17 15 rassegna stampa fisac dal 20 apr al 26 apr

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Rassegna stampa settimanale n. 17/2015 ____________________________ Dal 20 aprile 2015 Al 26 Aprile 2015 A cura del Dipartimento Comunicazione (C.Hoffmann – V.Vitale)

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Transcript of 17 15 rassegna stampa fisac dal 20 apr al 26 apr

  • Rassegna stampa settimanale n. 17/2015 ____________________________

    Dal 20 aprile 2015 Al 26 Aprile 2015

    A cura del Dipartimento Comunicazione (C.Hoffmann V.Vitale)

  • BANCHE

  • 6 CORRIERECONOMIA LUNED 20 APRILE 2015

    Il riassetto del settoreLe mosse delle big

    Credito

    I NUMERI I RISULTATIUtile nettoin milionidi euro152,4

    milioni

    3,3miliardi

    Patrimonio netto*

    16,1%

    IndicatoreCet1

    1,77miliardi

    Totaleattivi

    500

    Numerodipendenti

    70.000

    Numeroclienti

    Raccoltatotale * A fine 2014

    2012 2013 2014

    7,2

    4,8 4,0

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    L affascinante idea diunire il Banco Popola-re e la Banca Popolaredi Milano, sta deline-ando i propri contorni. Lobietti-vo industrialmente ambizioso,si verrebbe a creare una bancache emergerebbe in Italia subitodopo i due colossi Unicredit e In-tesa, con una presenza importan-te in alcune regioni strategichedal punto di vista industriale edeconomico: Toscana, Emilia-Ro-magna, Piemonte, Lombardia,Veneto.

    ContattiIl progetto ancora nella fase

    embrionale, ma i contatti ci sonostati. Senza crismi di ufficialit,ma concreti. Le parti, infatti, siconoscono da tempo. Il presiden-te del consiglio di Sorveglianzadella Bpm, lex ministro DinoPiero Giarda stato per anni am-ministratore del Banco Popolaree diversi amministratori di allorasiedono ancora nel board dellabanca veronese. Si conosconobene anche gli amministratoridelegati dei due gruppi, PierFrancesco Saviotti (Banco) eGiuseppe Castagna (Bpm), chehanno lavorato assieme nellavecchia Comit e si sono ritrovatiin Intesa Sanpaolo quando Sa-viotti rientr alla banca di PiazzaScala. In particolare, sembra cheCastagna e Saviotti si siano vistinelle scorse settimane a Milanoe, incrociando le agende, abbianofissato un nuovo appuntamentoentro la fine del mese di aprile.

    Risvolti industrialiIl progetto, come detto, ha ri-

    svolti industriali importanti.Sommando algebricamente i da-ti di bilancio allo scorso 31 di-cembre, si otterrebbe un gruppocon 170 miliardi di attivi, 10 mi-liardi di capitalizzazione borsisti-ca (ai depressi valori di oggi),120 miliardi di raccolta diretta, eoltre 110 miliardi di crediti versola clientela. Numeri da terza ban-

    ca italiana, con ampio margine divantaggio sulle quarte (Ubi eMonte dei Paschi, che peraltrosembra stiano studiando un loroprogetto comune). Certo, sonoanche numeri che andrebberodepurati da alcune sovrapposi-zioni, ma la dimensione del pro-getto incontra il favore sia delleautorit italiane che della vigi-lanza europea, oltre a interessan-ti opportunit di sviluppo. Nonmancano, per, gli ostacoli.

    La Popolare di Milano, adesempio, non vorrebbe rinuncia-re alla sede sotto la Madonnina.Difficile contrastare una simileposizione. Per quanto il Banco

    Popolare sia oggi nettamente pigrande, come confermano i nu-meri di bilancio (evidenziati nel-la tabella in alto), la centralitdella citt lombarda rispetto aiterritori coperti, oltre al ruolo dicapitale economica, non con-cedono chance alle possibiliistanze veronesi. Vanno quindiricercati dei nuovi equilibri.

    La governance, dovrebbe ri-posizionare i pesi, considerandoanche le dotazioni di capitale del-le due banche, non solamente ladimensione delle strutture e nondimenticando neppure che PierFrancesco Saviotti ha gi annun-ciato che la sua straordinaria av-ventura al Banco Popolare si con-cluder definitivamente con lap-provazione del bilancio 2016, nel-la primavera 2017.

    Cos per il Banco, la Milanoappare essere la prima opzione. Al momento lunica. A Veronahan fatto capire di non essere in-teressati a un polo del Nordestcon Veneto Banca e Popolare di

    Vicenza: vogliono una aggrega-zione forte, che dia vita, come sisussurra nei corridoi della sededi Piazza Nogara, a una granbella banca.

    Creazione di valoreLunico vero pre-requisito da

    soddisfare appare proprio que-sto: che da una futura aggrega-zione la banca esca con unastruttura solida, ambiziosa, di li-vello nazionale. Il tempo degli in-terventi di salvataggio, da Nova-ra a Lodi a Italease, scaduto.Oggi, sia Saviotti che il presiden-te Carlo Fratta Pasini appaionoorientati a un atteggiamento ag-gressivo nei confronti dei merca-ti e la prossima trimestrale do-vrebbe sottolinearlo, anche per-ch dopo la pesante perdita del2014 dovrebbero emergere i be-nefici della fusione di Italease(85 milioni) a cui poi affiancare i150 milioni di euro derivanti dal-la cessione dellIcbp. Quindi, daVerona, nessun interesse nei con-fronti delle banche pi piccole: sipensa in grande, a una aggrega-zione che crei valore, che non siapenalizzante per i conti, n per lareputazione degli istituti coinvol-ti. Bpm oggi il partner ideale.

    Visioni lombardeE Milano? A una parte del bo-

    ard della Bpm interessa esplora-re lipotesi di aggregazione con laBper, la Popolare dellEmilia-Ro-magna guidata da AlessandroVandelli. Il matrimonio stava giper celebrarsi qualche anno fa, aitempi della presidenza milanesedi Roberto Mazzotta. Naufragallultimo, per il colpo di coda deisindacati interni. Riproporlo og-gi interessante dal punto di vi-sta industriale, ma assai menodellipotesi Banco. Anche perchla Bper sembra pi interessata amuoversi autonomamente versoaltre direzioni: il Veneto, la Val-tellina. A rigor di governancesembra poi che il boccino sia og-gi in mano al consiglio di gestio-ne della PopMilano, quindi alpresidente Mario Anolli e allam-ministratore delegato Castagna.A loro le prossime mosse. Intan-to, si avvicina la trimestrale, il cuirisultato dovrebbe beneficiare diun portafoglio ricco di titoli distato ben comprati.

    @Righist RIPRODUZIONE RISERVATA

    Lanalisi Dalla fusione nascerebbe la terza banca italiana. E una presenza chiave nelle regioni pi ricche

    Banco & Bpm Ecco come sarla Superpopolare del Nord Attivi per 170 miliardi, pi di 2.500 sportelli e 10 miliardi di capitalizzazione

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    Carlo Fratta Pasini,presidente

    Banco Popolare

    Dino Piero Giarda,presidente

    Bpm

    Pier Francesco Saviotti,amministratore delegato

    Banco Popolare

    Giuseppe Castagna,amministratore delegato

    Bpm

    L'UNIONE FA LA FORZACome sarebbe la nuova bancaDati in milioni di euro

    Margine di interesse

    Proventi operativi

    Oneri operativi

    Risultato gest. operativa

    Totale attivit

    Crediti verso clientela

    Raccolta diretta

    Sportelli

    Dipendenti

    Soci

    Capitalizzazione di Borsa

    2.355,746

    5.007,432

    3.243,043

    1.764,409

    171.353,497

    111.902,446

    123.300

    2.585

    25.846

    313.359

    9.600

    TOTALE+

    +

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    1.555,575

    3.385,886

    2.269,328

    1.116,558

    123.081,686

    79.823,603

    86.500

    1.812

    18.000

    200.000

    5.300

    BancoPopolare

    800,171

    1.621,566

    973,715

    647,851

    48.271,811

    32.078,843

    36.800

    773

    7.846

    113.359

    4.300

    Bpm

    Fonte: Bilanci societari 2014 e Borsa Italiana

    Verona punta a una aggregazione che crei valoreMilano vuole la sede

    G li ultimi due week-end hanno posto pidi 200 mila piccoli azionisti della BancaPopolare di Vicenza e di Veneto Bancadavanti a una realt che molti hanno compresoin ritardo. Infatti, per una somma di motivi, lin-vestimento nelle due popolari non quotate si starivelando un dispiacere. Le azioni allinizio delmese hanno perso un quinto del loro valore, masoprattutto non sono liquidabili. Dopo lunghianni di crescita sia dellinvestimento in conto ca-pitale che dei dividendi distribuiti, il risveglio particolarmente brusco.

    Il clima rovente delle due assemblee, conaperte contestazioni ai board e gruppi di azioni-sti che si coalizzano per promuovere improbabi-li class-action, hanno solo evidenziato la fragili-t della struttura cooperativa rispetto a istitu-zioni finanziarie che non possono perseguire ifini mutualistici dietro ai quali, troppo a lungo,si sono nascosti i signorotti del credito locale.

    Quel tempo finito.E infatti la Popolaredi Vicenza e VenetoBanca stanno lavo-rando a un futurocomune, una fusio-ne che faccia nasce-re una realt di mag-giori dimensioni ecentrata nel Veneto.

    Ma quello che an-cora non apparechiaro che il gran-de vantaggio pro-

    spettico di questa operazione deriva dalla parti-colare situazione delle due: essendo popolari non quotate potrebbero realizzare una fusionecarta contro carta, senza tirar fuori un euro. Sa-rebbe un primo passo verso la nuova normalitrichiesta dal controllore europeo, la Bce. Un pri-mo passo, firmato dai presidenti Gianni Zonin eFrancesco Favotto (foto), non il passo definitivo.Perch basta considerare le dimensioni del-loperazione che si sta studiando tra Banco Po-polare e Bpm per capire che la banca del Veneto,risultante dalla (ancora ipotetica) fusione tra Vicenza e Montebelluna, non potrebbe soppor-tare il confronto. Si renderebbe necessario unaltro step, nel senso del consolidamento. Per non dire degli aspetti patrimoniali. gi emerso e le parole di Samuele Sorato, amministratoredelegato della Vicenza vanno finalmente nel se-gno della trasparenza dei fini e dei mezzi che aVicenza gi stata autorizzata unoperazione sulcapitale per un ulteriore miliardo di euro. Baste-r? Numeri alla mano, no. I soci, quelli di lungadata come i 26 mila nuovi della Vicenza, farannobene a metabolizzarlo. Lo ha evidenziato unazionista in assemblea: pi che alla fiducia,siamo chiamati a unobbligata speranza.

