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sul futuro della

Ricerca Sanitaria

Corso della Repubblica, 2040

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Il Gruppo Neuromed crescecon l’arrivo di Villa Serena e di NCL

Situata nel centro di Cassino, la Casa di Cura Villa Serena rappresenta un punto di riferimento per la cittadina del frusinate e per tutta la popolazione della provincia. La casa di Cura Villa Serena è accreditata con il Servizio Sanitario Nazionale per la medicina generale, la radiodiagnostica e il laboratorio analisi cliniche. Villa Serena o�re prestazioni, con posti letto dedicati, anche per la cardiologa e per la geriatria.La struttura eroga numerose prestazioni ambulatoriali quali quelle medico specialistiche tra cui il laboratorio di analisi e i servizi di diagnostica radiologico (in convenzione con il SSN) ed esami strumentali ecografici ed endoscopici.I principi che ispirano Villa Serena sono orientati verso valori etici primari, indirizzati al mantenimento di un benessere psico-fisico generale del paziente. Un approccio che rientra nella mission del Gruppo Neuromed che sviluppa un concetto di assistenza a misura di paziente e della sua famiglia. Obiettivi che possono essere raggiunti grazie alla presenza di professionalità mediche e gestionali del team Villa Serena. Oltre ad assicurare un’assistenza completa e di�erenziata, Villa Serena punta con particolare attenzione sulla competenza delle sue risorse umane, in modo da assicurare e�cienza ed e�cacia tecnico-organizzativa dei sistemi gestionali, integrando tali professionalità con continui supporti formativi.

N.C.L. Neurological Centre of Latium è una struttura specialistica per le scienze neurologiche che intende proporsi come riferimento nel territorio per i casi di patologie del sistema nervoso centrale e periferico. L’attività Neurologica è indirizzata prevalentemente alla terapia delle malattie neurologiche quali Sclerosi Multipla, Parkinson, Epilessia, Patologia da Insu�cienza cerebrovascolare, Ictus, infiammazioni ed infezioni del sistema neurologico centrale e periferi-co, Cefalee, neuropatie, invecchiamento cerebrale e demenze.L’attività Neurochirurgica nasce nei primi anni ‘80 ed è stata accreditata dalla Regione Lazio nel 1991. Il tutto supportato da una piattaforma di diagnostica per immagini e strumentale all’avanguardia. La casistica dell’Istituto supera i 2000 casi includendo numerosi interventi di notevole complessità. Le attività a�erenti al reparto di Neuroriabilitazione sono volte al recupero funzionale delle diverse patologie neurologiche e ortopediche utilizzando impianti di alta e moderna tecnologia come laserterapia, iperter-mia, vibro terapia, elettroterapia, mobilizzazioni vertebrali, ginnastica medica e posturale, ginnastica respiratoria codificando i protocolli terapeutici ed il monitoraggio dei risultati.

NCLNeurological Centreof Latium -Istituto di Neuroscienze - S.r.l.

Sede Operativa: Via Patrica, 15 - 00178 RomaTel. +39 06.76.37.41 - Fax +39 [email protected]

Sede Operativa: Corso della Repubblica, 20403043 Cassino (Fr)Tel. 0776.21058 - Fax 0776 .21896www.villaserenacassino.it

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Trimestrale di informazionemedico-scientifica

ANNO II – n. 2 – GIUGNO 2016

Registrato presso il Tribunale diIsernia al n. 140/2015 R.G.V.G.

Sede legaleVia Atinense, 18 – 86077 Pozzilli (IS)[email protected]

Direttore responsabile Pasquale [email protected]

In RedazioneAmerico [email protected] [email protected]

Sede redazioneVia dell’Elettronica, 486077 Pozzilli (IS)Tel. 0865/915403 – fax 0865/[email protected]

Lettere e articoli firmati impegnano solola responsabilità degli Autori.Citando la fonte, articoli e notiziepossono essere ripresi, in tutto o in parte,senza preventiva autorizzazione.

Ideazione Grafica & StampaGrafica Isernina86070 Sant’Agapito (IS)Tel. 0865 41 43 47www.graficaisernina.it

SOMMARIO

www.neuromed.ithttp://publishing.neuromed.it

RICERCA

4 La pasta non ingrassa. Neuromedconquista la stampa mondialeIl lavoro, pubblicato dalla rivista scientifica Nutrition & Diabetes,è stato ripreso da centinaia di articoli e servizi giornalistici

CLINICA

6 Il cervello, la struttura più complessadell’UniversoCapirlo e curarlo. Ne parliamo con il professor Diego Centonze

10 Potenziato all’I.R.C.C.S.il Centro Malattie Rare

FRONTIERE

13 Secondo convegno dellaSocietà Italiana di NeurochirurgiaSi è tenuto all’I.R.C.C.S. di Pozzilli in ricordo del professor Giam-paolo Cantore

16 A Roma gli Stati Generalidella Ricerca Sanitaria italianaL’I.R.C.C.S. Neuromed ha partecipato da protagonista all’evento.Le dichiarazioni del ministro Lorenzin alla nostra Rivista

IL GRUPPO

24 Attivata la Breast Unitalla clinica MalzoniPresentato ad Avellino il team coordinato dal senologoLuigi Cremone. Le dichiarazioni dei relatori

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NEWS

30 La banca biologica del Progetto Moli-saniUn tesoro di Neuromed a disposizione della comunità scien-tifica internazionale

32 Aneurisma dell’aortaTra chirurgia classica ed endovascolare, il Neuromed all’avan-guardia per un intervento che salva la vita

34 Aperto anche un Centroper l’attività sportivaNel Neuromed Body Fitness Center la prevenzione attraversol’attività fisica

PREVENZIONE

36 Ricerca e Sport insiemeper la Partita della SaluteLa Fondazione Neuromed promuove un progetto legato alla fi-gura di Vincenzo Cosco

CULTURA

40 Continuano a Pozzilligli scavi archeologiciSostegno di Neuromed alla Sovrintendenza per riportare allaluce un’area andata distrutta nell’antichità da un incendio

42 Quando la neurologia è racconto…Un ricordo di Oliver Sacks, ovvero il confine sfumato e insidiosotra letteratura e medicina

L’INTERVENTO

44 La mobilità sanitaria:un costo o una risorsaA cura di Raffaele Panichella, presidente AIOP Molise

L’INTERVISTA

48 Intervista a Enzo Iacopino, presidentedell’Ordine Nazionale dei Giornalisti

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4 NEUROMED NEWS

Ancora una volta le ricerche con-dotte dall’I.R.C.C.S. Neuromedconquistano le prime pagine dei

giornali di tutto il mondo. Questa voltaè il turno di uno studio condotto dal Di-partimento di Epidemiologia e Preven-zione che mostra come, contrariamen-te a quanto molti credono, il consumodi pasta non contribuisca all’obesità,ma sia invece associato con una dimi-nuizione dell’indice di massa corporea,considerando sia quella generale chequella specificamente addominale.La ricerca, pubblicata sulla rivista scien-tifica Nutrition and Diabetes, ha presoin esame oltre 23.000 persone inseritein due grandi studi: Moli-sani e INHES(Italian Nutrition & HEalth Survey), con-dotti dallo stesso Dipartimento. “Analiz-zando i dati antropometrici deipartecipanti e le loro abitudini alimen-tari – spiega George Pounis, primo au-tore del lavoro – abbiamo visto che ilconsumo di pasta, diversamente da

quello che molti pensano, non si asso-cia a un aumento del peso corporeo. Alcontrario: i nostri dati mostrano chemangiare pasta si traduce in un più sa-lutare indice di massa corporea, unaminore circonferenza addominale e unmiglior rapporto vita-fianchi”.Dai numerosi studi già condotti, la DietaMediterranea emerge chiaramente peri suoi effetti benefici sulla salute, com-preso il controllo del peso. Molto poco,invece, si sapeva del ruolo specifico diun componente basilare come la pasta.I dati dello studio Neuromed, ora,vanno a colmare questa lacuna, confer-mando alcune osservazioni recente-mente condotte negli Stati Uniti e inGrecia.“La pasta – dice Licia Iacoviello (fotodella pagina a fianco), Capo del Labo-ratorio di Epidemiologia Molecolare eNutrizionale del Neuromed – è spessoconsiderata un fattore da limitarequando si segue una dieta per perdere

Centinaia di articoli apparsi su giornali, siti web, televisioni e radio di tutto il mondo. È questo l’interessesuscitato da una delle ultime ricerche dell’Istituto. Protagonista, questa volta, è la pasta

RICERCA

LA PASTA

NON INGRASSA

NeuROmed CONquISTA

LA STAmPA mONdIALe

George Pounis,primo autoredel lavoro

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peso. C’è chi la elimina completa-mente dai suoi pasti. Alla luce di que-sta ricerca, possiamo dire che non èun atteggiamento corretto. Stiamoparlando di un componente fonda-mentale della tradizione mediterraneaitaliana, e non c’è ragione per farne ameno. Il messaggio che emerge daquesto studio, come da altri lavoriscientifici già prodotti nell’ambito deiprogetti Moli-sani e INHES, è che se-guire la Dieta Mediterranea, nella mo-derazione dei consumi e nella varietàdi tutti i suoi elementi, la pasta in pri-mis, rappresenta un vantaggio per lasalute”.

Lo studio èstato par-z i a lmen tesupportatoda BarillaS.p.a. attra-verso il Mi-nistero delloS v i l u p p oEconomiconell’ambitodel Pro-g r a m m a

ATENA MI01_00093 – Nuove Tecnolo-gie per il Made in Italy (D.I. PII MI6/3/2008) e da Epicomed Research S.r.l.

Qui sotto alcune delle testate nazionali e internazionaliche hanno riportato la notizia

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6 NEUROMED NEWS

CLINICA

Qualche giovane studente inmedicina che stia pensandoalla specializzazione da sce-

gliere dopo la laurea potrebbe spaven-tarsi: “Molto più di altre disciplinemediche, la Neurologia ha bisogno di

clinici che non perdano mai di vista la ri-cerca scientifica. Di fatto, si sceglie difare il neurologo perché si ha voglia distudiare, e anche tanto”. A parlare è ilprofessor Diego Centonze, Ordinario diNeurologia nell’Università Tor Vergata diRoma e Responsabile dell’Unità Opera-tiva di Neurologia I e dell’Unità di Neu-roriabilitazione dell’I.R.C.C.S. Neuromed.

il neurologo è un medicoche deve sempre essere acavallo tra clinica e labora-torio

“Non è questione di spaventare i giovani.– prosegue – È che il neurologo è unafigura particolare, un medico che devesempre essere a cavallo tra clinica e la-boratorio.

Il cervello, la strutturapiù complessa dell’UniversoCapirlo e curarlo. Ne parliamo con il professor Diego Centonze,

responsabile delle Unità Operative di Neurologia e Neuroriabilitazione Neuromed

Il professorDiego Centonze,

Responsabile dell’UnitàOperativa di Neurologia I

e dell’Unitàdi Neuroriabilitazione

Il team dell’UnitàOperativadi Neurologia I

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Noi non ci ritroviamo tutti i farmaci etutte le risorse che invece, ad esempio,può avere un cardiologo. Dobbiamo sa-pere usare quello che abbiamo, lavorarecon i pazienti applicando innovazioniche spesso arrivano a macchia di leo-pardo. Vediamo aree dinamiche, doveescono un paio di nuovi farmaci al-l’anno, come nel caso della sclerosimultipla. Ma anche settori dove i pro-gressi sono meno rapidi, e persino pa-tologie per le quali le terapie sonoancora completamente assenti, comesuccede alla sclerosi laterale amiotro-fica”.Com’è fatto allora un buon neurologo?“Io penso che la qualità principale sia dinon perdere mai di vista i meccanismi,la fisiologia, la ricerca di base. È un at-teggiamento che deve rimanere pertutta la vita, perché le conoscenze nelnostro campo sono molto veloci. Que-

sta è una delle discipline in più rapidomovimento, e si rischia di essere rapida-mente tagliati fuori. Diventare esclusiva-mente dei clinici, senza almenoorecchiare ciò che succede nel mondodella ricerca di base, secondo me si ri-schia di svilire il proprio lavoro”.Centonze questo rischio non sembraaverlo corso, a giudicare dai suoi oltre300 lavori scientifici e dall’intervista chegli ha dedicato nel 2005 la rivista scien-tifica Science, una delle più autorevoli al

mondo. Dopo la laurea in Medicina allaSapienza di Roma, è entrato nella scuoladi specializzazione in Neurologia a TorVergata. Qui la routine è stata immedia-tamente chiara: mattina in reparto con ipazienti, pomeriggio in laboratorio afare ricerca. Un’abitudine che lo ha ac-compagnato anche nella sua esperienzaall’estero, nell’Università di Birmingham.E che vuole mantenere intatta anche quia Pozzilli.

Un gruppo di ricerca chenon tralasci mai l’esigenzadel confronto con altre di-scipline

“Nel Neuromed ho scoperto una condi-zione che definirei ideale. C’è un’esi-genza clinica costante, ci sono pazienti,ci sono problemi concreti che riguar-dano la vita delle persone. Ma allo stesso

tempo la ricerca è particolarmenteforte. Ecco perché ho voluto, da subito,avere un forte impegno su entrambi ifronti, coagulare un gruppo di ricercache non tralasci mai l’esigenza del con-fronto con altre discipline. Ho sempretrovato estremamente interessante lacontaminazione tra branche diversedella medicina. La Neurologia ha unasua identità ben precisa, ma facciamoun esempio: la sclerosi multipla è unapatologia autoimmune, e necessita di

I neurologidell’Unità Operativa

di Neurologia I

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competenze immunologiche. Non è in-frequente che lo stesso neurologo ma-turi queste competenze, grazie alconfronto con altri professionisti”.

Diagnosi, terapia, riabilita-zione e assistenza

Vogliamo parlare dei vostri pazienti,della vita di reparto?“L’impegno principale è nell’istituire per-

corsi caratterizzati da una presa in ca-rico globale della persona che si rivolgea noi, sotto tutti gli aspetti: diagnosi, te-rapia, riabilitazione, assistenza. Le pato-logie di cui ci occupiamo sono moltodiverse, e per questo anche i pazienti losono. E le loro esigenze cambiano neltempo. È proprio la capacità di “inter-cettare” i loro bisogni, nelle diverse ma-lattie come in tutte le loro fasi, chesecondo me fa la differenza, e crea unbuon reparto di Neurologia, sia quandoparliamo di pazienti ricoverati che diquelli ambulatoriali. E anche qui c’ècontaminazione: un reparto come il no-stro ha sempre bisogno dell’integra-zione con altre discipline”.In generale, cosa ci possiamo aspettaredalla ricerca in campo neurologico neiprossimi anni?“La quantità di informazioni cresce inmodo enorme, ogni anno. Ma dob-biamo comunque essere chiari: capire afondo come funziona il cervello èun’ambizione che rischia di essere fru-strata, almeno a breve termine. Se par-liamo della cura di patologie

Il professor Centonzecon parte dell’equipe

Il team dell’UnitàOperativadi Neuroriabilitazione

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neurologiche, alcuni passi saranno piùrapidi, ma rimane sempre un percorsoimprevedibile. Stiamo pur sempre par-lando del cervello, la struttura più com-plessa che conosciamo in tuttol’universo”.Lei è anche responsabile dell’Unità diNeuroriabilitazione. Riprogrammare ilsistema nervoso, insegnargli come ri-prendere quelle funzioni che sono ri-maste danneggiate da una malattia oda un trauma, tutto basato sulla grandecapacità di adattamento del cervello.

gli effetti della riabilita-zione sono spesso più inci-sivi di quelli dei farmacidisponibili

“Fino a non molti anni fa la Neuroriabili-tazione era una disciplina empirica. Oggic’è un vero e proprio rinascimento, sistanno gettando le basi per rifondaretutti i trattamenti su basi rigorosamentescientifiche, e vediamo i successi. Forsemolti non sanno che gli effetti della ria-bilitazione, in alcune patologie, sonospesso più incisivi di quelli dei farmacidisponibili. È la cosiddetta plasticitàneuronale, appunto la capacità di adat-tamento, l’esperienza della persona chesi incarna nel suo sistema nervoso. Unavolta colpito da una patologia o da untrauma, il cervello tenderà sempre ariorganizzarsi in qualche modo. Noi ab-biamo il compito, attraverso un lavoroche impegna un team molto com-plesso, di guidare questa riorganizza-zione”.Perché, a parità di condizioni, alcuni

pazienti recuperano meglio di altri?Spesso vediamo come persone colpiteda ictus, ad esempio, pur presentandolesioni simili avranno esiti molto di-versi in termini di recupero delleloro funzioni. “La plasticità èdiversa da persona a per-sona, un fenomeno checonosciamo bene. C’ècome una ‘riserva’ nelnostro cervello, cheentra in gioco e puòcompensare le funzioniperdute. Purtroppo questariserva diminuisce con l’età, ediversi studi hanno dimostratoanche il ruolo della genetica. Assetti di-versi del DNA daranno origine a unmaggiore o minore successo delle tec-niche riabilitative. Ecco perché la stradadel futuro è nella massima personaliz-zazione delle terapie. Noi dobbiamo sa-pere quali riserve ha il malato, e suqueste lavoreremo in modo specifico.

la strada del futuro è nellamassima personalizzazionedelle terapie

In questo ambito non dimentichiamo leprospettive veramente interessanti dellastimolazione magnetica transcranica(TMS, nella quale il cervello viene stimo-lato in modo non invasivo attraverso im-pulsi magnetici, ndr). Una maggioreconoscenza delle potenzialità del pa-ziente, assieme all’uso di tecnologieavanzate come la TMS ci condurrannoa pianificare con sempre maggiore pre-cisione gli interventi riabilitativi”.

