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MAGAZINE n.223 / 20 1 GIUGNO 2020 Sony ZV-1, anteprima II paradiso dei vlogger MacBook Air 2020 Doppia faccia IN PROVA IN QUESTO NUMERO Compensi per copia privata Presto l’aumento delle tariffe Il 28 maggio si è riunito il Comitato Consultivo Permanente sul Diritto d’Autore per far uscire il decreto Franceschini nella distrazione generale 05 ARM sfida Intel e AMD per i pc E compete con Apple sulle CPU mobile ARM cambia modello di business. Il nuovo Cortex X1 permetterà di competere con AMD e Intel sul segmento PC e con Apple in ambito mobile 18 Immuni, Immuni, ecco il codice sorgente ecco il codice sorgente L’ L’ allarme privacy è esagerato allarme privacy è esagerato Abbiamo esaminato il codice sorgente dell’app e abbiamo constatato che non c’è nulla che possa far temere per la mancanza di sicurezza o di privacy Sony OLED KD-65A8 DNA da top di gamma 28 28 35 35 Oppo Find X2 Pro Varrà i 1.199 euro? SpaceX nella storia: la prima compagnia privata porta l’uomo nello spazio 13 Chromebook in Italia. I pc perfetti per la scuola di domani 14 Technics compie 55 anni con un SL-1210 in edizione speciale 11 19 24 24 32 32 08 08 Sanificazione Sanificazione L’ozono funziona L’ozono funziona contro il Coronavirus? contro il Coronavirus? 38 38 I migliori TV 2020 certificati da Netflix. Assenti Philips e LG Macron annuncia Macron annuncia il piano per salvare il piano per salvare l’automotive l’automotive francese francese 02

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MAGAZINEn.223 / 201 GIUGNO 2020

Sony ZV-1, anteprima II paradiso dei vlogger

MacBook Air 2020 Doppia faccia

IN PROVA IN QUESTO NUMERO

Compensi per copia privata Presto l’aumento delle tariffe Il 28 maggio si è riunito il Comitato Consultivo Permanente sul Diritto d’Autore per far uscire il decreto Franceschini nella distrazione generale05

ARM sfida Intel e AMD per i pc E compete con Apple sulle CPU mobile ARM cambia modello di business. Il nuovo Cortex X1 permetterà di competere con AMD e Intel sul segmento PC e con Apple in ambito mobile

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Immuni, Immuni, ecco il codice sorgente ecco il codice sorgente L’L’allarme privacy è esageratoallarme privacy è esagerato Abbiamo esaminato il codice sorgente dell’app e abbiamo constatato che non c’è nulla che possa far temere per la mancanza di sicurezza o di privacy

Sony OLED KD-65A8 DNA da top di gamma

28283535

Oppo Find X2 Pro Varrà i 1.199 euro?

SpaceX nella storia: la prima compagnia privata porta l’uomo nello spazio13

Chromebook in Italia. I pc perfetti per la scuola di domani 14

Technics compie 55 anni con un SL-1210 in edizione speciale 11

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Sanificazione Sanificazione L’ozono funziona L’ozono funziona contro il Coronavirus?contro il Coronavirus?3838

I migliori TV 2020 certificati da Netflix. Assenti Philips e LG

Macron annuncia Macron annuncia il piano per salvare il piano per salvare l’automotive l’automotive francesefrancese

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MAGAZINEn.223 / 201 GIUGNO 2020

di Roberto PEZZALI

Immuni avrà successo? Difficile a dirsi. Un’applicazio-

ne di Contact Tracing per funzionare bene dev’essere

scaricata da un numero molto elevato di persone, ma

se proviamo a fare un sondaggio tra amici e conoscenti,

chiedendo se hanno intenzione di installarla, si capisce

subito che sono più le persone che hanno dubbi di quel-

le che non hanno alcun problema ad installare l’app del

Governo se è per un bene comune. Il Governo, accu-

sato di mancanza di trasparenza, ha una colpa enorme

in tutto questo: non ha pensato di sfruttare i mezzi di

comunicazione che aveva a disposizione, come la TV

pubblica, per spiegare in modo facile e chiaro come fun-

ziona l’applicazione Immuni.

Tra qualche settimana l’applicazione sarà disponibile, e

se parte degli italiani, quelli informati, ha una idea ben

chiara di quello che farà l’applicazione, altri sono ancora

convinti che l’app faccia vibrare il telefono se ci avvici-

niamo ad un positivo. O, ancora peggio, hanno appreso

dell’app dall’amico del fratello, quello che l’altro giorno

stava dando fuoco al ripetitore 5G del quartiere che ha

fatto impazzire il pappagallo del vicino. E credono che

sia solo lo strumento dei poteri forti per trasformare la

popolazione italiana in un gregge da telecomandare.

Bastava poco, una conferenza dedicata o uno spot,

anche breve, trasmesso durante la giornata e durante

i telegiornali per fare buona informazione e spiegare,

in modo chiaro, come funziona davvero Immuni, quali

sono i benefici e qual è la realtà riguardante i dati ano-

nimi scambiati. L’assenza di un messaggio chiaro, indi-

rizzato ai meno tecnici e agli anziani, ha lasciato enorme

spazio alle voci di chi, senza avere la minima idea di che

cosa si stia parlando, ha iniziato subito a inneggiare al

complotto, al tracciamento di massa, alle lobby del po-

tere che hanno scelto Bending Spoons, software house

milanese di rampolli con alle spalle la famiglia Berlusco-

ni, i Benetton e le holding cinesi.

Gli italiani hanno lavorato meglio degli altri: più informazioni e più chiarezzaIn un clima tutt’altro che sereno, dopo mesi di lavoro a

testa bassa, ne esce vincente Bending Spoons, che nel-

la giornata di ieri ha rilasciato parte del codice sorgente

su GitHub dimostrando di aver fatto un lavoro eccellen-

te. Tra i Paesi che hanno pubblicato il codice delle loro

applicazioni, e ci sono Svizzera, UK, Australia, Repubbli-

ca Ceca e Austria, l’Italia è stata quella che ha fornito il

maggior numero di informazioni e di documentazione,

anche tecnica, sul funzionamento preciso dell’app. Ba-

sta fare un giro sui vari “repo” delle app straniere per

rendersi conto di come negli altri Paesi la questione sia

stata approcciata con meno rigore: la documentazione è

più scarna, la grafica meno curata e più semplice.

Negli altri Paesi, forse per una percentuale di complotti-

MERCATO È stato pubblicato parte del codice di Immuni. Al di là di fake news e complottisti, Bending Spoons ha fatto un ottimo lavoro

Immuni, uno sguardo al codice sorgente delle app L’allarme privacy è pretestuoso e esageratoAbbiamo esaminato il codice, l’abbiamo compilato e abbiamo visto che non fa nulla di diverso da quello per cui è stata pensata

sti ben più bassa, non c’è stato bisogno di spiegare nel

dettaglio come funziona l’app e quali dati vengono rac-

colti: viene dato per scontato che i cittadini si fidino delle

scelte del Governo. L’app italiana, sia nell’interfaccia sia

nella documentazione, descrive tutto minuziosamente.

Bending Spoons sapeva a cosa andava incontro con

la pubblicazione del codice sorgente delle app, ne ha

avuto un assaggio dopo aver pubblicato nelle scorse

settimane la documentazione: centinaia di sviluppatori

si sono tuffati ad aprire Issues cercando pretesti per po-

lemizzare. Si è visto di tutto, e di fianco a pochi sviluppa-

tori seri con un approccio propositivo sono comparsi i

“maestri del codice” con approccio “ti spiego io come si

fa il tuo lavoro” a quelli che, freschi del loro primo “Hello

World”, volevano a tutti i costi dire la loro.C’è chi ha con-

testato il nome Immuni, c’è chi ha chiesto perché l’app

non funziona in modalità orizzontale, fondamentale per

una applicazione che nel 99.9% del tempo lavora in

background, c’è chi ha disquisito sul fatto che “Gentile

Utente” si rivolge solo ad un pubblico maschile e non

abbraccia tutti i generi. In queste settimane si è visto il

peggio, e chi ha gestito il progetto è stato anche bravo

da accettare, come si dovrebbe fare in un mondo open

source, i suggerimenti e le pull-request degli altri svi-

luppatori che potevano davvero apportare migliorie. E

lo sta facendo pure in queste ore, con il codice fresco

fresco: se qualcuno ha una proposta per migliorare una

parte di codice e renderlo più snello o più leggibile vie-

ne accettata. on era così scontato che la collaborazione

tipica dell’open source sarebbe stata abbracciata da

Immuni, perché si tratta pur sempre di una applicazione

che nell’header del codice riporta “Copyright (C) 2020

Presidenza del Consiglio dei Ministri”. Tutto il codice, è

bene ricordarlo, è di proprietà del Governo Italiano e

Bending Spoons ha lavorato a titolo gratuito.

L’analisi del codice: non invia nessun dato personale. Privacy okA 24 ore dalla pubblicazione del sorgente delle due

applicazioni per iOS e Android c’è una notizia che ha

del meraviglioso: nessuno tra tutti gli sviluppatori che si

sono tuffati tra le righe del codice ha trovato qualcosa

che potesse rappresentare un appiglio per contestare

ad Immuni mancanza di sicurezza o di privacy. L’applica-

zione funziona esattamente come era stato descritto e

come viene specificato nella documentazione.

Ci siamo presi un po’ di ore per analizzare il codice del-

la versione iOS, lo abbiamo compilato e installato su un

iPhone per vedere come funziona l’interfaccia, e dob-

biamo davvero dire che come Italia siamo stati bravi.

Bending Spoons ha pensato un po’ a tutto: ha integra-

to oltre all’italiano e all’inglese come lingua anche il te-

desco, per quelle persone che vivono nella provincia

di Bolzano e limitrofi, e ha inserito anche una serie di

contromisure per ridurre il rischio di attacchi al sistema.

Il rischio più grande è che qualcuno decida di tracciare

tutte le comunicazioni tra il server e uno smartphone

opportunamente modificato, per memorizzare tutte le

chiavi dei positivi e fare un po’ di riverse engineering:

Bending Spoons ha aggiunto al sistema una routine che

genera dummy data, dati finti, che vanno a mescolarsi a

quelli veri rendendo questi ultimi difficili da identificare

se una persona non ha idea di cosa stia cercando.

Con questo non vogliamo dire che l’app può resistere

ad ogni tipo di attacco, un esperto di sicurezza serio

ci mette due o tre giorni per far l’analisi di un codice:

potrebbero esserci bug come in ogni applicazione, e la

pubblicazione del sorgente serve proprio a questo: farsi

aiutare da chi ne capisce per cercare di chiudere ogni

possibile spiraglio.

Non siamo esperti di sicurezza, ma conosciamo Swift e

sappiamo quando basta per vedere che tra i sorgenti di

Immuni non esiste niente che possa inviare di proposito

ad un server dati personali.

Dagli smartphone degli utenti non vengono inviati ai

server “dati” diversi da quelli che erano già stati elencati

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MAGAZINEn.223 / 201 GIUGNO 2020

nella documentazione, dati anonimi analitici e epidemio-

logici. L’applicazione non è funzionante, si installa ma

non funziona: il framework di Apple e Google può es-

sere usato solo da coloro che stanno sviluppando l’app,

quindi chi prova a compilarla si trova davanti una scatola

mezza vuota con l’interfaccia grafica e poco altro. Manca-

no anche le chiamate ai server veri, anche se all’interno

dell’applicazione iOS sono definiti parte degli endpoint,

ovvero degli indirizzi verso i quali le applicazioni faranno

le loro chiamate, i server della pubblica amministrazione.

Al momento i server definiti nel codice (irraggiungibili)

sono “upload.immuni.gov.it” e “https://analytics.immuni.

gov.it”, dove il primo sarà quello che gestisce le chiavi

e la exposure Notification, il secondo quello che invece

raccoglie i dati di analisi per permettere la gestione e la

distribuzione delle risorse tra le diverse provincie.

Per il dettaglio dei pochi dati anonimi che uno smartpho-

ne manda al server vi rimandiamo all’articolo dettagliato

sull’analisi della documentazione pubblicato nei giorni

scorsi. In ogni caso, lo ripetiamo ancora una volta, non

viene inviato nulla che non sia ampiamente documenta-

to e spiegato all’utente in fase di registrazione e installa-

zione: tutto in chiaro, niente di nascosto.

Nel pacchetto dei dati analitici c’è la provincia, c’è la ver-

sione del sistema operativo, ci sono i permessi impostati

dall’utente (per vedere se l’app è installata ma il blue-

tooth è spento ad esempio) e poco altro.

Nei dati inviati da un utente positivo che decide, in modo

del tutto volontario, di inviare le sue chiavi al server per

permettere a chi gli è stato vicino di ricevere la notifica

di contatto, ci sono i pochi dati necessari per rendere

il sistema funzionante. Troviamo le chiavi di contact no-

tification denominate TEKS (CodableTemporaryExposu-

reKey), la provincia e un pacchetto i dati definito “Coda-

bleExposureDetectionSummary” che include una serie

di dati epidemiologici per stabilire soglie di rischio e indi-

ce di trasmissione. La domanda a cui si cerca di rispon-

dere è: “Quando questa persona che oggi ha scoperto

di essere positiva ha incontrato un’altra persona quanto

era infetta? Da quanto tempo aveva il Covid? Quando è

probabile che lo abbia trasmesso con un contatto ravvi-

cinato?” Non ci sono dati personali, non c’è accesso al

GPS o ad altri dati presenti sullo smartphone, non c’è

nulla che possa in qualche modo solo far pensare che

l’applicazione raccoglie dati personali dell’utente.

Il codice non è completo, manca il backendQuello che è stato rilasciato ieri non è però il codice

completo. Mancano ancora diversi pezzi. All’interno

delle applicazioni, e prendiamo quella per iOS come

esempio, mancano i veri endpoint (sempre che non si

usi davvero “upload.immuni.gov.it”) e mancano anche i

vari parametri che devono essere fissati per decidere

quanto deve durare un contatto per essere definito a

rischio e quale dev’essere la distanza minima per rac-

cogliere le chiavi. Parametri che non deve decidere

Bending Spoons, devono essere pensati e studiati con

i tecnici del Ministero della Salute: da questi parametri

dipende il numero dei falsi positivi e dei falsi negativi, tut-

to il sistema. Al momento, nell’applicazione, sono inseriti

parametri finti a scopo di test.

Manca poi tutto il backend in Python, quindi si potrebbe

dire che è stata rilasciata “metà” Immuni. Ed è vero, ma

crediamo sia solo una questione di tempi: il backend è

relativamente più semplice delle app perché deve solo

gestire una raccolta di dati, ed è anche quello meno

controllabile. L’unica cosa che i paranoici della sicurezza

e della privacy potrebbero voler verificare, oltre ovvia-

mente all’assenza di bug che possono permettere l’ac-

cesso ai dati, è se effettivamente questi ultimi vengono

cancellati ogni 14 giorni come promesso, ma su questo

aspetto più che il codice serve la fiducia. Il codice del

sistema di gestione dei codici potrebbe anche cancel-

lare tutto ogni 4 giorni, ma nessuno ci assicura che non

esiste un backup del database.

Non potremmo neppure verificare, come possiamo fare

sulle applicazioni per smartphone, se il codice che gira

sul server è lo stesso che viene pubblicato su Github.

Crediamo che tutto questo sia però davvero poco rile-

vante: il server ha solo i dati che gli smartphone inviano

e, dalla lettura del codice delle applicazioni, emerge che

non ci sono dati personali o sensibili. Dobbiamo anche

considerare un altro aspetto: i server dei paesi europei

che usano il sistema Apple e Google si devono parlare

tra di loro e devono replicare le chiavi dei positivi, questo

perché le persone a breve riprenderanno a viaggiare.

Le linee guida per lo scambio di dati tra piattaforme di

diversi paesi sono uscite di recente, ed è quindi presu-

mibile che Bending Spoons stia ancora lavorando a que-

sto aspetto. Deve interagire con i developer delle app

degli altri Paesi e con chi, lato Pubblica Amministrazione,

gestirà i server per finire il tutto, e fino a quando il codice

non sarà sufficientemente pulito, commentato e sicu-

ro gli sviluppatori non lo daranno in pasto all’opinione

pubblica. Il codice della parte server dovrebbe arrivare

nei prossimi giorni, ma come abbiamo scritto riteniamo

sia di tutto il pacchetto l’elemento meno importante: era

fondamentale sapere cosa fanno e cosa raccolgono le

applicazioni che il Governo chiede di installare a tutti gli

italiani e le due app, almeno quelle pubblicate ieri su Gi-

thub, non fanno assolutamente nulla che possa lasciare

spazio a sospetti.

Niente di sospetto nel codice, eppure c’è chi continua ad alimentare disinformazioneNonostante chi legge codice come se fosse una secon-

da lingua non abbia trovato nulla che possa far pensare

al tracciamento di massa degli italiani, o ad una raccolta

collettiva di dati sensibili per scopi pubblicitari, il com-

plottismo impera.

Andrea Lisi, Avvocato, Segretario Generale ANORC,

coordinatore D&L Department, continua ad urlare dal-

le pagine di diversi siti, l’ultimo è l’Huffington Post, che

l’app Immuni è un attentato alla privacy. “Sappiamo - an-

che grazie a ciò che Google ci ha “svelato” - che Immuni

potrebbe potenzialmente sfruttare anche la localizza-

zione GPS degli smartphone e ospitare un diario clinico

con informazioni sanitarie dell’utente”.

Bastava chiedere aiuto ad uno sviluppatore Android per

capire che su Google i permessi del GPS sono obbli-

gatori quando si accede al bluetooth, perché rientrano

nei permessi di localizzazione, ma che da nessuna parte

l’applicazione chiede o usa i dati GPS e neppure li tra-

smette. Lo stesso avvocato assicura di aver trovato nel

codice “aspetti sconcertanti” e teme che i due giganti,

Apple e Google, potranno potenzialmente disporre dei

nostri dati, sia sanitari sia di geolocalizzazione.

Tutti elementi che sono già stati chiariti e smentiti più

volte: Apple e Google non raccolgono nessun dato, non

c’è pubblicità, non esce niente dal dispositivo, tutto resta

sugli smartphone degli utenti e i pochi dati inviati sono,

come dimostra il codice, anonimi e totalmente slegati da

quelli che possono essere dati personali. Si potrebbe

anche aggiungere: “Ma davvero Google ha bisogno di

un’app di questo tipo per raccogliere e profilare un uten-

te che ha in tasca un telefono con Android?”

Al coro dei complottisti si aggiunge anche la Senatrice

Daniela Santanchè (Fratelli d’Italia).

“All’insaputa di tutti, Google ha implementato le sue

impostazioni per Android con una voce chiamata

“Notifiche di esposizione al COVID-19” tra le informa-

zioni di Google compare la scritta ‘Scarica un’app

dell’autorità sanitaria pubblica governativa del tuo

paese. Per sapere se c’è un’app disponibile, rivolgiti

al governo’. L’unica app del governo sarà -Immuni-

,quindi il dubbio è lecito, se i dati saranno gestiti solo

da CED nazionali, come confermato più volte, siamo

sicuri che non resteranno tracce negli archivi digitali

del colosso di Mountain View?”

Da un mese il Governo, e da senatrice dovrebbe sa-

perlo, ha annunciato che l’app Italiana sarà basata sul

sistema di Apple e Google, e quello che Google ha fatto

non è altro che aggiungere quella parte di codice che

serve agli smartphone per poter gestire, in locale e sen-

za inviare i dati, tutte le informazioni. Niente di più. Anzi,

è grazia a questa aggiunta che gli utenti potranno sce-

gliere di cancellare le chiavi sugli smartphone, eliminare

ogni traccia di Immuni e delle app e evitare che vengano

raccolti dati, anche anonimi. L’applicazione uscirà tra cir-

ca 15 giorni, si inizierà probabilmente con una trial limita-

ta ad alcune regioni per poi aprirla al resto d’Italia.

L’unico aspetto che davvero può preoccupare è se, con

l’app attiva, l’autonomia degli smartphone ne possa ri-

sentire: un aumento sensibile del consumo potrebbe

essere per molti una motivazione giustificata per non in-

stallarla. Google e Apple assicurano che l’impatto è mini-

mo, il bluetooth Low Energy consuma davvero poco, ma

lo vedremo quando sarà disponibile.

Tutto il resto, come quelle sul 5G, sono pericolose chiac-

chiere da bar.

MERCATO

Immuni, uno sguardo al codice sorgentesegue Da pagina 02

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MAGAZINEn.223 / 201 GIUGNO 2020

di Massimiliano DI MARCO

U na chiavetta USB e una serie di

accessori da indossare, come

ciondoli e braccialetti. Sono al-

cuni dei prodotti che, sia in Italia sia

all’estero, vengono venduti online per

proteggere contro l’elettrosmog e,

in particolare, le reti 5G. L’idea di tali

prodotti è semplice: indossati oppure

inseriti nel computer possono evitare

che i campi elettromagnetici influenzino

l’organismo. Arriviamo al punto: si tratta

di prodotti farlocchi, orpelli che non ser-

vono a niente e che non hanno alcun

effetto sui campi elettromagnetici.

Una banale chiavetta USB da 128 MB venduta a 340 sterlineLa chiavetta USB ha un nome molto al-

tisonante: 5GBioShield. Il sito ufficiale

la propone come rimedio semplice e

comodo contro i campi elettromagnetici

del 5G: basta inserirla nel computer per

riscontrare subito gli effetti benefici.

La BBC ha chiesto ad aziende di ter-

ze parti di effettuare dei controlli. Il ri-

sultato? È una comune chiavetta USB.

L’unica differenza è un adesivo circolare

bianco incollato sulla superficie della

chiavetta che non serve a nulla. Per al-

tro, una chiavetta decisamente econo-

mica, perché offre 128 MB di spazio di

archiviazione. Eppure, viene proposta

a circa 340 sterline. “Ora, non siamo

esperti quantistici del 5G, ma tale ade-

sivo sembra proprio identico a quello

disponibile nelle cartolerie a manciate

per pochi centesimi ciascuno” ha det-

to ironicamente Ken Munro di Pen Test

Partners, società specializzata nell’iden-

tificare falle di sicurezza nei prodotti di

elettronica. Non è un caso che se ne

parli nel Regno Unito: alcune settimane

fa in alcune città sono state incendiate

varie antenne 5G, a causa delle molte

bufale che hanno legato la tecnologia

alla diffusione del coronavirus.

Braccialetti e ciondoli per proteggere dall’elettrosmogIl secondo esempio è italiano: GeoLam

vende braccialetti e ciondoli da indossa-

re che, secondo le promesse, permetto-

no di proteggersi contro l’elettrosmog.

Il venditore promette che indossare tali

monili “riduce sensibilmente le proble-

matiche più frequenti causate dall’elet-

trosmog quali stress, stati di affatica-

mento, emicranie, disturbi del sonno

e digestivi.” Anzi, l’uso di braccialetti e

ciondoli migliorerebbe la qualità dei cibi

e delle bevande che si assumono per

via orale, grazie ai benefici del bioma-

gnete. La pagina principale del sito, anzi,

fa subito riferimento al 5G in quanto, se-

condo il venditore, sarebbero un grave

rischio per la salute. Fermo restando

che non sono stati mai dimostrati effetti

deleteri dei campi elettromagnetici sul-

l’organismo e ciò vale anche per il 5G,

l’Autorità Garante della Concorrenza e

del Mercato ha predisposto un provve-

dimento nei confronti del sito perché lo

stesso venditore proponeva accessori

da indossare anti-COVID 19. Sul sito, si

legge nella nota dell’Antitrust, “sono

pubblicizzati e venduti i suddetti pro-

dotti, definiti ingannevolmente ‘parafar-

maci’ e di cui si vantano gli effetti ‘anti

Covid-19’, promettendo anche benefici

al sistema immunitario e al processo

respiratorio.

Tali benefici, sempre secondo l’AGCM,

“non hanno alla base alcun processo di

sperimentazione e validazione scientifi-

ca”. L’Autorità ha inoltre definito le mo-

dalità di promozione di questi prodotti

“ingannevoli e aggressive” chiedendo

la rimozione delle pagine dei prodotti

coinvolti. Difficile credere, di conse-

guenza, che i prodotti etichettati come

“antielettrosmog” possano produrre

effettivamente benefici all’organismo.

Fermo restando che alcun effetto dan-

noso da parte dei campi elettromagne-

tici non è mai stato dimostrato.

MERCATO Online vengono oramai proposti “amuleti” che promettono ogni genere di beneficio

Chiavetta USB e ciondoli anti-5G Venditori online a caccia di creduloniAccessori e chiavette USB per proteggersi dal 5G. L’effetto è solo uno, fregare i creduloni

L’adesivo incollato sulla chiavetta USB “5GBioShield” è quello che sembra: un comune adesivo (Credits: Pen Test Partners)

I riferimenti al 5G presenti nella home page del sito di GeoLam.

Ecco perché il Friuli Venezia Giulia non vuole sperimentare ImmuniIl Friuli Venezia Giulia non vuole sperimentare Immuni. Non per motivi di privacy, ma perché la ritiene poco efficace: lascia le decisioni nelle mani dei cittadini e alla volontà di questi ultimi di Roberto PEZZALI

Il Governatore del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, ha ri-tirato la disponibilità alla sperimen-tazione dell’app Immuni. Secondo alcune dichiarazioni all’ANSA, il Governatore ha spiegato il per-ché. Il Friuli Venezia Giulia non vuole Immuni perché il fatto che fornisca ai soli cittadini la notifica di un possibile contatto e che siano poi i cittadini a dover chiamare su base volontaria il medico, sarebbe poco utile ai fini della battaglia alla diffusione del virus. L’applicazione pensata dalla Regione, come spe-cificato da Damiani, prevedeva in-fatti la cessione (volontaria) di dati personali come il nome, il cogno-me e il codice fiscale e grazie ai dati e alla elaborazione dei dati su server era la Regione che sapeva chi era stato a contatto con un po-sitivo e poteva intervenire in moda-lità diretta. Il Friuli avrebbe voluto un approccio non anonimo.Usare Immuni, secondo Fedriga, ”vuol dire passare da una gestio-ne affidata ai Servizi sanitari ad un’azione diretta e priva del sup-porto di professionisti dei cittadini, che devono essere loro a contat-tare il medico di base. Una soluzio-ne poco avveduta che rischia, nel caso in cui il cittadino decidesse di non rivolgersi al medico curante, di vanificare l’efficacia dell’app”.

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MAGAZINEn.223 / 201 GIUGNO 2020

di Gianfranco GIARDINA

Con ben altre emergenze in atto e

con l’opinione pubblica e l’atten-

zione dei media rivolta altrove, l’iter

per la rideterminazione dei compensi per

copia privata sta accelerando. Tanto che

parrebbe addirittura essere stata identifi-

cata una finestra per il lancio delle nuove

tariffe, ovviamente con aumenti per le

cose che si vendono bene (come i PC e

gli smartphone) e diminuzioni per le cose

che non si vendono più (come i suppor-

ti fisici). Il nuovo decreto Franceschini

potrebbe arrivare nei prossimi giorni, a

cavallo del ponte della Festa della Re-

pubblica e la ripartenza del 3 giugno. Per

questo motivo, è stata convocata per il 28

maggio, cono sole 48 ore di preavviso,

una riunione urgente del Comitato Con-

sultivo Permanente sul Diritto d’Autore,

quell’entità che deve “consigliare” il Mini-

stro sul da farsi e che - guarda caso - ha

al proprio interno solo rappresentati di chi

il compenso per copia privata lo percepi-

sce e non di chi lo paga, consumatori in

primis. E che, malgrado le tante solleci-

tazioni, anche da parte di rappresentanti

delle istituzioni, ha sempre tenuto i propri

verbali assolutamente secretati.

Il Ministero dei Beni Culturali ha imparato ad usare ZoomLe associazioni dei consumatori, in realtà,

dovevano essere sentite nella consulta-

zione presso il Ministero del Beni culturali

proprio su questo tema. Consultazione

che il Ministro Franceschini ha annullato

a causa dell’emergenza coronavirus, non convocandola neppure in videoconfe-renza. Videoconferenza che invece si

farà il 28/5 per il Comitato Consultivo sul

Diritto d’Autore: di colpo al Mibact devo-

no essere diventati capaci di usare Zoom,

mentre per il confronto più aperto sul

tema, aperto anche a coloro che ritenga-

no che la raccolta per copia privata deb-

ba scendere e non salire, l’utilizzo della

videoconferenza è parso “inopportuno”.

Con le nuove tariffe la raccolta sarà in crescita, lo conferma anche SIAELa bozza di lavoro fatta circolare dal di-

castero guidato da Franceschini nei mesi

scorsi riportava aumenti sensibili dei

compensi per copia privata soprattutto

sui beni più diffusi: per esempio, da 5,20

a 6,90 euro su smartphone superiori a

MERCATO Convocazione a rotta di collo per il Comitato Consultivo Permanente sul Diritto d’Autore

Compensi per copia privata, il blitz è pronto Nella distrazione dei media, si prepara il decreto Franceschini con l’aumento delle tariffe

128 GB e su PC di ogni ordine e grado; e

poi l’assoggettazione di nuove categorie

come gli smartwatch (!) e i decoder TV con

funzione PVR. Ma non è detto che queste

indicazioni non siano addirittura cresciu-

te, cavalcando la crisi e lo stop alle attività

artistiche dal vivo. In un accorato appello,

Gaetano Blandini, direttore generale di

SIAE di un mesetto fa, spronava proprio il

Ministro Franceschini a una rapida appro-

vazione dei nuovi compensi proprio per

sostenere il settore bloccato dalla crisi

Segno che non si ha alcuna intenzione

di diminuire la raccolta, come sarebbe

ragionevole e come la quasi impossibi-

lità di fare copia privata consiglierebbe.

Ma si ritiene addirittura di aumentare la

raccolta oltre i 120-130 milioni odierni. Al-

trimenti a SIAE e compagni converrebbe

decisamente rimanere alle tariffe attuali e

non spingere per un adeguamento. Se lo

fanno è perché sanno di poter incassare

di più.

Insomma, prepariamoci al blitz di France-

schini di inizio giugno: la nostra speranza

da anni, per puro senso di equità, è stata

quella di recitare il requiem del compen-

so per copia privata. E invece la sensazio-

ne è che il compenso per copia privata

ci seppellirà.

Caporalato sui rider: commissariata Uber Italy dal Tribunale di MilanoUber Italy Srl è stata commissariata dal Tribunale di Milano. L’accusa: sfruttamento dei rider e caporalato. No comment per ora da parte dell’azienda di Massimiliano DI MARCO

Commissariamento di Uber Italy per caporalato. Lo ha deciso la sezione Sezione misure di preven-zione del Tribunale di Milano che avrebbe considerato come sfrut-tamento le condizioni di lavoro dei rider, in particolare per il servizio di consegne di cibo a domicilio Uber Eats. Per tali ragioni, l’attuale accusa è di sfruttamento, secondo quanto riportato dall’Ansa. Con-tattata da DDAY.it, Uber non ha risposto in tempo per la pubblica-zione dell’articolo. La decisione del Tribunale è contestuale a un’inda-gine che viene portata avanti pro-prio per giudicare se società come Uber, Deliveroo e Foodinho non garantiscano le doverose condizio-ni lavorative. Durante i primi giorni della pandemia, i rider chiedeva-no maggiori garanzie sanitarie. In risposta alla relazione del nucleo ispettorato al lavoro dei carabinie-ri, Glovo aveva sottolineato che le mascherine non erano state fornite poiché “la normativa in merito non prevede tale obbligo per i lavora-tori occasionali e/o autonomi”. Da parte sua, il gruppo Deliverance Milano, collettivo politico di precari e fattorini attivi nel delivery food, il 18 maggio ha scritto sui social “con-tinuano a mancare le protezioni in-dividuali per tutte e tutti, nonostan-te le innumerevoli false promesse fatte delle piattaforme e la vittoria dei lavoratori nei tribunali di Firen-ze, Roma e Bologna: ai fattorini va riconosciuta a spese dell’azienda l’intera tutela infortunistica come previsto dalla legge.”

MERCATO Mozilla scarcastica e chiede un cambio radicale

Amazon Prime Day 2020 rinviato Forse se ne parla a settembre

di Sergio DONATO

Amazon non intende venire

meno all’appuntamento

del Prime Day, che tutti gli

anni si svolge di solito nel mese

di luglio. Ma per il 2020, a cau-

sa delle limitazioni imposte dalla

pandemia da coronavirus, è pro-

babile che il Prime Day si terrà in

settembre. A dirlo è il Wall Street

Journal, messo al corrente da alcune persone vicine ad Amazon informate dei

fatti. Quindi, invece che nella due giorni del 15 e 16 luglio del 2019, il Prime Day

potrebbe prendere corpo in due giorni settembrini non ancora definiti.

Inoltre, le fonti riportano che dopo l’insolito Prime Day 2020 Amazon sarebbe

in grado di gettare le basi per le spedizioni di una più ampia varietà di prodotti.

La possibilità dovrebbe essere garantita da una velocità maggiore nell’evasione

degli ordini e dalla contemporanea espansione dello spazio nei a disposizione

nei magazzini. Le fonti del WSJ non spiegano i motivi che avrebbero portato a

scegliere settembre come mese del Prime Day, ma non è escluso che Amazon

voglia attendere un recupero delle possibilità di spesa delle persone, fiaccate

dalla mancanza di liquidità a causa della pausa lavorativa a cui è stato costretto il

mondo dal coronavirus.

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MAGAZINEn.223 / 201 GIUGNO 2020

di Massimiliano DI MARCO

S i chiama G.FAST ed è la massima

espressione delle connessione in

fibra ottica misto rame. Il concetto

è lo stesso delle VDSL: l’ultimo miglio

è in rame, ma nel collegamento viene

integrata anche la fibra ottica, nello

specifico fino al punto di distribuzione.

Cos’ha di diverso la G.FAST rispetto alla

VDSL2? Può raggiungere larghezze di

banda fino a 1 Gigabit al secondo nel-

le corte distanze. Velocità impensabili

persino per le migliori VDSL2. Standar-

dizzato dall’Unione Internazionale delle

Telecomunicazioni nel 2014, il G.FAST è

nato come complemento della strate-

gia di diffusione della fibra ottica fino in

casa (FTTH) offrendo agli operatori una

scelta più economica ma comunque

consistente. FAST è la sigla che sta per

Fast Access to Subscriber Terminal.

Frequenze più elevate e fibra ottica fino al punto di distribuzionePer prima cosa, la connessione G.FAST

fa uso di frequenze più elevate rispetto

alla VDSL2. Mentre quest’ultima può usa-

re uno spettro fino a 35 MHz, la G.FAST

usa anche i 106 MHz e i 212 MHz. Qua si

pone, però, un problema: nel primo caso,

la frequenza ricade nello spettro delle

radio (tra 87,5 e 108 MHz); nel secondo

caso, in quello di alcuni servizi militari e

governativi. Per sopperire alle interferen-

ze, la G.FAST genera lo spettro di poten-

za, ossia la distribuzione delle frequenze

su una data banda, in modo leggermente

diverso rispetto alle radio e sfrutta il vec-

toring per ridurre il rumore e le interferen-

ze dei cavi in rame del doppino telefoni-

co, una caratteristica delle linee DSL più

evolute. Oltre alle frequenze più elevate,

la G.FAST sfrutta un ulteriore elemento: il

DSLAM (Digital Subscriber Line Access

Multiplexer) viene installato in un punto di

distribuzione più ravvicinato agli utenti ri-

spetto all’armadio di strada. La fibra ottica

arriva fino al punto di distribuzione (ecco

perché si parla, nel caso di G.FAST, di Fi-

ber to the distribution point o FTTdp), al

quale sono collegate le varie unità immo-

biliari; di conseguenza, il cavo in rame è

più corto rispetto alle connessioni VDSL.

Il vantaggio della G.FAST rispetto a una

FTTH, quindi, è quello di non dover

cablare l’ultimo tratto di rete perché si

può sfruttare quello già presente in rame.

Questo passaggio è quello più comples-

so perché richiede,

nel caso di una FTTH,

di accedere agli edifi-

ci e quindi aumenta i

costi e i tempi d’instal-

lazione.

Tale scenario permet-

te di portare la fibra

misto rame G.FAST

in case e uffici a bre-

ve distanza: da qui la

possibilità di arrivare

a elevate larghezze

di banda. L’implemen-

tazione può anche

includere il Reverse

Power Feeding: è il

modem dell’utente

a fornire energia alla

sua porta del DSLAM.

Il segnale della G.FAST degrada velocemente: potente sì, ma solo a brevi distanzeCome la VDSL e le altre connessioni in

fibra misto rame, infatti, il segnale della

G.FAST degrada rapidamente propor-

zionalmente alla distanza dal DSLAM: già

a 100 m di distanza la velocità massima

teorica viene dimezzata (500 Megabit al

secondo). Altrettanto avviene a 200 m

(200 Megabit al secondo) e 250 m (150

Megabit al secondo). A circa 50 m di di-

stanza dal DSLAM la larghezza di banda

è ancora di 800-900 Megabit al secondo.

