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COMMENTARI A cura di Silvano Danesi 1 - La deambulazione rituale Una delle specificità caratterizzanti la nostra Comunione è la deambulazione sinistrocentrica, introdotta dall’azione di restauro rituale del Serenissimo Gran Maestro Luigi Bastiani. Preferisco, in accordo con il Bonvicini, usare la parola deambulazione, anziché circumambulazione, perché quella muratoria nel Tempio non è circolare, ma squadrata. Circolare, solitamente, è quella che si effettua esternamente attorno ad un edificio sacro, inteso come «Centro del Mondo». La ritualità ha molteplici significati. Dal punto di vista formale, come sostiene l’antropologo E.Leach, il rito si è spesso costituito come una serie di azioni lunga e complessa: un discorso scomponibile in paragrafi, frasi, parole, sillabe e fonemi, “cioè un processo comunicativo basato sul codice le cui unità si articolano secondo una logica combinatoria simile a quella del codice linguistico”. 1 Molti miti e rituali, sin dall’antichità, vengono considerati una ricapitolazione della creazione del mondo e anche il Tempio massonico, con il complesso dei suoi simboli, dei miti e dei riti ad esso collegati, è una riproduzione dinamica e creativa del farsi del mondo per opera del Grande Architetto dell’Universo. La deambulazione, in questo contesto, ha un’importanza essenziale, in quanto la sua dinamicità induce processi logici, evoca elementi simbolici, crea aggregazioni energetiche. Logica vuole che per introdurre qualsiasi ragionamento riguardo alla deambulazione si debbano fissare i parametri di riferimento. Per un osservatore "che si trovasse al Polo – scrive in proposito Tilak – la volta celeste sembra girare attorno a lui da sinistra a destra, un po' come se egli facesse girare un ombrello sopra la sua testa. Le stelle non si levano e non calano, ma seguono delle traiettorie circolari nel piano orizzontale, girando senza fine come la ruota di un vasaio durante una notte di sei mesi. Il sole, allorquando è al di sopra dell'orizzonte, sembra girare nello stesso modo. Il centro della volta celeste al di sopra dell'osservatore è il Polo Nord celeste, e ciò che egli vede sarà l'emisfero nord celeste, poiché la parte invisibile sotto l'orizzonte costituirà l'emisfero sud. Quanto all'Est e all'Ovest, la rotazione della Terra intorno al suo asse li farà girare attorno all'osservatore da destra a sinistra, cosicchè gli astri effettueranno un giro completo in un giorno, parallelamente all'orizzonte, da sinistra a destra, e non si leveranno ad Est né tramonteranno all'Ovest ogni giorno, come da noi nelle zone temperate o tropicali. Un osservatore situato al Polo Nord non vedrà dunque che l'emisfero nord celeste, girante al di sopra della sua testa mentre l'emisfero sud con tutte le sue stelle rimarrà pressochè del tutto invisibile e l'equatore costituirà il suo 1

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COMMENTARI A cura di Silvano Danesi

1 - La deambulazione rituale

Una delle specificità caratterizzanti la nostra Comunione è la deambulazione sinistrocentrica, introdotta dall’azione di restauro rituale del Serenissimo Gran Maestro Luigi Bastiani. Preferisco, in accordo con il Bonvicini, usare la parola deambulazione, anziché circumambulazione, perché quella muratoria nel Tempio non è circolare, ma squadrata. Circolare, solitamente, è quella che si effettua esternamente attorno ad un edificio sacro, inteso come «Centro del Mondo». La ritualità ha molteplici significati.

