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Modello di organizzazione, gestione e controllo ex D.Lgs. 231/2001

Reati societari (art.25-ter)

D. Lgs. 231/2001Torino, 7 giugno 2010

Dott.ssa Patrizia Marchetti

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“In relazione ai reati in materia societaria previsti dal codice civile, se commessi nell'interesse della società, da amministratori, direttori generali o liquidatori o da persone sottoposte alla loro vigilanza, qualora il fatto non si fosse realizzato se essi avessero vigilato in conformità degli obblighi inerenti alla loro carica, si applicano le seguenti sanzioni pecuniarie: …”

Il D.Lgs. 231/2001 - Art. 25-ter

Reati societari

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I reati societari di cui alla codificazione civile (artt. 2621-2641 c.c.) integrano per lo più fattispecie di reati «propri», ossia illeciti per i quali il legislatore predetermina il soggetto attivo attraverso il richiamo alla disciplina civilistica e alle particolari qualifiche soggettive ivi previste.

Le fattispecie contemplate dagli artt. 2636 c.c. (illecita influenza dell’assemblea), 2637 c.c. (aggiotaggio) e 2630 c.c. (omessa esecuzione di denunce, comunicazioni o depositi), sono invece reati (2636-2637 c.c.) o illeciti amministrativi (2630 c.c.) a soggettività generale, c.d. reati «comuni», in quanto il legislatore non predetermina l’autore dell’illecito e possono essere commessi da “chiunque”.

I reati societari - Titolo XI codice civile

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I SOGGETTI ATTIVI DEL TITOLO XI DEL CODICE CIVILE

1. Soggetti formalmente investiti della qualifica o della funzione

I soggetti individuati dal codice civile sono:

• gli amministratori

• i direttori generali

• i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari (figura tipizzata per le società quotate dall’art. 154 bis D.Lgs 58/1998)

• i sindaci

• i liquidatori

(dal 7.4.2010 i delitti perfezionabili dai revisori sono stati “trasferiti” dal c.c. al D.Lgs. 39/2010)

I reati societari - Titolo XI codice civile

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2. Estensione delle qualifiche soggettive

Accanto ai soggetti formalmente investiti della qualifica o della funzione, l’art. 2639 c.c. prevede tre clausole di equiparazione, ossia tre categoria di soggetti che si affiancano agli autori di diritto espressamente individuati dagli artt. 2621-2641 c.c.:

1. I soggetti svolgenti la stessa funzione diversamente qualificata (sistema monistico/dualistico)

2. L’amministratore di fatto

requisiti: quantitativo (esercizio continuativo del potere per un apprezzabile arco di tempo)

qualitativo (esercizio significativo del potere

e compimento di atti di gestione tipici)

3. L’amministratore giudiziario o il commissario governativo

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“1. L'ente è responsabile per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio:

a) da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell'ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso;

b) da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui alla lettera a).

2. L'ente non risponde se le persone indicate nel comma 1 hanno agito nell'interesse esclusivo proprio o di terzi.”

Il D.Lgs 231/2001 – Art. 5

Responsabilità dell’ente

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I SOGGETTI ATTIVI DI PARTE GENERALE - Art. 5 D.Lgs 231/01

L’art. 5 del D.Lgs 231/01 è una norma generale che individua le tipologie dei soggetti attivi ed il legame con l’ente.

Tale disposizione deve essere parametrata ai diversi tipi di “reato presupposto” in quanto il novero dei soggetti attivi indicati a livello generale all’art. 5 non è effettivamente il novero dei soggetti che, a tutto campo, possono in concreto realizzare le singole fattispecie di reato previste nella Sez. III del Capo I del D.Lgs 231/01.

Il D.Lgs 231/2001

I criteri di imputazione soggettiva

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I SOGGETTI ATTIVI DI PARTE GENERALE - art. 5 D.Lgs 231/01

Alcuni reati presupposto, come i reati societari, non rispettano in toto le regole indicate nell’art. 5 in quanto ci sono delle strutture di singola fattispecie che non possono essere realizzate da tutti i soggetti richiamati nell’art. 5.

