02 03 2013

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Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Anno CLIII n. 51 (46.295) Città del Vaticano sabato 2 marzo 2013 . y(7HA3J1*QSSKKM( +%!z!@!"!$ A Castel Gandolfo l’ultimo saluto di Benedetto XVI ai fedeli Come un semplice pellegrino Alle 20 di giovedì 28 febbraio si è concluso il pontificato e si è aperta la sede vacante Un popolo grato Oggi l’inserto mensile «donne chiesa mondo» Il nostro grazie al Papa COLLEGIO CARDINALIZIO Oggi, 1° marzo 2013, pri- mo giorno di Sede Vacan- te, il Cardinale Angelo So- dano, Decano del Collegio Cardinalizio, ha proceduto a convocare gli Eminentis- simi Cardinali alla prima Congregazione Generale, in base a quanto è previsto dalla Costituzione Aposto- lica Universi dominici gregis. Detta prima Congrega- zione Generale avrà luogo il lunedì 4 marzo alle ore 9.30 nell’Aula Paolo VI, Sala del Sinodo dei Vesco- vi. È prevista pure una se- conda Congregazione Ge- nerale nel pomeriggio, alle ore 17, nello stesso luogo. Alle 20 di giovedì 28 febbraio si è concluso il pontificato di Benedetto XVI e si è aperta la sede vacante. Poco prima, intorno alle 17.20, il Papa era giunto al Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, da dove, affacciandosi al balcone centrale, aveva salutato con queste parole i numerosi fedeli radunati in piazza della Libertà. Grazie! Grazie a voi! Cari amici, sono felice di essere con voi, circondato dalla bellezza del creato e dalla vostra simpatia che mi fa molto bene. Grazie per la vostra amicizia, il vostro affetto. Voi sapete che questo mio giorno è diverso da quelli precedenti; non sono più Sommo Pontefice della Chiesa cattolica: fino alle otto di sera lo sarò ancora, poi non più. Sono semplicemente un pellegrino che inizia l’ultima tappa del suo pellegrinaggio in questa terra. Ma vorrei ancora, con il mio cuore, con il mio amore, con la mia preghiera, con la mia riflessione, con tutte le mie forze interiori, lavorare per il bene comune e il bene della Chiesa e dell’umanità. E mi sento molto appoggiato dalla vostra simpatia. Andiamo avanti insie- me con il Signore per il bene della Chiesa e del mon- do. Grazie, vi imparto adesso con tutto il cuore la mia Benedizione. Ci benedica Dio onnipotente, Padre e Figlio e Spiri- to Santo. Grazie, buona notte! Grazie a voi tutti! di MARCELLO SEMERARO* B enedetto XVI ha rivolto il suo ultimo saluto alla Chiesa di Albano, prima che si chiudes- se la finestra della loggia centrale e che dopo, alle ore venti, venisse sbarrato, spinto dagli Svizzeri, l’im- ponente portone centrale del Palaz- zo Apostolico di Castel Gandolfo. Un saluto finale, dunque, come un’ultima benedizione e un’ultima personale confidenza alla gente del- la mia diocesi, ma estesa a tutto il popolo di Dio che sentiva vicino in un’ora significativa e unica della sua vita: «Grazie per la vostra amicizia e il vostro affetto. Voi sapete che questo mio giorno è diverso da quelli precedenti». Abbiamo tutti percepito, commossi, il senso di un profondo affidarsi nel cuore del Pa- pa e il nostro cuore si è dilatato nell’affetto e nella riconoscenza. «Grazie, Santità, per queste altre settimane che ci sta donando», gli ho detto nell’accoglierlo all’eliporto delle Ville Pontificie. «Questo è molto bello» mi ha risposto il Papa e ha soggiunto: «Sento il suono del- le vostre campane». «Quelle che sente, sono le campane della Catte- drale — gli ho risposto a mia volta — ma in tutta la Chiesa di Albano le campane suonano per dirle che le vogliamo bene, che le siamo grati per tutto, che preghiamo per lei, che non la dimentichiamo». Ogni incontro col Papa è sempre “unico” e io stesso ho potuto con- statarlo le tante volte che l’avevo ac- colto in diocesi per i suoi brevi ri- posi a Castello. Nell’ultimo incontro l’8 febbraio scorso per oltre un’ora, insieme con alcuni vescovi del La- zio, in occasione della visita ad limi- na, era stato attento e sollecito. An- che ora rimane nel mio animo il suo atteggiamento sereno, sorridente, quasi incoraggiante. Mi ha commosso, in particolare, il consueto cenno degli occhi e il ra- pido saluto con la mano con cui an- che ieri sera, come tante altre volte a Castel Gandolfo, mi ha salutato prima di rientrare dalla loggia. Nel- la folla, non dimentica i volti: una grande ricchezza di Benedetto XVI. C’è stato, poi, l’abbraccio dei fe- deli a Castel Gandolfo, convenuti a migliaia dall’intera Diocesi. L’aveva- no atteso in preghiera e ora, final- mente, potevano ancora una volta salutarlo e raccogliere nel proprio cuore le ultime parole di un padre, che intende «con il mio cuore, con il mio amore, con la mia preghiera, con la mia riflessione, con tutte le mie forze interiori, lavorare per il bene comune e il bene della Chiesa e dell’umanità». A Castel Gandolfo, come al mat- tino ai cardinali, il Papa ha ancora lasciato “un pensiero sulla Chiesa” e sul suo mistero, «che costituisce per tutti noi la ragione e la passione della vita». Il pensiero l’ha attinto, questa volta, dal concilio Vaticano II. «Sono semplicemente un pelle- grino che inizia l’ultima tappa del suo pellegrinaggio in questa terra». L’immagine della Chiesa pellegri- na sulla terra pervade l’intero capi- tolo settimo della Lumen gentium ed è entrata pure nella liturgia. M’è parso che con queste sue parole il Papa abbia inteso, per un’ultima volta, esprimerci tutta la sua vici- nanza, quasi a dirci: «Io cammino insieme con voi. Non me ne sto co- me alla finestra a guardarvi, ma pro- cedo con voi». Mi sono rimaste in mente quelle parole dell’ultima udienza generale: «Non porto più la potestà dell’offi- cio per il governo della Chiesa, ma nel servizio della preghiera resto, per così dire, nel recinto di san Pietro». Ancora un pensiero sulla Chiesa, dunque. Che il Papa abbia voluto confidarlo alla Chiesa di Albano e che abbia concluso dicendo: «Mi sento molto appoggiato dalla vostra simpatia. Andiamo avanti insieme», ci fa sentire figli amati e ci riempie di gioia. *Vescovo di Albano Nel salutare con commozione Benedetto XVI vogliamo in primo luogo ringraziarlo. Ringraziarlo per avere accettato che «L’Osservatore Romano» venisse arricchito da un in- serto mensile dedicato alle donne nella Chiesa, ringraziar- lo perché ha voluto, fin dall’inizio, aprire alle donne la partecipazione al suo giornale sia come collaboratrici che come giornaliste. Il nostro mensile esiste grazie a lui. Ma sappiamo che questa apertura alle donne non è stata un atto isolato nel suo pontificato: non solo durante questi otto anni la presenza femminile in Vaticano è aumentata di numero ed è più qualificata, ma in scritti e interviste Papa Ratzinger ha sostenuto sempre la necessità di una presenza femminile riconosciuta e ascoltata nella Chiesa. Nel difendere e valorizzare la devozione mariana — il se- gno più alto dell’importanza del ruolo della donna al cuore della tradizione ebraica e cristiana — egli ha scritto: «Omettere la donna nell’insieme della teologia significa negare la creazione e l’elezione (la storia della salvezza) e quindi sopprimere la rivelazione». Gli siamo grate anche per la sua difesa della naturale polarità fra i sessi, in con- trapposizione alle teorie del gender, pur riconoscendo «l’uguaglianza ontologica» di uomo e donna: «sono un solo genere e hanno un’unica dignità» in una interdipen- denza reciproca che è presente in ciascun essere umano e lo conduce verso l’altro. Interdipendenza che, secondo Benedetto XVI, è occasione di crescita: «L’uomo è stato creato bisognoso dell’altro perché potesse andare oltre se stesso». Ma questo bisogno costituisce anche un dramma in potenza: «Insieme saranno una sola carne, un unico essere umano. In questo passo è racchiuso tutto il dram- ma della parzialità dei due generi, della dipendenza reci- proca, dell’amore». Dipendenza reciproca che, nella diffe- renza dei carismi, deve essere riconosciuta anche nella vi- ta della Chiesa, rendendola più viva e dinamica, più nuo- va. (lucetta scaraffia) IN ALLEGATO Le ultime ore del pontificato e la riunione della Camera apostolica PAGINA 8

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L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO

Unicuique suum

POLITICO RELIGIOSO

Non praevalebunt

Anno CLIII n. 51 (46.295) Città del Vaticano sabato 2 marzo 2013

.

y(7HA3J1*QSSKKM( +%!z!@!"!$

A Castel Gandolfo l’ultimo saluto di Benedetto XVI ai fedeli

Come un semplice pellegrinoAlle 20 di giovedì 28 febbraio si è concluso il pontificato e si è aperta la sede vacante

Un popolo grato

Oggi l’inserto mensile «donne chiesa mondo»

Il nostro grazie al PapaCOLLEGIO

CARDINALIZIOOggi, 1° marzo 2013, pri-mo giorno di Sede Vacan-te, il Cardinale Angelo So-dano, Decano del CollegioCardinalizio, ha procedutoa convocare gli Eminentis-simi Cardinali alla primaCongregazione Generale,in base a quanto è previstodalla Costituzione Aposto-lica Universi dominici gregis.

Detta prima Congrega-zione Generale avrà luogoil lunedì 4 marzo alle ore9.30 nell’Aula Paolo VI,Sala del Sinodo dei Vesco-vi. È prevista pure una se-conda Congregazione Ge-nerale nel pomeriggio, alleore 17, nello stesso luogo.

Alle 20 di giovedì 28 febbraio si è concluso il pontificato diBenedetto XVI e si è aperta la sede vacante. Poco prima,intorno alle 17.20, il Papa era giunto al Palazzo Apostolicodi Castel Gandolfo, da dove, affacciandosi al balconecentrale, aveva salutato con queste parole i numerosi fedeliradunati in piazza della Libertà.

Grazie!Grazie a voi!

Cari amici, sono felice di essere con voi, circondatodalla bellezza del creato e dalla vostra simpatia che mifa molto bene. Grazie per la vostra amicizia, il vostroaffetto. Voi sapete che questo mio giorno è diverso daquelli precedenti; non sono più Sommo Pontefice della

Chiesa cattolica: fino alle otto di sera lo sarò ancora,poi non più. Sono semplicemente un pellegrino cheinizia l’ultima tappa del suo pellegrinaggio in questaterra. Ma vorrei ancora, con il mio cuore, con il mioamore, con la mia preghiera, con la mia riflessione, contutte le mie forze interiori, lavorare per il bene comunee il bene della Chiesa e dell’umanità. E mi sento moltoappoggiato dalla vostra simpatia. Andiamo avanti insie-me con il Signore per il bene della Chiesa e del mon-do. Grazie, vi imparto adesso con tutto il cuore la miaBenedizione.

Ci benedica Dio onnipotente, Padre e Figlio e Spiri-to Santo. Grazie, buona notte! Grazie a voi tutti!

di MARCELLO SEMERARO*

Benedetto XVI ha rivolto il suoultimo saluto alla Chiesa diAlbano, prima che si chiudes-

se la finestra della loggia centrale eche dopo, alle ore venti, venissesbarrato, spinto dagli Svizzeri, l’im-ponente portone centrale del Palaz-zo Apostolico di Castel Gandolfo.Un saluto finale, dunque, comeun’ultima benedizione e un’ultimapersonale confidenza alla gente del-la mia diocesi, ma estesa a tutto ilpopolo di Dio che sentiva vicino inun’ora significativa e unica della suavita: «Grazie per la vostra amiciziae il vostro affetto. Voi sapete chequesto mio giorno è diverso daquelli precedenti». Abbiamo tuttipercepito, commossi, il senso di unprofondo affidarsi nel cuore del Pa-pa e il nostro cuore si è dilatatonell’affetto e nella riconoscenza.

«Grazie, Santità, per queste altresettimane che ci sta donando», gliho detto nell’accoglierlo all’elip orto

delle Ville Pontificie. «Questo èmolto bello» mi ha risposto il Papae ha soggiunto: «Sento il suono del-le vostre campane». «Quelle chesente, sono le campane della Catte-drale — gli ho risposto a mia volta— ma in tutta la Chiesa di Albano lecampane suonano per dirle che levogliamo bene, che le siamo gratiper tutto, che preghiamo per lei,che non la dimentichiamo».

Ogni incontro col Papa è sempre“unico” e io stesso ho potuto con-statarlo le tante volte che l’avevo ac-colto in diocesi per i suoi brevi ri-posi a Castello. Nell’ultimo incontrol’8 febbraio scorso per oltre un’ora,insieme con alcuni vescovi del La-zio, in occasione della visita ad limi-na, era stato attento e sollecito. An-che ora rimane nel mio animo il suoatteggiamento sereno, sorridente,quasi incoraggiante.

Mi ha commosso, in particolare,il consueto cenno degli occhi e il ra-pido saluto con la mano con cui an-che ieri sera, come tante altre voltea Castel Gandolfo, mi ha salutatoprima di rientrare dalla loggia. Nel-la folla, non dimentica i volti: unagrande ricchezza di Benedetto XVI.

C’è stato, poi, l’abbraccio dei fe-deli a Castel Gandolfo, convenuti amigliaia dall’intera Diocesi. L’aveva-no atteso in preghiera e ora, final-mente, potevano ancora una voltasalutarlo e raccogliere nel propriocuore le ultime parole di un padre,che intende «con il mio cuore, conil mio amore, con la mia preghiera,con la mia riflessione, con tutte lemie forze interiori, lavorare per ilbene comune e il bene della Chiesae dell’umanità».

A Castel Gandolfo, come al mat-tino ai cardinali, il Papa ha ancoralasciato “un pensiero sulla Chiesa” esul suo mistero, «che costituisce pertutti noi la ragione e la passionedella vita». Il pensiero l’ha attinto,questa volta, dal concilio VaticanoII. «Sono semplicemente un pelle-grino che inizia l’ultima tappa delsuo pellegrinaggio in questa terra».

L’immagine della Chiesa pellegri-na sulla terra pervade l’intero capi-tolo settimo della Lumen gentium edè entrata pure nella liturgia. M’èparso che con queste sue parole ilPapa abbia inteso, per un’ultimavolta, esprimerci tutta la sua vici-nanza, quasi a dirci: «Io camminoinsieme con voi. Non me ne sto co-me alla finestra a guardarvi, ma pro-cedo con voi».

Mi sono rimaste in mente quelleparole dell’ultima udienza generale:«Non porto più la potestà dell’offi-cio per il governo della Chiesa, manel servizio della preghiera resto,per così dire, nel recinto di sanP i e t ro » .

Ancora un pensiero sulla Chiesa,dunque. Che il Papa abbia volutoconfidarlo alla Chiesa di Albano eche abbia concluso dicendo: «Misento molto appoggiato dalla vostrasimpatia. Andiamo avanti insieme»,ci fa sentire figli amati e ci riempiedi gioia.

*Vescovo di Albano

Nel salutare con commozione Benedetto XVI vogliamo inprimo luogo ringraziarlo. Ringraziarlo per avere accettatoche «L’Osservatore Romano» venisse arricchito da un in-serto mensile dedicato alle donne nella Chiesa, ringraziar-lo perché ha voluto, fin dall’inizio, aprire alle donne lapartecipazione al suo giornale sia come collaboratrici checome giornaliste. Il nostro mensile esiste grazie a lui. Masappiamo che questa apertura alle donne non è stata unatto isolato nel suo pontificato: non solo durante questiotto anni la presenza femminile in Vaticano è aumentatadi numero ed è più qualificata, ma in scritti e intervistePapa Ratzinger ha sostenuto sempre la necessità di unapresenza femminile riconosciuta e ascoltata nella Chiesa.Nel difendere e valorizzare la devozione mariana — il se-gno più alto dell’importanza del ruolo della donna alcuore della tradizione ebraica e cristiana — egli ha scritto:«Omettere la donna nell’insieme della teologia significanegare la creazione e l’elezione (la storia della salvezza) equindi sopprimere la rivelazione». Gli siamo grate ancheper la sua difesa della naturale polarità fra i sessi, in con-trapposizione alle teorie del gender, pur riconoscendo«l’uguaglianza ontologica» di uomo e donna: «sono unsolo genere e hanno un’unica dignità» in una interdipen-denza reciproca che è presente in ciascun essere umano e

lo conduce verso l’altro. Interdipendenza che, secondoBenedetto XVI, è occasione di crescita: «L’uomo è statocreato bisognoso dell’altro perché potesse andare oltre sestesso». Ma questo bisogno costituisce anche un drammain potenza: «Insieme saranno una sola carne, un unicoessere umano. In questo passo è racchiuso tutto il dram-ma della parzialità dei due generi, della dipendenza reci-proca, dell’amore». Dipendenza reciproca che, nella diffe-renza dei carismi, deve essere riconosciuta anche nella vi-ta della Chiesa, rendendola più viva e dinamica, più nuo-va. (lucetta scaraffia)

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Le ultime ore del pontificatoe la riunionedella Camera apostolica

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Vertice alla Casa Bianca con i leader del Congresso

Obama accelera sul debitoScattano i tagli automatici alla spesa

Intesa raggiunta dopo mesi di negoziati

B ru x e l l e spone un tetto ai bonus

dei managerWASHINGTON, 1. La Casa Bianca ac-celera sul debito e sui tagli alla spe-sa. Il presidente statunitense, BarackObama, ha convocato per oggi, ve-nerdì, un vertice con i leader delCongresso. L’obiettivo è quello diraggiungere un’intesa che possa darecorpo alla fragile ripresa. «Credoche dobbiamo fare meglio; dobbia-mo lavorare assieme per ridurre ilnostro deficit, chiudendo le scappa-toie fiscali, esattamente il tipo dipiano proposto dai democratici alSenato» ha detto Obama.

L’economia a stelle e strisce è cre-sciuta nel quarto trimestre dello 0,1per cento, il tasso più basso dal 2011,che comunque consente di chiudereil 2012 con una crescita del 2,2 percento. Un piccolo passo in avanti,che capovolge la fotografia prece-dentemente scattata dal dipartimen-to del Commercio, che aveva previ-sto una contrazione dello 0,1 percento, ma che mostra una ripresa pe-nalizzata dalla stretta delle spese perla difesa.

Indicazioni positive arrivano dalmercato del lavoro, con i sussidi perla disoccupazione scesi di 22.000unità a 344.000. Ed è su questosfondo che domani scattano i tagliautomatici alla spesa: una stangatada 85 miliardi di dollari solo fino asettembre, che peserà — avverte ilFondo monetario internazionale —sull’economia mondiale. I tagli, in-fatti, se attuati in pieno, si tradur-ranno in un rallentamento della cre-

scita di 0,5 punti percentuali: l’istitu-to di Washington aveva stimato, ingennaio, un pil in aumento del dueper cento quest’anno per gli StatiUniti, quindi i tagli potrebbero ri-durre la crescita all’1,5 per cento.

«Rivedremo le stime per gli StatiUniti» afferma il Fondo, sottolinean-do che a pagare le conseguenze delrallentamento americano saranno imaggiori partner commerciali degliStati Uniti, inclusa l’E u ro p a .

«Dobbiamo lavorare insieme perridurre il debito in modo bilanciato»ha dichiarato ieri Obama, il qualesottolinea che «non possiamo conti-nuare a passare da una crisi a un’al-tra». Né «si può scaricare il pesodella riduzione del debito sulla clas-se media» ha sottolineato il presi-dente, ribadendo che i tagli automa-tici alla spesa «costeranno in terminidi lavoro e di rallentamento della ri-presa». Un’intesa appare difficile,ma i due schieramenti non sembranoavere fretta: i tagli infatti non si fa-ranno sentire subito, ci vorranno set-timane o mesi e questo, in un certosenso, offre spazio per trattare.

A ciò si aggiunge il fatto — dice lastampa locale — che sia i repubblica-ni sia i democratici tendono a ritene-re che gli americani daranno la col-pa del mancato accordo agli avversa-ri. «I tagli non sono necessari, sonoun duro colpo all’economia» che,anche se «non è come vorremmo»,sta facendo «significativamente me-glio di altri Paesi sviluppati», avver-te Obama. Lo speaker della Camera,John Boehner, repubblicano, ha re-plicato che «i problemi di spesa diWashington minacciano il futuro:noi abbiamo messo giù le nostre car-te e presentato un progetto che èpassato alla Camera; sta al Senatoagire; noi abbiamo fatto il nostro la-voro, il presidente Obama e i demo-cratici non lo hanno fatto».

I tagli automatici alla spesa sonoil primo problema del nuovo segre-tario al Tesoro, Jack Lew, conferma-to nelle ultime ore dal Senato. «È lapersona più qualificata a ricoprirel’incarico in un momento critico co-me quello attuale» ha commentatoObama, sottolineando che le capaci-tà di Lew di saper trattare con am-bedue gli schieramenti gli hanno giàconsentito di registrare progressi nel-la sua carriera a Washington. Intan-to, fonti della Casa Bianca diconoche il presidente punta su Edith Ra-mirez per guidare la Federal TradeCommission, la commissione anti-trust statunitense. Ramirez dall’apri-le 2010 è membro della commissionee in precedenza ha esercitato a LosAngeles la professione di avvocato.