Dal punto di vista formale, come sostiene l’antropologo E.Leach, il rito si è spesso costituito come una serie di azioni lunga e complessa: un discorso scomponibile in paragrafi, frasi, parole, sillabe e fonemi, “cioè un processo comunicativo basato sul codice le cui unità si articolano secondo una logica combinatoria simile a quella del codice linguistico”. 1 Molti miti e rituali, sin dall’antichità, vengono considerati una ricapitolazione della creazione del mondo e anche il Tempio massonico, con il complesso dei suoi simboli, dei miti e dei riti ad esso collegati, è una riproduzione dinamica e creativa del farsi del mondo per opera del Grande Architetto dell’Universo. La deambulazione, in questo contesto, ha un’importanza essenziale, in quanto la sua dinamicità induce processi logici, evoca elementi simbolici, crea aggregazioni energetiche. Logica vuole che per introdurre qualsiasi ragionamento riguardo alla deambulazione si debbano fissare i parametri di riferimento. Per un osservatore "che si trovasse al Polo – scrive in proposito Tilak – la volta celeste sembra girare attorno a lui da sinistra a destra, un po' come se egli facesse girare un ombrello sopra la sua testa. Le stelle non si levano e non calano, ma seguono delle traiettorie circolari nel piano orizzontale, girando senza fine come la ruota di un vasaio durante una notte di sei mesi. Il sole, allorquando è al di sopra dell'orizzonte, sembra girare nello stesso modo. Il centro della volta celeste al di sopra dell'osservatore è il Polo Nord celeste, e ciò che egli vede sarà l'emisfero nord celeste, poiché la parte invisibile sotto l'orizzonte costituirà l'emisfero sud. Quanto all'Est e all'Ovest, la rotazione della Terra intorno al suo asse li farà girare attorno all'osservatore da destra a sinistra, cosicchè gli astri effettueranno un giro completo in un giorno, parallelamente all'orizzonte, da sinistra a destra, e non si leveranno ad Est né tramonteranno all'Ovest ogni giorno, come da noi nelle zone temperate o tropicali. Un osservatore situato al Polo Nord non vedrà dunque che l'emisfero nord celeste, girante al di sopra della sua testa mentre l'emisfero sud con tutte le sue stelle rimarrà pressochè del tutto invisibile e l'equatore costituirà il suo

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orizzonte celeste". 2 In questo caso lo Zenith è la Stella Polare e l'osservatore ha sopra di sé il cielo delle stelle imperiture, ossia polari. Il Polo Nord è, nella tradizione vedica, il Monte Meru e nel "capitolo 163 e 164 del Vanaparvan – scrive Tilak – la visita di Arjuna al Monte è descritta in dettaglio e ci racconta che «al Meru il sole e la luna girano da sinistra a destra (pradakshinam) ogni giorno e così fanno tutte le stelle".3 Da queste prime considerazioni si evince che i parametri di riferimento della ritualità massonica e, conseguentemente, della deambulazione, riguardano un osservatore posizionato in zone temperate e tropicali. Nell'emisfero Nord, il sole, per un osservatore che abbia le spalle rivolte a Nord, sorge ad Est, alla sua sinistra, e tramonta, alla sua destra, ad Ovest, secondo un percorso apparente destrocentrico (in realtà è la terra a girare). Nell'emisfero Sud, per un osservatore che abbia le spalle rivolte al Sud, il sole sorge ad Est alla sua destra e tramonta ad Ovest alla sua sinistra, secondo un percorso apparente sinistrocentrico (in realtà è la terra a girare). Ne consegue che i parametri della ritualità massonica riguardano un osservatore dell'emisfero boreale. All'osservatore terrestre boreale il moto del sole appare come destrocentrico (da sinistra verso destra, mentre nella realtà è sinistrocentrico quello della terra, in quanto rispetto alla terra il sole è fisso) e quello della volta celeste sinistrocentrico (mentre nella realtà è destrocentrico quello della terra). La deambulazione sinistrocentrica, adottata dalla Serenissima Gran Loggia Nazionale Italiana degli A.L.A.M., Tradizione di Piazza del Gesù, pertanto, è realmente “solare”, ossia è la deambulazione della terra e, quindi, anche di un terrestre, nei confronti del sole.

Deambulare con modalità sinistrocentrica significa, infatti, seguire il percorso reale della terra intorno al sole. Poiché il Tempio, riproduzione della volta celeste, è convenzionalmente orientato ad Est, laddove il sole nel suo moto apparente sale nel cielo, la deambulazione sinistrorsa, che inizia ad Ovest, all'entrata del Tempio, passando per il Sud, va incontro al sole nel suo moto apparente, seguendo il moto reale della terra. L'inizio dei lavori massonici nel Tempio avviene, per convenzione, a mezzogiorno, ossia quando il sole è allo Zenith in rapporto all'equatore celeste. Andare convenzionalmente incontro al sole, pertanto, significa instaurare una ritualità che rispetta sia il moto reale della terra in rapporto all'astro, sia la percezione dell'osservatore, unendo, così, il "punto di

