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1 1. DECRETO SANZIONI PER LA VIOLAZIONE DELLE DISPOSIZIONI DI CUI AL REGOLAMENTO 1169/2011 E ADEGUAMENTO DELLA NORMATIVA NAZIONALE 2. ORIGINE DEL GRANO SULL’ETICHETTA DELLA PASTA - IL TAR DEL LAZIO 3. DDL REATI ALIMENTARI 4. COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE SULL’APPLICAZIONE DEL PRINCIPIO DELLA DICHIARAZIONE DELLA QUANTITÀ DEGLI INGREDIENTI (QUID)_ 2017/C 393/05 5. DM POMODORO DECRETO MINISTERIALE DEL 11/08/2017 GAZZETTA UFFICIALE 6. LEGGE EUROPEA 2017 -LEGGE N. 167 DEL 20/11/2017 DISPOSIZIONI PER L'ADEMPIMENTO DEGLI OBBLIGHI DERIVANTI DALL'APPARTENENZA DELL'ITALIA ALL'UNIONE EUROPEA. 1. REGOLAMENTO DI ESECUZIONE N. 2470 DEL 20/12/2017 CHE ISTITUISCE L'ELENCO DELL'UNIONE DEI NUOVI ALIMENTI 2. DUAL QUALITY 3. CARNI, MODIFICA DELLE CONDIZIONI DI TEMPERATURA DURANTE IL TRASPORTO-Reg 1981 del 2017 4. RELAZIONE DI VIGILANZA E CONTROLLO DEGLI ALIMENTI E DELLE BEVANDE 5. ACRILAMIDE

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1. DECRETO SANZIONI PER LA VIOLAZIONE DELLE DISPOSIZIONI DI CUI AL REGOLAMENTO 1169/2011 E ADEGUAMENTO DELLA NORMATIVA NAZIONALE

2. ORIGINE DEL GRANO SULL’ETICHETTA DELLA PASTA - IL TAR DEL LAZIO 3. DDL REATI ALIMENTARI 4. COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE SULL’APPLICAZIONE DEL PRINCIPIO DELLA

DICHIARAZIONE DELLA QUANTITÀ DEGLI INGREDIENTI (QUID)_ 2017/C 393/05 5. DM POMODORO DECRETO MINISTERIALE DEL 11/08/2017 GAZZETTA UFFICIALE 6. LEGGE EUROPEA 2017 -LEGGE N. 167 DEL 20/11/2017 DISPOSIZIONI PER L'ADEMPIMENTO

DEGLI OBBLIGHI DERIVANTI DALL'APPARTENENZA DELL'ITALIA ALL'UNIONE EUROPEA.

1. REGOLAMENTO DI ESECUZIONE N. 2470 DEL 20/12/2017 CHE ISTITUISCE L'ELENCO DELL'UNIONE DEI NUOVI ALIMENTI

2. DUAL QUALITY 3. CARNI, MODIFICA DELLE CONDIZIONI DI TEMPERATURA DURANTE IL TRASPORTO-Reg

1981 del 2017 4. RELAZIONE DI VIGILANZA E CONTROLLO DEGLI ALIMENTI E DELLE BEVANDE 5. ACRILAMIDE

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Il Consiglio dei ministri, lo scorso 11 dicembre, ha approvato in via definitiva il decreto sulla disciplina sanzionatoria per la violazione delle disposizioni del regolamento (UE) n. 1169/2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori e sull’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del medesimo regolamento (UE) n. 1169/2011 (vedi Com. 13 del 07.02.2017). Il decreto in oggetto, nel corso di questi mesi, ha subito numerose modifiche tanto che è intervenuta la variazione della rubrica del provvedimento che prevede, infatti, non solo la disciplina sanzionatoria per la violazione delle disposizioni del regolamento (UE) n. 1169/2011, ma anche l’adeguamento delle disposizioni del D.lgs n. 109/1992 non armonizzate alle prescrizioni del regolamento. Lo schema di decreto legislativo in esame, dopo essere stato esaminato in via preliminare dal Consiglio dei ministri lo scorso 8 settembre, ha ottenuto i pareri delle Commissioni delle due Camere ed ha acquisito il parere in Conferenza Stato Regioni. Oltre ad individuare con maggior precisione gli obblighi di informazione per gli operatori del settore alimentare, il decreto prevede sanzioni generalmente più elevate, anche se prevede forme di temperamento. E’ attesa la pubblicazione del provvedimento che potrebbe avvenire a breve.

Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, con un comunicato stampa del 22 novembre 2017,

ha reso noto che il TAR del Lazio, con l'ordinanza n. 6194/2017, depositata il 22 novembre 2017, ha

respinto la richiesta di sospendere il decreto interministeriale che introduce l'obbligo di indicazione

d'origine del grano nella pasta. Pertanto a patire dal 17 febbraio 2018 sarà obbligatorio indicare l’origine

del grano sull’etichetta della pasta.

Il ricorso, presentato dall'associazione dei produttori di pasta (AIDEPI), partiva dal presupposto che il

decreto non informava correttamente il consumatore, non incentivava gli agricoltori italiani a produrre

grano di qualità e, inoltre, introduceva un obbligo che comportava costi aggiuntivi.

Il Tribunale amministrativo ha, invece, ritenuto "prevalente l'interesse pubblico volto a tutelare

l'informazione dei consumatori, considerato anche l'esito delle recenti consultazioni pubbliche circa

l'importanza attribuita dai consumatori italiani alla conoscenza del Paese d'origine e/o del luogo di

provenienza dell'alimento e dell'ingrediente primario".

A tal proposito ricordiamo che, con il Decreto interministeriale 26 luglio 2017, recante “Indicazione

dell'origine, in etichetta, del grano duro per paste di semola di grano duro”, è stato previsto che le

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confezioni di pasta secca (paste alimentari di grano duro) prodotte in Italia dovranno obbligatoriamente

indicare in etichetta le seguenti diciture:

a) “Paese di coltivazione del grano”: nome del Paese nel quale è stato coltivato il grano duro;

b) “Paese di molitura”: nome del Paese nel quale è stata ottenuta la semola di grano duro (art. 2).

Se queste fasi avvengono nel territorio di più Paesi membri dell’Unione europea o situati al di fuori

dell’Unione europea, per indicare il luogo in cui la singola operazione è stata effettuata, possono essere

utilizzate, a seconda della provenienza, le seguenti diciture: «UE», «non UE», «UE e non UE».

Qualora il grano utilizzato è stato coltivato per almeno il 50% in un singolo Paese, come per esempio l’Italia,

per l'operazione di cui alla lettera a) può essere utilizzata la dicitura: «nome del Paese» nel quale è stato

coltivato almeno il 50% del grano duro «e altri Paesi»: 'UE', 'non UE', 'UE e non UE'» a seconda dell'origine.

Per esempio, nel caso si tratti dell’Italia, si potrà usare la dicitura: "Italia e altri Paesi UE e/o non UE".

Se il grano duro è coltivato almeno per il 50% in un solo Paese, come ad esempio l'Italia, si potrà usare la

dicitura: "Italia e altri Paesi UE e/o non UE".

Le indicazioni sull’origine della pasta vanno apposte in etichetta “in un punto evidente e nello stesso campo

visivo in modo da essere facilmente riconoscibili, chiaramente leggibili ed indelebili”. Esse non possono

essere in alcun modo nascoste, oscurate, limitate o separate da altre indicazioni scritte o grafiche o da altri

elementi suscettibili di interferire (art. 4, comma 2).

Il decreto in questione entrerà pertanto in vigore come previsto il 17 febbraio 2018.

Nel corso della seduta del 1 dicembre u.s., il Consiglio dei ministri ha approvato in via preliminare il disegno

di legge che introduce norme in materia di reati agroalimentari.

Il disegno di legge in esame, prevede che l’omissione delle indicazioni obbligatorie sulla provenienza o

l’origine degli alimenti debba essere considerata un mero illecito amministrativo e di conseguenza

sanzionata in base alle disposizioni del provvedimento sanzionatorio delle violazioni delle disposizioni del

regolamento 1169 del 2011 in corso di emanazione.

