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Università degli Studi di Sassari Corso di laurea in Tecniche della prevenzione nell’ambiente e nei luoghi di lavoro _______________________________________________________________________________________________________________ _______ La prevenzione delle radiazioni ionizzanti nella comunità. Rilevazioni di Radon in aule scolastiche _______ 1 1. INTRODUZIONE 1.1 IL GAS RADON Il Radon è un gas radioattivo naturale, incolore e inodore. È generato dal decadimento dell’uranio, cioè dal processo per cui una sostanza radioattiva si trasforma spontaneamente in un’altra sostanza, emettendo radiazioni. Il gas Radon, presente nel terreno e nelle rocce, si porta in superficie dove rapidamente si diluisce nell’atmosfera. La sua concentrazione nell’atmosfera è quindi molto bassa, mentre quando penetra negli ambienti chiusi tende ad aumentare, perché vi si accumula. La principale fonte di immissione di radon nell’ambiente è il suolo, insieme ad alcuni materiali di costruzione: è presente nel tufo, nel laterizio e nei graniti e, in qualche caso, nell’acqua. In casa respiriamo aria contenente radon che, essendo un gas inerte, viene rimosso mentre i prodotti del decadimento si attaccano alle pareti interne dei polmoni e qui emettono ancora radiazioni ionizzanti, le quali, soprattutto quelle alfa, si fissano al tessuto polmonare provocando danni al DNA delle cellule dando origine ad un processo cancerogeno. Attualmente, in Italia, muoiono a causa del radon tra le 1.500 e le 6.000 persone l’anno. Fig. 1 Fonti di diffusione del Radon

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1. INTRODUZIONE

1.1 IL GAS RADON

Il Radon è un gas radioattivo naturale, incolore e inodore. È generato dal

decadimento dell’uranio, cioè dal processo per cui una sostanza radioattiva si

trasforma spontaneamente in un’altra sostanza, emettendo radiazioni. Il gas Radon,

presente nel terreno e nelle rocce, si porta in superficie dove rapidamente si diluisce

nell’atmosfera. La sua concentrazione nell’atmosfera è quindi molto bassa, mentre

quando penetra negli ambienti chiusi tende ad aumentare, perché vi si accumula.

La principale fonte di immissione di radon nell’ambiente è il suolo, insieme ad alcuni

materiali di costruzione: è presente nel tufo, nel laterizio e nei graniti e, in qualche

caso, nell’acqua. In casa respiriamo aria contenente radon che, essendo un gas inerte,

viene rimosso mentre i prodotti del decadimento si attaccano alle pareti interne dei

polmoni e qui emettono ancora radiazioni

ionizzanti, le quali, soprattutto quelle alfa,

si fissano al tessuto polmonare provocando

danni al DNA delle cellule dando origine

ad un processo cancerogeno. Attualmente,

in Italia, muoiono a causa del radon tra le

1.500 e le 6.000 persone l’anno.

Fig. 1 Fonti di diffusione del Radon

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1.2 RADIAZIONI

Il termine radiazioni viene utilizzato per descrivere fenomeni fisici

apparentemente diversi fra loro, quali la luce e il calore, perfettamente percettibili dai

sensi umani e la radiazione elettromagnetica, la radiazione cosmica e la radiazione

artificiale, del tutto invisibili e impercettibili. Caratteristica comune a tutti i tipi di

radiazione è la cessione di energia alla materia attraversata (44). L'assorbimento di

energia si manifesta in genere con un aumento locale di temperatura; è quel che

succede nel caso dei pannelli solari colpiti dalla luce del sole, ovvero, nel caso

dell’impressione di una lastra fotografica (fotografia e diagnostica per immagini).

Questa cessione d’energia da parte della radiazione può interferire inoltre con i

processi biologici essendo una diretta conseguenza dei processi fisici di eccitazione e

ionizzazione dovuti agli urti della radiazione ionizzante con la materia.

Le radiazioni si dicono ionizzanti quando hanno energia sufficiente per produrre il

fenomeno fisico della ionizzazione che consiste nel rendere un atomo carico

elettricamente (ione). Sono soprattutto gli ioni generati dalle radiazioni ionizzanti ad

avere influenza sui normali processi biologici nei tessuti.

Nel 1896 Henry Becquerel (24) durante gli esperimenti effettuati sui fenomeni legati

alla luminescenza e/o fosforescenza di alcuni materiali e sulla relazione di questi

fenomeni con l'emissione di raggi X scoperti all’inizio 1896 con la presentazione

all'Académie des Sciences dei lavori e delle radiografie effettuate da W.C. Röentgen,

scoperse il fenomeno della radioattività. Durante i suoi studi notò casualmente che

sali di uranio posti accanto a lastre fotografiche, chiuse nei loro contenitori a prova di

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luce, ne provocavano l'annerimento e subito ne dedusse che tali sali dovevano

emettere dei raggi sconosciuti, di natura simile ai raggi X, molto più penetranti di

quelli luminosi. Notò altresì che tali raggi scaricavano rapidamente i corpi

elettricamente carichi evidenziandolo attraverso misure del grado di avvicinamento

delle foglie d'oro di un elettroscopio carico elettricamente in funzione del tempo di

esposizione. Due anni più tardi Marie Curie, proseguendo gli studi iniziati da

Becquerel chiamò tali sostanze radio- (radium = raggio)-attive e scoprì che anche

altre sostanze godevano della stessa proprietà dell'uranio, fra queste il torio, Nella

prosecuzione dei suoi esperimenti notò che la pechblenda minerale contenente

soltanto piccole quantità di sali di uranio manifestava un'attività radiante o

radioattività maggiore di quella dei sali di uranio: ne dedusse la presenza di qualche

specie chimica ignota. Con vari procedimenti chimici riuscì a separare il polonio e il

radio la cui radioattività risultava rispettivamente 400 e 1.000.000 di volte superiore

a quella dei sali di uranio puri: utilizzando il radio con un semplice esperimento

riuscì a stabilire la natura dei raggi emessi scoprendo che si trattava di 3 tipi di

radiazioni:

la prima con carica elettrica negativa, la seconda con carica elettrica positiva e la

terza neutra. Associò a tali raggi le prime tre lettere dell'alfabeto greco: α (alfa), β

(beta), γ (gamma).

I Raggi alfa o radiazione alfa sono radiazioni corpuscolari. Esse sono particelle

costituite da due neutroni e due protoni cioè sono nuclei di elio; sono per loro natura

facilmente fermate da un foglio di carta ovvero dallo strato morto della pelle. Sono

pericolose soltanto se i materiali α-emettitori sono introdotti nell'organismo.

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I Raggi beta o radiazioni beta sono anch’esse radiazioni corpuscolari elettroni o

positroni. Sono molto più penetranti delle particelle alfa, ma possono essere fermati

da sottili strati di materiali (acqua, vetro, metallo etc.). L'introduzione nel corpo di

materiali β-emettitori può essere pericolosa ma molto meno di quella degli α-

emettitori.

I raggi gamma sono radiazioni non corpuscolari, di natura ondulatoria come le

radiazioni elettromagnetiche, simili alla luce e ai raggi X ma di lunghezza d'onda più

piccola, non vengono deviati da campi magnetici o elettrici. I raggi gamma e X sono

molto più penetranti dei raggi α e β. Soltanto materiali ad alta densità quali il piombo

sono in grado di fermarli. All'elevata capacità di penetrazione che essi hanno nei vari

materiali, tessuti viventi compresi è strettamente connessa la pericolosità di questi

raggi.

I neutroni sono particelle neutre cioè senza carica elettrica; sono molto penetranti,

non ionizzano direttamente ma la loro interazione con la materia può generare raggi

α, β, γ che a loro volta producono ionizzazione. I neutroni sono fermati da materiali

leggeri quali acqua, paraffina, polietilene, e calcestruzzo in spessori più o meno

grandi.

La cessione all'uomo dell'energia trasportata dalle radiazioni ionizzanti avviene

attraverso l'irradiazione esterna e/o interna. Si parla di esposizione o irradiazione

esterna quando la sorgente di radiazione resta all'esterno del corpo umano; si parla di

esposizione interna quando viene introdotta nel corpo umano.

Gli effetti dannosi delle radiazioni ionizzanti sui tessuti biologici si manifestano

soltanto allorché si verifica una certa cessione di energia al mezzo attraversato. Per

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calcolarli si tiene conto di una grandezza fisica “Dose Assorbita”, D, definita come il

quoziente tra l'energia media ceduta dalle radiazioni ionizzanti alla materia in un

certo volume di elemento e la massa di materia contenuta in tale volume di elemento.

La dose assorbita si misura in Gray (simbolo Gy). Un Gray corrisponde

all'assorbimento di un joule per kg di materia (1Gy =1J/kg). Tuttavia il grado di

rischio derivante dall'esposizione alle radiazioni ionizzanti non è soltanto

proporzionale alla dose assorbita ma è anche fortemente legato al tipo di radiazione

incidente e alla diversa radiosensibilità dei vari organi e tessuti irradiati. Per tener

conto della diversa pericolosità delle radiazioni ionizzanti incidenti su tessuti viventi

è necessaria un’altra grandezza fisica che introduce un fattore adimensionale di

ponderazione: il cosiddetto “fattore di qualità della radiazione”, Q.

Il prodotto della dose assorbita D per il fattore di qualità Q prende il nome di Dose

Equivalente, viene indicato con il simbolo H e si misura in Sievert (simbolo Sv) (1Sv

= 1J/kg.Q). Rispetto alla dose assorbita che misura in assoluto una dose di energia

assorbita da un’unità di massa, la dose equivalente riflette quindi gli effetti biologici

della radiazione sull'organismo.

I fotoni, dunque raggi X e gamma, vengono considerati come radiazione di

riferimento e ad essi si associa per definizione il valore di Q = 1. Anche i raggi beta

hanno Q = 1. Mentre i raggi alfa, più dannosi per l'organismo, hanno Q = 20. Per i

fasci di neutroni Q può equivalere da 3 a 11 a seconda dell'energia del fascio.

Un Sievert a differenza di un gray (Gy) produce gli stessi effetti biologici

indipendentemente dal tipo di radiazione considerata. Viene introdotta inoltre anche

l'intensità di dose equivalente definita come la dose equivalente ricevuta nell'unità

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di tempo o tasso di dose che si misura in Sievert al secondo (Sv/s). Infatti, in base al

tempo di esposizione l’organismo ha una certa facoltà di riparare il danno biologico

causato dalla radiazione.

1.2.1 L’ATOMO

La radioattività è espressione dell’instabilità di alcuni elementi presenti in

natura. Il loro ritorno alla normalità avviene con emissione di raggi α, e/o β,

accompagnati alcune volte dall'emissione di raggi γ. Gli elementi che presentano tali

proprietà si dicono radioelementi e l'emissione di radiazione viene chiamata

decadimento radioattivo.

L'atomo è la più piccola parte di un elemento che mantiene le caratteristiche

dell'elemento stesso e nel contempo è la principale sorgente di radiazioni sia

elettromagnetiche che corpuscolari. Esso è composto di un nucleo e di particelle più

leggere, gli elettroni, di carica elettrica negativa che gli ruotano intorno in orbite

energeticamente ben definite. Il nucleo è costituito da protoni aventi carica elettrica

positiva e neutroni, elettricamente neutri. Protoni e neutroni hanno una massa

all'incirca 1835 volte maggiore degli elettroni. Il “numero di protoni” Z determina

l'elemento cui l'atomo appartiene: un atomo di idrogeno ha un solo protone, un

atomo di ossigeno ne ha 8, un atomo di uranio ne ha 92. Gli elettroni, ricevendo

energia, possono passare da orbite interne ad orbite esterne, oppure uscire dall'atomo.

Nel primo caso l'atomo risulta eccitato, nel secondo ionizzato. Ogni atomo ha lo

stesso numero di protoni e di elettroni e risulta elettricamente neutro. Gli atomi di

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uno stesso elemento, pur avendo lo stesso numero di protoni Z, possono avere

diverso “numero di neutroni” N, dando origine a diversi "isotopi". Essi sono

identificati dal numero totale di particelle presenti nel nucleo o numero di massa A

dato da Z+N. Ad esempio, l'uranio (simbolo U) ha vari isotopi: U-238, U-235, U-

233. L'uranio-238 ha 92 protoni e (238-92) = 146 neutroni; l'uranio-235 ha sempre

92 protoni, ma (235-92) = 143 neutroni; l'uranio-233 ha 92 protoni e 141 neutroni.

L'elemento più semplice esistente in natura l'idrogeno (H-1) ha due isotopi: il

deuterio (H-2) e il tritio (H-3). Quest'ultimo è radioattivo ed emette particelle beta

negative. Il fenomeno dell'emissione di radiazione da parte di isotopi radioattivi è

regolato dalla cosiddetta legge del decadimento radioattivo secondo la quale, per

ogni radionuclide, trascorre un tempo caratteristico (tempo di dimezzamento)

affinché il numero di atomi radioattivi di cui è costituito si dimezzi. Il tempo di

dimezzamento può essere compreso fra le frazioni di secondo e i milioni di anni.

L'unità di misura dell’attività è il Becquerel (simbolo Bq ). 1 Bq = 1 disintegrazione

al secondo (1dis/sec).

1.2.2 RADIOATTIVITÀ NATURALE

Nella radioattività naturale si distinguono una componente di origine terrestre e

una componente di origine extra-terrestre. La prima è dovuta ai radionuclidi

cosiddetti primordiali presenti in varia quantità nei materiali inorganici della crosta

terrestre (rocce, minerali) fin dalla sua formazione. La seconda è costituita da raggi

cosmici. Queste due sorgenti costituiscono il fondo naturale di radiazioni.

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1.2.3 RADIAZIONE COSMICA

I raggi cosmici provengono, per la maggior parte, dal profondo spazio

interstellare e sono costituiti principalmente da particelle cariche positivamente

(protoni, alfa, nuclei pesanti) più una componente che trae origine dalle esplosioni

nucleari sul sole e consiste essenzialmente di protoni Quando giungono in prossimità

della terra i raggi cosmici primari risentono dell’azione derivante dal campo

magnetico terrestre e per la maggior parte vengono assorbiti nello strato più alto

dell'atmosfera. Tuttavia l'interazione di questi raggi (particelle ad alta energia) con

l'atmosfera terrestre comporta l'emissione di numerosi raggi secondari quali ad

esempio mesoni (particelle di massa compresa tra l'elettrone ed il protone), elettroni,

fotoni, protoni e neutroni che a loro volta possono creare altri raggi, costituiti sempre

da mesoni, elettroni, fotoni, neutroni e protoni.

1.2.4 RADIOATTIVITÀ NATURALE TERRESTRE

I principali radionuclidi primordiali sono il K-40, il Rb-87 e gli elementi delle

serie radioattive dell'U-238 e del Th-232. La concentrazione dei radionuclidi naturali

nel suolo e nelle rocce varia fortemente da luogo a luogo in dipendenza della

conformazione geologica delle diverse aree. In generale le rocce ignee e i graniti

contengono U-238 in concentrazioni più elevate delle rocce sedimentarie come il

calcare e il gesso. Alcune rocce sedimentarie di origine marina possono però

contenere U-238 in concentrazione assai elevata. L'uranio, come anche il torio, è più

abbondante nelle rocce acide che in quelle basiche. Tipici valori di concentrazioni di

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attività nel suolo sono compresi tra 100 e 700 Bq.kg-1

per il K-40, tra 10 e 50 Bq.kg-1

per i radionuclidi delle serie radioattive dell'U-238 e del Th-232.

1.2.5 RADIOATTIVITÀ NATURALE IN ARIA.

Nell'aria, la radiazione naturale è dovuta principalmente alla presenza di radon

e toron cioè di gas (7,5 volte più pesanti dell'aria) appartenenti alle famiglie

dell'uranio e del torio. Il decadimento dell'uranio-238 porta, infatti, alla formazione

di Ra-226 che, emettendo una particella alfa, decade in Rn-222, cioè radon; nella

famiglia del torio, il decadimento del Ra-224 porta alla formazione del Rn-220, cioè

toron. Il radon-222 è 20 volte più importante del radon-220.

