il suo rilascio: fu allora che la sua sonorità divenne piùdura e ruvida, ed iniziò a preferire accenti profondi al posto della velocità diesecuzione. In questo senso, il suo stile si modificò a poco a poco fino alla sua mortenel 1959 a 40 anni.

In una chiave di lettura, si può dire che la storia del jazz è un’oscillazione fraHawkins e Young, e ciò per tutti gli strumenti. Negli anni ’30 Hawkins eral’indiscusso modello, seguito dai suoi discepoli Chu Berry, Ben Webster, HerschelEvans, il francese Alix Combelle, americani bianchi come Georgie Auld and FlipPhillips. La situazione cambia negli anni ’40, quando Gene Ammons, Dexter Gordon,Wardell Gray optano per uno stile alla Young, anche se con una sonorità più forte,assieme ad una scuola di sassofonisti bianchi come Allen Eager, e quindi Stan Getz,Zoot Sims, sassofonisti alto come Lee Konitz e Paul Desmond, che adottano l’aspetto“cool” del suono di Lester, ed infine i fautori dello stile West Coast jazz come WarneMarsh e Bill Perkins. Pure Charlie Parker fu un devoto “lesteriano”, ma il suo accentosugli aspetti striduli del be-bop oltrepassa il ritegno di Young, che preferiva musicapiù dolce e lenta. Queste influenze si combinano in certi casi, come in quello diIllinois Jacquet, e specialmente Sonny Rollins e Sonny Stitt, o oscillano fra i due,come nel caso del trombettista Miles Davis, che è un po’ nel mezzo. Negli anni ’50John Coltrane, discepolo di Young e Gordon, sviluppa ulteriormente le linee di Younged aumenta la velocità di esecuzione, a differenza di imitatori come Paul Quinichette,che è quasi impossibile distingure dal maestro, come lo stesso Young affermava. E lascuola continua con i sassofonisti del free jazz i quali, dopo aver ascoltato Young,usano pure aspetti hawkinsiani, specialmente Archie Shepp, forse Albert Ayler esicuramente Gato Barbieri. Pianisti come Bill Evans hanno un po’ della delicatezza diLester, quando suonava ed accompagnava Billie Holiday (The Man I Love, capitolo11) mentre Horace Silver, Monk, Bobby Timmons hanno uno stile percussivo e menogentile. Fra i batteristi, Art Blakey, Philly Joe Jones e Max Roach hanno mantenuto labruschezza del suono duro, mentre invece il sassofonista Hank Mobley, che a volteviene etichettato come bianco, usa un suono liscio e frasi alla Lester in un contestobop. L’eredità di Young non venne mai più ignorata, come era il caso nei primi anni’30 in cui dominava Hawkins.

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7.2. Gli esempi

Vi sono centinaia di registrazioni per illustrare gli stili di Hawkins e Young.Quelli di questo sottocapitolo ne illustrano alcune caratteristiche, e specialmente: ciòche Hawkins sa fare che Lester non sa, e quello che Young sa fare che Coleman nonsa. In questo senso i due si completano, diciamo come in poesia il romanticismo ècomplemento del classicismo.

Ain’t Cha Glad è un segmento di sole 8 battute, estratto da un brano di FletcherHenderson, prima che Hawkins partisse per l’Europa. Notevole la potenza di suono ela velocità di esecuzione nelle ultime 4 battute. Un’esplosione tipica di Hawkins.

I prossimi due brani, Something Is Gonna Give Me Away, registrato da Hawkinsin Olanda con Freddie Johnson al pianoforte, e Shoe Shine Swing, uno dei primi dischidi Lester, sono messi a confronto perché si tratta dello stesso brano, una strutturaRhythm Changes AABA a 32 battute, eccetto che il primo ha il ponte I-IV-II-V ed ilsecondo il solito III-VI-II-V. Si noti la forza di Hawkins, uno swing pesante, benquadrato sul tempo, l’esplosione di note alla battuta 17. All’opposto, Lester, su di untempo più veloce, taglia attraverso il brano, piazzando note ritmicamente strategicheche fanno parte della lunga linea, con il suo suono asettico. Egli inoltre ha il vantaggiodi una sezione ritmica più leggera, di Kansas City.

Body and Soul è incluso ancora una volta, dal capitolo 5, perché è uno deicapolavori della storia del jazz. Tutto vi contribuisce: la sonorità matura di Hawkins,larga ma con ritegno, la facilità di improvvisare, l’uso degli accordi di passaggio - cheanticipa il be-bop, e che Young non apprenderà mai bene - e l’arte del flussorapsodico che Hawkins aveva appreso nel frattempo, sostituendola alle raffiche cheusava negli anni ’20.

All’opposto, ascoltiamo la grandezza trattenuta dell’assolo di Lester in Jive AtFive, quasi di perfezione classica, e la combinazione fra la sua sonorità disadorna e lalinearità della sua melodia. L’assolo di tromba è di Buck Clayton. Sono queste le lineeche hanno influenzato Charlie Parker

Out of Nowhere, una struttura ABAC che proviene dalla seduta di registrazioneche produsse Honeysuckle Rose a Parigi (capitolo 5), è un esempio di ciò che Youngnon sa fare, perché anche qui, come per Jive At Five ma in senso opposto, tuttocombacia: le prime battute di preparazione con poche note lunghe (sostenute daTommy Benford alla batteria), l’aumento di velocità alla 9.a battuta, la conclusionedel primo ritornello, e nel secondo l’enfasi ripetuta su di una nota alla quale Hawkinscontinua a ritornare con un glissando, il tutto con tono sensuale e swing preciso, finoall’ultima battuta con conclusione da maestro.

Sweet Lorraine è una struttura AABA, registrata quando Hawkins avevaraggiunto la sonorità piena negli anni ’40 e la maestria degli accordi di passaggio, cheaveva studiato per il suo Body and Soul. Si noti la fine cesellatura degli accordidiscendenti del ponte, sempre con magnifica sonorità, controllo totale e rilassato, e lafacilità dello swing. Ancora una volta, qualcosa che Lester non avrebbe saputo fare -non che gliene importasse!

Midnight Symphony è un blues tratto da un film su di una jam session. Lester èseduto con il sassofono per traverso, come al solito, ed una sigaretta nella mano destra- il che non impedisce di suonare. Egli distilla solo alcune note che dicono tutto -nessuna delle esplosioni di Hawkins. Un bell’esempio del profondo senso del blues diKansas City, che Hawkins non aveva, infatti si mise a suonare il blues tardi, dagli anni’40 in poi.

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Se il brano precedente dimostra la profondità dell’arte improvvisatoria di Lester,poche opere nel jazz hanno la grandezza di These Foolish Things - si tratta di unbrano rifatto, dato che niente rimane dell’originale, totalmente ricostruito. Più chemusica, è un’atmosfera, un mondo nuovo nel quale Lester ci proietta, una strana lucediafana nella quale il suo sassofono evolve in modo disinvolto, totalmente rilassato efresco. L’arte di dir tutto con poco o niente. Ancora una volta, qualcosa che Hawkinsnon sa fare.

Jumpin’ with Symphony Sid, dedicato ad un disc jockey, è un esempio di comeLester espone e sviluppa un blues, in modo swingante senza fronzoli, nonostante unasezione ritmica poco all’altezza.

7.3. La verità sulla battaglia

Secondo la cronaca dell’epoca (vedasi [Russell2], [Russell3] e [Chilton]),l’orchestra di Fletcher Henderson era attesa a Kansas City un pomeriggio dellaprimavera del 1934. Varie storie erano circolate nel mondo del jazz sulle jam sessionche avevano luogo nei locali di Kansas City sotto l’occhio benevolo di gangster aiquali non interessava minimamente il tipo di musica, purché questa attirasse laclientela cui spacciare i vari liquori, e forse le droghe, che l’amministrazionePendergast forniva senza problemi durante il proibizionismo. Per cui l’arteimprovvisatoria era molto sviluppata in questa città di provincia, sia al livello deisolisti che a quello delle orchestre, come dimostrarono Bennie Moten, e più tardiCount Basie, Andy Kirk e Jay McShann. Per una simpatica ricreazione della battaglia,si veda il film di Altman Kansas City, o meglio Jazz ‘34: Remembrances of KansasCity Swing, capitolo 15, in cui ovviamente i due sassofonisti contemporanei nonsuonano né come Hawkins né come Young, anche se uno eccelle in striduli acuti efrasi pesate sul battito e l’altro in linee melodiche fluide.

Sembra che Hawkins avesse sentito parlare di questi sassofonisti del Missouri evolesse fare una prova, se non altro per affermare la propria superiorità, e così la jamsession iniziò al locale Cherry Blossom, all’angolo della 12.ma e Vine Street.Hawkins fu accolto calorosamente - era una celebrità - e molti sassofonisti tentaronodi battersi con il maestro, ed alla fine restarono Ben Webster, Herschel Evans e LesterYoung. Ora, Webster era già un sassofonista dal tono potente con uno stile e sonoritàpersonali (come in New Orleans, capitolo 12) ma non aveva una conoscenza profondadell’armonia e talvolta, nella foga, non concludeva bene le sue frasi - deficienze checurò prima da Fletcher Henderson, dove riprese la cattedra di Hawkins, e poi da DukeEllington. Herschel Evans era grande, ma forse non sufficientemente distinto daHawkins, di cui copiava la sonorità larga, anche se con il suo “accento del Texas”(purtroppo non ci sono sue registrazioni di quel tempo). Lester venne proclamato ilvincitore (nemmeno di lui vi sono registrazioni dell’epoca, ma è ragionevole supporreche suonasse più o meno come nel 1936) e la storia continua affermando che Hawkinsrestasse a suonare fino all’alba per raddrizzare il verdetto, dovette poi affrettarsi perrecarsi a Saint Louis nella sua nuova automobile per farcela per la serata conl’orchestra, e bruciò il motore nell’intento. Ciò che probabilmente resta di vero è cheHawkins dovette pensare spesso al proprio rivale, quando era nella lontana Europa edandava ad acquistare i dischi di Count Basie con Lester Young in un negozio dellaBahnhofstrasse a Zurigo, dove visse per un po’.

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7.4. Conclusioni

Spero che, come capita a me, avrete tratto piacere dall’ascolto di ColemanHawkins e Lester Young. Spero anche che, dopo quest’ascolto, siate in grado diriconoscere aspetti hawkinsiani e lesteriani nello stile di qualche altro sassofonista.Una domanda sciocca: quale preferite? Io non vorrei dovervi rispondere. Sia Hawkche Prez (nomignolo dato a Young per distinguerlo dai vari re, duchi e conti)rappresentano un aspetto fondamentale del jazz, dello swing e della cultura afro-americana: passione e forza esplosiva nel primo, pensiero profondo, ritegno ecoerenza nel secondo (sono naturalmente semplificazioni). I sassofonisti del jazz sonostati lieti di essersi potuti riferire a tali modelli: Coltrane possiede sia la forzadeclamatoria del primo che le frasi lineari del secondo, come già il suo predecessoreParker. Riteniamoci fortunati di poter ascoltare simili maestri.

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Capitolo 8Tributo a Benny Carter

8.1. Introduzione

Lester Bennett Carter, noto come Benny Carter, è certamente uno dei più grandimusicisti di jazz di tutti i tempi. È riverito soprattutto per i suoi assoli al sassofonoalto, il suo strumento principale, sul quale eccelse, assieme ai due altri maggiorispecialisti del sax alto degli anni ’30: Johnny Hodges, che sviluppò uno stilealtamente individuale (Squatty Roo, capitolo 4, In A Sentimental Mood, Prelude To AKiss, Sophisticated Lady, Warm Valley, sottocapitolo 9.3, Come Sunday, PassionFlower, capitolo 12), lirico e romantico, derivato da Sydney Bechet’s (Nobody KnowsDe Way I Feel Dis Morning, capitolo 3, Petite Fleur, capitolo 12) e Willie Smith, chesuonava frasi swinganti anche se a tratti ampollose (The Lonesome Road, UptownBlues, capitolo 10) e altre volte dallo swing duro e scottante (Tain’t What You Do,Chapter 4, I Never Knew, Chapter 12).

Carter è un multi-strumentalista che suonava anche il sax tenore (Scandal in AFlat), il clarinetto, il sax soprano, il trombone, il pianoforte e specialmente la tromba,sulla quale divenne quasi competente come un suonatore di tromba (Once Upon ATime). Inoltre è compositore di brani di jazz e senza dubbio uno dei due massimiarrangiatori del suo tempo assieme a Sy Oliver (Dream of You, Stomp It Off, Rain,Since My Best Gal Turned Down, Four Or Five Times, For Dancers Only, AnnieLaurie, Margie, Sweet Sue Just You, By the River Sainte Marie, Le Jazz Hot, Time’s AWastin’, Baby Won’t You Please Come Home, The Lonesome Road, You Set Me OnFire, Mandy, capitolo 10), e forse con Eddie Durham (Moten’s Swing, capitolo 6, OhBoy, Lunceford Special, capitolo 10), Fletcher Henderson (Shanghai Shuffle,sottocapitolo 1.3) e suo fratello Horace, e Don Redman (If I Could Be With You OneHour Tonight, capitolo 11).

Forse l’unica critica che potrebbe essere mossa a Carter è una certa mancanza diprofondità [Schuller2]. Carter sembra avere un istinto musicale tanto innato che tuttogli viene con facilità, invece di doversi conquistare i risultati con più lavoro esofferenza, come è il caso di altri - inclusi i compositori trattati nel capitolo 9..Sembrerebbe che la sua ambizione, come la concepisce, sia quella di stupirel’ascoltatore con la sua abilità strabiliante, invece di scavare nell’introspezione diatmosfere oscure e bluesy, come è d’uopo nel jazz. Difatti non appare che possieda unsenso profondo del blues, che probabilmente vede come un’altra struttura musicale(ciò è vero anche per altri musicisti degli anni ’30, quali Hawkins e Don Redman,mentre il senso del blues è spiccato in chi proviene da Kansas City, e nel be-bop conCharlie Parker). Un’altra deficienza di Carter, che però non sminuisce la suamusicalità, ma solo la sua situazione finanziaria, è che non è mai stato capace ditenere in piedi un’orchestra tutta sua (come Henderson, Ellington, e Basie hannofatto): ci provò a New York nel 1933, a Londra e in Olanda nel 1937 (fu in Europa dal1936 al 1938), ancora a New York nel 1940, a Los Angeles nel 1945, finché decise didedicarsi alla musica da film ed al suo sax alto. Forse la sua raffinatezza musicale eratroppo avanzata per il pubblico, che preferiva i vari Harry James e Tommy Dorsey.

Tutti gli arrangiamenti di Benny Carter sono gioielli che possono essere studiati eristudiati. Ad esempio, nellle sue opere non vi è solo una sezione dell’orchestra cheespone, magari correttamente, un tema a 32 battute, ma invece 16 battute vanno aisassofoni, 8 ad un assolo, e le ultime 8 agli ottoni, in un costante, pieno utilizzo di tutti

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i colori orchestrali - ricordiamo che, come spiegato nel capitolo 1, brani scritti di jazzsono per definizione “improvvisati”. Nel caso di Carter, l’abilità non sta nellascrittura, come ad esempio per Mozart, ma nel come riesce a far suoni nuovi conqueste orchestre, dato che in più vi suonava personalmente o le assisteva da vicino percontrollarne i risultati, ossia lo swing - ed anche perché poteva superare chiunque sulproprio strumento!

La caratteristica più personale di Carter era il modo di scrivere per una sezione disassofoni e guidarla dal suo sax alto. In un modo unico nella storia del jazz, al puntoche le sue sezioni sono facilmente riconoscibili, per il modo in cui sono trattati gliaccenti, le note rapide con pause, i cambiamenti di sonorità, proprio come se tutta lasezione stesse improvvisando. Questo capitolo è dedicato a questa arte di Carter,tralasciando le sue molte altre. Lo scopo è di rendere il lettore attento al suo stileunico e di permettergli di riconoscere la firma di Carter all’istante. Gli esempimusicali, pertanto, contengono solamente, per non distrarre, insiemi di sassofoni,dopo aver tagliato il resto - un processo penoso, dato che ogni spartito di Carter perogni strumento merita di essere ricordato, anche se l’eccellenza è nei sassofoni.

8.2. Gli esempi

(Nota: eccetto dove menzionato, tutti i brani sono strutture AABA a 32 battute).Al di là del ponte su Honeysuckle Rose (capitolo 4) e Sweet Georgia Brown

(capitolo 5), i brani che seguono rappresentano il tipico suono dei sassofoni diretti daCarter.

Ora, proprio a contraddire la frase precedente, il primo esempio, Once Upon ATime, non contiene nessun passaggio di sassofoni, ma illustra l’arte di trombettista diCarter. Si sente un segmento del primo assolo registrato (credo) dal pianista TeddyWilson, permeato dello stile di Earl Hines’ (si veda Weather Bird, capitolo 12), il belsuono di Chu Berry al sax tenore, ed infine la tromba di Carter, la sua primaregistrazione su questo strumento, che aveva appena appreso.

Somebody Loves Me è un arrangiamento per l’orchestra di Fletcher Henderson,uno dei primi sforzi di Carter e, a parte qualche leggera deficienza nell’elasticità e nelrimbalzo non ancora leggero della sezione, quasi tutti gli elementi della sua maturitàsono già presenti. L’assolo di 8 battute alla tromba è di Bobby Stark, seguito da 8battute al sax tenore di Coleman Hawkins.

Keep a Song in Your Soul è un arrangiamento brillante di Carter, in cui dimostrala sua maestria nel trattare l’orchestra completa. I segmenti che si odono iniziano dallaparte B suonata dai sassofoni, seguita da una parte A degli ottoni, e poi due A contutta l’orchestra, che si spartisce 4 battute con Hawkins.

Do You Believe in Loove at Sight è uno dei contributi di Carter ai McKinney’sCotton Pickers ed il veicolo per la tromba focosa di Rex Stewart, seguita dall’insiemedei sassofoni, punzecchiata dagli ottoni.

Di Devil’s Holiday si sentono solo le 8 battute del ponte, una delle piccolegemme che si trovano in molti arrangiamenti di Carter.

Lonesome Nights è un segmento di 16 battute composto ed arrangiato per lapropria orchestra, che ben mostra come suonano le sue sezioni di sassofoni.

Symphony in Riffs, pure composto ed arrangiato per la propria orchestra, di cuipossiamo udire 16 battute, non è spettacolare nel senso del dinamismo della sezionedei sassofoni, ha però il tipico suono alla Carter: piacevole, apparentemente dolce manon sdolcinato, maturo come tutto il grande jazz.

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Di Blue Lou possiamo ascoltare molto bene la sezione dei sax nel segmento di 8battute del ponte, ed ammirare come si muovono gli esecutori. L’orchestra alcompleto chiude con l’ultimo A.

Happy As the Day Is Long contiene l’ultimo A del tema suonato dagli ottoni - sinoti la rapidità dell’attacco alle battute 5, 6 e 7 - seguito da 32 battute della sezione disassofoni dell’orchestra di Fletcher Henderson.

Big John Special (dedicato se ricordo bene ad un barman di Manhattan), semprecon la stessa orchestra, è un arrangiamento di Horace Henderson (che si sente alpianoforte), ma secondo me la parte B di 8 battute che si sente qui è senza dubbio diCarter.

All of Me e Stardust sono degli eccellenti arrangiamenti eseguiti dall’orchestra diWillie Lewis, sassofonista e capo orchestra, a quei tempi a Parigi, ove assunse Carter.Il pianista è l’afro-americano Herman Chittison, famoso in Europa. Stardust inparticolare è notevole per il modo unico in cui questi sassofoni cambiano assieme lapropria sonorità, muovendosi da staccato a legato, aggiungendo vibrato erilasciandolo assieme, forse respirando assieme (l’assolo di tromba all’inizio non è diCarter). I jazzisti usano spesso modelli di inflessione copiati dalla voce, specialmentei sassofonisti e gli ottoni con le sordine, ma Carter lo fa con tutta la sezione! Confessoche questo Stardust mi stupisce sempre, anche dopo decenni di ascolto.

Scandal in A Flat e Nightfall non sono come quei brani brillanti e veloci persassofoni - anche se la sezione è presente nel ponte del primo - ma composizionitipiche di Carter, scritte in questo caso per l’orchestra della BBC che dirigeva aLondra nel 1936 e 1937. In entrambi Carter si prende un assolo al sax tenore - benudibile in Scandal - con uno stile personale che deriva dal suo modo di suonare il saxalto, dunque non robusto come quello di Hawkins, ma forse più mobile. Vi sono dueversioni del primo brano, con un assolo diverso.

Accent on Swing è una composizione di Carter con una delle sue straordinariescritture per i sassofoni, suonata qui dalla stessa orchestra inglese di Scandal In A flat,a cui Carter ha ben insegnato come piazzare gli accenti e swingare - evidentementepoteva insegnare a tutti questi poveri inglesi, molti di cui erano scozzesi, sul lorostesso strumento! A parte gli assoli, che qui sono stati rimossi, non è facile capire chenon si tratti di un’orchestra del Savoy di Harlem!, anzi, suona meglio di parecchieorchestre da ballo americane che lasciano trasparire il proprio colore pallido. Carterpuò essere udito al sax alto nell’ultimo A.

Honeysuckle Rose è un arrangiamento che Carter scrisse in fretta e furia per unasessione sperimentale a Parigi con quattro sassofonisti, Hawkins, Alix Combelle eAndré Ekyan, gli ultimi due francesi, niente ottoni, e la sezione ritmica con StéphaneGappelli al pianoforte, Django Reinhardt alla chitarra, Eugène D’Hellemes al basso el’afro-americano Tommy Berford alla batteria - dalla stessa sessione provengono Outof Nowhere, capitolo 7, e Sweet Georgia Brown, capitolo 5. Carter avrebbe dovutocomporre arrangiamenti elaborati, invece preferì visitare Parigi con la figlia.Nonostante ciò, la sezione di sassofoni esegue in modo impeccabile e swingante iltema, forse la miglior interpretazione della storia del jazz. Venne pubblicato come ilprimo numero della nuova casa discografica SWING dedicata al jazz, dunque Swingno.1, ed ebbe molto successo nel 1937, ridando a Hawkins un po’ del credito cheaveva perso suonando con orchestre non sempre all’altezza in tutta Europa.

Skip It è un bell’arrangiamento di Carter suonato dall’orchestra che dirigeva inOlanda e che conteneva emigrati da vari paesi. È un tipico esempio del lavoro diCarter in Europa, e la sua bellezza traspare nonostante l’esecuzione imperfetta -

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sembra che Carter, alla guida con il suo sax alto, debba trascinare un insieme restio -ed una registrazione non delle migliori.

Con I’m Coming Virginia Carter si fa perdonare la mancanza, dell’anno prima, diHoneysuckle Rose. La compagnia Swing decise di continuare l’esperimento con unasezione di sassofoni e sezione ritmica - sempre con Alix Combelle al tenore, DjangoReinhardt alla chitarra ed altri emigrati. Nell’esempio si sentono gli insiemi dell’inizioe della fine.

I’m In the Mood for Swing è un arrangiamento brillante per una delle orchestre distudio dello xilofonista Lionel Hampton, di quando Carter tornò a New York. Dopo16 notevoli battute dei sassofoni, il direttore prende 8 battute e l’ultimo Aaccompagnato. Si noti il fine gioco di Jo Jones, batterista di Count Basie, mentre duemembri del sestetto di John Kirby, lo stesso Kirby ed il pianista Billy Kyle,completano la sezione ritmica.

Non conosco molti esempi di blues a 12 battute registrati da Carter, e questo MyFavorite Blues proviene da un vecchissimo LP da 25 cm pubblicato in Italia senzaalcuna indicazione, a parte il nome “Benny Carter”. Contiene 8 brani dell’orchestrache lanciò nei primi anni ’40. Non è un arrangiamento notevole per i livelli di Carter,ma sia l’insieme dell’orchestra che i solisti sconosciuti suonano bene.

Infine, Malibu è un brano dell’orchestra che Carter aveva verso la metà degli anni’40, suonato dal compositore al sax alto - spesso suonava la tromba in quell’orchestra,che comprendeva Miles Davis, Jay Jay Johnson al trombone e Max Roach allabatteria. La si sente in massa sul ponte (la saturazione e l’intensità sonora innaturaleerano presenti nel disco originale a 78 giri, tipiche dei dischi Capitol dell’epoca).

8.3. Conclusioni

Nonostante gli esempi si fermino al 1944, Benny Carter ha continuato ad essereattivo in musica. Ha registrato come solista negli anni ’50 e ’60, ad esempio Swingingthe 20’s e Further Definitions, quest’ultimo un rifacimento della sessione parigina cheprodusse Honeysuckle Rose, e ha scritto composizioni ed arrangiamenti, ad esempio laKansas City Suite per l’orchestra di Count Basie. Nel 2000 ha ricevutoun’onorificenza dal presidente Clinton per la sua lunga e distinta carriera.L’argomento principale di questo capitolo è, oltre al tributo ad un grande musicista, laglorificazione delle sezioni di sassofoni per le quali ha scritto ed in cui ha suonato. Lacompilazione di questi esempi, ridotti al segmento con sassofoni, ha il compito diindicare la sua concezione unica dello swing. Spero che, dopo aver ascoltato questiesempi, ciò sia chiaro al lettore, e la specificità del contributo di Carter al jazz ed alloswing a sezioni ben dimostrata.

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Capitolo 9Il concetto di “compositore” nel jazz

9.1. I compositori

Il concetto di compositore nel jazz ha qualche somiglianza con quello dellamusica classica, ma forse il numero delle differenze è ancor più grande. Ciò perché, insenso reale, e a differenza della musica classica in cui un musicista segue uno spartito,ogni musicista di jazz, dato che deve improvvisare la propria musica, è uncompositore. In molte “jam session”, ossia quando si suona per la prima volta condegli sconosciuti, il jazzista propone un blues o qualche struttura nota a tutti, senzapreparazione o prova. In una tipica seduta di registrazione, se il 33 giri o il CDnecessita di qualche minuto in più, si trova all’istante qualche riff - forse uno chesarebbe stato dimenticato il giorno dopo, se non fosse per la registrazione - e l’autoreviene considerato compositore del brano. Eppure ciò non fa di lui un compositore dijazz.

Il compositore di jazz è un musicista le cui conquiste musicali, come esecutore edimprovvisatore, sono sorpassate dalla creazione di un insieme di conoscenze, di solitobasate su di una nuova e profonda teoria musicale, dimostrata nella composizione dinuovi brani, che proiettano l’ascoltatore in un mondo nuovo, in uno stile particolareed originale, dal punto di vista armonico e ritmico, e che rappresenta un contributodurevole al jazz. I compositori nel jazz non sono molti ed i maggiori sono senzadubbio:

Jelly Roll Morton (Ferdinand Joseph La Menthe), 1885 - 1941, pianista edirettore d’orchestra

Duke Ellington (Edward Kennedy E.), 1989-1975, pianista e direttored’orchestra

Thelonious Monk, 1917 - 1982, pianista e direttore d’orchestra

Charles Mingus, 1922 - 1971, contrabbassista e direttore d’orchestra.

