1 L’assistenza infermieristica alla persona con patologia oncologica.

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1 L’assistenza infermieristica alla persona con patologia oncologica

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L’assistenza infermieristica

alla persona

con patologia oncologica

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Alcuni dati

• Globalmente l’8% di tutte le cause di morte dipende dal cancro. Nei paesi sviluppati, comunque, la percentuale di morte dovuta a tumore è più elevata: in Europa è stimata intorno al 23%.

• In Italia dopo le malattie cardiovascolari i tumori sono al secondo posto fra le grandi cause di morte.

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Epidemiologia dei tumori in ItaliaMortalità

Num. decessi

Incidenza

Num. Nuovi casi

Prevalenza

num. totale malati

1970 91.000 149.000 821.000

1990 132.000 213.000 1.158.000

2000 138.000 234.000 1.294.000

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• Si può quindi dire che i tumori sono stati responsabili, in Italia, del 30% dei decessi.

• Dai dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) si comprendono rapidamente le dimensioni del problema: vengono diagnosticati ogni anno 5.9 milioni di nuovi casi di cancro di cui 4.3 milioni giungono a morte. Il rischio di ammalarsi di tumore è in costante aumento nella maggior parte dei paesi sia per l’aumento della durata media della vita sia per l’aumento dei fattori di rischio.

• Tumore alla mammella prima causa di morte per le donne fra i 35 e i 60 anni, in Italia ogni anno 33.000 morti.

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Per questo…….• Codice europeo contro il cancro in vigore dall’1

gennaio 1995 (una serie di 10 raccomandazioni riguardanti stili di vita e misure di prevenzione) proposto da un gruppo di esperti appartenenti a diversi paesi europei.

• All’inizio dell’anno 2000 più di 100 rappresentanti internazionali di governo, gruppi di tutela dei diritti del paziente, organizzazioni e società per la ricerca sul cancro riuniti a Parigi hanno ratificato e firmato la “Carta di Parigi contro il cancro”, in occasione del primo Vertice mondiale contro il Cancro.

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• L’obiettivo del vertice: l’applicazione dei principi contenuti nei 10 articoli (diritti dei pazienti, progressi nella prevenzione, diagnosi e cura e nelle strategie, qualità dell’assistenza, partecipazione del paziente e migliore qualità di vita, impegno di collaborazione delle parti dalla ricerca alla cura).

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European conference of oncology

• Copenaghen settembre 2003

• Nel corso degli anni 90 incidenza cresciuta del 19%, ma le morti sono ridotte del 18%.

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Sopravvivenza grazie ai trattamenti a 5 anni dalla diagnosi

Medie tra valori per maschi e femmine• 87% testicolo• 73% utero corpo • 70% mammella• 64% utero cervice• 57% linfoma Hodgkin• 52% leucemia infantile• 39% colon• 33% retto• 26% ovaio• 18% stomaco• 14% encefalo• 8% polmone • 3% pancreas

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Criticità/complessità assistenziale

• Evento di instabilità vitale, dal verificarsi dell’evento scatenante, fino alla stabilizzazione, al recupero, oppure alla morte.

• Dalla criticità ↔ complessità• Complessità: mutamenti clinici, capacità relazionali,

precisione, decisione, efficacia, strumenti e presidi idonei.

• Associazione italiana infermieri in oncologia• Associazione infermieri di assistenza oncologica• European oncology nursing society con finalità di

elaborazione linee guida.

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Qualità di vita↔quadro sintomatologico

Criticità assistenziali:• Bisogno di informazioni• Bisogno nutrizionale (cachessia, senso di sazietà,

inappetenza, alterazioni del gusto)• Sintomi gastrointestinali (esofagiti, stipsi, diarrea,

nausea e vomito)• Dolore• Infezioni, mucositi, stomatiti• Emorragie per trombocitopenia (piastrine tra 50.000

e 100.000• Fatica per anemia, malnutrizione, stress, dolore • Alterazione dell’immagine corporea (alopecia)• Problemi psicologici

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Gestione dei bisogni e assistenza

Gestione delle informazioni

• Primo bisogno, informare per orientare le scelte della persona con cancro.

• Informare, educare e counselling come aspetti fondamentali delle cure di supporto.

• L’informazione si può definire come un dialogo tra persone che permette di mantenere l’autonomia del malato.

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Dall’informazione all’educazione

• MalattiaMalattia: sintomo, prova e : sintomo, prova e insegnamentoinsegnamento• Non una semplice trasmissione di informazione, Non una semplice trasmissione di informazione,

passiva incentrata su chi la fornisce, ma un passiva incentrata su chi la fornisce, ma un processo interattivoprocesso interattivo e complesso incentrato su e complesso incentrato su chi apprende.chi apprende.

• La persona malata deve essere guidata alla La persona malata deve essere guidata alla comprensione del problema, in quanto la comprensione del problema, in quanto la conoscenza della malattia e delle cure mediche conoscenza della malattia e delle cure mediche non deve rimanere proprietà esclusiva dei non deve rimanere proprietà esclusiva dei professionisti sanitari.professionisti sanitari.

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Lo “stile” educativo

• Non solo “mettere dentro” (da instruere, riempire), ma anche sviluppare un’interazione, nonché “tirar fuori” (da educare, condur fuori) dall’altro le sue potenzialità e i suoi bisogni.

Servono tre elementi fondamentali:• uso del linguaggio appropriato (scelta dei termini

e costruzione della frase),• una serie di strategie educative (fare esempi,

uso di immagini e sintesi),• uso consapevole di tecniche di comunicazione

come riformulare.

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Quando e in che modo comunicare la diagnosi di cancro?

• Nessuna informazione verrà data al malato in merito alla diagnosi di cancro sino a che l’esito degli esami eseguiti non sia certezza.

• Prima dimensione: Attenzione al contenuto. Messaggio chiaro, completo e comprensibile, concentrato sul tema e non dispersivo, stile del discorso non rigido ma interattivo, rispondere ad ogni quesito, evitare malintesi, attenzione al vissuto del malato, verificare la comprensione, ascolto attivo, attenzione a non creare sensi di colpa. Conversazione centrata sulla persona malata.

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Seconda dimensione: aspetti affettivi ed emotivi

• Non lasciarsi travolgere dai sentimenti e deprimersi,• dimostrare rispetto per le reazioni della persona

malata• comportamento amichevole e premuroso per

incoraggiare• rimanere “naturali” non assumere atteggiamenti

artificiosi• comunicazione verbale coerente con quella non

verbale• accettare tutte le reazioni tra cui, per difesa, anche

la presa di distanza.

