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2015 Workshop Conoscenza e tecnologie appropriate per la sostenibilità e la resilienza in urbanistica Knowledge and Appropriate Technologies for Sustainability and Resilience in Planning Funda Atun, Maria Pia Boni, Annapaola Canevari, Massimo Compagnoni, Luca Marescotti, Maria Mascione, Ouejdane Mejri, Scira Menoni, Floriana Pergalani

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2015 Workshop Conoscenza e tecnologie appropriate per la sostenibilità e la resilienza

in urbanistica Knowledge and Appropriate Technologies for Sustainability and Resilience

in Planning

Funda Atun, Maria Pia Boni, Annapaola Canevari, Massimo Compagnoni, Luca Marescotti, Maria Mascione, Ouejdane Mejri, Scira Menoni, Floriana Pergalani

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LAUREA MAGISTRALE DELLA SCUOLA DI ARCHITETTURA E SOCIETÀ

LABORATORIO ORGANIZZATO DA LUCA MARESCOTTI

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3 marzo 2015

PRINCIPALI ASPETTI GEOLOGICI E FISICI DEI TERREMOTI: ALCUNE OSSERVAZIONI SUI RECENTI TERREMOTI ITALIANI

Massimo Compagnoni

2015 Workshop Conoscenza e tecnologie appropriate per la sostenibilità e la resilienza

in urbanistica - Knowledge and Appropriate Technologies for Sustainability a d Resilience in Planning

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OBIETTIVO ed ARGOMENTI

Conoscenza dei meccanismi geologici e geodinamici che governano il fenomeno del TERREMOTO e relativi effetti sull’ambiente

MODULO I

Cenni di geodinamica e tettonica globale

Il terremoto

Cenni di sismologia

Effetti sismici locali

Fenomeni precursori

MODULO II

I terremoti de L’Aquila e Emilia:

alcune osservazioni sismologiche e gestione dell’emergenza

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GEODINAMICA – TETTONICA GLOBALE

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TETTONICA GLOBALE

Placche litosferiche rigide in cui è articolata la parte più superficiale della Terra

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GEODINAMICA – TETTONICA GLOBALE

Flusso geotermico

Liberazione del calore interno che causa la convezione nel mantello motore della tettonica a placche – controlla la velocità e l’ubicazione delle deformazioni crostali

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GEODINAMICA – TETTONICA GLOBALE

MARGINI DI PLACCA:

DIVERGENTI (DORSALI OCEANICHE)

CONVERGENTI (ZONE DI SUBDUZIONE)

TRASFORMI

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GEODINAMICA – TETTONICA GLOBALE

Subduzione di placca oceanica sotto placca continentale

Subduzione di placca oceanica sotto placca oceanica

Collisione tra due placche continentali

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Velocità relative in cm/a e direzioni di separazione e convergenza tra le placche

GEODINAMICA – TETTONICA GLOBALE

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La distribuzione spaziale e caratteristiche dei terremoti non è casuale ma inquadrata in un contesto geodinamico ben preciso

GEODINAMICA – TETTONICA GLOBALE Epicentri di terremoti 0-700 km di profondità in un intervallo di 6 anni

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La distribuzione spaziale dei terremoti con ipocentro > 100 km evidenzia le zone di subduzione

GEODINAMICA – TETTONICA GLOBALE Epicentri di terremoti > 100 km di profondità in un intervallo di 6 anni

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GEODINAMICA ZONA MEDITERRANEO

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GEODINAMICA ZONA MEDITERRANEO

Da Mantovani, 1991 (modificata)

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DOMINI STRUTTURALI

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MODELLO CINEMATICO

Meletti et al. 2000

MODELLO CINEMATICO ZONAZIONE SISMOGENETICA ZS9

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ZONAZIONE SISMOGENETICA ZS9

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SISMICITA’ ITALIANA

Catalogo CPTI04

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SISMICITA’ ITALIANA

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CLASSIFICAZIONE E PERICOLOSITA’