Insomma, la G.FAST è poderosa nelle

brevi distanze, ma sulla media distanza

fornisce larghezze di banda molto simili a

quelle delle più comuni VDSL2 ed eVDSL.

Un’ultima differenza tra la G.FAST e le altre

DSL: sfrutta il Duplex a divisione tempora-

le. Cosa significa? La banda non viene mai

usata contemporaneamente per l’invio e

la ricezione dei dati ma lavora alla stessa

frequenza. Viceversa, le altre DSL usano

la multiplazione a divisione di frequenza:

è possibile inviare e ricevere dati contem-

poraneamente perché le due operazioni

sono basate su frequenze leggermente

differenti. Quando viene usata? Come det-

to, la G.FAST abilita elevate larghezze di

banda a breve distanza, con velocità mol-

to vicine a quelle della FTTH ma con costi

più contenuti e potendo, inoltre, riutilizzare

le infrastrutture VDSL preesistenti. Un ti-

pico caso d’uso della G.FAST è quella di

posizionare il punto di distribuzione negli

scantinati degli edifici, così da poter servi-

re un numero limitato di utenti, in maniera

simile alla FTTB (Fiber to the Building). In

Italia Fastweb ha annunciato diversi anni fa

ormai i primi test su questa tecnologia, ma

al momento in Italia ancora nessun opera-

tore l’ha implementata per abilitare servizi

ai consumatori.

MERCATO La connessione G.FAST è nata come complemento per la distribuzione della fibra ottica

G.FAST, la più veloce delle connessioni fibra misto rame: fino a 1 Gigabit al secondoGarantisce velocità fino a 1 Gigabit al secondo anche sfruttando l’ultimo miglio in rame

La FTTdp (Fiber to the distribution point, ossia la fibra ottica fino al punto di distribuzione) è il passaggio intermedio fra la FTTC (fibra ottica fino all’armadio di strada) e la FTTH (fibra fino in casa).

Notebook piccoli e leggeri, in Italia tutti comprano i MacBook. Honor: “Vogliamo una fetta di mercato”Honor ha annunciato il nuovo Magic Book da 14”: 599 euro per un portatile che mira a portare via buona parte delle quote di mercato in un segmento dove, anche in Italia, Apple è schiacciante di Roberto PEZZALI

Il mercato dei notebook ultraleg-geri e piccoli, quelli con schermi da 13” e da 14” e uno spessore inferio-re ai 16 mm, è in mano ad Apple.Non lo diciamo noi, lo dicono i dati di vendita ed è Honor stessa a metterci davanti agli occhi quei dati solitamente “segreti”. Lo ha fatto durante la presentazione del Magic Book da 14”, il primo com-puter portatile Honor ad arrivare in Italia, e ha spiegato perché hanno deciso di portare questo modello e come hanno scelto il prezzo.Lo scorso anno in Italia sono stati venduti 214.000 notebook, con Apple che ha avuto una quota di mercato variabile dal 74% all’80%, Honor si considera un “innovatore” in questa categoria, ed è convinta che una proposizione di prezzo più bassa per il suo prodotto di punta può portare ad una inversione di tendenza. Ecco quindi che arriva Honor Magic Book 14”, 15.9 mm di spessore, 1.38 Kg di peso, 599 euro. “Fino ad oggi non esisteva una scelta simile sul mercato” - dice Honor mostrando i grafici di GFK - “ora noi la proponiamo”. Magic Book arriverà il 26 maggio.

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MAGAZINEn.223 / 201 GIUGNO 2020

Realme presenta l’ecosistema AIoT: Watch, Band, Buds Air Neo e PowerBank 2Realme porta in Italia una schiera di prodotti che vanno a popolare l’ecosistema AIoT con soluzioni compatibili con il mondo Android, ecco quindi tre prodotti interessanti dal prezzo accattivante. Realme Watch con un sensore ottico PPG realizzato da Goodix, con analisi del battito ogni 5 minuti, disponibile a partire dal 23 giugno a 54,99 euro su realme.com. Poi c’è Realme Band che pesa solo 20 grammi, dichiara fino a 19 giorni di autonomia senza monitoraggio dell’attività cardiaca, disponibile su realme.com a partire dal 23 giugno a soli 24,99 euro. Ci sono poi le cuffie true wireless Buds Air Neo, dotate di connettività Bluetooth 5.0 con modalità a “super bassa latenza” e un peso di appena 4,1 grammi. Il produttore assicura che la latenza sarà di 119.2ms, consentendo in questo modo di poter godere di un’esperienza audio in tempo reale.

di Roberto PEZZALI

Abbiamo già raccontato di come sia

possibile comprare un TV Panaso-nic con uno sconto del 25% Que-

sto grazie a Tivùsat, una sorta di regalo

per ricordare che i televisori Panasonic

sono certificati LaTivù.

La Tivù è un bollino, e come viene scritto

sul sito stesso è “un nuovo e unico bol-

lino multipiattaforma che garantisce le

migliori caratteristiche tecnico-qualitative

dei televisori. Il TV con questo bollino è

un prodotto a prova di futuro che ga-

rantisce al consumatore la possibilità di

fruire la TV su tutte le piattaforme: digita-

le terrestre, digitale satellitare e internet

secondo gli standard tecnologici di ultima

generazione.” Uno strumento, per citare

sempre il sito, a tutela dei consumatori e

dei produttori. Purtroppo, per esigenze

delle major, le sei sorelle (Warner Bros,

Lionsgate, Paramount Pictures, Sony Pic-

tures, Universal Pictures e Walt Disney

Studios) il bolino è stato sdoppiato. Sul

sito si continua a parlare di “unico bollino”

ma i bollini sono due: c’è quello LaTivù e

quello LaTivù4K, quest’ultimo introdotto lo

scorso anno per venire incontro proprio

ad esigenze specifiche delle major.

Una storia assurda e totalmente senza

senso, che ha costretto il consorzio italia-

no ad aggiungere un nuovo bollino facen-

do cadere parte delle promesse di avere

un solo bollino a prova di futuro. Il bollino

LaTivù non era a prova di futuro e non lo è

tutt’ora, perché il nuovo bollino LaTivù4K

permette l’accesso a contenuti che l’altro

non farà vedere. La differenza, ed è nel

nome stesso, è legato ai contenuti 4K: le

sei sorelle di prima, quelle che muovono i

fili a Hollywood, hanno imposto a chi tra-

smette i contenuti di usare un sistema di

protezione dei loro contenuti in 4K ancora

più sicuro. Un sistema di sicurezza chia-

mato ECP, Enhanced Copy Protection, da

gestire con una nuova CAM che riesce a

gestire questa decodifica solo se inserita

in un televisore con uno slot Common In-

terface 1.4. Per farla semplice se domani

dovesse venire acceso un canale 4K con

ECP, come quello della Rai, e dovesse

essere trasmesso un film di Hollywood

questo film lo vedrebbero solo coloro che

hanno inserito una CAM 4K di nuova ge-

nerazione all’interno di un televisore cer-

tificato LaTivù4K (Panasonic 2019 e 2020,

Samsung 2020, LG 2020 e Philips 2020

ad oggi). Tutto il resto vedrebbe lo scher-

mo nero. La Rai sta facendo in questi mesi

le prove di trasmissione proprio perché

dovrà adeguarsi a questa folle richiesta,

che rende obsoleti e inutilizzabili anche

televisori da 3.000 euro comprati lo scor-

so anno. Che non possono essere aggior-

nati: la questione è legata alla versione

dell’interfaccia common interface, quello

slot sul retro del TV dove si inserisce la

CAM: per l’ECP serve la 1.4, e la 1.4 sui TV

del 2019 solo Panasonic l’ha messa.

L’aspetto più grottesco di tutta questa

vicenda è semplicemente uno: la CAM

è ad oggi ancora il sistema più sicuro ed

inviolato che possa esistere, non è un

anello debole della catena anche per-

ché non impedisce affatto che il conte-

nuto non possa essere copiato. L’anello

debole è solo uno e si chiama HDCP,

un sistema di protezione che si elimina

comprando uno splitter HDMI da 20 euro

su Amazon: se si prende un decoder 4K

satellitare certificato Tivù4K, con CAM

ultra protetta di nuova generazione, e si

attacca uno splitter all’uscita HDMI del

decoder si può registrare il flusso 4K con

una scheda di acquisizione senza alcun

problema. La CAM ha fatto il suo: ha de-

codifica un flusso criptato, l’HDCP invece

no, lo ha lasciato copiare perché è un si-

stema debole. TivùSat, i produttori di TV

e i produttori di CAM sono parte lesa in

tutto questo, e non hanno colpe: il nuovo

bollino LaTivù4K non è una operazione

commerciale per far comprare un’altra

CAM, è un qualcosa che anche Tivù non

avrebbe mai voluto. Per lei il bollino do-

veva essere per sempre uno e unico. La

colpa è delle major di Hollywood, che non

concederanno film in 4K per la trasmis-

sione via etere se non verranno rispettati

determinati requisiti. Requisiti che come

abbiamo visto sono inutili: la CAM non è

mai stata violata.

Dopo tanti anni di lotte alla pirateria non

hanno ancora capito che i sistemi di pro-

tezione e i vari DRM hanno solo causato

problemi ai consumatori e non hanno mai

funzionato, perché tanto, sui torrent, i film

in 4K ci finiscono lo stesso.

MERCATO Le major vogliono una cam ancora più sicura, eppure le CAM non sono mai state violate

Cam ECP, le assurde richieste delle major Così i TV dell’anno scorso saranno già vecchiIl risultato è che TV dello scorso anno non potranno essere usati per vedere determinati TV 4K

Estratto dai quotidiani onlinewww.DDAY.it

Registrazione Tribunale di Milanon. 416 del 28 settembre 2009

e

www.DMOVE.itRegistrazione Tribunale di Milano

n. 308 del’8 novembre 2017

direttore responsabileGianfranco Giardina

editingMaria Chiara Candiago

EditoreScripta Manent Servizi Editoriali srl

via Gallarate, 76 - 20151 MilanoP.I. 11967100154

Per [email protected]

Per la pubblicità[email protected]

MAGAZINE

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MERCATO

Addio Amazon Pantry: il servizio chiude il 30 giugnoBasta Amazon Pantry. Il servizio sarà chiuso entro poche settimane, sebbene l’azienda non abbia fornito particolari motivazioni ufficiali riguardo alla decisione, riportata sul sito attraverso una breve FAQ. A tal proposito, infatti, Amazon ha scritto che “la maggior parte degli articoli più venduti su Amazon Pantry sarà presto disponibile su Amazon.it con una consegna più rapida e nessun valore minimo d’ordine, insieme a migliaia di altri articoli per la spesa già disponibili.” Insomma, Amazon lascia intendere che per l’acquisto di cibo e bevande varranno le stesse condizioni degli altri articoli venduti sulla piattafor-ma. La data ultima per Amazon Pan-try è il 30 giugno, fino alle 23.59. Prime Now, che consegna entro 2 ore, rimane invece disponibile nelle città dove il servizio è stato attivato con un ordine minimo di 15 euro.

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MAGAZINEn.223 / 201 GIUGNO 2020

di Massimiliano DI MARCO

Sanificare con l’ozono funziona contro il coronavi-

rus? Le direttive governative sono chiare: uffici,

bar, ristoranti e palestre possono riaprire, ma

gli ambienti vanno sanificati non soltanto prima che

i collaboratori tornino a lavorare in sede, ma anche

regolarmente nelle settimane successive. Cerchiamo

di capirlo insieme in questa guida.

L’ozono è già ampiamente utilizzato contro batteri e odoriL’ozono è una molecola composta da tre atomi di os-

sigeno legati tra loro. Si tratta di un composto decisa-

mente reattivo e quindi anche abbastanza instabile:

tende naturalmente a interagire con altre sostanze e

ritrasformarsi in molecole di O2, cioè l’ossigeno nor-

malmente disponibile con concentrazioni del 21% nel-

l’aria che respiriamo.

L’ozono è spesso (ed erroneamente) legato a proble-

mi di ordine ambientale, perché il suo nome richiama

il “buco nell’ozono”. Ma in quel caso, il problema è il

buco, non l’ozono; quindi ozono che si riduce in uno

strato superficiale dell’atmosfera terrestre (la strato-

sfera), facendo venire meno una sorta di protezione

naturale di cui gode il nostro pianeta nei confronti di

alcune radiazioni cosmiche particolarmente dannose.

Va detto, a scanso di equivoci, che inalare ed esporsi

direttamente a concentrazioni più che trascurabili di

ozono non è una buona idea. Infatti, proprio per la sua

reattività, può causare piccoli disturbi o anche danni

più seri. Va detto che comunque l’ozono è instabile e

si ritrasforma facilmente in O2; quindi si dissolve ab-

bastanza rapidamente in ambiente.

L’ozono, chiamato anche da alcuni “ossigeno attivo”,

è utilizzato in diversi ambiti della sanificazione, soprat-

tutto per abbattere la presenza di batteri, muffe, fun-

ghi e cattivi odori. Per esempio, sono molte le carroz-

zerie e gli autolavaggi che offrono un trattamento con

l’ozono per trattare l’interno dell’abitacolo delle auto,

così da eliminare odori, anche quelli di fumo, e resti-

tuire una sensazione di “nuovo” a sedili e imbottiture.

Come è molto utile da usare, per esempio, per sanifi-

care oggetti non lavabili, come un casco da moto o le

scarpe in pelle e cuoio. Allo stesso modo, l’ozono vie-

ne impiegato in alcune lavatrici, per una sorta di trat-

tamento a secco, non in grado di eliminare le macchie

MERCATO La sanificazione con l’ozono è vista come comoda soluzione per disinfettare gli ambienti perché non lascia residui chimici

Sanificazione degli ambienti per la riapertura L’ozono funziona davvero contro il coronavirus?Come per qualunque altro disinfettante, non ci sono prove specifiche che dimostrino che l’ozono funzioni contro il Sars-CoV-2

ma di cancellare gli odori e di fatto sanificare il bucato,

perfetto per quei vestiti che mal tollerano il lavaggio

ad acqua o semplicemente per dare una “rinfrescata”

ai capi che non necessitano di un trattamento di la-

vaggio vero e proprio.

Con il boom delle sanificazioni ambientali per il Covid-19, ecco spuntare l’ozonoLe imprese di pulizia e disinfezione propongono da

tempo trattamenti con l’ozono proprio per le caratteri-

stiche sopra esposte. Gli ambienti, dopo il trattamento

(e poco che l’ozono si è dissolto naturalmente o è sta-

to degradato dalla macchina stessa in funzionamento

inverso), risultano certamente più sani e privi di odori.

Il trattamento a ozono è particolarmente vantaggioso

perché non lascia non lascia residui chimici sulle su-

perfici, contrariamente alla stragrande maggioranza

dei composti chimici disinfettanti che possono essere

vaporizzati in ambiente. E fin qui tutto chiaro.

Con il boom di richieste di sanificazioni ambientali

correlate al COVID-19, molte società di servizi hanno

iniziato a proporre disinfezioni contro il virus a base di

ozono, con grandi pubblicità. Ma è difficile per le perso-

ne capire se si tratta davvero di un trattamento utile per

abbattere il rischio di contrarre la malattia. Ma la do-

manda chiave è questa: contro il coronavirus, l’ozono

ha qualche effetto utile? La risposta, purtroppo, è: non

lo sappiamo. Anche se in questo articolo cerchiamo di

mettere in fila tutto ciò che di certo si sa.

Le direttive del Governo e le linee guida dell’ANIDNella circolare del 22 febbraio del ministero

della Salute vengono indicate le misure sani-

tarie preventive da rispettare, fra cui la sanifi-

cazione degli ambienti. Nel documento, il trat-

tamento con l’ozono non viene citato, mentre

viene citato un suo “parente”: si tratta del pe-

rossido di idrogeno (H2O2) noto anche come acqua

ossigenata. La vaporizzazione di acqua ossigenata alla

giuste concentrazioni è giudicata efficace nei confronti

del COVID-19, ma lo stesso non si può dire, secondo

il Ministero della Salute, per l’ozono. Nel capitolo che

riguarda la pulizia degli ambienti non sanitari, la circo-

lare specifica che tali luoghi “devono essere sottoposti

a completa pulizia con acqua e detergenti comuni

prima di essere nuovamente utilizzati”. Inoltre, per la

decontaminazione vengono suggeriti prodotti a base

di ipoclorito di sodio 0,1% dopo la pulizia e, per le su-

perfici più delicate, etanolo al 70%, sempre dopo la

pulizia.

L’Associazione Nazionale delle Imprese di Disinfesta-

segue a pagina 09

L’immagine proposta da una società che fa trattamento ambientale con ozono, che fa riferi-mento diretto al COVID-19. Peraltro, l’immagine proposta è fuorviante e non fa ben sperare: le persone ritratte nell’immagine stanno facendo un trattamento con un comune disinfettante chimico e non a ozono.

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MAGAZINEn.223 / 201 GIUGNO 2020

zione (ANID) sull’ozono specifica, nella recente revi-

sione delle linee guida per il Sars-CoV-2, che “attual-

mente si può parlare di igienizzazione ma formalmente

non di disinfezione”. A oggi, infatti, l’ozono è ancora in

fase di valutazione come disinfettante.

Sanificazione con l’ozono: sì per l’Istituto Superiore di Sanità. Con riservaIl recente rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità

sul COVID-19 sembra invece dare il via libera all’uso

dell’ozono per sanificare gli ambienti. Sulla natura

non disinfettate dell’ozono, il rapporto è coerente con

le linee guida dell’ANID: “In attesa dell’autorizzazio-

ne a livello europeo, la commercializzazione in Italia

come PMC (presidio medico-chururgico, ndr) con un

claim ‘disinfettante’ non è consentita”. Proseguendo,

però, il rapporto sottolinea che “in questa fase, l’o-

zono può essere considerato un ‘sanitizzante’”. Allo

stesso modo, però, il rapporto dell’ISS indica che

“come per molti altri prodotti usati nella disinfezione,

non esistono informazioni specifiche sull’efficacia

contro il Sars-CoV-2”. Ciò che significa che, di fatto,

nessun disinfettante è sicuramente efficace contro il

Sars-CoV-2: prove specifiche non sono state fatte. Nel

caso dell’ozono, l’ISS specifica, inoltre, che di contro

esistono molti studi “che ne supportano l’efficacia

virucida”. L’International Ozone Association (IOA) ha

pubblicato una nota ufficiale nel quale chiarisce che,

sebbene l’ozono sia ritenuto molto efficace contro

molti virus, l’associazione “non è a conoscenza di

alcuna ricerca o test che sia stato condotto specifica-

mente sul coronavirus Sars-CoV-2”. Resta in vigore il

protocollo n° 24482 del 31/07/1996 del ministero della

Salute, secondo cui l’ozono è “presidio naturale per la

sterilizzazione di ambienti contaminati da batteri, vi-

rus, spore, ecc” nel trattamento dell’aria e dell’acqua.

Infine, l’ozono viene comunemente usato per la steriliz-

zazione degli strumenti medici secondo le indicazioni

del Center for Disease Control and Prevention.

In conclusione, ha senso fare un trattamento a ozono degli ambienti?Quello che si può dire con certezza è che male non

fa. Il noto potere di inattivare batteri e muffe, come

anche alcune specie di virus, è un alleato potente

nella sanificazione degli ambienti. A partire dal fatto

che abbatte gli odori, rendendo sicuramente gli uffici

meglio vivibili. Ma non ci sono certezze che eventua-

li cariche virali di SARS-CoV2 depositate su oggetti,

maniglie, scrivanie e altre superfici vengano abbat-

tute adeguatamente.

Quindi, il nostro personale consiglio è di valutare un

trattamento ad ozono per quello che è: può essere

utile, per esempio per le camere d’hotel e tutti gli

ambienti con circolazione di molte persone; ma non

basta per farci abbassare la guardia nei confronti

delle precauzioni che abbiamo imparato in queste

settimane per difenderci dal COVID-19.

MERCATO

Sanificazione degli ambientisegue Da pagina 08

di Massimiliano DI MARCO

Velocità record di 44,2 Terabit al

secondo su fibra ottica. Sfruttando

uno speciale chip ottico “micro-

comb”, un gruppo di ricercatori austra-

liani è riuscito a raggiungere una veloci-

tà un milione di volte superiore a quella

media su fibra ottica lungo un colle-

gamento di circa 75 km. Il test è stato

condotto sia in laboratori sia sul campo

in una rete installata nell’area metropo-

litana di Melbourne. Il micro-comb, che

contiene centinaia di laser a infrarossi,

è pensato per sostituire il fascio di laser

all’interno dell’infrastruttura di rete ed è

compatibile con le linee in fibra ottica

già esistenti. Questa stessa tecnologia,

hanno scritto i ricercatori nel paper, ha già permesso grandi passi avanti in

campi come la spettroscopia, le risorse

quantistiche e la metrologia.

Uso commerciale in 5 anni“C’è una sorta di corsa globale al mo-

mento per portare questa tecnologia a

una fase commerciale, poiché alla base il

micro-comb è utile in una vasta gamma di

tecnologie esistenti” ha spiegato al The Independent Bill Corcoran della Monash

University, che ha lavorato al progetto

insieme al Royal Melbourne Institute of

Technology e alla Swimburne University

of Technology. “Credo che potremmo

vedere dispositivi come il nostro dispo-

nibili al laboratori di ricerca nell’arco di

due o tre anni e l’uso commerciale in cir-

ca cinque anni”. L’idea è poter aumenta-

re di molto la capacità della rete globale

in fibra ottica, che al giorno d’oggi cre-

sce di circa il 25% ogni anno. Contem-

poraneamente, sta salendo la domanda

di collegamenti iper-veloci a distanza

breve (tra i 10 e 100 km), come per i data

center. Inoltre, alcune situazioni straor-

dinarie, come la quarantena per l’epi-

demia di coronavirus, possono mettere

a dura prova l’infrastruttura esistente

e serve margine di manovra. Nei mesi

scorsi, l’Unione Europea, per esempio,

chiese a fornitori di servizi di streaming

video, come Amazon e Netflix, di ridurre

il bitrate dei loro contenuti, in modo da

non pesare su una situazione già com-

MERCATO Un gruppo di ricercatori australiani ha raggiunto i 44,2 Terabit al secondo sull’infrastruttura esistente in fibra ottica

“Super fibra ottica”: raggiunta la velocità di 44 Terabit/secMerito del “micro-comb”, un dispositivo su microchip che contiene centinaia di laser a infrarossi, dal grande potenziale

plessa da gestire. Secondo i ricercatori,

i micro-comb “hanno mostrato grande

potenziale per ricoprire questo ruolo”.

Un’infrastruttura con una tale larghezza

di banda sarebbe pensata soprattutto

per abilitare ulteriori scenari applicati-

vi, come i trasporti del futuri e le auto a

guida autonoma, ma anche novità nel-

la medicina, l’istruzione, la finanza e il

commercio elettronico.

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MAGAZINEn.223 / 201 GIUGNO 2020

di Riccardo DANZO

Samsung ha annunciato The Terra-

ce, una TV pensata e progettata

per essere utilizzata all’esterno

della propria abitazione. Oltre a una lu-

minosità massima di 2000 nits per rima-

nere visibile sotto luce diretta del sole,

infatti, The Terrace è certificata IP55 per

la resistenza ad acqua e polvere.

Questa nuova TV di Samsung va ad ag-

giungersi alle altre televisioni della linea

“lifestyle” dell’azienda, ovvero Serif,

Frame e Sero (che ha un pannello ruota-

bile per poter vedere anche i video ver-

ticali). Per quanto riguarda il pannello in

sé, The Terrace è paragonabile ai tele-

visori QLED di fascia alta di Samsung,

con alcuni miglioramenti che consento-

no la massima qualità di visione anche

in condizioni di luce sfavorevoli.

C’è anche la soundbarSecondo Samsung, tuttavia, nonostante

gli aggiustamenti per garantire l’imper-

TV E VIDEO Certificazione IP55 e a una luminosità massima di 2.000 nits, arriverà alla fine dell’anno

Samsung The Terrace, la Smart TV 4K da giardinoSamsung The Terrace è stata progettata per essere posta fuori dalla propria abitazione

meabilità e la resistenza ad acqua e

polvere, il design di The Terrace rimane

ancora piuttosto elegante, con cornici

ridotte e una profondità di 59 millimetri.

Il prezzo di The Terrace, superiore a una

normale TV 4K dell’azienda coreana, è

in linea con quello di altre televisioni

pensate per l’utilizzo in esterna. Il mo-

dello da 55 pollici, infatti, è proposto ad

un prezzo di 3499 dollari, il 65 pollici

a 4.999 dollari e quello da 75 pollici a

6.499 dollari. A accompagnare la nuo-

va TV, Samsung ha pensato anche alla

parte audio con Soundbar Terrace. Ol-

tre ad una tecnologia di annullamento

della distorsione, Soundbar Terrace è

anch’essa pensata all’utilizzo in esterna

grazie alla certificazione IP55.

Samsung The Terrace è disponibile da

oggi negli Stati Uniti e in Canada. Per

quanto riguarda l’Italia, invece, il lancio

è previsto entro la fine dell’anno.

Display Industry Awards: vincono il BD Cell di BOE, l’Apple Pro Display XDR e i pieghevoli di Samsung26a edizione dei Display Industry Award che premia i più significativi avanzamenti nella tecnologia dei display. Migliore tecnologia, l’LCD dual cell di BOE utilizzato da HiSense di Paolo CENTOFANTI

La Society for Information Display (SID) ha annunciato I vincitori del-l’edizione 2020 degli Display Indu-stry Awards, che ogni anno premia i maggiori avanzamenti nella tec-nologia dei display e che verrano celebrati durante la Display Week che quest’anno si terrà online.Il premio di miglior display è stato assegnato a tre prodotti. In ordi-ne alfabetico, il primo vincitore è Apple con il suo monitor profes-sionale da 32 pollici Pro Display XDR, per le sue caratteristiche tecniche e prestazion. L’altra tec-nologia che ha impressionato i giudici della SID è il pannello BD Cell di BOE. Quello che ha rea-lizzato il produttore cinese è un display composto da due display LCD: uno a colori tradizionale con risoluzione 4K, accoppiato a un secondo pannello monocromati-co che filtra la retroilluminazione, realizzando (semplificando) un lo-cal dimming in pratica a livello di pixel. Il risultato finale è un display a 12 bit capace di riprodurre un livello del nero di appena 0,003 nits. Il terzo vincitore è Samsung Display, che è stata premiata per i suoi pannelli OLED pieghevoli uti-lizzati nel Samsung Galaxy Fold.

di Psquale AGIZZA

Samsung continua a macinare nu-

meri altissimi nel settore TV e, no-

nostante un calo generalizzato del

settore, fa segnare prestazioni da record.

Se non sorprende il fatto che il produtto-

re coreano sia il marchio più venduto del

mercato (è così da 14 anni ormai), a sor-

prendere è la quota di penetrazione del

mercato. Secondo i dati raccolti da Om-

dia, infatti, Samsung rappresenta il 32,4%

del mercato televisivo mondiale. Un dato

da record, visto che mai nella storia il pro-

duttore coreano aveva raggiunto questi

numeri. Dati ancora più alti se conside-

riamo solo il mercato europeo (41,1%) e il

mercato nordamericano (42,5%)

In netta controtendenza rispetto ai nume-

ri globali che fanno segnare un -10,2% di

vendite, i televisori Samsung hanno fatto

segnare un +3,1% rispetto al primo tri-

mestre dello scorso anno. Il motivo è da

TV E VIDEO Samsung si conferma, per il quattordicesimo anno consecutivo, leader del mercato dei TV

Televisori Samsung, numeri da record Mai una quota di mercato così alta La quota di mercato non è mai così stata alta nella storia. Crollano i cinesi, LG e Sony sul podio

ricercarsi soprattutto negli ottimi dati di

vendita dei QLED (+10,8 rispetto al primo

trimestre 2019) e dei televisori di grandi

dimensioni. Nel formato da 75 pollici in

su, infatti, Samsung domina incontrasta-

ta, data la quota di mercato del 50,4%. In

pratica, un televisore venduto su due di

grosso formato è un Samsung.

La vendita di televisori è però crollata

negli ultimi mesi, complice anche l’emer-

genza sanitaria e la minore disponibilità di

denaro. E, ad accusare il colpo, sono stati

principalmente i marchi cinesi. Il podio

dei marchi più venduti in ambito televisi-

vo non vede, infatti, aziende cinesi. Ben

distanziati da Samsung, abbiamo LG al

secondo posto e Sony al terzo posto.

LG fa segnare anch’essa numeri positivi,

passando dal 16,5% del primo trimestre

2019 al 18,7% del primo trimestre 2020.

Buoni anche i dati di Sony, che sale sul

terzo gradino del podio.

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MAGAZINEn.223 / 201 GIUGNO 2020

TV E VIDEO Netflix ha elencato i migliori TV 2020 per godere del servizio di video streaming

I migliori TV 2020 certificati da Netflix Inclusi Panasonic, Samsung e Sony Misteriosamente assenti Philips e LGLa condizione imprescindibile per arrivare tra i primi è il soddisfacimento di 5 dei 7 criteri stabiliti

di Sergio DONATO

Appuntamento ormai fisso per Net-

flix, che anche per il 2020 elenca

alcuni modelli di TV con cui si ot-

tiene la migliore esperienza di fruizione

dei contenuti della piattaforma di video

streaming. I marchi scelti sono solo Pana-

sonic, Samsung e Sony. Mancano inspie-

gabilmente Philips e LG. I TV del 2020

scelti da Netflix potranno fregiarsi del

logo “Netflix Recommended TV” e anche

quest’anno la condizione imprescindibile

per arrivare tra i primi è il soddisfacimen-

to di cinque dei sette criteri stabiliti, con

quello dell’interattività aggiunto solo nel

2020. Si tratta di criteri generici, insieme

ai quali non vengono forniti i valori di rife-

rimento che permettono di soddisfarli.

I criteri di Netflix per decretare i migliori TV 2020Tra i criteri della categoria “Più veloce”

c’è “l’accensione istantanea”, che tiene

conto del tempo impiegato dal TV per

accendersi e riprendere dal punto in cui

si era interrotta la visione. Netflix vuole

che le app siano subito pronte all’uso.

Tanto che il secondo criterio della cate-

goria è “Lancio rapido dell’app”: quindi

Netflix deve essere avviata velocemen-

te sia dopo l’accensione sia dopo l’uso

di app diverse. C’è poi la categoria “Più

facile”, con il criterio “Netflix a portata di

mano” che premia la facilità di avvio del-

l’app o la presenza di un tasto specifico

dedicato a Netflix sul telecomando. E il

criterio “Sempre aggiornata”, che tiene

conto della possibilità della TV di aggior-

narsi automaticamente. Inoltre, Netflix

considera i criteri all’interno della cate-

goria “Migliore”. Con “Interfaccia ad alta

risoluzione” si riferisce genericamente

alla qualità e alla definizione del testo a

schermo. C’è poi “Versione aggiornata

di Netflix” che, nomen omen, si premu-

ra che il sistema operativo del TV abbia

sempre a disposizione nel relativo cata-

logo l’app di Netflix più recente. Infine

tiene conto dell’”Esperienza interattiva

ottimizzata”: criterio aggiunto quest’anno

e legato in modo specifico ai contenuti

che permettono agli spettatori di indiriz-

zare la storia con scelte dinamiche.

Panasonic, Samsung e Sony tra i TV certificati NetflixI TV scelti da Netflix per il 2020 appar-

tengono solo a Panasonic, Samsung e

Sony. Nulla da fare per LG, Hisense o

Philips che, apparentemente, e poten-

do leggere solo la descrizione dei cri-

teri, non dovrebbero avere difficoltà a

rispettare almeno cinque di essi, e con

almeno un modello di TV. In particolare,

sono due anni ormai che LG non viene

premiata da Netflix. Per Panasonic, tra i

migliori TV del 2020 per Netflix ci sono

le serie HX750, HX800, HX810, HX820,

HX830, HX850, HX880, HX900, HX940

e HX970.

Samsung invece viene premiata per

Q950TS, Q900TS, Q800T, Q90T, Q80T,

Q70T, The Frame e The Serif.

I migliori TV Sony per Netflix compren-

dono le serie BRAVIA XH80, XH81,

XH95, ZH8, Z9H e serie A8 e A9. A questo indirizzo sono elencati tutti i 38

modelli divisi per i tre marchi.

TV E VIDEO Il primo titolo in Italia è Joker, ne arriveranno altri

Sorpresa su Google Play Ecco i primi film in Dolby Vision

di Paolo CENTOFANTI

N onostante non abbia mai

pubblicamente annun-

ciato il supporto per il

formato, Google ha aggiunto

sul Play Store il primo film in

Dolby Vision. Si tratta di Joker,

precedentemente disponibile

in 4K per noleggio e acquisto e

ora aggiornato al formato HDR

di Dolby per i dispositivi compa-

tibili. Al momento, effettuando una ricerca per Dolby, l’unico titolo che compare nei

risultati è solo Joker, ma all’interno di una sezione denominata i film più popolari in

Dolby Vision, il che lascia presupporre che ne arriveranno degli altri. Al CES 2020,

il consorzio che promuove HDR10+ annoverava Google Play tra i servizi che avreb-

bero adottato il formato HDR “concorrente” di Dolby, ma ad oggi non sono ancora

stati pubblicati contenuti in questo formato.

TV Xiaomi disponibili in Italia. Il 65” arriva a luglio ad un prezzo più alto del previstoCon un evento live Xiaomi annuncia l’arrivo in Italia della nuova gamma di prodotti. Tanti telefoni e le prime TV con i prezzi di Roberto PEZZALI

Arrivano finalmente le Mi TV in Italia. Xiaomi entra sul mercato dei televisori e trova pane per i suoi denti, perché sbarca in un mercato dove il prezzo, su determinate ca-tegorie, è in linea con quello che propone. La sfida sarà proporre un TV migliore. Xiaomi ci prova e lo fa con Mi TV 4S 65”, Mi TV 4S 55”, Mi TV 4S 43” e Mi TV 4A 32”, quattro modelli dove il più piccolo è dav-vero interessante, perché le smart TV Android da 32” non sono poi molte. A bordo c’è il sistema ope-rativo di Google nella versione 9.0, e siamo di fronte a TV 4K HDR LCD con illuminazione Edge LED e pan-nelli VA. I TV, fatta eccezione per il 65”, saranno disponibili presso i Mi Store Autorizzati e su Amazon in tre diverse varianti: Mi TV 4A da 32” a 199€, Mi TV 4S 43” a 399€, e Mi TV 4S 55” a 499€. Inoltre, solo per le prime 24 ore, sarà possibile acquistare Mi TV 4S da 43” e Mi TV 4S da 55” su Amazon al prezzo Early Bird rispettivamente di 299€ e 399€. Il modello da 65” arriverà a inizio luglio, a 699 euro. Doveva costare 649,99 euro e solo per la prima settimana a partire dal momento della disponibilità, con 50 euro in più rispetto al prezzo del TV venivano dati anche un Mi Air Purifier 3H, un Mi AIoT Router AC2350 e un Mi LED Smart Bulb in omaggio. Al momento di questa promozione non c’è più traccia.

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MAGAZINEn.223 / 201 GIUGNO 2020

di Pasquale AGIZZA

U na delle più belle e rivoluzionarie

opere di Giuseppe Verdi. La sugge-

stiva cornice del Teatro dell’Opera

di Roma. Gli splendidi costumi di scena

curati dal maestro Valentino Garavani e la

regia affidata a Sofia Coppola. Sembrava

tutto pronto per una serata culturale di

altissimo livello, e invece no. La messa in

onda della Traviata su RAI 5 si è dimostra-

ta un fiasco totale. Per una volta partiamo

dalla fine, che poi fine non è stata. Giunta

quasi alla fine del secondo atto (l’opera

ne prevede tre) la trasmissione si blocca.

Per qualche secondo compare a schermo

il classico cartello che segnala problemi

tecnici, per poi passare con disinvoltura

ad un concerto di Lou Reed. Dopo qual-

che minuto di disorientamento, finalmen-

ENTERTAINMENT La trasmissione della Traviata di Verdi del 22/5 su RAI 5 si trasforma in un flop totale

Audio pessimo e messa in onda bloccata La trasmissione della Traviata sulla Rai è un disastroDopo due atti caratterizzati da audio pessimo, la messa in onda si blocca per problemi tecnici

te una scritta in sovraimpressione

spiega che la Traviata è stata in-

terrotta per motivi tecnici. Il profilo

Twitter di RAI 5 conferma poi la

fine della trasmissione con un post

subissato dalle critiche degli utenti.