Per orientarsi correttamente nella materia dei presupposti personali individuali di attribuzione all’ente della responsabilità diretta per i reati in materia societaria, occorre tener presente che i reati societari sono in gran parte reati propri, tali cioè da presupporre una precisa qualifica in capo al reo; altri sono tuttavia reati comuni (artt. 2630, 2636 e 2637 c.c.), tali cioè da poter essere realizzati anche da soggetti non qualificati quali i sottoposti.

Il D.Lgs 231/2001

I criteri di imputazione soggettiva

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L’art. 25-ter presenta una peculiarità rispetto alle altre norme di “parte speciale” in quanto il Legislatore non si è limitato a collegare le sanzioni edittali agli illeciti societari di riferimento, bensì ha “ridisegnato” i criteri di imputazione soggettiva ed oggettiva fissati nella parte generale dall’art. 5 del D.Lgs 231/2001 come segue:

Art. 25-ter Reati societari

“In relazione ai reati in materia societaria previsti dal codice civile, se commessi nell'interesse della società, da amministratori, direttori generali o liquidatori o da persone sottoposte alla loro vigilanza, qualora il fatto non si fosse realizzato se essi avessero vigilato in conformità degli obblighi inerenti alla loro carica, si applicano le seguenti sanzioni pecuniarie: …”

Particolarità dell’art. 25-ter del D.Lgs 231/2001

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I SOGGETTI ATTIVI DEI REATI SOCIETARI ex art. 25 ter

• Apicali:Amministratori,

Direttori generali,

Liquidatori

• Sottoposti:Persone sottoposte alla “loro” vigilanza.

L’esplicita e tassativa individuazione dei soggetti attivi dell’art. 25-ter è riduttiva rispetto a quella che è la portata più generale sia delle fattispecie penali societarie di per loro (ai sensi del codice civile), sia della situazione di cui all’art. 5 del D.Lgs 231/01.

E’ di immediata evidenza che l’art. 25-ter esclude dal novero dei soggetti attivi la figura dei sindaci

Particolarità dell’art. 25-ter del D.Lgs 231/2001

I criteri di imputazione soggettiva

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I SOGGETTI ATTIVI DI PARTE GENERALE - Art. 5 D.Lgs 231/01

• Apicali:1) persone che rivestono funzioni di:

• Rappresentanza

• Amministrazione

• Direzione

dell’ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia

finanziaria e funzionale

2) Persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dell’ente

• Sottoposti:Persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti

apicali

Il D.Lgs 231/2001

I criteri di imputazione soggettiva

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Criteri di imputazione oggettiva

Sul piano dell’imputazione oggettiva l’art. 25-ter circoscrive la responsabilità della società al reato commesso “nell’interesse della società” mentre l’art. 5 del D.Lgs 231/2001, norma generale, ha come riferimento l’ interesse o il vantaggio dell’ente.

Profilo sanzionatorio

Sotto il profilo sanzionatorio:• l’art. 25-ter stabilisce esclusivamente sanzioni di tipo pecuniario in capo

all’ente e non prevede sanzioni interdittive,• viene meno la possibilità ai sensi dell’art. 18 della pubblicazione della

sentenza di condanna,• la previsione esclusiva di una sanzione di tipo pecuniario consente

all’ente di accedere al regime processuale agevolato di cui all’art. 64

Particolarità dell’art. 25-ter del D.Lgs 231/2001

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Art. 25 ter “… si applicano le seguenti sanzioni pecuniarie:

a) per la contravvenzione di false comunicazioni sociali, prevista dall'articolo 2621 del codice civile, la sanzione pecuniaria da duecento a trecento quote;

b) per il delitto di false comunicazioni sociali in danno dei soci o dei creditori, previsto dall'articolo 2622, primo comma, del codice civile, la sanzione pecuniaria da trecento a seicentosessanta quote;

c) per il delitto di false comunicazioni sociali in danno dei soci o dei creditori, previsto dall'articolo 2622, terzo comma, del codice civile, la sanzione pecuniaria da quattrocento a ottocento quote;

I reati presupposto: false comunicazioni sociali e false comunicazioni sociali in danno dei soci o dei creditori

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Questi reati si realizzano tramite:l’esposizione nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali previste dalla legge, dirette ai soci ai creditori o al pubblico, di fatti materiali non rispondenti al vero, idonei ad indurre in errore i destinatari della situazione economica, patrimoniale o finanziaria della Società o del Gruppo al quale essa appartiene

l’omissione di informazioni sulla situazione medesima la cui comunicazione è imposta dalla legge

l’intenzione di ingannare i soci, i creditori o il pubblico, o il fine di conseguire un ingiusto profitto

un danno patrimoniale ai soci o ai creditori, nel reato di cui all’art. 2622 c.c.