Il presidente degli Stati Uniti (Ansa)

Conti in rossoper Bankia

e Royal Bankof Scotland

Gli obiettivi di sviluppo del millennio

Un miliardo di personein povertà estrema

Una bambina pakistana (Reuters)

BRUXELLES, 1. Gli istituti di cre-dito Royal Bank of Scotland ela spagnola Bankia, travolti dal-la grave crisi economico-finan-ziaria, stanno andando a picco.

La banca d’oltremanica, na-zionalizzata nel 2008 dal Gover-no di Londra, ha infatti archi-viato il 2012 con una perdita di5,17 miliardi di sterline, metten-do così in bilancio un passivoper il quinto anno consecutivo.

«È stato un anno che ci hafatto riflettere — si legge in uncomunicato di Royal Bank ofScotland — un anno in cui ab-biamo provato a correggere glierrori del passato». E l’ammini-stratore delegato, StephenHester, ha avvertito che «davan-ti a noi c’è ancora un anno tur-bolento, ma si inizia a intrave-dere la luce in fondo al tunnel».La quota del Governo di Lon-dra nella Royal Bank of Scot-land è pari all’81 per cento eproprio ieri il portavoce delpremier britannico, DavidCameron, ha riferito che nonsono stati ancora fissati i tempiper la cessione.

La banca spagnola ha segnatoaddirittura un rosso di 19,193miliardi di euro, mentre le per-dite dell’intero gruppo Bankia-Bfa sono schizzate a 21.2 miliar-di di euro euro nel 2012. Nono-stante la perdita record, causatasoprattutto dall’alta esposizioneal mercato immobiliare iberico,il gruppo Bankia-Bfa sostienecomunque di avere una posizio-ne solida e di poter tornare inutile in tempi brevi. «Abbiamola possibilità di restituire gli aiu-ti statali ricevuti e rendere que-sto investimento redditizio», haaffermato in una nota il presi-dente di Bankia-Bfa, JoséIgnacio Goirigolzarri.

Il gruppo spagnolo punta aricavi per 1,2 miliardi di euro nel2015 attraverso il trasferimentodi sofferenze nella nuova badbank istituita da Madrid, il li-cenziamento di circa 6.000 di-pendenti e la chiusura di diversefiliali. Bankia, la quarta bancaspagnola, è diventata il simbolodel collasso del sistema crediti-zio iberico ed è stata nazionaliz-zata lo scorso maggio. In dicem-bre ha anche ricevuto diciottomiliardi di euro da Bruxelles perla sua ristrutturazione. Per il2012 l’istituto ha messo da parteriserve per 26,8 miliardi di euro,gran parte delle quali destinatea fronteggiare gli investimentiimmobiliari a rischio.

Primo via libera allo schema di garanzie

L’Ue offre aiutoai giovani senza lavoro

Un ufficio di collocamento francese (Afp)

Per l’O landadeficit di bilancio

o l t reil 3 per cento

L’AJA, 1. Il deficit di bilanciodell’Olanda per quest’anno e peril 2014 sarà superiore al 3 per cen-to del prodotto interno lordo(pil), secondo quanto indicato ieridall’istituto governativo di previ-sione economica Cpb. Il deficitsarà al 3,3 per cento del pilquest’anno, e al 3,4 per cento delpil nel 2014. Il Governo dell’Ajaribadisce comunque l’impegno ariportare entro il 2014 il deficit dibilancio entro il tre per cento delpil, in linea con gli obiettividell’Unione europea. Secondomolti analisti, il Governo potreb-be quindi prendere in considera-zione misure supplementari di ri-duzione della spesa pubblica perottenere un risparmio fino a cin-que miliardi di euro.

Come in altri Paesi, però, i ta-gli di spesa minacciano di tradur-si in una ulteriore spinta recessi-va, mentre l’uscita dalla crisi sem-bra possibile solo con una ripresaeconomica. In questo senso, co-munque, le prospettive al mo-mento non sembrano incorag-gianti. Il Cpb, infatti, prevede nel2013 una contrazione dell’econo-mia dello 0,5 per cento.

Cina migliore mercato al mondoper le energie rinnovabili

BRUXELLES, 1. L’Unione europeacerca di accelerare l’attuazione del-lo schema di garanzie per i giovaniproposto dalla Commissione eu-ropea per combattere la disoc-cupazione e il fenomeno dei cosid-detti Neet (Not in Education,Employment or Training), i giova-ni che non lavorano, non studianoe non si formano. Un primo assen-so alle proposte avanzate tre mesifa dalla Commissione è venuto ieridai ministri del Lavoro, che hannoadottato un approccio comune afavore dell’istituzione del nuovomeccanismo, in attesa del via liberaformale in primavera.

Lo schema, mutuato da Austriae Finlandia, prevede che tutti gio-vani sotto i 25 anni, entro quattromesi dalla fine scuola o dalla per-dita del lavoro, si vedano offrire unlavoro, un tirocinio, una formazio-ne o un nuovo percorso educativo.L’Ue ha previsto di finanziare que-sto nuovo sistema con i fondi so-ciali e di coesione e con sei miliar-di appositamente stanziati per il2014-2020 a favore delle regioni eu-ropee dove la disoccupazione gio-vanile supera il 25 per cento.

Tocca ora agli Stati membri«tradurre questo accordo in azioniconcrete il più rapidamente possi-bile» ha ammonito il presidentedella Commissione, José ManuelDurão Barroso. Lo schema non hainfatti valore vincolante, ma solo diraccomandazione. «È cruciale chegli Stati membri attuino misure per

farlo diventare realtà», ha sottoli-neato anche il commissario agli Af-fari sociali Lázsló Andor. Secondola presidenza di turno irlandesedell’Unione europea, comunque, iPaesi membri non hanno altra scel-ta che attuare realmente gli impe-gni per scongiurare il rischio diuna generazione privata del lavoro.

BRUXELLES, 1. Dopo dieci mesi eoltre trenta round di negoziati,l’Unione europea sembra avere tro-vato un’intesa politica di principioper rifondare il suo sistema banca-rio, imponendo requisiti patrimo-niali più stringenti e, per la primavolta nella storia, mettendo un tet-to ai bonus dei manager. Se le mi-sure per il rafforzamento del capi-tale di qualità grosso modo accon-tentano tutti, è invece la questionedella remunerazione dei banchieri— misura che va al di là della tra-sposizione degli impegni impostida Basilea 3 — a suscitare la forteopposizione di Londra.

Ciò — dicono gli analisti — re n d emeno scontata la rapida approva-zione da parte degli Stati membridel compromesso raggiunto sull’in-tero pacchetto di misure Ue.Quanto deciso sui bonus, ha di-chiarato il sindaco di Londra, BorisJohnson, «sarà a vantaggio di Zuri-go, Singapore e New York», e «lagente si chiederà perché continuia-mo a stare nell’Ue se persiste inqueste chiare politiche autolesioni-ste». Le nuove regole impongonoinfatti un drastico taglio agli sti-pendi a sei zeri dei manager di tut-te le banche europee, incluse le fi-liali extra-Ue, e delle filiali dellebanche non europee ma situate sulsuolo Ue. Perché, come ha spiega-to il capo negoziatore del Parla-mento europeo, l’austriaco OthmarKaras, queste norme «si appliche-ranno senza eccezione a tutte lebanche». Non verrà quindi rispar-miato il top banker di GoldmanSachs a Londra né il trader di BnpParibas a New York.

A partire dal primo gennaio 2014— la data d’entrata in vigore chedovrebbe essere mantenuta se arri-verà rapidamente l’ok definitivodegli Stati membri — la quota va-riabile della remunerazione dei ma-nager non potrà essere superiorealla quota fissa; potrà essere innal-zata al massimo del doppio solocon il via libera della maggioranzaqualificata degli azionisti. Inoltre,fino al 25 per cento di questa quo-ta potrà essere non pagato imme-

diatamente, ma con strumenti fi-nanziari a lungo periodo.

«È la fine dell’epoca dei bonusinsensati e ingiustificabili» ha com-mentato soddisfatto il commissarioUe al Mercato interno, MichelBarnier, «le prese di rischio saran-no più controllate». E un plausoalla misura è arrivato da tutti i ra-mi dell’Europarlamento. «Il tettoai bonus dei banchieri — ha sottoli-neato il presidente dell’assembleacomunitaria, Martin Schulz — èuna misura innovativa che rende ilsistema economico più giusto e si-curo», e soprattutto «le nuove nor-me contribuiranno a evitare il ri-schio di una ripetizione della crisifinanziaria» del 2008.

Gli istituti finanziari dovrannoavere, oltre a un otto per cento dicapitale di qualità, ulteriori cusci-netti di protezione sino al cinqueper cento, che saliranno di un ulte-riore 1-3 per cento nel caso dellebanche sistemiche. I regolatori na-zionali potranno ancora aumentarequesti cuscinetti. I requisiti di li-quidità, modificati dal Comitato diBasilea, dovranno essere applicatigià a partire dal 2018.

PE C H I N O, 1. La Cina è il miglioremercato al mondo per investirenelle energie rinnovabili, escluso ilfotovoltaico, dove eccellono gliStati Uniti. È il risultato di unostudio condotto dalla società a li-vello mondiale nel mercato dellarevisione Ernst & Young, che havalutato l’attrattività degli investi-menti nel settore delle rinnovabilia livello mondiale.

In una scala da uno a cento, laCina si classifica al primo postocon 70,1, seguita dalla Germania(65,6), subito tallonata dagli StatiUniti, a 64,9. Solo nello sviluppodell’energia solare la Cina cede ilprimato agli americani, che rag-giungono il livello di 70 nel foto-voltaico, mentre il Dragone e l’In-dia, sono entrambe seconde (65).L’importanza delle energie rinno-

vabili in Cina è testimoniata da al-cuni dati, come quello che vedeper la quarta volta consecutiva ilDragone in cima alla classifica peril 2012 riguardante lo sviluppodell’energia eolica. Secondo i datidi Bloomberg, nel 2012, Pechinoaveva installato turbine per un to-tale di 15,9 gigawatt, una cifra cheda sola vale più di un terzo dellaproduzione globale di energia eo-lica. Il Dragone conta oggi sessan-tuno gigawatt di energia eolicaconnessa alla rete elettrica nazio-nale, che produce il 2 per centodell’elettricità consumata in tuttoil Paese, una cifra non alta a causaanche della scarsa efficienza degliimpianti installati, che si ferma aun livello del 21,6 per cento, tra ipiù bassi al mondo. Ma il settoreeolico è destinato a crescere.

BO GOTÁ, 1. Progressi importanti nelraggiungimento degli obiettivi di svi-luppo del millennio ci sono stati, maalla data di scadenza nel 2015 ci sa-ranno comunque nel mondo non me-no di un miliardo di persone in con-dizioni di povertà estrema, quella chei parametri dell’Onu fissano a unreddito massimo di un dollaro e 25centesimi al giorno. È questo il datoprincipale emerso dalla conferenzaglobale di valutazione degli ottoobiettivi di sviluppo del millennioterminata ieri nella capitale colombia-na Bogotá, a mille giorni dalla sca-denza degli obiettivi stessi e a sei me-si dal summit mondiale in program-ma a settembre a New York.

Le stime dell’Onu diffuse nell’o c-casione rivedono al rialzo quelle del2011, quando per il 2015 erano statepreviste in totale 883 milioni di per-sone in estrema povertà. Il dato nonpresuppone comunque una sconfitta

nel raggiungimento del primo degliobiettivi, relativo al dimezzamentodel livello di povertà estrema registra-to nel 1990, quando in questa condi-zione si trovava il 43 per cento dellapopolazione mondiale, come ha ri-cordato il direttore generale dellaBanca mondiale, Mahmoud Mohiel-din, mentre nel nel 2004 tale percen-tuale era scesa al 22,4.

Da parte sua, la responsabile delprogramma di sviluppo dell’O nu,Helen Clark, ha posto l’accento suirisultati ottenuti dai Paesi dell’Asiaorientale, in particolare la Cina, edell’America latina dove ci sono statiprogressi incredibili per quella cheera considerata la regione del mondocon più disuguaglianze. Clark ha pe-rò sottolineato che per altri obiettivivi è stato fatto troppo poco, citandosoprattutto l’accesso alla sanità e lariduzione della mortalità materna einfantile.

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L’OSSERVATORE ROMANOsabato 2 marzo 2013 pagina 3

Inviato dell’Ue al Cairo

P re s s a n t eapp ello

al dialogoin Egitto

IL CA I R O, 1. L’Ue lancia un invitopressante alle parti politiche egi-ziane a riannodare il dialogo, an-che perché i tempi stringono. Èquanto ha affermato l’inviatodell’Unione europea per il Medi-terraneo meridionale, BernardinoLeón, in una conferenza stampa.«La decisione del Fronte di sal-vezza nazionale di non partecipareal voto è un colpo alla transizio-ne» ha osservato, sottolineandoche le due parti devono accrescerela «fiducia reciproca» e una via diuscita alla grave crisi anche «senon facile, si può trovare».

Bernardino León ha spiegato diavere avuto contatti con il partitodei Fratelli musulmani, con ilFronte nazionale delle opposizio-ni, con il principale partito salafitaAl Nour, oltre ad avere partecipa-to alle riunioni del comitato di as-sociazione Ue-Egitto. L’inviato diBruxelles ha ribadito che tutti de-vono lavorare per trovare una so-luzione che «definisca un terrenocomune per una partecipazionenormale alle prossime elezioni»,previste a partire dal 22 aprile. Ri-spondendo a una domanda deigiornalisti sul potenziale ruolodelle forze armate in questa diffi-cile transizione, Bernardino Leónha osservato che «un ruolo politi-co dell’esercito nella transizionerappresenterebbe un serio passoindietro». Ma, ha spiegato che,dalle indicazioni ricevute al Cairo,le forze armate «intendono mante-nere il ruolo loro assegnato».

Quanto alla difficile situazioneeconomica, León ha osservato an-che in questo settore «la situazio-ne non è facile» e che la comunitàinternazionale a partire dal Fondomonetario internazionale sta lavo-rando per dare risposte. L’Ue, hasottolineato, è impegnata per ilsuccesso della transizione egizianae su richiesta del Governo delCairo invierà i suoi osservatorielettorali. «Queste elezioni saran-no sottoposte a esame di alto li-vello della comunità internaziona-le» ha osservato, aggiungendo chele transizioni politiche, come inSpagna, suo Paese di origine, enell’Europa dell’est, richiedonotempo e pazienza.

Nel frattempo, però, le forzepolitiche che partecipano al dialo-go nazionale voluto dal presidenteegiziano, Mohammed Mursi, han-no dato un ultimatum ai partitiche non hanno aderito alla propo-sta del capo di Stato di presentarele loro raccomandazioni sulleprossime elezioni parlamentari. Loha riferito Al Jazeera, secondo cuil’opposizione egiziana si sta intan-to preparando alla disobbedienzacivile. Il primo episodio si è verifi-cato nella provincia di Alessan-dria, dove attivisti hanno sfilatoper le strade scandendo slogancontro il Governo.

Secondo una nota della presi-denza egiziana, la sessione deldialogo nazionale svoltasi martedìscorso — a cui hanno partecipatoLibertà e Giustizia (braccio politi-co dei Fratelli musulmani), i parti-ti salafiti Al Nour e Al Watan, ealtri movimenti — si è conclusacon un accordo a presentare unaserie di raccomandazioni all’Altacommissione elettorale in vista delvoto di aprile che l’opposizione haperò già deciso di boicottare.

Un’antica tomba di epoca romana usata come rifugio dai combattenti nella provincia di Idlib (LaPresse/Ap)

Le decisioni finali della conferenza di Roma sulla crisi in Siria

Aiuti diretti agli oppositoriROMA, 1. Aiuti diretti agli oppositori: il comuni-cato finale della conferenza di Roma rappresentauna significativa svolta nell’atteggiamento delladiplomazia internazionale sul conflitto in Siria.Per la prima volta gli Stati Uniti hanno deciso difornire risorse non militari (alimentari e medicina-li) alla Coalizione che combatte contro le forze diAssad. «Oggi, a nome del presidente BarackObama, posso annunciarvi che gli Stati Uniti for-niranno nuovi aiuti per sessanta milioni di dolla-ri» alla Coalizione dell’opposizione per agevolare«la transizione politica verso la democrazia» haannunciato John Kerry, alla sua prima missioneinternazionale in qualità di segretario di Statoamericano. Il ministro degli Esteri italiano, GiulioTerzi, ha parlato di «un passo in avanti», sottoli-neando che «le sofferenze del popolo siriano ciimpongono il dovere di andare oltre gli sforzi cheabbiamo compiuto sinora e moltiplicare il nostroimpegno per giungere a un effettivo punto disvolta della crisi».

Kerry e Terzi hanno rilasciato queste dichiara-zioni al termine di una doppia riunione ad altolivello sulla Siria, a Villa Madama, prendendo laparola prima del capo della Coalizione degli op-positori siriani, Moaz Al Khatib, con il quale ave-

vano avuto un colloquio. Il primo degli incontri,la cosiddetta ministeriale ridotta degli amici dellaSiria, ha visto la presenza, oltre che di Terzi eKerry, anche del titolare del Foreign Office bri-tannico, William Hague, del ministro degli Esteriturco, Ahmet Davutoglu, e dei responsabili dellediplomazie di Paesi arabi come Egitto, Giordania,Qatar e Arabia Saudita.

Il secondo incontro è stato allargato ad AlKhatib che in un primo tempo aveva annullato lasua partecipazione (dopo il recente massacro adAleppo a causa di un bombardamento), ma avevapoi cambiato idea su richiesta di Kerry.

Quest’ultimo, nel corso della conferenza stam-pa, ha detto che il futuro democratico della Sirianon è lontano, ma ciò «non avverrà fin quando alpotere ci sarà Assad, che proprio questa settima-na ha firmato attacchi con i missili Scud, mieten-do decine di vite umane». Terzi, nel documentoche riassume le decisioni prese a Roma, ha chie-sto al Governo siriano di «fermare immediata-mente i bombardamenti indiscriminati contro learee popolate, che sono crimini contro l’umanitàe non possono rimanere impuniti».

Tuttavia, nonostante gli appelli internazionali,le violenze sul terreno non conoscono tregua. Ie-

ri, nella parte meridionale di Aleppo oltre settan-ta persone, tra le quali anche donne e bambini,sono state uccise.

Secondo l’inviato speciale delle Nazioni Unitee della Lega araba, Lakhdar Brahimi, la soluzionedella crisi in Siria dipende soltanto dalla capacitàdi Stati Uniti e Russia di raggiungere un accor-do. Il diplomatico algerino ha quindi elogiato AlKhatib, che ha aperto al dialogo con il Governodi Bashar Al Assad. «Con questa offerta di dialo-go — ha precisato — Al Khatib ha messo l’ammi-nistrazione siriana in una posizione scomoda». Ilpresidente francese, François Hollande, in visita aMosca ha registrato progressi sul dossier sirianonel suo colloquio con il presidente russo, Vladi-mir Putin. Francia e Russia — ha detto il capodell’Eliseo — condividono «lo stesso obiettivo,evitare lo smembramento del Paese e non lasciareche i terroristi approfittino della situazione; au-spichiamo il dialogo politico».

Intanto, il Consiglio europeo ha deciso diestendere le sanzioni contro il Governo sirianoper altri tre mesi. Al contempo, ha modificatol’embargo in modo da permettere la fornitura diequipaggiamenti non letali e assistenza tecnicaper la protezione dei civili.

Decine di civiliuccisi in una serie

di attentatiin Iraq

BAGHDAD, 1. È di almeno cinquemorti accertati e di 45 feriti il bi-lancio di un nuovo attentato terro-ristico in Iraq: secondo quanto hariferito il capo della polizia locale,generale Abdul Jalil Al Assadi,due autobombe sono saltate inaria questa mattina in un mercatodi ovini ad Al Diwaniyah, capo-luogo della provincia centro-meri-dionale di Al Qadisiyyah, circa150 chilometri a sud di Baghdad.Il mercato era molto affollato es-sendo oggi giornata festiva.

La strage è avvenuta all’indo-mani di un’ennesima serie di at-tacchi dinamitardi nel circondariodella capitale irachena, che nelcomplesso hanno ucciso 26 perso-ne e ne hanno ferite altre 60.

Alla prima esplosione, avvenutanel quartiere a maggioranza sciitadi Shula, nella zona nord-occiden-tale della capitale, ne è seguita su-bito una seconda appena le forzedi sicurezza sono arrivate sul po-sto. Un’altra esplosione, riferiscel’agenzia di stampa nazionale ira-chena, avvenuta nella città diMahmoudiya, a sud di Baghdad,ha ucciso tre poliziotti, ferendonealtri sei.

Nel corso del solo mese di feb-braio gli attacchi dinamitardi interritorio iracheno hanno causatopiù di duecento vittime, mentre iferiti sono stati oltre 550.

Karzai ordinalo scioglimento

delle polizielo cali

KABUL, 1. Tutti i gruppi armatioperanti nel Paese al di fuori delleforze di sicurezza afghane debbo-no sospendere immediatamente leloro operazioni e fondersi entrotre mesi con le istituzioni governa-tive preposte alla sicurezza. Lostabilisce un’ordinanza firmata dalpresidente Hamid Karzai. A que-sto fine il capo dello Stato ha di-sposto la costituzione di una com-missione presieduta dal suo Con-sigliere per la sicurezza nazionale,Rangin Dadfar Spanta, che avrà ilcompito di identificare e fonderenelle strutture governative le unitàe i gruppi che sono stati formati efinanziati negli ultimi tempi dallacoalizione internazionale a fini dis i c u re z z a .