Di seguito vi riportiamo alcune criticità del provvedimento in oggetto:

•il comma 1, lettera e), dell’art. 1, che inserisce l’art. 440 bis, continua a prevedere il concetto “di

idoneità” al posto “del concreto pericolo”, precedentemente previsto che ritenevamo preferibile;

•il comma 1, lettera e), dell’art. 1 che inserisce l’art. 440 ter, prevede il reato per l’omesso ritiro di

alimenti pericolosi, stabilendo la reclusione da 6 mesi a tre anni per l’operatore del commercio di

prodotti alimentari. Sul punto riteniamo che sarebbe preferibile che la norma richiamasse

l’operatore del settore alimentare (OSA), come espressamente previsto dalla normativa

comunitaria;

•il comma 1, lettera f), dell’art. 2 del disegno di legge, tra le circostanze aggravanti ricomprende i

fatti commessi per le finalità del commercio all’ingrosso o della distribuzione ad ampi settori del

mercato;

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•il comma 1, lettera b), dell’art. 5 del disegno di legge, che modifica l’art. 5 della legge 30 aprile

1962 n. 283, continua a punire soltanto il commercio all’ingrosso o la distribuzione ad ampi settori

di mercato, oltre al commercio al dettaglio e alla somministrazione;

•il comma 1, lettera d), dell’art. 5, che modifica la legge 30 aprile n. 1962 n, 283, prevede che con

decreto del Ministero della Salute saranno individuati i limiti di tolleranza dei fitofarmaci per

ciascun prodotto autorizzato all’impiego alimentare. Ci sembra che la disposizione continui a

contenere una ripetizione, che la rende poco chiara. Sulla disposizione, inoltre, vi segnaliamo che al

comma 4 è stato inserito un periodo che precisa che “la condanna per la contravvenzione di cui la

presente articolo non pregiudica l’applicazione delle sanzioni amministrative per lo stesso fatto nel

caso in cui la violazione delle disposizioni relative all’immissione sul mercato dei prodotti

fitosanitari stabilite dal decreto legislativo 17 aprile 2014 n. 69 e successive modificazioni”.

Il 21 novembre u.s. è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea la Comunicazione che

fornisce orientamenti sull’applicazione del principio della dichiarazione quantitativa degli ingredienti (QUID)

nel contesto del regolamento 1169/2011 relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai

consumatori( c.d. regolamento FIC).

Oggetto della Comunicazione, quindi, è l’obbligo disposto dal regolamento FIC (articoli 9, paragrafo 1,

lettera d) e 22)di indicare la quantità di taluni ingredienti o categorie di ingredienti usati nella fabbricazione

o nella preparazione degli alimenti preimballati, salvo specifiche deroghe.

La Commissione comunica quanto discusso dalla direzione generale della Salute e della sicurezza

alimentare (DGSANTE) con gli esperti degli Stati membri, affrontando nello specifico le forme di

espressione, la posizione nell’etichettatura e le deroghe previste dal regolamento per la dichiarazione del

QUID.

Tali orientamenti integrano e sostituiscono quelli adottati a norma dell’articolo 7 della direttiva 79/112/CEE

del Consiglio. ( vedi nostra Com. 63 del 5 dicembre)

Sulla Gazzetta Ufficiale, n. 264 dell’11 novembre u.s. è stato pubblicato il decreto ministeriale del

11/08/2017 che stabilisce i criteri di qualità dei prodotti derivati dalla trasformazione del pomodoro.

Il Decreto è diviso in due parti, la prima con gli articoli generali e la seconda con gli allegati che stabiliscono i

requisiti di qualità per ciascuna categoria di prodotto.

Il Decreto aggiunge, nei vari allegati, ulteriori requisiti per poter classificare un prodotto all’interno di una

categoria specifica pomodori pelati, pomodori in pezzi, etc.. I requisiti qualitativi presentati nel Decreto, si

applicano indistintamente anche ai prodotti derivati dalla trasformazione di pomodori non rossi (es. gialli,

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verdi, ecc.). In tali casi la denominazione dell’alimento dovrà essere completata da un riferimento al colore

del prodotto.

Inoltre il decreto prevede che le principali caratteristiche minime delle varie categorie di prodotto:

• Pomodori non pelati interi

• Pomodori pelati interi

• Pomodori in pezzi

• Pomodoro concentrato

Altre specifiche riguardano, invece, altri derivati del pomodoro, che ricadono nella macro categoria dei

pomodori disidratati (pomodori in fiocchi, polvere di pomodoro, pomodori semi-secchi).