1.3 IL RADON

Da un punto di vista chimico il Radon è uno dei gas nobili come il neon, il

kripton e lo xeno. Il radon può essere emanato dalle rocce, dai suoli e da materiali da

costruzione di origine naturale (come alcuni tufi, pozzolane, lave, graniti, scisti, etc.)

o artificiale (ad es. fosfogessi, residui delle attività di produzione di fertilizzanti e

detergenti, in elevata concentrazione nelle aree industriali) o, in percentuale molto

minore, dalle acque; infatti, è solubile in acqua fredda (e quindi viene trasportato

nelle acque profonde), ma poiché la sua solubilità decresce rapidamente con

l'aumentare della temperatura, può essere rilasciato quando l'acqua si riscalda. Il

radon emanato viene rapidamente disperso all'aperto, dove lo si trova in

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concentrazioni generalmente basse; quando invece è presente al chiuso (diffuso dal

suolo o dai materiali da costruzione), a causa del diminuito ricambio di aria esso

tende a concentrarsi. E' proprio la ridotta ventilazione negli edifici, a seguito dei

programmi di conservazione energetica iniziati negli anni '70, che ha risvegliato

l'attenzione degli addetti ai lavori al problema del radon negli ambienti chiusi. Esso,

infatti, come riconosciuto ormai da diversi anni dall'Organizzazione Mondiale della

Sanità è cancerogeno per l'uomo. Fu il fisico F. Dorn nel 1900 a scoprire che i sali di

radio producevano un gas radioattivo, il Radon. Questo elemento con massa atomica

222 e numero atomico 86 fu identificato con tale nome nel 1918. In natura esistono

26 isotopi del Radon compresi tra Rn199

e Rn226

di cui solo 3 si riscontrano in natura:

l’attinon (Rn219

) della serie dell’uranio (Ur235

), il toron (Rn220

) della serie di

decadimento del torio (Th232

) e il Radon (Rn222

) della serie di decadimento

dell’uranio (U238

) (il nuclide più abbondante in natura) (24, 63). Il Radon si forma in

seguito alla disintegrazione dell’uranio (Ur238

) e il suo decadimento, a sua volta, dà

luogo ad altri tredici elementi radioattivi. I rappresentanti più noti della serie sono il

Radon (Rn222

) e il suo diretto predecessore, il radio (Ra226

). La catena di decadimento

termina infine col piombo (Pb206

) che, non essendo radioattivo, è stabile (Tabella 1).

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Tabella 1 . Sequenza del decadimento dell’uranio 238

Uranio 238 α 4.5x109 anni

Torio 234 β 24.1 giorni

Protoattinio 234 β 1.2 minuti

Uranio 234 α 2.5x105 anni

Torio 230 α 7.5x104 anni

Radio 226 α 1600 anni

Radon 222 α 3.8 giorni

Polonio 218 α 3 minuti

Piombo 214 β 27 minuti

Bismuto 214 α e β 20 minuti

Polonio 214 α 1.5x10.4 secondi

Piombo 210 β 25 anni

Bismuto 210 β 5 giorni

Polonio 210 α 136 giorni

Piombo 206 stabile

Quando un nucleo decade perdendo una particella alfa, si forma un nuovo nucleo,

più leggero del precedente cioè un nuovo radioelemento. Un isotopo dell’uranio con

numero di massa Z+N= 238, ad esempio, si trasforma nell’atomo dell’elemento con

numero di massa 234, avente due protoni e due neutroni in meno, ossia un isotopo

del torio. Il torio 234 a sua volta è un elemento instabile e decade con emissione di

particelle beta. Questa emissione trasforma un neutrone in un protone, e comporta un

aumento della carica nucleare di un’unità. Poiché la massa dell’elettrone è

trascurabile rispetto a quella dei nucleoni, l’isotopo che deriva dal decadimento del

torio 234 ha numero di massa 234 e numero atomico 91 ed è pertanto un isotopo del

protoattinio.

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Il decadimento del Radon 222 con emissione di una particella alfa è seguito, entro

circa un'ora, da una serie di ulteriori quattro decadimenti: in due di questi avviene

un’emissione di particelle alfa, gli altri due sono accompagnati da altri tipi di

radiazioni. Gli atomi a breve vita in cui il Radon decade sono degli isotopi del

polonio, del piombo e del bismuto e sono indicati come progenie o figli del Radon o,

più semplicemente, come prodotti di decadimento del Radon. I prodotti di

decadimento del Radon restano sospesi nell’aria per pochi minuti della loro vita,

fissandosi spesso alle particelle di polvere. Gli elementi che vengono prima del

Radon nella catena, sono relativamente longevi e non danno dei problemi per quanto

riguarda l’esposizione alle radiazioni, a differenza del Radon stesso e degli altri

elementi che vengono subito dopo nella sequenza della catena che sono di breve

durata e quindi più pericolosi. I suoi predecessori si presentano in forma solida e

pertanto non migrano lontano dal punto del terreno in cui si trovano, il Radon è un

gas e può migrare per decine di centimetri nel terreno. A. B. Cohen afferma che, in

media, emergono dal suolo circa sei atomi di Radon al secondo per ogni “pollice

quadrato” (26).

Il Radon non reagisce con altri elementi chimici. Esso è il più pesante dei gas

conosciuti, ha una densità di 9,72 g/l a 0 °C ed è 8 volte più denso dell’aria, ed è

moderatamente solubile nell’acqua. Il suo coefficiente di solubilità alla temperatura

di 20 °C è di 0,25 e questo significa che il Radon si distribuisce più facilmente

nell’aria piuttosto che nell’acqua. Pertanto nelle sorgenti dove è disciolto il Radon

questo passa velocemente dall’elemento liquido all’aria.

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Il Radon che si forma a una profondità maggiore resta imprigionato e decade in loco

nei suoi sottoprodotti più solidi. Il potere di emanazione non dipende, pertanto,

esclusivamente dal contenuto di Radon, ma essenzialmente dalle caratteristiche

strutturali del materiale che lo contiene (56).

Il Radon (Rn222

) è presente nel sottosuolo quasi ovunque. La sua concentrazione nel

suolo varia da poche centinaia a più di un milione di Bq/m3. Le rocce con contenuto

elevato di uranio e di radio possono sprigionare maggiori quantità di Radon ma

questo è vero per le rocce permeabili e fratturate. Infatti, nei terreni che presentano

fratture, faglie, detriti e spazi vuoti, il Radon filtra facilmente, concentrandosi e

portandosi in superficie altrimenti si ha il decadimento in loco.

Negli spazi aperti la concentrazione del Radon non raggiunge mai livelli di guardia

per effetto della diluizione dei venti e delle correnti. Si calcola che volatilizzi in

ragione di 10 Bq/m3.

Il Radon penetra all’interno degli edifici per effetto della minore pressione che si

riscontra rispetto all’esterno. Normalmente l’interno delle abitazioni è in depressione

rispetto all’esterno. Questa depressione, che corrisponde solo a pochi Pascal, è

prodotta soprattutto dalla differenza di temperatura tra interno ed esterno (effetto

camino), e dal vento che colpisce l’edificio (effetto vento), ed è in grado di aspirare

dal sottosuolo il Radon che passa attraverso le microscopiche fessure delle superfici

di contatto con il suolo (14, 23, 60, 70). Tanto maggiore è la differenza di

temperatura e la forza e costanza dei venti, tanto maggiore è generalmente l’ingresso

e la conseguente concentrazione di Radon nelle abitazioni. Per questo motivo

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d’inverno e di notte si registrano le concentrazioni maggiori. Diversamente da quanto

avviene all’aperto, negli spazi confinati come scuole, abitazioni, uffici, magazzini,

ambienti di lavoro e via di seguito, è pertanto possibile un accumulo (17) più o meno

consistente di sostanza radioattiva in relazione non solo alle sorgenti, ma anche a

molteplici variabili, legate al microclima, alle scelte costruttive adottate, alla distanza

degli ambienti dal suolo e alle abitudini di vita delle persone: nel particolare sono

importanti le caratteristiche geologiche e morfologiche del terreno, lo stato di

ventilazione e di aerazione dei locali, la temperatura, l’umidità, lo stato delle

murature, le condizioni di stabilità e instabilità atmosferica (vento e piogge), e

variabilità in termini temporali (variazioni giorno/notte, variazioni con cicli

meteorologici e variazioni stagionali). Il radon inoltre può penetrare nelle abitazioni

attraverso fessure, giunti di connessione, canalizzazioni degli impianti idraulici,

elettrici e di scarico. Per tutti questi motivi il Radon è da considerarsi un inquinante

tipicamente indoor.

1.3.1 PROBLEMA DEL RADON IN EDILIZIA E NEI MATERIALI DA

COSTRUZIONE

Tutti i materiali da costruzione contengono tracce di radioattività. Esistono

diversi tipi di materiali da costruzione di origine naturale che a causa della loro

elevata concentrazione di radionuclidi possono rappresentare un vero e proprio

pericolo a livello collettivo in quanto aumentano la nostra esposizione negli ambienti

interni a concentrazioni elevate di gas radon. Il radon si può trovare nelle rocce

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d’origine vulcanica quali tufi, porfidi, graniti, pozzolane, in alcune argille e gessi. In

Italia i materiali lapidei maggiormente radioattivi sono la lava del Vesuvio, la

pozzolana, il peperino del Lazio e il tufo della Campania. La presenza del radon si

può riscontrare anche in materiali da costruzione ricavati dal riciclo di materiali

contaminati quali i cementi e le ceramiche prodotti con scorie di alto forno, i mattoni

prodotti con fanghi rossi (scarti della produzione dell’alluminio) e i cementi di

origine pozzolanica (Fig. 2).

Alcuni materiali possono inoltre contenere radioisotopi artificiali, in primo luogo il

cesio (Cs137) e, meno frequentemente, l’uranio (Ur238). Risulta evidente che tanto

più i materiali saranno suddivisi, tanto più facilmente rilasceranno gas radioattivi.

La concentrazione di radon è molto variabile sia da luogo a luogo che nel tempo.

Due edifici simili, vicini, possono avere concentrazioni molto differenti. Forti

variazioni della concentrazione di radon si possono riscontrare tra il giorno e la notte,

durante differenti condizioni meteorologiche e tra estate e inverno. Per questo motivo

una misura della concentrazione di radon significativa per capire la situazione e per

decidere cosa fare deve essere fatta per un periodo sufficientemente lungo,

possibilmente per un intero anno.

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Fig. 2 Contenuto di Uranio 238 e di Thorio 232 nei materiali di costruzione e nel suolo

Col termine NORM, acronimo di Naturally Occurring Radioactive Materials, si

indicano i materiali generalmente non considerati radioattivi, ma che contengono

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radionuclidi naturali in concentrazioni superiori alla media della crosta terrestre. I

NORM costituiscono la materia prima, il prodotto o il residuo della lavorazione in

numerose attività industriali. E’ perciò necessario identificare e porre sotto

sorveglianza tali processi industriali e le attività lavorative che implicano l’impiego,

lo stoccaggio oppure la produzione di materiali e/o residui che determinano un

aumento dell’esposizione della popolazione a causa del contenuto dell’attività

naturale (7). Queste attività sono disciplinate dalla normativa italiana di protezione

dalle radiazioni ionizzanti (28).

In Italia benché questo problema abbia un suo certo peso, non esiste ancora una

normativa che tuteli gli ambienti domestici.

Con questi presupposti è ancora più opportuna una maggiore attenzione quando si

decide di costruire degli edifici: è, infatti, necessario studiare non solo il suolo dove

s’intende costruire una nuova abitazione o un nuovo locale pubblico, ma valutare per

bene anche la tipologia dei materiali da costruzione. Non è possibile eliminare

completamente il radon dai nostri ambienti di vita. Il radon, infatti, è presente anche

all'esterno, in concentrazioni relativamente basse (5-10 Bq/m3). Tuttavia è possibile

e raccomandabile intervenire in quegli ambienti in cui la concentrazione è elevata

poiché è causa di elevato rischio per la salute. Al riguardo è utile considerare che la

componente della concentrazione indoor negli edifici italiani, per quanto riguarda i

materiali da costruzione, sia più rilevante che in altre nazioni. Il valore medio della

concentrazione di Radon in Italia è di 70-77 Bq/m3 e supera notevolmente la media a

livello europeo che equivale a 59 Bq/m3 e quella mondiale che corrisponde a 40

Bq/m3. Questa differenza è da attribuirsi alle caratteristiche geologiche del sottosuolo

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italiano, all’impiego di materiali con tracce di radioattività come tufi e pozzolane e,

non ultimo, al fatto che nel nostro paese sono spesso costruiti locali pubblici in

luoghi sotterranei direttamente comunicanti con l’interno.

Pertanto il legislatore nelle figure del Consiglio dell’Unione Europea e della

International Commission on Radiological Protection (47, 48, 49) ha raccomandato

agli stati membri d’intraprendere delle azioni atte a contenere i livelli di radioattività

non solo nei luoghi di lavoro ma anche nelle abitazioni private (35). Con il D.P.R. n.

246 del 1993 anche l’Italia recepisce la Direttiva della Comunità Europea

89/106/CEE concernente i materiali da costruzione. In particolare, si osserva che

“l’opera debba essere concepita e costruita in modo da non costituire una minaccia

per l’igiene o la salute degli occupanti o dei vicini, causata, dalla presenza nell’aria

di particelle o di gas pericolosi, dall’emissione di radiazioni pericolose”.

Nonostante tutto in Italia non è stato stabilito alcun limite concernente la presenza di

radioattività nei materiali da costruzione, diversamente da quanto avvenuto in alcuni

paesi quali Austria, Finlandia, Lussemburgo, Norvegia e Svezia. In tali nazioni

alcuni materiali sono stati dichiarati fuori legge, limitatamente alla presenza in essi

dei seguenti radionuclidi: Ra226

, Th232

e il K40

.

Per un elenco della radioattività relativa ad alcuni materiali è interessante riportare i

dati della concentrazione di radionuclidi in alcune pietre ornamentali italiane

(Tabella 2) (37).

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Tabella 2. Concentrazione di radionuclidi in alcune pietre ornamentali italiane

Pietra Ornamentale Tipo Prov Ra-226 Th-232 K-40 Bq/Kg Bq/Kg Bq/Kg

MONTE BIANCO Gneiss AO 166 86 832

PIETRA DI LUSERNA Gneiss CN 125 114 1276

BEOLA GHIANDONATA Beola NO 68 66 1208

BEOLA VERDE Beola NO 34 79 1891

BEOLA GRIGIA Beola NO 101 28 1431

BEOLA BIANCA Beola NO 48 14 1199

ROSA BAVENO Granito NO SO 68 1225

SERIZZO FORMAZZA serizzo NO 35 33 912

SERIZZO ANTIGORIO serizzo NO 24 42 738

BIANCO MONTORFANO Granito NO 72 73 1258

SERIZZO SEMPIONE Serizzo NO 29 40 763

ROSA BAVENO Granito NO 65 63 1100

SIENITE DELLA BALMA Sienite VC 375 339 1390

SIENITE GRIGIA A GRANA

FINE Sienite VC 364 256 1264

GRANITO ROSATO S.