Si tratta della cosiddetta polizialocale afghana, costituita su basetribale dalla Forza internazionaledi assistenza alla sicurezza (Isaf,sotto comando Nato) per contra-stare l’azione dei talebani e deglialtri gruppi armati antigovernativi,in replica di una simile iniziativasviluppata con successo in Iraq.La situazione resta critica nella re-gione: anche nel vicino Pakistan siregistrano almeno 352 morti e 699feriti in 27 attacchi in soli due me-si. È il bilancio delle vittime degliattentati sferrati dall’inizio anno.Solo a gennaio nel Paese si sonoregistrati 16 attacchi, che hannofatto 199 morti e 380 feriti.

Il Presidente sudcoreanoapre a Pyongyang

Park Geun Hye (Ansa)

Scontri tra poliziae agricoltoriin Myanmar

NAY P Y I D AW, 1. Scontri fra agricol-tori e polizia hanno provocato ieriun morto e numerosi feriti aMaubin, nella regione del Deltadell’Irrawaddy, in Myanmar. Loriferisce la stampa locale, precisan-do che gli scontri sono collegati aun caso di appropriazione di terreagricole reclamate indietro daicontadini. I dimostranti chiedonola restituzione di circa 200 ettaridi terra a loro sottratti durante ilregime militare. Dimostrazionianaloghe si sono tenute negli ulti-mi due anni in diverse zone delPaese. Ieri, però, un poliziotto èrimasto ucciso e decine tra mani-festanti e agenti risultano feriti.Benché dal 2011 il Myanmar siaformalmente retto da un Governocivile, i militari continuano a esse-re presenti in tutti settori della vi-ta politica ed economica del Paesedel sudest asiatico.

Il Consiglio di sicurezza chiede a Ban Ki-moon un rapporto entro marzo

Si prepara l’invio dei caschi blu nel MaliNEW YORK, 1. Il conflitto nel norddel Mali sembra ancora lontano dalpotersi ritenere concluso, ma la co-munità internazionale guarda già aipossibili nuovi passi per ripristinaree garantire la pace.

Il Consiglio di sicurezza dell’O nuha chiesto ieri al Segretario generaleBan Ki-moon di presentare entro fi-ne marzo un rapporto sulle condi-zioni e i termini di un dispiegamen-to di caschi blu. Nelle stesse ore, icapi di Stato della Comunità econo-mica dei Paesi dell’Africa occidenta-le (Ecowas) riuniti a Yamoussoukro,la capitale della Costa d’Avorio,hanno concordato di creare le con-dizioni per trasformare la Misma, laforza militare africana in Mali, ap-punto in una missione di p eace-keeping dell’Onu. «In questa pro-spettiva auspico uno stretto coordi-namento Ecowas, Unione africana,autorità maliane e Consiglio di sicu-rezza», ha dichiarato il presidente

ivoriano Alassane Dramane Ouatta-ra, confermato per un anno alla gui-da dell’Ecowas.

Inoltre, il comunicato finale delvertice a Yamoussoukro chiede alGoverno di transizione di Bamakodi dispiegare l’esercito su tutto ilterritorio nazionale e sottolinea cheprima di ogni forma di dialogo deveintervenire il disarmo dei gruppi ri-belli. A giudizio concorde degli os-servatori, si tratta di un riferimentonon solo ai gruppi jihadisti, contro iquali stanno combattendo le truppefrancesi e africane, ma anche alla ri-bellione tuareg del Movimento na-zionale di liberazione dell’Azawad,che potrebbe sedersi a un tavolo ne-goziale con le autorità.

Nel frattempo, il rappresentantespeciale dell’Unione Africana inMali e capo della Misma, l’ex presi-dente burundese Pierre Buyoya, haavvertito che «non bisogna lasciareincompiuto il lavoro nel nord del

Paese», suggerendo che «il ritirofrancese sia progressivo». Buyoya hacomunque assicurato che le truppeafricane «lavorano già in stretta col-laborazione con l’esercito francesecosì da subentrare alle forze di Pari-gi se queste dovessero ritirarsi traun mese, due o tre».

Dal canto suo l’Unione europeasi è impegnata ad attuare in Maliun intervento «comune, coerente eglobale per far fronte a tutte le sfidein materia di sviluppo», come ha di-chiarato il commissario Andris Pie-balgs. L’Unione europea sta orga-nizzando per maggio una conferen-za internazionale dei donatori.

Sempre ieri, è giunta la notizia,non confermata da fonti ufficiali,della presunta uccisione in un raidaereo francese di Abdelhamid AbouZeid, alto dirigente di Al Qaeda nelMaghreb islamico, il gruppo cheaveva mantenuto nei mesi scorsi ilcontrollo di Timbuctu.

Violenti disordiniin Bangladesh

DA H KA , 1. La condanna a morte percrimini di guerra decisa ieri in Ban-gladesh ai danni di Delwar HossainSayedee, esponente del comitatoesecutivo del partito fondamentali-sta islamico Jamaat-e-Islami, haprovocato gravi scontri tra manife-stanti e polizia in numerose cittàdel Paese asiatico, con un bilanciodi almeno trentacinque morti, centi-naia di feriti e gravi danni.

La sentenza nei confronti diSayedee è stata emessa dal Tribuna-le internazionale dei crimini diDahka, che lo ha giudicato colpe-vole di omicidio e persecuzione re-ligiosa nel corso delle lotte per l’in-dipendenza del Bangladesh dal Pa-

kistan (1971). Dopo il verdetto, ma-nifestanti hanno attaccato un com-missariato di polizia a Gaibandha,uccidendo tre agenti, accoltellato amorte un commissario e incendiatoun tempio e case della comunitàhindu. Negli incidenti, ha confer-mato una fonte ufficiale, è stato fat-to uso di armi da fuoco, con lamorte di militanti musulmani,agenti di polizia e passanti. Sonostati anche sabotati i binari della li-nea ferroviaria che collega la cittàportuale di Chittagong con il restodel Paese, causando il deragliamen-to di almeno sei treni con il conse-guente blocco del traffico, che an-cora persisteva stamane.

SEOUL, 1. Il presidente della Coreadel Sud, Park Geun Hye, ha lascia-to aperta la porta al dialogo con laCorea del Nord assicurando cheSeoul sarà più flessibile nei rapporticon Pyongyang se il regime farà lascelta giusta verso il cambiamento.

«La Corea del Nord — ha dichia-rato Park, prima donna alla guidadella Corea del Sud — può diventa-re un membro responsabile dellacomunità internazionale e aprire ilpercorso di sviluppo comune ai duePaesi solo quando abbandonerà learmi nucleari e fermerà le provoca-zioni». In caso contrario Park ha ri-

badito la promessa di «risposte piùsevere» alle provocazioni militaridella Corea del Nord che «deverendersi conto che non ha nulla daguadagnare dal suo programma disviluppo delle armi nucleari e conle provocazioni, se non approfondi-re ulteriormente l’isolamento e lasofferenza». Il regime comunista diPyongyang ha effettuato il 12 feb-braio il terzo test nucleare a dispet-to delle risoluzioni del Consiglio disicurezza dell’Onu, decise a seguitodel lancio di un razzo avvenuto ad i c e m b re .

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 4 sabato 2 marzo 2013

Leggere Piñeiro per scoprire la capitale argentina

A Bairesguidati da Claudia

di GIULIA GALEOTTI

La tradizionale guida turi-stica, oppure un insiemedi saggi storici scelti adarte (o anche di bignami,se si va di fretta), sebbe-

ne pare che la visione di un pac-chetto di film stia guadagnandoconsensi: sono tanti e vari gli ausiliche possono accompagnare il viag-giatore nella scoperta di nuovi luo-ghi. Noi — lo confessiamo — abbia-mo un debole per la letteratura: at-traversare Istanbul guidati da Pa-muk, Toronto condotti da AliceMunro, New York con Don DeLilloo Venezia accompagnati da MelaniaG. Mazzucco sono emozioni senzap re z z o .

Per sbarcare nell’estate di BuenosAires, ci siamo armate di tutto pun-to: José Hernández, Jorge Luis Bor-ges, Manuel Puig, Julio Cortázar,Ernesto Sábato, tutti scelti nelle lo-ro declinazioni legate specificata-mente alla capitale. La voce che pe-rò ci ha più introdotte nella metro-poli sud americana, nelle sue rela-zioni — al contempo — con la storia,la crisi economica, la varietà affasci-nante dei suoi stimoli, influenze,corsi e ricorsi, è stata una donna na-ta nella capitale argentina nel 1960.

Scrittrice, drammaturga e sceneg-giatrice, Claudia Piñeiro ha firmatomolti testi, tra cui cinque romanzi(il sesto, Un comunista en calzoncillos,uscirà tra qualche mese), opere tea-trali e libri per bambini, vincendonumerosi premi, tra i quali il Pre-mio Clarin nel 2005 per il romanzoLas giuda de los jueves (Le vedove delgiovedì, tradotto in sedici lingue etraslato al cinema da Marcelo Piñe-yro nel 2009). Un tratto che ritorna

nella sua produzione è l’i n t e r re l a z i o -ne tra intreccio giallo e ritratto so-ciologico. Con ironia e levità, Clau-dia Piñeiro fa la detective-etologa:da svelare c’è non solo un mistero,ma le tante sfaccettature che dannooggi a Buenos Aires il suo tratto di-stintivo.

L’Europa e gli Stati Uniti si af-facciano sui barri, su Palermo e Cal-le Florida; la storia del Novecento ele tradizioni più lontane serpeggia-no tra Plaza de Mayo e lo stadio

del Boca, tra i vialoni della Recoletae le stradine di San Telmo: la cittàci tiene comunque a resistere, fedelea ciò che è. E ci riesce, amalgaman-do vento autoctono, sapori parigini,ennesime difficoltà economiche,sguardi nord americani e incapacitàdi autentica disperazione. Ne è em-blema, tra l’altro, l’inconfondibilearchitettura, arricchita dai parchi(«I luoghi, gli alberi, i sentieri deinostri migliori momenti cominciaro-no a trasformare le mie idee» scriveErnesto Sabato ne Il tunnel).

Pur con diverse varianti, nelle pa-gine di Claudia Pi-ñeiro un’enclaveovattata e protetta(severe misure di si-curezza possono pro-teggere tanto un luo-go fisico quanto unnucleo domestico)viene sconvolta daldelitto: una, due, tremorti laddove invecesembrerebbe obbli-gatorio il sereno eplacido quieto vive-re. Fingere che nullasia successo (o illu-dersi che sia successoad altri) oppureascoltare quel ronzioche invita a usciredal proprio guscio:molte delle donne diClaudia Piñeiro ce-dono volentieri

all’indolenza, ma basta che si inar-chi anche solo mezzo sopraccigliodi una di loro, e il tappo salta.

Aggiungendo via via tasselli peringarbugliare e risolvere i gialli, lascrittrice di Buenos Aires ci fornisceanche una tappa di luoghi — il Bar-rio Norte, la Recoleta, il Parco Bo-sques de Palermo, Microcentro —popolati da una borghesia affacciatasulla attualità e storia del proprioPaese. Una borghesia combattutatra il desiderio di barricarsi dietro

un muro per proteggere i suoi mul-tiformi averi, e il grande bisogno divedere e, quindi, di capire.

La morte di Pedro Chazarreta nellussuoso Country Club La Maravil-losa, quartiere chiuso e controllatoda severe misure di sicurezza, non èun suicidio, ma è legata ad altremorti, apparentemente accidentali,di alcuni vecchi compagni di scuola,uniti forse da un oscuro passato(Betibù, 2011). Né, del resto, si eratrattato di suicidio collettivo in Lasgiuda de los jueves per i tre amici,tutti dotati di una sostanziosa assi-curazione sulla vita, trovati fulmina-ti nel fondo di una piscina. E sel’omicidio è omicidio in Tu y a (2006;Tu a ), il mondo perfetto della casa-linga Inés, madre ma soprattuttomoglie, guidata dalle sue attente emetodiche liste mentali, rischia dicrollare non tanto quando, dopoaver trovato per caso un bigliettod’amore nella borsa del marito, assi-ste all’omicidio della segretaria permano di lui, ma quando il dominoche la circonda si svela in tutta lasua articolazione.

Attraverso le sue donne bairesine,Claudia Piñeiro riflette sulla tenta-zione umana che vorrebbe — in no-me del quieto vivere — smettere divederci gli uni gli altri, alimentandocosì una spirale perversa: negandoal prossimo la possibilità di mostrar-si nella propria interezza, diventaimmediato proiettare su di lui ogninegatività.

Le comunità chiuse e sorvegliatedove vivono i privilegiati diventanocosì l’emblema di qualsiasi comuni-tà alle prese con il “fuori”: quandoti barrichi dietro un muro nel tenta-tivo di proteggere ciò che hai, staiirrimediabilmente imboccando unastrada senza uscita. Alcune delledonne di Claudia Piñeiro finisconoper perire nella loro cittadella forti-ficata, ma altre ce la fanno a saltareo l t re .

Rassegna cinematografica dedicata ai Paesi del Gruppo di Visegrád all’Istituto Polacco

Quel triangolodiventato un quartetto

di WOJCIECH PONIKIEWSKI*

L’idea della Rassegnacinematografica deiPaesi del Gruppodi Visegrád è natadurante uno degli

incontri di lavoro tra gli ambascia-tori dei Paesi del “quartetto” omo-nimo , che si svolgono con caden-za regolare a Roma.

Il Gruppo di Visegrád — chia-mato anche “V4” — è una struttu-ra informale di cooperazione re-gionale, formata da quattro Paesidell’Europa Centrale: RepubblicaCeca, Polonia, Slovacchia e Un-gheria. Il gruppo è nato in un pe-riodo di svolta geopoliticadell’Europa Centrale, come formadi cooperazione volta ad accelera-re i cambiamenti. Istituito inizial-mente come Triangolo di Visegrád— Cecoslovacchia, Polonia e Un-gheria — il 15 febbraio 1991, quan-do il presidente polacco LechWa łęsa, quello cecoslovacco Vá-clav Havel e il premier unghereseJózsef Antall sottoscrissero una di-chiarazione congiunta nella citta-dina ungherese Visegrád.

La scelta di questo luogo si ri-collegava agli incontri lì avvenutinel 1335 e nel 1338-1339 tra i re diBoemia, Polonia e Ungheria.

Nella dichiarazione furono sta-biliti anche gli scopi principalidella cooperazione, tra questi in-nanzitutto l’integrazione con le

strutture euroatlantiche ed euro-pee. I firmatari affermarono inol-tre che la convergenza degli obiet-tivi di politica estera, la comunan-za delle esperienze storiche e lavicinanza geografica predestinasse-ro questi Paesi a stringere legamidi cooperazione regionale.

Il gruppo V4, infatti, raggruppaquei Paesi dell’Europa centrale,con storia e esperienze in comune,rappresentiamo valori simili, ab-biamo una voce importante nellapolitica europea, le nostre econo-mie si sviluppano in maniera di-namica e vigorosa. Visegrád è pra-ticamente l’unica struttura di coo-

perazione regionale, nata dopo lacaduta della cortina di ferro, checontinua a svilupparsi e a realizza-re progetti sempre più ambiziosi.

Il gruppo è poco formalizzato,tuttavia i vertici al livello più alto— presidenti, primi ministri e mi-nistri degli affari esteri — si svol-gono con cadenza regolare.

Durante il summit dei primiministri che si è svolto nel 1999 inUngheria fu istituito di comuneaccordo un sistema di rotazionedella presidenza del gruppo. Cia-scun turno di presidenza si con-clude con un vertice dei primi mi-nistri del V4 che si tiene ogni an-no nel mese di giugno. La presi-denza polacca è iniziata il 1 luglio2012.

L’unico aspetto istituzionalizza-to della collaborazione dei Paesidel gruppo è il Fondo internazio-nale di Visegrád — con sede per-manente a Bratislava in Slovac-chia — di cui l’obiettivo principaleè quello di rafforzare il senso diidentità e di appartenenza algruppo, nonché quello di consoli-dare i rapporti amichevoli tra i cit-tadini dei nostri Paesi attraverso ilsostegno alla collaborazione regio-nale e allo scambio di progetti co-muni nei settori come cultura, ar-te, scienza, ricerca e formazione.

Una sfida alla conservazionedell’identità del Visegrád è statal’entrata di tutti i suoi membrinell’Unione europea, il 1 maggio2004. Ha significato il raggiungi-mento degli obiettivi che si eradata fino a quel momento questacollaborazione, che doveva favori-re l’accesso all’Unione.

Nella dichiarazione dei primiministri dei Paesi del gruppo diVisegrád firmata nel maggio 2004sono stati indicati i nuovi obietti-vi, tra cui il rafforzamentodell’identità regionale dell’E u ro p acentrale e la collaborazione allarealizzazione degli obiettivi comu-

ni dell’Unione, qualil’ulteriore allargamentoe il sostegno ai Paesiaspiranti, anche at-traverso la condivisio-ne della propria espe-rienza.

Negli ultimi anni lacollaborazione tra imembri del Gruppo ha

preso una nuova dimensione. Nonporta solo alla realizzazione dei“p ro p r i ” obiettivi, ma si sforza diinfluire sulla elaborazione di unapolitica europea che cambia dicontinuo e si trova sempre di piùa confrontarsi con nuove sfide.

I Paesi del Gruppo di Visegrádsono coerentemente a favore dellanecessità di un ulteriore allarga-mento dell’Ue, soprattutto ai Pae-si dei Balcani. Sostengono il Par-tenariato orientale come un im-portante progetto dell’Unione. Sipronunciano congiuntamente sullaforma che deve assumere la nuovastrategia della Nato. Queste azio-ni sono indubbiamente da anno-verare tra i successi della collabo-razione del gruppo di Visegrád.

Mostrano anche che il grupposta acquisendo anno dopo anno lavisibilità di un “m a rc h i o ”, la cuivoce nel dibattito europeo, e an-che transatlantico, è sempre piùascoltata.

La storia del Gruppo V4 è unesempio di successo. I nostri Paesicontano in tutto 64 milioni di abi-tanti, insieme avremmo il quartoPaese più grande d’Europa sotto ilpunto di vista della popolazione,potremmo essere tra le prime ven-ti economie più importanti delmondo. A metà degli anni Novan-ta il pil consolidato dei nostri Pae-

si era di 260 milioni didollari circa, attual-mente è il quadruplo,un miliardo di dollari.

Come V4 siamo alquindicesimo posto, suscala mondiale, perquanto riguarda il po-tere d’acquisto.

Uno dei temi a cui,nell’ambito della colla-borazione tra i Paesidel gruppo di Vise-grád, si presta la mas-sima attenzione è lacooperazione nel cam-po della cultura. Attra-verso la cultura vor-remmo consolidare erafforzare il concetto ela riconoscibilità del

gruppo di Visegrád nelle societàdell’Europa e del mondo, pro-muovendo così la conoscenzadell’area europea centrorientale.Crediamo che in questo la nostranuova iniziativa, la rassegna cine-matografica dei Paesi del gruppodi Visegrád, potrà essere di aiuto.

Il cinema dei nostri Paesi è pre-sente negli eventi cinematograficiinternazionali. I film prodotti ocoprodotti da Repubblica Ceca,Polonia, Slovacchia e Ungheriapartecipano a prestigiosi festivalinternazionali, ma sono poco notial pubblico italiano, continuandotuttavia a mostrare una vitalità eun’attenzione al linguaggio d’au-tore sorprendenti.

Questa iniziativa ospitata dallaCasa del Cinema di Roma tra il 2e il 5 marzo 2013, realizzata con lastraordinaria collaborazione delVisegrád, offre a noi tutti un’am-pia gamma di opportunità all’in-segna della reciproca conoscenza,dell’incontro e del dialogo tra lenostre culture e, nello specifico,della scoperta delle nostre rispetti-ve tradizioni cinematografiche.Siamo onorati di poter presentarequesti dodici film al pubblico ita-liano, di cui alcuni in anteprimaassoluta in Italia.

*Ambasciatore della Repubblicadi Polonia in Italia

I film in programma a Roma

Un re Learmo derno

per Václav HavelTra i film in programma c’è an-che Uscire di scena (2011), di Vá-clav Havel, drammaturgo ed ex-presidente della Repubblica Ce-ca. Ispirato alla sua omonimaopera teatrale tratta da KingLear di William Shakespeare edal Giardino dei ciliegi di Tche-kov, nonché alla scomparsa dalpotere dei vecchi dirigenti comu-nisti nella Repubblica ceca (nellafoto accanto, una scena delfilm). Per la Polonia, Il coraggio

I film prodotti o coprodottida Repubblica Ceca, PoloniaSlovacchia e Ungheriacontinuano a mostrare vitalitàe attenzione al linguaggio d’a u t o re

A teatro «Pierre et Mohamed» di Adrien Candiard sulla vita del vescovo di Orano

Così diversi, così amici«L’addio del Papa ai suoi fedeli è stato una cerimonia non solocommovente, ma anche carica di significato. In questo momento, enelle ultime decisioni prese personalmente da Benedetto XVI, èemerso molto chiaramente il ruolo e il significato della figura delPontefice. Il Papa come rappresentante di Cristo, come personifi-cazione di quell’amore che Gesù prova per noi, un amore che deveessere capace di farsi sentire da tutti, che deve saper consolare soli-tudini e freddezze, confortare dubbi e rafforzare fedi vacillanti, conla sua sola esistenza, con la sua presenza per molti solo mediati-ca». Così scrive Lucetta Scaraffia, firmando l’editoriale de «Il Mes-saggero» del 1° marzo sulla fine del pontificato di Benedetto XVI.