I reati presupposto: false comunicazioni sociali e false comunicazioni sociali in danno dei soci o dei creditori

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• i bilanci: sono costituiti dai prospetti di stato patrimoniale e conto economico e dalla nota integrativa, con riferimento al gruppo di società assume una rilevanza autonoma la falsità nel bilancio consolidato;• le relazioni: sono le comunicazioni che seguono i bilanci e contengono spiegazioni e commenti sugli stessi, artt. 2428 c.c.; 2429 c.c.; ma anche le relazioni ex art. 2446 c.c., e art. 2447 novies c.c. (rendiconto finale del patrimonio destinato), art. 2358 c.c. (altre operazioni sulle proprie azioni) etc.;• le altre comunicazioni sociali «previste dalla legge» (codice civile e leggi speciali) comprendono la diffusione di informazioni quali, a titolo esemplificativo: ◊ artt. 2501 ter – 2506 bis c.c (in caso di fusione o scissione); ◊ art. 2433 bis co. 5 (in caso di acconti sui dividendi); ◊ artt. 2277 co. 2e 2490 c.c. (inventario inizio liquidazione e bilanci annuali intermedi), ◊ artt. 2311-2492 c.c. (bilancio finale di liquidazione).

I reati presupposto: false comunicazioni sociali e false comunicazioni sociali in danno dei soci o dei creditori

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La violazione del precetto civilistico è la premessa oggettiva del reato:

la rigida riserva di legge esclude le informazioni o le altre comunicazioni non espressamente previste dalla legge (quali quelle previste da un regolamento, i report, le conferenze stampa);

i destinatari delle “altre comunicazioni sociali” sono esclusivamente «i soci o il pubblico» espressione che indica classi di destinatari e pertanto :

- i soci intesi come categoria e quindi anche i soci di minoranza (con conseguente esclusione della rilevanza della documentazione diretta a un singolo),

- il pubblico da intendersi come deposito presso il Registro delle Imprese delle comunicazioni (i.e. messa a disposizione del pubblico della informazione).

I reati presupposto: false comunicazioni sociali e false comunicazioni sociali in danno dei soci o dei creditori

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Le informazioni false o omesse devono essere rilevanti – i.e. superiori alle soglie quantitative prefissate dalla legge.

Le soglie quantitative fissate dalla legge sono: una variazione superiore al 5% del risultato economico di esercizio,

al lordo delle imposte, o una variazione superiore all’1% del patrimonio netto

La punibilità è esclusa se uno dei due valori soglia non viene superato

Qualora le alterazioni siano dovute a “valutazioni estimative” che, singolarmente considerate, si mantengano entro il limite del 10% da quella corretta, è applicabile il beneficio della non punibilità anche se le falsità o le omissioni superino le soglie quantitative.

I reati presupposto: false comunicazioni sociali e false comunicazioni sociali in danno dei soci o dei creditori

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Segue art. 25 ter co.1

d) per la contravvenzione di falso in prospetto, prevista dall'articolo 2623, primo comma, del codice civile, …;

f) per la contravvenzione di falsità nelle relazioni o nelle comunicazioni delle società di revisione, prevista dall'articolo 2624, primo comma, del c.c. …

g) per il delitto di falsità nelle relazioni o nelle comunicazioni delle società di revisione, previsto dall'articolo 2624, secondo comma, del codice civile, …

Il “falso in prospetto” e la “falsità nelle relazioni o nelle comunicazioni dei responsabili della revisione legale” non costituiscono più fattispecie sanzionabili a seguito del trasferimento degli illeciti dal codice civile rispettivamente all’art. 173 bis del D.Lgs 58/1998 e all’ art. 27 del D.Lgs 39/2010.

L’art. 2623 c.c. è stato abrogato dall’art. 34 co. 21 L. 262/2005.

L’art. 2624 c.c. è stato abrogato dall’art. 37 co. 34 del D.Lgs 39/2010.

