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8 La ruota della Storia Il colle Oppio e l’Esquilino Itinerari romani Comune di Roma Turismo

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La ruota della Storia – Il colle Oppio e L’EsquilinoUn itinerario alla scoperta del colle Oppio e dell’Esquilino: le zone con il maggior numero di abitanti provenienti dalle più diverse aree del globo, con tutti i vantaggi e le difficoltà che questa dimensione comporta.

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8 La ruota della StoriaIl colle Oppio e l’Esquilino

Itinerari romani

Comune di RomaTurismo

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Roma per teCollana di informazioni del Comune di Roma

Realizzazione a cura: Cosmofilm spa - Elio de Rosa editoreTesti: Alberto Tagliaferri, Valerio Varriale

(Associazione Culturale Mirabilia Urbis)Coordinamento editoriale: Emanuela BosiProgetto grafico e impaginazione: Marco C. Mastrolorenzi

Foto: D. Bianca: pag. 32 in basso, 34 in basso; C. De Santis: pag. 3, 9 a sinistra, 10, 11 in bas-so, 14, 15 in alto, 18, 21, 22, 23, 24, 29, 30, 31, 32 in alto, 33, 34 in alto, 35 in basso,36, 37; A. Idini: pag. 35 in alto; A. Marchionne Gunter, pag. 20; P. Soriani: pag. 2, 12,13, 15 in basso, 16, 17, 25, 26, 27, 28; SSPMR: pag. 9 a destra, 19; E. Vagni: pag. 38;Archivio Cosmofilm: pag. 11 in alto

In copertina, i cosiddetti Trofei di MarioIn questa pagina, S. Martino ai Monti, particolare dell’aula con le scale per i locali sotterranei

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• Il colle Oppio e l’Esquilino 81. Passeggiando, passeggiando... 92. La Domus Aurea 123. Passeggiando, passeggiando... 144. San Pietro in Vincoli 185. Passeggiando, passeggiando... 216. San Martino ai Monti 267. Passeggiando, passeggiando... 298. I Trofei di Mario e la Porta Magica 339. Passeggiando, passeggiando... 36

8 La ruota della StoriaIl colle Oppio e l’Esquilino

Itinerari romani

Piazza Vittorio Emanuele II, la Porta Magica affiancata dalle statue deldio egizio Bes

Comune di RomaTurismo

Stampa: GRAFICAPONTINA- Pomezia - ord. n. 6821 del 17-3-08 (c. 30.000)

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Il colle dell’Esquilino in una veduta ottocentesca di B. Pinelli

I cosiddetti Trofei di Mario in un’incisione del XVIII secolo di G.B. Piranesi

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Presentazione

La ruota della Storia

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Itinerari romani costituiscono una serie di percorsi per chi desi-deri approfondire la conoscenza della Città.Agli itinerari del grande Rinascimento romano già realizzati -

Caravaggio, Raffaello, Michelangelo e a quelli dell’arte barocca dellearchitetture di Bernini e Borromini si aggiungono, ora, altri percorsiappositamente studiati per accompagnare e agevolare il visitatore allascoperta “metro per metro” di una Città d’arte così sintetizzata.

In tal modo in un unicum - distinto è rappresentata e “letta” la cittàin un mosaico che si ricompone e si scompone secondo le esigenze delvisitatore, che potrà scegliere tra La Roma Monumentale (via dei ForiImperiali e Colosseo), Il Colle della poesia (l’Aventino e dintorni), Traboschi e acquedotti (il Celio), Agli albori della Roma Cristiana (San Gio-vanni in Laterano e Santa Croce in Gerusalemme), da La Suburra (RioneMonti e Santa Maria Maggiore) a Quasi un set cinematografico (viaVeneto e dintorni), ecc.

Un’impresa difficile, pur tuttavia felicemente riuscita, anche sul pia-no dell’immagine della tradizione e dell’identità culturale della nostraCittà e che, con semplicità rispetta i contenuti scientifici del patrimoniostoricizzato, con una narrazione che unisce l’impostazione grafica conla linea editoriale dei contenuti.

Un sistema di comunicazione efficace per la comprensione del piùvasto e incredibile patrimonio storico-artistico di Roma, che permette alturista di individuare, immediatamente, il significato principale dell’iti-nerario prescelto permettendogli, nel contempo, l’immediata colloca-zione della propria posizione logistica in rapporto all’area che si deside-ra visitare.

I percorsi così condensati e raccolti possono ben rappresentare unsimbolico “taccuino d’artista” e apparire agli occhi del visitatore comeuna grande vetrata - a più specchi - sul cui sfondo vi è un orizzonte cul-turale che non potrebbe essere più romano, suggestivo e ricco di valorimai tramontati.

Roma ti aspetta!

L’Ufficio Turismodel Comune di Roma

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Legenda1. Passeggiando, passeggiando...2. La Domus Aurea3. Passeggiando, passeggiando...4. San Pietro in Vincoli5. Passeggiando, passeggiando...6. San Martino ai Monti7. Passeggiando, passeggiando...8. I Trofei di Mario e la Porta Magica9. Passeggiando, passeggiando...

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La pianta

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Nella città antica Esquiliae era ladenominazione di quellazona collinare orientale che

costituì la V regione augustea. L’origi-ne del termine, probabilmente dalverbo ex-colere (abitare all’esterno),stava ad indicare un’area fortementedifferenziata rispetto al nucleo origi-nario sul Palatino. A partire dal IXsecolo a.C. buona parte dell’Esquili-no venne utilizzata come necropoli emantenne questa connotazione pertutto il periodo repubblicano. Lecime occidentali del colle, invece,l’Oppius, il Fagutal e il Cispius, entraro-no a far parte del primitivo Septimon-tium e vennero incluse nelle MuraServiane. Durante il principato diAugusto l’area cimiteriale fu bonifica-ta, inclusa a tutti gli effetti nella città eimpreziosita da ville sontuose comequella di Mecenate. Durante l’impe-ro molte dimore aristocratiche ven-nero inglobate in un’estesa proprietàdemaniale frequentata dagli impera-tori e dalle loro corti. Il fatto che l’a-rea mantenesse comunque una con-notazione periferica rispetto alnucleo più antico della città incorag-giò il concentrarsi in questa zona del-le prime basiliche paleocristiane, acui si aggiunsero presto alcuni tra ipiù antichi tituli: una nuova città cri-stiana sorgeva accanto a quella paga-na. Le vicende del Medioevo portaro-no i pochi abitanti residui a concentra-re le loro attività nelle aree presso lerive del Tevere e i colli, come l’Esquili-no, rimasero pressoché disabitati.

Nella seconda metà del XVI secoloSisto V avviò la rinascita della zonacon la costruzione della propria villanell’area dove ora è la stazione Termi-ni e la realizzazione di una modernarete viaria che aveva il proprio centronella basilica di S. Maria Maggiore.I secoli successivi videro il fiorire digrandi ville nobiliari, emule di quelledella classicità, che fino al 1870 fecerodell’area collinare una sorta di indi-menticabile città-giardino. Con Romacapitale tutto venne venduto, lottizza-to e distrutto: secondo il piano rego-latore del 1873 la zona venne destina-ta all’insediamento dei burocrati euna nuova Roma si sovrappose all’an-tica. Il Novecento ha vissuto il forteincremento della densità abitativa e ilprogressivo deterioramento urbanodella zona. A partire dagli anni Ottan-ta è stato varato un programma diriqualificazione del quartiere, che hamosso i suoi primi passi con la siste-mazione dell’area di piazza Vittorio.Ma la ruota della storia continua agirare e a proporre nuove sfide emutamenti. Attualmente la zona tral’Oppio e l’Esquilino è quella con ilmaggior numero di abitanti prove-nienti dalle più diverse aree del glo-bo, con tutti i vantaggi e le difficoltàche questa dimensione comporta.L’antico Esquilino si trova a speri-mentare per primo le strategie peruna fruttuosa convivenza tra le cultu-re: è la nascita, ancora una volta, diuna città nuova.

…Inizia lapasseggiata...