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ORIGINE DEL FENOMENO

Disomogeneità delle rocce costituenti l’interno della Terra

Sviluppo di forze che tendono a riequilibrare il sistema fisico- chimico

Movimenti a carico degli strati più superficiali e rigidi della Terra: litosfera

Sviluppo ed accumulo di deformazioni a carico delle masse rocciose in reciproco movimento

Liberazione quasi “istantanea” dell’energia elastica sotto forma di onde sismiche che si propagano in tutte le direzioni

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TEORIA DEL RIMBALZO ELASTICO

Le aree sismicamente attive sono sottoposte a campi di stress variabili che inducono un accumulo di deformazione: quando questa è tale da vincere la resistenza delle rocce si genera rottura nel punto più debole la quale si sviluppa fino al raggiungimento di una nuova posizione di equilibrio; la deformazione permanente “incassata” è massima in vicinanza della rottura e diminuisce allontanandosi – il riequilibrio delle strutture è detto RIMBALZO ELASTICO:

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PIANI DI DEBOLEZZA

I punti di maggior debolezza si collocano in corrispondenza di piani di rottura detti “faglie” ove si verifica movimento reciproco tra masse rocciose

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TIPI DI TERREMOTI

CONSEGUENZE DEL RIMBALZO ELASTICO

Stato di stress legato ai movimenti reciproci tra due porzioni rocciose

Accumulo di energia elastica

Improvviso scorrimento con brusco processo di ridistribuzione delle tensioni

Raggiungimento di nuove condizioni di equilibrio con scorrimento residuo (rigetto)

Riduzione dello stato tensionale (stress drop) con ripresa del processo di accumulo di deformazione (ricorrenza dei terremoti e quindi probabilisticamente evento non casuale indipendente)

Terremoti diversi in funzione della quantità e velocità di accumulo energetico e della tipologia di rilascio (regime tettonici – geodinamici)

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TIPI DI TERREMOTI

VULCANICI

SPROFONDAMENTI SOTTERRANEI

SERBATOI ARTIFICIALI

INIEZIONI PROFONDE

IMPATTO DI METEORITI o GRANDI FENOMENI FRANOSI

TETTONICI

Zone di dorsale medio-oceanica: crosta sottile con ridotti volumi di accumulo energetico, componente tensionale di tipo estensionale con ridotta resistenza a rottura della roccia, roccia calda e duttile con meccanismo di rilascio non improvviso

Zone di subduzione: crosta terrestre spessa con grandi volumi di accumulo energetico, componente tensionale di tipo comprensivo con alta resistenza a rottura della roccia, roccia fredda e fragile con meccanismo di rilascio improvviso

Faglie trasformi: volumi di roccia ridotti, componente di spostamento strike-slipe, roccia relativamente fredda e fragile con rilascio energetico improvviso

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TIPI DI TERREMOTI TETTONICI

In funzione della distanza tra epicentro e stazione di registrazione:

-Terremoti locali: entro i 1000 km (10° = angolo compreso tra congiungente centro terra-ipocentro e centro terra-stazione)

-Terremoti regionali: entro i 2000-3000 km (20°)

-Telesismi: oltre i 2000-3000 km

In funzione della profondità dell’ipocentro:

-Terremoti superficiali: minore di 60-70 km

-Terremoti intermedi: entro 70 e 300 km

-Terremoti profondi: oltre 300 km fino ad un massimo di 600-700 km (a causa delle proprietà reologiche della terra)

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IL FENOMENO

SISMA: Vibrazione del suolo prodotta dalla propagazione delle onde sismiche generatesi per liberazione dell’energia elastica in occasione della rottura di masse rocciose deformate sottoposte a campi di stress

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IL FENOMENO

LOCALIZZAZIONE

MISURAZIONE ENTITA’