Il teologo Pierangelo Sequeri (su «Avvenire» del 1° marzo) invi-ta a chinare il capo davanti al gesto del Papa: «Il sensus fidelium,l’istinto della fede, ha letteralmente circondato Papa Ratzinger»scrive. E aggiunge che «senza potersi liberare del tutto dallo strug-gimento» il popolo di Dio «ha capito la bellezza dell’atto di fedeche gli è stato consegnato. L’Anno della Fede ha avuto il suo gestop ro f e t i c o » .

Intervistato da Élodie Maurot sul quotidiano francese «LaCroix» del 28 febbraio, il filosofo Rémi Brague ha invece ringra-ziato il Papa per l’importanza data al concetto di “ampliamentodella ragione”. «Cito volentieri a questo proposito un brano diChesterton, tratto da La Croce blu». Padre Brown, sacerdote detec-tive che sta per smascherare un falso prete, racconta come ha capi-to che costui era un impostore: «Avete attaccato la ragione e que-sto è sempre cattiva teologia» spiega al sedicente sacerdote. «Tuttoquesto per dire in sostanza — conclude Brague — che si crede spes-so che il cristianesimo disprezzi la ragione, ma è vero esattamenteil contrario».

La rinuncia di Benedetto XVI al pontificato

Un amore capacedi farsi sentire da tutti

di SI LV I A GUIDI

«Dio, fa’ che non muoia da solo» prega a bassa vocel’autista algerino Mohamed Bouchnikhi pensando alsuo passeggero abituale, monsignor Pierre LucienClaverie. Nato ad Algeri da una famiglia francese,all’età di vent’anni si rende conto di aver vissuto inuna "bolla" isolata e protetta e di non conoscere real-mente la realtà che lo circonda. Inizia così ad appro-fondire la conoscenza dell’islam, e, ordinato sacerdotee poi vescovo, lavora per costruire luoghi di incontrotra cristiani e musulmani, allacciando con la genteuna relazione di una rara intensità.

Mohamed sa che è solo questione di tempo: il ve-scovo di Orano ha i giorni contati e lui stesso è desti-nato a condividerne la sorte se non si decide a smette-re di lavorare per lui. «Dio, fa’ che non muoia da so-lo un uomo che ha così tanto l’amato l’amicizia» pre-ga Mohamed, a voce bassa perché monsignor Clave-rie conosce benissimo l’arabo e potrebbe sentirlo.Mohamed Bouchnikhi ha 21 anni ed è musulmano:non è entusiasta all’idea di morire giovane, ma ha de-ciso che non lascerà il suo posto. Come non è fuggitoal sicuro, in Francia, il vescovo, ben conoscendo i ri-schi del suo gesto: non è poi così strano dare la vitaper i propri amici, ripete Claverie nelle sue omelie, vi-sto che prima di noi l’ha fatto Gesù. «Finché c’è an-che una sola persona come Mohamed in Algeria —spiega a chi lo mette in guardia contro i rischi che stacorrendo — vale la pena di restare». A 17 anni di di-

stanza da quel primo agosto 1996 che ha visto morireentrambi in un’attentato all’arcivescovado della città"senza giardini e senza alberi", “crudele e senza om-b re ” evocata dalle pagine di Camus, questa commo-vente storia di coraggio, amicizia e fedeltà al compitoè diventata uno spettacolo teatrale, scritto dal dome-nicano Adrien Candiard, diretto da Francesco Agnelloe interpretato da Jean-Baptiste Germain, un giovaneattore che ha abbandonato una promettente carrieranel mondo della finanza per calcare il palcoscenico atempo pieno. La piéce, in cartellone in più di settantacittà francesi, è approdata all’Institut français – Cen-tre Saint-Louis di Roma il 21 febbraio scorso.

Parte essenziale della messa in scena di «Pierre etMohamed» sono le percussioni — accoglienti, "acqua-tiche" e dolci, oppure taglienti come lame quando lapartitura sonora descrive la «strana angoscia, sorri-dente, quasi allegra» condivisa dai due amici alla vigi-lia del loro ultimo giorno — di Francesco Agnello,musicista prestato al teatro. Un paio di occhiali in-dossati o appoggiati su un leggìo, insieme a un tim-bro più caldo e una maggiore gravità nella voce fannocapire immediatamente al pubblico quando Jean-Bap-tiste Germain interpreta il vescovo o il suo autista;due uomini che non avrebbero potuto essere più di-versi per età, cultura, ideali di riferimento, accomunatidal rifiuto di scendere a patti con la mediocrità, quel-la postura dell’anima «che — scriveva acutamente Ber-nanos — cerca solo certezze solide contro i rischi deldivino».

Il quartiere di San Telmoe (sotto) la scrittrice argentina

(2011) di Greg Zgliński,diplomato alla Scuola dicinema di Łó dź con Kr-zysztof Kieślowski. Pre-miato come miglior filmstraniero al Rome Inde-pendent Film Festival del2011, narra la storia didue fratelli riprendendola storia biblica di Cainoe Abele. Alfred e Jerzy,viaggiando su un treno,assistono ad un incidente:una ragazza viene assalitada un gruppo di teppisti.Jerzy la difende, mentreAlfred assiste passivamen-te alla tragedia del fratel-lo più giovane lanciatodal treno in corsa.

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L’OSSERVATORE ROMANOsabato 2 marzo 2013 pagina 5

Jacques Le Goff alle prese con la «Legenda aurea» di Jacopo da Varazze

Alla ricercadel tempo sacro

di SANDRA IS E T TA

Il titolo in versione italiana (Iltempo sacro dell’uomo. La “Le-genda aurea” di Jacopo da Va-ra z z e , Laterza, 2012) non ren-de giustizia all’accento, di

proposito proustiano, posto sul ter-mine recherche (il titolo originale èinfatti A la recherche du temps sacré.

frequenti che contribuirono alla dif-fusione della Legenda aurea.

Divenuto arcivescovo di Genova,carica che ricoprì fino alla morte (13o 16 luglio 1298), si occupò di pro-blemi anche politico-sociali: nel1295, pur con scarso successo, si fecemediatore tra i gruppi guelfo e ghi-bellino che dilaniavano la città. Sulpiano religioso, potenziò i culti disanti locali: nel 1293, durante il con-

poi integrate nella versione lombar-da della Legenda aurea. È evidenzia-to il costante legame con la sua cit-tà, che omaggiò di opuscoli di agio-grafia locale: Vita di san Siro, un’im-portante Cronaca di Genova e storiedella traslazione di reliquie: del Bat-tista e di altre conservate nel mona-stero dei Santi Giacomo e Filippo.Particolare attenzione è posta sullacomposizione di numerosi “sermonimo dello”: trecentocinque sermonisui santi (Sermones de omnibus san-ctis), centonovanta sulle principalidomeniche dell’anno (Sermones do-minicales), novantanove sermoni sullaQuaresima (Sermones quadragesima-les) e il Liber Marialis, una serie dicentosessantuno sermoni o capitoli,disposti in ordine alfabetico, chepresentano la lunga lista dei simboliriferibili alla Vergine Maria.

È discussa la difficile interpreta-zione del titolo dell’opera principale,essendo tardiva la definizione dellaraccolta come Legenda aurea e facen-te parte di un programma di lanciodi promozione dei primi editori persegnalare l’eccellenza di un testo,prova ne è che anche i sermoni diJacopo, nell’edizione del XVII secolo,saranno denominati “sermoni aurei”,mentre nel medioevo, la raccolta ènominata in due modi, Legenda san-ctorum e Historia lombardica / longo-bardica. Legenda indica qualcosa chesi deve leggere, una buona lettura,termine riferito all’insieme dei testiletti in chiesa, nel refettorio o nel co-ro, ai testi scritturistici che si legge-vano all’inizio della messa, ciò cheva letto riguardo a un santo, vita epassio; il valore “agiografico” dellaparola è infatti conservato nella lin-gua tedesca.

A questo punto, Le Goff osservache il secondo titolo dell’opera, Hi-storia Lombarda o L o n g o b a rd a , appa-re più misterioso e che va ricollegatoal lungo capitolo che riguarda l’arri-vo dei Lombardi in Italia e al fattoche il santorale di Jacopo sia soprat-tutto caratterizzato dall’Italia delNord. Seguono i quesiti sulle reali

del XIII secolo, e pertanto ascrivibilea un’impresa «tutta domenicana»,accanto alle opere di Jean de Mailly,autore di una Abbreviatio in gestis etmiracolis sanctorum, semplice pron-tuario di documentazione offerto aipredicatori, di Vincent de Beauvaisper lo Speculum historiale, vasta com-pilazione storica con capitoli agio-grafici, di Bartolomeo di Trento, conil Liber epilogorum in gesta sanctorum.

L’argomento su cui poggia questainterpretazione “tutta domenicana”,è l’associazione di Leggendari alleCronache che, oltre a Jacopo, com-posero Vincent de Beauvais e Jeande Mailly. Qui notiamo un certo“scollamento”, nell’ignorare la conti-nuità della tradizione tra cultura cri-stiana antica e medievale, che è fre-quente da parte dei medievisti. Valeinfatti la pena di ricordare che l’in-contro tra cronachistica e agiografiavanta radici e autori antichi: uno pertutti, Sulpicio Severo, agiografo disan Martino e anche autore di unaHistoria sacra. La visione “sacra”della storia peraltro è inauguratadalla storiografia cristiana antica, siain opere di vasto respiro, come laHistoria ecclesiastica di Eusebio diCesarea, che Rufino ampliò nelleversione latina, o in trattati di com-pendio, come i Chronicorum libri del-lo stesso Eusebio, tradotti in latinoda Girolamo, o, ancor prima, quellidi Sesto Giulio Africano e in seguitodi Quinto Giulio Ilariano, per citar-ne solo alcuni.

Anche le principali fonti patristi-che della Legenda, Agostino Ambro-

gio Girolamo, testimoniano il debitodi Jacopo non solo per la predilezio-ne dell’esegesi allegorica, ma soprat-tutto per la riflessione sul tempo, sulruolo della Chiesa nella storia, unasorta di “città di Dio” di uomini esanti in cammino nel tempo versoDio. Inoltre, a partire dal V secolonella cronachistica è accentuato ilcarattere “re g i o n a l e ” della storia sa-cra, analogo al riguardo con cui Ja-copo tratta Genova, in un quadrotripartito della storia della salvezza,con epicentro nell’avvento di Cristoe proiettato nella dimensione escato-logica.

Ed è proprio con il tempo liturgi-co dell’Avvento che Jacopo introdu-ce la sua Legenda, la cui originalitàandrebbe dunque ridimensionata al-la ricerca della coincidenza tra tem-po liturgico della Chiesa, per il qua-le non si discosta dall’autorità grego-riana, e santorale, dove i santi diven-gono “marcatori del tempo”. Peral-tro, già Albert Houssiau, arcivescovoemerito di Liegi (La liturgie commemanifestation du temps de Dieu dansle temps des hommes, in Rituel. Mé-langes offerts au Père Gy, Cerf, 1990),sottolineava nella Legendae sanctorumper circulum anni l’importanza dellaliturgia come «memoria della resur-rezione di Cristo, attesa del suo ri-torno e comunione con lui» ossia«manifestazione del tempo di Dionel tempo degli uomini».

Lungo i quattro tempi della storiasacra, allineati a quelli liturgici (de-viazione, da Adamo a Mosè; rinno-vamento, da Mosè alla nascita di

Cristo; riconciliazione, tra Pasqua ePentecoste; peregrinazione, la vitapresente) è articolato il Santorale,che comprende centocinquantatrésanti, come i pesci tirati in barca dasan Pietro (Giovanni, 23, 11), a prefi-gurazione dei “pescatori di uomini”,i futuri cristiani votati a Dio e allasalvezza. Questa è l’intuizione prin-cipale di Jacopo, nella proposta diuno strumento di fede che ricapitolila storia, il fine e il senso dell’uomo.Non è privo di significato che nellaleggenda dell’inventio crucis Jacop oriunisca tutti i quattro tempi attra-verso il divenire del santo legno.Tempo della deviazione: Seth, allamorte del padre Adamo, pose nellasua bocca tre semi dell’albero dellavita. Tempo del rinnovamento: Salo-mone, essendo il legno ribelle al la-voro degli operai, lo fece gettare inun fiume come passerella, che la Re-gina di Saba attraversò presagendola croce e la fine degli ebrei. Tempodella riconciliazione: il legno riemer-se dalla piscina “p ro b a t i c a ” dove Sa-lomone lo fece gettare e fu costruitala croce. Tempo della peregrinazio-ne: sant’Elena rinviene la croce sulCalvario e, dopo Costantino, essadiviene il segno della sacralizzazionedell’umanità.

Alcune pagine sono dedicate allostatuto istituzionale della Legenda,che secondo Le Goff era un testoadottato all’interno dell’ordine do-menicano, nei conventi, nelle scuoledell’ordine (studia), nella stessa uni-versità, che tuttavia Genova ancoranon vantava.

intenzioni di Jacopo, chenon enuncia il suo scopoin un prologo, e sull’uti-lizzo del testo nella pre-dicazione, comprovatodai sermoni-modellocomposti dallo stesso Ja-cop o.

Le Goff passa quindiall’analisi della Legendaa u re a , un’opera da leg-gersi nel quadro del mo-vimento dei predicatori

Jacques de Varagine et la Légende do-rée, Perrin, 2011). Jacques Le Goff èin effetti alla “r i c e rc a ” del senso deltempo della Legenda aurea, l’op erapiù nota dell’arcivescovo genoveseJacopo da Varagine, seconda solo al-la Bibbia per trascrizioni e diffusio-ne.

Ma perché questa necessità di de-cifrarne e organizzarne il tempo?L’obiettivo, già chiaro nell’intro du-zione, è la difesa della dignità lette-raria dell’opera, ridotta a mera com-pilazione erudita da critici “detratto-ri”, tra i quali l’allievo Alain Boure-au, curatore dell’ottima traduzionefrancese per i tipi di Gallimard, concui instaura una bonaria ma funzio-nale polemica.

Secondo Le Goff, la Legenda, purricalcandone la forma, supera i para-metri del genere agiografico dei leg-gendari, poiché una sua corretta va-lutazione non può prescinderedall’opera di apostolato dei domeni-cani, di cui Jacopo offrirebbe uncompendio, non tanto intellettuale eneppure enciclopedico, ma bensìispirato a una mera finalità “prati-ca”. Una summa, insomma, da porsiaccanto alla contemporanea Summatheologiae di Tommaso per lo sguar-do universale sulla rivelazione divi-na, come si evince dall’incipit, «lastoria di questo nostro mondo si di-vide in quattro periodi», una visionetotale del tempo, non astratto maumano e previsto da Dio, suddivisoda Jacopo in tre dimensioni: “tem-p orale” o il tempo ciclico della litur-gia cristiana, “santorale” o il tempolineare nella successione delle vitedei santi, “escatologica” o il cammi-no dell’umanità cristiana fino al giu-dizio.

Quello che Jacopo intenderebbemostrare è che solo il cristianesimoha saputo strutturare e «sacralizzareil mondo per mezzo del tempo».

I primi due capitoli esauriscono iltema biografico e quello delle fontidella Legenda aurea, entrambi inqua-drati nelle peculiarità storico-lettera-rie del secolo XIII. Jacopo è colloca-to nel localismo ligure-genovese: na-to probabilmente a Varazze (1226-1228 circa), ancora adolescente(1244) entra nell’ordine domenicano,quando la chiesa di San Domenicosi trovava nell’attuale piazza De Fer-rari e dove oggi sorge il teatro CarloFelice. Giustamente è dato rilievo al-la sua notevole carriera. Nel 1258 vi-ce priore di Genova e poi priore diAsti e di Genova, nel 1267, al capito-lo generale di Bologna, Jacopo in-contra san Tommaso. Nominatoquindi priore provinciale della Lom-bardia, provincia domenicana che ri-copriva tutta l’Italia del Nord, è de-finito da Le Goff «un domenicanoper l’Europa», con contatti che in-staurò ovunque nel corso di viaggi

cilio provinciale tenutosi a Genova,avviò l’ostensione delle reliquie disan Siro, uno dei primi vescovi dellacittà e per l’occasione compose unaleggenda e un’omelia, che furono

La «Legenda aurea» in un incunabolo tedesco del 1472

«Martirio dei santi Feliciano e Primo»(«Legenda aurea», codice francese del XIV secolo)

Per un’analisi delle norme che disciplinano gli uffici ecclesiastici

La sede vacante tra storia e diritto canonicodi MANUEL JESÚS ARROBA CONDE

Il concetto di sede vacante esprime la condi-zione in cui si viene a trovare un ufficio ec-clesiastico quando manca della persona tito-lare; “ufficio” è il termine giuridico per defi-nire compiti istituzionali stabili predispostial servizio della vita e missione della Chiesa,e include le funzioni di autorità, ai vari livel-li. È rilevante l’uso del termine ufficio in re-lazione all’autorità personale — non collegia-le — dei suoi titolari, che si qualifica comepotestà propria perché struttura la comunitàecclesiale: la sede episcopale, per l’ufficio divescovo diocesano, e la sede apostolica ro-mana per l’ufficio di Romano Pontefice. Lacondizione giuridica di sede vacante incide

Per la sede romana, però, si dice sede to-talmente (p ro rs u s ) impedita e per gli effettigiuridici la si identifica con la sede vacante,retta da leggi peculiari. In dottrina si spiegaabitualmente il principio del nihil innoveturin rapporto diretto alla figura insostituibiledel titolare dell’ufficio. Così, nel nostro caso,su ciò che è oggetto di più rigorosa tutela —le norme sull’elezione del successore — ilfondamento è la fedeltà a quanto stabilitodai predecessori. Rispetto ad altre cose,l’obiettivo è evitare di compromettere la li-bertà del nuovo Papa.

Tale impostazione si spiega nel contestodi un’ecclesiologia come quella tridentina,dove la condizione della sede vacante di unadiocesi si accostava a quella del minore af-

Poi c’è l’unità della Chiesa, messa allaprova dalla elezione di due Papi. Si era pri-ma prevista l’unanimità, poi il concilio Late-ranense III stabilì la regola dei due terzi. Mafu altresì contemplata nel XIII secolo, nono-stante il declino della partecipazione del po-polo romano, l’elezione per acclamazione.Tutto questo senza evitare lotte per fazioni,nazionali ma spesso familiari, con annessii n t e re s s i .

Terzo punto è l’autenticità della naturaministeriale dell’ufficio papale, aspetto sul

Tavola rotondaalla Lateranense

sul servizio ecclesiale annesso, che nell’es-senziale non può venire meno, con note chedanno ragione di tale situazione straordina-ria e qualificano il tipo di potestà dei titolari“interinali”.

Queste note si capiscono meglio se messea confronto con altre due situazioni: sedepiena e sede impedita. Sede piena è la con-dizione caratterizzata dall’esercizio della po-testà ordinaria e immediata da parte del tito-lare proprio; nel caso del Romano Ponteficequella potestà ordinaria, immediata e pro-pria, nella sede piena possiede anche le notedi potestà suprema e universale (con imme-diatezza non solo per Roma).

Sede impedita — la condizione di totaleimpossibilità di esercitare la funzione percattività, esilio, incapacità di comunicare coni fedeli, anche solo per lettera — si descrivesolo per la sede episcopale. Allora possonoprovvedere ad casum la Santa Sede o il dirit-to ecclesiale con figure personali già desi-gnate alla successione, o altre previste dallostesso vescovo ogni tre anni.

episcopale, seppur con valore normativo chefu formulato solo nella compilazione ordina-ta da Innocenzo III, e poi introdotto nelledecretali di Gregorio IX (1234).

Per la sede romana si trova espresso solonel Codex iuris canonici del 1983, ma di fattoera già implicito in determinazioni peculiari.Se guardiamo l’oggetto speciale del divietodi innovare le norme elettorali, credo che lalezione della storia — che ha conosciuto con-tinue modifiche su questo punto, inclusequelle degli ultimi pontefici, quasi sempre disegno opposto a quelle del predecessore im-mediato — vada in un’altra direzione. Osereirapportare il bene della Chiesa a tre valoriche hanno conosciuto diverse tappe.

Il primo valore è quello della libertà, spe-cialmente rispetto a interferenze di poteri ci-vili, ovviamente con mutazioni a secondadelle circostanze di ogni secolo, che vannodalle conferme imperiali dopo la Prammati-ca sanzione di Giustiniano all’autonomiaprotetta in epoca carolingia, passando per lalotta delle investiture.

Pubblichiamo stralci dell’intervento del presidedell’Institutum Utriusque Iuris della PontificiaUniversità Lateranense pronunciato durante latavola rotonda che è stata dedicata alla rinuncia diBenedetto XVI al pontificato e si è svolta presso lastessa università il 26 febbraio.

fidato a un tutore che agiscein nome del minore senzapoter pregiudicarne i dirit-ti; è solo una supplenzaalla mancanza del titolare,a sua volta inteso comeportatore dei diritti dellasede episcopale. Mi sem-bra un’impostazione po-vera non solo nel conte-sto dell’ecclesiologia dicomunione del concilioVaticano II, ma anche allaluce della storia, che offrele prime tracce del principiosin dal III secolo, alla mortedi Papa Fabiano nel 259, ripre-sentandosi spesso per ogni sede

quale ha una speciale rilevanza il Dictatuspapae con la riforma gregoriana. Si cercacioè la qualità spirituale del Pontefice, per laquale la riduzione del potere temporale edegli Stati pontifici rappresenta un momen-to molto rilevante. Alla tutela dell’autenticitàe al contrasto delle ambizioni rispondono lemisure sul voto segreto e la nullità del votoper se stessi.