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La scoperta di una malattia grave è il mo-mento in cui intere esistenze cambiano.A ogni visita si studia il volto dei medici

per individuare segnali di speranza o di sco-raggiamento, si cerca di capire quello che c’èscritto nei referti, si parla con amici e parenti.Nel dolore, nella preoccupazione e nelloscrutare un futuro diventato improvvisamentecupo, c’è però un intero mondo con il qualecondividere la propria preoccupazione e leproprie sofferenze. I medici conoscono benele procedure, le persone vicine hanno un’idea

abbastanza chiara di cosa si tratti. E se questomondo non ci fosse?È quello che succede ai pazienti colpiti da unamalattia rara. La doppia sfortuna la chiamano:non solo scoprirsi una patologia seria, ma sa-pere che la gente attorno a noi non ne ha maisentito parlare, il più delle volte neanche ilproprio medico.“L’impegno del Neuromed in questo campo –dice il professor Erberto Melaragno, Presi-dente dell’I.R.C.C.S. Neuromed – inizia nel2001, quando richiedemmo il nostro inseri-

Potenziato all’I.R.C.C.S.il Centro Malattie RareRicerca e cura strettamente interconnesse in un rinnovato approccio multidisciplinare

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mento nella rete nazionale delle malattie rare,che ci fu concesso l’anno successivo. I motivierano semplici, a cominciare dalla grandeesperienza che avevamo accumulato neltempo, sia in termini di diagnostica che di cli-nica e di ricerca. Qui, infatti, erano già in corsoprogetti incentrati proprio su diverse patolo-gie considerate rare. E poi, naturalmente,c’era il nostro desiderio di offrire un punto diriferimento qualificato ed efficiente per i ma-lati e le loro famiglie non solo del Molise, maanche di molte regioni del centro-sud. In-somma, ci era sembrata la cosa giusta da fare,e l’esperienza di questi anni lo ha confermato.Oggi Neuromed, con il suo Centro di Neuro-genetica e Malattie Rare guidato dal professorStefano Ruggieri, è impegnato su tutti i frontidi questo delicato argomento, sia dal punto divista della ricerca che da quello clinico, senzamai tralasciare una forte azione di sensibiliz-zazione e di informazione dei cittadini”.

Per essere ufficialmente definita“rara” una patologia non devesuperare i 5 casi su 10.000 per-sone.

Un numero che solo apparentemente sembrapoco significativo. Nel mondo sono state in-fatti individuate tra le 7.000 e le 8.000 malattierare, l’80% delle quali di origine genetica. Eccoche i conti cambiano drammaticamente: inEuropa si stima che le persone colpite sianotra i 20 e i 30 milioni. Persone impegnatelungo un sentiero di incertezze, vicoli ciechi,paure. Si calcola che per una malattia rara civogliano da 5 a 15 anni prima che arrivi la dia-gnosi certa. Anni di visite, esami, risposte par-ziali. Un cammino tra i più difficili.“Il percorso di una persona colpita da una ma-lattia rara è forse uno dei più complessi in me-dicina, e ogni paziente è una storia individuale– afferma il professor Stefano Ruggieri –. Perquesto il nostro Centro è impegnato nel co-prire tutte le tappe di quel percorso attraversoun approccio multidisciplinare che vede ri-cerca di base e cura del paziente strettamenteinterconnesse nell’affrontare le patologie rareche colpiscono il sistema nervoso centralecon compromissione della funzione motoria,cognitiva e comportamentale. Ciò che i pa-zienti e le loro famiglie trovano qui è una si-

nergia di specializzazioni molto diverse: neu-rologi, psicologi, genetisti, sempre con il sup-porto di personale infermieristicospecificamente dedicato e la collaborazionedi laboratori particolarmente specializzati,come il Centro di genetica molecolare gui-dato da Stefano Gambardella”. A volte, però,può sembrare una lotta contro i mulini avento. “Non è così. – continua Ruggieri -Quando parliamo di aiuto alle persone colpiteda malattie rare dobbiamo tenere presenti al-cuni punti fondamentali: è vero che per moltedi esse non esiste ancora una vera terapia, mapossiamo comunque intervenire per miglio-

rare la qualità di vita dei pazienti e delle fami-glie”.In questo quadro, la figura dello psicologo ècruciale, ma non solo nel supporto al pa-ziente, come è logico pensare. “Il supporto ècertamente fondamentale – dice FrancescaElifani, psicologa del Centro – perché una

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malattia rara quasi sempre ha un forte impattosu tutti gli aspetti della vita di una persona, einoltre quando colpisce più componenti inuno stesso nucleo familiare comporta un au-mento della sofferenza psicologica rendendonecessaria l’estensione del supporto a tutta lafamiglia. Ma bisogna considerare anche l’im-

portanza degli aspetti neuropsicologici e psi-codiagnostici che alle volte si rivelanoessenziali quando convergono con la sinto-matologia neurologica per la definizione diuna diagnosi. Lo psicologo è parte integrantedi questo processo, fornendo un importantecontributo anche alla definizione dei proto-colli terapeutici specifici”.“Quelli legati alle patologie rare non sonoconcetti facili da trasmettere alla popolazione– dice Alba Di Pardo, genetista del Centro –.Le persone affette nel complesso da una delletante patologie definite rare sono milioni, èvero, e questo ne fa un problema molto serio.Ma gli individui colpiti da una specifica malat-tia sono veramente pochi, a volte solo qual-che centinaio in tutto il mondo.

Le malattie rare sono state peranni vere cenerentole della ri-cerca e della medicina

Questo aspetto comporta da una parte unaoggettiva difficoltà a studiare la malattia permancanza di un numero sufficiente di casi cli-nici, e dall’altra riduce fortemente l’interessedelle industrie farmaceutiche ad investire nellaricerca di cure. L’eventuale cura o farmacoavrebbe un mercato molto limitato, tale danon giustificare gli investimenti, tanto menorecuperarli. E così le malattie rare sono state

per anni vere cenerentole della ricerca e dellamedicina”.Passano quasi tutte sotto i radar, le patologierare. Sigle complesse, a volte semplicementeil nome dello scopritore. Ogni tanto qualcunafinisce sotto i riflettori, più che altro ad operadel mondo dello sport o dello spettacolo.

Come la sindrome diHutchinson-Gilford oprogeria, che causa l’in-vecchiamento precoce eche porta i bambini adessere vecchi nel-l’aspetto e negli acciac-chi. Proprio uno di questiragazzi, Sam Berns,morto nel 2014, la fececonoscere al mondo conil documentario “La vitasecondo Sam”. O la scle-rosi laterale amiotrofica

(SLA), che colpì il giocatore di baseball LouGehrig e che è attualmente una delle pochis-sime malattie al mondo chiamate con il nomedi un paziente e non dello scopritore.

Non solo ricerca scientifica maanche consapevolezza dellagente

“Aumentare la conoscenza delle malattie rareè una priorità a livello mondiale – continua DiPardo – non solo nella ricerca scientifica, maanche nella consapevolezza della gente.Dobbiamo far sì che questo problema diventiqualcosa di ben noto a tutti i livelli. Solo inquesto modo si potrà dare un impulso nuovoalla ricerca e alla cura in questo campo”.“I fronti scientifici aperti – spiega Vittorio Ma-glione, Responsabile del Laboratorio di Ri-cerca del Centro di Neurogenetica e MalattieRare – sono essenzialmente due: da un latocapire meglio la genetica di queste malattie,cosa che potrebbe portare, purtroppo noncredo in tempi brevi, a interventi sul DNA ca-paci di ‘riparare’ i problemi che sono alla basedell’80% di esse. Più a breve scadenza, ab-biamo gli interventi farmacologici, con lo stu-dio di molecole che, anche lasciando intattala mutazione genetica, permettano di ridurrei danni o rallentare l’avanzamento delle pato-logie”.

Il team del Centrodi Neurogenetica eMalattie Rare

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FRONTIERE

Secondo convegnodella Società Italianadi NeurochirugiaSi è tenuto all’I.R.C.C.S. di Pozzilli in ricordodel professor Giampaolo Cantore

Il solco lasciato dal professor Giam-paolo Cantore, illustre neurochi-rurgo che per tanti anni ha diretto

il Dipartimento di Neuroscienzedell’I.R.C.C.S. Neuromed oggi a lui in-titolato, continua a produrre i suoifrutti. E lo fa tramite un interesse sem-pre maggiore, che coinvolge tutta laneurochirurgia italiana, verso i giovani

specialisti. Per il secondo anno conse-cutivo la Società Italiana di Neurochi-rurgia ha promosso, insieme alDipartimento di Neuroscienzedell’I.R.C.C.S. Neuromed e alla Fonda-zione Neuromed, il convegno “La Neu-rochirurgia: dai giovani per i giovani”.L’evento, che fa parte degli “Incontridel Professor Cantore”, ha portato nei

primi giorni di aprile imigliori neurochirur-ghi italiani a Pozzilli.Un evento di duegiorni in cui sono statiaffrontati aspetti fon-damentali nel quadrodella neurochirurgia:la programmazionepreoperatoria, la veri-fica intraoperatoria e ilcontrollo post-opera-torio. In altri termini,

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tutto ciò che, insieme alla tecnica chi-rurgica vera e propria, determina laqualità e il successo degli interventi.Organizzato dal professor VincenzoEsposito e dal dottor Gualtiero Inno-cenzi, coordinatori della Neurochirur-gia Neuromed (che vanta un teammultidisciplinare e un volume di attivitàche supera i duemila interventi l’anno),il meeting è stato anche l’occasioneper ricordare la figura del professorGiampaolo Cantore.

Il ricordo del grande neuro-chirurgo viene celebratoanche per l’eredità culturale escientifica che ha lasciato

Il suo lavoro ha contribuito a fare dellaNeurochirurgia italiana una delle mi-gliori a livello mondiale. Il ricordo delgrande neurochirurgo viene celebratoanche per l’eredità culturale e scienti-fica che ha lasciato, un tesoro per igiovani che si affacciano a questa pro-fessione. È proprio dalla sua imposta-zione, che dava ai giovani specialisti lacontinua possibilità di migliorarsi dalpunto di vista professionale e umano,che nasce la volontà di dare voce a chisi trova a compiere i primi passi di que-sta impegnativa carriera.

Riceviamo dai nostri Maestriun tesoro di insegnamenti,dobbiamo custodirlo ed ac-crescerlo

“Il nostro è un modo di rendere omag-gio in maniera concreta al professorCantore, un grandissimo clinico e ri-cercatore, che riservava una notevoleattenzione all’educazione dei giovani –dice Esposito –. In realtà, l’insegna-mento è un dovere che ci riguardatutti. Noi riceviamo dai nostri Maestriun tesoro di insegnamenti, dobbiamocustodirlo ed accrescerlo aggiungen-dovi ciò che abbiamo imparato dallanostra esperienza personale, inclusi glierrori commessi, per poi trasmetterloai nostri allievi. Le relazioni di questo

convegno sono tenute esclusivamenteda giovani promesse della Neurochi-rurgia italiana, al fine di dare loro le giu-ste opportunità di visibilità e di crescita.In controtendenza ai congressi del no-stro settore, abbiamo offerto viaggio ealloggio a tutti i giovani oratori, proprioperché fortemente convinti che il lorosia un contributo prezioso: molteaziende ci hanno sostenuto in questosforzo”.

La realtà Neuromed da Pozzilliè arrivata in tutto il mondo

“L’Istituto Neuromed ha da semprepromosso incontri e convegni di altis-simo livello scientifico – spiega Inno-cenzi –. Questo in particolare ha lafinalità, oltre di formare e accogliere ineurochirurghi giovani, anche di farconoscere la realtà del Neuromed, cheda Pozzilli è arrivata in tutto il mondo.Siamo poi veramente felici di come lanostra impostazione stia diventandoun esempio anche per l’organizza-zione di altri eventi scientifici, con lapromozione di incontri nei quali i gio-vani medici sono i veri protagonisti.”

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“”

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Presidente, il convegno organizzato alNeuromed ha una sua originalità: i re-latori sono giovani neurochirurghi,che parlano della propria esperienzae della ricerca che conducono. Un’iniziativa che ha preso corpo grazie alsostegno della vostra società in Italia.È una visione che la Società Italiana diNeurochirurgia porta avanti da tantianni. Quando era Presidente dellaSINCh, il professor Cantore sostenevaproprio questa idea: non solo è neces-sario dare spazio ai giovani, ma si deveanche imparare da loro. È un tratto cheha contraddistinto tutta la sua carriera,Del resto, ogni giorno nelle nostre saleoperatorie vediamo come i giovanisiano capaci di utilizzare tecnologie in-novative, adottando procedure mo-derne che rendono gli interventi piùefficaci e sicuri. Il rapporto osmoticotra scienza, innovazione e pratica chi-rurgica, che si sviluppa e si rafforza gra-zie all’opera dei giovani neurochirurghi,è un valore aggiunto che noi pensiamopossa fare la differenza.

Negli ambienti scientifici si dice che lacreatività finisce intorno ai trenta, qua-ranta anni e poi si inizia a insegnare. Laneurochirurgia che strada segue?In Italia la neurochirurgia si apprende e

si comincia a esercitare in età non gio-vanissima. Devo dire che la realtà diNeuromed, che vanta neurochirurghigiovani e di notevole preparazione, èuna eccezione, dovuta proprio al-l’opera del professor Cantore. La So-cietà Italiana di Neurochirurgia si staadoperando su questo tema, organiz-zando corsi formativi per neurochirur-ghi al fine di rendere le nuovegenerazioni molto più capaci rispettoal passato. In Italia esistono due ano-malie. La prima è quella della difficoltàdei giovani ad entrare nel mondo dellavoro, e quindi nelle sale operatorie.Molti di coloro che lavorano e operanosono precari, borsisti. Questi ragazzispesso sostengono il peso principaledell’attività nelle nostre sale operatorie.Credo dunque sia giunto il momento didare loro stabilità, trovando delle formeinnovative di assunzione anche perquesto lavoro. La seconda anomalia èl’esistenza e la moltiplicazione dei cen-tri neurochirurgici. In Italia esistono 150Unità Operative di Neurochirurgia, so-stanzialmente il doppio di ciò che sa-rebbe necessario. Con un numerominore di centri, attorno agli ottanta, laconcentrazione dei casi e l’aumentodel numero di interventi fornirebberouna preparazione migliore ai medici

che lavorano nei singoli reparti, sotto laguida di tutor motivati e preparati.

Nel corso del convegno promosso alNeuromed si è parlato di programma-zione, controllo e monitoraggio post-operatorio. È da questi aspetti che cipossiamo aspettare i maggiori avan-zamenti nella neurochirurgia del fu-turo?La neurochirurgia lavora in territori de-licatissimi, come il cervello e il midollospinale. In queste parti del corpo puòbastare uno scarto di un millimetro afare la differenza fra un ottimo risultatoe un disastro. Ecco perché creare il“piano di volo”, pianificare e organiz-zare correttamente l’intervento chirur-gico, è il punto di partenza per avererisultati migliori, non solo in termini dimortalità ma soprattutto in termini diqualità della vita. Grazie al lavoro diteam esperti e motivati, con l’utilizzodelle tecnologie più avanzate, la piani-ficazione dell’intervento oggi è dive-nuta un passo essenziale per ilsuccesso della chirurgia.

La mano del neurochirurgo rappre-senta ancora un ‘dono’? O questa pro-fessione si sta avvicinando sempre piùal ruolo di un pilota, che ha una navi-gazione ben strutturata e pianificata?Il neurochirurgo si serve oggi dimezzi molto simili alla strumenta-zione aeronautica: c’è il piano di volo,la neuronavigazione, la stimolazioneintra-operatoria. Ma questo nonbasta. La neurochirurgia è tuttoraun’attività essenzialmente artigianale,e lo sarà per molti anni ancora, cometutte le branche chirurgiche. Il chi-rurgo non può ancora essere sosti-tuito da un robot. Nelle chirurgie chesi avvalgono intensamente di stru-menti robotici, come quella urolo-gica, le tecnologie impiegate hannoeffettivamente consentito movimentipiù delicati rispetto alla chirurgiausuale; tuttavia, ogni azione è pro-grammata dal chirurgo “umano” allaconsole elettronica. In Neurochirur-gia, specialmente negli interventi mi-crochirurgici a forte ingrandimento oin quelli endoscopici, la mano delchirurgo è importante. Ma ancora piùimportante è la sua mente e quelladella sua squadra. È questo che per-mette un risultato ottimale.