Naturalmente se ne potrebbero aggiungere altri: Spike Hughes, un musicistairlandese che si recò a New York nel 1933 per far registrare i suoi brani irlandesi daun’orchestra con i massimi jazzisti dell’epoca, per poi ritirarsi dalla scena - si vedano isuoi Arabesque and Donegal Cradle Song, capitolo 12. André Hodeir, critico francese[Hodeir, Hodeir2 e Hodeir3], compositore di musica classica e di musica da film;Michel Legrand, musicista di jazz francese, che ha composto per film. Tuttavia, perquesti l’attività di compositore sembra occasionale ed incostante e, nonostante leconquiste - specialmente Hughes, forse Hodeir - non hanno avuto influenza duratura.Forse lo stesso si può dire per John Lewis, l’”inventore” del Modern Jazz Quartet(Delaunay’s Dilemma, capitolo 4, Django, Concorde, capitolo 12) e teorico di unafusione, con Gunther Schuller, fra jazz e musica classica, dapprima barocca (Cortege,capitolo 12) poi moderna (Third Stream Music), belle idee talvolta ben realizzate, mache non hanno rappresentato una vera nuova tendenza che potesse essere seguita daaltri jazzisti.

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È curioso, e forse ingiusto, che altri musicisti che tanto hanno contribuito al jazznon possano essere chiamati compositori. Fats Waller, Charlie Parker, Miles Davis,Horace Silver, Benny Golson, John Coltrane sono forse i primi che vengono in mente- sia per le loro opere originali, poi riprese da altri, che per il loro contributo alla teoriadel jazz - a cui si potrebbe aggiungere Coleman Hawkins, Lester Young, BennyCarter, Sy Oliver, Tadd Dameron, Ornette Coleman. Ciò perché la loro abilità diesecutori è stata tanto alta da offuscare il contributo da compositore, o perché la loroopera e ricerca teorica, pur avendo marcato il jazz, era vista in funzionedell’evoluzione della loro espressione. Ciò vale per Parker e la sua teoria degliintervalli superiori (come in Koko derivato da Cherokee, capitolo 6), lo stile “cool” diMiles Davis alla fine degli anni ’40 (Boplicity, capitolo 12) e la teoria avanzata diColtrane di accordi sostitutivi basata sulla progressione con salti di terza minore equarta (Body And Soul, capitolo 5, Countdown, capitolo 6 e Giant Steps, capitolo 12).

C’è forse un nome che manca alla lista dei compositori: quello del profeta delfree jazz Sun Ra. Ho conosciuto bene Sun Ra come suo studente nel corso“Perspectives in Afro-American Studies” all’Università della California a Berkeleynel 1972, insegnato da lui con la sua Arkestra al completo, cantanti, ballerini,proiezioni (delle Piramidi, dello spazio), con i suoi vestiti spazial-antichi. Ho seguitole sue derivazioni cabalistiche e le sue storie, come love → live → evil → Satan →Saturn → Black Planet (i neri verrebbero da Saturno, luogo cattivo, per portare amoree vita in questo mondo corrotto), “It’s after the end of the world, don’t you know ityet?” (il mondo è finito 3’000 anni fa ma non ce ne siamo accorti!), “Space is thePlace”, e la sua teoria della “musica delle sfere” che l’artista sente e traduce per noi.Ho seguito con piacere tutti i suoi concerti - con i suoi solisti Marshall Allen, JohnGilmore, Pat Patrick - che erano degli show multimediali, e le ricreazioni di DukeEllington (Lightning) e Fletcher Henderson (Yeah, Man, capitolo 4). Tuttavia, forseper quella ragione non ho mai acquistato nessun disco di lui, perché la sua musica, pergrande che fosse, era per me associata strettamente con la sua visione e filosofia.Quindi mi dispiace di non aver niente da contribuire di Sun Ra.

Vediamo dunque questi compositori uno a uno, la cui opera è fortunatamente bendocumentata, sia da registrazioni che da interviste e ricerche musicologiche.

9.2. Jelly Roll Morton

Jelly Roll Morton, il cui vero nome era probabilmente Ferdinand Joseph LaMenthe, fu un eccezionale pianista ed esecutore. Dopo aver fatto pratica nei famosibordelli di New Orleans, si mise a viaggiare nel suo grande paese, a nord, est e ovest,scambiando occasionalmente idee musicali con altri pianisti (King Porter Stomp, inonore del pianista Porter King). Tutto ciò è ben documentato nelle registrazioni delmusicologo Alan Lomax alla Biblioteca del Congresso del 1938, autore del libroMr.Jelly Lord [Lomax].

L’origine stilistica di Morton è il ragtime, che però, nelle sue mani, si evolve dalrigido, quasi classico ritmo di Scott Joplin (Maple Leaf Rag, capitolo12) in unmiscuglio swingante e danzante di elementi franco-ispano-africani. È lui a menzionarel’influenza, fra l’altro, del basso spagnolo, che sembra simile al “son” cubano[Guillén], alla mano sinistra di Mexican Serenade di Scott Joplin, al ponte habaneradello spartito originale del Saint Louis Blues, e alla danza Habanera nella Carmen diBizet, che Parker e Gillespie amavano citare nei propri assoli. E, nel frattempo,continuava a comporre brani, alcuni dei quali sono commentati sotto, che hannocontribuito al jazz con la loro armonia ed orchestrazione originale, nonché successi

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come King Porter Stomp, di cui hanno approfittato molte big bands degli anni ’30 e’40.

Morton ebbe la fortuna di poter utilizzare i suoi doni di compositore edorchestratore nel 1926, registrando per la casa discografica Victor, a Chicago e a NewYork, con la sua prima orchestra, i Red Hot Peppers. Il personale cambiò talvolta, masi può identificare un nucleo attorno a George Mitchell, un trombettista di Louisville,che si esprime con il chiaro idioma di New Orleans; Kid Ory, di Laplace vicino a NewOrleans, allora il trombonista più rinomato; Omer Simeon, uno dei più tipiciclarinettisti creoli, preferito da Morton ai più famosi Johnny Dodds e Jimmie Noone;Johnny St.Cyr, suonatore di banjo presente in molte sezioni ritmiche dell’epoca, eAndrew Hilaire alla batteria. Si noti come tutti questi nomi siano francesi, di quellaclasse creola con cui Morton si identificava, decaduta con un atto del congresso deglianni 1890 che li ha relegati al “livello dei neri”.

Nonostante l’orchestra suonasse nel tipico stile di New Orleans - somigliante adun insieme dixieland - vi sono molti elementi che colpiscono per l’originalità, se nonaddirittura per la modernità, anche se nella forma dell’epoca: la delicatezza (forsefrancese) dell’orchestrazione, studiata nei minimi dettagli; la struttura dei brani, quasitutti composti da Morton; la facilità nello swing, che non è sempre presente anchenelle migliori orchestre dell’epoca (la King Oliver’s Creole Jazz Band sembrapiuttosto rigida al confronto: vedasi Dippermouth Blues, capitolo 3, Mabel’s Dream,capitolo 12).

In altre parole, pur all’interno dell’amata orchestrazione di New Orleans, contromba che conduce, trombone che fa contrappunto in basso e clarinetto che ricama inalto, Morton usa concetti orchestrali, armonici e ritmici in avanti sul suo tempo:solidi, concisi insiemi, largo spazio per gli assoli, combinazioni non tradizionali,addirittura arrangiamenti, e composizioni altamente strutturate (ad esempio, Granpa’sSpells).

Lo stile di New Orleans, come pure Morton, passò di moda all’inizio degli anni’30, ma la musica di Morton e la sua eleganza nello swing continuò a dominare lascena del jazz (ad esempio, King Porter’s Stomp menzionato sopra). Si fece stampareun biglietto da visita con “creatore del jazz - stomp - swing”: mentre le origini diun’arte non possono mai essere ricondotte ad un solo individuo, si è però forzati adammettere che molte delle idee date per scontate nel jazz sono di Morton.

Ebbe un breve ritorno alla notorietà alla fine degli anni ’30, quando si manifestòl’interesse del grande pubblico per i padri del jazz, come illustrano gli ultimi due branidi questa lista. Morì cercando di arrivare in California per farsi una nuova vita.

Si dice che la sua vita fu una parata di bellezze creole, assieme alla tipicaincoerenza economica di molti artisti, quali quella di sostituire diamanti ai dentinell’epoca delle vacche grasse, per rivenderli e restare sdentato durante la crisi. Ma lasua intuizione musicale, la sua ottima memoria (che dimostra nelle registrazioni allabiblioteca del congresso), il suo senso dell’armonia e dell’orchestrazione sonosorprendenti, specialmente se si pensa che non ha mai avuto nessuna educazionemusicale. Diceva che poteva eseguire qualsiasi musica come se fosse ragtime, il cheevidentemente è ingenuo ed errato, tuttavia merita considerazione il fatto che hascoperto da solo il “meccanismo interno” della musica e costruito tutto il suo sistemadal nulla.

Oltre a Original Jelly Roll Blues (capitolo 3), Tiger Rag 1 e Tiger Rag 2 (capitolo6), Shreveport Stomp, The Chant (capitolo 12), gli esempi seguenti mostrano il suocontributo al jazz. Salvo dove menzionato altrimenti, tutti i brani sono composizionidi Morton.

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Spanish Bass: La Paloma - Blues è tratto da uno dei dischi registrato da AlanLomax alla biblioteca del congresso. Morton spiega con il “basso spanolo”, quellodella canzone messicana La Paloma, e del “son” cubano ([Guillén], e vedi sopra)venga poi usato nel jazz e reso bluesy. Siamo grati a Morton che prende qui il ruolo distorico e musicologo.

“Sweet” Jazz Tune è un’altra delle sue spiegazioni sul jazz, qui su che cosa sia unbrano dolce di jazz. Egli spiega spesso che il jazz non lo si suona forte e velocemente,bensì, mi permetto di porgli parole in bocca, con una finezza tutta francese. Il suomodo di suonare è tipico di come suona i lenti, con molti abbellimenti, che ricordanoun po’ Chopin, un altro pianista improvvisatore.

Wolverine Blues è un esempio del suo ragtime tanto evoluto, che deve oramaipoco allo stile omonimo dell’ottocento, non solo per l’uso fresco dell’armonia, maspecialmente per il modo di suonare sciolto, anticipatore dello swing moderno,concepito per il ballo. Si notino pure le fantasie della mano sinistra - lontanedall’antiquata “pompa” oom-pah - la velocità della mano destra, ed i riff orchestraliverso la fine, che anticipano Kansas City e l’orchestra Basie.

Black Bottom Stomp, una delle prime registrazione dei suoi Red Hot Peppers,mostra come Morton orchestrava senza lasciar niente al caso, con un massimo divarietà - proprio come più tardi faranno Benny Carter e Sy Oliver - già lontano daiprimitivi, anche se commoventi, insiemi della Original Dixieland Jazz Band e dellaKing Oliver’s Creole Jazz Band. George Mitchell è alla tromba, Kid Ory al trombone,Omer Simeon al clarino, Johnny St.Cyr and banjo, John Lindsay al contrabbasso eAndrew Hilaire alla batteria (incluso Morton, ossia La Menthe, abbiamo 6 francesi su7!)

Smoke House Blues è una progressione simile a Sweet Georgia Brown (capitolo5), e mostra come la stessa orchestra affronti un brano lento. Si noti il raddoppio deltempo dietro all’assolo di Simeon, seguito da un bell’assolo di pianoforte.

Grandpa’s Spells è un brano elaborato ed ambizioso, analizzato in dettaglio in[Schuller1]. Si tratta di molte parti e temi in successione logica e coerente. Quanto piùmoderna della monotonia a riff di molte macchine per lo swing, o del dixielandodierno, grazie ai suoi svariati assoli e combinazioni strumentali - ad esempio, ilmodo in cui il pianoforte di Morton viene ripreso gentilmente dal clarinetto diSimeon. Vi sono due versioni registrate dello stesso brano.

Doctor Jazz è un brano di King Oliver, che si distingue per l’insieme condotto daGeorge Mitchell, le note lunghe di Simeon che funzionano da pedale “superiore” peril pianoforte, e il cantato potente di Morton.

The Pearls è eseguito da un’orchestra sempre condotta da George Mitchell allatromba, ma con personale diverso: Johnny Dodds al clarinetto, un basso tuba, ed ilfamoso sassofonista alto Stump Evans. Morton ha registrato spesso questo brano,anche come solista al pianoforte. Si noti il tritono a semitono usato da Mitchell allafine del suo assolo - Morton conosceva già questi trucchi del be-bop negli anni ’20!

Sidewalk Blues è un brano dell’orchestra che, oltre ad Omer Simeon, comprendepure Darnell Howard e Barney Bigard al clarinetto, permettendo a Morton di scrivereper un’orchestra più grande con una sezione di ance.

Dead Man Blues, un blues come lo dice il titolo, viene introdotto dal branofunebre Flee As A Bird, che nei funerali di New Orleans veniva seguito da Didn’t HeRamble. Si odono i tre clarinetti, prima da soli e poi dietro al trombone di Ory. Perquanto ne sappia, Morton non ha mai scritto per sezioni di sassofoni, che nonfacevano parte della tradizione di New Orleans.

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King Porter Stomp è forse il suo brano più famoso, dal quale Fletcher Hendersonscrisse un famoso arrangiamento negli anni ’20 e ’30, divenuto poi un successo dellemacchine da swing, che hanno fatto ballare gente che probabilmente non aveva la piùpallida idea di chi fosse Morton. Lui stesso registrò il brano molte volte al pianoforte.Questa versione corta proviene da una trasmissione radiofonica.

I Thought I Heard Buddy Bolden Say e Winin’ Boy Blues sono registrazioni cheMorton fece dopo la sua riscoperta - ripescato come Kid Ory e Bunk Johnson. Ilprimo brano è un tributo a Buddy Bolden [Barker], di cui non esiste registrazione, edè un brano della tradizione di New Orleans, mentre il secondo è un brano di Mortonsu se stesso, un doppio senso sulle sue prodezze con sottintesi sessuali (winin’) con ilsuo rotolo di gelatina - non è sempre così modesto, come il titolo Mr. Jelly Lorddimostra. Entrambi i brani godono della presenza di Sydney Bechet al sassofonosoprano, con la sua forte sonorità e vibrato intenso, inizi di “growl”, mentre Sydneyde Paris è alla tromba.

9.3. Duke Ellington

Il nome di Duke Ellington è noto anche al grande pubblico grazie ad alcuni suoisuccessi commercialli (Caravan), il suo lungo periodo al Cotton Club, ma forse ancheper la grande originalità della sua musica - che alla fine lo indusse a comporre suite,inni sacri e altre forme generalmente non associate con il jazz.

Dalle sue prime registrazioni negli anni ’20, Ellington colpisce per la suaoriginalità. Quasi tutti i brani che suona sono composti da lui e contengono armonieinedite. Eppure, come molti jazzisti, Ellington ebbe poca formazione musicale ed ilsuo sistema armonico è tutto suo.

A differenza dell’orchestra di Fletcher Henderson, il cui personale cambiòcontinuamente, la maestria di Ellington poté svilupparsi anche perché ebbe la fortuna,abbastanza unica, di avere lo stesso personale per decenni, in particolare: JohnnyHodges, al sassofono alto, associato strettamente con molte atmosfere ellingtoniane;lo specialista di sordina wa-wa alla tromba Cootie Williams, che sostituì BubberMiley nel 1930, e Rex Stewart; i trombonisti Tricky Sam Nanton (specialista disordine e “growl”), Lawrence Brown (lirico e romantico) e Juan Tizol (al trombone apistoni, che introdusse ritmi afro-cubani); l’originale clarinettista Barney Bigard,creolo di New Orleans, secondo me il più grande clarinettista della storia del jazz;Sonny Greer alla batteria, e per un po’ Ben Webster al sax tenore, più tardi PaulGonsalves. Ellington poté sviluppare uno stile orchestrale unico in funzione del suonocaratteristico della sua orchestra e dello stile dei suoi musicisti (diceva “per poterscrivere per gente come questa bisogna sapere come gioca a poker”).

Pertanto il suo modo di comporre è concepito in funzione di come quel musicistasuonerà il brano o l’assolo, concepito solo per lui, con il suo aiuto (come in Concertofor Cootie, capitolo 12). Allo stesso tempo, la concezione armonica di Ellington ed ilsuo modo di scrivere per gli insiemi è intimamente legato alla sonorità di chi suonerà ipassaggi, per cui Ellington ha sviluppato un tipo di super-armonia che, magariscorretta al livello astratto delle note, diventa perfetta grazie agli armonici dei suoistrumentali. Ciò funziona bene nel suo ambiente musicale di trombe con sordine e“growl”, un ambiente che il compositore classico non ha da fronteggiare, perchéscrive in funzione del suono stereotipato dell’orchestra classica, ciò che Ellington nonpuò fare.

Si noti però che questo modo di concepire l’armonia viene usato talvolta anche inmusica classica. Ad esempio, Maurice Ravel nel suo Bolero - un riff - usa la

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combinazione di un clarino con un piccolo che suona in parallelo una dodicesimasopra, come per rinforzare il terzo armonico. Suppongo che stesse cercando di ricrearei suoni del jazz di New Orleans che sentì all’Apex Club di Chicago nel 1928, oveascoltò il clarinettista Jimmie Noone con Earl Hines.

Come si addice ad un jazzista, l’armonia di Ellington non è concepita in astrattoed indipendentemente da chi suona, come poteva fare Bach, o in funzionedell’orchestra tipo che si studia nei conservatori. Invece le sue note sono scelte perchéquesta verrà suonata da Johnny Hodges, quella “growl-ata” da Cootie Williams, l’altrada Lawrence Brown e così via. Per cui l’orchestra di Ellington è come una tela cheaspetta i vari colori, una caratteristica attribuita da molti al fatto che Ellington era unpittore, che dipinge in questo caso paesaggi musicali (Sepia Panorama) in cuil’atmosfera generale cambia in fretta, da dolce ad aspra o ad un misto dei due, dalromanticismo lirico di Johnny Hodges e Lawrence Brown alla giungla selvaggia diCootie Williams e Sam Nanton.

Tutta la musica di Ellington, dagli anni ’20 agli anni ’70, contiene innumerevoligioielli e mostra un’alta coerenza e qualità, degna di ammirazione profonda. Tuttaviasi ritiene che il periodo d’oro fu quello dell’orchestra del 1939-1942, quandol’arrangiatore Billy Strayhorn si unì all’organizzazione (scrive per Ellington comeDuke scrive per i suoi musicisti, ossia “compone” come lui), con il sassofonista BenWebster ed il rivoluzionario contrabbassista Jimmy Blanton, che morì giovane edispirò tutti i contrabbassisti futuri. L’orchestra aveva raggiunto un apice che sembròdifficile da battere, e siamo fortunati che sia ben documentato, nonostante il divieto diregistrare imposto dal sindacato dei musicisti dal 1942 al 1944. Praticamente tutti ibrani di quell’epoca sono capolavori e 13 sono inclusi in questo libro.

Qualcuno ha pure detto che l’opera di Ellington contiene tutto il jazz, e chenient’altro è necessario per comprendere il jazz. Penso che nessun ascoltatore debbalimitarsi ad un solo artista, per quanto grande esso sia, tuttavia è vero che l’evoluzionedi Ellington è parallela a quella del jazz. In un senso, egli rappresenta un’alternativaalla storia del jazz, come se avesse costruito un altro universo tutto suo che talvoltainterseca il nostro, dai tempi di New Orleans all’avanguardia degli anni ’60. La suamagnifica arte lo pone al di sopra delle diatribe fra modernisti e conservatori neglianni ’40 e ’50. Ellington è sempre stato capace di prendere a prestito, senzapregiudizio per la propria arte, da qualsiasi stile e tecnica musicale, incorporandonuovi elementi nel suo mondo, che pertanto rimane sempre ellingtoniano.

Da ultimo, è d’uopo menzionare il sostegno che Ellington ha dato a moltimusicisti, specialmente quelli che hanno sviluppato il proprio stile grazie a lui:l’arrangiatore Billy Strayhorn, solisti come Cootie Williams, Ben Webster, especialmente Johnny Hodges. Molte composizioni sono diventati standard del jazz,come In A Sentimental Mood, Perdido (in realtà di Juan Tizol) e Satin Doll, sempresuonati nel 21.mo secolo, anche in jam session, mentre la sua ricchezza armonica èstata compresa solo decenni dopo la sua apparizione.

Oltre a I Don’t Know What Kind of Blues I’ve Got, Saddest Tale, Ko-Ko(capitolo 3), Cotton Tail, Squatty Roo (capitolo 4), Slippery Horn (capitolo 6), BlueTune, Dirge, Come Sunday, Passion Flower, Blue Serge, Concerto for Cootie(capitolo 12), seguono alcuni esempi che vogliono rappresentare il sapore tipico diEllington, in ordine cronologico. Salvo dove menzionato altrimenti, tutti i brani sonodi Ellington.

Take the A Train è uno dei brani più famosi, anche perché fu per anni la sigladell’orchestra. Secondo Ellington, il titolo viene dalle sue spiegazioni di non prenderela nuova linea appena costruita, la D, per andare a trovarlo, bensì la linea A - che

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ancor ogi collega le più importanti comunità afro-americane del paese, quella diHarlem a Manhattan e di Bedford-Stuyvesant a Brooklyn. La versione originale,composta da Billy Strayhorn, venne registrata dalla famosa orchestra degli anni ’40,tuttavia ho preferito includere una versione più recente a causa della qualità dellaregistrazione.

East St. Louis Toddle-OO è uno dei primi brani di Ellington, come quelli chesuonava al Cotton Club di Harlem, con Bubber Miley, specialista della tromba growl.

Creole Love Call, un blues, ci permette di ascoltare il canto “growl” di AdelaideHall. Ancora Bubber Miley alla tromba, e Rudy Jackson al clarinetto.

Black And Tan Fantasy appartiene, come i due precedenti ed i prossimi tre, alrepertorio classico di Ellington dei primi anni, sono stati registrati molte volte efacevano parte di una “medley” nei concerti degli anni ’60 e ’70. Il tema centrale è unblues a 12 battute.

The Mooche contiene ancora Bubber Miley alla tromba ed un arrangiamentooriginale per l’insieme.

Rockin’ In Rhythm è stato suonato e registrato molte volte, ma questa è la primaversione registrata. Contiene una tipica introduzione pianistica ed il suono dellasezione di sassofoni di Ellington, con Cootie Williams alla tromba che sostituisceBubber Miley.

Mood Indigo è una di quelle armonie che Ellington costruisce con il suono deisuoi strumentisti. L’originale consiste di poche parti strumentali, ma è difficile capirecom’è fatto il tutto - è stato detto, a differenza di un brano ovvio di Prévin con 1000strumenti. Ho scelto questa versione perché, e sembra incredibile, è stata registrata instereofonia, nel 1932! Se nel vostro impianto stereo i canali sono corretti, la sezioneritmica è di fronte, il pianoforte di Ellington a sinistra, il banjo di Fred Guy alla suadestra, il contrabbasso di Wellman Braud al centro e la batteria di Sonny Greer adestra. Le ance sono dietro, Harry Carney al sax baritono a sinistra, Barney Bigard altenore all’estrema destra, Hodges e Otto Hardwicke al sax alto nel mezzo. Gli ottonisono in fondo, Arthur Whetsol, Freddie Jenkins e Cootie Williams a sinistra, JuanTizol al trombone a pistoni e Ticky Sam Nanton a destra. In un altro brano nellostesso CD, con più assoli, si identificano i musicisti dal loro posto!

Drop Me Off At Harlem è ancora una referenza a New York, da una frase cheDuke avrebbe detto ad un amico che lo trasportava sul ponte George Washington, perscendere ad Harlem. Ancora una volta si sente bene la sezione di sassofoni, iltrombone di Lawrence Brown, e Arthur Wetsol nel secondo ritornello.

Solitude, In A Sentimental Mood, Prelude To A Kiss e Sophisticated Lady sonobrani lenti di successo, registrati spesso da altri jazzisti. Il primo è un altro esempio dicome Ellington concepisca l’armonia in funzione dei suoi strumentisti, con CootieWilliams che conduce oltre a Bigard al clarinetto, Harry Carney nel ponte, el’aggiunta di Lawrence Brown al trombone nell’ultimo A. Sentimental Mood è unveicolo per il soprano romantico di Johnny Hodges, seguito dal baritono di Carney,dall’insieme e poi ancora da Hodges, mentre le prime note dell’assolo di tromba sonosenza dubbio di Rex Stewart. Prelude To A Kiss mette ancora in evidenza iltrombonista romantico Lawrence Brown, seguito da Hodges al soprano, quindi ancoraBrown e Wallace Jones alla tromba. Sophisticated Lady viene esposto da Carney albaritono, seguito da Hodges all’alto nel secondo A, mentre il ponte B è uncontrappunto dei due sassofonisti, e l’ultimo A è suonato dall’insieme condotto daCarney.

I prossimi esempi sono dell’orchestra dei primi anni ’40, che contiene CootieWilliams e Rex Stewart alle trombe, il “growl-ante” Tricky Sam Nanton ed il

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romantico Lawrence Brown ai tromboni, il portoricano Juan Tizol al trombone apistoni (autore di brani esotici come Caravan, Conga Brava), Barney Bigard alclarinetto (e al sax tenore negli insiemi, uno strumento che non amava), JohnnyHodges al sax alto, Ben Webster al tenore e Harry Carney al baritono. Si vedano pureI Don’t Know What Kind of Blues I’ve Got, Ko-Ko (capitolo 3), Cotton Tail (capitolo4), Blue Serge, Concerto for Cootie (capitolo 12).

Harlem Air Shaft è un’immagine di Ellington del sistema di ventilazione di una diquelle vecchie case di New York, con suoni di jazz, odori di cucina, discussioni e liti,ritratti della vita della gente. Le sezioni hanno acquisito la piena maturità. Le trombeespongono la parte A sopra ai sassofoni, mentre Sam Nanton fa esplodere la B.

All Too Soon è dedicato al trombone di Lawrence Brown cullato dai sassofonicondotti da Otto Hardwicke, e poi da Ben Webster al sassofono tenore sopra gliottoni. Un lento dolce con armonie acidule. Si noti la massa imponente dei cinquesassofoni grazie al contributo di Carney, ad esempio appena dopo l’introduzionepianistica.

Sepia Panorama è un esempio dei paesaggi dipinti da Ellington in musica. Unacomposizione elaborata con molti temi che mette in evidenza Jimmy Blanton alcontrabbasso, che mostra bene in che modo sta rivoluzionando il ruolo dellostrumento e preparando la strada per i futuri bassisti be-bop. Si noti la nostalgia dellatromba di Williams che svanisce dopo il primo tema. Vi sono due versioni di questobrano con assoli diversi.

Warm Valley è ancora un pretesto per sfoggiare il lirico sassofono di JohnnyHodges, cullato dagli ottoni, con Cootie Williams sul ponte.

The Flaming Sword, attribuito a Ellington ma probabilmente di Juan Tizol,dimostra la versatilità dell’orchestra ed è uno dei primi esempi della moda afro-cubana, che apparirà più tardi. Cootie Williams prende l’assolo di tromba.

Across the Track Blues è un blues lento esposto da Barney Bigard sulla scalabassa del clarinetto (come I Don’t Know What Kind of Blues I’ve Got, capitolo 3). Iltrombettista è Rex Stewart.

I Got It Bad è un brano lento esposto da Johnny Hodges e cantato da IvieAnderson, che fu la cantante dell’orchestra per circa un decennio. L’ascolto attentomostrerà che si tratta di un brano rifatto di Take the A Train. Duke vi suona la celesta,una spinetta dal suono di campanelle.