Non ha rilievo normativo il fatto che lasede vacante si produca per rinuncia. Nonc’è vuoto normativo, né si può intendere lararità come l’opposto della normalità, siapure quella, peculiare, di ogni sede vacante.

La rarità consiste solo nella frequenza po-co abituale della rinuncia al ministero petri-no. Alcuni casi di rinuncia furono frutto di

Moneta coniata durante la sede vacante del 1846

pressioni, pur fatte per il bene della Chiesa;quella di Celestino V è la più vicina a quelladi Benedetto XVI, ma non è identica. Cele-stino V si riferì al bene della Chiesa, ma an-che al personale desiderio di una vita piùperfetta, contemplativa. In un contesto ec-clesiologico gerarchizzante dovette chiederelumi e disporre espressamente sulla legitti-mità della rinuncia. C’era contrasto infattitra chi la riteneva impossibile, non essendocisuperiore al quale presentarla per la sua ac-cettazione, o chi la considerava coerente colcarattere illimitato della potestà papale, cheincluderebbe anche il potere di rinunciare.

Solo alcuni decretisti del XIII secolo ipo-tizzavano la possibilità di rinuncia per età

o per malattia. Il successore di CelestinoV, Bonifacio VIII, introdusse questo

chiarimento nel suo corpo normativo(il Liber VI).

In un contesto di ecclesiologia dicomunione, peraltro, tra i modicon i quali si verifica la vacanza diun ufficio, proprio la rinuncia èquello che offre l’occasione più ni-tida per esprimere la natura mini-steriale e di servizio degli uffici diautorità; in maniera speciale nelcaso del Pontefice, perché la ri-nuncia è legata esclusivamente a

una sua decisione libera.Nel caso dei vescovi, la rinuncia è

invece legata all’età e a una norma dilegge che solo in apparenza è stabilita

in termini non strettamente vincolanti.Questa decisione libera è infatti per il bene

della Chiesa, dopo aver esaminato davanti aDio la propria coscienza nonché il vigoredelle proprie forze rispetto allo svolgimentoadeguato del servizio.

Gli aspetti canonici non si esauriscononella letteralità delle disposizioni normative,ma sono inseriti in contesti che ne valorizza-no il significato. Così, in questa precisa cir-costanza di sede vacante, ai valori di libertà,unità e autenticità ministeriale che danno ra-gione del principio di non innovare e di al-tre regole — dal divieto di trattative al segre-to, e così via — si aggiunge, credo, uno spe-ciale richiamo al bisogno di garantire, anchenel ministero petrino, la centralità della nor-ma missionis.

Tale norma non annulla la persona di chiè chiamato a questo servizio, che anzi si raf-forza nella coerenza della coscienza persona-le. Ma la missione esige, al contempo,l’umiltà di rifuggire da personificazioni delministero e la disponibilità al rinnovamento.

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 6 sabato 2 marzo 2013

Leader cristiani degli Stati Uniti chiedono all’amministrazione attenzione ai più vulnerabili

La religionee la buona politica

WASHINGTON, 1. «Assicurare l’ob-bligo di promuovere il bene comu-ne, garantire l’equità e difendere ipiù vulnerabili, è buona religione ebuona politica»: è l’indicazione cheemerge da una lettera che un centi-naio di rappresentanti di varie con-fessioni cristiane negli Stati Unitihanno siglato per esortare il Gover-no e il Congresso a un accordo sullepolitiche di bilancio che preservi lefasce più deboli della popolazionedalle conseguenze dei tagli alle spe-se. La lettera reca la firma di per-soalità che hanno aderito al «Circleof Protection», sorto nel 2011: unarete di contatti tra leader cristianiche si richiamano a una dimensioneetica dell’economia e che intendonooperare per sensibilizzare istituzionie società.

Anche l’episcopato cattolico haaderito all’iniziativa nata nel 2011.La lettera reca infatti le firme, tra glialtri, di tre presuli cattolici, incarica-ti all’interno dell’episcopato di gui-dare altrettante commissioni: il ve-scovo di Stockton, Stephen EdwardBlaire, presidente della Commissio-ne per la giustizia nazionale e losviluppo umano della Conferenzaepiscopale; il vescovo ausiliare diBaltimore, Denis James Madden,presidente della Commissione pergli affari ecumenici e interreligiosi eil vescovo di Des Moines, RichardEdmund Pates, presidente dellaCommissione per la giustizia inter-nazionale e la pace. Tra i sottoscrit-tori anche il presidente del CatholicRelief Services, Carolyn Woo e ilpresidente di Catholic CharitiesUsa, padre Lary Snyder. «Il Gover-no e altre istituzioni hanno una re-sponsabilità condivisa di promuove-re il bene comune di tutti, soprat-tutto dei lavoratori e delle famiglie

che lottano per vivere in dignità inperiodi difficili dal punto di vistaeconomico», hanno sottolineato ivescovi cattolici in una lettera invia-ta nei mesi scorsi al Congresso diWa s h i n g t o n .

Tenere in considerazione un ap-proccio equilibrato che tuteli le ra-gioni di bilancio con la necessità disalvaguardare le fasce sociali più de-boli è dunque la strada da persegui-re anche per il «Circle of Protec-tion». Nella lettera si sottolineal’apprezzamento per l’imp egnodell’amministrazione Obama e delCongresso al fine di «proteggere ipoveri e i programmi base di cuibeneficiano molte persone che vivo-no in condizioni di povertà» ma siricorda anche che «l’obiettivo deinegoziati sul bilancio della nostranazione non dovrebbe basarsi su chitra i politici vince e chi perde» masul fatto invece «che le decisioni ri-flettano i nostri valori». Nella lette-ra si conclude che «le nostre sfidenon devono essere risolte aumentan-do l’aggravio per coloro che Gesùha chiamato “uno di questi miei fra-telli più piccoli” (Ma t t e o , 25)».

Importanti scelte debbono per-tanto essere fatte: si tratta, in parti-colare, osservano da tempo i rappre-sentanti della rete, di garantire an-che la sopravvivenza a una serie diprogrammi di assistenza fiscale perle famiglie povere e a basso reddito.Tra i programmi statali per i quali siconsidera importante garantire ilflusso di risorse vi è, per esempio, ilChild Tax Credit, che prevede so-stegni alle famiglie povere consen-tendo loro di ridurre il contributofiscale per ogni figlio minorenne.

Altri esempi sono il SupplementalNutrition Assistance Program, chefornisce aiuti per l’acquisto di gene-

ri alimentari: in questo caso, i bene-ficiari ricevono una carta elettronicaprepagata che possono utilizzareper pagare i prodotti alimentari.Oppure lo Special Supplement Nu-trition Program per le donne, ibambini e i neonati al fine di mi-gliorare la nutrizione e lo stato disalute. Tra le necessità vi è anchequella di garantire i sussidi agliagricoltori. In base a un rapportopubblicato dal Census Bureau —l’organo di censimento ufficiale delGoverno — un cittadino su sei risul-ta povero e le diseguaglianze traclassi sociali diventano sempre piùevidenti.

Particolarmente preoccupante èpoi la situazione dei minori poveri,la cui percentuale è passata dal 20,7per cento del 2009 al 22 del 2010.Tra le comunità in generale, quellaafro-americana presenta il tasso dipovertà più elevato. Uno dei firma-tari della lettera, il presidente delNational Council of Churches, Ka-thryn Lohre, ha dichiarato che lapovertà infantile «è una scandalosarealtà», aggiungendo che le politi-che fiscali «hanno finora non consi-derato il fatto che già 46 milioni distatunitensi vivono al margine dellasocietà e questo non è accettabile daparte nostra e da parte di Dio».

Il presidente dell’Evangelical Lu-theran Church in America, il vesco-vo Mark Hanson, ha ribadito che il«Circle of Protection è una forte te-stimonianza delle persone di fedeche si uniscono nell’impegno a fa-vore di coloro che hanno fame. Lamisura del lavoro necessario per ri-durre il debito e il disavanzo nondovrebbe essere il guadagno politi-co o la perdita, ma le decisioni do-vrebbero riflettere le esigenze di tut-te le persone, in particolare quellevulnerabili».

Campagna per il sostegno delle attività nazionali e internazionali

Sempre più incisivo l’imp egnodel Catholic Relief Services

WASHINGTON, 1. Prosegue con forteimpegno l’attività della Chiesa cat-tolica negli Stati Uniti sul fronte de-gli aiuti alle fasce sociali più debolisia sul fronte interno che internazio-nale: il Catholic Relief Services(Crs), la Caritas locale, invita tutti ifedeli a offrire il proprio contributocon l’obiettivo «di modificare la vitadi oltre cento milioni di persone inpatria e all’estero, con particolareriguardo alle famiglie colpite dapersecuzioni, guerre e calamità na-turali».

Dal 9 al 10 marzo l’o rg a n i z z a z i o -ne ha promosso una campagna diraccolta fondi che servono al soste-gno di varie iniziative. Si tratta — hasottolineato in una nota pubblicatasul sito dell’episcopato, l’a rc i v e s c o v odi Cincinnati, Dennis MarionSchnurr, presidente del Comitatoper le collette nazionali dell’episco-pato — «di un’opportunità per tuttii cattolici di aiutare le famiglie nelmondo che soffrono. Il Catholic Re-lief Services mette in atto il messag-gio di Gesù per “la cura del più pic-colo dei nostri fratelli e delle nostres o re l l e ” fornendo aiuti umanitari erisorse».

Anche gli stessi Stati Uniti, nono-stante “l’immagine” di Paese ricco,includono ampie sacche di popola-zione povera ed emarginata. Secon-do alcune stime sarebbero oltre 14milioni gli indigenti nel Paese. Inquesti ultimi anni, il Crs ha sensibi-lizzato le autorità federali sulla ne-cessità di preservare gli enti caritati-vi dal tagli al bilancio. «La preoccu-pazione corrente — ha dichiarato inun significativo intervento all’agen-zia Catholic News Service, il vesco-vo di Stockton, Stephen EdwardBlaire, presidente della commissioneper la giustizia nazionale e lo svi-luppo umano della Conferenza epi-scopale — rimane centrata sul soste-gno ai poveri e ai più vulnerabilinella nostra società. Non possiamotrascurarli, mentre nel frattempo sicerca di stabilizzare la nostra econo-mia». In un altro interventodell’episcopato, era stato sottolinea-to che «la moralità richiede chesforzi appropriati siano compiutiper ridurre il deficit e il debito diuna nazione, ma particolare atten-zione deve essere data affinché i ta-gli non vadano a incidere in modosproporzionato sui più poveri nelmondo».

Il 16 novembre scorso in partico-lare, a pochi giorni dalla rielezionedel presidente Barack Obama, il ve-scovo di Des Moines, Richard Ed-mund Pates, presidente della com-missione per la giustizia internazio-nale e la pace della Conferenza epi-scopale — in una lettera congiunta afirma anche del presidente del Ca-tholic Relief Services, Carolyn Woo— aveva sottolineato l’effetto negati-vo che i tagli porterebbero sugli in-terventi umanitari. Nell’elenco risul-terebbero a rischio programmi in-centrati, fra l’altro, sull’assistenza sa-nitaria, sul contrasto alla diffusionedell’aids e sul sostegno a rifugiati,immigrati e agricoltori.

Il Crs opera a stretto contattocon gli uffici di vari comitati dellaConferenza episcopale e con altreorganizzazioni sul territorio. In basealla stessa nota pubblicata sul sitodella Conferenza episcopale, si evi-denzia che i fondi hanno consentitofinora, tra l’altro, di avviare pro-grammi per fornire risorse idriche inquaranta Paesi in tutto il mondo. InAfrica orientale, in particolare inEtiopia, si osserva per esempio al ri-guardo, il lavoro dei volontari haconsentito di costruire oltre 700 sor-genti di acqua che forniscono acquapotabile a oltre due milioni di per-sone. In Sudan, inoltre, il Crs ha

messo a disposizione strutture perimpartire l’educazione scolastica aigiovani. Oltre 600 docenti hannopotuto mettere a disposizione dellapopolazione la propria formazioneculturale e centinaia di aule sonostate costruite o ristrutturate.

I volontari del Crs sono attivi an-che ad Haiti, per la ricostruzionedel post-terremoto. Nelle fasidell’emergenza, dopo il sisma avve-nuto il 12 gennaio 201o, l’o rg a n i z z a -zione caritativa ha fornito generi ali-mentari a più di 10 milioni di perso-ne. L’intenso impegno è anche peraltre emergenze: per esempio in Ni-caragua Catholic Relief Services e laCaritas Nicaragua hanno unito leforze per tentare di arginare la pia-ga della violenza contro le donnefornendo un programma educativoe di sensibilizzazione per gli uo-mini.

Infine, non minore è anche l’im-pegno per i rifugiati. Negli StatiUniti, ogni anno, sono tra i 50.000e i 75.000 i rifugiati accolti da Paesiin situazioni di forte crisi politica esociale. Il Migration and RefugeeServices della Conferenza episcopa-le, assieme alle strutture caritativesparse nelle diocesi, offre assistenzaad almeno 20.000 rifugiati l’annoche giungono entro i confini nazio-nali.

Messaggio al premier Shinzo Abe in occasione dell’incontro con Obama

I vescovi del Giapponerifiutano il nucleare

TO KY O, 1. No alla corsa agli arma-menti e all’uso dell’energia nucleareper scopi civili e militari. È la ri-chiesta dei vescovi giapponesi alprimo ministro Shinzo Abe, in occa-sione del suo incontro con il presi-dente degli Stati Uniti, BarackObama, avvenuto la settimana scor-sa a Washington. I presuli nipponi-ci, ancora una volta, sottolineano lanecessità di proteggere l’articolo 9della Costituzione del Giappone,che sancisce la «rinuncia esplicita eassoluta alla guerra» da parte delloStato.

Dopo le elezioni generali del di-cembre dello scorso anno, il Gover-no del partito democratico di Shin-zo Abe è tornato al potere, ponen-do nel suo programma la revisionedell’articolo 9 della Costituzioneche trasformerebbe il Giappone inuno Stato che «può collaborare esostenere una guerra». Abe, incon-trando il presidente Obama, ha ri-badito l’alleanza strategica e militarecon gli Stati Uniti.

Di fronte alla possibilità concretadi condurre la nazione verso un at-teggiamento «potenzialmente belli-gerante», i vescovi giapponesi, perfar sentire la loro voce, hanno lan-ciato nei giorni scorsi un accoratoappello, nel quale sostengono che«la pace non può essere raggiuntacon la forza militare. Crediamo che

solo attraverso un dialogo paziente,aperto alla diversità, è possibile co-struire la giustizia, l’uguaglianza e ilrispetto reciproco fra popoli e na-zioni». Modificando l’articolo 9 del-la Costituzione — proseguono i pre-suli nel loro messaggio — ci sarà ilrischio di aumentare la tensione mi-litare nel continente asiatico, conuna conseguente corsa alla militariz-zazione. «Senza l’articolo 9 — so-stengono i vescovi — il Giapponepotrebbe diventare un’altra potenzanucleare, regredendo negli sforzicompiuti fino a oggi per l’ab olizio-ne delle armi nucleari nel mondo».

I vescovi nipponici ricordano alpresidente Obama che «il Governodegli Stati Uniti ha svolto un ruoloimportante nell’elaborazione dell’at-tuale costituzione del Giappone,centrata sul valore della pace».«Oggi — spiegano i vescovi — lamaggior parte delle persone in que-sto Paese sostiene e condivide unaCostituzione non-violenta». Perquesto invitano il Governo guidatodal premier Abe a percorrere «unsentiero di “non violenza” e di coo-perazione con tutte le nazionidell’Asia orientale».

Il forte richiamo dell’episcopatogiapponese contro l’uso delle arminon è certo una novità. Già nel no-vembre del 2011, veniva sottolineatadai presuli la necessità di pensare

con senso di responsabilità alleprossime generazioni, dando priori-tà alla tutela della persona umana edell’ambiente. In un documento daltitolo: «Porre fine all’energia nu-cleare ora: fare i conti con il disastrodel tragico incidente di Fukushi-ma», monsignor Tarcisius Isao Ki-kuchi, vescovo di Niigata e presi-dente della sezione Asia della Cari-tas Internationalis, aveva sottolinea-to quanto fosse urgente fermarel’energia nucleare e investire su fontidi energia alternative. Anche inquell’occasione i vescovi, rivolgen-dosi al Governo e a tutti i cittadininipponici, chiedevano nel documen-to «la fine immediata della produ-zione di energia nucleare», invitan-do a sviluppare al più presto «mezzialternativi per produrre energia si-cura», al fine di colmare l’eventualedeficit energetico che la nazione do-vrebbe affrontare. Appellandosi «al-la cultura e alla saggezza che sonoproprie del popolo giapponese» ivescovi chiedevano ai concittadinidi cambiare e semplificare lo stile divita dando priorità al bene piùgrande che è la tutela della vita e lasalvaguardia del Creato.

L’intronizzazione nella cattedrale di Addis Abeba

Mathias nuovo patriarcadegli ortodossi d’Etiopia

Lutto nell’episcopatoMonsignor Julian Voronovsky, ve-scovo emerito dell’eparchia diSambir-Drohobych degli Ucraini,è morto giovedì 28 febbraio.

Il compianto presule era nato il5 maggio 1936 a Humnynska,eparchia di Sokal-Zhovkva degliUcraini, e nel 1958 era entratonell’ordine dei monaci studitiucraini, studiando al seminariomaggiore clandestino di Leopoli.Il 27 ottobre 1968 aveva ricevutol’ordinazione sacerdotale dalle ma-ni del vescovo redentorista VasylVelychkovsky. Dopo aver svolto ilservizio sacerdotale in clandestini-tà, il 30 settembre 1986 è statoconsacrato vescovo dal presule re-dentorista Volodymyr Sterniuk. Il16 gennaio 1991 è stato nominatoalla Chiesa titolare di Deulto econfermato come ausiliare di Leo-poli degli Ucraini. Nello stessoanno è divenuto archimandrita delmonastero studita e rettore del se-minario dello Spirito Santo.Nell’aprile 1993 è stato nominatoamministratore di Sambir-Droho-bych degli Ucraini e il 30 marzo1994 vi è stato trasferito come ve-scovo residenziale. Il 27 ottobre2011 ha rinunciato al governo pa-storale dell'eparchia.

ADDIS ABEBA, 1. La Chiesa ortodos-sa d’Etiopia ha eletto giovedì po-meriggio il suo nuovo patriarca: sitratta dell’abuna Mathias. Nato nel-la regione settentrionale del Tigray,71 anni fa, ricopriva l’incarico di ar-civescovo etiopico di Gerusalemme.Il patriarca ha ottenuto cinquecentovoti sugli ottocentosei votanti.

Mathias, alla guida di questa an-tica Chiesa d’Oriente che conta og-gi circa cinquanta milioni di fedeli,succede all’abuna Paulos, che è sta-to patriarca dal 1991 fino alla suamorte, avvenuta nell’agosto scorso.L’Etiopia ha circa ottantuno milionidi abitanti, il 41 per cento dei qualidi fede islamica.

La cerimonia dell’i n t ro n i z z a z i o n edell’abuna Mathias è prevista do-menica prossima nella cattedraledella Santa Trinità ad Addis Abeba.Come il suo predecessore Paulos,scomparso all’età di 74 anni, Ma-thias fu costretto a fuggiredall’Etiopia durante il regime diMenghistu Haile Mariam.

La Chiesa ortodossa d’Etiopia èuna comunità cristiana antichissi-ma, dal momento che la tradizionefa risalire le sue origini all’ep o cadegli apostoli. La testimonianza piùnota della sua lunga storia sono lecelebri chiese rupestri di Lalibela,la località sull’altopiano conosciutacome la “Gerusalemme d’Etiopia” ericonosciuta dall’Unesco come pa-trimonio dell’umanità. Nonostantequesta tradizione secolare Mathiassarà solo il sesto patriarca d’Etio-pia: fino a poco più di cinquant’an-ni fa, infatti, pur avendo un’identitàpropria e una propria lingua liturgi-ca (il ge’ez, antenato dell’attuale

amarico), questa Chiesa era unita alpatriarcato dei copti di Alessandriad’Egitto. Fu il papa copto Cirillo VInel 1959 a riconoscerne l’autonomiacome Chiesa autocefala, incoronan-do l’arcivescovo Basilios come pri-mo patriarca. In poco più di cin-quant’anni il patriarcato ha perògià conosciuto una storia travaglia-ta: Teofilo, il primo successore diBasilios, fu incarcerato da Menghi-stu nel 1976 e fu addirittura uccisonel 1979. Il dittatore nominò i duesuccessori, che non furono però ri-conosciuti dalle altre Chiese. Solonel 1991 — con la caduta di Men-ghistu — fu possibile ristabilire lagerarchia della Chiesa d’Etiopiacon l’elezione del patriarca Paulos.Dopo un processo durato dodicianni Menghistu è stato condannatonel 2007 in contumacia da un tribu-nale etiope per genocidio, all’e rg a -stolo, assieme a 108 alti funzionaridi governo. Va aggiunto che il pa-triarca Mathias, in fuga dal regime,ha vissuto lontano da Addis Abebaper oltre trent’anni.