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vista" e la "realtà" e in questo modo rendendo evidente che la "realtà" e il "punto di vista" non sempre coincidono e, conseguentemente, affermando che la conoscenza, per procedere correttamente, deve riconoscersi come relativa. La fine dei lavori massonici nel Tempio avviene, convenzionalmente, a mezzanotte, quando il sole è corego (nel coro stellare) e la deambulazione di chiusura (se l'apertura è stata sinistrocentrica) è destrocentrica e va incontro al moto degli astri nel cielo, ossia degli asterismi visibili sulla volta celeste sorretta dalle 12 colonne sull'eclittica, rappresentati nello Zodiaco. Il moto apparente degli astri nel cielo è sinistrocentrico, cosìcché l'orologio zodiacale scatta ad ogni era di un asterisma: da Pesci all'Acquario, dall'Acquario al Capricorno, e così per il resto della rotazione. La luna, nel suo moto apparente, è come il sole, ossia segue un andamento destrocentrico, mentre nella realtà ancora una volta è la terra ad avere un andamento sinistrocentrico. La deambulazione di chiusura destrocentrica (dopo un'apertura sinistrocentrica) non è, pertanto, lunare. La logica ci dice che, poiché i lavori massonici iniziano a mezzogiorno e terminano a mezzanotte, la deambulazione rituale più corretta è quella sinistrocentrica, ossia quella di un terrestre nei confronti del sole e della luna. Riguardo agli aspetti simbolici della deambulazione, il Tempio ci suggerisce un possibile rapporto con lo Zodiaco e con le 12 fatiche di Ercole, ossia con le "prove", che hanno un riferimento zodiacale. Nelle fatiche del celtico Brian, equiparate a quelle di Ercole da Bernard Sergent, "vi è anzitutto una coerenza geografica: il punto di partenza del percorso che Brian ed i fratelli devono effettuare è indicato in maniera assolutamente netta: dovranno iniziare con le Mele del giardino delle Esperidi, «a oriente del mondo», il che dimostra come questa tradizione sia indipendente dalla cultura ellenica dei redattori del testo, se consideriamo che gli Antichi situavano tale giardino ad Ovest, e che il viaggio dei tre eroi deve iniziare ad oriente. Dopo tale impresa essi raggiungono il re di Grecia e poi il re di Persia: con un tragitto piuttosto incoerente dopo essersi spinti sino al punto più orientale, si dirigono a Sud-Est (come si evince dalla posizione dei due paesi menzionati in rapporto all'Irlanda). In seguito si recano da Dobhar, re di Sicilia: in altre parole, gli eroi vanno ad Ovest, girando intorno all'Irlanda passando per il Sud. Si allude così ad una dextratio, come l'Irlanda e tutto il mondo indoeuropeo l'hanno conosciuta e praticata, con indubbia connotazione solare: il percorso da oriente ad occidente, passando per il sud, è quello che il sole effettua quotidianamente".4 Il percorso di Brian e dei fratelli è una dextratio. Diverso il percorso di Eracle o Ercole, le cui fatiche, posizionate sullo Zodiaco seguono il seguente itinerario: Leone, Scorpione, Bilancia, Capricorno, Sagittario, Vergine, Acquario, Toro, Ariete, Cancro, Gemelli, Pesci.

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Preso nel suo insieme, quindi il percorso [di Eracle] non costituisce una dextratio. La deambulazione relativa al Tempio massonico, in conclusione, non si riferisce ad elementi simbolici o mitologici, quali le prove di Ercole, ma alla percezione del cielo di un osservatore che è posizionato in una zona temperata o tropicale dell'emisfero boreale e la conseguenza di questa conclusione è che la ritualistica massonica è stata codificata sulla base delle conoscenze proprie di quell'osservatore. La deambulazione, oltre ad avere un riferimento stellare (anche il sole è una stella), ha anche funzioni apotropaiche e propiziatorie. Esempi di deambulazione apotropaiche e propiziatorie si hanno con il nekkor tibetano, il tawaf islamico, il girvalam indù, il pomerium latino-etrusco, l'haqqafah ebraico, le rogazioni cristiane, che hanno antecedenti nelle romane lustrazio pagi, amburbium e ambarvalia, nell'amphidromia greca (attorno al fuoco domestico), nel pila induistico (donne nude attorno all'albero sacro). In questo ambito troviamo anche le asserzioni magiche relative alle direzioni fauste e infauste.

