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1 Testo Unico sulla Sicurezza Una analisi del Testo Unico del Governo A scopo “didattico” Sportello Sicurezza CGIL Sportello Sicurezza CGIL Genova Genova

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Testo Unico sulla Sicurezza

Una analisi del Testo Unico

del GovernoA scopo “didattico”

Sportello Sicurezza CGIL GenovaSportello Sicurezza CGIL Genova

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La situazione ad oggi

• Il 27 Ottobre 2004 il Governo ha incontrato 38 organizzazioni datoriali e sindacali per una prima illustrazione

• Il18 Novembre il disegno di decreto per il T.U. è stato approvato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri.

• Il 25 Novembre il T.U. è stato discusso nell’ambito del Coordinamento delle Regioni

• Data l’ulteriore proroga chiesta e ottenuta dal Governo, la legge dovrà essere varata entro il 30 Giugno 2005

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Quindi

• Si tratta di interventi che incidono sulla intera legislazione in materia di sicurezza del lavoro dal dopoguerra ad oggi dato che il Governo non si è limitato a collezionare i testi, ma ha proceduto a modifiche spesso sostanziali rispetto ai testi vigenti

• Ora dovrebbero aprirsi tardive consultazioni formali con le parti sociali, ma data la complessità della materia il cammino doveva essere inverso, cioè un confronto preventivo con tutti i soggetti che nella elaborazione e nella prassi quotidiana si occupano da anni di sicurezza sul lavoro.

• Ora ogni sforzo deve essere fatto per ottenere una radicale modifica di questo testo

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Cioè dare soddisfazione alla parte più retriva Cioè dare soddisfazione alla parte più retriva dell’imprenditoria italiana che sarà felice di dell’imprenditoria italiana che sarà felice di leggere nella Relazione di Accompagnamento:leggere nella Relazione di Accompagnamento:

“l’attuale quadro normativo ha concorso a determinare una scarsa propensione del sistema italiano ad uscire da una condizione di lavoro sommerso perché gli adempimenti sono tali e tanti che inducono all’elusione e al lavoro nero ...

… Da ciò è derivato che, a tutt’oggi l’Italia insieme alla Grecia è il Paese con il più alto tasso di lavoro nero”

Il Governo però aveva un’ottima ragione per procedere così …

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La nostra risposta deve essere sia politica sia di merito

Occorre quindi anche affrontare un attento esame del provvedimento articolo per articolo:

per informare in modo preciso i lavoratori per aprire un confronto con le Regioni, con

gli operatori della prevenzione, con le forze politiche di opposizione in modo da creare la rete di alleanze più vasta possibile su una questione vitale per i diritti dei lavoratori.

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Il contributo dello Sportello Sicurezza della CGIL di Genova

• Quello che segue è il contributo a questo esame predisposto dallo Sportello Sicurezza della Camera del Lavoro di Genova.

• Le nostre valutazioni hanno avuto un primo momento di verifica in una riunione regionale tenuta lo scorso 18 Novembre a cui hanno partecipato molti operatori UOPSAL

• Abbiamo inoltre aggiornato le nostre valutazioni tenendo conto della nuova versione del testo, uscita dopo l’approvazione del Consiglio dei Ministri

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Ma attenzione!

1. Nonostante i nostri sforzi di accuratezza possono esserci errori di interpretazione e di valutazione

2. L’unica contromisura possibile è che ci segnaliate tutti i punti su cui i vostri pareri o valutazioni divergono, oltre che ovviamente eventuali errori materiali che possiate riscontrare.

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Infine

L’impostazione che abbiamo dato al nostro contributo è essenzialmente didascalica

Vi possono quindi essere cose ovvie e scontate per gli addetti ai lavori

Lo scopo infatti è quello di fornire uno strumento per una informazione capillare alle nostre strutture

Ovviamente ogni struttura può integrare o correggere il testo: in questo caso però vi chiediamo di evidenziare i cambiamenti apportati e di comunicarceli in modo da attivare un utile scambio di informazioni e pareri.

Grazie a tutti

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Iniziamo l’esame:

Titolo I del T.U.

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Campo di applicazione

La relazione di accompagnamento afferma pomposamente che il campo di applicazione viene ampliato a tutte le figure del lavoro (esclusi i lavoratori domestici)

In realtà era già così perché la 626 includeva i lavoratori con rapporto di lavoro “anche speciale” ed equiparava alla definizione di lavoratore anche figure quali gli utenti dei servizi di orientamento, soci lavoratori, partecipanti a corsi di formazione professionale in tirocinio presso le aziende …

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E’ stata la Legge 276 ad aver “ampliato” le tipologie di lavoro

Ora queste vengono elencate una per una: lavoratori occasionali, che svolgono prestazioni di lavoro accessorio, assunti con contratti di inserimento, occupati in lavori socialmente utili, stagisti dei servizi di orientamento professionale, collaboratori coordinati e continuativi, lavoratori a progetto …

Ma questo non costituisce affatto un ampliamento di diritti. Anzi, il contrario.