PAOLO CERVO sienite VC 239 189 1206

GRANITO BIANCO DI

CAMPIGLIO sienite VC 269 173 1181

ROSA CERVO Granito VC 348 197 1210

ARDESIA Ardesia GE 46 47 924

PORTORO Marmo SP 4.02 <O.3 4.05

SERIZZO VALMASINO Serizzo SO 42 51 626

SERIZZO GHIANDONE Serizzo SO 31 52 1014

TONALITE Gneiss SO 30 26 498

PORFIDO DI ALBIANO Porfido TN 51 71 1476

CEPPO DI POLTRAGNO Ceppo BG 63 O.7 <3

GRANODIORITE Gneiss BS 30 86 1285

MULTICOLOR Granito BS 29 85 1170

PORFIDO Porfido BS 39 54 1164

NUVOLERA Marmo BS 2 <O.3 < 3

BOTTICINO Marmo BS 13 <O.3 < 2

ROSSO VERONA Marmo VE 1.04 2.07 14

GIALLO DORATO Calcare VI 12 O.6 5.03

PIETRA DI VICENZA

S.GOTTARDO Calcare VI 12 O.7 4.06

TRACHITE GIALLO

VENATA Trachite PD 36 51 1154

MONTEMERANO Travertino GR O.3 <O.2 <2.4

TRAVERTINO Travertino GR <O.2 <O.2 <2.4

BIANCO GIOIA Marmo MS 1.02 <O.2 5

STATUARIO Marmo MS 1.01 <O.2 5

BIANCO SCINTILLANTE Marmo MS 3.06 <O.2 <2

BIANCO CARRARA Marmo MS 3.09 <O.3 4.02

MARMO Marmo MS 1.05 <O.2 <2

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TOSCANO CHIARO

CLASSICO Travertino SI 0.06 O.2 <2

TOSCANO NOCCIOLA Travertino SI 1.06 O.7 9

ASCOLANO CHIARO

VENATO Travertino AP O.5 <O.2 <2

PEPERINO ROSATO Peperino VT 124 162 1351

PEPERINO GRIGIO Peperino VT 121 160 1340

BASALTINA Basalto VT 498 712 2354

TRAVERTINO Travertino RM O.5 <0.2 <2

ROSA LIMBARA Granito SS 43 49 972

ROSA BETA Granito SS 26 41 927

GOCEANO SARDO Granito SS 24 42 1181

BIANCO CATALANO Granito SS 28 36 1258

ROSA NULE Granito SS 38 61 1029

GOCEANO SARDO Granito SS 24 44 1181

GRIGIO PERLATO Granito SS 37 57 1039

ORO RIOBLANCO Granito SS 84 76 1281

ROSA FIORITO Granito SS 44 61 974

ROSA LIMBARA Granito SS 40 60 942

ROSA SARDO Granito NU 38 56 974

BIANCO SARDO Granito NU 47 90 1137

Tratto da: Il Radon nella Casa. U. Facchini, G. Valli, R. Vecchi. Ist. di Fisica Gen.

Applicata. Università di Milano, Maggio 1991.

1.4 ASSETTO GEOLOGICO DI INQUADRAMENTO

La morfologia dell’abitato di Nuoro é quella tipica della media collina legata a

litologie di tipo granitico e a tutti i prodotti di alterazione ed erosione connessi a

questo tipo di rocce. Si presenta con altitudini medie dell'ordine dei 500 - 600 metri

che vengono raggiunti dal Monte Biscollai (m. 627) e Punta Dionisi (m. 612). I tipi

litologici predominanti che affiorano nell’area in esame sono rappresentati da

granodioriti e relative arenizzazioni. Questa litologia fa parte del complesso

granitoide della Sardegna centro-settentrionale, ovvero del batolite Sardo-Corso

tardo-ercinico. La massa magmatica ha cominciato a raffreddarsi lentamente in

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profondità, dando così luogo ad un complesso di rocce intrusive. In seguito

all’azione dei principali agenti erosivi, si è avuto lo smantellamento della copertura

di scisti paleozoici e la venuta a giorno delle rocce granitoidi. Nel complesso la

morfologia si presenta abbastanza dolce in quanto spesso le rocce granitoidi si

presentano arenizzate e ricoperte, lungo i versanti, da detriti.

Localmente, ad una morfologia caratterizzata da versanti poco acclivi, si sostituisce

una morfologia caratterizzata, da versanti con notevoli pendenze soprattutto dove

l’azione combinata dell’erosione fisico – meccanica e dell’alterazione chimica ha

generato enormi blocchi isolati i “tafoni”. I corsi d’acqua dell’area sono impostati

prevalentemente lungo discontinuità di origine tettonica, evidenziando un reticolo

idrografico di tipo rettangolare dovuto alla presenza di una faglia principale sul quale

si sono impostati il Rio Su Grumene e il Rio Cannas e di una serie di faglie

secondarie di sbloccamento più o meno ortogonali, che hanno prodotto delle

incisioni vallive minori, come quella in cui scorre il Riu Isporosile. L’esistenza di

tale discontinuità tettonica, mascherata da detriti di vario tipo, si può evincere sia

dalla presenza di un filone di porfiriti intensamente fratturato che presenta la

medesima direzione, ma, soprattutto, dall’affioramento di una fascia di rocce di

basso grado metamorfico.

La stessa faglia è ben visibile anche in uno scavo aperto per la costruzione di un

edificio a valle dell’ospedale Zonchello, poco oltre il ponte della ferrovia, e prosegue

presumibilmente lungo la valle del Rio Cannas sotto le sue alluvioni. Le rocce

milonitiche, dovute alla frizione della faglia, si presentano in lenti e tasche ma talora

assumono un andamento filoniano attraversando tanto le granodioriti quanto il filone

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di porfirite. La zona di Biscollai é attraversata da un altro sistema di filoni, sia di

spessartiti, sia di apliti granitiche che si sovrappongono l’un l’altro. Nel parlare della

tettonica della zona non va comunque dimenticato di segnalare l’importante Faglia di

Nuoro che insieme con la Faglia di Olbia e la Faglia di Posada costituiscono

quell’insieme di faglie trascorrenti e con componente transpressiva attive a partire

dall’Oligocene e fino al Quaternario antico. Nell’area in esame, è stato possibile

riscontrare, nelle zone non antropizzate la presenza di granodioriti con le relative

arenizzazioni, mentre i depositi riferibili al Quaternario sono costituiti da materiali di

riporto. La stratigrafia è stata desunta dalla visione diretta di alcuni affioramenti siti

nelle vicinanze di Via Torres e dall’esame delle scarpate e versanti naturali posti a

valle di tale strada. È inoltre stato eseguito un sondaggio geognostico (S1), di cui si

allega la documentazione fotografica e la stratigrafia. La situazione litostratigrafica

riscontrata nel sondaggio è la seguente:- (0,00 – 0,20) Materiali di riporto: eterogenei

ed eterometrici, con potenze variabili fino ad alcuni metri. La loro origine è dovuta

principalmente a scavi effettuati per la costruzione di altre opere. La potenza di tali

accumuli è variabile in funzione al dislivello iniziale tra il lotto in questione e la sede

stradale. Dal punto di vista fisico, in linea di massima li possiamo definire incoerenti

e con bassa resistenza meccanica.

(0,20 – 4,00) Sabbioni: derivanti dal disfacimento delle granodioriti litoidi

fratturate o poco fratturate a causa degli agenti atmosferici con ancora evidenti

cristalli dell’ordine dei millimetri e talvolta dei centimetri. La colorazione è

generalmente dal marrone scuro al marrone chiaro o nocciola con evidenti

fenomeni di ossidazione. Nella geologia locale sono presenti inoltre:

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Detrito di versante: costituito da un deposito a carattere prevalentemente caotico

di ciottoli e ciottoletti eterometrici, principalmente a spigoli vivi, di granodiorite

e di rocce filoniane di varia natura, spesso molto alterati e talvolta cementati da

un sabbione di colore rosato in cui è ancora possibile riconoscere i minerali

originari.

Filoni: rappresentati da rocce di vario tipo e composizione ma riconducibili a

corpi intrusivi derivanti da un’unica camera magmatica. Questa conclusione è

possibile grazie alle analogie che essi presentano dal punto di vista classificativo

e giaciturale. Sono presenti filoni di colore chiaro o scuro per la presenza di

abbondanti minerali di ferro e mica quali biotite e l’anfibolo orneblenda che

rappresenta il minerale predominante. Questi filoni di spessartite sono

contemporanei ai filoni aplitici e pegmatitici nei quali però sono assenti i

minerali femici. Questi ultimi hanno una composizione mineralogica simile ai

graniti poiché il minerale caratteristico é un plagioclasio di tipo sodico (albite),

abbondante quarzo mentre tra le miche é presente la mica bianca o muscovite.

Ciò che distingue i filoni aplitici da quelli pegmatitici è che mentre i primi hanno

una struttura caratterizzata da grossi cristalli di albite, nei secondi la struttura é

microgranulare cioè i minerali hanno un contorno irregolare e si compenetrano

l’uno con l’altro. Sono presenti numerosi filoni di quarzo.

Granodioriti tonalitiche: costituiscono il tipo litologico predominante e fanno

parte del batolite Sardo–Corso, messosi in posto a partire dal Carbonifero

inferiore e sino al Permiano. Sono rocce intrusive caratterizzate dalla

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predominanza di un plagioclasio, che costituisce circa i 2/3 dei minerali presenti,

da una bassa percentuale di quarzo (8 - 10 %), mentre, rispetto ai graniti in senso

stretto, presentano maggiori percentuali di minerali femici. Nelle poche zone non

antropizzate, nell’intorno dell’area oggetto di studio affiorano principalmente

graniti e granodioriti sopra descritte. Da un esame macroscopico si osserva una

roccia con granulometria che varia da medio-fine a grossolana (diametro medio

3,5 mm), di colore grigio-rosato con piccole macchie nere (cristalli di biotite) e

grosse macchie biancastre (cristalli di quarzo) e rosate (cristalli di k-feldspato);

talvolta sono presenti iso-orientazioni di flusso evidenziate dalla disposizione

delle biotiti. Da un esame microscopico viene rilevata la presenza di quarzo e k-

feldspato (microclino e ortoclasio) in proporzioni circa uguali, plagioclasio

sodico (andesina), biotite e orneblenda (anfibolo verde). La presenza di

quest’ultimo minerale è ben evidente in alcuni affioramenti nelle parti basse dei

versanti dell’Ortobene, in cui l’orneblenda raggiunge notevoli dimensioni e la

roccia dal grigio tende al verde. I minerali accessori presenti sono: titanite,

apatite, zircone, pirite, allanite. Le granodioriti appaiono, in tale area,

intensamente arenizzate per spessori di 1 - 2 metri o anche più e localmente

argillificate per l’alterazione chimica dei plagioclasi. Al di sotto di questo livello

arenizzato si é potuta osservare la presenza di un substrato roccioso molto

fratturato, con superfici di discontinuità orientate in vario modo e intersecantesi

una con l’altra, per dare luogo a numerose famiglie di giunti. La maggiore

facilità al taglio secondo direzioni parallele a questi piani di fessurazione,

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potrebbe far pensare ad uno stato potenziale di tensione, che, del resto, è

evidenziato dalle tracce di disaggregazione secondo detti piani.

1.5 EFFETTI DEL RADON SULLA SALUTE

Il radon è un agente cancerogeno. L'Organizzazione Mondiale della Sanità

(WHO), ha riportato fin dal 1988 il radon nel Gruppo 1 tra le 95 sostanze dichiarate

cancerogene per l’uomo dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro

(IARC) (15, 16, 46). Il principale effetto sanitario è il tumore polmonare.

Il radon è un elemento inerte ed elettricamente neutro, per cui non reagisce con altre

sostanze. Di conseguenza, così come viene inspirato, viene espirato. Tuttavia è anche

radioattivo, ossia si trasforma in altri elementi, chiamati prodotti di decadimento del

radon, o più generalmente "figli del radon". Sono particelle solide elettricamente

cariche che si attaccano al particolato rimanendo sospese nell’aria che si respira e si

attaccano sulle superfici dei tessuti polmonari. Anche loro sono radioattive, in

particolare due isotopi del polonio (Po-218 e Po-214), ed emettono radiazioni"alfa"

che colpiscono a seguito dell’inalazione il tessuto polmonare.

I danni che vengono prodotti sono generalmente riparati dai meccanismi biologici. In

alcuni casi il meccanismo di difesa uccide le cellule colpite, altre volte però si crea

un danno di tipo degenerativo e la cellula mantiene la capacità di riprodursi entrando

a far parte di un processo cancerogeno. Fino ad oggi non sono stati dimostrati altri

effetti, diversi dal tumore polmonare.

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Fondamentale importanza assume la combinazione tra fumo di tabacco e esposizione

al radon. Il rischio assoluto di un tumore polmonare causato dal radon per i fumatori

viene considerato 15-20 volte superiore rispetto al rischio per i non fumatori.

Secondo recenti stime, circa l’11 % degli oltre 31.000 casi di tumore polmonare che

ogni anno si registrano in Italia, sono attribuibili al radon e per la grande

maggioranza tra i fumatori. Tale numero rappresenta circa il 2% di tutti i decessi per

ogni tipo di tumore.

Nel 1951, test sugli animali dimostrarono la sua potenziale cancerogenicità per i

polmoni.

Ernest Rutherford aveva fatto notare che ognuno inala del Radon ogni giorno, ma

solo nel 1956 furono eseguite misure nelle case. L’alto livello di Radon rilevato non

riscosse molto interesse; solo venti anni dopo s’iniziarono a eseguire misure in larga

scala in numerose nazioni, e si capì che era possibile raggiungere livelli molto alti di

radioattività anche nelle abitazioni, comparabili con quelli delle miniere.

Il cambiamento molto spinto del nostro stile di vita a cui abbiamo assistito negli

ultimi decenni, rende sempre più attuale la problematica del Radon. L’uomo

trascorre ormai sempre meno tempo all’aria aperta perché le attività di lavoro e di

socializzazione avvengono sempre più frequentemente in locali confinati.

L’esposizione al Radon ai giorni d’oggi è senz’altro maggiore rispetto ai decenni e

secoli precedenti.

Viene da pensare che il Radon debba essere il minimo dei nostri problemi di

radiazione poiché è un gas inerte. Così sarebbe, infatti, se non fosse che quando

respiriamo introduciamo ed emettiamo costantemente aria nei e dai nostri polmoni.

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In questo processo il gas Radon semplicemente entra ed esce, producendo pochi

danni, ma i prodotti del suo decadimento, che si trovano nel particolato atmosferico

presente negli ambienti chiusi, essendo elementi sostanzialmente solidi e a volte

carichi elettricamente, possono attaccarsi alle pareti dei tubi bronchiali. Ciò li mette

nella condizione di produrre il danno maggiore, dato che le cellule che rivestono i

nostri tubi bronchiali sono fra le cellule del nostro corpo più sensibili al cancro

indotto da radiazioni. Le particelle alfa emesse nel decadimento dei prodotti del

Radon, nonostante la loro scarsa capacità di penetrazione, possono raggiungere

queste cellule sensibili poiché sono depositate così vicino ed esse. A rendere la

situazione ancora più difficile sta il fatto che le particelle alfa sono molto più

efficienti d’altri tipi di radiazioni per indurre il cancro. Il fatto stesso che non sono

penetranti significa che rilasciano gran parte della loro energia in ciascuna delle

cellule che attraversano e questo gran rilascio d’energia in una singola cellula è

proprio ciò che è necessario per iniziare un processo cancerogeno. Si ha così che la

probabilità di una particella alfa di provocare il cancro è cento volte più alta rispetto

ad altri tipi di radiazioni, una volta che sia riuscita a raggiungere una cellula. La

nostra attività respiratoria consente alle particelle alfa dei prodotti di decadimento del

Radon di raggiungere queste cellule. Il Radon è ritenuto essere una causa importante

del cancro polmonare (38, 55), causa di morte ogni anno per circa 15.000 americani.

In Italia le stime attuali riportano 4.000 casi di tumore polmonare, in Inghilterra

2.000 e 900 in Svezia. Il “livello d’intervento” suggerito dall’EPA Ente Per la

salvaguardia dell’Ambiente per il Radon nell’aria è di 4 pCi/l. (un picoCurie/litro

corrisponde a 37 Bq/m3 ). È difficile convertire le concentrazioni nell’aria in

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esposizioni reali in rem (1rem=100 Sv) o in Sievert, ma valutazioni relative portano a

far corrispondere tale concentrazione a valori tra i 4 e i 14 rem l’anno. Questo la

rende la maggiore di tutte le altre normali esposizioni ambientali messe insieme.

La cancerogenicità del Radon è dimostrata da studi molecolari e cellulari effettuati

sugli animali, e soprattutto da studi epidemiologici. Il meccanismo d’induzione del

tumore da parte delle radiazioni è un processo complesso, non ancora del tutto noto,

che avviene in più stadi, che possono essere influenzati, ognuno, da altri fattori. Per

quantificare il rischio sanitario per la popolazione associato all’esposizione al Radon

e ai suoi prodotti di decadimento, la tendenza attuale è quella che si basa su studi

epidemiologici sui minatori. A parte il fumo di tabacco, che è stato preso in

considerazione, in ambienti sotterranei quali sono le miniere, rivestono particolare

importanza l’esposizione a polveri (silicio), a prodotti di combustione di motori

diesel che alimentano macchine quali perforatrici ecc. Nonostante le limitazioni

dovute a tali fattori, gli studi condotti, hanno dimostrato la cancerogenicità al

polmone per esposizione al radon. La valutazione complessiva dei risultati è stata

condotta sui dati relativi a 11 coorti di lavoratori, condotti negli USA, Canada,

Svezia, Francia, Cecoslovacchia e Cina. su un totale di 60.000 minatori e di 2700

tumori polmonari.