    S. RIG. RIPRODUZIONE RISERVATA

    Il risiko Le altre possibilit

    Veneto e VicenzaProgetto comunema non risolutivo

    Strategie Il target sono medie imprese orientate allestero e famiglie che richiedono un approccio curato e riservato. Indicatore Cet1 al 16,1%

    Venesio, dopo 103 anni primo passo fuori casaLa Banca del Piemonte da oggi apre uno sportello a Milano, in Piazza Castello

    C amillo Venesio per unattimo si scompone, masolo per sottolineare conmaggior forza la sua posizio-ne: vero, sono uno degli ul-timi banchieri italiani, assiemea Sella, agli amici della Bancadel Fucino, ai Passadore, a En-nio Doris di Mediolanum. Manon siamo dei panda, dellespecie in via destinzione. Io miconsidero un imprenditore eloggetto della mia impresa fare credito. Tutto qui. pro-prio con lo spirito dellimpren-ditore che Venesio, nipote del-lomonimo fondatore e padredi due consiglieri di ammini-strazione, porta la sua Bancadel Piemonte per la prima vol-ta fuori dai confini della regio-ne.

    Apre, oggi a Milano al 16di Piazza Castello, primo pia-no; soluzione provvisoria per-ch da settembre si aprir inForo Bonaparte, angolo via

    Cusani la prima agenzia al-lestero della banca torinesedi via Cernaia. Non una mossadi marketing, ma una espan-sione ragionata, con evidentiobiettivi imprenditoriali. Lanostra attivit spiega Vene-sio, amministratore delegato erappresentante degli interessidella famiglia, che con i suoivari rami controlla la totalitdella banca da sempre ispi-rata alla sana e prudente ge-stione. Se siamo giunti a inve-stire a Milano per una seriedi motivi. Anzitutto siamo di-ventati attrattivi per managerdi alto livello che hanno ap-prezzato la solidit della no-stra impresa. Poi, abbiamo unorizzonte di lungo periodo enon abbiamo lansia della tri-mestrale. Quindi la nostrapi at t aforma nel privatebanking e nel wealth manage-ment basata da sempre suuna architettura aperta, real-

    mente in grado di fornire allanostra clientela il meglio diquanto disponibile sul merca-to. E poi siamo molto attentialla qualit del credito, ancheoggi.

    Le premesse sono chiare.Ma a far scattare la molla sta-to altro: Contiamo di fare le-va sulle difficolt della concor-

    renza ammette Venesio -. AMilano ci sono le migliori ban-che del mondo, sappiamo be-ne che dovremo combatterequotidianamente, ma credoanche che noi si abbia le carat-teristiche giuste per conqui-stare un piccolo spazio in unapiazza tanto importante. Nel-lobiettivo c una clientela pri-

    vata di medio-alto livello, lim-prenditoria lombarda e i ri-sparmi di queste famiglie diimprenditori da tutelare al-lepoca dei tassi a zero, offren-do loro un panorama pi am-pio di investimenti. Soprattut-to imprese orientate allexporte famiglie che richiedono unapproccio curato e riservato. Il

    tutto condito con una soliditpatrimoniale che, in Italia,molti sognano: 16,1 per centodellindicatore Cet1. Non sia-mo affannati dal peso dellesofferenze sottolinea Vene-sio proprio perch abbiamosaputo selezionare in passato econferire a patrimonio granparte degli utili che laziendaha prodotto nel corso degli an-ni. Mediamente, l80 per cento.Sono valori di un certo rilievo,che testimoniano la forza dellaBanca del Piemonte, con indi-catori ancora pi importanti algiorno doggi con lentrata invigore delle regole legate al co-siddetto Bail-in. Una norma,gi attiva ma a pochi ben chia-ra, che prevede, in caso di diffi-colt dellistituto di credito, ilcoinvolgimento non solo degliazionisti che hanno apportatocapitale di rischio, ma anchedegli obbligazionisti e, per lecifre che superano i 100 milaeuro, anche i depositanti.

    Una crescita lenta la Ban-ca del Piemonte, fondata a To-rino nel 1912 come Banca ano-nima di credito, ha acquisitolattuale denominazione nel

    1978, dopo la fusione con laBanca di Casale e del Monfer-rato, fondata nel 1947 dallaltroCamillo Venesio , che ha por-tato oggi listituto a contare su60 agenzie, sparse tra le pro-vince di Torino, Alessandria,Cuneo, Novara e Verbano-Cu-sio-Ossola, prima del gran sal-to odierno. Una realt con 500dipendenti e 70 mila clienti, unbilancio 2014 con un utile di 4milioni e 152,4 milioni di patri-monio. Ma nessun appetitoparticolare. Neppure alla vigi-lia del gran risiko delle ban-che. ancora troppo costosocrescere per linee esterne evidenzia Venesio, esplicandoil principio di prudenza -, an-che perch le agenzie non han-no pi limportanza di un tem-po. Meglio puntare sul weal-th management, un settoreche a Milano sar curato daCarla Venesio, quarta genera-zione, laurea in Bocconi e ma-ster alla Lse di Londra, conpratica in Pictet tra Ginevra,Londra e Milano, prima delrientro alla banca di casa.

    S. RIG. RIPRODUZIONE RISERVATA

    Banca del PiemonteCamillo Venesio

    DI STEFANO RIGHI

  • 6 CORRIERECONOMIA LUNED 20 APRILE 2015

    Il riassetto del settoreLe mosse delle big

    Credito

    I NUMERI I RISULTATIUtile nettoin milionidi euro152,4

    milioni

    3,3miliardi

    Patrimonio netto*

    16,1%

    IndicatoreCet1

    1,77miliardi

    Totaleattivi

    500

    Numerodipendenti

    70.000

    Numeroclienti

    Raccoltatotale * A fine 2014

    2012 2013 2014

    7,2

    4,8 4,0

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    L affascinante idea diunire il Banco Popola-re e la Banca Popolaredi Milano, sta deline-ando i propri contorni. Lobietti-vo industrialmente ambizioso,si verrebbe a creare una bancache emergerebbe in Italia subitodopo i due colossi Unicredit e In-tesa, con una presenza importan-te in alcune regioni strategichedal punto di vista industriale edeconomico: Toscana, Emilia-Ro-magna, Piemonte, Lombardia,Veneto.

    ContattiIl progetto ancora nella fase

    embrionale, ma i contatti ci sonostati. Senza crismi di ufficialit,ma concreti. Le parti, infatti, siconoscono da tempo. Il presiden-te del consiglio di Sorveglianzadella Bpm, lex ministro DinoPiero Giarda stato per anni am-ministratore del Banco Popolaree diversi amministratori di allorasiedono ancora nel board dellabanca veronese. Si conosconobene anche gli amministratoridelegati dei due gruppi, PierFrancesco Saviotti (Banco) eGiuseppe Castagna (Bpm), chehanno lavorato assieme nellavecchia Comit e si sono ritrovatiin Intesa Sanpaolo quando Sa-viotti rientr alla banca di PiazzaScala. In particolare, sembra cheCastagna e Saviotti si siano vistinelle scorse settimane a Milanoe, incrociando le agende, abbianofissato un nuovo appuntamentoentro la fine del mese di aprile.

    Risvolti industrialiIl progetto, come detto, ha ri-

    svolti industriali importanti.Sommando algebricamente i da-ti di bilancio allo scorso 31 di-cembre, si otterrebbe un gruppocon 170 miliardi di attivi, 10 mi-liardi di capitalizzazione borsisti-ca (ai depressi valori di oggi),120 miliardi di raccolta diretta, eoltre 110 miliardi di crediti versola clientela. Numeri da terza ban-

    ca italiana, con ampio margine divantaggio sulle quarte (Ubi eMonte dei Paschi, che peraltrosembra stiano studiando un loroprogetto comune). Certo, sonoanche numeri che andrebberodepurati da alcune sovrapposi-zioni, ma la dimensione del pro-getto incontra il favore sia delleautorit italiane che della vigi-lanza europea, oltre a interessan-ti opportunit di sviluppo. Nonmancano, per, gli ostacoli.

    La Popolare di Milano, adesempio, non vorrebbe rinuncia-re alla sede sotto la Madonnina.Difficile contrastare una simileposizione. Per quanto il Banco

    Popolare sia oggi nettamente pigrande, come confermano i nu-meri di bilancio (evidenziati nel-la tabella in alto), la centralitdella citt lombarda rispetto aiterritori coperti, oltre al ruolo dicapitale economica, non con-cedono chance alle possibiliistanze veronesi. Vanno quindiricercati dei nuovi equilibri.

    La governance, dovrebbe ri-posizionare i pesi, considerandoanche le dotazioni di capitale del-le due banche, non solamente ladimensione delle strutture e nondimenticando neppure che PierFrancesco Saviotti ha gi annun-ciato che la sua straordinaria av-ventura al Banco Popolare si con-cluder definitivamente con lap-provazione del bilancio 2016, nel-la primavera 2017.

    Cos per il Banco, la Milanoappare essere la prima opzione. Al momento lunica. A Veronahan fatto capire di non essere in-teressati a un polo del Nordestcon Veneto Banca e Popolare di

    Vicenza: vogliono una aggrega-zione forte, che dia vita, come sisussurra nei corridoi della sededi Piazza Nogara, a una granbella banca.

    Creazione di valoreLunico vero pre-requisito da

    soddisfare appare proprio que-sto: che da una futura aggrega-zione la banca esca con unastruttura solida, ambiziosa, di li-vello nazionale. Il tempo degli in-terventi di salvataggio, da Nova-ra a Lodi a Italease, scaduto.Oggi, sia Saviotti che il presiden-te Carlo Fratta Pasini appaionoorientati a un atteggiamento ag-gressivo nei confronti dei merca-ti e la prossima trimestrale do-vrebbe sottolinearlo, anche per-ch dopo la pesante perdita del2014 dovrebbero emergere i be-nefici della fusione di Italease(85 milioni) a cui poi affiancare i150 milioni di euro derivanti dal-la cessione dellIcbp. Quindi, daVerona, nessun interesse nei con-fronti delle banche pi piccole: sipensa in grande, a una aggrega-zione che crei valore, che non siapenalizzante per i conti, n per lareputazione degli istituti coinvol-ti. Bpm oggi il partner ideale.

    Visioni lombardeE Milano? A una parte del bo-

    ard della Bpm interessa esplora-re lipotesi di aggregazione con laBper, la Popolare dellEmilia-Ro-magna guidata da AlessandroVandelli. Il matrimonio stava giper celebrarsi qualche anno fa, aitempi della presidenza milanesedi Roberto Mazzotta. Naufragallultimo, per il colpo di coda deisindacati interni. Riproporlo og-gi interessante dal punto di vi-sta industriale, ma assai menodellipotesi Banco. Anche perchla Bper sembra pi interessata amuoversi autonomamente versoaltre direzioni: il Veneto, la Val-tellina. A rigor di governancesembra poi che il boccino sia og-gi in mano al consiglio di gestio-ne della PopMilano, quindi alpresidente Mario Anolli e allam-ministratore delegato Castagna.A loro le prossime mosse. Intan-to, si avvicina la trimestrale, il cuirisultato dovrebbe beneficiare diun portafoglio ricco di titoli distato ben comprati.