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2) Il criterio energetico della deambulazione. La scelta della deambulazione sinistrocentrica risponde anche ad un criterio energetico: tutte le energie elettromagnetiche hanno un andamento sinistro-centrico. “A sostegno della tesi sinistro-centrica per la deambulazione nel Tempio, specialmente nella sua funzione «costruttiva» dello stesso, sussiste – scrive Bonvicini -, a nostro avviso, un'ulteriore considerazione. Tutte le energie elettromagnetiche, come c'insegna la fisica moderna, hanno un andamento sinistro-centrico. Forse questa Legge Universale del Creato, propria a tutte le Energie, fu intuita nella antichità. E’ sintomatica al riguardo la constatazione «moderna», evidenziata dal Fulcanelli ed altri, che i costruttori dei templi e delle cattedrali seppero spesso erigere gli edifici sacri nei punti in cui erano più forti le fonti elettro-magnetiche ed energetiche, in genere”. ”Si può quindi spiegare – continua Bonvicini -, anche in questa prospettiva, la scelta in molte tradizioni della deambulazione sinistro-centrica e che essa sia stata assunta a simbolo della creazione ed a simbolo di armonia con le leggi della Natura e del Cosmo: espressione dell'Ordine Celeste. Analoga era l'idea di collegarsi concettualmente- come a nostro avviso era per i rosoni a 12 colonne (o 24) – aggiunge ancora Bonvicini - con le precessioni degli equinozi dello zodiaco cosmico, concepito come «somma» di tutti i cicli cosmici dell'Universo creato, per passare concettualmente alle «stazioni del sole» e nei relativi solstizi ed equinozi delle stagioni, che incidevano sulla natura e sull'uomo, scandendo il tempo terrestre. Per questo, forse, quasi tutte le liturgie religiose ed iniziatiche seguirono un andamento sinistro-centrico, anche in quasi tutti i movimenti nel Tempio, evocante la ruota cosmica”.5 V’è, infine, nella scelta della deambulazione sinistrorsa, una ragione che attiene all’intento di recupero della Tradizione, ossia la possibilità, così come asserisce René Guénon, che la Massoneria operativa, ossia la Massoneria originaria, usasse la deambulazione sinistro centrica. Bonvicini scrive in proposito, in riferimento ai cicli cosmici e solari: “Ci appare, quindi, avvalorata l'affermazione di Guénon che la Massoneria cosiddetta «operativa» abbia seguito una deambulazione sinistro-centrica, che egli definisce «Polare», perché essa è propria alle leggi della Natura e del Cosmo ed alle incidenze cosmogoniche, rapportate allo Zodiaco Cosmico e quindi alla «Stella Polare» ed al Sole, sulla Terra e sull'Uomo”.6 La deambulazione sinistrocentrica, adottata dalla Serenissima Gran Loggia Nazionale Italiana degli A.L.A.M., Tradizione di Piazza del Gesù, Grande Oriente di Roma, pertanto, risponde a un ritorno alla Tradizione.

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3 – Il cammino dell’oca e la via del ritorno

La deambulazione sinistrorsa trova riscontri antichi in percorsi sapienziali iniziatici che hanno dato origine a giochi sacri, in seguito decaduti a giochi di società. Quello dell’oca ne è un esempio, in quanto è gioco antico ed è percorso sapienziale iniziatico divenuto popolare come gioco di società nel XVI secolo d.C. Prima di addentrarci nell’analisi numerologica dell’antico cammino a spirale sinistrorsa (la via del ritorno), voglio solo ricordare che l’oca è animale tenuto in grande considerazione da molti popoli antichi, a cominciare dagli Egizi, per giungere ai Greci, che la tenevano come allegro compagno d'infanzia e come guardiano. I Romani avevano affidato alle oche il compito di vegliare sul tempio di Giunone, nel Campidoglio. Per i Celti il palmipede era simbolo dell'aldilà e guida dei pellegrini, ma anche simbolo della Grande Madre dell'Universo e dei viventi (tutti i viventi). Secondo un mito egizio a Khemenu (Hermopolis) gli Otto princìpi (Nulla, Inerzia, Infinito e Invisibilità e le loro paredre) nella Tenebra del Nun avevano creato l’uovo primigenio, invisibile, dal quale scaturì l’uccello della luce. Secondo un altro mito, l’uovo fu deposto da un’oca, il “Grande Spirito Primevo”, detto il “Grande Starnazzatore”, in quanto ruppe per primo il silenzio.

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Il percorso dell’oca è una spirale e su questa figura geometrica si potrebbero scrivere migliaia di pagine. In questo contesto vogliamo solo ricordare la sua affinità con la forma delle galassie e con il “Serpente Cosmico”, l’angue originario, noto nell’antico Egitto con una quantità di nomi: come “Fornitore di attributi” era associato a Khemenu e alla dottrina della “Parola Divina”; poiché venne prima della luce è chiamato Amon, il “Nascosto” o l’ “Invisibile”. L’oca, nel suo significato simbolico e il suo gioco, dunque, arrivano da molto lontano. Louis Charpentier ha descritto l’esistenza sul suolo di Francia di un immenso gioco dell’oca, che si sviluppa a spirale e del quale le caselle sono costituite da monumenti megalitici, dove i toponimi portano ancora il nome di Lug e della sua paredra Lusine, la Mère Lugine delle leggende. Questo immenso percorso a spirale sarebbe il portato di un’antichissima civiltà, molto sapiente, le cui tradizioni si conservano ancora sotto forma simbolica e il cui sapere è passato ai costruttori delle piramidi, dei templi greci, delle cattedrali. La zampa dell'oca maschio, lo “Jars”, veniva usata come "marchio" di riconoscimento dai maestri costruttori delle cattedrali gotiche, i quali, a loro volta venivano chiamati "Jars". Il segno distintivo del piede palmato è rimasto in uso tra i costruttori con il nome di “Pédauque”.