Negli ultimi decenni sono stati sviluppati diversi modelli di calcolo per la

valutazione dell’aumento del rischio di tumore polmonare (46, 47, 48).

Recenti e accurate stime di rischio che valutano l’esposizione al Radon nelle

abitazioni come risulta in 13 studi europei su un totale di 7.148 casi di tumore

polmonare e di 14.208 controlli, confermano il trend degli ultimi decenni. Il rischio

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in eccesso rispetto alla non esposizione è valutato in circa il 16% per ogni 100

Bq/m3; pertanto, poiché la concentrazione media italiana di 70 Bq/m

3, circa l’11%

degli oltre 31.000 casi di tumore polmonare che si registrano annualmente in Italia

sono attribuibili al Radon e, per la maggior parte, tra i fumatori, in ragione di un 2 %

di tutti i decessi per ogni tipo di tumore (10, 15, 16).

1.5.1 INTERVENTI PREVENTIVI

Dal momento che la problematica concernente il rischio da esposizione del gas

Radon è complesso e coinvolge molte discipline e tante competenze amministrative,

il raggiungimento dell’obiettivo della sua riduzione sembra unicamente legato alla

predisposizione di un Piano Nazionale Radon (PNR), col quale programmare e

coordinare le numerose e diverse azioni da intraprendere (59). In sostanza è quanto

già avvenuto nei paesi europei (2) e del Nord America (51) che per primi si sono

confrontati con questa problematica sin dagli anni ’80.

A livello mondiale, nel 2005, l’OMS ha creato l’International Radon Project (Irp), in

cui venti paesi hanno formato una rete di collaborazione per identificare e

promuovere programmi per la riduzione dell’impatto del Radon sulla salute. Il

progetto, di durata triennale, ha come principale obiettivo l’elaborazione di linee

guida e delle raccomandazioni per ottenere una strategia comune nei diversi stati. Il

primo e il secondo meeting si sono svolti a Ginevra rispettivamente a gennaio 2005

(69) e a marzo 2006 (68), il terzo si è tenuto a Monaco a marzo del 2007.

Alla luce di quanto sinora detto è necessario conoscere la situazione dettagliata per

quanto concerne l’esposizione al rischio Radon delle nostre regioni. A tal fine sono

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necessarie delle mappature da realizzarsi in tutte le regioni italiane per individuare il

territorio e quindi le abitazioni con maggiore presenza di Radon per poterne ridurre

la concentrazione. In secondo luogo è opportuna un’adeguata campagna di

promozione e d’informazione a livello nazionale (6, 21, 25, 50) e, infine, non appena

individuate le zone a rischio Radon, attuare con ogni mezzo a nostra disposizione le

necessarie contromisure per risolvere il problema (64, 65, 66, 67). Tutti i dati sulle

misure e sulle azioni di rimedio saranno registrati nell’Archivio Nazionale Radon,

che rappresenta lo strumento fondamentale per la valutazione e il controllo

dell’efficacia dei programmi per la riduzione del rischio Radon (50, 59). In tale

direzione, molti paesi industrializzati hanno emanato delle raccomandazioni per

meglio valutare e risolvere il problema del Radon come fattore di rischio per la salute

del cittadino.

La preparazione del PNR italiano è stata commissionata, nell’ambito della

Commissione tecnico-scientifica per l’elaborazione di proposte d’intervento

preventivo e legislativo in materia d’inquinamento “indoor (D.M. 8 Aprile 1998)”,

al gruppo di lavoro “Radon”, comprendente esperti di varie amministrazioni, che

hanno concluso i propri lavori nel febbraio del 2002. Il 22 marzo del 2002, il PNR è

stato esaminato favorevolmente dal Consiglio Superiore di Sanità e il 23 settembre è

visionato positivamente anche dalla conferenza Stato-Regioni sotto forma di

proposta di Accordo tra il Ministro della Salute e le Regioni. Dalla fine del 2005, il

PNR è stato inserito tra i progetti del Ccm, ottenendo un primo finanziamento per

due anni come “Avvio del piano nazionale Radon”. A coordinare il progetto è

l’Istituto Superiore di Sanità, con la collaborazione delle regioni, dell’Istituto

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Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza sul Lavoro (ISPESL), dell’Agenzia per

la Protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici (APAT). Il Piano Nazionale Radon

punta a realizzare nei prossimi anni, in maniera coordinata e condivisa a livello

nazionale, tutte le azioni necessarie per affrontare e risolvere il problema Radon (58,

59).

In sostanza, in Italia, non esistono per gli ambienti di vita privata, se escludiamo i

luoghi di lavoro (27, 29, 30), livelli di riferimento per la salvaguardia della

popolazione dai rischi derivanti dall’esposizione a sorgenti naturali di radiazioni.

Pur in mancanza di un’adeguata normativa nazionale, in diverse regioni del nostro

paese, vari Laboratori e Centri di Riferimento regionali per la Radioattività si sono

attivati per eseguire delle rilevazioni del gas Radon nelle abitazioni e nelle scuole.

Negli anni novanta fu eseguita l’Indagine Nazionale sulla radioattività naturale nelle

abitazioni, coordinata dall’ISS e dall’ENEA-DISP (ora APAT) (18, 19, 22). Da

allora sino al 2001 sono state censite 93 indagini secondo quanto riferito nella

“Rassegna nazionale delle iniziative di monitoraggio in tema di Radon per la

caratterizzazione del territorio” (19). La realizzazione di tali indagini ha rivelato

peraltro delle notevoli differenze sia nella scelta del campionamento degli edifici e

abitazioni selezionate, sia nelle metodiche d’esecuzione delle rilevazioni della

radioattività.

1.6 LEGISLAZIONE

Essendo il Radon un gas incolore e inodore, la sua presenza e i suoi effetti non

sono direttamente avvertibili dall’uomo. Nell’antichità, prima di costruire una

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semplice abitazione o un edificio pubblico, si osservava attentamente il

comportamento degli animali. Presso i romani ad esempio, se dei cani sostavano a

lungo in un determinato luogo, si pensava che quello fosse uno spazio salubre, di

contro, se si vedeva che gli animali si sentivano a disagio o non sostavano in un dato

posto, lo consideravano non salutare né adatto per costruirvi una casa. La tecnologia

oggi ci permette di eseguire controlli e misure in maniera rigorosamente scientifica e

ci dà la possibilità di verificare eventualmente, prima di intraprendere delle opere

costruttive, la presenza di elementi di disturbo o semplicemente nocivi per la salute

degli uomini e di regolarci quindi di conseguenza.

La problematica dell’inquinamento da Radon negli ambienti indoor è ben più

complessa di quanto si possa immaginare perché deve confrontarsi con realtà molto

diverse all’interno di ogni singolo paese o regione. D’altra parte anche la legislazione

nei diversi paesi, dell’area comunitaria e non, non è univoca e prevede range di

tolleranza dei livelli di radioattività molto differenti tra loro. In alcuni paesi esistono

per esempio livelli diversi a seconda che si tratti di edifici di vecchia o nuova

costruzione: in Svizzera il livello consentito è addirittura di 1000 Bq/m3

e di 400

Bq/m3 rispettivamente

(8); in Italia, in Austria, in Finlandia, in Norvegia, in

Danimarca e in Svezia, i limiti di radioattività consentiti sono di 200 Bq/m3 per gli

edifici di nuova costruzione e di 400 Bq/m3 per quelli già costruiti; i due valori sono

diversi in relazione alla maggiore semplicità d’intervento in caso di nuovi edifici;

altri paesi invece hanno adottato valori di riferimento unici per case già costruite e in

costruzione: gli Stati Uniti 150 Bq/m3, l’Inghilterra 200 Bq/m

3, Repubblica Ceca 200

Bq/m3, il Canada 800 Bq/m

3 e la Germania 250 Bq/m

3.

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In definitiva, da quando nel 1879 si iniziò a parlare della “Malattia di Schneeberg”

come cancro ai polmoni, sino a oggi, non si è ancora riusciti a fissare dei limiti

all’esposizione al Radon o dei livelli di tolleranza simili tra loro, neanche nei paesi

industrializzati. Infatti, i diversi paesi presentano sostanziali divergenze

nell’approccio al problema, non solo dal punto di vista legislativo ma anche e

soprattutto da quello operativo.

1.6.1 LEGISLAZIONE COMUNITARIA

In numerosi paesi industrializzati sono state adottate delle normative (sotto

forma di raccomandazioni) che determinano dei livelli limite di concentrazione di

Radon oltre i quali è necessario intraprendere dei provvedimenti per ridurne i livelli

negli ambienti indoors. Tali concentrazioni sono state fissate tenendo conto delle

singole realtà nazionali, in relazione alle variabilità locali di concentrazione e dopo

un’attenta valutazione dei costi necessari per abbattere i livelli oltre le soglie di

sicurezza consigliate. In quasi tutti i paesi dove tali raccomandazioni sono

effettivamente funzionanti, i costi sono a carico dei proprietari degli edifici. Solo in

alcuni paesi lo stato interviene con incentivi sotto forma di prestiti agevolati.

I livelli di concentrazione di Radon proposti o adottati come riferimento variano da

nazione a nazione e questo pur non esistendo una concentrazione di riferimento

“sicura” al di sotto della quale non c’è rischio di contrarre il tumore ai polmoni. Di

recente la Commissione Internazionale per la protezione Radiologica (49), non

ritenendo utile fissare livelli specifici per le case di nuova progettazione, ha

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raccomandato che i valori soglia oltre i quali è necessario intraprendere opere di

bonifica, sono compresi tra 200 Bq/m3 e 400 Bq/m

3.

Sono di seguito elencate le principali normative europee in merito.

Direttiva 80/836/Euratom del Consiglio dell’15.07.1980. Modifica le direttive

che fissano le norme fondamentali relative alla protezione sanitaria della

popolazione e dei lavoratori contro i pericoli derivanti dalle radiazioni

ionizzanti (33). G. U. n. 246 del 17 settembre 1980.

Direttiva 84/467/Euratom del Consiglio dello 03.09.1984. Modifica la

direttiva 80/836/Euratom per quanto concerne le norme fondamentali relative

alla protezione sanitaria della popolazione e dei lavoratori contro i pericoli

derivanti dalle radiazioni ionizzanti (34).

Direttiva 89/106/CEE del Consiglio del 21/12/1988 (35). È una sorta di norma

quadro per la regolamentazione dell’impiego di materiali edilizi utilizzati in

opere di costruzione (attualmente disattesa).

Raccomandazione Euratom n. 143/90 della Commissione del 21.02.1990:

stabilisce i criteri per la protezione della popolazione contro l’esposizione al

Radon in ambienti chiusi (62). Di fatto, traduce e interpreta in termini

operativi le raccomandazioni dell’ICRP del 1984. Tale Raccomandazione

individua in 400 Bq/m3 il livello di concentrazione media annua di gas Radon

per un’azione correttiva negli edifici già esistenti, mentre per gli edifici di

nuova costruzione il livello di concentrazione non deve superare i 200 Bq/m3.

D.l.gs

n. 230/1995: 17.03.1995 (29); normativa per gli ambienti di lavoro (il

presente Decreto non si applica all’esposizione al Radon nelle abitazioni).

Raccomandazione Euratom n. 928/2001 della Commissione Europea del

20.12.2001: tutela della popolazione contro l’esposizione al Radon nell’acqua

potabile.

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1.6.2 LEGISLAZIONE ITALIANA

In Italia, dopo l’istituzione del Comitato Nazionale per l’Energia Nucleare con

la Legge n. 933 dell’11 agosto 1960 (52) e con la successiva Legge n. 1860 del 31

dicembre 1962 (53), si inizia a parlare di sicurezza degli impianti e protezione

sanitaria dei lavoratori e delle popolazioni contro i pericoli delle radiazioni ionizzanti

col Decreto del Presidente della Repubblica n. 185 del 13 febbraio 1964 (36).

In seguito, il nostro paese non ha recepito le direttive 1980 e 1984 ed è stato

condannato per questo motivo dalla Corte dell’Aja.

D.lgs n. 230/1995: "Attuazione delle direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom,

92/3/Euratom e 96/29/Euratom in materia di radiazioni ionizzanti" (29).

D.lgs n. 187/2000 (28): Attuazione della direttiva 97/43/Euratom in materia di

protezione sanitaria delle persone contro i pericoli delle radiazioni ionizzanti

connesse ad esposizioni mediche.

Per quanto riguarda la normativa si deve distinguere tra ambienti di lavoro e

ambienti domestici.

D.lgs n. 241/2000, CAPO III – bis (30): normativa che introduce la valutazione e il

controllo dell’esposizione al Radon negli ambienti di lavoro incluse le scuole e le

palestre. Attuazione della direttiva 96/29/Euratom. Modifica e integra il D.lgs n.

230/1995 (successivamente modificato dal D.lgs n. 257 del 2001).

Il legislatore indica le varie tipologie di lavoro, in particolare quelli in ambienti

sotterranei, stabilendo l’obbligo per i datori di lavoro di effettuare controlli e misure

nei locali di lavoro, fissando in 500 Bq/m3 il limite d’esposizione radioattiva oltre cui

è necessario intervenire con azioni di bonifica ambientale. Un limite della suddetta

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normativa è che il datore di lavoro, fatta eccezione per gli esercenti di asilo nido,

scuola materna e scuola dell’obbligo, in caso di superamento del livello di 500

Bq/m3, è dispensato da azioni di rimedio se dimostra, tramite un esperto qualificato,

che nessun lavoratore è esposto a una dose superiore a 3 mSv/anno (1 Sv = 100 rem).

Fin da subito avrebbero dovuto essere misurati tutti gli ambienti di lavoro sotterranei

ed, entro 5 anni, le Regioni avrebbero dovuto individuare le aree in cui stabilire

l’obbligo di effettuare controlli della concentrazione di Radon anche negli ambienti

di lavoro di superficie. Questo decreto ha attirato anche l’attenzione di molti

operatori privati per quanto riguarda il monitoraggio e le possibili azioni di rimedio,

non solo per i luoghi di lavoro, ma anche per le abitazioni. Tuttavia, attualmente, per

gli ambienti domestici non vi sono delle normative italiane e questa, alla luce della

pericolosità dell’esposizione al Radon, è una grave lacuna. In effetti, in ambienti

domestici le esposizioni possono essere superiori a quelle riscontrabili nei luoghi di

lavoro, in virtù del maggior tempo di permanenza e per il fatto che gran parte di

questo tempo è trascorso di notte, durante la quale, come già visto, le concentrazioni

sono generalmente superiori alla media.

L’unico riferimento possibile è la Raccomandazione Euratom n. 143/90 (62) il cui

contenuto è piuttosto ambiguo. Il risultato è che i paesi dell’UE che hanno deliberato

in materia hanno finito per produrre norme diverse, che impongono o raccomandano

valori di riferimento che oscillano tra i 200 e i 1000 Bq/m3. A livello regionale, solo

la regione del Veneto ha emanato una delibera riguardo l’esposizione al Radon in

ambienti domestici (31). nella quale è stato individuato un valore di riferimento di

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200 Bq/m3 di concentrazione di Radon media annuale, oltre il quale è raccomandato

di adottare azioni di bonifica.

Delibera n. 941 del 18 marzo 2005, Allegato A (32): piano triennale dei servizi di

Igiene e Sanità Pubblica (SISP) afferenti ai dipartimenti di prevenzione delle aziende

ULSS del Veneto 2005-2007.

Legge regionale del Lazio n. 14 del 31 marzo 2005 (54), Prevenzione e salvaguardia

dal rischio gas Radon.

1.7 METODI DI RILEVAZIONE DEL RADON

L’unità di misura della concentrazione di radon, secondo il Sistema di

Unità Internazionale (SI) è espressa in Becquerel per metro cubo (Bq/m3),

dove il Becquerel indica il numero di disintegrazioni al secondo di una

sostanza radioattiva 1 Bq 1 s-1

Attualmente, per la misurazione del Radon, esistono due differenti tecniche che

utilizzano dei rilevatori attivi e passivi.