    @Righist RIPRODUZIONE RISERVATA

    Lanalisi Dalla fusione nascerebbe la terza banca italiana. E una presenza chiave nelle regioni pi ricche

    Banco & Bpm Ecco come sarla Superpopolare del Nord Attivi per 170 miliardi, pi di 2.500 sportelli e 10 miliardi di capitalizzazione

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    Carlo Fratta Pasini,presidente

    Banco Popolare

    Dino Piero Giarda,presidente

    Bpm

    Pier Francesco Saviotti,amministratore delegato

    Banco Popolare

    Giuseppe Castagna,amministratore delegato

    Bpm

    L'UNIONE FA LA FORZACome sarebbe la nuova bancaDati in milioni di euro

    Margine di interesse

    Proventi operativi

    Oneri operativi

    Risultato gest. operativa

    Totale attivit

    Crediti verso clientela

    Raccolta diretta

    Sportelli

    Dipendenti

    Soci

    Capitalizzazione di Borsa

    2.355,746

    5.007,432

    3.243,043

    1.764,409

    171.353,497

    111.902,446

    123.300

    2.585

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    79.823,603

    86.500

    1.812

    18.000

    200.000

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    BancoPopolare

    800,171

    1.621,566

    973,715

    647,851

    48.271,811

    32.078,843

    36.800

    773

    7.846

    113.359

    4.300

    Bpm

    Fonte: Bilanci societari 2014 e Borsa Italiana

    Verona punta a una aggregazione che crei valoreMilano vuole la sede

    G li ultimi due week-end hanno posto pidi 200 mila piccoli azionisti della BancaPopolare di Vicenza e di Veneto Bancadavanti a una realt che molti hanno compresoin ritardo. Infatti, per una somma di motivi, lin-vestimento nelle due popolari non quotate si starivelando un dispiacere. Le azioni allinizio delmese hanno perso un quinto del loro valore, masoprattutto non sono liquidabili. Dopo lunghianni di crescita sia dellinvestimento in conto ca-pitale che dei dividendi distribuiti, il risveglio particolarmente brusco.

    Il clima rovente delle due assemblee, conaperte contestazioni ai board e gruppi di azioni-sti che si coalizzano per promuovere improbabi-li class-action, hanno solo evidenziato la fragili-t della struttura cooperativa rispetto a istitu-zioni finanziarie che non possono perseguire ifini mutualistici dietro ai quali, troppo a lungo,si sono nascosti i signorotti del credito locale.

    Quel tempo finito.E infatti la Popolaredi Vicenza e VenetoBanca stanno lavo-rando a un futurocomune, una fusio-ne che faccia nasce-re una realt di mag-giori dimensioni ecentrata nel Veneto.

    Ma quello che an-cora non apparechiaro che il gran-de vantaggio pro-

    spettico di questa operazione deriva dalla parti-colare situazione delle due: essendo popolari non quotate potrebbero realizzare una fusionecarta contro carta, senza tirar fuori un euro. Sa-rebbe un primo passo verso la nuova normalitrichiesta dal controllore europeo, la Bce. Un pri-mo passo, firmato dai presidenti Gianni Zonin eFrancesco Favotto (foto), non il passo definitivo.Perch basta considerare le dimensioni del-loperazione che si sta studiando tra Banco Po-polare e Bpm per capire che la banca del Veneto,risultante dalla (ancora ipotetica) fusione tra Vicenza e Montebelluna, non potrebbe soppor-tare il confronto. Si renderebbe necessario unaltro step, nel senso del consolidamento. Per non dire degli aspetti patrimoniali. gi emerso e le parole di Samuele Sorato, amministratoredelegato della Vicenza vanno finalmente nel se-gno della trasparenza dei fini e dei mezzi che aVicenza gi stata autorizzata unoperazione sulcapitale per un ulteriore miliardo di euro. Baste-r? Numeri alla mano, no. I soci, quelli di lungadata come i 26 mila nuovi della Vicenza, farannobene a metabolizzarlo. Lo ha evidenziato unazionista in assemblea: pi che alla fiducia,siamo chiamati a unobbligata speranza.

    S. RIG. RIPRODUZIONE RISERVATA

    Il risiko Le altre possibilit

    Veneto e VicenzaProgetto comunema non risolutivo

    Strategie Il target sono medie imprese orientate allestero e famiglie che richiedono un approccio curato e riservato. Indicatore Cet1 al 16,1%

    Venesio, dopo 103 anni primo passo fuori casaLa Banca del Piemonte da oggi apre uno sportello a Milano, in Piazza Castello

    C amillo Venesio per unattimo si scompone, masolo per sottolineare conmaggior forza la sua posizio-ne: vero, sono uno degli ul-timi banchieri italiani, assiemea Sella, agli amici della Bancadel Fucino, ai Passadore, a En-nio Doris di Mediolanum. Manon siamo dei panda, dellespecie in via destinzione. Io miconsidero un imprenditore eloggetto della mia impresa fare credito. Tutto qui. pro-prio con lo spirito dellimpren-ditore che Venesio, nipote del-lomonimo fondatore e padredi due consiglieri di ammini-strazione, porta la sua Bancadel Piemonte per la prima vol-ta fuori dai confini della regio-ne.

    Apre, oggi a Milano al 16di Piazza Castello, primo pia-no; soluzione provvisoria per-ch da settembre si aprir inForo Bonaparte, angolo via

    Cusani la prima agenzia al-lestero della banca torinesedi via Cernaia. Non una mossadi marketing, ma una espan-sione ragionata, con evidentiobiettivi imprenditoriali. Lanostra attivit spiega Vene-sio, amministratore delegato erappresentante degli interessidella famiglia, che con i suoivari rami controlla la totalitdella banca da sempre ispi-rata alla sana e prudente ge-stione. Se siamo giunti a inve-stire a Milano per una seriedi motivi. Anzitutto siamo di-ventati attrattivi per managerdi alto livello che hanno ap-prezzato la solidit della no-stra impresa. Poi, abbiamo unorizzonte di lungo periodo enon abbiamo lansia della tri-mestrale. Quindi la nostrap iat ta forma n el privatebanking e nel wealth manage-ment basata da sempre suuna architettura aperta, real-

    mente in grado di fornire allanostra clientela il meglio diquanto disponibile sul merca-to. E poi siamo molto attentialla qualit del credito, ancheoggi.

    Le premesse sono chiare.Ma a far scattare la molla sta-to altro: Contiamo di fare le-va sulle difficolt della concor-

    renza ammette Venesio -. AMilano ci sono le migliori ban-che del mondo, sappiamo be-ne che dovremo combatterequotidianamente, ma credoanche che noi si abbia le carat-teristiche giuste per conqui-stare un piccolo spazio in unapiazza tanto importante. Nel-lobiettivo c una clientela pri-

    vata di medio-alto livello, lim-prenditoria lombarda e i ri-sparmi di queste famiglie diimprenditori da tutelare al-lepoca dei tassi a zero, offren-do loro un panorama pi am-pio di investimenti. Soprattut-to imprese orientate allexporte famiglie che richiedono unapproccio curato e riservato. Il

    tutto condito con una soliditpatrimoniale che, in Italia,molti sognano: 16,1 per centodellindicatore Cet1. Non sia-mo affannati dal peso dellesofferenze sottolinea Vene-sio proprio perch abbiamosaputo selezionare in passato econferire a patrimonio granparte degli utili che laziendaha prodotto nel corso degli an-ni. Mediamente, l80 per cento.Sono valori di un certo rilievo,che testimoniano la forza dellaBanca del Piemonte, con indi-catori ancora pi importanti algiorno doggi con lentrata invigore delle regole legate al co-siddetto Bail-in. Una norma,gi attiva ma a pochi ben chia-ra, che prevede, in caso di diffi-colt dellistituto di credito, ilcoinvolgimento non solo degliazionisti che hanno apportatocapitale di rischio, ma anchedegli obbligazionisti e, per lecifre che superano i 100 milaeuro, anche i depositanti.

    Una crescita lenta la Ban-ca del Piemonte, fondata a To-rino nel 1912 come Banca ano-nima di credito, ha acquisitolattuale denominazione nel

    1978, dopo la fusione con laBanca di Casale e del Monfer-rato, fondata nel 1947 dallaltroCamillo Venesio , che ha por-tato oggi listituto a contare su60 agenzie, sparse tra le pro-vince di Torino, Alessandria,Cuneo, Novara e Verbano-Cu-sio-Ossola, prima del gran sal-to odierno. Una realt con 500dipendenti e 70 mila clienti, unbilancio 2014 con un utile di 4milioni e 152,4 milioni di patri-monio. Ma nessun appetitoparticolare. Neppure alla vigi-lia del gran risiko delle ban-che. ancora troppo costosocrescere per linee esterne evidenzia Venesio, esplicandoil principio di prudenza -, an-che perch le agenzie non han-no pi limportanza di un tem-po. Meglio puntare sul weal-th management, un settoreche a Milano sar curato daCarla Venesio, quarta genera-zione, laurea in Bocconi e ma-ster alla Lse di Londra, conpratica in Pictet tra Ginevra,Londra e Milano, prima delrientro alla banca di casa.

    S. RIG. RIPRODUZIONE RISERVATA

    Banca del PiemonteCamillo Venesio

    DI STEFANO RIGHI

  • CORRIERECONOMIA LUNED 20 APRILE 2015 7

    La schedaDati in milioni di euro

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    1/12

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    PaoloBraghieri

    amministratoredelegato di

    InterbancaGe

    JeffreyImmelt,ceodel gruppoGeneralElectric

    3.069668

    85-16619

    3.861901291

    -119621

    3.617 3.895

    RaccoltaMargine di interesseCommissioni netteMargine di intermediazioneRisultato desercizioNumero dipendenti

    Crediti verso banchee verso clientela

    INTERBANCA GE 2014 2013

    s.F.

    DI STEFANO RIGHI

    1 Era la merchant del Nordest

    I nterbanca ha un passato glorioso. Alla finedel secolo scorso, sulla spinta di Silvano Pon-tello (scomparso nel 2002, foto), la merchant bank della padovana Antonveneta, divenne ilbraccio operativo della finanza del Nordest, ar-rivando a giocare un ruolo anche nella scalata aTelecom Italia della Hopa di Chicco Gnutti. Ar-riv ad essere quotata in Borsa, per poi passaredi mano prima ad Abn Amro, poi al Santanderdei Botin e quindi a Ge Capital.

    RIPRODUZIONE RISERVATA

    Strategie La svolta del colosso Usa, che esce dal mercato dei capitali

    General Electric vendeSpezzatino per InterbancaLipotesi pi probabile una cessione differita delle attivitLeasing, factoring e prestiti potrebbero interessare ai big Ue

    Il riassetto del settoreI big stranieri, le ricadute domestiche

    Credito

    I nterbanca in vendita. La deci-sione di General Electric diuscire dal mercato dei capitalientro i prossimi due anni, ce-dendo gli asset che oggi fanno capoa Ge Capital, coinvolge attivit percirca 200 miliardi di dollari in tuttoil mondo, dei quali circa 31 miliardial di fuori dei confini degli States.Ed proprio tra quei 31 miliardi chesi trovano le attivit della banca mi-lanese di Corso Venezia, un temporegno della finanza del Nordest epoi passata tra cento mani.