Il colle Oppio e l’Esquilino

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Iniziamo il nostroitinerario da lar-go Corrado Ric-

ci. All’inizio di viaCavour, sulla destra,imbocchiamo via del Colos-seo, una di quelle vie che ci immetto-no nel tessuto della vecchia Romasopravvissuto agli sventramenti otto-novecenteschi. Dopo pochi metri, asinistra, si prenda per via del BuonConsiglio, che origina il suo nomedalla chiesa della Madonna del BuonConsiglio. Dalla metà del Settecentoquesta chiesa, intitolata a S. Pantaleo,venne assegnata all’arciconfraternitadella Madonna di Genazzano, dettadel Buon Consiglio, che la ristrut-turò. Gravemente danneggiata da unincendio, nel secolo scorso fu sconsa-crata. Nella chiesa si tenevano untempo esorcismi sugli spiritati.Secondo la tradizione, nei suoi sotter-ranei esiste un pozzo d’acqua miraco-losa nel quale venne occultato il cor-po di S. Pantaleo. In fondo a via delBuon Consiglio, a destra, prendiamoper via del Cardello, famosa nel pas-sato per la presenza di una delle piùnote osterie cinquecentesche, quelladel “Gatto Nero”. Al n. 15 della via, è

un palazzetto il cuicortile è ornato dauna fontana cinque-

centesca la cui acquasgorga da un maschero-

ne. Probabilmente la fonta-na qui trasferita è quanto rimane diquella parte della cinquecentesca Vil-la Silvestri, divenuta poi Pio IstitutoRivaldi, che venne distrutta per l’a-pertura di via dei Fori Imperiali.Al termine di via del Cardello ci siritrova nuovamente su via del Colos-seo. Proprio all’incrocio tra le duevie, si incontra la chiesa di S. Maria adNives, anticamente dedicata a S.Andrea de Portugallo. La chiesa, anavata unica e ornata di pitture delSeicento e Settecento, un tempoappartenne all’Università dei Rigat-tieri e cambiò titolo quando passòalla confraternita di S. Maria dellaNeve. La facciata tardo barocca, forsesu disegno di Carlo Fontana o di Giu-seppe Sardi, ha un andamento lieve-mente convesso e presenta un timpa-no interrotto e paraste angolari. Asinistra della chiesa, su via del Colos-seo, possiamo vedere il muro di cintae la mole del Pio Istituto Rivaldi, giàVilla Silvestri. La villa venne realizzata

1. Passeggiando,passeggiando...

Madonna del Buon Consiglio, facciata Madonna del Buon Consiglio, interno

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da Antonio da Sangallo il Giovaneper conto di Eurialo Silvestri, genti-luomo di Paolo III Farnese. Un tempoi giardini della villa si estendevanofino alla Basilica di Massenzio, primache nel 1932 la collinetta della Veliafosse tagliata per l’apertura di via del-l’Impero, oggi via dei Fori Imperiali.Dopo essere passata per vari proprie-tari, nel 1662 la villa divenne pro-prietà dei Savoia, che la vendettero alPio istituto assistenziale fondato dalgesuita padre Gravita e intitolato amonsignor Ascanio Rivaldi. All’inter-no del palazzo restano soffitti a lacu-

nari ornati da stemmi nobiliari edecorazioni a grottesche, mentre nel-la parte residua del giardino restanofontane, ninfei e statue. In fondo avia del Colosseo incontriamo largoAgnesi, dal cui terrazzo si gode unabella vista dell’area del Colosseo,Velia e Palatino. Proseguendo a sini-stra, oltre via Vittorino da Feltre, sullaquale sorgono massicci edifici scola-stici, troviamo via degli Annibaldi. Lavia, scavata nel 1894 come una sortadi trincea alle falde dell’Esquilino,prende il nome dalla famiglia roma-na che fu ghibellina e sostenitrice diFederico II. Da questo sovrano lafamiglia ottenne il controllo delColosseo, in precedenza fortificatodai Frangipane. All’altezza dell’in-crocio con via Nicola Salvi è possibileaccedere, previo permesso, ad unninfeo a pianta basilicale, di probabi-le età tardo-repubblicana, scopertoalla profondità di 6 m nel 1895,duranti i lavori di scavo per la realiz-zazione della via. Di esso ci resta ungrande ambiente absidato con vasca,ornato da nicchie con decorazioni ascudi, corazze, cornucopie e bucranirealizzati con pomici, scaglie di mar-mo, frammenti vitrei e conchiglie.Sulla stessa via degli Annibaldi è visi-bile, a destra, sul declivio del Faguta-le, una delle tre cime dell’Esquilino,la Torre degli Annibaldi. La costru-zione, in parte crollata e che attual-mente appartiene all’ordine deiMaroniti, venne eretta nel 1204 inuna posizione propizia al controllodel fortilizio del Colosseo; in seguito,l’esteso sistema di fortificazioni a cuiera collegata, ospitò il convento di S.Maria in Monasterio. A destra di viadegli Annibaldi inizia via Nicola Salvial di sotto della quale, con affaccioverso il Colosseo, sono i pochi restivisibili delle Terme di Tito.Con l’avvento della dinastia dei Flaviebbe inizio la damnatio memoriae di

Fontana cinquecentesca proveniente,forse, da Villa Silvestri

S. Maria ad Nives, facciata

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Nerone, che vide la restituzione all’u-so pubblico dell’area da lui prece-dentemente confiscata per la realiz-zazione del complesso della DomusAurea. Le Terme di Tito si installaro-no nel luogo dove forse erano situatigli stabilimenti balneari privati nero-niani dei quali testimonia Svetonio.Le terme erano ancora visibili allametà del XVI secolo e di esse ci restaun disegno attribuito ad Andrea Pal-ladio. Il complesso venne successiva-mente demolito per il recupero deimateriali edilizi finché, negli anni

Trenta dello scorso secolo, entrò a farparte della definitiva sistemazionedell’area a parco pubblico. La piantadell’edificio confermava quella cheera stata l’innovazione delle TermeNeroniano-Alessandrine realizzatenel 62 d.C. da Nerone nel CampoMarzio: un asse centrale con attrezza-ture balneari (partendo da S verso N:caldarium, tepidarium e frigidarium) aicui lati si raddoppiano simmetrica-mente gli ambienti degli spogliatoi(apodyteria), delle palestre e dei variservizi. Gli scavi più recenti, coadiu-vati dallo studio della pianta palladia-na, hanno appurato il fatto che ilcomplesso si distribuiva, su vari livelli,lungo il declivio del colle.Scendendo per via Nicola Salvi siincontra il cancello del Parco del Col-le Oppio, realizzato negli anni Trentadello scorso secolo dagli architetti R.de Vico e A. Muñoz. Percorso un bre-ve tratto di viale della Domus Aurea,subito a sinistra è visibile l’ingressoagli scavi della Domus Aurea. Il com-plesso, che dal 1999 al 2005 era visita-bile, è stato dichiarato inagibile a cau-sa dei crolli provocati dalle infiltrazio-ni d’acqua piovana provenienti dallasoprastante sistemazione a giardinodel parco.

La Torre degli Annibaldi

Ingresso al Parco del Colle Oppio

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Dovuta alla fervida fantasia dell’im-peratore Nerone, questa immensadimora, realizzata dagli architetti

Severus e Celer, si estendeva su Palatino,Esquilino e Celio inglobando e trasfor-mando ambienti preesistenti al celebreincendio del 64 d.C. Attualmente, rife-rendoci a questo complesso facciamoriferimento ai soli resti situati sul colleOppio, che hanno offerto i maggioricontributi alla conoscenza del monu-mento. La dimora neroniana era ispirataai modelli dei monarchi ellenistici: padi-glioni circondati dal verde e un parcopopolato da fauna esotica al centro delquale era un laghetto artificiale, sul qua-le sarebbe in seguito sorto il Colosseo,con piccoli impianti portuali fatti a imita-zione di quelli dei centri marittimi dell’e-poca. A lato del laghetto, là dove ora sor-ge la chiesa di S. Francesca Romana, erail vestibolo del grande complesso, all’in-terno del quale si ergeva il Colosso bron-

zeo, alto 120 piedi, raffigurante l’impe-ratore nelle vesti del Dio Sole. La statua,opera dello scultore greco Zenodoros,che già per i Galli d’Alvernia aveva erettouna colossale immagine di Mercurio,venne successivamente trasferita a fian-co dell’Anfiteatro Flavio a cui, secolidopo, diede il nome. Il primo nucleo del-la reggia fu la cosiddetta Domus Transi-toria che univa, attraverso l’altura dellaVelia, il complesso del Palatino con l’E-squilino. In seguito, la stessa dimora deiFlavi sul Palatino, realizzata dall’architet-to Rabirio, riutilizzò probabilmente mol-te strutture neroniane. Il padiglione delcolle Oppio consentiva un’ampia vedutasulla valletta e sul lago. Per realizzarlovenne sbancato il declivio del colle, rea-lizzando una serie di terrazzamenti diconsolidamento. L’urgenza di conclude-re l’enorme lavoro portò a riutilizzarealcune strutture preesistenti, in particola-re alcuni horrea, ma sappiamo dalle fonti