MODELLAZIONE

In assenza di registrazioni di un evento sismico l’unica azione possibile è quella di misurarne gli effetti sull’ambiente naturale ed antropico

Il primo passo per la conoscenza del fenomeno è la registrazione attraverso strumenti sempre più efficienti

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LA LOCALIZZAZIONE

INDIVIDUAZIONE SPEDITIVA DELL’EPICENTRO Si ipotizza un modello crostale omogeneo in cui il rapporto Vp/Vs è costante rendendo sufficiente il calcolo del ritardo tra P e S (tp-ts) su almeno 3 stazioni di registrazione ed ipotizzando trascurabile la profondità dell’ipocentro rispetto alla distanza dall’epicentro (tsp x 8 km/s) - altrimenti si utilizza il diagramma dei tempi di tragitto

Utile ai fini della protezione civile data la rapidità con cui si calcola

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LA LOCALIZZAZIONE

La localizzazione più precisa si effettua con procedure iterattive utilizzando modelli crostali molto complessi 3D fino alla convergenza dei dati forniti da numerose stazioni

Si cerca la coerenza tra i valori di:

ubicazione dell’epicentro

tempo di inizio terremoto

profondità dell’ipocentro

La qualità della localizzazione dipende fortemente dalla geometria della rete di acquisizione che dovrà essere tale da racchiudere al suo interno l’epicentro del terremoto da localizzare

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LA RETE NAZIONALE

RSN collegate in tempo reale 24h con il centro operativo INGV a Roma: conta più di 250 stazioni comprese reti collegate

RAN: conta 388 strumenti (119 analogici e 269 digitali)

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LA MISURAZIONE

INTENSITA’

Misura gli effetti del terremoto attraverso scale di osservazione sui danni al costruito e all’ambiente antropico (M, MM, MSK, MCS, EMS98) o all’ambiente naturale (ESI)

MAGNITUDO

Misura indirettamente l’energia liberata da un terremoto attraverso il rapporto tra la grandezza in esame e una grandezza campione ad essa omogenea misurate su scala logaritmica

M = log (A/T) + f(D, h) + Cs + Cr A = ampiezza della fase sismica in esame T = periodo della fase sismica esaminata f = correzione per distanza dall’epicentro (D) e profondità dell’ipocentro (h) Cs = correzione tipo di suolo Cr = correzione tipo di sorgente

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LA MISURAZIONE

ML Magnitudo locale o Richter: usata per terremoti che avvengono entro i 600 km ML = log A + 3·log D – 2,92

Errore sistematico e casuale di determinazione della magnitudo da ogni stazione

Carattere troppo locale della formula che include costanti calibrate da Richter per la California Meridionale

Dipendenza dallo strumento Wood-Anderson dotato di amplificazione di 2800 volte e periodo proprio di 0.8 s

Necessità di calibrazione locale attraverso definizione di un modello crostale, di una legge di attenuazione specifica e di correzioni strumentali opportune.

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LA MISURAZIONE

Mb Magnitudo onde di volume: adatta per terremoti con distanze epicentrali di 600-2000 km (25°<D<90°); legge la fase P con T di 1-3 s; satura a 6.0-6.5:

Mb = log (A/T) + 0,01 D + 5,9

Ms Magnitudo onde di superficie: adatta per terremoti con distanze epicentrali superiori a 2000 km (20°<D<160°); legge le onde superficiali e sottostima i terremoti profondi; fasi con T di 20 s; satura a 6.0-6.5:

Ms = log (A/T) + 1,66 D + 3,3

Md Magnitudo di durata: adatta per terremoti locale e strumentali e si basa sulla durata dell’evento

Esistono numerose correlazioni empiriche tra le diverse scale

Ms = -3.2 + 1.45 ML

Mb = 2.94 + 0.55 Ms

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LA MISURAZIONE

Mw Magnitudo momento: fa riferimento al significato fisico di momento sismico Mo

Mw = 2/3 log Mo – 6.0 (non valida per eventi di maggiore magnitudo)