Intervista al professor Alberto DelitalaPresidente della Società Italiana di Neurochirurgia (SINCh)

Il professor Alberto Delitala (al centro)con il professor Vincenzo Esposito (a si-

nistra) e il dottor Gualtero Innocenzi

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Fare il punto sullo stato della ricercascientifica in campo medico nel nostroPaese. È stato questo l’obiettivo degli

Stati Generali della Ricerca Sanitaria, la mani-festazione che il 27 e il 28 aprile scorso havisto radunarsi a Roma, all’Auditorium DelMassimo, le principali realtà scientifiche d’Ita-lia. L’Istituto di Ricovero e Cura a CarattereScientifico Neuromed ha preso parte con unasua rappresentanza di ricercatori, impegnatinel presentare progetti e risultati. Sia nellostand dedicato alla Rete delle Neuroscienzedegli I.R.C.C.S. italiani, sia con una serie di“poster” relativi a progetti elaborati nell’am-bito dei programmi ministeriali di “Ricerca Fi-nalizzata” e di “Giovani Ricercatori”, irappresentanti del Neuromed hanno illu-strato le attività d’avanguardia, sia clinicheche di ricerca, e i conseguimenti scientificidegli ultimi anni. I poster presentati, che spa-ziano dalla ricerca di laboratorio agli studi sui

pazienti fino all’epidemiologia, hanno co-perto diversi aspetti di alcune delle proble-matiche più attuali nel campo della salute, adesempio nel caso dell’ictus, del dolore neu-ropatico e del ruolo della proteina beta-ami-loide (che gioca un ruolo crucialenell’Alzheimer) nel regolare il glucosio neineuroni. Ma c’è stato spazio anche per studilegati alla prevenzione, dall’obesità all’impattodella crisi economica nelle scelte alimentarial ruolo di una dieta ricca di polifenoli nelprevenire complicazioni dopo un interventodi by-pass. Ancora nel campo cardiovasco-lare, uno dei poster ha riguardato il rischio dipatologia nei malati di AIDS che seguono leterapie antiretrovirali, mentre un altro era in-centrato sul processo di autofagia (attraversoil quale le cellule riciclano i loro componenti)come meccanismo di protezione nel corsodi malattie del cuore e dei vasi sanguigni.Il contributo del Neuromed si è affiancato a

A Roma gli Stati Generalidella Ricerca Sanitaria italianaL’I.R.C.C.S. Neuromed ha partecipato da protagonista all’evento con il lavoro

dei suoi ricercatori. Le dichiarazioni del ministro Lorenzin alla nostra Rivista

La delegazioneNeuromed

agli Stati Generali

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quello degli altri I.R.C.C.S. italiani nel delineareil ruolo di queste strutture uniche al mondo,dedicate a collegare strettamente ricerca eapplicazioni cliniche in quella che viene defi-nita Ricerca Traslazionale. Un compito sotto-lineato anche dal Ministro della Salute,Beatrice Lorenzin, così come dichiarato allanostra redazione:

Si deve creare, assieme ai ricer-catori, un contesto di culturascientifica

“È un ruolo sempre più centrale quello degliI.R.C.C.S. che fanno ricerca traslazionale.Luoghi in cui si vede la ricerca sia sul campoche sui pazienti. Quello che dobbiamo pro-muovere ora è il trasferimento tecnologico,cioè il trasferimento dei risultati scientificifuori dall’ospedale, a livello di brevetti. GliI.R.C.C.S. sono cruciali per la ricerca, e perquesto rappresentano anche un modello pergli altri Paesi che, pur se all’avanguardia dalpunto di vista sanitario, non hanno strutturemiste come queste.” Il Ministro della Saluteha quindi parlato di comunicazione con i cit-tadini e divulgazione scientifica, altro campoin cui gli I.R.C.C.S. possono giocare un ruoloprivilegiato. “Bisogna rafforzare la presenzadelle strutture scientifiche, dare loro valoreanche a livello della comunicazione in gene-rale e soprattutto dei blog scientifici. Dob-biamo potenziare la comunicazionescientifica, quella istituzionale, proprio su in-ternet. I siti scientifici dovrebbero essere laprima fonte che emerge dal motore di ri-cerca. Per fare questo si deve creare, assiemeai ricercatori, un contesto di cultura scienti-

fica. Ed è un obiettivo non del solo Ministero,ma di tutto il mondo scientifico, che deve av-valersi anche di persone che riescano a sem-plificare il linguaggio e rendere le notiziecomprensibili. Le persone troveranno cosìche il loro primo accesso alla notizia scienti-fica è verificato e proviene da una fonte at-tendibile, certificata da una grande istituzionedi ricerca”.Un altro aspetto importante della partecipa-zione Neuromed alla manifestazione indettadal Ministero della Salute è quello dell’inno-vazione tecnologica. Nell’ambito della ses-sione “Italia Camp: Dispositivi Medici”l’ingegner Luigi Pavone ha presentato il pro-getto SPEL, un software dedicato al posizio-namento di precisione degli elettrodi nelcervello, procedura che oggi viene usata so-prattutto nella terapia del Parkinson. Presen-tato poche settimane fa alla fiera MedtecEurope, in Germania, SPEL è portato avantidall’I.R.C.C.S. Neuromed e da Innomed, la

start up del gruppo dedicata all’innovazionetecnologica. “SPEL è il cuore del programmaInnomed – spiega Pavone – per la localizza-zione del elettrodi subdurali e in profonditànell’ambito delle patologie neurodegenera-tive che richiedono un monitoraggio inva-sivo. L’innovazione principale, oltre allametodica di processamento delle immagini,è la sua automaticità, che lo rende diretta-mente fruibile dal clinico.

Emilia Belfiorecon M. Novella Luciano,

direttore Ufficio SecondoRicerca e InnovazioneMinistero della Salute

Il MinistroLorenzin

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Una rete delle Neuroscienzeper condividere e progettare ipassi da compiere

La funzione di SPEL è duplice: c’è il mappag-gio pre-chirurgico, per aiutare il medico e lasua équipe nella programmazione dell’inter-vento correlando le informazioni elettrichecon quelle funzionali e anatomiche del cer-vello. Ma c’è anche la fase di operazione chi-rurgica vera e propria dove SPEL aiuta aottimizzare i risultati.” “La piattaforma avan-zata SPEL – aggiunge l’ingegner Fabio Seba-stiano, Responsabile scientifico del PoloCyber Brain di Caserta - rientra nel quadroancora più ambizioso della neurocibernetica.L’idea in sostanza è di sviluppare piattaformeavanzate di bio-meccanica e bio-nica, favorendol’obiettivo finaled e l l ’ i n t e r f a c c i auomo-macchina.”Infine un ulteriorericonoscimento all’originalità raggiunta dal-l’Istituto molisano: il Neuromed è stato sele-zionato tra gli otto centri di ricerca che hannoincontrato giovani studenti per offrire lorouna prospettiva nuova del cammino della ri-cerca scientifica in ambito medico. È statoancora l’ingegner Luigi Pavone ad incontrarei ragazzi, presentando loro la sfida della BCI

(Brain-Computer Interface), un dispositivosviluppato proprio nell’ambito del Polo diNeurocibernetica Cyber Brain. “L’esperienzadegli Stati Generali – commenta Emilia Bel-fiore, Responsabile dell’Ufficio Ricerca & Svi-luppo del Neuromed – è stata molto positiva,quale fondamentale momento di confrontotra Istituzioni ed attori della ricerca su impor-tanti priorità quali valorizzazione delle risorseumane, dell’internazionalizzazione e del tra-sferimento tecnologico. Ci siamo ritrovati, so-prattutto con gli altri I.R.C.C.S. della rete delleNeuroscienze, a condividere esperienze ed aprogettare i passi da compiere affinché sipossa ulteriormente migliorare l’integrazionetra ricerca, prevenzione, diagnosi e cura perassicurare, nel più breve tempo possibile, ri-sultati concreti per i malati. Si tratta di obiettivi

ambiziosi che possono essere perseguiti dagliI.R.C.C.S. in rete, anche per meglio dialogarecon partner internazionali. Lo dimostra l’ini-ziativa del Tavolo del Neuroimaging avanzato,consolidatasi proprio durante gli Stati Gene-rali, riunitosi a Pozzilli per discutere gli aspettipiù innovativi nel campo dell’imaging cere-brale e definire progetti comuni.”

Luigi Pavonepresenta il progetto SPEL

nel corso della sessione“Italia Camp: dispositivi

medici”

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Progetto SANAREScreening ANeurisma Aorta addominale REgione MOlise

Un esame semplice e non invasivo per la prevenzionedi una patologia seria

SANARE è un programma di screening, completamente gratuito, che si pone l’obiettivo di effettuare una valutazionedi tutta la popolazione molisana a rischio di aneurisma dell’aorta addominale entro la fine del 2015.

L’aorta è la principale arteria che provvede all’afflusso di sangue nel nostro organismo. È un’arteria che parte dalcuore e scorre lungo il torace, fino all’addome.Con l’avanzare dell’età, alcune persone possono sviluppare un indebolimento della parete vascolare nel tratto ad-dominale dell’aorta, che si rigonfia e forma il cosiddetto “aneurisma dell’aorta addominale” (AAA), una patologiache si manifesta più comunemente nella popolazione di età superiore ai 60 anni. La conseguenza più frequente èuna rottura improvvisa, con un elevato rischio di mortalità. Si stima infatti che, a causa di questa condizione, ognianno in Italia muoiano circa 6.000 persone.

Il modo più semplice, e allo stesso tempo meno invasivo, per diagnosticare un AAA è attraverso una ecografiadell’addome.

È proprio questo che il Progetto SANARE propone a tutti i cittadini molisani a rischio: una semplice ecografia perdiagnosticare in tempo l’aneurisma dell’aorta addominale.

Se hai un’età compresa tra i 60 e gli 80 anni, riceverai la lettera di invito per partecipare alla visita di screening e,verrai contattato dal call center del Progetto con una proposta di appuntamento. Con la tua partecipazione dedi-cherai una piccola parte del tuo tempo per prevenire una patologia silente e spesso mortale.

Per informazioni:0865 915233 (dalle ore 9,00 alle 19,00)

www.progettosanare.it

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La ridotta espressione di un gene, deno-minato ndufc2, è correlata a un aumentodel rischio di ictus cerebrale, soprattuttoin presenza di un’alimentazione ricca disale. Sono i risultati di una ricerca con-dotta dall’Unità di Ipertensione Arteriosa,Dipartimento di Angiocardioneurologiadell’I.R.C.C.S. Neuromed di Pozzilli (IS), epubblicata su Journal of the AmericanHeart Association. Nell’ambito degli studisulle cause genetiche che possono esserealla base dell’ictus, i ricercatori hannoconcentrato la loro attenzione su questoparticolare gene, implicato nella costitu-zione del complesso I, un componentefondamentale dei mitocondri (gli orga-nelli cellulari destinati alla produzione dienergia). Gli esperimenti sono stati con-dotti su due tipi di ratti: quelli spontanea-mente predisposti ad essere colpiti daictus (denominati SHRSP) e altri resistentia questa patologia. “Abbiamo visto – dicela professoressa Speranza Rubattu, Neu-romed e Universita’ Sapienza di Roma –che nei ratti predisposti all’ictus il geneNdufc2 è espresso in misura ridotta ri-spetto agli altri”. Uno dei fattori principali

che influenzano l’espressione del gene èproprio la dieta. “La riduzione dell’espres-sione di ndufc2 nei ratti predisposti all’ic-tus – continua Rubattu, prima autricedella ricerca – è decisamente più marcataquando questi animali vengono sottopo-sti a una alimentazione particolare, carat-terizzata da un elevato quantitativo disale. Ma c’è un’altra osservazione interes-sante: gli stessi ratti, se nutriti con unadieta standard, quindi meno ricca disodio, mostrano una regolare attività mi-tocondriale. In altri termini, le alterazioninel complesso I ci sono, certo, ma unadieta a normale contenuto di sodio sem-bra far entrare in gioco altri meccanismi,capaci di mantenere normali le funzionidei mitocondri”.

Rubattu, Speranza, Sara Di Castro, HerbertSchulz, Aron M. Geurts, Maria Cotugno,Franca Bianchi, Henrike Maatz et al. “Ndufc2Gene Inhibition Is Associated With Mitochon-drial Dysfunction and Increased Stroke Su-sceptibility in an Animal Model of ComplexHuman Disease.”  Journal of the AmericanHeart Association 5, no. 2 (2016): e002701.

La ridotta attività di un gene, influenzata anchedall’alimentazione, contribuisce al rischio di ictus cerebrale

La schizofrenia è uno dei più gravi disturbipsichiatrici, e molte sono ancora le lacunenelle conoscenze sui meccanismi che nesono alla base. Una ricerca del Dipartimentodi Patologia Molecolare dell’IstitutoI.R.C.C.S. Neuromed di Pozzilli (IS), condottain collaborazione con l’Unità di DiagnosticaMolecolare Avanzata e il DipartimentoNEMOS dell’Ospedale S. Andrea, UniversitàSapienza di Roma, evidenzia ora come il li-vello di acido xanturenico (XA, un metabolitadell’aminoacido triptofano) nel sangue po-trebbe rappresentare un marcatore dellamalattia. Questo studio, pubblicato sul gior-nale Scientific Reports, apre la porta a pos-sibili sviluppi nel campo della diagnosi, oltreche all’ipotesi di nuove terapie che andreb-bero ad aggiungersi a quelle oggi disponibili.“Questi dati - dice Ferdinando Nicoletti, Pro-fessore Ordinario di Farmacologia, Univer-sità Sapienza, Roma e Responsabile del

Laboratorio di Neurofarmacologia dell’Isti-tuto Neuromed - ci spingono a pensare cheil livello di acido xanturenico nel sanguepossa essere un marcatore di alcuni processibiologici alla base di situazioni che possonopredisporre alla patologia. Ciò suggerisceche la misurazione di questo metabolita po-trebbe rappresentare un elemento da tenerein considerazione quando si esaminano i pa-zienti o le famiglie a rischio di schizofrenia,in particolare nella fase di diagnosi”.

Fazio F, Lionetto L, Curto M, Iacovelli L, CavallariM, Zappulla C, Ulivieri M, Napoletano F, Capi M,Corigliano V, Scaccianoce S, Caruso A, Miele J,De Fusco A, Di Menna L, Comparelli A, De CarolisA, Gradini R, Nisticò R, De Blasi A, Girardi P, BrunoV, Battaglia G, Nicoletti F, Simmaco M. Xanthure-nic Acid Activates mGlu2/3 Metabotropic Gluta-mate Receptors and is a Potential Trait Marker forSchizophrenia. Sci Rep. 2015 Dec 8;5:17799.

Nel sangue un possibile marcatore per la schizofrenia

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Alla base della sclerosi multipla vi è una reazioneautoimmune che, innescando un processo in-fiammatorio, porta alla perdita di mielina, la so-stanza che riveste le fibre nervose e che facilitala trasmissione degli impulsi. Ma un ruolo impor-tante nel determinare la gravità di questa pato-logia viene svolto anche da alterazioni delmetabolismo energetico dei neuroni. Una ri-cerca dell’I.R.C.C.S. Neuromed, svolta in colla-borazione con l’Università Tor Vergata,l’Università Politecnica delle Marche e l’I.R.C.C.S.Fondazione Santa Lucia, evidenzia questo pro-cesso, contribuendo a tracciare una strada inno-vativa verso terapie che possano limitarel’accumularsi progressivo di danni alle strutturenervose nel corso della malattia. I ricercatori sisono concentrati sul metabolismo energetico,misurato attraverso la concentrazione di lattato(lo ione dell’acido lattico) nel liquido cerebrospi-nale. I risultati, pubblicati sulla rivista Journal ofNeuroinflammation, mostrano come nei malatidi sclerosi multipla i livelli di lattato siano sensi-

bilmente più alti. Non solo: i livelli sono correlatiallo stadio di gravità della malattia. Il quadro chene emerge è quello di una alterazione a livellodei mitocondri, gli organelli cellulari responsabiliappunto della produzione di energia. “Il nostrostudio – dice il professor Diego Centonze, Re-sponsabile dell’Unità Operativa di Neurologia I edell’Unità di Neuroriabilitazione dell’I.R.C.C.S.Neuromed– rafforza l’ipotesi che, nella sclerosimultipla, alla perdita di mielina causata dal pro-cesso infiammatorio si affianchi anche una di-sfunzione a carico dei mitocondri neuronali.Questa alterazione nel metabolismo energeticoporterebbe alla morte cellulare, contribuendo inmodo significativo alla gravità della patologia”.