Ma almeno vi sarete goduti i primi

due atti, direte voi. E invece no, la

trasmissione della Traviata è stato uno

spettacolo ben al di sotto della sufficien-

za, e non per colpa degli artisti. A colpire

in negativo è l’audio della trasmissione,

con la voce dei cantanti per lunghi tratti

inudibile, a cui ha fatto da contraltare un

volume del coro assurdamente alto. Non

abbiamo sentito i cantanti, ma in compen-

so abbiamo sentito benissimo i colpi di

tosse dello spettatore in prima fila. Non

è mai piacevole dover dare giudizi poco

lusinghieri, soprattutto quando un canale

televisivo si eleva dal piattume generale

con una proposta di così alto livello. Ma

quello che si è ascoltato (o meglio non

ascoltato) è un qualcosa che non è de-

gno né della nostra tradizione musicale

né degli anni in cui viviamo. Noi spettatori

meritiamo di più, sia come appassionati

di musica sia come fruitori di un servizio

pubblico finanziato, in parte, anche dal

nostro canone.

”Mondo Netflix” è la nuova offerta TIM che include Netflix, TIM Vision e il boxNuova offerta che rafforza la collaborazione tra Netflix e TIM. “Mondo Netflix” sarà un kit composto da un account Netflix Standard, TIM Vision Plus e un TIM Vision Box. Disponibile dal 27 maggio a 12,99 euro al mese

di Sergio DONATO

TIM e Netflix hanno annunciato una nuova collaborazione, dando vita all’offerta “Mondo Netflix”: un pacchetto che comprende Netflix (standard, quindi l’HD è incluso), TIM Vision Plus e TIM Vision Box.L’offerta “Mondo Netflix” sarà di-sponibile dal 27 maggio ed è il segno che la collaborazione tra TIM e Netflix si sta rafforzando da quando hanno stretto l’accordo a novembre del 2019, e che poi ha dato origine a TIM Unica all’inizio dell’anno. TIM ha definito Mondo Netflix “scatola magica dei desi-deri”, perché secondo l’azienda c’è tutto quello che serve per vedere i contenuti streaming di qualità: un account Netlfix, uno TIM Vision Plus e l’hardware rap-presentato dal TIM Vision Box che supporta anche la ricerca vocale dell’Assistente Google. Dal 27 maggio, l’offerta “Mondo Netflix” sarà disponibile per tutti i clienti di rete fissa TIM a un prez-zo di lancio di 12,99 euro al mese senza vincoli di durata, contro i 19,99 euro del prezzo normale.Sarà compreso tutto il catalogo di TIM Vision Plus, ovviamente il TIM Vision Box, mentre il piano Netflix sarà quello Standard.

di Massimiliano DI MARCO

L a Serie A riparte il 20 giugno. Una

settimana prima, dal 13 giugno, ri-

prende la Coppa Italia con le par-

tite di semifinali: prima Juventus-Milan

e poi, il giorno successivo, Napoli-Inter.

La finale di Coppa Italia si giocherà il 17

giugno a Roma. Ecco le decisioni uffi-

ciali dopo l’incontro tra il ministro dello

Sport Vincenzo Spadafora e gli espo-

nenti del mondo calcistico italiano. “Il

Cts - ha spiegato Spadafora - ha appro-

vato il protocollo per la ripresa agonisti-

ca e ha confermato la necessità impre-

scindibile della quarantena fiduciaria

nel caso in cui un calciatore dovesse

risultare positivo”. Permangono gli sce-

nari alternativi nel caso in cui i contagi

dovessero aumentare o, comunque,

fosse necessario accorciare la stagione

o interrompere del tutto il campionato.

Il “piano b” prevede playoff e playout

per chiudere l’anno calcistico; il “piano

c”, invece, congelerebbe la classifica

com’è ora e decreterebbe gli esiti. Con-

ENTERTAINMENT Raggiunto l’accordo tra Governo e mondo del calcio: la Serie A può ricominciare

Serie A, si ritorna in campo dal 20 giugno Coppa Italia in campo una settimana prima Resta aperta la questione del pagamento dell’ultima rata dei diritti TV. la Lega tiene la linea dura

fermate anche le richieste di Spadafora:

nessun eccesso di tamponi per i calcia-

tori che minerebbero la disponibilità del

test per il resto della popolazione e qua-

rantena per la squadra nel caso in cui un

calciatore fosse positivo.

Serie A, ancora aperta la questione diritti TV“Abbiamo affrontato con coerenza,

determinazione e spirito di servizio un

periodo straordinario, complesso e pie-

no di ostacoli e pressioni, lavorando

sempre con un solo pensiero: il bene

del calcio e la difesa del suo futuro, che

per la Serie A deve significare tornare

a essere il campionato più bello del

mondo” ha commentato il presidente

della Lega Serie A Paolo Dal Pino con

una nota stampa. Ora che la riapertura

del campionato è stata chiarita, resta

aperta la questione del pagamento del-

l’ultima rata dei diritti TV. L’ultimo consiglio

di Lega, che si è riunito il 26 maggio, ha

ribatito per l’ennesima volta “la linea del

rispetto dei contratti”, a prescindere dalle

richieste di Sky, DAZN e Img, che detie-

ne i diritti per l’estero.

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MAGAZINEn.223 / 201 GIUGNO 2020

di P. CENTOFANTI

L ’America è tornata a inviare astro-

nauti in orbita dal suolo americano

con un razzo americano. Non acca-

deva dal 2011, la fine dell’era dello Space

Shuttle. Il lancio della missione Demo-2 è

stato un completo successo. La capsula

Crew Dragon, con a bordo gli astronauti

Bob Behnken e Doug Hurley, è stata por-

tata in orbita dal razzo Falcon 9, che è de-

collato puntuale alle ore 21:22 di sabato

30 maggio dalla rampa di lancio 39A del

Kennedy Space Center in Florida. Mentre

il secondo stadio del Falcon 9 completava

la sua spinta, accelerando Crew Dragon

fino alla velocità di 27.000 Km/h, portan-

dola a una quota di 200 km sul livello del

mare, il primo stadio ha eseguito la proce-

dura di rientro automatico ed è atterrato

SCIENZA E FUTURO Il razzo Falcon 9 ha portato due astronauti in orbita a bordo della Crew Dragon

SpaceX entra nella storia: la prima compagnia privata porta l’uomo nello spazioIl primo stadio è atterrato sulla piattaforma automatica nell’oceano e potrà essere riutilizzato

sulla piattaforma autonoma Of Course I

Still Love You, realizzando un successo

nel successo. Crew Dragon è ora in orbita

intorno alla Terra in rotta verso la Stazione

Spaziale Internazionale, che raggiungerà

con una serie di manovre e accensioni

dei sui motori Draco mirate a portare la

navicella alla stessa orbita e alla stessa

velocità della Stazione. L’attracco con la

ISS è previsto per domenica 31 maggio

alle 16:29 ora italiana.

9 anni di assenzaLa messa in orbita di astronauti dal suolo

americano, mancava agli Stati Uniti dalla

fine dell’era dello Space Shuttle, avvenu-

ta a luglio del 2011. Negli anni a seguire,

le compagnie private aerospaziali, tra

le quali SpaceX, hanno preso sempre

più spazio nel settore sviluppando vet-

tori per il rifornimento diretti alla ISS. Ma

l’invio dell’equipaggio era finora stata

un’esclusiva della navicella russa Soyuz.

Con il NASA Commercial Crew Program,

l’America dunque torna a competere in un

settore che l’aveva vista ai margini negli

ultimi anni. Per SpaceX si tratta del cul-

mine di un lungo percorso, che ha por-

tato l’azienda di Elon Musk ad essere la

prima compagnia privata ad aver portato

degli astronauti in orbita intorno alla terra.

Per la NASA, invece, significa tornare ad

avere la possibilità di lanciare astronauti

dal suolo nordamericano, capacità che

aveva perso dalla fine del programma

Space Shuttle nel 2011. Con il succes-

so di questa missione, entriamo in una

nuova era dei viaggi nello spazio.

Il “razzo-satellite” di Virgin Orbit sparato da un aereo in quota ha fatto cileccaIl primo test di lancio del LauncherOne, il razzo sparato da un B747 modificato contenente un satellite, si è interrotto nel corso del primo stadio. Ma Virgin è pronta a riprovare il suo sistema a basso costo per la messa in orbita di Sergio DONATO

l 25 maggio, Virgin Orbit avreb-be dovuto sganciare il suo primo razzo LauncherOne dal ventre di Cosmic Girl, un Boeing 747-400 modificato, a una quota di 35.000 piedi. Ma le cose non sono andate benissimo, e il primo volo di test del sistema di Virgin per portare satelliti in orbita è tutto da rifare.Virgin Orbit ha iniziato a lavorare a LauncherOne nel 2012. L’idea che l’ha fatto nascere è quella di usare un aereo “tradizionale” per sparare in quota un razzo con-tenente un satellite che entra in orbita grazie a un secondo stadio. Un progetto che mira a ridurre considerevolmente i costi della messa in orbita dei satelliti, dato che uno dei vettori utilizzati è un aereo che può riatterrare. Il test del 25 maggio stava per conclu-dersi felicemente. LauncherOne è stato anche sganciato da Cosmic Girl, ma si è verificata un’anomalia all’inizio del primo stadio e la mis-sione è stata annullata. Il prossimo LauncherOne è nella fase finale di costruzione nell’impianto di Long Beach di Virgin Orbit, e con altri sei razzi previsti per le missioni successive.

di Sergio DONATO

N iente più combustibili fossili per pro-

durre le bottiglie di plastica. L’idea

è della società olandese Avantium,

che confida di realizzare le bottiglie con

la plastica ottenuta da zuccheri vegetali.

La Avantium è una società biochimica

che ha già collaborato con Carlsberg per

imbottigliare la birra in bottiglie di cartone

foderate con uno strato interno di plastica

vegetale. Quel progetto si chiama Paper Bottle Project. Quest’altro, invece, ha atti-

rato le attenzioni di Coca-Cola e Danone,

che lo stanno sostenendo nella speranza

di rendere i contenitori delle loro bevande

comunque riconoscibili ma molto più faci-

SCIENZA E FUTURO L’idea è quella di usare gli zuccheri vegetali invece dei combustibili fossili

Bottiglie di plastica fatte con gli zuccheri vegetali Il progetto sostenuto da Coca-Cola e Danone produrrebbe contenitori di bioplastica degradabili

li da far degradare in natura

perché realizzata con mate-

riali vegetali. Il Guardian ha

raggiunto il CEO di Avantium,

Tom van Aken, che si dice fi-

ducioso nell’avvio dell’inve-

stimento nel progetto entro

la fine dell’anno. La plastica

vegetale è progettata inoltre

per essere abbastanza resi-

stente da contenere bevande a base di

carbonato. Le prove hanno dimostrato

che la plastica vegetale si decomporreb-

be in un anno usando una compostiera,

e qualche anno in più se lasciata in con-

dizioni normali all’aperto. Le bottiglie di

Avantium potrebbero apparire già sugli

scaffali entro il 2023. Un traguardo che

sarà raggiunto partendo dalle sole 5.000

tonnellate di plastica vegetale all’anno

che saranno prodotte da zuccheri di mais,

grano e barbabietole, e che dovrebbero

aumentare nel corso degli anni.

Il momento della separazione del secondo stadio del Falcon 9 dalla na-vicella Crew Dragon. Il primo stadio è invece rientrato con successo sulla Terra.

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MAGAZINEn.223 / 201 GIUGNO 2020

di Roberto FAGGIANO

N el 1965 nasceva il marchio Techni-

cs, specialista dell’audio e subito

tra i più importanti e venduti del

settore. Il primo prodotto, chiamato ap-

punto 1, era un diffusore che stupiva per

l’estensione in gamma bassa nonostante

le dimensioni relativamente contenute;

poi iniziò l’era delle elettroniche in ver-

sione pre + finale e poco dopo l’enorme

successo del giradischi SL-1200, rimasto

in produzione per oltre 40 anni e recen-

temente riportato in vita in una edizione

più moderna ed aggiornata ma con lo

stesso spirito.

Dopo 55 anni di successi Technics fe-

steggia con una edizione speciale del

giradischi a trazione diretta SL-1210GAE,

caratterizzata dal colore completa-

mente nero e dotato di una testina

Nagaoka studiata appositamente

per l’occasione. Il giradischi SL-1210

GAE sarà prodotto in edizione nume-

rata e 700 esemplari sono destinati

al mercato europeo. Ricordiamo che

Nagaoka, fondata nel 1940, è uno

dei più importanti e storici produttori

giapponesi di testine per giradischi e

rimane tuttora uno dei marchi più ap-

prezzati dagli audiofili di molte gene-

razioni. In dettaglio la testina JT-1210

è un modello a magnete mobile con

cantilever in boro, studiata apposita-

mente in collaborazione con Techni-

cs per fornire le migliori prestazioni in

abbinamento al braccio montato sull’SL-

1210GAE. La testina Nagaoka è il primo

modello di una nuova serie che verrà

lanciata nel corso dell’anno per celebra-

re gli 80 anni di attività del marchio nip-

ponico. Ci sono però altre migliorie al-

l’edizione speciale del giradischi, come

una lastra di alluminio spazzolato da 10

mm di spessore, inserita nella struttura

dell’apparecchio come finitura superio-

re, in modo da renderlo ancora più pe-

sante, rigido e insensibile alle vibrazioni.

Nella struttura dei piedini di appoggio è

stato inserito un particolare materiale

smorzante chiamato alphaGEL che può

minimizzare ogni vibrazione nociva alla

qualità sonora, il materiale si unisce a

una solida struttura in zinco pressofuso

per una lunga durata nel tempo. Altro

dettaglio per la luce stroboscopica di

controllo della velo-

cità, ora escludibile

quando non utilizza-

ta. La Special Edition

dell’SL-1210 GAE sarà

disponibile su ordina-

zione da giugno con

un prezzo di listino

di poco inferiore ai

5.000 euro.

Assieme all’edizione

speciale del giradi-

schi arriva una novità

assoluta: il primo am-

plificatore integrato della serie Refe-

rence, lo SU-R1000 che diventa il punto

più accessibile, relativamente parlan-

do, all’olimpo della gamma top di Te-

chnics. Il nuovo apparecchio riprende

i concetti dei primi amplificatori

Technics e la tecnologia intro-

dotta pochi anni fa al momento

del rilancio del marchio. Oltre ai

classici Vu meter che indicano

la potenza in uscita, ritroviamo

i circuiti esclusivi Jeno e LAPC

già applicati nei pre e finale del-

la serie e alcune particolarità,

come l’ingresso bilanciato per

un giradischi con lo stadio pho-

no già pronto per testine MM

e MC. Il circuito phono utilizza

tecnologia digitale per ottenere

la massima precisione di equa-

lizzazione, inoltre viene forni-

to in dotazione un disco speciale per

consentire la calibrazione su misura

per ogni testina, andando a verificare

la risposta in frequenze e le eventuali

imprecisioni di livello tra i due canali.

Altre novità nell’alimentazione con uno

speciale circuito di tipo switching a bas-

so rumore e nel controllo della distor-

sione dell’amplificatore finale di poten-

za. In dettaglio il circuito ADCT (Active

Distorsion Cancelling Technology) è in

grado di eliminare le distorsioni causate

da cali di tensione nell’alimentazione e

da non perfette linearità nella risposta

dei diffusori. Sul pannello frontale un

tocco di modernità è dato dal piccolo di-

splay che indica l’ingresso selezionato,

compresi quelli digitali e USB-B. L’ampli-

ficatore è ancora in fase di sviluppo e

non sono state fornite ulteriori informa-

zioni, il nuovo apparecchio dovrebbe es-

sere disponibile alla fine dell’anno.

HI-FI E HOME CINEMA Nel 1965 nasceva Technics, marchio tra i più importanti e venduti del settore

Buon 55esimo compleanno Technics La festa con una Special Edition dell’SL-1210 Per festeggiare, una nuova edizione del giradischi SL-1210, in livrea nera e con testina Nagaoka

JBL Bar 9.1 è la soundbar con Dolby Atmos e satelliti wireless rimovibili e ricaricabili820 W di potenza dichiarata, ma soprattutto il supporto a Dolby Atmos e DTS:X grazie anche ai satelliti senza fili che si staccano dalla soundbar che può riaccoglierli per la ricarica della batteria di Sergio DONATO

JBL ha presentato una nuova soundbar, la prima con supporto a Dolby Atmos e DTS:X. È la JBL Bar 9.1 True Wireless Surround accompagnata da altoparlanti surround wireless che però sono anche rimovibili. La compatibilità con Dolby Atmos e DTS:X ha dato alla JBL Bar 9.1 una configurazione che prevede anche altoparlanti “up-firing”, cioè rivolti verso l’alto per dare una traiettoria verticale al suono. La soundbar e i suoi due altoparlanti rimovibili presentano in totale quattro driver up-firing. Per “rimovibili” si intende che i due sa-telliti wireless vengono fisicamente staccati dalle estremità della soun-dbar per essere collocati con una certa libertà. La batteria integrata negli altoparlanti satellite dà un’au-tonomia di circa 10 ore. La ricarica avviene riconnettendoli alla soun-dbar principale. La libertà di posi-zionamento arriva da un algoritmo che usa il doppio microfono per calibrare la soundbar nell’ambien-te, ottimizzando il suono surround indipendentemente dal posiziona-mento degli altoparlanti wireless. La JBL Bar 9.1 è accompagnata da un subwoofer wireless down-firing con trasduttore da 10”. Disponibile a breve, al prezzo di 999 euro.

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MAGAZINEn.223 / 201 GIUGNO 2020

di Roberto PEZZALI

OnePlus ha dichiarato che disatti-

verà temporaneamente la funzio-

ne “Color Filter” usata da una fo-

tocamera specifica dello OnePlus 8 Pro.

Il motivo è da attribuire alla possibilità

che la fotocamera riesca a vedere attra-

verso alcuni tipi di plastiche ma anche

alcuni tessuti.

Più che una funzione, uno dei quattro

obiettivi del gruppo di fotocamere dello

OnePlus 8 Pro ha un sensore da 5 MP

specificamente dedicato alla Color Fil-

ter Camera, che sembra utilizzare la sua

sensibilità alla luce infrarossa per realiz-

zare scatti con una combinazione della

luce visibile. In alcuni casi gli utenti si

sono accorti che usando la Color Filter

Camera è possibile guardare attraverso

gli oggetti, soprattutto quelli neri e rea-

lizzati con determinati materiali plastici

per i quali probabilmente contribuisce

anche lo spessore degli stessi e la di-

stanza ravvicinata rispetto all’obiettivo.

Questa sorta di “visione a raggi X” può

vedere anche attraverso alcuni tipi di

tessuto e, anche in questo caso, specie

se neri. L’evidenza della cosa ha natu-

ralmente scatenato tanto divertimento

quanto una sincera preoccupazione

per l’uso che si sarebbe potuto fare del-

la Color Filter Camera.

OnePlus ha quindi usato la piattaforma

cinese di microblogging per comunica-

re che l’intento di OnePlus non era di

certo quello di creare una camera che

potesse vedere attraverso i vestiti delle

persone. In ogni caso, per il momento

OnePlus ha deciso di disabilitare la Co-

lor Filter Camera attraverso un aggior-

namento software che sarà notificato

entro una settimana.

MOBILE Uno dei quattro sensori delle fotocamere dello OnePlus 8 Pro ha un effetto particolare

La fotocamera “vede attraverso i vestiti” Disattivato il sensore di OnePlus 8 Pro OnePlus ha deciso di disabilitare la Color Filter Camera attraverso un aggiornamento software

di Sergio DONATO

L a versione di iOS 13.5 è già in di-

stribuzione e si prepara a essere

ricordata probabilmente come la

“versione anti-Covid”, dato che, oltre

all’API per il supporto delle app di trac-

ciamento sanitario, permette al Face ID

di riconoscere l’utente anche quando

indossa una mascherina.

L’indosso della mascherina impediva

di sbloccare l’iPhone attraverso il rico-

noscimento biometrico del volto, tanto

che noi di DDay.it avevamo trovato

una soluzione artigianale comunque

funzionante. Ma ci eravamo augurati

che Apple pensasse a un modello per

includere la mascherina nel riconosci-

mento tramite Face ID.

Desiderio che quindi è stato esaudito

(in parte) grazie al rilascio di iOS 13.5.

MOBILE iOS 13.5 è pronto ed è disponibile. Introdotta anche l’API per il tracciamento sanitario

iOS 13.5: facile sbloccare l’iPhone con la mascherina Ecco le API per il tracciamento con ImmuniiOS 13.5 rende più rapido l’accesso all’inserimento del codice quando si indossa la mascherina

La novità viene illu-

strata anche nel te-

sto che accompagna

l ’ agg io rnamento ,

verificabile in Impo-

stazioni, Generale,

Aggiornamento Sof-

tware. Apple ci in-

forma che “iOS 13.5

rende più rapido

l’accesso al campo

di inserimento del

codice sui dispositivi

dotati di Face ID quando indossi una

mascherina.” In realtà, invece di ad-

destrare Face ID alla comprensione di

una mascherina come parte del volto,

Apple fa capire al Face ID che se ne

sta indossando una e il Face ID viene

bypassato per mostrare direttamen-

te lo sblocco del codice quando si fa

uno swipe verso l’alto. Naturalmente,

come era già noto, con iOS 13.5 viene

introdotta anche l’API per le notifiche di

esposizione per supportare le app volte

al tracciamento sanitario per la pande-

mia da Sars-Cov-2. Nel caso dell’Italia,

si tratterà dell’app Immuni.

Nokia porta il 5G alla velocità record di 4,7 Gbit/s su una rete commercialeGrazie alla tecnologia Dual Connectivity della sua soluzione AirScale, Nokia ha dimostrato di poter raggiungere una velocità di trasmissione di 4,7 Gbit/s. I test sono stati effettuati su una rete 5g già operativa in Texas di Paolo CENTOFANTI

Anche se il focus primario delle innovazioni introdotte dal 5g non è quello della velocità di trasmis-sione, il nuovo standard porta con sé comunque decisi miglioramenti anche su questo fronte con l’im-plementazione di nuove sofisticate tecniche di trasmissione processa-mento del segnale. Nokia ha infatti annunciato di essere riuscita a rag-giungere la velocità di trasmissione record di ben 4,7 Gbit/s su una rete 5g installata nella città di Dallas in Texas. Il risultato è stato raggiun-to grazie alla soluzione hardware e software AirScale di Nokia, che supporta la modalità Dual Connec-tivity EN-DC (E-UTRAN/New Radio Dual Connectivity), che consente a un terminale di connettersi alla rete utilizzando simultaneamente le tecnologie radio LTE e 5g. In particolare, la trasmissione è avve-nuta sfruttando uno spettro aggre-gato complessivo di 840 MHz così suddivisi: 8 canali da 100 MHz su frequenze da 28 a 39 GHz su radio 5g, più 40 MHz su radio LTE.Secondo Nokia, questa tecnica consente di ottenere velocità mag-giori rispetto all’utilizzo delle due reti prese singolarmente e per-metterà agli operatori di sfruttare al meglio tutto il proprio patrimonio di frequenze.

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MAGAZINEn.223 / 201 GIUGNO 2020

di Gaetano MERO

D opo le anticipazioni dei mesi scor-

si, Xiaomi ha annunciato ufficial-

mente il rilascio di MIUI 12 illustran-

do tutte le novità che accompagnano la

nuova versione del sistema operativo

basato su Android.

Privacy di livello superioreTra gli elementi che Xiaomi ha eviden-

ziato nella nuova interfaccia spicca una

particolare attenzione alla sicurezza dei

dati e alla privacy. MIUI 12 fornirà al-

l’utente un maggiore controllo sulle au-

torizzazioni concesse alle singole app

monitorando l’accesso alla posizione, ai

contatti, alla cronologia delle chiamate,

al microfono e ai dati memorizzati.

Inoltre, nella barra di stato appariranno

delle notifiche lampeggianti quando le

applicazioni sensibili, tra cui la teleca-

mera, la posizione e il microfono, sono

in esecuzione in background. Cliccando

sulla notifica, sarà possibile modificare

le impostazioni di autorizzazione e bloc-

care qualsiasi comportamento sospetto

in qualsiasi momento. Più alto il livello

di privacy rispetto a quanto offerto da

Android quando si concedono i per-

messi: in fase di autorizzazione durante

l’esecuzione di un’app saranno difatti

presenti le opzioni aggiuntive “Durante

l’utilizzo dell’app” e “Notifica”, per con-

cedere l’accesso ai propri dati e agli

strumenti sensibili (come fotocamera

e microfono) solo quando si avvia l’ap-

plicazione specifica. Molto interessante

anche la possibilità di proteggere le

proprie foto che consente di rimuovere

le informazioni sulla posizione e i meta-

dati prima dell’invio degli elementi.

Animazioni in 3D e leggibilità dei dati ottimizzataCompletamente rivisitato il compar-

to animazioni, che risulta aggiornato

con innovazioni tecniche

a livello kernel sfruttando

il Mi Render Engine. Il mo-

vimento delle icone ora

simula una curva 3D, più

agevole anche il passaggio

da un’applicazione all’altra

con animazioni di sistema

sfumate.

Secondo Xiaomi a bene-

ficiarne sarà ogni tipo di

schermo grazie ad un modo

grafico di rappresentare i dati più com-

prensibile e intuitivo. Integrato in MIUI

12 il Super Wallpaper, con sfondi animati

basati sulle immagini ufficiali della NASA.

Gli sfondi combinano display Always-on,

Home screen e Lock screen rivelando

nuove visioni di pianeti lontani mentre

l’utente naviga attraverso il sistema.

Nuove feature e miglioramentiTante le nuove funzionalità e i migliora-

menti introdotti. Si parte dal Multitasking,

che risulta semplificato e rende ogni

finestra in grado di fluttuare. Le app in

esecuzione possono essere facilmente

spostate, chiuse e ridimensionate con

semplici gesti applicati alla barra delle

azioni. Ad esempio, quando arriva un

messaggio di testo durante la riprodu-

zione di un video, l’utente può risponde-

re direttamente nella finestra fluttuante

senza mettere in pausa la riproduzione,

consentendo così un multitasking senza

soluzione di continuità, comodo e senza

interruzioni.

Ottimo, sulla carta, il lavoro svolto da

Xiaomi con l’opzione di mirroring dello

schermo. Il multitasking è supportato an-

che qui: le finestre che vengono proiet-

tate possono essere ridotte al minimo

in qualsiasi momento. L’opzione per

trasmettere elementi con lo schermo

spento riduce il consumo di energia e,

nascondendo gli oggetti privati, non

permette la visualizzazione di notifiche e

chiamate in arrivo su monitor esterni.

MIUI 12 introduce anche una migliore ge-

stione della batteria con la modalità Ultra

risparmio, che limita le app meno “utili”

per prolungare la durata dell’autonomia

in caso di necessità. Presente su MIUI 12

l’App Drower, ereditato dal Poco Laun-

cher di Xiaomi, che mette tutte le app

in un cassetto per una più rapida con-

sultazione o può organizzarle in base

alle funzionalità. Rivisitata infine la Dark

Mode, in cui è integrata una tavolozza di

colori più scuri per sfondi e applicazioni

di sistema, oltre che per le applicazioni

di terze parti.

Rilascio su numerosi dispositivi, anche datatiIl rilascio di MIUI 12 inizierà nelle prossi-

me settimane con gli smartphone Mi 9/

Mi 9T/ Mi 9T Pro/ Redmi K20/ Redmi K20

Pro. Lunga la lista dei dispositivi su cui

la nuova interfaccia approderà nel corso

dell’anno: Redmi Note 7, Redmi Note 7

Pro, Redmi Note 8 Pro, Redmi Note 8,

Redmi Note 8T, Redmi Note 9, Redmi

Note 9s, Redmi Note 9 Pro, Redmi Note

9 Pro Max, Pocophone F1, Mi 10 Pro, Mi

10, Poco F2 Pro, Poco X2, Mi 10 Lite, Mi

Note 10, Mi Note 10 Lite, Mi 8, Mi 8 Pro,

Mi MIX 3, Mi MIX 2S, Mi

9 SE, Mi 9 Lite, Redmi

Note 7S, Mi Note 3, Mi

MIX 2, Mi MAX 3, Mi 8

Lite, Redmi Y2, Redmi

S2, Redmi Note 5, Re-

dmi Note 5 Pro, Redmi

6A, Redmi 6, Redmi 6

Pro, Redmi Note 6 Pro,

Redmi Y3, Redmi 7, Re-

dmi 7A, Redmi 8, Redmi

8A e Redmi 8A Dual.

MOBILE Xiaomi annuncia MIUI 12, nuova versione del SO del produttore basato su Android

MIUI 12, funzionalità e dispositivi compatibiliTra le funzionalità: più controllo sulla privacy, animazioni in 3D e multitasking intelligente

Google, presto si potrà pagare con i comandi vocali di Assistente GoogleAssistente Google potrà essere utilizzato presto per confermare, a voce, i pagamenti tramite carta di credito. In test su alcuni smartphone Android, ma la funzione sembra essere dedicata a smart display e altoparlanti intelligenti di Pasquale AGIZZA

Ok Google, paga il caffè. Potrebbe essere questo il futuro dei paga-menti in mobilità, con la società californiana che sta testando la possibilità di confermare, o effet-tuare pagamenti, a voce tramite il suo assistente vocale. In pratica, quando oggi effettuiamo un acqui-sto tramite la carta di credito, dob-biamo autorizzare la transazione sullo smartphone tramite impronta digitale o riconoscimento facciale. In alcune versioni beta di Assisten-te Google, invece, si nota la possi-bilità di concedere l’autorizzazione a voce.All’inizio della configurazione Google spiega che il profilo Voi-ce Match esistente potrà essere utilizzato anche per autorizzare i pagamenti tramite Assistente Google. Dalle opzioni c’è anche la possibilità di disattivare la fun-zione, con la stessa azienda che ci mette in guardia sui pericoli legati alle autorizzazioni vocali. Anche se la funzione potrà essere attivata su smartphone, sembra che Google abbia intenzione di concentrarsi più su altri campi. In particolare, la nuova modalità di conferma dei pagamenti sarebbe studiata per effettuare acquisti da Smart Di-splay e altoparlanti intelligenti.

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MAGAZINEn.223 / 201 GIUGNO 2020

di Roberto PEZZALI e Sergio DONATO

M icrosoft ama Linux. E ama anche i suoi svi-

luppatori: l’azienda di Redmond ha aperto

l’edizione “online” della Build 2020 presen-

tando una serie di novità davvero interessanti per chi

utilizza Windows per sviluppare.

Le abbiamo condensate in un unico articolo, più che

altro perché sono notizie che non hanno una forte rile-

vanza consumer ma che faranno apprezzare molto di

più Windows anche da quel pubblico che ha sempre

visto Microsoft come nemica dell’opensource.

Non lo è più, da diversi anni, e da quando ha inserito in

Windows 10 la possibilità di avviare un subsystem Li-

nux Microsoft è diventata amica di Linux. Tanto amica

che oggi quel subsystem si è evoluto e da quest’an-

no integra anche il supporto grafico e l’accelerazione

GPU. Per chi non sapesse di cosa stiamo parlando

facciamo un breve riassunto delle puntate preceden-

ti all’interno di Windows 10 è possibile far girare una

versione più leggera di Linux, facilitando così il lavoro

degli sviluppatori che fino ad oggi dovevano servirsi

di macchine virtuali o di dual boot.

Ora, dopo 4 anni, arriva una versione di Linux molto

più completa: oltre ad avere il terminale si potranno

avviare anche applicativi con interfaccia grafica. Mi-

crosoft non l’ha fatto per avviare programmi generici,

c’è già Windows per quello, lo ha fatto perché molti

IDE (ambienti di sviluppo) richiedono interfaccia grafi-

ca e gli sviluppatori non potevano accedervi. Sempre

per assecondare le esigenze degli sviluppatori che

all’interno del subsystem linux hanno bisogno di ese-

guire calcoli in ambito machine learning, calcoli che

vanno accelerati con una GPU, Microsoft aggiunge-

rà il supporto all’accelerazione hardware all’interno

di Linux. Dopo l’aggiunta della bash di Linux e dopo

l’integrazione delle cartelle del subsystem all’interno

di File Manager Windows e Linux diventano sempre

più uniti. Con Linux che diventa anche fonte di ispi-

razione per Windows: Microsoft ha infatti annunciato

l’arrivo di un Windows Package Manager. Esisteva-

no già dei package manager per Windows, progetti

opensource non ufficiali, ora ci sarà un sistema gestito

e mantenuto da Microsoft stessa. Si ispira ovviamente

ai package manager per Linux o al noto Brew per Ma-

cOS, e permetterà agli sviluppatori di gestire in modo

semplice e immediato le librerie. Il package manager

funzionerà da terminale, risponderà al comando win-

get seguito da Install o da Search. Basterà scrivere

“winget Install powershell” per installare o aggiornare

il pacchetto. A cosa serve un package manager se c’è

già un Windows Store? Lo store è fatto per programmi

completi, un package manager per installare non solo

programmi ma anche framework, semplici librerie o

utility. Uno strumento indispensabile.

Infine c’è Project Reunion, che abbatte quella barriera

PC La Build Microsoft 2020 porta tantissime novità: nuove api per la creazione di applicazioni universali e soluzioni per sviluppatori

Developer, Developer. Microsoft torna alle origini E Windows è sempre più “linux”Rivoluzione anche nella creazione e gestione dei documenti. Con Fluid i contenuti diventeranno elementi dinamici integrabili

tra le librerie usate per creare app universali, la Uni-

versal Windows Platform e le Windows API usate per

le classiche app Win32. Project Reunion unificherà

l’accesso a queste librerie e sarà una piattaforma co-

mune per tutte le app, di ogni tipo.

Sia che siano scritte in C++, in .NET o con sistemi

come React Native, che compila codice javascript in

una applicazione nativa. Il primo esempio di Project

Reunion è WinUI 3, il framework grafico oggi dispo-

nibile in versione “preview” che permetterà di creare

applicativi scalabili su diversi tipi di dispositivi, dai

desktop ai tablet, con un linguaggio comune e uni-

versale.

I documenti di Microsoft diventano interattivi. Ecco come Fluid rivoluzionerà OfficeBuild di Microsoft ha mostrato nuove agilità per Office

e Outlook. Si tratta del Fluid Framework, che si prepara

a rivoluzionare il lavoro sui documenti così come lo co-

nosciamo. I contenuti verranno resi indipendenti dalle

piattaforme usate e potranno essere aggiornati in tem-

po reale da un gruppo di lavoro. Il primo vagito di Fluid

Framework risale alla conferenza Ignite di Microsoft

del 2019, ma è con la Build 2020 che inizia ad aprirsi

un po’ di più al resto del mondo, sebbene gli svilup-

patori siano ancora alle prime fasi di creazione del

framework, che ora è anche open source.

L’indipendenza dei contenuti dalle piattaformeDunque, Fluid Framework dovrebbe fare la sua prima

apparizione in Microsoft 365 e in particolare su Ou-

tlook e Office.com. Il nuovo framework permette di uti-

lizzare contenuti dinamici e di creare componenti col-

legati che possono essere condivisi simultaneamente

e senza soluzione di continuità tra le applicazioni. I

contenuti possono essere tabelle, grafici, elenchi di

attività che possono essere integrati immediatamen-

te in un mail di Outlook, per esempio. Ma questi dati

non saranno una copia del contenuto originale, sarà

lo stesso sul quale i collaboratori potranno eventual-

mente lavorare, magari aggiornandolo o modificando-

lo. Gli spazi di lavoro di Fluid potranno essere creati

e gestiti, compresi il feed delle attività dei documenti,

l’elenco dei consigliati e le menzioni per gli apparte-

nenti al gruppo di lavoro. Il tutto dovrebbe essere al-

l’insegna della leggerezza e dell’agilità dei contenuti

Fluid che permetteranno modifiche istantanee., dato

che sarà possibile la collaborazione in tempo reale.

I contenuti attivi in Fluid saranno indicati con uno stato

ben visibile, così come saranno mostrati gli avatar delle

persone che stanno lavorando su di essi in tempo reale

(un po’ come accadeva con il defunto Wave di Google):

per esempio, uno scenario di utilizzo potrebbe essere

il corpo di una mail che è stata appena ricevuta ma che

contiene un componente “vivo” di tipo Fluid.

Il lancio sarà graduale, partendo dunque da Office.

com e Outlook web, per poi arrivare in Teams alla fine

di quest’anno e nella versione desktop di Outlook nel

2021. Sarà poi il turno di tutte le applicazioni Office

come Excel, Word e PowerPoint. Se si ha un account

aziendale Microsoft 365, si può avere la possibilità di

testare un’anteprima di Fluid raggiungendo questo sito. Le operazioni tuttavia, sono ancora limitate, dato

che Office e Outllok non sono ancora in grado di gestire

i contenuti dinamici, che quindi rimangono vincolati al-

l’ambiente creato dalla pagina, ma che comunque pos-

sono essere condivisi. Guardando al futuro più vicino, il

Fluid Framework sarà disponibile nei prossimi mesi per

le licenze Microsoft 365 Enterprise.

clicca per animare la gif

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MAGAZINEn.223 / 201 GIUGNO 2020

di Roberto PEZZALI

Quello di settembre non sarà un back to school

come tanti altri. Per la prima volta gli italiani hanno

capito che la formazione degli studenti non può

essere solo analogica, fatta di lezioni e libri. Il digitale

è fondamentale, e chi ha lavorato in questi anni per di-

gitalizzare la scuola durante il periodo di lock down ha

raccolto i suoi frutti: le lezioni non si sono interrotte, gli

studenti hanno continuato a studiare sui loro computer e

sui loro tablet, seguendo le lezioni in streaming.