Il suo titolo di arcivescovo diGerusalemme non è certo casuale:il cristianesimo d’Etiopia ha mante-nuto un legame molto stretto con lacittà santa. I religiosi ortodossi vi-vono in un monastero a ridossodella basilica del Santo Sepolcro esono una delle comunità alla qualele ferree regole dello status quo ga-rantiscono il diritto di celebrare ipropri riti nel luogo della morte erisurrezione di Gesù, e proprio nelcortile del suo monastero ogni ve-nerdì fa tappa una delle stazionidella Via Dolorosa.

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L’OSSERVATORE ROMANOsabato 2 marzo 2013 pagina 7

Commenti di cardinali sul pontificato di Benedetto XVI

Tutti i motiviper ricordarlo

Coerenza di un pontificato

Il lavoratoredivenutop ellegrino

Pubblichiamo, quasi integralmente,un articolo uscito sul quotidianospagnolo «La Razón» di oggi, ve-nerdì 1, dell’addetto ecclesiasticodell’ambasciata di Spagna presso laSanta Sede, che da oltre un trenten-nio è corrispondente dal Vaticano perdiverse testate.

di ANTONIO PE L AY O

Dal balcone della sua residenza diCastel Gandolfo Benedetto XVI,ancora Papa per qualche ora, si èdefinito come un «pellegrino cheinizia l’ultima tappa del suo pelle-grinaggio in questa terra». Mi so-no tornate in mente altre parole,che egli pronunciò appena elettoSuccessore dell’apostolo Pietrodalla loggia della basilica Vatica-na: sono «un umile lavoratore del-la vigna del Signore».

Tra queste due frasi ci sonoquasi otto anni di un pontificatocaratterizzato dalla solidità delmagistero e dalla coerenza conuna fede personale vissuta in co-munione con una Chiesa che haattraversato momenti difficili,scossa da tensioni molto forti.

Avendo avuto il privilegio diaccompagnare Joseph Ratzingerin questi anni, mi sento in doveredi testimoniare la mia ammirazio-ne per la sua persona, che non hanulla a che vedere con la papola-tria.

A differenza di quello che ci at-tende, il conclave che lo elessenell’aprile del 2005 si aprì con unacandidatura molto solida — la sua— in quanto il collegio dei cardi-nali non aveva nessuno che potes-se competere, umanamente par-lando, con lui. Bastarono in effettiquattro votazioni perché si rag-giungesse la maggioranza.

Cosa videro i cardinali inRatzinger? Una fede solida, anco-rata non nel fideismo ma nellaconvinzione che fede e ragionenon sono dissociabili bensì unitenella ricerca della verità che, per icredenti, non è altro che la perso-na di Gesù Cristo. A questa virtùteologale incarnata nella sua figu-ra si univa una personalità grotte-scamente definita da alcuni mediacome quella del “panzer cardina-le” o del “pastore tedesco”.

Caricatura che non ha rettoall’analisi e che è perdurata soloperché alimentata dai pregiudizi edalla chiusura mentale. Ratzingerin realtà è molto diverso: è un uo-mo affabile, aperto al dialogo, di-sposto a comprendere le ragioniopposte alla sue idee, convintoche persino nell’errore possono es-serci semi di verità, capace diascoltare e di non imporre nulla anessuno con la forza.

L’analisi e la riflessione sui suoianni di pontificato costituisconouna questione molto complessaperché è stato un periodo dellastoria ecclesiale per niente facile.Chi può negare la sua inflessibilitàdinanzi alla scandalo della pedofi-lia di alcuni settori — minoritari —del clero cattolico? Non ha forsedato prova di volere trasparenzanella gestione delle finanze eccle-siastiche e delle istituzioni legatealla Santa Sede? Come spiegare,per esempio, che in questi annisiano stati costretti a dimettersi di-verse decine di vescovi dai com-portamenti ingiustificabili? È in-tellettualmente ammissibile che siastato presentato come un uomosolitario, scontroso, privo di emo-zioni e di affabilità nei rapporticon gli altri, cristiani o non cri-stiani, religiosi o atei?

Nella sua ultima visita a Milanoha avuto un incontro molto affet-tuoso con il cardinale Carlo MariaMartini, già molto malato. En-trambi hanno parlato con fran-chezza e hanno convenuto sul fat-to che la Chiesa di domani, diquel domani che si forgia già og-gi, dovrebbe essere più evangelica,più pura, più vicina ai poveri e aquanti soffrono, caratterizzata dal-la comunione e dal servizio.

Sono i cesti di vimini cheRatzinger lascia al suo successoreaffinché li utilizzi come ha fatto«l’umile lavoratore della vigna delSignore», che trascorrerà il suopellegrinaggio terreno vicino aGesù Cristo nel ritiro e nella pre-ghiera.

In tutto il mondocelebrazioni e preghiere

ROMA, 1. Da New York a Miami, da Berlino a Varsavia,dalla Costa d’Avorio al Brasile, dal Paraguay al Messi-co, alle Filippine: i cattolici di tutto il mondo si sonofermati, ieri sera, per salutare Benedetto XVI che lascia-va il pontificato. Messe, celebrazioni, raduni di preghie-ra si sono svolti un po’ ovunque, in un clima di grandecommozione. Nella cattedrale di Saint-Patrick a NewYork, dove era stato installato un ritratto del Papa ac-canto all’altare, il vescovo ausiliare Gerald T. Walsh hainvitato i fedeli a pregare per Benedetto XVI, a celebrare«tutta la sua vita» al servizio della Chiesa, ma ancheper i cardinali che designeranno il suo successore, ilquale dovrà affrontare «molteplici sfide», prima fra tut-te «l’ascesa del secolarismo nel mondo». A Miami, nel-la cattedrale di Santa Maria, nel momento esatto in cuiil Papa lasciava il Vaticano, in centinaia si sono tenutiper mano mentre l’arcivescovo Thomas Gerard Wenskiringraziava Dio «per il dono di questo servo di GesùCristo» e «per i cardinali, affinché siano guidati dalloSpirito Santo nell’elezione del nuovo Papa».

A Berlino anche il cancelliere tedesco Angela Merkelha reso omaggio all’illustre connazionale, assieme ad al-

cuni membri del Governo e ai fedeli riuniti nella catte-drale di Santa Edvige, dove l’arcivescovo di Freiburg imBreisgau, Robert Zollitsch, presidente della Conferenzaepiscopale, ha ringraziato Benedetto XVI a nome dei te-deschi per le «parole chiare» pronunciate il 28 maggio2006 nell’ex campo di concentramento nazista di Au-schwitz. E in Polonia, da Varsavia a Cracovia, a Gniez-no, le campane di tutte le chiese hanno suonato a diste-sa alle ore 20, il momento in cui si è chiuso il pontifica-to. Una messa speciale si è svolta nella basilica di Ya-moussoukro, conosciuta come la “copia” di San Pietroin terra ivoriana: «Oggi è un giorno storico per la Chie-sa cattolica — ha detto il rettore, padre Stanislaw Skuza— ma la cosa più importante resta la fede».

Celebrazioni e catene di preghiera nelle parrocchie,messaggi di riconoscenza da parte di vescovi e capi diStato, mentre il suono delle campane accompagnava gliultimi passi di Benedetto XVI come Pontefice: anchel’America latina si è fermata, nelle chiese, davanti ai te-leschermi, per dire «grazie a un uomo — ha affermatol’arcivescovo di Asunción, Eustaquio Pastor CuquejoVerga — capace di un gesto di suprema umiltà».

È un breve profilo di Benedetto XVI“visto da vicino” quello tracciatodal cardinale Tarcisio Bertonenell’intervista — la prima rilasciataalla carta stampata dopo la decisio-ne del Papa — a Darío Menor pub-blicata dal quotidiano spagnolo«La Razón» di venerdì 1° marzo.

«Ci sono tanti motivi — ha dettoil porporato — per ricordare Bene-detto XVI: le sue encicliche, i suoilibri su Gesù di Nazaret, il suo ma-gistero, i suoi viaggi (desidero ricor-dare specialmente i tre in Spagna:voi siete privilegati), la sua atten-zione a temi cruciali nella vita dellaChiesa, come la liturgia, l’unità deicristiani, la sua capacità di dialogocon altre religioni. Sono anche me-morabili la chiarezza e la decisionedei suoi interventi contro la pedofi-lia e, infine, la sua relazione specia-le con i sacerdoti e i seminaristi... Esarà ricordato anche per la sua ri-nuncia, che ha mostrato al mondol’abbandono, servendo sempre Dio,di un Papa che in tutta la sua vita— e non solo come Pontefice — ha

voluto essere un servo in più nellavigna del Signore».

Per il cardinale le sfide da affron-tare nel governo della Chiesa sonocostanti nella vita della Chiesa. «Inprimo luogo che noi tutti i fedeli,pastori e laici, in sintonia con gliinsegnamenti del concilio VaticanoII, scopriamo la ricchezza della no-stra fede e le implicazioni concreteche il messaggio cristiano deve ave-re nella nostra vita personale, fami-liare, sociale, professionale... Un’al-tra sfida è che tutte le istituzionidella Chiesa siano capaci di comu-nicare il messaggio cristiano e di of-frire un motivo di speranza a tuttele persone che servono. E, infine,che questo nostro mondo sia unluogo più umano, più pacifico, piùaccogliente verso tutti, specialmenteverso i poveri e gli ultimi».

Il cardinale Bertone ha poi confi-dato di aver vissuto come segretariodi Stato «momenti straordinari»,alcuni «molto felici» e altri «piùtristi». Ma, ha detto, bisogna «rin-graziare Dio che sempre mi ha mo-strato come la Grazia abbonda, eche il peccato non ha mai l’ultimaparola, perché la Chiesa è di Dio eDio non la abbandona mai, come ciha ricordato Papa Benedetto XVI».

«Di Benedetto XVI — ha conclusoil cardinale Bertone — ammiro l’in-telligenza eminente, la sua pietà, lasua rettitudine di coscienza, la suafermezza nelle decisioni e insiemela sua delicatezza nel tratto, comeho potuto sperimentare quotidiana-mente in questi anni... Tante cose!Ho vissuto la rinuncia come tutta laChiesa: con dolore, per l’amore chetutti proviamo per lui, e insiemecon grande fiducia nel fatto che lasua decisione sia la cosa miglioreper la Chiesa. Le sue parole di do-menica scorsa, quando ha detto cheil Signore lo chiamava sul monte,mi hanno lasciato molto commosso.Il Santo Padre resta con noi. Luinon abbandona la Chiesa, nonscende dalla croce perché la suaadesione alla volontà di Dio è “p ers e m p re ”. Benedetto XVI ama laChiesa e continua ad accompagnar-la nel suo cammino».

In un’intervista a Giuseppe Ru-sconi pubblicata nella rubrica«Rossoporpora», ospitata dalla rivi-sta «Tempi» del 6 marzo 2013, ilcardinale Elio Sgreccia, parlandodella rinuncia del Papa, sottolineache si tratta «di un gesto coraggio-so, di un atto di grande umiltà, an-che di una grande lezione».

Su «Avvenire» del 1° marzo, in-vece, il cardinale André Vingt-Trois,arcivescovo di Parigi, indica — inun’intervista a Daniele Zappalà —nella visita di Benedetto XVI nel2008 il ricordo più forte per i catto-lici francesi, soprattutto «il celebrediscorso al Collège des Bernardinse la messa per il 150° anniversariodelle apparizioni a Lourdes».

Nella stessa edizione del quoti-diano milanese, il cardinale France-sco Coccopalmeiro illustra detta-gliatamente, in un’intervista rilascia-ta a Gianni Cardinale, le caratteri-stiche della sede vacante e le moda-lità di governo della Curia romananel periodo che va sino all’elezionedel nuovo Pontefice.

Ci ha mostratoil volto

di una Chiesaviva

«Mi torna alla mente il capitolo20 degli Atti degli Apostoli quan-do Paolo saluta tutti i membridella comunità di Efeso e loroscoppiano in pianto perché nonavrebbero più visto il suo volto».L’arcivescovo Rino Fisichella haespresso lo stato d’animo con cuiha vissuto l’ultimo giorno dipontificato di Benedetto XVI. «Ècertamente — ha detto in un’in-tervista rilasciata giovedì 28 feb-braio a Radio Vaticana — unmomento di tristezza, ma anchel’occasione per esprimere al Papatutta la nostra gratitudine per ilsuo ministero come successore diPietro». Secondo il presule, que-sto pontificato resterà nella sto-ria per «aver voluto di nuovoorientare lo sguardo della Chiesae dei fedeli sull’essenziale, e cioèsull’annuncio di Gesù Cristo esulla fede in Lui». Una missioneche il Papa ha compiuto «sotto-lineando che la ragione deve pu-rificarsi e allargarsi, perché èchiamata a esprimere al megliose stessa nell’incontro con Cristo.E inoltre dando risalto alla Chie-sa, sottolineando che è viva, eche, nonostante i nostri limiti, èsempre presenza di Cristo risor-to». Ma anche richiamando«con determinazione la Chiesa arimettersi con consapevolezza ecoerenza sulla strada del Vange-lo, contrastando con fermezza icomportamenti che ne deturpa-no il volto». Infine monsignorFisichella è tornato sul gesto del-la rinuncia: «Il Papa ci ha spie-gato che non è sceso della croce,perché la sua vita resta per sem-pre dedicata a Cristo».

Il vescovo Javier EchevarríaRodríguez, prelato dell’O pusDei, in un articolo su «Avveni-re» di giovedì 28 febbraio, sce-glie il passo del Vangelo di Gio-vanni «Non vi lascerò orfani»(14, 18) per esprimere i suoi sen-timenti. «Benedetto XVI non cilascia orfani — scrive tra l’altro —perché prosegue vivo il suo ma-gistero, perché ci farà compagniacon la sua preghiera e il suo af-fetto paterno, perché ogni giornodiventa più forte la sua figura diBuon Pastore e, infine, perché loSpirito Santo continuerà a gui-dare la sua Chiesa con un nuovoromano Pontefice».

Infine, in un messaggio a tuttala famiglia salesiana, il rettormaggiore don Pascual ChávezVillanueva ha espresso ricono-scenza a Benedetto XVI per ilsuo «coraggioso atto di servi-zio», manifestandogli «sincerasimpatia e devozione» e assicu-randogli la vicinanza nella pre-ghiera. «È stato un vero dono diDio alla sua Chiesa e al mondoattuale» scrive. Dicendosi certoche il suo «splendido magistero»e la sua «imponente figura» ri-marranno nella storia, che «faràvedere la sua grandezza umana,il suo vigore intellettuale, la suaprofonda vita spirituale, il suoamore indiviso a Cristo, il suomagnifico servizio alla Chiesa eal mondo».

O maggiosul sito vatican.va

Nuove testimonianze di gratitudine dalle comunità ebraica e musulmana

Un’ancora spirituale contro il secolarismoROMA, 1. «Un’ancora spirituale»contro «l’ondata del secolarismo edel relativismo» e «un’energia posi-tiva»: dalle comunità ebraica e mu-sulmana giungono nuove testimo-nianze di affetto e gratitudine per ilcontributo spirituale e a favore deldialogo che Benedetto XVI ha dona-to al mondo intero durante il suopontificato. In una riflessione pub-blicata sul sito statunitensenewsmax.com, il rabbino ArthurSchneier, fondatore dell’Appeal ofConscience Foundation, dopo aver

ricordato la storica visita compiutadal Pontefice nell’aprile del 2008 al-la Park East Synagogue di NewYork — presso la quale lo stessoSchneier ricopre la carica di seniorra b b i — ha sottolineato che Benedet-to XVI «è stata una voce molto de-terminata contro l’ondata di secola-rismo e del relativismo», aggiungen-do: «Ritengo che sia stato una sortadi ancora spirituale contro la mareache sta investendo l’Europa e la so-cietà secolarizzata». Il rabbino hainoltre «lodato la forte e ripetutacondanna dell’antisemitismo», daparte del Papa. Il rabbino ha com-mentato anche la decisione di Bene-detto XVI di rinunciare al ministeropetrino. Si tratta fondamentalmente,ha dichiarato, «di una decisionepresa da un uomo di fede, con inte-grità, umiltà e sincerità». Il rabbino

offre le sue preghiere a BenedettoXVI, affermando «di essere sicuroche egli avrà la pace della mente edel cuore per portare ancora molticontributi». In un’intervista sul sitodel quotidiano «Le Monde» del 28febbraio, Mustafa Cerić, che è statogran mufti di Bosnia dal 1993 al2012 e, attualmente, presidente delWorld Bosniak Congress, ha ricor-dato che «dopo le critiche seguitealla conferenza di Ratisbona» il Pa-pa, grazie al chiarimento sulle sueaffermazioni, ha di fatto favorito losprigionarsi di «un’energia positi-va». Infatti, ha osservato, «quelleaffermazioni hanno spinto 138 intel-lettuali musulmani a firmare unalettera chiedendo al Papa e ai cri-stiani di lavorare insieme per dellerelazioni fondate sulla pace e sullagiustizia attorno all’amore di Dio».

Intervista al comandante della Guardia Svizzera

Uomo e Papa umile ed esemplareLa Guardia Svizzera Pontificia ac-compagnerà Benedetto XVI con lapreghiera. Lo ha assicurato il co-mandante del Corpo, Daniel RudolfAnrig, in un’intervista rilasciata gio-vedì 28 alla redazione tedesca dellaRadio Vaticana. «Benedetto XVI —ha detto — è un esempio da seguirenella ricerca della verità». Il coman-dante ha rilevato come «si è semprepercepita la cordialità del Santo Pa-dre quando incontrava le GuardieSvizzere, sia durante il loro servizioma anche al momento del loro con-gedo». Secondo Anrig, «BenedettoXVI è un uomo umile, un uomoesemplare per tutti noi. Abbiamosentito come la simpatia che il po-polo, i pellegrini gli hanno dimo-strato lo abbiano molto commosso.Standogli vicino, l’abbiamo potutopercepire chiaramente».

Anche il sito della Santa Sedewww.vatican.va ha voluto dedicareun omaggio al pontificato di Bene-detto XVI. Lo ha fatto con un al-bum fotografico on line di 62 pagi-ne, al quale si può accedere dallahome page del sito nelle versioni te-desca, inglese, spagnola, francese,italiana e portoghese. Si tratta di

una cronistoria del pontificato ri-percorso attraverso gli avvenimentipiù significativi — dall’elezione del19 aprile 2005 fino al Concistorodell’11 febbraio scorso, concluso conl’annuncio della rinuncia — illustratida immagini e corredati da testi pa-pali.

Un momento della messa in omaggio a Benedetto XVI nella cattedrale di Santa Edvige a Berlino

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 8 sabato 2 marzo 2013

A Castel Gandolfo le ultime immagini del pontificato di Benedetto XVI

Come le pagine di un libro

Il saluto in VaticanoUna piccola folla è raccolta nel Cortile di SanDamaso verso le 17 di giovedì 28 febbraio: sonoecclesiastici, religiose, ma anche dipendenti laicidel Vaticano con i loro familiari. In modo com-posto, alcuni col volto rigato di lacrime, attendo-no che Benedetto XVI scenda per l’ultima voltadal suo appartamento per trasferirsi a CastelGandolfo.

Un picchetto della Guardia Svizzera pontificiaè schierato con la storica bandiera del corpo pergli onori militari. E quando il Papa appare nelcortile, seguito dall’arcivescovo Georg Gänsweinvisibilmente commosso, i presenti si lasciano an-dare a un caloroso applauso. Davanti all’automo-bile nera pronta a partire per l’eliporto, il primo a

farsi incontro al Pontefice è il cardinale TarcisioBertone, seguito dai superiori della Segreteria diStato. Prima della benedizione, c’è ancora tempoper il saluto dell’autista Pietro Cicchetti, anch’egliin lacrime. «Viva il Papa, viva il Papa» è il gridoche si leva, mentre vengono chiuse le portieredella vettura. Percorso il breve tragitto verso l’eli-porto, Benedetto XVI trova ad attenderlo i cardi-nali Angelo Sodano, decano del collegio cardina-lizio, e Giovanni Lajolo, presidente emerito dellaPontificia Commissione per lo Stato della Cittàdel Vaticano. Quindi si congeda dai presenti e sa-le sul velivolo messo a disposizione dal XXXI stor-mo dell’Aeronautica militare italiana. A bordocon lui — oltre all’arcivescovo Gänswein, prefetto

della Casa Pontificia — i monsignori LeonardoSapienza, reggente della Prefettura della CasaPontificia, e Alfred Xuereb, della Segreteria parti-colare; il medico personale Patrizio Polisca el’aiutante di camera Sandro Mariotti.