    Lunghe atteseOra, dopo sei anni di inutile atte-

    sa, si prospetta lennesima cessione.Agli americani di General ElectricInterbanca arriv allinizio del 2009,pagata 900 milioni di euro agli spa-gnoli del Santander. Una decisioneche risaliva alla primavera prece-dente, solo formalizzata a inizio2009, in un momento in cui si so-spettato dopo Ge avrebbe fatto vo-lentieri marcia indietro. A quel tem-po, infatti, infuriava la bufera finan-ziaria su tutte le piazze mondiali: ilcrollo dei mutui in Florida del lu-glio 2007, il fallimento LehmanBrothers del 15 settembre 2008, i

    minimi di Borsa del marzo 2009.Il contratto per era firmato e le

    conseguenze si videro nei mesi suc-cessivi. Ge non ha mai puntato a fardecollare le proprie attivit finan-ziarie italiane, malgrado inizialmen-te sia arrivata addirittura a ottenereuna modifica al Testo unico banca-rio, che fino ad allora impediva a ungruppo industriale di possedereuna banca. Il gruppo oltre a Inter-banca lo compongono Ge Financenel factoring, Ge Servizi finanziari per il leasing auto e Ge Service peril leasing chiude in rosso dal 2006(16 milioni al 31 dicembre scorso, ri-spetto ai -119 milioni dellanno pre-cedente), ma soprattutto ha asciu-gato le proprie attivit. Nel 2008 gli

    asset della sola Interbanca valeva-no circa 6,3 miliardi di euro. Oggi lintero gruppo non supera i 4,4 mi-liardi. Le operazioni si sono effet-tuate con il contagocce sotto la ge-stione dellamministratore delegatoPaolo Braghieri. Neppure i managerarrivati dallestero, come il chiefcommercial officier Renaud Si-mons, sono riusciti a spingere inavanti il business.

    Senza input chiari dallalto si badato soprattutto a ridurre i rischi,a non assumerne di nuovi, una stra-tegia saggia ma talvolta in contrastocon il mestiere stesso del banchiere. indubbio, il contesto non ha aiuta-to, ma allinterno della banca ci sonocompetenze e capacit che sarebbe-

    ro potute essere diversamente uti-lizzate. Oggi la preoccupazionemaggiore per i 619 dipendenti(244 la sola Interbanca), che devo-no confrontarsi con un futuro densodi nubi. Dopo le contrastanti indica-zioni emerse nellindimenticabile2011 sul fronte della forza lavoro, og-gi lipotesi pi probabile che siproceda a una vendita per settori diattivit, con lo smembramento del-lattuale gruppo bancario.

    Possibili soluzioniMa tutte le soluzioni sono aperte.

    Se le attivit americane sembranofar gola soprattutto a qualche bancacanadese, lEuropa un altro mon-do e le attivit italiane hanno carat-teristiche a loro volta particolari.Non tutte negative sia chiaro: a fron-te di una assai modesta redditivit,Interbanca ha rischi estremamentecoperti e un patrimonio di 1,1 miliar-di di euro. Una solidit importante,

    che potrebbe fare gola soprattuttoperch abbinabile alla licenza ban-caria e a impieghi per 4,4 miliardi dieuro suddivisi su circa 50 mila clien-ti finali. Non ci sono costosi sportellie la struttura, sembra di poter capi-re, ha solo necessit di unipotesi sfi-dante. Se per le attivit domestichedi Ge capital si evidenziano gli inte-ressi delle canadesi Toronto Domi-nion, Bank of Montreal, Bank of No-va Scotia e Royal Bank of Canada,Interbanca potrebbe finire in ungrande deal europeo, oppure, piprobabilmente, nel mirino di qual-che operatore domestico. Il mercatodel credito al consumo , ad esem-pio, dominato dai prestiti auto, conprotagonisti bancari (Unicredit) eparabancari (Compass/Medioban-ca, AgosDucato/Crdit Agricole eFindomestic/BnpParibas). Lo spez-zatino potrebbe iniziare con loro.

    @Righist RIPRODUZIONE RISERVATA

    1 La scelta

    Bper indecisatra la Valtellinae il Veneto

    uno dei poli aggreganti del-limminente partita del ri-siko bancario. Ma dove andr laBper di Alessandro Vandelli?Lipotesi di ripetere laggrega-zione mancata nel passato conla Popolare di Milano piace amet. In molti infatti, a Modena,preferirebbero mantenere lacentralit in unoperazione ag-gregante. Cos, la Bper guarda aNordovest e a Nordest. Se inValtellina non si supererannogli steccati campanilistici, Cre-val o PopSondrio potrebberodiventare partner della bancamodenese. Ma una partita im-portante Vandelli potrebbe gio-carla in Veneto, diventando se-conda opzione nel caso la fu-sione tra Popolare di Vicenza eVeneto Banca non andasse inporto, ma rappresentando co-munque unideale soluzione disecondo livello qualora le duebanche sciogliessero la pro-gnosi, abbracciando un futurocomune. Intanto, con una tem-pistica tipica di un futuro standalone, la Bper ha cambiatomarchio (foto), rivedendo lapropria identit.

    S. RIG. RIPRODUZIONE RISERVATA

    Diario sindacale a cura di Enrico [email protected]

    Obiettivo bancariper la nascente First-CislLa replica Confsal: siamo 426 mila

    F usione in vista tra FibaC i s l e D i rc re d i to .Obiettivo: creare il pigrande sindacato del settorebanche, assicurazioni, credi-to cooperativo, riscossione tributi e authority. La nuovasigla, che nascer entro la fi-ne del mese, si chiamerFirst Cisl, che sta per Fede-razione Italiana delle Retidei Servizi del Terziario, maanche un gioco di parole, vi-sto che in inglese first signi-fica primo. Rappresente-r, dice la Cisl, circa 100 milalavoratori e sar firmatariadi tutti i contratti, compresoquello dei dirigenti. I con-gressi di Dircredito e di Fiba,nei prossimi giorni, sanci-ranno la nascita della nuovaorganizzazione. Secondo ilsegretario della Cisl, AnnaMaria Furlan, si tratta diunoperazione che dimostracome il sindacato sia capa-ce di riformarsi e rigenerar-si. Abbattendo le tradizio-nali barriere tra dirigenti e ilresto dei lavoratori, sottoli-nea Giulio Romani, numerouno della Fiba. Che guideranche il nuovo sindacato, af-fiancato nella segreteria dalleader di Dircredito, Mauri-zio Arena, che conferma:Aree professionali, quadridirettivi, dirigenza interme-dia, tutti dalla stessa parte.

    ***Nellultimo numero del

    Diario sindacale abbiamodato conto dei dati Inps sulledeleghe sindacali effettuate

    sulle pensioni. Numeri ri-spetto ai quali la Confsal re-plica sostenendo che alle15.806 trattenute risultanti afavore della Federpensiona-ti-Confsal vanno aggiuntequelle in capo ad altre 25 si-gle, le quali sono tutte ade-renti alla stessa confedera-zione dei sindacati autono-mi, dalla Snap-Fna, Sindaca-to nazionale autonomi

    p e n s i o n a t i , co n l e s u e159.351 deleghe, allo Snals(19.211) al Sapens (12 dele-ghe), per un totale che supe-ra le 426 mila deleghe. LaConfsal rivendica tutti que-sti iscritti, distribuiti su 26sigle, anche se non sempre ilegami con la confederazio-ne appaiono cos stretti. Peresempio, sul sito della stessaConfsal guidata da MarcoNigi, lo Snap-Fna non elen-cato tra le federazioni dei

    pensionati. N nel sito (sianella home sia nel link chisiamo) di questultimo sin-dacato si fa cenno dellap-partenenza alla Confsal.

    Da maggio, intanto, lInpscomincer a rilevare gliiscritti tra i lavoratori attivi,ai sensi della recente con-venzione f irmata con laConfindustria e Cgil, Cisl eUil. Le deleghe verranno co-municate dalle aziende conil modello Uniemens dimaggio, con riferimento aidati di aprile e del trimestregennaio-marzo. Questi dati,mixati con quelli delle ele-zioni nelle Rsu, serviranno adefinire gli indici di rappre-sentativit sindacale nellesingole categorie.

    ***La proposta della Fca ai

    sindacati (Fiom esclusa) diun nuovo sistema salarialearriva come una bomba nelsistema delle relazioni indu-striali, che da mesi si inter-roga su nuove regole per lacontrattazione. Sfrondatadalle tante suggestioni tutteda verificare, la propostaconfigura un sistema dovegli aumenti del salario sonointeramente legati allanda-mento aziendale. Per i sin-dacati questa strada dovreb-be essere percorribile solo incambio della possibilit dicontrattare i parametri aiquali legare il salario varia-bile. Per le grandi aziende siconfigura un modello daimitare e in questo sensoapre per Confindustria il ri-schio che altri come lex Fiatscelgano di uscire e far da s.Per il resto, si tratta di un al-tro colpo al contratto nazio-nale. I sindacati prima se nerendono conto e meglio sa-r.

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    Fiba-Cisl Il segretario Giulio Romani

  • MF

    Numero 079, pag. 3 del 23/04/2015

    PRIMO PIANO

    Oggi a bruxelles incontro tra la squadra del tesoro e le dg concorrenza e mercato

    Rush finale sulla bad bank

    Padoan vuole chiudere la partita, atteso il verdetto sull'opzione di un veicolo ad hoc. In caso di veto Ue si

    andr avanti, come da piano, con deducibilit e recupero crediti. Nuovo vertice prossima settimana

    di Luisa Leone

    Non c' pi tempo. A lanciare l'allarme sui crediti deteriorati ieri stato ancora una volta il governatore di

    Bankitalia, Ignazio Visco, e non a caso proprio in queste ore, secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza, il

    governo italiano sta tentando la volata sulla bad bank. Oggi sar una giornata cruciale per il dossier, visto

    che previsto un incontro a Bruxelles tra i rappresentanti del Tesoro e quelli delle direzioni generali

    Concorrenza e Mercato Interno della Ue, che da mesi ormai stanno analizzando le proposte sblocca-credito

    di Roma. L'appuntamento dovrebbe finalmente sciogliere il nodo pi intricato, quello della garanzia statale

    sulle obbligazioni emesse da una vera e propria bad bank, individuata nella

    Sga del gruppo Intesa, che ha gestito il recupero crediti per il Banco di Napoli,

    e nel cui capitale dovrebbero entrare alcuni istituti di credito, Cdp e Bankitalia.

    Altra possibilit, ma considerata anch'essa difficile da spuntare, poi quella di

    una garanzia statale su abs emessi dalle banche, che potrebbero cos

    rientrare nel piano di acquisti della Banca Centrale Europea.