1.7.1 RILEVATORI ATTIVI

I rilevatori attivi sono degli strumenti elettronici portatili che permettono di

monitorare la concentrazione del Radon in continuo per ore e giorni e persino per

diversi mesi, programmando lo strumento a registrare delle medie orarie per un

periodo a scelta dell’utente. Questi strumenti sono dotati di un sensore Geiger

particolarmente sensibile alle radiazioni alfa. I dati registrati possono essere scaricati

nel luogo dell’indagine con un notebook, oppure direttamente via modem.

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Il costo elevato di questi rilevatori attivi è giustificato da risultati attendibili e

completi.

Questi strumenti possono, infatti, registrare oltre alla concentrazione del Radon, altri

parametri importanti come la temperatura interna ed esterna del locale, la pressione

atmosferica, l’umidità relativa e un eventuale spostamento o manomissione

dell’apparecchio. È possibile, inoltre, analizzare l’andamento temporale dei

parametri registrati e correlarli tra loro. La facile manovrabilità e la possibilità di

ottenere un riscontro in tempo reale della misura del Radon permettono in pratica di

verificare la riuscita d’eventuali opere di bonifica dei locali come risanare una crepa

del muro o del pavimento o sistemare un condotto d’aerazione delle cantine e degli

interrati. Altro vantaggio è la possibilità di verificare in tempo reale l’influenza

dell’eventuale presenza del riscaldamento acceso o spento, attivo o passivo, dell’aria

condizionata o della ventilazione in depressione o meno.

1.7.2 RILEVATORI PASSIVI

I rilevatori passivi sono costituiti da pellicole e materiali speciali come carbone

attivo o nitrato di cellulosa (LR115) che sono sensibili alle radiazioni. Questi

dispositivi sono definiti passivi perché non necessitano di alimentazione elettrica;

sono posizionati nei locali ove s’intende rilevare la presenza del Radon per un tempo

variabile a seconda del tipo di rilevatore e, una volta rimossi, sono sottoposti in

laboratorio a delle procedure d’analisi chimiche e fisiche per la determinazione della

concentrazione media nel tempo durante il quale il dispositivo è stato a dimora. Per

ottenere delle indicazioni soddisfacenti è necessario che questi rilevatori restino

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operativi per almeno un mese. Questo lungo periodo per la rilevazione è motivato dal

fatto che, come già accennato, esistono una discreta quantità di variabili temporali e

stagionali che influiscono nel determinare la concentrazione del Radon negli

ambienti indoor: pressione, temperatura, umidità, ventilazione, luminosità e fascia

oraria. Altra variabile importante è la presenza d’individui e il tipo e l’entità delle

attività svolte dalle persone fisiche presenti negli ambienti confinati.

Le tre tecniche di misura maggiormente impiegate per la rilevazione del Radon con

strumentazione passiva sono: rilevazione delle tracce alfa, adsorbimento su canestri a

carboni attivi e rivelazione di carica elettrica mediante elettrete.

1.7.3 RILEVATORI A TRACCE NUCLEARI

Il rilevatore a tracce nucleari (dosimetri Radon) è costituito da un foglio di

materiale organico speciale, polimeri sottili, in genere poliallildiglicol carbonato

(CR-39), policarbonato (Makrofol) e nitrato di cellulosa (LR-115 e CN-85) (42), che

interagiscono solamente con le radiazioni alfa del Radon e della sua progenie. Questi

rilevatori sono inseriti in particolari contenitori cilindrici di plastica detti dispositivi

di campionamento: hanno differenti forme ed essendo di dimensioni contenute

(dell’ordine di pochi centimetri cubici), si presentano leggeri, estremamente

maneggevoli e, soprattutto, di facile utilizzo. I dispositivi di campionamento sono

posizionati negli ambienti da monitorare, attivati e lasciati per un tempo stabilito. Il

Radon, che penetra in questi rilevatori per diffusione e per permeazione, decade con

una serie di radiazioni alfa che sono registrate dai materiali sensibili in essi contenuti.

Le particelle alfa emesse dal Radon o dai suoi prodotti di decadimento hanno una

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certa massa e una certa velocità. Nella loro interazione con questi rilevatori

rilasciano l’energia che possiedono durante gli urti con gli atomi o le molecole che

incontrano nel loro percorso. A causa della loro massa relativamente grande sono in

grado di ionizzare il mezzo che attraversano, ossia di romperne i legami molecolari e

atomici producendo ioni. Mentre in molti materiali gli ioni si ricombinano e non

rimane alcun segno del passaggio della radiazione, nel caso di questi materiali

dielettrici (materiali plastici) tali processi producono, in determinate condizioni, una

rottura permanente dei legami molecolari, lasciando quindi una traccia del loro

passaggio. Queste tracce non sono visibili a occhio nudo, essendo dell’ordine di

alcune decine di nanometri (milionesimi di millimetro). Tuttavia se il materiale è

sottoposto ad alcune procedure chimiche (trattamento con soluzioni acide o alcaline

a temperature di alcune decine di gradi) queste tracce si sviluppano fino a diventare

visibili ai normali microscopi ottici o addirittura, in alcuni casi, ad occhio nudo. Al

termine dell’esposizione i dispositivi sono riconsegnati al laboratorio di analisi

utilizzando nella fase di trasporto alcune accortezze come l’attivazione di congegni

connessi al dosimetro stesso o l’uso di particolari custodie in materiale non

permeabile al Radon (questo per evitare esposizioni aggiuntive a quelle del locale

monitorato).

Il laboratorio provvede quindi allo sviluppo chimico del rilevatore e al conteggio

delle tracce; dal conteggio del numero di tracce che si sviluppano, proporzionale alla

concentrazione di Radon presente nell’ambiente in cui il materiale è stato esposto e

al tempo d’esposizione, è possibile ricavare il valore della concentrazione di Radon

specifico del locale monitorato durante il periodo di misura. Questa tecnica di misura

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è stata ampiamente studiata (41) e offre un accettabile grado di affidabilità. La

sensibilità dei rilevatori a tracce nucleari è in genere molto elevata e valida anche per

misurare concentrazioni di Radon di poche decine di Bq/m3. Il sistema è indicato per

tempi d’esposizione superiori al mese fino a un massimo, indicativamente, di un

anno (5). Fattore limitante nell’utilizzo di questi dosimetri è la necessaria attenzione

da prestare presso l’organismo di misura competente per quanto riguarda alcune

misure concernenti lo stoccaggio del materiale plastico prima della sua esposizione.

Questi dosimetri hanno un limite massimo di misura di 900 Bq/m3 e sono quelli più

utilizzati per conoscere le concentrazioni annuali aventi valore legale.

1.7.4 CANESTRI A CARBONE ATTIVO

Lo strumento è costituito da una scatola metallica cilindrica contenente carboni

attivi che adsorbono il Radon presente nell’aria. Dopo un tempo d’esposizione

dell’ordine di qualche giorno, i canestri, che adsorbono il Radon ma non lo rilevano,

sono sottoposti ad un’analisi di spettrometria gamma tramite rilevatore a

scintillazione, tipicamente a cristalli di ioduro di sodio. Dai risultati dell’analisi

spettrale, dalla conoscenza del tempo d’esposizione e del fattore di calibrazione si

ricava la concentrazione relativa al periodo d’esposizione. La tecnica dei carboni

attivi è adatta per misure di concentrazioni anche inferiori ai 20 Bq/m3

e richiede

pochi giorni per la sua realizzazione, ma può essere applicata anche per determinare

la concentrazione media annuale eseguendo una misura ogni tre mesi. Il limite

principale consiste nella forte dipendenza dalle condizioni ambientali di temperatura

e umidità.

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1.7.5 DOSIMETRI A ELETTRETE

Sono dei dosimetri nei quali la camera di ionizzazione a elettrete è un sistema

passivo a integrazione. Il sistema di misura consiste di tre componenti: un disco di

teflon caricato elettrostaticamente che rappresenta l’elemento sensibile, una camera

di materiale plastico e un lettore elettronico per leggere il potenziale superficiale

dell’elettrete. La ionizzazione dell’aria avviene all’interno di una camera conduttiva;

gli ioni prodotti nella camera sono guidati e raccolti sull’elettrete carico. Le camere

hanno un ingresso filtrato che permette l’ingresso del Radon per diffusione (63).

In pratica, quando l’elettrete è posto in una camera contenente un certo volume

d’aria, raccoglie gli ioni prodotti dalle emissioni del Radon e dei suoi discendenti;

per questo il suo potenziale si riduce in modo proporzionale all’attività presente nella

camera. Misurando con un voltmetro la perdita di potenziale durante un certo

intervallo di tempo e utilizzando appropriati fattori di calibrazione si determina la

concentrazione media di Radon nella camera e quindi nell’ambiente. Questi

rilevatori sono utilizzati per pochi giorni (in genere due o tre settimane): i dosimetri a

elettrete sono ovviamente più esposti agli errori permanendo nell’ambiente solo per

un breve periodo, tuttavia permettono di rilevare le concentrazioni di Radon in pochi

giorni e sono quindi indicati per conoscerne la concentrazione nel breve periodo e

per progettare eventuali interventi di bonifica qualora il risultato rilevi una

concentrazione elevata. Altro limite dell’utilizzo dell’elettrete è che il potenziale

elettrostatico del disco di teflon risente dei campi elettromagnetici locali; inoltre è

necessaria un’ulteriore procedura per distinguere le radiazioni alfa da quelle gamma.

Alcuni protocolli suggeriscono pertanto due dosimetri per ogni ambiente di cui uno

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chiuso per la valutazione delle radiazioni gamma e l’altro aperto per la somma dei

contenuti. Nel complesso questi tre dispositivi hanno un costo d’operatività

discretamente contenuto.

Di recente sono stati presentati dei nuovi rivelatori che si basano sulla raccolta

elettrostatica dei discendenti del Radon su di un rivelatore di particelle alfa.

In sintesi, gli strumenti attivi hanno un costo elevato ma forniscono una risposta

rapida, mentre i dosimetri passivi hanno un costo contenuto ma necessitano di

strumentazione di laboratorio per la lettura dell’informazione.

1.8. LIVELLI DI RADON NEL MONDO ED IN ITALIA

Ricerche condotte in paesi europei hanno rilevato concentrazioni medie di

Radon nelle abitazioni variabili da 20 a 100 Bq/m3, generalmente intorno ai 59

Bq/m3

(Tabella 3). Tra i paesi a più bassa concentrazione, si trovano l’Inghilterra (20

Bq/m3) e la Germania (50 Bq/m

3), mentre, oltre la media si collocano la Francia (68

Bq/m3), l’Austria (75 Bq/m

3), la Svezia (108 Bq/m

3), la Repubblica Ceca (140

Bq/m3). Negli Stati Uniti d’America sono stati rilevati valori medi di 46 Bq/m

3 (16);

la media mondiale è di 40 Bq/m3.

Tabella 3. Concentrazioni medie di radon rilevate in alcuni paesi europei.

NAZIONE Abitanti

milioni

Numero

misure Media Bq/m

3

Austria 8 3.499 75

Francia 56.9 6.878 68

Repubblica Ceca 15.6 75.000 140

Germania 85 7.500 50

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Svezia 8.4 350.000 108

Inghilterra 57 270.000 20

Italia 56.8 4.800 77

Fonte: European Commission DG XII, NRPB- OMS Regione Europa

Per quanto riguarda la situazione italiana, i valori di riferimento sono relativi

all’indagine nazionale sull’esposizione al Radon nelle abitazioni realizzata negli anni

1989 - 1997 in un campione rappresentativo di 5.361 abitazioni (4, 11, 18)

dall’APAT, dall’Istituto Superiore della Sanità e dai Centri Regionali di Riferimento

della Radioattività Ambientale degli assessorati regionali alla Sanità (ARPA e

APPA).

Il valore della concentrazione media è risultato 70 Bq/m3; valore relativamente

elevato rispetto alla media europea che è di 59 Bq/m3 e ancor più in confronto a

quella mondiale valutata intorno a 40 Bq/m3. La media geometrica è 52 Bq/m3, la

deviazione standard geometrica è 2,1, la percentuale media di abitazioni che

eccedono i due livelli di riferimento sono rispettivamente 4,1% (corrispondenti a

circa 800.000 abitazioni che superano i 200 Bq/m3) e 0,9% (corrispondenti a circa

200.000 abitazioni che superano i 400 Bq/m3). Indagini eseguite in scuole materne

ed elementari di sei regioni italiane hanno messo in evidenza che anche in questa

tipologia di edifici si hanno livelli analoghi o superiori a quelli delle abitazioni (43).

Un’analisi delle medie rilevate nelle varie regioni evidenzia notevoli differenze; tale

distribuzione, in linea con i risultati degli altri paesi, è da mettere in relazione alla

naturale variabilità spaziale del fenomeno, dovuta soprattutto al differente contenuto

di uranio nelle rocce e nei suoli e alla loro differente permeabilità (57, 61). La stessa

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APAT ha pubblicato le “Linee guida per le misure di Radon in ambienti

residenziali”. Il problema Radon è presente maggiormente nelle regioni italiane

densamente abitate come Lombardia con 111 Bq/m3 e Lazio con 119 Bq/m3, in

Campania con 95 Bq/m3 e nel Friuli con 99 Bq/m3. Nelle altre regioni si rileva un

livello di Radon compreso tra 25 e 80 Bq/m3, con la Calabria che ha registrato il

valore più basso (25 Bq/m3) (6, 19, 22). La quantità di Radon nel suolo varia a

seconda della geologia locale, e la sua concentrazione dipende da molti fattori: dalla

presenza di uranio e radio nel suolo e nei materiali da costruzione, dalla permeabilità

del suolo e dalle abitudini di vita. Questo spiega perché i livelli del Radon sono più

elevati in alcune zone e più bassi in altri. Nella figura 3 sono riassunti i valori delle

concentrazioni medie regionali di Radon in Italia. Nella tabella 4 sono riportate le

principali informazioni dell’indagine nazionale. Nella tabella 5 sono riportati i dati

disaggregati per regione (3).

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Figura 3. Valori delle concentrazioni medie regionali di Radon in Italia.

Tabella 4. Risultati dell'indagine sulla concentrazione di Radon nelle abitazioni italiane

No. di abitazioni 5.361

No. di città 232

Max (Bq/m3) 1.036

Media aritmetica (Bq/m3 ) 70

Scarto tipo della media (Bq/m3) 1

Media geometrica (Bq/m3) 52

Scarto tipo della media geometrica 2.1

Abitazioni > 150 Bq/m3

7.9%

Abitazioni > 200 Bq/m3

4.1%

Abitazioni > 400 Bq/m3

0.9%

Abitazioni > 600 Bq/m3

0.2%

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Tabella 5. Radon nelle abitazioni italiane, per regione e provincia autonoma.

Regioni

Radon-222

Bq/m3

(media

aritmetica)

Abitazioni

> 200 Bq/m3

%

Abitazioni

> 400 Bq/m3

%

Piemonte 69 2,1 0,7

Valle d’Aosta 44 0 0

Lombardia 111 8,4 2,2

P. A. Bolzano-Bozen 70 5,7 0

P. A. Trento 49 1,3 0

Veneto 58 1,9 0,3

Friuli-Venezia Giulia 99 9,6 4,8

Liguria 38 0,5 0

Emilia-Romagna 44 0,8 0

Toscana 48 1,2 0

Umbria 58 1,4 0

Marche 29 0,4 0

Lazio 119 12,2 3,4

Abruzzo 60 4,9 0

Molise 43 0 0

Campania 95 6,2 0,3

Puglia 52 1,6 0

Basilicata 30 0 0

Calabria 25 0,6 0

Sicilia 35 0 0

Sardegna 64 2,4 0

Italia 70 4,1 0,9

Fonte dei dati e anno di riferimento: APAT: Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i

servizi tecnici: Annuario dei dati ambientali, Concentrazione di attività di radon indoor,

Estratto edizione 2005-2006, Roma, febbraio 2006. Bochicchio F., Campos Venuti G.,

Piermattei S., Torri G., Nuccetelli C., Risica S., Tommasino L.: Results of the National

Survey on Radon Indoors in the all the 21 Italian Regions Proceedings of Radon in the

Living Environment Workshop, Atene, Aprile 1999.