Mw = (log Mo – 16.1)/1.5

Il momento sismico non dipende dal tipo di onda o dalla collocazione di uno certo strumento – l’ampiezza delle onde emesse in tutte le direzione è ad esso proporzionale e satura solo per eventi molto forti

Mo = µ ∆u A

µ = modulo di rigidità o di scorrimento

A = area della superficie di rottura

∆u = spostamento lungo la faglia

Si analizzano le componenti di bassa frequenza delle onde sismiche

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MECCANISMO FOCALE

Utilizzato per ricavare il tipo di faglia e l’orientazione del piano di faglia:

-Primo impulso (onde P) giunge alla stazione verso l’alto: compressione P

-Primo impulso (onde P) giunge alla stazione verso il basso: trazione T

Necessarie molte stazioni circostanti l’ipocentro in modo da meglio definire i piani nodali, ovvero il piano di faglia e il piano ausiliario

Il meccanismo coppia doppia evita la formazione di un momento angolare non nullo nel piano parallelo alla faglia che dovrebbe pertanto ruotare, ciò che non si verifica nei terremoti tettonici

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MECCANISMO FOCALE

Per distinguere il piano di faglia dal piano ausiliario è necessario conoscere a fondo la struttura geologica della regione: inoltre le numerose repliche sono spesso disposte lungo il piano di faglia e quindi è necessario registrarle (rete fissa e reti mobili).

Sfera focale: rappresentazione stereografica ovvero su un piano orizzontale viene proiettata la parte inferiore di un guscio sferico e con una linea l’intersezione tra il piano di faglia e il guscio: dall’orientazione del campo tensionale si identifica il tipo di scorrimento sul piano di faglia

Bech Ball: zone scure (trazione)

zone chiare (compressione)

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MECCANISMO FOCALE

STRIKE: angolo misurato in senso orario dal nord geografico e l’intersezione del piano di faglia con la superficie topografica

DIP: angolo tra la superficie topografica e il piano di faglia (immersione)

RAKE: angolo che indica la direzione di scorrimento sul piano di faglia rispetto all’orizzontale di una porzione di roccia (tetto) rispetto all’altra (letto)

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SITUAZIONE MEDITERRANEA

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SITUAZIONE ITALIANA

Fonte INGV

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SCHEMA SEMPLIFICATO – DIRETTIVITA’

Quando si semplifica l’ipocentro in un punto non si tiene conto del fenomeno di direttività.

Essendo la rottura estesa su un piano è più corretto parlare di enucleazione della rottura e conseguente sua propagazione:

Direttività in avanti: impulso elevato per sovrapposizione in fase delle onde rilasciate dai diversi punti di faglia in rottura

Direttività inversa: impulso attenuato in ampiezza con pronunciati effetti di dispersione e conseguente allungamento in durata

Abrahamson, 2000

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SISMA liberazione di energia sotto forma di onde elastiche di volume

Fronti d’onda sferici: • radiation damping (attenuazione geometrica) • scattering damping (attenuazione legata ai fenomeni di riflessione e rifrazione) • material damping (smorzamento interno dei materiali)

EFFETTI LOCALI

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Progressiva attenuazione dell’energia contenuta nelle onde sismiche con la distanza R dall’ipocentro – epicentro

SUOLO IDEALE Suolo duro (Vs > 800 m/s) Morfologia pianeggiante

SUOLO REALE Suolo più o meno compatto (Vs < 800 m/s) Eterogeneità laterali e geometrie sepolte

Morfologia articolata Legati essenzialmente a:

SORGENTE (A) PERCORSO DI

PROPAGAZIONE (P) E = f (A , P)

EFFETTI IN SUPERFICIE (E)

Legati anche alle condizioni geologiche e morfologiche del sito (S)

E = f (A , P , S)

