02. Palazzo Delle Poste Di Napoli

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LEZIONE 2 “Palazzo delle poste di Napoli” L’altra volta abbiamo visto il problema dei rivestimenti lapidei in Italia, negli edifici con struttura in cemento armato. Lo ritroveremo in seguito perché il problema dell’impiego dei marmi italiani è sarà in questo periodo storico, sempre il problema principale. Il PALAZZO DELLE POSTE DI NAPOLI: è un linguaggio moderno, è un edificio la cui storia incomincia con il bando del 1928 che è aperto a tutti gli architetti italiani. Dei progetti presentati ne vengono selezionati 6 che arrivano tutti secondi. Tra questi quello di VACCARO, un architetto la cui generazione si colloca in mezzo tra Piacentini e Terragni. La realizzazione di questi edifici pubblici faceva parte di un programma di propaganda del regime, e al tempo stesso era usata come mezzo per impiegare lavoratori e dare quindi lavoro. L’architettura al tempo stesso, doveva rappresentare il regime, per cui quello che si ottiene in questo periodo è un’altissima qualità dell’architetture realizzate perché venivano visti i progetti dei migliori architetti per realizzarle. In quest’ottica si capisce il perché gli incarichi venissero assegnati tramite concorsi nazionali. IL 1° PROGETTO:l’edificio occupava l’intero isolato e si allineava tra la strada e la piazza. Sul lato piazza, la geometria della facciata presentava una curva iperbolica, cioè a curvatura variabile; questo stratagemma permette infatti di avere allo spigolo angoli retti tra i setti, oltre che un effetto visivo forte. Al pian terreno ci sono le sale per lo smistamento posta e il salone, ai piani superiori erano previsti gli uffici. A sinistra l’area confinava con il chiostro di un convento che viene inglobato nell’edificio. Ciò che non fa vincere il progetto era la contraddizione di fondo che questo portava con sé; infatti la facciata è tradizionalista, eclettica, in quello che veniva chiamato “barocchetto romano”. Questo perché Vaccaro sapeva che la giuria era di tradizionalisti e si adattò a presentare un prospetto che contraddiceva però la struttura in terna che era prevista in C.A. 3 anni dopo venne richiamato Vaccaro per la realizzazione. In 3 anni molte cose erano cambiate: c’era stata la 2^ rassegna della MIAR e il famoso “tavolo degli orrori” e Mussolini aveva ufficialmente appoggiato il movimento e l’architettura moderna. 2° PROGETTO: questo progetto presenta la stessa pianta del progetto di concorso, con l’unica differenza che la struttura è meglio disegnata e permette di lavorare sulla facciata, che sarà l’unica variabile dei progetti successivi. La facciata in questo progetto è molto più moderna della precedente ma non è quella realizzata. Ne verrano disegnate circa 7 varianti, questo per un disguido con l’ufficio tecnico del Ministero delle Comunicazioni. L’elemento nuovo è la Tettoia superiore, che compare qui per la prima volta, e il portale gigante, che prende 3 piani di altezza. La versione successiva ha le finestre a nastro, a dimostrazione che si era a conoscenza delle opere realizzate precedentemente in Europa. Un'altra versione fa risaltare l’effetto del rivestimento in marmo. La monumentalità non era data dall’effetto visivo, non era aiutata dall’effetto liscio. L uso del marmo restituisce la monumentalità. Il marmo era rifiutato dal razionalismo europeo perché considerato facente parte del passato. Le lastre sono molto grandi e sottili. L’ultima versione fa vedere come tutto l’edificio sia rivestito in marmo. Vaccaro scavalca le autorità locali e ottiene il Sì di Mussolini realizzando al vero, un pezzo della facciata nel cortile del Ministero, con l’aiuto di Ciano. LA SOLUZIONE FINALE: la soluzione del portale è modernissima, ci sono lastre di vetro lunghe 7 metri, a dimostrazione di tecniche di cantiere avanzate, il pilone centrale cavo, permette il passaggio degli impianti al suo interno dove in cima è posizionato un orologio ora non funzionante. L’edificio presenta una struttura in CA e una muratura non portante che incorpora lo scheletro. Questa muratura è fatta come se fosse portante infatti ha uno spessore di 60 cm e che diminuisce al

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LEZIONE 2 “Palazzo delle poste di Napoli”

