10. Il Condizionale

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IL CONDIZIONALE La zia Elvira Senza dubbio la cosa sarebbe piuttosto difficile da realizzare perché la zia Elvira è unica ma, ormai ne sono certa, tutti dovrebbero averne una. Cominciamo dal nome. Per tutti è sempre stata “l’Elviruccia” o “la zia Elvira”. Così i suoi nipoti, veri e presunti, sono centinaia. Nessuno si è mai sognato di chiamarla “signora Elvira”, forse per la sua innata capacità di stabilire con gli altri un immediato rapporto di confidenza ed amicizia. E’ alta, si fa per dire, un metro e quarantacinque centimetri circa, bionda ossigenata, con i capelli corti, cotonati ed ondulati, il rossetto sulle labbra, un velo di cipria sul volto e del fard rosa sulle guance, ha un nasino a patatina e due occhietti furbi che guardano con aria interrogativa ed un po’ provocatoria chi si prende scherzosamente gioco di lei, sempre pronta a tenergli testa con una battuta. Quando si pone davanti all’interlocutore, con le mani abbandonate lungo i fianchi, la faccia puntata, ovviamente, verso l’alto, gli occhi semichiusi, in attesa di una risposta, per lei già scontata, fa tanta tenerezza e verrebbe voglia di trattarla come una bambina. Il corpo piuttosto rotondo, soprattutto sotto il punto di vita, è piantato su due gambette snelle che, decisamente divaricate dal ginocchio in giù, sembrano formare una mezza “x”. I piedi, terribilmente deformati, guardano verso l’esterno e sono infilati permanentemente in due comode e abbondanti pantofole che dovrebbero ridurre al minimo il dolore e fanno somigliare il suo incedere a quello di un’anatrina. Per cinquanta anni ha lavorato in un ospedale per bambini e ha percorso la città in lungo e in largo, sempre in bicicletta, per fare iniezioni e arrotondare così lo stipendio. Verso gli anni ’60 avrebbe voluto acquistare un’auto, ma all’esame pratico di guida, più volte ripetuto, deve aver terrorizzato tutti gli esaminatori: nessuno, infatti, ha avuto il coraggio di rilasciarle una patente. Oggi, nonostante gli anni, è fisicamente molto attiva: fa la spesa, cucina, lava, stira per sé e per… chi ne ha bisogno. Ha un grande difetto: parla ininterrottamente. Potrebbe farlo per ore senza curarsi del povero interlocutore, sottoposto ad una specie di lavaggio di cervello. Poiché è anche notevolmente sorda, la cosa più drammatica è ricevere una sua telefonata in cui gli argomenti possono spaziare dalla minestrina del giorno ai ricordi d’infanzia, dalle malattie dei vari conoscenti o parenti alla storia dei suoi nove pseudo-fidanzati, oggi tutti morti. In tal caso ogni tentativo di gridare, per riportarla al motivo iniziale della telefonata o almeno per interromperla, non servirebbe a nulla, sarebbe proprio fatica sprecata. Così al poverino di turno non resta che abbandonare ogni tanto il ricevitore per dedicarsi agli impegni più urgenti e riprendendolo ad operazione conclusa, sicuro che lei non si è accorta di niente. Oltre alla bontà e simpatia ha un altro grandissimo pregio: il 24 febbraio prossimo compirà novantadue anni e nonostante ciò, sarebbe difficile considerarla una vecchia. Sarebbe più esatto dire che è un’istituzione. La sua vita ha attraversato ormai quasi tutto il secolo. E’ storia viva, in cui i fatti privati si mescolano a quelli pubblici, in una memoria sempre lucida, pronta e ricca di particolari. Qualche volta anche troppo! Il suo unico cruccio è, oserei dire, quello della famiglia: le sarebbe piaciuto tanto avere almeno un figlio ed un nipote da cui sentirsi chiamare nonna. In quanto ai mariti, ne ha avuti due, ma entrambi sono morti da anni. Con il passare del tempo il suo universo di affetti si è notevolmente ristretto, giacché le persone, che lei ha conosciuto ed amato, popolano più il mondo dei morti che quello dei vivi. Perciò è una vera lezione di “umana pietà” accompagnarla al cimitero a sistemare le tombe. La visi ta naturalmente dura ore. Per tutti i defunti, parenti e amici, c’è una parola di conforto mista al ricordo di ciò che hanno rappresentato per lei da vivi. Nessuno sembrerebbe essere morto realmente e la situazione potrebbe apparire addirittura comica davanti al doppio loculo che contiene le spoglie dei suoi due mariti. Qui la preghiera della zia si trasforma in un invito, ai due, a volersi bene, a non essere gelosi l’uno dell’altro, ad andare d’accordo anche quando lei “finalmente” li raggiungerà e la seppelliranno in mezzo a loro. Tutto nelle sue intenzioni è già stabilito: come gli eredi dovrebbero trasformare la lapide e dove dovrebbero porre la sua fotografia. Ci terrebbe molto ad avere il lumino sempre acceso, i fiori, anche finti, la cappella spazzata e visite frequenti. Ogni volta, mentre la zia mi ripete tutte queste istruzioni, si fa veramente tardi. E’ ormai un’abitudine trovare il cancello chiuso. La zia naturalmente non ha problemi, ma per me l’idea di passare una notte al cimitero non sarebbe proprio delle più entusiasmanti. Per fortuna i guardiani sono indulgenti e sempre pronti a chiudere un occhio sui ritardi di una piccola signora che, in casi di emergenza come questi, esibisce i suoi novanta e più anni con civetteria, ben consapevole dei privilegi dovuti alla sua età. Nel testo seguente mancano alcune forme verbali al CONDIZIONALE. Scrivi al posto dei puntini la giusta forma del verbo.