What Am I Here For è un altro brano lento che espone il tono maturo dellasezione di sassofoni - due alti, due tenori, un baritono - e l’incredibile suono, comeparlato, di Tricky Sam Nanton sul ponte.

Sugar Hill Penthouse è l’ultimo movimento della suite Black, Brown and Beige-Tone Parallel to The American Negro (si veda anche Come Sunday, capitolo 12), chedescrive musicalmente la storia della comunità afro-americana dalla schiavitù e daicanti di lavoro all’accettazione in chiesa, l’emancipazione ed i tempi moderni. Nelleparole di Ellington, questo brano rappresenta l’atmosfera di Sugar Hill (il bel quartieredi Harlem sulla collina ad ovest) che non può essere compreso né apprezzato da chinon ci ha vissuto. Si sente la sezione di sassofoni del 1944.

Happy Go Lucky Local proviene dalla Deep South Suite, eseguita alla CarnegieHall nel novembre 1946. Ellington ha sempre cercato in tutta la sua carriera dispezzare la schiavitù del brano da 3 minuti, con suite ed altre forme. Alvin Ailey l’haincluso nel repertorio del suo gruppo di balletto. Il riff che si sente è diventato famosopiù tardi e copiato da gruppi di rock. Jimmy Hamilton ha nel frattempo sostituitoBarney Bigard al clarinetto e il contrabbassista è Oscar Pettiford, uno dei massimidella storia del jazz.

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On A Turquoise Cloud (che proviene da un 78 giri malandato della miacollezione) è uno di quegli esempi che combina la voce da soprano di Kay Davis conil clarinetto di Hamilton. Lawrence Brown sfoggia il suo romanticismo, Harry Carneysi aggiunge verso la fine, ed il pizzicato di violino è di Ray Nance, che dal 1942occupa il posto di Cootie Williams e contribuisce assoli al violino.

Money Jungle è un esempio di Ellington sempre all’avanguardia, qui con igiovani rivoluzionari Charles Mingus and Max Roach, su di un blues. Duke mostraancora una volta che il suo mondo non è né moderno - nessuna imitazione dell’hardbop - né invecchiato - il suo swing, armonia e ritmo sembrano non aver data - masempre ducalmente al di là di ogni classificazione affrettata.

9.4. Thelonious Monk

Thelonious Monk fu una figura controversa durante la sua vita. Fors’anche acausa del suo atteggiamento, vestiti strani, berretti, e poche parole. Pubblico e criticanon sono stati in grado di riconoscere, sotto l’aspetto bizzarro e le armonie evolute, ilsuo senso profondo del blues e l’eredità della tipica tradizione pianistica di New York,che fa di lui l’ultimo della linea, da James Price Johnson e Fats Waller.

Mentre Parker sviluppò il suo modo originale tutto da solo, e Hawkins usavaaccordi di passaggio già dalla fine degli anni ’30, non c’è dubbio che praticamentetutte le conoscenze armoniche degli anni ’40 e ’50 provengono da Monk, che le haintegrate in un sistema coerente. Per cui Parker e Gillespie si ritrovarono con unsistema completo e pronto all’uso, e Coltrane partì proprio da lì,

Era diffuso, dagli anni ’40 ai ’60, restare scioccati dai suoi stilemi musicali: il suocolpire due note distanti di mezzo tono, visto come una gran dissonanza, era in realtàil segnale che la nota voluta era quella del quarto di tono in mezzo, un po’ come icantanti di blues che piegano la blue note. I suoi spazi lunghi ed insoliti - che siaccompagnano al suo soprannome “Sphere” - che si diceva interrompessero il flussodello swing, sono invece un’estensione di pratiche note nel jazz per aumentare latensione ritmica e la sua complessità (come già faceva Lunceford, capitolo 10), e lariproduzione della parlata degli afro-americani, che hanno influenzato tutto il bop.Anche le sue armonie “bizzarre” possono essere viste, oggi almeno, comeun’estensione della teoria degli accordi di passaggio, iniziata fra gli altri da Hawkins eSy Oliver con Jimmy Lunceford negli anni ’30. Quindi, l’interpretazione talvoltaaccurata di stili pianistici del passato, come il suo “stride” (Honeysuckle Rose,capitolo 5, alcune battute nel ponte di Ruby, My Dear), come le sue referenze adAbide With Me, capitolo 12, di William Monk, non sono stranezze di un avanguardistaannoiato che predica l’originalità a tutti i costi, bensì un tributo alla tradizione, allamusica, a cui il discepolo Monk paga il dovuto ai maestri, con il suo contributooriginale.

Dopo la rivoluzione degli anni ’60 e ’70, Monk può perfino sembrare sorpassatodal furore del free jazz, che spesso rinunciò all’armonia, specialmente quellaelaborata. Eppure la sua influenza liberatrice, sul pianoforte (ereditata da CecilTaylor) e sulle strutture (in parte, ereditata da Coltrane) nonché su tutto il jazz perquel che riguarda la composizione, l’uso percussivo dello strumento e la sua sonoritàpersonale che lo porta, a tratti, vicino alla musique concrète e a certi esperimenti diJohn Cage, rappresenta sempre una viva fonte d’ispirazione per i musicisti, e lo saràancora per anni a venire.

Il numero di composizioni di Monk è impressionante. Molte sono diventate, aragione, famose, e fanno parte del repertorio dei jazzisti, basate sullo sfruttamento

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sistematico degli accordi connessi e di passaggio. Monk ha dimostrato la coerenza delsuo mondo già nelle sue prime registrazioni. In aggiunta a Mysterioso, Straight, NoChaser, Blue Monk, Ba-lue-Bolivar Ba-lues-Are, Functional (capitolo 2), Rhythm-A-Ning (capitolo 4), Honeysuckle Rose (capitolo 5), Hackensack, Evidence, Reflections,In Walked Bud (capitolo 6), Abide With Me (capitolo 12), questo capitolo includesegmenti di brani che fanno parte del mondo di Monk e sono stati registrati moltevolte, con personale diverso.

Round Midnight, uno dei brani più famosi (che dà il titolo al bel film diTavernier), è una delle prime, forse la prima, versione registrata, con Sahib Shihab alsax alto e Monk al piano.

Flying Hawk è il primo assolo registrato da Monk, in una seduta discograficadiretta da Coleman Hawkins, che ebbe l’intuito - come sempre - di riconoscere ilmerito della nuova generazione di jazzisti e ne incoraggiò gli sforzi.

Pannonica è una tipica composizione di Monk, dedicata alla “baronessa del jazz”Pannonica de Koenigswater, una donna non convenzionale che fece molto per aiutarei musicisti di jazz in tutti i modi, specialmente Parker, che venne curato a casa suafino alla sua morte, e Monk. In questo brano egli suona la celesta.

Monk’s Mood è pure una composizione di Monk, ancora con Sahib Shihab, in unadelle prime registrazioni di Monk.

Bemsha Swing proviene dalla stessa seduta discografica che produsse Pannonicae Ba-lue-Bolivar Ba-lues-Are, con il sassofonista Sonny Rollins al sax tenore.

Come sopra, Thelonious è una composizione di Monk, qui con Ben Riley allabatteria e Charlie Rouse al sax tenore (che non si sente).

Eronel è un brano poco noto di Monk, struttura AABA, che illustra uno dei suoitrucchi armonici: alla battuta 2, la progressione Bm7/B"m7 (che corrisponde allamodifica III trattata nel capitolo 3, ed al modello 4 descritto nel capitolo 4 sui RhythmChanges), invece di continuare alla battuta 3 con Am7 come c’era da aspettarsi, siferma lì, con una frase in e", che conduce a E"7 nella battuta 4, dopo di che laprogressione continua con Am7 alla battura 5. In altre parole, Monk interrompe unaprogressione di accordi discendenti per risolvere invece nel suo bel mezzo. Art Blakeyè alla batteria e Milt Jackson al vibrafono - e Monk è ben in evidenza al pianoforte, losi ode canticchiare nel suo assolo.

Ruby My Dear è uno dei lenti di Monk, registrato tra l’altro anche da Coltrane,mentre la versione di questo testo ha Hawkins al sax tenore. Struttura AABA,notevole perché non è facile capirne la tonalità - non che sia importante, dato chel’improvvisatore interiorizza le progressioni e la loro logica.

Fm7/B"7 E"M7 Gm7/C7 FM7 B"m7/E"7 A"M7/Fm7 B"m7/B E7/E9("5)

Fm7/B"7 E"M7 Gm7/C7 FM7 B"m7/E"7 A"M7/Fm7 B"m7/B E7/E9("5)

AM7/F!m7 Bm7/E7("9) AM7 B"6/G7 Cm7 Cm7/D7 E"m7 E"m7/E9

Fm7/B"7 E"M7 Gm7/C7 FM7 B"m7/E"7 A"M7/Fm7 B"m7/B G"M7,B9/B"9

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Si noti che la parte A è una serie di progressioni II-V-I, la prima che conduce aE", la seconda a F e la terza a A". Il ponte impone inizialmente la tonalità di amaggiore, ma poi muove ad E" per risolvere su Fm7.

Crepuscule with Nellie (dedicato alla moglie Nellie) è ancora uno dei lenti diMonk tipici del suo mondo musicale, con il fedele Charlie Rouse al sax tenore.

Off Minor è un tipico brano di Monk, qui con un’orchestra che include ColemanHawkins, che prende l’assolo, mostrando come il vecchio leone se la cavi bene conquesti accordi moderni e difficili.

Epistrophy è l’antesignano di un brano modale con ponte, simile a quelli di MilesDavis trattati nel capitolo 13, con la stessa orchestra con Hawkins, che si sentenell’insieme a causa del suo suono potente. Coltrane dimostra come ha già benappreso la tecnica modale - nessuna sorpresa per le sue innovazioni, dato il suoapprendistato da Monk e poi da Miles Davis, il primo preciso e forse pedante, ilsecondo slegato. Il batterista è Art Blakey.

Well You Needn’t è pure un brano tipico, registrato spesso, qui in un trio conGene Ramey (il contrabbassista dell’orchestra di Jay McShann, amico di CharlieParker) e Art Blakey alla batteria. Struttura AABA, ma si noti come le fondamentalidegli accordi si muovano in su ed in giù dappertutto, anche se specialmente nella parteB.

Trinkle Tinkle può essere visto come uno dei brani più difficili di Monk - c’èbisogno di un Coltrane per conquistarlo. Il pianoforte suona un A addizionale comeintroduzione, quindi Coltrane espone il tema, nota a nota con Monk. Wilbur Ware èun contrabbassista esperto di armonia e Shadow Wilson è alla batteria. Si noti comeColtrane evolve con facilità nella sua improvvisazione. Questo quartetto fece scintilleal Five Spot Cafe a New York nel 1957.

9.5. Charles Mingus

Se Jelly Roll Morton raggiunse la coerenza stilistica specificando ogni dettagliodella sua musica - fino agli assoli - Ellington creando spartiti in funzione dei proprimusicisti, e Monk chiedendo agli interpreti di entrare nel suo mondo, Charles Mingususa un altro metodo da compositore: quello di dare direzioni generali ai suoi gruppi,che chiamava “workshops” o laboratori. Ossia, indica una forma generale sulla tela,su cui i suoi musicisti sono lieti di elaborare come vogliono. Quindi, ogni versione,con un altro gruppo, è diversa, anche se l’atmosfera generale persiste. Sembra cheMingus suonasse al pianoforte le parti di un nuovo brano, lasciando che i suoimusicisti riempissero il resto.

Nonostante che questo metodo sembri aleatorio, Mingus ottenne sempre una grancoerenza musicale e stilistica: sassofonisti come Jackie McLean, Shafi Hadi, JohnHandy, J.R.Monterose, Booker Ervin, Roland Kirk, trombonisti come Jimmy Knepperand Willie Dennis, il pianista Horace Parlan (con sole tre dita nella mano destra) ed ilbatterista Danny Richmond sembrano aver dato il loro meglio ed improvvisatoliberamente con Mingus, all’interno delle atmosfere mingusiane.

I dischi dal titolo provocante: Mingus Oh Yeah, Mingus Dinasty, The Black Saintand the Sinner Lady, Mingus Ah Hum, Pitencanthropus Erectus, Tijuana Moods,nonché i titoli provocanti dei brani che seguono, dimostrano che Mingus era un artista“ingaggiato” e che ha spianato la strada per la nuova rivoluzione nel jazz degli anni’60. Ha spesso cambiato casa discografica, perché poco propenso a sottostare ailegami commerciali ed all’ignoranza dei produttori.

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Oltre ad essere un compositore senza pari, è uno dei più grandi contrabbassistidella storia del jazz, ed iniziò presto la sua carriera musicale con grandi come ArtTatum, Lionel Hampton e Charlie Parker. Il suo assolo nel suo brano Nostalgia inTimes Square è uno dei più notevoli di tutta la storia del jazz. Un bel po’ della suaamarezza per lo stato della società e della comunità afro-americana è menzionato nelsua biografia fittizia “Beneath the Underdog” [Mingus], un libro interessante, anchese con poco in comune con la realtà a parte la provocazione, probabilmente scritto dasua moglie svedese.

Come per tutti i compositori di jazz, il suo contributo alla musica - ed oltre, comela sua partecipazione a film sperimentali come Shadows - è straordinario,specialmente per la sua capacità di rendere atmosfere strane tutte sue, a volte radicateprofondamente nel blues e nella tradizione della musica di chiesa. Mingus continuò asuonare fino alla morte, dopo aver perso la forza e le convinzioni della sua lottapassata, e tornato ad un bop “standard” perché deluso dalla mancanza di progressosociale. La sua musica rimane un mondo affascinante tutto da scoprire, specialmentealla luce dei progressi nel jazz negli anni ’60 e ’70. Seguono esempi che cipermettono di entrare nel suo mondo musicale.

Mingus Fingers il primo brano noto e registrato da Mingus, un arrangiamento perl’orchestra di Lionel Hampton, che ben mette in evidenza il contrabbassista ecompositore. Si noti la novità ed originalità del brano, e si dia credito ad Hampton,che prende un assolo, che permise simili esperimenti di “musica cinese” - comeveniva schernito il be-bop a quei tempi dai suoi detrattori conservatori.

Haitian Fight Song è un brano tipico del mondo di Mingus, introdotto dal suonorotondo del suo contrabbasso, che porta ai riff in minore del trombonista JimmyKnepper.

Reincarnation Of A Love Bird, con Wade Legge al pianoforte, è una collezione ditrucchi melodici di Charlie Parker, in omaggio al grande sassofonista, morto due anniprima di questa registrazione.

Dizzy Moods è un brano bluesy, che sembra in minore per la forte presenza dinote blues sul terzo grado, mentre è in maggiore. Clarence Shaw è alla tromba, ShafiHadi al sassofono, e contiene un contributo notevole di Jimmy Knepper - trombonistanon molto noto al di fuori della sua collaborazione con Mingus. Si noti l’alternanza di4/4 e 3/4 e di tempi di metronomi che cambiano.

Ysabel’s Table Dance (forse l’antesignano di Olé di Coltrane, capitolo 13) èdedicato ad una ballerina di Tia Juana che passa, svestendosi, fra i tavoli perraccogliere le mance per il suo numero. Si noti come gli strumenti si fondono percreare l’atmosfera.

Tijuana Gift Shop è, a tratti, un brano modale (capitolo 13), che illustra ancora ilmodo musicale di operare del Workshop. Tutte le voci contribuiscono al brano diMingus e creano un tutto.

Better Git It In Your Soul è dedicato alla chiesa nera. John Handy e Shafi Hadisono al sassofono alto, Booker Ervin al sax tenore, Horace Parlan è il pianista, conWillie Dennis e Jimmy Knepper ai tromboni, mentre Danny Richmond, il batteristausuale di Mingus, completa il Workshop.

Goodbye Pork Pie Hat è dedicato a Lester Young, che usava uno di quei cappellineri a media falda, con un’interessante atmosfera lesteriana, triste ma con il ritegnodel grande sassofonista, appena scomparso all’età di 49 anni. L’assolo è di BookerErvin.

Self-Portrait in Three Colors è la musica del film Shadows di John Cassavetes.Illustra bene l’arte di compositore di Mingus, la proiezione dell’ascoltatore in un

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mondo tutto suo, altamente originale, pur collegato con la storia del jazz, ma diversoda tutto quanto udito prima.

Open Letter To the Duke è dedicato, come dice il titolo, a Duke Ellington, comemostra il passaggio languido alla Johnny Hodges ove il brano diventa un lento.

Bird Calls è dedicato a Charlie Parker. Il primo tema ricorda i brani veloci conunisono tromba-sassofono, tipici di Parker.

Fables of Faubus non è dedicato ad un artista, ma ad un esecrabile governatoredell’Arkansas, che ironicamente viene ricordato nella storia proprio da un membro diquella comunità il cui razzismo disprezzava. Un’altra tipica composizione di Mingus,con tempo di metronomo che cambia ed atmosfera unica.

Jelly Roll è dedicato ovviamente a Jelly Roll Morton. Duke Ellington e Mortonsono riconosciuti da Mingus come i suoi predecessori, così come Charlie Parker.

Ecclusiastics, in cui Mingus suona il pianoforte, è ancora dedicato alla chiesa ealla tradizione della musica afro-americana e, come lui stesso scrive, rappresenta lalotta personale per liberarsi dalle catene. È Mingus stesso che parla e canta.

Solo Dancer, con Charlie Mariano al sax alto e Jerome Richardson al baritono,costruisce una tipica atmosfera da Workshop ed anticipa di quasi un decennio gliesperimenti del free jazz.

Pithecanthropus Erectus è la storia pessimistica di Mingus del destino dell’uomo,da quando decide di erigersi sui due piedi: evoluzione, complesso di superiorità efierezza, declino e distruzione. Jackie McLean è al sassofono alto e J.R.Monterose altenore - con il suo “accento” texano.

A Foggy Day è l’unico brano della lista di cui Mingus non è il compositore, anchese il trattamento è tutto suo e del Workshop. Tenta di riprodurre l’atmosfera di SanFrancisco, in un giorno di nebbia, con i suoi vari rumori. Ancora una voltaJ.R.Monterose è al sax tenore.

Wednesday Night Prayer Meeting, un blues, è ancora una volta legato allatradizione afro-americana e alla chiesa nera. John Handy è al sassofono alto, WillieDennis al trombone e Horace Parlan al pianoforte.

9.6. Conclusioni

È chiaro che questi quattro compositori avevano personalità distinte dai grandiimprovvisatori della storia del jazz, perché sono riusciti a farsi riconoscere non solocome interpreti, ed hanno influenzato la storia del jazz per i loro contributi, al di là diquello che suonavano. È pure chiaro che il loro ruolo, anche se apparentemente similea quello di interpreti della musica diventati compositori, come Chopin, Paganini oLiszt, ha invece un’importanza nel jazz come quella di Bach, Beethoven oSchoenberg nella musica classica.

Il problema della composizione è speciale nel jazz e fa sorgere domandeparticolari, quali: come fa un artista a “risuonare” oggi brani antichi? Esistonoproposte come la “Mingus Legacy”, la “New Duke Ellington Orchestra”, che perònon sono sempre convincenti.

Pure la definizione di “compositore” nel jazz è sempre pronta ad essere corretta.È stata definita qui per questi quattro casi specifici. Inoltre, nonostante la loroimportanza, i quattro hanno forse avuto meno influenza nella storia del jazz dimelodisti come Armstrong, Hawkins, Young, Parker e Coltrane. Forse non val la penadi essere un compositore nel jazz, dato che gli innovatori riconosciuti sono stati tuttisolisti!

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Capitolo 10Tributo a Jimmie Lunceford

10.1. Introduzione

Non c’è dubbio che l’orchestra diretta da Jimmie Lunceford (il cui nome apparespesso come “Jimmy”, di vero nome James Melvin) dagli anni ’20 possa essereconsiderata una delle tre massime della storia del jazz degli anni ’30 e ’40, assieme aquelle di Duke Ellington e Count Basie. La ragione per cui la prima è meno nota dellaaltre due presso il grande pubblico dipende dalla prematura scomparsa di Luncefordnel 1947, proprio mentre stava progettando un ritorno alla ribalta dopo un periodomeno felice nella prima metà degli anni ’40.

Se una parola qualifica la differenza fra Lunceford ed i suoi colleghi, questa èeleganza - all’opposto della cruda naturalezza dell’orchestra Basie, un prodotto del“territorio”, la quale massimizza swing e franchezza, e delle atmosfere introspettivedei paesaggi sonori di Ellington. Tuttavia, come Lunceford dimostrò varie volte, lasua orchestra era capace di ricreare il suono di Ellington - Mood Indigo, Black andTan Fantasy - o di esibire la potenza diretta di Basie - Harlem Shout, capitolo 4; OhBoy, Lunceford Special, brani composti ed arrangiati da Eddie Durham, un bravomusicista associato con Basie dai tempi di Bennie Moten (Moten Swing, capitolo 6).Ma in generale, e qui sta l’originalità, il suono è tipicamente “luncefordiano” - Dreamof You, I’m Alone With You, Le Jazz Hot, I Wanna Hear Swing Songs - e raffinato, purmantenendo un profondo senso del blues - come in Uptown Blues (tutti questi branisono trattati più oltre).

Questa eleganza si manifesta a vari livelli. Dapprima, nella precisionedell’esecuzione: l’orchestra sembra capace di eseguire passaggi difficili senza sforzo,a qualsiasi tempo di metronomo, e sempre con un massimo di swing. Allo stessotempo, dà l’impressione di potenza contenuta - mentre Basie sembra al massimodell’esplosione - come se, anche nei passaggi più focosi, vi fosse una gran riserva diespressione - anche se ciò non è probabilmente vero, dato che sembra tutti soffiasseroal massimo - sempre con il sorriso sulle labbra; e la capacità di evocare atmosferesfumate, come per Ellington.

Quindi, gli arrangiamenti brillanti sono sempre stati scritti in funzione delcarattere dell’orchestra e dei suoi musicisti: specialmente quelli di Sy Oliver, cheesplorano tutta la paletta dell’orchestra e danno il tipico aroma luncefordiano,anticipando l’armonia del be-bop; quelli del pianista Eddie Wilcox, prediletti dallasezione di sassofoni; più tardi di Billie Moore (Chopin’s Prelude No. 7) e Buff Estes(I’m Alone With You) che continuano nello spirito di Lunceford, e quelli focosi giàcitati di Durham. A questi si possono aggiungere contributi dei membri dell’orchestra,specialmente Willie Smith, sassofonista alto, clarinettista e cantante, che illustranol’interesse dei musicisti dell’orchestra per il loro insieme.

In aggiunta all’esecuzione d’insieme, di non sorpassata precisione, almenoall’epoca, l’orchestra annovera alcuni dei migliori solisti del tempo: Sy Oliver, EddieTompkins, Paul Webster, Snooky Young alla tromba, Trummy Young, trombonista ecantante che divenne famoso più tardi con Louis Armstrong, Willie Smith, uno dei tremassimi sassofonisti alto del tempo - con Johnny Hodges e Benny Carter - JoeThomas, non così famoso ma perfetto esecutore, discepolo di Hawkins al sax tenore,forse più scorrevole del maestro. Ed inoltre la sezione ritmica, una delle due o tremassime dell’epoca: capeggiata da Jimmy Crawford, un batterista alla pari con Chick

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Webb e Jo Jones, che “tiene su” tutta l’orchestra molto meglio di Sonny Greer conEllington (si ascolti l’inizio di Sweet Sue, Just You); Moses Allen al contrabbasso, AlNorris alla chitarra e Eddie Wilcox al piano, che assieme producono una baseoriginale, fresca e swingante, di meritata celebrità, chiamata dal “ritmo rimbalzante”,a causa della sua irresistibile spinta oscillatoria, l’inizio della pulsione per il ballo.

Ed in più, Lunceford usa figure retoriche per aumentare lo swing, come la litote,che consiste nel frenare il discorso per dargli ancora più forza - ad esempio, quandointerrompe la sezione ritmica per farne risaltare il battito: cosa unica all’epoca, a partei “breaks”. Un certo “humour” sempre sullo sfondo, come nella parodia sorridente deldixieland all’inizio di Baby, Won’t You Please Come Home (un decennio prima deidisastri dei più “seri” dixielanders che non sanno swingare!). E quell’ambienteraffinato che ricorda la letteratura italiana del Medioevo e del Rinascimento - chesembra che il colto Lunceford coltivasse, specialmente Dante. Il tutto sempresostenuto da uno swing possente, anche se talvolta deturpato da discutibili brani“novità” e concessioni sdolcinate al pubblico, senza però mai cadere al livellosciropposo delle orchestre bianche quali Glenn Miller, Tommy Dorsey, Harry James.Infine, gli arrangiatori di Lunceford sperimentano volentieri con trucchi armonicisofisticati che, pur passando sopra la testa dei ballerini ignari, perché nulla toglievanoallo swing, anticipano la rielaborazione dell’armonia degli anni ’40 e ’50, sonoprogressisti e moderni, senza cadere nella sterilità del jazz “progressive” degli anni’50 (ad esempio, Stan Kenton, a cui Lunceford è stato erroneamente paragonato percerti versi).

Le registrazioni di Lunceford cominciano nel 1927. Era uno studente brillante,diplomato dalla Fisk University, professore di musica, multi-strumentalista emusicista completo, anche se non incise quasi mai come solista, forse una volta alflauto. La sua orchestra ha sempre posseduto un alto grado di originalità, comedimostrano gli esempi seguenti.

10.2. Gli esempi

Oltre a Harlem Shout e Tain’t What You Do (capitolo 4), Stratosphere (capitolo12), questi esempi hanno lo scopo di illustrare il carattere speciale dell’orchestra diLunceford. Tutti i brani sono AABA a 32 battute, eccettuato dove menzionatoaltrimenti.

While Love Lasts è una delle prime registrazioni - anche se ve ne sono diprecedenti - ed il segmento mostra come l’orchestra sia già in pieno possesso della suamusicalità perfetta e swing diretto. È un arrangiamento di Eddie Wilcox, il pianista,amato dalla sezione di sassofoni per come la metteva in evidenza. Il breve assolo ditrombone è di Henry Wells e la tromba di Eddie Tompkins. Anche la sezione ritmicaaveva raggiunto la piena maturità, e l’insieme ci dà dentro con la foga di un’orchestrada territorio - infatti veniva da Memphis, Tennessee.

Leaving Me è una composizione non molto nota di Fats Waller ed illustra lapotenza dell’orchestra quando esegue un’orchestrazione massiccia. Da rilevare labella improvvisazione di Joe Thomas, il sassofonista tenore.

Sophisticated Lady è uno di quei brani con cui Lunceford paga il tributo aEllington, ma non da bieco imitatore (si veda la versione di Duke), bensì comequalcuno che ne riinterpreta la visione e contribuisce all’originale. Willie Smith ne èl’arrangiatore ed il solista al clarinetto, alla fine del segmento.

Dream Of You è uno dei tipici capolavori di Sy Oliver: una raffinatezza un po’come in quelle stanze francesi del settecento con drappeggi e pannelli dipinti, o nelle

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nature morte olandesi del seicento con dettagli all’interno di dettagli. Introdotto ilbrano dalla tromba “growl” di Oliver, e dal ponte suonato dai tromboni, si entra nelprimo ritornello seguito da una modulazione audace che porta alla parte cantata daOliver, quindi un altro assolo di trombone, per concludere con la malinconica trombadi Oliver, che fa sfumare il tutto.