Maria Albanese, Sara Zagaglia, Doriana Landi, LauraBoffa, Carolina G. Nicoletti, Maria Grazia Marciani,Georgia Mandolesi, Girolama A. Marfia, Fabio Buttari,Francesco Mori and Diego Centonze. Cerebrospinalfluid lactate is associated with multiple sclerosis di-sease progression. Journal of Neuroinflammation.2016.

Sclerosi multipla: lo squilibrio energetico nelle cellulenervose un possibile punto di partenza per nuove terapie

Ricercatori dell’Unità di Ricerca presso Terzi del-l’Istituto di Genetica e Biofisica “A. Buzzati Tra-verso”, Consiglio Nazionale delle Ricerche, pressol’I.R.C.C.S. Neuromed di Pozzilli (IGB-CNR/NEURO-MED), in collaborazione con altri istituti italiani e in-ternazionali, hanno individuato alcune alterazionineuronali precoci in un modello animale della sin-drome di Rett, una rara e devastante forma geneticadi autismo. La sindrome di Rett colpisce quasiesclusivamente il sesso femminile, ed è l’unicaforma di autismo in cui l’origine è stata tracciatacon precisione: si tratta di un’alterazione a carico diun gene presente sul cromosoma X, chiamatoMECP2, che codifica la proteina omonima. In que-sta sindrome avvengono particolari alterazioni a ca-rico dei neuroni, i quali presentano minoriramificazioni e lunghezza dei dendriti (i rami desti-nati a ricevere gli impulsi dagli altri neuroni). Ciòche i ricercatori Neuromed hanno fatto nel loro la-voro, pubblicato sulla rivista BMC Bioinformatics, è

di studiare precocemente, già a livello embrionale,le alterazioni presenti nella corteccia cerebrale ditopi geneticamente privi di MECP2, animali che rap-presentano un modello di studio della patologia.“Analizzando al microscopio colture neuronali em-brionali – dice il dottor Maurizio D’Esposito, Re-sponsabile scientifico dell’IGB-CNR/NEUROMED -siamo riusciti a vedere che difetti nella struttura deineuroni, come la ridotta ramificazione dei dendriti,sono già presenti nei topi privi di MECP2 già primadella nascita. Difetti sottili, ma che fino ad ora eranostati documentati solo nelle fasi postnatali di cre-scita”.

Vacca, M., Tripathi, K.P., Speranza, L., Cigliano, R.A., Sca-labrì, F., Marracino, F., Madonna, M., Sanseverino, W., Per-rone-Capano, C., Guarracino, M.R. and D’Esposito, M.,2016. Effects of Mecp2 loss of function in embryoniccortical neurons: a bioinformatics strategy to sort outnon-neuronal cells variability from transcriptome profi-ling. BMC Bioinformatics, 17(2), p.189.

Sindrome di Rett: le alterazioni molecolari comincianogià nelle primissime fasi dello sviluppo embrionale

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Fino ad oggi il protagonista del discorso sualcol in moderazione e salute è stato il vino,con i suoi effetti protettivi sul sistema cardio-vascolare che sono ormai parte della culturapopolare. Oggi sembra essere giunto anche ilmomento della birra. Sulla rivista scientificaNutrition, Metabolism and Cardiovascular Di-seases è stato infatti pubblicato un Consensusdocument che, analizzando criticamente le ri-cerche condotte a livello internazionale, rias-sume le conoscenze attuali. E i risultatiportano la birra molto vicina al vino per i suoieffetti benefici, naturalmente sempre consi-derando un consumo moderato, regolare esenza alcun eccesso. Le conclusioni del docu-mento, promosso dai ricercatori del Diparti-mento di Epidemiologia e Prevenzionedell’I.R.C.C.S. Neuromed di Pozzilli (IS) e alquale hanno contribuito esperti della materiaitaliani e stranieri (provenienti da Spagna, Lus-semburgo, Stati Uniti, Grecia), sono che il con-sumo moderato di birra (corrispondente a unalattina al giorno) può essere affiancato aquello del vino in termini di effetti benefici

sulla salute. “È importante precisare – affermaSimona Costanzo, ricercatrice dell’IRCCSNeuromed e tra i promotori del documento diconsenso - che quando ci si riferisce al con-sumo di birra (e di bevande alcoliche in gene-rale) bisogna innanzitutto stigmatizzarecategoricamente il consumo eccessivo e lapratica del binge drinking (il bere esagerata-mente in singole occasioni, ad esempio du-rante il weekend), abitudini sempre dannoseper l’organismo. Invece un consumo mode-rato e regolare di birra, inserito nel contestodi una dieta salutare, con uno stile di vita sanofatto anche di attività fisica, non risulta avereeffetti dannosi e si dimostra anzi capace di di-minuire il rischio di patologie cardiovascolari”.

G. de Gaetano, S. Costanzo, A. Di Castelnuovo, L.Badimon, D. Bejko, A. Alkerwi, G. Chiva-Blanch, R.Estruch, C. La Vecchia, S. Panico, G. Pounis, F. Sofi,S. Stranges, M. Trevisan, F. Ursini, C. Cerletti, M.B.Donati, L. Iacoviello, “Effects of moderate beerconsumption on health and disease: A consensusdocument.” Nutrition, Metabolism and Cardiova-scular Diseases (2016)

Alcol in moderazione ed effetti sulla salute:il momento della birra

Probabilmente nessuno si sottrae all’anticorito di dare una occhiata veloce a quelle carteappena ritirate dal laboratorio di analisi. La ri-cerca degli asterischi che indicano qualcosadi anormale la si potrebbe definire istintiva. Etutto si basa sui cosiddetti valori di riferi-mento, che fissano i limiti minimi e massimidei vari componenti del sangue. Per uno diquesti componenti, le piastrine, cellule fon-damentali per i processi di coagulazione san-guigna, quei numeri di riferimentopotrebbero non essere adeguati nel valutarecon precisione il rischio di malattia. Il numerodelle piastrine, infatti, è fortemente influen-zato dall’età e dal sesso. Una ricerca del Di-partimento di Epidemiologia e Prevenzionedell’I.R.C.C.S. Neuromed di Pozzilli (IS), pub-blicata in forma di lettera su Blood, la rivistascientifica dell’ American Society of Hemato-logy, evidenzia ora come sia necessario adot-tare nuovi riferimenti, che tengano contoproprio di questa variabilità. In questo modosi riescono a individuare con maggiore preci-

sione le persone che abbiano un più elevatorischio di morte. “In pratica – dice Giovannide Gaetano, Direttore del Dipartimento diEpidemiologia e Prevenzione dell’IRCCS Neu-romed - l’utilizzo della nuova scala persona-lizzata di riferimento per le piastrine permettedi ridurre il numero di persone considerate adalto rischio, identificandole con maggioreprecisione. Ciò significa concentrare megliogli interventi di prevenzione, senza coinvol-gere individui che non ne hanno bisogno. At-tualmente abbiamo potuto valutare solo ilrischio generale di morte. Ma in futuro, conun tempo di osservazione più lungo dei nostripartecipanti, saremo in grado di individuare lesingole patologie responsabili di questo ri-schio”.

Bonaccio Marialaura, Augusto Di Castelnuovo, Si-mona Costanzo, Amalia De Curtis, Maria Bene-detta Donati, Chiara Cerletti, Giovanni de Gaetano,and Licia Iacoviello. “Age-sex specific ranges ofplatelet count and all-cause mortality: prospectivefindings from the MOLI-SANI study.” Blood (2016)

Il conteggio delle piastrine del sangue migliora lacapacità di prevedere il rischio di morte

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IL GRUPPO

La Malzoni con l’attivazione della Breast Unit, partitanel dicembre dello scorso anno, si è allineata alleindicazioni comunitarie in materia. L’Unione Euro-

pea ha infatti raccomandato a tutti gli Stati membri diprocedere all’attivazione entro il 2016 delle Breast Unit,organizzate secondo le linee guida europee. Ciò per as-sicurare a tutte le donne un trattamento integrato, mul-tidisciplinare e interprofessionale da parte di specialisti,medici e non medici, esperti in questo tipo di patologia.Le Breast Unit, o centri di senologia multidisciplinari, rap-

presentano una nuova e qualificata opportunità di pre-venzione, cura e assistenza, che garantisce alle pazientiuna presa in carico da parte di una struttura organizzatae integrata in maniera organica. Questa impostazione clinico-organizzativa deriva daspecifiche evidenze scientifiche. In particolare, uno stu-dio svolto nel Regno Unito già nei primi anni duemila,condotto su 13.722 donne affette da cancro della mam-mella, ha evidenziato una riduzione della mortalità parial 18% per le pazienti seguite in Centri senologici orga-nizzati secondo questi criteri. Bisogna ricordare che, oltrealla presenza dei diversi componenti del team, l’attività

delle Breast Unit si caratterizza anche per i regolari in-contri multidisciplinari che permettono di assicurare in-dicazioni diagnostico-terapeutiche e di follow-upcondivise. La presenza di operatori sanitari esclusivamente dedicatia questo tipo di patologia è inoltre richiesta dai risultatidi revisioni scientifiche sistematiche, che riportano comeil volume di attività ospedaliera, e quello per singolo ope-ratore, sia associato a migliori esiti per i tumori maligni.Infatti le linee guida dell’EUSOMA, la società europea che

si occupa di tali problematiche, fissano la soglia minimadi attività chirurgica a 150 interventi all’anno per avere ilriconoscimento come Breast Unit, mentre la soglia perogni singolo operatore è di 50 interventi.Sono stati questi i principi ispiratori per la creazione dellaBreast Unit Malzoni, orientata a garantire standard quali-tativi sempre più elevati per la prevenzione e la cura ditale patologia, che rappresenta la prima causa di tumorenelle donne.In questo contesto, lo scorso aprile si è tenuto a Avellinoun incontro nel corso del quale è stato presentato il teamdella Breast Unit Malzoni, coordinata dal dottor Luigi

Attivata la Breast Unitalla clinica MalzoniNell’unità di senologia il tumore al seno è sconfitto grazie alla diagnosiprecoce e all’approccio multidisciplinare. Presentato ad Avellino il team co-ordinato dal senologo Luigi Cremone

Per saperne di più:

Casa di Cura MalzoniVilla dei Platani

Via Carmelo Errico83100 Avellino

Tel. 0825.7961Fax [email protected]

www.malzoni.org

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Cremone. Il senologo ci spiega qual è il valore aggiuntodi una Unità di Senologia: “Nel Centro arrivano donneche hanno già una diagnosi di cancro, spesso individuatograzie ad uno screening effettuato sul territorio. La pa-ziente viene presa in cura da un gruppo di professionisti:oncologi, senologi, chirurghi plastici, psicologi, anato-mopatologi, genetista, infermiere dedicate. Una squadraaffiatata, che la segue rimanendo sempre all’interno dellastessa struttura, dando indicazioni precise per il percorsodiagnostico-terapeutico. La stretta condivisione fra i variprofessionisti evita i rinvii da uno specialista all’altro,come si faceva negli anni passati. Faccio un esempio pra-tico: pochi giorni fa abbiamo visto una paziente che,dopo tutti gli esami del caso effettuati in due giorni, èstata sottoposta ad intervento chirurgico ed assistita poidagli oncologi e dagli psicologi. Il cancro della mammellaè diventato una malattia sociale e la sensibilità che Mal-zoni e Neuromed hanno dimostrato è notevole. Io mi

sono innamorato di questo progetto di Breast Unit, equindi sono andato a lavorare ad Avellino e Salerno, doveabbiamo creato un percorso senologico assistito perso-nalizzato secondo gli standard comunitari.”Un approccio che cammina insieme alla prevenzionecome sottolinea ancora il dottor Cremone: “La preven-zione salva la vita. Possiamo guarire completamente lenostre pazienti da un tumore grazie alla diagnosi pre-coce. È questo un messaggio che è opportuno che tuttele donne interiorizzino al fine di intervenire in fase pre-coce, quando il tumore è di pochi millimetri. Infatti intale situazione la prognosi è nettamente più favorevolerispetto a situazioni cliniche nelle quali il primo interventosi effettua per lesioni più estese. Una corretta informa-zione sulla patologia in generale e sulle buone pratichedi prevenzione deve essere fornita a tutte le donne in-condizionatamente e gratuitamente. Un messaggio chedeve essere lanciato dai medici insieme ai mass mediaper diffondere la cultura della prevenzione”. “Abbiamo posto particolare attenzione - spiega il dottorOrazio Pennelli, Sovrintendente del Gruppo Neuromede Direttore Sanitario della Casa di Cura Villa dei Platanidi Avellino - all’approfondimento del Documento del Mi-nistero della Salute sulle specifiche modalità organizza-

tive e assistenziali della rete dei Centri di Senologia e deirelativi percorsi clinico organizzativi (PDTA) orientati aprivilegiare l’approccio multidisciplinare a un problemacosì rilevante per le donne. Evidenze scientifiche permet-tono di rilevare che il tumore della mammella è una ma-lattia complessa, non affrontabileoggi da un unico, pur se qualifi-cato, professionista, ma da unteam multidisciplinare che abbiasviluppato un’adeguata sensibilitànell’informare le pazienti e nelprendersi cura di loro sia dalpunto di vista assistenziale siasotto il profilo umano oltre chetecnico-scientifico. In tale ottica,nel corso del Simposio, partico-lare attenzione è stata rivolta aipercorsi standardizzati in ragionedella fase della malattia, con spe-ciale attenzione ai percorsi dia-gnostico-terapeutici per le donne ad alto rischio, vale adire per coloro che hanno, tra i parenti di primo e se-condo grado, casi di tumore al seno o all’ovaio”.“Il Ministero della Salute - ha affermato il professor Car-mine Malzoni, Presidente della Malzoni - ha stabilitoche la numerosità delle donne che vengono curate nellaBreast Unit denota anche la qualità delle cure stesse. Conla nostra struttura abbiamo, neiprimi quattro mesi di attività, ab-bondantemente superato i 150casi (minimo annuale) e quindisiamo proiettati a creare una Bre-ast Unit degna di questo nome.Abbiamo delle professionalità al-l’avanguardia e per questo possodire di essere molto ottimista sulprogetto che sta nascendo. Per icittadini la Breast Unit rappresentaun punto di riferimento precisoperché, come testimoniato dalleassociazioni formate da donneche hanno vissuto l’esperienzadella malattia, le pazienti hanno bisogno di una strutturaa cui rivolgersi, devono sapere cosa fare e come farlo.Sapere di avere un punto di riferimento preciso significaaver risolto già una parte del problema o per lo meno ac-quisire una sorta di serenità che la donna può avere soloquando capisce che sta percorrendo la via migliore”.Da non dimenticare, infine, l’indispensabile dialogo conle Associazioni delle Donne, i Rappresentanti delle Isti-tuzioni Sanitarie Regionali e Locali e i Professionisti delTeam Senologico.

Il dottorLuigi Cremone,

senologo del GruppoNeuromed-Malzoni

Il dottorOrazio Pennelli,Sovrintendente

Gruppo Neuromed edirettore sanitariodella Casa di Cura

Villa dei Platani

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ROBERTO MURGOPresidente Associazione Italiana Medici Chirurghi Senologi

“Nella lotta al tumore al seno ognuno ha il suo ruolo. Dalle donne, che devono affidarsi ai percorsidella prevenzione, ai medici, che devono riconoscerne tutti gli aspetti, alle strutture ospedaliere,

che si devono rendere disponibili, infine alle Asso-ciazioni, che devono svolgere azioni per sostenerequesti percorsi e per dare indicazioni certe e pre-cise agli operatori e ai cittadini. La Breast Unit è unarealtà che esula dalle strutture sanitarie tradizionaliperché è un modello organizzativo multidiscipli-nare che garantisce la qualità delle prestazioni gra-zie alla numerosità della casistica trattata, al fattoche gli operatori sono dedicati a questo, al fattoche gli operatori sono abituati a parlare fra di loroe a decidere insieme sulla base di un modello ope-rativo di cooperazione, costituito da incontri setti-manali per dare una indicazione univoca suipercorsi di trattamento. La Breast Unit è il modoattuale di affrontare le problematiche delle malattiedella mammella”.