EFFETTI LOCALI

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EFFETTI LOCALI

Tramite osservazione degli effetti prodotti da passati terremoti

EFFETTI DI INSTABILITA’ EFFETTI DI SITO

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ALCUNI ESEMPI DI EFFETTI LOCALI

SCUOTIMENTO

FAGLIAZIONE SUPERFICIALE

FRATTURAZIONE

LIQUEFAZIONE

FRANE DI CROLLO

FRANE DI SCIVOLAMENTO

Sono da aggiungere fenomeni di deformazione crostale – tsunami – variazioni chimico-fisiche delle acque

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FENOMENI PRECURSORI

Il rilascio dell’energia elastica accumulata può avvenire in modalità diverse:

- scossa principale seguita da repliche (mainshock-aftershocks): la scossa principale è quella ad energia liberata superiore mentre le repliche liberano minore energia ed il loro numero descresce nel tempo;

- precursori seguiti da scossa principale e da repliche (foreshocks - main - aftershocks): i precursori sono scosse di energia inferiore rispetto alla principale ed a volte in numero crescente man mano che si avvicina la scossa principale;

- sciami di terremoti (swarms): serie di scosse nelle quali non si riesce a distinguerne una principale; a volte si osserva un aumento e poi una diminuzione della loro frequenza.

La conoscenza del modello dinamico del processo di fratturazione (quale il modello della dilatanza) non riesce a spiegare tutti i fenomeni precursori ma in qualche modo ne giustifica l’esistenza di alcuni:

Variazione del rapporto Vp/Vs – Deformazioni del suolo – Variazioni di concentrazione di Radon 222 nelle acque e sua emissione in atmosfera – variazioni di resistività elettrica – variazioni della microsismicità

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EVENTI DI INTENSITA’ X-XI NEGLI ULTIMI 100 ANNI IN ITALIA

20.05.2012 Emilia –Lombardia

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TERREMOTO DEL 6 APRILE 2009 – L’AQUILA

ML 5.8 – Mw 6.3 – Profondità 8.8 km

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GEOLOGIA DELL’AREA

Carta geologica a scala 1:50000 – Progetto CARG

Foglio 359

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GEOLOGIA DELL’AREA

Da Tallini, 2010

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GEOLOGIA DELL’AREA

Carta geologica a scala 1:50000 – Progetto CARG

Foglio 359

Da Tallini, 2010

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GEOLOGIA DELL’AREA

Faglie normali che creano una serie di alti (horst) e bassi (graben) strutturali

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GEOLOGIA DELL’AREA

BACINO FLUVIO-LACUSTRE QUATERNARIO DI ORIGINE TETTONICA

CICLO ANTICO (> 800 ka): oltre 100 m di limi lacustri bianchi passanti verso l’alto a ghiaie e sabbie di ambiente deltizio intercalati nelle zone bordiere del bacino con brecce carbonatiche di versante o depositi di conoide alluvionale

CICLO INTERMEDIO (600-300 ka): presente solo nel settore più occidentale del bacino – depositi ghiaioso sabbiosi e subordinatamente argillosi di ambiente fluviale e lacustre

CICLO SUPERIORE (< 300 ka): ghiaie di conoide alluvionale

3 sistemi di faglie normali subparallele ad andamento appenninico lunghezza max di 20 km

L’attività delle faglie più orientali sono responsabili della formazione del bacino e i movimenti si sono man mano trasferiti verso le faglie più occidentali

SLIPE RATE circa 0.5-0.6 mm/a

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GEOLOGIA DELL’AREA

Da Tallini, 2010

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GEOLOGIA DELL’AREA

Report for Web Dissemination Geotechnical Earthquake Engineering Reconnaissance

GEER Association Report No. GEER-016 Version 1. May 6, 2009

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GEOLOGIA DELL’AREA

SUPERSINTEMA DI AIELLI – PESCINA DEL PLIOCENE E PLEISTOCENE MEDIO: in discordanza angolare sul substrato costituiti da depositi lacustrisabbioso-limosi a composizione prevalentemente carbonatica, depositi palustri siltoso argillosi, depositi alluvionali prevalentemente ciottoloso-sabbioso