Stomp It Off, tipica struttura AABA, è un fuoco d’artificio, e ricorda che il ventodi Kansas City è passato anche per Memphis, luogo di provenienza dell’orchestra, perarrivare a New York. Un arrangiamento bruciante di Sy Oliver, che qui compete conEddie Durham.

Rain, un altro arrangiamento di Sy Oliver, ne illustra la sofisticazione armonica,specialmente a partire dalla battuta 17 di questo brano ABAC, che sembra quasi uninsieme della West Coast negli anni ’50.

Since My Best Gal Turned Me Down, un brano reso celebre da Bix Beiderbecke ecomposto dal suo banjoista Howdy Quicksell, è una progressione tipo Smoke HouseBlues (sottocapitolo 9.2.) e Sweet Georgia Brown (capitolo 5). Offre il pretesto per unaltro trattamento alla Sy Oliver, che propone la mescolanza di sassofoni e ottoni.Eddie Tompkins esegue l’assolo di tromba e Joe Thomas quello al sax tenore. Il branoè un esempio dell’amore di Oliver per brani di jazz degli anni ’20 e della tradizione,che rielabora con gusto.

Shake Your Head è un altro di quei brani focosi di Oliver, il cui stile trasparenell’armonia sofisticata della seconda metà del segmento A, e nell’introduzione alsecondo ritornello, con 8 battute bizzarre tipiche di Willie Smith.

Sleepy Time Gal contiene uno spartito molto elaborato di Eddie Wilcox, che sisente arpeggiare con foga, per la sessione di sassofoni. Sy Oliver è alla tromba, e dopoil primo ritornello convenzionale si sente qualcosa di inedito nel 1935: tutta unasezione che, dopo la pausa ritmica di 4 battute tipica di Lunceford, dimostra comesappia suonare in modo veloce e dinamico: un po’ come se Benny Carter (capitolo 8)anticipasse Charlie Parker!

Four Or Five Times è un altro omaggio di Oliver al jazz antico, un brano deiMcKinney’s Cotton Pickers, come al solito trattato in modo raffinato. Notevole ilgioco delle sezioni, trombe/sax/tromboni, e l’assolo di Eddie Tompkins. Questa è unaversione che non venne pubblicata ai tempi.

Oh Boy è una composizione tipica di Eddie Durham (trombonista, chitarrista,compositore ed arrangiatore). Si osservi il fraseggio di massa nel primo ritornello, cheanticipa una pratica delle big bands che si diffonderà negli anni ’50 - ad esempio, conCount Basie - e come i sassofoni decollino dopo il primo segmento A del secondoritornello.

Harlem Shout (ripreso dal capitolo 2) è un altro contributo di Eddie Durham. Vi èperò l’interruzione tipicamente luncefordiana nel secondo A dell’esposto del tema, ela connessione al secondo ritornello con l’insieme dei sassofoni. Durham, veterano diKansas City, interpreta perfettamente lo spirito dell’orchestra.

For Dancers Only è uno di quei tipici brani che sono nati dal nulla: nessunaprogressione armonica, nemmeno un ponte, a parte ripetizioni di 4 battute sulla tonica- sembrerebbe un brano modale ante-litteram. Si tratta di una tipica opera di SyOliver, come tra l’altro illustrato dal passaggio con i tromboni. Notevole come alsolito l’assolo di Willie Smith e la tromba negli acuti di Paul Webster.

Like A Ship At Sea è un’altra scrittura di Eddie Wilcox. L’estratto inizia dopo ilcanto lacrimevole di Dan Grissom. Ancora una volta vi è un bel ponte con i tromboni,dopo il segmento A (che qui c’è solo una volta) ed il segmento A finale.

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Annie Laurie, un arrangiamento di Sy Oliver, viene considerato un capolavorodell’orchestra per via della compattezza dell’insieme, e forse del materiale esotico(una canzone popolare irlandese). Si sente bene la sezione ritmica con Ed Wilcox,pianoforte, Al Norris, chitarra, Moses Allen, contrabbasso, e specialmente JimmyCrawford, batteria - forse non leggera come quella di Basie, ma più efficiente diquella di Ellington - percussiva quanto necessario per sostenere un insieme chesoffiava duramente.

Margie, un altro omaggio di Oliver ad un brano del jazz antico, ebbe abbastanzasuccesso grazie al canto di Trummy Young ed al suo assolo al trombone, quando eraappena diventato membro dell’orchestra. Ancora una volta brilla la sezione ritmica.

Sweet Sue, Just You, arrangiato e cantato da Sy Oliver, è un’altra vetrina per lasezione ritmica ed il paradigma del ritmo rimbalzante. Il brano vive grazie altrombone di Young che continua a modulare fuori scala, sempre con il sostegnodell’orchestra, e l’assolo di alto sax di Ted Buckner, seguito da un insieme torrido,che culmina con l’assolo di chitarra e con la tromba stratosferica di Paul Webster.

By the River Sainte Marie è un’altra grande esecuzione dell’orchestra, unarrangiamento di Sy Oliver. L’insieme di questo segmento, dopo il canto di DanGrissom che è stato tagliato, è considerato uno dei capolavori dello stile jazz grandeorchestra. È seguito da un assolo di Joe Thomas (4 battute) e poi di Willie Smith.

Le Jazz Hot è un altro di quei brani nati dal nulla, proprio come l’orchestra e SyOliver sapevano fare - un po’ come l’orchestra Basie che improvvisava a sezioni sulblues. Era dedicato al critico francese Hughes Panassié, che aveva scritto un libro suljazz dallo stesso titolo (una dedica, come Panassié’s Stomp di Count Basie eDelaunay’s Dilemma del Modern Jazz Quartet). Come al solito, Sy Oliver suona benealla sua tromba “growl”, tuttavia in modo personale e diverso da Cootie Williams(subcapitolo 9.3).

Time's A-Wastin' è un altro arrangiamento di Sy Oliver ed illustra comel’orchestra è arrivata a suonare nel 1939, un po’ come una macchina swing, ma senzaalcunché di meccanico - a differenza degli imitatori, ha sempre mantenuto anima edentusiasmo, che impregna le varie sezioni. Vi sono due versioni di questaregistrazione.

Tain't What You Do (ripreso dal capitolo 2) è un bell’arrangiamento di Sy Olivere dell’orchestra, ed esprime bene la filosofia che Jimmie Lunceford ha coerentementedimostrato: non è ciò che fai, ossia che cosa suoni né l’origine del materiale - “tain’twhat you do” - è come lo fai, ossia come rendi quegli elementi non-oggettivabili (!),quelli che ritornano costantemente in questo trattato - “it’s the way how you do it”.Un contrappunto, e miglioramento, al motto di Ellington “It Don’t Mean A Thing IfIt Ain’t Got That Swing” - tradotto liberamente, non ha valore se non vi sono queglielementi che fanno lo swing: è una spiegazione del jazz. Vi è una registrazione distudio che una miglior qualità di registrazione di questo esempio, ma questo, anche seincompleto, riscoperto qualche anno fa da una registrazione dal vivo per la radio,contiene un assolo esplosivo di Willie Smith - lo si sente dapprima sul pontedell’esposto del tema - che costruisce le sue frasi con tensione crescente sullo sfondodegli ottoni, fino ad esplorare, nell’ultimo A, note al di sopra del registro del suo saxalto. Un altro esempio di una grande macchina swing che non ha niente di meccanico.

Baby Won't You Please Come Home è, ancora una volta, uno di quei brani dalpassato che Sy Oliver prediligeva, stimato dalla critica jazzistica per l’insieme delsecondo ritornello. Il primo ritornello è una parodia del dixieland, nel senso che imusicisti mostrano come sanno suonare di tutto, pur mantenendo il loro stile. Vi sonodue versioni registrate del brano.

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The Lonesome Road, ancora un arrangiamento di Sy Oliver, è come semprenotevole per l’insieme e l’integrazione perfetta dell’assolo (bizzarro?) di Willie Smith,preceduto dal trombone di Trummy Young.

You Set Me On Fire proviene da un insieme di brani sentimentali lenti (You’reJust A Dream, Pretty Eyes) il cui problema sono i segmenti cantati di Dan Grissom,che suscitava forse molta attrazione come cantante sentimentale, ma lascia molto adesiderare come cantante di jazz (tema trattato nel capitolo 11). Per mostrare che cosanon va nel suo canto, ne ho lasciato 8 battute. Si noti come al solito la perfezionedell’insieme, nel primo ritornello, ed anche nello sfondo del segmento cantato.

Mandy, ancora un brano dal passato, sempre un arrangiamento di Sy Oliver,dimostra ancora la perfezione dell’insieme, nell’esposizione del tema dalla parte dellasezione di sassofoni - che assomiglia ben poco a quelle di Carter, eppure così rilassatae convincente. Si noti pure il trattamento di ritmo “rimbalzante” generato dallasezione ritmica luncefordiana.

Belgium Stomp è un arrangiamento di Billie Moore, il successore designato da SyOliver, dopo che lasciò l’orchestra nel 1939, quando essa era al culmine della sua arte.Moore vi rimase per qualche anno, anche dopo il cattivo lavoro di qualche pessimoarrangiatore che non aveva capito niente dello spirito unico dell’orchestra. In questocaso, nonostante il nuovo arrangiatore, il brano ha il tipico carattere luncefordiano,forse un po’ contorto, ma sempre con swing ed entusiasmo travolgente. Laconduzione delle trombe è di Gerald Wilson.

I'm Alone With You è una composizione ed arrangiamento di Buff Estes, unsostituto di Sy Oliver. Sempre una tipica struttura AABA. Le prime 16 battute sonoesposte da Joe Thomas al sax tenore, cullato dagli ottoni, seguite dal ponte eseguitodalla sezione di sassofoni, poi dall’ultimo A con Snooky Young alla tromba. Segue unintervallo di 4 battute di Willie Smith al sassofono alto e quindi il secondo ritornello,una vetrina per la meravigliosa sezione di sassofoni, in particolare il secondosegmento di 8 battute. Snooky Young, con la sordina, prende il ponte, e perconcludere si ode l’ultimo A dai forti accenti. Naturalmente l’uso del tritono e diaccordi di passaggio ante-litteram è cosa normale per l’orchestra di quei tempi.

Uptown Blues, come dice il titolo, è un blues lento e profondo, probabilmente unarrangiamento “head” (spontaneo e memorizzato) dei membri dell’orchestra, senzaspartito. Willie Smith prende i primi due ritornelli - con l’acuto f da concerto cheriesce ad estrarre alla sesta battuta del secondo ritornello, quasi un’ottava al di sopradel registro normale di un sassofono alto - mentre Snooky Young alla tromba prendegli altri due ritornelli, forse il suo miglior assolo mai registrato.

Lunceford Special è uno dei contributi di Eddie Durham, dal tempo veloce efocoso. L’introduzione annuncia l’atmosfera del brano, mentre alla fine dell’espostogli ottoni riprendono la melodia con effetti vocali ottenuti con le sordine. Si noti comeil tema venga esposto con ottoni che fanno da contrappunto ai sassofoni senza tuttaviache i due cadano esattamente sul battito - proprio come i suonatori africani di tamburiestendono il ritmo con leggeri stiramenti del battito [Bilmes]. Il ponte viene eseguitodagli ottoni e la tromba trascinante è di Gerald Wilson, mentre l’assolo esplosivo disax alto è di Willie Smith.

I Wanna Hear Swing Songs, un arrangiamento di Sy Oliver, è come al solito unesercizio di bravura che insegna come esporre il tema di una canzone - specialmente ilponte con Joe Thomas - e l’ultimo A è un ulteriore esercizio di bravura luncefordiana,con pause ed abbellimenti, ed armonia avanzata con progressioni progredite.

I Got It è una tipica struttura Rhythm Changes, arrangiato da Billy Moore con,come sempre, il gusto tipico di Lunceford, specialmente nell’ultimo A, prima

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dell’assolo di Joe Thomas, preceduto da Gerald Wilson alla tromba, ed anche nelponte e nella fine dell’ultimo A dell’esposizione del tema.

Chopin's Prelude No.7 è un esempio di buon gusto su come rendere i classici injazz, arrangiato da Billie Moore. Come sempre, la sezione di sassofoni è precisa e bencondotta.

I'm Gonna Move To the Outskirts of Town è un blues che occupava le due faccedi un disco a 78 giri da 25 cm, con canto di Dan Grissom (rimosso), basatosull’arrangiamento di What’s Your Story Morning Glory. L’estratto contiene le sezioniorchestrali, con un assolo al sax alto di Ted Buckner, qualche battuta con SnookyYoung ed il sassofono ringhiante di Joe Thomas, ed indica come l’orchestra del 1942fosse sempre in piena forma.

10.3. Conclusioni

Sono pronto ad ammettere che questo capitolo è stato scritto per raddrizzare untorto. Jimmie Lunceford è stato dimenticato dal grande pubblico e perfino dagliappassionati di jazz. Eppure, tutte le sue registrazioni sono disponibili oggi su CD e, aparte qualche poco felice brano degli anni ’40 e qualche canto discutibile di HenryWells e Dan Grissom, la qualità è al di sopra di ogni critica, senz’altro non al di sottodi quella delle massime orchestre, incluse alcune venute dopo. L’orchestra continuònel 1949 sotto la leadership di Joe Thomas e Eddie Wilcox, ristrutturandosi comequelle di Basie ed Ellingon, e potrebbe aver capitalizzato sui suoni moderni che giàsuonava uno o due decenni prima.

Un’altra delusione per gli appassionati fu la mancata partecipazioneall’esposizione nazionale svizzera a Zurigo nel 1939 [Streulet], che Luncefordcancellò all’ultimo momento per paura dell’incipiente seconda guerra mondiale.Peccato, perché tutto era pronto, l’interesse per il jazz era grande in Europa, grazieanche al proselitismo di Coleman Hawkins e Benny Carter, e Lunceford avrebbepotuto incidere dischi senza alcuna restrizione commerciale, forse perfino conHawkins. Difatti, le sue versioni dal vivo, come Tain’t What You Do citato prima,sembrano ancor più eccitanti delle versioni registrate in studio. Ma niente di ciòavvenne, con la costernazione degli appassionati, un altro crimine dei nazisti, come sece ne fosse bisogno! Un’opportunità mancata, che potrebbe senza dubbio averrimosso ogni dubbio sulla qualità dell’orchestra di Lunceford, che era all’apiceproprio in quell’epoca, e ciò per anni a venire.

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Capitolo 11 I cantanti nel jazz

11.1. Introduzione

Per un amante dell’opera lirica, o forse anche per chi ama canzonette rese con unavoce vellutata e pulita, il canto nel jazz, ed il criterio per apprezzarlo, può sembrarestrano: che cosa c’è di bello nella voce raspa di Louis Armstrong, nel suono introversodi Billie Holiday, negli urli ed inflessioni sporche di Ray Charles?

Cantare jazz non significa render in modo puro e perfettamente intonato unamelodia. Fra il bel canto ed il canto nel jazz esiste lo stesso abisso che fra il suono diun clarinettista classico che suona un concerto di Mozart ed un suono come quello diJohnny Dodds in Perdido Street Blues, capitolo 3. In altre parole, tanto per ripetereancora quello che è stato scritto in tutto questo testo, l’enfasi nel jazz è sempre suquegli elementi non oggettivabili che stanno al di là della musica “pura”, ossia quelliche costituiscono lo swing.

Quindi, se uno strumento rappresenta nel jazz l’estensione della voce - come pergli ottoni ed i legni: il pianoforte appartiene alle percussioni, come in Africa - ilprototipo dell’improvvisazione nel jazz è il canto, grazie alla sua immediatezza, chepermette alla voce il massimo di flessibilità. Pertanto, tutti quegli elementi che fannola ricchezza del jazz strumentale - così ben illustrato in Conversing in Blue di BenWebster, capitolo 3 - possono essere trovati, con ancor maggior varietà e forza, nelcanto. E difatti, molti jazzisti sono anche vocalisti - i solisti dell’orchestra Lunceford,ad esempio - con svariato successo - buono per Jelly Roll Morton e Fats Waller, noncosì per i grandi Hawkins e Carter, che per nostra fortuna ci hanno provato solo unavolta.

I primi cantanti di jazz hanno attinto alle radici del blues - termine che quisignifica la disciplina e lo stile chiamato blues, non la struttura “tecnica” designatacon “blues a 12 battute”. Sotto l’influenza di molti fattori - l’evoluzione sociale, ilcambio di gusto, i contributi individuali dei cantanti - lo stile si è evoluto fino adivenire il canto moderno - grazie anche a Mabel Mercer [Cheney], una cantante afro-britannica con dizione chiara e tono lineare che ha influenzato Frank Sinatra, TonyBennett e simili; ed anche Billy Eckstine e i cantanti di bop moderno, come JohnnyHartman, passando attraverso gli stili degli anni ’30 con Billie Holiday, EllaFitzgerald, Maxine Sullivan e Mildred Bailey. Anche oggi, il canto jazz si appoggiasempre su questi stili, che appaiono più o meno combinati presso vari artisti.

Ancora una volta, ripeterò che questo capitolo non va visto come un trattatoesaustivo del canto nel jazz. Non è che una collezione di esempi per illustrare iconcetti già visti nei capitoli precedenti, specialmente l’1 e il 2, in riferimento a quellitecnici degli altri. Senza dubbio altri cantanti e brani avrebbero potuto essere inclusi,come precedentemente. Senza dubbio la scelta dei brani avrebbe potuto essere diversao migliore. Tuttavia gli esempi seguenti rappresentano certamente esempi di buonjazz vocale.

11.2. Gli esempi

Bessie Smith, una cantante di blues dalla voce potente, ebbe molto successo neglianni ’20 con dischi che venivano inclusi nella categoria dei race records (la marca

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Okeh per la Columbia) e si vendevano bene nelle comunità urbane afro-americane.Saint Louis Blues, un popolare successo di William Christopher Handy, è un tipicoblues, cantato con l’accompagnamento di Louis Armstrong alla cornetta ed un certoFred Longshaw all’armonio. È già stato trattato nel capitolo 3, ma qui abbiamo laversione nella tonalità corretta. Il brano possiede pure un ponte di 8 battute suonatocon il ritmo dell’habanera, il basso “spagnolo” di Jelly Roll Morton, che qui non èincluso. Il trombettista preferito di Bessie era Joe Smith (nessuna parentela) che suonain Young Woman’s Blues (che non è un blues a 12 battute), un successo che descrive itemi della vita così ben conosciuti nella comunità afro-americana. Lo stile di Bessie èun libro di testo su come si cantava jazz alle origini, con la sua potenza, l’uso di tuttele tecniche del jazz quali i glissando, il “growl”, le note slittate, i suoni agrodolci. Erachiamata l’imperatrice del blues e di lei resta anche un breve film in cui canta il SaintLouis Blues, anche se con un pessimo coro invece dell’appropriata cornetta diArmstrong. Vi sono teorie contrastanti sulla sua morte nel 1937: secondo la piùdiffusa, dopo un incidente d’auto le venne rifiutato il soccorso in un ospedale perbianchi a Clarksdale nel Mississippi, e morì dissanguata sulla via di un altro ospedale.

Louis Armstrong ha avuto un notevole successo commerciale, sia cometrombettista che come cantante, presso il grande pubblico. Il suo canto vive in unaspecie di ambiguità fra lo stile profondo del blues e la caricatura dello stesso, che è ciòche piace al grande pubblico, come dimostrano i suoi ultimi grandi successi qualiHello, Dolly, e l’abusato onnipresente When the Saints Go Marching In. Tuttavia, lasua grande arte l’ha sempre salvato dal cadere al di sotto di un certo livello musicale,e pertanto la sua parodia - che gli ha valso accuse di comportamento da zio Tom - èben accetta perfino dai puristi del jazz. La potenza della sua tromba, dopo leesplosioni degli anni ’20 (come in I’m Not Rough, West End Blues, capitolo 3) hacominciato a calare negli anni ’40 e ’50, ma da saggio musicista Armstrong haadattato il suo stile e continuato ad eseguire la sua musica con arte e qualità,nonostante le labbra danneggiate, come dimostrano i suoi dischi con gli All Stars.Stardust e Body and Soul (capitolo 5) sono fra i primi esempi di sfruttamentocommerciale della sua tromba e canto, come il formato dei brani, assolo-canto,dimostra. On the Sunny of the Street, un brano con la struttura AABA, proviene daun’oscura registrazione fatta a Parigi, con una sezione di sassofoni dal suono orribile,ed è ritenuto uno dei suoi migliori brani vocali. Heebie Jeebies è considerato il primoesempio registrato di scat, una tecnica di vocalizzo in cui l’improvvisatore sostituiscealle parole dei suoni onomatopeici per costruire una frase melodica come unostrumento - il canto di Armstrong ben si coniuga con il suo assolo di cornetta delleultime 8 battute.

If I Could Be With You One Hour Tonight ebbe un notevole successocommerciale fra i neri all’inizio degli anni ’30 per la calda maniera di cantare delsassofonista George Thomas, che doveva morire in un incidente automobilistico nel1930. I McKinney’s Cotton Pickers erano un’orchestra rinomata, diretta da DonRedman e Benny Carter (capitolo 8). Dopo una notevole introduzione, tipica dell’artedi Redman, segue la fluida sezione di sassofoni e la tromba tipica di Joe Smith. Lasezione ritmica possiede ancora il suono antico con banjo e tuba.

Si può forse affermare che Billie Holiday sia la più grande cantante di jazz di tuttii tempi. Essa ha fatto sue le lezioni dei suoi predecessori, Bessie Smith e LouisArmstrong, e possiede un senso profondo del blues. In più, la sua voce possiedeun’intensità, una forza di dolore, come se fosse la sublimazione di tutte le sofferenzeumane - specialmente quelle della comunità afro-americana - che va mano in manocon una straordinaria, apparentemente spontanea e facile abilità di generare swing e

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dare un senso alla canzonetta più triviale. Fine and Mellow, chiamato anche Billie’sBlues, è la sua versione di un blues triste, notevole per la sua abilità di tener vival’attenzione pur ripetendo spesso la stessa nota, la nota blue sul terzo grado (capitolo2). The Man I Love, una struttura AABA, che contiene una bella introduzione di HarrySweets Edison alla tromba ed un sensazionale assolo di Lester Young - Billie e Lesteravevano idee comuni sulla musica, uno stile simile, registrarono spesso assieme e congrande accordo - è un esempio di come la cantante, al contrario di parecchi cantanti diblues, non abbia problemi con il materiale di canzoni popolari.

Ella Fitzgerald viene spesso considerata, correttamente, l’opposto di BillieHoliday. Mentre quest’ultima predilige atmosfere scure e tragiche, Ella è unafantasista, disinvolta, in un mondo estroverso in cui usa la sua voce come unostrumento. Under the Spell of the Blues, una struttura AABA, è una delle sue primeregistrazioni con l’orchestra del grande batterista Chick Webb (Who Ya Hunchin’,capitolo 4) - che la scoprì e la aiutò come un padre - in cui è meno esuberante che neisuoi dischi più recenti, anche se gli elementi del suo stile sono già presenti e cantacome se raccontasse una storia. In You’d Be So Nice, una struttura ABAC, esibisce lasua arte, quella che ha fatto dire ad un musicista “fortuna per noi che non suoni unostrumento a fiato”. Il trombettista è probabilmente Roy Eldridge.

Jimmy Rushing è un tipico cantante di blues come quelli in voga nel sud-ovestnegli anni ’30 (ad esempio, il famoso Leadbelly nel Texas). Possiamo qui ascoltarlo indue tipici blues dell’orchestra di Count Basie: The Blues I Like To Hear, di cui laparte orchestrale è trattata nel capitolo 3; e Sent for You Yesterday, con un brillanteassolo di tromba di Harry Sweets Edison. Exactly Like You, sempre con l’orchestraBasie, è stato incluso per mostrare come questi cantanti di blues non abbiano problemicon le canzonette: invece di rinnegare il proprio stile, addolcendolo come un cantantesentimentale, sanno fare un brano “bluesy” gridato da qualsiasi cosa.

L’altro grande cantante urlatore di blues di Kansas City è Joe Turner, che divennefamoso più tardi nel rhythm & blues e rock. Roll’Em Pete è uno di quei tipici braniche cantava accompagnato dal pianista di boogie woogie Pete Johnson mentre facevail barista al Sunset Club, poi Subway Club, all’angolo della 18.ma e Vine Street aKansas City. Piney Brown, il proprietario del locale, aveva fatto installare unaltoparlante esterno per permettere ai passanti di udirlo mentre cantava i blues,quando voleva, ed invitare musicisti ad entrare e suonare, accompagnati dal pianistaPete Johnson e dal batterista Murl Johnson (nessuna parentela). L’episodio appare nelfilm di Robert Altman, trattato nel capitolo 15. Piney Brown Blues è dedicato appuntoalla sua morte, con gratitudine per il sostegno dato ai jazzisti - da cui il versetto “Yes Idreamed last night, I was standing on 18th and Vine - I shook hands with PineyBrown, and I could hardly keep from crying”.

Make Me a Pallet On the Floor, una struttura blues a 16 battute, è un esempio delblues gridato alla maniera di New Orleans. Bunk Johnson, che suonava la tromba conil leggendario Buddy Bolden [Barker] non fece nessuna registrazione negli anni ’20 evenne riscoperto negli anni ’40 in cattiva salute, equipaggiato di dentiera e di tromba,e spedito a New York, dove incise dischi con il giovane clarinettista George Lewis.Suppongo che la parte cantata sia sua e, a parte qualche deficienza, è notevole per laqualità bluesy della sua espressione.

Jumpin’ Jive è un buon esempio della versatilità di Cab Calloway, famoso capoorchestra e showman spiritoso, ed anche grande cantante di jazz. Non è un urlatore diblues, ma uno strumentale raffinato, sostenuto da un’orchestra eccellente. L’assolo disax tenore è di Chu Berry.

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Deborah Murphy resta per me una sconosciuta. Il brano proviene da un oscurodisco a 78 giri che ebbi fra le mani quattro decenni fa, con l’orchestra di Tab Smith,un sassofonista (alto) buon discepolo di Johnny Hodges - lo si sente per 8 battute - cheera anche un bravo arrangiatore. In Too Late, una struttura AABA, esibisce la suavoce ed il suo stile sottile sia mentre canta le parole, con un vibrato ben controllato,che nel mezzo ritornello in scat disinvolto.

Lover Man, sempre una struttura AABA, è uno dei primi dischi di SarahVaughan, qui con niente di meno di Charlie Parker e Dizzy Gillespie, che si possonoascoltare nell’introduzione e a tratti nell’obbligato che accompagna la “divina” (Dizzydalla battuta 17 alla 24, Bird dalla 24 alla 32).

Joe Williams è l’erede dei cantanti di blues, ma nel suo Every Day (la parteorchestrale è trattata nel capitolo 3) dimostra come lo stile canoro si è evoluto neglianni ’50: meno espressione dura e più esplorazione melodica. Il brano, che ha godutonotevole successo, ha permesso a Count Basie di rifare la sua grande orchestra, chenaturalmente non assomiglia a quella degli anni ’30 - come dimostra il sassofonistache accompagna Joe.

If I Could Be With You è un’altra versione dello stesso brano, cantata da HelenHumes, una simpatica signora di Louisville nel Kentucky, già conosciuta per leregistrazioni con Count Basie negli anni ’30, che fece ritorno alla ribalta negli anni’60 e ’70. Si noti come lasci slittare la voce con arte sulla melodia e sulle parole “if Icould be ..” nel secondo giro, come un sassofonista.