GAETANO LANzETTAoncologo

“Credo che il ruolo dell’oncologo della Breast Unit sia quello del regista del programma diagnosticoterapeutico delle pazienti che si avvicinano alla diagnosi di neoplasia della mammella. L’oncologo, co-noscendo la storia naturale della malattia, deve riuscire ad integrare le altre figure professionali per ladiagnosi precoce e il miglior trattamento. Si discuteinsieme al chirurgo, caso per caso. Quando ci sonocasi operabili subito, neoplasie di piccole dimensioni,la chirurgia è mandatoria. Per cui con una lesionesotto ai due centimetri e mezzo la paziente va primaoperata e dopo si decide se c’è la necessità di untrattamento chemioterapico adiuvante. Se inveceabbiamo delle lesioni al di sopra dei due centimetrie mezzo, caso che comporterebbe un intervento dimastectomia, radicale e mutilante per la paziente, èimportante che oncologo e chirurgo discutano pereffettuare una terapia preoperatoria al fine di ridurreil più possibile la lesione e portare la donna ad un in-tervento di quadrantectomia, meno mutilante, checonsenta alla donna di mantenere la sua fisicità. Dalpunto di vista delle prospettive future per le terapiefarmacologiche e chemioterapiche, noi già utilizziamo farmaci biologici nella quotidianità. Si staaprendo tutto il capitolo degli inibitori delle cicline e dell’immunoterapia. Questo aumenterà la possi-bilità di una lungo-sopravvivenza delle nostre pazienti anche quando la malattia è metastatica”.

Le dichiarazioni

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NICOLETTA ORTHMANNCoordinatore medico-scientifico ONDA

“Su proposta del Ministro Lorenzin, il 22 aprile 2016 è stata la prima giornata nazionale dedicataalla salute della donna, che ONDA ha accolto con molto piacere coinvolgendo gli ospedali

amici delle donne, premiati con i Bollini Rosa perla loro attenzione alla salute femminile. Il nostroosservatorio si occupa della salute della donna a360 gradi e ovviamente la parte oncologica, deitumori femminili, rappresenta un settore di forteinteresse. Oggi le donne hanno imparato a co-noscere il tumore al seno: c’è molta più sensibi-lità, che a volte non corrisponde a una adeguatadose di assistenza alle pazienti che stanno se-guendo un lungo percorso di follow up. Dob-biamo fare in modo di garantire, oltre allemigliori cure, una qualità della vita che sia corri-spondente alle aspettative. Fino agli anni no-vanta la medicina ha avuto un’impostazioneandrocentrica, considerando le donne dei pic-coli uomini. La nostra mission va nella direzione

di promuovere una salute di genere. È vero che noi donne viviamo più degli uomini, ma ab-biamo una qualità della vita peggiore rispetto a quella degli uomini per il semplice fatto che ciammaliamo di più. È importante per questo promuovere la cultura della prevenzione e il mi-glioramento dell’accesso delle donne ai servizi ospedalieri. La donna è il caposaldo della fami-glia ed è la portavoce delle esigenze familiari di salute. E deve pensare alla propria salute e aquella dei propri cari.”

MARIO MALzONIDirettore Scientifico della Casa di Cura Villa dei Pla-

tani di Avellino

“Una Unità di Senologia o Breast Unit, grazie alconcomitante e convergente lavoro di qualificatiprofessionisti che operano in ambito Diagno-stico-Radiologico, Medico, Chirurgico e Radio-terapico, consente di fornire un servizio atrecentosessanta gradi alla donna mediante unapproccio multidisciplinare. Questa nuova “realtàsenologica” costituisce una tappa fondamentaledel percorso di caratterizzazione della ClinicaVilla dei Platani quale ”Ospedale della Donna”.Percorso iniziato da anni e ufficialmente ricono-sciuto e premiato anche dall’Osservatorio Nazionale sulla Salute della Donna con due BolliniRosa. La presenza delle Associazioni – continua Malzoni – è ritenuta assolutamente determi-nante ai fini della sensibilizzazione di tutte le donne sull’importanza dell’attività di prevenzionee del nuovo modello di approccio multi-professionale al tumore al seno”.

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Una persona non si può dire guaritadalla sua patologia finché non ha unripristino della sua integrità psico-fi-

sica. E così una donna che ha un tumore alseno guarisce completamente non quandoquesto gli viene asportato dopo un inter-vento chirurgico, per quanto ben fatto, maquando le si restituisce uno stato di vita nor-male, ricostruendo la mammella demolita. Ilsuo benessere fisico coincide insomma conil momento in cui può riprendere appieno lasua vita sociale.Ne parliamo con il dottor Salvatore Taglia-latela, chirurgo plastico responsabile per ilgruppo Neuromed, principalmente nellaCasa di cura Trusso di Ottaviano e nella casadi cura Malzoni - Villa dei Platani di Avellino.Specializzato in Chirurgia Plastica Ricostrut-tiva ed Estetica presso l’Università degli Studidi Napoli “Federico II”, Taglialatela è stato fel-low in Microchirurgia Ricostruttiva nell’ospe-dale universitario Puerta de HierroMajadahonda di Madrid ed è membro di di-verse associazioni scientifiche internazionali.

Qual è l’importanza della ri-costruzione mammaria?“Secondo il rapporto 2015dell’Associazione italianaoncologia medica, il cancrodella mammella è il più fre-quente nella popolazionefemminile, rappresen-tando il 29% di tutti i tu-mori, arrivando a colpirein media 1 donna su10. Le politiche discreening hannopermesso, gra-zie alla mam-mografia, didiagnosticarep r e c o c e -mente neo-plasie di

piccolissime dimensioni che con la chirurgiaconservativa, associata ai moderni protocollidi radioterapia e chemioterapia specifici,vengono trattate in maniera molto efficace.Nei casi però dove la patologia risulta esserepresente in più punti dell’organo mammario(tumori multifocali) o in cui il nodulo malignoabbia dimensioni rilevanti, si rende necessa-ria la mastectomia ovvero l’asportazione inblocco della ghiandola, con conseguenti ri-svolti psicologici notevoli nella paziente chesi vede “amputare” uno dei due seni. Ricostruire il seno nello stesso momento incui si effettua una mastectomia è per questooggi una prassi comune nei moderni centridi senologia, dove il chirurgo oncologo e ilchirurgo plastico lavorano di pari passo in uncontesto multidisciplinare”.

Qual è quindi il ruolo del chirurgo plastico?“Di valutare ogni singola paziente, pren-dendo in considerazione il tipo di intervento,la morfologia delle mammelle, i desideridella persona e le sue condizioni di salute,tutti fattori che possono influenzare la sceltaricostruttiva. Spesso è proprio il chirurgo pla-stico a decidere la sede e il tipo di incisioneda impiegare per l’intervento, in modo dapoter effettuare una ricostruzione adeguata.In termini molto semplici, lo scopo della ri-costruzione è quello di rispettare l’anatomiadi base della paziente cercando di raggiun-gere una simmetria con l’altra mammella. Ècomunque importante considerare che lastessa simmetria è difficilmente raggiungibilein natura e pertanto più che di ricostruzionemammaria bisognerebbe parlare di percorsoricostruttivo, in quanto è spesso necessarioricorrere a piccoli interventi correttivi secon-dari per raggiungere un risultato soddisfa-cente”.

Quali sono i tipi di ricostruzione che si pos-sono offrire ad una paziente?“Qui si potrebbe aprire una discussione chenegli stessi congressi scientifici dura spesso

Come superareil danno psicofisicoTra le priorità della ricostruzione mammaria nella Casa di cura Trusso diOttaviano e nella casa di cura Malzoni - Villa dei Platani di Avellino

Il dottorSalvatore

Taglialatela,chirurgoplasticoGruppo

Neuromed

L’approfondimento

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molte ore. Riassumendo, possiamo dire cheesistono due tipi di ricostruzione. Quella conimpianti protesici impiega, come dice ilnome, delle protesi di silicone di ultima ge-nerazione. Per intenderci, sono del tuttoidentiche a quelle utilizzate in chirurgia pla-stica estetica nelle mastoplastiche additive.Una volta asportato il tumore insieme allaghiandola, la protesi viene collocata al disotto del muscolo grande pettorale, mentreil polo inferiore viene coperto da una matricedermale rigenerativa che consente di ricreareuno strato tissutale che rivesta la parte infe-riore della protesi. Nel caso in cui sia necessario asportare unamaggiore quantità di cute ai fini della radica-lità oncologica, o quando sia certa la neces-sità di una radioterapia dopo l’intervento, sipuò scegliere di posizionare una protesitemporanea che prende il nome di espan-sore. È costituita da un involucro di siliconeche viene gradualmente espanso con sem-plice soluzione salina, fino al raggiungimentodi un volume preciso. Lo scopo di questaespansione cutanea è di permettere un “se-condo tempo”, che può essere effettuatocon una protesi definitiva o riempiendo l’in-volucro cutaneo espanso con tessuti auto-loghi (prelevati dalla paziente stessa, ndr)”.

Che ruolo hanno i tessuti autologhi nella ri-costruzione mammaria?“Questo è il secondo e più importante capi-tolo nell’ambito della chirurgia ricostruttivamammaria. Qualsiasi protesi impiantata nelcorpo umano può andare incontro a feno-meni infettivi e al rigetto. Nel caso delle pro-tesi mammarie la maggiore percentuale dicomplicazioni si ha quando i tessuti vengonosottoposti a radioterapia. Questa infatti creadei fenomeni di fibrosi cicatriziale che spessocompromettono il risultato estetico rispettoal lato non sottoposto a trattamento.Invece oggi è possibile utilizzare i tessutidella stessa paziente, in particolare i tessutiaddominali (tecnica del lembo DIEP), i tessutidell’interno coscia (tecnica del lembo TUG)o del dorso (tecnica del lembo gran dorsalee lembo TDAP) per ricreare la mammelladopo la mastectomia. Si tratta di interventipiù complessi ma che, in casi ben selezionati,sono in grado di offrire dei risultati più chesoddisfacenti”.

Può farci un esempio pratico?“Prendiamo una paziente sana con un’età in-

feriore a 55 anni, candidata per una mastec-tomia. È possibile offrirle la possibilità di unaricostruzione mammaria completamenteautologa utilizzando il tessuto prelevato dallaregione addominale. Il tessuto in questione,che prende il nome di lembo, viene prelevatoinsieme ad una connessione vascolare costi-tuita da una piccola arteria e da una vena.Questi due vasi, grazie al microscopio ope-ratorio, vengono uniti a un’arteria e una venagià presenti nella regionepettorale. In questo modoil tessuto trapiantato puòsopravvivere normal-mente. La regione addo-minale viene poi chiusa,come usualmente si fadurante un intervento diaddominoplastica. Que-sta è la tecnica del lemboDIEP.Un altro esempio tipico èquello della ricostruzionecon il lembo di muscologran dorsale. Questo mu-scolo viene prelevatodalla regione dorsale eruotato a livello del toraceconsentendo di coprire, dove necessario,una piccola protesi. In questo modo la pro-tesi viene protetta con tessuto vivo, alta-mente vascolarizzato, ricreando così lostrato che viene asportato con la mastecto-mia”.

Quali sono i rischi e le controindicazioni diquesto tipo di interventi?“Sappiamo bene che non esiste un inter-vento chirurgico esente da complicanze.Una protesi si può infettare, può sviluppareuna contrattura capsulare o dare vita ad im-portanti fuoriuscite di siero. Un trapianto mi-crochirurgico può andare in necrosi per dellecause sconosciute che portano a delle trom-bosi dei vasi che nutrono il trapianto. Gene-ralmente questo tipo di ricostruzionemicrochirurgica si evita nelle pazienti in so-vrappeso, nelle fumatrici e in caso di patolo-gie che comportano un disturbo delmicrocircolo, come ad esempio il diabete in-sulino-dipendente e le malattie autoimmuniquali Lupus Eritematoso Sistemico o artritereumatoide.Ogni singola paziente deve essere studiata alfine di offrire la migliore strategia ricostruttivapossibile”

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NEWS

Una vera e propria banca. Al posto dimonete d’oro o banconote, però, con-tiene campioni biologici destinati ad

aprire nuove strade alla ricerca scientifica. È la“Moli-Bank”, unastruttura avanzatache contiene tutti icampioni biologiciprelevati ai cittadinipartecipanti allostudio Moli-sani,custoditi in azotoliquido a 196 gradisottozero e protettidalle più sofisticatetecnologie. È il “te-

soro” accumulato in Molise per le ricerche fu-ture nel campo dei fattori di rischio per le

malattie cardiovascolari, tumorali e neuro-degenerative. A seguito di una con-

venzione tra Università Cattolica e Neuromed,la biobanca è giunta dalla Fondazione GiovanniPaolo II di Campobasso all’I.R.C.C.S. Neuromeddi Pozzilli, dove rappresenterà la base su cuipotranno essere svolte ulteriori ricerche. Al suointerno sono custoditi oltre 700.000 campioniraccolti da tutti i cittadini molisani che, tra il2005 e il 2010, hanno partecipato alla primafase del progetto. Grazie alla loro generosità,oggi i ricercatori del Moli-sani possono effet-tuare analisi di vario tipo, anche genetiche, allaricerca di nuove strade per capire l’origine dellepatologie croniche, i fattori che le favorisconoe quelli che, invece, proteggono da esse. “Lebiobanche – dice Licia Iacoviello, Capo del La-boratorio di Epidemiologia nutrizionale e mo-lecolare del Dipartimento di Epidemiologia ePrevenzione Neuromed, Responsabile delProgetto Moli-sani - sono un formidabile stru-mento della ricerca moderna. È per questo che

se ne stanno creando in tutto ilmondo, ma quella del

La banca biologicadel Progetto Moli-saniUn tesoro di Neuromed, a disposizione della comunità scientifica internazionale.

Oltre 24.000 partecipanti al progetto, 700.000 campioni biologici conservati in

azoto liquido a 196 gradi sotto zero

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Progetto Moli-sani entra a pieno titolo tra le piùgrandi e avanzate. Lì dentro c’è la fotografia deipartecipanti. Li abbiamo intervistati, sappiamocome mangiano e quali sono le loro abitudinidi vita. E, grazie ai campioni conservati, sap-piamo quale era la loro situazione di partenza,possiamo conoscere il loro assetto genetico.Questi dati, associati con l’evoluzione della lorosalute nel corso del tempo, possono fornire ri-sposte scientifiche molto importanti”. “Bisognaconsiderare – aggiunge Maria Benedetta Do-nati, Capo del Laboratorio di Medicina Trasla-zionale del Dipartimento di Epidemiologia ePrevenzione Neuromed - che molte ricerchesono state già condotte grazie ai campioniconservati nella Moli-bank. I dati raccolti sonogià anche entrati in diversi studi internazionaliche stanno delineando il futuro delle ricerchein settori della medicina, quali l’obesità e il dia-bete”. “Dal punto di vista tecnico – afferma conorgoglio Amalia De Curtis, ricercatrice del Di-partimento di Epidemiologia e Prevenzione eda oltre 10 anni “custode” altamente specializ-zata della biobanca – la Moli-bank è costituitada cinque grandi crio-contenitori al cui interno,immerso in azoto liquido a 196 gradi sotto zero,abbiamo organizzato un sistema che po-tremmo definire di scatole cinesi contenentiognuna i campioni biologici di un partecipanteal progetto.

Le biobanche sono un formida-bile strumento della ricerca mo-derna

Tutto il sistema di crio-conservazione è dupli-cato: per ogni partecipante esiste infatti unadoppia serie di 14 campioni e le due serie sonocustodite, per sicurezza, in due contenitori dif-ferenti. In questo modo anche l’evento più ca-tastrofico (per quanto improbabile), cioè laperdita di un intero contenitore, non avrà effettinegativi: nessun partecipante sarà andato cosìperduto”. L’azoto liquido, indispensabile per ilraffreddamento costante, viene continuamentetenuto sotto controllo da un sistema elettronicocapace di diffondere diversi tipi di allarme ai ri-cercatori responsabili della banca biologica edai tecnici dell’azienda responsabile della ge-stione. Completano la Moli-bank 10 grandi free-zer a 80 gradi sottozero, che custodiscono oltre70.000 campioni di urine. Il materiale biologico

rappresenta anche qualcosa di molto delicatodal punto di vista della protezione dei dati per-sonali. In quei contenitori, infatti, vi sono anchele cellule del sangue da cui è possibile estrarre il

DNA. “È per questo che il nome della persona equalsiasi altra informazione che possa portarealla sua identificazione non compaiono mai –sottolinea Giovanni de Gaetano, Responsabiledel Dipartimento di Epidemiologia e Preven-zione –. Ciò che appare è un numero, un co-dice decifrabile solo dal responsabile dellostudio Moli-sani e dauna sua persona di fi-ducia (entrambi te-nuti al segretoprofessionale)”. Natu-ralmente anche il cit-tadino partecipantepuò accedere a que-sto codice, ma soloper quanto riguarda ipropri campioni.Tutto il lavoro di ricerca successivo al prelievo,quindi, viene fatto su campioni assolutamenteanonimi. I nomi dei partecipanti al Moli-sani ri-mangono invece custoditi in un computer se-parato, sotto la protezione di una cifratura a 128bit, la stessa usata per le più avanzate protezionibancarie. “Questo tesoro custodito qui al Neu-romed – commenta con soddisfazione ErbertoMelaragno, Presidente dell’I.R.C.C.S. molisano– è il regalo che il Molise ha dato alla ricerca in-ternazionale e che il nostro Istituto custodirànegli anni con la massima cura. Non sarannomai abbastanza le parole per ringraziare la ge-nerosità dei cittadini di questa regione”.