    Pur cercando di tenere il punto fino alla fine, il governo ben consapevole

    delle difficolt legate a un intervento diretto di questo tipo e perci, come

    anticipato la scorsa settimana da MF-Milano Finanza, ha elaborato comunque un piano light che non prevede

    un'esposizione diretta della Stato. Questo piano si basa sulla deducibilit delle perdite sui crediti in un solo

    anno invece che su cinque, come oggi, e su provvedimenti per velocizzare la riscossione, uniformando il

    sistema italiano a quello europeo. Infine, per le banche pi in difficolt sarebbe prevista anche la possibilit di

    un intervento diretto dello Stato ma solo nell'ambito di veri e propri piani di ristrutturazione condivisi con

    l'Unione Europea. Lo scoglio da superare infatti, come ricordato ieri da Visco, proprio l'apertura di una

    procedura di infrazione per aiuti di Stato, ed per questo che il ministro Pier Carlo Padoan ha impostato tutta

    la trattativa con Bruxelles puntando sul fatto che l'intervento sarebbe una mano tesa alle aziende, che hanno

    bisogno di ossigeno, e non una stampella agli istituti di credito. In effetti la preoccupazione del governo

    quella di intervenire al pi presto per togliere alle banche qualsiasi alibi sulla concessione di prestiti e non

    sprecare i deboli segnali di rilancio dell'economia.

    Proprio per questo si deciso di accelerare il confronto con la Commissione e un nuovo incontro sarebbe gi

    previsto per la prossima settimana, con l'obbiettivo di chiudere con l'Europa possibilmente in una decina di

    giorni e avere poi il tempo per mettere nero su bianco il provvedimento, che si vorrebbe emanare

    Pagina 1 di 2Rush finale sulla bad bank - MilanoFinanza.it

    23/04/2015http://www.milanofinanza.it/giornali/stampa-articolo?id=1980769&access=AB

  • possibilmente entro maggio. In anticipo quindi sulla scadenza indicata dal Documento di Economia e

    Finanza, che sar approvato oggi dal Parlamento, che fissata il prossimo giugno. Il tutto purch nel mentre,

    oltre a sbrogliare la matassa con la Ue, si sia anche riusciti a trovare le coperture necessarie. Interventi come

    quello delle deducibilit dei crediti in un anno, infatti, hanno dei costi importanti per il bilancio dello Stato,

    tanto che tra le ipotesi in pista per le coperture a un certo potuto sarebbe stata ventilata anche la possibilit di

    un incremento dell'acconto Ires per gli istituti di credito. Tuttavia pare ancora presto per tirare le somme su

    questo verso versate, che per, smarcata la trattativa con la Commissione, diventer quello caldo.

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  • MF

    Numero 079, pag. 3 del 23/04/2015

    PRIMO PIANO

    Il dossier Pioneer si sblocca con una doppia holding

    di Andrea Di Biase

    L'accordo per il futuro di Pioneer stato raggiunto e per la firma ufficiale ormai questione di giorni, se non

    di ore. Secondo quanto riportato dall'agenzia Reuters, il gruppo di asset management controllato da Unicredit

    integrer le sue attivit con Santander Asset Management, dando vita a un colosso del risparmio gestito che

    assicurer economie di scala, con una struttura complessa che consentir di risolvere i problemi di

    Santander negli Usa. Nel dettaglio, sar costituita una holding controllata al 50% da Unicredit e al 50% da

    Warburg Pincus e General Atlantic, i due private equity che gi partecipano a Santander Asset Management.

    Questa holding, che diventer la nuova Pioneer, controller il 100% di Pioneer Usa e i due terzi di una

    societ in cui confluiranno le attivit di Santander Asset Management e quelle di Pioneer nel resto del

    mondo. Alla banca spagnola andr il restante terzo della subholding. Con l'unione delle masse gestite dei

    due gruppi nascer un gruppo da 400 miliardi, fra i primi dieci in Europa e i primi 30 al mondo. La nuova

    Pioneer, in cui confluir il management e che avr la gestione a tutti gli effetti del gruppo, curer la

    collaborazione tra le due strutture. Le attivit di Pioneer negli Stati Uniti, Paese dove Santander non ha asset

    in gestione e dove la controllata di Unicredit ha masse per circa 60 miliardi, continueranno cos a far parte del

    gruppo. In questo modo tutti gli asset di Pioneer, comprese le attivit negli Usa, entreranno a far parte del

    nuovo gruppo. Santander ha fallito due volte di fila gli stress test negli Usa a causa del suo assetto societario

    e sta trattando con i regolatori statunitensi una possibile soluzione. L'impatto dell'operazione sui risultati di

    Unicredit resta invariato. Lo scorso settembre il ceo Federico Ghizzoni aveva stimato in 20-25 punti base

    l'impatto dell'operazione sul Cet1 dell'istituto. Al momento non sarebbero previste opzioni call a favore di

    Santander per la parte Usa, una volta risolti i problemi regolatori oltreoceano. (riproduzione riservata)

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  • MF

    Numero 079, pag. 4 del 23/04/2015

    PRIMO PIANO

    Firmato ieri a roma il protocollo d'intesa tra ministero dell'economia e acri

    Fondazioni, via all'autoriformaSono 42 gli enti che si trovano oggi in eccesso di concentrazione secondo i parametri previsti nel documento d'intesa. Avranno da 3 a 5 anni per adeguarsi ma il Mef si attende che inizino subito

    di Anna Messia

    Nel solco della riforma delle banche popolari decisa dal governo e in attesa del riordino sulle regole delle

    Bcc, ieri ha preso il via il progetto di autoriforma delle Fondazioni di origine bancaria. L'ufficializzazione

    arrivata con la firma del protocollo d'intesa tra il ministero dell'Economia e l'Acri, l'associazione raccoglie

    fondazioni e casse di risparmio presieduta da Giuseppe Guzzetti. Una svolta storica, che rappresenta il punto

    d'arrivo di un percorso

    venticinquennale che ha avuto inizio

    con la legge Amato nel 1990, ha

    affermato il ministro dell'Economia,

    Pier Carlo Padoan, aggiungendo che

    la riforma delle banche popolari e il

    protocollo per l'autoriforma delle

    Fondazioni bancarie si inseriscono

    nel cambio di rotta della situazione

    economica del Paese, che si

    concretizzato con la ripresa del pil dopo tre anni consecutivi di andamento negativo.

    La novit pi importanti contenuta nel protocollo l'impegno delle Fondazioni a non superare la soglia del

    33% del patrimonio verso un unico investimento. Ma c' ben di pi. stato per esempio introdotto il divieto di

    ricorso all'indebitamento salvo il caso di temporanee e limitate esigenze di liquidit dovute allo sfaldamento

    temporale tra uscite ed entrate certe per data ed ammontare. In ogni caso l'esposizione debitoria

    complessiva non potr superare il 10% della consistenza patrimoniale e le fondazioni bancarie che oggi si

    trovassero oltre questa soglia avranno cinque anni per rientrare nei limiti. Banditi anche gli strumenti derivati,

    che potranno essere utilizzate solo a scopo di copertura del rischio e da segnalare sicuramente anche la

    manovra volta a incrementare la trasparenza, con la pubblicazione delle procedure attraverso cui i terzi

    possono avanzare richieste di sostegno finanziario ed stato pure fissato un tetto ai corrispettivi per i

    componenti degli organi di governo delle Fondazioni. L'obiettivo della diversificazione consentire alle

    Fondazioni di avere rendimenti adeguati, ha dichiarato Alessandro Rivera, responsabile della direzione

    Sistema Bancario e Finanziario-Affari Legali del ministero dell'Economia, che insieme al capo di gabinetto,

    Roberto Garofoli, ha lavorato con il ministro al protocollo. Rivera ha ricordato che sono state diverse le

    Fondazioni che hanno misurato sul proprio patrimonio gli effetti della crisi, con una duplice ricaduta negativa.

    Pagina 1 di 2Fondazioni, via all'autoriforma - MilanoFinanza.it

    23/04/2015http://www.milanofinanza.it/giornali/stampa-articolo?id=1980775&access=AB

  • Vedere il loro patrimonio depauperato a danno del terzo settore e avere una banca locale non pi in grado

    di sostenere il territorio, ha detto. A oggi sono 42 le Fondazioni che hanno pi di un terzo del loro patrimonio

    concentrato su un unico investimento e il protocollo concede tre anni di tempo per l'adeguamento in caso le

    partecipate siano societ quotate e cinque per le non quotate. Ma ci aspettiamo che le fondazioni si attivino

    da subito, ha aggiunto Rivera, approfittando magari del Quantitative easing e delle fusioni bancarie che si

    prospettano. Positivo il commento di Guzzetti, sicuro che il protocollo non limiter l'attivit delle Fondazioni

    ma al contrario rappresenta un'opportunit per un ulteriore impulso alla nostra attivit, liberando nuove

    energie utili a creare una maggiore coesione sociale. Mentre il consigliere delegato di Intesa Sanpaolo,

    Carlo Messina, ha dichiarato che senza le fondazioni la banca non sarebbe oggi al quarto posto tra gli istituti

    europei e ha espresso preoccupazione, come capo azienda, nell'individuare nei prossimi anni degli

    interlocutori che possano svolgere lo stesso ruolo. (riproduzione riservata)

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    Pagina 2 di 2Fondazioni, via all'autoriforma - MilanoFinanza.it

    23/04/2015http://www.milanofinanza.it/giornali/stampa-articolo?id=1980775&access=AB

  • MF

    Numero 079, pag. 4 del 23/04/2015

    PRIMO PIANO

    La nuova epoca deve partire dalle fusioni

    di Giuliano Segre*

    L'atto riparatore si compiuto. L'intero corpo delle Fondazioni bancarie, meno qualcuno ma ininfluente, ha

    emendato le proprie dissennatezze in un bagno di umilt e di consapevolezza del proprio ruolo, piuttosto che

    nell'esaltazione dei propri meriti, che pure sono molti, ma non tali da renderle con certezza esenti da

    interventi costrittivi. Una tribuna importante ha messo a punto il progetto per le Fondazioni 2.0, richiamando a

    leggere il futuro che esse stesse si sono date, sia il governo nella persona del ministro dell'Economia e delle

    Finanze, sia la Banca d'Italia nella persona del direttore generale, sia l'alta burocrazia dello Stato nella

    persona del capo di gabinetto del Tesoro, sia le banche private, sia la banca pubblica (con tracce di privato)

    rappresentata dalla Cdp. Ne emerso un confronto inatteso, ma positivo, che non ha preso in carico gli

    effettivi problemi della categoria, n ha approfondito la crisi endemica che si sta estendendo nell'articolato

    corpo delle Fondazioni, una quindicina delle quali iniziano a mostrare segni di scompenso finanziario, ma ha

    orgogliosamente ricordato che le Fondazioni di origine bancaria coprono un ruolo fra privato e pubblico che

    nel nostro Paese non ha mai avuto troppa consistenza ma che comparso nell'incontro con il frequente

    richiamo all'art. 2 della Costituzione che richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidariet politica,

    economica e sociale. Le Fondazioni possono farlo e lo hanno fatto, al di l degli aspetti oggetto sovente di

    letture malevole dovute a singoli atteggiamenti o comportamenti poco sociali.