All Of Me è un esempio di Dinah Washington, registrato dal vivo al festival diNewport nel 1958 - da cui la cattiva qualità - con probabilmente Terry Gibbs alvibrafono e Urbie Green al trombone.

Mahalia Jackson è una cantante di Gospel, dunque religiosa, che come credonomolti devoti ritiene che il blues sia la musica del diavolo. Tuttavia nel suo canto usatutte le tecniche di una tipica cantante di jazz, come ben dimostra questo commoventeSometimes I Feel Like a Motherless Child, tratto da un oscuro disco registratoprobabilmente quando era sulla quarantina.

Long Long Journey è dei tipici blues di Billy Eckstine, un afro-americano diorigine tedesca (con gli occhi azzurri). Come si può constatare, non è cantato allamaniera tipica dei blues: Eckstine è uno dei fondatori del canto bop, niente urla, pocovibrato o espressionismi violenti, una linea melodica diritta. La sua orchestra fuun’istituzione che diede lavoro ai primi boppers e permise loro di sperimentare esopravvivere: Dizzy Gillespie, Fats Navarro, Jerry Valentine, Charlie Parker, GeneAmmons, Dexter Gordon (in Blowin’ the Blues Away, capitolo 3, vi è la “battaglia” ochase fra gli ultimi due), Wardell Gray, John Malachi, Art Blakey, Sarah Vaughan. Ilprimo assolo al trombone a pistone sembra sia di Billy: qualche esitazione, eppure unsuono rotondo e linee interessanti. Si noti pure la qualità dell’arrangiamento sullosfondo del canto che, come in altri brani dell’orchestra, abbonda di armonie(dissonanti) che si diffonderanno nel be-bop, dalla seconda metà degli anni ’40 in poi.

Il successo di Ray Charles indicò, verso la fine degli anni ’50, un ritorno allo stilebluesy gridato, anche se non si tratta di una copia degli anziani. In questo brano poconoto, I’ve Got New for You, si ode Ray al suo organo Hammond accompagnato daun’orchestra di studio, messa insieme da Quincy Jones (Happy Faces, capitolo 3) e daRalph Burns, compositore ed arrangiatore di questo brano, e di molti altri perl’orchestra di Woody Herman (quali Early Autumn, capitolo12) - cantatooriginariamente da Woody.

Johnny Hartman è forse il miglior esempio di cantante bop dopo Eckstine. Questobrano è tratto da una raccolta registrata con John Coltrane che si intitola “John

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Coltrane & Johnny Hartman” (uno dei dischi “dolci” di quest’ultimo; l’altro è“Ballads” con I Wish I Knew, capitolo 12). Il brano è They Say It’s Wonderful, di cuisi può sentire un estratto. Il famoso quartetto - Coltrane, McCoy Tyner, JimmyHarrison, Elvin Jones - mostra la sua competenza nel suonare questa musicadilettevole - in grado poi di passare senza problemi al free, come in Nature boy,capitolo 15. Ecco servito chi ha criticato Coltrane affibbiandogli l’etichetta di “angryyoung man” con una sezione ritmica disorganizzata e sovversiva: un monito per criticicon le orecchie sporche.

Aretha Franklin non è considerata propriamente una cantante di jazz e venivachiamata la “regina del Soul”. Proviene dal Tennessee ed è la figlia di un pastore chesi stabilì a Detroit quando era piccola, ed apprese la musica nella chiesa. Il modo incui si cimenta in questo brano (You Make Feel Like) A Natural Woman è tipico di unacantante di jazz (abbasso le categorie!), ossia, è notevole il modo in cui fa salirel’intensità in questa ballad a 3/4, che ha ottenuto un meritato successo nell’autunnodel 1967.

Paula West è secondo me il meglio che sia successo al jazz vocale negli ultimianni. Vi sono due CD registrati da lei, che dimostrano la sua arte vocale, con elementidella tradizione (Billie, Ella, Sarah) rivisti in modo personale e piacevole. In questoDon’t Explain, forse un tributo a Billie Holiday, esibisce la sua voce profonda e l’usodi stilemi del jazz, tecnica eccellente e facilità per lo swing.

11.3. Conclusioni

Perfino questi pochi esempi, scelti molto soggettivamente, dovrebbero far capirecome sia variato il modo di cantare nel jazz, almeno quanto lo sono gli stilistrumentali. Difatti, a differenza dell’opera lirica, nel jazz non vi è una veradistinzione fra vocalisti e strumentisti, dato che tutti sono improvvisatori e si sforzanodi ottenere la stessa cosa, frasi al servizio dello swing. Inoltre, nel free jazz, sono statiincorporati gli stilemi di altre culture (come in Kulu Sé Mama, capitolo 14) e questatendenza continuerà, verso un’universalizzazione del jazz, in accordo con la suafilosofia fondamentale, quella di porre l’enfasi, invece che sulla forma artistica el’estetica pura, sul messaggio e sull’espressione.

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Capitolo 12Le stranezze

12.1. Introduzione

Questo capitolo è uno zibaldone di brani di vario tipo, ognuno dei quali haqualcosa di particolare, sia per l’armonia, per il significato speciale o per l’importanzastorica, l’origine strana del materiale, ed altre caratteristiche trattate brano per brano.Ancora una volta un’avvertenza: ci sono sicuramente brani di jazz che avrebberopotuto o dovuto essere inclusi in questa lista e non lo sono. Inoltre, vi sono pure moltibrani di questo tipo, anche negli altri capitoli! È chiaro che le scelte riflettono i mieigusti, che non sono sempre oggettivi. Tuttavia, i brani sono in gran maggioranzarappresentativi di ottimo jazz.

12.2. Gli esempi

Il ragtime fu uno stile pianistico di musica composta, di origine afro-americana,che fiorì verso la fine dell’ottocento, abbastanza elaborato e talvolta con tratti damusica classica [Destefano]. Uno dei maggiori specialisti fu Scott Joplin, autore delfamoso Maple Leaf Rag, suonato da lui stesso, registrato su di un rullo perforato perpianoforte. Quest’apparecchio riproduce in modo abbastanza accurato il modo disuonare del musicista e cattura alcuni di quegli elementi non oggettivabili, che hodefinito come swing, ma purtroppo funziona solo per quello strumento. È interessanteinfatti paragonare lo spartito pubblicato ed il modo in cui Joplin suona, comeaggiunge ottave nella mano sinistra ed usa un modo di suonare professionale chequasi swinga. Anche se siamo ancora lontani dallo stile danzante di Jelly Roll Morton(Wolverine Blues, sottocapitolo 9.2) e specialmente Fats Waller (Honeysuckle Rose,capitolo 5), questo brano è vicino alla soglia del jazz, tanto quanto poteva esserloall’inizio del secolo, ed entrò nel repertorio di New Orleans.

Il compositore francese Claude Debussy ascoltò i rulli di pianola di Joplin e ne fuimpressionato al punto da voler comporre un brano di ragtime. Golliwog's Cakewalk èuno dei brani che costituiscono la suite Children’s Corner e venne registrato dalcompositore su di un pianoforte complicato, benché accurato, di cui si sa poco dalpunto di vista tecnico, costruito dalla ditta tedesca Welte. È divertente notare comeDebussy, da un punto di vista classico, suoni abbastanza male, però usa certi trucchi,ad esempio, un leggero ritardo fra le mani e sul tempo, molto usato per lo swing daipianisti di jazz, ad esempio Erroll Garner quarant’anni dopo.

Treemonisha è l’unica “opera jazz” che conosco, e qui ne ascoltiamo il Cakewalk,che ci ricorda il ragtime del suo compositore Scott Joplin. L’opera completa è statariscoperta e restaurata da Gunther Schuller ed eseguita sotto la sua direzione. L’operadi Joplin decanta la virtù dello studio come mezzo per i “negri” di ottenere la paritàdei diritti, un parallelo alle teorie di Booker T. Washington, che però si dimostraronoun’illusione, contro le quali insorsero i futuri jazzisti (dal bop al free jazz).

Mabel's Dream non sarebbe che un tipico brano di stile New Orleans della KingOliver’s Creole Jazz Band, se non fosse per il segmento strano all’inizio, especialmente dalla battuta 5, ripetuto verso la fine, che va come segue:

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A" G Ed7 F7

E" Fm7 G7 Cm/ E"7

Il duo di trombe appare in tutta la sua gloria: King Oliver conduce l’insieme, conpoche note e con la sua sonorità secca di New Orleans, mentre Louis Armstrongesegue un contrappunto, con una sonorità da solista già oltre alla tradizione di NewOrleans.

Palesteena, della Original Dixieland Jass Band, è veramente una stranezza,perché nonostante sembri appartenere al tipico idioma di New Orleans (a parte ilsassofono alto, forse una concessione al commercialismo di New York) usa scalemodali che si diffonderanno quattro decenni dopo, il dorico ed il missolidio, e qualchevariazione orientale dello stesso nell’assolo del sax alto. Nick La Rocca vi suona latromba.

Shreveport Stomp assomiglia inizialmente ad uno dei tipici brani pianoforte-clarinetto che Jelly Morton registrava spesso con il suo preferito Omer Simeon, madiventa curioso dopo le prime 16 battute, dove il brano si muove fra strane edinaspettate armonie, in modo non convenzionale.

The Chant venne registrato da Jelly Roll Morton con i suoi Red Hot Peppers, maè un brano di Mel Stitzel, che era associato con i New Orleans Rhythm Kings, ungruppo di bianchi in cui Morton suonò il pianoforte per un po’. L’introduzionecontiene uno strano salto da Fm a D, ripetuto due volte, che non è nel migliore deigusti musicali. Dopo un passaggio in b" maggiore e la ripetizione dello strano salto,diventa un blues a 12 battute in a" maggiore.

In a Mist è uno dei pochi brani in cui Bix Beiderbecke suona il pianoforte, alposto della cornetta, ed è un capolavoro unico del jazz. Bix non risolse mai il dilemmafra la sua volontà di essere prima di tutto un jazzista, anche se era di origine tedesca(si chiamava Leon Bismarck Beiderbecke, di Davenport, Iowa) ed il suo amore per lamusica classica moderna, Ravel e Stravinski. Al momento di questa registrazione eraaffascinato da Gustav Holst e dalla sua composizione I pianeti. L’armonia avanzatadel brano l’ha reso popolare negli anni ’40, come anticipo del jazz moderno, e vennestudiato ed orchestrato negli anni ’50.

Weather Bird, un brano di King Oliver, mostra quanto lo stile di New Orleans sifosse già evoluto nella seconda metà degli anni ’20. Louis Armstrong è diventato unsolista che dialoga con il pianista Earl Hines, il quale aveva sviluppato uno stilelontano dal ragtime e dai “professori” come Jelly Roll Morton. La sua mano destracrea melodie come uno strumento a fiato, la sua maniera di suonare venne chiamatatrumpet-piano style, ed ispirò molti pianisti fra cui Teddy Wilson, che possiamoascoltare ai suoi inizi mentre imita questo stile in Once Upon A Time, capitolo 8.

Singin' the Blues è strano non solo per l’assolo di sassofono in do (vedisottocapitolo 2.11) di Frank Trumbauer, il collega di Bix con cui registrò spesso, maanche perché è stato citato spesso da Lester Young come una delle maggiori influenzesul suo stile. Tuttavia, dato che le realizzazioni sui lenti di Young, e di molti altri,sono ben superiori a quelle di Trumbauer, si è tentati di pensare che Young lo dicesseper eliminare ogni dubbio che avesse in qualche modo un collegamento con il suorivale Hawkins - come se ciò fosse necessario, si veda il capitolo 7! Lestermenzionava pure il sassofonista tenore Bud Freeman, che suona nella versione diChicago del jazz di New Orleans [Mezzrow], ed anche il sassofonista alto JimmyDorsey, nessuno dei quali hanno lasciato una traccia significativa nel jazz.

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Saratoga Drag è unico per il sapore primitivo di una grande orchestra completa.Il pianista Luis Russell, che la dirige, era un portoricano che vinse alla lotteria e sitrasferì a New York e New Orleans per apprendere il jazz. Negli anni ’30 diresse leorchestre che accompagnavano e registravano con Louis Armstrong. In questo brano,come in Case on Dawn che era l’altra faccia del 78 giri originale, si sente uno swingtorrido ed entusiasta, ben al di là del tempo, con una spinta ed un vigore che soloquest’orchestra possedeva, dalle trombe - dirette da Red Allen, trombettista progreditodi Algiers, in faccia a New Orleans dall’altra parte del fiume - alla sezione ritmica conPops Foster al contrabbasso e Paul Barbarin alla batteria, passando dai sassofoni.

Queer Notions è proprio un brano “queer” - strano - composto da ColemanHawkins per l’orchestra di Fletcher Henderson. Si basa su scale a toni ed accordidiminuiti. I solisti sono Hawkins e Red Allen.

Blue Tune è uno degli esperimenti di Duke Ellington con l’armonia, cheimpressionò considerevolmente Spike Hughes, allora critico di jazz, che menzionò ilcompositore classico Delius come influenza per l’armonia e la melodia. Si tratta diuna struttura AABA, che segue lo schema dei Rhythm Changes del capitolo 2, a partel’aggiunta di altri accordi. L’assolo di tromba è di Arthur Whetsol.

New Orleans, un brano a 16 battute, è speciale per l’assolo di Ben Webster, unodei suoi primi. Il tema viene esposto da Hot Lips Page alla tromba - uno specialistadello stile del Sud-ovest, fratello del contrabbassista Walter Page, pilastro dellasezione ritmica di Count Basie - alternandosi con Webster. Questi mette nel suoassolo tutti i trucchi che nel frattempo ha imparato sul suo sassofono tenore: ampiasonorità, vibrato, inflessioni sulle note, caratteristiche per cui diventerà famoso (siveda Conversing in Blue, Chapter 3) e che sono passate nella storia del jazz, fino adispirare i sassofonisti free, specialmente Archie Shepp.

Dirge, brano di Billy Strayhorn per l’orchestra di Duke Ellington, venne eseguitaad un concerto alla Carnegie Hall nel gennaio del 1943. I critici di jazz discussero sequesto sforzo alla Stravinski indicasse la nuova direzione musicale di Ellington. Èvero che Ellington spesso paga tributi a Debussy e Stravinski, ai quali gli piace essereassociato.

Come Sunday è una delle sezioni della suite Black, Brown and Beige - ToneParallel to The American Negro (si veda pure Sugar Hill Penthouse, sottocapitolo9.3), che venne pure eseguita allo stesso concerto alla Carnegie Hall, ma questaversione commerciale è stata registrata quasi due anni dopo. Il brano rappresenta ilmomento in cui i Negri (come erano chiamati allora) vengono ammessi alla chiesacristiana. Johnny Hodges prende l’assolo scintillante, particolare perché senza ilsostegno della sezione ritmica. E lo swing? Se si intende con ciò solo qualche accentoritmico, quest’opera ne è sprovvista, ma se si includono tutti gli elementi tipici dellostile di Hodges, la sonorità, il fraseggio, ecc., ci sono tutti, così come tutti queglielementi che costituiscono il suo “swing” particolare - per cui, secondo la miadefinizione del capitolo 1, sicuramente “swinga”.

Stratosphere è la versione di Jimmie Lunceford di uno strano brano, uno deiquegli esperimenti in armonia con cui quasi tutte le orchestre si sono cimentate(Fletcher Henderson, Duke Ellington, si veda sopra). A causa della sua precisione diesecuzione, l’orchestra sapeva suonare brani molto veloci (White Heat, Jazznocracy)che non sempre favorivano lo swing, che invece abbonda nelle altre opere diLunceford grazie alla sezione ritmica “rimbalzante”, descritta nel capitolo 10.

Lullaby è una delle prime registrazioni di Coleman Hawkins in Europa. Il brano èdel pianista inglese Stanley Black che, come Hawkins, amava gli esperimenti inarmonia, ciò che indusse Hawkins a registrarlo. Si noti come cambiano gli accordi

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sotto la stessa melodia ripetuta, e la sonorità sensuale di Hawkins al suo sax tenore,che farebbe passare qualsiasi musica.

Arabesque e Donegal Cradle Song sono brani del “compositore” irlandese SpikeHughes, registrati a New York con la crema dei jazzisti di quel tempo: Red Allen,Dickie Wells al trombone, Benny Carter al sax alto, Hawkins e Chu Berry al saxtenore, Wayman Carver al flauto. Il secondo brano sembra avere armonie straneperché il tema principale è nel modo missolidio, per cui la nota a" nella scala di b", ilsettimo grado che non è la sensibile, viene armonizzato in modo particolare.

Dinah ha la particolarità di essere una “chase”, gara a rincorrersi, fra duemusicisti che suonano lo stesso strumento e che provano l’uno a battere l’altronell’improvvisazione. Le più famose chase sono state The Chase e The Steeple Chasefra Dexter Gordon and Wardell Gray al sax tenore, One o’ clock jump con gli assoli diHerschel Evans and Lester Young, Double Talk fra Fats Navarro e Howard McGheealla tromba, altre fra Johnny Griffin e Eddie Davis al tenore, il corto Blowin’ the BluesAway del capitolo 3 fra Gene Ammons e Dexter Gordon, come pure Swingin’ forChristmas qui sotto. Ma questo è uno dei primi esempi registrati ed è tra dueviolinisti, Stéphane Grappelli e Eddie South, con Django Reinhardt alla chitarra. Ilbrano è una struttura AABA. Qui sotto segue il diagramma, ritornello per ritornello ebattuta per battuta, di come i due si alternano:

1. Grappelli, prime 32 battute, in g maggiore2. South, prossime 32 battute, in a" maggiore, poi di ritorno a g maggiore3. South 2, Grappelli 2, South 2, Grappelli 2

South 2, Grappelli 2, South 2, Grappelli 2Grappelli 8South 2, Grappelli 2, South 2, Grappelli 2

4. Grappelli 4, South 3, Grappelli 1Grappelli 4, South 2, Grappelli 2South 8Collettiva

Entrambi i solisti sono eccellenti, tuttavia Eddie South - è lui che ha incoraggiatoGrappelli, un francese di origine italiana che negli anni ’30 scriveva il suo cognomecome Grappelly, a sviluppare il suo stile - sembra ben più a suo agio, nel secondoritornello, di Grappelli nel primo, sia per lo swing che per il fraseggio e la sonorità.Per usare uno stereotipo, i bianchi che suonano jazz sono come nuotatori, mentre gliafro-americani sono come pesci! Si noti il contrasto fra il primo ed il secondoritornello. Grappelli tuttavia migliorò continuamente e negli ultimi decenni della suavita - è morto un paio di anni fa - non era secondo a nessuno.

La chase inizia al terzo ritornello. I due avrebbero dovuto scambiarsi 2 battutealla volta a parte sul ponte, il che sembra funzionare per un ritornello, maapparentemente si sono confusi al quarto ritornello, in cui si scambiano segmenti piùlunghi. Le ultime 8 battute dell’ultimo ritornello rappresentano un tentativo diimprovvisazione collettiva, ma non ha funzionato bene e sembra solo un granpasticcio, perché al posto di due strumenti identici occorrono strumenti che sidistinguono bene, come tromba e sassofono.

Sweet Sue, Just You è particolare a causa della strumentazione. Il gruppo èchiamato Chick Webb and His Little Chicks. Il flautista è Wayman Carver, ilclarinettista è Chauncey Haughton e la sezione ritmica quella dell’orchestra, TommyFulford al pianoforte e Beverly Peer al contrabbasso. Si noti il ruolo della batteria,

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eccezionale per l’epoca, di Chick Webb, scopritore e padre spirituale di EllaFitzgerald.

Improvisation, pronunciato in francese, è uno dei tanti brani da solistaimprovvisati alla chitarra da Django Reinhardt senza accompagnamento, in cuicombina le sue radici gitane con il suo amore per il jazz.

Passion Flower è uno dei tipici brani romantici e lirici di Johnny Hodges.Ellington ha sempre sostenuto la creazione di orchestre da parte dei suoi musicisti,Hodges, Rex Stewart, Barney Bigard, contribuendo all’opera e mettendo adisposizione il suo pianoforte.

Strange Fruit è una canzone di protesta ante litteram, composta da Billie Holidaycon le parole di Lewis Allan, uno degli intellettuali che frequentavano il Cafe Society,lanciato da Barney Josephson, un parente dei Meeropol, che più tardi adottarono i figlidi Julius and Ethel Rosenberg. La denuncia era sembrata all’epoca tanto forte che laColulmbia, la casa discografica di Billie, rifiutò di registrare il brano, per cui lacantane si recò dalla piccola compagnia indipendente Commodore. Ancora una volta,lo swing non appare in qualche trucco ritmico - che nel frattempo è stato bencompreso ed imitato da molte swing bands - ma nella forza e passionedell’interpretazione, nell’intensità del cantato di Billie Holiday, che così bene adatta leparole alle note.

Blue Serge è una composizione di Mercer Ellington, figlio di Duke, circaventenne a quel momento, che talvolta ha suonato la tomba nell’orchestra paterna. Èparticolare a causa dell’armonia e orchestrazione oscura, dell’atmosfera introspettiva.La sezione di sassofoni è diretta da Barney Bigard al clarinetto, la melodia esposta daRex Stewart, e l’incredibile trombone che sembra una voce è di Joe “Tricky Sam”Nanton.

My Man, una canzone francese, proviene dalla stessa sessione di El Salon DeGutbucket (capitolo 3) e viene esposta da Charlie Shavers alla tromba con sordina, dasolo con Teddy Wilson al pianofortee, ancora una volta, senza sezione ritmica. Edov’è lo swing? Dappertutto come sotto le campane di Notre Dame! Come ho scritto,lo swing non è un sistema per l’oscillazione ritmica, bensì il medio attraverso cui ilmusicista comunica i suoi sentimenti di interpretazione. Qui ce ne sono in quantità.

Elegie, un brano di Massenet, è uno dei tanti esempi di “jazzare” i classici. Soloche è suonato da Art Tatum, un pianista che non aveva nessun problema a suonare unbrano classico così come era scritto. L’estratto inizia dal punto in cui vi sono parafrasiveloci, e si placa verso la fine quando viene ripreso il tema originale. Come sempreTatum, un pianista cieco, dimostra che non ha problemi a dominare tutta la tastiera(come in Mop Mop, capitolo 4).

Humoresque, di Dvorak, proviene dalla stessa sessione discografica. Qui si iniziadal tema e poi seguono le trasformazioni di Tatum.

Dance of the Sugar Plum Fairy è un altro esempio di “swingare i classici”, daparte del sestetto di John Kirby, un contrabbassista che lo fece con buon gusto, swingsottile ed esecuzione precisa, in modo tale che anche brani di jazz sembravano deiclassici! L’estratto è dalla danza della fata dello zucchero dal balletto “Loschiaccianoci” di Tchaikowski. Charlie Shavers alla tromba, Russell Procope al saxalto e Buster Bailey al clarinetto costituiscono la sezione melodica, mentre Billy Kyleal piano, Kirby al basso e Spencer O’ Neil alla batteria costituiscono la sezioneritmica di questo sestetto da camera.

Concerto for Cootie è forse il miglior esempio di come Ellington componga per isuoi musicisti (sottocapitolo 9.3), in questo caso il trombettista Cootie Williams, a cuisono dedicati diversi temi, che vanno dalla sordina growl al suono aperto della sua

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tromba. Il brano è stato analizzato in dettaglio in [Hodeir1] e c’è poco che si possaaggiungere, salvo che è notevole come Ellington sappia rompere la regola primitivasecondo cui un brano debba essere a multipli di 4 battute, e come il contrappunto allatromba sulla stessa melodia - all’inizio e alla fine del brano - possa essere tantodiverso armonicamente. Il tema iniziale divenne un successo commerciale con il titoloDo Nothing Till You Hear From Me, esteso a 8 battute.

Creole Song è un brano tipico di New Orleans, eseguito dalla Kid Ory’s CreoleJazz Band, che deriva il suo successo dal revival. La stranezza è nel cantato, in unasorta di francese. Jelly Roll Morton lo cantava pure, esprimendo perplessità sulsignificato. Il francese di New Orleans non è quello di Bon Ton Roulet del capitolo 6.

Caldonia, un blues a 12 battute, contiene un fantastico insieme di trombe cheinizia al terzo ritornello e dura due ritornelli, con la stranezza che la tonalità cambiada b" maggiore a d" maggiore alla fine del primo ritornello, ed indietro da d" to b"nelle prime 8 battute del sesto ritornello, sopra l’accordo diminuito D"d7. Woodycanticchia qualcosa per nascondere le modulazioni.

Un Poco Loco è una composizione di Bud Powell, che in un senso è l’erede diArt Tatum nel be-bop, con uno stile derivato da Charlie Parker. Il brano è particolareper i suoi accenti afro-cubani, ben marcati da Max Roach alla batteria e da CurleyRussell al basso, ed anche grazie all’uso esteso di quinte diminuite e progressioni be-bop. Vi sono tre versioni registrate del brano - questa è la definitiva - che benmostrano come un jazzista crei un brano evolvendolo.

I Never Knew è notevole a causa della natura focosa del brano e dello swingintenso che genera. Joe Guy (all’epoca marito di Billie Holiday) è alla tromba, AlCasey alla chitarra (si vedano pure Honeysuckle Rose con Fats Waller, capitolo 5, eMop Mop, capitolo 3), Bumps Myers al sax tenore, Willie Smith al sax alto, e sidirebbe che tutti stiano soffiando al massimo, in quella Los Angeles del 1945. HoraceHenderson, il fratello di Fletcher, tiene il pianoforte, Sydney Catlett la batteria e JohnSimmons il contrabbasso.

Over the Rainbow è un estratto da uno degli assoli non accompagnati di BudPowell. Ancora una volta, dov’è lo swing? Dappertutto, come in Improvisation diDjango vista sopra.

La Zodiac Suite è un tentativo di Mary Lou Williams (si veda Froggy Bottom,Mess-A-Stomp, capitolo 3) di comporre una suite per i dodici segni zodiacali.L’estratto è dal cancro, con il suono inconfondibile di Ben Webter al sassofonotenore, che spesso veniva accompagnato da Mary Lou nelle jam session di KansasCity. Un buon esempio di come i jazzisti restino sempre se stessi e suonino bene inogni contesto, anche con viole, flauti e suoni classici. I suonatori provengono daun’orchestra classica, e jazzisti sono aggiunti in diverse parti della suite.

Boplicity è un brano del gruppo di dieci di Miles Davis che ha lanciato ilmovimento del “cool”. Si tratta di una struttura bop standard AABA in f maggiore,parti A standard ed un ponte tipico delle progressioni dell’epoca:

Cm7/F7 % B"M7 % B"m7/E"7 % A"M7 Gm7/C7

In altre parole, la progressione inizia da qualche accordo, qui Cm7, “va giù” per ilciclo delle quinte fino a raggiungere un accordo, qui A"M7, che giace esattamentemezzo tono sopra una funzione della dominante, qui Gm7, che prepara C7 per ilritorno. Tali progressioni erano note anche negli anni ’30, come ad esempio Stompin’at the Savoy di Edgar Sampson. Ma la stranezza di Boplicity risiede nella prima metà

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del ponte del secondo ritornello (dopo l’assolo di Gerry Mulligan al baritono) chesembra fluttuare nel tempo, con mezze battute e metro a 3/4, appena primadell’entrata di Miles Davis, che ripristina il tempo e lo swing a 4/4. Ciò è statodiscusso in dettaglio in [Hodeir1].