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L’analogia con una bomba a tempo puòsembrare scontata, ma è probabilmentela migliore: l’aneurisma dell’aorta è unapatologia che lavora in silenzio, e cheogni anno causa circa seimila morti nelnostro Paese.Essenzialmente un aneurisma è la dila-tazione di un’arteria. L’aorta è la princi-pale arteria del nostro organismo. Partedal cuore, attraversa il torace (aorta

ascendente-arco e toracica) e si dirige in

basso diventando aorta addominale, che

rifornisce di sangue i visceri del corpo e

gli arti inferiori. Una dilatazione si può

verificare lungo tutto il suo percorso, ma

nell’80% dei casi avviene nel tratto ad-

dominale. A volte la fine di questa storia

è drammatica: l’aneurisma dilatandosi

come un palloncino può causare la rot-

tura delle pareti arteriose e quindi una

gravissima emorragia che nella maggior

parte dei casi provoca la morte. “È una

patologia piuttosto diffusa ma non dia-

gnosticata – spiega il dottor FrancescoPompeo, Responsabile dell’Unità Ope-rativa di Chirurgia Vascolare ed Endo-vascolare del Neuromed –. Circa 27.000

nuovi casi vengono diagnosticati ogni

anno in Italia. Sappiamo che è tre volte

più comune negli uomini rispetto alle

donne e che il rischio di sviluppare un

aneurisma dell’aorta addominale è del

5-10 per cento negli uomini fra i 65 e i

79 anni. Sono più colpiti i fumatori, dia-

betici, ipertesi e le persone che hanno

parenti già affetti da questa malattia e

quelli con malattie vascolari che interes-

sano il cuore ed il cervello”. Il problema

principale è che un aneurisma si sviluppa

lentamente senza dare alcun disturbo al

paziente. Aumenta di volume nel tempo

fino al cedimento della parete e alla rot-

tura, senza alcun preavviso. Una vera

emergenza chirurgica questa, dalla

quale non è facile salvarsi. “La mortalità

– spiega Pompeo - è molto alta: 8 per-

sone su 10 con rottura di aneurisma

Aneurisma dell’aortabomba che si può disinnescareTra chirurgia classica ed endovascolare, il Neuromed

all’avanguardia per un intervento che salva la vita

Il dottor FrancescoPompeo, responsabiledell’Unità Operativadi Chirurgia Vascolareed Endovascolare

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33NEUROMED NEWS

dell’aorta addominale muoiono, la mag-gior parte prima di arrivare in un ospe-dale”. L’aneurisma può essere scopertoin tempo. A volte succede per caso: unpaziente si sottopone a una ecografia

all’addome, oppure una TAC, per motivicompletamente diversi, e si scopre la di-latazione aortica. Altre volte la si va acercare con programmi di screeningspecifici come succede con il ProgettoSanare del Neuro-med. “La pericolositàdi un aneurisma del-l’aorta addominale –continua Pompeo – èdeterminata dalle suedimensioni. Al di sottodei 5 centimetri didiametro non è ne-cessario un interventoimmediato: lo si tienesotto controllo unavolta l’anno o ogni seimesi, dipende dallesue dimensioni alladiagnosi, con unasemplice ecografia. Aldi sopra di questa mi-sura, oppure se du-rante i controlli siriscontra una dilata-zione che cresce più di un centimetroall’anno, si procede con l’intervento. Leopzioni chirurgiche sono due: quellaclassica, operando cioè in modo con-venzionale per eliminare la parte dilatata

dell’aorta e sostituirla con una protesi.L’altra scelta è quella dell’intervento en-dovascolare”. Nella seconda opzione siraggiunge l’aorta dilatata partendo dallearterie femorali in modo mininvasivo,

senza l’apertura dell’addome. “In questocaso – spiega ancora il responsabile – laprotesi viene portata sul posto attraversouna serie di cateteri che la contengonoe rilasciata in maniera millimetrica all’in-

terno del tratto del-l’aorta interessata.L’introduzione di que-sta tecnica ha rappre-sentato una verarivoluzione, perchépermette di interve-nire anche in pazientiper i quali, a causamagari di altre pato-logie anche gravi, unintervento classicosarebbe fortementerischioso”. Sono co-munque entrambi in-terventi che salvanola vita. “Scegliere l’unao l’altra strada – con-clude Pompeo – èperò una decisioneche deve essere presa

dal chirurgo, in base a caratteristichespecifiche della malattia, con la com-pleta informazione al paziente e renden-dolo partecipe su tutto quello che saràfatto per risolvere il suo problema”.

Un modello diendoprotesi,

utilizzato pereliminare e so-stituire la parte

dilatata del-l’aorta

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Il concetto è vecchiocome il mondo: tra-smettere idee non con

le parole ma attraversol’esempio. L’idea, qui, èquella della prevenzione, untema particolarmente caroa un Istituto come il Neuro-med. E proprio l’attività fi-sica, secondo le ricerchescientifiche internazionali,rappresenta, assieme allacorretta alimentazione, unadelle armi più potenti per prevenire le pa-tologie croniche, da quelle cardiovascolaria quelle neurologiche, ma anche molteforme di tumori. L’Organizzazione Mon-diale della Sanità piazza, ad esempio, lascarsa attività fisica al quarto posto tra i piùimportanti fattori di rischio per la salute:sono 3,2 milioni i morti causati ogni annodalla sedentarietà.

La sedentarietà tra le principalicause di morte

È da questa semplice osservazione chenasce l’idea del “Neuromed body fitnesscenter”, il centro di attività sportivadell’I.R.C.C.S. di Pozzilli: un modo per ren-dere il più semplice possibile la pratica dellosport a ricercatori, medici e tutto il perso-nale. Per farlo anche in allegria, con colle-ghi che si conoscono da sempre, oppurecon persone che, lavorando in settori di-versi, non si ha l’occasione di incontrarespesso.

Ma è anche il modo di mandare un mes-saggio importante a tutti i cittadini: l’attivitàfisica va presa sul serio. Finisce l’immaginedel serioso medico dietro la sua scrivaniache impartisce severamente ai suoi pazienticonsigli sull’importanza della passeggiata,della corsetta. Ai cittadini il Neuromed lan-cia un messaggio semplice: consideriamol’attività fisica così importante che, anzichélimitarci a suggerirla, la facciamo noi stessi.“Esistono già molte esperienze – dice An-tonio Pangrazio, istruttore F.I.F. (Federa-zione Italiana Fitness) – che dimostranocome le palestre aziendali abbiano un ef-fetto diretto sulla salute del personale. Ef-fetti che vanno al di là della prevenzione,che, non dimentichiamolo, è uno dei primirisultati, visto che effettivamente le patolo-gie e le condizioni mediche sfavorevoli di-minuiscono. Ma oltre a questo si verifica,come del resto abbiamo subito visto qui,anche un abbattimento di barriere tra il per-sonale. Non sto parlando solo di personecon responsabilità molto diverse che si tro-

Aperto anche un Centroper l’attività sportivaNel Neuromed Body Fitness Center i ricercatori, i medici e il personaleprendono sul serio la prevenzione attraverso l’attività fisica

“”

Antonio Pangrazio,istruttore F.I.F.

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vano ad allenarsi assieme. Tra colleghi c’èrispetto, c’è stima, naturalmente. Ma in pa-lestra c’è qualcosa di più. È che ci si senteancora più parte della stessa famiglia”.

Nel club di Via dell’Elettronicala possibilità di svolgere atti-vità fisica seguiti da un perso-nal trainer

E ci si guadagna anche in salute.“Sicuramente – continua Pangrazio, cheogni giorno, terminato il suo lavoro nell’ar-chivio clinico, viene in palestra volontaria-mente come allenatore –. Sono in tanti adamare l’attività fisica. Ma chi svolge un la-voro molto impegnativo (come può essereun medico, un ricercatore, un infermiere),spesso non ne ha la possibilità. Magari fini-sce di lavorare troppo tardi, oppure svolgedei turni. Insomma, uscire, prendere l’auto,spostarsi in una palestra, cambiarsi, sonotutti elementi che possono costituire unaseria difficoltà. Il Neuromed, con il suo club,dà a tutti una possibilità concreta e agevole.Per molti è anche un modo di spezzare la

giornata: usare la pausa pranzo per poi tor-nare in servizio più attivi. Sappiamo beneche l’attività fisica può stimolare creatività epassione. E non dimentichiamo gli studentidei nostri Corsi di Laurea. Anche per loro lapalestra rappresenta aggregazione e modoutile di impiegare il proprio tempo libero”.Combinare salute, benessere e aggrega-zione. Il passo successivo è un po’ di com-petizione.“Gradualmente stiamo conoscendo le pre-ferenze di tutti. Il tipo di sport che amano.Creare veri e propri team, ad esempio dipallavolo o calcetto, ma anche di atleticaleggera, è un obiettivo che darebbe moltesoddisfazioni al Neuromed. E c’è un’imma-gine che mi viene in mente sempre piùspesso: competizioni con altre strutture.Magari una “Neuro-olimpiade” tra tutti icentri di ricerca italiani impegnati nelleneuroscienze. Ci si confronta continua-mente sulle ricerche, sulle tecnologie, sullaqualità della cura. E se lo facessimo anchecome sportivi?”.

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VinCo. La partita dellasalute: VincenzoCosco continua ad

allenare. È il titolo del nuovoprogetto di prevenzionepromosso dalla FondazioneNeuromed in collabora-

zione con il Dipartimento diEpidemiologia e Prevenzione

dell’I.R.C.C.S. di Pozzilli e l’Uf-ficio Scolastico Regionale del

Molise. Una iniziativa, legataalle attività di prevenzione nelle

scuole, che sarà possibile imple-mentare grazie ai proventi della

vendita della biografia di VincenzoCosco, l’allenatore di calcio moli-

sano conosciuto a livello interna-zionale non solo per le sue

capacità tecniche ma so-prattutto per il tempera-mento e una spiccatapersonalità legata ai va-lori della sua terra di

origine, Santa Croce diMagliano. È stato proprio

lo Special Wolf, questo il‘nome d’arte’ dato all’alle-

natore prematuramentescomparso lo scorso anno,

a esprimere la volontà di la-sciare un segno del suo pas-

saggio legato allaprevenzione e al corretto stile

di vita per la lotta ai tumori. Daqui un libro sulla sua vita, scritto

dal giornalista professionista

Giuseppe Formato, e il progetto scientificolegato ad esso. “La biografia Grazie perquesto momento. La storia di VincenzoCosco ripercorre le principali vicendedella sua vita – le parole dell’autore dellabiografia, Giuseppe Formato –, la sua car-riera da calciatore e da allenatore e, in par-ticolare, il temperamento messo in camponella doppia lotta contro il tumore, arren-dendosi soltanto dopo aver affrontato labattaglia al male con tutte le sue forze,senza chinare il capo, nemmeno nei mo-menti più difficili e fino agli ultimi istantidella sua esistenza. L’idea della biografia ènata quando il mister stava vivendo laparte più intensa della sua carriera di alle-natore. Ne abbiamo parlato tante volte enostra intenzione era quella di pubblicarlaqualora lo Special Wolf fosse riuscito aesordire almeno in serie B.

Ha voluto legare la sua storiaalla Fondazione Neuromedquando ha capito che la ma-lattia aveva preso il soprav-vento

È del periodo più difficile della sua vita ter-rena, invece, la sua idea di pubblicarla po-stuma, attribuendole un significatoparticolare. Ha voluto legare la sua storiaalla Fondazione Neuromed quando ha ca-pito che la malattia aveva preso il soprav-vento. Voleva contribuire con un gesto,una goccia nell’oceano, ad aiutare la ri-cerca scientifica, per trovare le cure alletante malattie rispetto alle quali ancora

Ricerca e Sport insiemeper la Partita della SaluteLa Fondazione Neuromed promuove un progetto di prevenzione legatoalla figura di Vincenzo Cosco, lo “special wolf” di Santa Croce di Magliano

PREVENZIONE

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non si trovano le soluzioni”. L’impegnodella Fondazione Neuromed dona con-cretezza al testamento morale lasciato daVincenzo. L’obiettivo è quello di diffonderela cultura della prevenzione e della ricercascientifica. L’educazione alla prevenzionedelle giovani generazioni è indispensabileaffinché il messaggio del corretto stile divita arrivi ad ogni livello della società. “IlProgetto VinCo intende educare i giovani,in particolare i ragazzi delle scuole, ad unostile di vita sano fatto di un’alimentazionesana e di attività fisica – spiega il professorGiovanni de Gaetano, Responsabile del Di-partimento di Epidemiologia e Preven-zione I.R.C.C.S. Neuromed –. Prenderemoin considerazione diverse scuole, ciascunadelle quali seguirà una procedura scienti-fica volta alla definizione di messaggi di sa-lute i cui risultati verranno, dopo un certonumero di mesi, valutati dagli stessi stu-denti. Una valutazione che serve a farci ca-pire se i giovani recepiscono questimessaggi sull’importanza di promuovereuno stile di vita basato sul consumo difrutta, verdura, pesce e con una buonadose di sport. La migliore modalità, questa,di prevenire le patologie cardiovascolari,neurodegenerative e i tumori”.

LA TESTIMONIANzA DI PIETRACUPA

L’UOMO CHE COMBATTENON PERDE MAI

Ci sono momenti nella vita in cui si ri-flette sul valore della propria esistenza.Forte è la tentazione di chiudersi in séstessi, proteggere e tutelare i propri in-teressi, prevalentemente quelli affettivi, enon guardare oltre. Quando Vincenzo miinformò delle sue serie problematiche disalute avevo da poco perso mia moglieSara ed ero nel momento più criticodella mia esistenza. La forza di Vincenzoera molto simile alla tenacia, alla vogliadi combattere e di vivere che avevamesso in campo mia moglie. Questoevento mi scosse dal torpore in cui stavoprecipitando. Devo a lui, davvero, l’averritrovato gli stimoli per guardare oltre lo

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steccato e continuare a interessarmidegli altri e operare nell’interesse dellacomunità. Ringrazio la famiglia di Vin-cenzo Cosco per essersi resa disponibilenonostante il dolore e le problematichequotidiane vissute, che meritano il mas-simo rispetto e attenzione reale. Ringra-zio Giuseppe Formato che mosso daincontenibile passione e da sincera ami-cizia è riuscito a scolpire in maniera in-delebile nel tempo il nome e la vita diVincenzo Cosco. A Giuseppe va ricono-

sciuto di essere stato il motore inesauri-bile dell’iniziativa. Cosco è l’esempio diun Molise che non si arrende mai e chevorremmo sempre in linea con il suomotto prediletto: l’uomo che combattenon perde mai. Noi come FondazioneNeuromed lo faremo con un progetto alui intitolato, VinCo, per diffondere tra igiovani la cultura della prevenzione. Ten-teremo di mettere in campo un vero eproprio progetto scientifico, di ricercaepidemiologica, svolto dai ragazzi. Nonuna lezione o una conferenza, ma un la-voro che produrrà risultati nel tempopartendo dal basso. Inoltre vogliamopromuovere quei valori che rappresen-tavano i tratti distintivi della personalitàdi Vincenzo: tenacia, umiltà, rispetto,umanità. Affinché i giovani non rinuncinomai a lottare per ciò in cui credono e, aproposito di umanità, una citazione par-ticolare la dedico senza meno al dottorGaetano Lanzetta. Un amico, un onco-logo di valore che ha tenuto per manoVincenzo assistendolo fin dove poteva;dimostrando, se ce ne fosse stato biso-gno, che laddove emergono i limiti della

Mario Pietracupa conGiuseppe Formato(autore del libro)

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cura bisogna avere il coraggio di fermarsiper non violare il valore più sacro del-l’uomo: la dignità. Un pensiero specialeva a tutti gli abitanti di Santa Croce diMagliano per la solidarietà dimostrata eper ringraziarli concretamente, al fine dipromuovere e rinnovare il valore dellaterritorialità, partiremo proprio da lì perle prime sperimentazioni del progettoVinCo. Un ringraziamento va all’editoreManes, edizioni Keplero, per la straordi-naria generosità nell’accollarsi ognionere solo sul rapporto di fiducia e perevidente sensibilità di chi è attento al so-ciale. La Direzione scolastica regionale,infine, nel suo massimo responsabileAnna Paola Sabatini merita una citazionea parte per saper sempre intercettare inmaniera concreta le esigenze non solodel mondo scolastico ma anche dellasocietà civile. Attenta a formare gli uo-mini del futuro immergendoli nella realtà quotidiana con esempi di vita e lavoroconcreti. Nei progetti in comune ci ac-compagna sempre con straordinario en-tusiasmo incentivandoci a promuoveresempre più iniziative nelle scuole.