I reati presupposto: falso in prospetto e falsità nelle relazioni o nelle comunicazioni delle società di revisione

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Segue art. 25 ter co.1

h) per il delitto di impedito controllo, previsto dall'articolo 2625, secondo comma, del codice civile, la sanzione pecuniaria da duecento a trecentosessanta quote;

Il reato si verifica nell’ipotesi in cui gli amministratori impediscano od ostacolino, mediante occultamento di documenti o altri idonei artifici, lo svolgimento delle attività di controllo (o di revisione) legalmente attribuite ai soci o ad altri organi societari (ovvero alle società di revisione), e stante il riferimento al solo secondo comma dell’art. 2625, questa condotta abbia procurato un danno ai soci

Le parole in rosso sono state soppresse dall’art. 37 co. 35 del D.Lgs 39/2010

L’ “impedito controllo delle attività di revisione legale” non costituisce più fattispecie sanzionabile a seguito del trasferimento dell’illecito dal codice civile all’art. 29 del D.Lgs 39/2010.

I reati presupposto: impedito controllo

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Guido Vasapolli
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Segue art. 25 ter co.1

i) per il delitto di formazione fittizia del capitale, previsto dall'articolo 2632 del codice civile, la sanzione pecuniaria da duecento a trecentosessanta quote;

La formazione fittizia del capitale può essere realizzata dagli amministratori con tre specifiche condotte :

1. attribuzione di azioni o quote in misura complessivamente superiore all'ammontare del capitale sociale

2. sottoscrizione reciproca di azioni o quote oltre i limiti di legge

3. sopravvalutazione rilevante dei conferimenti di beni in natura o crediti ovvero del patrimonio della società in caso di trasformazione

I reati presupposto: formazione fittizia del capitale

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Segue art. 25 ter co.1

l) per il delitto di indebita restituzione dei conferimenti, previsto dall'articolo 2626 del codice civile, la sanzione pecuniaria da duecento a trecentosessanta quote

Il reato consiste nella restituzione, da parte degli amministratori, dei conferimenti ai soci o la liberazione degli stessi dall’obbligo di eseguirli:

in mancanza di una delibera di riduzione del capitale sociale regolata dagli artt. 2306 e 2445 c.c.,

in caso di operazioni di recesso o di esclusione del socio condotte al di fuori delle procedure normativamente previste;

in caso di riduzione del capitale sociale mediante riscatto e annullamento di azioni proprie con mancato rispetto della procedura dettata dall’art. 2445 c.c.

I reati presupposto: indebita restituzione di conferimenti

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Segue art. 25 ter co.1

m) per la contravvenzione di illegale ripartizione degli utili e delle riserve, prevista dall'articolo 2627 del codice civile, la sanzione pecuniaria da duecento a duecentosessanta quote;

Il reato consiste nella ripartizione, da parte degli amministratori, di utili o acconti sugli utili non effettivamente conseguiti o destinati per legge a riserva, ovvero nella ripartizione di riserve, anche non costituite con utili, che non possono per legge essere distribuite.

Avendo il reato natura contravvenzionale è punibile anche a titolo di colpa (errore, negligenza, imperizia)

E’ prevista quale causa estintiva del reato la restituzione degli utili o la ricostituzione delle riserve prima del termine previsto per l’approvazione del bilancio.

I reati presupposto: illegale ripartizione degli utili e delle riserve

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Le disposizioni del codice civile inerenti alla disposizione in oggetto sono (a titolo esemplificativo e non esaustivo):•art. 2353 - azioni di godimento

•art. 2357 ter - disciplina delle proprie azioni

•art. 2358 - altre operazioni sulle proprie azioni

•art. 2359 bis - acquisto di azioni o quote da parte di società controllate

•art. 2413 - riduzione del capitale in caso di emissione di prestito obbligaz.

•art. 2423 co. 4 - deroghe ai criteri di redazione del bilancio in casi eccezionali

•art. 2426 n. 4 - valutazione delle partecipazioni con il metodo del P.N.

•art. 2430 - riserva legale

•art. 2431 - limiti alla distribuzione del sovrapprezzo delle azioni

•art. 2432 - partecipazione agli utili agli amministratori

•art. 2433 - distribuzione degli utili ai soci

•art. 2433 bis - distribuzione di acconti sui dividendi.