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Fasi del processo informativo: accertamento dei bisogni, pianificazione, valutazione.

• Counselling: obiettivo è quello di dare l’opportunità alla persona di esplorare, scoprire e chiarire la strada per raggiungere una forma di vita che la soddisfi maggiormente. I consigli diventano parte dell’informazione: occorre sostenere il malato nello scoprire le proprie risorse individuali per intraprendere il percorso nell’affrontare la malattia.

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• Il medico e l’operatore sanitario devono Il medico e l’operatore sanitario devono cercare di fare una cercare di fare una sintesi sintesi fra la fra la prospettiva biomedica, scientifica con le prospettiva biomedica, scientifica con le sue leggi generali e la narrazione del sue leggi generali e la narrazione del paziente…..paziente…..

• attraverso un ascolto attento e un dialogo attraverso un ascolto attento e un dialogo in cui vengono condivisi e negoziati i in cui vengono condivisi e negoziati i significati.significati.

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Il fine è non solo spiegare un evento patologico, ma comprendere il significato che l’evento ha su quella persona.

Occorre per l’operatore dare spazio e ascolto a parole, pensieri, rappresentazioni ed emozioni che il paziente porta e insieme a lui “costruire” la realtà della malattia attraverso un processo di negoziazione dei significati.

L’obiettivo finale è costruire un progetto assistenziale condiviso e centrato sui reali bisogni del paziente.Costruire un progetto assieme al paziente significa ottenere una più efficace adesione al trattamento.

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Problemi legati all’alimentazione

• Problemi comuni: malnutrizione e perdita di peso.

• Lo sviluppo del supporto nutrizionale e il miglioramento della nutrizione artificiale (enterale e parenterale), introdotti nei programmi di trattamento negli ultimi trent’anni, hanno contribuito significativamente al miglioramento delle cure in oncologia.

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• La malnutrizione: risultato dell’interazione di molti fattori, propri del paziente e specifici della malattia neoplastica.

• Interferiscono inoltre sfavorevolmente sullo stato nutrizionale anche i trattamenti antitumorali, sia a causa di alterazioni meccaniche o funzionali provocate dalla chirurgia, sia per il danno cellulare indotto dalla chemioterapia e dalla radioterapia. Frequenti nausea, vomito, stomatiti, senso di sazietà, cachessia, riduzione dell’appetito, alterazioni del gusto.

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Valutazione e piano nutrizionale

• Valutare all’ingresso: peso, sintomi, eventuale inabilità, anamnesi e abitudini alimentari, variazioni di peso e appetito.

• Durante la degenza: valutazione bilancio idrico, peso, alimentazione quali-quantitativa.

• Pianificare intervento dietetico, posturale, pasti piccoli e frequenti, idratazione.

• Prima della dimissione, valutare l’ambiente familiare, educazione al paziente e famiglia.

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Disgeusia

• Avversione per le carni rosse

• Avversione per il caffè

• Gusto dolce elevato

• Retrogusto metallico

• Intolleranza per cibi acidi

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Ruolo infermieristico

• Consigli per rendere cibi più appetibili, uso di caramelle, sì pesce, pollo, formaggi

• Cibi non troppo caldi, presentazione del piatto, evitare stress

• Coinvolgere la famiglia e la dietista

• Individuare le modificazioni giornaliere dell’appetito

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Dieta in terapia

• Fornire informazioni alimentari

• Per nausea e vomito, evitare cibi troppo dolci, grassi, fritti, speziati, con odori forti, alcool, meglio cibi solidi, asciutti, graditi e freschi, con assaggi, pasti piccoli e frequenti, introdurre modifiche se diarrea o stipsi. Eventuale uso di integratori liquidi, nutrizione parenterale o enterale.

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Alimentazione e cure palliative

• Più controverso e problematico il bisogno per i malati in fase avanzata, occorre tenere presente l’obiettivo: migliorare la Qualità della vita in relazione alle scelte della persona assistita.

• Il risultato di alcune ricerche ha portato alle seguenti conclusioni: l’iperalimentazione non aumenta la sopravvivenza e non rallenta lo sviluppo tumorale, anzi in alcuni casi lo accelera. Il trattamento nutrizionale artificiale può migliorare la qualità della vita, se ben accettato, preferibile l’alimentazione naturale.

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Sindrome anoressia-cachessia• L’anoressia, perdita di peso, malnutrizione

contribuiscono allo sviluppo della cachessia (letteralm. cattiva condizione).

• Presente nell’80% dei pazienti in fase terminale, all’esordio della malattia, nell’80% dei malati con tumori del tratto gastro intestinale superiore e nel 50% dei pazienti con ca. polmonare.

• Si considera cachessia la perdita di peso del 5% in sei mesi, severa quando raggiunge il 10% del peso abituale, riguarda sia il grasso che la massa magra (tessuto muscolare).

• Anoressia: mancanza/ perdita dell’appetito, senso di sazietà precoce.

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Eziopatogenesi

Meccanismi causali:

1. Alterazioni metaboliche

2. Alterazioni gastrointestinali

3. Alterazioni comportamentali

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1. Alterazioni metaboliche

• Ipermetabolismo: nel paziente neoplastico c’è una

↑ spesa energetica, sia a riposo che da sforzo.

• Alterazioni del metabolismo dei carboidrati, dei lipidi e delle proteine (a differenza del dimagramento, consumo degli aminoacidi e perdita massa muscolare, sia per ridotto apporto alimentare, che per aumentato catabolismo.

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2. Alterazioni gastrointestinali

• Disturbi motori (il tumore produce un fattore che determina ritardato svuotamento gastrico).

• Flogistici (mucositi ed enteriti da raggi, chemioterapia, infezioni).

• Disturbi ostruttivi (tumori ORL, esofagei, gastrici, pancreatici, intestinali.

• Malassorbimento (da gastroresezione, resezione pancreatica, enterite).

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3. Alterazioni comportamentali

• Perdita del gusto di alimentarsi

• Perdita del significato sociale del pranzo

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Terapia• Corticosteroidi (riducono la nausea, maggior

senso di benessere e controllo del dolore, riduzione astenia, nessun effetto sul peso; effetti collaterali debolezza muscolare, delirio, iperglicemia, osteoporosi, immunosoppressione e ulcera).

• Progestinici (migliorano l’appetito e lo stato nutrizionale; effetti collaterali: fenomeni tromboembolici, metrorragie, iperglicemia, ipertensione e insufficienza surrenalica).

• Antiserotoninergici, antidepressivi, acido eicosapentanoico (acido presente nel pesce azzurro, disponibile anche in capsule che inibisce la lipolisi e la degradazione proteica dei muscoli).