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Infatti tutte queste figure, al contrario di quel che prevede la 626, vengono escluse …

… dal computo dei lavoratori da cui discendono “determinati obblighi”

Ne consegue che nella pratica potranno risultare molto innalzate (a seconda delle diverse realtà aziendali): la soglia di 15 dipendenti per la riunione periodica, quelle che definiscono le tre classi di addetti da cui dipende il numero di RLS eleggibili … e molte altre che vi indicheremo volta per volta

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Definizioni (art. 5, lettera l)

Anche una semplice definizione può essere pericolosissima. Ad esempio quella per cui il T.U. definisce “Norme di buona tecnica” le disposizioni legislative concernenti elementi di natura tecnica o costruttiva contenute in:

• DPR 547/55 (prevenzione infortuni sul lavoro)• DPR 164/56 (prevenzione infortuni nelle costruzioni)• DPR 303/56 (norme generali per l’igiene del lavoro)• DPR 320,321, 322, 323 del 1956 (norme relative a

lavoro sotterraneo, in cassoni ad aria compressa, nella cinematografia e tv, negli impianti telefonici)

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Vengono inoltre introdotte le “buone prassi”

Cioè “soluzioni organizzative o procedurali coerenti con la normativa vigente e generalizzabili, che permettono di ottenere una riduzione dei rischi, miglioramenti delle condizioni di lavoro e in generale la promozione della salute sui luoghi di lavoro”

… una cosa bella, sembrerebbe, ma …

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Cosa cambia?

Cambia che la osservanza di buone tecniche e buone prassi non specificamente inserite negli articoli del TU o negli allegati non è obbligatoria, a meno che l’organo di vigilanza non emetta una “disposizione” ad hoc per quella specifica realtà lavorativa.

Andiamo infatti a vedere l’art. 32

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Così scopriamo che:

“Gli ispettori che effettuano attività di vigilanza impartiscono disposizioni esecutive ai fini dell’applicazione delle norme di buona tecnica e di buone prassi”

Ma anche che: “Avverso a tale disposizione è ammesso

ricorso entro 30 giorni all’autorità

gerarchicamente superiore” !!!

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Quindi la stragrande maggioranza delle regole tecniche contenute nei decreti prima citati, che non è stata specificamente inserita negli articoli del TU o negli allegati, non è più obbligatoria, esigibile a priori; lo diventa solo dopo un provvedimento di tipo amministrativo, contestabile e ricorribile nel modo sopra visto

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Invece oggi

Gli organi di vigilanza, a fronte della inosservanza delle norme tecniche contenute nei provvedimenti legislativi prima elencati possono usare lo strumento della prescrizione cioè impongono l’adeguamento alla norma entro il “tempo tecnicamente necessario” per sanare la situazione.

In caso di mancato adempimento scattano le previste sanzioni penali, mentre in caso di ottemperanza, verificata necessariamente dall’organo di vigilanza, e a seguito del pagamento della sanzione pecuniaria, il reato si estingue

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Non siamo contro le buone prassi o le norme di buona tecnica, ma:

Dovrebbero essere uno strumento per incoraggiare l’adozione di misure di precauzione che vadano oltre i minimi di legge e per adeguarsi rapidamente a prassi innovative senza attendere che vengano fissate a seguito di un controllo dell’organo di vigilanza e di un provvedimento amministrativo che è comunque discrezionale per l’organo di vigilanza

Questo però ora avverrà per molte disposizioni dei DPR, anche per regole tecniche valide da 50 anni ed ora non più obbligatorie!

Ma quali aziende si daranno virtuosamente da fare quando la legge gli consente di aspettare?

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W la concretezza! Art. 6

L’articolo 6 (Misure generali di tutela) contiene, rispetto alla 626, una aggiunta tutt’altro che neutra: al principio generale di prevenzione di “eliminazione dei rischi e, ove ciò non sia possibile, alla loro riduzione al minimo” viene infatti aggiunto:

“in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico secondo le applicazioni tecnologiche generalmente praticate nel settore di attività dell’azienda o dell’unità produttiva”

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E’ evidente la differenza

• Tra l’imperativo di ridurre comunque al minimo il rischio

• E il fatto di condizionare questo obiettivo al fatto che le necessarie misure tecniche organizzative e procedurali siano “generalmente utilizzate” nei diversi settori e lavorazioni

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DVR: una perdita nell’Art. 7

L’articolo 7 prevede che “La scelta dei criteri di redazione del documento di valutazione del rischio è rimessa al datore di lavoro che vi provvede con criteri di semplicità, brevità e comprensibilità”

Bene, essere brevi e chiari è un merito, ma è negativo che (per amor di brevità?) tra i contenuti che deve obbligatoriamente avere il Documento di Valutazione del Rischio non compaia più il “programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza”

Come si fa a fare prevenzione senza impegnare le imprese in un cammino di miglioramento?

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Inoltre nelle aziende con meno di 50 dipendenti:

Il DVR potrà essere redatto “In forma semplificata (?) sulla base di indicazioni fornite dagli Organismi Bilaterali (!)”

La 626 prevedeva invece che linee guida e strumenti di semplificazione e aiuto alle piccole imprese fossero definiti dagli enti pubblici. Ora invece si lascia tutto agli Enti Bilaterali.