L

Sulla Gazzetta ufficiale n. 277 del 27 novembre 2017 è stata pubblicata la legge 20 novembre 2017, n. 167

recante “Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione

europea - Legge europea 2017”.

La Legge europea 2017 è composta da 30 articoli, che affrontano tre procedure di infrazione pendenti nei

confronti dell'Italia. In particolare segnaliamo l’art. 12 della legge sui prodotti alimentari a base di caseine

e i caseinati (Procedura di infrazione 2017/0129) che prevede disposizioni di attuazione della direttiva

2015/2203/UE, riguardante la sicurezza dei prodotti alimentari a base di caseina e caseinati.

Le caseine e i caseinati destinati all’alimentazione umana sono, infatti, una categoria di lattoproteine ossia

di proteine ottenute dalla coagulazione del latte, utilizzati non solo ad uso alimentare (ad esempio, nella

produzione di formaggi, in quanto il loro costo è più basso rispetto al latte, nel vino, nei dolciumi, nelle

caramelle, come collante nei salumi) ma anche in alcune produzioni industriali (gomma, guarnizioni, fuochi

artificiali). In attuazione della direttiva, l'articolo prevede nuove definizioni di "caseina acida alimentare", di

"caseina presamica alimentare" e di "caseinati alimentari”. Reca, inoltre, le indicazioni obbligatorie che i

prodotti, aventi ad oggetto caseine e caseinati, devono riportare su imballaggi, recipienti, etichette o

documenti commerciali; detta sanzioni amministrative pecuniarie riguardanti le prescrizioni in materia di

sicurezza e di commercializzazione di tali prodotti, reca una disposizione riguardante lo smaltimento delle

scorte, che potranno essere commercializzate fino al 31 dicembre 2018.

In particolare, la norma prevede che chiunque utilizza, per la preparazione di alimenti, caseine o caseinati

che non rispondono ai requisiti previsti dalla direttiva, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria

da euro 1.000 a euro 10.000. La disposizione precisa, inoltre, che le suddette sanzioni non si applicano a chi

utilizza caseine e caseinati in confezioni originali, quando la mancata corrispondenza delle prescrizioni

riguardi i requisiti intrinseci o la composizione dei prodotti o le condizioni interne dei recipienti, sempre che

l’utilizzatore non sia venuto conoscenza della violazione o la confezione originale non presenti segni di

alterazione.

L’articolo in questione contiene, oltre alla clausola di salvaguardia, il seguente impianto sanzionatorio:

• chiunque denomina le caseine o i caseinati, commercializzati per usi non alimentari, in modo tale da

indurre in errore il consumatore sulla loro natura o qualità o sull’uso è soggetto alla sanzione

amministrativa pecuniaria da euro 500 a euro 5.000;

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•chiunque pone in commercio, con le denominazioni indicate nel comma 2 dell’articolo in esame, ovvero

con altre denominazioni similari che possono indurre in errore l’acquirente, prodotti non rispondenti ai

requisiti stabiliti è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro 500 a euro 5.000;

•chiunque pone in commercio i prodotti con le denominazioni indicate nel comma 2 dell’articolo in esame,

comunque diversa da quelle prescritte è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro 250 a

euro 2.500;

•chiunque viola le disposizioni relative alle indicazioni obbligatorie che devono essere apposte su

imballaggi, recipienti, etichette o documenti è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a

euro 5.000.

Il comma 15 dell’art. 12 dispone, infine, che per l’accertamento delle violazioni e l’irrogazione delle sanzioni

amministrative pecuniarie da parte delle autorità competenti, si applicano le disposizioni contenute nella

sezione II del capo I della legge 24 novembre 1981, n. 689.

Sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea L. 351 del 30 dicembre 2017 è stato pubblicato il Regolamento

di esecuzione n. 2470 del 20/12/2017 che istituisce l'elenco dell'unione dei nuovi alimenti. Pertanto

l'elenco dell'Unione dei nuovi alimenti autorizzati ad essere immessi sul mercato dell'Unione di cui

all'articolo 6, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2015/2283 deve essere istituito conformemente

all'allegato del regolamento.

http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX:32017R2470

Il gruppo di esperti che opera nell'ambito dell'High Level Forum, ha elaborato alcuni documenti che

riguardano, rispettivamente, le barriere nel mercato unico per quanto riguarda gli alimenti e il problema

della dual quality.

