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I Racconti indiani di Gellindo Ghiandedoro

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I RACCONTI INDIANI DI GELLINDO GHIANDEDORO

FIABA DI MAURO NERI - ILLUSTRAZIONI DI FULBER

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I RACCONTI INDIANI DI GELLINDO GHIANDEDORO

All’alba di quel giorno di fine maggio lo scoiattolo Gellindo Ghiandedoro s’ar-rampicò fin sulla vetta della sua enorme quercia, s’appollaiò sull’ultimo sottile ramoscello e se ne stette lì, immobile e dondolante per aria, a scrutare l’oriz-zonte lontanissimo delle montagne a meridione.

All’alba di quel giorno di fine maggio Dindondolo s’inerpicò su per la stretta scala di legno che portava in cima al cam-panile della sua chiesa, giunse in vetta col fiatone, s’appoggiò alla campana grande per tirare il fiato, poi si sporse dalla finestrella e si mise a controllare l’orizzonte lontanissimo delle montagne a meridione.

All’alba di quel giorno di fine maggio Ratto Robaccio si alzò, sbadigliò e si sti-racchiò, fece un sol boccone di una fetta di pan vecchio e si portò al centro della discarica, dov’era piantato da sempre un palo altissimo: Robaccio lo scalò fino in cima, restò aggrappato alla punta e si mise a controllare l’orizzonte lontanissi-mo delle montagne a meridione.

All’alba di quel giorno di fine maggio gli abitanti del Villaggio degli Spaven-tapasseri corsero a cercare ognuno un punto di osservazione situato il più in alto possibile... Casoletta salì sul tetto della sua CioCColateria, la civetta Brigida scelse una nuvoletta ferma immobile nel cielo sopra il Bosco delle Venti Querce, Maestro Abbecedario mise in fila india-na i suoi spaventapulcini e tutti assieme corsero sul culmine di un dosso vicino al Villaggio degli spaventapasseri... e tutti si misero a controllare l’orizzonte lontanis-simo delle montagne a meridione.

Ma chi stavano cercando gli abitanti della Valle di Risparmiolandia? Forse aspettavano qualcuno?

– Cosa dici se le regalassimo una vera bussola, così non perde più l’orienta-mento? – strillò Gellindo rivolto a Bri-gida, che proprio in quell’istante stava passando sopra di lui aggrappata al batuffolo della nuvola di cotone.

– O magari una cartina geografica, così ritrova sempre la strada per tornare a casa... – urlò di rimando la civetta.

– È mai possibile che sia così sbada-ta? – si chiese Casoletta, con gli occhi puntati a sud.

– Mai vista un’oca così smemorata! – esclamò infine Maestro Abbecedario.

Ecco chi stavano aspettando!Ecco chi aveva perso la strada per

tornare a casa!!Ecco il motivo di tutta quell’angoscia:

l’oca Bernardina non s’era ancora fatta vedere!!!

Stava per arrivare l’estate e la simpati-ca oca giramondo non aveva ancora fatto ritorno dai Paesi Caldi del Sud.

«Avrà perso la strada?» si chiedevano stupiti gli abitanti del Villaggio.

«Forse avrà trovato un posto migliore nel quale passare i mesi dell’estate.»

«Oppure si sarà malata...»«Magari in questo momento se ne sta,

ferita e immobile, su qualche spiaggia lontana...»

«E se fossero stati dei cacciatori?»«L’oca Bernardina presa di mira dai

cacciatori? Ma scherziamo? L’oca Ber-nardina è troppo buona, è troppo sim-patica, è troppo... troppo...»

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«È anche troppo grassottella e tutta quella ciccia può far gola a qualche ma-lintenzionato!»

Infine, dopo tanto penare, dopo tanti brutti pensieri, dopo tanta preoccupa-zione...

– eCCola laggiù, la vedete? – strillò Dindondolo sporgendosi dalla finestrel-la in cima al campanile.

– Ma dove? – risposero in tanti.– Come dove: laggiù a sud, verso le

montagne a meridione! – rispose un po’ piccato lo spauracchio sacrestano.

– Di chi stai parlando? – chiesero molti altri.

– Come sarebbe a dire “di Chi sto parlan-do”: ma di lei, no? dell’oCa bernardina!