    L'intervento rivolto a dare alle societ locali, con le caratteristiche specifiche di ciascun territorio, un prodotto

    sociale importante venuto delineandosi con precisione; e non soltanto nell'assistenza sociale propriamente

    detta, che richiede una solidariet collettiva non delegabile a 88 enti pure di diversa localizzazione e

    dimensione, ma soprattutto nella progettazione quasi sempre collettiva di interventi nella tecnologia, negli

    apporti culturali a largo raggio e nella difesa del patrimonio museale italiano e infine nella sussidiariet

    orizzontale e verticale alla spesa pubblica che pure si sviluppa sul territorio.

    A questo progetto ora le Fondazioni debbono rispondere, adattando i comportamenti alle regole del

    Protocollo firmato ieri: qualche sacrificio di cariche e di compensi, qualche radicale inversione nell'asset

    allocation finanziaria, soprattutto nelle piccole dimensioni ora necessaria, ma soprattutto, e il giudice

    costituzionale Giuliano Amato, che ha assunto nel tempo per le Fondazioni anche tante altre vesti fino a

    quelle di Frankenstein o di Giano bifronte, lo ha ben detto, per rafforzare il loro lavoro dovranno essere

    assunte scelte assai simili a quelle della Casse di Risparmio da cui esse derivano: se necessario dovranno

    fondersi per avere una capacit di impatto maggiore. Questa sembra la nuova frontiera delle Fondazioni di

    origine bancaria: perdere quella origine (ormai consunta) per averne una altra pi sociale, derivata da due

    Fondazioni che uniscono i loro sforzi per la soddisfazione dei loro territori, dove due unite sar meglio di una

    inane. (riproduzione riservata)

    Pagina 1 di 2La nuova epoca deve partire dalle fusioni - MilanoFinanza.it

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  • * presidente Fondazione Venezia

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  • MF

    Numero 079, pag. 12 del 23/04/2015

    MERCATI

    Appena avviata l'istruttoria con bankitalia sul passaggio alla cordata d'agu

    Bim, l'opa arriver dopo l'estateL'offerta attesa tra settembre e ottobre. Veneto Banca manterr il 20% circa. Il timone passer al dg Frati(McKinsey). Focus sul private banking con apertura del capitale a soggetti stranieri

    di Luca Gualtieri

    Partir dopo l'estate, presumibilmente tra settembre e ottobre, l'opa su Banca Intermobiliare (Bim), la storica

    boutique finanziaria torinese oggi al centro di un delicato passaggio di propriet. L'istituto, finora fiore

    all'occhiello del gruppo Veneto Banca, potrebbe presto passare sotto il controllo di una cordata di imprenditori

    e professionisti capitanata proprio dall'attuale vicepresidente Pietro D'Agu. In queste settimane sarebbe

    entrata nel vivo l'istruttoria della Banca d'Italia, che, ai sensi

    delle norme di legge, dovrebbe rilasciare in tempi rapidi

    l'autorizzazione necessaria per chiudere l'operazione. L'iter

    dovrebbe concludersi entro l'estate permettendo cos l'avvio

    dell'offerta pubblica di acquisto tra settembre e ottobre, con

    un semestre di ritardo rispetto alla tabella di marcia iniziale.

    La cordata dovrebbe cos acquisire il controllo di Bim, mentre

    Veneto Banca scenderebbe al 20% pur restando azionista di

    riferimento della boutique finanziaria. La societ comunque

    dovrebbe restare quotata in Piazza Affari con flottante simile a quello attuale. A quel punto i nuovi soci

    potranno mettere mano alla governance, a partire dalla nomina del nuovo consiglio di amministrazione.

    Contestualmente potrebbe essere nominato anche un nuovo direttore generale per sostituire l'attuale Cataldo

    Piccarreta, che oggi espressione di Veneto Banca e che alla fine dello scorso anno ha sostituito Michele

    Barbisan (diventato direttore commerciale nell'istituto di Montebelluna). L'incarico dovrebbe essere affidato a

    Carlo Frati, dal 2000 in forza a McKinsey & Company e oggi partner della sede milanese. La sua principale

    area di specializzazione il retail banking, con particolare focalizzazione sugli aspetti strategici, di sviluppo e

    crescita commerciale e di gestione dei rischi creditizi.

    Definita la governance, la nuova Bim dovr concentrarsi sulle strategie, su cui i soci sembrano avere gi le

    idee chiare. L'obiettivo focalizzare l'attivit sulla gestione di patrimoni di fascia alta, strategia alla quale

    guardano investitori esteri specializzati come Duet Bim, il fondo di alternative asset management entrato

    nella cordata. Non si pu escludere che ai due soggetti stranieri si affianchino presto altri operatori

    specializzati, che gi nei mesi scorsi avrebbero esaminato il dossier Bim.

    Questa forte focalizzazione sul private banking in senso stretto prevista dal piano potrebbe anche spingere

    l'istituto ad abbandonare gli ambiti della promozione finanziaria (finora svolta soprattutto dalla controllata Ipibi

    Pagina 1 di 2Bim, l'opa arriver dopo l'estate - MilanoFinanza.it

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  • Financial Advisory, recentemente ceduta) e dell'attivit creditizia non legata alle gestioni di portafoglio.

    (riproduzione riservata)

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  • MF

    Numero 079, pag. 13 del 23/04/2015

    MF MILANO FINANZA/THE WALL STREET JOURNAL EUROPE

    Un gruppo straniero non presente in italia avrebbe messo gli occhi sul dossier

    Pista tedesca per Veneto BancaIl rumor filtrato dopo l'assemblea di bilancio di sabato Il mercato fiuta anche un'aggregazione con Pop Emilia, anche se l'ipotesi favorita resta un matrimonio con Bpvi

    di Luca Gualtieri

    Ci sarebbe anche una banca di area tedesca tra i soggetti che in queste settimane hanno preso in mano il

    dossier Veneto Banca. Il gruppo, che non sarebbe ancora presente in Italia ma avrebbe munizioni sufficienti

    per sostenere un eventuale investimento, potrebbe farsi avanti prima dell'estate. questa l'indiscrezione che

    circola con insistenza in ambienti finanziari pochi giorni dopo la partecipatissima assemblea di Montebelluna.

    Se confermato, il rumor confermerebbe l'interesse di

    investitori italiani ed esteri per un istituto che, a detta di molti,

    potrebbe aprire le danze delle aggregazioni tra popolari. Si sa

    che oggi la soluzione favorita dal mercato un matrimonio

    alla pari tra Veneto Banca e la Popolare di Vicenza,

    un'unione che darebbe vita a un polo creditizio del Nord Est.

    Solo marted 21 il presidente di Bpvi, Gianni Zonin, rilanciava

    con forza l'idea: Io ho lanciato questa idea e se Veneto

    Banca non coglie l'occasione un errore non rimediabile in

    futuro. Una business combination sull'asse Vicenza-Montebelluna avrebbe una logica industriale perch

    permetterebbe ai due gruppi di realizzare sinergie di costo e ridare slancio alla redditivit. Molti, per, a

    Montebelluna restano perplessi; da qui l'idea di sondare anche altre soluzioni con la consulenza di

    Rothschild, storico advisor della popolare.

    Le piste percorribili sono molte, perch se vero che Veneto Banca ha alle spalle un periodo critico, la

    vigorosa azione di pulizia condotta nell'ultimo esercizio ha rimesso in sesto i conti. Non solo. La svalutazione

    delle azioni (da 39,5 a 30,5 euro) decisa dal cda e approvata dall'ultima assemblea ha in parte colmato la

    distanza che esisteva tra il price/book value dell'istituto e quello delle banche quotate in Piazza Affari. Ecco

    perch oggi non si pu escludere l'aggregazione con una banca del Ftse Mib, a partire dalla Popolare

    dell'Emilia Romagna. Un matrimonio tra i due istituti una vecchia idea del presidente modenese, Ettore

    Caselli, che gi lo scorso anno avrebbe sondando la praticabilit del progetto. Un progetto al quale, sempre

    secondo fonti finanziarie, avrebbe potuto unirsi anche la Popolare di Sondrio per dare vita a un polo

    cooperativo interregionale ben radicato nel Nord Italia. Meno probabile, invece, sembra un intervento del

    Banco Popolare , anche se l'idea di dare vita a un polo bancario veneto egemonizzato da Verona piacerebbe

    a certe anime del gruppo presieduto da Carlo Fratta Pasini. Il Banco infatti in pole position per

    un'aggregazione con la Popolare di Milano che potrebbe prendere forma prima della pausa estiva.

    Pagina 1 di 2Pista tedesca per Veneto Banca - MilanoFinanza.it

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  • E, come se non bastasse, proprio in questi giorni spuntata una pista che conduce dritto nella Mitteleuropa e

    sulla quale, nelle prossime settimane potrebbero emergere dettagli significativi. il caso di dire che per

    Veneto Banca c' quasi l'imbarazzo della scelta. (riproduzione riservata)

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  • PRIMA PAGINA 23 APRILE 2015Il Sole 24 Ore

    CREDITO E FONDAZIONI

    La stabilit che serviva e la svolta necessaria

    Con la firma definitiva del protocollo tra le fondazioni bancarie e il ministero dellEconomia, si chiude la prima

    stagione della vita di queste istituzioni che per oltre due decenni sono state protagoniste della vita economica del

    Paese ma anche (o forse proprio per questo) oggetto delle polemiche pi aspre. Nate come strumento necessario del

    processo di privatizzazione di un sistema bancario che alla fine degli anni Ottanta era ancora per lottanta per cento

    di propriet pubblica, hanno avuto un merito fondamentale, quello di assicurare soprattutto nelle fasi iniziali un

    assetto proprietario stabile e, almeno nel caso di Intesa Sanpaolo e UniCredit, di favorire un processo di

    aggregazione che ha dato ottimi frutti, dando vita a banche di rilievo internazionale, solide e con un azionariato

    veramente aperto al mercato. Chi sottovaluta questo aspetto, invitato a studiare le vite parallele delle due

    principali banche italiane e di Telecom Italia, privatizzate quasi contemporaneamente ma con destini ben diversi

    perch nel secondo caso un capitalismo privato dal braccino corto non seppe costruire un nocciolo sufficientemente

    stabile di azionisti, con il risultato che nella fase di euforia del mercato azionario la scalata lasci sulle spalle della

    nostra principale societ di telecomunicazioni una montagna di debiti.

    Nelle prime due banche italiane le fondazioni hanno oggi quote di poco superiori al 20 per cento nel caso di Banca

    Intesa e del 10 per cento nel caso di UniCredit. Il resto del capitale azionario distribuito fra (pochi) operatori al di

    sopra del 2 per cento e il resto disperso nel mercato. E poich lobiettivo era inizialmente quello di traghettare le

    banche verso la public company e nello stesso tempo di assicurare unevoluzione strategica e dimensionale in linea

    con le esigenze dellinternazionalizzazione, e poi quello di tenere la barra dritta nella tempesta della crisi

    finanziaria, il giudizio complessivo su questa fase non pu che essere positivo.