Inoltre, ovviamente, quando si parla di dipendenti sappiamo di chi parliamo … tutti tranne i forzati della legge 30.

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L’importante è non uscire dal coro Art. 7

La 626 dice: “Il datore di lavoro aggiorna le misure di prevenzione in relazione ai mutamenti organizzativi e produttivi che hanno rilevanza in relazione alla salute e sicurezza sul lavoro o in relazione al grado di evoluzione della tecnica della prevenzione e della protezione”

Il T.U. aggiunge: “secondo le applicazioni tecnologiche generalmente praticate nel settore di attività dell’azienda o della unità produttiva”

L’innovazione è vivamente sconsigliata

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La catena delle responsabilità e la diversa posizione dei preposti – Art. 7

La 626 intitolava il suo articolo 4: “Obblighi del datore di lavoro, del dirigente e del preposto”

Il T.U. invece scinde nettamente gli obblighi “dei datori di lavoro e dei dirigenti” (Art. 7) da quelli dei preposti (art. 8) a cui viene attribuito un profilo di responsabilità che si esprime solo nel controllo passivo del rispetto da parte dei lavoratori a loro sottoposti delle regole aziendali

un ruolo di “cani da guardia”, su aspetti minimali (uso dei DPI, osservanza da parte dei lavoratori degli obblighi dei lavoratori medesimi e delle disposizioni aziendali, buon motivo per farne di meno, di disposizioni aziendali)

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In tale modo si spezza la catena complessiva delle responsabilità per cui a un dato concreto livello di potere in quella specifica organizzazione aziendale deve corrispondere un corrispondente livello di responsabilità in materia di sicurezza, e si infrange il principio della responsabilità incrociata tra le diverse figure gerarchiche che è un cardine per un’effettiva esigibilità di un precetto di legge

Notare: sono state anche fortemente ridotte le sanzioni ai preposti

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A volte pare che non capiscano quello che scrivono o che scrivano per non farsi capire … Art. 7

La 626 dice: “il datore di lavoro tiene conto, nell’affidare i compiti ai lavoratori delle capacità e delle condizioni degli stessi in rapporto alla loro salute e alla sicurezza”

C’è bisogno di spiegarlo? Si intende che non metterò uno che soffre di vertigini su un ponteggio, o uno che soffre di claustrfobia in un tunnel. Per la sicurezza sua e degli altri.

Volete sapere come cambia?

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Cambia così:

Il datore di lavoro “deve tenere conto, nell’affidare i compiti ai lavoratori, delle capacità degli stessi in materia di sicurezza e salute”

!Cercano esperti in sicurezza?

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Medico competente Art. 7

Per il TU il datore di lavoro conserva l’obbligo di nominare il medico competente, ma non deve più “Richiedere l’osservanza da parte del medico competente degli obblighi previsti dal presente decreto informandolo sui processi e sui rischi connessi alla attività produttiva”

Con la 626 questo obbligo era sanzionato penalmente

Del resto, si tratta o no di una legge di “semplificazione” ?

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Questa è una modifica grave:

Infatti ora, secondo il TU, solo il medico (e in più, un medico disinformato) sarà perseguibile per la mancata sorveglianza sanitaria.

Viene così infranto il principio della responsabilità incrociata, che è un cardine per un’effettiva esigibilità di un precetto di legge.

E si va verso una deresponsabilizzazione dei datori di lavoro sulle questioni sanitarie secondo una logica di scaricabarile.

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Dettagli rivelatori – Art. 9

Nella 626 c’è scritto: “I lavoratori contribuiscono, insieme al datore di lavoro, ai dirigenti e ai preposti, all’adempimento di tutti gli obblighi imposti dall’autorità competente o comunque necessari per tutelare la sicurezza e la salute dei lavoratori durante il lavoro”

Nel T.U. c’è scritto “I lavoratori contribuiscono, insieme al datore di lavoro, ai dirigenti e ai preposti, all’adempimento degli obblighi previsti a tutela della sicurezza e della salute sui luoghi di lavoro”

Le parti evidenziate in rosso scompaiono, infatti l’autorità competente non potrà imporre più granché! E i lavoratori, meno si nominano…

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Dettagli: compare un dovere - Art. 9

Nel T.U. viene scritto che “… i lavoratori devono … sottoporsi ai programmi di formazione e di addestramento organizzati dal datore di lavoro”

Questa è una nuova formulazione, che non ha un corrispettivo nel 626. La formazione, da dovere del datore di lavoro e “diritto” del lavoratore, diventa un dovere anche per il lavoratore (pur se non sanzionato)

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Ma scompare una sanzione - Art. 9

Nel T.U. scompare la sanzione prevista dalla 626 per i lavoratori che rifiutano di sottoporsi ai controlli sanitari di legge o comunque disposti dal medico competente

La sanzione (di max di 1,2 milioni), rimarcava una cosa implicita ma molto semplice: la salute dei lavoratori è un interesse della collettività, da tutelare anche ad onta dei comportamenti negligenti dei singoli lavoratori

Nel TU viceversa, e non a caso, questo dovere non ha una corrispettiva sanzione, quindi diventa meno esigibile aprendo la strada a scambi impropri: ad esempio si può far in modo di “convincere” i lavoratori a rifiutarsi formalmente di sottoporsi a visita, manlevando in tal modo anche quel povero capro espiatorio del medico competente….