Il gioco dell’oca: sistema di insegnamento. Charpentier scrive che il gioco dell’oca è “un sistema di insegnamento, una rappresentazione – noi diremmo, oggigiorno, una formula – probabilmente, un modo mnemotecnico. Per l’adepto Fulcanelli, era, questo gioco dell’oca, un labirinto popolare dell’Arte sacra e una raccolta dei principali geroglifici della Grande Opera (Fulcanelli, Les demeures philosophales – Pauvert ed.). Risuonano i “geroglifici”. E, precisamente, per Agustin Berger, che si è fortemente applicato su questa questione del gioco dell’oca, il nome di Geb, Dio egizio della Terra, si esprimeva con un geroglifico derivato da quello dell’oca selvatica”. 7 Charpentier, così come altri studiosi, segue nell’analisi il criterio della Cabala fonetica, ossia il linguaggio alchemico, che è cabalistico omofonico e così mette in relazione Osiride, erede di Geb e Horus, detto l’Erede del trono di Geb, con l’oca. Se Horus, erede di Geb, è il Re della terra, il Maestro del Mondo, “Geb è sovente rappresentato con un’oca sulla testa. E ne viene ugualmente che sia rappresentato sotto forma di uno “jars” (maschio dell’oca, ndr), di cui la femmina, l’oca, fecondata, depone l’uovo del sole. Siamo qui ad un livello alchemico, del simbolo. Si può ritenere, tuttavia, che ci sia corrispondenza tra lo “Jars” e “Osiris”, fecondatore, e tra l’”Oca” e “Isis” fecondata”8. L’oca, suggerisce Charpentier, è animale dell’acqua, della terra e dell’aria; è associata agli Asi (Aases), forze della natura. Non solo, ma l’oca, aggiungiamo, mentre galleggia sulla superficie (conscio), tuffa la testa nell’acqua (inconscio) e poi la rialza (integrazione) verso l’aria. Potremmo aggiungere altri elementi, ma a questo punto vogliamo occuparci più da vicino della parte numerica del gioco.

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Charpentier ricorda come nel geroglifico di Geb, l’oca sia associata al piede: il piede d’oca, che ricorda il passo dell’oca. Procedere al passo dell’oca, dunque, significa muoversi secondo il percorso di Geb.

I numeri dell’oca e l’approdo al “giardino”. Il gioco dell'oca, così come ci è pervenuto come gioco di società, vede ciascun giocatore avanzare, sulla base del numero indicato dai dadi, su un tavoliere diviso in 63 caselle. Sul tavoliere è disegnato un percorso che si avvolge a spirale. Su ogni casella ci sono un numero e una figurina. I giocatori avanzano con il lancio di due dadi e vince chi arriva per primo alla casella 63, oltre la quale c’è "il Giardino dell'oca". Il giardino è paradiso, dal greco paradeisos, così come il giardino è l’hortus conclusus: un giardino nel giardino, nel quale l’Unicorno, che può essere catturato solo da una vergine, riposa nel grembo della Dama. L’Unicorno, come il Logos, riposa nel giardino della vergine, ossia dell’Arché. Ritroviamo qui, in altra forma, i concetti che troviamo sull’Ara del Tempio nel Prologo di Giovanni. Nel Prologo del Vangelo di Giovanni si legge: "In Arché era il Logos, e il Logos era presso Théon e il Logos era Théos. Egli [il Logos] era in Arché presso Théon: tutto è stato fatto per mezzo di lui [il Logos], e senza di lui [il Logos] neppure una delle cose create è stata fatta. In lui [il Logos] era la vita [zoè, vita naturale universale, ossia la Natura] e la vita [zoé, Natura] era la luce degli uomini; la luce risplende fra le tenebre, [σκοτια, buio] ma le tenebre non l'hanno ricevuta". Il nome del divino è un verbo sostantivato e pertanto sottende un’azione, un agire, un continuo divenire. Théos, infatti, deriva da theeîn, correre e theâsthai, vedere e dà, pertanto, l’idea di un procedere verso l’evidenza, di un continuo manifestarsi. La relazione Arché-Logos è come quella di Beit e Reshit, implicante l’attivarsi e il manifestarsi del pensiero nella vita. Il rapporto Arché-Logos lo ritroviamo anche nella mitologia irlandese, dove la vergine Goevin permette a Math, figlio di Mathonwy, mago primordiale dei Tuatha de Danann, di vivere, mettendo i piedi nella sua vagina. Tout se tient.