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2. La Domus Aurea

Domus Aurea, ingresso

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che ancora nel 69 d.C. molte parti dellareggia non erano ancora state completa-te. La pianta del padiglione superstite,che venne sotterrato al tempo di Traianoper essere utilizzato come fondamentaper un nuovo complesso termale, è costi-tuita due grandi cortili poligonali uniti dauna serie di ambienti, un tempo aperti eluminosissimi, disposti attorno alla cele-bre Sala Ottagona. Il complesso, estesoda est a ovest per circa 350 m e largo 60,era preceduto a sud da un portico a spio-vente del quale rimangono alcune trac-ce. Sul retro della costruzione, lungo illato settentrionale, correvano invece lun-ghi criptoportici che fungevano daintercapedine contro il freddo e permet-tevano alla servitù di spostarsi evitandogli ambienti di rappresentanza. La deco-razione dell’edificio venne affidata al pit-tore Fabullus, il quale coprì le pareti e isoffitti di minute decorazioni a caratterefantastico. Furono proprio questi dipinti,intravisti a lume di candela e copiati daipittori del Rinascimento che per primi sicalarono negli oscuri sotterranei, ad ispi-rare la moda delle cosiddette “grotte-sche”. Preponderante doveva essere ladecorazione marmorea, con pavimentiin opus sectile e le stesse pareti che finoad una certa altezza erano rivestite dipannelli e pilastrini marmorei. Quasi tut-ti questi marmi vennero riutilizzati per ladecorazione della Terme di Traiano esolo pochi reperti sono attualmentecustoditi presso l’attiguo Antiquarium. Ilpadiglione cominciò ad essere scavatoall’inizio del Seicento per cercarvi deitesori, e solo in tempi vicini è stato inda-gato con la dovuta scientificità. Recenteè anche il ritrovamento della Sala Otta-gona, la cui cupola costituisce un’antici-pazione di quella che al tempo di Adria-no venne realizzata per il Pantheon.Molti studiosi l’hanno identificata con lacoenatio rotunda citata da Svetonio,nella quale un meccanismo simile a unasorta di planetario, a probabile trazioneidraulica, faceva ruotare incessantemen-te, di giorno e di notte, una ricostruzio-

ne della volta celeste. Con la morte diNerone nel 68 d.C. cominciò la deca-denza della reggia, sulla cui area, comes’è detto, vennero edificate le Terme diTito e l’Anfiteatro Flavio. Dopo un rovi-noso incendio nel 104 d.C. il complessofu abbandonato definitivamente e ini-ziarono l’interramento e i lavori per larealizzazione delle Terme di Traiano. Persostenere meglio il peso del complessobalneare le strutture neroniane vennerorinforzate da inserti murari e gallerie disostruzione che alterarono il disegnodegli ambienti originari.

Stanza delle Civette

Stanza degli Stucchi o di Ettore eAndromaca

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Gettandoun’occhiatada viale del-

la Domus Aurea sullasottostante via Labicanaè possibile intravedere, alcentro di un’area inferiore al livellostradale e circondata da una balau-stra metallica, i resti del LudusMagnus. Si trattava della più impor-tante caserma gladiatoria di Roma,che venne realizzata durante il princi-pato di Domiziano. I suoi resti furonoindividuati nel 1937, durante ledemolizioni per la costruzione dinuovi edifici che interessarono l’a-rea, e scavi più approfonditi venneroeffettuati nel 1961. La caserma avevauna struttura rettangolare, con alcentro un cortile porticato. Al centrodel cortile era un piccolo anfiteatro,costituito da un’arena ovale dotata di

una piccola cavea dacui era possibileassistere agli allena-

menti dei gladiatori.Tutt’intorno al cortile

era una numerosa serie distanzette destinate ai loro alloggi. Uncorridoio sotterraneo permetteva aicombattenti di raggiungere i sotter-ranei del Colosseo in occasione deigiochi. La caserma era compresaall’interno di una vasta area cheDomiziano aveva voluto attrezzareper i servizi dell’Anfiteatro Flavio,nella quale trovavano posto anchealtre caserme, i magazzini degli sce-nari utilizzati nell’arena durante igiochi, le armerie, le infermerie. Proseguiamo su via della DomusAurea, lungo la quale troveremofontane e pergolati e un monumen-to ad Alfredo Oriani, scrittore otto-

3. Passeggiando,passeggiando...

Ludus Magnus, ambienti per gli alloggi dei gladiatori

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centesco di impronta decadente, poiprendiamo a sinistra per via Serapi-de addentrandoci nel parco del col-le Oppio. Questa parte del parco ècaratterizzata dalla presenza deiruderi delle Terme di Traiano, che ilgrande imperatore fece edificare suiresti della Domus Aurea, devastata daun’incendio nel 104 d.C. L’ arteficedi questi bagni fu Apollodoro diDamasco, lo stesso architetto delForo e dei Mercati di Traiano, che laleggenda vuole ucciso da Adrianoinfastidito dalle critiche mosse aisuoi progetti di cupole definite «zuc-che». Con questo complesso si per-viene al modello maturo delle gran-di terme imperiali, che venne poireplicato nelle realizzazioni successi-ve: all’interno di un grande recintodi 330x315 m, chiuso posteriormen-te da una grande esedra, erano giar-dini, padiglioni, ninfei e probabil-mente una biblioteca. Al centro si

ergeva il complesso termale vero eproprio, fornito di spogliatoi, pale-stre, vasche per fanghi e acque ter-mali. La scelta di orientare le terme

Il monumento ad Alfredo Oriani

Terme di Traiano, una porta d’accesso

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secondo l’asse modificato NE-SO,per sfruttare al massimo il riscalda-mento proveniente dai raggi solari,si conservò nei successivi edifici bal-neari. Altra modifica fu quella diaggiungere al termine della succes-sione di vasche con acqua a variegradazioni, caldarium, tepidarium, fri-gidarium, anche un’ampia piscinaall’aperto detta natatio. A questiimpianti si aggiungevano numerosiambienti per bagni privati, massaggie saune. Di queste terme, che come

testimoniano le epigrafi rinvenutefurono le prime a essere aperteanche alle donne, oggi sono visibilisoltanto due esedre, una sala a dueabsidi del recinto esterno, oltre aresti minori. Tra le numerose opereche ornavano questo impianto ricor-diamo il celebre gruppo del Lao-coonte, forse recuperato dallaDomus Aurea, e che è ora visibile nelCortile Ottagono dei Musei Vaticani.Raggiungendo via delle Terme diTraiano, all’interno di un’area

Terme di Traiano, biblioteca dell’esedra occidentale

Una delle sale della cisterna delle Sette Sale

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recintata da un alto muro e chiusada un cancello, troviamo la cosiddet-ta Cisterna delle Sette Sale. Si trattadelle cisterne che contenevano l’ac-qua necessaria al funzionamentodelle terme traianee, e che forse era-no già in uso per la Domus Aurea eper le Terme di Tito. Nel Cinque-cento questi ambienti, creduti ini-zialmente sette, furono disegnati daPirro Ligorio. Nel 1760 si scoprì chevi erano altre due cisterne, e solonello scorso secolo venne finalmen-te disegnata una pianta completadell’opera, costituita da nove galle-rie e nove cisterne, i cui ambientierano completamente rivestiti inopus signinum, un calcestruzzo dalleproprietà impermeabilizzanti.Attraverso due aperture era possibileaccedere alle sale per controllare illivello dell’acqua ed effettuare la

necessaria manutenzione; il flussoidrico, che un sistema di tubatureconvogliava verso gli impianti terma-li, veniva invece regolato da grandirubinetti di bronzo.La tarda età imperiale vide sorgere aldi sopra della struttura una villa signo-rile con piccole terme private, mentrenei secoli successivi le cisterne furonoutilizzate come fosse comuni per gliappestati. Arrivati al termine di viadelle Terme di Traiano, prendiamo asinistra per via delle Sette Sale. Per-correndo questa strada passiamoaccanto a uno degli ingressi dell’am-pio complesso eretto nel periodo1915-25 della Facoltà di Ingegneria,opera la cui realizzazione richiese ladistruzione di varie cappelle e oratoriantichi. Da via delle Sette Sale arrivia-mo a piazza di S. Pietro in Vincoli, nel-la quale si trova la celebre basilica.