    Continua pagina 2

    Marco Onado

    Continua da pagina 1

    Ma ovviamente questo il lato splendente della storia: c' anche il lato oscuro, cio quello delle fondazioni

    (Genova e Siena in testa) che si sono strette in un abbraccio mortale con le banche e che per mantenere a tutti i

    costi il controllo della banca hanno compiuto le operazioni pi spericolate e hanno avallato scelte sciagurate di

    investimento e di prestito. Il motivo fondamentale che la strategia, che Ciampi aveva bene in mente come

    presidente del consiglio prima e come ministro del Tesoro dopo, di forzare la dismissione delle azioni bancarie, non

    mai stata realizzata dai governi successivi.

    La riforma Amato che diede vita alle fondazioni non aveva un peccato originale, come qualcuno sostiene.

    Piuttosto, non stata completata come avrebbe dovuto da paletti stretti, riassumibili in due percentuali: quella sul

    limite massimo della partecipazione nella banca e soprattutto quella di diversificazione del patrimonio della

    fondazione (oggi, finalmente ma tardivamente, introdotta dalla convenzione), secondo cui le azioni della banca

    originaria non possono superare un certo limite del patrimonio totale, come si conviene ad ogni investitore

    prudente.

    Questo vuoto di iniziativa politica ha favorito le operazioni pi scellerate, che rispondevano solo alla logica di

    mantenersi abbarbicati al controllo assoluto a tutti i costi e che ha creato la simbiosi perversa che ha distrutto

    banche di tradizioni secolari.

    Le fondazioni che si sono indebitate per sottoscrivere gli aumenti di capitale hanno compiuto operazioni da hedge

    fund, non da investitore di lungo termine.

    E per carit di patria, non parliamo delle operazioni in derivati. Il divieto per entrambe queste categorie di

    operazioni introdotto oggi dalla convenzione, era gi imposto dalle regole della buona amministrazione prima

    ancora che dai principi di sana e prudente gestione espressamente richiamati dalla legge costitutiva delle

    fondazioni.

    E ovviamente anche la governance delle fondazioni ha suscitato molte perplessit e giustificato critiche feroci e

    proposte quasi iconoclaste, anche da parte di studiosi tanto autorevoli quanto inclini per indole alla mitezza.

    Insomma, la categoria delle fondazioni non solo ha dovuto annoverare fra le sue fila alcune, ma molto importanti,

    pecore nere, ma ha anche dimostrato complessivamente una riottosit al cambiamento (e al controllo) degna di

    miglior causa.

    La firma della convenzione una svolta storica, non tanto perch enuncia principi che avrebbero dovuto essere

    rispettati sempre e comunque, ma perch dimostra che si apre una stagione nuova nei rapporti tra le fondazioni, la

    societ in cui operano e la politica.

    In altre parole, il messaggio pi importante del testo firmato a Roma non rappresentato dai paletti che introduce,

    quanto dall'impegno a non sottoscrivere patti di sindacato che portino ad esercitare un'influenza dominante sulle

    Pagina 1 di 2Il Sole 24 Ore

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  • banche e ad adottare finalmente forme di governance omogenee ed adeguate alla natura non profit e di utilit

    sociale.

    La convenzione apre alla definizione di nuovi criteri e direttive di vigilanza (che significativamente avverr con

    un rapporto consensuale tra il Ministero e la categoria) e dunque apre una nuova fase della vita delle fondazioni o,

    se si preferisce, ne chiude una caratterizzata da un vuoto di controlli che ha consentito che esperienze di grande

    significato si accompagnassero a dissesti clamorosi. Proprio perch si tratta di una svolta che avrebbe dovuto essere

    compiuta molto tempo fa, il risultato conseguito dal ministro Padoan deve essere particolarmente apprezzato.

    RIPRODUZIONE RISERVATA

    Marco

    Onado

    Pagina 2 di 2Il Sole 24 Ore

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  • PRIMO PIANO 23 APRILE 2015Il Sole 24 Ore

    LEGAME

    AFFIEVOLITO Nel 2001 i dividendi percepiti dalle banche partecipate rappresentavano il 57% dei proventi totali, mentre oggi solo il 22,7%

    La rivoluzione coinvolge 42 Enti

    Da Cariverona a San Paolo: ecco chi dovr alleggerire le quote azionarie nelle

    banche

    Sono complessivamente 42 le fondazioni che hanno oltre un terzo del patrimonio investito in banche. scritto nero su bianco nella relazione di Alessandro Rivera, capo della direzione sistema bancario e finanziario-affari legali del ministero dellEconomia e delle Finanze, che ha presentato ieri lesito del patto siglato tra governo ed enti. Un patto che, come noto, volto a regolamentare la presenza delle fondazioni nel capitale delle banche per fare in modo che gli istituti non concentrino eccessivamente il proprio portafoglio. Da una prima analisi emerge che delle 88 fondazioni oggi operanti sul territorio, 21 non hanno pi alcuna partecipazione nella banca conferitaria mentre delle restanti 67, 13 hanno una partecipazione finanziaria superiore al 50%, 26 inferiore al 5%, 14 tra il 5 e il 20% e altre 14 tra il 20 e il 50%. Gli Enti coinvolti

    Tra queste, come detto, ben 42 hanno oltre un terzo del patrimonio immobilizzato in istituti di credito, e sono questi gli Enti coinvolti dal protocollo Mef-Acri. A sua volta, di questi 42 Enti, 16 sono azionisti di istituti quotati mentre 26 lo sono di banche non quotate. Al momento non disponibile un elenco ufficiale delle fondazioni coinvolte ma stando ad alcune ricostruzioni, delle 16 farebbero parte la Fondazione Cariverona, la Compagnia San Paolo, la Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze, quella di Padova e Rovigo, Carimonte, la Fondazione Mps e pure la Fondazione Carige. E poi dovrebbero esserci anche quella di Cuneo, di Alba, di Lucca, di Carpi e di Modena. Oltre, potenzialmente, alla Cassa di Risparmio delle province Lombarde. In sostanza le banche coinvolte sono Intesa Sanpaolo, UniCredit, Mps, Carige e Bper. Dalla legge Ciampi ad oggi

    in questi istituti, quindi, che gli enti dovranno ridurre il peso. Ci a esito di un processo avviato di fatto nel 2000, quando entrata in vigore la legge Ciampi, e accelerato negli anni della crisi, una volta compresi i pericoli di una concentrazione eccessiva. Da allora il legame tra fondazioni e istituti di credito, seppure ancor oggi forte, ha iniziato ad affievolirsi. Lo dimostra il fatto che se nel 2001 i dividendi percepiti dalle banche rappresentavano il 57% dei proventi oggi le cedole contribuiscono per il 22,7%. Detto ci, il credito continua a rappresentare un asset chiave nel patrimonio degli enti e, tolta la fase critica del biennio 2011-2013, il bilancio tutto sommato positivo. Le cose infatti sono cambiate nel corso degli ultimi due anni. Il valore delle partecipazioni bancarie progressivamente lievitato sul totale lordo del complesso delle attivit finanziarie, anche in assenza di movimentazioni. Basti pensare che la quota di partecipazione della Compagnia San Paolo nel capitale di Intesa Sanpaolo, pur rimanendo stabile al 9,5% del capitale ordinario della banca, balzata dal 38% del 2012 al 48% del 2013. Attivi per 50 miliardi

    A livello di sistema, se nel 2000 il patrimonio netto contabile delle Fondazioni era di 35,4 miliardi di euro, nel 2013, stando agli ultimi dati disponibili, era di 40,8 miliardi, comprensivi di quei circa 6,3 miliardi di perdite legate in buona parte proprio alla riduzione di valore degli istituti di credito quotati. Non a caso, il diciannovesimo rapporto sulle fondazioni recita infatti che la diminuzione del patrimonio avvenuta in quella fase ha interessato solo 17 fondazioni e per 10 di queste la causa nelladeguamento al minor valore di mercato delle partecipazioni. Comprensibile considerato che se si guarda alla capitalizzazione del comparto bancario sulla borsa di Milano questa passata dagli 85,9 miliardi del 2000 agli 84,4 miliardi del 2013. In precedenza, ossia dal 2000 al 2010 il patrimonio (delle fondazioni, ndr) cresciuto mediamente del 3,5% annuo mentre linflazione aumentata del 2,1% annuo. Guardando lattivo delle Fondazioni al 31 dicembre 2013

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  • questo ammontava a 49,3 miliardi e registrava una diminuzione di 1,7 miliardi. Di questi, le attivit finanziarie nel loro complesso segnano una contrazione di 1,6 miliardi da attribuirsi alla partecipazione nella conferitaria. A dimostrazione del fatto che gli anni della crisi del credito si sono comunque sentiti sul bilancio degli enti. RIPRODUZIONE RISERVATA

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  • PRIMO PIANO 23 APRILE 2015Il Sole 24 Ore

    IL RUOLO DI

    CARIVERONA Lente scaligero destinato a ridurre la quota detenuta in UniCredit e potrebbe essere loccasione per incrementare la presa sul Banco Popolare

    Riassetto. La discesa nelle banche conferitarie potrebbe servire per aumentare il peso nelle Popolari

    in vista del processo di aggregazione stimolato dalla riforma del settore

    Le Fondazioni guardano alle nuove SpaChe cosa faranno le Fondazioni con i capitali derivanti dalla cessione obbligata delle

    quote nelle banche conferitaria? In molti casi gli incassi serviranno a riposizionarsi su

    altre banche, una mossa che servir a diversificare il patrimonio, a evitare leccessiva

    concentrazione in un solo asset e a favorire un ribilanciamento nel mercato. Il tempo

    a favore, perch gli Enti avranno tre anni di tempo per ridurre la partecipazione in

    societ quotate. Cinque, invece, gli anni a disposizione per le Fondazioni sovra-

    esposte verso societ non quotate. Nel complesso, sono 42 gli Enti interessati dalla

    novit, avendo oltre il 33% dei loro attivi investiti nel capitale della banca conferitaria.

    Mentre si stima che possano essere circa 5 i miliardi di euro che verranno scaricati

    sul mercato, ai valori attuali, per riportare le asticelle delle quote nelle conferitarie al

    di sotto del limite del 33% previsto dal protocollo firmato ieri.

    Bench la scadenza temporale non sia imminente, molte Fondazioni si stanno gi

    guardando attorno. Anche perch, nel frattempo, incombe laltra grande novit del

    settore bancario, ovvero riforma delle banche popolari. La trasformazione in Spa dei

    principali 10 istituti popolari italiani sta infatti spingendo le banche a creare dei

    noccioli duri di azionisti cos da evitare possibili takeover ostili che la fine del voto

    capitario potrebbe invece favorire. In questo nuovo scenario, le Fondazioni intendono

    giocare un ruolo decisivo.