SINTEMA DI CATIGNANO DEL PLEISTOCENE MEDIO FINALE: in discordanza con il sintema più antico e costituito da alluvioni ghiaioso-ciottolose, depositi lacustri e diamicton di origine glaciale

DEPOSITI ALLUVIONALI OLOCENICI

DEPOSITI PLIOCENICI – PLEISTOCENICI - OLOCENICI

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SISMICITA’ STORICA DELL’AREA

Rovida et al, 2009

(http://emidius.mi.ingv.it/DBMI04/; Stucchi et. al., 2007)

Da CPTI04 - Fonte www.INGV.it

A.Rovida, V. Castelli, R. Camassi, M. Stucchi, 2009

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SISMICITA’ STORICA DELL’AREA

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Sismicità dell’appennino centrale tra 1980 e 2008 e

localizzazione della sequenza abruzzese

(Cocco, 2009)

SISMICITA’ STORICA DELL’AREA

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Annual deformation rates in central Italy determined from

GPS data acquired from the RING GPS Network

(Modified from D'Agostino, 2009).

DEFORMAZIONE ANNUALE

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EVENTI SIGNIFICATIVI DELLA SEQUENZA

ww.ingv.it

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CRONOLOGIA SEQUENZA

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CRONOLOGIA DELLA SEQUENZA

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EVENTI SIGNIFICATIVI DELLA SEQUENZA

Report for Web Dissemination Geotechnical Earthquake Engineering

Reconnaissance GEER Association Report No. GEER-016

Version 1. May 6, 2009

Con la stella sono indicati alcuni terremoti di magnitudo momento > 4.0 avvenuti durante la

recente sequenza sismica.

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Campo macrosismico eventi sismici del 6, 7 e 9 aprile - http://www.mi.ingv.it/eq/090406/quest.html

CAMPO MACROSISMICO SEQUENZA

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Fonte www.ingv.it

SOLUZIONE FOCALE

I meccanismi focali delle scosse principali indicano che le faglie attivate sono di tipo estensionale con direzione NO-SE e asse di estensione NE-SO. La distribuzione delle repliche in profondità individua un andamento consistente con le strutture responsabili degli eventi principali e quindi piani a direzione appenninica ed immersione SO.

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SOLUZIONE FOCALE

Date Hour (UTC) Lat. (N) Long. (E) Depth (kM) Mw

2009/03/30 13:38:38 42.326 13.362 10.6 4.4

2009/04/06 01:32:39 42.334 13.334 8.8 6.3

2009/04/07 17:47:37 42.275 13.464 15.1 5.6

2009/04/09 00:52:59 42.484 13.343 15.4 5.4

Coordinates of the corners of the rectangular fault plane

A Lat. (N): 42 22,71'

Lon. (E): 13 17,14'

B Lat. (N): 42 26,36'

Lon. (E): 13 23'

C Lat. (N): 42 15,64'

Lon. (E): 13 35,14'

D Lat. (N): 42 11,90'

Lon. (E): 13 29,14'

Length 26 km

Width 11 km

Strike 140 deg

Dip 43 deg

Piatanesi and Cirella, 2009

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Interferogramma ENVISAT calcolato a partire da una coppia di immagini 1 Febbraio 2009 – 12 Aprile 2009. Le frange definiscono il campo di spostamento (quasi verticale) indotto dal terremoto. Il Massimo abbassamento è di circa 25 cm tra L’Aquila e Fossa (ogni frangia corrisponde a circa 2.5 cm). I quadratini verdi indicano il mainshock (identificato anche dal meccanismo focale fornito da INGV-BO) e gli aftershocks con Mw > 5; la linea gialla indica le fratture superficiali osservate; i triangoli marcano la posizione dei caposaldi GPS utilizzati per il confronto con il SAR.