Early Autumn viene sempre menzionato come l’ultimo movimento dellaSummer’s Sequence di Ralph Burns, registrato quasi interamente dal First Herd diWoody Herman (quello di Your Father’s Moustache, capitolo 4). È noto che il branosia stato registrato separatamente più tardi, eppure non sono mai stato capace ditrovarlo, a parte questa registrazione che ho catturato con un sintonizzatoreautocostruito da una stazione FM italiana e trasferito ad un registratore a nastroquattro decenni fa. Dettagli discografici e personale non sono noti, ma mi sembraproprio che l’orchestra sia il Second Herd con i Four Brothers: Stan Gets, Zoot Sims,Herbie Stewart al tenore e Serge Chaloff al baritono, a cui si aggiungeranno BrewMoore, Jimmy Giuffre e Al Cohn al tenore, tutti discepoli di Lester Young.Diversamente dal First Herd, quest’insieme ha una qualità più “cool” - si potrebbedire “bianca” - che in questo caso funziona in modo egregio. Si noti l’espostodistaccato della sezione di sassofoni, seguito dal ponte di Woody che paga il tributo alsuo modello Johnny Hodges, poi dall’assolo di xilofono che potrebbe essere di RedNorvo. I primi due A del prossimo ritornello vengono saltati via e sostituiti da unpassaggio per cambiare la tonalità, in giù di un tono, in preparazione di un assolo cheè stato considerato una svolta nel jazz, eseguito da Stan Getz di Levittown, LongIsland, 8 battute di ponte e poi sull’ultimo A, scintillante a causa della qualità cosìdistaccata e “cool”. Il brano ha la struttura AABA ed è uno sviluppo di quella deiRhythm Changes, con accordi che scivolano in giù nella parte A ed un ponte a ciclo diquinte. Si noti come il brano, alla battuta 1, inizi sulla quinta nota suonata daisassofoni, mentre le prime 4 note sono indicate nel rettangolo sopra alla griglia. Iltema appare come segue:

(G"M7, GM7, A"M7, A7)

B"M7 A7 A"M7 G7 G"M7 F7 B"M7/Gm7 Cm7/A"7,(A7)

B"M7 A7 A"M7 G7 G"M7 F7 B"M7 B"M7/Gm7

A"m7/D"7 G"M7/A"M7 A"m7/D"7 G"M9

G"m7/B7 EM7/Gm E"m7,A"7/D"m7,G"7 Cm7/B7

B"M7 A7 A"M7 G7 G"M7 F7 B"M7 B"7/Gm7

(gli accordi indicati in parentesi durano solo un tempo; il ponte è statorappresentato su due righe di 4 battute l’una) con qualche libertà di interpretazionealla battuta 7 del ponte, perché l’orchestra non suona veramente quegli accordi ma losottintende). Il punto didattico è che, nel ponte, la tonalità si muove da b" a e,passando attraverso A"m7, D"7, G"7, B7, raggiunge E come in un ciclo di quinte perpoi tornare a b" maggiore. Nella parte A, i passaggi di mezzo tono in giù, quali A7 →A", provengono dalla sostituzione con il tritono (capitolo 3, The Squirrel, e capitolo 4,Delaunay’s Dilemma): difatti, A7 contiene le sensibili d" e g per A", proprio come lasua dominante E"7. La sistematizzazione di questa tecnica, come in questo brano, va

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di pari passo con gli esperimenti di Monk, Eddie Durham e Hawkins, ed ècontemporanea a Parker, Gillespie, Tadd Dameron, Fats Navarro e i boppers.

Django, composto per la morte di Django Reinhardt, è forse il capolavoro delModern Jazz Quartet, diretto da John Lewis, con Milt Jackson al vibrafono, PercyHeath al contrabbasso e, in questo brano, Kenny Clarke alla batteria. La costruzione èabbastanza elaborata, come un brano classico, con molti temi che riappaiono, comequello iniziale risuonato alla metà fra gli assoli, a cui viene aggiunta una progressionetipica del jazz, con blue notes ed atmosfera bluesy, G"7 seguita da D"7, ben accentuatadalla batteria. L’introduzione di tali forme nel jazz non ha sempre funzionato, maquesto brano funziona, forse non grazie a, ma forse nonostante il suo fastidiosoclassicismo. In ogni modo, Milt Jackson è capace di essere ispirato anche con strutturecomplesse, ed è vero che il Modern Jazz Quartet, come l’orchestra di JimmieLunceford (capitolo 10) ed il sestetto di John Kirby, sa far swingare qualsiasi cosa.

Concorde, come il precedente del Modern Jazz Quartet, è veramente una fuga,dedicata alla famosa piazza di Parigi (Lewis ha composto parecchi brani dedicati aposti europei: Milano, Trieste, Venice, Vendôme, Navona). Una fuga ha un temaprincipale, qui presentato dal contrabbasso, ripetuto dal pianoforte, quindi dalvibrafono, che riappare in varia forma durante lo sviluppo. Il brano è eccellente acausa dello swing prorompente, anche se le progressioni sono pesanti e difficili perl’improvvisazione. Il batterista è Connie Kay.

Cortege, un altro contributo di John Lewis, è stato composto per il film Saint-onjamais (capitolo 15), registrato dal quartetto due volte, una per il film (Rose Truc,capitolo 3), e un anno dopo per la casa discografica Atlantic. Più tardi Lewis l’haorchestrato, sotto forma di pasticcio settecentesco e registrato dirigendo una sezionedell’orchestra sinfonica di Stoccarda. E dov’è lo swing? Direi che non ce n’è più,sepolto sotto i violini vari, ma è una curiosità interessante, migliore della ThirdStream Music, un altro disco degli anni ’60 che cercava di sposare musica classica ejazz. In generale, una cattiva idea per entrambi, mi sembra.

Swingin' for Christmas è una collezione di motivi di Natale, eseguiti daisassofonisti bop Gene Ammons e Tom Archia, discepoli di Lester Young ma pieni divigore. Il tutto swinga da morire! Dopo il duetto su Jingle Bells, riconosco Ammonssu Stille Nacht, mentre Archia si prende White Christmas con il suo accento texano.Ecco, ora avete qualcosa di serio da suonare sotto l’albero di Natale!

Famous Alto Break è una registrazione incompleta, rifiutata, di Night in Tunesia.Ma Charlie Parker affermò di non poter mai più ripetere un “break” simile e quindivenne preservata e pubblicata. Difatti sembra un miracolo, 4 battute dense, con noteesplosive, che formano la cadenza da f a a d minore, piene di swing, senza alcunsostegno ritmico né referenza. Mostra come i jazzisti sappiano contare bene e sentanoprecisamente il tempo (come in West End Blues di Armstrong, Capitolo 3). Per inciso,ciò è proprio quello che manca a musicisti classici, che non necessitano di talprecisione.

Take Five ha dato gloria al gruppo del pianista Dave Brubeck, con Paul Desmondal sax alto, e ha l’originalità di essere un brano a 5/4. Questi 5 battiti sono presi come{x - (x x) - x} - { x - x}, ove quelli in parentesi rotonda durano la metà, come Brubeckindica al pianoforte. Desmond è nella linea Lester Young - Lee Konitz, molto “cool” edistaccato. In generale non mi piacciono i pasticci di Brubeck con rondos, 9/8, formeclassiche fini a se stesse, che sembrano solo un trucco per superare un ingiustificatocomplesso di inferiorità degli americani verso la tradizione europea, mentre inveceDvorak, Ansermet e Ravel hanno correttamente visto che solo la tradizione afro-americana avrebbe dato il massimo contributo al mondo dell’arte. Infatti, il contributo

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del jazz non è stato quello di aver creato una nuova forma, ma di essersi appropriatodi forme altrui e di averle modificate per rinforzare il messaggio - proprio quello cheforse la classe media americana, bianca e nera, non vuol sentire. Tuttavia questo branofunziona bene e, a differenza di molti di Brubeck, non è noioso, si svolge logicamentee swinga talmente bene che non si nota nemmeno il metro strano.

Fred Buscaglione, di Torino, era un cantautore famoso in Italia alla fine deglianni ’50, grazie ai suoi successi e ritratti spiritosi di caratteri inventati di gangster durie bambole bionde. Il suo quintetto suonava arrangiamenti di tipo jazz ben swinganti,scritti da lui come sostegno alla sua voce roca. Però Fred suonava bene moltistrumenti, specialmente il violino, come Grappelli e South. Dixieland 53 è unmotivetto che ha composto su di una struttura AABA, con un ponte a ciclo di quinte,venduto sull’altra faccia di un 78 giri con un mambo, e contiene uno dei suoi pochiassoli di violino. È interessante come la sua sonorità sia diversa da quella di Grappellie South, con cui avrebbe sicuramente potuto ingaggiarsi in una chase. Una curiosità,specialmente per chi non lo conosce.

Sophisticated Lady è una stranezza perché il brano è suonato da TootsThielemans, un chitarrista belga, sulla sua armonica a bocca (scacciapensiericromatico), che dimostra di saper fare con quel piccolo “coso” frasi degne di ognisassofonista. Si noti come procede bene nella sua improvvisazione, come un Hawkins,attorno agli accordi difficili di questa composizione di Ellington, alla velocità diParker. Incredibile. Dimostra che non è lo strumento che fa il jazzista.

Prelude in Blue, un bel brano AABA del pianista Duke Jordan (che registrò conCharlie Parker) non è molto strano, salvo per l’assolo bop suonato al sassofonosoprano. Il solista è Barney Wilen, americano allevato a Nizza, Francia, che raggiunseil livello dei massimi jazzisti afro-americani. Il brano è stato composto e registrato peril film di Vadim Les Liaisons Dangereuses, un rifacimento del romanzo del settecentoin tempi moderni (capitolo 15), nel quale la musica è usata male. Il brano èun’evoluzione complessa dei Rhythm Changes ed è interessante considerarne lagriglia:

E"M7 D7 D"7 Gm7/C7 Fm7 B"7 Gm7/ G"m7 Fm7/B"7

E"M7 D7 D"7 Gm7/C7 Fm7 B"7 B"m7 B"m7/E"7

A"M7 Fm7 Em7 A7 DM7 Dm7 G"M7 Fm7/B"7

E"M7 D7 D"7 Gm7/C7 Fm7 B"7 E"M7/Cm7 Fm7/ B"7

Abide With Me è la scoperta, da parte di Monk, del suo omonimo William Monk,compositore di quest’inno religioso. Il disco si sarebbe chiamato Monk’s Music, percui l’agginuta di questo brano non poneva problemi! E lo swing? Be’, è interessanteudire il suono distinto di questi jazzisti in un tale contesto, specialmente Hawkins nelregistro basso.

Petite Fleur fu un gran successo commerciale di Sydney Bechet, che alloraviveva in Francia, non molto prima della sua morte. L’orchestra dixieland francese èdiretta dal clarinettista Claude Luter, il quale accompagnò Bechet in molti brani cheriempirono i juke box della Francia negli anni ’50. A quei tempi, il suono di Sydneyveniva riconosciuto all’istante anche dal grande pubblico di tutta Europa. Visarebbero brani anche più strani, quali The Sheik Of Araby, Blues Of Bechet che egli

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ha registrato suonando clarinetto, sax alto, sax tenore, piano, contrabbasso e batteria,in re-recording, un’altra prova che i jazzisti, ancor più dei classici, non hanno esitatoad adottare qualsiasi tecnologia che permettesse loro di migliorare il messaggio.

Schlafe Mein Prinzchen è un altro tentativo di “swingare i classici”, ma questavolta nello stile di New Orleans. Il brano è una ninna nanna di Brahms, dapprimasuonata lenta, poi improvvisata su tempo veloce dopo il break di batteria - imitando ilpassaggio da Flee As A Bird a Didn’t He Ramble nel repertorio classico di NewOrleans. L’estratto proviene da un disco promozionale a 45 giri, in plastica rossa, condue brani dell’appena fondata casa discografica danese Storyville, specializzata indixieland, che patronizzava la Papa Bue's Viking Jazz Band. Non certo grandioso, madivertente, e swinga perfino un po’.

Three For the Festival, un blues a 12 battute, è una delle prime incisioni diRahsaan Roland Kirk, un multistrumentalista il quale, come mostra qui, sapevasuonare tre sassofoni all stesso tempo e sembrava una sezione completa. Ma non eraun clown, bensì un musicista serio, e la sua opera al sassofono tenore, al manzello eallo stich - sassofoni antichi e obsoleti - ai flauti, sirene varie e così via è sempre dialta qualità. Aveva anche appreso la tecnica, già nota a Harry Carney, della“respirazione circolare”, ossia di inalare con i polmoni dal naso mentre si spinge fuoril’aria con i muscoli delle guance, il che permette a chi suona uno strumento a fiato ditenere una nota per sempre - una tecnica che si dice conoscessero anche i soffiatori dicristallo di Boemia ed i praticanti dello yoga. Qui lo si sente con i tre sassofoni, e poial flauto nel quale canta.

Ecaroh è incluso per la sua elaborata sezione introduttiva, composta dal pianistaHorace (scritto a rovescio) Silver per i Jazz Messengers di Art Blakey del 1956. Dopola lunga introduzione si passa ad un brano AABA con ponte a ciclo di quinte, comesegue:

D"M7 G"M6 D"M7 G7 G"M7 Gm7/C7 G"m7/B7 EM7/E"m7,A"7

D"M7 G"M6 D"M7 G7 G"M7 E"0 A"7 D"M7

A"m7 D"7 G"M7 B"7/E"m7 Bm7 E7 AM7 A"7

D"M7 G"M6 D"M7 G7 G"M7 AM7 E"m7/D7 D"M7

È su questo schema che Hank Mobley prende il suo assolo di 32 battute al saxtenore, seguito da Donald Byrd alla tromba.

Straight, No Chaser è un’improvvisazione particolarmente densa sul blues diJohn Coltrane. L’estratto proviene dal brano registrato dal sestetto di Miles Davis - siveda pure il tema Straight, No Chaser, trattato nel capitolo 3. Nel suo assolo illustratutte le tecniche dell’improvvisazione che ha sviluppato nel soggiorno con Davis:arpeggi di accordi per suonarne tutte le note (come alla fine del secondo e quintoritornello e all’inizio del settimo), uso costante di accordi di sostituzione, il suo mododi estendere i gruppi di note per farne contenere 5, 7, 11 - mentre nel be-bop standardsi usano di solito gruppi di 4 e 8 note - il che dà una qualità ritmica strana alle suefrasi, una nuova definizione dello swing. È di sicuro un assolo di questo tipo che unpubblico impreparato fischiò all’Olympia di Parigi nel 1958, nonostante Coltranecontinuasse a suonare imperterrito. È questo stile che gli ha meritato il soprannome di“angry young man”, mentre in realtà era una persona gentile e timida. Quest’assolo è

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stato trascritto e pubblicato in molti testi [Simpkins, Les cahiers du jazz No. 5 di ZitaCarno e Gunther Schuller].

Giant Steps rappresenta lo sviluppo dell’arte di Coltrane nell’armonia tonale.Questo nuovo paradigma per l’improvvisazione è basato su progressioni che, a partireda un accordo come B, muovono ad una cadenza una terza minore sopra, come D7-G,e poi ad un’altra sempre una terza minore sopra, come B"7-E". Per cui il gigante simuove in passi di terze minori e quarte. Questo schema può essere usato comemodello di Rhythm Changes per sostituire sequenze sullo stesso accordo o anche incadenze, come illustrano gli esempi di Body and Soul (capitolo 5) e Countdown(capitolo 6). Il brano consiste di sole 16 battute, in due parti: le prime 8, in cui ilmodello viene usato esaurientemente, e la seconda metà, in cui le fondamentali simuovono in salti di terza maggiore. Il brano è diventato un classico e pertanto vale lapena di darne la griglia:

B/D7 G/B"7 E" Am7/D7

G/B"7 E"/F!7 B Fm7/B"7

E" Am7/D7 G C!m7/F!7

B Fm7/B"7 E" C!m7/F!7

Il suo LP Giant Steps, oggi un CD, ha non solo importanza musicale, ma servecome documento che ne spiega la teoria - un po’ come il Clavicembalo ben temperatodi Bach per l’armonia tonale - anche perché la tecnica viene usata in altri brani, comepure nei dischi Coltrane’s Jazz e Coltrane’s Sound. Brani come Central Park Westsono amati dagli appassionati di jazz non solo per il piacere della musica, ma ancheper il contributo teorico all’armonia del jazz, come già fu il caso per il Body and Souldi Hawkins ed i brani di Parker e Young.

Harmonique ha di strano che Coltrane riesce a suonare più di una notacontemporanemente sul suo sassofono tenore. Non è un trucco facile, ma può essereeseguito catturando una nota in transizione fra i suoi armonici di uno strumento afiato, in questo caso il quarto ed il quinto di un c basso, che genera una terzamaggiore, come spiegato nel sottocapitolo 2.4.1. È necessario molto esercizio perquesto e l’uso non può essere generalizzato, né per tutte le note né per tutti gliintervalli, quindi Coltrane stesso lo ha impiegato con parsimonia, per poiabbandonarlo del tutto. Il brano è un tipico blues a 12 battute, che segue la struttura dibase alla lettera, ma con il metro a 6/8.

I’ll Wait And Pray è una ballata be-bop lenta, composta da Jerry Valentine,trombonista ed arrangiatore dell’orchestra di Billy Eckstine, ed era cantataoriginariamente da Sarah Vaughan (capitolo 11). È una struttura AABA, già evolutonella sua armonia originale, perché la melodia apparentemente dolce evolve spesso susettime e none - inizia sull’undicesima. Coltrane vi aggiunge ancora accordi, basatisulla sua pratica di sostituzioni sul tritono (si veda Early Autumn sopra), a volteperfino assieme all’accordo di dominante che già risolve - come nella battuta 8, conC7 e G"7. È una sequenza utile per lo studio dell’armonia moderna del jazz - si noti laseconda battuta del ponte in e maggiore, notevole per un brano in e" maggiore.

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Fm7/B"7 B"m7/Fm7,E7 E"M7/D7 G"(+5)/G"m7,Gm7

Fm7/B"7 Fm7/E7 E"M7/D(+5) D"7,C7/G"7

Fm7/B"7 B"m7/Fm7,E7 E"M7/B"(+5) G"(+5)/G"m7

Fm7/B"7 Fm7/E7 E"M7/Fm7 E"M7/B"0

B"m7/A7 EM7/G"m7,B"7 Fm7/E7 E"M7/%,G7

Cm7/F!m7,B7 EM7/G7 Fm7/D"m7 G7,D"m7/C7

Fm7/B"7 B"m7/Fm7,E7 E"M7/D7 G"(+5)/G"m7

Fm7/B"7 Gm7/C7 Fm7/B"7/E7 E"M7

Welcome è un esempio di come il free jazz non sia sempre frenetico ed urlante.L’atmosfera è di pace e rilassamento, che ricorda quasi tanti auguri a te. Ancora unavolta una dimostrazione come i jazzisti sappiano “tirar fuori un capolavoro” dal nulla(come Jimmie Lunceford, capitolo 10). Coltrane l’ha dimotrato spesso, ad esempiocon brani quali After The Rain, Alabama, India.

I Wish I Knew proviene da un disco che si chiama Ballads, in cui il famosoquartetto - Coltrane, McCoy Tyner al pianoforte, Jimmy Garrison al contrabbasso edElvin Jones alla batteria, una perfetta non-macchina da swing per il free jazz - sicimenta con queste canzoni, suonandole come sono scritte. Si direbbe quasi musica dacocktail di alta qualità e dimostra l’abilità del gruppo che - come già predicava JellyRoll Morton, sottocapitolo 9.2 - è in grado di suonare di tutto. Traspare sempre lapotenza spirituale di Coltrane, anche se nelle sue opere più franche è più chiara, unaspecie di gemito mistico dal suo sassofono con una qualità orientale, un suono che ètipicamente il suo. Come in tutto il jazz, si tratta di dolcezza senza sciropposaccarinato, ed in questo caso rispedisce al mittente gli appellativi di “angry youngman” dalla sonorità “come un tubo di stufa” di cosiddetti critici, anche veterani, chehanno criticato Coltrane prima di averlo sentito bene.

H2Ogate Blues è una stranezza, per via dell’uso del blues a 12 battute per unasatira politica, oggi datata e riferita ad avvenimenti di un quarto di secolo fa, ma chemantiene un certo lato comico nonostante l’età, ad esempio la spiegazione di che cosasia il blues. Niente “la mia donna mi ha lasciato”, ma un’attiva partecipazione agliaffari del paese, visti da Philadelphia negli anni ’70. Per questo merita di esserricordato.

Adagio è ancora un tentativo di swingare i classici, molto spiritoso e ritmato, daparte del gruppo cubano Irakere. Dopo l’esposto del tema di Mozart al flauto, ilsassofonista Paquito de Rivera procede con un’improvvisazione “funky” sul suosopranino, che suona una quarta sopra al sax soprano ed è pertanto in mi bemolle. Sinoti il pianoforteelettrico e le molte percussioni cubane nella sezione ritmica. Il branoè stato registrato dal vivo, a Newport nel Rhode Island o forse al festival del jazz diMontreux in Svizzera.

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Trouble in Mind è una struttura a 8 battute spesso chiamata blues - ve ne sonovarie versioni - particolare in questo caso perché eseguita su di un oboe dalsassofonista tenore Yusef Lateef, allora membro del sestetto di Cannonball Adderley,con il pianista viennese Joe Zawinul, registrato ad un concerto pubblico. Non è facilein generale swingare con tali strumenti, poiché l’oboe, il fagotto, perfino il clarinettonon si prestano bene al jazz moderno, per via della limitata mobilità e difficoltà dipersonalizzarne la sonorità.

Ai tempi del free jazz e del suo appello all’universalità, molte iniziative hannoavuto lo scopo di incorporare materiale atipico o non occidentale - Archie Shepp haprovato a suonare con i Tuareg al festival di Algeri nel 1969. Djerbi proviene da unasessione discografica con musicisti tradizionali tunisini, Salah-El-Mahdi che suona ilnai, un flauto tradizionale in legno, e con musicisti di jazz, il sassofonista SahibShihab - nel passato con Monk, sottocapitolo 9.4 - diretti dal pianista George Gruntz.Evidentemente lo swing è tutto particolare, tuttavia è bello poter dire che un branocome questo, in molti sensi, è un’opera di jazz.

Non è facile “classificare” Astor Piazzolla nella musica. Vi sono interpreti dimusica classica che suonano la sua musica, e jazzisti come Gato Barbieri. Certo chePiazzolla suona il tango argentino sul suo bandoneon, una specie di piccolafisarmonica a buchi, uno strumento tradizionale. Ma lo fa con l’arte e le inflessionitipiche di Parker e Gillespie, ed il fatto che visse a New York, e a Parigi dove studiòpresso Nadia Boulanger, come Quincy Jones, dimostra i suoi vasti interessi. Il suo“nuovo tango” è una versione rivista del tango tradizionale ma, a parte la formaesterna, deve poco alla tradizione, e non è sempre apprezzato dai suoi concittadini chepreferiscono i modelli ripetuti per il ballo. Tangata è un esempio dei brani chePiazzolla suonava nei suoi concerti nel mondo. Si noti la delicatezza da solista esassofonista jazz nel suo assolo al bandoneon.

St.Louis Blues / Walkin', o corde + jazz, è un bizzarro esperimento ed unadimostrazione della stereofonia. Si deve usare la bilancia fra canali per scoprire lastranezza di questo brano: a sinistra si sente una canzone originale (come, ad esempio,Whispering) suonato da un’orchestra pop con archi, flauti e oboe, e a destra il branorifatto (come Groovin’ High) suonato da jazzisti. Quest’estratto contiene il St.LouisBlues nell’altoparlante sinistro e Walkin’ (entrambi blues a 12 battute, dal capitolo 3)suonati da jazzisti, con Bill Hardman alla tromba. Dato che gli arrangiamenti sono diBenny Golson, il tutto non è kitsch come sembrerebbe a prima vista, anche sepersonalmente posso fare a meno del canale di sinistra!

12.3. Conclusioni

Lo scopo di questo capitolo è di illustrare la ricchezza del jazz e la suauniversalità. Nonostante i vari tentativi di compositori classici di rivitalizzare ilpatrimonio culturale delle loro etnie (ad esempio, i russi Borodin, Mussorgsky,Rimsky Corsakov; i francesi Debussy e Ravel; i nordici Grieg e Sibelius; Manuel DeFalla in Spagna; e specialmente Bela Bartòk in Ungheria) il jazz riesce molto meglioad integrare elementi “esterni” nel suo mondo, perché la sua specificità non dipendeda qualche tecnica particolare, che sia l’armonia tonale, la dodecafonia, modi o ritmi esimili. Nel jazz che conta è solo l’espressione, che può essere resa con suoni oelementi musicali presi ovunque, usati per far passare il messaggio. Quindi, comedimostra il free jazz, il jazz non richiede aderenza ad una scuola musicale particolare,rispetto dell’armonia, suoni puliti, tecnica accademica, appartenenza ad un datomovimento. Al contrario, esso incoraggia la sperimentazione di tecniche alternative,

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sia con strumenti convenzionali - sin dalle sue origini, quando gli strumenti a fiatoerano visti come amplificatori della voce ed usati senza riguardo per la diteggiatura,mentre gli altri erano per la percussione - che con altri non convenzionali o extra-europei - già a New Orleans, il washboard o asse per lavare, le conchiglie dei mari delsud nel free jazz, e così via.

Per questa ragione il jazz sta correntemente vivendo una rinascita. Non più unacieca imitazione del blues e delle strutture AABA. L’apprendimento dell’arte passatacon le sue strutture è stato necessario per vedere ciò che i jazzisti erano capace di fare- per così dire, il “valore aggiunto” del jazz alle canzonette di Tin Pan Alley, anche seprovenivano da professionisti seri come George Gershwin, Cole Porter, Harold Arlen,Victor Duke. I jazzisti hanno dimostrato che non hanno problemi con queste strutturee che sanno estenderne il linguaggio, come i compositori del capitolo 9 hanno fatto, alpunto di divenire i creatori di nuove tecniche espressive, poi copiate nella musicapopolare, di solito senza riconoscimento del credito. Ma hanno anche dimostrato chenon hanno problemi ad andare oltre: come ad esempio nel free jazz, in cui la tecnicaespressiva è intimamente legata all’opera stessa in cui viene usata; ed ancora oltre, arivisitare tutta la musica dell’uomo, di tutte le origini culturali, da tutti i continenti,alla musica delle Sfere. Non un’impresa da poco per qualcosa che parte da unastruttura di 12 battute con tre accordi, che però è stata capace di generare tutti icapolavori visti qui, ed anche quelli che si possono trovare nei negozi di dischi, dalpassato, dal presente, e futuri.