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Nutrizione artificiale

• Scopi: prevenire e correggere i deficit nutrizionali, preservare la massa magra, aiutare a sopportare meglio le terapie, mantenere le funzioni immunitarie.

• Enterale, quando il tratto g.e. funziona normalmente; non possibile mangiare o bere per oltre 5 gg. per disfagia, anoressia; il paziente è in grado di gestire e accetta il sondino o la PEG.

• Parenterale, se tratto g.e. non funzionante, enterite da chemio-radioterapia, vomito intrattabile.

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Controindicazioni e complicanze della nutrizione artificiale

• Enterale: malassorbimento, occlusione, fistole, diarrea o vomito severi, infezioni intestinali, emorragie. Complicanze: aspirazione di ingesti, decubito e dislocazione del sondino o della PEG.

• Parenterale: intestino funzionante, supporto nutrizionale per meno di 5 giorni, impossibile trovare un accesso venoso, instabilità emodinamica, insufficienza renale severa, prognosi sfavorevole. Complicanze: meccaniche (pneumotorace, trombosi, malposizionamento), settiche, metaboliche (iper-ipoglicemia, ipokaliemia, alterazioni epatiche), incompatibilità con i soluti.

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Misure comportamentali• Creare “un’atmosfera” per il momento del pasto• Rendere attraente il cibo• Favorire l’alimentazione nel pasto preferito dal

paziente• Evitare pasti abbondanti, favorire gli spuntini• I pazienti anoressici non accettano la carne,

somministrare cibi dolci, grassi e calorici, ridurre la frutta e la verdura

• In caso di mucosite usare cibi soffici, non caldi, non salati, acidi, piccanti

• In caso di nausea e vomito cibi salati, freddi e secchi evitando dolci e grassi.

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Mucosite • Stomatite, esofagite, cistite.• Colpisce il 40% dei pazienti trattati con

chemioterapia, il 40% dei pazienti trattati con terapie biologiche, l’80% dei pazienti sottoposti a trapianto di midollo, il 100% dei pazienti radiotrattati per neoplasie di testa-collo.

• Osservare eventuale presenza di eritema, ulcerazione, edema; sintomi quali dolore urente, intolleranza ai cibi caldi, acidi piccanti, disfagia.

• Complicanze della mucosite: infezioni sistemiche, fenomeni emorragici, dolore.

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Obiettivi e interventi assistenziali

• Valutazione• Educazione del paziente e famigliari• Prevenzione, mantenere idratate le mucose,

igiene cavo orale• Nutrizione adeguata, terapia“Con una scrupolosa igiene del cavo orale prima e

durante i trattamenti chemio-radioterapici e aumentando la frequenza delle operazioni quotidiane di pulizia del cavo orale è stata verificata una diminuzione delle infezioni da mucosite del 50%.” (Center for Disease Control)

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Il trattamento del dolore

oncologico

E’ stato in passato spesso inadeguato o inesistente per vari motivi quali:

• - l’ignoranza circa le cure capaci di sopprimere il dolore;

• - la deformazione culturale del medico che, a volte, considera il dolore come sintomo ineluttabile

• - i problemi legali che hanno intralciato l’uso di analgesici oppioidi

• - i problemi legati alla dipendenza dei farmaci oppioidi.

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Per questi ed altri motivi, nei primi anni ’80, l’O.M.S. ha focalizzato l’attenzione sull’argomento pubblicando le linee guida per il controllo del dolore da cancro nel 1986 a Ginevra.

L’obiettivo di queste linee guida è stato quello di stabilire un metodo scientificamente valido che potesse essere usato a livello comunitario nei paesi sviluppati e in quelli in via di sviluppo.

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DOLORE

Esiste una circolarità fra: - d. fisico: risposta di recettori a modificazioni esterne/interne

- d. psichico: impatto di eventi gravi

sulla mente

Dolore: esperienza dell’uomo che lo coinvolge nella sua globalità.

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Dimensioni del dolore

• Biologica/fisiologica: meccanismo di difesa/adattamento (le modalità di attivazione sono il risultato di un percorso filogenetico, livello stabile di attivazione della soglia).

• Non fisiologica: il suo inserimento in complessi meccanismi culturali, sociali, linguistici e quindi ontogenetici ( livello individuale di attivazione della soglia).

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Variabili che influenzano la soglia individuale e l‘atteggiamento del paziente/operatore

sanitario verso il dolore• Culturali: educazione, aspettative, idee, punti di

vista• Sociologiche: età, sesso, istruzione, lavoro• Religiose• Condizioni di vita, eventi vissuti, condizione

emotiva (ansia)• Carattere,sentimenti, volontà,

concentrazione, movimento (anestesia da combattimento, danze)

• Abitudine al dolore/stress (morfina del povero), abitudine all’assunzione di antidolorifici.

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Quindi……..

Non generalizzazioni, immagini stereotipate,

schemi, ma……….

esperienza unica e singolare,

significato individuale da relazione fra

esperienza, storia individuale e

variabili culturali.

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Un tipo di dolore cronico

• Dolore oncologico o maligno, da neoplasia maligna o AIDS, definito dolore totale (oltre al dolore fisico sofferenza psico-affettiva.

• E’ dolore-malattia (non eliminabile con la rimozione di lesioni causali).

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Nella società contemporanea

Rimozione del dolore con isolamento di chi soffre o spettacolarizzazione.

- Fede nella tecnica, presunzione di controllo totale di un fenomeno incontrollabile, usando solo, generalmente, la risposta terapeutica, senza lo sforzo di comprendere il malato e il suo vissuto.

- Soglia più bassa per banalizzazione uso antalgici e scomparsa valori di resistenza

- Complessità legata alle multietnie.

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Fattori che influenzano la soglia

Abbassamento• disagio, isolamento• insonnia• fatica• ansia• paura• rabbia • tristezza,depressione• noia, introversione.

Innalzamento• risoluzione dei sintomi• sonno, riposo• comprensione• solidarietà• attività diversiva• riduzione ansia • uso di farmaci

(analgesici, ansiolitici, antidepressivi).

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Occorre…….

Vedere il dolore non solo come un sintomo,

oggettivo, sempre legato al corpo e da

trattare con una proposta terapeutica uguale

per tutti, ma………

come una esperienza soggettiva, da trattare

considerando il discorso, le percezioni e il

vissuto del paziente.

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Come?

Il medico e l’operatore sanitario devono

cercare di fare una sintesi fra la prospettiva

biomedica, scientifica con le sue leggi

generali e la narrazione del paziente…..

attraverso un ascolto attento e un dialogo in

cui vengono condivisi e negoziati i significati.