Alle 17.07 il decollo. Accompagnano la parten-za del Papa il suono a distesa delle campane del-la basilica di San Pietro e i fazzoletti sventolatida un drappello di fedeli sulla sommità della cu-pola. Sulla piazza sottostante una piccola folla èradunata davanti ai maxischermi che trasmettonole immagini in diretta. E mentre qualcuno innalzauno striscione con la scritta Danke, la sagomabianca dell’elicottero si allontana all’orizzonte.

di MARIO PONZI

E alle 20 precise il pesante portonedi legno del palazzo pontificio diCastel Gandolfo si è chiuso. Lenta-mente. Come se si stesse chiudendola copertina di un libro che raccontauna storia grande. Qualcuno, sullapiazza di Castello ha certamentesentito riecheggiare, proprio in quelmomento, le parole, semplici e cari-che di umiltà, con le quali, pocoprima, Benedetto XVI aveva anticipa-to quel momento: dopo le 20, aveva

partamento che da ieri sera l’ospite-rà per qualche tempo. Quanto?«Forse — ci ha detto il direttore del-le Ville Pontificie, Saverio Petrillo —due o tre mesi. Ma chi può dirlo?Certo è che qui è a casa sua, nelsenso che i luoghi sono familiari. Siè trovato sempre tanto bene qui connoi e abbiamo fatto di tutto, e fare-mo di tutto, per farlo stare ancorabene». Il direttore ha anche fattoaccordare lo Steinway & Sons, ilpianoforte a mezza coda nero spessosuonato da Benedetto XVI nei mo-menti di relax trascorsi a CastelGandolfo. E c’è una piccola dimora

E ancora campane suonate a di-stesa hanno portato a Castel Gan-dolfo l’annuncio dell’arrivo. NelleVille Pontificie, attorno all’elip orto,si era radunata una piccola folla: di-pendenti con i loro familiari, qual-che amico incluso di soppiatto nelgruppo di famiglia, parrocchiani diAlbano che avevano seguito il vesco-vo Marcello Semeraro, latoredell’omaggio e dell’affetto dell’interadiocesi. Nei pressi del velivolo a faregli onori di casa c’erano il cardinaleGiuseppe Bertello e il vescovo Giu-seppe Sciacca, rispettivamente presi-dente e segretario generale del Go-vernatorato, il direttore delle VillePontificie. La comunità di CastelGandolfo ha affidato il saluto uffi-ciale al sindaco Milvia Monachesi eal parroco don Pietro Diletti.

In piazza l’eco di una corale pre-ghiera; i parrocchiani di San Tom-maso da Villanova guidavano la re-cita del rosario e a ogni decina veni-va proposta una frase tratta ora dal-la Caritas in veritate, ora dalla Deuscaritas est. Forte la concorrenza delbrusio causato dall’agitarsi del nutri-to plotone di cameramen, fotografi egiornalisti di tutto il mondo chehanno assediato la piazza della citta-dina laziale sin dalle prime ore delgiorno. Arroccati su balconi e tettihanno trasmesso immagini e notiziein mondovisione, certamente senzaprecedenti, dell’ultimo atto pubblicodi un Pontefice che sta per lasciareil suo ministero visibile.

Tutto si è consumato in una man-ciata di minuti. Tanti quanti è rima-sto Benedetto XVI davanti a loro.Quasi aggrappato al leggio in plasti-ca trasparente che sporge dalla log-gia del Palazzo, sembrava scrutare,con lo sguardo velato di commozio-ne, ogni angolo della piazza, e giùlungo tutta la via che si apre davantial Palazzo, quasi a voler per semprefermare nella sua memoria l’immagi-ne di quel popolo gioioso che avevadavanti a sé, e che confortava la suaidea — espressa già mercoledì scorso

durante l’udienza generale — di unaChiesa che è sempre viva.

Poche parole le sue, pronunciatecon voce rotta dall’emozione sinoall’invito finale: «Andiamo avanticon il Signore, per il bene dellaChiesa e del mondo». E poi la be-nedizione. Un momento, quest’ulti-mo, che resterà emblematico dell’uo-mo-Papa che, come ci ha detto il ve-scovo Semeraro, «costringe ora laChiesa a ripensare a come stare ogginel mondo».

Aveva la voce un po’ rauca il Pa-pa, forse per la forte emozione,quando ha detto «Sia benedettoDio onnipotente... no vi benedicaDio onnipotente...». Poi si è girato.È rientrato nelle sue stanze e le ten-de bianche si sono chiuse alle suespalle. Resterà d’ora in poi nascosto

al mondo. Ma c’è chi già sognaqualcosa di diverso. Don Diletti in-fatti, ha in animo di tentare di con-vincerlo a celebrare la messa per isuoi parrocchiani. I dipendenti delleVille sperano di rivederlo, come giàaccaduto a volte d’estate, tra le lorocase. Per offrirgli ancora una bru-schetta con l’olio buono, o un bic-chiere d’aranciata contro l’arsura.Ma questa è un’altra storia.

detto, «non sarò più Sommo Pon-tefice della Chiesa cattolica», ma«semplicemente un pellegrino cheinizia l’ultima tappa del suo pelle-grinaggio in questa terra».

Evidentemente i fedeli non siarrendono ancora a questa idea edalla piccola folla che è rimastasotto il palazzo sino al «rito dellachiusura» è salito forte il grido«Viva il Papa, nostro per sempre».

È stata lunga e faticosa per Be-nedetto XVI la giornata di ieri,giovedì 28 febbraio 2013, l’ultimadel suo pontificato. Alla stessa orain cui le Guardie Svizzere chiude-vano il portone e lasciavano il Pa-lazzo di Castel Gandolfo, infatti,in Vaticano, a Camera Apostolicariunita, il cardinale Tarcisio Berto-ne prendeva la ferula del camer-lengo e apriva ufficialmente la Se-de Vacante.

Benedetto XVI era già nell’ap-

Grazie per il vostro amoree il vostro sostegno. Possiate

sperimentare sempre la gioia di mettereCristo al centro della vostra vita.

(@Pontifex_it)

Riunita la Camera ApostolicaPer gli adempimenti propri della sede vacante,nella sera di giovedì 28 febbraio si è riunita alcompleto la Camera Apostolica, presiedutadal cardinale camerlengo Tarcisio Bertone,presenti il vice camerlengo, l’arcivescovo PierLuigi Celata, l’uditore generale, il vescovoGiuseppe Sciacca, e i prelati chierici Scotti,Braida, Whitmore, König, Neves de Almeida,Nykiel, Bonora e Lazzaro. Era altresì presenteil sostituto della Segreteria di Stato, l’a rc i v e -scovo Angelo Becciu. Il cardinale Bertone ha

ricordato che la sede vacante «pur essendo ta-le a tutti gli effetti, risente beneficamente delfatto che il Papa Benedetto XVI rimane pre-sente nella Chiesa. Questo fatto — ha aggiun-to — costituisce una immensa ricchezza». Ac-compagnato dal vice camerlengo, dall’u d i t o regenerale e dal decano dei prelati chierici,monsignor Scotti, il cardinale ha poi posto isigilli all’appartamento pontificio del Palazzoapostolico in Vaticano.

la ricchezza del suo pensiero.A Castel Gandolfo Benedetto XVI

è giunto in elicottero alle 17.20 circa.Prima di fare rotta verso la cittadinalaziale, l’elicottero ha volteggiatopiù a lungo del solito nel cielo diRoma, sorvolando piazza San Pie-tro, il Colosseo e altre zone caratte-ristiche della città. È stato il simpa-tico omaggio dell’Aeronautica mili-tare italiana. Roma ha affidato ilcompito di salutare il suo Vescovo,mentre usciva di scena, alla storicacampana sulla torre del Palazzo Se-natorio, conosciuta come “la patari-na”. Suonava mentre il velivolo sor-volava il Campidoglio, un segnale eun invito anche per il sindaco e gliassessori riuniti in Consiglio, a so-spendere la seduta in segno di ri-spetto e omaggio. La patarina, contre rintocchi, alle 20 ha segnalato airomani anche la conclusione delpontificato di Benedetto XVI.

pronta per ospitareBirgit Wansing, la lai-ca consacrata del mo-vimento di Schön-statt, che lo ha sem-pre aiutato a scrivere,nel senso che ha rac-colto appunti a voceo trascritto paginevergate a mano. Nonci farà certo mancare

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L’OSSERVATORE ROMANO marzo 2013 numero 10

Sua madre confrontavatutte queste cose nel suo cuoredonne chiesa mondo

Il nostro grazie al PapaNel salutare con commozione Benedetto XVIvogliamo in primo luogo ringraziarlo.Ringraziarlo per avere accettato che«L’Osservatore Romano» venisse arricchito daun inserto mensile dedicato alle donne nellaChiesa, ringraziarlo perché ha voluto, findall’inizio, aprire alle donne la partecipazione alsuo giornale sia come collaboratrici che comegiornaliste. Il nostro mensile esiste grazie a lui.Ma sappiamo che questa apertura alle donnenon è stata un atto isolato nel suo pontificato:non solo durante questi otto anni la presenzafemminile in Vaticano è aumentata di numeroed è più qualificata, ma in scritti e intervistePapa Ratzinger ha sostenuto sempre la necessitàdi una presenza femminile riconosciuta eascoltata nella Chiesa. Nel difendere evalorizzare la devozione mariana — il segno piùalto dell’importanza del ruolo della donna alcuore della tradizione ebraica e cristiana — egliha scritto: «Omettere la donna nell’insiemedella teologia significa negare la creazione el’elezione (la storia della salvezza) e quindisopprimere la rivelazione». Gli siamo grateanche per la sua difesa della naturale polaritàfra i sessi, in contrapposizione alle teorie delgender, pur riconoscendo «l’uguaglianzaontologica» di uomo e donna: «sono un sologenere e hanno un’unica dignità» in unainterdipendenza reciproca che è presente inciascun essere umano e lo conduce verso l’a l t ro .Interdipendenza che, secondo Benedetto XVI, èoccasione di crescita: «L’uomo è stato creatobisognoso dell’altro perché potesse andare oltrese stesso». Ma questo bisogno costituisce ancheun dramma in potenza: «Insieme saranno unasola carne, un unico essere umano. In questopasso è racchiuso tutto il dramma dellaparzialità dei due generi, della dipendenzareciproca, dell’amore». Dipendenza reciprocache, nella differenza dei carismi, deve esserericonosciuta anche nella vita della Chiesa,rendendola più viva e dinamica, più nuova. (l.s.)

Missionaria della teologiaA colloquio con Sara Butler, membro della Commissione teologica internazionale e docente nei seminari

di GIULIA GALEOTTI

«No, non lo avrei mai immaginato! Fuuna totale sorpresa!». È autenticamentefelice, e quasi ancora autenticamente me-ravigliata, suor Sara Butler quando ricordala sua nomina a membro della Commis-sione teologica internazionale, ormai noveanni fa. Era il 2004: la scelta di GiovanniPaolo II di chiamare due donne nellaCommissione voluta da Papa Montini nel1969 — e poi a lungo presieduta dall’alloracardinale Ratzinger — venne quindi riba-dita nel 2009 per un altro quinquennio da

Benedetto XVI (l’altra è la laica BarbaraHallensleben, che insegna teologia allaFacoltà teologica di Friburgo in Svizzera).Nata a Toledo (Ohio) nel 1938 in una fa-miglia cattolica, dopo aver studiato dalleorsoline ed essere entrata nell’ordine delleMissionary Servants of the Most BlessedTrinity nell’agosto del 1956, Sara Butler siiscrive alla Catholic University of Americadi Washington: «Era il 1961 e le donnenon erano ammesse alla facoltà di teolo-gia. Quindi mi laureai in educazione reli-giosa». Il dottorato in teologia sistemati-ca, conseguito presso la Fordham Univer-sity di New York, verrà nel 1971. Esatta-mente venti anni dopo, la licenza in teolo-gia presso l’università St. Mary of the La-ke (Mundelein Seminary), nell’arcidio cesidi Chicago.

La sua vita personale e professionale è riccadi spunti. Tra gli anni Sessanta e Settantalei era una fautrice del sacerdozio femminile.Poi, però, ha cambiato idea, e l’ha cambiatadopo aver studiato, seriamente e in profondi-tà, il tema.

In quegli anni se ne discuteva moltissi-mo. In tanti credevano fosse semplicemen-te una questione di maschilismo, una proi-bizione priva cioè di giustificazioni intrin-seche. All’epoca lavoravo con la ChurchWomen United, un gruppo ecumenico.Poi, nel 1975, The Catholic TheologicalSociety of America mi chiese di fare unaricerca sullo status della donna nellaChiesa e nella società — e di coordinareuna task force in tema — anche se in realtàla cosa che più interessava era il sacerdo-

zio femminile. Così, quando nel 1976 laCongregazione per la dottrina della fedepubblicò la dichiarazione Inter insigniores,in cui spiegava e confermava l’insegna-mento della Chiesa in tema, il colpo fudurissimo. Senza averlo davvero studiato,decidemmo che il testo non ci convinceva:lo considerammo solo uno dei tanti scritti,preoccupate come eravamo dal voler direla nostra. Quando andai al secondo incon-tro sull’ordinazione femminile nel 1979,scoprii che vi erano due fazioni contrap-poste: quelli che volevano le donne sacer-dote e quelli che volevano una Chiesa cat-tolica senza sacerdoti in assoluto, a pre-scindere cioè dal sesso. I vescovi cattolicidella Anglican-Roman Catholic Commis-sion mi incaricarono di preparare una rela-zione sulla Inter insigniores per spiegare aimembri anglicani della commissione per-ché la Chiesa cattolica continuava a soste-nere l’esclusione dell’ordinazione femmini-le. Quell’incarico mi obbligò a fare unacosa che fino ad allora nessuno di noi ave-va fatto: studiare davvero quel documen-to. Lo feci e ne rimasi folgorata: realizzaiche l’insegnamento plurisecolare dellaChiesa era giusto. Ricordo benissimo che,seduta alla mia scrivania, pensai: «Signo-re, ora dovrò dire pubblicamente che hocambiato idea».

E lo disse...

Oh, sì! [sorride, e gli occhi le brillanodivertiti] I miei colleghi non erano moltocontenti di quello che ascoltavano! Riten-ni fosse doveroso fare seriamente chiarezzain tema e nel 1987 scrissi un articolo, Se-cond Thoughts on Inter Insigniores: provai apubblicarlo in una rivista cattolica, mainutilmente. Per due anni non ci fu verso.Nel 1988-89 presi quindi un anno sabaticoe andai al St. John’s a Collegeville (Min-nesota): volevo cercare di studiare e ap-profondire meglio la questione, che di lì apoco sarebbe tornata al centro della scenagiacché la Chiesa anglicana l’aveva con-cessa. Ricordo benissimo quando, nel1994, ascoltai la notizia: Giovanni Paolo IIaveva emanato la lettera apostolica O rd i -natio sacerdotalis, in cui ribadiva il sacerdo-zio esclusivamente maschile. Fu un terre-moto! Eppure, è tutto così chiaro: Gesùha istituito il sacramento dell’o rd i n a z i o n ecome un’estensione della sua stessa autori-tà. Del resto, come ripeteva il Papa, il ge-nio femminile non ha bisogno di carichegerarchiche per affermarsi nella Chiesa!Ma sono molto comprensiva con quantinon lo capiscono, giacché io stessa primanon lo capivo. Quindi, ogni volta che melo chiedono, sono aperta al dialogo. Hopubblicato diversi articoli su riviste teolo-giche per dare il mio contributo e nel

2007 ho scritto un libro, The CatholicPriesthood and Women; A Guide to theC h u rc h ’s Teaching, in cui non solo tento dispiegare e fare conoscere la posizione del-la Chiesa, ma cerco anche di capire perchécosì tanti facciano fatica ad accettare unatradizione che non è frutto di una sceltadell’istituzione ecclesiastica, ma che è in-vece collegata direttamente alla volontà diCristo.

Una missione perfetta per una donna del suoordine religioso...

Già! Faccio parte delle Missionary Ser-vants of the Most Blessed Trinity, ordineapprovato canonicamente nel 1932, il cuispecifico carisma è la pre-servazione della Fede.Dobbiamo cioè continua-mente cercare di approfon-dire la nostra fede persona-le, affinché possa tramutar-si in un agire retto egiusto. La nuova evangeliz-zazione è dunque il nostroquotidiano agire! (tra l’al-tro, suor Sara Butler è anche consultoredel Pontificio Consiglio per la pro-mozione della nuova evangelizzazione).

Da ventiquattro anni lei svolge un altro com-pito molto importante: insegna teologia dog-matica nei seminari. Come è avvenuto?

Come spesso accade nella vita, un po’per caso. Dopo due mandati nel consiglio

generale della mia comunità (dal 1978 al1988), fui invitata a insegnare teologia inun seminario: un posto si era reso vacanteal Mundelein Seminary, in Illinois. Ormaisono vent’anni che insegno teologia agliuomini che si preparano per il sacerdoziodiocesano. Prima al Mundelein Seminarydal 1989 al 2003, poi, tra il 2003 e il 2010,al seminario di St. Joseph (arcidiocesi diNew York) e ora nuovamente a Munde-lein. Sicuramente non era questo che miaspettavo quando lasciai Toledo, in Ohio,per entrare nella mia comunità religiosamissionaria! Eppure ho scoperto che an-che il seminario ha una dimensione mis-sionaria.

Nell’autunno del 2009 il Fellowship of Ca-tholic Scholars l’ha onorata del CardinalWright Award per «outstanding scholarlyservice to the Church». Crede sia importanteche le donne insegnino nei seminari ai futuris a c e rd o t i ?

Importantissimo, davvero importantissi-mo. È un arricchimento per tutti, per isingoli e per la Chiesa nel suo complesso.Credo aiuti molto gli studenti, i futuri sa-cerdoti, a conoscere le donne e a relazio-narsi con loro: non dimentichiamo che ledonne sono una parte sostanzialedell’umanità! Io ho sempre avuto relazioniproficue e costruttive, anche a distanza ditempo, con i miei studenti, e con i col-leghi. Pur nelle differenze esistenti tra idue seminari in cui ho insegnato, il bilan-cio è decisamente positivo. Ho anche di-

verse colleghe non religiose che insegnanocon me.

Ma sono eccezioni o è la regola nel suo Paese?

Negli Stati Uniti ogni seminario ha al-meno una o due donne che vi insegnano.Per fortuna, dunque, non si tratta assolu-tamente di una rarità. E certo, non do-vrebbe mai esserlo.

Quando finalmentelessi la «Inter insigniores»rimasi folgorata: la Chiesa aveva ragione!E seduta alla mia scrivaniapensai: «Ora dovrò dire pubblicamenteche ho cambiato idea»

Un tempo la mimosa era un fiorecome gli altri. Tutto cambiò all’iniziodel 1946: nel corso dei preparativi perl’8 marzo, Rita Montagnana suggerìdi associare alla ricorrenza un fioreche ne diventasse il simbolo.Fu la fiorentina Teresa Matteia proporre il fiore gialloe profumatissimo che esplodeva proprioin quei giorni e aveva il vantaggiodi essere relativamente economico.Un esempio colorato di pragmatismofemminile, associato a una buona dosedi intramontabile poesia.

Che le donne insegnino nei seminariè un arricchimento per tuttiPer i singoli e per la Chiesa nel suo complessoAiuta molto gli studenti — i futuri sacerdoti —a conoscere le donne e a relazionarsi con loro

Sara Butler hainsegnato teologiaprima al MundeleinSeminary (arcidiocesidi Chicago, 1989-2003) e poi, fino al2010, al seminario St.Joseph (arcidiocesi diNew York).Attualmente è tornataal MundeleinSeminary, dove èprofessore emerito diteologia sistematica.Per la Conferenzaepiscopale statunitenseè stata consulenteteologica, facendoparte di diversicomitati dal 1973. Perla Santa Sede, invece,è stata membro dellaCommissioneinternazionaleanglicana-cattolica(1991-2004) e dellaConversazioneinternazionale tracattolici e battisti(2008-2011). Dal 2004è nella Commissioneteologicainternazionale.do

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L’OSSERVATORE ROMANO marzo 2013 numero 10

Inserto mensile a cura di RI TA N N A ARMENI e LU C E T TA SCARAFFIA, in redazione GIULIA GALEOTTIwww.osservatoreromano.va - per abbonamenti: [email protected] a

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Di fronte al dragoLa lotta di Marina contro il male rivela che nella tradizione agiografica donne e uomini sono uguali

di SANDRA IS E T TA

Marina, in greco Pelagia, nelleversioni latine della passio di-viene Margherita e con questoappellativo viene celebrata il20 luglio. I manoscritti perve-

nuti risalgono al IX secolo ma il nucleo origi-nario è più antico. Margarita, la perla, è sim-bolo dell’umiltà per le sue piccole dimensioni:nel testo greco, Marina riferisce a se stessal’attributo “p erla” per indicare la sua castità,la sua anima, la sua virtù, significati che pos-sono giustificarne la trasformazione in nomeproprio. Le versioni latine insistono infatti sul-le doti morali della santa, sfumando l’accentooriginario posto invece sulla sapienza, con cuiMarina giunge alla conoscenza della verità,anche di quella segreta sull’origine delle forzedel male.

La sua vita sembra una favola: bellissima,figlia di un pagano ma convertita al cristiane-simo dalla nutrice, viene chiesta in sposa dalpotente governatore della provincia. Ma lafanciulla ha già scelto di essere solo di Dio erifiuta il pretendente, andando incontro, co-raggiosamente, al martirio.

Rinchiusa in una prigione segreta, sola, pre-ga Dio di mostrarle il reale nemico contro cuidovrà combattere: ed ecco in un angolo buio

compare un dragone orribile che l’afferra e lainghiotte. Protendendo le mani in segno dicroce, Marina provoca nel mostro l’esplosionedel ventre da cui fuoriesce lasciandolo a terramorto.

protettrice delle partorienti: le future madri,infatti, per scongiurare i pericoli del parto, siposavano sul ventre gravido un libro della vitadi Marina, o meglio ancora, se era possibile,una delle “c i n t u re ” della santa conservate inFrancia. Una devozione tutta al femminile,dunque, in linea con la tradizione agiograficain cui, come in altre passiones, nella santità siannullano le disparità di sesso e nella lottacon il male uomini e donne diventano perfet-tamente sostituibili.

L’incontro con il demonio, un vero e pro-prio combattimento con il male, ha assicuratoa questa passio una fortuna strepitosa, sia lette-raria che iconografica, dove Marina è ritrattanell’attimo in cui un mostruoso drago la in-ghiotte, per poi uscirne illesa.

di ANNA POZZI

«N el male assoluto il Diodegli occidentali perme si è fatto presenza.Chiusa nella sofferen-za non riuscivo a fare

posto agli altri. Finché Lui non mi ha fattoprendere coscienza che appartenevo ancora aun’umanità».