L’altra volta abbiamo visto il problema dei rivestimenti lapidei in Italia, negli edifici con struttura in cemento armato. Lo ritroveremo in seguito perché il problema dell’impiego dei marmi italiani è sarà in questo periodo storico, sempre il problema principale. Il PALAZZO DELLE POSTE DI NAPOLI: è un linguaggio moderno, è un edificio la cui storia incomincia con il bando del 1928 che è aperto a tutti gli architetti italiani. Dei progetti presentati ne vengono selezionati 6 che arrivano tutti secondi. Tra questi quello di VACCARO, un architetto la cui generazione si colloca in mezzo tra Piacentini e Terragni. La realizzazione di questi edifici pubblici faceva parte di un programma di propaganda del regime, e al tempo stesso era usata come mezzo per impiegare lavoratori e dare quindi lavoro. L’architettura al tempo stesso, doveva rappresentare il regime, per cui quello che si ottiene in questo periodo è un’altissima qualità dell’architetture realizzate perché venivano visti i progetti dei migliori architetti per realizzarle. In quest’ottica si capisce il perché gli incarichi venissero assegnati tramite concorsi nazionali. IL 1° PROGETTO:l’edificio occupava l’intero isolato e si allineava tra la strada e la piazza. Sul lato piazza, la geometria della facciata presentava una curva iperbolica, cioè a curvatura variabile; questo stratagemma permette infatti di avere allo spigolo angoli retti tra i setti, oltre che un effetto visivo forte. Al pian terreno ci sono le sale per lo smistamento posta e il salone, ai piani superiori erano previsti gli uffici. A sinistra l’area confinava con il chiostro di un convento che viene inglobato nell’edificio. Ciò che non fa vincere il progetto era la contraddizione di fondo che questo portava con sé; infatti la facciata è tradizionalista, eclettica, in quello che veniva chiamato “barocchetto romano”. Questo perché Vaccaro sapeva che la giuria era di tradizionalisti e si adattò a presentare un prospetto che contraddiceva però la struttura in terna che era prevista in C.A. 3 anni dopo venne richiamato Vaccaro per la realizzazione. In 3 anni molte cose erano cambiate: c’era stata la 2^ rassegna della MIAR e il famoso “tavolo degli orrori” e Mussolini aveva ufficialmente appoggiato il movimento e l’architettura moderna. 2° PROGETTO: questo progetto presenta la stessa pianta del progetto di concorso, con l’unica differenza che la struttura è meglio disegnata e permette di lavorare sulla facciata, che sarà l’unica variabile dei progetti successivi. La facciata in questo progetto è molto più moderna della precedente ma non è quella realizzata. Ne verrano disegnate circa 7 varianti, questo per un disguido con l’ufficio tecnico del Ministero delle Comunicazioni. L’elemento nuovo è la Tettoia superiore, che compare qui per la prima volta, e il portale gigante, che prende 3 piani di altezza. La versione successiva ha le finestre a nastro, a dimostrazione che si era a conoscenza delle opere realizzate precedentemente in Europa. Un'altra versione fa risaltare l’effetto del rivestimento in marmo. La monumentalità non era data dall’effetto visivo, non era aiutata dall’effetto liscio. L uso del marmo restituisce la monumentalità. Il marmo era rifiutato dal razionalismo europeo perché considerato facente parte del passato. Le lastre sono molto grandi e sottili. L’ultima versione fa vedere come tutto l’edificio sia rivestito in marmo. Vaccaro scavalca le autorità locali e ottiene il Sì di Mussolini realizzando al vero, un pezzo della facciata nel cortile del Ministero, con l’aiuto di Ciano. LA SOLUZIONE FINALE: la soluzione del portale è modernissima, ci sono lastre di vetro lunghe 7 metri, a dimostrazione di tecniche di cantiere avanzate, il pilone centrale cavo, permette il passaggio degli impianti al suo interno dove in cima è posizionato un orologio ora non funzionante. L’edificio presenta una struttura in CA e una muratura non portante che incorpora lo scheletro. Questa muratura è fatta come se fosse portante infatti ha uno spessore di 60 cm e che diminuisce al