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Chapter 13Jazz Modale

13.1. Introduzione

Nel senso stretto del termine, la musica modale è fatta di uno sviluppo melodicoin una scala o modo, senza che vi sia una progressione armonica soggiacente sullaquale costruire la parafrasi musicale. Esempi di musica modale sono: quella indiana, iragas, su cui l’improvvisatore - spesso un suonatore di strumenti a corda, ad esempioil sitar - indica chiaramente il materiale che userà, ripetendo il modo nel brano per“rinfrescare” l’orecchio dell’ascoltatore; la musica europea pre-tonale, quale il cantogregoriano. In alcuni di questi brani è presente l’aspettativa di una transizione del tipodominante-tonica. Ciò è specialmente vero nel jazz, nel quale la modalità è apparsastoricamente dopo decenni di apprendimento armonico, il che ha reso inevitabile checriteri ripresi dall’armonia classica facciano la loro apparizione in questa musica,impura da punto di vista strettamente modale.

Per questo motivo, sempre in senso stretto, il jazz non è mai perfettamentemodale. Spesso si tratta di una sequenza di accordi non in relazione stretta che, alcontrario di una progressione “normale” come quella di V che risolve su I, rimangono“sospesi” in una specie di vuoto armonico. Su tali accordi, i musicisti improvvisano inmaniera modale, ossia senza sviluppare un discorso di progressione armonica - unmetodo già anticipato dai musicisti bop con brani quali Night in Tunesia, capitolo 12,e da Thelonious Monk con Epistrophy, sottocapitolo 9.4, su cui Coltrane, ante-litteram, improvvisa in maniera modale. Coltrane è pure capace di improvvisare inmaniera modale su progressioni armoniche, ad esempio trattando il blues come unasequenza di modi, come fa in molti brani con Miles Davis.

Pertanto i brani che seguono sono piuttosto ibridi, e ciò in più di un senso. Avolte viene esposto un tema, poi abbandonato a favore di un’improvvisazione modale,come nei brani di Coltrane. Altre volte vi è qualcosa che assomiglia ad unaprogressione, come se i musicisti “non avessero il coraggio” di abbandonaretotalmente le strutture, come è il caso di So What e di Maiden Voyage (vedi sotto).Altre volte si ha a che fare con un’improvvisazione modale, mentre però la sezioneritmica ribadisce un’alternanza di due accordi, come in My Favorite Things diColtrane (vedi sotto). Inoltre, tutti i brani sono ibridi anche perché, a differenza deimusicisti d’India, i jazzisti, da bravi accidentali che conoscono il sistema temperato, siprendono la libertà di aggiungere alterazioni - diesis e bemolli - al modo - mentre imusicisti africani, ad esempio il sassofonista del gruppo “Saquile” del Sud Africa,usano solo le note del modo. Ciò evidentemente complica la questione e confonde imodi. I jazzisti osano perfino alterare la terza dell’accordo di dominante in un modominore, a causa dell’attrazione del minore armonico, come talora fanno Coltrane eAdderley.

Quindi, per concludere, le classificazioni nel jazz devono come al solito essereprese con il classico granello di sale. Vi sono brani che sono modali in qualchemaniera, o brani di free jazz in cui viene seguita una progressione (come illustrato nelprossimo capitolo) o, come in questo capitolo, brani che sono costruiti su di unembrione di progressione, che però viene trattata in maniera modale. In tutti questicasi, però, è presente un’”atmosfera modale”, nel senso che non viene seguita unaprogressione armonica vera e propria con la sua cadenza.

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13.2. Gli esempi

So What assomiglia ad una struttura AABA, eccetto che non vi è unaprogressione né nella parte A né nella parte B. Lo schema, talmente semplice da nonnecessitare nessuna griglia armonica, consiste della successione di scale doriche comesegue:

8 battute di d dorico8 battute di d dorico8 battute di e" dorico8 battute di d doricoPer cui perfino qui l’onnipresente struttura AABA viene seguita, come se ci fosse

una progressione da Dm7 a E"m7, come se l’accordo di E"m7 della battuta 24(l’ultima della parte B) risolvesse a Dm7. Per cui, anche se i musicisti improvvisanoper scale modali, indipendentemente da una progressione, non abbiamoun’improvvisazione modale totalmente libera, perché il cambio di scale della parte B(un’armonia implicita) deve sempre essere rispettato.

Impressions è la versione di Coltrane dello stesso brano di sopra, che avevaspesso suonato con Miles Davis - So What appare nell’album Kind of Blue. Si trattadello stesso brano, ma eseguito ad un tempo più veloce. Dettaglio non musicale: lamelodia della parte A proviene da un brano di Jimmie Lunceford del 1940 con il titoloPavanne, mentre la parte B è uno dei temi della Pavanne pour une infante défunte diMaurice Ravel. Una super-pavanne, insomma!

Miles, dall’album Milestones registrato dal sestetto di Miles Davis, checomprendeva Cannonball Adderley, sax alto, John Coltrane, sax tenore, Red Garland(or Bill Evans or Kenny Drew), pianoforte, Paul Chambers, contrabbasso, Philly JoeJones, batteria, è basato sull’alternanza di due modi di base com segue:

8 battute di g dorico8 battute di g dorico8 battute di a dorico8 battute di a dorico8 battute di g doricoLa stranezza, se se ne vuole vedere una, consiste della ripetizione della parte B,

così che il brano consiste di 40 battute al posto delle solite 32. Ciò si applica anchealle improvvisazioni, mentre altri accordi vengono usati nell’esposizione del tema,che però non hanno importanza strutturale. L’assolo al sax alto è di CannonballAdderley.

My Favorite Things è forse il prototipo del brano jazz modale. A tal punto che iljazz modale viene spesso associato al metro di 6/8, con multipli di 4 battute, suonatocon un sassofono soprano e nel modo dorico. O con brani, come vedremo anche oltre,per i quali esiste un tema con progressione armonica, subito abbandonato dopol’esposizione. Tuttavia, in questo caso l’”invenzione” di Coltrane va oltre, e consistedell’alternanza di due modi, il dorico (un modo minore) e lo ionico (ossia, il modomaggiore) che vengono ripresi ogni volta dopo la ripetizione del tema (si noti che inmusica classica si trovano spesso brani in cui un tema viene esposto sia in maggioreche in minore). Ciò avviene per l’improvvisazione di ogni solista, e l’ultima è quelladi Coltrane con la successione dorico/ionico, sempre in multipli di 4 battute. Èinteressante rilevare come il modo viene trattato in ogni segmento. Nel caso deldorico, la battuta a 6/8 viene di solito separata in due metà, la prima con l’accordoEm7 a cui viene sovrapposto l’accordo D con le note d, f! e a, il che dà tutte le note e -f! - g - a - b - d - (c!) che definiscono completamente il modo, e la seconda metà con

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F!m7 con E sovrapposto - che dà f! - a - c! - e - g! - b. L’alternanza di questi dueaccordi genera una tensione all’interno del modo, come se vi fosse una progressioneall’interno della battuta, che crea movimento e swing. Espresso diversamente, e ciòvale praticamente per tutti i brani di jazz modale, si assiste ad un tentativo di ricrearela tensione di una progressione, e si rispetta la quadratura del brano in segmenti di 4battute, ciò che solo il free jazz si permetterà, ma non sempre, di ignorare. Tuttavia,l’assenza di una vera progressione crea quel clima misterioso e contemplativo chespesso si associa con la modalità - un clima tipico di Miles Davis e Coltrane.

Olé è un altro tipico brano del Coltrane di quell’epoca, nel quale, a differenza diMy Favorite Things, sono stati aggiunti altri strumenti “caldi” per dare un coloreandaluso scottante (ad esempio, due contrabbassi). Il tema è una nota canzonerivoluzionaria della guerra civile spagnola, esposto all’inizio e alla fine. Vi sonoparecchi assoli, ad es. di Eric Dolphy al flauto, Freddie Hubbard alla tromba.L’accordo principale è B7, che presuppone il modo missolidio, che vienegeneralmente suonato per 4 tempi della battuta a 6/8, seguito da C, come si ode spessoin progressioni di flamenco. L’assolo di Coltrane è degno di nota per la progressivaintensità, di fuoco, che ricorda lo stile hot antico alla Illinois Jacquet (Adam’s Alley,capitolo 3), come se Coltrane volesse provare che il contesto modale “moderno” nonpreclude la generazione di quella tensione del jazz più antico e del Rhythm and Blues.

Polyusko-Polye è un commovente tentativo di jazzisti di Leningrado (siamo agliinizi degli anni ’60) di ricuperare il proprio folklore e farne un brano di jazz modale.Ogni epoca del jazz ha affermato di essere in grado di “inglobare” altre musiche, dalragtime di Jelly Roll Morton al free jazz universale, dai classici “swingati” negli anni’30 ai brani africaneggianti dei Jazz Messengers. Il tema principale, una marcia dicavalleria, è molto ben arrangiato. Il sassofonista Gennadi Goldstein è fortementeinfluenzato da Cannonball Adderley e da Coltrane, mentre Constantin Nosov è quasiun copiatore di clichés di Miles Davis. Questo brano avrebbe potuto essere incluso nelcapitolo 12 delle curiosità.

Saeta è un segmento tratto dall’album di Miles Davis Sketches of Spain, che,come Kind Of Blue, ha avuto molto successo, specialmente presso il grande pubblico.Qui Miles suona con l’orchestra di Gil Evans, un vecchio amico dei tempi del Birth ofthe Cool (Israel, capitolo 3; Boplicity, capitolo 12). Dopo l’assolo di oboe in g, si odela banda di una processione, in d maggiore, che suona solo le note dell’accordo di D,ossia terza e quinta. Quindi entra Miles, apparentemente nella scala di g missolidio -si sente la terza maggiore della scala - pur mantenendo una specie di ambiguitàmodale. Questo brano è veramente modale, non vi si percepisce alcuna traccia diprogressione armonica.

Maiden Voyage, del pianista Herbie Hancock (che ha composto e diretto lamusica del film Round Midnight di Tavernier, Capitolo 15) ha avuto un notevolesuccesso negli anni ’60 e ’70, ed è uno di quei brani con progressioni non risolte esequenze modali. La struttura è la tipica AABA con metro a 4/4, con entrate in puntiapparentemente strani per i fiati ed accenti originali della sezione ritmica. La grigliaarmonica potrebbe essere scritta come segue:

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Am7 % % % Cm7 % % %

Am7 % % % Cm7 % % %

B"m7 % % % D"m7 % % %

Am7 % % % Cm7 % % %

Come al solito, questa rappresentazione è minima, perché come in My FavoriteThings, nona, undicesima e tredicesima sono sovrapposte agli accordi di base -nell’introduzione vengono chiaramente suonati e e a di Am7, seguiti da f and b" chesono undicesima e settima di Cm7. L’assolo di sax tenore è di George Coleman.

Greensleeves è un brano in dorico - eccettuato nella quarta battuta del tema checontiene un accordo di settima di dominante, che sparisce poi nell’improvvisazione - ea 6/8. L’improvvisazione è modale, ma anche qui sia il solista che la sezione ritmicaalternano due accordi nella battuta, come in My Favorite Things. Vi sono almeno dueversioni registrate di questo brano.

The Inch Worm è un’altra canzone a cui Coltrane dà il trattamento modale:esposizione del tema, improvvisazione sul modo, che in questo caso è maggiore(missolidio).

Brazil è un tipico brano sudamericano, a cui Gato Barbieri aggiunge un po’ dipercussione per ben sottolineare il metro, a 4/4, e poi improvvisa sul modo, ignorandola struttura armonica del tema. A causa dell’origine del brano, la tonica che perduranell’improvvisazione viene abbellita (come capita per il brano cubano Guantamera eper il messicano La Bamba), in questo caso, con la sequenza di 2 battute F - Gm7/C7.Tipica dello stile di Barbieri è la sua sonorità dolce-aspra, sensuale con armonicistridenti, che ha appreso da Coltrane e Pharaoh Sanders. Questo brano modale è ailimiti del free jazz a causa della forte espressività.

13.3. Conclusioni

Il jazz modale ha rappresentato una delle prime prove che era possibile generareswing ed improvvisare senza la necessità di una struttura armonica, ed è stato quindila preparazione del free jazz, anche se spesso era contemporaneo. Come la modalità inaltri mondi musicali (quello occidentale) ha avuto una vita limitata. Tuttavia, al pari dimolti successi sudamericani, questo stile ha prodotto molti capolavori, come questiesempi dimostrano, e definito uno stile di improvvisazione che può essere usato inaltri contesti, quali quello di una progressione in cui il solista si ferma su di unaccordo, che quindi diventa un modo. Di tali esempi ve ne sono parecchi, nelprossimo capitolo sul free jazz.

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Capitolo 14Free Jazz

14.1. Introduzione: le ambizioni del free jazz e la sua originalità

Il free jazz deve probabilmente il suo nome ad un disco del sassofonista OrnetteColeman con un quartetto doppio, il suo gruppo con il trombettista Don Cherry equello di Eric Dolphy con il trombettista Freddie Hubbard. Fece scalpore, come moltodi quello che Coleman aveva già registrato alla fine degli anni ’50 con Don Cherry, ilbassista Charlie Haden (che ebbe problemi in Portogallo quando dedicò un suoconcerto ai movimenti di liberazione dell’Angola e del Mozambico) ed il batteristaBilly Higgings, e niente pianoforte.

Il free jazz rappresentava la nuova espressione musicale che era contemporanea alradicalizzazione della comunità afro-americana, con i loro portavoce quali Malcolm Xe Martin Luther King, poi con il movimento Black Power di Stokely Carmichael eRap Brown, e più tardi con il Black Panther Party di Eldridge Cleaver, Bobby Seale eHuey Newton. Dal punto di vista musicale esso dimostra ancora una volta che, neljazz, il messaggio ha sempre la precedenza su qualsiasi altra cosa, e che lo swing nonè mai una certa tecnica accettata. Il free mostra che è possibile fare a menodell’armonia tonale classica, del metro stereotipato a 4/4, di battute e strutture perl’improvvisazione, di strumenti convenzionali e così via. Si può dire che, se ingenerale il riferimento per un’opera d’arte - per esempio in musica: note, armonia,ritmo del jazz “convenzionale” e delle canzonette - è esterno all’opera, nel caso delfree jazz è invece contenuto all’interno dell’opera - ossia, l’autore introduce uninsieme di convenzioni, o meglio di non-convenzioni, nell’opera stessa. Ne segue cheogni brano ha una tecnica musicale propria e può, o non può, mantenere alcune delleconvenzioni del jazz dell’epoca precedente. Quindi ogni opera è un esperimento a séstante ed originale.

Allo stesso tempo, il free accetta volentieri l’integrazione di elementi nonoccidentali, o non tradizionali, che possono provenire dall’Asia, dall’Africa, SudAmerica, e perfino dal folklore europeo - Jan Garbarek, un norvegese, ha inventato, oriscoperto, un folklore norvegese tutto suo, e ultimamente vi è molta attività nellerepubbliche baltiche, ed in Bulgaria, per definire una nuova musica e riscoprire latradizione, sotto forma di un linguaggio universale, nel quadro del jazz. Il free jazztende all’universalità e vuole diventare la lingua franca di tutti quelli che siidentificano nei suoi scopi, quali il rigetto di un’arte condizionata, mercantilistica esuperficiale, a vantaggio di un’espressione per la liberazione di tutti, in tutti i sensi.

Il free jazz non è stato neutro nella sua visione politica, avendo sostenuto le lottedegli anni ’60 e ’70, specialmente della comunità afro-americana: le rivolte diHarlem, Detroit e Watts nel 1965, l’opposizione alla guerra del Vietnam, ilmovimento studentesco del 1968 a livello mondiale, la ribellione alla prigione diAttica, New York. Inoltre, anche se le sue radici sono nel blues, non è più una musicadi esclusivo possesso di afro-americani, ma di tutti quelli che hanno simili scopi -come Astor Piazzolla con il suo Tango Nuevo (Tangata, Capitolo 12). È forse laprima volta nel jazz che un musicista non deve necessariamente mostrare le sue radici“nere” o identificarsi con la tradizione afro-americana (anche se vi sono precedenti,vedi Spike Hughes con le sue melodie irlandesi, capitolo 12) come i casi di CharlieHaden, Roswell Rudd, Carla Bley provano, e più ancora quelli di musicisti tedeschied europei.

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Ancora una volta posso affermare che altri esempi musicali sarebbero appropriatialmeno quanto quelli che seguono per illustrare il free jazz. I brani scelti mostrano lamia preferenza verso il sassofono tenore quale strumento principe del free jazz, acausa del suo tono possente, della riscoperta da parte dei solisti delle sonoritàindividuali degli anni ’30, e dei “fischiettatori” espressionisti come Illinois Jacquet, el’indipendenza dello strumento da armonie implicite, come nel caso della tromba.

La tecnica musicale del free jazz differisce da quella dei predecessori. Lostrumento viene esplorato in tutto il suo registro, incluse le note considerate spurie,per cui il tenore acquista quasi 4 ottave, circa il doppio dell’estensione tradizionale.Nuovi suoni, anche stridenti, vengono usati, specialmente quelli con “growl”, quellicon più di una nota contemporaneamente (vedi Harmonique di Coltrane, capitolo 12)o suoni “astratti” di cui non si distingue la nota, e quelli che richiamanol’immediatezza della voce. Il pianoforte è visto come uno strumento di percussione, ela batteria, e tutti gli strumenti della sezione ritmica, non rappresentano più ilmetronomo del brano, bensì voci che collettivamente contribuiscono all’opera. Ed ibrani si discostano dalla struttura piramidale dei precedenti: esposto del tema, qualcheassolo, poi tema (nel frattempo, la tecnica di registrazione permette brani che duranoparecchi minuti). La creazione viene invece vista come il contributo di tutti, spessocon assoli di tutti allo stesso tempo, collettivamente, inclusa la sezione ritmicasfuggita al ruolo di dover tenere il battito. Piace un elemento di casualità, spessoottenuto con notevole sforzo ed abilità - non è semplice creare un’impressione di“caso” - mentre le varie voci, discordanti o no, si mescolano. In una parola, l’accentoè sempre posto sull’impatto del suono, che vuole disturbare ed emergere dallo sfondo,imponendosi in un modo prepotente che non deve lasciare nessun dubbio sugli intenti.

In quanto al messaggio, nonostante i chiari riferimenti alla politica del momento -il nome dei brani lascia pochi dubbi, quali: Alabama, Attica’s Blues di Archie Sheppcon un discorso del famoso avvocato e attivista Michael Kunstler - è molto spiritualeper molti jazzisti, quali Coltrane, Ayler, Sanders, per raggiungere una sorta direligione universale di pace e libertà. Altre volte si tratta della riscoperta di un anticopassato (le bandelle di Ayler, l’Africa di Archie Shepp, che ha suonato con i Tuareg)o con le preoccupazioni e sofferenze del Terzo Mondo (come per Gato Barbieri,amico del regista brasiliano Glauber Rocha e dell’italiano Bernardo Bertolucci). Lasuperficie ruvida dei suoni del free jazz intendeva rappresentare un ostacolo al suorecupero futuro, che ha afflitto tutti gli stili di jazz precedenti: New Orleansbianchizzato a Chicago, Kansas City e Harlem lavato dalle orchestre bianche tipoHarry James, Glenn Miller e Tommy Dorsey, il be-bop “nobilitato” dal cool e dallaWest Coast, mentre per il free scostante la commercializzazione doveva essere piùdifficile.

Molto è stato scritto sul contenuto sociale e politico del free jazz. Leroi Jones ècertamente il padre di un’analisi del jazz che lega il jazz con il sociale [Jones1,Jones2]. Altri contributi cercano un legame con aspetti ideologici, come [Carles-Comolli] che ben descrive le realtà delle condizioni della società afro-americana, purse con qualche inaccuratezza. Forse qualcosa di simile può essere detto per [Kofsky],che contiene un’analisi accurata dello sfruttamento dei jazzisti da parte di compagniediscografiche, critici di jazz dell’establishment e proprietari di locali di jazz, contro iquali i jazzisti e la comunità afro-americana ha dovuto lottare, fra molti altri problemiesistenziali - nonostante una leggera distorsione della realtà nel caso di Coltrane,certamente un rivoluzionario con la sua musica e spiritualità, ma che non ha maiapertamente militato per alcun movimento politico. [Jost] è uno studio relativamenterecente del free ed i suoi interpreti.

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14.2. Gli esempi musicali

Bahia, una canzone brasiliana, è un esempio composto dalla successione di dueinterpretazioni, per mettere in evidenza la differenza fra il bop standard ed il free jazz.Il primo brano è di Stan Getz con il chitarrista Laurindo Almeida, ben interpretato inmodo soft, swing standard ripetitivo, in altre parole è musica che “si comporta bene”,come certo jazz degli anni ’50. Il secondo è un’esplosione del sassofonista argentinoGato Barbieri, dal suono potente ed aggressivo, sostenuto da vari strumenti apercussione. Verso la fine della sua frase avviene un evento impensabile ai tempi delbop: la frase ascendente viene suonata in un tempo proprio indipendente da quanto fala sezione ritmica, che pur contribuendo al tutto resta come sospesa nel tempo, comein un brano modale, fino a quando il solista desidera.

Nature Boy è una nota canzone interpretata da John Coltrane, che è passatoattraverso tutte le fasi dell’hard bop più difficile (come nei suoi brani Giant Steps,capitolo 12, Body and Soul, capitolo 5, il suo assolo in Straight, No Chaser, capitolo12, i brani con Monk del sottocapitolo 9.4) e quelli modali del capitolo 13, per poiapprodare a vari modelli di free jazz. In questo brano usa la tecnica di seguirel’armonia e la melodia generale del brano, senza molto rispetto per metro e velocità.Ossia, è come se ogni accordo diventasse un modo su cui improvvisare scale modali:via dalla prigione di battute e tempi! Un sistema usato da molti, come vedremo piùavanti.

Ascension è un brano lungo e potente per il quale Coltrane ha riunito i migliorimusicisti free dell’epoca. Non vi è alcuna struttura e l’opera vive per il proprioimpatto - direi, per lo swing.

Kulu Sé Mama è un contributo del percussionista e cantante Juno (Kulu) Lewis,assieme a Coltrane e Pharaoh Sanders. Il brano è in qualche modo tonale, perché èpresente un pedale sulla nota e", che è mantenuto in tutta l’opera. Il segmento iniziacon Juno Lewis che suona una conchiglia strombo - usata come richiamo nei mari delsud - sovrapposta al pianoforte di McCoy Tyner, trattato come una percussione, esopra ai tamburi. Il canto di Juno si mescola con gli altri fiati, il fagotto di DonaldGarrett, e poi i due sassofoni, fino a fare un tutto con le percussioni di Lewis ed itamburi di Elvin Jones.

Spirits Rejoice è uno dei tipici brani di Albert Ayler, che predilige vecchiemarcette e inni (come la Marsigliese), suonate leggermente stonate e fuori tempo, dadiverse voci che convergono occasionalmente, poi seguite dal suo assolo senza alcunriferimento a strutture o temi, che vive dei contrasti fra l’alto e il basso dellostrumento. Il tutto viene eseguito con un forte senso di ascesa, verso qualchespiritualità più alta. Più calma, Our Prayer è un’opera del fratello Don Ayler allatromba, sempre molto mistica.

Niema è uno dei primi dischi di Archie Shepp. dedicato a John Coltrane, la cuicomposizione è stata armonizzata e suonata dall’interprete, con il suo miscuglio dimodernismo e suoni antichi derivati da Ben Webster (si veda pure il suo Body andSoul, capitolo 5, ed i vari esempi di Webster negli altri capitoli).

Aum e Venus sono segmenti da un celebre disco di Pharaoh Sanders, Tauhid - checome spiega significa l’unità di Dio. Aum, o Om, è il primo suono pronunciato da unessere umano e rappresenta la totalità di Dio, come nel Panteismo. Venus è unareferenza astrologica. Entriamo nell’esempio musicale con un veemente assolo dichitarra elettrica di Warren Sonny Sharrock, seguito dal sassofono tenore di Sanderscon il suo suono aspro e dolce, che espone il tema con molto lirismo, sopra ad arpeggidi piano, con vaste pause fra i segmenti con note talvolta urlate, niente metro fisso,

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pur se con molte progressioni armoniche, sulle quali il solista si sofferma a piacere.L’esposto viene seguito ad un tipico assolo: niente accordi / niente ritmo / niente note,tipico del free jazz, i cosiddetti suoni astratti. È seguito da un altro tema lento, semprecon la sua sonorità agro-dolce, che ricorda un’esplosione contenuta, lirico e fuori deltempo. Si noti l’uso del registro superiore dello strumento nella seconda ripetizionedel tema. Riprende poi l’improvvisazione free totale ed usciamo prima del terzomovimento, Capricorn Rising.

Tango è un brano di Astor Piazzolla, che ha reinventato il tango argentino (vedasiTangata, capitolo 12). Il tema triste viene esposto da Gato Barbieri al sassofonotenore con una delle più belle sonorità della storia di jazz, sullo sfondo delcontrabbasso di Charlie Haden e del pianoforte di Lonnie Liston Smith. La tristezza èil preludio della rabbia, che si esprime nel prossimo giro, in cui Gato, con iltrombonista Roswell Rudd, “stira” il tema, come fa Coltrane, soffermandosi su ogniaccordo, trattato in modale. Guardate, sembra dire, come fa anche Phraoh Sanders,faccio vibrare e crollare i vostri grattacieli con le mie urla! L’umanità all’ombra dellevostre multinazionali si sta alzando e sollevando! Gli effetti del sassofono vengonousati per convogliare un senso di urgenza, ribellione, opinioni alternative, come purepace e speranza. Il finale brutale conclude l’opera.

Blossom è un brano di Keith Jarrett, che era il pianista di Charles Loyd, unsassofonista che ha divulgato alcuni aspetti del free jazz. Viene suonato da JanGarbarek con il compositore ed una sezione ritmica norvegese. Ovviamente Garbarek,con il suo suono ampio e lirico, è un discepolo della scuola Coltrane-Sanders (-Ayler),come Gato, ma, come si può udire, ha pure lui un modo molto personale di trattare ilmateriale.

Love Rejoice è un brano del sassofonista Kenneth Terroad, relativamentesconosciuto, incluso per scrupolo di completezza e per la forza - diciamo, lo swing -che la sua musica senza struttura è capace di evocare.

Una Muy Bonita è un esempio dei brani composti dal sassofonista OrnetteCoieman, che suonava un sassofono alto in plastica con un suono duro, e del modo incui procede all’improvvisazione senza troppo riguardo per la struttura musicale, bensìper il carattere del tema. La sua composizione Lonely Woman ottenne molte lodi daJohn Lewis del Modern Quartet, che la registrò e diffuse. L’assenza del pianofortecontribuisce all’impressione fluttuante dell’atmosfera armonica - come fecero anniprima Gerry Mulligan e Chet Baker, e pure Coltrane e molti altri. Don Cherry visuona la tromba, Charlie Haden il contrabbasso e Billy Higgins la batteria.

Per concludere, Bella Ciao è un brano che ho catturato al volo da unaritrasmissione di una stazione di jazz di New York. I musicisti sono sconosciuti e cosìpure l’origine, anche se è probabilmente italiana. Il sassofonista soprano sembra dire:non sono un nero che suona il blues del sud o di Harlem, ma un italiano del nord chesi identifica con le mondariso e la loro canzone di protesta durante il fascismo, ripresacome inno dai partigiani nella seconda guerra mondiale che hanno liberato l’Italia dafascisti e nazisti. Un assolo di pianoforte e di sassofono tenore di un collegariempiono il brano nella metà di questa battaglia sonora. È notevole come il solista alsoprano non lasci una sola nota “pura”, ma prende ognuna per “storcerla”, rigirarla,piegarla e modificarla da dolce a urlata, dando istintivamente la spiegazionedettagliata del carattere del brano.