Eccola laggiù, la grossa oca: sta re-mando in cielo con le enormi ali bianche che sostengono a malapena un corpo tondo e paffutello; Bernardina taglia l’aria col becco arancione e col collo sot-tile e lungo, ma lo si vede da lontano che è stanca, che non ce la fa più a restare in cielo, che sta per cadere di sotto da un momento all’altro...

– Dobbiamo aiutarla! – strillò Gel-lindo scendendo di corsa dalla quercia. – Forza, su: corriamole incontro!

Correre incontro a un’oca sfinita per la stanchezza di un lungo viaggio serve a ben poco, lo scoiattolino lo sapeva bene, ma non c’era altro da fare, a meno che...

A meno che non intervenisse la civet-ta Brigida, che s’alzò in volo e squittendo disperata chiamò a raccolta l’aquila Cas-sandra, il gabbiano Capobianco, il falco Falchetto e il passero Pistacchio!

Non fu facile sostenere il peso della grossa oca, ma tutti assieme riuscirono

a portare la loro amica fin sul prato del Bosco delle Venti Querce e a deporla ai piedi dell’albero in cui vive Gellindo Ghiandedoro.

Non aveva quasi più fiato, la povera Bernardina, che si guardava in giro sen-za sapere se ridere o piangere: voleva riprendere a respirare normale solo per poter dire “grazie” ai suoi amici, ma dovette aspettare alcuni lunghi minuti, mentre tutti gli abitanti del Villaggio ac-correvano da ogni dove per festeggiare la loro amica.

– Grazie di cuore, amici miei! – riuscì finalmente a balbettare la grossa oca, che tirò un lungo sospiro e si alzò in piedi. Barcollava un po’ e le girava anche la te-sta: – Non vi immaginate nemmeno che cosa m’è successo! Se ve lo raccontassi, non ci credereste, ve l’assicuro!

– oh sì Che Ci Crederemmo! – risposero

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in coro gli spaventapulcini Lampurio, Fri-gerio, Occhialetta, Mignolo e i topolini Rattina Glassé, Liquirizio e Pancrazio, che già pregustavano uno dei famosis-simi racconti della zia oca.

Bernardina osservò uno a uno i suoi minuscoli amici, spauracchietti e topini simpatici e sempre sorridenti: quante storie aveva raccontato loro, in tutti quegli anni, avventure vissute durante i suoi viaggi verso i Paesi Caldi del Sud con cento e cento affascinanti personag-gi coraggiosi, forti e leali. «Ma certo» si disse la grossa oca, «se raccontassi tutto

quello che ho visto e vissuto in quest’ulti-mo viaggio, sono sicura che i miei piccoli amici ci crederebbero eccome!»

– Va bene – disse infine l’oca. – Lascia-te che tiri il fiato, che mangi qualcosa e poi ci vediamo qui, ai piedi della quercia di Gellindo, diciamo tra un paio d’ore, d’accordo?

Non occorre aggiungere che nessu-no degli spaventapulcini e dei topolini si allontanò dalla grande quercia per nemmeno mezzo secondo e, anzi, allo scoccare delle due ore, quando zia Ber-nardina piombò dall’alto starnazzando e ruzzolando sul prato, ad aspettarla c’erano anche Casoletta, Abbecedario, Tisana la Dolce, Bellondina, Empedocle, Passion di Fiaba, Lingualunga, Mamma Pasticcia, Fra’ Vesuvio, tutti gli spa-ventapulcini e naturalmente Gellindo Ghiandedoro.

D’altronde, se al Villaggio c’era l’oca Bernardina, per far passare il tempo non servivano né giochi e men che meno la televisione: bastava sedersi in cerchio, far silenzio e stare ad ascoltare...

– Voi sapete qual è il più grande difetto di vostra zia? – cominciò col dire l’oca Bernardina.

– Sei un po’ cicciottella perché mangi troppo! – esclamò Lampurio, addentan-do un grosso panino con la cioccolata.

– È vero, piccolo mio, hai ragione: mi piace la buona cucina e, quando sono qui da voi, Mamma Pasticcia mi vizia con le leccornie più gustose... però no, non è quello il mio difetto più grave...