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Estensione di campo: i lavoratori autonomi – Art. 9

Questa sarebbe una cosa buona se non fosse che l’estensione si limita all’obbligo d’uso dei DPI e alla sorveglianza sanitaria, senza alcuna forma di promozione e di sostegno

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Svolgimento diretto dei compiti di prevenzione e protezione da parte del datore di lavoro - Art. 17

Non solo ciò sarà possibile nelle aziende fino a 50 addetti (prima erano 30)

Non solo il vero numero di lavoratori sarà ben superiore dato che dal computo sono stati esclusi tutti i rapporti precari e quindi in questa fattispecie rientreranno imprese di dimensioni non trascurabili, con una conseguente complessità di problemi di sicurezza

Ma vengono alleggerite le dimostrazioni che il datore di lavoro deve dare in merito alla propria competenza e adeguatezza a svolgere questo compito. Ad esempio non vi è più l’obbligo di tenere a disposizione degli organi di vigilanza l’attestato della formazione svolta

Quindi la grandissima maggioranza delle imprese italiane potrà fare a meno di rivolgersi ad una consulenza professionale

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Aziende sotto i 15 dipendenti: sparisce la riunione - Art. 18

Nelle aziende al di sotto dei 15 dipendenti c’era il diritto da parte del RLS di chiedere la convocazione di una apposita riunione in caso di significative variazioni delle condizioni di esposizione al rischio. Ora questa possibilità non c’è più. Inoltre i lavoratori effettivi possono essere ben di più dei 15 dipendenti “ufficiali”.

Inoltre, e questo vale per tutti, scompare dagli argomenti della riunione periodica quello della idoneità dei mezzi di protezione individuale. (ex comma 2b Art. 11 della 626)

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Sorveglianza sanitaria: aggiunte pelose Art. 23

La sorveglianza sanitaria, dice la 626, comprende accertamenti preventivi intesi a constatare l’assenza di controindicazioni al lavoro cui i lavoratori sono destinati ai fini della valutazione della loro idoneità alla mansione specifica.

… e Il T.U. aggiunge: “anche ai fini dell’assunzione”

Anche se per le piccole e piccolissime imprese esiste un problema reale, questa aggiunta senza altre tutele e specificazioni apre la porta a possibili discriminazioni.

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Lapsus!!! – Capo VI

Il titolo del Capo V nella 626 era:

“Consultazione e partecipazione dei lavoratori”

Ora, il corrispondente Capo VI è invece intitolato:

“Consultazione e partecipazione dei datori di lavoro”

Solo un lapsus? D’accordo, ma Freud ci ha insegnato a tenerne conto!

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Il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza – Art. 25

Nulla cambia rispetto alla elezione dei RLS.

Nulla … tranne il fatto che il numero di dipendenti in base a cui si possono eleggere rispettivamente 1, 3 o 6 RLS se formalmente rimane invariato (15, 200, 1000 dipendenti), nella sostanza cambia parecchio, perché tutto l’esercito della Legge 30 non viene più conteggiato: fantasmi trasparenti.

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Una grave limitazione dei diritti del R.L.S. – Art. 26

In base alla 626 il R.L.S. accede ai luoghi di lavoro dove si svolgono le lavorazioni. Le modalità per l’esercizio di questa e delle altre sue funzioni sono stabilite dalla contrattazione collettiva. Punto.

Ora il T.U. aggiunge: “nel rispetto delle esigenze produttive e previa informativa al datore di lavoro o al dirigente o preposto competente”

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La cosa è grave perché compito della legge è fissare il principio fondamentale del diritto dei lavoratori a controllare, tramite i loro rappresentanti, l’applicazione delle norme di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali. Il che si fa accedendo ai luoghi di lavoro.

E’ un diritto sancito dallo Statuto dei Lavoratori.

Il come è materia di contrattazione, non di legge e non deve pregiudicare l’efficacia della azione di controllo

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Organismi bilaterali – Art. 27

Il T.U. prevede che:“Nelle aziende che occupano fino a 100

dipendenti, gli organismi bilaterali possono, a richiesta dei datori di lavoro, effettuare sopraluoghi finalizzati a verificare l’applicazione in azienda delle vigenti norme in materia di sicurezza e tutela della salute e rilasciare relativa certificazione” !!!

E che:“Gli Organi di Vigilanza tengono conto di tali certificazioni ai fini della programmazione

delle attività ispettive di vigilanza”

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Questa è una delle previsioni più evidentemente gravi e pericolose del T.U.

Infatti agli Organismi Bilaterali viene attribuito un compito del tutto improprio di certificazione per cui non solo non vi sono né vi potranno mai essere le necessarie competenze, ma non vi è per definizione il necessario ruolo di terzietà.

Contemporaneamente viene minato alla base il ruolo delle U.O.PSAL.