Il gruppo di lavoro ha individuato principalmente quattro barriere e ha elaborato le seguenti osservazioni.

1) Indicazioni obbligatorie d'origine stabilite a livello nazionale, in particolare per carne, latte, pasta, riso e

prodotti della pesca.

In molti casi queste misure rispondono a una richiesta da parte dei consumatori e possono quindi essere

giustificate a condizione che il loro impatto sul mercato unico sia proporzionato agli obiettivi che

perseguono.

Tra le possibili soluzioni è stato proposto di limitarle ai soli prodotti per i quali siano giustificate da ragioni

sostanziali, estendere a livello di legislazione comunitaria la lista dei prodotti per i quali può essere prevista

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un'indicazione obbligatoria, promuovere un più profondo scambio di informazioni e best practice con gli

stakeholder, promuovere l'etichettatura volontaria.

2) Mancanza di armonizzazione e di implementazione armonizzata dei provvedimenti dell'Unione europea,

che comporta problemi legati al mutuo riconoscimento dei prodotti o a differenze nell'interpretazione delle

disposizioni, in particolare riguardo alle regole per la pubblicità degli alimenti, ai provvedimenti nazionali in

materia di salute, standard nutrizionali ed etichettatura degli allergeni, nonché in materia di rispetto

dell'ambiente.

Al riguardo è stato proposto di lavorare maggiormente con le autorità nazionali in modo da migliorare

l'applicazione del diritto UE nei diversi Stati membri, nonché di sviluppare linee guida precise, piani

d'implementazione e di fornire informazioni online. Allo stesso modo si potrebbe lavorare per aggiornare i

fondamenti scientifici sui quali si basano le misure adottate dalla Commissione, il che porterebbe a livelli

maggiori di protezione della salute, dei consumatori e dell'ambiente.

3) Pratiche commerciali scorrette, in particolare per quanto concerne le condizioni contrattuali, clausole

non corrette, modifica a posteriori di accordi già presi, limitazioni su base territoriale e restrizioni

nell'accesso al mercato.

In tal senso sarebbe possibile richiedere a livello europeo condizioni contrattuali chiare, dettagliate e

verificabili, rivedere le procedure e i rimedi giudiziari (nei casi rilevanti per il mercato interno), nonché

indagare più approfonditamente le distorsioni di mercato. Queste iniziative dovrebbero affiancare quanto

già previsto dalle iniziative della Commissione in materia di pratiche commerciali scorrette, che gli esperti

ritengono possa avere un impatto positivo.

4) Asimmetrie informative, che si traducono nella mancanza di informazioni sui prodotti al di fuori dei

mercati locali, scarsa trasparenza riguardo ai marchi di qualità e mancanza di informazioni online. In tal

senso il gruppo di lavoro evidenzia il ruolo che potrebbero ricoprire le associazioni dei consumatori nel

rimarcare tali problematiche. Spesso, i consumatori non si fidano degli operatori economici proprio perché

dispongono di informazioni insufficienti sui prodotti. Tutti gli attori della filiera dovrebbero quindi lavorare

per aumentare la fiducia dei consumatori e per fornire loro tutte le informazioni richieste affinché il

mercato funzioni in maniera efficiente.

Le autorità nazionali, così come le associazioni dei consumatori, potrebbero migliorare l'accesso alle

informazioni e promuovere la valutazione (pubblica o privata) dei prodotti, pubblicandone i risultati su

piattaforme esterne o siti web. Infatti, consentire ai consumatori di compiere scelte informate,

permetterebbe di incrementare la qualità dei prodotti.