Molte scuole stanno già pensando, dopo aver fatto teso-

ro dell’esperienza di questi mesi, di chiedere alle classi

di adottare un “computer” unico, un solo modello scelto

in base a diversi parametri (costo, funzioni, sistema ope-

rativo) che gli studenti devono avere, un po’ come un

vocabolario, o un libro.

Da poco Google ha annunciato l’arrivo dei Chromebook

in Italia: ChromeOS, nato nel 2011, è presente sul 24%

dei notebook venduti al dettaglio negli Stati Uniti e oltre

40 milioni di studenti e insegnanti utilizzano i Chrome-

book in tutto il mondo per fruire contenuti e crearli.

ChromeOS e i Chromebook non erano mai arrivati in

Italia perché l’Italia non era pronta. Ora lo è: le famiglie

hanno bisogno di un altro notebook, i figli non possono

usare quello dei genitori, hanno bisogno di un prodotto

pensato per il mondo scolastico, sicuro e aggiornato,

con una serie di strumenti, vedi Family Link, per mettere

un perimetro oltre il quale un bambino non può uscire.

Qualcuno continuerà a dire che i Chromebook sono dei

giocattoli, che non sono veri computer, che sono limita-

tati, ma la realtà è che i Chromebook sono perfetti per

quello che devono fare: portare ottime prestazioni ad

un prezzo accessibile, con tutte le applicazioni che ser-

vono in ambito scolastico, con funzioni di accessibilità e

con una batteria che dura tutto il giorno, perché i banchi

di scuola non hanno certo una presa per ricaricare un

portatile. Ora in Italia è disponibile una nuova gamma

di Chromebook realizzata dai partner di Google: Acer,

Asus, HP e Lenovo. I vari modelli di Chromebook si po-

tranno acquistare direttamente su Amazon.it ed Euroni-

cs a partire da oggi, e prossimamente arriveranno anche

su Unieuro e Mediaworld. Ecco i modelli e i prezzi nelle

varie versioni da Amazon.

Acer Chromebook 314 da 349 euro

Acer Chromebook 315 da 349 euro

Acer Chromebook 514 da 479 euro

Acer Chromebook 714 da 699 euro

Asus Chromebook C423 da 319 euro

Asus Chromebook C425 da 499,99 euro

HP Chromebook 14a da 349,99 euro

HP Chromebook x360 12b da 499,99 euro

HP Chromebook x360 14b da 449,99 euro

Lenovo Chromebook C340-11 da 349 euro

Lenovo Chromebook S340-14 da 349 euro

PC Google porta finalmente i suoi Chromebook in Italia: prestazioni ad un prezzo accessibile, con tutte le applicazioni che servono

Google porta i suoi Chromebook in Italia Altro che giocattoli: per gli studenti sono perfettiI pc saranno acquistabili nei negozi e non avranno a bordo Windows, ma ChromeOS. Che può essere anche un vantaggio

Google ha anche realizzato un nuovo sito per i Chrome-

book, che racconta la storia di questi notebook partico-

lari e aiuta a scegliere tra i diversi modelli disponibili.

Il sistema operativo tra i diversi modelli è lo stesso, cam-

bia la dimensione dello schermo e cambiano anche le

funzionalità, esistono modelli touch screen e modelli

invece con schermo classico, modelli con pennino e al-

tri da usare semplicemente con il trackpad. C’è scelta,

anche se in questa “scelta” non è presente il modello di

punta, quel bellissimo PixelBook fatto da Google stessa

che rappresenta il fiore all’occhiello della famiglia Pixel.

Con i Chromebook deve cambiare il modo di vendere i notebook: basta specifiche, spazio alle esigenzeL’arrivo dei Chromebook in Italia rischia di creare un ef-

fetto domino che cambierà radicalmente il modo in cui

le famiglie e le persone vedono i personal computer.

Fino ad oggi chi entrava in un negozio per comprare il

notebook aveva due certezze: Windows e macOS, PC

tradizionali da una parte e Apple dall’altra.

Negli ultimi tempi però si sono affacciate diverse solu-

zioni alternative. In ambito Windows, grazie a Windows

on ARM, stanno arrivando notebook leggeri e connes-

si che, seppur con qualche limitazione, assomigliano

molto a Windows 10 classico senza esserlo a pieno.

Hanno processori da tablet, non i classici processori

AMD o Intel, e rispondono alle esigenze di moltissime

persone che cercando mobilità e flessibilità, oltre ad

una autonomia da record. Ora arriva anche ChromeOS

sui Chromebook: sembrano sempre portatili da 14 e

15”, ma non c’è Windows sopra, c’è un sistema opera-

tivo diverso con applicazioni diverse. Se il commesso

fino ad oggi poteva dire: “Scelga in base al prezzo e al

design, tanto c’è su Windows”, domani non potrà più

farlo, dovrà consigliare un notebook in base a quello di

cui una persona ha davvero bisogno e agli applicativi

che dovrà usare. In certi ambiti Windows o MacOS po-

trebbero non essere più la scelta migliore.

Ridimensionati i tablet Android “professionali”ChromeOS mette anche un freno ai tablet Android con

tastiera e pennino: un Chromebook ha una tastiera

vera e ha uno schermo più grande, costa praticamente

uguale ed è decisamente più adatto per un utilizzo pro-

duttivo. Il tablet Android torna ad essere un dispositivo

per la fruizione di contenuti e di giochi, e perde parte

di quel suo lato “premium” che i produttori hanno cer-

cato di dargli negli ultimi anni, anche per alzare un po’

il prezzo. Nel mondo tablet Android ha perso la sfida

con iOS da tempo: ha pochissime app, e le poche che

ci sono pullulano di pubblicità. Chrome OS, che può

anche utilizzare come PWA le app del Play Store, risulta

uno strumento molto più versatile e con un rapporto

qualità prezzo migliore di un tablet Android. Quest’ulti-

mo vede quindi il ruolo ridimensionato a tavoletta per

video, giochi e navigazione web. Solo il tempo dirà se

i Chromebook avranno in Italia lo stesso successo che

hanno negli States. Devono combattere con la diffiden-

za di chi, spesso, guarda solo la scheda tecnica e non

pensa a consigliare il prodotto migliore ad una perso-

na in base a quello che deve fare, ma a questo siamo

abituati. Oggi tutti i prodotti sono eccellenti, ma ci sono

situazioni dove alcuni prodotti sono meglio di altri per

come sono stati pensati e studiati. I Chromebook, in

ambito scolastico, sono tra questi: a parità di prezzo

sono più veloci e scattanti di un classico notebook Win-

dows da 400 euro.

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MAGAZINEn.223 / 201 GIUGNO 2020

di Roberto PEZZALI

S i è tenuto il TechDay di ARM, e si è concluso con

l’annuncio di due nuove “IP”. IP, proprietà intellet-

tuali, perché il modello di business di ARM non

si basa sulla vendita di chip ma sulla progettazione di

CPU e GPU dove i progetti vengono poi venduti, con

diversi tipi di licenza, a chi deve produrre il SoC, System

on Chip, il chip fisico.

Nel mondo ci sono centinaia di aziende che usano CPU

ARM per i loro processori, e le più note in ambito con-

sumer sono Samsung, con i suoi Exynos, Qualcomm

con gli Snapdragon, Huawei con i Kirin e Mediatek. Ma

non sono le sole: in ogni set top box, nei TV, sui mi-

crocomputer come i Raspberry vengono usati chip con

all’interno un processore disegnato e progettato da

ARM. ARM è sempre stata vista come una architettura

destinata a prodotti capaci di consumare poco e con

poche pretese, ma non è proprio così.

Amazon, non l’ultima arrivata, ha introdotto nei mesi

scorsi il suo secondo processore basato su architettura

ARM, il Graviton2, e lo sta già utilizzando sui server de-

gli Amazon Web Services per fornire ai clienti un venta-

glio più ampio di istanze di calcolo.

Dove fino ad oggi c’erano solo Intel con gli Xeon e AMD

con gli Epyc, ora arriva anche ARM con soluzioni per

datacenter che possono offrire a parità di prestazioni

consumi relativamente ridotti, elemento fondamentale

se pensiamo a enormi rock di server che macinando

calcoli consumano energia e richiedono avanzati si-

stemi di dissipazione. Il Graviton2, creato dalla israe-

liana Annapurna Labs, azienda acquisita da Amazon

nel 2015, ha all’interno una CPU progettata da ARM,

la Neoverse N1. Una cpu che, messa a confronto con

le migliori soluzioni Intel e AMD per server non sfigura

affatto, anzi, riesce a competere senza problemi pur

mantenendo un impatto termico e energetico inferiore.

La rivoluzione ARM inizia da qui, perché grazie alla cre-

scita enorme e quindi anche agli introiti nel settore dei

datacenter ARM può investire sul segmento consumer

e cambiare il suo modello di business.

PC ARM cambia modello di business, e oltre alla classica CPU per tutti gli usi inizierà a proporre ai sui clienti CPU custom

ARM sfida Intel e AMD sul segmento pc Sfida anche Apple: “processori Android più veloci” Il nuovo processore Cortex X1 permetterà di competere con AMD e Intel sul segmento PC e con Apple in ambito mobile

Obiettivo: colmare il gap con Apple, AMD e IntelGli annunci del TechDay 2020, le due IP ARM Cortex

A78 e Cortex-X1, non sono solo due nuove CPU, rap-

presentano una vera svolta perché perché permetteran-

no di ribaltare, o di equilibrare, due trend che regolano

oggi il mondo dei computer e quello degli smartphone.

Il primo è che oggi i processori per computer con ar-

chitettura x86 fatti da Intel e AMD, e non si parla solo

di notebook ma anche di desktop, sono più potenti di

quelli basati su architettura ARM.

ARM si è affacciata nel mondo notebook e dei super

portatili con gli Snapdragon 8cx (a brevissimo la prova

del Galaxy Book), all’interno dei quali si trovano core

ARM Cortex A77, ma non è andata oltre, perché non

esistono soluzioni ARM per notebook di fascia alta o

per desktop. Il secondo riguarda l’ambito “mobile”, dove

oggi il più potente processore per smartphone Android,

lo Snapdragon 865, ha una CPU più lenta di quella del

processore montato sugli iPhone di due anni fa. Il divario

in termini di prestazioni tra i core usati nei SoC “A” di

Apple e i Cortex usati nei SoC per smartphone Android

è enorme. Apriamo subito una parentesi perché, consi-

derando le tifoserie, questo è sicuramente argomento

tipo da scatenare flame: si parla di velocità dei singoli

core della CPU, non del SoC nella

sua interezza. E soprattutto non si

usano i benchmark che si scari-

cano dagli store, ma benchmark

più seri come lo Spec CPU che

permette di ottenere valori con-

frontabili. Qui si possono consul-

tare i risultati di tutti i processori

misurati negli ultimi anni.

Per capire il motivo che ha porta-

to a certe situazioni si deve capi-

re il modello di business di ARM,

ne abbiamo parlato poco sopra.

Per farlo usiamo esempi pratici,

abbiamo parlato di Apple, e ci

aggiungiamo anche Qualcomm, Mediatek e Samsung,

utilizzi diversi della licenza ARM.

Apple usa l’architettura ARM, ma da ARM ha acquisito

solo la licenza per le istruzioni e poco altro. Nel 2008

Apple ha comprato l’azienda californiana PA Semi, azien-

da fondata nel 2003 dal capo progettista dei processori

DEC Alpha 21064 e StrongARM, Daniel W. Dobberpuhl.

Una sorta di “genio” dei processori, che poteva contare

su altri 150 bravissimi ingegneri capaci di disegnare da

zero una CPU e così hanno fatto. Al posto di prendere le

IP realizzate da ARM, quindi processori già progettati e

solo da integrare, gli ingegneri di PA Semi (Apple) hanno

deciso di progettare da zero la CPU da usare sui loro

SoC, usando le sole istruzioni ARM.

Per ogni generazione di processore A hanno saputo

creare la CPU in base a esigenze specifiche in termini

di prestazioni, consumi e area occupata all’interno del

SoC, perché esistono delle dimensioni da rispettare. Un

“core” infatti non è altro che un blocchetto che dev’es-

sere posizionato nel chip, di fianco agli altri core e agli

altri componenti che vanno poi a comporre quello che è

il SoC, o System on Chip.

Samsung ha fatto un percorso simile: all’interno dell’Exy-

nos 990 utilizza due core custom realizzati in casa insie-

me a due core Cortex-A76 progettati da ARM e quattro

core Cortex-A55 sempre di ARM.

I due core custom sono stati creati dalla divisione CPU

di Samsung, chiusa di recente proprio perché il gioco

non valeva la candela: i core custom by Samsung non

offrivano le prestazioni desiderate. Sui nuovi processori

Samsung userà esclusivamente IP ARM originali, un po’

come fa Mediatek.

Mediatek è il caso più semplice, si limita a comporre i

SoC usando tutte IP originali senza modifica: prende i

blocchetti il licenza, li inserisce nel chip e collega le par-

ti per far funzionare il tutto. Queste aziende non hanno

una divisione in grado di progettare CPU da zero, e

non ce l’hanno perché alla fine non devono realizzare

segue a pagina 20

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MAGAZINEn.223 / 201 GIUGNO 2020

un processore che funziona su un singolo dispositivo

o su un ristretto numero di dispositivi specifici, devono

fare un processore che deve poi essere venduto ad

altri clienti.

Qualcomm rientra in questo caso, ma usa all’interno

dei processori Snapdragon CPU con core Kryo, versio-

ni leggermente diverse rispetto alla IP ARM originale: la

licenza di chiama “Built on ARM Cortex Technology” e

permette a Qualcomm di prendere i progetti delle CPU

Cortex di ARM, modificarli leggermente e cambiare poi

nome.

Come Qualcomm, Mediatek e Samsung creano pro-

cessori per i loro clienti, anche ARM crea le CPU per

i suoi clienti, e non avendo budget infinito ha sempre

realizzato un’unica CPU che potesse soddisfare un po’

tutti, seguendo una logica di progettazione denomina-

ta PPA, Perfomance, Power e Area. Performance sono

le prestazioni, Power sono i consumi e Area è l’area

che il processore occupa all’interno del chip, tre varia-

bili legate tra loro da un filo: se aumentano le presta-

zioni aumentano anche i consumi e aumenta l’area, per

ridurre i consumi si devono ridurre le prestazioni, se si

aumenta l’area ci stanno meno “core”. Tutto collegato.

Le CPU di tipo Cortex A77 e A76, oggi presenti su tutti

gli smartphone Android, sono progettate con questa

logica: cpu universali che possano andare bene a tutti

i clienti, senza soddisfare esigenze specifiche. Lo stes-

so progetto di CPU viene comprato da Qualcomm, da

Mediatek, da HiSilicon, da Samsung e da tutti gli altri

clienti, senza modifiche.

La nuova “IP” Cortex A78, presentata nel corso dell’Arm

2020 TechDay, segue questo filone: un core universale

che accontenta un po’ tutti.

Per la prima volta però ARM annuncia anche la Cor-

tex-X1 Custom, una IP che rompe il paradigma PPA e

permette ai clienti, come Qualcomm, di spingere su un

vertice del triangolo senza preoccuparsi degli altri. Ed

è questa la vera novità che cambierà tutto.

Cortex A-78, la soluzione universaleVediamo prima la Cortex A78, evoluzione dell’attuale

Cortex A77 usata sui processori che oggi spingono

smartphone e tablet top di gamma. ARM ha fatto una

stima delle prestazioni, stima che possiamo vedere

nella tabella qui sotto: a parità di consumo un core Cor-

tex A78 offre prestazioni del 20% superiori rispetto ad

un core Cortex A77.

Il confronto è stato però fatto ipotizzando un core

Cortex A77 realizzato con architettura a 7 nanometri e

spinto a 2.6 Ghz contro un nuovo Cortex A78 realizzato

con la nuova architettura a 5 nanometri, che vedrà la

luce nel 2021, spinto a 3 Ghz. Se si confrontano invece

i vecchi core con i nuovi core, e ci si pone come obiet-

tivo il raggiungimento delle identiche prestazioni, un

Cortex A78 a 2.1 Ghz, sempre a 5 nanometri, consuma

il 50% di un Cortex A77 a 2.3 Ghz e 7 nanometri. Que-

sto però non vuol dire che gli smartphone dureranno il

doppio, ma semplicemente che nel caso in cui ad un

produttore non interessi aumentare ulteriormente le

prestazioni può ottenere, per i soli core della cpu, un

risparmio energetico del 50%. Nonostante uno smar-

tphone sia un sistema complesso fatto da un display,

dai modem, da altri componenti dove la CPU del SoC

è solo un piccolo blocco, quando al processore viene

richiesto di gestire grossi calcoli sono proprio i core a

consumare tanto quindi un aumento dell’autonomia, di

riflesso, ci sarà sicuramente.

Se si confrontano Cortex A77 e Cortex A78 sullo stesso

processo produttivo, ci si accorge che alla fine il Cortex

A78 è solo del 7% più veloce della versione attuale,

che consuma il 4% in meno e che occupa anche meno

spazio, 5% in meno sul die. Un miglioramento, ma non

così drammatico.

Solitamente ARM usa i Cortex A77 come core ad “alte

prestazioni” e li affianca a core ad alta efficienza, come

i Cortex A55. Non sono stati annunciati nuove IP per

la serie ad alta efficienza, quindi per i prossimi anni chi

userà i nuovi Cortex A78 li affiancherà, inizialmente, ai

Cortex A55.

Il Cortex X1 Custom cambierà le carte in tavolaLa vera novità però non è il Cortex A78, che rappre-

senta il core fatto per soddisfare le esigenze di tutti i

clienti, la vera novità è il Cortex X1. Lo abbiamo scritto

all’inizio: il gap di prestazioni tra i core creati da Apple

per prodotti specifici e quelli usati sugli smartphone

Android è molto ampio, e se ARM avesse continuato

a proporre una IP generica costruita seguendo il trian-

golo “prestazioni - efficienza e area” nessun produttore

sarebbe mai riuscito ad avvicinarsi ad Apple. O a Intel e

AMD, nel caso di processori per notebook e desktop.

Cortex X1 è la nuova soluzione “semi-custom” che

permetterà di creare soluzioni specifiche per andare

a competere con i leader in determinati settori. Siamo

davanti a core pensati per massimizzare le operazioni

single thread, che potranno raggiungere i 3 Ghz di clock

e che permetteranno, in base al design, di avere a parità

di processo produttivo il 22% di prestazioni in più rispet-

to alla Cortex A78 e due volte le prestazioni di un Cortex

A77/A78 nei calcoli machine learning.

Un Cortex X1 potrà essere ben più grande dei Cortex

A78, si stima che un core possa occupare quasi il dop-

pio dello spazio sul chip di un Cortex A78, e grazie alla

frequenza di clock raggiunta e alle prestazioni in single

thread potrà avvicinarsi alle prestazioni dei core usa-

ti nell’Apple A13 e a quelle di processori AMD e Intel,

permettendo così la creazione di SoC ARM da usare su

notebook ad alte prestazioni e anche su desktop, senza

preoccuparsi dei consumi e dello spazio occupato. Ca-

dono i vincoli.

Quello che ha fatto ARM per la prima volta è offrire ai

suoi clienti una soluzione flessibile che possa andare

incontro alle esigenze di ogni singolo cliente, tenendo al

tempo stesso il nuovo A78 come scelta per chi vuole un

prodotto più universale.

Qualcomm, Samsung e Mediatek continueranno ad

offrire processori mainstream, ma potranno ora avere

anche processori per categorie specifiche. Pensiamo ad

esempio allo Snapdragon 8cx, una versione per note-

book ARM dell’865. Qualcomm potrà realizzare un pro-

cessore ad hoc utilizzando Core X1 senza preoccuparsi

dei consumi, e potranno così nascere versioni “pro” di

PC

Rivoluzione ARMsegue Da pagina 19

segue a pagina 21

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MAGAZINEn.223 / 201 GIUGNO 2020

quelli che oggi sono notebook super leggeri business

capaci di una elevata autonomia.

Qualcomm dovrebbe essere la prima ad abbracciare la

nuova strategia di ARM: oggi uno Snapdragon 865 con

8 core usa una configurazione 1+3+4, un core “Prime”

affiancato da tre core con prestazioni medie e 4 core

ad alta efficienza. Il “core” di punta è un Cortex A77 da

2.84 Ghz con 512KB di cache di secondo livello, e que-

sto spiega quello che abbiamo detto prima: il Cortex 77

è inferiore come potenza di calcolo al core Lightning da

2.65 Ghz che Apple usa nell’A13, e nell’A13 di questi core

ce ne sono addirittura due.

Qualcomm potrà sostituire quel core “generico” con un

vero core ad altissime prestazioni se vorrà mantenere

una configurazione simile a quella attuale, ma potrebbe

anche scegliere di usare due core Cortex X1 affiancati

da 4 core ad alta efficienza, tornando così ad una più

flessibile soluzione a 6 core. In una configurazione simi-

le, secondo le proiezioni fatte da Anandtech usando i

benchmark contenuti nel database SPEC2006, un SoC

con questo nuovo “core” potrebbe avvicinarsi come

performance a quelle di un Apple A13.

Anche Samsung sembra interessata: “Sam-

sung e Arm hanno da anni una forte part-

nership tecnologica e siamo molto entusiasti

di vedere la nuova direzione che Arm sta

prendendo con il programma Cortex-X Cu-

stom, che consentirà all’ecosistema Android

di soddisfare le esigenze degli utenti” ha

dichiarato Joonseok Kim, vice presidente

del team di progettazione SoC di Samsung

Electronics, quindi non è da escludere un

prossimo Exynos con all’interno un Cortex-X

Custom.

Mediatek potrebbe essere il terzo cliente, anche se so-

litamente realizza processori di fascia media. Infine c’è

Huawei, ma resta da capire cosa succederà ora: non

sappiamo se potrà acquistare nuove licenze da ARM

(che non è però americana) ma Huawei ha sempre usato

l’architettura più vecchia. Il Kirin 990 usa il Cortex A76,

non l’A77, quindi anche in una condizione normale, sen-

za “ban” Usa, Huawei si sarebbe servita almeno per la

prossima generazione di Kirin di un A77 salvo poi pas-

sare, nei prossimi anni, a soluzioni diverse. Sempre che

non abbia deciso in questi mesi, proprio per il ban, di ini-

ziare a disegnare e progettare lei le CPU come ha fatto

Apple, che ci è riuscita e Samsung, che ci ha provato ma

ha poi abbandonato il progetto.

Arriveranno i desktop con ARM. E gli smartphone torneranno ad essere diversiAbbiamo sempre pensato che ARM sarebbe rimasta una

architettura per soluzioni mobile ed embedded. Cortex

X1 cambia tutto, perché potranno arrivare processori per

desktop con 8 core Cortex X1 e sarebbero paragonabili,

come potenza, a molte soluzioni AMD e Intel odierne.

Cambiano anche gli equilibri nel mondo Android: se fino

ad oggi tutti hanno usato soluzioni identiche, con Cortex

X1 Custom si vedrà molta più varietà

e non ci saranno più smartphone tutti

uguali. Perché il produttore che si limita

ad assemblare uno smartphone come

oggi fanno i vari Xiaomi, Realme, Oppo

e tanti altri dovrà per forza di cose pren-

dersi la soluzione generica venduta

dalla Qualcomm di turno, ma chi come

Samsung ha una divisione SoC che può

progettare chip per i suoi dispositivi po-

trà sfornare processori ad alte presta-

zioni senza necessariamente investire

in una divisione CPU.

PC

Rivoluzione ARMsegue Da pagina 20

di Pasquale AGIZZA

Apple ha rilasciato dopo un lungo

periodo di beta testing il nuovo

aggiornamento di macOS Catalina,

denominato 10.15.5. Oltre alle consuete

ottimizzazioni e risoluzione di problemi,

l’update porta la nuova opzione per la

gestione avanzata della salute della bat-

teria e qualche marginale miglioramento

all’interno di FaceTime.

Partiamo proprio dalla funzione più im-

portante introdotta dall’aggiornamento,

cioè la funzione di gestione dello stato

della batteria. Ne avevamo già parlato

in un articolo specifico in occasione del

rilascio della beta dell’aggiornamento.

L’opzione automatizza certi comporta-

menti che sarebbe buona norma adot-

tare quando si parla di ricarica delle

batterie. In particolar modo, l’utility di

gestione tiene conto della carica e della

temperatura di esercizio del portatile,

per fare in modo che la ricarica proceda

più lentamente se il computer presenta

una temperatura alta e ne riduce la ca-

pacità di carica massima se necessario,

in modo da tenere sempre il range ot-

timale di carica in base allo stato della

batteria. Questo perché il calore è la più

importante fonte di pericolo per la salute

“chimica” di una batteria. L’opzione sarà

attivata di default per tutti i MacBook che

dispongono di porta USB-Tpye C per la

ricarica (in pratica MacBook Air prodotti

dal 2018 in poi e MacBook Pro dal 2016

in avanti). Oltre alla gestione della bat-

teria, il nuovo aggiornamento porta delle

novità anche per FaceTime, il programma

di Apple per effettuare videochiamate.

Sarà possibile infatti controllare il primo

piano automatico durante le videochia-

PC La nuova opzione, che sarà attiva di default, si occupa di modulare la ricarica della batteria tenendo conto di più parametri

Apple Catalina 10.15.5. Più vita alla batteria dei MacBookL’aggiornamento porta, oltre ai consueti miglioramenti di sicurezza, anche delle nuove opzioni e miglioramenti in FaceTime

mate, con la possibilità di scegliere di

non far aumentare di dimensioni il qua-

drato dell’utente che, in quel momento,

sta parlando. Infine, saranno presenti

dei nuovi controlli per regolare con più

precisione la calibrazione dei colori del

Pro Display XDR.

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MAGAZINEn.223 / 201 GIUGNO 2020

Il 4 giugno verranno svelati i giochi di lancio di PS5La sfida tra Xbox Series X e PS5 entra nel vivo: il 4 giugno Sony annuncerà la lineup dei videogiochi che accompagneranno il lancio della nuova console. Verrà finalmente svelato anche il design finale di PlayStation 5? di Paolo CENTOFANTI

Dopo le indiscrezioni degli scorsi giorni, arriva la conferma: il 4 giu-gno alle 22 ora italiana, Sony an-nuncerà finalmente quali saranno i videogiochi che accompagneran-no il lancio della nuova console PlayStation 5. Entra così nel vivo la sfida tra le due console di nuo-va generazione. Microsoft ha già svelato alcuni dei principali titoli che saranno disponibili all’uscita nei negozi di Xbox Series X, men-tre a oggi, di PS5 sappiamo solo le specifiche nude e crude e il design del controller DualSense, ma poco altro. L’evento è stato annunciato sul Blog PlayStation da Jim Ryan, Presidente e CEO di Sony Interac-tive Entertainment. A livello di co-municazione, Sony ha tenuto ben nascoste le sue carte, lasciando a Microsoft il palcoscenico per quasi tutta la prima parte dell’anno. L’at-tesa per questo evento è dunque tanta: quali saranno le esclusive? Ci saranno video credibili in grado di rivelare quali saranno le presta-zioni della nuova console? Sony utilizzerà l’occasione per svelare finalmente il look della nuova con-sole? L’evento potrà essere segui-to sul sito ufficiale PlayStation e sugli account ufficiali di Twitch e YouTube.

di Pasquale AGIZZA

I l Decreto Rilancio, varato dal governo

Conte, viene incontro agli sviluppatori,

con dei finanziamenti mirati proprio ai

progetti in questa fase di sviluppo con un

fondo annuale di 4 milioni di euro.

Una delle fasi più difficili e costose, per

uno studio che vuole sviluppare un vi-

deogame, è quella della creazione di un

prototipo funzionante, da mostrare agli

editori per ottenere i finanziamenti per

sviluppare interamente il progetto: in quel

momento non c’è certezza di avere il sup-

porto economico necessario. L’iniziativa

si chiama First Playable Fund e prevede

l’erogazione di contributi a fondo perdu-

to (fino al 50% delle spese ammissibili)

per un importo compreso fra i 10mila e i

200mila euro, destinati a progetti video-

ludici in fase di concezione e pre-produ-

zione.

Il governo ha già stanziato un bonus di

4 milioni di euro, per il 2020 da dedicare

all’iniziativa. Arriverà nei prossimi giorni,

invece, il decreto attuativo del Ministero

GAMING Il Decreto Rilancio varato da Conte viene incontro agli sviluppatori, con dei finanziamenti mirati

La svolta del Decreto Rilancio 4 milioni di € per lo sviluppo di videogiochiFirst Playable Fund prevede l’erogazione, a fondo perduto, del 50% delle spese fino a 200.000 €

dello Sviluppo Economico che fisserà i

paletti e le modalità di candidatura per

accedere al fondo.

In merito all’iniziativa, registriamo la sod-

disfazione di IIDEA, l’associazione di ca-

tegoria che raggruppa gli imprenditori del

videogioco in Italia. “Come associazione

stiamo lavorando da tempo per ottenere

misure di sostegno pubblico al settore

dei videogiochi. Un settore costituito da

piccole e micro imprese scarsamente

capitalizzate, che operano in un mercato

internazionale molto competitivo”, ha di-

chiarato Mauro Fanelli, vicepresidente di

IIDEA (la ex-AESVI).

“Siamo felici che con il DL Rilancio sia

stato possibile compiere un primo passo

in questa direzione. Ringraziamo il Mi-

nistero dello Sviluppo Economico per la

sensibilità dimostrata con l’approvazione

del First Playable Fund, che diminuisce il

gap tra l’Italia e gli altri paesi europei in

termini di sostegno pubblico all’industria

dei videogiochi

di Massimiliano DI MARCO

Xbox Series X aggiungerà l’HDR ai

vecchi giochi. Per una selezione di

titoli non meglio specificata, la con-

sole permetterà di arrivare a risoluzioni

“fino al 4K” e di raddoppiare il frame rate

fino a 120 FPS per i vecchi giochi, indietro

fino alla prima generazione di Xbox, ha

spiegato Jason Ronald, Partner Director

of Program Management dell’Xbox Pla-

tform Team. L’HDR, per esempio, sarà

introdotto con “una nuova e innovativa

tecnica di ricostruzione dell’HDR” che

permette, secondo Microsoft, di aggiun-

gere il supporto alla gamma dinamica

estesa automaticamente.

“Poiché questa tecnica è gestita diretta-

mente dalla piattaforma, ci permette di

abilitare l’HDR con nessun impatto sulle

prestazioni del gioco e possiamo inoltre

applicarlo ai giochi per l’Xbox originale e

GAMING Grossi vantaggi per i giochi retrocompatibili per Xbox Series X, anche quelli più vecchi

Xbox Series X pompa sulla retrocompatibilitàSupporto automatico all’HDR, frame rate raddoppiato per certi titoli e aumento risoluzione fino al 4K

Xbox 360 sviluppati quasi

20 anni fa, prima ancora

dell’esistenza dell’HDR” ha

scritto Ronald.

Quali siano questi giochi

“benedetti” dall’hardware

di Xbox Series X, però, non

è stato chiarito. Anche la

funzione Quick Resume,

che permette di riprendere

dal punto esatto in cui era stata fermata

la sessione di gioco, sarà integrata nei

giochi retrocompatibili. Questa caratteri-

stica di Xbox Series X è particolarmente

importante non solo perché permette agli

utenti di continuare a esperire tre genera-

zioni di giochi sulla nuova piattaforma, ma

anche perché, come ha anticipato la casa

di Redmond, non ci saranno esclusive di

prime parti (cioè sviluppate dagli studi in-

terni di Microsoft, facenti parte degli Xbox

Game Studios) specifiche per Xbox Se-

ries X almeno per i primi due anni di pre-

senza sul mercato. Ciò significa che pro-

duzioni come Halo: Infinite, previsto per

la fine dell’anno, continueranno a essere

prodotte anche per Xbox One. Secondo

Ronald, la retrocompatibilità offrirà van-

taggi anche nei tempi di caricamento

poiché anche i giochi già disponibili po-

tranno sfruttare le potenzialità dell’SSD

di Xbox Series X.

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Il meglio della tecnologia OLED

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MAGAZINEn.223 / 201 GIUGNO 2020

di Gianfranco GIARDINA

I l vlogger ha una caratteristica chiave: quasi sempre

crea i suoi video da solo, con un treppiede per amico.

E per vlogger non intendiamo solo i “professionisti”

di YouTube, ma tutti coloro che per passione, per diver-

timento e anche per lavoro si trovano a raccontare una

storia attraverso un video.

Lo smartphone è normalmente lo strumento preferito

dai vlogger, ma non è privo di limiti e difetti. A partire

dal fatto che, per vedere l’inquadratura che si sta facen-

do, bisogna utilizzare la camera anteriore, normalmente

molto più scadente di quella posteriore; e che spesso ci

sono fastidiosi salti di fuoco. Per dare una soluzione su

misura per chi vuole fare produzioni video di qualità ma

che siano anche comode e flessibili, Sony ha pensato di

lanciare una nuova macchina compatta: la ZV-1. Che cor-

risponde anche a una nuova famiglia, pensata espressa-

mente per le esigenze di videoripresa snella e flessibile,

ma di altissima qualità. Questa nuova macchina viene

presentata in tutto il mondo oggi e noi l’abbiamo provata

a fondo in anteprima. Ecco qui tutte le caratteristiche, le

prove fatte e i nostri giudizi.

La ZV-1 è una specie RX100 ottimizzata per il video. Ma costa quasi la metàSe partiamo dalla scheda tecnica, la nuova ZV-1 po-

trebbe essere benissimo una versione ottimizzata per il

video della RX100 (qui sotto la prova della settima ge-

nerazione).

Sì, perché le analogie e le assonanze con la supercom-

patta di Sony sono moltissime, anche esplicitate dai re-

sponsabili marketing della società. Si tratta infatti di una

fotocamera compatta con ottica zoom motorizzata che

si estende all’accensione, di dimensioni pressoché iden-

tiche alla RX100. Ma le analogie con questa macchina

non finiscono certo con le dimensioni e l’estetica: molte

funzioni e molti componenti sono in comune, a partire

dal sensore, il CMOS Exmor RS da 20.1 megapixel che

caratterizza la RX100 oramai da alcune generazioni. E

poi l’ottica: una Zeiss 24-70 che già avevamo visto sulla

TEST Sony ha da poco lanciato a livello globale la nuova compatta pensata espressamente per il video e lo story telling

Il biglietto per il paradiso dei vlogger costa 800 € La recensione completa della nuova Sony ZV-1 Eye autofocus, microfono di qualità e funzioni ad accesso facile, per convincere i vlogger a girare con una vera foto-videocamera

RX100 V. Si tratta di un’ottica molto luminosa, F1.8-2.8,

che non si spinge sulle lunghe focali; peraltro i 200mm

della RX100 VII servirebbero ben a poco nella realizza-

zione di un video selfie. Identico anche il processore,

quel Bionz X che anima tutta la fascia alta di fotocamere

Sony, comprese le mirrorless Full Frame. E con il proces-

sore arrivano su questa ZV-1 tutta una serie di funzioni e

capacità di ripresa evolute che posizionano la macchina

in una fascia alta della ripresa video e foto, malgrado il

“vestito” da compatta.

Partiamo però da un altro fattore, che spesso si affronta

alla fine delle prove di prodotto: il prezzo. La ZV-1, che

sarà disponibile sin dal prossimo giugno, avrà un prez-

zo consigliato di 800 euro. 500 euro meno della RX100

VII, 150 euro meno della RX100 V. Un prezzo che, se la

macchina conferma le premesse, non può che essere

vincente: meno di uno smartphone top di gamma per

avere una sofisticata macchina da ripresa perfetta per

i video blogger. Ma anche una macchina che pareggia

e in certi ambiti addirittura sorpassa le sorelle maggiori

RX100 per un prezzo decisamente più basso. Come è

possibile? La ZV-1, per raggiungere una fascia di prezzo

capace di convincere gli Youtuber anche occasionali,

lascia per strada alcune caratteristiche, come il mirino

oculare, comodo ma non certo decisivo per fare video

selfie. E perde quella sensazione di robustezza della se-

segue a pagina 25

Sony ZV-1 La prova completa

lab

video

lab

video

Sony ZV-1NON CI SONO PIÙ SCUSE, IL VLOGGER MOLLI LO SMARTPHONE E PASSI ALLA ZV-1

800,00 €

Se il benchmark delle riprese del vlogger medio è lo smartphone, beh, non c’è gara. Questa ZV-1 riprende molto meglio di qualsiasi smar-tphone, soprattutto in modalità selfie; ha un vero zoom; non ingombra molto di più; ha un microfono decisamente migliore; ed è meglio stabilizzato.In più, il vlogger medio molto spesso non usa il proprio smartphone principale per le riprese (sarebbe soggetto a interruzioni per notifiche e chiamate): se bisogna scegliere tra uno smartphone di qualità (che rischia di costare di più) e questa ZV-1, è difficile avere dubbi. La foto-videocamera dedicata è sempre meglio, per lo meno se non si cercano aggiunte in realtà aumentata di nasi rossi o di orec-chie da coniglio. Per questo siamo certi che tanti vlogger o aspiranti tali prenderanno in considerazione l’acquisto della ZV-1: a 800 euro, con funzioni di macchine Sony che costano migliaia di euro, non c’è tempo da perdere in pensieri e considerazioni. Insieme ad un’ideale pacca sulla spalla ai progettisti di Sony per il lavoro fatto, abbiamo però già la lista delle migliorie per la versione II.