I reati presupposto: illegale ripartizione degli utili e delle riserve

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Segue art. 25 ter co.1

n) per il delitto di illecite operazioni sulle azioni o quote sociali o della società controllante, previsto dall'articolo 2628 del codice civile, la sanzione pecuniaria da duecento a trecentosessanta quote;

La norma in esame sanziona gli amministratori per le condotte di acquisto o sottoscrizione di azioni o quote proprie, e quelle relative all’acquisto o sottoscrizione delle azioni o quote della società controllante, se poste in essere fuori dei casi consentiti dalla legge e se determinano una lesione del capitale sociale e delle riserve non distribuibili per legge.

Nella nozione di acquisto rientrano oltre al contratto di compravendita qualunque negozio idoneo a trasferire alla società la titolarità di azioni o quote dalla stessa emesse, ivi compresi i contratti di riporto, di commissione e di permuta di azioni. Integrano la fattispecie anche gli acquisti tramite società fiduciaria o per interposta persona.

E’ prevista quale causa estintiva del reato la ricostituzione del capitale o delle riserve delle riserve prima del termine previsto per l’approvazione del bilancio.

I reati presupposto: illecite operazioni sulle azioni o quote sociali o della società controllante

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Segue art. 25 ter co.1

o) per il delitto di operazioni in pregiudizio dei creditori, previsto dall'articolo 2629 del codice civile, la sanzione pecuniaria da trecento a seicentosessanta quote;

La fattispecie in esame, ascrivibile agli amministratori, consiste nella violazione delle disposizioni volte a tutelare le ragioni creditorie posta in essere a seguito di una operazione:

1. di riduzione del capitale,

2. di fusione, o

3. di scissione.

Anche per questo reato è prevista una causa estintiva: il risarcimento del danno ai creditori prima del giudizio

I reati presupposto: operazioni in pregiudizio dei creditori

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Le norme di diritto civile volte a tutelare il ceto creditorio in caso di riduzione del capitale sociale ed in caso di procedura di fusione (disposizioni applicabili anche alla scissione ex art. 2506 ter co. 5 c.c.) possono essere, senza pretese di completezza:

art. 2445 c.c. - riduzione del capitale sociale nelle S.p.A.; art. 2327 c.c. e 2463 n. 4 c.c. – ammontare minimo del capitale; art. 2413 c.c. – riduzione del C.S. in caso di emissione di obbligazioni art. 2420 bis co. 4 c.c - in caso di obbligazioni convertibili in azioni; art. 2482 c.c. – riduzione del C.S. nelle S.r.l. art. 2502 bis c.c. - iscrizione nel registro imprese della delibera di fusione; art. 2503 c.c. – opposizione dei creditori; art. 2503 bis c.c. – opposizione degli obbligazionisti;

I reati presupposto: operazioni in pregiudizio dei creditori

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Segue art. 25 ter co.1

p) per il delitto di indebita ripartizione dei beni sociali da parte dei liquidatori, previsto dall'articolo 2633 del codice civile, la sanzione pecuniaria da trecento a seicentosessanta quote;

La disposizione è volta a tutelare l’integrità del capitale sociale nella fase di liquidazione della società e il diritto dei creditori di essere soddisfatti prima dei soci durante la fase di liquidazione.

Autori del reato possono essere esclusivamente i liquidatori, qualora eseguano una ripartizione dei beni sociali ai soci prima del pagamento dei creditori o dell’accantonamento delle somme necessarie a soddisfarli. La disposizione è da coordinare con l’art. 2491 c.c.

Il risarcimento del danno ai creditori prima del giudizio estingue il reato.

I reati presupposto: indebita ripartizione dei beni sociali da parte dei liquidatori

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Segue art. 25 ter co.1

q) per il delitto di illecita influenza sull'assemblea, previsto dall'articolo 2636 del codice civile, la sanzione pecuniaria da trecento a seicentosessanta quote;

L’art. 2636 del c.c. è volto a garantire il regolare e corretto funzionamento dell’organo assembleare, nonché il rispetto del principio maggioritario.

Soggetti attivi possono essere sia gli Apicali sia i Sottoposti, trattandosi di reato strutturato come reato “comune”.