Per quanto riguarda il problema della dual quality, gli esperti hanno rilevato che sussistono effettivamente

differenze tra prodotti con identico marchio all'interno del mercato unico. Hanno notato, tuttavia, che in

certi casi le differenze esistono anche all'interno dello stesso mercato nazionale. L'opinione più diffusa, è

che non sia necessario che i prodotti abbiano sempre esattamente la stessa composizione. D'altro canto,

invece, obbligare gli operatori a modificare le confezioni per ogni piccola differenza potrebbe avere gravi

conseguenze per il funzionamento del mercato unico, la competitività delle PMI, l'innovazione e la

possibilità di scelta da parte dei consumatori (dal momento che alcuni prodotti potrebbero essere ritirati da

determinati mercati).

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Allo stesso tempo, però, gli esperti hanno riconosciuto che, in taluni casi, l'esistenza di differenze potrebbe

avere un impatto negativo sui consumatori. È necessario, quindi, eliminare le pratiche scorrette, fuorvianti

e che hanno un effetto dannoso sui consumatori.

Il documento evidenzia poi una prima serie di casi in cui si ritiene legittimo che sussista una differenziazione

tra i prodotti. In particolare quando:

• le differenze nei prodotti sono direttamente connesse a differenze nel modo in cui il marchio è

pubblicizzato in quel determinato Paese;

• le differenze rispondono a differenti preferenze da parte dei consumatori;

• le differenze sono dovute a ragioni tecniche o logistiche;

• il prodotto viene adeguato alle aspettative dei consumatori riguardo al prezzo;

• la normativa nazionale influenza la composizione del prodotto;

• l'etichettatura del prodotto contiene sufficienti informazioni in merito.

CARNI, MODIFICA DELLE CONDIZIONI DI TEMPERATURA DURANTE IL TRASPORTO Reg. 1981 del 2017

Sulla Gazzetta ufficiale dell'Unione europea L 285 del 1° novembre è stato pubblicato il regolamento (UE)

2017/1981, che modifica l'allegato III del regolamento (CE) 853/2004 per quanto riguarda le condizioni di

temperatura durante il trasporto delle carni.

Tale provvedimento, che è entrato in vigore il 21 novembre, permette alle carcasse, alle mezzene, ai quarti

o alle mezzene sezionate in tre pezzi di ovini, caprini, bovini e suini di essere trasportate anche se non

hanno ancora raggiunto la temperatura minima di stoccaggio presso il macello di +7 °C, purché siano

soddisfatte le condizioni indicate nell'articolo 1 del regolamento (UE) 2017/1981.

Per questa modifica a quanto previsto dal regolamento (CE) 853/2004 si è tenuto conto di due pareri

scientifici dell'Autorità europea per la Sicurezza alimentare: uno sui rischi per la salute pubblica connessi al

mantenimento della catena del freddo durante il magazzinaggio e il trasporto di carni (carni di ungulati

domestici) e uno sulla proliferazione di batteri della decomposizione durante il magazzinaggio e il trasporto

di carni.

I parametri per il trasporto delle carni variano a seconda del periodo che intercorre dall'inizio del carico

delle carni nel veicolo fino al completamento dell'ultima consegna (a 6, 30 o 60 ore).

Conformemente al regolamento (CE) 2073/2005, il conteggio delle colonie aerobiche deve essere valutato

periodicamente dagli operatori del settore alimentare e può essere utilizzato come indicatore del limite

superiore di concentrazione delle specie di batteri della decomposizione eventualmente presenti nelle

carni.

RELAZIONE DI VIGILANZA E CONTROLLO DEGI ALIMENTI E DELLE BEVANDE

Il 15 dicembre 2017 è stata trasmessa a Camera e Senato la relazione Vigilanza e controllo degli alimenti e

delle bevande in Italia - anno 2016.

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Il controllo ufficiale degli alimenti e delle bevande ha la finalità di verificare e garantire la conformità dei

prodotti alle disposizioni dirette a prevenire i rischi per la salute pubblica, a proteggere gli interessi dei

consumatori ed assicurare la lealtà delle transizioni commerciali.

Il controllo riguarda sia i prodotti alimentari, indipendentemente dall’origine e provenienza, destinati ad

essere commercializzati sul territorio nazionale che quelli destinati ad essere spediti in un altro Stato

dell'Unione europea oppure esportati in uno Stato terzo.

I controlli ufficiali sono eseguiti in qualsiasi fase della produzione, della trasformazione, della distribuzione,

del magazzinaggio, del trasporto, del commercio e della somministrazione.