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Un’altra sparizione – Art. 28

sparisce l’obbligo, previsto dalla 626, di informare i lavoratori su chi siano “Il responsabile del Servizio di prevenzione e protezione ed il medico competente”

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Organismi paritetici o Enti Bilaterali? – Art. 29

La 626 stabiliva che la formazione dei lavoratori e dei RLS doveva avvenire in collaborazione con gli “Organismi Paritetici”.

Ora il termine, qui come in tutto il TU, è sostituito con quello di Enti Bilaterali.

Ma non si tratta della stessa cosa. Per costituire un Organismo Paritetico basta un tavolo

attorno a cui discutere. Un Ente Bilaterale implica invece una struttura formale

ed economica complessa. E dove non esistono? E in attesa che vengano

costituiti?

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Vigilanza – Art. 31

Tra i soggetti titolari di esercitare una azione di vigilanza sulla applicazione della legislazione in materia di sicurezza e salute il T.U. aggiunge seccamente “Le Direzioni Provinciali del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali”

Con quali compiti specifici? Con quali specifiche competenze? Questa disposizione crea un doppio binario di vigilanza su salute e sicurezza aumentando situazioni di conflitto e confusione di ruolo, mentre l’attuale funzione degli organi di vigilanza viene profondamente minata da tutto l’impianto della nuova legge.

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Coordinamento? Non serve più. - Art. 35

• Sparisce l’Art. 25 della 626 in base a cui il Governo doveva fornire criteri per assicurare omogeneità di comportamenti sul territorio nazionale nella applicazione delle disposizioni in materia di sicurezza

• Sparisce l’Art. 27 della 626 che creava i Comitati Regionali di Coordinamento “Al fine di realizzare uniformità di interventi e il necessario raccordo con la Commissione Consultiva permanente nazionale”

In effetti tutto il T.U. mette in atto un forte accentramento: che bisogno c’è più di assicurare omogeneità o di coordinare?

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La Commissione permanente nazionale viene ridimensionata - Art. 35

• Resta la Commissione permanente” creata a livello nazionale, ridimensionata nel numero e nella qualità dei componenti, e quel che più conta, nei compiti

• Non realizza più una “relazione annuale” riguardante l’applicazione della normativa in materia di sicurezza

• Non esamina più le problematiche evidenziate dai Comitati Regionali di Coordinamento (che infatti sono stati eliminati alla faccia del decentramento)

• Non formula più proposte per lo sviluppo, il perfezionamento e il miglior coordinamento della legislazione vigente

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D’ora in poi la Commissione Nazionale si occuperà della determinazione e aggiornamento dei valori limite di esposizione, dell’aggiornamento delle norme di buona tecnica e di buona prassi, di “programmazione delle attività di promozione della salute e sicurezza”, e verrà “consultata” per:

- Elaborazione di piani di azione annuali per la promozione di salute e sicurezza

- Elaborazione di linee guida tecniche- Coordinamento delle attività a sostegno delle

imprese da parte dell’INAIL e dell’ISPESL

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Lavori sotto tensione – Art. 58

Il T.U. dice “E’ vietato eseguire lavori sotto tensione”La 547/55 invece diceva: “E’ vietato eseguire lavori su

elementi in tensione e nelle loro immediate vicinanze”

Inoltre: ora il T.U. ammette che si possa derogare ed operare con tensioni superiori ai 1000 Volt purché i lavori siano effettuati da aziende autorizzate, il personale sia abilitato, ci sia uno specifico piano di intervento …

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Arretramento sui Videoterminali – Art. 75

Rispetto all’uso di attrezzature munite di VDT scompaiono:

• L’obbligo di analizzare i posti di lavoro con particolare riguardo ai problemi legati alla postura

• Tutto l’art. 53 della 626 che stabilisce “Il datore di lavoro assegna le mansioni e i compiti lavorativi comportanti l’uso dei VDT anche secondo una distribuzione del lavoro che consente di evitare il più possibile la ripetitività e la monotonia delle operazioni”

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Sempre relativamente ai VDT scompare l’art. 57 della 626 secondo il quale “Il datore di lavoro informa preventivamente i lavoratori e il rappresentante per la sicurezza dei cambiamenti tecnologici che comportano mutamenti nella organizzazione del lavoro”

Insomma, l’o.d.l. non deve essere oggetto né di informazione né ovviamente di confronto.

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! Agenti chimici - Art. 83

Il TU prevede che i risultati delle misurazioni relative agli agenti chimici pericolosi vengano allegati al documento di valutazione dei rischi, resi noti ai RLS e che il datore di lavoro ne tenga conto per adottare le misure di prevenzione

Ma scompare il comma 8 dell’arti. 72 sexies della 626, che prevede che “Il datore di lavoro informa i lavoratori del superamento dei valori limite di esposizione professionale, delle cause dell’evento e delle misure di prevenzione e protezione adottate e ne dà comunicazione all’organo di vigilanza”

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Scompare cioè l’esplicitazione dell’obbligo di avvertire immediatamente e direttamente i lavoratori del superamento di un valore limite di soglia nel casi di agenti chimici pericolosi.

Questo obbligo è già implicitamente previsto in altri punti, a carattere più generale, del TU? Forse si, ad esempio lo si può dedurre dal divieto di esporre i lavoratori a pericolo grave e immediato.