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Valutazione del dolore

- all’inizio e ripetuta ad intervalli regolari per verificare l’efficacia dei trattamenti

- occorre conoscere la storia clinica, anche tramite un questionario, un esame diretto del paziente attraverso un colloquio, per superare la rigidità/difficoltà di compilazione del questionario.

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Ricordarsi che il dolore……….

• non sempre ha una causa identificabile (causa oscura o origine psicologica),

• non sempre esistono segni prevedibili (cambiamenti fisiologici o di espressione),

• l’età del paziente non influenza la soglia, ma solo l’espressione,

• uguali stimoli dolorosi in pazienti differenti non producono uguali quantità di dolore,

• l’équipe di cura non è l’esperta del dolore, la persona che prova dolore è l’unico esperto

di quel dolore, occorre farselo spiegare,

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Che misurazioni nel dolore cronico ?

Fisiche (sede del dolore, estensione, sintomi). Funzionali(quantificazione verbale/strumentaledelle oscillazioni del dolore nelle 24 ore, grado diInvalidità fisica, comunicativa e sociale).Aspetti comportamentali/cognitivi (quantità difarmaci assunti,numero visite, postura,andatura,atteggiamento, smorfie, sonno).Fattori emotivi (depressione e ansia). Come?Con autodescrizione e mappe,osservazione,test specifici per fattori emotivi.

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Trattamento del dolore

• E’ un diritto fondamentale del paziente ricevere un trattamento che preveda la prevenzione e sedazione del dolore.

• Occorre predisporre un’organizzazione efficiente che coinvolga tutte le figure professionali interessate, un piano di formazione continua e addestramento sull’uso dei protocolli e metodi di valutazione.

• Oltre ai farmaci l’informazione diventa il principale intervento per il controllo del dolore, come tutti i trattamenti anch’essa va dosata e personalizzata.

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Nel dolore cronico neoplastico

• Nel trattamento farmacologico viene seguito l’approccio sequenziale indicato dall’O.M.S. che prevede prima l’uso dei FANS, poi associati a oppiodi deboli, per ultimo a oppiodi forti, per ogni livello è previsto l’uso di farmaci adiuvanti (steroidi, anticonvulsivanti e psicotropi).

• Tecniche di controllo del dolore non farmacologiche.

• Tecniche complementari. Effetto placebo.• Medicina alternativa.

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• La somministrazione deve essere effettuata a ritmi prefissati e non al bisogno

• La sequenza nell’impiego dei farmaci analgesici di classi diverse deve essere sempre rispettata

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• Oltre al controllo del dolore è fondamentale controllare anche gli altri sintomi, i problemi psicologici, sociali e spirituali al fine di garantire la migliore qualità di vita possibile per malati e famiglie. Ricerche condotte nell’ambito del touching nel 2001 hanno dimostrato che anche toccare il paziente ha effetti terapeutici. L’empatia verso chi soffre consente, in un certo modo, di “assorbire”, almeno parzialmente, il travaglio di chi soffre.

• Le cure palliative mirano ad eliminare tutto ciò che peggiora la malattia agendo sui fattori che abbassano la soglia: sofferenza fisica, effetti iatrogeni delle cure, sconforto, abbandono.

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Cure palliative• Palliativo non significa “inutile”, ma la sua

definizione esatta deriva dalla parola latina pallium, che significa “mantello, protezione”.

• Globalità dell’intervento • Valorizzazione delle risorse del paziente e della

sua famiglia, oltre che del tessuto sociale in cui sono inseriti

• Molteplicità delle figure coinvolte• Rispetto dell’autonomia e dei valori della persona• Continuità, qualità, tempestività, efficacia e

adeguatezza della cura.

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• Secondo una ricerca americana condotta nel 1997 un malato oncologico su quattro non riceve alcun analgesico o gli vengono somministrati farmaci con l’intento di alleviare il dolore piuttosto che per evitarlo, anche se oggi………..

• si sa che l’uso terapeutico della morfina non presenta rischi e non comporta dipendenza

• un corretto approccio farmacologico è ormai considerato in grado di controllare il dolore in più del 90% dei casi.

• Dal 1984 al 1997 il consumo per uso terapeutico in Italia è raddoppiato, ma per consumo di oppiacei l’Italia in Europa all’ultimo posto con Portogallo, seguono Grecia, Spagna, Belgio, Finlandia, Francia, Austria, Germania, Inghilterra e Irlanda.

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L'infusione continua sottocutanea (ICSC) nelle cure palliative

• Nel paziente neoplastico terminale parte degli interventi propri delle Cure Palliative è volta al controllo dei sintomi fisici del paziente ed in particolare del dolore, presente nel 71% dei casi. Esso è di solito ben controllato in fase iniziale dall’impiego di un FANS, eventualmente associato ad uno o più adiuvanti secondo le indicazioni dell’OMS. Raramente però è possibile stazionare al primo gradino della scala analgesica dell’OMS per più di un mese: prima o poi nel 70% dei casi si impone l’uso della morfina. In definitiva con la terapia orale si arriva a controllare il sintomo per periodi estremamente lunghi in una percentuale di pazienti che va dal 70% all’80% a seconda degli autori.

   

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• Per diversi motivi pertanto, in una percentuale di pazienti che va dal 20% al 30%, non è, o non è più possibile controllare il dolore con la somministrazione orale di morfina e si impone un tentativo con la via parenterale, prima di passare a metodiche invasive.

• ICSC è tecnicamente fattibile con l’uso di un infusore, apparecchio più o meno sofisticato ma semplice nell’uso, che permette la somministrazione di piccole dosi del farmaco nel sottocute in modo continuo nel tempo, deve essere piccolo, facile ad usarsi e poco costoso.

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Legislazione italianaGennaio 2001, legge 12 con le norme sulla

liberalizzazione della terapia del dolore.• Consente ai malati terminali di ottenere più

facilmente dal medico antidolorifici a base di morfina, la consegna di farmaci ai pazienti affetti da patologie neoplastiche può essere effettuata anche da personale non medico, nell’ambito di assistenza domiciliare.

• Autorizza i medici a tenere farmaci in quantitativi adeguati alle esigenze per interventi urgenti, vengono ridotti i vincoli posti alla vendita in farmacia, con la soppressione dell’obbligo di accertarsi dell’identità dell’acquirente.

• Decreto del ministero 4/4/2003: nuovi ricettari, prescrizione semplificata.

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Piano Socio Sanitario Regionale Lombardo 2002/2004

• Tra gli interventi prioritari cure palliative e terapia del dolore.

• Interventi per un livello efficiente di controllo del dolore integrandoli nel Progetto Regionale “Ospedale senza dolore”.

• Personalizzazione dell’assistenza e sviluppo di azioni di educazione sanitaria.

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I primi risultati in Italia• 7 strutture su 10 hanno il servizio per il dolore da

cancro contro le 2 su 10 del 2001• In crescita la prescrizione di farmaci per il dolore,

raggiunta la media europea (+219% dal 2001 al 2003). A settembre 2003 + 36,9% rispetto al 2002

• Rimane basso invece il consumo di oppiodi• Aumentati i servizi di cure palliative• Sperimentazione della Regione Lombardia anno

2005: analgesici, prima a totale carico dell’assistito, gratuiti per pazienti neoplastici o affetti da malattia degenerativa.

• Commissione Terapia del dolore istituita presso la Direzione generale dei farmaci del ministero Salute.

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Concludendo:

• Dolore, racchiude la bidimensionalità dell’esistenza: corpo e anima.

• Per questo richiede una valutazione e un trattamento attenti ad aspetti sia oggettivi che soggettivi.

• Un trattamento individualizzato, terapeutico o di aiuto, attento sia alla prospettiva scientifica sia a quella educativa, formale o informale.

• Un’esperienza complessa da cui tutti possono imparare.

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Educativa….L’educazione deve essere organizzata e

pianificata con lo stesso rigore delle pratiche diagnostiche o terapeutiche con scambio tra competenze mediche, infermieristiche, pedagogiche e psicologiche.

• Non deve però essere solo un processo standardizzato e la sua efficacia dipende dalla sua adeguatezza in termini di bisogno del paziente.

• La relazione di cura è già in molti momenti un luogo di insegnamento purché si tratti di un sistema di comunicazione intersoggettivo asimmetrizzato entro il quale le parti procedono nel rendersi progressivamente disponibili ad uno scambio fondato sull’insegnare/imparare.

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Gestione infermieristica

dell’assistenza al malato

sottoposto a chemioterapia,

radioterapia, terapia antinfettiva

e gestione degli accessi venosi.

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Linee guida di intervento

• Pianificare l’informazione al malato su: trattamento, effetti collaterali e azioni e accorgimenti con cui può attenuarli; l’importanza di segnalare tempestivamente sintomi indicativi di stravaso o anafilassi.

• Controllare i valori ematici, peso e alimentazione• Somministrare secondo prescrizione rispettando

l’appropriata preparazione, sequenza, tempi, dosaggio.

• Somministrare la terapia antiemetica prescritta, prima e in seguito, controllando l’efficacia.

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Preparazione e somministrazione dei farmaci

antiblastici

• Misure di protezione durante la diluizione

• Gestione dello stravaso

• Smaltimento escreti

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Misure di protezione per diluizione• Centralizzazione delle attività,• cappa a flusso verticale con filtro; mai a flusso

orizzontale,• aree idonee con bagno, adeguato sistema di

ventilazione, accesso limitato; • dispositivi di protezione individuale, camice

idrorepellente con polsini elastici, mascherine, cuffia, sovrascarpe ,doppi guanti da sostituire ogni 30 minuti di lavoro,

• valutazione del carico di lavoro, registrazione dell’esposizione individuale, sorveglianza sanitaria, formazione, kit di intervento, protocollo e antidoti per spandimento accidentale o contaminazione.

• (D. Lgs. 626/94).

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Nella somministrazione• Trasferendo chemioterapici in sacche, porre

attenzione a non bucarle, il farmaco deve uscire dal locale di preparazione in vassoi chiusi o buste di plastica sigillate con le indicazioni di rischio, a loro volta riposte in contenitori a tenuta.

• Dispositivi di protezione individuale: camice, guanti, occhiali, cuffia, sovrascarpe.

• Lavaggio delle mani prima e dopo ogni sommistr. Evitare manovre a rischio: espulsione dell’aria dalla siringa prima della somministrazione, perdite di farmaco a livello dei raccordi siringa-deflussore, valvola filtro dell’aria.

• Registrazione dosi somministrate, sorveglianza sanitaria e formazione.

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Farmaci fotosensibili

• Alcuni farmaci (Carboplatino, Cisplatino, Dacarbazina, Epirubicina e Metotrexate sono sensibile alla luce, se in soluzione ricostituita stabili a temperatura ambiente e al riparo dalla luce per 20/24 ore, con flaconi e set schermati con involucro protettivo in tessuto o alluminio da mantenersi anche durante la somministrazione.

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Gestione dello stravaso

• Infiltrazione di un farmaco nei tessuti per fuoriuscita dello stesso dal vaso sanguigno,

• il grado del danno dipende dalle caratteristiche del farmaco (vescicante o irritante), dalla quantità del farmaco assorbita, durata dell’esposizione, sede dell’infiltrazione,

• i farmaci irritanti hanno un effetto localizzato sulla vena, con o senza reazioni cutanee, normalmente non provocano danni ai tessuti, solo bruciore e fastidio locale; i vescicanti possono provocare necrosi tessutale.

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Gestione dello stravaso

• Irritanti: tra questi Carboplatino, Cisplatino, F.U., antidoti sodio tiosolfato o sodio bicarbonato, in rapporto al tipo di farmaco, in acqua distillata sterile, somministrati immediatamente praticando sottocutanee multiple di 5 ml attorno alla sede dello stravaso.

• Vescicanti: tra questi Adriamicina, Mitomicina, Vincristina, Taxolo, antidoti sodio tiosolfato, acido ascorbico o desametasone in soluzione da 1 ml a 3 ml sottocute in rapporto al tipo di farmaco.

• Non irritanti: tra questi MTX e Bleomicina

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Nel sospetto di uno stravaso in una viad’accesso periferica:

• interrompere subito l’infusione senza rimuovere l’ago,

• aspirare la maggior quantità possibile di farmaco ed almeno 3 ml di sangue, poi rimuovere l’ago, anestesia cutanea con cloruro di etile,

• sollevare l’arto per favorire il deflusso venoso,• in rapporto al farmaco, usare l’antidoto, le

procedure (uso di idrocortisone), lidocaina localmente impacchi caldi o freddi,

• non comprimere o frizionare, proseguire la chemioterapia nell’altro braccio,

• tenere sotto osservazione la zona per 1-2 settimane.

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Smaltimento escreti• Usare dispositivi di protezione individuale: camice,

guanti, maschera, occhiali, cuffia e sovrascarpe.• Gli escreti dei pazienti trattati vanno raccolti in

modo differenziato e decontaminati con antidoti (alcool 70% o ipoclorito di sodio al 10%), poi smaltiti. La raccolta delle urine va fatta in recipienti chiusi con coperchio a vite. Anche i servizi contaminati da feci, urine o vomito vanno trattati con gli antidoti (metaboliti di alcuni farmaci presenti fino a 48 ore dopo la somministrazione).

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Assistenza durante la terapia

• I farmaci distruggono anche alcuni tipi di cellule normali, le più vulnerabili che si dividono e proliferano più rapidamente (del midollo osseo i globuli bianchi, del bulbo pilifero e della mucosa gastrica).

• Il danno a queste cellule determina mielodepressione, alopecia, mucositi, diarrea, stipsi, nausea e vomito.

• Per pianificare l’assistenza occorre: conoscere il paziente, le sue aspettative, gli obiettivi del trattamento, competenza e conoscenze sulla chemioterapia, modalità, precauzioni, effetti collaterali, eventi per controllo della tossicità, protocolli.

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Il problema delle infezioni• Le statistiche dimostrano che l’infezione è la

principale causa di morbilità e mortalità nei malati di cancro.

• I pazienti neoplastici sono particolarmente suscettibili alle infezioni. I meccanismi di difesa immunitari vengono alterati dal processo neoplastico e dai trattamenti. La chemioterapia e la radioterapia deprimono il midollo osseo e causano neutropenia, alterazioni nelle difese anche per l’uso dei corticosteroidi.

• I segni classici dell’infezione - edema, calore, eritema e dolore - sono spesso assenti e rimane solo la febbre come segno di infezione e di emergenza potenzialmente molto pericolosa.

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• L’azione dei macrofagi viene indebolita nelle neutropenie acute da chemioterapia, danneggiata dalla radioterapia, compromessa dall’invasione tumorale del midollo, i corticosteroidi danneggiano la crescita dei neutrofili e macrofagi.

• La chemioterapia rende i malati più a rischio di infezioni fungine e virali (herpes), oltre alle batteriche.

• I fattori che contribuiscono al rischio di infezione: difetti nell’immunità umorale, cellulare, organi con forme ostruttive, granulocitopenia, distruzione dei tegumenti e mucose, uso di presidi a permanenza.

• Ritardi nella diagnosi e mancanza di un intervento tempestivo possono far evolvere l’infezione in sepsi, i tassi di mortalità per sepsi e shock settico vanno dal 40% al 90% dei casi.

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• In caso di febbre senza eziologia apparente (farmaci, tumore, trasfusioni), devono essere esaminati tutti i siti di potenziale ingresso di germi (cute in zone di iniezioni, biopsie; pliche cutanee, cavità orale, zona perianale, occhi, addome, valutare presenza di tosse, espettorato, disuria, pollacchiuria, diarrea.

• La terapia antibiotica va iniziata subito senza attendere l’esito degli esami colturali. Documentato un tasso di mortalità del 70% entro le prime 48 ore in pazienti neutropenici febbrili che non hanno ricevuto trattamento antibiotico immediato.

• La terapia viene interrotta dopo 5/7 giorni se il malato raggiunge o possiede un adeguato numero di granulociti (oltre 500), non presenta episodi febbrili ed è libero da infezioni.

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La prevenzione e terapia

• Preservare i meccanismi di difesa: istruire il paziente e la famiglia a riconoscere i segni e sintomi (febbre sup. 38°, malessere, cefalea). Riposo adeguato alternato a movimento per evitare i rischi dell’immobilità.

• Linee guida respiratorie: evitare fumo, movimento, esercizi quali il tossire e respirare profondamente ogni 4 ore.

• Preservare l’integrità delle barriere meccaniche: curare l’igiene orale, perianale e rettale; curare l’igiene della cute e mucose con detergenti non irritanti; evitare lesioni, attrito o compressione della cute sottoposta a radioterapia; limitare infusioni, iniezioni, cateterismi.

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• Eliminazione delle fonti di infezione dall’ambiente ospedaliero e dal personale, con lavaggio frequente delle mani per personale e visitatori, evitare fiori, umidificatori.

• Controllo frequente temperatura, stato generale, punti di inserzione dei cateteri, esami di laboratorio (il livello ottimale dei globuli bianchi da 4.000 a 10.000).

• Isolamento per pazienti con grave neutropenia o aplasia: camera singola con servizi, flusso di visitatori ridotto, ricambo giornaliero della biancheria, usare cibi cotti, cambiare la sede dei cateteri venosi periferici ogni 48 ore.

• Terapia: CSF fattori stimolanti la crescita, ormoni che stimolano la produzione della componente cellulata del sangue, associati alla chemioterapia riducono la neutropenia, permettono dosi maggiori.

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StomatitePer azione della chemioterapia o della

radioterapia.Igiene orale

Esame della cavità oraleNon usare soluzioni contenenti alcool, adatti fisiologica con bicarbonato o sale, camomilla, clorexidina per prevenire e ghiaccio in bocca

per ridurre la tossicità di alcuni farmaci. Antifungini, antimicotici e antibatterici

Anestetici locali o analgesici per il dolore.

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Nausea e vomito• Non in tutti i casi ma frequenti per: ostruzione

meccanica, disturbi motori, radioterapia, chemioterapia

• 30%, Emesi anticipata, prima di usare il farmaco, alta componente emotiva

• Emesi acuta, 2 o 3 ore dopo la chemioterapia, maggiore e più frequente dei problemi

• Emesi ritardata, oltre 16/24 ore dopo e può perdurare, prevenire l’acuta evita l’insorgenza della ritardata

• Antiemetici e desametasone, educazione, comfort, dieta, rilassamento.

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• Stipsi, disturbo non frequente e perlopiù di modesta entità

• Diarrea, più frequente, occorre tenere sotto controllo gli effetti

• Alopecia, presente nella maggior parte dei trattamenti, l’effetto è reversibile, la crescita dopo 3/5 mesi dalla caduta, sempre al termine del trattamento. Incidenza variabile, la ricrescita può avere caratteristiche diverse.

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La radioterapia

• L’approccio primario alla malattia con radioterapia è sempre meno utilizzato, relegato a forme neopastiche localizzate (esempio gli stadi precoci del morbo di Hodgkin). La radioterapia adiuvante alla chirurgia e/o chemioterapia è attualmente l’applicazione più diffusa.

• Cura della zona radiata per evitare lesioni: evitare indumenti aderenti, sconsigliati deodoranti, usare lozioni emollienti, proteggere la cute dal freddo e luce solare diretta. Non depilare.

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Gli accessi venosi a lungo

termine

Negli anni ‘80 l’evoluzione delle metodologie di curaha portato ad una grande diffusione del loro uso clinico.Ma prima del 1988 questi nuovi cateteri erano presidicomplessi e poco conosciuti, associati a molteproblematiche tecniche e cliniche che ciascunoperatore risolveva in modo personale o daautodidatta, viste anche le scarse possibilità diconfronto fra operatori e la poca bibliografia disponibile in letteratura.

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L’esigenza in campo oncologico e nella nutrizione parenterale era di avere a disposizione cateteri che dessero la massima garanzia di:

• a) stabilità dell’accesso venoso,• b) possibilità di uso discontinuo,• c) durata illimitata,• d) protezione da complicanze infettive

e trombotiche,• e) massima biocompatibilità.

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L’importanza dei nuovi cateteri venosi, che piùcorrettamente potremmo definire come “sistemi diaccesso venoso a medio e lungo termine” rispettoai cateteri venosi centrali utilizzati in ambitoospedaliero, sta soprattutto nella possibilità di unloro uso discontinuo, quindi anche a domicilio oambulatorialmente.

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Sistemi venosi a lungo termine

• Possiamo classificarli in due grandi categorie:

• 1. sistemi tunnellizzati esterni

• 2. sistemi totalmente impiantabili o “port”.

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• Sistemi tunnellizzati esterni• I sistemi tunnellizati esterni possono essere:• a) a lume singolo o doppio,• b) a punta aperta (es. Hickman) o chiusa (es.

Groshong).• Questi cateteri venosi centrali - generalmente in

silicone, ma talora anche in poliuretano vengono tunnellizzati all’esterno. La tunnellizzazione ha un triplice scopo:

• a) stabilizzare il catetere,• b) proteggere il catetere da infezioni che

potrebbero entrare dal foro di uscita,• c) far uscire il catetere in un punto comodo per

la gestione e la medicazione.

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Tutti i cateteri tunnellizzati hanno una cuffia (in Dacron) fissata al sistema nel tratto di catetere destinato alla tunnellizzazione; tale cuffia è necessaria per creare aderenze tra il catetere e il sottocute del paziente in modo da stabilizzare il catetere stesso (3-5 settimane); se viene utilizzato un sistema di fissaggio alla cute, questo è sempre temporaneo, poiché la stabilizzazione del catetere è legata alla presenza della cuffia.

La maggior parte di questi sistemi venosi utilizza come tecnica di impianto la venipuntura percutanea, La vena prescelta è solitamente la v. succlavia o giugulare con tunnellizzazione in senso caudale e fuoriuscita del catetere in regione sottoclaveare.

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• Sistemi totalmente impiantabili o “port”

• I sistemi totalmente impiantabili sono cateteri venosi centrali connessi ad un “reservoir” intascato sottocute. La camera-serbatoio (reservoir) è costituita in titanio o polisulfone, dotata di un setto perforabile e connessa ad in catetere in silicone o poliuretano. L’accesso al sistema avviene mediante puntura transcutanea del setto del reservoir utilizzando aghi speciali (aghi di Huber) che non lesionano il setto (sono possibili più di mille punture).

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La fase terminale

della malattia

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Le fasi del morire

• Reazioni messe in atto al momento della comunicazione di una prognosi infausta: passaggi che possono durare ore, giorni, o mesi; a volte si sovrappongono e si alternano, ogni morte è unica quindi estrema diversità nel vissuto delle fasi per differenze culturali, formazione o coscienza del malato.

• Rifiuto della diagnosi e prognosi• Collera• Compromesso • Depressione • Accettazione

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Atteggiamenti del personale

• In rapporto a come l’individuo si confronta con la

propria morte diverse tipologie di comportamento.

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• Punizione, l’infermiere considera la morte come atto ostile nei suoi confronti (ritarda l’assistenza, rigido, si arrabbia se muore nel suo turno)

• Ira come risposta all’impotenza verso la morte e per senso di colpa

• Finzione e inesistenza del problema, evita di parlarne con il paziente, si sente a disagio

• Tecnicismo e rigidità (linguaggio che distanzia, il paziente evita il confronto)

• Efficientismo (tenersi occupati con attività manuali)

• Fuga, evita la stanza, attività ridotte al minimo• Spersonalizzazione, assistenza fatta in modo

impersonale, le attività non riguardano i soggetti coinvolti.

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• Parlare della morte crea ansia, ma possiamo aiutare una persona ad affrontarla solo se noi ci abbiamo pensato e abbiamo elaborato un atteggiamento positivo verso di essa.

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• Relazione di aiuto non sostituibile che richiede:• Non forzare paziente e familiari ad attraversare le

fasi in successione• Ascolto attivo, creare un rapporto di fiducia.

Sostenerlo e cogliere i messaggi verbali e non verbali

• Linguaggio chiaro, semplice uguali versioni tra operatori, non mostrarsi sbrigativi e indifferenti, ma rassicuranti, rispettosi e comprensivi, considerare le proprie reazioni

• Offrire una speranza, accettando la morte, consentirgli di vivere con dignità, permettergli di esprimersi, trasmettere solidarietà (contatto, vicinanza).

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ACCANIMENTO TERAPEUTICO,

eutanasia o cure palliative?• La necessità è comunicare in modo chiaro e

preciso che gli “ultimi passi” possono essere percorsi in vari modi.

L’importante è dire al malato e alla sua famiglia la verità, comprendere la necessità di saper riconoscere i propri limiti come curanti e terapisti.

• Le cure palliative, nate circa 30 anni fa in Inghilterra, sono la cura globale e multidisciplinare per i pazienti affetti da una malattia che non risponde più a trattamenti specifici e di cui la morte è la diretta conseguenza.

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Eutanasia• La parola eutanasia proviene dal gre-co: eu =

buono, thanatos = morte. 'Buona morte', quindi, termine che si è evoluto e adesso fa riferimento all'atto di concludere la vita di un'altra persona, dietro sua richiesta, allo scopo di diminuirne le sofferenze.

• Eutanasia passiva: si riferisce alla morte naturale, quando cioè viene sospeso l'uso degli strumenti vitali o delle medicine in modo che si verifichi una morte completamente naturale.

• Eutanasia attiva: termine che fa riferimento alla morte procurata.

• Suicidio assistito: avviene quando qualcuno dà delle informazioni e i mezzi necessari ad un paziente affinché possa far finire la propria vita.

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Testamento biologico• Nel dicembre del 2003 il Comitato nazionale di

bioetica (Cnb) ha espresso il suo parere favorevole alle «direttive anticipate di trattamento». Il documento, stilato dal Comitato, dà la possibilità ad ogni individuo, nel pieno delle sue capacità, di indicare quali cure vorrà ricevere o interrompere quando non sarà più in grado di esprimere direttamente i suoi desideri.