Nel corso del 2016:

• le unità controllate sono state 279.897 pari al 19,9%, più o meno come nel 2015, quando le unità

controllate sono state il 19,3%.

• 417.496 il numero complessivo delle ispezioni effettuate

• i laboratori del controllo ufficiale hanno sottoposto all’analisi 39.944 campioni ed effettuato

complessivamente 98.995 analisi, riscontrando 931 non conformità.

• il 72,25% delle analisi effettuate ha riguardato la ricerca di microrganismi sia patogeni che

indicatori di igiene dei processi di lavorazione.

• sul totale delle irregolarità microbiologiche la percentuale più alta si è registrata per il genere

Salmonella (33,5%), seguito da L. monocytogenes (21, 41%) ed E. coli (14,73%), incluso il gruppo

degli E. coli STEC

• il maggior numero di non conformità risulta essere di natura microbiologica, riscontrabili

principalmente su campioni di carne e latte.

ACRILAMIDE REG. 2017/ 2158

E’ stato pubblicato il nuovo Regolamento 2017/2158 dell'Unione Europea che punta a ridurre l'esposizione

dei consumatori al pericolo della acrilammide negli alimenti e sarà applicato dagli Stati membri a partire

dal 11/04/2018. L'acrilammide è una sostanza chimica che si forma naturalmente quando si friggono, si

cuociono o si arrostiscono alimenti ricchi di carboidrati a temperature superiori ai 120°C. Gli alimenti in cui

si è rilevata la presenza di acrilammide sono le patatine fritte, pane, biscotti, barrette ai cereali, cracker,

fette biscottate, cornetti, cereali da colazione, caffè. La preoccupazione principale si riferisce al potenziale

cancerogeno e genotissico (che danneggia il geni e il DNA) dell'acrilammide. L'EFSA negli anni passati ha

concluso che tutti i gruppi della popolazione sono potenzialmente esposti al rischio e pertanto esiste una

reale preoccupazione per gli affetti cancerogeni. Questo nuovo regolamento fornisce misure pratiche per

ridurre l'incidenza di acrilammide e livelli di confronto tra i prodotti alimentari in modo che gli operatori del

settore alimentare possono valutare l'efficacia delle loro azioni per prevenire l'acrilammide.(vedi Com. 64

del 12 dicembre 2017)

L.205/ 2017 – LEGGE DI BILANCIO 2018

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(DISTRETTI DELO CIBO-VENDITA DI PRODOTTI AGRICOLI TRASFORMATI E PRONTI PER IL CONSUMO-

REGIME AGEVOLATO AGRITURISMO)

E’ stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 302 del 29 dicembre 2017, la legge 27 dicembre 2017, n. 205

recante “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio

2018- 2020”.

Il comma 499 è volto a conseguire le finalità di promozione dello sviluppo territoriale, della coesione e

dell’inclusione sociale, di favorire l’integrazione delle attività caratterizzate da prossimità territoriale, di

garantire la sicurezza alimentare, di diminuire l’impatto ambientale delle produzioni, di ridurre lo spreco

alimentare e di salvaguardare il territorio e il paesaggio rurale attraverso le attività agricole e

agroalimentari.

A tale scopo vengono istituiti i distretti del cibo riformulando la previsione di cui all’articolo 13 del decreto

legislativo 18 maggio 2001, n. 228, sui distretti rurali e agroalimentari di qualità. Questi devono

promuovere lo sviluppo territoriale, la coesione e l’inclusione sociale, favorire l’integrazione di attività

caratterizzate da prossimità territoriale, garantire la sicurezza alimentare, diminuire l’impatto ambientale

delle produzioni, ridurre lo spreco alimentare e salvaguardare il territorio e il paesaggio rurale attraverso

attività agricole e agroalimentari.