Ma la esplicitazione di obblighi e divieti in relazione ad eventi particolarmente pericolosi ha un valore di accentuazione dotato di senso, non è inutile e pleonastica ripetizione.

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Agenti chimici e sorveglianza sanitaria: grave arretramento – Art. 87

La 626 prevede che “… sono sottoposti alla sorveglianza sanitaria … i lavoratori esposti agli agenti chimici pericolosi per la salute che rispondono ai criteri per la classificazione come molto tossici, tossici, nocivi, sensibilizzanti, irritanti, tossici per il ciclo riproduttivo”

Il T.U. precisa che ciò vale “fatta eccezione per gli agenti pericolosi solo per la sicurezza, quali esplosivi, infiammabili, comburenti” : ma la benzina, ad esempio, non è “solo” un infiammabile.

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Agenti chimici: ai RLS non far sapere … art. 87

Dal testo della 626 viene eliminata la parte evidenziata in rosso:

Il monitoraggio biologico è obbligatorio per i lavoratori esposti agli agenti per i quali è stato fissato un valore limite biologico. Dei risultati di tale monitoraggio viene informato il lavoratore interessato. I risultati di tal monitoraggio, in forma anonima, vengono allegati al documento di valutazione dei rischi e comunicati ai rappresentanti per la sicurezza dei lavoratori.

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Agenti chimici: teniamo fuori gli organi di vigilanza … - Art. 87

Il TU mantiene la seguente previsione della 626: “Nel caso in cui all’atto della sorveglianza sanitaria si evidenzi, in un lavoratore o in un gruppo di lavoratori esposti in maniera analoga ad uno stesso agente, l’esistenza di effetti pregiudizievoli per la salute imputabili a tale esposizione o il superamento di un valore limite biologico, il datore di lavoro deve prendere le misure affinché sia effettuata una visita medica straordinaria per tutti gli altri lavoratori che hanno subito un’esposizione simile. Bene.

Però dal TU sparisce il seguente comma: “L’organo di vigilanza, con provvedimento motivato, può disporre contenuti e periodicità della sorveglianza sanitaria diversi rispetto a quelli definiti dal medico competente”

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Amianto: la (brutta) novità della “esposizione sporadica” – Art. 103

Il D.Lgs. 277/91 prevede che “nel caso di attività a carattere saltuario e qualora l’amianto sia costituito da crisolito” l’esposizione personale dei lavoratori deve essere valutata sulla base della “determinazione della dose cumulata in rapporto ad un periodo di riferimento di 8 ore, su un periodo di 40 ore” Se poi questa dose supera i valori di soglia scattano i conseguenti obblighi (notifica alla ASL, informazione ai lavoratori, misure di prevenzione)

Il T.U. invece stabilisce che “Nei casi di esposizione sporadica e di debole intensità e qualora sia chiaro nel documento di valutazione dei rischi che il valore limite di esposizione non verrà superato” … non verrà più effettuata alcuna misurazione della esposizione personale del lavoratore.

Sarà poi l’ISPESL, se consultato dalle parti sociali, ad elaborare “linee guida” per determinare cosa si intende per esposizioni sporadiche e di debole intensità.

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Amianto, misure igieniche e “piccole”“piccole” omissioni – Art. 106

Il T.U. elimina le parti dell’art.28 del D.Lgs 277/91 evidenziate in rosso:

“Gli indumenti da lavoro o protettivi siano riposti in luogo separato da quello destinato agli abiti civili. Il lavaggio è effettuato dalla impresa in lavanderie appositamente attrezzate, con una macchina adibita esclusivamente a questa attività. Il trasporto è effettuato in imballaggi chiusi, opportunamente etichettati. L’attività di lavaggio è comunque compresa tra quelle considerate ad esposizione di rischio amianto”

Ma … bisogna pur semplificare

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Amianto, misure igieniche, “piccole” omissioni e incredibili aggiunte – Art. 106

Nel caso di attività lavorative che possono comportare il rischio di esposizione ad amianto, (manutenzione, rimozione dell'amianto, smaltimento e trattamento dei relativi rifiuti, bonifica delle aree interessate) il D.Lgs 277/91 stabilisce che i lavoratori devono disporre di “Servizi igienici adeguati, provvisti di docce” specificando che “Ove possibile queste sono ad uso esclusivo dei lavoratori addetti, con percorsi separati per l’ingresso e l’uscita dai luoghi di lavoro”

Il T.U. non solo “semplifica” e toglie la parte evidenziata in rosso nel capoverso precedente, ma fa una incredibile aggiunta: i lavoratori devono disporre di docce solo nel caso di “operazioni in ambienti polverosi” !!!!

E’ notorio infatti che il rischio amianto si verifica quando non ci si vede dalla polvere!

Ulteriore “semplificazione”: sparisce la prescrizione di effettuare la pulitura dei mezzi individuali di protezione mediante aspirazione.

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Amianto, valori limite – Art. 108

Il valore limite viene abbassato a 0,1 fibre per cmЗ di aria (sono attualmente 0,6 per il crisolito e 0,2 per tutte le altre varietà di amianto).

Questa è una novità positiva.