Qualità Longevità Design Semplicità D-Factor Prezzo

9 9 8 8 9 98.8COSA CI PIACE COSA NON CI PIACEMacchina calibrata espressamente sulle necessità dei vloggerEye autofocusMicrofono eccellente con protezione antivento

Batteria “leggera” e mancanza caricabatterie esternoAlloggiamento batteria e scheda bloccato da treppiedeSi sente la mancanza delle ghiere superiori

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MAGAZINEn.223 / 201 GIUGNO 2020

rie RX: il telaio sembra meno solido, con un ricorso mag-

giore alla plastica. Ma guadagna molto in ergonomia e

soprattutto “tranqullità” di utilizzo: con questa macchina,

anche se non è profondamente tecnici, il risultato lo si

porta a casa certamente, senza grandi sorprese al mo-

mento dell’inserimento della scheda nel PC.

Un design finalmente a prova di vloggerNella nostra prova della Sony A6600 avevamo detto

come si trattasse di una piccola mirrorless ideale per i

videomaker, grazie soprattutto ad alcune funzioni speci-

fiche, come l’eye autofocus.

Ma l’archiettura mirrorless non è certo quella preferibille

per un vlogger, che preferisce viaggiare snello. L’ultima

edizione della RX100 introduce anch’essa l’autofocus

sull’occhio, ma resta prevalentemente una fotocamera

con capacità di ripresa video. Questa ZV-1 molto simile

ma parte da un obiettivo perfettamente opposto: è so-

prattutto una videocamera con la possibilità accessoria

di scattare anche qualche foto. A partire dal monitor:

nella RX100 VII si capovolgeva verso l’alto, mostrandosi

(incompleto) sopra la macchina; ma bastava almeno per

impostarsi l’inquadratura. Nella ZV-1 il display si sbandie-

ra a lato e poi ruota su se stesso, fino ad offrirsi chiaro

all’operatore-soggetto: così l’autoinquadratura è molto

più facile.

Non si tratta di una soluzione originale (è presente su

macchine di altri marchi), ma Sony non ha mai spinto sul-

la possibilità del video selfie, almeno fino a questa ZV-1.

Il prezzo è la mancanza dell’oculare, un limite più per

le funzioni fotografiche e per la revisione del girato in

condizioni di forte illuminazione, in cui il display non è

sufficiente. Cambia anche l’interfaccia fisica: i tasti sono

molto diversi dal solito, con il tasto di registrazione video

grande, ben accessibile e addirittura più visibile di quello

di scatto, grazie a una grafica rossa molto evidente.

Anche l’impugnatura è facile (le mani più grandi qualche

difficoltà potrebbero comunque incontrarla) e potrem-

mo dire quasi “double face”. Infatti un piccolo profilo

gommoso sull’impugnatura, rende la presa sicura quan-

do l’utilizzo è quello classico.

In modalità videoselfie (e in mancanza di un grip) l’im-

pugnatura consigliabile è con la mano sinistra, le cui

dita centrali trovano nello scalino lasciato libero dallo

schermo, ripiegato in avanti, una valida opposizione e

di conseguenza una tenuta ferma. Mancano invece le

ghiere rotative alte, quelle che su altri modelli servono

per la gestione dei tempi e dei diaframmi; come manca

anche la rotella di selezione meccanica dei modi: per

TEST

Sony ZV-1segue Da pagina 24

La Sony ZV-1 ha la presa USB, sia per la ricarica che per il collegamento a PC; un ingresso micro-fonico (manca l’uscita cuffia); e un’uscita HDMI, in formato micro, per un eventuale collegamento a un monitor/recorder esterno

cambiare modalità di scatto/ripresa, bisogna agire sul

menù rapido attraverso la crociera rotativa sul retro della

macchina. Tanto - hanno pensato probabilmente i pro-

gettisti - il videomaker raramente cambierà portandosi

su una modalità foto.

Ci sono poi almeno altri due elementi che contribui-

scono a rendere questa macchina ancora più adatta ai

videoblogger: i tasti funzione e la spia frontale. Infatti al-

cuni tasti funzione che sono già pensati per configurare

velocemente la macchina per le situazioni di ripresa più

frequenti. Per esempio, il tasto C1, posto nella parte alta

della macchina, consente, come preimpostazione, di

passare dalla modalità a sfondo nitido a quella a sfondo

sfuocato. VAI AL TEST VIDEO

Non si tratta di una elaborazione grafica ma di un vero

e proprio bokeh ottico ottenuto cambiando il diaframma

dell’ottica: in modalità grandangolare, la lente è capa-

ce di un’apertura F1.8, che riesce a rendere il fuoco se-

lettivo molto puntuale, con profondità di campo corte,

sebbene si stia parlando di un sensore da 1”. Per avere

questa estetica fotografica, normalmente bisognereb-

be impostare la macchina in priorità diaframmi con ISO

Auto e aprire il diaframma al massimo, un’operazione

non difficile ma comunque non certo immediata come

la pressione di un tasto fisico. Con la ZV-1 basta preme-

re un tastino per passare dalla modalità a sfondo nitido

(diaframma chiuso) a quella a sfondo sfuocato (diafram-

ma aperto) e viceversa; o per disattivare la funzione e

tornare alle preimpostazioni della macchina. Allo stes-

so modo è stata associata, almeno in preimpostazione,

un’altra interessante funzione al tasto C2 (che è anche

quello che in modalità play, permette di cancellare una

foto o un video): premendo il tastino si cambia a priorità

di messa a fuoco sul soggetto in primo piano, situazione

perfetta per mostrare un oggetto ravvicinato, senza che

l’autofocus si lasci sedurre da altri oggetti sullo sfondo.

Anche questa operazione di può compiere con le altre

macchine, ma tocca spesso avventurarsi nei menù, quel-

lo di cui meno ha voglia il vlogger medio, abituato alla

facilità di utilizzo di uno smartphone. L’altra cosa, piccola

ma decisiva, è la spia rossa sul frontale della macchina,

che si accende quando il “motore” è attivo, quando sta

riprendendo. Sembra una stupidaggine, ma chi ha fatto

dei video selfie sa benissimo come capiti di fare dei take

magari perfetti per poi scoprire che la macchina non era

in rec; o, allo stesso modo, scoprire di aver riempito una

card e prosciugato una batteria per non essersi accorti

che la registrazione era ancora attiva. La spia sul fron-

tale è quasi da “letterina a Babbo Natale” del vlogger:

desiderio esaudito.

Ottica decisamente versatile, ma non ha il bokeh delle mirrorlessSi sente dire spesso che per il video un sensore non

troppo grande sia vantaggioso. È vero per molti aspetti,

a partire dalla possibilità di avere un fuoco più lungo e

un sensore più veloce, quindi meno soggetto ad alcuni

effetti fastidiosi come il cosiddetto “rolling shutter”. Ma

non c’è dubbio che un sensore APS-C o ancor di più Full

Frame, associato ad ottiche di qualità, offra uno sfuoca-

to con una pasta morbidissima, un bokeh di alta qualità.

Questo è forse l’unico aspetto, sul fronte dell’accoppiata

sensore ottica, che manca a questa ZV-1, che riesce a

sfuocare lo sfondo, ma con un risultato un po’ troppo

“meccanico”, senza la “pasta” alla quale ci hanno abi-

tuato le mirrorless. Fatto salvo questo aspetto, l’ottica è

luminosissima (F1.8-2.8) e, in unione con gli ISO che si

estendono fino a 12800 senza portare l’immagine alla

devastazione, è capace di far sembrare giorno anche le

stanze più buie. C’è l’inevitabile fastidio, all’accensione,

di dover attendere l’estensione dell’ottica, come sem-

pre accade nelle zoom compatte: questa ZV-1, come le

RX100, non è una macchina fotografica punta e scatta,

potrebbero mancarle i tempi giusti di reazione. Ma nel

video questo aspetto conta poco.

L’eye autofocus in video: un sogno su una macchina in questa fascia di prezzoLa caratteristica più importante della RX100 VII, almeno

a nostro avviso, viene ereditata in toto dalla ZV-1: si tratta

dell’autofocus sull’occhio del soggetto, operativo anche

in modalità video e non solo foto. E per un vlogger che si

gira da sé i propri video, questa è una funzione basilare

per evitare che al primo movimento si perda il fuoco. Chi

vuole fare video un po’ dinamici, infatti, non può lavora-

re a fuoco fisso, perché vorrebbe dire mantenere una

distanza dalla macchina prefissata; l’autofocus generi-

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MAGAZINEn.223 / 201 GIUGNO 2020

co rischia sempre di confondersi al primo movimento

e di andare a cercare il fuoco avanti e indietro, magari

prima di ritornare sul soggetto. L’aggancio dell’occhio,

invece, è quello che serve. Tra l’altro il sistema Sony ha

già dimostrato nelle altre prove che abbiamo fatto di

rispondere benissimo, riuscendo, in caso di inquadra-

tura di tre quarti, a discernere quale sia l’occhio vicino

e a puntare sempre su quello, come da regole base

della fotografia. Il fatto che una macchina da 800 euro

abbia questa funzione è una bellissima notizia: in fondo,

visto che il processore è lo stesso Bionz X di macchine

ben più blasonate (anche la A9 lo monta), anche questa

ha certamente la potenza di calcolo per riconoscere il

viso e, con esso, anche l’occhio durante le riprese vi-

deo. L’Eye Autofocus è molto utile perché permette un

fuoco molto preciso anche con diaframmi molto aperti,

situazione che accorcia pericolosamente la profondità

di campo. Il fuoco sulla punta nel naso, basterebbe per

lasciare gli occhi fuori dal campo della massima nitidez-

za. D’altro canto, con un po’ di malizia, viene da credere

che l’Eye Autofocus possa essere implementato anche

su macchine, come le A7 III, che hanno il Bionz X e che

sono uscite prima del lancio da parte di Sony di questa

funzione. Un aggiornamento in tal senso sarebbe molto

gradito per i possessori di queste macchine. Ma per il

momento, chi desidera questa funzione può scegliere

solo tra le cinque macchine che la implementano: la A9

II, la A7 IV, la A6600 e la RX100 VII, oltre ovviamente

a questa ZV-1. Noi abbiamo provato diverse di queste

macchine, ultima in ordine di tempo proprio la RX100.

Ebbene - ma è solo un’impressione - ci è parso che la

capacità della ZV-1 di agganciare l’occhio del soggetto,

soprattutto in condizioni di illuminazione difficile, sia un

po’ inferiore rispetto alle altre macchine dotate della

medesima funzione. Il fuoco sull’occhio interviene, ma

con un pizzico di ritardo rispetto a quanto avevamo

apprezzato in altri casi. Va detto, però, che il sistema,

una volta agganciato l’occhio, funziona alla meraviglia:

una camminata vero la macchina, anche rapida, anche

in controluce, non inganna l’autofocus che, con micro

correzioni continue, aggiusta sempre il fuoco, arrivando

anche a distanze ridottissime: a 24 mm equivalenti, la

ZV-1 focheggia anche a 4 cm dal soggetto. VAI AL VI-DEO DIMOSTRATIVO.L’autofocus sul primo piano, quello attivato dal tasto pro-

grammabile C2, ci ha invece davvero stupito: è veloce e

non sbaglia un colpo. Quando la ripresa è finalizzata a

spiegare una procedura manuale, a mostrare un oggetto

TEST

Sony ZV-1segue Da pagina 25

o dei gesti, basta schiacciare un tasto e si è subito pronti.

Anche se lo sfondo ha altri soggetti prevalenti, in que-

sta modalità la ZV-1 mette sempre a fuoco sull’oggetto

più vicino. E lo fa bene, senza esitazioni. Ma soprattutto

non “pompa” il fuoco avanti e indietro alla ricerca della

giusta focalizzazione: si evitano così i fastidissimi fuochi

“a molla” che rendono alcuni autofocus pressoché inu-

tilizzabili. VAI AL VIDEO DIMOSTRATIVO.

Lo stabilizzatore è ottimo, l’ammorbidimento della pelle meno convincenteUna macchina da vlogger viene spesso usata a mano.

E generalmente viene sbatacchiata di qua e di là senza

troppe cautele e senza gimbal. Una stabilizzazione è

molto importante per rendere comunque godibile la ri-

presa. La ZV-1 integra il classico SteadyShot di Sony, uno

sistema di stabilizzazione a due componenti, una ottica

e una elettronica. Si può attivare anche solo quella ottica

o, al prezzo di un leggero crop del campo inquadrato,

aggiungere anche la stabilizzazione elettronica. La resa

combinata è eccellente: riprese in video selfie a braccio

camminando risultano eccellenti, godibili, e soprattutto

prive di artefatti, cosa non scontata quando interviene

anche la compensazione elettronica del movimento. Le

camminate sono fluide; la corsa, anche veloce, accet-

tabile; riprese in bicicletta, anche su terreno sconnes-

so, decisamente morbide. Un gimbal sicuramente può

fare un po’ di più, ma qui siamo già a metà strada. VAI ALLA VIDEO PROVA DELLO STABILIZZATORE. Meno

convincente invece il circuito di ammorbidimento degli

incarnati, che poteva essere utile visto che si presume

che la prevalenza dei soggetti di questa macchina siano

umani. In realtà, anche già all’impostazione più conser-

vativa, la pelle risulta troppo “spiattellata”, un po’ finta. In

alcune riprese abbiamo dimenticato la funzione attiva e

poi, una volta viste su computer, sono parse probabil-

mente quelle meno interessanti di tutto il lotto. Meglio

disinserire la funzione e tenersi le rughe.

Il microfono è molto buono. La protezione antivento in dotazione addirittura genialeNon capita spesso, soprattutto in una piccola compat-

ta, che il microfono sia molto curato. Si pensa sempre

debba essere solo uno strumento di “emergenza”, ma

per tutte le riprese “serie” vada utilizzato un microfono

esterno. Qui i progettisti di Sony hanno voluto mettere

mano pesante ai disegni della RX100 e fare le cose per

bene: addio al mini flash retrattile e addio al mirino po-

pup. Tutto lo spazio nella parte alta della ZV-1, al di là

della zona dei pulsanti, se lo prende il microfono. O me-

glio bisognerebbe dire i microfoni, visto che le capsule

integrate sotto la generosa griglia sono addirittura tre. Si

potrebbe pensare che un microfono posto nella parte

alta della macchina e non sul frontale non sia abbastan-

za direzionale. Invece no: l’immagine è decisamente

stereofonica e molto concentrata sull’area inquadrata

dalla macchina. I suoni provenienti da dietro vengono

comunque captati, ma decisamente attenuati (anche di

10-15 dB) e sfasati a simulare proprio un effetto surround. VAI ALLA PROVA DEL MICROFONO INTEGRATOL’idea dei progettisti Sony è quello di dimenticarsi di un

microfono esterno e far sì che quello integrato non sia

più un microfono di servizio ma diventi quello da usare

abitualmente. Il livello di voce catturato fino a due me-

tri di distanza dalla macchina è sufficiente per un vlog,

anche se, va detto, abbiamo provato anche ad usare

un microfono direzionale esterno Rode con maggiore

soddisfazione: per fortuna la ZV-1 dispone anche di in-

gresso microfonico su minijack.

Ma, tornando al microfono integrato, una griglia così

ampia rischia di rimanere esposta al vento. Il rombo del

vento sulla capsula microfonica è una delle più grandi

minacce per i vlogger: infatti quando si gira non si sente

se il vento scappa via liscio o disturba (tra l’altro la ZV-1

non ha neppure l’uscita cuffia); ma soprattutto quando ci

si accorge del problema, a casa, o si riprogramma una

nuova ripresa o ci si accontenta della clip disturbata: in-

fatti, è quasi impossibile rimuovere per via elettronica in

post produzione una raffica di vento senza compromet-

tere anche la qualità del parlato. Le capsule della ZV-1,

seppure non direttamente esposte al vento orizzontale,

nelle nostre prove si sono rivelate comunque sensibili

alle raffiche. Ma - qui viene la parte interessante - Sony

ha inserito nella confezione della ZV-1 una protezione

antivento, il cosiddetto “deadcat”, fatto su misura e da

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MAGAZINEn.223 / 201 GIUGNO 2020

innestare nella slitta del flash esterno. Con la protezione

innestata (che si paga con un leggerissimo taglio degli

alti) il vento non fa più paura: nelle nostre prove un ven-

taglio a tutta forza a 10 cm indirizzato verso il microfono,

non ha creato disturbi; allo stesso modo, una ripresa in

bicicletta a 20 km/h, si è rivelata del tutto pulita. Insom-

ma, se in casa si può anche girare senza protezione, il

consiglio è quello di utilizzare il deadcat ogni volta che

si va in esterna. Unico rammarico l’impossibilità di usare

contemporaneamente la protezione antivento e un al-

tro accessorio pensato per la slitta del flash, come per

esempio un faretto. VAI ALLA PROVA DELLA PROTE-ZIONE ANTIVENTO. La ZV-1 ha anche una funzione di

protezione antivento elettronica: scordatevela. Le raffi-

che si sentono comunque e in compenso il suono è del

tutto filtrato, al limite del fastidioso.

L’uso con il grip Bluetooth: consigliato anche come telecomandoLa ZV-1, oltre ad avere la connettività Wi-Fi per il col-

legamento a smaprthone attraverso l’app Sony Edge,

dispone anche della compatibilità con Bluetooth.

Si tratta di una funzione molto utile per la connessione

del grip opzionale Sony. Si tratta di un’impugnatura con

aggancio filettato per affrancare la macchina, testa ro-

tante e basculante e soprattutto connettività Bluetooth

attraverso la quale trasferisce alla macchina alcuni co-

mandi impartibili attraverso i tasti presenti sul grip stes-

so. Per esempio il tasto di scatto e quello di ripresa, il

controllo dello zoom e il tasto C1 (quello che permette

la gestione dello sfondo sfuocato o nitido). Il piccolo

grip, grazie a due gambette posteriori, diventa anche

un comodo treppiede da tavolo. Si tratta di un accesso-

rio molto comodo, soprattutto per l’uso in videoselfie,

e anche un po’ costosetto, visto che per averlo nello

zaino bisogna sborsare ulteriori 200 euro, praticamen-

te 1/4 del valore della macchina, un po’ troppo per una

“maniglia-telecomando”.

Detto questo, per usare bene in video una macchina

così piccola, un piccolo grip o un rig è quasi necessa-

rio. Il modello Sony offre anche un ulteriore vantaggio:

nelle riprese che abbiamo effettuato con un treppiede

da pavimento, abbiamo comunque tenuto in mano il

grip da usare come telecomando per far partire la ca-

mera in rec. La versione a filo USB, che costa 120 euro,

TEST

Sony ZV-1segue Da pagina 26

Cliccare sulle fotografie per vederle a risoluzione intera (ab-biamo scattato in jpg dato che non c’è ancora l’interprete per i RAW).

funziona altrettanto bene se la macchina

vi è montata sopra, ma non si potrebbe

usare da telecomando a distanza. Il mo-

dello da noi utilizzato, grazie al Bluetooth,

invece, funziona anche da telecomando

ed è molto comodo per iniziare a girare

solo quando serve.

L’ergonomia da fotocamera non è granché, ma le foto sono buoneCertamente - l’abbiamo detto - la ZV-1 è

anche una fotocamera. Ma l’utilizzo per

la realizzazione di scatti non è comodo al

pari di altri modelli, soprattutto se si vuole

andare oltre il semplice punta e scatta. La

rotella dei modi non c’è (è virtualizzata a

display), come mancano anche i selettori

rotativi di tempi e diaframmi: si fa tutto dal-

la ghiera rotativa sul posteriore, che però

di volta in volta deve essere indirizzata a svolgere la

funzione giusta. Gli scatti, sui quali però non ci siamo

soffermanti più di tanto in questa prova, sono comun-

que buoni e svelano, anche sui contoluce un po’ forza-

ti, la grande gamma dinamica del sensore Exmor RS.

Appunti per la versione II Le cose da migliorareNon sono tutte rose e fiori, qualche particolare da met-

tere a punto c’è anche in questa convincente Sony ZV-

1. Ecco le nostre osservazioni:

-Almeno una ghiera rotativa sarebbe utile - La pulizia

dell’interfaccia fisica ha portato forse a un’eccessiva

razionalizzazione. Il controllo della macchina in manua-

le, senza almeno un ghiera alta rotativa, diventa troppo

complicato, con il ricorso ai tastini sul posteriore e al ri-

corso ai menù. La ghiera dei modi, in questo caso, può

anche mancare, ma una di regolazione dei tempi o dei

diaframmi è assolutamente necessaria, soprattutto per

gli utilizzi fotografici.

-Il touch non permette la navigazione dei menù - Lo

schermo è touch ma funziona solo per il tap to focus

(ovverosia per indicare al volo lo spot sul quale mette-

re a fuoco). Ma quando si navigano i menù, viene del

tutto disattivato. Peccato, soprattutto nella modalità vi-

deoselfie, con il monitor girato in avanti, poteva essere

utile.

-Batteria debole, non si arriva ad un’ora di lavoro - La

macchina è piccola. E una delle conseguenze è che

sia piccola anche la batteria, una Sony della serie X.

Troppo piccola, solo 1240 mAh, per una macchina che

ha solo di display, che non spegne mai quando in fun-

zione, e non il mirino oculare; e poi dispone anche di

un’ottica retrattile motorizzata che continua a fare den-

tro e fuori ogni qual volta la macchina viene accesa e

spenta.

La sostanza è che la ZV-1 è dichiarata con un’autono-

mia di ripresa di 45 minuti; nell’uso pratico abbiamo

superato l’ora di lavoro (non di riprese), comunque

troppo poco per chi usa la camera per diverse ore al

giorno. L’acquisto di qualche batteria di ricambio è da

comprendere nel budget. Assolutamente.

Non c’è il caricabatterie esterno - Capiamo la neces-

sità di tenere il prezzo basso, ma un vlogger non può

fermarsi perché è finita la batteria. Con un caricabat-

terie esterno, potrebbe caricare una batteria mentre

gira con un’altra (da comperare a parte, ovviamente).

Invece la ricarica USB, comoda in emergenza con l’au-

silio di un qualsiasi battery pack, è troppo vincolante:

quando si ricarica collegati a una presa di corrente, non

si può usare la macchina.

Il foro del treppiede nel posto sbagliato - Si tratta di

un problema già presente sull’RX-100. L’inserto filettato

per l’innesto su grip o su treppiede è accanto allo spor-

tellino che cela batteria e scheda. Questo significa che

quando la macchina è montata su un supporto, non si

può né cambiare batteria né scheda. Ogni volta, quindi,

che c’è bisogno di accedere a questo vano, la macchi-

na va svitata dal proprio supporto per poi rimontarla.

Tutto si può fare, ma le cose comode sono diverse.

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MAGAZINEn.223 / 201 GIUGNO 2020

di Paolo CENTOFANTI

L a serie A8 rappresenta il primo refresh della gam-

ma OLED di Sony ad arrivare sul mercato in questo

2020, ma è qualcosa di più di un semplice ritocco

della serie AG8 dello scorso anno. I nuovi televisori

A8, disponibili nei classici tagli da 55 e 65 pollici, infat-

ti, ereditano tante di quelle che erano le caratteristiche

del top di gamma OLED del 2019, la serie AG9, tanto

che le differenze sono davvero poche, nonostante la

mancanza del “bollino” MASTER Series, che rimane

anche quest’anno esclusiva della serie top di gamma

A9, che arriverà nei prossimi mesi e di cui Sony deve

ancora rilasciare le specifiche tecniche dettagliate.

Intanto anche la serie A8 monta quest’anno il più po-

tente dei processori video di Sony, quell’X1 Ultimate

che prima era riservato esclusivamente ai top di gam-

ma. Questo processore si porta a corredo tutta una

serie di tecniche di miglioramento dell’immagine volte

soprattutto a garantire il massimo delle prestazioni

con tutte le sorgenti a disposizione, comprese quelle

in definizione standard o alta definizione: 4K X-Reali-

ty PRO, Super Bit Mapping HDR, Object-based HDR

remaster, Dual database processing, sono alcuni dei

nomi altisonanti utilizzati da Sony per descrivere le ca-

pacità del TV, funzionalità a dire il vero nascoste sotto

altro nome nei completi menù a schermo di Android

TV. Sulla serie A8 ritroviamo la tecnologia audio Acou-

stic Surface nella stessa configurazione a 2 + 2 canali

dell’AG9 e, fatta eccezione per la mancanza dei mor-

setti di ingresso per sfruttare il sistema audio del TV

come canale centrale, tutte le stesse funzionalità del

top di gamma dello scorso anno, compresa la calibra-

zione automatica con il software CalMAN. Tutto ciò fa

della nuova proposta “entry level” OLED di Sony anco-

ra più interessante, nonostante il prezzo comunque da

brand premium: 2199 euro per il modello da 55 pollici,

3199 euro per quello da 65 pollici. Per la nostra recen-

sione, Sony Italia ci ha fornito un campione proprio di

quest’ultimo. Scopriamolo.

Nuove staffe ma design essenzialmente riconfermatoLa serie A8 non presenta particolari novità sul fronte

TEST La nuova serie premium OLED di Sony eredita buona parte delle caratteristiche del top di gamma dello scorso anno

Sony OLED KD-65A8. DNA da vero top di gamma Qualità video ai vertici e funzionalità completissime si fondono con il design Sony, in un prodotto che non rompe con il passato

del design, se non nella staffa (o meglio le staffe visto

che si torna ai due piedini laterali), e minimi ritocchi nel

pannello posteriore, che poi è la parte del TV che meno

vedremo in assoluto. Come l’AG9 dello scorso anno,

anche l’A8 rimane lievemente inclinato all’indietro. La

caratteristica principale delle nuove staffe è costituita

dalla doppia possibilità di montaggio: nella configura-

zione di base, così come le troviamo nell’imballo, la-

sciano la base dello schermo appena appena solleva-

ta rispetto al piano di appoggio. Grazie all’ingegnoso

design, che prevede di svitare il “collo” delle due staf-

fe e di rimontare quello del piedino di destra su quello

di sinistra e viceversa, è possibile mantenere il televi-

sore leggermente rialzato per fare spazio a una sottile

soundbar o semplicemente per andare maggiormente

incontro ai propri gusti. I centimetri in più che si gua-

dagnano sono in realtà davvero pochi, meno di dieci

e non c’è spazio per soundbar troppo spesse. Le due

staffe si inseriscono a incastro nei due alloggiamenti

sulla base del TV e non è necessario mettere mani

al cacciavite per fissarle. In ogni caso l’operazione va

rigorosamente fatta in due persone per non correre il

rischio di danneggiare il pannello che, come per tutti i

TV OLED, tolto l’alloggio dell’elettronica che fa anche

da telaio di supporto dell’intera struttura, è spesso po-

chi millimetri e quindi estremamente delicato. Le due

staffette includono anche degli sportellini per il pas-

saggio cavi, che consentono di nascondere in parte i

cablaggi e rendere l’installazione ancora più pulita. Le

dimensioni non consentono di far passare troppi cavi,

specie se di sezione non proprio ridotta, ma è comun-

que dimostrazione dell’attenzione per i dettagli. Nel

complesso, seppur all’alba del 2020 non possiamo

definirlo particolarmente innovativo, il design Sony è

sicuramente elegante e piacevole, fedele alla filosofia

“One Slate, una lastra” che da anni insegue il marchio

giapponese e che è la naturale evoluzione del celebre

Sony KD-65A8IMMAGINI SPETTACOLARI, INTERFACCIA FLUIDA. ALL’AUDIO MANCA QUALCOSA

3199,00 €

Tirando le somme, il nuovo OLED Sony conferma quanto di buono avevamo già visto almeno negli ultimi due anni. La novità più grande è forse che l’A8, pur essendo il modello base della gamma 2020 di Sony, offre praticamente le stesse caratteristiche del top di gamma dello scorso anno, grazie all’utilizzo del processore X1 Ultimate. L’audio del particolare sistema Acoustic Surface continua a convincere per la sua capacità di offrire prestazioni insospettabili per un TV apparentemente privo di diffusori, anche se la resa anche in Dolby Atmos non è così avvolgente come lo spettacolo davanti ai nostri occhi richiederebbe. Android TV è ben implementato, con un’interfaccia fluida e scattante che rende un piacere utilizzare ogni giorno il TV. Il prezzo è elevato, ma si pagano il particolare sistema audio e uno dei processori video migliori sulla piazza.

Qualità Longevità Design Semplicità D-Factor Prezzo

9 8 8 8 7 88.3COSA CI PIACE COSA NON CI PIACEQualità videoVersatilità Android TVDesign

Mancato supporto alle specifiche HDMI 2.1Audio poco avvolgente con colonne multicanaleTelecomando non adeguato alla fascia di prezzo

segue a pagina 29

lab

video

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MAGAZINEn.223 / 201 GIUGNO 2020

e rivoluzionario Monolithic Design.

Connessioni complete ma niente VRR o 120 HzSul fronte connessioni iniziamo con il dire che a livello

di numero di opzioni abbiamo la classica dotazione: 4

ingressi HDMI, prese di antenna terrestre e SAT, porta

di rete, 3 porte USB, uscita per le cuffie, audio digitale,

Wi-Fi 802.11ac e Bluetooth 4.2. C’è persino, per chi ne

avesse mai ancora bisogno, una presa mini-jack per

segnali video composito. L’elefante nella stanza è na-

turalmente la versione delle specifiche HDMI suppor-

tate dal TV Sony: da questo punto di vista ci troviamo

davanti alla fotocopia della situazione dello scorso

anno. Tutti gli ingressi sono abilitati HDCP 2.3, ma solo

un ingresso supporta l’eARC.

L’unica funzionalità delle nuove specifiche HDMI 2.1

supportate è proprio il canale audio di ritorno “este-

so”, con supporto per le codifiche audio lossless: nien-

te ALLM (la modalità gioco automatica) e soprattutto

niente VRR (frequenza di refresh variabile) o video

4K a 120 Hz (si arriva però fino a 60 Hz in RGB). La

scelta è bizzarra considerando soprattutto che il 2020

sarà l’anno di PS5, a meno che Sony non abbia deci-

so di riservare queste caratteristiche solo per la serie

superiore A9. Al momento l’unica serie 2020 di TV

Sony che supporta le nuove specifiche dello standard

LCD è l’LCD di fascia media XH90, che a quanto pare

l’azienda giapponese ha dedicato esplicitamente ai

giocatori e che proveremo a breve. Tutti gli ingressi

HDMI supportano 4K a 60 Hz a banda piena, ma oc-

corre abilitare questa modalità da menù di impostazio-

ne per ogni singolo ingresso.

La serie A8 offre in dotazione un telecomando non

retroilluminato e con finiture in plastica, che al tatto

risulta molto leggero e sinceramente di stampo un po’

troppo economico per la fascia di prezzo del televiso-

re. L’unità presenta lo stesso layout dei modelli dello

scorso anno. Il telecomando integra il microfono che

ha due funzioni: utilizzo dei comandi vocali di Google

Assistant, calibrazione del sistema audio in fase di se-

tup iniziale. L’Acoustic Surface dell’A8 è infatti dotato

di calibrazione automatica in funzione dell’ambiente in

cui viene installato il televisore, procedura che adegua

la risposta del sistema emettendo dei suoni di test e

“ascoltando” il risultato tramite il microfono del teleco-

mando nella posizione di ascolto.

Versatilità ai massimi livelliDa tempo Sony ha adottato Android TV come piattafor-

ma per smart TV e la scelta è naturalmente confermata

per il 2020. L’A8 arriva nei negozi con Android 9 e tutte

le funzionalità che ci si aspettano da questa piattafor-

ma, da Chromecast a Google Assistant, passando per

tutte le applicazioni che si possono scaricare dal Goo-

gle Play Store. Funzioni TV e menù di sistema, con le

impostazioni audio e video, sono stati integrati nella

piattaforma Android TV, offrendo un’esperienza d’uso

consistente e non più frammentata come accadeva

in passato. Oltre a ciò, come già per i modelli dello

scorso anno, Sony ha aperto le porte anche ad altri

ecosistemi.

L’A8 supporta Apple AirPlay 2 e Apple Homekit, fun-

zione quest’ultima che consente di controllare il TV

tramite l’app Casa dei dispositivi Apple. Allo stesso

modo c’è la compatibilità con Alexa, per cui è possi-

bile controllare il TV con altri dispositivi che sfruttano

l’assistente vocale di Amazon. Non troviamo l’app Ap-

ple TV, come sui TV Samsung ed LG, ma è comunque

possibile riprodurre i contenuti di iTunes o Apple TV+

via AirPlay, anche in HDR. Durante la prima installa-

zione ci viene invece già proposto di installare anche

Disney+, così come troviamo già pre-installata l’app

di Amazon Prime Video e il player multimediale VLC.

Come avevamo già visto al CES a inizio anno, Sony

ha leggermente migliorato la navigazione dei menù

aggiungendo nuovi elementi grafici che rendono più

intuitivo l’utilizzo e chiariscono meglio il significato del-

le varie voci.

Come accennato in apertura, nel materiale di co-

municazione del prodotto, Sony utilizza tanti nomi

e sigle per descrivere le funzionalità del TV, che poi

TEST

Sony OLED KD-65A8segue Da pagina 28

Anche l’A8 mantiene una leggera inclinazione all’indietro del pannello. Lateralmente troviamo due porte USB, un ingresso HDMI, uscita per le cuffie, ingresso mini-jack video composito e lo slot Common Interface per moduli CAM.

Telecomando un po’ economico e non retroillu-minato, ma dotato di una buona disposizione dei comandi. Oltre all’ormai immancabile tasto Netflix, troviamo il testo diretto per accedere a Google Play Movies.

Le altre connessioni sono disposte sul retro con i connettori che guardano verso il basso, soluzione che permette il montaggio a parete ma non agevola i collegamenti. L’attacco VESA per le staffe è 30x30.

non ritroviamo però nel menù. La novità più grande

di quest’anno è proprio l’introduzione di descrizioni

più ricche anche graficamente, che permettono di

meglio capire come funzionano i vari parametri. Gra-

zie proprio a queste descrizioni, riusciamo ad intuire

ad esempio che il parametro “Gradazione uniforme”

corrisponde probabilmente a quello che Sony chia-

ma altrove Super Bit Mapping HDR, ma in generale la

traduzione in italiano delle varie voci del menù non è

delle più efficaci. Ad esempio la sezione dedicata alle

impostazioni di immagine che regolano l’upscaling e

il livello di dettaglio si chiama “Limpido”. Il menù delle

impostazioni video è molto completo e suddiviso in

sottosezioni che si aprono a cascata cliccando sull’in-

Android TV garantisce la compatibilità con tutti i principali servizi di streaming disponibili in Italia. Tra le app manca solo Apple TV+ che però è ac-cessibile via AirPlay 2 tramite dispositivi Apple.

segue a pagina 30

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MAGAZINEn.223 / 201 GIUGNO 2020

testazione. In questo modo non è necessario dover

addentrarsi in tanti sottomenù.

Premendo il tasto apposito sul telecomando, in ogni

caso, si accede prima a una barra di controllo rapi-

do che permette rapidamente di cambiare preset di

immagine o audio. La barra è personalizzabile ed è

possibile aggiungere o togliere comandi rapidi rispet-

to alle impostazioni di default. Grazie al processore X1

Ultimate, l’interfaccia di Android TV è sia fluidissima

nelle animazioni che reattiva ai comandi. I menù si

navigano agevolmente e non abbiamo notato rallen-

tamenti nel passare da un’app all’altra o nella fluidità

delle applicazioni stesse.

In SDR numeri da primo della classePrima di addentrarci nelle possibilità di regolazione

offerte da Sony sulla serie A8, abbiamo testato la

calibrazione di fabbrica “out of the box” del TV. Tra

i diversi profili pre-impostati di immagine abbiamo

selezionato quello personale che Sony dice essere

quello più rispettoso della visione creativa dei registi.

L’A8 non si fregia dell’etichetta Master Series, ma le

impostazioni di fabbrica sono comunque abbastanza

buone, con un DeltaE medio sotto la soglia di visibilità

per i colori primari e secondari e un’ottima linearità

della scala di grigi a livello di gamma. Solo il bilancia-

mento del bianco tende a diventare via via più freddo

spostandosi verso la luminosità massima, che per se-

gnali con range dinamico standard (Rec.709) si attesta

intorno ai 245 nits.