Sequenza prospettica delle aperture di comunicazionetra le sale della cisterna delle Sette Sale

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La basilica si trova sul Fagutale, unadelle tre cime del colle Esquilino. Labasilica viene anche detta Eudossia-

na in memoria della moglie dell’impera-tore Teodosio II, Eudossia, che inviò aRoma alla figlia Eudossia Minore, con-sorte di Valentiniano III, le catene cheavevano avvinto s. Pietro durante la suaprigionia in Palestina. Le catene furonoconsegnate a papa Leone Magno, che levide fondersi miracolosamente conquelle che si conservavano a Romacome reliquie della prigionia del principedegli apostoli nel Carcere Mamertino. Lachiesa venne edificata nei primi decennidel V secolo, sotto il pontificato di SistoIII, e scavi novecenteschi hanno consen-tito di individuare i resti della precedentedomus ecclesiae risalente al III secolo.A metà del VI secolo papa Pelagio I feceriporre nella basilica le reliquie deiMaccabei, i sette fratelli animatori dellaresistenza ebraica contro la conquistaellenistica; i resti, entro un sarcofago che

venne rinvenutodurante gli

scavi

del 1876, sono ora conservati sotto l’al-tare maggiore insieme all’urna dellecatene di Pietro. Sull’austera facciatacon cinque finestre si apre il porticato, acinque arcate rette da pilastri ottagonali,voluto da Sisto IV della Rovere nel corsodei rimodernamenti del 1475. Il portico,attribuito dal Vasari a Baccio Pontelli, èoggi considerato un’opera di Meo delCaprino. Lo stemma dei della Rovereappare sui capitelli dei pilastri, mentre ilportico è chiuso da una cancellata d’ini-zio Settecento ornata dalle armi di Cle-mente XI Albani. Anche il portale dellabasilica appartiene agli interventi di SistoIV della Rovere ed è sormontato dallostemma di questa celebre famiglia ligu-re. L’interno della basilica è a tre navateabsidate, divise da venti colonne dori-che di marmo, di probabile provenien-za greca, poste su basi ioniche lavoratenel Settecento. La navata centrale pre-senta il soffitto cassettoni, su disegno diFrancesco Fontana, ornato dall’affrescodel 1706 Il Miracolo delle catene diG.B. Parodi; le navate laterali con volte acrociera risalgono invece al periodo degliinterventi di papa Giulio II.

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4. San Pietro in Vincoli

S. Pietro in Vincoli, facciata

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Nella navata di destra, al primo altare, èuna tela con un S. Agostino del Guerci-no, al secondo altare La liberazione diS. Pietro, copia dal Domenichino; a latomonumento del cardinale GirolamoAgucchi su disegno dello stesso artista. Più oltre, al transetto destro, è il celebreMausoleo di Giulio II, terminato nel1545 da Michelangelo con l’aiuto deisuoi collaboratori. In realtà secondo ilvolere del papa della Rovere, che com-missionò l’opera all’artista toscano nel1505, un monumento di grandiose pro-porzioni doveva sorgere all’interno del-la basilica di S. Pietro, proprio al disottodella cupola ed essere adornato da qua-ranta statue; ma con la morte del pon-tefice e l’elezione di Leone X de’ Medici,il progetto fu dapprima accantonato,poi fortemente ridimensionato e, dopovarie traversie che fecero parlare Miche-langelo di una «tragedia della sepoltu-ra», venne infine trasferito a S. Pietro inVincoli. Al centro del monumento è ilcelebre Mosè, eseguito di propriamano da Michelangelo negli anni1514-16, a cui egli affiancò, entro duenicchie, le statue delle due biblichemogli di Giacobbe, Rachele (a sinistra)e Lia (a destra) simboleggianti rispetti-vamente la vita contemplativa e la fede,e la vita attiva e la carità. Le statue furo-

no abbozzate dal Buonarroti e termina-te da Raffaello da Montelupo negli anni1542-45. La statua di Giulio II giacen-te è tradizionalmente attribuita alloscalpello di Maso del Bosco, anche sestudi recenti vi intravedono interventidello stesso Michelangelo. Riguardoalle restanti figure, la Madonna colBambino, che sovrasta la figura delpapa, è da attribuirsi a Scherano da Set-tignano; il Profeta e la Sibilla, che loaffiancano, a Raffaello da Montelupo.Si può asserire che la riuscita di questomonumento riposi tutta nella forza tita-nica che sprigiona dalla possente figuracorrucciata di Mosè, ritratto nelmomento in cui, disceso dal Sinai con letavole della Legge, sta per adirarsi con-tro gli Ebrei che si sono dati al culto ido-

L’interno

La controfacciata

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latra del Vitello d’Oro. Alcuni dei capo-lavori incompiuti di Michelangelo, icosiddetti Prigioni, gli schiavi incatena-ti destinati a ornare il grande sepolcroprogettato per S. Pietro, finirono invecein parte a Firenze e in parte al Louvre.Nella cappellina che conclude la navatadi destra è da notare la luminosa S.Margherita, altra opera di G. France-sco Barbieri, detto il Guercino.Nell’altare maggiore è un baldacchinodi Virginio Vespignani, sotto al quale èla confessione contenente le reliquiedelle catene, con rilievi quattrocente-schi di Cristoforo Foppa, detto il Cara-dosso, raffiguranti Scene della vita diS. Pietro. La cripta posta sotto l’altarecontiene un sarcofago paleocristianocontenente le reliquie dei Maccabei.Passando alla navata di sinistra di gran-de interesse, nel secondo altare, è unmosaico del VII secolo nel quale S.Sebastiano, ritratto solitamente comeun giovane ignudo trafitto dalle frecce,è invece raffigurato come un maturo ebarbuto ufficiale dell’esercito imperialesecondo la più antica iconografia bizan-tina. Segue il settecentesco monumen-to del cardinale Cinzio Aldobrandini.Nel primo altare è la Deposizione dal-la Croce, attribuita a Cristoforo Roncallidetto il Pomarancio. All’inizio dellanavata è invece il monumento fune-bre del cardinale Nicola Cusano, for-se il più grande filosofo del XV secolo,

autore del fondamentale trattato Ladotta ignoranza e tra i primi a congettu-rare un universo illimitato e privo di cen-tro. Il bassorilievo del monumento, conle figure del cardinale, un angelo e S.Pietro, è opera di Andrea Bregno. A sini-stra dell’ingresso è un affresco, attri-buito ad allievi di Antoniazzo Romano,raffigurante la processione che nel1476 attraversò Roma con l’immaginedi S. Sebastiano per impetrare la fine diuna pestilenza. Al di sotto la tomba diAntonio e Pietro del Pollaiolo, con iritratti dei due celebri fratelli artisti scol-piti nel 1498 da Luigi Capponi. All’e-sterno, a sinistra della basilica, sorge laforte struttura del convento, opera del1503 di Giuliano da Sangallo, attual-mente inglobata nel complesso dellaFacoltà di Ingegneria. Anche il chiostrodella basilica, con colonne e capitelliionici e un bel pozzo è opera dello stes-so architetto. Nella stessa area, primadella costruzione del chiostro, s’ergevala dimora cardinalizia di Giulio III Ciocchidel Monte dove il futuro papa conservò,prima di portarlo in Vaticano, l’Apollodel Belvedere ritrovato ad Anzio. Ricer-che archeologiche sotto il pavimentodella basilica hanno individuato resti diuna casa risalente al II secolo a.C conmosaici policromi. Nella sacrestia si con-serva un pavimento a intarsi marmoreiche si ritiene proveniente dalle Terme diTraiano.