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Amianto – superamento dei valori limite – Art. 108

In caso di superamento dei valori limite sparisce (ma ormai siamo abituati) l’obbligo di avvisare l’organo di vigilanza

Ed inoltre …

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Inoltre vale la pena analizzare anche questa differenza: il D.Lgs. 277 prevede che in caso di esposizione temporanea a valori superiori al limitesuperiori al limite si rende necessario l’uso dei mezzi individuali di protezione, al al plurale.plurale.

Invece il testo unico dice che il lavoratore deve essere dotato di “un dispositivo di protezione individuale delle vie respiratorie”

Libertà quindi di portarsi fibre di amianto in giro per l’azienda, ed anche a casa. Il fatto che tra i morti di amianto vi siano compagni di lavoro non direttamente esposti e tantissime donne (le mogli, ad esempio) è un fatto trascurabile …

… Che non può fermare la semplificazione.

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Amianto – omissioni e formulazioni pericolosamente generiche 1 – Art. 109

Nell’articolo dedicato alle operazioni lavorative particolari, in cui i valori limite vengono superati, il TU:

Insiste sul fatto che il lavoratore deve essere dotato di un dispositivo per le vie respiratorie (e non di tutti i DPI necessari tra cui, quando il caso, le fondamentali tute a perdere)

Attenua e rende generica la drastica affermazione del D.Lgs 277/91 per cui il datore di lavoro “provvede al rigoroso isolamento dell’area di lavoro ed all’installazione di adeguati sistemi di ricambio dell’aria con filtri assoluti” che diventa: “Prende le misure necessarie per impedire la dispersione della polvere al di fuori dei locali o luoghi di lavoro”

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Amianto – omissioni e formulazioni pericolosamente generiche 2 – Art. 109

L’ulteriore drastica previsione del D.Lgs. 277/91 per cui il datore di lavoro “provvede alla affissione di appositi cartelli segnaletici recanti la scritta: ATTENZIONE- ZONA AD ALTO RISCHIO – ATTENZIONE- ZONA AD ALTO RISCHIO – POSSIBILE PRESENZA DI AMIANTO IN POSSIBILE PRESENZA DI AMIANTO IN CONCENTRAZIONE SUPERIORE AI VALORI CONCENTRAZIONE SUPERIORE AI VALORI LIMITE DI ESPOSIZIONE”LIMITE DI ESPOSIZIONE” ((In maiuscolo nel testo) )

Viene addolcita in una più casalinga: “Provvede all’affissione di cartelli per segnalare che si prevede il superamento del valore limite di esposizione”

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Amianto registro degli esposti – Art. 114

Il registro di esposizione all’amianto viene sostituito dalla registrazione del lavoratore nel registro di esposizione ad agenti cancerogeni e mutageni (Art. 88). Inoltre verranno istituite a cura del medico competente cartelle sanitarie e di rischio individuali

L’istituzione del registro è di responsabilità del medico competente e non più del datore di lavoro

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Rumore valutazione del rischio – Art. 137

La valutazione del rumore, per l’attuale D.Lgs 277/91 è effettuata ad opportuni intervalli da personale competente, sotto la responsabilità del datore di lavoro. I lavoratori ovvero i loro rappresentanti sono consultati in ordine a quanto previsto dal comma 3

Il TU invece specifica che la valutazione è fatta da “personale particolarmente qualificato nell’ambito del servizio di prevenzione e protezione” quindi non tecnici esterni. E che verifiche ci sono su questa “particolare qualificazione”, quali i criteri formativi o certificanti?

Quanto alla consultazione di lavoratori e dei loro rappresentanti non Quanto alla consultazione di lavoratori e dei loro rappresentanti non ve ne è traccia.ve ne è traccia. Questa compare in riferimento solo alla scelta dei DPI nonostante le precise indicazioni della Direttiva 2003/10/CE che stabiliscono che la consultazione deve avvenire in merito a:

• Valutazione dei rischi e definizione delle misure da adottare• Disposizioni volte a eliminare o a ridurre i rischi• La scelta dei DPI

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Uso dei DPI per il rumore: modifiche incomprensibili - Art. 138

Il D.Lgs 277/91 prevede che se l’utilizzo dei DPI per il rumore comporta rischio di incidente (ad esempio: non consentono di sentire un segnale di allarme) “a questo deve ovviarsi con mezzi appropriati” Questa previsione nel T.U. scompare, eppure si tratta di un rischio più che concreto.

Nel TU viene poi detto (novità) che “Il datore di lavoro verifica l’efficacia dei DPI dell’udito” Ma che vuole dire? In che modo potrebbe mai fare questa verifica? Forse non hanno capito quello che c’è scritto all’Art. 6 comma 2 della Direttiva Europea 2003/10/CE e cioè:

“… il datore di lavoro è tenuto a verificare l’efficacia delle misure adottate in applicazione del presente articolo (relativo appunto ai DPI”)

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DPI udito: confusione e inganno – Art. 139

Nel T.U. compare poi un comma inquietante che recita:

“Il datore di lavoro tiene conto dell’attenuazione prodotta dai DPI per l’udito indossati dal lavoratore solo ai fini di valutare il rispetto dei valori limite di esposizione”

Ma cosa vuole dire? Che se un lavoratore lavora in un posto dove ci sono 85 dBA ed ha le cuffie in testa non è esposto a quel valore limite di rumore? Ma scherziamo?