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14.3. Conclusioni

Nonostante la sua superficie a volte scabra, il free jazz è capace di offriremomenti di lirico abbandono, sconosciuto in altre epoche del jazz, eccettuato forsenegli anni ’30. Il suo approccio universale ne fa lo stile per definizione di musicisticontemporanei fuori dal nord America, che ritrovano un modo per integrare il loropatrimonio tradizionale in una musica moderna e dinamica. E perché proprio nel jazz?Perché il jazz, come dimostra il free jazz, non è legato a qualche tecnica musicale odettaglio procedurale, come l’armonia occidentale o la dodecafonia. Il jazz è invecefocalizzato sul messaggio, musicale o altro, e sul suo impatto diretto sull’anima, ossia,sull’uomo prima che un processo intellettuale sia stato messo in moto, uncondizionamento che riduce la musica ad una relazione con un insieme di referenzepreesistenti, accettate supinamente da chi ha perso la coscienza di uomo che devemigliorare la società, coscienza che l’artista cerca di svegliare e far emergere da sottogli strati di giustificazioni ideologiche. All’estremo, Coltrane disse che esiste uninsieme di note che ha un impatto diretto, fisico sulla persona - ad esempio, se si hamal di testa esistono cinque note che lo fanno passare di colpo. Più realisticamente, iljazz ha l’ambizione di essere quell’espressione che parla all’essenza di un uomodirettamente - lo swing tradizionale, difatti, faceva ballare e muoveva piedi: il Savoydi Harlem, chiuso nel 1954, era chiamato “la casa dei piedi felici”. Il free jazz ricusaquest’uso utilitario della musica ed estende il concetto dello swing, per far sì che lapersona “veda”, “si renda conto” e “sviluppi la propria coscienza” grazie alla musica.Dunque il free jazz è la logica estensione dell’originalità che c’è nel jazz. Moltopericoloso.

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Capitolo 15Cinema e jazz

Questo capitolo non è un trattato sul cinema e non ha nessuna ambizione dicompletezza o accuratezza. Vi sono molti altri studi sui rapporti fra jazz e cinema.Quanto segue è una lista di film che ho visto e una giustificazione del mio modo divedere come si pongono in relazione con il jazz, senza pretesa di essere oggettivo. Neifilm scelti, il jazz ha una parte importante nell’opera, o come soggetto o nella colonnasonora. Il nome dei film è nella loro lingua originale.

New Orleans, 1946. Ci si aspettava un film ben documentato sulle origini deljazz, da New Orleans alla leggendaria (letteralmente: è una leggenda) migrazione daStoryville verso Chicago nel 1917. Si tratta invece di un fallimento totale - o quasi - edi un’opera ignorante e razzista - aggettivi che vanno spesso assieme: zeppo di fattiantistorici ed errati sui jazzisti e la loro musica, che rinforzano lo stereotipo delmusicista nero stupidamente felice e intuitivamente geniale senza alcuna coscienzadella sua arte (“Louis, ma questa nota non è nemmeno nella scala diatonica”, affermauno pseudo-professore di musica che si dà arie di saperne qualcosa: forse che i quartidi tono di Bartòk sono nella scala cosiddetta scala diatonica?). Billie Holiday, comealtri membri dell’avanguardia intellettuale afro-americana - aveva registrato la suaStrange Fruit, capitolo 12, per una casa discografica appena sorta, dopo che laColumbia si rifiutò per viltà - si aspettava ben di più dal film, quale il riconoscimentodel ruolo innovativo dei musicisti di jazz, che all’epoca di Hawkins e Young avrebbedovuto essere ben compreso. Invece, essa dovette interpretare il ruolo di cameriera delpersonaggio interpretato da una stupida bionda, il cui nome non vale la pena dimenzionare. L’apoteosi della scempiaggine sta nel pessimo uso dell’orchestra diWoody Herman (che non ha niente a che fare né con New Orleans né con Chicago) inuna manifestazione alla Carnegie Hall, con molti pianoforti a coda ed un’orribileorchestra sinfonica che suona il pessimo tema del film “Do you know what it meansto miss New Orleans”, uno pseudo-tema jazz con qualche cattivo passaggio, comel’uso della nona su di accordo di settima di dominante sul secondo grado sul primotempo della quarta battuta. Si potrebbe benissimo scordare questo film e buttarlonell’inferno delle scemenze di Hollywood, se non fosse per le scene con LouisArmstrong (che suona il suo famoso West End Blues, capitolo 3), Kid Ory, BarneyBigard (in questo libro appare sempre con l’orchestra di Duke Ellington) e BillieHoliday (che tuttavia recita una parte ben migliore nel breve film del 1935“Symphony in Black” con Duke Ellington). Ossia, il merito del film sta proprio inquelle sequenze che nel 1946 venivano considerate accessorie e senza valore. Unaprova in più che, almeno a quell’epoca, la società americana non sapeva comecomportarsi con un fenomeno come il jazz, che proveniva dalla cultura di ex-schiavi,e non da una classe media con falsi valori - più o meno come l’Europa non seppecome comportarsi con la cultura dei gitani, eccettuato nei campi di concentramento.

Paris Blues, 1961. Un film con Newman ed una buona colonna sonora di DukeEllington. Newman è un trombonista - domanda: perché un trombonista di jazz in unruolo da protagonista debba essere bianco; la risposta è ovvia - che ha qualcheproblema a Parigi. Il film vale quasi niente e nemmeno la bella musica lo salva. Davedersi per capire quali idee sul jazz girassero a Hollywood a quel tempo.

Anatomy of a Murder, di Otto Preminger, con James Stewart, Ben Gazzara andLee Remick, 1959. Penso che sia un capolavoro, non solo per la colonna sonora di

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Duke Ellington, anche se è magnifica. Si tratta di un thriller nella sala di un tribunale,con una trama che affascina da sé. Tuttavia il jazz vi gioca un ruolo episodico, anchequando James Stewart suona il blues al pianoforte, perfino con il maestro Ellington.

Sait-On-Jamais, 1957, di Roger Vadim, con colonna sonora del Modern JazzQuartet. Come molti film di Vadim, si tratta di spazzatura pseudo-intellettuale chenon si salva nemmeno per il fatto che si svolge a Venezia. La bella musica del MJQ ètotalmente sprecata. Fortunatamente John Lewis ne ha fatto una suite, che vive megliosenza il film (vedasi Rose Truc, capitolo 3; Cortege, capitolo 12).

Les Liaisons Dangereuses, 1960, di Roger Vadim, con colonna sonora delquartetto di Thelonious Monk, e specialmente di Art Blakey con Barney Wilen,sassofonista, Lee Morgan, trombettista e Duke Jordan, pianista e compositore. Il filmvive grazie al buon lavoro di attori come Jeanne Moreau e Jean Louis Trintignant, mala musica è usata molto male. Il peggio capita al magnifico brano, edimprovvisazione, di Barney Wilen al sax soprano nel cabaret di Mégève, Prelude inBlue (capitolo 12), massacrato in modo abominevole. Per fortuna la musica è statapubblicata su disco e sopravvive ben oltre al film.

Ascenseur pour l’échafaud, 1957, di Louis Malle, con colonna sonora di MilesDavis. Un grande film, anche se il jazz appare solo come colonna sonora. JeanneMoreau è in splendida forma, e così è Miles Davis, che si dice abbia improvvisatodirettamente guardando le scene del film. La colonna sonora è disponibile su disco.Louis Malle andrebbe complimentato per il costante buon uso del jazz nei suoi films:Charlie Parker in Souffle au coeur con Lea Massari, Jelly Roll Morton in Pretty Baby,su di un bordello di lusso di New Orleans, con Brooke Shields.

Young Man With a Horn, 1950, con Kirk Douglas e Doris Day. L’aspettopositivo di questo film è di rendere il fuoco sacro che arde in un ragazzo che ama latromba e diventa un musicista di jazz, apprendendo da un gentile suonatore nero(almeno si paga qualche tributo a chi lo merita). Scade un po’ quando l’enfasi passa aiproblemi personali del protagonista con sua moglie, che non hanno molta rilevanzacon il resto. A differenza di altri, tuttavia, può essere visto oggi senza eccessivarabbia, e la musica è spesso accettabile.

Round Midnight, di Bernard Tavernier, 1986. Senza dubbio il miglior film suljazz. Non a causa di Tavernier, nonostante sia un grande regista, e non solo perché sibasa sulla storia vera del sostegno ed ammirazione di Francis Paudras per Bud Powellquando stava decadendo malamente a Parigi. Bensì a causa della recitazione di DexterGordon, uno dei massimi sassofonisti della storia del jazz, che ebbe piena libertà di“correggere” lo scritto di Tavernier - un po’ come fanno i jazzisti quando rifanno ibrani, come nel capitolo 6. Da ammirare le scene in cui Dexter, alla domanda se avevadonne, risponde “sicuro” ed accarezza il suo sassofono, e quando spiega che Monet ètutto be-bop. Quasi niente è al posto sbagliato, eccettuato forse le scene in cui Francisinvita Dexter dai suoi a Lione, o quando sono su di una spiaggia nel nord dellaFrancia - forse fantasie del regista, che si possono perdonare. Una bella ricostruzionedello squallido ma affascinante albergo a Times Square - è in un posto simile cheLester Young trascorse molti anni bevendo gin. Eccellente musica di Herbie Hancock,disponibile su due CD.

Bird, 1988, di Clint Eastwood. Sfortunatamente una delusione, nonostante unabuona recitazione di Forest Whitaker. Sembra una sequenza di episodi sconnessi dellavita di Parker nella quale, al contrario del film di Tavernier, non è possibileintravedere la complessità del mondo musicale del grande sassofonista. In più lospettatore soffre dell’orribile trucco di Lennie Niehaus - un jazzista fallito che hasempre tentato di imporre le sue idee corrotte sull’arte - quello di isolare

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elettronicamente gli assoli di Parker e di sovrapporli a sezioni ritmiche moderne (iltutto è reperibile su CD, che conservo con cura come monumento all’imbecillità), untrionfo del kitsch ed una presa in giro dell’idea di swing, che viene creato al momentodall’interazione stretta fra musicisti. Un peccato, perché spesso Eastwood usa jazz eblues in modo rispettoso e corretto nei suoi films (ad esempio, in Line of Fire, inBridges of Madison County) e sembra esservi molto sensibile. Ma forse ci vuol di piùdi un entusiasta di jazz per fare un buon film su questo soggetto.

Cotton Club, di Francis Ford Coppola, 1984. Vi era grande aspettativa perquesto film fra l’intelligentia afro-americana dell’epoca. Sfortunatamente, nonostantela ricostruzione eccellente del locale in cui si esibiva Duke Ellington e molti altrigrandi del jazz, ed il ballo ricostruito del grande Bill “Bojangles” Robinson, il film siconcentra su Richard Gere - il quale suona un’imitazione decente di Bix Beiderbecke,che però non c’entra niente - e la sconosciuta attrice bionda che diventa la sua amante.Dunque il jazz, come al solito, passa in secondo piano. Delusione.

Mo’ Better Blues, di Spike Lee, 1990. Non si può certo dire che Spike Lee sia unregista che esiti a sollevare le problematiche della comunità afro-americana, come isuoi film Malcolm X, Do the Right Thing and Clockers dimostrano esaurientemente.Affermò che prese come modello, per il trombettista di questo film, il sassofonistaColtrane, e che questa sua opera avrebbe reso popolare il jazz ed i suoi eroi fra igiovani neri. Sfortunatamente niente di ciò appare nel film. Quello che resta è la storiadi un trombettista il cui amore oscilla fra due donne - forse ispirato dalcomportamento di Parker fra Doris Sydnor e Chan Richardson, di scarso interesse perlo spettatore - fino a quando non riesce più a suonare ed alla fine è suo figlio asuonarne i brani sul sassofono - aspettandosi forse qualche lacrima, ma non da me.Purtroppo è un’altra delusione come Bird. Un vero peccato che un bianco francesecome Tavernier riesca meglio che un afro-americano militante come Lee.

Bix, di Pupi Avati, Italia, 1990. È la storia di Bix Beiderbecke, fatto bene e giratoproprio nei luoghi dove operava il cornettista: Iowa, Indiana, Illinois. La musica èstata ricreata ed è eccellente: i Wolverines, l’orchestra di Jean Goldkette, i gruppi diBix. Il famoso Singing the Blues, con l’assolo di Frank Trumbauer che Lester Younglodava, è stato ripulito o ricreato tecnicamente in modo incredibile. Naturalmente iltema della vita di Bix si presta bene: una figura romantica, che muore a 28 anni,all’epoca del jazz dei ruggenti anni ’20, dopo aver lasciato un marchio indelebile suljazz - Rex Stewart lo imita: Bix è il primo bianco, ed uno dei pochissimi, ad essereimitato da neri. Lo spirito del tempo, ed il mondo di questi bianchi che frequentavanol’università mentre studiavano il jazz, lontano dai ghetti e dalla comunità afro-americana, sono ben resi.

Just Friends, di Marc-Henri Wajnberg, Belgium, 1993. È una storia divertente diun sassofonista tenore nel Belgio, che suona a Bruxelles e Anversa e sogna di andarea vivere a New York (tra l’altro, anche se probabilmente senza legami con ilpersonaggio del film, un caso simile è successo a Bobby Jaspar, che si rese famoso aNew York). Probabilmente concepito da un appassionato di jazz, niente in questo filmè errato o offensivo per chi ama questa musica. Vi è qualche punto debole - come lestorie del nostro eroe con le sue amanti, non particolarmente attraenti, soprattuttosvestite - e qualche altro punto forte, come quando egli attacca una versione veloce diCherokee (un po’ come Koko di Parker, capitolo 6) facendo scappare tutte levecchiette da un noioso “tea party” da cui viene buttato fuori, e la riunione di circa 20bassisti sulla piazza centrale di Anversa. Non mancano dettagli di erudizione, comequando il nostro eroe ascolta alla radio un concorso a domande sul jazz, e vienechiesto ad un suo amico chi sia il trombettista in un brano in cui aveva già identificato

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Ben Webster al sax tenore (presente in molti capitoli di questo CD-ROM), ed eglicerca disperatamente di inviargli per telepatia la difficile risposta: Benny Carter, disolito sassofonista! (capitolo 8). Quindi il suo ultimo sogno prima di partire, in cuivede Bird, Charlie Parker, che suona: si tratta infatti dell’unico spezzone, da unatrasmissione televisiva, con Parker e Gillespie. Gli assoli di sax tenore nella colonnasonora sono di Archie Shepp.

Kansas City, di Robert Altman, 1996. Questo film mi piace per l’accuratezzanella ricreazione dell’epoca. Tutto collima con ciò che un appassionato di jazzconosce della Kansas City di quel tempo: i personaggi citati - ad esempio, il chirurgodi Bennie Moten (Moten Swing, capitolo 6, e New Orleans, capitolo 12; Moten muorenel 1935 e Count Basie riprende l’orchestra), la madre di Charlie Parker, Addi, LesterYoung, Coleman Hawkins e la loro battaglia (capitolo 7); i personaggi visti omenzionati, come Tom Pendergast (il gangster che aiutò Harry Truman a decollare), ilganster John Lazia, ecc.; e personaggi che si vedono o riconoscono, come la pianista -Geri Allen, fatta somigliare a Mary Lou Williams - Count Basie, ed il barman checanta il blues modellato su Big Joe Turner. E questo vale anche per la ricreazione deiluoghi: i locali di jazz, le strade, la grande stazione ferroviaria. La parte debole è latrama, che non ha niente a che vedere con il jazz, afflitta dalla recitazione esagerata,con voce acuta sgradevole, di Jennifer Jason Leigh, mentre Harry Belafonte è grandee Miranda Richardson eccellente.

Sembrerebbe quasi che Altman volesse fare un film sulla sua città e il suo grandejazz ma che, quale regista hollywoodiano, dovesse metterlo sotto forma di unaqualche storia. Difatti, con il materiale raccolto, fece un secondo film, con solo lescene di jazzisti che suonano, Jazz ’34: Remembrances of Kansas City Swing(1996). Pur fatto oggi, si tratta di un eccitante ed interessante film storico. Inoltre offreuna proposta su come trattare un problema mai ben risolto nel jazz (vedasi il capitolo9 sui compositori): quello di come ricreare il jazz del passato. Nella musica classica sisuona lo spartito, che si suppone contenga più o meno tutto. Ma l’essenza del jazz nonè nello spartito, bensì in tutti quegli elementi non oggettivabili (e non strettamentemusicali) che vengono chiamati collettivamente “swing” (ecco perché non è lospartito che è il documento del jazz, ma l’opera registrata, che glorifica un momentoparticolare, come trattato nel capitolo 1). Quindi, come risolvere il problema? Forsesuonando jazz antico ricreando esattamente gli stessi suoni ed accenti (orribile anchefosse possibile) oppure usando trucchetti moderni in un contesto antico (forse kitsch)?Gli assoli vanno ricopiati nota per nota dagli originali, o rifatti improvvisando dinuovo su vecchi arrangiamenti? Vi sono stati vari tentativi, ad esempio quello citatosopra di Lennie Niehaus in Bird di Clint Eastwood, ossia di estrarre gli assoli diParker e sovrapporli ad una sezione ritmica moderna (interessante ma terribile, unaviolazione totale dell’idea della creazione collettiva, sulla quale insistono i partigianidel free-jazz, nonché dell’idea che lo swing non è una semplice sovrapposizione disuoni). Tavernier con Dexter Gorgon in Round Midnight salta il problema a piedi pariregistrando nuova musica. Nel film Jazz ’34, invece, abbiamo un approccio nuovo:quello di lasciar interpretare a jazzisti contemporanei brani antichi nel loro stile, manello spirito del tempo (come fa Archie Shepp nel suo Body and Soul, capitolo 5). Èevidente che vengono pagati tributi ai pionieri - lo swing e la freschezza sono lì atestimoniarlo - ma al tempo stesso i moderni non esitano a mostrare la loro tecnicaodierna e controllo degli armonici - specialmente i tenori come Joshua Redman eJames Carter: il secondo è appassionato di riunioni con gli anziani, che dà il titolo adun suo CD (vedasi Parker’s Mood e Jim Dog, capitolo 3). Il tutto appare come seavessero creato nel 1995 un universo virtuale e parallelo alla Kansas City del 1934,

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dunque distinto dalla musica del tempo, ma che ambisce alla stessa legittimità.Dunque, anche la ricreata battaglia fra Coleman Hawkins e Lester Young (JoshuaRedman e James Carter, se non sbaglio) in Yeah, Man (vedasi l’originale Yeah, Man,capitolo 4) deve essere relativizzata: è una fantasia, poiché gli originali nonsuonavano in quel modo, ma le relazioni fra i due valgono, fino ad un certo punto(capitolo 7). La musica è affascinante e vale per se stessa, e la qualità è abbastanzaalta per giustificare l’acquisto del film o del CD. In più, il film contiene i commenti diHarry Belafonte, interessanti e pertinenti, e scene di Kansas City ricreata come nel1934, affascinanti e - da quel che immagino - autentica (io non c’ero, ma Altman sì).

Sweet and Lowdown, di Woody Allen, 1999. La ragione per la quale questo filmè unico è che, se Coppola o Altman hanno dovuto appesantire il loro film con unatrama che distoglie l’attenzione dal vero protagonista, il jazz, e se Tavernier ha dovutofarsi da parte e lasciare la scena a Dexter Gordon, Woody non ha dovuto farnient’altro che raccontare una delle sue solite commedie grottesche: quella di unchitarrista ossessionato da Django Reinhardt. Allen dovrebbe essere complimentatoper il suo uso costante di buon jazz nei suoi film: l’assolo di Hawkins da Out ofNowhere (capitolo 7) in Reconstructing Harrry, il brano di Carter Sweet GeorgiaBrown (capitolo 5), dalla stessa sessione, in Crimes and Misdemeanors - quantiappassionati di jazz americani conoscono questi dischi oscuri registrati in Europa? -All the Things You Are di Art Tatum e Ben Webster (capitolo 5) in September, TakeFive (capitolo 12) e Lil’ Darlin’ di Count Basie in Mighty Aphrodite. Anche quiAllen ci conduce nel suo mondo, un mondo che ben calza quello di un immaginariochitarrista di jazz (con immaginari critici, registrazioni, riunioni impossibili comequella, dopo la terza versione dell’incidente d’auto, con Buck Clayton, allora aShanghai, Coleman Hawkins, allora in Europa, e Teddy Wilson, relativamentesconosciuto a quei tempi). Il tutto accompagnato da brani di jazz vero e grande, comeSince My Best Gal Turned Me Down del gruppo di Bix Beiderbecke (vedasi laversione di Lunceford, capitolo 10), ripresa due volte, ed altri del Quintette à cordesdu Hot de France (Ultraphox, Chapter 4). Per concludere, anche se questo non è fra imaggiori film di Woody Allen né il più gran film sul jazz, è però una commediabrillante e divertente, da vedersi, che vendica chi ama il jazz per la sua passione, piaceper gli eccellenti riferimenti musicali, e permette a tutti di apprendere qualcosa suljazz divertendosi.

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Capitolo 16Bibliografia e referenze

16.1. Lista di referenze, con tutte quelle menzionate nei capitoli precedenti

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16.2. Commenti

Non ho problemi ad ammettere che parecchi libri o riviste degni di lode non sonoinclusi nella lista del sottocapitolo precedente. Tuttavia, i libri citati hanno un grandevantaggio: li ho letti tutti, in qualche caso più di una volta. Cercherò di raggrupparli incategorie per aiutare il lettore che vorrebbe andare al di là di ciò che ho scritto nellepagine precedenti, affinché possa verificare le mie asserzioni e sentire opinionidiverse - dopo tutto, nel jazz come altrove esistono interpretazioni altrenative.

Come primo, vi è un certo numero di testi che trattano la storia del jazz:[Stearns], relativamente completo; [Lang], anche se solo fino agli anni ’30,interessante per la cronaca di New Orleans ed il trattamento del blues, pur se con unpregiudizio antico sul jazz più moderno; [Panassié], affascinante per la cronaca deljazz a Parigi negli anni ’30; [Delaunay1], sul jazz in Francia; [Russell2], su KansasCity; [Schuller1] e [Schuller2], una disquisizione dotta e musicologica del jazz; nellostesso stile [Hodeir1], uno dei primi approcci musicologici seri e profondi su alcuniaspetti del jazz; [Shapiro-Hentoff], un insieme di interviste che coprono tutta la storiadel jazz; [Allsop], non un libro sul jazz, ma che ne tratta un luogo privilegiato,Chicago, ed un’epoca, gli anni ’20, che ebbero importanza cruciale per lo sviluppo del

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jazz, con un capitolo dedicato ad esso; [Gitler], sul be-bop; [Jost] sul free jazz, e[Destefano], sul ragtime e la preistoria del jazz.

Collegata a questa categoria vi è quella dei libri di fotografie, che attraversano lastoria del jazz: per esempio, [Driggs-Levine], con fotografie storiche; [Stock], fotodegli anni ’50 ma dei maggiori jazzisti; [Dale], che attraversa periodi storici;[JazzHot], una bella collezione di foto storiche.

Sempre collegata con la storia vi è la categoria degli studi sociologici sul jazz inrelazione alla società e cultura: [Jones1] ne è l’origine del filone e [Jones2] è unacollezione di articoli; [Carles-Comolli] prova a collegare la storia recente dellacomunità afro-americana e la radicalizzazione politica con il free jazz; [Kofsky] è unadenuncia interessante dello sfruttamento dei musicisti neri, in particolare daiproprietari di locali, dalle ditte discografiche e dai critici, anche se, come ilprecedente, sforza un po’ la connessione con la politica rivoluzionaria di jazzisti piùpreoccupati con la spiritualità, come Coltrane; [Mäusli], una collezione di articoliapparsi in una conferenza; [Streulet], tesi universitaria sul jazz in Germania; [Lucchini],un libro recente sulla relazione fra jazz e società americana; e specialmente [Sidran],tesi originale e convincente sulla natura e origine orale del jazz, quella Africana, incui a differenza di quella occidentale non è lo scritto che conta, ma il modo in cui ilmessaggio viene espresso, proprio come lo swing nel jazz.

Vi è poi una serie di libri dedicati ad un musicista specifico, come: [Chilton] aColeman Hawkins; [Cheney] a Mabel Mercer, cantante relativamente poco nota diorigine afro-britannica che è l’ispiratrice degli stili non urlati, ben articolati, degli anni’40 e dopo; [Boujout] ad Armstrong; [Barker] al leggendario Buddy Bolden, di cuinon esistono registrazioni; [Dance] e [Murray] a Count Basie; [Ellington] e [Tucker] aDuke Ellington; [Delaunay2] a Django Reinhardt; [Davis] a Miles Davis; [Russell3] e[Reisner] a Charlie Parker; [Gourse] a Thelonious Monk; [Mingus] a Charles Mingus,anche se si tratta più di un romanzo provocatorio che di una collezione di fattirealmente accaduti; [Moore] a Bessie Smith; [Holiday] è un’autobiografia; [Porter] aLester Young; [Simpkins] and [Thomas] a John Coltrane; [Vance] a Fats Waller;[Lomax] a Jelly Roll Morton, il testo che va insieme con le registrazioni allabiblioteca del Congresso, uno dei primi approcci musicologici alle origini del jazz;[Mezzrow] a sé stesso ed al jazz degli anni ’20 e ’30, un’interessante descrizione dinun’altra America, anche se da un musicista di quart’ordine e pessimo musicologo,tuttavia una lettura affascinante nonostante le idee sbagliate sul jazz e sul blues; e[Balliett], su 56 jazzisti.

Infine ho incluso referenze a libri su: critica del jazz, come [Vian] e [Hodeir2], etutta la serie dei “Cahiers du Jazz”; ad altri che hanno collegamenti con il jazz, come[Hodeir3] che è un trattato sulla musica moderna (Bartòk, Webern) contemporanea aljazz; [Russell1] è un trattato teorico sulla melodia nel jazz moderno che si appoggiasul modo lidio; [Lucchini1] è uno dei primi esempi di tradurre l’armonia tonale classicain algoritmi e funzioni ricorsive di espressioni simboliche (nel linguaggio LISP)mentre [Lucchini2] usa questa tecnologia per realizzare una sezione ritmica completacon pianoforte, contrabbasso e batteria che legge da una griglia, suona note ed effettuasostituzioni di accordi; [Sabatella] è un trattato con qualche somiglianza con questolibro, ma si prefigge di educare il musicista, non l’ascoltatore, e presume notevoliconoscenze preesistenti; [Acosta] tratta dello sviluppo della musica afro-cubana, cheassieme a quella dei Caraibi ha dato molto al jazz e allo swing, mentre [Guillén] trattadel son, il tipico ritmo afro-cubano che Jelly Roll Morton descrive come “basso allaspagnola”, che noi chiamiamo habanera. Infine [Bilmes] è uno dei progetti piùaffascinanti di ricerca dello swing nella musica afro-cubana chiamata guaguanco, in

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cui cinque tamburi suonano assieme ma non cadono mai esattamente assieme sulbattito, bensì spostati di qualche millisecondo (come le sezioni dell’orchestra di jazz,le mani di un pianista, e così via): questi tamburi sono stati registrati individualmentee risintetizzati usando varie funzioni matematiche per il calcolo dello spostamento neltempo, per vedere quale formula massimizza lo swing.