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20Il chiostro

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Tornati sullapiazza,notiamo a

destra la torre cheerroneamente è dettadei Borgia ma in realtàappartenne ai Margani. La torre fucostruita nel XII secolo, risistematanel XV e ora fa da campanile alla vici-na chiesa di S. Francesco di PaolaSempre a destra si nota un arco sottoil quale si trovano delle scale: si trattadella cosiddetta salita dei Borgia chepassa sotto l’arco del palazzo omoni-mo. Il percorso, chiamato oggi via S.Francesco di Paola, ricalca quello delromano vicus Sceleratus, detto così inricordo del leggendario episodio chevide Tullia, figlia di Servio, sesto re diRoma, passare con la propria biga sulcorpo del padre ucciso. Scendendole scale e arrivando a piazza S. Fran-cesco di Paola, possiamo ammirare lafacciata del cosiddetto Palazzo deiBorgia, che mostra al di sopra del-l’arco una serliana e sulla sinistra laparte inferiore di una torre medieva-le. Anche questo edificio appartenneun tempo ai Margani, ma la tradizio-ne popolare vuole che vi abbia abita-

to Vannozza Catta-nei, madre dei figlidi papa Alessandro

VI Borgia. Subito adestra del palazzo è il

convento di S. Francesco daPaola dove ha oggi sede una partedell’Istituto Centrale del Restauro.Accanto è la facciata della chiesa diS. Francesco di Paola, chiesa nazio-nale dei calabresi. S. Francesco diPaola, nativo della città calabrese, fufrancescano a dodici anni, visse tra iboschi della Sila e diciannovennefondò l’Ordine dei minimi che siricollegava alla più rigorosa tradizio-ne del santo di Assisi. Il suo miracolopiù celebre è quello in cui superò lostretto di Messina navigando sul suomantello steso sull’acqua. La chiesavenne fondata nel 1623, insieme alconvento, su progetto di Orazio Tor-riani e venne ampliata nel 1650 aseguito di una donazione di OlimpiaAldobrandini Pamphilj. La facciata èa due ordini. Nel XVIII secolo la parteinferiore, tripartita da lesene ionichecon teste di cherubini, con portale edue nicchie a edicola, venne rivestitadi travertino, mentre l’ordine supe-

5. Passeggiando,passeggiando...

Il Palazzo dei Borgia S. Francesco di Paola

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riore, con finestrone centrale e tim-pano centinato, rimase a lateriziintonacati. L’interno ha una solanavata con decorazioni in stucco rea-lizzate nel Settecento, mentre lo sce-nografico altare maggiore, con unpanneggio in stucco sorretto daangeli, è opera del 1655 di G. Anto-nio De Rossi. Prima di accedere allasacrestia è visibile il monumentofunebre di Lazzaro Pallavicini di Fer-dinando Fuga, mentre all’internodella stessa, sulla volta, è l’Apparizio-ne della Vergine a S. Francesco diPaola del Sassoferrato. In due nic-chie sono conservati i busti di Cristoe della Madonna provenienti da unachiesa perduta della Suburra, quelladel Salvatore ad Tres Imagines.Ripresa via S. Francesco di Paola,scendiamo la scalinata fino a viaCavour, e prendiamo a destra in dire-zione di largo Visconti Veno-sta. Su questo largo si affac-cia la chiesa dei Ss. Gioac-chino e Anna. In origine lachiesa e l’annesso monaste-ro erano dedicati a S. Fran-cesco ma nel 1760 Clemen-te XIII fece demolire il com-plesso e lo fece ricostruirededicandolo a S. Gioacchi-no. La chiesa, progettata daFrancesco Fiori, è precedu-ta da una gradinata e hauna facciata suddivisa dalesene a fascio corinzie sor-montate da un doppio tim-pano. L’interno, decoratocon stucchi e volti di cheru-

bini, è a croce greca con i braccicoperti da volte a botte. Si ritiene chela chiesa sorga sul luogo dove, in etàromana, era il tempio e il bosco sacrodi Giunone Regina protettrice dellepartorienti. Nei pressi doveva trovarsianche il tempio di Mephitis, divinitàprotettrice delle sorgenti. Uscendodalla chiesa e imboccando a destravia in Selci si passa accanto all’edifi-cio anticamente annesso alla chiesa,l’ex monastero delle Paolotte, mona-che dell’ordine di S. Francesco diPaola, oggi sede di un commissariato.Il monastero, nel 1744, fu teatro diun rinvenimento straordinario: un

S. Francesco di Paola, timpano Colonna nella piazza diS. Francesco di Paola

Ss. Gioacchino e Anna, facciata

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tesoro d’epoca romana consistente insculture, candelabri, preziosi fini-menti equestri, oreficeria e argente-ria. Si trattava dell’antico corredonuziale appartenuto a Secundus eProiecta, della famiglia degli Apronia-ni. Il corredo fu disperso tra vari col-lezionisti, ma il popolino continuò afavoleggiare del tesoro di un fanto-matico re polacco e, per tale motivo,

alla rampa di scale che si trova adestra della chiesa dei Ss. Gioachinoe Anna restò il nome di via del MontePolacco. Proseguiamo il percorso su via in Sel-ci, strada corrispondente alla partealta dell’antico clivus Suburanus, checongiungeva la Suburra con l’Esquili-no, e che anticamente era dettaanche in silice, a causa della pavimen-tazione. Sul lato destro della strada èil monastero, costruito annettendoedifici contigui, al quale è annessa lachiesa di S. Lucia in Selci. La chiesaprimitiva sorse alla fine del V secoloper volere di papa Simmaco e venneaffiancata nel XIII secolo da un mona-stero benedettino a cui subentraro-no, nel 1568, le monache agostinia-ne. Si accede all’edificio sacro, che furicostruito nel 1604 da Carlo Mader-no, attraverso un portale secentescosormontato da un timpano mistili-neo. Nell’atrio si trova la ruota ligneaun tempo utilizzata per affidare alconvento i neonati abbandonati.L’interno, a navata unica, con volta abotte e tre altari per lato, conservasulla controfacciata una cantoria ope-ra del Borromini e un’immagine di

S. Lucia in Selci, portale del monastero S. Lucia in Selci, la ruota lignea

S. Lucia in Selci, portale della chiesa

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Dio Padre, dipinta dal Cavalier d’Ar-pino. Nell’abside rettangolare è l’al-tare maggiore, rifatto nell’Ottocentoeliminando un precedente borromi-niano di cui resta solo la grata dellamensa. Di grande eleganza è il cibo-rio a tempietto con marmi policromidovuto al Maderno. Nel primo altarea destra è il Martirio di S. Lucia diGiovanni Lanfranco mentre nel pri-mo altare a sinistra è la cappella Lan-di opera del Borromini. Lasciata lachiesa e continuando a destra per viain Selci sono visibili i resti, inclusi nel-la muratura del convento, di una fac-ciata in laterizio di età romana, con-servata fino al secondo piano, e di unportico impostato su pilastri di traver-tino sormontati da archi. Si trattaprobabilmente di un edificio di tipobasilicale, nel quale si individuanocinque aperture di botteghe e cinquegrandi finestre nel luogo che fu indi-

La Torre dei Capocci

La Torre dei Graziani

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cato con il toponimo di orphea, deri-vato da una famosa fontana ornata distatue raffiguranti il mito di Orfeo eGanimede, descritta da Marziale inun suo epigramma, che doveva tro-varsi nell’attuale piazza di S. Martinoai Monti.Al termine di via in Selci si giunge apiazza S. Martino ai Monti, pressol’abside romanica e il cinquecente-sco portale posteriore della chiesaomonima. Qui si ergono le due torridei Capocci e dei Graziani, edificatecon laterizi romani provenienti congrande probabilità dalle vicine Ter-me di Traiano. Quella visibile al cen-tro della piazza, alta m 36,10, conbase quadrata e finestre incorniciatedi travertino, venne originariamenteedificata dalla famiglia degli Arcioniper poi passare definitivamente aiCapocci. La torre più piccola, visibi-le a sinistra all’incrocio tra via Lanzae via dei Quattro Cantoni, è invece latorre in origine edificata dai Cerro-ni, nobile famiglia romana alla qualeforse appartenne il celebre pittorePietro Cavallini. Anche questo edifi-cio passò successivamente di manoper divenire proprietà dei Graziani.Una breve deviazione su via deiQuattro Cantoni ci consentirà di

vedere quello che rimane di un’anti-ca villa nobiliare che sorgeva sul luo-go. Sulla sinistra della via, al n. 50,troviamo l’ex Monastero delle Filip-pine, già villa della famiglia Sforza,dove oggi ha sede un ufficio ammi-nistrativo dello Stato. L’edificio risa-le alla prima metà del Seicento, magià alla fine del secolo passò alle suo-re di S. Filippo Neri. Chiuso da unacancellata in stile rococò, presentauna maestosa fabbrica sormontatada una torretta belvedere; una bellascala a doppia rampa conduce all’in-gresso principale, mentre le finestredel piano nobile sono sormontateda un doppio timpano e decoratecon l’emblema degli Sforza, il melo-grano. Tornati su piazza di S. Marti-no ai Monti, prendiamo a sinistradell’abside della chiesa per via Equi-zia, che nel nome ricorda l’anticafamiglia degli Equizi, proprietari delfondo sul quale sarebbe sorta lachiesa. A destra, alla base del fiancoorientale della chiesa, possiamovedere alcuni filari di tufo apparte-nenti alle antiche mura serviane;svoltando ancora a destra, su vialedel Monte Oppio ci troveremodinanzi alla facciata della chiesa di S.Martino ai Monti.