Il modello è in buon accordo con i dati di soluzione focale a conferma che il sisma è stato generato da una faglia normale con strike 144° e dip verso

SW.

INTERFEROGRAMMA

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INTERFEROGRAMMA

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SPOSTAMENTO

www.ingv.it

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Reconnaissance GEER Association Report

No. GEER-016 Version 1. May 6, 2009

L’area di massimo

abbassamento verticale è posta a circa 3-4 km dalla

faglia di Paganica e comunque all’esterno del

Graben di Onna

SISMICITA’ STORICA DELL’AREA

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DIRETTIVITA’ DELL’EVENTO

Direttività della rottura associata all’evento: da NW a SE e dal basso verso l’alto

Aspetto legato al fenomeno: presenza nelle tracce in velocità di un impulso a bassa frequenza nelle zone con distanza dalla faglia non superiore alla dimensioni della sorgente (near field)

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Salvi et al. 2009

IPOTESI

La faglia di Paganica è una faglia sismogenetica e capace, responsabile del basso spostamento superficiale la cui area di massima deformazione è posta a 3-4 km

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Reconnaissance GEER Association Report No. GEER-016 Version 1. May 6, 2009 Stazione della rete italiana che hanno registrato l’evento

REGISTRAZIONI DEL MAIN SHOCK

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REGISTRAZIONI DEL MAIN SHOCK

SIGLE www.reluis.it

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REGISTRAZIONI DEL MAIN SHOCK

PGV www.reluis.it

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REGISTRAZIONI DEL MAIN SHOCK

PGA www.reluis.it

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REGISTRAZIONI DEL MAIN SHOCK

www.ingv.it

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REGISTRAZIONI DEL MAIN SHOCK

AQV – CENTRO VALLE AQG – COLLE GRILLI IN ROCCIA

Da report UNISANNIO

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modified after Bertini et al., 1989

CASTELNUOVO

Evento 9-4-09

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EFFETTI AL SUOLO

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FRATTURAZIONE LOC. PAGANICA – ONNA

da report emergeo

FRATTURAZIONE SUPERFICIALE

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FRATTURAZIONE SUPERFICIALE

FRATTURAZIONE – da report emergeo

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DANNI ACQUEDOTTO

Da Tallini, 2010

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DANNI ACQUEDOTTO

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EFFETTI DI FRATTURAZIONE SUPERFICIALE

STUDI DI PALEOSISMOLOGIA

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SPROFONDAMENTI – SINKHOLES

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CEDIMENTI E SPROFONDAMENTI

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FRANE DI SCIVOLAMENTO

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Da Tallini, 2010

FRANE DI CROLLO - FOSSA

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Da Tallini, 2010

FRANE DI CROLLO - FOSSA

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Da report emergeo

FRANE DI CROLLO

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FRANE DI CROLLO - STIFFE

Da Tallini, 2010

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FRANE DI CROLLO - STIFFE

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LIQUEFAZIONI

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LAGO DI SINIZZO

Da Tallini, 2010 modificato

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LAGO DI SINIZZO

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LAGO DI SINIZZO

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EFFETTI IDROGEOLOGICI

Da Tallini, 2010 modificato

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TERREMOTI DEL 20 MAGGIO 2012 – EMILIA

ML 5.9 – Mw 6.1 – Profondità 6.3 km

TERREMOTI DEL 29 MAGGIO 2012 – EMILIA

ML 5.8 – Mw 5.9 – Profondità 10.2 km

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GEOLOGIA DELL’AREA

Da Bordoni et al, 2012

5 : sabbie medie e fini

(depositi di argine prossimali e di canale)

6 : limi sabbiosi

(depositi di argine distali)

9 : Argille limose

(depositi palustri)

10 : Sabbie

(depositi di meandro)

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GEOLOGIA DELL’AREA

1 : Rocce del basso e medio Triassico (circa 240 Ma)