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salire con i piani, ed è realizzato in tufo con ricorsi in mattoni. Questa è una struttura mista. La funzione statica è svolta solo dallo scheletro CA la muratura mantiene solo il carattere murario. Nella parte bassa la struttura a scheletro permette grandi vetrate, in corrispondenza del salone al pubblico, con all’esterno grate di sicurezza. L’ossatura in CA è usata per risolvere problemi funzionali; infatti si hanno travi al piano terra che coprono l’intera luce, che creano quindi un’unica campata. Sopra ho 3 campate per corridoio e uffici, all’ultimo piano nuovamente un’unica campata, creata da travi più fitte. Questo fa vedere la duttilità del CA che permette quindi anche la gestione egli spazi interni in modo più adeguato. La costruzione è quella tipica della costruzione laterocementizia. MARMI: Marmo di Valle Stroma, un marmo molto costoso per via della colorazione che ha sfumature di viola e non solo, ma anche per il trasporto, perché la cava era sulle Alpi. Questo marmo viene utilizzato per il rivestimento dell’intera facciata con lo spessore delle lastre di 3 cm. Marmo di Anzola: anche questo molto costoso utilizzato per basamento e pilastri. Marmo rosso: usato all’interno per tavoli e pavimenti. Sui marmi Vaccaro non volle il marmo di Musso che costava la metà di quello usato, perché temeva per l’effetto visivo. La Casa Del Fascio venne rivestita da Terragni con un marmo che costava il 30% in meno di quello di Musso e lo stesso Vaccaro si rese conto di aver esagerato a voler proprio quel tipo di marmo che creo non poche discussioni. Il marmo in questi cantieri non solo costava molto, ma in cantieri sperimentali come questo si doveva affrontare il problema della lavorazione che le ditte non erano abituate a risolvere. L’architetto prevedeva dei giunti invisibili a raso, molto difficili per la lavorazione dei marmisti e molto costosi, inoltre voleva spessori sottili e aggancio diverso dal tradizionale. Non poco per la 1^ esperienza di questo tipo. Inoltre per questi edifici erano richiesti pezzi particolari. Gli stipiti del portale sono pezzi di massello, e le travi che poggiano tra pilone centrale e parete sono pezzi unici di 7 m li lunghezza. La tradizione prevedeva 5 cm di spessore, qui lo spessore è di 3 cm; qui infatti il rivestimento non segue più la statica del muro, ma ne è indipendente. Il rivestimento è una placca che non lavora per gravità. Il rivestimento è pensato proprio come tale, cioè non deve imitare il muro ma si deve distinguere, infatti i giunti non sono sfalsati ma allineati. INTERNO: l’edifico è molto moderno. Il vetro enorme, il tamponamento del pilone in acciaio e vetro pallino, che creava una trasparenza e faceva vedere il pilone cavo, che veniva illuminato la sera. Gli interni sono tipici del 900 italiano: Marmo di Carrara per i pavimenti, marmo rosso per tavoli e bancone. Le colonne sono rivestite di un mosaico in vetro che rifletteva. Le finestre sono a vasistas con apertura in contemporanea. La grata spariva la mattina nel pavimento grazie a un motore che era al di sotto del pavimento stesso (ora non messo in funzione, le grate sono fisse). C’E’ UN CONTRASTO CONTINUO TRA GRANDI ELEMENTI DI MODERNITA’ E LEGAMI CON LA TRADIZIONE ITALIANA. Sala di vaglia: c’è un’intera parete in vetrocemento, cioè bicchieri di vetro legati tra loro con la malta. La muratura e il soffitto sono curvi senza soluzione di continuità e interamente rivestiti del mosaico di vetro di cui erano rivestite le colonne. La sala è dietro l’atrio. Sul pavimento si hanno ancora una volta i marmi della tradizione italiana, stavolta alternati a fasce. Ci sono dei pilastri sottilissimi ottenuti con un pilastro cavo di acciaio e rivestiti. All’esterno, RIVESTIMENTO e PROBLEMI. I masselli delle travi sono ancorati a una trave retrostante in acciaio invisibile alla vista. Altri conflitti e dibattiti si hanno perché le lastre si staccavano senza capirne il motivo. In principio si pensava che le lastre erano troppo spesse e si provò a diminuire lo spessore sino a 2 cm. Nella tradizione i rivestimenti venivano ancorati alla parte portante con zanche. Le zanche erano sottili perché erano di aggiunta alla malta retrostante la lastra e il peso della lastra sopra grava su quella sotto. Quando si arrivava alla trave per cui non avevo la lastra sottostante venivano effettuati

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dei fori nella lastra e agganciate delle Olivelle, 4 ancoraggi che venivano inseriti in fori nel Ca con della malta e mantenuti fino alla presa. Non si capiva perché allora, lastre più sottili e leggere si staccassero. Dopo vari esperimenti si trovò che il coefficiente di dilatazione delle lastre era molto maggiore di quello della malta interposta, per cui con variazioni di temperatura elevate si staccavano i due elementi. Ma allora le chiavelle=zanche? Se la lastra per esempio è molto soleggiata la differenza di gradiente è tale da staccarla dalla malta, queste si spingevano tra loro sino a espellersi l’un l’altre. Il problema è quindi nel collegamento diretto, nel giunto a raso tra le lastre. inoltre le zanche non bastavano a sostenere le spinte. La soluzione venne trovata successivamente nel Montecatini a Milano nel 1936 dove per la prima volta si separarono le lastre di 6 mm e si inseriva un mastice che era comprimibile e garantiva la tenuta all’acqua, viene inspessita la pietra le zanche vengono irrobustite e aumentate di numero (8). Avvolte negli edifici realizzati, si aveva una trasmissione delle spinte sino alla parte esterna che si staccava completamente. Per rimediare venne fatta una normativa che informava e vietava di mettere le lastre come nel palazzo delle poste di Napoli. In ultimo la scritta in stile fascista “ ANNO 1936…..” dopo le varie discussioni sulla censura di questi monumenti e critiche per l’ideologia rappresentate, è stata realizzata, anche se di spessore doppio rispetto all’originale. (ste stronzate non so che ce le dice a fare il professore, cmq imparate a memoria gente) Ciao a tutti