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Il Serpente arrotolato e l’Angue originario

Le caselle in cui sono raffigurate le oche permettono al giocatore di tirare di nuovo. Per rendere il gioco più complesso, vicino alle caselle con le oche ve ne sono altre, come la locanda (casella 19), il pozzo, (31), il labirinto (42), la prigione (52), la morte (58), che obbliga a riprendere da zero, ecc. che rappresentano ostacoli e difficoltà. Il gioco dell'oca ha dato luogo a un'innumerevole quantità di varianti.

Nel gioco 13 caselle sono fauste (tredici sono i pezzi del corpo di Osiride ritrovati e ricomposti) e le altre sono infauste.

Il gioco richiama quello egizio del “Serpente arrotolato”, il Mehen, che ricorda l’Angue originario, comune nell’Egitto della II dinastia (quindi gioco antichissimo), la cui prima testimonianza iconografica risale al 2650 a.C. ed è stata rinvenuta sulle pareti della tomba di un sacerdote di nome Hesy, situata nei pressi di Saqqara. L'immagine rappresenta molto chiaramente tre tavolieri a fianco dei quali vi sono dei contenitori con quelli che dovevano essere i pezzi di gioco. Si riconosce un tavoliere a forma di serpente arrotolato, uno costituito da una fila di caselle rettangolari e un terzo suddiviso in tre file da dieci caselle quadrate, alcune delle quali contraddistinte da un simbolo.

Nelle vicinanze di El-Mahasna, sempre in Egitto, è stato invece rinvenuto un tavoliere di forma rotonda, raffigurante un serpente arrotolato con il corpo diviso in caselle di forma più o meno regolare, secondo uno schema molto vicino a quello del moderno Gioco dell'Oca.

Non si conoscono le regole, ma è altamente probabile si trattasse di un gioco di percorso per due giocatori.

Il serpente raffigurato sul tavoliere ha sempre la testa al centro e il suo corpo è suddiviso in una serie di caselle che dovevano probabilmente essere percorse dalle pedine dei

Esemplari di Menhem conservati al Museo di New Jork

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giocatori. Il numero di spire varia da esemplare ad esemplare così come il numero di caselle da percorrere. Apparentemente, infatti, il gioco non doveva avere una struttura così ben definita come il Senet o altri giochi antichi e anche le dimensioni potevano variare. Non ci sono testi che permettano di ricostruire le regole del gioco.

Il Mehen doveva avere per gli antichi Egizi un forte significato magico-simbolico, come dimostra la sua presenza all'interno di numerosi corredi funerari e sugli affreschi tombali, ma è molto probabile che questo gioco abbia seguito un percorso inverso a quello del Senet, partendo come semplice passatempo, giocabile anche scavando in terra il percorso stilizzato, per poi diventare un oggetto importante, da portare con sé anche nell'ultimo estremo viaggio verso l'al di là.

Indipendentemente dalla sua origine e dalle regole di gioco, la struttura del Mehen richiama immediatamente alla mente quella del tradizionale Gioco dell'Oca. Non è impossibile che tra i due giochi esista un filo di continuità passato nei secoli attraverso il filtro delle culture e delle tradizioni. E sono proprio queste considerazioni di assonanza tra i due giochi, del Serpente arrotolato e dell’Oca, che ci inducono ad avventurarci in un possibile percorso interpretativo.

La marche à l’Oie sinistrocentrica

“C’è – scrive Charpentier – una marche à l’Oie che, in quanto cammino iniziatico, implica il passaggio da una “forza” terrestre a un’altra”9.

Nel percorso a spirale che conduce dall’esterno verso il “giardino dell’Oca”, nelle verie icone che lo compongono, incontriamo l’oca nelle caselle numerate con i numeri: 5, 9, 14, 23, 27, 32, 36, 41, 45, 50, 54, 59, 63.

Se osserviamo gli intervalli tra una casella e l’altra, notiamo la seguente serie di numeri: 0, 5, 4, 5, 9, 4, 5, 4, 5, 4, 5, 4, 5, 4.

All’inizio il giocatore, dopo essere passato per la porta, incontra abbiamo l’oca posizionata nella casella cinque. Alla fine del percorso, il giocatore, per entrare nell’ultima porta, prima del “Giardino dell’oca”, ossia nella sessantatreesima casella, deve compiere un salto di 4 caselle. Il “Giardino dell’oca” è alla quinta casella, ossia, se fosse numerata, alla sessantaquattresima.

La nuova serie numerica è dunque: 5, 9, 9, 9, 9, 9, 9, 4.