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Continuano i lavori di scavo al CentroServizi dell’I.R.C.C.S. Neuromed, inlocalità Camerelle, nel nucleo indu-

striale di Pozzilli. Gli archeologi riferisconodel ritrovamento di numerose tracce di un

insediamento rustico risa-lente all’età romana, pro-prio dove sorge quella cheprima era la masseria, oggisede degli uffici ammini-strativi dell’I.R.C.C.S. Neu-romed.La rilevanza archeologicapresente nel nucleo indu-striale, come ha avutomodo di dirci Diletta Co-

lombo, Ispettore territoriale della Soprinten-denza Archeologica Molise, era già nota inpassato per alcuni ritrovamenti superficiali eper alcuni carotaggi eseguiti, negli anni set-

tanta, dalla stessa Soprintendenza in con-

comitanza con la costruzione dei capannoniindustriali nell’area produttiva. Sono ora lescoperte fatte di recente al Centro Servizi delNeuromed, fortemente volute dall’azienda,ad avere un significativo peso archeologicoche ci porta a conoscere qualcosa in piùdella storia del Molise. “Il complesso era situato su un leggero pia-noro - ci spiega Deborah Cerciello, archeo-loga a capo dello scavo di Pozzilli - la cuicampagna doveva essere molto sfruttata dalpunto di vista agricolo e quest’area dovevaessere sicuramente contornata da grandiville più o meno estese. L’insediamento eraben organizzato poiché si trovava su un’ar-teria di comunicazione importantissimaquale era la Via Latina che collegava Roma,Venafro e Isernia al resto della regione ga-rantendo un collegamento tra il Tirreno el’Adriatico.” I dati emersi dagli scavi sinoracondotti hanno permesso di individuare lapars fructuaria della villa (la parte destinata

CONTINUANO A POZZILLIGLI SCAVI ARCHEOLOGICISostegno di Neuromed alla Sovrintendenza per riportare alla luce un’area, andata

distrutta da un incendio, datata tra la fine del II secolo a.C. e il III-IV secolo d.C.

CULTURA

NEUROMED NEWS

L’area di scavoaccanto alla cappella

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alla lavorazione dei prodotti – ndr.), all’in-terno della quale sono stati ritrovati vani confunzioni di servizio, un magazzino con undolio incassato e un settore definito torcu-larium (ambiente specializzato alla trasfor-mazione della materia prima in olio – ndr.)per la presenza in situ dell’alloggiamento edel contrappeso in pietra calcarea utilizzatoper la spremitura delle olive. “Al centro del-l’ambiente, in rilievo e ancora in corso discavo – continua Deborah Cerciello –, do-vevano trovarsi l’ara di spremitura e, in assecon il contrappeso, le basi per gli stipites (idue elementi verticali anteriori) del torchio,per gli arbores (elementi verticali posteriori)e le vasche di raccolta. Non distante dal

contrappeso e dal suo alloggiamento si èrinvenuto anche un grande dolio, che do-veva essere funzionale alle operazioni diraccolta dei liquidi derivati dalla spremitura.La disposizione di tali elementi e il tipo dicontrappeso rinvenuto fanno supporre allapresenza di un torchio di tipo Catoniano aleva e verricello (in uso dal II sec. a.C. ed at-testato anche in età imperiale – ndr.). Inoltregli ambienti adibiti alla lavorazione dell’oliocontinuavano sino all’attuale corte dellamasseria, dove si attestava la presenza dipiccole vasche e pavimenti in cocciopesto.”All’interno dell’ambiente del torculariumsono stati rinvenuti anche i frammenti riferi-bili ad una macina rotatoria ad azionamentomanuale il cui utilizzo è attestato in tuttal’epoca romana, dall’età repubblicana al IV-V sec. d.C. Essa consisteva in due mole cir-colari, quella inferiore, chiamata meta, eraleggermente convessa e costituiva la basecircolare fissa della mola manualis, sulla

quale poggiava quellasuperiore, il catillus,leggermente concava ecostituiva l’elementomobile di uguale dia-metro e anch’esso inpietra, la cui faccia in-feriore combaciava conquella superiore dellameta. La mola supe-riore ruotava su unperno centrale e venivafatta girare medianteun manico di legno.Questo tipo di macinaera di uso prettamentedomestico e monofa-miliare, sostituita suc-cessivamente daquella, di dimensionimaggiori, a trazioneanimale (mola asinaria). “Lo scavo stratigra-fico - continua l’archeologa - ha indagatosoltanto una parte del vasto complesso;sono state individuate varie fasi costruttive edi vita della villa, che possiamo datare dallafine del II inizi I sec. a.C. al III-IV sec.d.C. Lefasi individuate durante le indagini archeo-logiche sono caratterizzate da trasforma-zioni planimetriche che, seppur notevoli,non hanno mutato la vocazione residenzialee produttiva del complesso. Dai dati emersipossiamo affermare che, l’area sinora inda-gata, sia andata distrutta in seguito ad un in-

cendio che interessò in larga parte gli alzatidegli edifici. Successivamente alla distru-zione del complesso si susseguirono variefasi di riutilizzo documentate da ambientiminori impostati direttamente sugli strati dicrollo dei precedenti.”

Diletta Colombo,ispettore territoriale

della SovrintendenzaArcheologica Molise

Base torchio di tipocatoniano a leva e

verricello(II sec. a. C.)

Frammento macinae contrappeso non

ancora scavato

Magazzino dolio incassato

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Scomparso qualche mese fa, a 82 anni per untumore al fegato, il famoso neurologo e scrit-tore Oliver Sacks ha scritto pagine indimen-

ticabili e controverse di una particolarissimaforma di “letteratura medica” che prende i casi cli-nici e ne fa poesia.

Molti dei suoi libri sono un po’ un albergo dove giria caso per le stanze e incontri gente ordinaria, macon storie straordinarie. Come i due gemelli ritar-dati che giocavano con complicati numeri primiquasi fossero il loro pallone da calcio, così, giustoper tirarseli a vicenda, mentre chiunque altroavrebbe avuto bisogno di tabelle e computer pertirarli fuori. Oppure i celebri malati di “Risvegli”,che si sono visti la loro vita letteralmente man-giata da una strana malattia. Tornano, sì, ma soloper rituffarsi dopo qualche settimana nel più cru-dele dei sogni. E magari come paziente troviamoanche Sacks stesso con la sua prosopoagnosia(l’incapacità di riconoscere i volti delle persone).

A dirla semplice, sono tutti casi clinici. Un ictuso un tumore che hanno danneggiato una certaparte del cervello. Un virus che ha sconquassatoil sistema nervoso. O un problema congenito cheassieme alla menomazione porta strane abilità.Pazienti che compensano ciò che manca lorocon stratagemmi impensabili per i “normali”.Tutte cose da cartella clinica. Da organizzarecon diagrammi, anamnesi, diagnosi e terapia,quando esiste.

E in fondo sono cartelle cliniche anche quelle cheSacks portava nei suoi libri, ma cartelle “parallele”,come è diventato di moda chiamarle. Dove il rac-conto supera i dati di laboratorio, fino a diventareromanzo, o magari semplicemente una poesiadella medicina andata perduta con l’arrivo delleprime analisi cliniche, delle risonanze magnetiche,delle TAC. Il paziente neurologico, è lui il protago-nista. È attraverso i suoi occhi e le sue parole chepossiamo vedere la malattia, la funzione cerebralemancante oppure quella sviluppata per compen-sare. Un paziente da studiare in modo completo, acominciare dal momento in cui entra nello studio,oppure da andare cercare nei parchi di New York,riconoscendo in una certa persona vista per caso,semplicemente dal modo in cui si muove o parla, isintomi di una malattia.

Il New York Times l’aveva definito “una specie dipoeta della medicina moderna”. Poesia o meno,prima che la medicina diventasse scienza questoera il modo di avere a che fare con i pazienti. Il rac-conto, lo scambio, la narrazione, erano le unicherisorse che il medico aveva per giungere ad unadiagnosi. Sacks lo riportava alla luce con uno stileche ha appassionato milioni di lettori.

Con i suoi scritti, il neurologo inglese, che dall’etàdi ventisette anni viveva negli Stati Uniti ed è statofino alla morte professore di Neurologia e Psichia-tria nella Columbia University, ha sfumato il con-fine tra medicina e letteratura. Nei suoi romanzi

Quando laneurologia è

racconto…Un ricordo di Oliver Sacks,

ovvero il confine sfumato e insidioso

tra letteratura e medicina

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43NEUROMED NEWS

non c’è il medico della “Cittadella” di Cronin, dovela medicina è ben distinta dalla vita delle persone.E non c’è neanche il dottor House con la sua freddalogica diagnostica. Nel neurologo inglese gli eroinon sono i medici, ma sono i pazienti stessi, che nelcaos delle loro malattie trovano strade alternativeper continuare a vivere.

Ma le opinioni su Oliver Sacks non sono state tuttebenigne. Per molti neurologi questo miscuglio tramedicina e letteratura può generare confusione, epuò rivelarsi inefficace dal punto di vista della cli-nica. Fino alla conclusione dello psichiatra ArthurShapiro, secondo il quale Sacks era “molto piùbravo come scrittore che come clinico”. Per nonparlare di critiche più feroci, con l’accusa di averraggiunto la notorietà sfruttando i suoi pazienti.Eppure i suoi libri hanno fatto conoscere a tutto ilmondo, raccontandole in un modo mai vistoprima, le incredibili complessità della menteumana, e hanno fatto riflettere su problemi fonda-mentali, come la più antica delle domande: “chisono veramente io?”

Cosa ci vuole per creare un simile narratore? Ca-pace, con “Zio Tungsteno” di raccontare la sua in-fanzia quasi ossessionata dalla chimica? O ditrattare sé stesso, nel libro “L’occhio della mente”,come un normale paziente da raccontare, colpitoda un tumore che gli fa perdere la vista da un oc-chio creando strane illusioni visive? Come in tuttigli scrittori, la domanda non ha molto senso. Ma disicuro la vita di Sacks contiene molti elementi inu-suali. Una famiglia atipica, per cominciare, con unpadre medico e una madre chirurgo (una delleprime della storia inglese) che lo faceva assisterea dissezioni di cadaveri. Un fratello schizofrenico.Un collegio, durante la guerra, in cui racconta diessere stato spesso picchiato e umiliato dai bulli,e anche dal preside. Fu allora che i numeri e lascienza, i metalli e la chimica, diventarono un ri-fugio.Dopo la laurea in medicina a Oxford, arriva il tra-sferimento in Canada e poi negli Stati Uniti, doveva incontro a esperienze decisamente inusuali perun medico. Come il bodybuilding estremo, la pas-sione per la velocità in motocicletta, il surf. E “tuttii tipi di droghe”, come lui stesso raccontava. Unweek end, sotto l’effetto di anfetamine, legge unlibro dell’800 sulle emicranie. È in qualche modola svolta: basandosi sull’esperienza che stava fa-cendo come neurologo, nel 1970 scrive proprio“Emicranie” (che gli costò il licenziamento dallaclinica dove lavorava), seguito nel ’73 dalla consa-crazione come scrittore che giunge con “Risvegli”.

Sono dodici i libri di Oliver Sacks. Tra l’uno e l’al-tro, una serie di articoli (principalmente sul NewYorker e sul New York Review of Books) e il premio

Lewis Thomas per la scrittura scientifica, ricevutonel 2001. Il suo ultimo libro è uscito postumo: “Inmovimento”, una autobiografia completa e senzareticenze, dove si confessa con queste parole:“Credo davvero che l’analisi dei miei pazienti miabbia salvato la vita più di una volta. Nel 1966 i

miei amici pensavano che non sarei arrivato aitrentacinque anni, e ne ero convinto anche io. Macon l’analisi, buoni amici, con le soddisfazioni dellavoro clinico e della scrittura e, soprattutto, conuna buona dose di fortuna, ho superato gli ottantaanni contro ogni aspettativa”.

DODICI VIAGGI NELLA MENTE

(dei pazienti e del dottore)• Emicrania, Adelphi 1992 (Migraine, 1970)

• Risvegli, Adelphi 1987 (Awakenings, 1973)

• Su una gamba sola, Adelphi 1991 (A leg tostand on, 1984)

• L’uomo che scambiò sua moglie per uncappello, Adelphi 1986 (The Man Who Mi-stook His Wife for a Hat, 1985)

• Vedere voci, un viaggio nel mondo deisordi, Adelphi 1990 (Seeing Voices, 1989)

• Un antropologo su Marte, Adelphi 1995(An Anthropologist on Mars, 1995)

• L’isola dei senza colore, Adelphi 1997 (TheIsland of the Colorblind, 1996)

• Zio Tungsteno - Ricordi di un’infanziachimica,  Adelphi  2002 (Uncle Tungsten:Memories of a Chemical Boyhood, 2001)

• Diario di Oaxaca, Feltrinelli 2004 (OaxacaJournal, 2002)

• Musicofilia / Racconti sulla musica e il cer-vello, Adelphi 2008 (Musicophilia /Tales ofMusic and the Brain, 2007)

• L’occhio della mente, Adelphi 2011 (TheMind’s Eye, 2010)

• Allucinazioni,  Adelphi  2013 (Hallucina-tions, 2012)

• In movimento, Adelphi 2015 (“On themove”, 2015)

“Una scena del film“Risvegli” tratto

dall’omonimo librodi Oliver Sacks.

Il neurologo èinterpretato daRobin Williams,

mentre Robert De Nirointerpreta il paziente

Leonard Lowe”

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44 NEUROMED NEWS

I l Servizio Sanitario Nazionale (SSN) ga-rantisce l’assistenza sanitaria (cure me-diche, medicinali, etc.) ai cittadini iscritti

presso le Aziende Sanitarie Locali (ASL) delproprio luogo di residenza. Con il terminemobilità sanitaria si fa riferimento al dirittodel cittadino di ottenere cure, a carico delproprio Sistema Sanitario, anche in un luogodiverso da quello di residenza. La mobilitàsanitaria è, pertanto, quel fenomeno checoinvolge molti assistiti che usufruisconodei servizi sanitari presso strutture che nonappartengono alla propria regione di resi-denza.

Nonostante il principio della libertà di sceltasia sancito all’articolo 32 della Costituzione,il tema della mobilità è divenuto centrale conle riforme sanitarie dei primi anni ’90. L’analisi

della mobilità fra Regioni, infatti, oltre ad es-sere uno strumento di programmazione,aiuta a comprendere la propensione manife-stata dai cittadini ad avvalersi del principio dilibera scelta offerto dal SSN. Questo feno-meno comporta la necessità di compensarei costi dell’assistenza di quei pazienti per iquali il finanziamento pro capite del SSN èstato attribuito a una Regione diversa daquella in cui è stata effettuata la prestazione.Tale esigenza viene regolata attraverso loscambio di mobilità interregionale.

Tale termine è usato per definire il flusso difondi che si muove dal livello centrale (Re-gioni/Stato), seguendo il fenomeno migrato-rio degli utenti di una ASL che decidono dirivolgersi ai servizi offerti da un’altra ASL. Inparticolare, nel caso in cui le due ASL appar-tengano alla stessa regione, questo flusso dicapitali rimarrà a livello regionale; se invecel’utente ha cambiato regione, il flusso si spo-sterà a livello nazionale: la Regione cheeroga la prestazione dovrà essere rimborsata(sulla base di un sistema di compensazionesanitaria interregionale) dalla regione in cui ilpaziente risiede. Esistono due categorie dimobilità:

• la mobilità attiva, che esprime l’indice di at-trazione di una regione, identificando le pre-stazioni sanitarie offerte da una regione adassistiti non residenti;

• la mobilità passiva, che esprime l’indice difuga di una regione, identificando le presta-zioni sanitarie dei residenti di una regione ef-fettuate fuori da questa.

La mobilità sanitaria:un costo o una risorsaLa libertà di scelta e la mobilità sanitaria nel modello italianoa cura di Raffaele PanichellaPresidente AIOP Molise

L’INTERVENTO

La mobilità sanitaria

in Molise

La mobilità sanitaria 2016 del Moliseregistra, ancora una volta, un trendpositivo pari ad euro 27.860.504,00.Tale saldo è determinato in particolarmodo dalle strutture di eccellenza di-slocate sul territorio regionale specienel campo delle neuroscienze, delladiagnostica per immagini, della car-diochirurgia e dell’oncologia.