L’ex Monastero delle Filippine

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6. San Martino ai Monti

La chiesa è in realtà intitolata sia a S.Silvestro papa che a S. Martinovescovo di Tours. La tradizione vuo-

le che S. Silvestro abbia convertitoCostantino dopo averlo guarito da unapestilenza; la collocazione della suafesta al 31 dicembre è collegata alla leg-genda dell’uccisione di un drago nutritodalle vestali che infestava il Foro Roma-no. Per cacciarlo il santo dovette scen-dere sotto terra per una scala di 365gradini, uno per ogni giorno dell’anno.S. Martino è invece legato alla breveestate d’inizio novembre, ed è noto peravere diviso il proprio mantello con unpovero infreddolito. Nel 370 fu consa-crato vescovo di Tours, resse la diocesiper 27 anni e in punto di morte si fecedistendere sulla cenere vestito solo delcilicio. La chiesa venne detta anche titu-lus Equitii alludendo così alla domusecclesiae situata nella casa di Equizio,presbitero di papa Silvestro. Nei sotter-

ranei dell’edificio sacro sono effettiva-mente presenti i resti di una costruzio-ne databile al III secolo d.C. costituita dauna grande aula centrale con volta acrociera su pilastri, e un vestibolo aper-to con tre porte sulla strada. Nel VI seco-lo papa Simmaco rinnovò le due chiesecontigue di S. Martino di Tours e S. Sil-vestro. Le chiese furono demolite nel IXsecolo da Sergio II. Il papa ricostruì un’u-nica chiesa intitolata ad ambedue i santiriutilizzando colonne delle precedenticostruzioni. Numerose spoglie di martirifurono raccolte nella cripta da Leone IV.Nel Seicento la chiesa subì una profon-da ristrutturazione ad opera dell’archi-tetto Filippo Gagliardi e oggi una gradi-nata conduce alla facciata barocca adue ordini, con lesene e grande timpa-no triangolare. Ai lati del portale centra-le sono due bassorilievi con le figure deiSs. Silvestro e Martino. L’interno, che ha mantenuto l’impian-

S. Martino ai Monti, facciata

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L’abside

La grande aula dell’edificio sotto la chiesa

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to basilicale di tipo antico, è a tre nava-te divise da 24 colonne corinzie anti-che. Il soffitto della navata centralesostituisce quello più antico donato daS. Carlo Borromeo e distrutto da unincendio. Tra le opere di maggioreimportanza sono da notare, a destradell’ingresso un’Estasi di S. CarloBorromeo, di Filippo Gherardi e sul-l’altare maggiore un tabernacolo ecandelabri opera di Francesco Belli.Accanto all’altare è l’accesso alla crip-ta barocca, opera di Filippo Gagliardi,in cui si alternano colonnine e pilastri,oltre agli stucchi e statue di santi operadel 1655 di Paolo Naldini. Al livelloinferiore della cripta è invece conserva-to un affresco del IX secolo con Imma-gini di santi e Croce gemmata eun’effigie di S. Silvestro in un mosai-co di VI secolo. Nella navata di destra ,al primo altare S. Maria Maddalenade’ Pazzi, dipinto del 1647 di MatteoPiccione; al secondo Estasi di S. Tere-sa di Gesù, di Giovanni Greppi; al ter-

zo un settecentesco San Martino diFabrizio Chiari. Nella navata di sinistraè un affresco raffigurante l’Internodella basilica di S. Pietro, dipinto daGagliardi, e quindi i secenteschi Pae-saggi della Campagna romana diGaspare Dughet. Segue il secondoaltare con il dipinto di S. Alberto Car-melitano, opera del 1575 di GirolamoMuziano. Un successivo affresco rico-struisce la scena del Concilio di S. Sil-vestro, in cui il papa ordina il rogo deilibri contrari al pensiero teologico dellachiesa cattolica. Al primo altareSant’Angelo di Pietro Testa. Infine unaltro affresco con l’Interno dellabasilica di S. Giovanni in Laterano,nella situazione architettonica prece-dente l’intervento del Borromini. All’i-nizio della navata è un affresco di JanMiel del 1651 con San Cirillo che bat-tezza il sultano. Nella sacrestia è con-servata una lampada votiva inargento, la tiara papale attribuita a S.Silvestro e una mitra episcopale.

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Particolare dell’aula con le scale per i locali sotterranei

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Usciti dallachiesa di S.Martino ai

Monti prendiamo asinistra e arriviamo altermine di viale del MonteOppio: alla nostra destra troveremola mole di Palazzo Brancaccio. Si trat-ta di un monumentale edificio volutodalla ricca famiglia americana dellaprincipessa Mary Elisabeth FieldBrancaccio che, dopo aver acquistatodal demanio l’ex convento di S.Maria della Purificazione ai Monti,incaricò l’architetto Luca Cariminidegli adattamenti e trasformazioniche si protrassero dal 1886 al 1912.Gli sfarzosi appartamenti furonodecorati sotto la direzione del pittoreFrancesco Gai, esponente del gustoeclettico di fine Ottocento. Parte delpalazzo ospita il Museo Nazionaled’Arte Orientale, costituito nel 1957con raccolte acquisite grazie a unaconvenzione fra il Ministero dellaPubblica Istruzione e l’attuale IsIAO(Istituto Italiano per l’Africa e l’O-riente). Nel museo, che ebbe tra isuoi principali promotori il celebrestudioso G. Tucci, oltre a materiali dimissioni italiane nei paesi orientali,sono esposti oggetti provenienti da

donazioni, scambi oacquisti sul mercatoantiquario. Il per-

corso museale copreun arco di tempo dal

4000 a.C. al XIX secolo, ed ècomposto da sedici sale in cui vengo-no esposti a rotazione circa 26.000oggetti che rendono la raccolta tra lepiù importanti d’Europa. Il museo èsuddiviso nelle seguenti sezioni: Vici-no e Medio Oriente Antico, Tibet eNepal, Cina, Arte e archeologia isla-mica, India e Gandhara. Sono inoltrepresenti collezioni relative al Giappo-ne, alla Corea e al Sud-Est asiatico.All’angolo opposto del palazzo,all’incrocio con via Mecenate, è ilTeatro Brancaccio, realizzato nel1916 e tuttora attivo.Attraversato largo Brancaccio, per-corriamo a sinistra via Merulana, resacelebre dal romanzo di Carlo EmilioGadda Quer pasticciaccio brutto de viaMerulana, e raggiungiamo la scalina-ta della chiesa di S. Alfonso de’Liguori, realizzata nel 1859, sulla Vil-la Castani, da George Wigley e primoesempio di Gothic revival a Roma.L’interno è a tre navate e sull’altaremaggiore è una tavola della secondametà del Quattrocento raffigurante

7. Passeggiando,passeggiando...

Palazzo Brancaccio

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la Madonna del Perpetuo Soccorso.Oltrepassato largo S. Alfonso pren-diamo a destra per via di S. Vito. In fondo alla strada vediamo la picco-la facciata della chiesa dei Ss. Vito eModesto. Il più antico impianto dellachiesa risale alla fin del IV secolo. Perla vicinanza con l’antico Macellum(mercato) di Livia, la chiesa ebbefino al IX secolo il nome di S. Vito inMacello. Abbandonata per un lungoperiodo, venne ricostruita nel 1477da Sisto IV vicino a quella antica.Appartiene a questa fase la facciata acapanna e il portale marmoreo con

lo stemma abraso e la scritta: Sixtusfundavit 1477. Nel corso dell’Otto-cento e soprattutto in occasione delgiubileo del 1900, la chiesa subìpesanti interventi e venne addiritturamutato il suo orientamento con larealizzazione di una nuova facciata suvia Carlo Alberto. I restauri del 1977ripristinarono l’aspetto e l’orienta-mento sistino. L’interno, molto sem-plice, è costituito da un’aula rettan-golare, terminante in un’abside,all’interno della quale sono due alta-ri laterali a edicola quattrocenteschi.Nell’altare di destra l’affresco del sot-tarco, Madonna col Bambino e santi,è attribuito ad Antoniazzo Romano.All’interno della chiesa è conservato,dietro una grata la cosiddetta pietrascellerata, un cippo funerario roma-no che si riteneva provenisse dal luo-go del martirio dei santi titolari; lapietra, considerata miracolosa, veni-va abrasa e la polvere era ingeritadagli ammalati di idrofobia. A destradella chiesa si erge l’Arco di Gallieno,unica memoria rimasta della PortaEsquilina, che si apriva con i suoi trefornici nella cinta delle cosiddettemura serviane. Il fornice residuo,fiancheggiato da paraste corinzie,appartiene ad un rifacimento volutoda Augusto. Nel 262 d.C., come si leg-

Il Teatro Brancaccio

S. Alfonso de’ Liguori, facciata

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ge nell’iscrizione incisa sotto l’attico,l’arco fu dedicato da Marco AurelioVittore all’imperatore Gallieno eall’imperatrice Salonina.