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Ora, non sfugge, che 6X9 dà 54, ossia 5 e 4: esattamente i due balzi iniziale e finale, la cui somma, peraltro, dà ancora 9.

La serie, pertanto, si completa, con il numero 63 (ancora una volta 9), che è anche il risultato di sette volte 9, o, se si preferisce, di 6 volte 5 (30), più sei volte 4 (24) più 9 (vedi la prima serie numerica).

Il 63, nel Medioevo, era il numero dei custodi delle porte dei sette santuari, che gli adepti dovevano varcare, dopo aver dimostrato il possesso di un’opportuna istruzione sapienziale. Non a caso all’inizio e alla fine del “gioco”, il giocatore varca una porta.

Se il “giardino dell’Oca”, oltre l’ultima porta, fosse numerato, avrebbe il numero 64 e l’ultimo balzo potrebbe essere di 5 caselle, dando luogo alla serie: 5,9,9,9,9,9,9,5, costituente un numero palindromo: 5999 9995 (speculare, equilibrato).

Vediamo ora il possibile significato dei numeri, secondo la numerologia egizia. 10

Con il numero 4, rappresentabile anche con un quadrato, si allude ad un equilibrio che certamente si raggiunge con la morte, anche se non si preclude la possibilità che possa essere raggiunto in vita. La via per raggiungere in vita quella stessa condizione pare sia indicata dal numero cinque, l’amore, rappresentato con il geroglifico della stella a cinque punte,

la cui dizione è ţu, contenuta nel numero 4 (fţu). Consideriamo anche che i pitagorici chiamavano il cinque assenza di contesa, in quanto concilia il dispari (tre) con il pari (due).

Vediamo ora il 9 o pesţ o pestch: significa tornare indietro, ricominciare, oppure splendere, illuminazione.

Il gioco dell’oca, dunque, stando a queste possibili interpretazioni legate all’antica scienza numerologica egizia, basata sull’omofonia (così come la cabala linguistica degli alchimisti, la lingua verde), si propone come una via iniziatica, dove l’equilibrio e l’amore si intrecciano e dove il procedere dell’adepto può essere contrassegnato dall’illuminazione o dall’invito a tornare indietro, a ritentare la prova, secondo l’insegnamento che vuole ogni simbolo bivalente nelle sue valenze. Il 9 può essere un passo illuminante o un arresto del percorso: un ritorno indietro. Va notato che anche il lancio dei dadi può dare combinazioni diverse, sia pure con lo stesso numero. Ad esempio un tiro a 9 con 4 e 5 porta alla casella 53. Un tiro dello stesso valore, ma con 6 e 3 porta alla casella 26. Cambia il gioco.

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Vediamo ora il significato degli altri numeri.

Sei volte cinque dà 30 (Måba): il numero dell’Unità occulta: rappresenta la totalità delle manifestazioni. Måbiu sono i trenta giudici, umani o divini, mentre Måbit è la Corte entro la quale i trenta si riuniscono. 11

Sei volte 4 è 24. Il numero sei, secondo l’elaborazione di Nedim Vlora, ha una valenza profetica, annunciando la realizzazione di un universo in perfetto equlibrio. 12 Il 24, dunque, essendo 6 volte 4 è un numero che indica la tendenza alla corrispondenza tra l’equilibrio individuale e quello cosmico.

Il 63, ossia il numero che indica il percorso verso il “Giardino dell’Oca”, è il prodotto di 7 volte 9 e il sette è numero particolarmente significativo in tutte le tradizioni. Seguiamo ancora, come per i precedenti numeri, il criterio della numerologia egizia basata sulle omofonie. Sette si pronuncia sefekh, oppure skhef. “Ancora una volta – scrive in proposito Nedim Vlora13 - un sinonimo, s-fehk, dalla probabile pronuncia similare, indica l’opposto di ciò che il numero vuol significare: ossia slegare, sciogliere, rilassarsi; perciò è possibile che il numero indichi un legame, così come suggerito dalle varianti grafiche: 4+3

___

I I I

5+2

Pertanto, se il quattro sottintende il raggiungimento di uno stato di equlibrio in vita - nonostante una siffatta dimensione si raggiunga più frequentemente con la morte - e il tre indica il primo stato derivato dalla trascendenza, per conseguenza il sette simboleggia lo stato immediatamente successivo, cioè il completo inserimento nella spiritualità cosmica. La notazione grafica che usufruisce della stella, inoltre, indica anche il fondamento essenziale perchè una simile fusione si realizzi già in vita, ossia l’amore, l’unico che consenta una compiuta spiritualizzazione”. Il 63, dunque, rappresenta 7 volte l’illuminazione (nove) nel percorso contrassegnato dal passo dell’oca (quattro e cinque, amore ed equilibrio), che conduce al completo inserimento nella spiritualità cosmica.