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IL CONDIZIONALE

La zia Elvira

Senza dubbio la cosa sarebbe piuttosto difficile da realizzare perché la zia Elvira è unica ma, ormai ne sono

certa, tutti dovrebbero averne una. Cominciamo dal nome. Per tutti è sempre stata “l’Elviruccia” o “la zia Elvira”.

Così i suoi nipoti, veri e presunti, sono centinaia. Nessuno si è mai sognato di chiamarla “signora Elvira”, forse per

la sua innata capacità di stabilire con gli altri un immediato rapporto di confidenza ed amicizia.

E’ alta, si fa per dire, un metro e quarantacinque centimetri circa, bionda ossigenata, con i capelli corti, cotonati

ed ondulati, il rossetto sulle labbra, un velo di cipria sul volto e del fard rosa sulle guance, ha un nasino a patatina e

due occhietti furbi che guardano con aria interrogativa ed un po’ provocatoria chi si prende scherzosamente gioco

di lei, sempre pronta a tenergli testa con una battuta. Quando si pone davanti all’interlocutore, con le mani

abbandonate lungo i fianchi, la faccia puntata, ovviamente, verso l’alto, gli occhi semichiusi, in attesa di una

risposta, per lei già scontata, fa tanta tenerezza e verrebbe voglia di trattarla come una bambina.

Il corpo piuttosto rotondo, soprattutto sotto il punto di vita, è piantato su due gambette snelle che, decisamente

divaricate dal ginocchio in giù, sembrano formare una mezza “x”. I piedi, terribilmente deformati, guardano verso

l’esterno e sono infilati permanentemente in due comode e abbondanti pantofole che dovrebbero ridurre al minimo

il dolore e fanno somigliare il suo incedere a quello di un’anatrina.

Per cinquanta anni ha lavorato in un ospedale per bambini e ha percorso la città in lungo e in largo, sempre in

bicicletta, per fare iniezioni e arrotondare così lo stipendio.