La condotta tipica del delitto consiste nel compimento di atti “simulati o fraudolenti” che incidano sulla formazione della maggioranza assembleare alterando il risultato della deliberazione

I reati presupposto:

illecita influenza sull’assemblea

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Rientrano negli atti simulati o fraudolenti a titolo esemplificativo: l’omissione delle comunicazioni previste per consentire la partecipazione all’assemblea da parte del creditore pignoratizio che ne abbia diritto, l’indicazione nel verbale dell’adunanza, del nome di alcuni soci, quali votanti in senso favorevole ad una certa deliberazione, quando in realtà erano assenti o non hanno votato o hanno votato in maniera diversa da quella indicata; la falsificazione della documentazione relativa all’assemblea dei soci, ad es. attribuendo a uno più soci una partecipazione diversa da quella effettiva con conseguente riconoscimento di un numero maggiore di voti; un’incetta di deleghe fraudolentemente realizzata in violazione dei limiti posti dall’art. 2372 c.c.

I reati presupposto:

illecita influenza sull’assemblea

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Non assumono rilievo ai fini che qui interessano la stipulazione di convenzioni o sindacati di voto, espressamente prevista dall’art. 2341 bis c.c. e dall’art. 122 D.Lgs 58/1998, o del contratto di riporto di azioni (art. 1548 ss c.c.), a meno che se ne provi la natura simulata o fraudolenta.

Anche l’intestazione fiduciaria di quote o azioni non rileva sempreché non se ne dimostri la finalizzazione ad eludere un divieto di voto o a conseguire un profitto ingiusto.

Non assumono inoltre rilievo le condotte meramente omissive, come il mancato esercizio del diritto di voto o il mancato intervento in assemblea, pur se influenti sulla formazione della maggioranza.

I reati presupposto:

illecita influenza sull’assemblea

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Segue art. 25 ter co.1

r) per il delitto di aggiotaggio, previsto dall'articolo 2637 del codice civile e …, la sanzione pecuniaria da quattrocento a mille quote;

Il reato di aggiotaggio si connota come reato comune ed è composto: dall’aggiotaggio «societario», che indica la manovra tendente a

provocare artificiosamente movimenti del valore di strumenti finanziari (definiti dall’art. 1. commi 2 e 3 D.Lgs 58/1998) quotati o non quotati in un mercato regolamentato di un Paese UE, tramite la diffusione di notizie false, attuata con qualsiasi mezzo, ad un ampio numero di persone da individuarsi negli ambienti economico-finanziari interessati;

dall’aggiotaggio «bancario» affidamento che il pubblico ripone nella stabilità patrimoniale di banche o di gruppi bancari.

I reati presupposto: aggiotaggio

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Segue art. 25 ter co.1

r) … e per il delitto di omessa comunicazione del conflitto d'interessi previsto dall'articolo 2629-bis del codice civile, la sanzione pecuniaria da quattrocento a mille quote;

Il reato di omessa comunicazione del conflitto di interessi è strutturato mediante il rinvio alla disposizione dell’art. 2391, 1° co, c.c. contenente la disciplina dell’interesse dell’amministratore in una determinata operazione societaria. Il reato consiste nella violazione degli obblighi di full disclosure di interessi propri o di terzi che possono arrecare un danno alla società, può essere commesso dall’amministratore o dal componente del consiglio di gestione di società con titoli quotati in mercati regolamentati italiani o si altro Stato UE, o diffusi tra il pubblico in misura rilevante, ovvero di un soggetto sottoposto a vigilanza della Banca d’Italia, della Consob o dell’ISVAP.

I reati presupposto: omessa comunicazione del conflitto di interessi

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Art. 25 ter co. 1:

s) per i delitti di ostacolo all'esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza, previsti dall'articolo 2638, primo e secondo comma, del codice civile, la sanzione pecuniaria da quattrocento a ottocento quote.”

Le ipotesi di reato contemplate nell’art. 2638 c.c. sono poste a presidio del corretto esercizio delle funzioni di controllo proprie delle autorità pubbliche di vigilanza operanti nei mercati finanziari: CONSOB, Banca d’Italia ed Isvap, e di tutte le altre autorità amministrative indipendenti.

Soggetti attivi sono amministratori, direttori generali, dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili e societari e liquidatori.

I reati presupposto: ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza