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1 1. La Povertà in Italia 1.1 La stima della povertà sulla base della Indagine Istat sui consumi 1.1.1 La povertà relativa nel biennio 2007- 2008 Nel 2008 le famiglie che vivono in condizioni di povertà relativa1 L’intensità della povertà sono 2 milioni 737 mila e rappresentano l’11,3% delle famiglie residenti; si tratta di 8 milioni 78 mila individui poveri, pari al 13,6% dell’intera popolazione (tab. 1.1). 2 , che fornisce indicazioni sul grado di povertà delle famiglie, è risultata pari al 21,5%. La spesa media equivalente delle famiglie povere è prossima, infatti, a 784 euro al mese, sostanzialmente invariata rispetto al 2007. Tab. 1.1 - Indicatori di povertà relativa per ripartizione geografica. Anni 2007-2008 (migliaia di unità e valori percentuali) Nord Centro Mezzogiorno Italia 2007 2008 2007 2008 2007 2008 2007 2008 Migliaia di unità famiglie povere 631 572 297 317 1,725 1,847 2,653 2,737 famiglie residenti 11,532 11,716 4,670 4,771 7,679 7,771 23,881 24,258 persone povere 1,563 1,592 827 945 5,152 5,541 7,542 8,078 persone residenti 26,648 26,919 11,421 11,601 20,688 20,740 58,757 59,261 Composizione percentuale famiglie povere 23.8 20.9 11.2 11.6 65.0 67.5 100.0 100.0 famiglie residenti 48.3 48.3 19.6 19.7 32.2 32.0 100.0 100.0 persone povere 20.7 19.7 11.0 11.7 68.3 68.6 100.0 100.0 persone residenti 45.4 45.4 19.4 19.6 35.2 35.0 100.0 100.0 Incidenza della povertà (%) famiglie 5.5 4.9 6.4 6.7 22.5 23.8 11.1 11.3 persone 5.9 5.9 7.2 8.1 24.9 26.7 12.8 13.6 Intensità della povertà (%) famiglie 19.2 18.0 17.1 19.6 21.6 23.0 20.5 21.5 Fonte: Istat, Indagine sui consumi delle famiglie 1 La stima dell’incidenza della povertà relativa (la percentuale di famiglie povere sul totale delle famiglie residenti) viene calcolata sulla base di una soglia convenzionale (linea di povertà) che individua il valore di spesa per consumi al di sotto del quale una famiglia viene definita povera in termini relativi. Per una famiglia di due componenti la linea di povertà è pari alla spesa media pro-capite nel Paese. Nel 2008, tale soglia è pari a 999,67 euro mensili. La spesa equivalente per famiglie di diversa ampiezza è calcolata applicando la scala di equivalenza Carbonaro (cfr. box 1). Numero componenti famiglia Soglia di povertà relativa (€) 1 599,80 2 999,67 3 1.329,56 4 1.629,46 5 1.899,37 6 2.159,29 7 o più 2.399,21 2 L’indice di intensità è una misura di quanto, in percentuale, la spesa media equivalente (rapportata cioè a una famiglia di due componenti) delle famiglie definite povere è al di sotto della soglia di povertà. Essa consente di valutare, in altri termini, la gravità della condizione di povertà ed è un’informazione di estrema importanza, quando s’intende stimare il costo monetario delle politiche pubbliche di contrasto alla povertà.

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1. La Povertà in Italia 1.1 La stima della povertà sulla base della Indagine Istat sui consumi 1.1.1 La povertà relativa nel biennio 2007- 2008

Nel 2008 le famiglie che vivono in condizioni di povertà relativa1

L’intensità della povertà

sono 2 milioni 737 mila e rappresentano l’11,3% delle famiglie residenti; si tratta di 8 milioni 78 mila individui poveri, pari al 13,6% dell’intera popolazione (tab. 1.1).

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, che fornisce indicazioni sul grado di povertà delle famiglie, è risultata pari al 21,5%. La spesa media equivalente delle famiglie povere è prossima, infatti, a 784 euro al mese, sostanzialmente invariata rispetto al 2007.

Tab. 1.1 - Indicatori di povertà relativa per ripartizione geografica. Anni 2007-2008 (migliaia di unità e valori percentuali)

Nord Centro Mezzogiorno Italia 2007 2008 2007 2008 2007 2008 2007 2008 Migliaia di unità famiglie povere 631 572 297 317 1,725 1,847 2,653 2,737 famiglie residenti 11,532 11,716 4,670 4,771 7,679 7,771 23,881 24,258 persone povere 1,563 1,592 827 945 5,152 5,541 7,542 8,078 persone residenti 26,648 26,919 11,421 11,601 20,688 20,740 58,757 59,261 Composizione percentuale famiglie povere 23.8 20.9 11.2 11.6 65.0 67.5 100.0 100.0 famiglie residenti 48.3 48.3 19.6 19.7 32.2 32.0 100.0 100.0 persone povere 20.7 19.7 11.0 11.7 68.3 68.6 100.0 100.0 persone residenti 45.4 45.4 19.4 19.6 35.2 35.0 100.0 100.0 Incidenza della povertà (%) famiglie 5.5 4.9 6.4 6.7 22.5 23.8 11.1 11.3 persone 5.9 5.9 7.2 8.1 24.9 26.7 12.8 13.6 Intensità della povertà (%) famiglie 19.2 18.0 17.1 19.6 21.6 23.0 20.5 21.5 Fonte: Istat, Indagine sui consumi delle famiglie

1 La stima dell’incidenza della povertà relativa (la percentuale di famiglie povere sul totale delle famiglie residenti) viene calcolata sulla base di una soglia convenzionale (linea di povertà) che individua il valore di spesa per consumi al di sotto del quale una famiglia viene definita povera in termini relativi. Per una famiglia di due componenti la linea di povertà è pari alla spesa media pro-capite nel Paese. Nel 2008, tale soglia è pari a 999,67 euro mensili. La spesa equivalente per famiglie di diversa ampiezza è calcolata applicando la scala di equivalenza Carbonaro (cfr. box 1).

Numero componenti famiglia

Soglia di povertà relativa (€)

1 599,80 2 999,67 3 1.329,56 4 1.629,46 5 1.899,37 6 2.159,29 7 o più 2.399,21

2 L’indice di intensità è una misura di quanto, in percentuale, la spesa media equivalente (rapportata cioè a una famiglia di due componenti) delle famiglie definite povere è al di sotto della soglia di povertà. Essa consente di valutare, in altri termini, la gravità della condizione di povertà ed è un’informazione di estrema importanza, quando s’intende stimare il costo monetario delle politiche pubbliche di contrasto alla povertà.

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Nel Mezzogiorno, ben il 23,8% delle famiglie residenti risulta sotto la linea di povertà relativa, ovvero il 67,5% del totale delle famiglie povere. Nel Centro-nord, dove meno del 7% delle famiglie si trova in condizione di povertà (4,9% nel Nord e 6,7% nel Centro), vive circa il 33% delle famiglie povere, nonostante vi risieda ben il 68% del totale delle famiglie.

Box 1 – La stima della povertà A partire dagli anni ’80, in Italia è stata messa a punto una metodologia di stima della povertà relativa che si basa sulla spesa per consumi delle famiglie e che permette all’Istat di fornire con cadenza annuale una stima ufficiale dell’incidenza del fenomeno a livello regionale. Si definisce povera una famiglia di due componenti con una spesa per consumi inferiore o pari alla spesa media per consumi pro-capite (International Standard of poverty Line, ISPL). Per famiglie di diversa ampiezza viene utilizzata una scala di equivalenza che tiene conto dei differenti bisogni e delle economie/diseconomie di scala che è possibile realizzare in famiglie di maggiore o minore ampiezza. La scala di equivalenza utilizzata, elaborata specificamente nell’ambito della Commissione povertà, è nota come scala di equivalenza Carbonaro e rappresenta l’insieme dei coefficienti3

viene divisa al fine di essere resa equivalente a quella di una famiglia di due componenti. La stima della povertà viene diffusa tramite due indici. Il primo è la proporzione dei poveri (incidenza), il secondo è il divario medio di povertà (intensità), che misura di quanto, in termini percentuali, la spesa media mensile equivalente delle famiglie povere è inferiore alla linea di povertà. Inoltre, l’Istat affianca alla soglia di povertà calcolata in base all’International Standard of Poverty Line due soglie aggiuntive, pari rispettivamente all’80% e al 120% del valore standard, che consentono di individuare, da un lato, la quota di famiglie che, sebbene non povere, avendo livelli di spesa per consumi molto prossimi alla linea di povertà, sono maggiormente esposte al rischio di diventarlo; dall’altro, la quota delle famiglie più

12 con cui la spesa di una famiglia di una certa ampiezza

disagiate tra le povere, con livelli di spesa per consumi molto al di sotto della linea di povertà. Fino ad oggi, in Italia, la scelta di utilizzare la spesa per consumi come base informativa per l’analisi della povertà ha trovato giustificazione nel fatto che questi dati, consolidati e robusti, sono annualmente disponibili da oltre trenta anni e hanno permesso la stima e il monitoraggio continuo del fenomeno. L’incidenza di povertà calcolata a partire da dati sul reddito viene utilizzata a partire dal 2004 dall’Unione Europea grazie alla disponibilità dei dati prodotti nel contesto del Regolamento EU-SILC. Sul piano teorico vi sono buone ragioni a favore sia della spesa per consumi, sia del reddito come indicatori di povertà economica. Il reddito corrente rappresenta una misura delle risorse economiche a disposizione della famiglia e non è influenzato dalle scelte di allocazione e dalle preferenze dei vari componenti. Tuttavia, il potenziale di reddito che la famiglia ha a disposizione (reddito permanente) non dipende solo da quello corrente, ma anche dal reddito pregresso e dalle scelte di allocazione (attività di risparmio, investimento, ecc.) effettuate dalla famiglia. Di conseguenza, il reddito corrente può presentare fluttuazioni anche rilevanti nel corso del tempo (si pensi al reddito dei lavoratori autonomi o stagionali), che non corrispondono a una variabilità altrettanto marcata in termini di risorse disponibili. In generale, l’analisi della povertà relativa mostra un’incidenza più elevata se valutata in termini di reddito disponibile piuttosto che di spesa per consumi. La distribuzione del reddito è infatti più disomogenea e concentrata rispetto alla distribuzione della spesa per consumo (a seguito di scelte di risparmio e/o indebitamento). La diversa propensione al consumo nelle varie fasi del ciclo di vita familiare, inoltre, può ridurre o aumentare le distanze tra le varie tipologie di famiglia rispetto a un'analisi condotta sui redditi (la recente formazione di una coppia, ad esempio, può associarsi ad una fase di indebitamento da parte della famiglia e indurre, quindi, una stima della diffusione della povertà meno elevata se basata sulla spesa per consumi rispetto a quella che si otterrebbe a partire dai livelli di reddito).La scelta tra consumo e reddito resta quindi in parte aperta, ed è piuttosto il confronto tra i due aggregati che apporta il maggior contributo informativo. Nel corso del 2009, l’Istat ha pubblicato una nuova stima della povertà assoluta che si basa sul valore monetario di un paniere di beni e servizi considerati essenziali. A differenza delle misure di povertà relativa, che individuano la condizione di povertà nello svantaggio di alcuni soggetti rispetto agli altri, la povertà assoluta si riferisce all’incapacità di acquisire i beni e i servizi necessari. Nel caso specifico dell’Italia, l’insieme dei beni e servizi è quello che, per una determinata famiglia, è considerato essenziale a conseguire uno standard di vita minimamente accettabile. La soglia di povertà assoluta varia, per costruzione, in base alla dimensione della famiglia, alla sua composizione per età, alla ripartizione geografica e alla dimensione del comune di residenza. Di conseguenza, le soglie di povertà assoluta non vengono definite solo rispetto all’ampiezza familiare (così come viene fatto per la povertà relativa), ma sono calcolate per ogni singolo tipo di famiglia, in relazione alla zona di residenza, al numero e all’età dei componenti. Le famiglie con una spesa mensile pari o inferiore al valore della soglia vengono classificate come assolutamente povere. Ancora una volta, la spesa familiare considerata è quella rilevata dall’indagine sui consumi

3 I coefficienti risultano: 0,60 per un componente; 1,0 per due componenti; 1,33 per tre componenti; 1,63 per quattro componenti; 1,90 per cinque componenti; 2,16 per sei componenti; 2,40 per sette o più componenti)

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Nel Mezzogiorno, inoltre, ad una più ampia diffusione del fenomeno si associa

una maggiore gravità: le famiglie povere presentano una spesa media mensile equivalente di 770 euro (l’intensità è del 23%), contro gli 820 e 804 euro osservati per il Nord e per il Centro (18% e 19,6% rispettivamente). (tab. 1.2)

Tab. 1.2 - Incidenza di povertà relativa, errore relativo e intervallo di confidenza per regione e ripartizione geografica. Anni 2007-2008 (valori percentuali)

2007 2008 Intensità

REGIONE E RIPARTIZIONE GEOGRAFICA

Incidenza di povertà Incidenza di povertà

2007 2008 % errore

relativo % intervallo di confidenza

% errore

relativo %

intervallo di confidenza

lim.inf. lim.sup lim.inf. lim.sup

Italia 11.1 2.78 10.5 11.7 11.3 2.39 10.8 11.8 20.5 19.1 Piemonte 6.6 12.53 5.0 8.2 6.1 11.26 4.8 7.4 20.9 22.0 Valle d'Aosta 6.5 11.61 5.0 8.0 7.6 25.39 3.8 11.4 21.0 19.8 Lombardia 4.8 12.82 3.6 6.0 4.4 11.69 3.4 5.4 20.5 16.2 Trentino-Alto Adige 5.2 10.48 4.1 6.3 5.7 10.77 4.5 6.9 18.7 17.3 Trento 4.5 19.68 2.8 6.2 5.8 15.01 4.1 7.5 19.6 14.9 Bolzano 5.9 9.77 4.8 7.0 5.7 15.44 4.0 7.4 17.9 13.4 Veneto 3.3 19.52 2.0 4.6 4.5 13.26 3.3 5.7 18.5 18.9 Friuli-Venezia 6.6 13.94 4.8 8.4 6.4 18.45 4.1 8.7 18.1 17.4 Liguria 9.5 20.21 5.7 13.3 6.4 12.33 4.9 7.9 18.4 17.3 Emilia-Romagna 6.2 16.04 4.3 8.1 3.9 15.44 2.7 5.1 16.4 18.0 Nord 5.5 6.40 4.8 6.2 4.9 5.54 4.4 5.4 19.2 15.5 Toscana 4.0 13.86 2.9 5.1 5.3 13.79 3.9 6.7 20.5 16.4 Umbria 7.3 19.73 4.5 10.1 6.2 13.34 4.6 7.8 14.0 18.4 Marche 6.3 16.59 4.3 8.3 5.4 17.04 3.6 7.2 18.8 22.1 Lazio 7.9 11.44 6.1 9.7 8.0 12.52 6.0 10.0 16.0 19.6 Centro 6.4 7.70 5.4 7.4 6.7 8.21 5.6 7.8 17.1 21.5 Abruzzo 13.3 12.76 10.0 16.6 15.4 12.28 11.7 19.1 20.6 25.5 Molise 13.6 14.15 9.8 17.4 24.4 6.64 21.2 27.6 23.1 23.2 Campania 21.3 9.95 17.1 25.5 25.3 5.12 22.8 27.8 20.9 22.1 Puglia 20.2 7.41 17.3 23.1 18.5 7.55 15.8 21.2 21.1 25.3 Basilicata 26.3 6.74 22.8 29.8 28.8 7.50 24.6 33.0 23.7 23.6 Calabria 22.9 6.59 19.9 25.9 25.0 7.47 21.3 28.7 22.4 23.3 Sicilia 27.6 4.52 25.2 30.0 28.8 5.76 25.5 32.1 22.0 20.7 Sardegna 22.9 8.28 19.2 26.6 19.4 9.01 16.0 22.8 21.2 23.0 Mezzogiorno 22.5 3.32 21.0 24.0 23.8 2.76 22.5 25.1 21.6 21.5 Fonte: Istat, Indagine sui consumi delle famiglie

L’Emilia Romagna è la regione con la più bassa incidenza di povertà (pari al

3,9%), seguono la Lombardia e il Veneto, con valori inferiori al 5%. Nelle restanti regioni del Nord e del Centro, le percentuali di famiglie povere

oscillano fra il 5,3% della Toscana e il 7,6% delle Valle d’Aosta, valori che tuttavia non risultano tra loro statisticamente diversi. Soltanto il Lazio, con l’8% di famiglie povere, mostra valori di incidenza statisticamente più elevati.

Come già osservato, in tutte le regioni del Mezzogiorno la povertà è significativamente più diffusa rispetto al resto del Paese; fa eccezione l’Abruzzo, dove l’incidenza di povertà (15,4%) non si discosta significativamente dalla media nazionale.

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La situazione più grave è, infine, quella che si riscontra tra le famiglie residenti in Sicilia, dove l’incidenza di povertà si attesta al 28,8%, valore significativamente superiore alla media ripartizionale.

Tra il 2007 e il 2008, il fenomeno della povertà è rimasto sostanzialmente stabile

sul territorio; soltanto tra le famiglie residenti in Molise si osservano evidenti segnali di peggioramento: l’incidenza di povertà è salita al 24,4% dal 13,6%.

Se oltre al territorio si analizzano specifici sottogruppi di famiglie, la sostanziale stabilità del fenomeno a livello nazionale è il risultato, da un lato, del peggioramento osservato tra le tipologie familiari che tradizionalmente presentano una elevata diffusione della povertà e, dall’altro, del miglioramento della condizione delle famiglie di anziani.

Trend negativi si osservano per le famiglie più ampie: l’incidenza di povertà passa dal 14,2% al 16,7% tra le famiglie di quattro componenti e dal 22,4% al 25,9% tra le famiglie di cinque o più. Si tratta, soprattutto, di coppie con due figli (dal 14% al 16,2%), in particolare con due figli minori (dal 15,5% al 17,8%).

Segnali di peggioramento si osservano anche tra le famiglie di monogenitori: l’incidenza di povertà che nel 2007 era prossima alla media nazionale, nel 2008 raggiunge il 13,9% e si attesta al 31% (dal 23,4%) tra le famiglie di monogenitore con almeno una persona in cerca di occupazione.

Tab. 1.3 - Incidenza di povertà relativa per ampiezza, tipologia familiare, numero di figli minori e di anziani in famiglia per ripartizione geografica. Anni 2007-2008 (valori percentuali) Nord Centro Mezzogiorno Italia 2007 2008 2007 2008 2007 2008 2007 2008

Ampiezza della famiglia 1 componente 5.0 3.0 4.6 3.3 16.2 17.2 8.1 7.1 2 componenti 5.2 4.8 6.3 7.1 20.4 21.7 9.7 9.9 3 componenti 5.6 4.8 5.6 5.7 24.7 23.0 11.5 10.5 4 componenti 5.0 7.4 8.6 9.2 25.5 28.6 14.2 16.7 5 o più componenti 12.2 12.8 12.0 18.1 32.9 38.1 22.4 25.9

Tipologia familiare

persona sola con meno di 65 anni 2.6 1.5 * * 8.6 9.0 3.8 3.4 persona sola con 65 anni e più 7.5 4.6 7.8 5.3 21.8 24.3 12.0 10.7 coppia con p.r. (*) con meno di 65 anni 2.0 1.7 * * 9.9 13.0 4.1 4.6 coppia con p.r (*) con 65 anni e più 6.9 6.5 8.0 8.5 28.1 25.8 13.5 12.6 coppia con 1 figlio 5.0 4.6 5.0 5.2 23.5 21.1 10.6 9.7 coppia con 2 figli 4.6 6.9 8.1 8.2 25.2 28.0 14.0 16.2 coppia con 3 o più figli 10.8 11.2 * * 32.3 36.6 22.8 25.2 monogenitore 6.1 6.4 * 11.1 22.5 26.6 11.3 13.9 altre tipologie 13.4 10.9 11.8 13.4 30.3 37.3 18.0 19.6 Famiglie con figli minori con 1 figlio minore 5.7 6.4 6.4 6.4 22.4 24.3 11.5 12.6 con 2 figli minori 5.6 8.7 9.7 10.0 27.9 31.1 15.5 17.8 con 3 o più figli minori 16.4 15.5 * * 36.7 38.8 27.1 27.2 almeno 1 figlio minore 6.3 7.8 8.5 8.4 26.1 28.3 14.1 15.6 Famiglie con anziani con 1 anziano 7.1 5.0 7.1 6.8 22.1 24.1 11.8 11.4 con 2 o più anziani 8.9 7.8 9.8 8.8 33.2 30.1 16.9 14.7 almeno 1 anziano 7.6 5.9 8.0 7.5 25.8 26.0 13.5 12.5

(-) dato non significativo a motivo della scarsa numerosità campionaria; (*) persona di riferimento Fonte: Istat, Indagine sui consumi delle famiglie

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I segnali di peggioramento più preoccupanti si osservano per i contesti familiari

caratterizzati dalla mancanza di lavoro: se nel 2007 tra le famiglie con a capo una persona in cerca di occupazione quelle povere ne rappresentavano il 27,5%, nel 2008 la percentuale sale al 33,9%, risultato che sembra giustificare il peggioramento osservato tra le famiglie con a capo una persona tra 35 e 44 anni (dal 10,3% al 12,1%). La povertà risulta in crescita, dall’8,7 al 9,7%, fra le famiglie in cui sono presenti esclusivamente redditi da lavoro (con componenti occupati e senza ritirati dal lavoro) e ancor più fra quelle in cui vi sono componenti in cerca di occupazione, dal 19,9% al 31,2%. L’incidenza di povertà è in ascesa anche tra le famiglie con a capo un lavoratore in proprio, dal 7,9% all’11,2%, valore che tuttavia non supera quello medio nazionale.

Solo le famiglie con almeno un componente anziano mostrano una diminuzione dell’incidenza (dal 13,5% al 12,5%), in particolare quando le persone ultrasessantaquattrenni sono due o più (dal 16,9% al 14,7%); di conseguenza, la povertà diminuisce tra le famiglie con persona di riferimento ritirata dal lavoro (dal 12,3% all’11,3%), tra quelle con un solo componente (dall’8,1% al 7,1%) e, infine, tra quelle senza occupati con almeno un ritirato dal lavoro (dal 12,7% all’11,5%).

Tab. 1.4 - Incidenza di povertà relativa per alcune caratteristiche della persona di riferimento e ripartizione geografica. Anni 2007-2008 (valori percentuali)

Nord Centro Mezzogiorno Italia 2007 2008 2007 2008 2007 2008 2007 2008

Sesso Maschi 5.4 5.0 5.8 6.2 23.0 24.0 11.4 11.6 Femmine 5.7 4.7 7.5 7.7 20.8 23.2 10.4 10.6 Età fino a 34 anni 4.9 5.0 * * 19.3 22.8 9.2 10.4 da 35 a 44 anni 4.3 6.0 6.8 7.2 21.9 24.9 10.3 12.1 da 45 a 54 anni 4.6 3.5 5.0 6.6 21.3 22.6 10.3 10.7 da 55 a 64 anni 3.8 2.9 4.6 4.7 19.0 19.9 8.9 8.8 65 anni e oltre 7.6 6.0 8.3 7.5 26.1 26.3 13.7 12.7 Titolo di studio Nessuno-elementare 9.3 8.3 10.3 10.9 32.4 33.2 18.0 17.9 Media inferiore 6.3 5.4 6.3 7.3 24.2 27.3 12.4 13.2 Media superiore e oltre 2.4 2.5 3.8 3.6 10.8 11.9 5.0 5.3 Condizione e posizione professionale Dipendente 4.5 4.4 5.0 4.9 20.0 20.7 9.4 9.6 Indipendente 2.5 3.7 3.5 4.8 13.8 16.6 6.3 7.9 In cerca di lavoro 13.9 12.4 * * 38.1 47.0 27.5 33.9 Ritirato dal lavoro 6.8 5.3 7.6 7.0 25.5 25.1 12.3 11.3 (-) dato non significativo a motivo della scarsa numerosità campionaria; (*) persona di riferimento Fonte: Istat, Indagine sui consumi delle famiglie

Nel Nord si confermano le dinamiche osservate a livello nazionale; peggiora la

condizione economica delle famiglie più ampie: l’incidenza di povertà sale al 7,4% (era il 5%) tra quelle di quattro componenti, al 6,9% (dal 4,6%) fra le coppie con 2 figli; all’8,7% (dal 5,6%) in presenza di figli minori.

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Si conferma anche il trend negativo delle famiglie con a capo un lavoratore in

proprio (dal 2,7% al 5%) o una persona tra 35 e 44 anni (dal 4,3% al 6%). Sempre nel Nord prosegue il miglioramento della condizione economica delle famiglie con anziani: se nel 2007 era povero il 7,6% delle famiglie con almeno un componente ultrasessantaquattrenne, nel 2008 lo è il 5,9% (in particolare se l’anziano è uno solo si passa dal 7,1% al 5%). Diminuisce l’incidenza di povertà tra le famiglie con persona di riferimento con 65 anni e oltre (dal 7,6% al 6%) e tra quelle con a capo un ritirato dal lavoro (dal 6,8% al 5,3%). Il miglioramento si osserva anche tra le persone sole con meno di 65 anni (dal 2,6% all’1,5%).

Nel Centro risulta stabile la situazione osservata nel 2007, senza variazioni significative dell’incidenza di povertà tra i vari sottogruppi di famiglie.

Nel Mezzogiorno peggiora la condizione delle famiglie con un elevato numero di componenti, come avviene del resto anche nel resto del Paese: l’incidenza di povertà che, nel 2007, era pari al 25,5% tra le famiglie con quattro componenti e al 32,9% tra quelle con cinque e più, nel 2008 sale rispettivamente al 28,6% e al 38,1%. Il peggioramento riguarda in particolare le coppie con due figli (dal 25,2% al 28%), le famiglie di altra tipologia (dal 30,3% al 37,3%), soprattutto nei casi in cui siano presenti componenti in cerca di occupazione (dal 39,1% al 53,5%).

Particolarmente critica la situazione delle famiglie con persona di riferimento in cerca di occupazione (l’incidenza dal 38,1% del 2007 sale a quasi il 50% nel 2008) che, se povere, in oltre la metà dei casi (il 56%) hanno a capo una persona con al massimo la licenza media inferiore. L’incidenza di povertà aumenta infine tra le famiglie con a capo un lavoratore in proprio, dal 16,3 al 22,4%, approssimando la media ripartizionale (pari al 23,8%).

1.1.2. Le famiglie a rischio di povertà e quelle più povere La classificazione delle famiglie in povere e non povere, ottenuta attraverso la

linea convenzionale di povertà, può essere maggiormente articolata utilizzando soglie aggiuntive, che permettono di individuare diversi gruppi di famiglie, distinti in base alla distanza della loro spesa mensile equivalente dalla linea di povertà. Nel 2008, circa 1 milione 260 mila famiglie - il 5,2% delle famiglie residenti - risultano sicuramente povere, hanno cioè livelli di spesa mensile equivalente inferiori alla linea standard di oltre il 20% (fig. 1.1 e tab. 1.5). Presenta, invece, valori della spesa di non molto inferiori (non più del 20%) alla linea di povertà standard il 6,1% delle famiglie residenti, oltre la metà delle famiglie povere. Circa i tre quarti (73,7%) di queste famiglie risiedono nel Mezzogiorno, che presenta le condizioni più gravi tra le famiglie residenti in Basilicata, Molise, Sicilia e Calabria (in tali regioni la percentuale di famiglie sicuramente povere super il 13%).

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Fig, 1.1 – Famiglie povere e non povere in base a diverse linee di povertà (composizione percentuale) Anno 2008

Tab. 1.5 - Famiglie povere e non in base a tre diverse linee di povertà - Anni 2007-2008

Tipo di famiglie: 2007 2008

non povere di cui: 88.9 88.7 Sicuramente non povere 81.0 80.9 Linea al 120% di quella standard 1,183.62 1199.61 quasi povere 7.9 7.9

Linea standard 986.35 999.67 Povere di cui: 11.1 11.3 appena povere 6.2 6.1

Linea al 80% di quella standard 789.08 899.71 sicuramente povere 4.9 5.2 Fonte: Istat, Indagine sui consumi delle famiglie

Anche tra le famiglie non povere esistono sottogruppi a rischio di povertà; si tratta delle famiglie con spesa per consumi equivalente superiore ma molto prossima alla linea di povertà: il 7,9% delle famiglie residenti presenta valori di spesa superiori alla linea di povertà di non oltre il 20%.

Le famiglie “sicuramente non povere”, infine, sono l’80,9% del totale e si passa da valori prossimi al 90% nel Nord e nel Centro (rispettivamente 89,5% e 87,5%) al 63,8% del Mezzogiorno. Ne deriva che circa i tre quarti delle famiglie sicuramente non povere (il 74,7%) risiedono al Centro-nord, in particolare in Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna.

Non povere (88,7)

Sicuramente non povere (80,9)

Linea al 120% (+20%) di quella standard

Quasi povere(7,9)

Linea standard

Povere (11,3) Appena povere (6,1)

Linea all’80% (-20%) di quella standard

Sicuramente povere (5,2)

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Tab. 1.6 - Famiglie povere e non in base a tre diverse linee di povertà per regione e ripartizione geografica (composizione percentuale) - Anni 2007-2008

2007 2008

Sicuramente povere

Appena povere

Quasi povere

Sicuramente non povere

Sicuramente povere

Appena povere

Quasi povere

Sicuramente non povere

Piemonte 3.3 3.3 5.1 88.4 2.7 3.3 5.4 88.5 Valle d'Aosta 3.0 3.5 5.9 87.6 - - 5 87.4 Lombardia 2.1 2.6 4.8 90.5 1.6 2.7 5.4 90.2 Trentino-Alto Adige 2.0 3.1 5.8 89.0 2 3.7 5.9 88.4 Bolzano - 3.9 4.9 89.2 - 4 7.3 87 Trento - - 6.6 88.9 - 3.5 4.6 89.7 Veneto - 2.1 3.3 93.5 1.1 3.5 4.9 90.6 Friuli-Venezia 2.6 4.0 7.4 86.0 2.6 3.8 7 86.6 Liguria 3.3 6.2 7.6 82.9 2.4 4 7.4 86.2 Emilia-Romagna 2.0 4.1 4.8 89.0 1.1 2.7 6 90.2 Nord 2.2 3.2 4.9 89.6 1.8 3.1 5.6 89.5 Toscana 1.9 2.2 5.2 90.8 1.5 3.8 5.8 88.8 Umbria - 5.2 7.4 85.2 - 4 5.5 88.2 Marche 2.1 4.2 7.0 86.7 2.1 3.3 5.9 88.7 Lazio 2.9 5.0 8.3 83.8 3.6 4.4 5.9 86.1 Centro 2.4 4.0 7.1 86.6 2.6 4 5.9 87.5 Abruzzo 5.8 7.5 11.9 74.8 7.2 8.3 9.2 75.4 Molise 6.7 6.9 9.5 76.9 15.5 8.9 11.4 64.2 Campania 9.4 11.9 12.9 65.8 12.7 12.6 12.6 62.1 Puglia 9.2 11.0 12.6 67.2 9.9 8.6 12.7 68.8 Basilicata 13.4 12.9 12.7 61.0 16.5 12.3 15.1 56.1 Calabria 11.4 11.5 14.2 63.0 13.1 11.9 13.8 61.2 Sicilia 13.2 14.4 13.4 59.0 13.9 15 13.5 57.6 Sardegna 10.1 12.8 11.3 65.8 8.7 10.6 8.9 71.8 Mezzogiorno 10.4 12.0 12.8 64.7 11.9 11.8 12.5 63.7 Italia 4.9 6.2 7.9 81.0 5.2 6.1 7.9 80.8 (-) dato non significativo a motivo della scarsa numerosità campionaria; (*) persona di riferimento Fonte: Istat, Indagine sui consumi delle famiglie

Il fenomeno continua ad essere maggiormente diffuso, oltre che nel Mezzogiorno, tra le famiglie più ampie, in particolare con tre o più figli, soprattutto se minorenni, e tra le famiglie con due o più componenti anziani, nonostante il miglioramento osservato negli ultimi anni, che presentano valori di incidenza superiori alla media, soprattutto se si tratta di più anziani conviventi con altre generazioni (famiglie con membri aggregati).

La povertà è infine fortemente associata a bassi livelli di istruzione, a bassi profili professionali (working poor) e all’esclusione dal mercato del lavoro.

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Tab. 1.7 - Composizione percentuale della popolazione residente per diverse caratteristiche (valori percentuali). Anni 2007-2008

2007 2008

Individui poveri

Individui residenti

Individui poveri

Individui residenti

sesso maschio 49.1 48.6 47.9 48.6 femmina 50.9 51.4 52.1 51.4 classe di età meno di 6 6.7 5.1 6.5 5.0 da 6 a 13 10.0 7.9 10.8 8.1 da 14 a 17 5.3 4.4 5.1 4.1 da 18 a 24 7.9 7.3 9.7 7.5 da 25 a 49 34.1 36.5 34.9 36.2 da 50 a 64 14.2 19.2 14.3 19.6 da 65 in poi 21.9 19.6 18.7 19.6 titolo di godimento dell'abitazione Proprietà, titolo gratuito 66.4 83.7 65.9 83.9 Affitto 33.5 16.2 34.0 16.1 ripartizione territoriale NORD 20.7 45.4 19.7 45.4 CENTRO 11.0 19.4 11.7 19.6 SUD 68.3 35.2 68.6 35.0 tipologia della famiglia di appartenenza persona sola con meno di 30 anni - 0.5 11.1 11.7 persona sola 30-64 anni 1.6 5.1 3.7 9.0 persona sola 65 anni e più 5.7 6.1 8.9 13.0

coppia senza figli a carico con almeno una persona di 65 anni e più 11.9 11.6 20.9 18.1

coppia senza figli a carico, entrambi gli adulti con meno di 65 anni 3.8 8.8 10.2 5.1

coppia con 1 figlio a carico 9.7 12.7 2.3 2.6 coppia con 2 figli a carico 21.1 18.6 0.2 0.6 coppia con 3 e più figli a carico 8.9 5.0 1.3 5.4 monogenitore con figli a carico 2.4 2.9 4.7 6.0 altre famiglie con figli a carico 15.2 11.3 18.6 11.3 altre famiglie senza bambini/ragazzi a carico 19.7 17.4 18.0 17.2 Totale (=100%) 100.0 100.0 100.0 100.0 (-) dato non significativo a motivo della scarsa numerosità campionaria; (*) persona di riferimento Fonte: Istat, Indagine sui consumi delle famiglie

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Tab. 1.8 - Incidenza, numero e composizione percentuale delle famiglie povere per ripartizione geografica. Anni 2007-2008

2007 2008

RIPARTIZIONE GEOGRAFICA

Incidenza povertà relativa (%)

Famiglie povere (v. a. in migliaia)

Composizione delle famiglie

povere (%)

Incidenza povertà relativa

(%)

Famiglie povere (v. a. in migliaia)

Composizione delle famiglie

povere (%)

Nord 5.5 631 23.8 4.9 572 20.9 Centro 6.4 297 11.2 6.7 317 11.6 Mezzogiorno 22.5 1,725 65.0 23.8 1,847 67.5 Italia 11.1 2,653 100.0 11.3 2,737 100.0

Fonte: Istat, Indagine sui consumi delle famiglie

1.1.3 Gli individui poveri tra il 2007 e il 2008 Nel 2008, l’incidenza di povertà relativa tra gli individui si attesta al 13,6%,

contro il 12,8% del 2007. Risulta più contenuta tra le persone in età centrale (35-64 anni), con l’11,6%, e tra gli anziani (65 anni e più), con il 13,1%. Superiore alla media è invece la percentuale di poveri tra i giovani di 18-34 anni (15,2%), e soprattutto tra i minori, con il 17,7%. Ne deriva quindi che, nel 2008, circa 1 milione e 805 mila minori e 1 milione e 779 mila giovani vivono in famiglie povere.

Negli ultimi due anni, si osserva un aumento dell’incidenza di povertà, sia tra i

minori (dal 16,1% al 17,7%), sia tra i giovani, per i quali l’incidenza passa dal 12,9% del 2007 al 15,2% del 2008. Gli anziani, al contrario, registrano una riduzione dell’incidenza di povertà relativa (dal 14,3% al 13,1%) per un totale di 1 milione e 512 mila anziani in famiglie relativamente povere.

Nel biennio 2007-2008 l’incidenza di povertà relativa tra gli individui residenti

nel Nord risulta stabile al 5,9%. Questo andamento nasconde tuttavia un peggioramento della condizione dei giovani, ma soprattutto dei minori (dal 7,3% all’8,8%) e un miglioramento della condizione degli anziani (dall’8% al 6,4%).

Anche nel Centro si osserva una sostanziale stabilità (dal 7,2% del 2007 all’8,2% del 2008), ma ancora una volta un aumento dell’incidenza di povertà relativa tra i giovani (dal 5,9% al 9,2%).

Nel Mezzogiorno, infine, l’incidenza di povertà relativa tra gli individui dal 24,9% del 2007 sale al 26,7% del 2008. Il peggioramento interessa i minori (dal 28.5% al 30,9%), gli adulti (dal 22,3% al 23,9%), e in misura ancora più marcata i giovani (dal 24,5% al 28,2%).

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Tab. 1.9 Incidenza di povertà relativa tra gli individui. Anni 2007-2008 (valori %) Nord Centro Mezzogiorno Italia 2007 2008 2007 2008 2007 2008 2007 2008

Minori (<18) 7.3 8.8 10.1 10.4 28.5 30.9 16.1 17.7 Giovani (18-34) 5.4 6.0 5.9 9.2 24.5 28.2 12.9 15.2 Adulti (35-64) 4.6 4.6 6.1 7.0 22.3 23.9 10.8 11.6 Anziani (>=65) 8.0 6.4 8.5 7.9 27.7 27.0 14.3 13.1 Totale 5.9 5.9 7.2 8.2 24.9 26.7 12.8 13.6

1.1.4 Cosa aggiunge la stima della povertà assoluta al quadro delineato dalle misure di povertà relativa?

A differenza delle misure di povertà relativa, che individuano la condizione di povertà nello svantaggio di alcuni soggetti rispetto agli altri, la povertà assoluta si riferisce all’incapacità di acquisire i beni e i servizi considerati essenziali per uno standard di vita minimamente accettabile. In altri termini, gli indicatori di povertà assoluta, a differenza di quelli di povertà relativa, non tengono conto delle condizioni di vita materiali mediamente diffuse, e non dipendono quindi dal livello di disuguaglianza nella popolazione.

Nel 2008, tra le famiglie residenti in Italia, la diffusione della povertà relativa è

2,5 volte superiore a quella della povertà assoluta (l’11,3% contro il 4,6%). Pertanto, come atteso in un contesto di economia sviluppata, le famiglie che hanno un livello di spesa per consumi inferiore a quello mediamente diffuso nella popolazione sono più numerose di quelle che mostrano livelli di spesa insufficienti ad acquisire il paniere di povertà assoluta.

Dato che la misura di povertà assoluta tiene conto dei diversi e specifici bisogni individuali e dei differenti livelli dei prezzi sul territorio, il rapporto tra le numerosità dei due gruppi di poveri varia nello spazio e nel tempo in base alla caratteristiche individuali e familiari. Tale rapporto risulta minimo per le famiglie di single non anziani (le incidenze sono entrambe pari al 3,4%), mentre è più elevato tra le famiglie di tre o più componenti (coppie con figli, soprattutto se minori, monogenitori e famiglie con membri aggregati) e tra le famiglie con due o più anziani, per le quali il tener conto dell’età dei componenti e del territorio di residenza, determina soglie di povertà assoluta decisamente più basse rispetto alla linea di povertà relativa.

Differenze tra le due misure possono emergere anche rispetto alla dinamica nel

corso del tempo. Se, ad esempio, a fronte di una generale diminuzione dei livelli di spesa per consumi, la disuguaglianza nella distribuzione della spesa rimanesse invariata, la povertà relativa risulterebbe stabile (il sottogruppo dei poveri non modificherebbe infatti la propria posizione rispetto al resto della popolazione), mentre aumenterebbe la povertà assoluta (un maggior numero di famiglie non risulterebbe in grado di sostenere i livelli di spesa sufficienti ad acquisire il paniere di beni e servizi essenziali).

Una evidenza emblematica di tale situazione è rappresentata dal fatto che, tra il

2007 e il 2008, l’incidenza di povertà relativa nel Mezzogiorno è rimasta stabile,

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mentre è aumentata quella della povertà assoluta. Il sottogruppo di famiglie residenti nel Mezzogiorno che risulta povero a seguito dell’aumento medio della spesa per consumi a livello nazionale non è variato, ma, al suo interno, è aumentato quello delle famiglie che, rispetto all’anno precedente, non riesce ad acquisire i beni e servizi considerati essenziali

La dinamica dei due indicatori è invece simile per quanto riguarda le famiglie più

ampie (quattro o più componenti), in particolare coppie con due figli e con minori, che hanno visto peggiorare la propria condizione, sia rispetto alle altre famiglie sia rispetto alle proprie capacità di acquisto. La povertà, assoluta e relativa, è risultata in aumento anche tra le famiglie di monogenitori, con persona di riferimento o altri componenti in cerca di occupazione, e, se occupati, tra le famiglie con a capo un lavoratore in proprio.

Per quanto riguarda la popolazione anziana, si osserva, invece un miglioramento

limitato al solo indicatore di povertà relativa. Ciò significa che gli anziani, nel corso del biennio, hanno migliorato la propria condizione rispetto alle altre fasce d’età, anche se non è diminuito il gruppo di coloro che, tra essi, hanno difficoltà ad acquisire il paniere di beni e servizi essenziali.

La misura della povertà assoluta aggiunge quindi informazioni preziose a quelle

che si ricavano dalla misura della povertà relativa. Tale misura, infatti, permette di individuare quei gruppi di famiglie che, avendo vincoli di bilancio così stringenti da non permettere loro una vita modesta ma dignitosa, rischiano di peggiorare le proprie condizioni a seguito degli andamenti congiunturali e, in particolare, delle variazioni, sul territorio, dei costi dei beni e servizi essenziali.

1.1.5 Le famiglie assolutamente povere residenti in Italia nell’anno 2008 In Italia, nel 2008, 1.126 mila famiglie (il 4,6% delle famiglie residenti) sono in

condizione di povertà assoluta, per un totale di 2 milioni e 893 mila individui, il 4,9% dell’intera popolazione.

Il fenomeno è maggiormente diffuso nel Mezzogiorno (7,9%), tra le famiglie più ampie (se i componenti sono almeno cinque l’incidenza è pari al 9,4% e sale all’11% tra le famiglie con tre o più figli minori), tra quelle con un genitore solo (5%) o con almeno un anziano (in particolare, quando l’anziano è la persona di riferimento l’incidenza è pari al 5,7% e sale al 6,9% se è l’unico componente della famiglia).

Il disagio economico si associa alla mancanza di occupazione o a bassi profili professionali: tra le famiglie con a capo un operaio o assimilato l’incidenza è del 5,9%, ma i valori più elevati si rilevano quando la persona di riferimento è in cerca di occupazione (14,5%) o quando in famiglia non sono presenti occupati né ritirati dal lavoro (19,9%).

Una conferma della condizione di deprivazione di queste famiglie si ricava dalla diffusa mancanza di alcuni dei principali beni durevoli: meno della metà possiede un’automobile (47,6%), appena un quinto il personal computer (20,9%) e solo una famiglia su dieci dispone di una lavastoviglie (9,9%). Molto più esteso il possesso di televisore e lavatrice (rispettivamente 95,8% e 91,3%).

La necessità di contenere il costo della spesa quotidiana spinge la metà di queste famiglie (46,8%) ad acquistare beni alimentari in un hard-discount o al mercato; inoltre, più di un terzo (36%) acquista in questi stessi luoghi capi di abbigliamento e calzature. In poco più dei tre quarti dei casi (78,7%), le famiglie in povertà assoluta

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dichiarano di aver modificato, rispetto all’anno precedente e in seguito alla variazione dei prezzi, il proprio comportamento di acquisto per i generi alimentari, e ben il 95% si è comportata analogamente per l’acquisto di capi di abbigliamento e calzature.

I diversi aspetti del disagio tendono a combinarsi in modo specifico all’interno di gruppi omogenei di famiglie, associandosi alle fasi del ciclo di vita e a particolari caratteristiche familiari. Una cluster analysis, preceduta da un’analisi delle corrispondenze multiple (cfr. nota metodologica), consente di tracciare una mappa della povertà assoluta, attraverso la descrizione articolata dei diversi profili delle famiglie interessate dal fenomeno.

Le donne sole adulte o anziane delle grandi città del Mezzogiorno che non

lavorano e non hanno mai lavorato (188 mila famiglie) Un primo gruppo di famiglie, che raccoglie il 16,7% delle famiglie assolutamente

povere, risulta particolarmente caratterizzato dall’assenza, tra i propri componenti, di persone occupate e di ritirati dal lavoro (94%), cui si somma la presenza di una persona in cerca di occupazione in circa il 40% dei casi

La persona di riferimento è in maggioranza una donna (62%), spesso sola (58%), nel 60% dei casi con meno di 65 anni (equamente distribuiti nelle diverse fasce di età); il 10% di queste famiglie è composto da genitori soli con figli. Il titolo di studio della persona di riferimento non supera la licenza elementare o è addirittura assente nel 55% dei casi.

Le famiglie di questo gruppo risiedono per lo più nel Mezzogiorno (72%), in un’area metropolitana (32%) o in grandi comuni (39%); più della metà (55%) vive in affitto e nel 14% dei casi in abitazioni prive di riscaldamento.

Oltre i due terzi (il 68%) di queste famiglie destina a trasporti e comunicazioni una quota di spesa inferiore al valore mediano, mentre è elevata la propensione alla spesa per gli alimentari (il 55% vi destina più del valore mediano). Una ampiezza familiare contenuta determina una propensione elevata alle spese per abitazione e utenze (il 56% vi destina più del valore mediano).

Ben il 74% di queste famiglie non possiede l’automobile, il 96% non ha la lavastoviglie, l’88% non ha il personal computer, il 10% non ha il televisore e il 13% non ha la lavatrice.

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Tab. 1.10 – Le donne sole adulte o anziane delle grandi città del Mezzogiorno che non lavorano e non hai mai lavorato. Anno 2008 CARATTERISTICHE % Gruppo 1 % Modalità 2 Test 3 Senza occupati nè ritirati 94.03 87.33 860.68 Pr in cerca di occupazione o in altra condizione non professionale 100.00 68.91 823.24 Con 1 disoccupato 40.00 44.79 300.75 Con 1 componente 57.88 29.49 246.76 Pr femmina 61.73 27.33 231.80 Non possiede l'automobile 73.61 23.45 205.78 Persona sola < 65 24.95 38.49 195.40 Mezzogiorno 72.45 22.34 177.85 Spesa per trasporti e comunicazioni al di sotto della mediana 67.75 22.61 169.92 Area metropolitana 31.55 27.63 143.48 Non possiede il televisore 10.12 40.61 125.90 Affitto 55.12 21.72 121.94 Persona sola > 64 32.92 25.05 121.37 Non possiede il personal computer 88.30 18.62 113.09 Non possiede la lavastoviglie 96.07 17.81 105.19 Grandi comuni 38.85 22.29 99.82 Con nessun minore in famiglia 77.42 18.82 91.84 Con 1 anziano 37.79 21.68 89.12

Cambia comportamento spesa per almeno un bene alimentare 85.50 18.14 81.87

Non ha riscaldamento 14.47 25.25 75.25 Non possiede la lavatrice 13.33 25.49 73.44 Pr da 55 a 64 anni 16.21 23.96 70.69 Coppia con p.r < 65 7.13 26.89 58.60 Spesa per alimentari al di sopra della mediana 55.47 18.56 52.98 Spesa per casa e utenze al di sopra della mediana 55.53 18.54 52.56

(1) Percentuale della caratteristica considerata contenuta nel gruppo (2) Percentuale del gruppo che possiede la caratteristica considerata (3) Test di significatività delle caratteristiche

Gli anziani soli o in coppia nei piccoli comuni del Nord (171 mila famiglie) Il 15,2% delle famiglie povere assolute è costituito esclusivamente da ritirati dal

lavoro che risiedono in prevalenza nel Nord (55%) e nei piccoli comuni (64%). Il 71% è costituito da persone sole con 65 anni e più e, per oltre un quinto, da

coppie; nella quasi totalità dei casi (94%) la persona di riferimento ha almeno 65 anni, è una donna (53%), con al massimo la licenza elementare (78%).

L’abitazione è di proprietà per il 78% di queste famiglie ed è quasi sempre dotata di riscaldamento (93%).

Quasi la metà (46%) non sostiene alcuna spesa per tempo libero e altri beni e servizi. Per tutte le famiglie di questo gruppo, la quota di spesa totale destinata all’abitazione è superiore alla mediana, mentre risultano inferiori le spese per alimentari (86%) e per trasporti e comunicazioni (75%).

Tra queste famiglie l’acquisto presso gli hard-discount e il mercato è meno diffuso rispetto alla media delle famiglie in povertà assoluta: vi si reca per acquisti alimentari il 41% e per abbigliamento e calzature il 32%. Il 98% delle famiglie dichiara, tuttavia, di aver modificato il proprio comportamento di spesa in relazione agli acquisti di capi di abbigliamento o calzature.

Nessuna della famiglie possiede il personal computer, l’84% non ha l’automobile, il 93% la lavastoviglie e il 15% non ha la lavatrice.

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Tab. 1.11 – Gli anziani soli o in coppia nei piccoli comuni del Nord. Anno 2008 CARATTERISTICHE % Gruppo 1 % Modalità 2 Test 3 Tutti ritirati dal lavoro 99.57 59.58 750.09 Pr ritirato dal lavoro 99.57 40.74 618.73 Spesa per casa e utenze al di sopra della mediana 99.39 30.30 505.48 Pr con 65 anni e più 94.31 34.23 502.27 Persona sola > 64 anni 70.59 49.05 482.32 Con 1 anziano 73.20 38.34 416.36 Con 1 componente 74.61 34.71 389.40 Spesa alimentare al di sotto della mediana 86.16 26.21 339.97 Non possiede l'automobile 83.79 24.37 295.46 Non possiede il pc 99.57 19.18 283.27 Nessuna spesa per altri beni e servizi 46.39 33.90 261.86 Pr con titolo di studio nessuno/elementare 78.27 23.63 256.78

Spesa per trasporti e comunicazioni al di sotto della mediana 75.05 22.86 229.66

Nord 55.06 25.02 199.66 Abitazione di proprietà 78.03 20.63 191.96 Non cambia comportamento spesa per almeno un bene alimentari 35.02 25.06 143.59 Pr femmina 53.20 21.50 141.79 Coppia con p.r > 64 20.27 27.79 121.61 Piccoli comuni 64.21 18.88 112.17 Con 2 o più anziani 22.35 24.51 103.97 Non possiede la lavatrice 14.51 25.35 86.42 Cambia comportamento spesa per abbigliamento 97.92 15.78 74.08 Non ha acquistato nessun bene alimentare all'hard-discount o al mercato 59.19 16.97 54.41 Non possiede la lavastoviglie 92.88 15.72 44.05

(1) Percentuale della caratteristica considerata contenuta nel gruppo (2) Percentuale del gruppo che possiede la caratteristica considerata (3) Test di significatività delle caratteristiche

Gli anziani soli o in coppia nei piccoli comuni del Centro-sud (171 mila famiglie)

Il 10,3% delle famiglie assolutamente povere ha al proprio interno tutti i

componenti ritirati dal lavoro. In circa i due terzi dei casi si tratta di persone sole (nel 61% dei casi) e per il restante terzo coppie (35%). La persona di riferimento è quasi sempre ultrasessantaquattrenne (92%), donna (56%), con titolo di studio pari al massimo alla licenza elementare (94%).

I tre quarti delle famiglie di questo gruppo (72%) risiede nel Centro o nel Mezzogiorno, nei piccoli comuni (73%) ed è proprietario dell’abitazione in cui vivono (74%).

Per il 42% il livello di spesa risulta inferiore al valore del paniere di povertà di oltre il 20%; il 91% sostiene almeno una spesa per tempo libero e altri beni e servizi, che si riferisce, nella maggioranza dei casi, all’abbonamento per la televisione, ai prodotti per l’igiene personale e alle spese per animali domestici.

Minore, rispetto alla mediana, è la propensione alla spesa per trasporti e comunicazioni (il 90% vi destina meno dell’8% della spesa totale) e per l’abitazione (il 66% vi destina meno del 45%); d’altra parte, è superiore quella per gli alimentari (il 91% delle famiglie vi destina più del 29%).

La scarsa mobilità e i forti vincoli di bilancio che caratterizzano queste famiglie di anziani, determinano, da un lato, la ridotta percentuale di famiglie che si rivolgono all’hard-discount o al mercato per gli acquisti di abbigliamento (il 24%) e per quelli di generi alimentari (39%) e, dall’altro, il fatto di non aver potuto ulteriormente

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modificare, a seguito della variazione dei prezzi, il proprio comportamento di acquisto dei generi alimentari (il 27% non ha modificato il proprio comportamento).

Il possesso dei beni durevoli è decisamente inferiore alla media: il 90% non possiede l’automobile, il 98% il personal computer, il 97% la lavastoviglie; infine, il 14% non possiede la lavatrice.

Tab. 1.12 – Gli anziani soli o in coppia nei piccoli comuni del Centro-sud. Anno 2008 CARATTERISTICHE % Gruppo 1 % Modalità 2 Test 3 Tutti ritirati 100.00 40.42 599.78 Pr ritirato dal lavoro 100.00 27.64 502.16 Pr con 65 anni e più 91.85 22.52 378.70 Pr con titolo di studio nessuno/elementare 93.62 19.09 337.16 Al di sopra (corretta) della mediana 90.78 18.73 314.17 Spesa per trasporti e comunicazioni al di sotto della mediana 89.64 18.45 303.02 Non possiede l'automobile 90.48 17.78 294.74 Persona sola > 64 52.90 24.83 246.11 Nessun disoccupato 100.00 13.00 239.71 Coppia con p.r > 64 34.83 32.27 231.46 Con 2 o più anziani 37.68 27.92 217.07 Con 1 componente 60.78 19.10 207.20 Non possiede il pc 97.89 12.73 199.49 Con 1 anziano 54.17 19.17 189.30 Piccoli comuni 72.78 14.46 153.59 Pr femmina 56.04 15.30 133.71 Con 2 componenti 38.70 17.20 125.64 Abitazione di proprietà 73.48 13.13 118.04 Spesa per casa e utenze al di sotto della mediana 65.73 13.54 114.02 Sostiene spesa per altri beni e servizi 90.65 11.79 110.40 Non ha acquistato abbigliamento all'hd o al mercato 76.38 12.28 95.19 Non possiede la lavastoviglie 96.58 11.04 88.24 Spesa distante dal paniere di oltre il 20% 41.53 13.06 66.22 Non possiede la lavatrice 14.03 16.55 63.17

(1) Percentuale della caratteristica considerata contenuta nel gruppo (2) Percentuale del gruppo che possiede la caratteristica considerata (3) Test di significatività delle caratteristiche

Le famiglie di ritirati dal lavoro con figli alla ricerca di occupazione nei grandi centri del Mezzogiorno (94 mila famiglie)

L’8,4% delle famiglie assolutamente povere si caratterizza per l’assenza di

occupati e la contemporanea presenza di ritirati dal lavoro e componenti alla ricerca di occupazione.

La persona di riferimento è quasi nella totalità dei casi (92%) un ritirato dal lavoro, prevalentemente di sesso maschile (78%), con almeno 65 anni (80%) e con titolo di studio pari al massimo alla licenza elementare (75%).

Si tratta di famiglie di due o tre componenti (91%), senza minori (97%); in particolare, coppie senza figli (52%) o con solo un figlio (15%), monogenitori (14%) e famiglie con membri aggregati (15%).

Queste famiglie risiedono soprattutto nel Mezzogiorno (63%), più della metà in un’area metropolitana o in un grande comune e il 65% è proprietario dell’abitazione in cui abita.

Poco più di un quinto (il 21%) ha una spesa totale inferiore al valore del paniere di povertà di oltre il 20%. Rispetto alla mediana, sono più elevate, sia la quota di spesa totale destinata a generi alimentari (il 59% più del 29% della spesa totale), sia quella assorbita dall’abitazione (il 52% vi destina più del 45%), mentre più ridotta è quella

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per trasporti e comunicazioni (il 51% vi destina meno dell’8%); un quarto di queste famiglie non sostiene spese per tempo libero e altri beni e servizi.

Quasi tutte le famiglie dichiarano, inoltre, di aver cambiato, rispetto all’anno precedente, il proprio comportamento di acquisto, sia per i generi alimentari (85%) sia per abbigliamento e calzature (97%).

Più diffusi, rispetto alla media, sono la lavatrice (97%) e il televisore (100%), mentre meno diffuso è il personal computer (posseduto solo dall’8% delle famiglie).

Tab. 1.13 – Le famiglie di ritirati dal lavoro con figli alla ricerca di occupazione nei grandi centri del Mezzogiorno. Anno 2008 CARATTERISTICHE % Gruppo 1 % Modalità 2 Test 3 Con ritirati, senza occupati, ma con persone in cerca di lavoro o/e in altra condizione non professionale

100.00 99.17 799.31

Pr ritirati dal lavoro 92.00 20.67 370.15 Con 2 componenti 70.16 25.34 323.32 Con 2 o più anziani 54.07 32.56 310.90 Coppia con p.r > 64 43.00 32.37 267.51 Pr con 65+ anni 80.32 16.01 251.64 Nessun minore in famiglia 96.66 11.78 226.44 Pr con titolo di studio nessuno/elementare 74.80 12.40 159.35 Con 1 figlio disoccupato 19.96 21.21 124.84 Pr maschio 78.29 10.52 109.90 Non possiede il 91.71 9.70 108.89 Possiede la lavatrice 97.32 8.92 78.68 Possiede il televisore 99.59 8.70 75.49 Spesa distante dal paniere tra il 10 e il 20% 41.29 11.37 74.17 Monogenitore 14.06 15.24 69.66 Con 3 componenti 20.46 13.17 66.91 Coppia con p.r < 65 9.21 17.42 66.48 Famiglia con membri aggregati 15.45 14.02 64.11 Mezzogiorno 62.84 9.71 56.33 Spesa alimentare al di sopra della mediana 58.60 9.83 55.94 Cambia comportamento spesa per almeno un bene alimentare 85.45 9.08 55.03 Pr da da 55 a 64 anni 16.75 12.41 52.35 Abitazione di proprietà 65.42 9.50 50.98 Coppia con 1 figlio 14.75 12.49 49.41 Cambia comportamento spesa per abbigliamento 97.45 8.62 44.84 Nessuna spesa per altri beni e servizi 23.59 9.46 21.24

(1) Percentuale della caratteristica considerata contenuta nel gruppo (2) Percentuale del gruppo che possiede la caratteristica considerata (3) Test di significatività delle caratteristiche

Coppie anziane del Mezzogiorno con figlio in cerca di occupazione o con membro aggregato (30 mila famiglie)

Il 2,6% delle famiglie povere assolute include individui in differenti posizioni

rispetto al mercato del lavoro: ritirati dal lavoro, occupati, persone in cerca di occupazione o in altra condizione non professionale. La persona di riferimento è quasi sempre un ritirato dal lavoro (97%), uomo (83%), anziano (72%) e con al massimo la licenza elementare (69%).

Si tratta sempre di famiglie con tre o più componenti, dei quali almeno uno è anziano (in oltre un terzo dei casi gli anziani sono due o più) che, per il 35%, è membro aggregato; un figlio in cerca di occupazione è presente nel 30% di queste famiglie.

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Il 63% risiede nel Mezzogiorno, in abitazioni quasi sempre di proprietà (85%) e dotate di riscaldamento (98%).

Solamente nel 15% dei casi i livelli di spesa totale sono inferiori al valore del paniere di povertà assoluta di oltre il 20%; elevata è la quota di spesa totale destinata a trasporti e comunicazioni (l’80% vi destina più dell’8%), mentre bassa è quella per la casa e le utenze (il 61% vi destina meno del 45%) e quella per gli alimentari (il 59% vi destina meno del 29%).

L’hard-discount e il mercato sono luoghi di acquisto poco frequentati dalle famiglie di questo gruppo: vi si rivolge appena il 27% delle famiglie per il vestiario e il 44% per gli alimentari. Tuttavia, queste famiglie riferiscono di aver modificato il proprio comportamento di spesa in seguito alla variazione dei prezzi (nell’85% dei casi per gli alimentari e nel 97% per abbigliamento e calzature).

Infine, i principali beni durevoli sono piuttosto diffusi tra le famiglie di questo gruppo: l’automobile è posseduta dal 92%, la lavatrice e il televisore dalla totalità, la lavastoviglie dal 25% e il personal computer dal 31%.

Tab. 1.14 – Coppie anziane del Mezzogiorno con figlio in cerca di occupazione o con membro aggregato. Anno 2008 CARATTERISTICHE % Gruppo 1 % Modalità 2 Test 3 Con ritirati e con occupati, ma con persone in cerca di lavoro o in altra condizione non professionale

100.00 100.00 522.04

Pr ritirato dal lavoro 96.75 6.78 223.31 Possiede l'automobile 92.38 5.07 167.39 Famiglia con membri aggregati 34.37 9.74 121.23 Con 1 figlio disoccupato 30.06 9.97 113.56 Con 3 componenti 38.84 7.80 113.13 Spesa per trasporti e comunicazioni al di sopra della mediana 79.58 4.16 106.29 Pr con 65 anni e più 71.65 4.46 104.27 Abitazione di proprietà 85.12 3.86 102.98 Con 2 o più anziani 34.83 6.55 91.88 Coppia con 1 figlio 28.29 7.47 90.37 Pr maschio 82.82 3.47 77.94 Possiede la lavastoviglie 25.44 6.69 77.48 Possiede la lavatrice 100.00 2.86 73.74 Con 4 componenti 37.97 5.02 73.25 Pr da 55 a 64 anni 25.09 5.80 66.99 Pr con titolo di studio nessuno/elementare 68.84 3.56 64.62 Nessun minore in famiglia 83.82 3.19 60.21 Con 5 e più componenti 23.19 5.35 58.36

(1) Percentuale della caratteristica considerata contenuta nel gruppo (2) Percentuale del gruppo che possiede la caratteristica considerata (3) Test di significatività delle caratteristiche

Coppie monoreddito operaie con figli minori residenti nel Mezzogiorno (170 mila)

Questo gruppo raccoglie il 15,1% delle famiglie assolutamente povere; nell’86%

dei casi la persona di riferimento è un uomo, in maggioranza con meno di 44 anni (51%), occupato come operaio (84%) e con al massimo la licenza media inferiore (61%). All’interno della famiglie non sono presenti ritirati dal lavoro (quindi redditi da pensione di anzianità), mentre si contano persone in cerca di occupazione o in altra condizione non professionale. Si tratta di famiglie con almeno quattro componenti (70%); in particolare coppie con figli (almeno due nel 57% dei casi), prevalentemente

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minori (in tre famiglie su quattro è presente un minore e in una su due i minori sono almeno due).

Queste famiglie risiedono per i due terzi nel Mezzogiorno (69%) e per un terzo nei grandi comuni; oltre la metà vive in un’abitazione in affitto (53%) e nel 13% dei casi l’abitazione non è dotata di riscaldamento.

Per un terzo di queste famiglie i livelli di spesa sono molto contenuti, inferiori al valore del paniere di povertà assoluta di oltre il 20%.

Il profilo di spesa è legato all’ampiezza familiare mediamente elevata e alla giovane struttura per età di queste famiglie. Inferiore rispetto alla mediana è la propensione alla spesa per l’abitazione (il 75% delle famiglie vi destina meno del 45% della spesa totale), mentre più elevata è quella per i generi alimentari (il 58% delle famiglie vi destina più del 29%) e i trasporti e comunicazioni (il 79% delle famiglie vi destina più dell’8%); ben il 91% sostiene inoltre una spesa per tempo libero e altri beni e servizi (in molti casi si tratta di spese destinate a beni e servizi per bambini).

Le famiglie di questo gruppo possiedono in misura superiore alla media l’automobile (82%), il televisore (99%), la lavatrice (96%); il personal computer (il 36%) e la lavastoviglie (12%).

La maggioranza delle famiglie si reca all’hard-discount o al mercato per comperare generi alimentari e ben l’80% dichiara di aver cambiato il proprio comportamento di acquisto, rispetto all’anno precedente e in seguito alla dinamica dei prezzi, riducendo la qualità e/o quantità o cambiando la tipologia del prodotto.

Tab. 1.15 – Coppie monoreddito operaie con figli minori residenti nel Mezzogiorno. Anno 2008 CARATTERISTICHE % Gruppo 1 % Modalità 2 Test 3 Con occupati, senza ritirati ma con persone in cerca di lavoro o/e in altra condizione non professionale

100.00 48.45 685.21

Pr operaio e assimilato 83.71 51.37 572.56 Nessun anziano 93.69 24.74 364.91 Possiede l'automobile 81.59 25.80 312.71 Spesa per trasporti e comunicazione al di sopra della mediana 79.09 23.83 267.46 Pr con licenza media inferiore 61.31 27.35 253.11 4 componenti 42.66 32.51 237.78 Pr maschio 85.87 20.75 231.25 Spesa per casa e utenze al di sotto della mediana 75.07 22.60 228.42 Coppia con 2 figli 37.03 32.40 215.86 Pr fino a 44 anni 51.33 26.51 209.43 Famiglie con 2 minori 30.50 35.21 209.20 5 e più componenti 27.27 36.28 201.69 Famiglie con 3 o piu' minori 15.43 50.98 196.75 Coppia con 3 figli e piu' 20.22 39.68 185.23 Famiglie con 1 minore 28.59 31.35 176.81 Possiede il pc 35.54 25.66 153.10 Sostiene spesa per altri beni e servizi 91.13 17.34 142.96 Pr da 45 a 54 anni 29.69 25.45 134.45 Mezzogiorno 68.76 19.12 132.75 Con 1 disoccupato 26.07 26.33 131.24 Coppia con 1 figlio 16.76 25.53 96.25 Affitto 53.06 18.86 96.20

(1) Percentuale della caratteristica considerata contenuta nel gruppo (2) Percentuale del gruppo che possiede la caratteristica considerata (3) Test di significatività delle caratteristiche

Single e monogenitori operai del Centro-Nord (124 mila)

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L’11% delle famiglie assolutamente povere presenta al suo interno tutti i componenti in età attiva occupati. L’occupazione svolta dalla persona di riferimento è in prevalenza di basso profilo (nell’84% dei casi si tratta di un operaio o assimilato), dato anche il titolo di studio che in quasi la metà dei casi non supera la scuola media inferiore (45%).

In una famiglia su due la persona di riferimento ha meno di 45 anni e in una su quattro ne ha tra i 45 e i 54. Si tratta per lo più di persone che vivono senza un partner (da soli nel 36% dei casi, con figli nel 17%), senza anziani (87%), né minori (72%). Nel 44% dei casi la persona di riferimento è una donna.

Si tratta di famiglie residenti soprattutto al Nord (il 58%) e al Centro (15%), in un’area metropolitana (circa il 25%), in abitazioni in affitto (60%), dotate di riscaldamento (95%).

In oltre 1/3 dei casi (il 39%) i livelli di spesa sono molto contenuti, inferiori al valore monetario del paniere di oltre il 20%. Elevata la propensione alla spesa per l’abitazione (per il 60% delle famiglie è superiore alla mediana), mentre ridotta è quella per trasporti e comunicazione (57%). Il 28% delle famiglie non sostiene alcuna spesa per tempo libero o altri beni e servizi.

Ben il 56% di queste famiglie si reca all’hard-discount o al mercato per acquistare abbigliamento e calzature, il 49% per generi alimentari (l’84% ha inoltre cambiato il proprio comportamento di acquisto).

Il 59% di queste famiglie non possiede l’automobile e l’11% non ha la lavatrice; tuttavia, una famiglia su quattro possiede il personal computer e il 14% ha la lavastoviglie.

Tab. 1.16 – Single e monogenitori operai del Centro-Nord - Anno 2008 CARATTERISTICHE % Gruppo 1 % Modalità 2 Test 3

Tutti occupati, senza persone in cerca di occupazione o in altra condizione 97.63 74.54 746.28

Pr operaio e assimilato 84.15 37.78 477.42 Persona sola < 65 36.25 36.89 258.70 Nessun disoccupato 100.00 13.91 248.50 Nessun anziano 86.70 16.75 238.69 Nord 57.70 18.95 185.28 Nessun figlio disoccupato 100.00 12.35 173.63 Pr fino a 44 anni 50.24 18.98 166.14 Ha acquistato abbigliamento all'hd o al mercato 55.91 17.13 151.89 Affitto 60.12 15.63 133.33 Monogenitore 16.94 24.18 115.20 Pr con licenza media inferiore 45.36 14.80 89.92 Pr da 45 a 54 anni 25.55 16.03 75.03 Spesa per casa e utenze al di sopra della mediana 59.60 13.13 71.91 Possiede il riscaldamento 95.20 11.60 65.64 Non cambia comportamento di spesa per abbigliamento 9.55 19.40 62.61 Nessuna spesa per altri beni e servizi 27.80 14.68 61.80 Area metropolitana 24.84 14.35 53.31 Non possiede l'automobile 59.33 12.47 52.05 Cambia comportamento spesa per almeno un bene alimentare 84.21 11.79 51.83 Spesa per trasporti e comunicazione al di sotto della mediana 56.91 12.53 51.45 Possiede la lavastoviglie 14.16 15.71 50.32 Pr femmina 44.29 12.94 50.25 Spesa totale distante dal paniere di oltre il 20% 38.57 12.98 45.81

(1) Percentuale della caratteristica considerata contenuta nel gruppo (2) Percentuale del gruppo che possiede la caratteristica considerata (3) Test di significatività delle caratteristiche

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Coppie monoreddito di lavoratori in proprio con figli minori (110 mila famiglie) Questo gruppo di famiglie - il 9,8% delle famiglie assolutamente povere - è

costituito soprattutto da famiglie con a capo una persona occupata (81%), che nel 69% dei casi é un lavoratore in proprio (il 96% delle famiglie con questa caratteristica appartiene al gruppo), e al cui interno non sono presenti anziani (96%) né persone alla ricerca di lavoro (85%).

La persona di riferimento, nel 74% dei casi, è un uomo, con meno di 55 anni (94%) e almeno un diploma di scuola media superiore (70%).

Si tratta per la maggior parte di coppie con figli (70%), due o più nel 54% dei casi, molto spesso minori (le famiglie con almeno un minore sono il 65%). Quasi la metà di queste famiglie vive in abitazioni prese in affitto (48%) e in abitazioni dotate di riscaldamento (96%).

Molto diffuso il possesso dei principali beni durevoli: quasi tutte le famiglie (98%) hanno la lavatrice, l’85% possiede l’automobile, il 56% il personal computer, il 17% la lavastoviglie. Ben l’88% di queste famiglie sostiene almeno una spesa per tempo libero e per altri beni e servizi (in molti casi si tratta anche di pasti e consumazioni fuori casa) e inferiore alla mediana è la propensione alla spesa per gli alimentari (il 68% delle famiglie vi destina meno di 1/3 della spesa totale) e per l’abitazione (il 66% vi destina meno del 45%). Al contrario più elevata della mediana è la quota di spesa totale per trasporti e comunicazione: l’84% vi destina più dell’8%.

Le famiglie di questo gruppo si recano all’hard-discount o al mercato più raramente rispetto alle altre famiglie in povertà assoluta: solo il 39% vi acquista generi alimentari e il 27% abbigliamento e calzature. Tuttavia, quasi tutte (il 95%) dichiarano di aver modificato, rispetto all’anno precedente, il comportamento di acquisto riguardo ad abbigliamento e calzature, in seguito alla dinamica dei prezzi: hanno ridotto la qualità e/o la quantità e in alcuni casi hanno cambiato la tipologia del prodotto acquistato. Circa i tre quarti dichiarano, inoltre, di averlo fatto anche in riferimento agli acquisti di generi alimentari.

Tab. 1.17 – Coppie monoreddito di lavoratori in proprio con figli minori - Anno 2008 CARATTERISTICHE % Gruppo 1 % Modalità 2 Test 3 Pr lavoratore in proprio 69.44 96.15 630.26 Pr con media superiore e oltre 69.92 43.27 436.35 Con occupati, senza ritirati ma con persone in cerca di lavoro o/e in altra condizione non professionale

77.72 24.41 337.32

Nessun anziano 95.71 16.38 307.38 Possiede il pc 56.05 26.23 272.72 Possiede l'automobile 84.48 17.32 267.40 Spesa per trasporti e comunicazioni al di sopra della mediana 83.96 16.40 247.33 Pr fino a 44 anni 62.22 20.83 240.73 Coppia con 2 figli 42.67 24.20 211.03 4 componenti 44.54 22.00 198.38 Famiglie con 2 minori 29.19 21.85 150.27 Famiglie con 1 minore 29.29 20.81 142.75 Spesa alimentare al di sotto della mediana 68.17 13.28 127.42 Pr da 45 a 54 anni 32.15 17.87 124.42 Spesa per casa e utenze al di sotto della mediana 65.79 12.84 111.06 Centro 22.72 18.01 101.82 Possiede lavatrice 97.80 10.46 93.82 Pr maschio 74.39 11.65 89.36 Sostiene spesa per altri beni e servizi 87.83 10.83 79.01

(1) Percentuale della caratteristica considerata contenuta nel gruppo (2) Percentuale del gruppo che possiede la caratteristica considerata (3) Test di significatività delle caratteristiche

24

Coppie monoreddito di imprenditori e impiegati di quattro componenti o più residenti nel Centro-sud (93 mila)

Nonostante la persona di riferimento abbia spesso un livello professionale medio-

alto (dirigente, impiegato, imprenditore o libero professionista nel 79% dei casi), nell’8,3% delle famiglie assolutamente povere, tale condizione non riesce a sostenere un adeguato standard familiare, anche a causa della presenza di componenti alla ricerca di occupazione (38%). Inoltre, in ben un terzo di queste famiglie i componenti in cerca di lavoro sono almeno due e sono figli nel 23% dei casi.

Anche se il livello professionale è elevato e pur essendo relativamente giovane (l’84% ha meno di 54 anni e il 48% meno di 44), la persona di riferimento, uomo nell’87% dei casi, possiede per lo più una licenza media inferiore (64%).

Si tratta di famiglie ampie (con almeno quattro componenti nel 76% dei casi), senza anziani (97%); in maggioranza coppie con due o più figli (64%), spesso minori (nel 61% dei casi). Vivono soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno (55%) e del Centro (20%), il 56% in piccoli comuni. Quasi i due terzi (60%) vivono in un’abitazione di proprietà o dotata di riscaldamento (94%).

“Solo” una famiglia su cinque presenta un livello di spesa inferiore al valore del paniere di oltre il 20%; inferiore rispetto alla mediana è la quota di spesa totale destinata all’abitazione (73%), mentre più elevata è quella per trasporti e comunicazioni (82%). Il 93% sostiene una spesa per tempo libero e altri beni e servizi, che in molti casi si riferisce alla spesa per rate di assicurazioni e per pasti e consumazioni fuori casa.

Il 52% e il 37% di queste famiglie si reca all’hard-discount o al mercato per l’acquisto, rispettivamente, di generi alimentari e di abbigliamento e calzature. Quasi tutte (l’82% per gli alimentari e il 98% per l’abbigliamento) dichiarano, inoltre, di aver apportato modifiche al loro comportamento di acquisto.

Elevato il possesso dei principali beni durevoli: il 99% ha il televisore, il 96% la lavatrice, l’85% l’automobile; più di un terzo possiede il personal computer e il 12% la lavastoviglie.

Tab. 1.18 – Coppie monoreddito di imprenditori e impiegati di quattro componenti o più residenti nel Centro-sud - Anno 2008

CARATTERISTICHE % Gruppo 1 % Modalità 2 Test 3 Pr dirigente/impiegato/imprenditore o libero professionista 78.78 94.60 644.98 Pr occupato 98.73 21.36 422.45 Con occupati, senza ritirati ma con persone in cerca di lavoro o/e in altra condizione non professionale 82.01 21.99 338.64

Nessun anziano 96.63 14.13 291.67 Con 2 o più figli disoccupati 23.17 66.06 269.23 Con 2 o + disoccupati 30.38 43.02 254.60 Possiede l'automobile 84.74 14.83 247.24 Spesa per trasporti e comunicazioni al di sopra della mediana 81.67 13.62 210.26 5 e più componenti 35.48 26.13 207.01 Pr con licenza media inferiore 64.09 15.82 198.58 Pr maschio 87.39 11.69 178.59 Coppia con 2 figli 39.54 19.15 170.79 Coppia con 3 figli e piu' 24.65 26.78 170.27 4 componenti 40.46 17.07 153.20 Spesa per casa e utenze al di sotto della mediana 73.36 12.23 152.22 Pr da 45 a 54 anni 36.05 17.10 142.30 Pr fino a 44 anni 47.90 13.69 126.71 Sostiene spesa per altri beni e servizi 92.82 9.77 119.79 Famiglie con 2 minori 26.16 16.72 113.38 Possiede il pc 35.57 14.21 109.15 Minore del 10% del valore del paniere 48.35 10.92 74.94 Centro 20.32 13.76 72.90

(1) Percentuale della caratteristica considerata contenuta nel gruppo (2) Percentuale del gruppo che possiede la caratteristica considerata

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(3) Test di significatività delle caratteristiche

Famiglie con figli con persona di riferimento e partner in cerca di occupazione residenti nei piccoli centri del Mezzogiorno (30 mila famiglie)

Un gruppo ristretto di famiglie - appena il 2,6% delle famiglie assolutamente

povere - si caratterizza per la marcata presenza di componenti esclusi dal mercato del lavoro e per l’assenza di redditi da pensione: nel 100% dei casi sono presenti infatti due o più persone in cerca di occupazione che solo nel 13% dei casi convivono con occupati o ritirati dal lavoro. Nonostante la persona di riferimento abbia meno di 55 anni nel 72% dei casi, si tratta sempre di un disoccupato o di una persona in altra condizione non professionale, anche come conseguenza di un basso livello di istruzione (nel 63% non si supera la scuola media inferiore). In due terzi dei casi, inoltre, anche figli sono in cerca di occupazione (nel 29% delle famiglie ve ne sono almeno due).

Si tratta quindi di famiglie senza anziani (93%), più spesso di tre o quattro componenti (78%), con figli (il 66% sono coppie, il 18% monogenitori).

Vivono prevalentemente nelle regioni del Mezzogiorno (86%) e nei piccoli comuni (59%); il 46% vive in abitazioni in affitto e il 26% in una casa senza riscaldamento.

Il 61% di queste famiglie ha livelli di spesa totale inferiori al valore monetario del paniere di oltre il 20%; più elevata della media è la propensione alla spesa alimentare (il 68% delle famiglie vi destina una quota di spesa superiore al valore mediano calcolato sul totale delle famiglie povere, pari al 29%) e a quella per trasporti e comunicazioni (il 72% vi destina una quota di spesa superiore al valore mediano che è pari all’8%). Inferiore alla mediana è, invece, la quota di spesa per l’abitazione (il 69% vi destina meno del 45% della spesa totale) e circa un quarto delle famiglie dichiara di non aver sostenuto alcuna spesa per tempo libero e altri beni e servizi.

L’hard-discount e il mercato sono luoghi di acquisto molto frequentate dalle famiglie di questo gruppo: il 73% vi acquista almeno un bene alimentare e il 47% capi di abbigliamento o calzature. Inoltre, ben il 91% delle famiglie ha dichiarato di aver ridotto la qualità/quantità dei generi alimentari acquistati, in seguito all’aumento dei prezzi.

Inferiore alla media è la diffusione di televisore, lavatrice e lavastoviglie (non posseduti rispettivamente dal 12%, 11% e 93% delle famiglie).

26

Tab. 1.19 – Famiglie con figli con persona di riferimento e partner in cerca di occupazione residenti nei piccoli centri del Mezzogiorno - Anno 2008 CARATTERISTICHE % Gruppo 1 % Modalità 2 Test 3 Con 2 o + disoccupati 100.00 44.63 427.30 Pr in cerca o in altra condizione non professionale 100.00 10.84 293.96 Senza occupati nè ritirati 86.72 12.67 262.78 Con 2 o più figli disoccupati 29.35 26.37 170.04 Con 3 componenti 47.39 9.57 146.44 Nessun anziano 93.22 4.29 141.89 Con 1 figlio disoccupato 34.19 11.40 131.83 Mezzogiorno 86.36 4.19 119.97 Coppia con 1 figlio 34.08 9.05 115.30 Pr con scuola media inferiore 63.11 4.91 104.42 Spesa totale distante dal paniere di oltre il 20% 60.76 4.87 100.02 Famiglie con 1 minore 35.21 6.73 94.63 Ha acquistato almeno un bene alimentare all'hard-discount o al mercato 73.09 4.10 92.88 Pr da 45 a 54 anni 38.44 5.75 86.14 Senza riscaldamento 25.76 7.07 81.72 Spesa per trasporti e comunicazioni al di sopra della mediana 72.33 3.80 79.31 Spesa per casa e utenze al di sotto della mediana 69.33 3.64 68.25 Spesa alimentare al di sopra della mediana 67.61 3.56 62.36 Monogenitore 17.54 5.97 56.00 Cambia comportamento spesa per almeno un bene alimentare 90.53 3.02 54.97 Non possiede il televisore 11.74 7.41 54.91

(1) Percentuale della caratteristica considerata contenuta nel gruppo (2) Percentuale del gruppo che possiede la caratteristica considerata (3) Test di significatività delle caratteristiche

Nota metodologica Le variabili attive sono state identificate tra quelle relative al grado di povertà (distanza del livello di spesa totale dal valore monetario del paniere di povertà assoluta), alla propensione al consumo per beni alimentari, per abitazione, per trasporti e comunicazioni, per tempo libero e altri beni e servizi. In particolare per i capitoli alimentari, abitazione e utenze, trasporti e comunicazioni sono stati calcolati i valori mediani delle quote di spesa (pari rispettivamente al 29%, 45% e 8%) e si è distinto tra famiglie con quota di spesa al di sopra del valore mediano e famiglie con quota di spesa al di sotto. Per il capitolo tempo libero e altri beni e servizi, le famiglie sono state invece distinte tra quelle che sostengono la spesa e quelle che non la sostengono. Si è inoltre inserita l’informazione relativa alle caratteristiche occupazionali dei componenti (numero di persone in cerca di occupazione, titolo di studio, condizione e posizione professionale della persona di riferimento, posizione dei membri della famiglia rispetto al mercato del lavoro), come proxy della capacità reddituale della famiglia. Le variabili supplementari selezionate fanno riferimento alle caratteristiche socio-demografiche familiari (tipologia familiare, numero di minori e di anziani, sesso ed età della persona di riferimento), alle caratteristiche territoriali del luogo di residenza (ripartizione geografica e tipologia comunale), al titolo di godimento dell’abitazione, al possesso di alcuni beni durevoli (tv, computer, lavastoviglie, lavatrice, automobile), alla presenza nell’abitazione di un impianto di riscaldamento. Tra le variabili illustrative sono state prese in considerazione anche le abitudini di spesa (utilizzando la variabile relativa al luogo dove abitualmente la famiglia effettua gli acquisti) e il comportamento di spesa in seguito alla variazione dei prezzi rispetto all’anno precedente (alla famiglia viene chiesto, se per pane, pasta, carne, pesce, frutta e verdura, abbigliamento e calzature, in seguito alla variazione dei prezzi e rispetto all’anno precedente, ha: 1) continuato ad acquistare come o più di prima per quantità e qualità; 2) limitato l’acquisto non diminuendo la qualità; 3) scelto prodotti di qualità inferiore pur sempre buona non limitando l’acquisto; 4) limitato l’acquisto e scelto prodotti di qualità inferiore pur sempre buona; 5) cambiato il tipo di prodotto non modificando la quantità). Tramite l’analisi delle corrispondenze multiple, l’informazione relativa a tutte le variabili attive è stata sintetizzata in 19 fattori principali, 10 dei quali (che spiegano il 74% della variabilità complessiva) sono stati poi utilizzati per la cluster analisys. Quest’ultima è stata condotta attraverso il metodo gerarchico di Ward, che ha portato all’individuazione di dieci gruppi omogenei di famiglie povere in termini assoluti, con un’inerzia spiegata è pari al 63,3% di quella totale. Al fine di caratterizzare, rispetto alle diverse variabili considerate, i dieci gruppi di famiglie individuati, è possibile selezionare le modalità delle variabili che più caratterizzano i singoli gruppi attraverso il valore del valor test, ottenuto

27

sulla base della presenza nel gruppo di una determinata modalità e della presenza della stessa modalità sul totale della famiglia. Elevati valori del test indicano una forte caratterizzazione del gruppo rispetto alla specifica modalità, in quanto la distribuzione di quest’ultima tra i gruppi difficilmente può esser considerata casuale. Il valor test è ottenuto:

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1.2 Gli indicatori comuni nel processo di coordinamento aperto comunitario sull’inclusione e la protezione sociale

Nell’Unione Europea, nel corso degli anni 2000, si è avviato un coordinamento tra

i paesi membri nella materia dell’inclusione e della protezione sociale volto al raggiungimento di obiettivi comuni. In questo ambito sono stati adottati indicatori comuni per monitorare il processo e rappresentare la situazione sociale dei diversi paesi UE, riservando un grosso spazio alle statistiche di povertà e disuguaglianza. Con particolare riferimento alla povertà, l’indicatore adottato differisce molto da quello nazionale di fonte Istat, perché diversa è la variabile di rilevazione (redditi invece che consumi), diversa è la soglia di povertà (riferita alla mediana dei redditi equivalenti invece che alla media dei consumi pro-capite), diversa la scala di equivalenza (“OCSE modificata” invece che “Carbonaro”). I due indicatori non sono quindi confrontabili, ma quello comunitario permette di illustrare la situazione italiana nel contesto dell’Unione Europea, arricchendo quindi il quadro presentato in questo Rapporto.

Secondo la definizione comunitaria, le persone a rischio di povertà in Europa sono il 16% del totale della popolazione (Fig. 1.20). Il dato non è recentissimo, essendo riferito ai redditi del 20064

4 Il dato Eurostat, pubblicato a inizio 2009, è etichettato 2007, che è l’anno di svolgimento dell’indagine fonte dei dati (EU-Silc, European Survey on Income and Living Condition). Tale indagine rileva le condizioni familiari e di vita al momento di somministrazione del questionario, mentre i redditi chiesti all’intervistato sono quelli dell’anno precedente, da cui l’affermazione nel testo con riferimento al 2006.

, ma è l’ultimo pubblicato. In generale, comunque, pur nella frammentazione delle serie storiche e tenuto conto del ritardo della pubblicazione dei dati, si può dire che per tutto l’ultimo decennio il valore medio comunitario non ha manifestato alcuna tendenza. E’ questo forse uno dei più grossi insuccessi della cosiddetta Strategia di Lisbona (all’interno della quale si colloca il coordinamento

28

sociale), che proprio su questo arco temporale si era posta l’obiettivo di “sradicare” la povertà nel contesto comunitario.

La media, com’è noto, nasconde una notevole variabilità tra paesi. Il minimo del 10% è appannaggio (come nell’anno precedente e nella stessa misura) dei Paesi bassi e della Repubblica Ceca, ma più in generale quelli con le incidenze di povertà più basse sono i paesi nordici e dell’Europa centrale. All’altro estremo, il massimo del 25% si osserva in Romania, seguita dalla Bulgaria con il 22%, paesi che nel passaggio all’indagine comunitaria hanno visto registrare un notevole incremento dell’incidenza di povertà rispetto a quanto misurato dalle rilevazioni nazionali precedenti. Il gruppo dei paesi ad alta incidenza di povertà (intorno al 20%) include anche l’Italia con i grandi paesi mediterranei, le repubbliche baltiche e il Regno Unito. Quanto agli altri grandi paesi, sono sotto la media Francia e Germania, anche se in quest’ultima si manifesta una tendenza all’aumento, mentre appena sopra la media è la Polonia, dove comunque si osserva una decisa tendenza alla diminuzione.

Sono proprio questi due paesi – Germania e Polonia – insieme all’Irlanda, gli unici in cui si sono osservate nel corso dell’ultimo triennio (quadriennio laddove possibile) variazioni significative nell’incidenza di povertà5 (cfr. Figura Fig. 1.20, panel b). Peraltro, come visto, la variazione è in aumento in Germania, paese che da essere uno di quelli a povertà più bassa è ormai a ridosso della media. Viceversa, Irlanda e Polonia si muovono verso la media partendo dalla parte alta dell’ordinamento. Ma a parte queste eccezioni, come per l’Unione nel suo insieme, anche nei singoli paesi non si avvertono particolari variazioni nel tempo nella direzione desiderata6

L’incidenza di povertà è comunque un mero conteggio delle persone che vivono in famiglie in cui, secondo la definizione adottata a livello comunitario, il reddito disponibile equivalente è inferiore al 60% di quello mediano nazionale. In altri termini, in ogni paese il riferimento per la definizione dell’area di povertà è una misura di sintesi della distribuzione dei redditi nazionale, per cui notevole cautela è richiesta nella comparazione internazionale, visto che le condizioni di vita differiscono molto tra paesi nel contesto comunitario. Per avere un’idea di queste differenze, nella Figura 1.20 (panel a), scala di destra) è riportato, insieme all’incidenza del rischio di povertà, anche il valore in termini di parità del potere d’acquisto della soglia in base alla quale la stessa incidenza è misurata: si osserva come, se pure in media i nuovi paesi membri della UE abbiano una incidenza di povertà più bassa di quella dei vecchi Quindici, la capacità d’acquisto sulla soglia di povertà è sempre inferiore (fatta eccezione per i piccoli paesi, Slovenia, Malta e Cipro), e in alcuni casi drammaticamente inferiore. Per fare un esempio, la Repubblica Ceca conta un numero (relativo) di persone sotto la soglia di povertà più basso d’Europa e pari alla metà di quello italiano (il 10% invece che il 20%), ma il povero marginale (cioè che sta appena sulla soglia) ceco può comprare meno di due terzi dei beni cui ha accesso il suo omologo italiano. In altri termini, se misurassimo la povertà nei termini della capacità di acquisto di uno stesso

. L’incremento di un punto registrato nel 2005 in Italia si è consolidato nell’anno successivo e quindi nel nostro paese l’incidenza permane al 20%.

5 Si intende variazioni di tre o più punti percentuali. Non si considera il caso della Romania e della Bulgaria, dove l’incremento di 6 punti e 8 punti è dovuto al cambio di rilevazione. Data l’interruzione della serie storica, nella figura tale paese non sono quindi rappresentati. 6 Variazioni in riduzione di due punti si osservano comunque in Slovacchia, Portogallo, Estonia e Lettonia. Di segno opposto le variazioni in Finlandia e Lussemburgo. Si tenga presente che Eurostat pubblica i dati approssimati all’unità percentuale.

29

paniere, non stupirebbe una incidenza di povertà non di poco superiore nella Repubblica Ceca rispetto all’Italia7

Quanto alla distribuzione per classi di età del rischio di povertà (Figura 1.20, panel c), nella gran parte dei paesi (19 su 27) l’incidenza è maggiore nelle fasce estreme – anziani e bambini. Solo in Danimarca, Finlandia e Germania l’incidenza di povertà tra i bambini è la più bassa tra le diverse classi e il profilo per età è crescente. Nei restanti paesi – fatta eccezione per il Lussemburgo, tutti dell’area dell’allargamento – il profilo è decrescente, con gli anziani quindi in una posizione relativamente migliore. A parte la Romania e la Bulgaria, l’Italia è in particolare il paese con la più alta incidenza di povertà nell’infanzia (25%), mentre più vicina alla media comunitaria, soprattutto nei vecchi Quindici, per quanto riguarda gli anziani (22%).

.

Fig. 1.20 - Incidenza del rischio di povertà a) Incidenza (scala sin.) e soglia di povertà corrispondente (in PPS, scala destra, Italia=100), anno di indagine 2007 (anno di rilevazione dei redditi 2006)

7 A complemento dei più tradizionali dati di povertà economica, il Comitato di Protezione Sociale della UE ha recentemente adottato tra gli indicatori specifici relativi all’area dell’inclusione sociale (quelli presentati nel testo sono gli indicatori cosiddetti overarching del complessivo processo di coordinamento nell’area del sociale) un indicatore di deprivazione materiale che non ha i problemi di comparabilità dell’incidenza di povertà rispetto ad una soglia nazionale. In sostanza, vengono indagate direttamente le condizioni di vita delle famiglie attraverso l’analisi di nove diverse dimensioni: la capacità di pagare l’affitto, il mutuo o le bollette, di tenere la casa adeguatamente calda, di far fronte a spese impreviste, di mangiare carne o proteine regolarmente, di andare in vacanza, di comprare una televisione, un frigo, una macchina o un telefono. Il numero di persone che non è in grado di sostenere almeno tre di queste spese è considerato deprivato. L’incidenza della deprivazione materiale è in Italia pari al 15%, la media comunitaria essendo del 17%. Le differenze tra vecchi e nuovi membri sono in questo caso evidenti: la media dei vecchi Quindici è del 12%, mentre la media dei paesi dell’allargamento è del 36% (e sarebbe ancora più alta includendo Bulgaria e Romania, rispettivamente al 53 e 72%). Il dato italiano, rispetto ai Quindici, è migliore solo di Grecia e Portogallo (sopra il 20%) ed è molto lontano rispetto alle situazioni di minore deprivazione (Lussemburgo al 3%, Paesi Bassi e Svezia al 6%); allo stesso tempo, quasi tutti i paesi dell’allargamento (fatta eccezione per Slovenia, Malta ed Estonia, con incidenze simili a quella italiana) hanno una quota di persone materialmente deprivate superiore a quella italiana.

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incidenza di povertà (scala sin) soglia di povertà in PPS (scala dx)

30

b) incidenza, anni di indagine 2004-07 (anni di rilevazione dei redditi 2003-06)

c) incidenza per classi di età, anno di indagine 2007

Note: L’incidenza del rischio di povertà indica la percentuale di individui sulla popolazione totale

al di sotto della soglia di povertà; quest’ultima, secondo la definizione comunitaria, è pari al 60% della mediana del reddito disponibile equivalente nazionale. Scala di equivalenza: “OCSE modificata”.

* Il valore dell’incidenza del rischio di povertà per gli anziani per Cipro è del 51%. Fonte: EU-Silc, Eurostat. L’anno di svolgimento dell’indagine è il 2007 con redditi rilevati per

l’anno precedente (tranne Regno Unito, dove l’anno di riferimento dei redditi coincide con quello dell’indagine e Irlanda, dove il periodo di riferimento è mobile (2006-07)).

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31

Il ritardo con cui i dati comunitari sono resi disponibili non ci permette di

apprezzare l’impatto della crisi in termini di incidenza di povertà8. Va però segnalato che la dinamica di tale incidenza nel breve periodo può essere influenzata dai movimenti della soglia di povertà: in presenza di una recessione tale da ridurre significativamente il reddito mediano – che è il punto di riferimento rispetto al quale si costruisce la soglia di povertà nella metodologia UE – può anche accadere che le persone in condizione di povertà a ridosso della soglia escano dall’area della povertà, non perché sia migliorata la loro condizione, ma perché il loro reddito si è ridotto in misura proporzionalmente inferiore rispetto al resto della popolazione. Quindi, non è detto che l’incidenza di povertà in tempi di crisi aumenti, anzi può anche darsi che si verifichi il contrario, per quanto possa apparire paradossale. E’ il contrario di quanto accade in paesi in rapida crescita economica, dove il miglioramento generale delle condizioni di vita potrebbe “nascondere” il miglioramento – assoluto, se non relativo – della situazione dei poveri9

Un modo per tener conto di questo fenomeno è quello di “ancorare” la soglia in un dato anno e aggiornarla solo per l’inflazione (cfr. Figura 1.21). Effettivamente se si fa questa operazione muta radicalmente il quadro per i paesi che hanno osservato una crescita economica sostenuta prima della crisi economico-finanziaria in corso, e cioè tutti i paesi dell’allargamento e, per quanto riguarda i vecchi Quindici, Irlanda, Spagna e Regno Unito. Nelle Repubbliche baltiche, se la soglia fosse rimasta quella del 2004, nel 2006 si conterebbero più del 10% di poveri in meno, mentre il 6% in meno si osserverebbe in Irlanda, Cipro e Slovacchia (che diverrebbe il paese a incidenza più bassa). Si conferma l’incidenza di povertà in Italia, anche rispetto alla soglia ancorata: secondo questo particolare indicatore, il nostro diventa il paese a più alta incidenza di povertà in Europa

.

10

.

8 I dati relativi all’anno in cui la crisi è scoppiata (2008) saranno disponibili solo con la rilevazione 2009 e cioè a inizio 2011. 9 Tali considerazioni valgono soprattutto per la dinamica di breve periodo in quanto nel lungo periodo è discutibile che si debba prescindere dai movimenti della soglia, perlomeno se si accetta di misurare la povertà con un indicatore di carattere relativo. Significherebbe infatti accettare distanze crescenti tra lo standard di vita prevalente nel paese e quello dei poveri (seppure in presenza di un miglioramento in termini assoluti di quest’ultimo). 10 L’indicatore è disponibile solo in EU25 e manca quindi il dato per la Romania.

32

Fig.1.21 - Incidenza del rischio di povertà con soglia di povertà ancorata ai redditi 2004 (vedi nota) - anno di indagine 2007 (anno di rilevazione dei redditi 2006)

Note: L’espressione soglia ancorata nel tempo indica una definizione della soglia del rischio di povertà basata su un anno precedente (60% della mediana del reddito disponibile equivalente nazionale nel 2004) e aggiornata (al 2006) per il solo indice dei prezzi. L’incidenza nell’anno in cui è “ancorata” la soglia ovviamente coincide con la definizione standard. Fonte: EU-Silc, Eurostat. Vedi nota figura 1.20

Per avere un quadro completo della povertà, comunque, è necessario non solo contare il numero di persone sotto la soglia (e tener conto, nel confronto internazionale, delle condizioni di vita corrispondenti alla stessa), ma anche osservare la distanza dei poveri dall’area della non povertà. Un modo per misurare questa distanza è l’intensità di povertà, definita come indicatore comunitario nei termini di distanza percentuale dalla soglia di povertà del reddito del povero mediano (cfr. Figura 1.22, asse orizzontale): nel 2006 nella media comunitaria la metà delle persone a rischio di povertà ha avuto un reddito inferiore di almeno il 23% rispetto alla soglia (l’anno prima era il 22%). In generale, vi è una relazione positiva osservata empiricamente tra intensità e incidenza della povertà, ma vi sono notevoli eccezioni: ad esempio, la Germania, con incidenza inferiore alla media e intensità tra le più alte, e l’Irlanda, con incidenza superiore alla media comunitaria e intensità sensibilmente inferiore. L’Italia, tra i paesi a più alta incidenza, ha anch’essa una posizione relativamente migliore in termini di intensità, esattamente pari alla media comunitaria per effetto della riduzione di un paio di punti dell’indicatore nel 2006. Oltre al nostro paese, particolarmente significativa la riduzione dell’intensità nell’ultimo anno osservato in Ungheria, Malta (4 punti) e Lituania (3 punti). L’incremento maggiore, viceversa, in Germania (4 punti)11

. Da segnalare il minimo in Finlandia (14%) e il massimo in Bulgaria e Romania (intorno al 35%).

11 Come nel caso dell’incidenza, non si fa riferimento ai Casi di Bulgaria (6 punti in più di intensità) e Romania (12 punti in più) in quanto il dato è non comparabile con quello degli anni precedenti, causa interruzione della serie storica.

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Fig. 1.22 - Incidenza del rischio di povertà e intensità di povertà, anno di indagine 2007 (anno di rilevazione dei redditi 2006)

Note: L’incidenza del rischio di povertà indica la percentuale di individui sulla popolazione totale

al di sotto della soglia di povertà; quest’ultima, secondo la definizione comunitaria, è pari al 60% della mediana del reddito disponibile equivalente nazionale. Scala di equivalenza: “OCSE modificata”. L’intensità di povertà è la distanza percentuale dalla soglia del reddito del povero mediano.

Fonte: EU-Silc, Eurostat; vedi nota figura 1.20. Questo quadro può essere arricchito guardando alla disuguaglianza complessiva

nella distribuzione dei redditi, anche se le indicazioni che derivano dal ranking non sono molto diverse: i paesi a più alta povertà sono tendenzialmente anche quelli a maggiore disuguaglianza, qualunque sia l’indicatore di disuguaglianza utilizzato (il rapporto tra le quote di reddito equivalente possedute dai quintili estremi o l’indice di Gini). Nella media europea al quinto di popolazione più ricco va esattamente cinque volte il reddito del quinto più povero (cfr. Figura 1.23), un dato in leggera crescita rispetto all’anno precedente (due decimi di punto, come in UE15); l’Italia sta sopra la media (5 e mezzo, stabile rispetto all’anno precedente), insieme al Regno Unito: tra i paesi grandi sono quelli a più alta disuguaglianza. Agli estremi, comunque, a parte le conferme di Romania e Bulgaria come paesi a maggiore disuguaglianza (con valori tra 7 e 8), si rileva qualche differenza rispetto al quadro visto per la povertà: tra i valori alti si registra quello del Portogallo (con 6 e mezzo), il più basso si registra in Slovenia (meno di 3 e mezzo). Nell’ultimo anno considerato le variazioni più consistenti (esclusa la Romania e la Bulgaria) si osservano in aumento per la Germania (quasi un punto) e in riduzione per Ungheria e Lettonia (più di un punto e mezzo, ma l’anno precedente le variazioni erano state di segno opposto).

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Fig. 1.23 - Disuguaglianza dei redditi: rapporto tra la quota di reddito equivalente ai quintili estremi (scala sin.) e indice di Gini (scala dx.), anno di indagine 2007 (anno di rilevazione dei redditi 2006)

Fonte: EU-Silc, Eurostat; vedi nota figura 1.20.

In sintesi, la geografia della povertà e della disuguaglianza europea se si tiene conto di tutte le dimensioni è quella nota: buone performance su tutte le dimensioni mostrano i paesi nordici e quelli dell’Europa centrale (con un sensibile peggioramento però della Germania). La situazione peggiore è, tra i vecchi Quindici, quella dell’Italia e degli altri grandi paesi mediterranei. Quanto ai paesi dell’allargamento, la prima rilevazione con metodologia e indagine comunitaria ha svelato una condizione di estrema difficoltà in Bulgaria e Romania. Gli altri paesi, pur in quadro di miglioramento in termini assoluti, presentano ancora gravi condizioni di arretratezza (basso standard di vita connesso alla soglia), ma non eccessivi problemi distributivi (e in alcuni casi – Slovacchia, Slovenia e Repubblica Ceca – disuguaglianza e povertà tra le più basse in assoluto), fatta eccezione le Repubbliche baltiche (le quali ultime, però, vedono sensibilmente migliorato il tasso di povertà ancorato). Tra i vecchi membri della UE, da segnalare il caso dell’Irlanda e in parte del Regno Unito, in cui ad una incidenza relativamente alta corrispondono migliori condizioni di vita dei poveri (bassa intensità e alto standard connesso alla soglia).

