13 Giugno 2016 - Nuovo Quotidiano di Puglia - Elisabetta Liguori recensisce "Proiettili di-versi" di...

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13 Giugno 2016 – Nuovo Quotidiano di Puglia Elisabetta Liguori recensisce “Proiettili di-versi” di Marco Vetrugno I versi di Marco Vetrugno contenuti nellultima raccolta, “Proiettili di-versi” (Musicaos editore), sono una sorta di panopticon poetico. Il Panopticon (o panottico) era il carcere progettato nel 1791 dal giurista Jerem Bentham, in cui sipotizzava la presenza di un sorvegliante in una postazione, tale da consentire losservazione (opticon) di tutti (pan) i reclusi, senza che gli stessi sapessero di essere controllati. Tra i Proiettili di Vetrugno il lettore, per lappunto, diventa custode di un carcere emotivo e, da un unico angolo di osservazione, controlla i suoi prigionieri. Un diverso Grande Fratello, posto nella condizione di svelare tutte le identit del poeta. Non alla sua prima prova poetica, lautore pare senza più scampo, avendo scelto di confrontarsi con un osservatore impietoso, senza sapere: chi osserva chi, cosa, quando e con quale reazione. Il poeta contro un mostro con cento occhi, a cui nulla sfugge. È questo il motivo per cui, dai versi di Vetrugno, il lettore ricava un senso di velata onnipotenza, di curiosit insaziabile, di straziante empatia. Sono le ossa a mostrarsi. Non si può mentire, né tentare di essere diversi da ciò che si è, così che Vetrugno riesce a svelare ciò che losservatore sa gi, ma non può spiegare altrimenti. Il poeta, cioè, fornisce le parole agli occhi muti dellosservatore e a lui si mostra fin nella radice, in tutta la sua disperazione, il pudore, gli errori, la più innocente speranza di riscatto. “Oppure non facciamo/niente/che ci è sempre venuto bene”. Talvolta è linerzia a venir fuori; altrove è lumana debolezza; di certo è il desiderio. Un desiderio solitario, agito lungo strade simili alla Via Karl Johan dipinta da Munch nel 1892, attraversata da una processione di fantasmi.Maschere spaventose di uomini, tutti uguali, senza più volont, tra i quali si distingue ununica figura, che passeggia in direzione opposta e caparbiamente si dissolve altrove. “Nella mia/virtualit/le strade/ hanno tutte/la stessa denominazione/ di Karl Johan”. Arreso al potere del suo lettore carceriere, Vetrugno riesce a scrivere verit altrimenti non raccontabili. Striscia al contrario. Con pochi tratti, con sguardi lunghi, appuntati a un futuro felice, che sembra troppo lontano o, più semplicemente, raccontando i segni sulla sua pelle. Il suo panopticon è circolare, quindi il desiderio di resistere e farsi comprendere, che i versi di Vetrugno esprimono, ritorna ossessivo; ad ogni giro appare più categorico. La poesia di Vetrugno resiste al sistema sociale in cui è integrata, con un coraggio tale da diventare amore. Sotto gli occhi del lettore, infatti, trovano casa sia lamore, che la compassione. Il dolore per il dolore procurato. Per le promesse mancate. Per la finitezza del piacere. Per la vita che fugge. “Ti ho promesso/che quando morirò/ sar lultima volta/ che sarò morto./ Mi hai promesso/ che quando morirai/ io non ci sarò”.

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13 Giugno 2016 - Nuovo Quotidiano di Puglia - Elisabetta Liguori recensisce "Proiettili di-versi" di Marco Vetrugno

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13 Giugno 2016 – Nuovo Quotidiano di PugliaElisabetta Liguori recensisce “Proiettili di-versi” di Marco Vetrugno

I versi di Marco Vetrugno contenuti nell' ultima raccolta, “Proiettili di-versi” (Musicaos editore),sono una sorta di panopticon poetico. Il Panopticon (o panottico) era il carcere progettato nel 1791dal giurista Jeremy Bentham, in cui s' ipotizzava la presenza di un sorvegliante in una postazione,tale da consentire l' osservazione (opticon) di tutti (pan) i reclusi, senza che gli stessi sapessero diessere controllati. Tra i Proiettili di Vetrugno il lettore, per l' appunto, diventa custode di un carcereemotivo e, da un unico angolo di osservazione, controlla i suoi prigionieri. Un diverso GrandeFratello, posto nella condizione di svelare tutte le identità del poeta.

Non alla sua prima prova poetica, l' autore pare senza più scampo, avendo scelto di confrontarsi conun osservatore impietoso, senza sapere: chi osserva chi, cosa, quando e con quale reazione. Il poetacontro un mostro con cento occhi, a cui nulla sfugge. È questo il motivo per cui, dai versi diVetrugno, il lettore ricava un senso di velata onnipotenza, di curiosità insaziabile, di strazianteempatia. Sono le ossa a mostrarsi. Non si può mentire, né tentare di essere diversi da ciò che si è,così che Vetrugno riesce a svelare ciò che l' osservatore sa già , ma non può spiegare altrimenti. Ilpoeta, cioè, fornisce le parole agli occhi muti dell' osservatore e a lui si mostra fin nella radice, intutta la sua disperazione, il pudore, gli errori, la più innocente speranza di riscatto. “Oppure nonfacciamo/niente/che ci è sempre venuto bene”. Talvolta è l' inerzia a venir fuori; altrove è l' umanadebolezza; di certo è il desiderio. Un desiderio solitario, agito lungo strade simili alla Via KarlJohan dipinta da Munch nel 1892, attraversata da una processione di fantasmi.Maschere spaventosedi uomini, tutti uguali, senza più volontà , tra i quali si distingue un' unica figura, che passeggia indirezione opposta e caparbiamente si dissolve altrove. “Nella mia/virtualità /le strade/ hanno tutte/lastessa denominazione/ di Karl Johan”.

Arreso al potere del suo lettore carceriere, Vetrugno riesce a scrivere verità altrimenti nonraccontabili. Striscia al contrario. Con pochi tratti, con sguardi lunghi, appuntati a un futuro felice,che sembra troppo lontano o, più semplicemente, raccontando i segni sulla sua pelle. Il suopanopticon è circolare, quindi il desiderio di resistere e farsi comprendere, che i versi di Vetrugnoesprimono, ritorna ossessivo; ad ogni giro appare più categorico. La poesia di Vetrugno resiste alsistema sociale in cui è integrata, con un coraggio tale da diventare amore. Sotto gli occhi dellettore, infatti, trovano casa sia l' amore, che la compassione. Il dolore per il dolore procurato. Per lepromesse mancate. Per la finitezza del piacere. Per la vita che fugge. “Ti ho promesso/che quandomorirò/ sarà l' ultima volta/ che sarò morto./ Mi hai promesso/ che quando morirai/ io non ci sarò”.