    Uno degli Enti pi attivi in questo senso la Fondazione Cariverona, guidata da Paolo

    Biasi. LEnte dovr ridurre di almeno un terzo la propria esposizione verso UniCredit,

    di cui possiede circa il 3,5%. La quota iscritta a bilancio vale oltre 2,1 miliardi di euro

    e pesa per oltre il 50% sul patrimonio complessivo dellEnte. Da UniCredit i capitali

    potrebbero defluire ad esempio nel Veneto. In pi occasioni la Fondazione ha

    manifestato linteresse ad accrescere la partecipazione nel Banco Popolare (Se il

    Banco chiama, la Fondazione esamina, ha detto a fine febbraio Biasi), di cui detiene

    lo 0,02% secondo il bilancio 2013. Tra i dossier sul tavolo di Biasi dovrebbe essere

    passato anche quello di Banca Marche (Non da escludere, stata laffermazione

    del presidente di Cariverona), istituto in attesa di un cavaliere bianco. Ma non da

    escludere un interessamento della Fondazione locale anche verso le altre due banche

    della regione, come Pop.Vicenza e Veneto Banca, due istituti non quotati che stanno

    ragionando su una possibile integrazione.

    Altre Fondazioni destinate a rivestire un ruolo di primo piano, nellatteso riassetto del

    settore, sono quelle oggi presenti in maniera rilevante nel capitale di Intesa Sanpaolo:

    si tratta ad esempio di Compagnia di San Paolo, CariPadova o Ente CrFirenze, enti

    che dovranno cedere, accanto alle cugine minori, circa il 9% del colosso bancario.

    Difficile pensare a cessioni di quote massicce in blocco, ma evidente che entro i

    tempi previsti dal protocollo Mef siglato ieri gli Enti dovranno riposizionarsi. Analoga

    la condizione di Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo, primo socio italiano di Ubi

    con il 2,27%, che esposto verso la banca lombarda per oltre il 40% del totale del

    patrimonio, e che dovr necessariamente trovare nuovi approdi.

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  • PRIMO PIANO 23 APRILE 2015Il Sole 24 Ore

    I LIMITI SUI DERIVATI

    I derivati potranno

    essere utilizzati solo con finalit di copertura o in operazioni in cui non siano presenti rischi di perdite patrimoniali

    Fondazioni, tetto azionario al 33%

    Il limite riguarda linvestimento nella banca conferitaria - Indebitamento non

    oltre il 10%

    ROMA

    Si compone in tutto di tredici articoli il protocollo dintesa siglato ieri a via XX

    settembre dal presidente dellAcri, Giuseppe Guzzetti e dal ministro del Tesoro, Pier

    Carlo Padoan. Ma nelle intenzioni dei firmatari si tratta di una pietra miliare della

    storia delle fondazioni di origine bancaria in Italia, una riforma importante, proprio

    come la legge Amato che permise di sbloccare la foresta pietrificata del credito

    allinizio degli anni 90 o la legge Ciampi del 1998: servir infatti a garantire la sana e

    prudente gestione dei loro investimenti bancari, immunizzandoli dal rischio di crisi

    finanziare future, e permetter anche di accrescere la trasparenza, lindipendenza dalla

    politica degli amministratori e di qualificare la governance, oltre che di potenziare il

    ruolo nello sviluppo sociale di questi investitori . Il tutto, come ha spiegato ieri nel

    corso di un convegno al Tesoro il presidente della Cassa depositi e prestiti, Franco

    Bassanini, senza metterne in discussione lautonomia e sbarrando la strada a tentativi

    pi o meno illuminati di intervenire con atti dimperio. Sotto il profilo finanziario, il

    cuore della riforma alla quale hanno aderito, impegnandosi a cambiare al pi presto i

    loro statuti, 85 fondazioni su 86 tra quelle che fanno parte dellAcri ( solo la Cassa di

    Fossano non ha firmato e lascer lassociazione)si articola in tre punti.

    Il primo il tetto alla concentrazione dellinvestimento nella banca conferitaria che

    non potr superare il 33 per cento. Il patrimonio delle fondazioni non potr essere

    impiegato direttamente o indirettamente in esposizioni verso un singolo soggetto per

    un ammontare complessivamente superiore a un terzo del totale dellattivo valutato al

    fair value. Per le dismissioni delle quote eccedentarie la riforma concede tre anni di

    tempo per le societ quotate e cinque anni di tempo per le non quotate. Come ha

    spiegato ieri il dirigente generale del Tesoro che segue il sistema bancario, Alessandro

    Rivera,sulla base dei bilanci dellesercizio 2013, per il sistema-fondazioni

    linvestimento complessivo nella banca conferitaria pari a circa 19 mld

    corrispondenti a poco meno del 39% del totale dellattivo patrimoniale. Occorre per

    tenere conto del fatto che non tutte le fondazioni hanno ancora una partecipazione

    nella banca conferitaria.

    Su un totale di 88 Fondazioni, sono 67 quelle che tuttora detengono una

    partecipazione nella banca. La percentuale complessiva dellattivo investito nella

    banca, calcolata sulle sole fondazioni che ancora detengono una partecipazione

    maggiore e pari al 40,5%. Il livello di concentrazione, per queste fondazioni, molto

    variabile. Per 38 Fondazioni linvestimento nella banca superiore al 50%. Sono

    invece in totale 42 quelle che superano la percentuale del 33% definita nel protocollo.

    Per 16 di queste linvestimento in una banca quotata, per le restanti 26 riguarda

    invece banche non quotate; qualche calcolo a spanne, inoltre, fa pensare che sul

    mercato, in un arco congruo di tempo, potranno andare oltre 5 miliardi di titoli. Ieri

    lamministratore delegato Carlo Messina ha riconosciuto che Intesa Sanpaolo ha

    tratto moltissimi benefici dalla presenza delle fondazioni nel capitale della banca, sono

    state un punto di forza. Questa esperienza, ha aggiunto, un caso di successo. Per

    questo - ha aggiunto - siamo preoccupati per i prossimi anni, per come sostituire

    questo soggetto nel capitale.

    Laltro paletto importante della riforma, sotto il profilo della gestione riguarda

    lindebitamento delle fondazioni che deve essere solo temporaneo e non superare in

    ogni caso il 10 per cento; un terzo importante principio concerne le operazioni in

    derivati, che potranno essere usati solo con finalit di copertura oppure in operazioni

    in cui non siano presenti rischi di perdite patrimoniali.

    Loperazione varata ieri al Tesoro ha la benedizione anche di Bankitalia: il

    protocollo Tesoro-Acri sulle Fondazioni un passo avanti deciso sulla strada aperta

    Pagina 1 di 2Il Sole 24 Ore

    23/04/2015http://www.quotidiano.ilsole24ore.com/vetrina/edicola24web/edicola24web.html?test...

  • dalle leggi Amato e Ciampi e si iscrive anche nello sforzo che il Paese sta facendo e di

    cui la riforma delle Popolari un altro tassello, ha dichiarato il direttore generale,

    Salvatore Rossi. Che ha concluso: Il ruolo delle fondazioni non messo in

    discussione, anzi pu esserne rafforzato. Banca dItalia continuer a vigilare affinch

    il rapporto con le banche sia sano e il sistema sia in grado di sostenere la crescita

    economica.

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    Pagina 2 di 2Il Sole 24 Ore

    23/04/2015http://www.quotidiano.ilsole24ore.com/vetrina/edicola24web/edicola24web.html?test...

  • FINANZA & MERCATI 23 APRILE 2015Il Sole 24 Ore

    SI CHIUDE A BREVE

    La formalizzazione: Siamo a livello di term sheet, bisogna ancora finalizzare i contratti, redigere i patti parasociali

    M&A. Nasce newco al 50% di UniCredit e al 50% di Warburg Pincus e General Atlantic

    UniCredit-Banco Santander, accordo sulla

    nuova Pioneer

    Trovata la soluzione per superare il contenzioso di Madrid negli Usa

    Ormai questione di ore. La quadra nellaggregazione tra Pioneer, controllata da

    Unicredit, e Santander Asset Management,che fa capo al gruppo bancario spagnolo e

    ai fondi Warburg Pincus e General Atlantic, stata infine trovata dopo mesi di

    trattative. Lintesa non prevede alcuno scorporo della divisione statunitense di

    Pioneer, ma piuttosto si incentra su una struttura societaria che ha permesso di far

    convergere le istanze di tutte le parti coinvolte. Nascer cos un gruppo che

    nellaggregato avr un valore di circa 5,5 miliardi di euro e circa 400 miliardi di masse

    amministrate, suddivise in circa 60 miliardi (15%) negli Stati Uniti e il resto in altri 40

    paesi al mondo.

    La firma dellaccordo solo questione di ore e far nascere un nuovo player dellasset

    management a livello mondiale, che manterr il nome di Pioneer.

    Il dossier, voluto dal numero uno di Unicredit, Federico Ghizzoni, per creare un player

    mondiale nel settore dellasset management, potr anche dare un contributo a livello di

    capitale e per questo saranno decisive le condizioni finali, a partire dal mix carta e

    contanti che metteranno sul piatto i nuovi partner.

    Continua pagina 31

    Continua da pagina 27

    Lintesa stata trovata grazie alla struttura delloperazione, che vede, per il momento

    almeno, Banco Santander non direttamente coinvolto nellazionariato di Pioneer Usa,

    a causa del contenzioso aperto degli spagnoli con la Fed. Loperazione prevede la

    costituzione di una newco, che prender il nome di Pioneer, controllata al 50% da

    Unicredit e al restante 50% da Warburg Pincus e General Atlantic, i due di private

    equity gi azionisti di Santander Asset Management. Questa newco, a sua volta,

    controller il 100% di Pioneer Usa e il 66% circa di unaltra societ in cui confuiranno

    tutte le attivit di asset management di Pioneer e tutte le attivit del comparto di

    Santander Asset Management. Banco Santander, quindi, avr il restante 33% di

    questultima societ.

    Una soluzione questa, che potrebbe essere solo temporanea nellattesa che Santander

    risolva il contenzioso che la vede protagonista negli Stati Uniti. Successivamente

    potrebbe, poi, divenire azionista della nuova Pioneer, che comprende anche le attivit

    Usa, anche se al momento non sarebbero state previste opzioni call a favore di

    Santander.

    Siamo a livello di term sheet, bisogna ancora finalizzare i contratti, redigere i patti

    parasociali, aggiunge una delle fonti riportate ieri dallagenzia Reuters riguardo al

    deal. La finalizzazione definitiva delloperazione richieder,dunque, ancora qualche

    mese, considerando anche che occorrer aspettare il via libera di alcune autorit

    antitrust, considerato che i paesi coinvolti sono oltre 30.

    Si chiude cos una trattativa arrivata sul tavolo del consiglio di amministrazione di

    Unicredit nel settembre scorso, che ha visto gli advisor Morgan Stanley e Merrill

    Lynch a fianco del gruppo guidato da Federico Ghizzoni, mentre Ubs ha assistito

    Santander.

    Lufficializzazione dellaccordo permetter ora di capire quale sar limpatto

    delloperazione sui ratio di Unicredit. Lo scorso settembre il ceo di Unicredit aveva

    stimato i