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Rumore & deroghe - Art. 143

Il TU prevede che il datore di lavoro possa chiedere deroghe, concesse per un periodo massimo di 4 anni, all’uso dei DPI e al rispetto del valore limite di esposizione quando “per la natura del lavoro” la loro utilizzazione potrebbe comportare rischi per la salute ancora maggiori.

Ma cosa dice la Direttiva comunitaria? Dice cose ben diverse e cioè che ciò può avvenire solo “In situazioni eccezionali”, che le deroghe possono avvenire solo “In seguito alla consultazione delle parti sociali e ove opportuno delle autorità mediche competenti” che le deroghe devono essere affiancate “da condizioni che garantiscano che i rischi siano ridotti al minimo” e che le deroghe vengano riesaminate ogni 4 anni e comunque “abrogate non appena le circostanze che le hanno giustificate cessano di sussistere”

Gli Stati membri inoltre trasmettono alla Commissione Europea l’elenco delle deroghe concesse e le ragioni precise per cui sono state concesse.

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Vibrazioni e dimenticanze: consultazione e partecipazione - Art. 149

Il TU recepisce la Direttiva europea 89/391/CEE sul rischio da vibrazioni.

Nel farlo, però, dimentica qualcosa: cioè tutto l’Art. 7 della Direttiva intitolato “Consultazione e partecipazione dei lavoratori”

Ovviamente si tratta di una semplice svistaOvviamente si tratta di una semplice svista

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Vibrazioni e dimenticanze, la sorveglianza sanitaria – Art. 152

Nell’Art. 152 mancano

• la specificazione, contenuta nella Direttiva comunitaria, che essa “è tesa alla prevenzione e alla diagnosi precoce di ogni danno connesso alla esposizione a vibrazioni meccaniche”

• La prescrizione di conservare in forma idonea copia della documentazione sanitaria individuale in modo da consentirne la consultazione

• La prescrizione di trasmettere la documentazione sanitaria individuale, se richiesta, alle autorità competenti

• L’obbligo di tenere conto non solo del parere dello specialista in medicina del lavoro, ma anche “di altra persona adeguatamente qualificata ovvero della autorità competente nella attuazione delle misure necessarie compresa la possibilità di assegnare il lavoratore ad attività alternative che non comportano il rischio di ulteriore esposizione”

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Vibrazioni e variazioni:

Sempre nell’Art. 152 (sorveglianza sanitaria) viene scritto che:

“Nel caso che la sorveglianza sanitaria riveli in un lavoratore l’esistenza di anomalie imputabili ad esposizione a vibrazioni … il datore di lavoro (tra diversi altri obblighi) prende le misure perché sia effettuata unauna visita medicavisita medica straordinariastraordinaria agli altri lavoratori che hanno subito una esposizione simile”

La direttiva comunitaria però dice una cosa diversa, e cioè che in questo caso “Il datore di lavoro organizza una sorveglianza sanitaria continua”

c’è una bella differenza!c’è una bella differenza!

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Vibrazioni e deroghe – Art. 154

Come nel caso del rumore il TU “dimentica” alcune prescrizioni della Direttiva comunitaria e cioè che:

• Eventuali deroghe possono essere date “in seguito alla consultazione delle parti sociali”

• “Saranno ridotti al minimo i rischi che ne risultano”• “Le deroghe saranno oggetto di un riesame ogni

quattro anni e sono revocate non appena siano scomparse le circostanze che le hanno giustificate”. Tutto questo ultimo punto è sostituito dalla affermazione molto diversa che: “Le deroghe sono “Le deroghe sono concesse per un periodo massimo di quattro concesse per un periodo massimo di quattro anni”anni”

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Vibrazioni: spigolature

La Direttiva CEE inserisce tra i molti elementi a cui il datore di lavoro deve prestare particolare attenzione: “Il prolungamento del periodo di esposizione a vibrazioni trasmesse al corpo intero al di là delle ore lavorative sotto responsabilità del datore di lavoro”

il TU (art. 149, lettera g) modifica oscuramente scrivendo “… al di là delle ore lavorative in locali al di là delle ore lavorative in locali di cui è responsabile (?)”di cui è responsabile (?)”

Quelli che nella Direttiva CEE sono chiaramente indicati come “I valori di esposizione che fanno scattare l’azione” si trasformano in misteriosi “valori “valori d’azione”d’azione”

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Vibrazioni ed entrata in vigore – Art. 155

La Direttiva comunitaria si conclude con un articolo sul recepimento e ne fissa il termine massimo entro il 6 Luglio 2005.

Il TU ha una concezione più rilassata:- Per le attrezzature messe a disposizione dei lavoratori

nel prima del 6 Luglio 20076 Luglio 2007 (?!) l’obbligo del rispetto dei valori limite slitta al 6 Luglio 20106 Luglio 2010 (!!)

- Per il settore agricolo e forestale I valori limite di esposizione entreranno in vigore addirittura nel 2014 2014 (!)

In effetti, che fretta c’è?In effetti, che fretta c’è?