Oltrepassato l’arco, al termine di viadi S. Vito, sulla sinistra, vediamo lagraziosa fontanella del rione Monti,realizzata in travertino nel 1927 dal-

Ss. Vito e Modesto, facciata in via di S. Vito

Ss. Vito e Modesto, facciata accanto all’Arco di Gallieno

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l’architetto P. Lombardi.Torniamo sui nostri passi su via Meru-lana e prendiamo a destra sino a rag-giungere largo Leopardi. Al centrodella piazza, protetto da una recinzio-ne è il cosiddetto Auditorium diMecenate.L’aula, che venne scoperta nel 1874,è semisotterranea, absidata, con voltaa botte e ha le dimensioni di mt24,40x10,60. Sui lati lunghi si apronosei nicchie rettangolari. Al di sopradell’abside si dispongono cinque nic-chie, anch’esse rettangolari, prece-dute da unagradinataanticamentericoperta dalastre di mar-mo cipollino.Inizialmentela costruzio-ne venneinterpretatacome unauditorium,ma i resti ditubature dal-le quali l’ac-qua dovevadefluire perla breve gra-

dinata hanno permesso di individua-re questo edificio come una coenatioestiva, un luogo, cioè, nel quale ban-chettare presso una fontana e al ripa-ro dalla calura, appartenente ad unpiù vasto complesso residenziale. L’e-dificio, databile per la presenza del-l’opus reticulatum al periodo tra la finedell’età repubblicana e l’inizio diquella imperiale, subì almeno duerifacimenti documentati da un pavi-mento in opus sectile sovrapposto aquello originario e dalla muratura inlaterizio alla base della cavea. Sullepareti sono i resti, piuttosto mal ridot-ti, di affreschi raffiguranti giardini,alberi e uccelli, simili come tipologiaa quelli della villa di Livia nella loca-lità ad Gallinas Albas, presso PrimaPorta, e ora conservati al MuseoNazionale Romano a Palazzo Massi-mo. È probabile che il ninfeo facesseparte degli Horti Maecenatiani, la villache Mecenate si costruì intorno al 30a.C. quando, dopo la bonifica del-l’antica necropoli, la zona dell’Esqui-lino cominciò a riempirsi di splendi-de ville. Alla morte di Mecenate la vil-la entrò a far parte del demanioimperiale divenendo una delle resi-denze preferite di Tiberio.

Fontanella del rione Monti

L’Auditorium di Mecenate

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Da largo Leopardi prendiamo a sini-stra per la via omonima e percor-riamola sino a raggiungere Piazza

Vittorio Emanuele II. La piazza, chiamatadai romani semplicemente piazza Vitto-rio, venne disegnata dall’architetto Pani-coni nel 1871, nell’ambito della costru-zione dei quartieri residenziali per laburocrazia che affluiva nella nuova capi-tale del Regno d’Italia. Alla sua realizza-zione, circa dieci anni più tardi, parteci-parono vari architetti, tra i quali GaetanoKoch. Si tratta dell’unica piazza portica-ta, in stile “piemontese” esistente aRoma; il giardino al centro, con la sua ori-ginale cancellata, fu ideato da CarloTenerani. Fino a pochi anni fa, l’areaintorno al giardino era occupata da ungrande mercato, sorto ai primi del Nove-cento, che ora ha trovato una nuovasede in un edificio coperto nelle vicinan-ze. All’interno del giardino, intitolatoalla memoria di Nicola Calipari, si trova-no i resti di una grande opera pubblica

costruita nel III secolo all’epoca dell’impe-ratore Alessandro Severo. I ruderi, erro-neamente detti Trofei di Mario, sonoquanto rimane di una monumentalefontana che aveva la funzione di castellodi distribuzione dell’acqua provenientedall’acquedotto Claudio. Il nome dellacostruzione, nympheum Alexandri,compare in un elenco di opere pubblichestilato in età costantiniana. Nella primametà del XII secolo i ruderi vennero ribat-tezzati “Trofei di Mario” per la presenzadi due trofei marmorei raffigurantiarmi barbariche che vennero associatialle vittorie riportate da Caio Mario suiCimbri e i Teutoni. Peraltro le due scultu-re, trasferite dal 1590 sulla balaustra delCampidoglio, originariamente nonappartenevano neppure alla fontana: sitrattava, infatti, di trofei di età domizia-nea realizzati per commemorare le vitto-rie dell’89 d.C. sui Catti e sui Daci. Lafontana, costruita nel punto in cui sibiforcavano l’antica via Labicana e la Col-

8. I Trofei di Mario e la Porta Magica

I portici di piazza Vittorio Emanuele II

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latina, aveva pianta trapezoidale e vennerealizzata in opera laterizia. Da alcunemonete del tempo di Alessandro Severoè possibile ricostruirne la facciata, che sielevava per tre piani con una serie di nic-chie occupate da statue e terminava conun attico ornato da una quadriga bron-zea; una vasca raccoglieva l’acqua chedefluiva attraverso tre canali frontali edue laterali. Con il taglio degli acquedot-

ti, operato nel VI secolo dai Goti di Vitige,iniziò lo stato d’abbandono del monu-mento, che accompagnò quello di granparte della rete di approvvigionamentoidrico della città. Dal Cinquecento al Set-tecento la fontana fu raffigurata da variartisti, ma soltanto nel 1821, ad operadell’Accademia di Francia, vennero ese-guiti i primi rilievi sistematici. Sempreall’interno del giardino Calipari, a destra

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Cancellata del giardino Nicola Calipari

I cosiddetti Trofei di Mario, nel giardino Calipari

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dei ruderi, vediamo lestatue ideate dallo scul-tore Mario Rutelli peradornare la fontana delleNaiadi in piazza Esedra, inseguito sostituite dalgruppo attuale opera del-lo stesso autore. Spostan-doci sul retro dei Trofeipossiamo vedere il monu-mento in memoria deicaduti dell’Esquilino nelconflitto 1915-18, eseguitoda Guido Carafa. A lato deiruderi, sulla destra, è invece lacosiddetta Porta Magica.Questa porta, che presentanella cornice alcuneincisioni a caratterealchemico, accom-pagnate da senten-ze in ebraico e inlatino, è quantoresta dell’ingresso secondario della villadel marchese Massimiliano Palombaradi Pietraforte. Secondo la tradizione, leformule alchemiche incise sulla cornice

della porta pervenneroal marchese, che erauno dei maggiori alchi-

misti del Seicento, trami-te un misterioso visitato-re. Intorno al 1680 ilPalombara sistemò laporta nel giardino segre-to della sua villa e qui

compì egli stesso numero-si esperimenti alchemici.Dopo le demolizioni della

fine del XIX secolo per la realiz-zazione dei nuovi palazzi

dell’Esquilino, la porta fusistemata a piazza Vitto-rio, affiancata da due

antiche statue raffi-guranti il dio egizioBes provenientidagli scavi sul Quiri-nale del 1888. Nellastessa villa Palomba-

ra venne ritrovato, nel 1781, il cosiddet-to Discobolo Lancellotti, copia di etàromana dell’originale in bronzo di Miro-ne del V secolo a.C.