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Figura 4. Territorio in cui si sono svolte le indagini

2. SCOPO DELL’INDAGINE

L’indagine, inserita in un più ampio contesto multicentrico (cui aderiscono

anche Istituti di Igiene di alcune Università del centro e sud Italia), fa seguito ad una

rilevazione effettuata in palestre scolastiche della Provincia di Sassari (12, 13, 39,

40) ed ha lo scopo di rilevare la concentrazione di Radon nelle aule scolastiche della

Provincia di Nuoro (Figura 4) in relazione alla normativa di riferimento (30, 62), col

fine di valutare il rischio da esposizione nella suddetta zona.

Ampliando la suddetta precedente indagine, infatti, è sembrato interessante

diversificare sia la tipologia di locali da indagare sia l’ambito territoriale.

In particolare, la scelta del tipo di locali da sottoporre ad indagine è dettata sia dal

fatto che, spesso, questi sono costruiti a contatto diretto col terreno, frequentemente

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al piano terra, sia per la lunga permanenza di alunni e docenti nei suddetti locali

didattici durante tutte le mattine di circa 10 mesi l’anno da settembre a giugno;

permanenza che si ripete, quantomeno, per almeno 8 se non 10 anni relativi alla

durata della scuola dell’obbligo (a seconda della coorte di riferimento) o per un

periodo ancora superiore se consideriamo quello relativo ai docenti.

Tali rilevazioni presso le aule scolastiche di istruzione primaria e secondaria,

pertanto, potranno fornire utili indicazioni per tutelare la salute dei bambini, ragazzi

e docenti.

Lo studio, inoltre, potrà fornire un supporto sia in ambito locale, sia nelle sedi dove

è in atto la rilevazione multicentrica alle rilevazioni che gli enti istituzionalmente

deputati stanno conducendo al fine di aggiornare i dati di un’ampia campagna di

rilevazione nazionale effettuata anni addietro (36).

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3. MATERIALI E METODI

Con le finalità precedentemente esposte, è stato predisposto uno specifico

protocollo di indagine ed è stata predisposta un’apposita scheda di raccolta dati

(strutturali, operativi, ecc.) con circa 100 item.

In particolare, la scheda è stata preparata tenendo conto di una serie di variabili

standard che possono influenzare la determinazione dei valori di radioattività negli

ambienti confinati; in realtà, notevoli fluttuazioni del livello di Radon indoor sono

possibili in relazione a variabili quali: orari di attività e inattività dei locali, numero

dei soggetti che frequentano l’aula, fascia oraria relativa, ampiezza dei locali in m2,

variazioni di riscaldamento e ventilazione forzata, ricambio d’aria del locale,

condizioni meteorologiche.

Si è notato, infatti, che la concentrazione di Radon indoor notturna è più alta che di

giorno e d’inverno più che d’estate; il livello di Radon in un’abitazione nel mese di

gennaio è circa il doppio di quanto si registra a luglio. Esistono, in ogni caso, delle

tabelle di conversione che tengono conto del periodo d’esposizione per rapportare

tale valore alla media annua attraverso un fattore di conversione che tiene conto della

variabilità non solo climatica, ma anche dell’andamento radioattivo nelle diverse

stagioni (Tabella 6).

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Tabella 6. Tabella di conversione per allineare i valori di radioattività nel corso dei mesi

Mese di rilevazione Fattore di

moltiplicazione

Mese di

rilevazione

Fattore di

moltiplicazione

Gennaio 0.60 Luglio 1.35

Febbraio 0.62 Agosto 1.24

Marzo 0.69 Settembre 1.01

Aprile 0.72 Ottobre 0.88

Maggio 0.93 Novembre 0.73

Giugno 1.05 Dicembre 0.68

(da www.Radon.it, Variazioni stagionali di Radon).

Ad esempio, una misurazione di Radon di 143 Bq/m3 effettuata a marzo, se ripetuta a

giugno, potrebbe indicare solo 92 Bq/m3. La conversione del valore misurato su un

periodo breve alla media annua non richiede, pertanto, una conversione lineare, ma

dovrà tener conto dei fattori correttivi sopraesposti per meglio approssimare tale

valore. È importante precisare che i livelli di Radon variano notevolmente da una

casa all’altra nella stessa strada. Occorre pertanto effettivamente eseguire le

rilevazioni nelle abitazioni in esame senza mai riferirle a quelle di un vicino.

La scelta delle scuole è stata motivata dal fatto che queste sono spesso costruite a

contatto diretto col terreno, frequentemente con aule solo al piano terra.

A tal fine, sono stati selezionati, fino ad ora, 17 Istituti scolastici con requisiti

ambientali/strutturali, per quanto possibile, corrispondenti agli standard di

riferimento adottati in altri analoghi studi, tenendo conto che la tipologia dei terreni

del territorio preso in esame non ha permesso una perfetta sovrapposizione delle

caratteristiche degli ambienti sotterranei.

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Scheda di rilevazione

MISURE DI RADON NELLE AULE DEGLI ISTITUTI SCOLASTICI DI ............................

Scheda rilevazione dati

Anno..…....…. Mese...….……… Giorni...……../....…… Ora iniziale ……………. Ora finale ……………...

Dati identificativi della Scuola e dell’aula

Scuola:……………………………...…………….....…. Comune:............................................ Provincia:……….

Via:………………………………………………n. ..….. Località:……………....…………………………...……..…

CAP:…………………… Telefono……………....……. Fax:………....……..…. Email:……...............……………

Funzione principale dell’aula: didattica □, laboratorio □, altro □ specificare ....................................................

N. medio di alunni che frequentano giornalmente l’aula:…………………………………………….

L’aula è maggiormente frequentata: al mattino □ al pomeriggio □ Indicare il numero medio di ore in cui l’aula è frequentata dagli stessi alunni: :…..........…

Dati caratteristiche dell’aula

Scegliere dalle seguenti figure il tipo di struttura che meglio descrive la collocazione dell’aula:

T □ 3 □

S □ 2 □

ST □ 1 □

Indicare il numero di mura al di sotto del piano di campagna………………………………………………

Data approssimativa di costruzione

Prima del 1900 □ 1900-1950 □ 1951-1964 □ 1965-1979 □ Dopo il 1980 □

L’aula è stata ristrutturata nella parte interrata negli ultimi 10 anni? SI □ NO □ ND □

Le mura della parte interrata sono state realizzate:

in cemento □ in pietra □ in legno □ altro………………………………

La pavimentazione è stata realizzata prevalentemente con:

cemento □ solo con lastricato o piastrelle di pietra □ solo con tavole di legno □

terreno naturale (terra) □ altro……………………………………………………………………..

I pavimenti e le pareti dei locali sotterranei presentano spaccature e crepe SI □ NO □

Istituto di Igiene e Medicina Preventiva Direttore: Prof.

ssa Elena Muresu

Facoltà di Medicina e Chirurgia

C. d. L. in Tecniche della prevenzione

nell’ambiente e nei luoghi di lavoro Presidente: Prof. Antonio Azara

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Il pavimento:

confina con un altro piano SI □ NO □

è a contatto diretto con il terreno SI □ NO □

Presenza di accesso diretto dall'esterno SI □ NO □

se SI quante:………………………………….

Quante finestre sono presenti nell’aula? .................

Grado di “tenuta” degli infissi (trafilaggio d’aria) elevato □ sufficiente □ insufficiente □

Le eventuali pareti sotterranee dell’aula:

sono totalmente affacciate a cavedio aerato SI □ NO □

sono parzialmente affacciate a cavedio aerato SI □ NO □

sono completamente a contatto con il terreno SI □ NO □

sono completamente (o anche parzialmente) costituite da roccia SI □ NO □

Nell’aula si osservano infiltrazioni d'acqua? SI □ NO □

Presenza di condensa / tracce di umidità: SI □ NO □

Presenza di impianto di climatizzazione/riscaldamento attivo: Orario ___________

solo riscaldamento SI □ NO □ ___________

riscaldamento / raffreddamento SI □ NO □ ___________

solo raffreddamento SI □ NO □ ___________

nessuno SI □ NO □

L’aula è fornita di un proprio sistema di aspirazione: SI □ NO □

L'esposizione dell'edificio al sole è: indicare l’orientamento cardinale. ...............................

scarsa □ media □ forte □ nulla □

L'esposizione dell'edificio al vento è:

scarsa □ media □ forte □ nulla □

Nell’aula sono presenti tubazioni a vista: SI □ NO □

le tubazioni si trovano nel pavimento □ nelle pareti laterali □

Nel locale sono già state eseguite misure del radon? SI □ NO □

DATI RILEVAZIONE RADON:

Lettura diretta (pCi/l):……………………………… Dopo conversione (Bq/m3):…………………………..

Firma rilevatore

________________

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Tutti i rilievi sono stati eseguiti durante i giorni di normale utilizzazione delle aule

con ventilazione naturale dei locali. Per quanto possibile, quando l’operatività

dell’aula lo consentiva e prevedeva, si è cercato di includere un giorno d’inattività

operativa dei locali, prestando attenzione alle eventuali differenze tra le risultanze

delle rilevazioni registrate nei giorni d’inattività rispetto a quelli di agibilità e,

nell’ambito di questi, nelle diverse fasce orarie.

Figura 5. Rilevatore continuo di gas radon utilizzato nell’indagine

Per l’indagine è stato utilizzato uno strumento a fotodiodo, il rilevatore continuo di

gas Radon Sun Nuclear mod. 1027 (Fig. 5), di cui si riportano, di seguito, i relativi

dati tecnici.

Dati tecnici del rilevatore continuo di gas Radon Sun Nuclear mod. 1027

Alimentazione: 12 VDC 200 mA

Range di Misura: 0.1 - 999 picocuries/litro (pCi/l) = 3.7 – 37.000 Bq/mc

Temperatura operativa: 7°C – 35 °C

Accuratezza ±25% o 1 pCi/l, il maggiore dopo 24 ore

Sensore di movimento: Inerziale

Data Port: RS-232, 9-pin, D-connector per collegamento a PC

Sensore: Fotodiodo Diffused-junction

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Intervallo di Misura: 1 ora (4, 8, o 24-ore optional)

Sensitività: 2.5 colpi per ora per pCi/l

Display: 3-digit display LED

Battery Backup: Una batteria alcalina a 9V dura mediamente 20 ore

Peso: Kg 1 circa

Dimensioni (cm): 20 x 12 x 6

EPA Evaluation: US EPA accepted

Il rilevatore di Radon utilizzato, certificato EPA, permette di scaricare i dati su un

personal computer. Il rilevatore continuo è stato settato in modo da garantire una

rilevazione ogni 60 minuti, per un totale di 24 rilevazioni nell’arco di una singola

giornata. Il posizionamento del rilevatore Radon è stato pianificato in modo che le

rilevazioni fossero rappresentative dell’esposizione del personale lavorativo (maestri,

professori e bidelli) e delle utenze (studenti) relativamente a luoghi dove gli stessi

trascorrevano una frazione di tempo pari ad almeno 10 ore al mese (con esclusione

quindi dei luoghi di passaggio quali corridoi, locali di servizio), fermo restando la

raccomandazione di mantenere le normali abitudini e la consueta destinazione dei

locali e, soprattutto, di non maneggiare o spostare in nessun caso l’apparecchiatura

predisposta.

Il posizionamento dello strumento è avvenuto nello spazio adibito all’attività

didattica. Sono state rispettate le regole standard di misurazione che prevedono lo

stazionamento del rilevatore a una distanza minima da terra, dal soffitto e dalle pareti

di circa un metro.

All’interno d’ogni struttura è stato individuato un responsabile che avesse cura del

posizionamento stabile e vigilasse sulla salvaguardia dello strumento.

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Al termine di ogni rilevazione si è proceduto, con un’apposita procedura, a riversare

i dati rilevati in un personal computer e, successivamente, tramite un fattore di

conversione pari a 37, a trasformare i dati riportati con l’unità di misura espressa in

m Sv ad altri dati espressi in Bq/m3.

Tali dati sono stati, quindi, riportati su un foglio elettronico ed elaborati tramite

apposite tabelle Pivot di Excell®.

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4. RISULTATI

Le rilevazioni sono state eseguite in 17 Istituti, tutti dislocati nel Comune di

Nuoro ed edificati dopo il 1900 (Tabb. 7 a e b). In particolare, la maggior parte degli

Istituti (n. 14, corrispondenti al 48,3%), risultano particolarmente datati essendo stati

edificati tra il 1900 ed il 1950; inoltre, nel 31% dei casi sono stati edificati tra il 1951

ed il 1964 e, nel 6,9%, tra il 1965 e 1979; quelli più recenti, edificati dopo il 1980,

sono solo 4, corrispondenti al 13,8%.

Per quanto riguarda il tipo di struttura prevalente, si nota che pressoché tutti gli

Istituti sono edificati solo al piano terra e nessuno ha mura al disotto del piano di

campagna.

Relativamente alla parte interrata si evince che l’85,2 % delle strutture è dotato di

mura di pietra; in tutti i casi la pavimentazione è realizzata con piastrelle e, solo in

due casi, il pavimento confina con un altro piano.

Pressoché in tutti casi il pavimento è a contatto diretto con il terreno.

In tutti i casi le pareti sotterranee, costituite completamente da roccia, non sono

neanche parzialmente affacciate a cavedio areato e si trovano, quindi, a completo

contatto con il terreno.

Non si registrano infiltrazioni d’acqua e, solo in un caso, si riscontra presenza di

condensa o di tracce di umidità.

In nessun caso, peraltro, si riscontra l’utilizzo di apparecchiature per ricambio d’aria

forzato o sistemi di aspirazione dell’aria.

Page 58: 1. INTRODUZIONE 1.1 IL GAS RADON - anmil.it vincitrici... · terza neutra. Associò a tali raggi le prime tre lettere dell'alfabeto greco: α (alfa), β (beta), γ (gamma). I Raggi

Università degli Studi di Sassari – Corso di laurea in Tecniche della prevenzione nell’ambiente e nei luoghi di lavoro

_______________________________________________________________________________________________________________

_______ La prevenzione delle radiazioni ionizzanti nella comunità. Rilevazioni di Radon in aule scolastiche _______

58

numero progressivo di rilevazione

Sede di rilevazione

AU

LE

scu

ole

n. medio di individui che

frequentano giornalmente l'aula

maggiore frequentazione: mattino

(1), pomeriggio (2),

tipo di struttura: piano terra (1),

parzialmente interrato (2), 2 pareti interrate (3)

n. mura sotto piano di campagna

data approssimativa di costruzione: > 1900 (1), 1900-1950 (2), 1951-1964 (3), 1965-

1979 (4), > 1980 (5)

ristrutturazione parte interrata: si (1),

no (2), n.d. (3)

realizzazione mura parte interrata: cemento (1), pietra (2), legno (3)

realizzazione pavimentazione: cemento (1), piastrelle (2), legno (3), gomma

(4), linoleum (5)

il pavimento confina con un altro

piano: si, no

il pavimento è a contatto diretto

con il terreno: si, no

presenza di accesso diretto

dall'esterno: si, no

n. accessi diretti dall'esterno:

apertura delle porte d'accesso

diretto all'esterno: si, no

anche d'inverno: si, no

uso frequente delle porte: si, no

presenza di finestre: si, no

1N

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Page 59: 1. INTRODUZIONE 1.1 IL GAS RADON - anmil.it vincitrici... · terza neutra. Associò a tali raggi le prime tre lettere dell'alfabeto greco: α (alfa), β (beta), γ (gamma). I Raggi

Università degli Studi di Sassari – Corso di laurea in Tecniche della prevenzione nell’ambiente e nei luoghi di lavoro

_______________________________________________________________________________________________________________

_______ La prevenzione delle radiazioni ionizzanti nella comunità. Rilevazioni di Radon in aule scolastiche _______

59

numero progressivo di rilevazione

AU

LE

scu

ole

stato di apertura delle finestre

durante l'attività: aperte, chiuse

pareti sotterranee totalmente

affacciate a cavedio aerato: si, no

pareti sotterranee parzialmente

affacciate a cavedio aerato: si, no

pareti sotterranee completamente a

contatto col terreno: si, no

pareti sotterranee complet.

costituite da roccia: si, no

presenza infiltrazioni d'acqua: si, no

presenza di condensa/tracce

d'umidità: si, no

impianto riscaldamento: si (1), no

(2)

orario

ricambio d'aria forzato: si, no

sistema di aspirazione: si, no

esposizione dell'edificio al vento:

scarsa (1), media (2), forte (3), nulla

(4)esposizione dell'edificio al sole:

scarsa (1), media (2), forte (3), nulla

(4)

presenza di tubazioni a vista: si, no

tubazioni: nel pavimento (1), nelle

pareti laterali (2)

spaccature e crepe in pavimenti e

pareti dei locali sotterranei: si, no

effettuazione di precedenti

rilevazioni di radon: si, no

concentrazione di Radon per lettura

diretta (pCi/l)

concentrazione di Radon dopo

conversione (Bq/m3)

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Page 60: 1. INTRODUZIONE 1.1 IL GAS RADON - anmil.it vincitrici... · terza neutra. Associò a tali raggi le prime tre lettere dell'alfabeto greco: α (alfa), β (beta), γ (gamma). I Raggi

Università degli Studi di Sassari – Corso di laurea in Tecniche della prevenzione nell’ambiente e nei luoghi di lavoro

_______________________________________________________________________________________________________________

_______ La prevenzione delle radiazioni ionizzanti nella comunità. Rilevazioni di Radon in aule scolastiche _______

60

Nella maggior parte dei casi (70%) le aule non hanno un accesso diretto dall’esterno

che, invece, è presente in alcune aule (30%) sempre con un unico accesso e mai con

un’apertura diretta dall’esterno; in questi casi si registra un frequente uso di tali

porte.