• Le direttive anticipate, così come vengono definite dal Comitato, sono scritte, mai orali, su un foglio, senza moduli affidato a un fiduciario e depositato in un luogo pubblico (Asl o ospedale). Prevede che si possa chiedere la sospensione di una terapia o di un intervento se non più utili ad una vita dignitosa.

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• Hanno carattere non vincolante per il medico che però, soprattutto nel caso le contraddica, dovrà giustificarsi per iscritto nella cartella clinica. Tutela la libertà del paziente e l’autonomia del medico.

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Le cure palliative:• affermano la vita e considerano la morte come

un evento naturale; • non accelerano né ritardano la morte; • provvedono al sollievo del dolore e degli altri

sintomi; • integrano gli aspetti psicologici, sociali e

spirituali dell’assistenza; • offrono un sistema di supporto per aiutare la

famiglia durante la malattia del paziente e durante il lutto.

• L’équipe di cure palliative è costituita da un medico, un infermiere, un assistente sociale, uno psicologo, un volontario, opera in casa o in hospice.

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• La peculiarità della medicina palliativa è il nuovo approccio culturale al problema della morte, considerata non più come l’antagonista da combattere ma accettata a priori come evento inevitabile. Da questa premessa teorica nasce una pratica clinica che pone al centro dell’attenzione non più la malattia, ma il malato nella sua globalità.

La consapevolezza della morte induce un’attenzione più acuta alla qualità della vita ed alla sofferenza di chi sta per morire. Come riporta Spinsanti:

"la medicina delle cure palliative è e rimane un servizio alla salute. Non dunque una medicina per morente e per aiutare a morire, ma una medicina per l’uomo, che rimane un vivente fino alla morte" (Spinsanti, 1988).

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• La prima iniziativa, strutturata per offrire una risposta pratica e scientifica ai problemi del malato morente, per istituire cioè un sistema di cure palliative, è un fatto piuttosto recente e si collega al movimento Hospice nato negli anni Sessanta grazie a Cicely Saunders fondatrice del St. Christopher’s Hospice di Londra.

• L’Hospice fornisce supporto ed assistenza a chi si trova nella fase terminale di una malattia inguaribile, per consentirgli di vivere la vita residua in pienezza e nel modo più confortevole possibile. Da un punto di vista organizzativo l’Hospice è una struttura intraospedaliera o isolata nel territorio che ha in parte le caratteristiche della casa, in parte quelle dell’ospedale.

• Lombardia: 32 hospice e 414 posti letto.

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• La perdita del ruolo sociale e familiare e la nascita di nuovi rapporti dipendenti dallo stato di malattia vengono a pesare fortemente sull’emotività del paziente. L’adattamento alle limitazioni fisiche imposte dal progredire della malattia e la conservazione della propria dignità spesso sono resi difficili dalla mancanza di adeguate condizioni socio-ambientali.

• I problemi più rilevanti sono quelli psicologici, anche se la connessione con i problemi fisici è in molti casi diretta. Perdita dell’identità che, a seconda della diverse condizioni fisiche e socio-economiche, si concretizza in differenti significati:

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• perdita del ruolo professionale ed economico • perdita del ruolo nell’ambito familiare • declino delle capacità intellettuali. Oltre alla sofferenza e alle conseguenze emotive

prodotte dalla malattia e dagli effetti collaterali delle terapie, ritroviamo nell’ammalato:

• la paura che il dolore possa divenire incontrollabile

• la paura di morire • la paura di perdere l’autocontrollo mentale e/o

fisico • la preoccupazione di perdere il proprio ruolo in

famiglia e sentirsi di peso.

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• Per i familiari la malattia inguaribile e mortale costituisce una dura prova esistenziale: al dramma della sofferenza e della perdita di una persona si aggiungono molteplici problemi che si radicalizzano sovrapponendosi ed intrecciandosi gli uni con gli altri e per lo più trovano i familiari impreparati ad affrontarli. Le questioni sono di tre ordini:

• problemi affettivi e personali • problemi della comunicazione • problemi organizzativi e di gestione.

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• La fase terminale, da qualsiasi evento possa essere determinata, se deve essere contrastata per renderla meno sofferta, deve ricercare per la persona una qualità di vita dignitosa, motivata, qualunque sia la speranza di quel momento. Qualità della vita che ripropone come sempre la necessità che anche l’uomo in questi momenti abbia ancora il desiderio di vivere per il tempo che gli resta nel modo meno sofferto possibile, il desiderio di mantenere la propria dignità.

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Sentimento della perdita di senso

• L’individuo sembra aver perso tutto, ogni rotta, ogni direzione, ogni sentimento, anche perché la sofferenza stessa avvolge il soggetto-persona nella sua globalità.

In tal senso possiamo distinguere: - un dolore psicologico, la sofferenza di sentirsi

profondamente mutati; - un dolore sociale, la percezione di un

cambiamento nei rapporti più significativi; - un dolore esistenziale, il bisogno di trovare un

significato in un cambiamento radicale della propria vita.

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• Quando la vita sembra non avere più prospettive e senso, la morte o la necessità di anticiparla possono divenire ricorrenti.

• E comunque sia bisogna rispettare ogni persona che matura scelte come queste.

• Ma anche nelle sofferenze c’è un messaggio di speranza, nel dolore c’è una possibilità di futuro, nel presente c’è necessità di un domani.

• La necessità di senso, e dell’orientamento, della direzione che la vita dovrebbe avere, nel compito che si è chiamati ad assolvere e che permette di indirizzare la propria esistenza verso un traguardo, sapendo affrontare il dolore, dandosi un compito e un senso:

• l’amore che possiamo dare e ricevere.

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• Riconoscere i propri limiti e imparare a ricaricarsi, non atteggiamento difensivo, più ci si difende più ci si sente stanchi.

• Chi si dà, sembra ricaricarsi simultaneamente….

(“La morte amica” di Marie De Hennezel)

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• La traccia, il senso che dobbiamo tentare di continuare a lasciare dietro di noi:

costruendo il senso della nostra storia o attraverso gli altri ricostruire il senso del proprio vissuto…….

Lasciare una traccia, una storia può essere un grande dono sia per chi riceve che per chi dona.

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• Probabilmente il fascino esercitato dalle storie autobiografiche, anche di personaggi che possono esserci estranei, dipende proprio dalla loro capacità di indurci a riflettere sulle esperienze, ad andare oltre ai ricordi specifici, alla registrazione dei fatti, per individuarvi significati più generali.

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