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45NEUROMED NEWS

Dal punto di vista finanziario, la mobilità at-tiva rappresenta una voce di credito, men-tre quella passiva rappresenta una voce didebito. Il confronto tra l’indice di attrazione

e di fuga fornisce, in primo luogo, un quadro

della capacità del Servizio Sanitario Regio-

nale (SSR) di essere efficace ed efficiente

nell’erogazione dei servizi sanitari nel rispon-

dere al bisogno di salute, ma anche una serie

di ‘informazioni indirette’ sulla qualità dei ser-

vizi sanitari percepita da parte dei cittadini. La

compensazione interregionale della mobilità

è regolata da un Testo Unico approvato, di

solito annualmente, dalla Conferenza dei

Presidenti delle Regioni e delle Province Au-

tonome. Sono oggetto di compensazione:

• i ricoveri per acuti, di riabilitazione, di lun-

godegenza e neonatali (in alcune Regioni

anche i ricoveri psichiatrici) - Flusso A;

• la medicina generale - Flusso B;

• la specialistica ambulatoriale e il pronto

soccorso - Flusso C;

• la farmaceutica territoriale convenzio-

nata - Flusso D;

• l’attività termale - Flusso E;

• la somministrazione e l’erogazione di-

retta dei farmaci - Flusso F;

• l’attività di trasporto in emergenza in

ambulanza ed elisoccorso - Flusso G.

Come già accennato, la mobilità può rima-

nere nei confini territoriali di una regione

(mobilità intraregionale), uscire da tali confini

(mobilità interregionale) o addirittura passare

i confini dello Stato (mobilità internazionale).

Mobilità intraregionale. Rappresenta il flusso

migratorio di pazienti entro le dimensioni

della propria regione di residenza. Il livello di

mobilità varia a seconda della dimensione

territoriale della regione e quindi della den-

sità di popolazione. Il paziente può decidere

di rivolgersi ad una ASL limitrofa alla propria

e anche scegliere di percorrere una distanza

più lunga, pur di vedersi erogata una deter-

minata prestazione. Nel caso della mobilità

entro regione, gli elementi della compensa-

zione economica tra aree mettono in risalto

non solo tematiche rilevanti, come la pro-

grammazione della rete di offerta delle pre-

stazioni erogate, ma anche l’accessibilità e ladisponibilità dei servizi.

Mobilità interregionale. Si parla di mobilitàinterregionale quando la persona si curapresso presidi di una regione diversa daquella di residenza. La mobilità interregionalepuò comportare spostamenti anche di moltichilometri e può manifestarsi per affrontarecure importanti, perché ci si attende un esitosignificativamente diverso (migliore) daquello che si otterrebbe facendosi curarenella propria regione, oppure si può verificareperché la necessità di ricorrere alle cure è deltutto occasionale e non costituisce il motivopredominante dello spostamento (lavoro,studio, vacanza). È considerata mobilità in-terregionale anche quella di prossimità, cheavviene tra Regioni confinanti. Le quote dimobilità attiva e passiva di confine sonomolto rilevanti e danno conto della diversacapacità di attrazione e di fuga che le sin-gole Regioni manifestano nei confronti deiterritori confinanti. Questa mobilità di con-fine non è solo considerevole in termini divolumi complessivi di attività, ma si caratte-rizza perché interessa attività sanitarie minoricome ricoveri di lieve complessità e peso as-sistenziale, prestazioni specialistiche e pre-scrizioni farmaceutiche che di per sé nontroverebbero giustificazione in una mobilitàdi lunga distanza. La mobilità di confine ètalmente peculiare da territorio a territorioche diventa spesso oggetto di accordi bila-terali tra Regioni per un uso efficiente dellerisorse. Un fattore che incide sulla mobilitàinterregionale è la mancanza di uniformitànei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) che,in teoria, dovrebbero essere garantiti inmodo uguale su tutto il territorio nazionale.Di fatto si osservano invece differenze note-voli tra le Regioni italiane. Al di là della qua-lità, gli elementi differenti sono proprio letipologie di prestazioni erogate in termini dimedicina territoriale, le regole di comparte-cipazione ed esenzione, le attività domici-liari, etc.

Mobilità internazionale. Il sistema di mobilitàinternazionale si colloca come parte del piùvasto sistema di assistenza a carico delloStato e ha lo scopo di tutelare, dal punto divista dell’assistenza sanitaria, gli assistiti che

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NEUROMED NEWS46

si muovono all’interno degli Stati dell’UnioneEuropea, della Svizzera, dello Spazio Econo-mico Europeo (SEE: Norvegia, Islanda e Lie-chtenstein) e dei Paesi in convenzione con iquali sono in vigore accordi di sicurezza so-ciale. Numericamente parlando, si tratta diun fenomeno ad oggi piuttosto limitato (inconfronto ad altri fenomeni di mobilità sani-taria), caratterizzato da almeno tre elementi:

1. Motivi di cura (cittadini italiani che si re-

cano all’estero esplicitamente per eseguireun intervento chirurgico, per seguire un per-corso terapeutico o per altre esigenze sani-tarie che non trovano adeguatasoddisfazione nel nostro Paese perché lacura non è erogata o perché è erogata conuna tempistica non compatibile con la ma-lattia di cui un cittadino soffre). Si tratta di unpercorso definito dalla legge, che passa ge-neralmente attraverso un atto autorizzativoesplicito (da parte della ASL di appartenenzadel paziente), che vede interessati alcuni luo-ghi privilegiati (Centri di Riferimento) e al-

cune selezionate patologie (trapianti, tumori,interventi ortopedici), e che in taluni casi rap-presenta un vero e proprio viaggio della spe-ranza, il cui esito è talvolta discutibile già apriori.

2. Insorgenza di esigenze sanitarie mentre siè all’estero per i più disparati motivi (lavoro,studio, vacanza): riguarda prevalentementeeventi sanitari imprevisti o fortuiti, e ha regolediverse a seconda che avvenga entro lo spa-

zio europeo (dove esiste unacompensazione economicadelle prestazioni tra Stati) o al difuori di esso (nel qual caso nonesiste compensazione e il citta-dino deve provvedere con altristrumenti: assicurazioni, paga-menti in proprio).

3. Tre specifiche situazioni che ri-guardano il nostro Paese: è ilcaso dello Stato del Vaticano (e inparticolare dell’attività dell’Ospe-dale Bambin Gesù di Roma), delloStato di San Marino e del Co-mune di Campione d’Italia (che sitrova in territorio svizzero).

I flussi di mobilità. Come si puònotare dalla tabella 1 e dalla fi-gura 1 i flussi di pazienti tra leRegioni sono consistenti e ge-nerano trasferimenti significativitra le Regioni italiane, tenden-zialmente da Sud verso Nord.Nel 2016, ad esempio, la Re-gione Calabria ha trasferito allealtre Regioni oltre 250 mln europer l’assistenza sanitaria dei suoipazienti, mentre la Lombardia,

ha incassato dalle altre regioni oltre 530 mlneuro. Il risultato finanziario dei flussi netti dimobilità è un saldo positivo per le Regioni delNord, un saldo negativo per quelle del Sudcon l’unica eccezione del Molise che regi-stra, da sempre, un’inversione di tendenzacon un saldo positivo di € 27,860,504.00.

Senza dubbio offrire l’opportunità di esseretrattati in una struttura di eccellenza a pre-scindere dal luogo di residenza è un mecca-nismo favorente l’uguaglianza dei cittadini.Se effettivamente una regione ha strutture diqualità inferiori, garantire ai suoi cittadini di

MOBILITÀ SANITARIA 20161

REGIONE CREDITI DEBITI SALDOPIEMONTE 222.308.861,00 251.573.793,00 - 29.264.932,00

VALLE D’AOSTA 11.338.230,00 20.651.919,00 - 9.313.689,00

LOMBARDIA 870.819.964,00 332.393.617,00 538.426.347,00

PA BOLZANO 32.418.784,00 24.572.586,00 7.846.198,00

PA TRENTO 45.067.637,00 63.182.958,00 - 18.115.321,00

VENETO 318.862.876,00 233.503.962,00 85.358.914,00

FRIULI VENEZIA GIULIA 101.708.675,00 72.901.825,00 28.806.850,00

LIGURIA 149.131.443,00 188.266.507,00 - 39.135.064,00

E. ROMAGNA 569.626.918,00 236.524.614,00 333.102.304,00

TOSCANA 310.141.493,00 175.113.801,00 135.027.692,00

UMBRIA 100.029.588,00 90.223.867,00 9.805.721,00

MARCHE 112.689.874,00 142.560.611,00 - 29.870.737,00

LAZIO 291.849.033,00 490.111.029,00 - 198.261.996,00

ABRUZZO 99.568.399,00 171.719.735,00 - 72.151.336,00

MOLISE 86.931.544,00 59.071.040,00 27.860.504,00

CAMPANIA 117.836.062,00 399.512.470,00 - 281.676.408,00

PUGLIA 115.492.213,00 299.956.304,00 - 184.464.091,00

BASILICATA 67.603.303,00 99.121.927,00 - 31.518.624,00

CALABRIA 26.045.968,00 282.336.573,00 - 256.290.605,00

SICILIA 70.555.250,00 249.834.444,00 - 179.279.194,00

SARDEGNA 18.122.487,00 84.403.127,00 - 66.280.640,00

B. GESU’ 192.323.462,00 1.610,00 192.321.852,00

ACISMOM 37.066.255,00 0,00 37.066.255,00

1 - Le regioni in rosso hanno un saldo di mobilità negativo, il che significa che i cittadini che vanno a curarsi fuori sono maggiori di quelli che la Regione stessa riesce ad attrarre.Le regioni in nero, cd “regioni virtuose”, hanno un saldo di mobilità positivo, il che significa che i cittadini che vanno a curarsi fuori sono inferiori a quelli che la Regione stessa riesce ad attrarre.

Tabella 1

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accedere a strutture di qua-lità eccellente favorisce ilprincipio di pari trattamentotra i cittadini. Tale principioandrebbe tuttavia contem-perato “sfruttando” lamobilità di breve raggio ocosiddetta di confine.

Alla luce delle considera-zioni esposte, non è au-spicabile togliere lalibertà di scelta del pa-ziente. In un momento incui si cerca di aprire iconfini dell’assistenza e dispecializzarla, mirando alcontempo a costruire retiin grado di distribuiremeglio competenze,specializzazioni e fun-zioni assistenziali, appareanacronistico creare limititerritoriali alla mobilità deipazienti. Infine, è indub-bio che la mobilità generisegnali importanti sullaqualità assistenziale, po-tenzialmente in grado diindurre interventi di mi-glioramento.

Figura 1

L’impatto delle spese di viaggio per i pazienti La mobilità di lungo raggio comporta elevati costi non coperti dal SSN e significative ri-sorse relazionali. A titolo di esempio si pensi a un ricovero di 10 giorni per un pazientecampano a Milano. Si supponga che il paziente con un accompagnatore viaggi in se-conda classe da Napoli (€ 150 X 2), che si debbano sostenere costi di trasporto locali (€100) e che ogni giorno dell’accompagnatore costi € 60 (€600). In base a quest’ipotesi,veramente conservativa, l’intervento fuori regione costerebbe € 1.000. È facile immagi-nare che per molti pazienti questo costo potrebbe facilmente moltiplicarsi, ad esempiose fosse necessario un trasporto in ambulanza o se l’accompagnatore dovesse trovarsiun alloggio in albergo (o nelle strutture residenziali che effettivamente lavorano su ac-compagnatori e pazienti post-acuti). Sicuramente sono importi significativi per pazientidelle fasce meno abbienti, i cui soli costi di trasferta potrebbero assorbire diverse men-silità della pensione minima o dell’assegno di accompagnamento. Non vi è pertantodubbio che questi costi rappresentino una violazione del principio di equità di fronte aldiritto di assistenza. È importante segnalare anche il tema delle risorse relazionali. Sia ipercorsi di accesso alle strutture lontane dal luogo di residenza (raccolta di informazioni,accesso al sistema di prenotazione, accesso alle stesse prestazioni) sia il supporto logi-stico (accompagnatore, residenza dell’accompagnatore, eventuale luogo per la gestionepost-ricovero) richiedono anche reti di supporto. Senza il contributo di familiari e amicil’effettivo accesso alla prestazione “distante” è difficile. La mobilità extra-regionale ponepertanto un tema di disuguaglianza di risorse relazionali che sono tendenzialmente cor-relate a quelle socio-economiche, ma che possono anche avere dinamiche indipen-denti. Ad esempio, è molto probabile che le persone sole, con deboli legami familiari esenza capacità informatiche di base abbiamo maggiori difficoltà di accesso all’assistenzaextra-regionale. Malgrado le migliori intenzioni del principio della libera scelta del luogodi cura, la storia della mobilità sanitaria di questi anni mette in risalto una situazione po-tenzialmente molto ingiusta perché in alcune Regioni i pazienti trovano tutta l’assistenzadi qualità che si aspettano e in altre no. Ma almeno altrettanto ingiusta perché nelle Re-gioni con strutture di qualità inferiore (o ritenuta tale) alcuni pazienti possono “scappare”e altri invece devono accettare quello che è loro offerto.

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48 NEUROMED NEWS

L’Ordine dei Giornalisti ha redatto una seriedi Carte deontologiche volte alla definizionedi alcune regole da seguire e dei diritti dellettore da preservare. In particolare la Cartadi Perugia va a tutelare i diritti del citta-dino/paziente, della dignità e delcittadino/utente. Perché noi giornalisti ab-biamo bisogno di questa Carta deontolo-gica? Queste regole non rispondonosemplicemente a basilari regole etiche checiascuno di noi dovrebbe seguire?È, in verità, sorprendente. Abbiamo ben 16carte deontologiche. Siamo stati costretti ad

approvarle, perfare fronte a viola-zioni anche di di-ritti elementari dicittadini. Orastiamo proce-dendo al varo di uncodice deontolo-gico unico, che leraggruppi e lerenda di più facilelettura e applica-zione. A voltepenso, e dico, chenon ne servirebbeneanche una. C’ègià tutto nellalegge istitutiva. Ebasterebbe fare in-formazione senzaurla, rispettando lepersone senza di-stinzioni di età,

sesso, etnia, fede religiosa, appartenenza po-litica. Sì, basterebbero buon senso e buongusto.

Quanto è diffusa oggi, secondo lei, una realepercezione dell’etica del giornalismo e inparticolare del giornalismo scientifico?Dal 1995, anno in cui è stata redatta la Cartadi Perugia, abbiamo assistito a diversi esempidi violazione delle regole in essa contenute:le cito i casi Stamina e Di Bella solo comeesempio. Spesso la divulgazione di notizieinesatte e la conseguente creazione di falseaspettative nei malati, e nei familiari, è stata‘appoggiata’ da certi giornalisti. L’Ordinecome procede in questi casi?Le notizie inesatte fanno parte del rischio le-

gato al nostro lavoro. Non invoco una esi-mente, chiedo solo una valutazione serena.La “qualità” di chi sbaglia è nella capacità di ri-parare l’errore. In questo campo dovremo av-vertire la necessità morale di una attenzionein più perché rischiamo di far danno a per-sone che attraversano momenti di fragilità odi difficoltà. C’è, e non mi sento di sottovalu-tarlo, un aspetto positivo del nostro lavoro:non divulghiamo solo notizie inesatte (capita,ripeto) ma partecipiamo ai cittadini informa-zioni utili.

Presidente lei è stato in Neuromed, al Parcotecnologico, in occasione proprio di un se-minario sulla Carta di Perugia. Può raccon-tarci, da giornalista, quello che ha visto diquesta realtà molisana?Sono rimasto sorpreso. Sono anche io figliodi una terra dimenticata, la Calabria, È statoconfortante scoprire che in una realtà comeil Molise esiste una struttura che affronta quo-tidianamente sfide delicate per dare risposteai bisogni dei cittadini. Ho ascoltato (con-fesso, non riuscendo a seguire sempre ecompletamente il linguaggio dei ricercatori) i“racconti” di alcuni ricercatori sulle speranzedi affrontare meglio malattie laceranti, per chine è affetto e per i familiari. Ho visto la “festa”dei bambini, in un gioco educativo organiz-zato all’interno della struttura. Mi chiedo an-cora chi produca quelle cipolle gigantescheche, coinvolto nel gioco, io stesso ho scam-biato (erano celate in una scatola) per unpompelmo.

Lei ha parlato, in quella occasione, di quantoil lavoro dei ricercatori sia linfa vitale per lasocietà. Non crede, quindi, che ci sia biso-gno di ripensare l’interesse verso la ricercaitaliana?È una battaglia antica. Non basta più, nondeve bastare più, l’indignazione quando ve-diamo i nostri migliori emigrare presso istitutiche all’estero hanno gran nome e vengonovalorizzati dai governi nazionali. Neuromeddimostra che siamo in grado di fare molto,perfino meglio di altri. Le risorse sono indi-spensabili. Non è accettabile, non è moraleche si risparmi negli investimenti che possonomigliorare la qualità della vita. Il sorriso di unbambino sano e felice vale molto di più diogni obiettivo di risparmio.

Intervista a Enzo IacopinoPresidente dell’Ordine Nazionale dei Giornalisti

su tutte le n

perché una corretta

è alla base di ogni c

Iacopino e Pietracupaal termine del seminariosulla Carta di Perugia

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