– Sei... sei un po’... un po’ chiacchiero-na? – balbettò incerta e timida Rattina

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Glassé.– Un po’ chiacchierona? – rise diver-

tita l’oca tenendosi la pancia. – Puoi ben dire che sono una gran chiacchierona... ah! ah! ah!... Però non è a questo che mi riferivo...

– Sei sempre in giro per il mondo! – disse Occhialetta alzando una manina.

– È vero, però quello non è un difetto: se io restassi sempre qui, al vostro villag-gio, quali avventure potrei raccontarvi, dopo? No no, vedo che non indovinate e allora ve lo dico io: il mio più grande difetto è che sono... sbadata!

– Mio papà Robaccio dice sempre che sei un’oca distratta! – aggiunse Li-quirizio.

– Poco fa Maestro Abbecedario ha detto che sei una... smemorata! – precisò Volpetto.

– E io ho sentito dire stamattina da Casoletta che sei proprio una sventata! – concluse Frigerio.

L’oca Bernardina sorrise: – Ma guarda un po’ in che gran considerazione mi ten-gono, qui al Villaggio... eh! eh! eh!... Però avete tutti ragione: me lo dico sempre anch’io che ho la testa per disturbo... Il fatto è che ho sempre mille cose a cui pensare e spesso non ce la faccio a star dietro a tutto... E infatti lo scorso autun-no, quando sono partita da qui per far rotta verso i Paesi Caldi del Sud dove avrei passato i mesi dell’inverno, mi sono messa a volare a occhi chiusi, pensando e ripensando a tutto quello che era suc-cesso l’ultima estate: le feste e i giochi, le belle mangiate e le nuove amicizie... Insomma, quando riaprii gli occhi per ve-dere dove mi trovavo, un colpo al cuore

mi tolse il fiato e quasi mi fece cader di sotto. Ecco, proprio così: lì, sotto di me, doveva esserci il mare, il grande Mar Mediterraneo, e invece... invece c’era un’infinita distesa di sabbia e sassi, un deserto che non avevo mai visto!

– Ma dov’eri finita? – chiese Mignolo. – Non stavi andando verso Sud?

– Verso Sud, dici? Verso i miei ado-rati Paesi Caldi? No: correndo dietro ai miei ricordi, avevo sbagliato rotta e mi stavo dirigendo veloce e sicura verso... oriente!

Un ooohhh di meraviglia e di scon-certo percorse l’uditorio: – Ma ti riferisci proprio a quell’Oriente? – disse Occhia-letta. – L’Oriente della Cina, insomma?

– Ecco, non proprio della Cina – ri-spose Bernardina. – Voi non potete immaginare che cosa fanno i Cinesi a un’oca bella e in forma com’è la vostra cara zia! No no: mi riferisco a una terra che c’è prima della Cina: insomma, stavo volando diritta e veloce verso... l’IndIa!

Improvvisamente il prato del Bosco delle Venti Querce si riempì di grossi elefanti che caracollavano lenti e in fila indiana tenendosi con la proboscide per il codino, mentre frotte di scimmie urla-vano dondolandosi dai rami degli alberi, sfiorando pavoni che facevano la ruota e anziani col turbante tranquillamente seduti su letti di chiodi, mentre le tigri ruggivano dall’oscurità e i serpenti sibi-lavano da dietro ai tronchi...

– Stai dicendoci che quest’ultimo in-verno non l’hai passato nei Paesi Caldi del Sud, ma in India? – intervenne Mae-stro Abbecedario, incuriosito al massimo come i suoi piccoli spaventapulcini.

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– Proprio così, cari miei: l’India dei Ma-ragià, l’India delle giungle e dei deserti, l’India dei grandi fiumi, l’India dei templi fatti d’oro, l’India dei santoni, l’India dei mille misteri e delle mille avventure...

– E puoi raccontarcele, queste avven-ture? – chiese il topolino Pancrazio.

L’oca Bernardina tacque: piegò le zampe, appoggiò il grosso sedere sull’er-ba, scondinzolò per sistemarsi a dovere le piume, incrociò le ali e sorrise: – Cari miei, son qui proprio per questo!

(1 - continua)

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