Scaricando l’app CalMAN for Bravia e utilizzando il

software di calibrazione CalMAN, generatore di se-

gnale e colorimetro, si sbloccano due nuovi banchi

di regolazione denominati Professionale 1 e Profes-

sionale 2 che consentono di effettuare la calibrazione

automatica. Sia che si proceda manualmente o auto-

maticamente, Sony mette finalmente a disposizione la

regolazione della scala di grigi su 20 punti e un vero e

proprio CMS per la regolazione fine di colori primari e

secondari. Queste due impostazioni vengono salvate

in realtà in due “sotto-banchi” di memoria denomina-

ti Esperto 1 ed Esperto 2, separatamente dalle altre

regolazioni di base come contrasto, filtri video, ecc..

Le impostazioni effettuate sul CMS andranno invece

riportate a mano ingresso per ingresso o app per app.

Da notare che come i modelli 2019, anche per l’A8 le

regolazioni sono le medesime e condivise per segnali

SDR ed HDR. La calibrazione automatica va inoltre ef-

fettuata sui segnali standard e con gamma pari a 2.2,

ed è il processore TV a mappare gli aggiustamenti ef-

fettuati anche sui segnali HDR o altri valori di gamma

Per la nostra prova abbiamo testato la procedura di

autocalibrazione che ha portato ad un risultato da

monitor di riferimento per i segnali con range dina-

mico standard, con un livello di errore medio inferiore

addirittura a 0,5 per il bilanciamento del bianco sulla

scala di grigi e di 0,7 sul severo Color Checker. Ricor-

diamo che la soglia di visibilità per il DeltaE (metrica

TEST

Sony OLED KD-65A8 segue Da pagina 29

CIE2000) è usualmente considerata 3. Alla fine del-

la procedura, almeno dal punto di vista delle misure

strumentali, il TV Sony è praticamente perfetto.

E in HDR? Il Sony A8 riesce a raggiungere con una

finestra di superficie pari al 10% una luminosità mas-

sima di circa 600 nits, che diventano poco meno di

700 se si riduce la dimensione della finestra fino al

2%. Si tratta di un dato leggermente inferiore rispetto

a quanto avevamo rilevato sull’AG9.

Il processore del TV applica un tone mapping che se-

gue fedelmente la curva PQ di HDR10 e Dolby Vision

fino a circa il 70% dello stimolo, per poi andare gen-

tilmente al clipping superato l’80%. Ciò si dovrebbe

tradurre nel rispetto dei corretti livelli di luminosità

delle immagini per buona parte del range del segnale

per poi andare al clipping solo sugli elementi effettiva-

mente più brillanti. Ma il processore X1 applica il suo

tone mapping dinamico object based, per cui difficile

misurare come opera con contenuti video effettivi.

L’accuratezza cromatica in HDR appare essere deci-

samente inferiore, ma si tratta di dati da prendere con

le pinze. Innanzitutto dipende dalla metrica utilizzata,

visto che se il DeltaE CIE2000 tende a sottostimare

la visibilità delle deviazioni dai riferimenti con segnali

HDR, il nuovo standard DeltaE ITP viceversa è anco-

ra oggetto di studio e tende a dare risultati impietosi

anche su monitor da studio (in questo caso la soglia

di visibilità è già 1). Fatte queste premesse, possiamo

notare il ritorno della dominante fredda sul bilancia-

mento del bianco al crescere della luminosità oltre il

livello della calibrazione in SDR, seppure entro i valori

di guardia e possiamo constatare tutto sommato un

risultato non disdicevole del ColorChecker in HDR. La

copertura dello spazio colore P3 è di circa il 95,2%

(CIE 1931) a livello di gamut, mentre il volume colore

arriva a circa il 76,5% (CIE L*a*b*). L’input lag è davvero

significativo con i preset di immagine normali, addi-

rittura 109 ms, ma scende immediatamente a 18,3 ms

una volta attivata la modalità gioco. Questi i numeri,

ma poi come vedremo quello che conta è la visione

di contenuti reali.

La prova di visione e ascoltoLa tecnologia OLED di LG Display ha raggiunto ormai

Rec.709 Gamut tracking della scala di grigio

livelli qualitativi eccezionali e il nuovo A8 Sony non

fa che testimoniarlo. Se escludiamo i limiti sul fronte

della luminosità di picco che ancora persistono, ci tro-

viamo di fronte a un televisore dalla qualità video di

riferimento, anche se senza particolari passi in avanti

rispetto ai risultati raggiunti negli ultimi anni. La resa

del nero, come ben sappiamo, è il punto di forza della

tecnologia OLED e la resa sulle ombre è eccezionale.

Sparito l’effetto “schermo sporco” che affliggeva le

prime generazioni della tecnologia, possiamo apprez-

zare immagini contraddistinte da ombre con gradienti

morbidi, ricche di dettagli e che enfatizzano il contra-

sto percepito in tutte le condizioni. Abbiamo messo

alla prova il TV con contenuti di ogni tipo: TV, Netflix,

Prime Video, Ultra HD Blu-ray ottenendo sempre ri-

sultati eccellenti.

Partiamo da quello che non ci è piaciuto, che è ve-

ramente poco a dire il vero. In questa fase, in cui i

servizi di streaming hanno ridotto la banda, abbiamo

potuto constatare ancora una volta come il tallone di

Achille dell’OLED continui ad essere la riproduzione di

segnali molto compressi: gli artefatti sulle ombre sono

molto visibili se presenti nel segnale originale e si ma-

nifestano come un ben percepibile effetto blocking e

un leggero banding appena sopra il livello del nero,

difetti che si notano maggiormente rispetto a display

basati su altre tecnologie. Inoltre con l’attuale release

dell’app di Amzon Prime Video, abbiamo notato a vol-

te dei piccoli salti dell’audio, come dei piccoli scatti.

Sospettiamo che ciò avvenga in corrispondenza di un

cambio di bitrate del flusso in streaming, ma non siamo

riusciti a circoscrivere o rendere ripetibile il fenomeno.

Ciò non avviene ad esempio con Netflix, Disney+ o

sorgenti esterne. A parte queste due osservazioni, il

resto è spettacolo puro.

Il documentario di Netflix Notte sul pianeta Terra in 4K

e Dolby Vision è un terreno di prova ideale per l’OLED

e la resa nelle abbondanti scene scure e in penombra

è impeccabile. Il TV Sony è dotato di un preset cali-

brato esclusivo per Netflix, che in realtà da quello che

abbiamo visto non si discosta dalla resa del normale

preset Dolby Vision. L’immagine degli OLED Sony è

segue a pagina 31

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MAGAZINEn.223 / 201 GIUGNO 2020

stata ritenuta più volte in passato un po’ più scura ri-

spetto alla concorrenza, ma a noi è piaciuta parecchio

e non abbiamo percepito fastidiose chiusure sulle om-

bre o perdita di dettaglio. Viceversa, l’eccellente Il no-

stro pianeta sempre di Netflix, offre immagini dall’am-

pia gamma dinamica, eccezionale livello di dettaglio,

TEST

Sony OLED KD-65A8segue Da pagina 30

colori brillanti. Il film El Camino, ancora, ci presenta in

Dolby Vision i suggestivi colori del deserto del New

Mexico in modo meraviglioso. Anche in questo caso

possiamo apprezzare un’ampia gamma dinamica che

non ci fa minimamente pensare ai limiti nella luminosi-

tà di picco, mentre il livello di dettaglio del master in 4K

ci fa apprezzare il minimo dettaglio del volto scavato

dei protagonisti in modo ineccepibile. Passando alla

visione di contenuti in full HD, possiamo apprezzare

l’ottimo lavoro svolto dall’algoritmo di upscaling di

Sony: manca certo il microdettaglio offerto dai conte-

nuti in 4K, ma le immagini rimangono assolutamente

godibili e più volte ci siamo dimenticati che non sta-

vamo guardando contenuti alla ri-

soluzione nativa del pannello. I limiti

maggiori si incontrano con la visione

dei canali televisivi, dove l’upscaling

porta a galla imperfezioni come ar-

tefatti della compressione troppo

spinta o rumore dovuto a produzio-

ni che utilizzano ancora catene ob-

solete (come in alcune trasmissioni

pomeridiane dei canali generalisti).

Per quanto riguarda Motionflow, im-

postando il relativo parametro niti-

dezza già su 1 si attiva il black frame

insertion, che migliora la risoluzione

percepita (da 450 a 650 linee TV

circa) senza grosso impatto sulla

luminosità dell’immagine. Portan-

dolo a 2 la luminosità comincia a

scendere senza sensibili migliora-

menti nella risoluzione, mentre a 3

cala ulteriormente la luminosità e

Su una schermata con il grigio al 5% (qui fortemente sovraesposta) è possibile notare ancora delle leggerissime bande verticale di unifor-mità differente. In condizioni normali ciò non si nota, così come non abbiamo rilevato vignettatura ai bordi o effetto “schermo sporco” durante la regolare visione.

si percepisce un fastidioso flickering dell’immagine.

Passando a Prime Video e a contenuti in HDR10 (Sony

non supporta HDR10+), abbiamo potuto di nuovo ap-

prezzare una resa eccellente in tutte le situazioni: la

meravigliosa fotografia di Tales from the Loop, con i

suoi mezzi toni e le tinte pastello, è resa perfettamente

e dimostra l’ottimo controllo a livello cromatico, senza

lasciarsi andare con la saturazione e mantenendo il

look morbido voluto dagli autori. L’ultima stagione di

The Expanse sempre in HDR, ci ha fatto apprezzare la

marcia in più dell’OLED grazie alla superba riproduzio-

ne del nero nelle scene nello spazio. Abbiamo testato

i limiti invece con il Blu-ray di Mad Max: Fury Road, che

con il suo master a 10.000 nits è riuscito sì a farci no-

tare il clipping sui dettagli più luminosi, già su alcune

“fiammate”, ma senza intaccare la resa della particola-

re fotografia fatta di rossi estremamente carichi e blu

intensi nelle scene notturne, restituendo in ogni caso

uno spettacolo abbastanza godibile.

La colonna sonora in Dolby Atmos di questo disco,

viene riprodotta in tutto il suo rumore e fa muovere

i due woofer integrati sul retro del pannello. La resa

dell’Acoustic Surface è analoga a quella dei prodotti

dello scorso anno: con i segnali migliori, nonostante

qualche asprezza, si può godere di un suono poten-

te e corposo superiore a quello di tantissimi altri TV

con diffusori integrati. Se l’utilizzo della superficie del

display come diffusori rende molto credibile il posizio-

namento dei dialoghi, viceversa continua a mantene-

re ancorata la scena sonora sullo schermo del TV e

con un’apertura minima dell’immagine stereo: anche

con l’effetto di virtual surround, non riusciamo mai ad

ottenere quella sensazione di coinvolgimento che le

immagini spettacolari meriterebbero.

di Paolo CENTOFANTI

B ang & Olufsen ha annunciato la

disponibilità a partire da giugno

dell’esclusivo TV Beovision Har-

mony, ora anche in taglio da 88 pollici

con schermo OLED 8K. Come per i

modelli di dimensione inferiore, il TV è

a tutti gli effetti un LG, seppure ottimiz-

zato per B&O, che il produttore danese

ha integrato sul suo Sound Center: un

mobile motorizzato che all’accensione

solleva lo schermo e apre come delle

ali i diffusori.

Beovision Harmony è essenzialmente

un prodotto artigianale, con finiture

in legno di quercia, che nascondo un

sistema audio a tre canali, con sei am-

plificatori e altrettanti diffusori, che può

essere ulteriormente espanso con altri

diffusori della gamma B&O per realiz-

zare un vero impianto a 7.1 canali.

La parte video è costituita dall’OLED

LG ZX da 88 pollici, con pannello 8K,

processore a9 di terza generazione,

ingressi compatibili con le specifiche

HDMI 2.1, HDR Dolby Vision e tutte le

funzionalità offerte dai TV LG stand-alo-

ne. Ad essere esclusivo, naturalmente,

non è solo il particolare design, ma an-

che il prezzo: per portarsi a casa il nuo-

vo Beovision Harmony servono infatti

46500 euro.

TV E VIDEO B&O annuncia la prossima disponibilità del Beovision Harmony, esclusivo anche nel prezzo

Beovision Harmony: l’OLED più esclusivo Ora disponibile anche in formato 8KIntegra l’OLED 8K da 88 pollici di LG con il sistema audio a tre canali con staffa motorizzata

TV E VIDEO

L’OLED LG da 48 pollici serie CX disponibile da giugnoA partire da giugno inizierà finalmente la distribuzione del nuovo TV OLED LG 48CX. Si tratta del primo modello ad arrivare sul mercato con il nuovo pannello OLED con taglio da 48 pollici e risoluzione 4K. Il nuovo modello andrà ad affiancarsi alle versioni da 55, 65 e 77 pollici di cui condividerà tutte le principali specifiche. Oltre alla piattaforma webOS e al supporto per tutti i principali formati HDR (HDR10+ di Samsung escluso), l’OLED LG offre il più completo supporto alle nuove funzionalità previste dalle specifiche HDMI 2.1: video 4K fino a 120 Hz, eARC e soprattutto VRR o Variable Refresh Rate, con compatibilità anche con Nvidia G-Sync. Prezzo 1599 euro.

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MAGAZINEn.223 / 201 GIUGNO 2020

di Roberto PEZZALI

I l MacBook Air è stato per anni il laptop di maggior

successo di Apple. E forse anche il più longevo, il de-

sign è rimasto lo stesso di quel MacBook Air che Ste-

ve Jobs tirò fuori da una busta nel lontanissimo 2008.

Un MacBook Air che, nonostante lo schermo non retina,

vendeva tantissimo e dava tantissime soddisfazioni, so-

prattutto in termini di autonomia. Erano gli anni in cui i

PC consumavano tantissimo, erano spessi e grossi, e il

MacBook Air era l’unica soluzione per arrivare ad avere

8 o 9 ore di autonomia reali. Poi Apple dovette fare i conti

con l’arrivo degli ultrabook, e con il fatto che il MacBook

Air era l’unico notebook senza schermo Retina, così si

adeguò e presentò finalmente un nuovo modello.

L’utilizzo di un display con risoluzione maggiore ha por-

tato ad un aumento dei consumi, ma l’Air è rimasto negli

ultimi anni uno dei migliori ultra portatili in circolazione.

Con un piccolo neo, quella tastiera ultra sottile, la butter-

fly, che presentata come un miracolo di ingegneria si è

rivelata poi rumorosa e fragile, tanto da costringere Ap-

ple a ricorrere a più revisioni prima di decidere, lo scorso

anno, di tornare indietro. E di riproporre una tastiera con

un meccanismo classico a forbice. Il MacBook Air 2020

è questo: nuova (vecchia) tastiera e processori Intel di

decima generazione, niente di più. Ad un prezzo che

nella versione da noi provata, quella con processore

Processore Core i3 dual-core a 1,1 GHz, 8 GB di RAM e

256 GB di storage parte da 1.229 euro.

A chi è indirizzato il MacBook AirCome sempre crediamo che un prodotto debba essere

provato pensando al target a cui è destinato. L’Air è il

notebook per chi vuole un portatile leggero, veloce e

con tanta autonomia, ed è pensato soprattutto per quel-

le persone che vogliono un portatile pronto all’uso e

capace di fare bene un po’ tutto. L’Air dev’essere visto

nell’universo Apple come una sorta di pacchetto “all-in-

clusive”: c’è Mail per la posta, c’è Safari come browser,

c’è la suite iWorks per scrivere o per i fogli di calcolo, c’è

Keynote per le presentazioni e ci sono anche strumen-

ti di produttività come GarageBand, iMovie e Foto, che

gestisce album e permette anche di sviluppare foto in

formato raw. Tutto gratis, tutto incluso.

Out of the box un MacBook Air, senza spendere un solo

euro di più, permette di fare tutte le cose che la maggior

TEST Apple rinnova il MacBook Air 2020 portando sul suo notebook più famoso la rinnovata tastiera che cancella la butterfly

MacBook Air 2020, recensione. Doppia facciaInsieme alla tastiera, ci sono anche nuovi processori Intel di decima generazione, nella solita scocca che non cambia da anni

segue a pagina 33

Apple MacBook AirPERFETTO PER CHI VUOLE SPOSARE LA FILOSOFIA APPLE. PER CHI NON SI ADATTA C’È DI MEGLIO A MENO

1229,00 €

Il MacBook Air è un ottimo notebook se si utilizza nell’ambito per cui è pensato e con applicazioni che richiedono risorse al processore per un lungo periodo di tempo. Il 90% delle persone che ha bisogno di un notebook, in ambito scolastico, o famigliare, si troverà alla perfezione con questo MacBook. Se arriva da Windows dovrà abituarsi a nuove app, dovrà ad esempio rinunciare a Chrome che è una sanguisuga in termini energetici, ma dopo un primo periodo di adattamento avrà tra le mani quello che Apple promette: un notebook leggero, affidabile, duraturo nel tempo e con ottime prestazioni. Se si iniziano ad usare sul Mac le applicazioni a cui si era abituati in ambito Windows, quindi Chrome, Photoshop, la suite di Office, inevi-tabilmente ci si trova davanti a due problemi: calo di autonomia e calo di prestazioni. Comprare il Macbook Air per usarlo in questo modo tuttavia ha poco senso, esistono decine di laptop Windows migliori come prestazioni a 360° e si risparmia anche qualcosa. Il MacBook Air 2020 nonostante il processore solo dual core può dare ottime soddisfazioni anche in altri ambiti: non soffre macchine virtuali, si com-porta bene nelle mani di uno sviluppatore e può essere usato anche per la produzione di foto e video senza però esagerare. Non è fatto per quello. La versione Core i3 da noi provata offre un ottimo bilanciamento in termini di consumo e prestazioni, con un riscaldamento comunque contenuto. Scalda, ma mai in modo eccessivo e senza mai portare la ventola ad un livello insopportabile. Tutte le critiche sulla dissipazione sono esagerate: è pensato così, non è un difetto. Il MacBook Air è disegnato per privilegiare l’autonomia alla potenza. Nel quadro complessivo forse più criticabile l’assenza di una webcam di qualità: la camera a 720p non è la peggiore di quelle viste in giro ma una fotocamera frontale full HD sarebbe stata decisamente meglio. Ci si potrebbe chiedere se sia meglio prendere un MacBook Air o un iPad Pro da 12.9”, e onestamente, con il supporto al trackpad e ai mouse, l’iPad Pro diventa uno scomodo competitor. Il target di riferimento per questo MacBook Air è lo stesso di un ipotetico 2 in 1 o di un laptop con processore ARM. Le stesse applicazioni consumer presenti sull’Air sono già disponibili su iPad, e, lo abbiamo visto nella prova, è più veloce a fare rendering 4K con iMovie un iPad Pro dell’Air con Core i3. Non escludiamo che questo possa essere l’ultimo dei MacBook Air con processore Intel, e non sarebbe stato conveniente rivedere interamente il design di un prodotto, sia estetico che termico, che non ha un futuro. Tuttavia iPad Pro con tastiera oggi costa molto di più, e forse non tutti sono pronti per questo passaggio. Ma nei prossimi anni il passaggio sarà inevitabile, soprattutto per quella fascia di utenza che non ha particolari richieste in termini di applicativi o di prestazioni.

Qualità Longevità Design Semplicità D-Factor Prezzo

9 9 8 9 8 88.6COSA CI PIACE COSA NON CI PIACEOttima costruzioneE’ completo con tutto quello che serve per iniziare ad usarloOttime prestazioni e grande autonomia

Soffre con applicativi non “Apple”Webcam di qualità mediaLa scocca, soprattutto nella parte inferiore, può diventare molto calda

lab

video

MacBook AirLa videoprova

lab

video

parte delle persone che cerca un portatile ha bisogno

sia in termine di fruizione sia in termine di produzione di

contenuti. Lo diciamo perché come vedremo l’Air è un

portatile a due volti: veloce e fantastico se si resta nel

suo mondo e nelle sue app ottimizzate, un po’ capriccio-

so se si cerca altro. Scegliendo Chrome come browser

al posto di Safari o Lightroom per le foto al posto di Ap-

ple Foto il delicato equilibrio del computer viene altera-

to, e il MacBook Air inizia a scaldare, sale di temperatura

e perde qualcosa in termini di prestazioni.

Si potrebbero quindi scrivere due prove di questo pro-

dotto, e avrebbero due risultati totalmente diversi, ma in

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MAGAZINEn.223 / 201 GIUGNO 2020

TEST

MacBook Air 2020segue Da pagina 32

un caso staremmo provando un prodotto in un ambito

differente da quello per cui è stato pensato.

Per chi desidera di più c’è ovviamente il MacBook Pro:

impensabile usare Final Cut su un Air, il Pro è fatto appo-

sta. Ingegneri che devono fare calcoli complessi, svilup-

patori, musicisti, creatori di contenuti video e fotografi

dovrebbero guardare al Pro. Anche se, come vedremo,

l’Air non se la cava affatto male in molte situazioni un po’

spinte. Non si può ignorare poi tutto il mondo Windows,

dove i produttori negli ultimi anni hanno sfornato ottimi

portatili che per peso e dimensioni non hanno nulla da

invidiare al MacBook Air e che possono vantare una piat-

taforma hardware, a parità di prezzo, più potente. Tutto

vero, ma come abbiamo scritto poco sopra il MacBook

Air è un pacchetto all-inclusive hardware e software

e spesso questa cosa non si considera nel confronto:

per rendere un PC Windows simile ad un MacBook si

deve preventivare almeno la spesa di 152 euro per la

suite Adobe Elements, che include Premiere Elements

e Photoshop Elements, le versioni semplificate, e Mi-

crosoft 365 Personal che costa 69 euro all’anno. Se si

tiene quattro anni un PC Windows da 600 euro costa in

software e servizi (legali) almeno 1000 euro, sempre che

non si decida di usare software totalmente opensource.

Il perfetto formato di schermo: sedici decimiIl MacBook Air da 13” ha uno schermo da 2560×1600

pixel di risoluzione, che come ogni schermo HiDPI non

viene mai gestito a questa risoluzione reale: si posso-

no scegliere diverse risoluzioni di visualizzazione, da

1680×1050 fino a 1024 x 640. La prima è forse quella

più indicata, perché rappresenta un ottimo bilanciamen-

to tra dimensione dei caratteri e dei testi e quantità di

elementi posizionatili a schermo. Il formato 16:10 è per-

fetto per lavorare, più spazio in altezza per pagine web

e documenti. La luminosità è buona, anche se c’è il forte

sospetto che Apple abbia deciso di limitarla per non im-

pattare troppo sui consumi: si va dai 380 nits ai 410 nits

a seconda delle zone dello schermo, ovviamente in con-

dizioni di massima luminosità. Una scelta non sbagliata:

quando non si usa all’aperto lo schermo si tiene ad una

luminosità decisamente più bassa, dai 260 ai 300 nits,

quando si usa all’aperto, se c’è una bella giornata, usare

uno laptop on uno schermo glossy come questo non è

affatto semplice, è fastidioso. Fossero stati 500 o 600

nits non sarebbe cambiato nulla, lavorare in piena luce

con un laptop resta comunque provante.

Il connubio touchpad e tastiera è ottimo: il touchpad è

ampio, comodo, la tastiera è la stessa tastiera che abbia-

mo già provato con soddisfazione sul MacBook Pro da

16”. Tasti ad ampia escursione, feedback morbido e un

rumore piacevole. Una buonissima tastiera dove ritrovia-

mo, con piacere, anche i tasti funzioni fisici al posto della

touchbar. La dimensione della tastiera è esattamente la

stessa, l’abbiamo misurata al millimetro, dei MacBook

Pro da 16”: nonostante il formato più ridotto il MacBook

Air ha una tastiera comunque ampia che ci ha permesso

di stare attorno alle 100 parole al minuto di digitazione

senza particolari errori. Buona la qualità audio dei due

speaker integrati, un po’ meno quella del microfono ma

forse ci siamo abituati troppo bene con il MacBook da

16”. Appena superiore alla media la webcam: compensa

decentemente il controluce, è migliore di quella integra-

ta in molti altri laptop ma non è sicuramente la webcam

che un notebook da 1.229 euro si meriterebbe. Lo spa-

zio non c’è, lo schermo è sottilissimo, ma almeno una

Full HD si poteva mettere.

Fatto per le accelerazioni, non per andare sempre fortePer capire come Apple ha disegnato il MacBook Air bi-

sogna anche capire qual era l’obiettivo: mettere l’auto-

nomia davanti a tutto. Anche alle prestazioni. I notebook

sembrano sistemi complessi, ma non lo sono: hanno un

processore che più va forte e più consuma. Se si vuole

evitare che consumi troppo l’unica soluzione è conce-

dergli quale accelerazione ma solo in casi particolari.

E questo è quello che Apple ha deciso di fare con il

MacBook Air: turbo management by design. Cosa vuol

dire? Semplicemente che il MacBook Air non è pensato

per far girare applicativi a carico intensivo per un perio-

do di tempo prolungato, e se capita il sistema piuttosto

che iniziare a consumare troppo spegne il turbo, non

c’è abbastanza margine termico. Il MacBook Air ha un

sistema di dissipazione molto particolare: c’è un dissi-

patore senza ventole sul processore non collegato alla

piccola ventola, che serve solo a far circolare un po’ di

aria all’interno della scocca. Il dissipatore non è grande

a sufficienza per smaltire tutto il calore generato dal pro-

cessore se lo sforzo si prolunga, quindi al processore

non resta altro da fare che togliere far lavorare il proces-

sore Intel alla sua frequenza di clock standard senza il

“Turbo Boost”.

Perché dev’essere chiaro: il MacBook Air scalda, ma non

soffre di thermal throttling, ovvero non taglia mai il clock

del processore quando lavora sotto sforzo. Il processore

Core i3 è da 1.1 Ghz e sotto 1.1 Ghz non scende, quindi

non fa throttling. Semplicemente il “Turbo Boost” di Intel,

che permette di spingere il processore fino 3.2 Ghz, vie-

ne mantenuto per poco tempo.

La prima cosa che viene in mente è “che fessi gli inge-

gneri Apple, bastava mettere un heatpipe tra il proces-

sore e la ventola” ed effettivamente bastava pochissimo

per rendere il sistema di dissipazione più efficiente, ma

è proprio il processore Intel della serie Y che è pensa-

to per lavorare senza una ventola e con un dissipatore

passivo. Non c’è dubbio che se Apple avesse usato un

sistema di dissipazione tradizionale il MacBook Air sa-

rebbe stato in grado di tenere la modalità “Turbo” a 3.2

Ghz per più tempo, diventando quindi più veloce, ma si

può anche pensare a cosa sarebbe successo se aves-

sero fatto così. Ci saremmo trovati con un MacBook Air

che, durante un rendering video o durante una opera-

zione che richiede uno sforzo notevole del processore

avrebbe spinto molto di più, perché ben dissipato, ma

avrebbe anche consumato di più. Non è il MacBook Pro,

è un MacBook Air.

Giusto per traslare il discorso tecnico sul reale ci basia-

segue a pagina 34

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MAGAZINEn.223 / 201 GIUGNO 2020

mo sulla nostra esperienza con i notebook, sia Windows

che Mac. Ci capita di uscire per una conferenza stampa

con la batteria carica al 100%, e poi di iniziare a scrivere,

scaricare foto, fare editing video sul campo. Viene fatto

tutto molto velocemente, ma alla fine, dopo due ore, ci

troviamo il notebook praticamente scarico. Perché che

si tratti di un MacBook Pro o di un Lenovo X1 Extreme

poco importa: se il processore lavora consuma, e l’auto-

nomia scende di parecchio. Che la batteria scenda così

velocemente è tollerabile su un notebook pensato per

produrre contenuti, ma non sul MacBook Air. Apple ha

scelto così: piuttosto che consumare troppo, meglio an-

dare più piano in determinate condizioni, che comunque

esulano dall’uso abituale.

Il MacBook Air è pensato per privilegiare l’autonomia: se

si usano applicazioni Apple il sistema non scalda quasi

mai, e anche il Core i3, con soli due core, si compor-

ta davvero bene. Se si “esce dal recinto” la ventola si

sente, e il laptop inizia a scaldare soprattutto nella parte

alta. Apple ha sempre usato i processori dei computer a

temperature allegre ma non è un problema, sono pen-

sati per lavorare a quelle temperature: resta a 70° per

qualche secondo, avviamo la compilazione di un proget-

to su Xcode e passa a 90 - 95°, poi torna a 60 - 65°. Si

sentono, perché la scocca in alluminio riciclato conduce

calore, ma non è affatto un problema per il processore,

è pensato per lavorare a certe temperature, piuttosto

potrebbe dare fastidio tenere il laptop sulle gambe con

la parte inferiore della scocca molto calda.

Se qualcuno ha preso il MacBook Air per fare rendering

con Premiere o Final Cut Pro forse ha sbagliato com-

puter, chi invece ha preso il MacBook Air per avere un

computer adatto ad una famiglia si troverà un notebook

che può dare grandi soddisfazioni, veloce, leggero e

con un’ottima autonomia. Tutto il notebook è stato co-

struito attorno a questo, l’autonomia.

Autonomia e prestazioni, i casi realiCome si comporta il MacBook Air in casi reali? Non

trattandosi di un notebook pensato per gestire carichi

prolungati non abbiamo fatto girare i classici “bench-

mark” che tirano il collo al processore

senza dare risultati reali. Abbiamo usato

il MacBook Air per lavorare, come ab-

biamo sempre fatto, e lo abbiamo usato

anche in ambiti dove è richiesta comun-

que potenza. Partiamo con la base: uti-

lizzo domestico. Se si usa il MacBook Air

con Safari, Mail, la suite iWorks e anche

Microsoft Office ci si trova davanti ad un

notebook velocissimo. Nonostante sia

un dual core e nonostante sia un i3 le

prestazioni non ne risentono, e probabil-

mente Apple offre la soluzione quadcore

Core i5 a soli 50 euro in più perché è

un upgrade, ma è un upgrade che non

fa troppo la differenza. Se dovessimo

scegliere su cosa investire, probabilmente lo faremmo

sulla RAM, portando gli 8 GB di sistema a 16 GB, utili nel

caso in cui si voglia lavorare con macchine virtuali o si

debbano elaborare un numero elevato di file RAW, che

vengono aperti in memoria. Come detto prima, la scelta

di usare applicativi Apple rispetto ad applicativi di terzi

fa la differenza: un video su Youtube guardato tramite

Chrome impatta di più sul processore e sull’autonomia

dello stesso video guardato tramite Safari.

Abbiamo usato il MacBook Air anche per fare un po’ di

fotoritocco, elaborando centinaia di file RAW presenti

su una chiavetta USB esterna. Anche in questo caso il

MacBook Air se l’è cavata decisamente bene: il rapporto

è di circa 4 a 1 con il MacBook Pro da 16” con processore

Core i9, ovvero nel caso di carichi di lavoro che richieda-

no un uso costante di processore e GPU il MacBook Po

da 16” ci mette mediamente un quarto del tempo.

Il rendering di un filmato che porta via 6 minuti sul

MacBook Pro da 16” richiede attorno ai 20 minuti sul

MacBook Air, mentre sulle fotografie, dove l’elaborazio-

ne non è continua, questo tempo si riduce. 30 fotogra-

fie in RAW, esportate in batch, richiedono meno di un

minuto con il processore che dopo l’accelerata iniziale

resta costante sugli 80°. Abbiamo portato sul MacBook

Air anche alcuni progetti a cui stiamo lavorando, usando

sia Atom Beta (non il più leggero degli IDE) e installando

tramite Homebrew Elasticsearch, PostgreSQL e Kibana

come dashboard di visualizzazione dati. Un uso for-

se più da MacBook Pro ma non abbiamo avuto grossi

problemi a re-indicizzare con ElasticSearch i prodotti di

un database che stiamo rivendendo per DDay.it. Così

come tutti i contenuti di DDay: meno di 30 secondi per

indicizzare mezzo milione di records. Il disco è velocis-

simo, la RAM anche, e proprio per questo motivo anche

la compilazione di un progetto su Xcode non fa soffrire

particolarmente il MacBook Air: abbiamo compilato una

dashboard smart opensource per vedere la diffusione

del Covid19 (https://github.com/MhdHejazi/CoronaTrac-

ker) e il processore arriva a 100° quando lanciamo il

simulatore di XCode, per poi scendere a 70-75°. E ab-

biamo aperto in background una sessione di Postgres,

Sidekiq per le code, un server di Redis e ElasticSearch,

oltre al browser con qualche tab.

Non contenti abbiamo fatto girare anche una macchina

virtuale con VirtualBox caricando Ubuntu e lo abbiamo

usato per fare un po’ di analisi dati: nessun problema,

nonostante il dual core. Il MacBook Air si comporta

bene, riesce a gestire una macchina virtuale in modo

fluido con diversi applicativi aperti. Il pattern è sempre

quello: spinta iniziale, processore all’80°, lavoro intenso,

100%, ventola che parte con il suo classico sibilo per poi

tornare silenziosa, con il processore che si stabilizza a

75°. Ci sono cose che con un MacBook Air non vanno

fatte, e sarebbe assurdo pensare di fargliele fare se pen-

siamo a che portatile è: rendering 4K, encoding video,

visione di contenuti multimediali con Chrome, Chrome

ammazza la batteria di ogni portatile e il gioco.

Sull’editing un’eccezione: se si fa editing 4K di conte-

nuti ripresi da un iPhone, quindi in HEVC, il MacBook

Air grazie all’encoder e al decoder hardware del chip

T2 fa molta meno fatica rispetto a quella che fa invece

con contenuti 4K registrati ad alto bitrate con mirrorless

e videocamere. Non è un notebook per giocare sem-

pre che i giochi non siano quelli di Apple Arcade, che

essendo giochi pensati per tablet e smartphone girano

bene. Altri giochi più “cattivi”, anche con le im-

postazioni grafiche a medio livello, perdono

qualche fotogramma di troppo.

Abbiamo parlato di autonomia, ma quanto ci si

può fare davvero?

Dalle 6 alle 10 ore con una luminosità dello

schermo media. Potrebbe non essere consi-

derata una autonomia eccezionale, ci sono

notebook che promettono molto di più, ma

sul MacBook Air come dicevamo è abbastan-

za costante e il range è realistico: meno di un

tot non si scende, come se ci fosse una sorta

di garanzia sull’autonomia. In altri casi invece

ci troviamo davanti a portatili che se usati per

la navigazione web riescono a passare le 10

ore ma per i quali basta mezz’ora di Premiere

aperto per perdere il 40% dell’autonomia.

TEST

MacBook Air 2020segue Da pagina 33

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MAGAZINEn.223 / 201 GIUGNO 2020

di Sergio DONATO

Oppo si affida ancora una volta alla serie Find X

per concentrare in unico smartphone le innova-

zioni tecnologiche degli ultimi mesi. Il Find X2 Pro

viene presentato da Oppo con il distico “Superlativo.

Assoluto.” e in effetti Oppo si è impegnata nel dare al

suo smartphone top di gamma tutto quello che poteva

dare. Il processore più potente, lo schermo a 120 Hz cer-

tificato HDR10+, tre fotocamere di cui una con obiettivo

periscopico, una ricarica rapidissima. I punti deboli sono

davvero pochi, anche se durante la nostra recensione

abbiamo scovato un impensabile tallone d’Achille.

Il Find X2 Pro si presenta all’utente con l’impeccabile

cura costruttiva che ormai è diventata un marchio di fab-

brica Oppo. Lo smartphone si percepisce come solido,

e non solo per i suoi 207 grammi di peso (nella versione

ceramica da noi provata), ma perché è immediatamente

visibile l’ottimo assemblaggio del telefono. Tutto scher-

mo. Completamente nero da spento, con la fotocamera

anteriore affogata nel vetro e reclusa in un hole-punch

nell’angolo in alto a sinistra. Da acceso, il piccolo neo

spicca, è inevitabile. Ma Oppo ha avuto la saggia idea

di affiancarlo all’indicazione dell’orario, che gli fa com-

pagnia e ne attenua la presenza. I bordi laterali sono

curvi, così come sul retro, offrendo nell’insieme un’ot-

tima presa, ulteriormente migliorata dalla soluzione in

ceramica scelta per la parte posteriore del Find X2 Pro.

Una realizzazione finissima di micro onde in rilievo qua-

si invisibili alla vista, e appena percepibili da un’unghia

che scorre su di esse. I polpastrelli, invece, ringraziano,

perché questa microscopica rugosità rende difficile

lo scivolamento. Naturalmente, il retro è il territorio di

conquista delle tre fotocamere disposte a semaforo,

quindi verticalmente sul lato sinistro, e con il sensore di

profondità nel loro centro. Lo spessore che le estrude

dal retro in ceramica è notevole, e se si appoggia lo

smartphone su una superficie dura e si prova a usare

lo schermo touch, l’esperienza è parzialmente rovinata

dall’oscillazione che si crea.

Il Find X2 Pro non ha un ingresso jack audio. Sul bordo

inferiore c’è la porta USB-C (UFS 3.0), l’altoparlante e il

cassettino mono-SIM. Sul bordo superiore un altro pic-

colissimo altoparlante che di fatto rende il suono ste-

reo, specie se lo smartphone viene usato in orizzontale

per i contenuti video.