Statue di M. Rutelli nel giardino Calipari La cosiddetta Porta Magica

Trofei detti di Mario, ora sullabalaustra del Campidoglio

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Raggiungiamol’ angolo dipiazza Vitto-

rio all’inizio di viaNapoleone III, dove sitrova, stretta tra i palazziumbertini, la chiesa di S. Eusebio. Lacasa dove nel 357 d.C. morì il santo,presbitero romano e grande avversa-tore dell’arianesimo, venne prestotrasformata in titulus e consacrata dapapa Liberio; sotto la chiesa le indagi-ni archeologiche hanno effettiva-mente rinvenuto i resti di un’abita-zione di II secolo d.C. A partire dall’VIII secolo la chiesa venne restauratapiù volte finché Gregorio IX non laricostruì quasi per intero nel XIII

secolo; ma di questa fase romanicanon restano che il campanile del tem-po di Onorio III e l’abside, non piùvisibili dall’esterno. Una gradinatacentrale e poi due rampe laterali con-ducono alla chiesa, rimasta legger-mente sopraelevata a seguito deglisbancamenti ottocenteschi per la rea-lizzazione della piazza. La facciata, adue ordini, è opera settecentesca diCarlo Stefano Fontana: alla base è unporticato a cinque arcate sorrette dapilastri; nel secondo ordine, separatodal primo da una cornice aggettante,

lesene sormontateda capitelli ionicifra le quali si aprono

cinque finestre concornici e timpani d’im-

pronta borrominiana. Sopral’iscrizione dedicatoria, il prospetto siconclude con una balaustrata ornatada quattro statue di santi ai lati e dueangeli inginocchiati nel mezzo; lieve-mente arretrato è il grande timpanosormontato da una croce metallica.Nel portico si conservano alcunelapidi, fra le quali quella in cui vienericordata l’intitolazione della chiesaai Ss. Eusebio e Vincenzo da parte dipapa Gregorio IX nel 1238.L’interno, che mantiene l’anticoimpianto romanico in tre navate, sep-pure fortemente alterato nel Seicen-to e nel Settecento, presenta unadecorazione in stucco e in oro. Note-vole l’affresco della volta della navatamaggiore con la Gloria di S. Eusebio,opera del 1759 del grande pittoreneoclassico Anton Raphael Mengs.Sull’altare maggiore, opera di Ono-rio Longhi, è la raffigurazione dellaMadonna consolatrice degli afflitti,attribuita a Pompeo Batoni. Sui duealtari del presbiterio sono le due raffi-gurazioni di S. Celestino, opera del

9. Passeggiando,passeggiando...

S. Eusebio, facciata

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La ruota della Storia

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Ruthard, e di S. Benedetto di CesareRossetti. Nel secentesco coro ligneo,all’interno del quale è un leggio innoce riccamente scolpito, sono con-servati tre dipinti: l’Assunta di autoreignoto; la Madonna tra i Ss. Eusebio,Vincenzo e Serafino di BaldassarreCroce; Maria e la Maddalena ai piedidella croce del Rossetti. A lato dellachiesa è il convento, ora occupato daun commissariato di polizia e che sulfinire del Quattrocento ospitò unadelle prime stamperie aperte aRoma. All’interno si conserva ancorail chiostro in laterizio a due ordini diarcate e fontana centrale realizzatonel 1588 da Domenico Fontana.Ogni anno, per la ricorrenza del 17gennaio, festa di S. Antonio Abateprotettore degli animali, davanti aquesta chiesa si affollano cani e gatticon i loro padroni per ricevere la tra-dizionale benedizione. Un tempoquesta veniva impartita, soprattutto aicavalli delle eleganticarrozze nobiliari,presso la vicinachiesa su via Napo-leone III intitolata alsanto e ora ingloba-ta nel PontificioCollegio Russicum.Usciti da S. Euse-bio, prendiamo asinistra e riattraver-siamo per tutta lasua lunghezza piaz-

za Vittorio fino all’in-crocio con via Lamar-mora. Percorriamoquesta via e proseguia-mo sulla successiva viaGuglielmo Pepe sino araggiungere via Gio-vanni Giolitti. Prendia-mo a destra, per unbreve tratto, fino a rag-giungere la chiesa di S.Bibiana, antico edificio

sacro situato in una posizione forte-mente alterata dalla presenza del ter-rapieno ferroviario e dalle costruzio-ni della Stazione Termini. La chiesavenne costruita nel 468 da papa Sim-plicio sulla casa della martire S. Bibia-na, morta per flagellazione nel 363durante la persecuzione di Giulianol’Apostata. Nel 1224 la chiesa furestaurata da Onorio III, il quale viaggiunse un monastero occupato finoal 1440 dalle suore benedettine edemolito nel XVII secolo. In occasionedel Giubileo del 1625, Urbano VIII

incaricò Gian Lorenzo Bernini, nonancora trentenne, di ristrutturare lachiesetta rispettandone l’originarioimpianto architettonico. Il restaurointerno e la realizzazione della faccia-ta barocca, che costituì il debuttoarchitettonico del Bernini, furonoportate a termine in soli due anni. Lafacciata presenta, nella parte inferio-re, un porticato a tre arcate sorrette

Il Pontificio Collegio Russicum

S. Bibiana

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8°It

iner

ario

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da pilastri ionici in travertino; nell’or-dine superiore la loggia centrale èinquadrata da un nicchione rettango-lare, coronato da un timpano e fian-cheggiato da due ali con finestra ebalaustra. L’interno è a tre navate,divise da colonne antiche, in granito ein marmo bianco, in stile composito ecorinzio. Nelle navate laterali è anco-ra visibile parte della muratura di etàmedievale. Al di sotto dell’altare mag-giore un sarcofago d’alabastro d’etàcostantiniana conserva i corpi di S.Bibiana, della sorella Demetria e dellamadre Dafrosa. Al di sopra dell’altare,entro una nicchia, è la statua in mar-mo di S. Bibiana, scolpita nel 1626 dalBernini. Ai lati dell’altare maggioresono due cappelline dedicate a destraa S. Dafrosa, con pala eseguita da Pie-tro da Cortona e, a sinistra, a S. Deme-tria, con pala opera di Agostino Ciam-pelli. Nella navata centrale sono con-servati degli affreschi, con Scene dellavita della santa, eseguiti a destra daAgostino Ciampelli e a sinistra da Pie-tro da Cortona. Asinistra delporta-

le centrale è la colonna alla quale,secondo la tradizione, venne avvintala santa durante il martirio. Gli Angelimusicanti in controfacciata sono ope-ra di Agostino Ciampelli.Inoltriamoci ancora per via Giolitti,avendo alla nostra sinistra il fiancodella stazione Termini, sino a rag-giungere la mole del cosiddetto Tem-pio di Minerva Medica. Questa deno-minazione, utilizzata per la prima vol-ta nel Cinquecento da Pirro Ligorio,è impropria e deriva dal ritrovamentoin loco della statua della cosiddettaAtena Giustiniani, ora ai Musei Vatica-ni. Si tratta della parte residua diun’aula dalla pianta decagonale e dia-metro di 25 m, sulle cui pareti si apro-no dieci grandi finestre. L’ingressoera preceduto da un atrio a forcipe,mentre ambienti di forma semicirco-lare si addossavano all’esterno del-l’aula. La copertura a cupola, in granparte crollata nel 1828, presentaall’interno dieci nervature in lateri-zio e all’esterno quattro gradini anu-lari. Vicino al padiglione passava ilcondotto sotterraneo dell’acquedot-

to dell’Anio Vetus. L’edificio, data-bile al IV secolo d. C., viene

identificato come un ninfeodegli Horti Liciniani, lagrande villa sull’Esquili-no che prendeva il nomedall’imperatore LicinioGallieno; si trattava diun’estesa proprietà le cuicostruzioni erano in gra-do di ospitare tutti gliappartenenti alla cortequando l’imperatorerisiedeva nella villa.Le caratteristiche struttu-rali dell’edificio anticipa-rono gli sviluppi delperiodo bizantino e costi-tuirono un modello perl’architettura rinasci-mentale e barocca. Il Tempio di Minerva Medica

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Piazza del Colosseo:3 - 60 - 75 - 81 - 85 - 87 - 117 - 175 -271 - 571 - 673 - 810 - 850 - Metro B

Via Giovanni Lanza:75 - 84 - Metro B

Piazza Vittorio Emanuele:5 - 14 - 360 - 649 - Metro A

Legenda:I numeri in neretto indicano i capolinea (es. 70)quelli sottolineati indicano i tram (es. 3)quelli in verde le linee solo feriali (es. 30)quelli in rosso le linee solo festive (es. 130)

Come arrivare a…

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Punti Informazione Turistica

Tutti i giorni ore 9.30-19.30

• Castel Sant’Angelo - Piazza Pia

• Santa Maria Maggiore - Via dell’Olmata

• Piazza Sonnino

• Via Nazionale - altezza Palazzo delle Esposizioni

• Piazza Cinque Lune

• Via Minghetti

• Visitor Centre - Via dei Fori Imperiali | Tutti i giorni ore 9.30-18.30

• Fiumicino Aeroporto Leonardo Da VinciArrivi Internazionali - Terminal C | Tutti i giorni ore 9.00-19.00

• Stazione Termini - Via Giolitti, 34Interno Edificio F / Binario 34 | Tutti i giorni ore 8.00-21.00

• Aeroporto “G.B. Pastine” di Roma (Ciampino)

• Lungomare P. Toscanelli - Piazza A. Marzio (Ostia Lido)

Call Center Ufficio Turismo tel. +39 06 06 06 08

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