La disposizione definisce i distretti del cibo:

• i distretti rurali quali sistemi produttivi locali caratterizzati da un'identità storica e territoriale

omogenea, derivante dall'integrazione fra attività agricole e altre attività locali, nonché dalla

produzione di beni o servizi di particolare specificità, già vigenti alla data di entrata in vigore della

nuova disciplina;

• i distretti agroalimentari di qualità quali i sistemi produttivi locali caratterizzati da significativa

presenza economica e da interrelazione e interdipendenza produttiva delle imprese agricole e

agroalimentari, nonché da una o più produzioni certificate e tutelate;

• i sistemi produttivi locali caratterizzati da un'elevata concentrazione di PMI agricole o

agroalimentari;

• i sistemi produttivi locali anche a carattere interregionale, purché caratterizzati da

interrelazione e interdipendenza produttiva delle imprese agricole e agroalimentari, nonché da

almeno una produzione certificata;

• i sistemi produttivi localizzati in aree urbane o periurbane caratterizzati dalla significativa

presenza di attività agricole volte alla riqualificazione ambientale e sociale delle aree;

• i sistemi produttivi locali caratterizzati dall’interrelazione e dall'integrazione fra attività

agricole, in particolare quella di vendita diretta dei prodotti agricoli, e le attività di prossimità di

commercializzazione e ristorazione esercitate sul medesimo territorio, delle reti di economia

solidale e dei gruppi di acquisto solidale;

• i sistemi produttivi locali caratterizzati dalla presenza di attività di coltivazione, allevamento,

trasformazione, preparazione alimentare e agroindustriale svolte con il metodo biologico o nel

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rispetto dei criteri della sostenibilità ambientale, conformemente alla normativa europea, nazionale

e regionale vigente.

• Da ultimo, nel corso dell’approvazione alla Camera dei deputati, sono stati inseriti i

biodistretti e i distretti biologici, intesi come territori in cui sia stato stipulato e sottoscritto un

protocollo per la diffusione del metodo biologico.

Inoltre, il comma 3 della disposizione prevede che le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano,

attraverso propri provvedimenti, individuano i distretti del cibo e ne danno comunicazione al Ministero

delle politiche agricole alimentari e forestali, dove è istituito il Registro nazionale dei distretti del cibo che

raccoglie i distretti riconosciuti.

La norma precisa, infine, che per sostenere gli interventi per la creazione e il consolidamento dei distretti

del cibo si applicano le disposizioni relative ai contratti di distretto (articolo 66, comma 2, della L. n.

289/2002).

Infine, il comma 7 prevede, nell'ambito della vendita diretta, la possibilità di vendere prodotti agricoli,

anche manipolati o trasformati, già pronti per il consumo, mediante l'utilizzo di strutture mobili nella

disponibilità dell'impresa agricola anche in modalità itinerante su aree pubbliche o private.

La disposizione modifica la disciplina della vendita:

• ricomprendendo nell’ambito della vendita diretta anche l’attività di vendita di prodotti manipolati e

trasformati, già pronti per il consumo e anche in forma itinerante su aree pubbliche e private;

• utilizzando, a tal fine, locali ubicati su di una qualsiasi area privata.

Tale facoltà si aggiunge a quella già esistente, che consente il consumo immediato dei prodotti oggetto di

vendita, utilizzando i locali e gli arredi nella disponibilità dell’imprenditore agricolo, con l’esclusione del

servizio assistito di somministrazione.

Quest’ultima disposizione, desta notevoli perplessità per il suo carattere evidentemente discriminatorio a

vantaggio del solo settore agricolo e non è stata modificata nonostante le ripetute sollecitazioni della

Confederazione sul Governo e sul Parlamento.

Infine si segnala che la legge di bilancio estende a coloro che svolgono attività di enoturismo la

determinazione forfetaria del reddito imponibile con un coefficiente di redditività del 25 per cento. Con il

termine “enoturismo”, inoltre, la norma ricomprende tutte le attività di conoscenza del vino espletate nel

luogo di produzione, le visite nei luoghi di coltura, di produzione o di esposizione degli strumenti utili alla

coltivazione della vite, contemplando anche la degustazione e la commercializzazione delle produzioni

vinicole aziendali anche in abbinamento ad alimenti.

Con decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, saranno definite le linee guida e gli

indirizzi in merito ai requisiti e agli standard minimi di qualità per l’esercizio dell’attività enoturistica, con

particolare riferimento alle produzioni vitivinicole del territorio.

La disposizione prevede, infine, che l’attività enoturistica possa essere esercitata previa presentazione della

SCIA, in conformità alle normative regionali, sulla base degli standard disciplinati dal suddetto decreto.