TEST Processore potentissimo, 5G, schermo a 120 Hz, fotocamera tele periscopica e sensore d’immagine Sony “on-chip lens”

Find X2 Pro. Oppo chiede 1.199 euro, scopriamo se li valeOppo attinge a tutte le nuove risorse tecnologiche a disposizione per dare al Find X2 Pro la medaglia di “top di gamma”

Lo schermo a 120 Hz ma solo quando serve

Snapdragon 865 con modem 5G, 12 GB di RAM LPD-

DR5, 512 GB di archiviazione e Android 10 con ColorOS

7. Ecco cosa si nasconde dietro lo schermo del Find X2

Pro. Ma è lo schermo a dovere interagire con l’utente,

e Oppo ha dedicato a esso una grande attenzione.

OLED da 6,7” QHD+, fattore di forma 19.8:9, con pro-

fondità colore di 10 bit (in realtà, 8+2) e gamma colori

che copre il 100% dello spazio DCI-P3. Densità pixel di

513 PPI, picco di luminosità locale di 1.200 nits (tipica,

800 nits), frequenza di aggiornamento fino a 120 Hz

e quella di campionamento del tocco fino a 240 Hz,

sensore biometrico delle impronte sotto il display e

riconoscimento del viso: non al buio, ma con pochis-

sima luce, sì.

Tantissima carne al fuoco che non rimane una lista di

specifiche su una scheda tecnica ma che il Find X2

Pro permette di assaggiare. La caratteristica che si

nota per prima è la velocità di aggiornamento. I 120 Hz

si riconoscono, e restano stabili anche in condizioni di

scarsa luminosità. Cambiano la vita? No, ma migliorano

l’esperienza d’uso, ed è una di quelle caratteristiche che

col tempo vedremo anche sui medio-gamma. Il Find X2

Pro è anche in grado di regolare la temperatura del co-

lore in base alla luminosità ambientale, in modo che con

poca luminosità lo schermo avvicini le tinte gialle, per

poi perderle a mano a mano che ci si sposta in pieno

sole. Il cambiamento è fluido e non dà fastidio. Quando

il sole è a picco, lo schermo non è dei più luminosi che

abbiamo visto, ma resta intellegibile e non si fanno sforzi

particolari nel guardarlo. Un po’ meno quando si scatta-

no le foto: in quel caso si sente la necessità di avere più

luce dallo schermo. Il display del Find X2 Pro è certifi-

cato HDR10+. Inoltre, ha a disposizione la funzione 01

Vision Engine da usare sui filmati con gamma dinamica

standard per separare meglio le alte luci dalle basse e

segue a pagina 36

Oppo Find X2 ProSUPERLATIVO MA SENZA RISCHI 1199,00 €La Fujifilm XT-200 è destinata a chi vuole cominciare a fare sul serio con le mirrorless, e per Fujifilm è da qui che si deve passare. La Find X2 Pro ha quasi tutto quello che serve, e dal punto di vista dell’uso dello smartphone in tutte le sue funzioni, al momento è difficile chie-dere di più. Lo schermo con frequenza d’aggiornamento a 120 Hz si è rivelato un maggiordomo discreto che aiuta nell’utilizzo quotidiano. Le fotocamere posteriori si accaparrano in un solo colpo il nuovissimo sensore Sony con tecnologia 2x2 OCL e l’obiettivo tele periscopico. Gli scatti macro sono davvero esaltanti, regalano tante soddisfazioni e fanno venir voglia di fotografare. Certo, c’è quel problema delle ditate sulle lenti che il Find X2 Pro sembra soffrire più di altri top di gamma. Per lo scatto atteso ci si può ritrovare involontariamente a pulire le lenti per sicurezza, prima di mettersi all’opera. Ci saremmo anche aspettati una resa migliore dei colori nelle foto notturne con la camera principale. Il Find X2 Pro resta comunque un telefono solido e concreto che può indubbiamente prendersi la medaglia di top di gamma. In ballo ci sono però i 1.199 del prezzo di listino, che sono tanti. Le tecnologie ci sono e si pagano. Find X2 Pro però non prova a inventare nulla di completamente nuovo. È costruito benissimo ed è un aggregatore di recenti soluzioni tecnologiche allo stato dell’arte, sulle quali è molto chiaro anche nel claim di vendita: “Superlativo. Assoluto.” Dunque, il Find X2 Pro non mente. Sta al singolo utente stabilire se i 1.199 euro sono il prezzo giusto per uno smartphone ricco di tecnologia, ma che alla fine non stravolge il modo in cui si usa uno smartphone. L’hardware super pompato, come in questo caso, tante volte non basta.

Qualità Longevità Design Semplicità D-Factor Prezzo

9 9 8 8 8 78.3COSA CI PIACE COSA NON CI PIACEQualità complessiva dello schermoVelocità in termini assoluti dello smartphoneCura costruttiva

Fotocamere sensibili alle ditatePrezzo altoTante cose nuove che però non cambiano troppo l’esperienza d’uso

lab

video

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MAGAZINEn.223 / 201 GIUGNO 2020

aumentare il contrasto dei video. Lo abbiamo provato

su alcuni contenuti Netflix e Amazon Prime Video, ma

la separazione più netta tra luci e ombre non sempre ha

giovato, o comunque non ha dato niente di più. In ogni

caso, si tratta di un intervento minimo che può aiutare

alcuni contenuti a far ritrovare un po’ di tridimensionalità

alla scena. Dunque, lo 01 Vision Engine può essere usa-

to solo su contenuti video SDR, cioè con gamma dinami-

ca standard. Provando ad attivarlo con filmati in HDR10+

non si notano cambiamenti perché il pannello segue

già i valori della gamma dinamica suggeriti da HDR10+.

Il pannello non supporta Dolby Vision e non mostra i

valori dinamici di gamma per i video che adottano que-

sta tecnologia. Tuttavia, ai video in Dolby Vision non è

possibile applicare lo 01 Vision Engine, perché di fatto

non sono contenuti in SDR. La visione in HDR10+ dà co-

munque soddisfazione, anche se la differenza tra zone

illuminate e zone buie fa sentire la mancanza dei mezzi

toni. Abbiamo guardato la serie TV “Hanna” codificata in

HDR10+ su Amazon Prime Video e un po’ di luminosità

nelle penombre non avrebbe disturbato. La differenza

nella gestione della gamma dinamica si avverte bene

però solo se la luminosità del pannello viene portata al

massimo anche in condizioni di buio completo.

Dolby Atmos, l’equalizzazione necessariaIl suono dagli altoparlanti è sempre potente e ben equi-

librato tra bassi, medi e alti, anche se quest’ultimi pren-

dono più spazio al crescere del volume, ma è uno sce-

nario prevedibile. Find X2 Pro supporta Dolby Atmos,

che ovviamente può essere applicato solo con l’uso in

cuffia e solo per clip selezionate o per contenuti video

spesso poco pubblicizzati in tal senso. Ma Dolby Atmos

gestisce anche l’equalizzazione audio di tutto il telefono

quando le cuffie USB-C fornite in dotazione sono colle-

gate. Naturalmente si può disattivare, ma la sua presen-

za riesce a dare equilibrio alle cuffie in-ear di Oppo, che

altrimenti sbilanciano l’ascolto verso lo spettro basso

delle frequenze audio. Con l’equalizzazione di Dolby At-

mos si riesce a dare più organicità a tutte le frequenze.

Anche con i valori preimpostati, i medi si allargano tra gli

alti e i bassi dando una struttura più uniforme a qualsiasi

contenuto. Abbiamo testato brani FLAC, MP3 e video

YouTube: con le cuffie in dotazione, il miglioramento c’è

sempre stato.

Tre fotocamere bellissime che “temono le dita”Il Find X2 Pro può essere considerato a tutti gli effet-

ti un camera-phone. Il terzetto posteriore ha nella sua

parte più bassa la camera principale con sensore Sony

IMX689 da 48 MP Quad Bayer, e uno dei primi con tec-

nologia 2x2 On-Chip Lens. Ampio 1/1.4”, accompagnato

da un’ottica stabilizzata con apertura f/1.7 e, grazie pro-

prio alla soluzione 2x2 OCL, in grado di sfruttare l’au-

tofocus dual pixel su tutti gli assi. In effetti, l’autofocus

ha la velocità di un battito di ciglia. Soffre solo un po’ in

condizioni di scarsa luminosità e solo quando deve met-

tere a fuoco il soggetto più lontano. Ma per “scarsa

luminosità” intendiamo davvero zone buie. Locali

interni di una casa, senza finestre, e raggiunti quindi

solo dalla luce di rimbalzo sui muri.

Questo sensore lo abbiamo già visto all’opera su

OnePlus 8 Pro, e anche sull’Oppo ne confermiamo

tutta la bontà. 48 MP che in modalità binned diven-

tano 12 MP e che sono considerati la risoluzione

“predefinita”.

Usando tutta la risoluzione disponibile si perde qual-

siasi tipo di ingrandimento, dato che il Sony IMX689

si occupa anche del 2x che quindi è uno zoom ibri-

do ottenuto dalla stessa ottica. I risultati sono stati co-

munque sempre molto buoni. Il sensore è in grado di

scattare anche RAW a 12 bit molto nitidi. La “modalità

48 MP” consente di scattare anche foto ultragrandan-

golari perché il Find X2 Pro si serve della fotocamera

TEST

Find X2 Prosegue Da pagina 35

5x ottico

dedicata, ovvero quella centrale, dotata di un altro sen-

sore da 48 MP quad-bayer con risoluzione “predefinita”

di 12 MP. Questa volta si tratta di un Sony IMX586 che

5x digitale dalla camera principale

Modalità Macro

5x ottico

Vetro con ditate

Vetro pulito

segue a pagina 37

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MAGAZINEn.223 / 201 GIUGNO 2020

si occupa anche degli scatti macro e che è posizionato

dietro un’ottica con angolo di campo di 120° e apertura

f/2.2. Anche in questo caso ci troviamo di fronte a una

combinazione vincente, e che dà il meglio di sé proprio

nelle foto macro. Avvicinandosi con la fotocamera 1x a

un soggetto per fare uno scatto macro, lo smartphone

commuta automaticamente sulla camera centrale gran-

dangolare e avvisa l’utente con un messaggio indicante

“Modalità Macro”. In questa modalità, la camera gran-

dangolare accetta anche uno zoom 2x, cioè ingrandi-

sce di due volte il soggetto ripreso tramite un’interpola-

zione. Lo zoom digitale diventa più evidente in questo

caso, ma il risultato resta comunque molto buono.

E poi c’è il teleobiettivo periscopico con sensore da 13

MP, apertura f/3.0, stabilizzazione ottica, che si occupa

del tele 5x in modalità ottica e del 10x in modalità ibrida,

fino a un 60x digitale che si spinge a una focale equiva-

lente di 170 mm. Un breve ripasso sulle soluzioni peri-

scopiche per le ottiche degli smartphone che, per non

occupare lo spessore di due o tre centimetri necessari

ad avere dei teleobiettivi di partenza da almeno 125 mm,

coricano in orizzontale gli elementi dell’obiettivo.

Il problema di queste soluzioni è che non sono sempre

attive, ma per permettere allo smartphone di non perde-

re lo scatto, possono chiedere aiuto anche alla camera

principale attraverso un zoom digitale che tenta di egua-

gliare quello ottico da 5x dell’ottica periscopica.

I risultati sono ovviamente diversi quando lo zoom è

applicato dall’interpolazione di un’ottica e di un sensore

non dedicati. E anche un’operazione fine a se stessa,

perché sarebbe preferibile un 2x con la camera princi-

pale per ottenere la stessa inquadratura (sempre che ci

si possa avvicinare abbastanza).

Quando però è l’accoppiata sensore-lente periscopica

a prendersi cura degli scatti tele il risultato è sempre

soddisfacente e, anche in quei rari casi in cui si usa al

chiuso per soggetti distanti più di un metro, l’apertura

f/3.0 viene compensata adeguatamente dall’aumento

dell’ISO senza la produzione di rumore digitale nocivo.

Anche in presenza di tanta luce, si può notare un lieve

rumore specie attorno ai bordi del soggetto, ma che ri-

sulta visibile solo nel caso in cui l’immagine venga osser-

vata con un zoom molto spinto. Nulla che possa nuocere

nell’utilizzo quotidiano. Nell’immagine seguente un crop

ottenuto dallo zoom al 100% su una foto scattata con il

5x ottico. Nell’uso delle fotocamere posteriori, abbiamo

notato complessivamente una predisposizione a soffrire

le ditate sulle lenti. Crediamo dipenda dal trattamento

del vetro posteriore. Nell’ultimo periodo non ricordiamo

un telefono così incline a questo problema.

Avendo un comparto fotografico voluminoso e svilup-

pato in verticale, il tocco involontario delle lenti è ine-

vitabile. E bisogna anche considerare che la camera

principale è quella più in basso del terzetto, e l’indice

ci finisce contro con facilità. Può capitare quindi che

alcune foto risultino appannate. All’inizio pensavamo si

trattasse dell’ingresso di luce spuria nelle lenti, poi ab-

biamo capito che si trattava di una eccessiva reattività

del vetro alle impronte. Di notte, il Find X2 Pro si affida

a una modalità di scatto dedicata e che ha già trovato

applicazione negli smartphone Oppo. In caso di scatto

a mano libera, lo smartphone chiede di mantenere fer-

mo il telefono mentre aumenta (soprattutto) il tempo di

esposizione. I risultati sono buoni a patto di non scattare

soggetti in movimento.

Se invece si ha la possibilità di tenere ben fermo lo

smartphone su un supporto fisso, c’è l’opzione aggiun-

tiva “Cavalletto”, che rallenta ulteriormente i tempi di

scatto e applica una maschera di contrasto più definita

e che rispetta meglio luci e colori reali. Il sensore de-

putato alle foto notturne è senza dubbio quello della

camera principale. Sebbene

anche il Sony IMX586 usato

per il grandangolare sia un 48

MP capace di pixel binning, la

luce che riesce a recuperare è

diversa, o comunque predilige

la corrispondenza del colore a

quella della luminosità.

L’IMX689 con tecnologia 2x2

OCL della camera principale è

più incisivo e cattura più luce,

Modalità Notte camera principaleModalità Notte camera grandangolare

ma diluisce i colori. L’IMX586 preferisce restare vicino a

una riproduzione corretta del colore, ma rinuncia a una

buona parte del dettaglio. La selfie-cam è invece sup-

portata da un sensore da 32 MP con ottica stabilizzata

e apertura f/2.4. Nonostante la stabilizzazione, in alcuni

casi la camera è incline a un leggerissimo micro-mosso,

anche in questo caso visibile solo se la foto viene in-

grandita molto. I risultati tuttavia sono spesso gradevoli.

Il Find X2 Pro può acquisire filmati fino a 4K a 60p senza

crop tra le varie risoluzioni video e con l’aiuto della sta-

bilizzazione interna della lente principale e periscopica.

C’è inoltre la possibilità di acquisire filmati, anche in 4K,

in modalità HDR Live attraverso la sola camera princi-

pale. L’HDR registrato in questo modo non viene rico-

nosciuto da un pannello compatibile con gli standard

attuali. Lo smartphone applica un sorta di filtro sulle im-

magini grazie alle specifiche capacità del sensore Sony

IMX689, che aumenta il contrasto e rende la scena mol-

to simile a quella ripresa nella realtà, specialmente nella

resa delle alte luci.

Ci è sembrato strano tuttavia che in questa modalità, il

sensore recuperi un po’ di pixel allargando lievemente

la scena ripresa. Ci saremmo aspettati il contrario.

Nell’uso quotidiano, il Find X2 Pro si è dimostrato sem-

pre affidabile e fluido in tutti gli utilizzi. La batteria da

4.260 mAh porta con molta tranquillità a fine giorna-

ta e, in ogni caso, la ricarica rapida con SuperVOOC

2.0 da 65W, porta la percentuale della batteria dal 15%

al 100% in soli 30 minuti. La ricezione telefonica e la

qualità di ascolto è sempre stata ottima. Gli interlocutori

non hanno mai lamentato problemi. Come al solito, lo

schermo curvo su sfondi luminosi e bianchi fa quell’ef-

fetto “termometro al mercurio” lungo i bordi laterali. A

qualcuno può piacere, a noi no.

Modalità Notte mano libera Modalità Notte “Cavalletto”

TEST

Find X2 Prosegue Da pagina 36

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MAGAZINEn.56 / 201 GIUGNO 2020

di Massimiliano ZOCCHI

I l Presidente francese Emmanuel Ma-

cron aveva promesso grandi provvedi-

menti a favore del settore automobili-

stico francese, e le promesse non sono

state disattese. Macron ha annunciato un

massiccio piano di aiuti al settore, per un

totale di 8 miliardi di euro. Il Presidente

ha sottolineato che per questo piano

saranno assolute protagoniste le auto

elettriche, ben rappresentate dai grup-

pi francesi con Renault Zoe e Peugeot

e-208, che riceveranno nuovi incentivi

statali, che saliranno fino a 7.000 euro.

Ci sarà poi un ulteriore bonus per chi rot-

tamerà un vecchio veicolo inquinante,

3.000 euro che saliranno a 5.000 euro

nel caso di acquisto di un’auto elettrica.

AUTO ELETTRICA Sul piatto 8 miliardi per sostenere l’industria francese dell’automotive

Macron e il piano per salvare l’automotive Auto elettriche protagoniste e nuovi incentiviLe elettriche riceveranno nuovi incentivi statali. Annunciato l’arrivo di 100.000 nuove colonnine

Il mercato francese, durante il blocco

per Covid-19, è crollato del 90%, e i pro-

duttori locali ne hanno sicuramente su-

bito il contraccolpo. Ma lo Stato france-

se è in parte proprietario sia di Renault,

sia del gruppo PSA, ed ha quindi tutta

la convenienza a supportare il mercato

al meglio. Più auto elettriche significa an-

che una migliore rete di ricarica, e anche

su questo punto il Governo sembra voler

puntare forte: Macron ha annunciato l’ar-

rivo di 100.000 nuove colonnine.

Askoll offre il “Bonus Ripartenza”: sconto sugli scooter elettrici, cumulabile con l’incentivo stataleL’italiana Askoll propone sui sui scooter elettrici uno sconto fino a 500 euro, che si aggiunge al contributo statale. Ecco quanto costano Es2 e Es3 di M. ZOCCHI

Askoll è una realtà italiana da sempre impegnata nella mobilità sostenibile, con i suoi scooter e le sue bici a pedalata assistita. In occasione del rilancio dell’econo-mia italiana l’azienda propone la promozione denominata “Bonus Ripartenza”. Il bonus consiste in uno sconto sugli scooter del-la gamma Es, cumulabile con il contributo offerto dagli incentivi statali. Quindi fino al 31 maggio, nei punti vendita aderenti, si po-tranno trovare Askoll Es2 a partire da 2.030 euro, ed Es3 a partire da 2.283 euro. Lo sconto in pratica è di 300 euro per Es2 e di 500 euro per Es3. A questo sconto si potrà anche aggiungere, come detto, l’incentivo statale. Secondo le regole dell’ecobonus per le due ruote, prorogato anche nel 2020, l’incentivo prevede uno sconto pari al 30% del prezzo di acquisto (IVA esclusa). C’è però un paletto rispetto agli incentivi per auto: è necessario possedere un vecchio ciclomotore o motoveicolo da rot-tamare, appartenente alle classi Euro 0, Euro 1 o Euro 2, e deve es-sere intestato da almeno 12 mesi allo stesso soggetto che procede all’acquisto del nuovo.

di Massimiliano ZOCCHI

E ttore Bugatti è diventato famoso in

tutto il mondo grazie alla Bugatti

Type 35, quella che è forse l’auto da

corsa più vincente di sempre. Nel 1926

Ettore Bugatti ebbe l’idea di realizzarne

una versione in scala per il suo figlio più

piccolo, Roland, per fargli un regalo di

compleanno inatteso.

Le cose andarono ben oltre l’immagina-

zione di Ettore, e la Baby, così si chiama-

va, riscosse un enorme successo tanto

da costringerlo a metterla in produzione

come qualsiasi sua vettura. Tra il 1927 e

1936 ne furono realizzate circa 500, e al-

cune di queste oggi sopravvivono ancora

in collezioni sparse per il mondo.

Per celebrare l’anniversario numero 110

dalla nascita della Bugatti, la Baby ritor-

na in una nuova versione, nominata Baby

II, prodotta sotto licenza ufficiale dalla

Junior Classics. Ed esattamente come

l’originale, ne verranno prodotte 500,

tutte numerate con apposita targa. Di-

versamente dalla Baby d’epoca, la nuova

versione non è solo per bambini, ma si

tratta si una riproduzione in scala di circa

tre quarti della dimensione reale, quindi

AUTO ELETTRICA Per i 110 anni di storia, Bugatti ha commissionato la produzione della Baby II

La prima Bugatti elettrica ma non è quella che ti aspettiBaby II è una fedele riproduzione della Type 35. Con la chiave speciale è da pilota vero

che può ospitare anche un adulto. E una

riproduzione moderna non poteva che

essere elettrica, con batterie al litio e mo-

tore con potenza regolabile. Nel “novice

mode” offre solo 1 kW e velocità massima

di 20 km/h, mentre passando al “expert

mode” si ottengono 4 kW e velocità di 45

km/h. Ma non è finita, perché con la “chia-

ve della velocità” si può arrivare a 10 kW e

niente limite di velocità.

Non si tratta però di un prodotto industria-

le e dozzinale. La Baby II è stata realizzata

con accurata scansioni digitali della origi-

nale Type 35, precisamente quella co-

struita nel 1924 per il gran premio france-

se di Lione, ed è costruita a mano. Sempre

come l’originale, la trazione è posteriore,

ma ora gode di differenziale e freno rige-

nerativo. Il battey pack è anche estraibile.

Come detto le disponibilità sono limitate,

e visto il limite del lotto si andrà sulla base

del “first-come, first-served”. È possibile

riservarsi uno slot sulla pagina dedicata,

dove possiamo anche trovare le tre ver-

sioni. La Base, al costo di 30.000 euro,

propone scocca in composito, batteria da

1,4 kWh e motore standard. Per la Vitesse

ci vogliono 43.500 euro, e la batteria sale

a 2,8 kWh e troviamo l’opzione potenza

da 10 kW. Inoltre la scocca è in fibra di

carbonio. Infine c’è la Pur Sang, che ha

le stesse caratteristiche tecniche della

Vitesse, ma ha la carrozzeria realizzata

in alluminio, con metodo tradizionale, per

cui sono necessarie più di 200 ore di la-

voro. Il prezzo sale a 58.500 euro.

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MAGAZINEn.56 / 201 GIUGNO 2020

di Gianfranco GIARDINA

S i sa che il diavolo sta nei dettagli.

E c’è un dettaglio relativo al bonus

mobilità che riguarda biciclette a

pedalata assistita, monopattini e altri

mezzi a propulsione elettrica, che deve

destare per lo meno un po’ di attenzio-

ne tra chi è intenzionato a fruirne. Il testo

di legge non chiarisce come si otterrà il

rimborso, che è ingente, valendo il 60%

del prezzo pagato fino a un massimo di

500 euro. Ma, con. Il lodevole obiettivo di

non bloccare le vendite da qui alla piena

attuazione del provvedimento, il decreto

chiarisce che il bonus è retroattivo e vale

per gli acquisti fatti dal 4 maggio in poi.

Ma poi - e qui arriva il dettaglio non tra-

scurabile - è uscita una nota sul sito del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti (sito che incredibilmente non è “sicuro”,

URBAN MOBILITY Il bonus mobilità nasce retroattivo e vale per gli acquisti dal 4 maggio in poi

Bonus mobilità per bici e monopattini Per il rimborso è necessaria la fattura Il solo scontrino quindi non basterà, come emerge da una nota del Ministero del Trasporti

ovverosia non è SSL) che dà qualche

dettaglio in più, molto utile per chi si sta

portando avanti e sta già comperando

bici elettriche e monopattini prima che

inizino a scarseggiare sul mercato o che

addirittura assorbano il bonus in mancanti

sconti. Infatti la nota del MIT spiega quali

siano le condizioni per fruire del rimborso

del bonus, anche retroattivamente per gli

acquisti fatti dal 4 maggio in poi.

“Il buono mobilità spetta ai maggio-renni residenti nei capoluoghi di Re-gione, nelle Città metropolitane, nei capoluoghi di Provincia ovvero nei Comuni con popolazione superiore a 50.000 abitanti ed avrà efficacia retroattiva: potranno infatti benefi-ciarne quanti, avendone i requisiti, abbiano fatto acquisti a partire dal 4 maggio 2020, giorno di inizio del-la Fase 2. Per ottenere il contributo basterà conservare il documento giustificativo di spesa (fattura) e, non appena sarà on line, accedere tramite credenziali SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale) sull’ap-plicazione web che è in via di pre-disposizione da parte del Ministero dell’ambiente e accessibile anche dal suo sito istituzionale”.Qui emerge un dettaglio: per ottenere il

rimborso sembra necessaria la fattura e

invece il solo scontrino potrebbe non ba-

stare. La grande differenza è ovviamente

nel fatto che la fattura è intestata e no-

minativa, e quindi si può collegare univo-

camente a chi chiede il rimborso, mentre

lo scontrino è anonimo. Va chiarito che la

fattura - contrariamente a quanto pensa-

no in molti - può essere emessa anche a

favore di persone fisiche anche non in

possesso di partita IVA, indicando il solo

codice fiscale. In linea puramente logica,

potrebbe andare bene anche uno scon-

trino parlante, ovverosia che riporti anche

il codice fiscale dell’acquirente, un po’

come accade in farmacia per poter avere

una pezza giustificativa poter dedurre il

costo sostenuto. Purtroppo però gene-

ralmente i negozi di elettronica e di bici-

clette non hanno la possibilità, nei propri

sistemi operativi di cassa, di inserire il

codice fiscale nello scontrino e, general-

mente sono restii a fare fattura a clienti

privati, questo per evitare la burocrazia di

registrare un cliente in più in anagrafica.

Il consiglio è quindi quello di chiedere (di-

remmo anche pretendere, se necessario)

l’emissione di fattura durante la fase di ac-

quisto di biciclette o monopattini elettrici,

in mancanza della quale pare, in attesa di

indicazioni più precise, che sia impossibi-

le chiedere il rimborso del bonus mobili-

tà. Il suggerimento per chi invece ha già

fatto l’acquisto dal 4 maggio in poi con

scontrino, è di tornare immediatamente

in negozio e chiedere l’emissione di fat-

tura (meglio farlo entro la fine del mese);

se il negozio dicesse che per motivi am-

ministrativi la procedura è impossibile,

meglio far annullare lo scontrino ed emet-

tere fattura in nuova data; per gli acquisti

online, dato che non sono ancora decorsi

i termini del recesso, se non è possibile

avere fattura, meglio restituire e fare un

nuovo acquisto, questa volta ovviamente

con fattura. Questo per quanto riguarda

le cose da fare in urgenza. Poi, con calma,

si discuterà di quale sia il senso di varare

un provvedimento retroattivo senza dare,

sin dal primo minuto del primo tempo,

istruzioni chiare e dettagliate sui mecca-

nismi di erogazione.

Tesla Cybertruck attraversa il tunnel di Boring Company, alla guida c’è Jay LenoPrima che il mondo fosse costretto a fermarsi, Jay Leno ha fatto visita a Elon Musk per fare quattro chiacchiere sui progetti futuri, all’interno del suo format “Jay Leno’s Garage”. Si tratta di una serie on demand pubblicata da CNBC, la quale però, dopo un brevissimo trailer, ora ci offre una più corposa anteprima dell’episodio. Il protagonista è Cybertruck, il pick-up elettrico di Tesla. Nello spezzone Musk e Leno parlano della fase di produzione, e secondo il CEO le dimensioni del veicolo potrebbero diminuire del 5%. In realtà più di recente Musk è tornato su questo argomento ritrattando, e chiarendo che il pick-up resterà delle dimensioni già viste. Perché dunque non testare la stazza di Cybertruck con i tunnel dell’altra azienda di Elon Musk, la Boring Company? Con Jay Leno al volante si sono quindi addentrati nel tunnel di prova di Los Angeles, che si rivela essere appena più largo del gigante di Tesla. Qui il video.

Bonus Mobilità, il Sen. Comincini chiarisce: “ci sono regole precise e i soldi non potevano essere usati per altro”Dopo gli attacchi al Bonus Mobilità, il “padre” dell’equiparazione dei monopattini alle bici difende il provvedimento di M. ZOCCHI

ll Senatore Eugenio Comincini è intervenuto in difesa del Bonus Mobilità. Da una parte dell’opi-nione pubblica, nonché da forze politiche dell’opposizione, si sono levate diverse proteste, puntando soprattutto il dito verso i 120 mi-lioni di euro stanziati per offrire ai cittadini fino a 500 euro di contri-buto sull’acquisto di veicoli di mi-cro mobilità elettrica. Il Senatore ha voluto chiarire questo punto: “Sento dire “invece di pagare la Cassa Integrazione questi qui pensano ai monopattini”. Nien-te di più populista e miope. E vi spiego perché: lo stanziamento di 120 milioni di euro per questo bonus proviene dalle aste verdi. Parliamo di una tassa prevista da un decreto del 2013 che si paga sulle emissioni impattanti sull’atmosfera e che, sempre per previsione di legge, può e deve essere spesa solo per misure che abbiano la finalità di migliorare la qualità dell’aria. Il bonus mobili-tà, appunto, ci rientra appieno. Mentre non potrebbero rientrarci il pagamento di cassa integrazio-ne, reddito di emergenza e altre misure importanti che, indubbia-mente, servono ai cittadini e per le quali sono comunque già stati stanziati i soldi”

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MAGAZINEn.56 / 201 GIUGNO 2020

di Massimiliano DI MARCO

L a domanda per i monopattini è pre-

vedibilmente aumentata ed è anche

per questo che entro l’estate Xiaomi

porterà in Italia due nuovi scooter elettri-

ci. Lo ha rivelato Davide Lunardelli, head

of marketing di Xiaomi Italia, in un’intervi-

sta concessa a DMOVE.it.

La fase 2 ha posto l’accento sulla mi-

cromobilità e la necessità, specialmente

nei grossi centri urbani, di sfruttare il più

possibili servizi di mobilità alternativa. I

monopattini e le bici elettriche la faranno

da padrone, questo è certo. Non a caso,

Helbiz ha lanciato un abbonamento “speciale” lo scorso 4 maggio, ossia

quando hanno cominciato a girare per le

città più persone.

“Avevamo già in mente di ampliare la

MOBILITÀ SOSTENIBILE Il responsabile marketing Xiaomi Italia: “Ci aspettiamo una grande crescita”

Xiaomi, 2 nuovi monopattini elettrici in Italia Le bici elettriche? Non siamo ancora prontiI nuovi monopattini arriverano prima dell’estate. In Italia Xiaomi è il primo marchio

gamma di scooter in Italia” confessa il

responsabile marketing di Xiaomi Italia.

“Prima dell’estate porteremo un paio di

novità in ambito scooter elettrico”. Per

ora, non è programmato, invece, il debut-

to delle bici elettriche del marchio in Ita-

lia. In Francia si sta tastando il terreno con

un progetto pilota, mentre per quel che

riguarda il mercato nostrano “non siamo

ancora pronti a fare questo passo”.

Pur non potendo fornire i precisi dati di

vendita italiani, Lunardelli spiega che in

questi mesi “è nata una nuova sensibili-

tà sia nei confronti dell’ambiente sia per

il complesso ritorno alla normalità” ed è

stato registrato un incremento della do-

manda di monopattini elettrici.

In Italia, secondo dati di GFK di febbraio

2020, Xiaomi è il primo marchio per vo-

lume di un mercato con una quota del

39%. Nel mondo, i monopattini comples-

sivamente venduti da Xiaomi si aggirano

invece sulle 1,5 milioni di unità. “Ci aspet-

tiamo una bella crescita nei prossimi

mesi” anticipa Lunardelli.

Gli incentivi statali sono previsti per i

residenti nelle città con almeno 50mila

abitanti. Un requisito che, sebbene giu-

stificato dal traffico più complesso dei

maggiori centri urbani, taglia fuori tante

comunità più piccole che ugualmente

avrebbero giocato di incentivi di questo

genere per promuovere la micromobilità.

“Si partirà solo dai grandi centri urbani, è

vero, ma deve essere solo il punto di par-

tenza”, secondo Lunardelli. “Un mezzo

come il monopattino risolve il problema

dei microspostamenti anche nei centri

più piccoli, dove l’auto è spesso l’unico

mezzo e c’è pochissima libertà di scelta”.

Difficile dire se in futuro si vedranno più

monopattini o bici elettriche: sono due

mezzi diversi che, in particolare, hanno

anche due prezzi differenti. “Non saprei

fare una previsione” risponde Lunardelli.

“La bici elettrica ha più potenziale perché

la bicicletta è un mezzo al quale siamo

più abituati, però ha anche un costo su-

periore. Sono curioso di vedere come

reagirà il mercato”.

Ducati, dopo eBike e scooter, arrivano anche monopattini elettriciDucati è sempre più attiva in settori diversi dalle moto. Stanno per arrivare due nuovi monopattini elettrici con ottime caratteristiche di M. ZOCCHI

Ducati è ovviamente nota ai più per le sue moto, ma da diversi mesi ha riservato una attenzione particola-re anche ad altri tipi di mobilità su due ruote. Gli ultimi arrivati in que-sta serie di “esperimenti” sono i monopattini elettrici, che avranno a breve due nuovi modelli dalle caratteristiche interessanti, rea-lizzati in collaborazione con MT Distribution. Il 20 giugno arriverà Cross-E, con il marchio Scrambler, monopattino dall’aspetto offroad, con ruote fat tubeless da 6,5”. Il motore brushless ha 500 W di potenza, il massimo consentito a norma di legge, il che ne fa un mezzo adatto a tutte le situazioni. Completa la dotazione la batteria da 375 Wh, per circa 30-35 km di autonomia. Da segnalare anche il doppio freno a disco, con leve al manubrio, il doppio faro frontale e il display LCD da 3,5”, da cui impo-stare le tre modalità di andatura. Il secondo modello in arrivo è il Pro II, atteso per il 6 luglio. Il modello, con brand Ducati, ha motore da 350 W e batteria da 280 Wh, suffi-cienti per 25-30 km di autonomia. Gli pneumatici salgono al diame-tro di 10”, sono sempre tubeless, e l’andatura è addolcita dall’ammor-tizzatore posteriore. Anche qui abbiamo il doppio freno, che però all’anteriore è solo elettrico, e a disco al posteriore. Al momento, non ci sono ancora informazioni sui prezzi.

DMOVE Il gigante dell’autonoleggio ha subito un duro colpo

Il coronavirus ha piegato Hertz Fallimento in USA e Canada

di S. DONATO

N egli Stati Uniti e in Canada, Hertz

si è dovuta arrendere al blocco del

settore dell’autonoleggio causato

dalla pandemia e ha presentato istanza di

fallimento. La società aveva già manifesta-

to difficoltà quando a fine aprile non era

riuscita a pagare le rate del leasing in sca-

denza, e aveva anche tagliato 10.000 posti

di lavoro tra Stati Uniti e Canada, per un totale del 26,3% della sua forza lavoro. Era

riuscita a spostare in avanti la scadenza delle rate per ben due volte: prima il 4 maggio,

e poi quella che sarebbe stata l’ultima spiaggia, il 22 maggio. Ma Hertz non è riuscita a

rispettare nemmeno quest’ultima. La società si è quindi vista costretta a fare ricorso al

Chapter 11, la legge che nel diritto americano regola la messa in liquidazione, che quindi

non include la altre zone operative di Hertz, quali Europa, Australia e Nuova Zelanda.

Non è dunque chiaro quale sarà il futuro di Hertz in Europa, tuttavia la società tenterà

di usare il dispositivo del Chapter 11 per riorganizzarsi attraverso una nuova struttura

finanziaria che dovrebbe posizionare meglio la società per il futuro. Ha comunque già

“eliminato tutte le spese non essenziali, sebbene permangano incertezze sul ritorno

del reddito e sulla completa riapertura del mercato”, ha fatto sapere Hertz in una nota. I

debiti complessivi accumulati da Hertz corrispondono a 19 miliardi di dollari, di cui ben

15 miliardi sotto forma di leasing garantito dalla flotta di autoveicoli. I restanti 4 miliardi

sono obbligazioni. La flotta di Hertz conta attualmente 770.000 veicoli, che ne fa la so-

cietà di autonoleggio con più mezzi a livello mondiale. Il Chapter 11 americano è rinoma-

to per la flessibilità che riesce a garantire alle aziende in fallimento e che spesso sono

capaci di ripartire, al prezzo però purtroppo anche di una riduzione dei dipendenti.