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Perché 63 caselle?. Potrebbe bastarci quanto abbiamo detto sin qui, ma il gioco, proprio perché si ricollega a quello più antico del “serpente arrotolato”, nonché per la stessa simbologia dell’oca, che abbiamo più sopra tratteggiato, ci suggerisce più antiche relazioni.

Dall’Uno al molteplice e dal molteplice all’Uno

L’Occhio di Horus, come è ormai noto da studi condotti da valenti studiosi, è la rappresentazione grafica di proporzioni numeriche rappresentabili anche come frazioni (1/64, 1/32, 1/16, 1/8, ¼, ½, 1/1) che indicano, nel loro insieme l’unità in termini di 64/64. Questo per quanto riguarda l’occhio destro. Per quanto riguarda il sinistro, mutilato da Seth e ricomposto da Thot, è incompleto, ossia è 63/64. Ecco il nostro 63. Per raggiungere l’Unità, ossia 64/64, si deve un aggiungere un sessantaquattresimo. Il “giardino dell’Oca” è dunque l’Unità e il percorso a spirale indica appunto la via del ritorno. Se il “giardino dell’Oca” fosse numerato porterebbe il numero 64 e la serie numerica del “passo dell’Oca” potrebbe essere: 5 999 999 5. Ora, il 999 è simbolo dellla somma illuminazione e 5 dell’amore. La serie è palindroma, ossia percorribile in un senso e nell’altro, così come la venuta dall’origine e il ritorno all’origine (il centro della spirale) e tuttavia, così come per l’occhio di Horus, manca a noi la conoscenza di 1/64. La via è fatta di sette porte, di sette gradini, da percorrere con equilibrio (4) e con amore (5). Non è detto che il “giardino dell’Oca”, superata l’ultima porta, non si apra. Notiamo, infine, che 64 è il risultato di 8 per 8, ossia il quadrato di otto (numero associato alla conoscenza) e il quadrato di otto è la scacchiera, che, appunto, è composta di otto file di otto caselle, delle quali 32 nere e 32 bianche. Il nero e il bianco si alternano, in una concezione, come quella egizia, secondo la quale ad ogni realtà corrisponde il suo doppio, di segno opposto e complementare (paredro). Quello della scacchiera è il gioco della conoscenza, ma questo è argomento che merita uno spazio a sé.

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4) La deambulazione come purificazione

Nella tradizione celtica la purificazione acquista un significato essenziale e soteriologico.

Come scrive Jean Markale, “nell’eterno divenire che sembra essere la concezione druidica del mondo, non si può tornare indietro. Bisogna, al contrario, andare avanti, e il ringiovanimento, la rigenerazione, è davanti e non dietro. Boinn scomparve in quanto «vacca bianca», ma riapparirà in quanto Etaine, figlia di un re dell’Ulster, sposa del dio Mider, in seguito, dopo un’altra nascita, sposa del re Eochaid, è l’antenata di una stirpe reale. E qui essa porterà il soprannome Bé Finn, la «bella donna» o la «Donna Bianca»”. 14Essa è la Dama del Lago delle leggende arturiane.

Nella mitologia celtica, Boinn, madre di Oengus, vuole purificarsi e ritrovare una sorta di verginità. “Essa dice: «Andrò fino alla bella Sorgente di Segais, affinchè la mia castità sia fuori dubbio. Andrò tre volte in senso contrario al sole attorno alla sorgente vivente senza menzogna»”. 15

1 Pietro Scarduelli, Introduzione a Antropologia del rito, Boringhieri. 2 Tilak, Origine polaire de la tradition védique, Arché 3 Tilak, Origine polaire de la tradition védique, Arché 4 Bernard Sergent, Celti e Greci, Mediterranee 5 E Bonvicini, Esoterismo nella Massoneria antica, 2° vol. Atanòr 6 E Bonvicini, Esoterismo nella Massoneria antica, 2° vol. Atanòr 7 Louis Charpentier, Le géeants et le mystère des origines, Robert Laffont, Paris, 1969 8 ibidem 9 Louis Charpentier, Les gèants et le mystère des origines, Robert Laffont, Paris 10 Vedi in proposito Nedim Vlora, L’ultima notte della fenice, Mario Adda Editore 11 Nedim Vlora, op.cit. 12 Per ogni approfondimento sull’argomento rinviamo ai testi di Nedim Vlora editi da Mario Adda Editore, Bari 13 Nadim Vlora, op.cit. 14 Jean Markale, Il Druidismo, Mediterranee 15 Jean Markale, Il Druidismo, Mediterranee

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