Passando all’analisi della povertà per gruppi di popolazione, la rifocalizzazione della Strategia di Lisbona su crescita e occupazione ha fatto crescere l’attenzione sulla diffusione del rischio di povertà tra gli occupati: è uno degli indicatori con cui si vuole monitorare l’impatto sulla povertà della crescita occupazionale. A questo proposito, comunque, va segnalato che la povertà è calcolata a partire da tutti i redditi del nucleo (non solo quelli da lavoro) e in ogni caso su redditi equivalenti (dipendenti cioè dalla numerosità e dalle caratteristiche del nucleo familiare): i cd. working poor non necessariamente sono tali per le caratteristiche dell’occupazione (bassi salari, part-time, occupazione non continua), derivando la loro condizione anche dalle condizioni familiari (nuclei monoreddito o con molti figli). E nel confronto con il resto della popolazione bisogna considerare anche l’effetto dei trattamenti di disoccupazione o più genericamente assistenziali per chi non ha lavoro: un confronto statico tra le incidenze di povertà tra gli occupati e i non occupati potrebbe essere ingannevole

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perché potrebbe registrare più che buone condizioni occupazionali, l’assenza di istituzioni proprie di un welfare maturo.

Fig. 1.24 - Incidenza del rischio di povertà, occupati, anni di indagine 2004-07 (anni di rilevazione dei redditi 2003-06)

Fonte: EU-Silc, Eurostat; vedi nota figura 1.20.

In generale, il rischio di povertà per chi lavora si riduce notevolmente – nella

media comunitaria circa della metà – rispetto al resto della popolazione (cfr. Figura 1.24). Si segnala un differente andamento tra i vecchi Quindici – dove i working poor sono stabili, se non in leggero aumento per effetto della crescita in Germania – e i nuovi stati membri – nei quali invece la povertà tra gli occupati è in riduzione un po’ ovunque, ma soprattutto in Slovacchia e Ungheria. Potrebbe effettivamente trattarsi di un miglioramento delle condizioni occupazionali in paesi a forte crescita economica. Quanto all’Italia un lavoratore su dieci vive in famiglie con reddito equivalente inferiore alla soglia del rischio di povertà rispetto a una persona su cinque nella popolazione complessiva (non ci sono variazioni rispetto all’anno precedente). In alcuni paesi la differenza tra chi lavora e il resto della popolazione è molto più consistente che nella media comunitaria: in Belgio, ad esempio, l’incidenza di povertà tra gli occupati è un quarto di quella complessiva, in Irlanda un terzo.

Monitorando più in dettaglio l’area dell’(assenza di) occupazione, tra gli indicatori selezionati a livello comunitario va rilevata la presenza di indicatori riferiti non solo all’individuo – com’è tradizione nell’analisi della partecipazione al mercato del lavoro – ma anche al nucleo familiare – com’è consuetudine invece nell’analisi della povertà. Nella figura 1.25 è riportata l’incidenza delle persone (minori ed adulti) che vivono in famiglie in cui non c’è nessuno che lavora12

12 L’assenza di lavoro comunque non implica necessariamente assenza di reddito nella famiglia: chi non lavora può ricevere trasferimenti dallo Stato o redditi di altra natura.

. Se si confronta ordinamento tra i paesi specifico di questo indicatore con quello del rischio di povertà, non sembra esserci una elevata correlazione tra i fenomeni. Infatti, tra i paesi ad alta incidenza di povertà, solo il Regno Unito mostra anche un alto tasso di famiglie senza lavoro – il più alto della UE con riferimento ai bambini in tali famiglie, quasi al 17% – mentre diversi sono i paesi che pur avendo alta incidenza – in particolare, i paesi mediterranei, inclusa

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l’Italia – evidenziano un numero di persone in famiglie senza lavoro sotto la media della UE, se non tra i più bassi. Il punto è che le cause della povertà possono essere molteplici e l’assenza di lavoro (di tutte le persone in età da lavoro in famiglia) è solo una di queste. In paesi come il Regno Unito, ad esempio, situazioni di fragilità come quelle delle famiglie monoparentali, in cui l’assenza di lavoro nella famiglia (sostanzialmente la disoccupazione della madre) si traduce in elevato rischio di povertà, sono relativamente diffuse nella popolazione tanto da influenzare la dimensione complessiva sia della povertà che della disoccupazione “familiare”. In Italia e negli altri paesi mediterranei, invece, non è l’assenza di lavoro ma la sua mancata distribuzione tra tutti i membri della famiglia (in altri termini, la bassa partecipazione femminile al mercato del lavoro) che sposta il rischio di povertà su famiglie tradizionalmente non “fragili” – ad esempio, quelle monoreddito in presenza di più figli.

Fig. 1.25 - Soggetti che vivono in famiglie senza lavoro, anno 2007 a) minori (0-17 anni)

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Fonte: Eurostat, Labour Force Survey, 2° trimestre. Svezia non disponibile.

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La distribuzione dell’occupazione nel territorio nazionale è motivo di analisi nel

contesto qui in esame in quanto vivere in un’area economicamente arretrata può ridurre, a parità di capacità professionali o di caratteristiche della famiglia, le chances occupazionali degli individui, aumentando il rischio di povertà. Una distribuzione dell’occupazione uniforme tra i territori non è necessariamente la norma e la coesione territoriale è quindi una delle dimensioni su cui misurare la coesione sociale di un paese. L’indicatore adottato in ambito comunitario per misurare il fenomeno è il coefficiente di variazione dell’occupazione regionale.

Il dato italiano è di gran lunga il più alto del continente, testimone del noto ritardo del Mezzogiorno. La variabilità nei tassi di occupazione regionali nel nostro paese (particolarmente eclatante nel caso dell’occupazione femminile) è più alta persino della variabilità tra regioni europee, anche dopo l’allargamento (cfr. Figura 1.26, dove il dato comunitario non rappresenta la media, ma il coefficiente di variazione calcolato su tutte le regioni europee). Non si avverte in Italia nemmeno una tendenza al miglioramento, anzi nel 2007 l’indicatore ha ripreso a crescere. Viceversa, si assiste ad una convergenza per l’Unione Europea nel suo insieme e per alcuni paesi in particolare (Svezia, Spagna, Polonia e, vistosamente, la Bulgaria, che partiva da livelli più alti dell’Italia a inizio decennio). Oltre all’Italia, comunque, altri paesi – seppur da livelli di partenza ben più bassi – hanno registrato nel 2007 un leggero aumento dell’indicatore, in particolare Austria, Romania e Ungheria.

Fig. 1.26 - Coesione regionale (coefficiente di variazione dei tassi di occupazione regionale), anni 2001-07

Fonte: Eurostat, Labour Force Survey, medie annuali. Per i paesi assenti, l’indicatore non è calcolabile. Il dato UE include tutti i paesi. In Italia nel 2003 c’è una interruzione della serie per il passaggio alla Rilevazione continua delle forze di lavoro

Sempre con riferimento alla partecipazione al mercato del lavoro, un’area di

particolare interesse del coordinamento comunitario è quella dell’occupazione dei lavoratori anziani, essendo l’allungamento della vita lavorativa una delle sfide più importanti per i paesi al fine di evitare o mitigare l’intervento sulla generosità delle prestazioni. I tassi d’occupazione dei lavoratori anziani (tra i 55 e i 64 anni) sono effettivamente nella media comunitaria molto bassi, essendo occupati meno della metà

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dei lavoratori in questa fascia d’età. Si tratta comunque di un dato in crescita, anche se non con la velocità auspicata: ad ogni modo si tratta di dieci punti in più in dieci anni (dal 35,8% del 1998 al 45,7 del 2008; cfr. Figura 1.27). Anche in Italia l’occupazione degli anziani cresce (nel decennio quasi 7 punti), ma su valori molto più bassi che la media comunitaria (nel 2008 il tasso italiano è stato meno del 35%). Tra i valori più bassi della UE, insieme all’Italia, tra i vecchi Quindici ci sono Belgio e Lussemburgo, mentre tra i paesi dell’allargamento Malta, l’Ungheria, la Polonia e la Slovacchia. Il valore italiano è meno della metà del massimo svedese pari a più del 70% ed è molto lontano dal target fissato a Lisbona per la UE nel suo complesso (il 50% al 2010). E’ in crescita il numero di paesi che hanno già superato il target, dodici nel 2008, nove due anni prima.

Fig. 1.27 - Tasso d’occupazione dei lavoratori anziani (55-64 anni), anni 1998, 2006, 2007 e 2008

Fonte: Eurostat, Labour Force Survey, medie annuali.

Tra le aree coperte dagli indicatori comunitari vi è quella delle competenze

acquisite dalle giovani generazioni, assunto che la loro capacità di ridurre il rischio di povertà futuro passa per l’investimento odierno in capitale umano. L’indicatore monitorato è quello degli abbandoni scolastici precoci, col quale comunque, più che alle effettive competenze acquisite (come ad esempio in alcune indagini internazionali – cfr. l’indagine PISA dell’OCSE), si guarda al titolo di studio conseguito, contandosi i giovani che hanno lasciato la scuola prima del titolo secondario superiore. Sotto questo profilo, l’Italia mostra per la prima volta un dato sotto il 20%, proseguendo la tendenza alla riduzione (otto punti in dieci anni, dal 27,2% del 1999 al 19,4 del 2007). Resta però un dato inferiore solo a quello di Spagna, Portogallo e Malta e ancora lontano dalla media comunitaria del 15%. Da sottolineare che le migliori performance sono di paesi dell’allargamento, in particolare Slovenia, Polonia e Repubblica Ceca con valori intorno al 5%.

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Fig. 1.28 - Abbandoni scolastici precoci (persone di 18-24 che hanno abbandonato percorsi formativi senza aver raggiunto un titolo secondario superiore), anni 1999, 2005, 2006 e 2007

Fonte: Eurostat, Labour Force Survey

Restano da analizzare gli indicatori dell’area della protezione sociale, e cioè relativi ai due processi di coordinamento comunitario in materia di pensioni e salute come sintetizzati nel quadro degli indicatori cd. overarching13

Quanto invece all’adeguatezza presente delle prestazioni, la si misura con riferimento al reddito equivalente e alle pensioni degli anziani in relazione (rispettivamente) al reddito equivalente del resto della popolazione e del reddito da lavoro della coorte prossima alla pensione. I due indicatori evidenziano con riferimento ai redditi del 2006 (cfr. figura 1.29) una situazione di notevole variabilità in Europa. Il reddito equivalente degli ultra sessantacinquenni è particolarmente basso a Cipro (meno del 60%), nelle Repubbliche baltiche e in Irlanda, Danimarca e Regno Unito (circa due terzi di quello del resto della popolazione); all’altro estremo si registrano valori intorno al 100%, se non superiori (Polonia, Lussemburgo e Ungheria). I redditi equivalenti dipendono ovviamente non solo dai redditi pensionistici, ma da tutte le forme di reddito presenti nella famiglia, nonché dalla composizione dei nuclei familiari.

. Ricordiamo come in molti paesi le riforme attuate hanno posto la spesa sotto controllo, ma al costo di un brusco calo dell’adeguatezza prospettica delle prestazioni. Se in Italia, ad una consistente riduzione del tasso di sostituzione pubblico corrisponde una sostanziale costanza del tasso di sostituzione totale, è per effetto dell’ipotesi di trasformazione del TFR a previdenza complementare.

A differenza dei redditi relativi, il secondo indicatore, detto tasso di sostituzione aggregato, guarda più nello specifico ai redditi pensionistici e si concentra sugli individui (nella Figura i paesi sono ordinati secondo questo indicatore): gli “appena”

13 Ricordiamo che la lista di indicatori qui presentata è quella generale, che è poi accompagnata da liste “settoriali” relative a inclusione sociale, pensioni e salute.

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pensionati nella media comunitaria ricevono pensioni pari a circa la metà dei redditi dei lavoratori “prossimi”alla pensione (il confronto è tra le coorti di pensionati 65-74enni e lavoratori 50-59enni). A parte Cipro (meno del 30%), si passa da valori intorno al 40% (Bulgaria e Romania, le Repubbliche baltiche, Grecia, Danimarca e Regno Unito, ma anche i Paesi Bassi, in cui gli anziani hanno però un reddito relativo alto) fin oltre il 60% (Austria, Francia, Lussemburgo e Svezia). L’Italia si trova in una posizione intermedia e vicina alla media comunitaria, con l’86% in termini di reddito relativo e poco meno del 50% in termini di pensione relativa.

Fig. 1.29 - Reddito relativo degli anziani (reddito mediano equivalente delle persone di 65 anni e più rispetto al reddito mediano del resto della popolazione) e tasso di sostituzione aggregato (redditi da pensione delle persone tra 65 e 74 anni rispetto ai redditi da lavoro delle persone tra 50 e 59 anni), anno di indagine 2007 (anno di rilevazione dei redditi 2006)

Fonte: Eurostat, EU-Silc

Passando all’area della salute, particolarmente rilevante dal punto di vista della protezione sociale è l’accesso ai servizi sanitari. L’indicatore scelto è la distribuzione per quintili di reddito di coloro che non hanno ricevuto cure adeguate al bisogno per ragioni legate alla spesa (“cure troppo care”), all’offerta del servizio (“liste d’attesa troppo lunghe”), alla collocazione territoriale (“troppo lontano”). Nella Figura 1.30 sono riportate le quote di persone che hanno riscontrato queste difficoltà nei due quintili estremi, ordinando i paesi in base alla differenza tra la percentuale di persone che evidenziano un bisogno di cure non soddisfatte nel 20% più povero della popolazione e lo stesso dato nel 20% più ricco. In tutti i paesi (con l’eccezione di Spagna e Regno Unito) è tra i più poveri che si registrano le maggiori difficoltà nell’accesso alle cure, anche se in circa la metà dei paesi dell’Unione la differenza con

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Reddito relativo anziani Tasso sostituzione aggregato

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le altre classi di reddito è trascurabile e comunque la quota di popolazione che, indipendentemente dal quintile di reddito di appartenenza, manifesta difficoltà nell’accesso ai servizi sanitari è molto bassa (in undici paesi su ventisei in cui l’indicatore è rilevato, anche nel quintile più povero meno dell’1,5% delle persone rileva difficoltà nell’accesso ai servizi). In alcuni paesi, però, le differenze sono notevoli: nei paesi baltici (tra i quali il caso eclatante della Lettonia dove più di un quarto del 20% più povero dichiara di avere difficoltà nell’accesso ai servizi contro meno del 5% del quinto più ricco della popolazione), in Romania, in Polonia, in Germania e nei grandi paesi mediterranei (con la rilevante eccezione della Spagna, ma inclusa l’Italia) le disuguaglianze nell’accesso sono considerevoli tra le classi di reddito estreme. Per l’Italia si tratta di più di 7 punti percentuali di differenza; in particolare, quasi una persona su dieci tra i più poveri ha difficoltà nell’accesso ai servizi contro solo una su cinquanta tra i più ricchi.

Fig. 1.30 – Difficoltà nell’accesso ai servizi di cura – persone nel primo e ultimo quintile di reddito che hanno avuto bisogni di cura non soddisfatti per le seguenti ragioni: “troppo caro”, “liste d’attesa troppo lunghe”, “troppo lontano”. Anno: 2007

Fonte: EU-Silc, Eurostat

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