L’esposizione dell’edificio al vento è nella maggior parte dei casi (61,3%) “media”,

seguita da “forte” nel 22,6% dei casi, scarsa (12,9%) e “nulla” 3,2%.

L’esposizione solare dell’edificio è frequentemente “forte”(48,5%) o “media”

(45,2%), molto raramente definita come scarsa (6,5%).

In tutti i casi le tubazioni sono disposte nelle pareti laterali e, solo nel 32,3% dei casi

sono “a vista”.

Ovviamente, tutte le aule hanno le finestre che, durante l’attività generalmente

rimangono chiuse.

Tutti i locali indagati sono dotati di impianto di riscaldamento funzionante al mattino

durante l’orario di attività didattica se non nei casi in cui l’orario è esteso anche al

pomeriggio.

Il numero medio di studenti che giornalmente frequentano le aule è di poco inferiore

alle venti unità (media: 19,5), con variazioni comprese da un minimo di 15 ad un

massimo di 30 soggetti (D.S. 3,68).

Quasi tutte le aule (93,6%) vengono frequentate al mattino, raramente al pomeriggio

(6,4%).

La concentrazione media di Radon rilevata in tutte le aule indagate (Fig. 5) è stata di

150,8 Bq/m3, con ampie e previste variazioni comprese da un minimo di 7,4 Bq/m

3 a

un massimo di 943,6 Bq/m3, d. s. 188,5 Bq/m

3.

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Dalla stessa base dati è stata anche calcolata la mediana, altro indicatore di tendenza

centrale, di più appropriato impiego in quanto meno influenzata dai valori estremi; il

valore di tale indicatore, infatti, si colloca sui 96,2 Bq/m3, con un range interquantile

(25-75%) variabile da 49,6 a 148 Bq/m3.

Figura 5. Concentrazioni di radon rilevate nelle aule.

0

100

200

300

400

500

600

700

800

900

1.000

Bq/m3

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31

MED

IA

MED

IANA

Dati interessanti emergono analizzando il trend della concentrazione di Radon

nell’arco delle 24 ore partendo dalle ore 15,00 per terminare alle ore 14,00 del giorno

dopo (Figura 6).

Emerge chiaramente che la concentrazione di Radon tende ad incrementare

progressivamente a partire dalle ore 15,00 con il termine delle lezioni durante il

periodo di non utilizzo dell’aula, soprattutto la notte, fino alle ore 5,00 o 7,00 per poi

diminuire vistosamente al mattino, reincrementare tra le 10,30 e le 11,00, in

coincidenza con la pausa delle lezioni, per poi ridiminuire per il proseguo delle

lezioni toccando il valore più basso alle ore 14,00, fino a quando la ripetuta apertura

della porta permette un maggiore scambio d’aria; l’osservazione è stata validata dal

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punto di vista statistico attraverso l’indice di Spearman identificando una

correlazione altamente positiva (r = 0.96) statisticamente significativa (P< 0.001)

dalle ore 15 sino alle ore 7 del giorno dopo ed una correlazione altamente negativa

(r= -0.9) ai limiti della significatività (P: 0.04) dalle ore 7 alle ore 11.

Figura 6. Concentrazione oraria di radon rilevate nelle aule.

110,0

120,0

130,0

140,0

150,0

160,0

170,0

180,0

15 17 19 21 23 1 3 5 7 9 11 13

Orario

Bq

/m3

È stato valutato anche il trend della concentrazione di Radon nell’arco del fine

settimana, a partire dal sabato per terminare il lunedì (Figura 7).

Emerge chiaramente che la concentrazione di Radon tende ad incrementare con il

termine delle lezioni del sabato per poi toccare il picco più elevato proprio il lunedì

mattina con la riapertura dell’aula; l’osservazione è stata validata dal punto di vista

statistico attraverso l’indice di Spearman identificando una correlazione positiva (r =

0.59) statisticamente significativa (P< 0.001).

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Figura 7. Concentrazione oraria di radon rilevate nel fine settimana

50

70

90

110

130

150

170

190

210

230

8 10 12 14 16 18 20 22 24 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20 22 24 2 4 6 8

Bq/m

3

sabato domenica lunedi

Analizzando in particolare i risultati delle concentrazioni di Radon nei vari istituti

scolastici si rileva come i valori più elevati si siano riscontrati in due Scuole:

soprattutto in quella del 5° circolo “Monte Gurtei” di Via Carbonia (Figure 8 e 9) ma

anche in quella di “San Pietro” in Via Malta.

In questi Istituti, infatti, la media di Radon corrisponde a 251 Bq/m3, min. 79,1

Bq/m3, max. 943,6 Bq/m

3, d.s. 238 Bq/m

3, mediana 148 Bq/m

3.

Si è proceduto, pertanto, ad una più accurata analisi di tali due Istituti.

Figura 8. Scuola 5° Circolo “Monte Gurtei”

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Figura 9. Foto aerea della Scuola 5° Circolo “Monte Gurtei”

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Come si evince dalla planimetria della figura 10, presso la scuola di Monte Gurtei in

Via Carbonia sono stati effettuati 9 rilevamenti in periodi diversi.

Figura 10. Planimetria della Scuola 5° Circolo “Monte Gurtei”

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I dati più interessanti derivano dall’analisi delle differenti concentrazioni di Radon

nell’arco delle ore totali di rilevazione e in relazione a diverse fasce orarie prese in

considerazione (Figura 11). La media dei valori più elevata si è ottenuta nel periodo

compreso tra sabato 17 e lunedì 19 Aprile in occasione del primo rilievo in un fine

settimana primaverile in cui la scuola era chiusa, esattamente una media di 944

Bq/m3. Il valore più elevato in assoluto, pari a 1376.4 Bq/m

3 è stato registrato alle ore

22.50 di domenica 18 Aprile, mentre il valore più basso rilevato è stato di 647,50

Bq/m3

alle ore 15.50 di sabato 17. In particolare, osservando il grafico relativo

all’andamento delle concentrazioni orarie medie di Radon, si nota subito che i valori

più alti di radioattività si raggiungono durante la notte fino al lunedì mattino.

Figura 11. Andamento orario della concentrazione di Radon nella Scuola 5° Circolo

Anche nel secondo rilievo, effettuato tra il lunedì 26 e il venerdì 30 Aprile (Figura

12), cioè durante la settimana, periodo in cui tutti gli ambienti sono dedicati alle

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attività didattiche, si sono registrati dei valori piuttosto elevati anche se inferiori al

precedente. I valori più elevati sono stati registrati dalla mezzanotte del 29 e si sono

protratti fino alle 14.00 con un picco pari a 1.147 Bq/m3

alle 9.00 del mattino e una

media pari a 579 Bq/m3.

Figura 12. Andamento orario della concentrazione di Radon nella Scuola 5° Circolo

(2° prelievo)

I rilievi successivi registrano delle medie di gran lunga più basse (medie di 79 Bq/m3

tra il 3 e il 6 maggio, 244 Bq/m3

tra il 26 e il 30 luglio). È da precisare che l’aula in

cui sono stati effettuati questi rilievi è poco usata per le attività didattiche, resta

spesso chiusa determinando l’accumulo di Radon che è stato registrato nei primi

rilevamenti, mentre per i rilevamenti successivi, l’aula è stata, volutamente,

preventivamente arieggiata riducendone notevolmente la concentrazione. Dagli

ulteriori rilevamenti si evince che anche nelle altre aule (maggiormente usate) si

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registrano valori di concentrazione interessanti, soprattutto se si considera che questi

sono stati effettuati a fine anno scolastico cioè in periodo già estivo.

Nonostante siano attestati su livelli inferiori rispetto alla scuola di via Carbonia,

anche nella scuola di San Pietro (Figure 13-15) sono stati riscontrati valori piuttosto

elevati.

Figura 13. Scuola “San Pietro”

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Figura 14. Foto aerea della Scuola “San Pietro”

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Figura 15. Planimetria Scuola “San Pietro”

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Infatti, nel rilevamento effettuato tra sabato 20 e lunedì 22 Marzo (Figure 16 e 17) è

stato registrato, nell’aula 2, un valore medio pari a 285 Bq/m3. Anche in questo caso

i valori più alti sono stati ottenuti durante la notte; infatti, alle ore 2.34 di domenica

21 si è registrato un valore pari a 407 Bq/m3

e, alle ore 23.34 dello steso giorno, un

valore di 429,2 Bq/m3; alle ore 4.34 di lunedì 22 si è registrato un valore di 492,10

Bq/m3, alle 5.34 un valore di 503,20 Bq/m

3, alle 6.34 un valore di 481 Bq/m

3, mentre

due ore dopo alle 8.34 del lunedì, tali valori si sono ridotti a 270,1 Bq/m3.

Ciò è dovuto, verosimilmente, all’arrivo degli alunni e degli insegnanti che, pur

inconsapevolmente, hanno provveduto ad arieggiare l’aula con l’apertura delle porte

e quindi alla diluizione della concentrazione di Radon.

Il valore più basso si è registrato alle 14.34 di sabato 20 (111 Bq/m3) subito dopo la

fine delle lezioni e l’uscita degli alunni e del personale.

Figura 16. Andamento orario della concentrazione di Radon nella Scuola San Pietro

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Nel periodo tra venerdì 24 e lunedì 27 Settembre è stato ripetuto il rilevamento nella

stessa aula (Figura 17); erano giornate particolarmente calde per cui gli insegnanti

aprivano ogni tanto la porta che conduce al cortile interno, ciò nonostante si è

ottenuta una media dei valori pari a 185 Bq/m3. I valori più elevati si sono registrati

all’1.20 di sabato 25 con 370 Bq/m3

e alle 10.20 di domenica 26 Settembre con

418,10 Bq/m3. Il lunedì alle 8.20, in concomitanza con l’orario di ingresso è stato

registrato un valore di 85.1 Bq/m3.

Figura 17. Andamento orario della concentrazione di Radon nella Scuola San Pietro

In questo Istituto sono stati effettuati ulteriori rilevamenti nelle aule immediatamente

adiacenti ottenendo, come già visto in altro Istituto, dei valori decrescenti in funzione

dell’aumento della distanza dal punto di rilevamento dell’aula 2.

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Per meglio chiarire alcuni dei risultati ottenuti nel corso delle rilevazioni di Radon è

stato consulto un geologo: dai rilievi geologici eseguiti e dalle indagini disponibili è

stato possibile rilevare, sia sui siti che nelle immediate vicinanze, notevoli

affioramenti di roccia sana allo stato litoide se pure indiscutibilmente fratturata, oltre

che la presenza dello stesso tipo litologico ma in conformazione arenizzata (sabbione

granitico) a diversi gradi di alterazione.

È noto il legame esistente fra i terreni di origine granitica, anche in fase litoide, e i

terreni dello stesso tipo sotto forma di sabbioni granitici.

Questi ultimi, proprio per le loro caratteristiche di permeabilità per porosità o per

fessurazione favoriscono la fuoriuscita dal sottosuolo di sostanze in forma gassosa.

Ciò avviene per risalita e soprattutto in periodi dell’anno nei quali i terreni subiscono

forte riscaldamento solare nelle ore diurne e forti raffreddamenti e quindi contrazioni

nelle ore notturne che sospingono i gas in superficie.

Questo tipo di fenomenologie è stato riscontrato (vedi foto allegate) soprattutto nelle

aree riportate che costituiscono gli affioramenti più importanti presenti nel centro

abitato.

Le aree interessate dallo studio presentano in affioramento rocce granitiche indicate

in carta geologica come “graniti e granodioriti tonalitiche”, localmente interessate da

processi di arenizzazione. L’elevato grado di antropizzazione della zona in esame fa

sì che gli affioramenti rocciosi visibili siano piuttosto limitati ma la loro presenza

indica quello che è la situazione geologica sottostante gli istituti presi in esame.

A causa della sua collocazione sulla superficie dei grani, nelle fenditure e nei difetti

dei cristalli, l’uranio è particolarmente soggetto ad essere asportato dal dilavamento

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dell'acqua che percola nel terreno ed anche dall'acqua di falda. L'uranio delle rocce

alterate dagli agenti meteorici incorre facilmente nei decadimenti che lo trasformano

in radon.

Le rocce più ricche di silice come la diorite, la quarzo diorite, la granodiorite e il

granito ne contengono da 2 a 5 ppm,

Terreni di origine granitica, in fase litoide, e terreni dello stesso tipo sotto forma di

sabbioni granitici ubicati in prossimità della scuola di San Pietro (foto in alto), a

breve distanza dalla scuola Monte Gurtei di via Carbonia (foto in basso).

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La concentrazione di Radon rilevata nelle aule è stata correlata, dal punto di vista

statistico, con le variabili riscontrate nei vari edifici.

La metodologia statistica impiegata si è basata su un indice quantitativo di

correlazione r per ranghi di Spearman che prevede una valutazione statistica non

parametrica della correlazione; essa misura, pertanto, il grado di relazione tra due

variabili, delle quali una non quantitativa continua. Secondo tale coefficiente si

possono ottenere tre tipi di risultati:

0 indica una completa indipendenza delle variabili,

- 1 indica una completa concordanza inversa (i.e., i valori di una variabile

crescono al decrescere dei valori dell’altra),

+ 1 indica una completa e diretta concordanza (i.e., i valori di una variabile

crescono al crescere dei valori dell’altra).

Applicando tale valutazione ai risultati ottenuti (Tabella 8) e, precedentemente

commentati, emergono alcune interessanti considerazioni.