2 : Successione carbonatica Meso-Cenozoica (fino a circa 25 Ma)

3 : Miocene (5-25 Ma)

4 : Tardo Messiniano – Pliocene (3-5 Ma)

5 : Tardo Pliocene – Olocene (fino ad oggi)

Da Bordoni et al, 2012

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SISMOTETTONICA DELL’AREA

Da Burrato et al, 2012

Linee rosse: principali fronti di sovrascorrimento o sistemi di faglia Nord Appennino – Sud Alpino

ISS: Sorgenti sismogenetiche individuali (DISS 3.1.1)

CSS: Sorgenti sismogenetiche complesse

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SISMICITA’ STORICA DELL’AREA

Da Rovida et al, 2012

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SISMICITA’ STORICA DELL’AREA

Da Rovida et al, 2012

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SISMOTETTONICA DELL’AREA

Fronte esterno del sovrascorrimento dell’Arco di Ferrara con documentata sismicità storica e strumentale e l’area ove ricadono gli aftershocks tra il 19-5 e il 16-6 2012

Da Lavecchia et al, 2012

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Da Lavecchia et al, 2012

SISMOTETTONICA DELL’AREA

Sezione regionale SSW-NNE (fonte ENI) con evidenziata la distribuzione dei terremoti di ML > di 4 della sequenza Emiliana del maggio 2012

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CRONOLOGIA DELLA SEQUENZA

Da Scognamiglio et al, 2012

Mappa della sismicità nel periodo compreso tra 20 maggio e 21 giugno 2012 e tracce sezioni

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CRONOLOGIA DELLA SEQUENZA

Da Scognamiglio et al, 2012

Sezioni verticali passanti per i due eventi principali

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CRONOLOGIA DELLA SEQUENZA

Da INGV , 2012

Modello di distribuzione della sismicità della sequenza sismica nel tempo

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SOLUZIONE FOCALE

Da Lavecchia et al, 2012

Meccanismo focale dei maggiori eventi

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SOLUZIONE FOCALE

Da Scognamiglio et al, 2012

Meccanismi focali dei maggiori eventi di magnitudo ML > 4.0 (tecnica TDMT)

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SOLUZIONE FOCALE

Da Pondrelli et al, 2012

In verde gli eventi di magnitudo ML < 3.0 in giallo quelli con ML > 3.0

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STAZIONI ACCELEROMETRICHE

Da Moretti et al, 2012

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REGISTRAZIONI ACCELEROMETRICHE

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CAMPO MACROSISMICO SEQUENZA

Campo macrosismico dell’evento del 20 maggio 2012

Da Tertulliani et al, 2012

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CAMPO MACROSISMICO SEQUENZA

Campo macrosismico dopo la sequenza del maggio-giugno 2012

Da Tertulliani et al, 2012

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SPOSTAMENTO

Da Serpelloni et al, 2012

Spostamento orizzontale cosismico (soluzioni GPS) per i due eventi principali

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MODELLO SORGENTE

Da Serpelloni et al, 2012

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INTERFEROGRAMMA RADARSAT

Da Bignami et al, 2012

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INTERFEROGRAMMA

Da Bignami et al, 2012

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INTERFEROGRAMMA

INGV, 2012

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VARIAZIONI PIEZOMETRICHE

Da Marcaccio e Martinelli et al, 2012

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FRATTURAZIONE CON LIQUEFAZIONI

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FRATTURAZIONE CON LIQUEFAZIONI

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LIQUEFAZIONI

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FRATTURAZIONI

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VULCANETTI DI SABBIA

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LIQUEFAZIONI

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MAPPA LIQUEFAZIONI

Da Martelli et al., 2012

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LIQUEFAZIONI

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LIQUEFAZIONI

Trincee eseguite trasversalmente alle frattura con risalita di sabbia

S. Carlo

Da Martelli, 2012