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MAGAZINEn.56 / 201 GIUGNO 2020

di Massimiliano ZOCCHI

L a nuova Renault Zoe ha portato in

dote tutta una serie di migliorie, ma

la novità più importante resta la bat-

teria. Per questa terza versione della sua

compatta elettrica, Renault ha proposto

la batteria siglata come ZE50, ovvero da

circa 50 kWh, il che permette alla Zoe di

essere omologata con 395 km di autono-

mia secondo il ciclo WLTP. Vediamo come

è realizzato il nuovo accumulatore. Il forni-

tore delle celle al litio è sempre LG Chem,

partner fin dal primo modello di Zoe nel

2013, che per la nuova versione ha fornito

le celle LGX E78, sempre con formato “a

sacchetto”, realizzate con chimica NCM

712. Scendendo nel dettaglio, le nuove

celle hanno un voltaggio di 3,65 V, capac-

ità di 78 Ah, con un peso di 1.073 grammi.

Moltiplicando tale numero per la quantità

BATTERIE Vediamo nel dettaglio come è realizzato il nuovo accumulatore della nuova Zoe

Batteria Renault Zoe ZE50, analisi nei dettagli Spunta anche una sorpresa per la versione ZE40Vi diciamo anche perché l’opzione migliore potrebbe essere l’attuale versione ZE40

di celle necessarie, 192,

si ottiene il peso di 206

kg. Non si tratta però del

peso della batteria, che

una volta aggiunti case,

protezioni, cablaggi, BMS

e raffreddamento, arriva

a 326 kg. Ne consegue

che la densità energetica

delle sole celle è di 265

Wh/kg, mentre considerando la batteria

come corpo unico si scende a 168 Wh/

kg. Tutto questo con una capacità lorda

di 54,66 kWh, di cui utilizzabili realmente

solo 52 kWh. Questo per quanto riguarda

la Zoe R135. È possibile però ordinare an-

che la Zoe R110, con batteria da 41 kWh

(ZE40, solo in alcuni mercati, Italia esclu-

sa) ma quello che molti non sanno è che

tale batteria non è quella utilizzata nella

generazione precedente, ma è la stessa

della sorella maggiore. Renault ha infatti

deciso di utilizzare un solo tipo di batteria,

e limitarla via software all’occorrenza. La

batteria ZE40 dunque è la stessa della

ZE50, con capacità lorda di 54,66 kWh, di

cui appunto solo 41 kWh sono accessibili

all’utente. Questo significa che in questa

vettura la batteria viene sfruttata per solo

il 75% della sua capacità reale, mantenen-

do un ampio margine di lavoro, ed assi-

curando un ciclo vita molto più lungo.

di Pasquale AGIZZA

U n monopattino condiviso a guida

autonoma, capace di rientrare da

solo alla base di ricarica. È que-

sta la nuova modalità implementata

dall’azienda americana di sharing Go

X, a metà fra innovazione e fantascien-

za. Una modalità che potremo vedere

presto in funzione, sulle strade di un

paesino americano. Il funzionamento

di Go X non prevede che i monopattini

siano consegnati in un punto preciso

della città, ma che siano lasciati in giro.

L’utente che ne ha bisogno li rintraccia

tramite un’app, con l’inconveniente

però di poterli trovare con poca batte-

ria. Oltretutto, ogni sera degli incaricati

di Go X sono costretti ad andare in giro

per “raccattare” i monopattini e portarli

in deposito per ricaricarli. Per ovviare

a questo problema, quindi, Go X ha

sviluppato questa nuova modalità di

guida autonoma, in collaborazione con

l’azienda Tortoise, che entra in funzione

GUIDA AUTONOMA Il rientro automatico dei monopattini sarà sperimentato vicino ad Atlanta

Monopattini a guida autonoma di Go X Li lasci in strada e tornano da soli in depositoPer dare stabilità, ci sono due ruotine laterali che rientrano quando utilizzato da un guidatore

quando l’utente abbandona il mono-

pattino. In questo modo il monopattino

tornerà da solo alla stazione di ricarica,

dove un addetto provvederà a metterlo

sotto carica. Dal punto di vista funziona-

le, la guida autonoma “apre” due rotelle

sui lati del monopattino, molto simili a

quelle delle biciclette dei bambini, per

stabilizzare il mezzo. La ruota davanti è

quella motrice che fa muovere il mono-

pattino. Quando l’addetto lo recupera,

le ruotine laterali si chiudono da sole.

La sperimentazione di questo nuo-

vo tipo di guida autonoma partirà a

Peachtree Corners, nella periferia di

Atlanta. L’ordinanza comunale obbliga i

gestori dei dispositivi di mobilità condi-

visa, per i prossimi sei mesi, ad utilizza-

re la modalità di rientro automatica dei

monopattini.

Halfbike, a metà fra una bicicletta ed un monopattino. E col bonus mobilità costa pochissimoNelle città italiane potrebbe essere facile imbattersi in questo mezzo a tre ruote, un po’ bicicletta un po’ monopattino. Rientra nel bonus mobilità del governo italiano di Pasquale AGIZZA

Una ruota grande davanti, due ruo-te piccole dietro. Si pedala come fosse una bici, ma si sta in piedi come su un monopattino. È l’half-bike, uno dei mezzi più innovativi e di tendenza nelle nostre città. Hal-fbike è un prodotto della bulgara Koleninia e per quel che riguarda il design, sembra una rivisitazione moderna delle prime biciclette, quelle con ruota anteriore gigan-tesca. A differenza di quest’ultime, però, Halfbike si piega per essere trasportato con più comodità. La ruota anteriore misura 20 pollici, mentre le due ruote inferiori sono da 8 pollici. Il cambio, integrato nel mozzo, presenta quatto rapporti. Non c’è la sella, perché Halfbike si guida in piedi con uno stile di gui-da che coinvolge tutto il corpo.Halfbike rientra nel bonus mobilità deliberato dal Governo. L’acquisto del mezzo, che costa 499 euro, dà diritto ad un rimborso del 60%. Questo si traduce, a conti fatti, in uno ristoro di 299 euro. Halfbike 2 viene quindi a costare appena 200 euro. Per la fine di giugno è previsto l’arrivo del terzo modello, più piccolo, maneggevole e con un impianto frenante migliore. Hal-fbike 3 è già prenotabile, dal sito ufficiale, al prezzo di 599 euro.

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MAGAZINEn.56 / 201 GIUGNO 2020

di Massimiliano ZOCCHI

I l Decreto Rilancio ha ufficializzato anche il cosiddet-

to Bonus Mobilità, un incentivo offerto dal Governo

per acquistare bici, eBike e monopattini elettrici, oltre

ad altri micro veicoli a trazione elettrica. Per le regole

di accesso all’agevolazione vi rimandiamo all’articolo dedicato, mentre in questa piccola guida vogliamo sof-

fermarci sui monopattini elettrici e sulle accortezze per

scegliere il mezzo giusto in fase di acquisto. Il mercato

infatti è letteralmente esploso, e non è facile, soprattut-

to per un principiante, capire le differenze tra i modelli

e i dettagli che possono rivelarsi fondamentali. Inoltre

cercheremo, nei limiti di una indicazione di massima,

di mostrare anche il prezzo nel caso si possa usufruire

dell’incentivo.

Monopattino elettrico, quali sono le caratteristiche principali?Nella giungla di proposte che troviamo oggi sul merca-

to, è possibile effettuare una prima scrematura in base

a due caratteristiche fondamentali: potenza e autono-

mia. La legge da poco entrata in vigore stabilisce che

i monopattini elettrici possono avere una potenza mas-

sima di 500 watt. Va da sé dunque che ogni modello

con motore con questa caratteristica si trova al top tra

le scelte. Non bisogna però automaticamente scartare

anche i modelli con 300/350 watt di potenza, in quanto

più che buoni per la maggior parte delle persone, so-

prattutto se il peso dell’utilizzatore non eccede e se sul

percorso quotidiano non ci sono impegnativi sali-scendi.

Tutto ciò che invece si trova al di sotto di questo potenze

è in pratica poco più di un giocattolo, e probabilmente

non adatto ad un uso continuativo che non sia una gita

su una pista ciclabile perfettamente piana ed a velocità

moderate. In ogni caso i monopattini non dovrebbero

superare i 25 km/h, e nel caso possano andare più ve-

loci, devono avere un regolatore per rientrare in questo

limite di legge. Si passa poi all’autonomia, che dipende

principalmente dalla capacità e dalla qualità della bat-

teria. Considerando sempre che anche l’autonomia è

influenzata negativamente dal peso dell’utente e dalla

velocità, molti mezzi propongono circa 20-30 km di au-

tonomia, altri arrivano anche fino a 50 km, ed è quindi

necessario valutare la distanza del tragitto da percorre-

re. Una batteria più grande significa anche un monopat-

tino più pesante, e quindi più difficile da trasportare.

Occhio a gomme e ammortizzatoriLe strade italiane, si sa, spesso non sono tra le migliori,

e quando il tragitto in monopattino deve essere affron-

tato senza poter sfruttare una pista ciclabile, il comfort di

marcia diventa fondamentale. Questo è dato dall’unione

di due fattori, ruote e relative gomme, e ammortizzatori.

Più una ruota è grande, più consente di muoversi senza

troppi problemi tra le asperità del terreno. Si va da ruote

MOBILITÀ SOSTENIBILE Dopo l’approvazione del Bonus Mobilità, è scattata la corsa agli acquisti, ma cosa bisogna valutare?

Monopattino elettrico, la guida all’acquisto Conoscere il mezzo giusto e il prezzo con incentivoll mercato è esploso e non è facile capire le differenze tra i modelli e i dettagli che possono rivelarsi fondamentali

veramente piccole, sui 5”, fino anche a oltre 10”. Anche

le gomme fanno la loro parte ed hanno pro e contro.

Alcuni produttori propendono per le gomme piene, rea-

lizzate con mescole molto variabili. Il vantaggio è che

queste gomme non si bucheranno mai, ma assorbono

molto meno gli urti e offrono meno aderenza poiché non

si “plasmano” al terreno. Per contro, le gomme gonfia-

bili, con o senza camera d’aria, assorbono le vibrazio-

ni molto meglio, danno sicurezza, ma hanno sempre il

rischio di forature. Un piccolo test è fondamentale per

rendersi conto delle differenze. Se anche ci si dovesse

accorgere di aver sbagliato scelta, le gomme sono sem-

pre sostituibili, anche se non in modo semplice, mentre

per il diametro delle ruote c’è ben poco da fare.

Dimensioni e peso, la pedana contaCon una tale varietà di modelli, abbiamo assistito anche

a una moltitudine di forme e design. Questo spesso si ri-

flette sulla forma delle pedane, che possono essere più

o meno lunghe, privilegiando il design o la larghezza, ed

è necessario valutare la posizione dei piedi in marcia.

Bisogna assicurarsi che, data la propria misura di scarpe,

durante l’utilizzo si possa tenere una posizione comoda

e che assicura un buon controllo del mezzo. In alcuni

casi questo fattore può essere corretto con accessori af-

termarket, come le pedane Berry Boards che avevamo

visto in un nostro precedente articolo. Una volta valutata

l’ideale superficie d’appoggio, bisogna pensare anche

al peso del prodotto, soprattutto nel caso in cui si debba

trasportarlo spesso in posizione richiusa. Generalmente

il peso può andare dai 10 kg fino a circa 15 kg, e può es-

sere influenzato, come accennato, dalla grandezza del

motore e della batteria.

Attenzione alle normativeOltre alla potenza e ala velocità massima consentite

dall’attuale normativa, ci sono altre regole che devono

essere rispettate. Il monopattino non deve avere mai il

sellino, ma deve essere esclusivamente del tipo da uti-

lizzare in piedi, pena multe e possibili sequestri. Non è in

nessun caso consentito il trasporto di cose o passegge-

ri, per cui modelli che propongono biposto o trasporto

cose sono sostanzialmente illegali. Ci sono regole an-

che per le luci, che vanno messe in funzione non appe-

na si fa sera, e devono essere sia frontali che posteriori.

L’utilizzatore deve anche indossare giubbino rifrangente

o apposite bretelle con la stessa funzione.

Monopattino elettrico, quanto mi costi?Una proposta così ampia, si traduce ovviamente anche

in diversità di prezzo, a sua volta influenzato dalla possi-

bilità di scalare l’incentivo statale. L’incentivo può essere

utilizzato dai cittadini maggiorenni, residenti in città con

più di 50.000 abitanti o nei capoluoghi. Copre il 60% del

prezzo del prodotto, con un massimale di 500 euro. Ciò

significa che se si acquista un prodotto da 1.000 euro,

lo sconto dato dall’incentivo sarà comunque 500 euro.

Mentre se la cifra è inferiore a 833 euro, si otterrà sem-

pre il 60% dell’importo pagato. Facciamo alcuni esempi.

Xiaomi Electric Scooter Pro ha alcune delle migliori ca-

ratteristiche, velocità di 25 km/h e autonomia di 45 km,

freno a disco e dimensioni generose. Il suo prezzo di

listino, salvo sconti, è di 499 euro, che quindi sottratto il

60% dell’incentivo costerebbe solo 199 euro. Lo stesso

Xiaomi ha diversi cloni più o meno ufficiali, come il Go-

Smart 10” Eco, in cui la velocità scende a 20 km/h, così

come cala l’autonomia a 20 km. Scende però anche il

prezzo, 369 euro, che scontato con il Bonus Mobilità di-

venta 147 euro. Ci sono anche modelli meno conosciu-

ti, ma che possono diventare interessanti in virtù dello

sconto. Un esempio è il Kaabo Mantis, dotato di doppio

ammortizzatore e doppio freno a disco, motore da 500

W, che nella versione base costa (in promozione) 990

euro. È quindi questo il caso in cui si accede allo sconto

massimo, ottenendo 500 euro, e pagando quindi 490

euro. Altro esempio appartenente a questa catego-

ria è il Kingsong N8 Evo, sempre con motore da 500

W e batteria sufficiente per 40 km di tragitto, al prezzo

di 699 euro. Tolto l’incentivo quindi restano da pagare

279 euro. E per chi vuole spendere il meno possibile? Ci

sono modelli che si possono di frequente trovare in pro-

mozione a 199 euro, come il Lexgo Lex R8 5A, con mo-

tore da 250 watt, autonomia di 18 km e ruote da 8”. Una

volta sottratto il 60%, si pagherebbero solo 79 euro.

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MAGAZINEn.56 / 201 GIUGNO 2020

di Massimiliano ZOCCHI

Ad ottobre 2019 è stato James Dyson

in persona a rendere nota la chiusura

del progetto per la realizzazione di un’auto elettrica. Dopo mesi di sviluppo,

l’eclettico imprenditore ha dovuto ammet-

tere che nonostante i molti sforzi profusi,

la realizzazione non era sostenibile da un

punto di vista economico. Oggi, a diversi

mesi da quell’annuncio, scopriamo per la

prima volta come sarebbe dovuta essere

la quattro ruote di Dyson. Sir Dyson l’ha

svelata in occasione di un’intervista con

The Times, dove ha spiegato anche le ca-

ratteristiche principali dell’auto, e i motivi

della chiusura del programma. La vettura,

la vediamo nell’immagine di testa, è un

SUV con linea sportiva, vagamente simile

alla gamma Land Rover, e avrebbe dovu-

to avere spazio per 7 occupanti.

Il nome in codice era N526, e il suo pun-

to forte erano le batterie allo stato solido

che Dyson da tempo sta sviluppando nei

suoi laboratori. Grazie a questa tecnolo-

gia, senza eccedere in volume e peso, le

batterie avrebbero assicurato poco meno

di 1.000 km di autonomia per singola ca-

AUTO ELETTRICA Dopo mesi dalla chiusura del progetto, Dyson ha svelato l’auto elettrica mancata

Come sarebbe stata l’auto elettrica di Dyson Ecco le immagini del progetto cancellatoIl punto forte erano le batterie allo stato solido, ma il prezzo sarebbe stato di quasi 170.000€

rica, praticamente il doppio di una Tesla

Model X. Un risultato che sarebbe stato

eccezionale, ma che ha portato con sé il

rovescio della medaglia. James Dyson ha

infatti spiegato che, per andare in punto

di pareggio, avrebbe dovuto proporre la

sua auto a quasi 170.000 euro.

Un prezzo ovviamente improponibile,

dovuto al fatto che Dyson non ha altre

tipologie di automobili in vendita, e non

avrebbe quindi potuto spalmare le perdi-

te su un altro mercato, come hanno fatto

diversi costruttori tradizionali in fase di svi-

luppo. Nonostante la prematura dipartita,

il progetto auto elettrica è costato caro a

Dyson, circa 500 milioni di sterline, del

suo patrimonio personale. Non tutti soldi

sprecati fortunatamente, in quanto tutto il

personale (circa 500 persone) è stato di-

rottato su altri progetti, e molte tecnologie

verranno sfruttate in altri ambiti. Dal pun-

to di vista puramente tecnico, l’auto era

progettata con due motori elettrici da 200

kW ciascuno, il che portava a una accele-

razione da 0 a 100 km/h in solo 4.8 secon-

di, nonostante le 2.8 tonnellate di peso.

La domanda che molti ora si pongono è

la seguente: Dyson potrebbe condividere

quanto già fatto con costruttori con espe-

rienza e capacità produttiva? Sembrereb-

be quasi uno spreco avere un progetto

così avanzato buttato via per sempre.

Porsche mostra ai clienti le immagini dell’auto ordinata mentre viene costruitaPer adesso “Behind the Scenes” è attivo in soli sei mercati, e consente ai clienti che hanno ordinato una Porsche 911 o 718 di osservare la loro auto mentre viene costruita. Presto in altri mercati di M. ZOCCHI

Il servizio My Porsche offre una nuova funzione ai clienti della casa tedesca, e prima ancora che abbiano ricevuto l’auto ordinata. Perché la nuova funzione chiama-ta “Behind the Scenes” (Dietro le quinte) offre proprio la possibilità di osservare l’auto ordinata men-tre viene costruita. Finora, infatti, My Porsche permetteva tramite il Porsche ID di configurare i servizi Porsche Connect e di avere acces-so ai servizi della vettura, o fissare gli appuntamenti per l’assistenza o per ricevere informazioni sugli aggiornamenti della casa madre. La condizione è che si doveva es-sere già in possesso dell’auto. Da oggi invece è possibile usare My Porsche prima ancora che si ab-bia con sé l’auto, perché la si può vedere mentre prende addirittura forma. Per il momento, la possi-bilità è offerta solo ai clienti che hanno ordinato una Porsche 911 e 718. A breve però saranno aggiun-te altre due telecamere.“Dietro le quinte” sarà disponibile in antepri-ma per i clienti Porsche degli Stati Uniti, Germania, Gran Bretagna, Canada, Svizzera e Spagna. Con altri mercati seguiranno nei pros-simi mesi,

di M. ZOCCHI

P robabilmente sarà capitato di imbat-

tervi, specie sui social network, in

articoli dove si parla della possibilità

di creare energia elettrica semplicemen-

te pedalando, tanto da poter alimentare

anche gli elettrodomestici di casa, facen-

do anche un po’ di esercizio fisico.

Qualcuno si è chiesto se questo sia

realmente possibile, cercando di stu-

diare il fenomeno con un approccio più

sperimentale, magari includendo nel-

l’equazione anche un’auto elettrica. È

quello che ha fatto Janne Käpylehto, un

inventore finlandese, che ha costruito un

sistema basato su nove bici stazionarie,

a loro volta collegate ad una colonnina

di ricarica, alla quale viene collegata una

AUTO ELETTRICA Il bizzarro esperimento di un inventore finlandese con una Model X e i risultati

Ricaricare una Tesla Model X pedalando? PossibileTest di ricarica di un’auto elettrica con 9 bici collegate a un generatore. Ecco quanto si ottiene

vettura elettrica da ricarica-

re. L’esperimento è andato anche in onda in TV. I nove

ciclisti (dei professionisti fin-

landesi) al picco massimo

di potenza hanno generato

un flusso di circa 1,2 kW. Pe-

dalando per 20 minuti sono

riusciti ad aggiungere 2 km

all’autonomia di una Tesla

Model X, modello utilizzato

per l’esperimento. Ricaricare quindi l’in-

tera vettura da 0% sarebbe praticamente

impossibile, o necessiterebbe di un tem-

po lunghissimo.

Un risultato discreto, ma è dunque possi-

bile alimentare una abitazione pedalan-

do un po’ ogni giorno? Si direbbe di no,

per diversi motivi. Il primo è ovviamente

che il risultato ottenuto andrebbe diviso

per nove, in quanto normalmente non si

hanno a disposizione nove professionisti

in casa propria. In secondo luogo si do-

vrebbe possedere una batteria di accu-

mulo per l’energia prodotta, il che rende-

rebbe tutta l’operazione incredibilmente

non sostenibile.

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MAGAZINEn.56 / 201 GIUGNO 2020

FONTI RINNOVABILI Nel Superbonus al 110% anche impianto fotovoltaico e colonnina di ricarica

Fotovoltaico e wallbox gratis con Decreto Rilancio? Potrebbe non essere così facileMancano ancora i decreti attuativi e la burocrazia rischia di mettere a rischio il piano

Evoluta ed elettrificata: la nuova Hyundai Santa FeScopriamo il primo teaser della nuova Hyundai Santa Fe, che per la prima volta avrà anche soluzioni motoristiche elettrificate di M. ZOCCHI

La Santa Fe è sicuramente una delle vetture più popolari di Hyun-dai, ed è arrivato il momento per una nuova generazione. Così la casa coreana ha diffuso una pri-ma immagine teaser del SUV, che punterà a un design più distintivo. Questo obbiettivo è subito eviden-te anche dalle poche linee rivela-te dall’immagine, che mostra una ricerca di tratti decisi e moderni, enfatizzati dalle nuove luci diurne a T. Secondo quanto anticipato da Hyundai, nuova Santa Fe non avrà solo un nuovo design esterno, ma offrirà anche nuovi interni con la ricerca di una più alta qualità e un livello superiore di comfort. I det-tagli di questi cambiamenti non sono ancora stati rivelati.Un ruolo importante lo avrà la scelta delle motorizzazioni, che per la prima volta per Santa Fe in-cluderanno il full hybrid e il Plug-in Hybrid, per seguire il piano di elet-trificazione della gamma. Ultimo particolare, ma non per ordine di importanza, Santa Fe sarà la prima vettura Hyundai in Europa ad uti-lizzare la piattaforma di terza ge-nerazione, che porta significativi miglioramenti in termini di perfor-mance, maneggevolezza e sicu-rezza, oltre a facilitare l’implemen-tazione di powertrain elettrificati.Nuova Hyundai Santa Fe sarà disponibile a partire da ottobre 2020, e di conseguenza maggiori dettagli e i prezzi verranno comu-nicati più avanti.

di P. AGIZZA

Quattro posti, un’autonomia di ol-

tre 200 chilometri e un pannello

fotovoltaico sul tettuccio che re-

gala fino al 30% in più di autonomia. E

un prezzo mai visto in ambito elettrico. È

questa Elettra SUV, il quadriciclo elettri-

co presentato dall’importatore italiano Green Vehicles.

Partiamo proprio dal tettuccio, che come

detto può essere dotato di un pannello

fotovoltaico. L’azienda italiana stima in

un 20-30% in più di autonomia l’apporto

del pannello. Parliamo di circa 40-50 chi-

lometri di percorrenza.

Parlando di autonomia, infatti, Elettra

SUV (con la sigla SUV che in questo

caso significa Solar Urban Vehicle) può

percorrere fino a 200 chilometri. Si può,

MOBILITÀ SOSTENIBILE Il pannnello fotovoltaico sul tettuccio regala fino al 30% in più di autonomia

Elettra SUV, l’elettrica con pannello fotovoltaico Con gli incentivi, si acquista a soli 11.800 euroIl prezzo è ottimo, ma va detto che Elettra SUV è omologato come quadriciclo pesante

però, scegliere an-

che il modello con

capacità doppia

che promette fino

a 400 chilometri.

A monitorare tutto

l’aspetto dell’au-

tonomia e della

ricarica tramite

pannello solare c’è

un’appl icazione

dedicata, che oltre

allo stato della rica-

rica permette anche di localizzare con

precisione il mezzo. Completano la do-

tazione tecnica quattro posti omologati

e una velocità massima di 80 chilometri

orari. Parliamo poi del prezzo, che è mol-

to interessante. Green Vehicles propo-

ne Elettra SUV, per i primi 50 clienti, a

14.800 euro. Un prezzo che può essere

ridotto di ulteriori 3.000 euro grazie agli

incentivi. In chiusura, facciamo notare

che Elettra SUV è omologato come qua-

driciclo pesante e non come autovettu-

ra, ed anche gli incentivi, che sono quelli

dedicati ai motoveicoli, riflettono la desti-

nazione d’uso del mezzo.

di M. ZOCCHI

I l Decreto Rilancio ha introdotto diverse

agevolazioni economiche a favore dei

privati cittadini.Oltre al Bonus Mobilità, e l’incentivo per auto elettriche che ha avuto nuovi fondi, il DL contiene anche

un’importante novità per quel che riguar-

da le detrazioni per lavori di ristrutturazio-

ne di immobili. Sarà disponibile il Super-

bonus del 110% per chi esegue lavori di

ristrutturazione edilizia per il miglioramen-

to della classe energetica dell’edificio. In

pratica chi farà svolgere determinati lavo-

ri, potrà ottenere una detrazione d’impo-

sta pari al 110% di quanto speso, in cinque

rate annuali. Sarà anche possibile cedere

il credito, a una banca o alle aziende che

hanno effettuato il lavoro, che a loro vol-

ta potranno usufruirne oppure cederlo.

In quest’ultimo caso il cliente quindi non

pagherebbe nulla per tutti gli interventi.

Come spesso accade però in Italia, la

burocrazia rischia di mettere a rischio

la riuscita del piano. Mancano ancora i

decreti attuativi e senza quelli il tempo

utile per rientrare nella detrazione si as-

sottiglia: ci sarà tempo infatti dal 1 luglio

2020 fino al 31 dicembre 2022. Ma an-

che una volta ottenuti i decreti e svolti i

lavori, il rifacimento del cappotto termico

(fino a 60.000 euro), la sostituzione degli

impianti invernali (fino a 30.000 euro) o

l’adozione di impianto fotovoltaico (fino

a 48.000 euro) dovranno essere certifi-

cati da un professionista, che certifiche

la congruità tra il lavoro svolto e la cifra

fatturata. I lavori svolti dovranno poi ga-

rantire l’aumento della classe energetica

dell’edificio di almeno 2 classi energeti-

che, oppure raggiungere la più alta, cosa

anche questa da far certificare, prima e

dopo, da un ente preposto. Nel caso del

fotovoltaico poi, non è da dimenticare la

necessità di girare tutta la documentazio-

ne all’ENEA, che dovrà quindi verificare

che l’impianto sia a norma, con obbligo di

scambio sul posto per l’energia prodotta

in eccedenza.

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MAGAZINEn.56 / 201 GIUGNO 2020

di Massimiliano ZOCCHI

Gogoro è un’azienda taiwanese di

cui abbiamo parlato spesso sulle

nostre pagine. In tutte le passate

occasioni l’argomento era lo scooter

elettrico, prodotto in cui Gogoro eccelle

tanto da essere considerata da molti

l’azienda leader nel settore. Oggi invece,

un po’ a sorpresa, Gogoro lancia la sua

prima eBike, a sua volta declinata in due

modelli, la Eeyo 1 e la Eeyo 1s.

Come però fatto con gli scooter, Gogo-

ro non vuole essere uno dei tanti nomi

nel mucchio, ma distinguersi con scelte

e tecnologie proprietarie e innovative. La

Eeyo a prima vista non sembra nemme-

no una eBike, per l’incredibile pulizia e

leggerezza del design del telaio. Questo

grazie all’uso del carbonio, e all’assenza

del classico tubo verticale sotto il reggi-

sella. Il peso è il primo dato rilevante: solo

BICI ELETTRICA Gogoro passa dagli scooter elettrici alle eBike, ma sempre distinguendosi

Gogoro presenta l’innovativa eBike Eeyo Il segreto è tutto nella ruota SmartwheelLe componenti del powertrain sono nella Smartwheel, la ruota posteriore, che è la vera innovazione

11 kg. Inoltre la Eeyo 1s fa uso del carbonio

anche per ruote e manubrio.

Tutte le componenti del powertrain sono

situate nella Smartwheel, la ruota poste-

riore, che è la vera innovazione che Go-

goro porta nel settore delle eBike. Il mo-

tore interamente sviluppato da Gogoro,

è di tipo hub ma integra tutte le compo-

nenti, batteria compresa, nel mozzo della

ruota. Niente cavi quindi, niente batterie

ingombranti in varie posizioni. Gogoro

non dichiara la potenza del motore, ma

dice solo che può assistere la pedalata

fino alla velocità di 25 km/h (nella versio-

ne europea). La batteria per forza di cosa

doveva essere meno capiente rispetto ai

modelli classici, e infatti ha solo 123 Wh.

Gogoro comunque sostiene che grazie

all’ottimizzazione del motore può assicu-

rare fino a 64 km di autonomia in Sport

Model e 88 km in Eco Mode. Interessante

anche il metodo di ricarica, con un carica-

tore portatile che si aggancia all’hub, op-

pure uno stand che ricarica la bici quan-

do parcheggiata. La Smartwheel integra

anche un connessione di prossimità, e

blocca la ruota quando il proprietario si

allontana. La Eeyo è sviluppata con l’idea

di non dare al proprietario la benché mini-

ma preoccupazione, e seguendo questa

filosofia non c’è cambio e la catena è so-

stituita da una cinghia Gates in carbonio.

Per il momento Gogoro si concentrerà

sulla vendita della sua eBike, ma in futuro

prevede di fornire la Smartwheel anche

ad altre aziende che vorranno sfruttare

un sistema già pronto e collaudato.

Gogoro ha già inaugurato un sito apposi-

to, sul quale prenderà pre-ordini a partire

da metà giugno, con le prime consegne

previste per luglio, sia per il mercato lo-

cale, Taiwan, sia per Europa e Stati Uniti.

Per ora è noto solo il prezzo in dollari, che

è di 3.899 dollari per la Eeyo 1 e 4.599

dollari per la Eeyo 1s.

Bici e eBike griffate, ecco anche Alfa Romeo e AbarthLa febbre delle due ruote sta spopolando, e coinvolge tanti marchi automotive, tra cui anche Alfa Romeo e Abarth. Vediamo alcune proposte di M. ZOCCHI

La febbre delle due ruote, compli-ce anche la stagione e le nuove regole di distanziamento sociale, sta coinvolgendo tante aziende che normalmente ne erano estra-nee. Il gruppo FCA, con i tanti marchi controllati, ha scelto di portare avanti progetti anche per bici e eBike, avvalendosi di part-nership con specialisti di settore. È il caso ad esempio della eBike marchiata Alfa Romeo Dolomiti, realizzata in collaborazione con Compagnia Ducale. La colorazione richiama il team di Formula 1 Alfa Romeo Sauber. Si tratta di una front, con forcel-la Suntour XCR con 120 mm di escursione. La parte elettrica è Bafang, con il motore M500 e la batteria da 500 Wh. Il cambio è uno Shimano SLX a 12 velocità, stesso marchio per i freni con di-schi da 180 e 160 mm.Anche Abarth ha la sua incarna-zione a pedali, senza supporto del motore elettrico. La Abarth Extreme Fat Bike è infatti una bici solo muscolare, sempre in colla-borazione con Compagnia Duca-le, con telaio in alluminio idrofor-mato, nessuna sospensione, con cambio Shimano Acera e gomme fat 26” x 4”.Queste proposte vanno ad ag-giungersi ad altre già presenti sul mercato, come quelle marchiate Jeep di cui vi avevamo mostrato le prime immagini.

DMOVE Incentivi per i Comuni con meno di 50.000 abitanti

Emilia Romagna, in bici al lavoro E incentivo per tutti

di M. ZOCCHI

L a regione Emilia Romagna

mette sul piatto 3,3 milioni di

euro complessivi per finanziare

diversi progetti legati alla mobilità

sostenibile, in particolare alle due

ruote. Lo scopo è sempre cercare di

ridurre gli spostamenti privati utiliz-

zando l’automobile. Ci saranno fon-

di per 1,5 milioni di euro, destinati ai

comuni che hanno aderito al Pair (Piano Aria Integrato Regionale) per sostenere il pro-

getto “Bike to Work”. I dipendenti delle aziende che aderiranno al progetto, riceveran-

no dei rimborsi chilometrici utilizzando la bici per recarsi sul posto di lavoro, pari a 20

centesimi al km, con un massimale di 50 euro al mese. I fondi serviranno anche per

abbassare il costo di servizi di bike sharing o per i costi dei depositi biciclette presso

le velostazioni. Sempre con 1,5 milioni di euro si finanzieranno anche interventi strut-

turali, come la creazione di nuove piste ciclabili, corsie preferenziali, miglioramento

della circolazione (e abbassamento della velocità), oltre a nuove rastrelliere per bici.

Ci sono poi contributi per sostenere l’acquisto di mezzi a due ruote. Gli abbonati fer-

roviari riceveranno fino a 300 euro per l’acquisto di un bicicletta pieghevole da utiliz-

zare per gli spostamenti, solo però se risiedono in comuni che non avranno accesso

Bonus Mobilità nazionale. Discorso simile per i cittadini dei comuni che non fanno

parte della città metropolitana di Bologna, e con popolazione inferiore ai 50.000 abi-

tanti, che riceveranno un incentivo del tutto simile a quello statale, non solo per bici

ma anche per monopattini elettrici

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MODELLO 730-1 redditi 2007

Stato

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Chiesa cattolica

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Unione Chiese cristiane avventiste del 7° giorno

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Assemblee di Dio in Italia

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Chiesa Valdese unione delle chiese metodiste e valdesi

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Chiesa Evangelica Luterana in Italia

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Unione Comunità Ebraiche Italiane

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Scheda per la scelta della destinazione dell'8 per mille dell'IRPEF e del 5 per mille dell'IRPEF

Sostegno delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale, delle associazioni di promozione sociale e delle associazioni riconosciute

che operano nei settori di cui all’art. 10, c. 1, lett a),del D.Lgs. n. 460 del 1997 e delle fondazioni nazionali di carattere culturale

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

AVVERTENZE Per esprimere la scelta a favore di una delle finalità destinatarie della quota del cinque per mille dell’IRPEF, il contri-buente deve apporre la propria firma nel riquadro corrispondente. Il contribuente ha inoltre la facoltà di indicare anche il codice fiscaledi un soggetto beneficiario. La scelta deve essere fatta esclusivamente per una delle finalità beneficiarie.

Codice fiscale del beneficiario (eventuale)

Finanziamento agli entidella ricerca sanitaria

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FIRMA

Finanziamento agli enti della ricerca scientifica e della università

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Codice fiscale del beneficiario (eventuale)

FIRMA

Sostegno alle associazioni sportive dilettantistiche in possesso del riconoscimento ai fini sportivi rilasciato dal CONI a norma di legge

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Codice fiscale del beneficiario (eventuale)

FIRMA

Codice fiscale del beneficiario (eventuale)

FIRMA

genziantrate

AVVERTENZE Per esprimere la scelta a favore di una delle sette istituzioni beneficiarie della quota dell'otto per mille dell'IRPEF, ilcontribuente deve apporre la propria firma nel riquadro corrispondente. La scelta deve essere fatta esclusivamente per una delleistituzioni beneficiarie.La mancanza della firma in uno dei sette riquadri previsti costituisce scelta non espressa da parte del contribuente. In tal caso, la ri-partizione della quota d’imposta non attribuita è stabilita in proporzione alle scelte espresse. Le quote non attribuite spettanti alleAssemblee di Dio in Italia e alla Chiesa Valdese Unione delle Chiese metodiste e Valdesi, sono devolute alla gestione statale.

In aggiunta a quanto indicato nell’informativa sul trattamento dei dati, contenuta nel paragrafo 3 delle istruzioni, si precisa chei dati personali del contribuente verranno utilizzati solo dall’Agenzia delle Entrate per attuare la scelta.

In aggiunta a quanto indicato nell’informativa sul trattamento dei dati, contenuta nel paragrafo 3 delle istruzioni, si precisa chei dati personali del contribuente verranno utilizzati solo dall’Agenzia delle Entrate per attuare la scelta.

SCELTA PER LA DESTINAZIONE DELL’OTTO PER MILLE DELL’IRPEF (in caso di scelta FIRMARE in UNO degli spazi sottostanti)

SCELTA PER LA DESTINAZIONE DEL CINQUE PER MILLE DELL’IRPEF (in caso di scelta FIRMARE in UNO degli spazi sottostanti)

LA SCELTA DELLA DESTINAZIONE DELL’OTTO PER MILLE DELL’IRPEF E QUELLA DEL CINQUE PER MILLE DELL’IRPEF NON SONO IN ALCUN MODO ALTERNATIVE FRA LORO. PERTANTO POSSONO ESSERE ESPRESSE ENTRAMBE LE SCELTE

ALLEGATO B

9 7 0 2 8 2 1 0 1 5 7Mario Rossi

5 per mille claudio.indd 1 18/03/2010 19:42:07

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