Tabella 8. Correlazione tra concentrazioni crescenti di Radon e variabili delle aule

Variabile

Indice di

correlazione

r

Significatività

P

- Data approssimativa di costruzione A - 0,5545 0,0018

B - 0,3960 0,0839

- Ristrutturazione parte interrata A 0,3638 0,0481

B 0,0461 0,8426

- Realizzazione di mura parte interrata A 0,5156 0,0059

B 0,5286 0,0241

- Presenza di condensa / tracce di umidità A - 0,1395 0,4621

- Esposizione dell’edificio al vento A - 0,3568 0,0488

B - 0,3911 0,0719

- Esposizione dell’edificio al sole A - 0,2170 0,2411

B 0,1673 0,4568

A: tutte le rilevazioni

B: senza aule di Via Carbonia

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In particolare, infatti, si evince che:

per quanto riguarda la data approssimativa di costruzione vi sarebbe una

correlazione negativa (r= -0,5545) statisticamente significativa (P= 0,0018)

secondo la quale a edifici di più recente costruzione corrispondono livelli meno

elevati di Radon; la correlazione rimane negativa (ma in assenza di

significatività statistica) anche eliminando dalla casistica la Scuola di Via

Carbonia dove si sono riscontrati i più elevati livelli di Radon;

relativamente alla ristrutturazione della parte interrata si osserva, invece,

una debole correlazione positiva (r= 0,3638), ai limiti della significatività

statistica (P= 0,0481), secondo la quale la non ristrutturazione della parte

interrata corrisponderebbe ad una maggiore concentrazione di Radon; la

correlazione rimane positiva anche se con considerevole minore intensità (e

senza significatività statistica) anche eliminando dalla casistica la Scuola di Via

Carbonia dove si sono riscontrati i più elevati livelli di Radon;

in merito al materiale di realizzazione delle mura della parte interrata si

osserva una correlazione positiva (r= 0,5156), statisticamente significativa (P=

0,0059), secondo la quale passando dal cemento alla pietra al legno si osserva

un incremento della concentrazione di Radon; la correlazione rimane positiva

(anche se con minore significatività) anche eliminando dalla casistica la Scuola

di Via Carbonia;

per quanto riguarda la presenza di condensa / tracce di umidità si osserva una

correlazione negativa (r= -0,1395) anche se non statisticamente significativa

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(P= 0,4621) secondo la quale l’assenza di umidità indurrebbe una riduzione

della concentrazione di Radon;

in merito all’esposizione dell’edificio al vento si osserva una correlazione

debolmente negativa (r= -0,3568) e statisticamente significativa (P= 0,0488),

secondo la quale all’incrementare dell’esposizione si osserva una diminuzione

della concentrazione di Radon; la correlazione rimane debolmente negativa

(anche se con minore significatività statistica) anche eliminando dalla casistica

la Scuola di Via Carbonia dove si sono riscontrati i più elevati livelli di Radon;

relativamente all’esposizione dell’edificio al sole si osserva una correlazione

debolmente negativa (r= -0,3568), statisticamente non significativa (P= 0,2411),

secondo la quale all’incrementare dell’esposizione si osserva una diminuzione

della concentrazione di Radon; la correlazione, invece, diventa debolmente

positiva (ma non statisticamente significativa) se si elimina dalla casistica la

Scuola di Via Carbonia dove si sono riscontrati i più elevati livelli di Radon.

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5. CONCLUSIONI

I dati delle rilevazioni di Radon in aule di Istituti scolastici della Provincia di

Nuoro evidenziano, almeno inizialmente, valori medi (150,8 Bq/m3) discretamente

elevati, seppur leggermente, al di sopra delle medie auspicabili.

Come previsto, si sono riscontrate ampie variazioni di concentrazione (comprese da

un minimo di 7,4 Bq/m3 ad un massimo di 943,6 Bq/m

3, D.S. 188,5 Bq/m

3), con

valori medi, comunque, non preoccupanti per gli effetti sulla salute se confrontati sia

con i valori della Raccomandazione della Commissione Europea 143/Euratom per le

abitazioni (< 400 Bq/m3 per edifici esistenti, < 200 Bq/m

3 per edifici da costruire) ed,

a maggior ragione, con il DLvo

241/2000 (< 500 Bq/m3, oltre il quale il datore di

lavoro deve intervenire con più approfondite valutazioni ed eventualmente con azioni

di bonifica).

Tali valori medi, peraltro, sono suscettibili di notevole calo non solo se interpretati

attraverso indici di tendenza centrale più appropriati per descrivere la casistica

rilevata (mediana: 96,2 Bq/m3, range interquantile 49,6 a 148 Bq/m

3) ma, soprattutto,

se depurati delle rilevazioni riscontrate nei due Istituti dove si sono osservate le

concentrazioni più elevate (media 83,5 Bq/m3, min. 7,4 Bq/m

3, max. 285 Bq/m

3, ds

66,7 Bq/m3, mediana 71,9 Bq/m

3).

Questi ultimi valori, infatti, sono più simili ad altri rilevati in Sardegna in occasione

di una precedente indagine a valenza nazionale effettuata dall’Agenzia Nazionale di

Protezione Ambientale in tutte le regioni italiane, in collaborazione con l’Istituto

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Superiore di Sanità (64 Bq/m3); risultano, peraltro, discretamente superiori alla

concentrazione media mondiale che è di 40 Bq/m3, alla media europea che è di 55

Bq/m3 ed a quella italiana che è di 70 Bq/m

3 (19).

Peraltro, se da un lato l’indagine ha permesso di evidenziare che dal punto di vista

strutturale quasi la totalità delle aule non evidenziano condizioni “a rischio”,

dall’altro le concentrazioni di Radon rilevate potrebbero diminuire ulteriormente con

semplici precauzioni quale quella di incrementare l’aereazione negli ambienti.

Infatti, la valutazione delle medie orarie ha evidenziato chiaramente che la

concentrazione di Radon tende ad incrementare progressivamente quando l’aula è

inutilizzata, soprattutto la notte, per poi diminuire vistosamente al mattino quando la

ripetuta apertura della porta permette un maggiore scambio d’aria.

Inoltre, in prospettiva, lo studio condotto prevede due tipi di prosecuzione:

per identificare un’eventuale correlazione tra il Radon ed i casi di tumore

polmonare verificatisi in Provincia di Nuoro, è stato, infatti, consultato (per

quanto di recente istituzione) il registro tumori della suddetta provincia (9).

L’analisi comparata dei tassi standardizzati di incidenza riportati dai Registri

tumori di Modena (2005), Trapani (2002-2004), Siracusa (2002-2005) e Sassari

(1998-2002) con quelli rilevati nella Provincia di Nuoro (nel 2003-2005) ha

messo in evidenza valori tra i più contenuti sia per il sesso maschile che per

quello femminile (11 per centomila nelle femmine e 56,8 per centomila nei

maschi). Non sembrerebbe, quindi, che in tale area geografica si riscontri un

rischio supplementare; sarebbe comunque auspicabile ridurre il più possibile, se

non addirittura azzerare gli eventuali casi; a tal fine potrebbe essere utile,

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attraverso uno studio retrospettivo, indagare i singoli casi di neoplasia

polmonare rilevati per verificare quali possano essere i fattori di rischio

presumibili e, nel caso in cui non si rilevi una storia di tabagismo, verificare il

tenore di Radon nell’abitazione o nell’edificio lavorativo del soggetto malato.

Il programma dell’indagine, dopo le rilevazioni effettuate in Provincia di

Sassari e di Nuoro, prevede di proseguire l’attività anche in altri contesti

territoriali (provincia di Olbia - Tempio), non solo per incrementare il numero

di scuole indagate e disporre, così, di dati più significativi, ma anche per

ampliare la casistica con rilevazioni effettuate in zone geografiche con

differente tipologia geologica. L’ampliamento della casistica permetterà,

inoltre, non solo di rendere più significative le osservazioni effettuate, ma anche

di confrontare i dati ottenuti con quelli riscontrati nelle altre sedi dell’indagine

multicentrica e potrà sicuramente essere utile per ampliare l’indagine e

rivolgerla verso ambienti lavorativi che, sia per ragioni strutturali, sia per durata

di frequentazione dell’ambiente stesso, siano da considerare a maggior rischio

e, quindi, meritevoli di maggiore attività di prevenzione.

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6. GLOSSARIO

Attività (A): quoziente di dN diviso per dt in cui dN è il numero atteso di transizioni

nucleari spontanee di una determinata quantità di un radionuclide da uno stato

particolare d’energia in un determinato momento, nell’intervallo di tempo dt.

Becquerel (Bq): è il nome speciale dell’unità di attività (A) e corrisponde a una

transizione per secondo: 1 Bq = 1 s-1

. E’ l’unità di misura della radioattività. I fattori

di conversione da utilizzare quando l’attività è espressa in curie (Ci) sono i seguenti:

Ci = 3,7 x 1010

Bq (esattamente), 1 Bq = 2,7027 x 10-11

Ci.

Bq/m3: è l’unità di misura della concentrazione di attività.

Concentrazione di attività: è la grandezza che esprime l’attività di un dato

radionuclide nell’unità di volume.

Decadimento alfa (α): quando un nucleo originario instabile decade, emette una

particella alfa. La particella alfa è costituita da un nucleo di elio e pertanto contiene

due protoni e due neutroni. Il decadimento alfa comporta una diminuzione del

numero di massa di quattro unità e del numero atomico di due unità.

La loro energia è raramente inferiore ai 4 MeV; il loro potere penetrante è molto

debole (100 volte minore dei raggi beta) per cui non oltrepassano un foglio di carta.

Decadimento beta (β): il nucleo originario emette una particella beta, in altre parole

un elettrone e un positrone secondo uno dei seguenti schemi:

La loro energia varia da qualche keV a molti MeV. Il loro potere penetrante è

debole, circa 100 volte minore dei raggi gamma e 100 volte maggiore dei raggi alfa

pertanto la loro pericolosità è limitata se emesse da una sorgente esterna al corpo;

sono dannose se la sorgente è interna.

Diorite: è una roccia intrusiva intermedia, come composizione chimica e

mineralogica, fra la famiglia del granito e quella del gabbro. È principalmente

composta da plagioclasio nella sua forma sodico-calcica

Dose: grandezza radioprotezionistica ottenuta moltiplicando la dose assorbita (D)

per i fattori di modifica, al fine di qualificare il significato della dose assorbita stessa

per gli scopi della radioprotezione.

Dose assorbita (D): energia assorbita per unità di massa e cioè il quoziente di dE

diviso per dm, in cui dE è l’energia media ceduta dalle radiazioni ionizzanti alla

materia in un elemento volumetrico e dm la massa di materia contenuta in tale

elemento volumetrico; ai fini del D.lgs n° 241/2000, la dose assorbita indica la dose

media in un tessuto o in organo. L’unità di dose assorbita è il gray.

Dose efficace (E): somma delle dosi equivalenti nei diversi organi o tessuti,

ponderate nel modo indicato nei provvedimenti d’applicazione. L’unità di dose

efficace è il sievert.

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Dose efficace impegnata (E(t)): è la somma delle dosi equivalenti impegnate nei

diversi organi o tessuti HTt) risultanti dall’introduzione di uno o più radionuclidi,

ciascuna moltiplicata per il fattore di ponderazione del tessuto wT, la dose efficace

impegnata E(t) è definita da:

dove t indica il numero di anni per i quali è effettuata l’integrazione. L’unità della

dose efficace impegnata è il sievert.

Dose impegnata: dose ricevuta da un organo o da un tessuto, in un determinato

periodo di tempo, in seguito all’introduzione di uno o più radionuclidi.

Dose equivalente (HT): dose assorbita media in un tessuto od organo T, ponderata

in base al tipo e alla qualità della radiazione nel modo indicato nei provvedimenti

d’applicazione. L’unità di dose equivalente è il sievert.

Dose equivalente impegnata: è l’integrale rispetto al tempo dell’intensità di dose

equivalente in un tessuto od organo T che sarà ricevuta da un individuo, in quel

tessuto od organo T, a seguito dell’introduzione di uno o più radionuclidi. La dose

equivalente impegnata è definita da:

per una singola introduzione d’attività di tempo t0 dove t0 è il tempo in cui avviene

l’introduzione, HT è l’intensità di dose equivalente nell’organo o nel tessuto T al

tempo τ, t è il periodo di tempo, espresso in anni, su cui avviene l’integrazione;

qualora t non sia indicato, s’intende un periodo di 50 anni per gli adulti e un periodo

sino all’età di 70 anni per i bambini; l’unità di dose equivalente impegnata è il

sievert.

Dosimetro per Radon: è un dispositivo in grado di rivelare le particelle alfa emesse

dal Radon e permette di misurare la concentrazione d’attività Radon in un dato

ambiente; la denominazione “dosimetro” deriva dal fatto che dalla misura della

concentrazione d’attività Radon è possibile valutarne la dose. Questa grandezza si

esprime in Sv/h.

Emissione di raggi gamma(γ): i raggi gamma sono onde elettromagnetiche, quindi

di natura non corpuscolare. La loro frequenza dipende dalla sostanza che li emette e

possono avere una lunghezza d’onda compresa tra 10-11

e 10-14

metri. La loro energia

è proporzionale alla frequenza (10 keV-10 MeV). Hanno un forte potere penetrante e

un alto grado di pericolosità.

Esposizione: è la misura integrata nel tempo della concentrazione d’attività del

Radon. Si esprime in Bqh/m3.

Fattore di equilibrio (F): è definito come il rapporto fra la concentrazione del

Radon equivalente all’equilibrio (EEC) e la concentrazione effettiva del Radon in

aria.

Granodioriti: roccia intrusiva della famiglia del granito a struttura olocristallina

composta da quarzo, plagioclasio (in genere oligoclasio o andesina) e da feldspati;

solitamente, contiene anche biotite e orneblenda. Visivamente assomiglia al granito

dal quale si differenzia però per la maggiore presenza di plagioclasio e per l'aspetto

più scuro dato dai minerali mafici (biotite e orneblenda).

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Granodiorite tonalitica: Roccia intrusiva acida a struttura granulare ipidiomorfa, di

composizione mineralogica intermedia tra quella dei graniti e quella delle dioriti.

Gray (Gy): nome speciale dell’unità di dose assorbita; 1 Gy = 1 J-1

Kg. I fattori di

conversione da utilizzare quando la dose assorbita è espressa in rad sono i seguenti:

1 rad = 10-2

Gy, 1Gy = 100 rad.

Isotopo: tutti gli atomi che hanno uguale Z, ma differente numero di massa A,

poiché differiscono per il numero di neutroni, danno origine allo stesso elemento

chimico, hanno le medesime proprietà e occupano lo stesso posto nella tavola

periodica degli elementi. Gli isotopi sono anche detti nuclidi.

Livello di azione: valore di concentrazione d’attività di Radon in aria o di dose

efficace, il cui superamento richiede l’adozione d’azioni di rimedio che riducono tale

grandezza a livelli più bassi del valore fissato.

Mappa del Radon: definizione su base cartografica dei valori della concentrazione

di Radon ipotizzabili in ambienti confinati con determinate caratteristiche

costruttive, stimati elaborando, con criteri statistici e modelli matematici, i dati sul

Radon in abitazioni campione, acquisiti tramite opportune campagne di misura.

Particella alfa: particella costituita da due protoni e due neutroni. Il Radon emette

una particella alfa.

Pascal (Pa): unità di misura della pressione, equivalente a 1 newton su metro

quadrato (N/m2).

Radiazioni ionizzanti o radiazioni: trasferimento d’energia in forma di particelle

od onde elettromagnetiche con lunghezza d’onda non superiore a 100 nm o con

frequenza non minore di 3 1015 Hz in grado di produrre ioni direttamente o

indirettamente.

Radionuclide: è un atomo che possiede la proprietà di emettere radiazioni.

Rifiuti radioattivi: qualsiasi materia radioattiva, ancorché contenuta in

apparecchiature o dispositivi in genere, di cui non è previsto il riciclo o la

riutilizzazione.

Sorveglianza fisica: l’insieme dei dispositivi adottati, delle valutazioni, delle misure

e degli esami effettuati, delle indicazioni fornite e dei provvedimenti formulati

dall’esperto qualificato al fine di garantire la protezione sanitaria dei lavoratori e

della popolazione.

Sorveglianza medica: l’insieme delle visite mediche, delle indagini specialistiche e

di laboratorio, dei provvedimenti sanitari adottati dal medico, al fine di garantire la

protezione sanitaria dei lavoratori esposti.

Sievert (Sv): nome speciale dell’unità di dose equivalente o di dose efficace. Se il

prodotto dei fattori di modifica è uguale a 1; 1 Sv = 1 J kg-1

quando la dose

equivalente o la dose efficace sono espresse in rem valgono le seguenti relazioni: 1

rem = 10-2

Sv, 1 Sv = 100 rem.

Tempo di dimezzamento(t1/2): ogni radionuclide si disintegra a una velocità

specifica e costante che è espressa come tempo di dimezzamento. E’ quindi il tempo

necessario perché si disintegri la metà dei nuclei contenuti in un campione

radioattivo. I valori di t1/2 vanno da una frazione di secondo a miliardi di anni. Ad

esempio per l’uranio è 4,5x 109 anni, per il radio è di 1600 anni e per il radon (Rn-

222) di 3,8 giorni.

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