Verso gli anni ’60 avrebbe voluto acquistare un’auto, ma all’esame pratico di guida, più volte ripetuto, deve

aver terrorizzato tutti gli esaminatori: nessuno, infatti, ha avuto il coraggio di rilasciarle una patente. Oggi,

nonostante gli anni, è fisicamente molto attiva: fa la spesa, cucina, lava, stira per sé e per… chi ne ha bisogno.

Ha un grande difetto: parla ininterrottamente. Potrebbe farlo per ore senza curarsi del povero interlocutore,

sottoposto ad una specie di lavaggio di cervello. Poiché è anche notevolmente sorda, la cosa più drammatica è

ricevere una sua telefonata in cui gli argomenti possono spaziare dalla minestrina del giorno ai ricordi d’infanzia,

dalle malattie dei vari conoscenti o parenti alla storia dei suoi nove pseudo-fidanzati, oggi tutti morti. In tal caso

ogni tentativo di gridare, per riportarla al motivo iniziale della telefonata o almeno per interromperla, non

servirebbe a nulla, sarebbe proprio fatica sprecata. Così al poverino di turno non resta che abbandonare ogni tanto

il ricevitore per dedicarsi agli impegni più urgenti e riprendendolo ad operazione conclusa, sicuro che lei non si è

accorta di niente.

Oltre alla bontà e simpatia ha un altro grandissimo pregio: il 24 febbraio prossimo compirà novantadue anni e

nonostante ciò, sarebbe difficile considerarla una vecchia.

Sarebbe più esatto dire che è un’istituzione. La sua vita ha attraversato ormai quasi tutto il secolo. E’ storia

viva, in cui i fatti privati si mescolano a quelli pubblici, in una memoria sempre lucida, pronta e ricca di particolari.

Qualche volta anche troppo!

Il suo unico cruccio è, oserei dire, quello della famiglia: le sarebbe piaciuto tanto avere almeno un figlio ed un

nipote da cui sentirsi chiamare nonna. In quanto ai mariti, ne ha avuti due, ma entrambi sono morti da anni.

Con il passare del tempo il suo universo di affetti si è notevolmente ristretto, giacché le persone, che lei ha

conosciuto ed amato, popolano più il mondo dei morti che quello dei vivi. Perciò è una vera lezione di “umana

pietà” accompagnarla al cimitero a sistemare le tombe. La visita naturalmente dura ore. Per tutti i defunti, parenti e

amici, c’è una parola di conforto mista al ricordo di ciò che hanno rappresentato per lei da vivi. Nessuno

sembrerebbe essere morto realmente e la situazione potrebbe apparire addirittura comica davanti al doppio loculo

che contiene le spoglie dei suoi due mariti. Qui la preghiera della zia si trasforma in un invito, ai due, a volersi

bene, a non essere gelosi l’uno dell’altro, ad andare d’accordo anche quando lei “finalmente” li raggiungerà e la

seppelliranno in mezzo a loro. Tutto nelle sue intenzioni è già stabilito: come gli eredi dovrebbero trasformare la

lapide e dove dovrebbero porre la sua fotografia. Ci terrebbe molto ad avere il lumino sempre acceso, i fiori,

anche finti, la cappella spazzata e visite frequenti.

Ogni volta, mentre la zia mi ripete tutte queste istruzioni, si fa veramente tardi. E’ ormai un’abitudine trovare il

cancello chiuso. La zia naturalmente non ha problemi, ma per me l’idea di passare una notte al cimitero non

sarebbe proprio delle più entusiasmanti. Per fortuna i guardiani sono indulgenti e sempre pronti a chiudere un

occhio sui ritardi di una piccola signora che, in casi di emergenza come questi, esibisce i suoi novanta e più anni

con civetteria, ben consapevole dei privilegi dovuti alla sua età.

Nel testo seguente mancano alcune forme verbali al CONDIZIONALE. Scrivi al posto dei puntini la giusta

forma del verbo.

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