Claire Ly ha il sorriso dolce e la gentilezzatipici degli orientali. Ma ha anche uno sguar-do fermo e pulito, che rivela un animo fortee profondo. Una forza che nasce da una frat-tura, da un dolore, da una perdita. Fratturavissuta nella carne e nello spirito. Storia per-sonale e storia un popolo.

Cambogia, 1975-1979. Claire Ly, come mi-lioni di suoi concittadini, subisce la folliamortifera del regime dei khmer rossi, chespazzerà via dal suo Paese due milioni dipersone su sette milioni di abitanti. Riaffiora-no i ricordi di quei tempi bui: «Volevano co-struire una società “pura”, eliminando tuttigli ostacoli a cominciare dalle persone chepotevano pensare, in particolare gli intellet-tuali. Sin dalle prime ore hanno fucilato tuttii professori e gli studenti sino al terzo annodi università, tutti i capiservizio e i notabili,considerati degli imperialisti». E tornano an-che le memorie personali: «Mio padre, miomarito e i miei due fratelli… Sono stati tuttifucilati».

Lei, invece, sopravvive. Ma con il figlio ditre anni e la figlia in grembo, viene deportatain un campo di lavoro forzato, costretta a“purificarsi” attraverso il lavoro nelle risaie ei corsi di indottrinamento.

All’epoca Claire è una giovane donna bud-dhista. Docente di filosofia, è responsabiledel dipartimento del ministero dell’I s t ru z i o n eper la traduzione dei libri scolastici dal fran-cese, si ritrova da un giorno all’altro a essereuna “nemica”. Perché intellettuale. Perchéborghese. Dunque, da sottoporre a rieduca-zione. Deve spogliarsi di tutto, persino dellasua lingua khmer più raffinata e colta.

E allora si rifugia nel silenzio. Un silenziocolmo di rabbia, di frustrazione, di indigna-zione. Che non può dire a nessuno. Perchénon c’è nessuno con cui confidarsi e di cuifidarsi. E allora da quel silenzio viene fuoriun grido di rabbia e di ribellione. Controqualcuno di più grande e di più potente,contro qualcuno che a quel tempo Clairechiama il Dio degli occidentali.

«Perché per me — racconta — in quel mo-mento l’Occidente era colpevole. E dunqueanche il loro Dio era per me il colpevoleideale. Il buddhismo dice che se non puoi

vo cammino che è costretta a intraprenderein un’altra terra, la Francia, che l’accoglie,ma la fa sentire anche diversa ed estranea,che le propone percorsi di integrazione cheperò rischiano di disintegrarla. È qui che tro-va la forza e l’accompagnamento che la por-teranno dalla saggezza di Buddha versoquella che Claire chiama «la follia d’a m o redi Gesù Cristo».

Dal 1980 Claire Ly vive nel sud della Fran-cia, dove si è ricostruita una vita di insegnan-te, scrittrice e conferenziera, insieme ai suoifigli. Qui ha ricevuto il battesimo, ma ha an-che vissuto la difficile condizione dell’esule.Senza mai rinunciare a gettare ponti tra lasua cultura orientale e quella dell’O ccidente,tra le sue origini buddhiste e la fede cattoli-ca. «Questo dialogo a partire dalla vita —spiega — mi permette di poter dire Gesù Cri-sto con maggiore forza».

Ed è quanto racconta anche nel suo terzolibro La Mangrovia. Una donna, due anime(Pimedit, 2012), un romanzo-verità, che traespunto dal vissuto personale dell’autrice.«Anche questo libro nasce da una frattura eda una grande sofferenza — scrive — quellache ho vissuto durante i quattro mesi trascor-si nel 2009 in Cambogia, dove ho assistitoad alcune sedute del Tribunale per i khmerrossi. Un tribunale costruito su un malintesodi fondo. Perché la legge non basta; serveanche la dimensione spirituale, per permette-re alla vittime di sublimare tutte le loro soffe-

renze. Io sono stata aiutata dalla mia fedecristiana, ma anche i buddhisti dovrebberofare questo processo. Oggi è sempre più dif-ficile dire chi sono le vittime e chi i carnefici;alcuni sono al potere, altri sono integrati nel-la società, altri sono pure nella Chiesa. An-che se hanno del sangue sulle loro mani. C’èun diniego di quel periodo; non se ne parla.Eppure continua a toccarci troppo da vicino.Come fare perché le persone possano parlar-ne e parlarsi? Non è solo un dovere dellamemoria, è anche un lavoro per guarire le fe-rite dell’anima e aiutare il processo di verità,riconciliazione e ricostruzione del Paese».

Nel libro, Claire Ly racconta la storia didue donne, che sono in qualche modo le suedue anime. Sullo sfondo, c’è la Cambogia dioggi, strattonata tra un passato di tragedia —la dittatura dei khmer rossi a fine anni Set-tanta — con cui fa fatica a fare i conti e unfuturo ancora tutto da costruire. Ma ci sonoanche i rapporti tra Oriente e Occidente e inparticolare le sfide sempre più attuali dellemigrazioni, con tutto ciò che questo implicain termini di integrazione o di “adozione”. Epoi il tema matrimoni misti, “luogo” privile-giato e delicato di incontro tra culture eidentità diverse, attraverso la vita concretadelle persone.

Un libro che scende nelle profonditàdell’anima, per trarne un messaggio universa-le: sulla necessità e la bellezza del dialogo trareligioni e culture, ma anche sull’esigenza diincontrare e di accompagnare l’altro, nel ri-spetto delle reciproche differenze e specifici-tà, in un cammino di crescita comune. Un li-bro che parla anche di speranza e della ne-cessità di un mondo riconciliato, di una so-cietà più umana e della liberazione dell’uo-mo da tutte le moderne forme di schiavitù.

Claire spiega perché ha scritto questo li-bro, che viene dopo altri due dedicati allesue esperienze nei campi di lavoro (To r n a t a

dall’inferno) e al suo primo viaggio nel suoPaese dopo l’esilio (Ritorno in Cambogia).«Volevo prendere un po’ di distanza anchedalla mia stessa memoria, per provare a im-maginare possibili vie di dialogo».

Come quelle percorse dalle due protagoni-ste del libro, Ravi e Soraya, due amiche so-

pravvissute ai khmer rossi, che hanno intra-preso due diverse vie spirituali. Ravi è rima-sta fedele al suo credo buddhista, mentre So-raya si è convertita al cattolicesimo. E comeper i discepoli di Emmaus, il loro viaggio di-venta un dialogo a viso aperto. Un raccontoin cui è facile rileggere la storia personale diC l a i re .

«Il libro — spiega l’autrice — prende il no-me da una pianta, la mangrovia, che crescenel territorio di frontiera tra le acque dolci ele acque salate, e ha bisogno di entrambe.Proprio per questo nell’immaginario cambo-giano la mangrovia è un luogo mistico diprotezione e di purificazione. Credo che siaun’immagine che ci parla anche dell’i n c o n t roe dell’incrocio tra culture in chiave di speran-za. Un incontro che è matrice di una nuovagenerazione di persone, dove le culture e lereligioni imparano a conoscersi nella verità ea fecondarsi a vicenda. Ricordando che Gesùci aspetta sempre in Galilea, crocevia dellenazioni».

Il romanzo

Te lo diròun’altra volta

Nell’ambito della ricostruzione dellamemoria della Shoah — genere letterariomolto ricco — sta nascendo un nuovo tipodi memorialistica, quella dei figli deisopravvissuti. Ne costituisce un esempioparticolarmente riuscito il libro di AlbaArikha, Te lo dirò un’altra volta (BollatiBoringhieri, 2013), in cui una giovanedonna intreccia le esperienze della suaadolescenza di giovane francese degli anniOttanta con i racconti, frammentari maproprio per questo ancora più suggestivi,della vita del padre, delle nonnesopravvissute allo sterminio nell’E u ro p aorientale. Dipanandosi fra la Parigisecolarizzata e ricca e l’Israele delle guerree della religiosità ortodossa che Albavisita regolarmente per ritrovare moltiparenti, la vicenda riporta la memoriadello sterminio nella nostra vitaquotidiana, dove chiede di trovare unsenso e una espiazione che non sia solo lalenta guarigione delle ferite individuali.(lucetta scaraffia)

Il film

L’animae la carne

Nel 1957 le suore dei film potevano essereancora pure e fedeli alla loro missione, esuscitare entusiasmo nel pubblico: cosìfece suor Angela, magistralmenteinterpretata da Deborah Kerr, che ottenneuna nomination per l’Oscar in questaparte nel film L’anima e la carne (titolo

originale HeavenKnows, Mr.Al l i s o n , regia diJohn Huston).La storia sisvolge inun’isola delPacifico, dovearriva un marinenaufrago e trovauna suoramissionaria, conla quale dovràsuperare unaprova difficile:l’arrivo deigiapp onesinell’isola. Ilmarine, rozzo epoco attento allareligione, sapràsalvare entrambidal pericolo,

mentre il rapporto fra lui e la suoratoccherà nodi spirituali imprevisti. Maanche ferirà il cuore di entrambi: il marineinnamorato della suora, la suora —suggerisce il film — tentata ma alla finecapace di rimanere fedele alla suamissione. È duro avere Dio come rivale inamore, sembra concludere il film.E suor Angela è stata senza dubbiouna delle più belle — in ogni senso! —figure di religiosadella storia del cinema. (lucetta scaraffia)

MEDICI COLPEVOLI DI ABORTI SELETTIVI IN INDIA

Cento medici indiani saranno condannati per avercondotto aborti selettivi nel Paese. È stato il ministero perla Salute ad aver avviato l’indagine che ha individuato itrasgressori del Pre-Conception & Pre-Natal DiagnosticTechniques Act, la legge del 1994 che rende illegale l’usodi esami volti a rivelare il sesso del feto. Otre a una multae la sospensione (o cancellazione) della licenza, gliindagati rischiano da 6 mesi a 5 anni di carcere. Il dottorPascal Carvalho, membro della Pontificia accademia perla vita, ha dichiarato ad Asia News di giudicare positivala decisione del ministero: «Usare forti deterrenti puòaiutare a prevenire simili forme di discriminazione». Ilmedico ricorda come la preferenza per i maschi sia«espressione di mancanza di rispetto verso le donne, euna delle cause dell’aumento dei crimini contro di loro»,e come la motivazione alla base sia legata a ragionieconomiche. Emerge, del resto, anche dal documentarioIt’s a Girl (2012): il disprezzo verso le donne cominciaprima della nascita e dura (per quante riescono a nascere)tutta la vita. Non v’è, infatti, solo il problema della dote,ma anche del rispetto per la donna sposata, legata allanascita di un maschio. Inoltre, in alcune provincedell’India è ancora diffusa l’usanza del sati, l’immolazionedella vedova sulla pira del marito defunto: presentatocome un rituale volontario, si tratta in realtà di un modo

per liberarsi del peso economico di una donna rimastasola. Infine va ricordato come gli aborti selettivi nonsiano limitati a bassi livelli economici e sociali, essendodiffusi anche tra le famiglie di ceto medio-alto. «Secondoil recente studio Skewed Sex Rations in India: Physician,Heal Thyself — ha concluso Carvalho — nel Paese lefamiglie di medici hanno più figli maschi che femmine».

PR E M I AT E IN PERÚ LE MISSIONARIE DI SAN COLOMBANO

La Congregazione delle Suore Missionarie di SanColombano è tra i vincitori della Medaglia di SantoToribio de Mogrovejo, conferita dalla ConferenzaEpiscopale peruviana (Cep) per il contributo fornito allaChiesa locale. A consegnare l’onorificenza sono statimonsignor Salvador Piñeiro, arcivescovo di Ayacucho epresidente della Cep, e monsignor Lino Maria PanizzaRichero, vescovo di Carabayllo e segretario generale dellaCep. Le Missionarie di San Colombano, giunte in Perúcinquant’anni fa, vivono tra gli ultimi nella periferia diLima, nella regione del deserto di Ica (a sud dellacapitale) e recentemente al centro del Paese, vicino aAyacucho, in una zona dove si parla prevalentemente ilquechua. Dedite a istruzione, attività mediche e sociali,promuovono iniziative per giovani, famiglie e anzianinelle parrocchie, e sono coinvolte nella promozione dei

diritti delle donne. La congregazione, che conta oggi 183religiose in 41 case sparse tra Asia, America, Regno Unitoe Irlanda, fu fondata il 1º febbraio 1922 a Ennis (Irlanda)da John Blowick della Società di San Colombano. Laprima missione venne fondata in Cina quattro anni dopo.

SEDICENNE DI NAZARET C O L P I TA DALL’ACID O

Un uomo ha tirato dell’acido in faccia a una sedicennearaba di Narazet. Attaccata a un respiratore a causa delleferite in bocca, i dottori dell’ospedale Rambam di Haifatemono possa perdere la vista. La polizia ha arrestato uncinquantenne: si ritiene che l’uomo abbia aggredito laragazzina dopo il suo rifiuto di sposare un membro dellasua famiglia.

ANNA SCHÄFFER

Il 17 marzo di quarant’anni fa, presso la curia vescovile diRatisbona, iniziava il processo informativo per labeatificazione di Anna Schäffer (1882-1925), che sarebbeterminato il 14 maggio 1977. Laica, vissuta in Baviera conla responsabilità dei fratelli piccoli dopo la morte deigenitori, Anna fu per anni inferma a letto. Volevadiventare missionaria, ma un grave incidente nella

lavanderia in cui lavorava quando aveva solo diciannoveanni — cadde in una vasca di acqua bollente con lisciva,riportando ferite da cui non guarì mai — la rese persempre invalida. Da quel momento, e fino alla morteprematura (avvenuta a soli 43 anni), Anna Schäffer fusempre pronta a offrire ascolto e consiglio, e a pregareper tutti. Beatificata nel 1999 da Giovanni Paolo II, cheelogiò la sua vita passata tra «malattia e debolezza», èstata canonizzata da Benedetto XVI il 21 ottobre 2012 (lasua memoria liturgica ricorre l’8 ottobre).

I PICCOLI E VA N G E L I Z Z AT O R I DEL PA K I S TA N

Nell’Anno della Fede, l’opera di evangelizzazione dellaChiesa in Pakistan passa anche attraverso le bambine e ibambini che, percorrendo il loro cammino cristiano eriscoprendo la fede, diventano «autentici evangelizzatori».Lo ha affermato la Chiesa locale, celebrando lo scorso 17

febbraio a Lahore la Giornata dell’infanzia missionaria.Come riferito a Fides, nella chiesa di San Giuseppe esotto la guida del padre francescano Francis Nadeem, lecentinaia di bambini presenti hanno rinnovato il loroimpegno non solo a vivere e approfondire la fede(catechesi e studio), ma anche a dare una testimonianzacristiana negli ambienti in cui vivono. «I bambini hannoun grande ruolo da svolgere all’interno della comunitàcristiana e nell’aiutare altri bambini bisognosi», hasottolineato padre Nadeem. Il sacerdote ha esortato ipiccoli «a crescere nel lavoro missionario, aiutandopoveri, disabili, orfani e bambini di strada, offrendo cosìun contributo alla società pakistana. Voi — ha detto —siete la luce del mondo. Siete la luce della fede,dell’amore, della pace, che si deve diffondere nellasocietà». Durante la celebrazione eucaristica i piccoli,oltre a recitare la Preghiera «Dio fammi strumento dellatua pace» attribuita a san Francesco, hanno voluto

pregare intensamente e in modo particolare per BenedettoXVI negli ultimi giorni del suo pontificato.

DA VENT’ANNI NEL CAMPO NOMADI DI VILLAPIZZONEALLA PERIFERIA DI MILANO

Più di un secolo fa l’arcivescovo di Milano, GiovanniBattista Montini si interessò per primo dei bimbi delcampo nomadi di Villapizzone, parrocchia di SanMartino alla periferia nord di Milano, affidandoli a donMario Riboldi e a padre Luigi Peraboni. Poi, vent’annifa, sono arrivate le Figlie di Maria Ausiliatrice che neltempo hanno letteralmente trasformato la comunità,formata da circa trenta nuclei familiari di Rom Harvati eRom Kalderasa. Un piccolo laboratorio per confezionareindumenti; corsi per imparare a leggere e scrivere; unaroulotte convertita in luogo di preghiera; preparazione aisacramenti; iscrizione di tutti i bimbi alle scuoledell’obbligo e superiori. «Insieme, sacerdoti, religiosi elaici, collaboratori della gioia e della speranza per questifratelli e sorelle Sinti e Rom — hanno detto suor AngelaAnzani e suor Teresina Pesenti al «Bollettino Salesiano»— perché il Campo diventi sempre più casa e spazio divita nuova. Superandone i confini, per tutti».

LA DRO GA TRA I BIMBI ARGENTINI

Se l’Argentina è un Paese particolarmente colpito dallacrisi, un allarme specifico riguarda la situazione deibambini, vittime — tra l’altro — di consumo di droga elavoro minorile. Quanto al primo aspetto, da tempo ilvescovo della diocesi di Neuquén e vicepresidente dellaConferenza episcopale argentina, monsignor VirginioDomingo Bressanelli, ha richiesto l’intervento deciso delloStato per contrastare la diffusione della droga tra igiovanissimi: i dati attesterebbero una diminuzionenell’età dell’inizio del consumo dai 14 agli 8 anni. «Ilproblema della droga è adesso presente anche nelle scuoleelementari» ha affermato il prelato. Quanto invece allavoro minorile, l’Università Cattolica Argentina harecentemente pubblicato un rapporto (Lo stato dellasituazione del lavoro giovanile) da cui emerge che bambinie adolescenti sono impegnati in lavori domestici pesanti,soprattutto nelle famiglie dove gli adulti di riferimentomancano da casa per molte ore, o dove ci sono molti figlidei quali occuparsi. Lo studio ha indicato che,generalmente, il lavoro svolto da bambini e adolescentiinfluisce negativamente sulla loro educazione, perché lamancanza di tempo per lo studio e la stanchezzagenerano un ritardo nel ritmo di apprendimento e dic re s c i t a .

Il saggio

Osare Dio«Si deve avere il coraggio di dirlo. Avereil coraggio di pronunciare il nome diDio», scriveva Etty Hillesum nellesorprendenti pagine del suo camminoumano e spirituale che, passando per ilfumo di Auschwitz, era però indirizzatoverso il Cielo che lo sovrastava. E che lei— giovane ragazza ebrea — imparò avedere proprio nell’orrore del campo. Uncammino in cui il corpo di Etty è statocapace di trasformare il desiderio dell’a l t roin relazione umana con l’altro. Uncammino che due uomini di oggi — p a d reAlessandro Barban, priore generale deicamaldolesi, e Antonio Carlo Dall’Acqua,laico sposato che si occupa di finanzacreativa — hanno ripercorso, passo dopopasso, con lei. Il risultato è Etty Hillesum.Osare Dio (Cittadella Editrice, 2012),complesso volume che accompagna illettore nella conoscenza della «ragazzache non sapeva inginocchiarsi», a partiredal più antico documento fotograficodella famiglia Hillesum, datato 1931. Nellastoria, tanti uomini hanno cercato (opreteso) di raccontare e spiegare con voceloro, la voce di grandi donne. Pochihanno però tracciato percorsi che —facendosi davvero altro da sé — valga lapena di leggere e ricordare. (giulia galeotti)

L’incontro con il demonioha assicurato a questa «passio»una strepitosa fortunaletteraria e iconografica

«Historia sanctae Margaritae» (Firenze, Biblioteca Riccardiana, XIII secolo, ms. 453, fogli 13v-14r)

Per camminare insiemeIncontro con Lytta Basset, docente di teologia protestante e per diciassette anni pastore a Ginevra

«È una forza venuta dall’Invisibileun dinamismo che mobilitaSpetta a noiacconsentire di esporci a esso»

Dalla saggezza di Buddhaalla follia d’amore di Gesù

Inchiesta sul percorso di una donna cambogiana

Come fare perché le persone possanoparlarne e parlarsi?Non è solo un dovere della memoriaè anche un lavoro per guarire le feriteE per aiutare il processo di veritàriconciliazione e ricostruzione del Paese

tenuto il Premio del librodi spiritualità La Panora-ma-La Procure. E pubbli-cherà presto un libro col-lettivo dedicato all’accom-pagnamento spirituale.

Nella sua opera lei attri-buisce grande importanzaalla dimensione affettiva:

«Chiusa nella sofferenza— dice Claire Ly —non riuscivo a fare posto agli altriFinché Lui mi ha fatto prendere coscienzache appartenevo all’umanità»

remoto accompagna la discesa di una colombacon una corona nel becco, le corde si spezza-no e Marina emerge illesa dall’acqua. Condot-ta fuori città, dopo avere detto addio ai suoifratelli e sorelle, viene decapitata mentre pro-

nuncia l’ultima preghiera. Una parte della tra-dizione riferisce la conversione del boia e ilsuo perdono da parte di Marina, a perfettaimitazione cristica. Da questo fantastico episo-dio deriva il culto popolare di Marina come

La martire, come la donna ve-stita di sole di (Ap o c a l i s s e , 12),nuova Eva, porta a compimentola promessa genesiaca. Dall’an-golo sinistro della prigione leappare un altro demonio in for-ma di uomo nero che le rinfacciadi avere ammazzato suo fratelloRufo, il dragone, inviato per uc-ciderla, e di volere ammazzareanche lui con il maleficio dellasua preghiera. La santa lo afferraper i capelli, lo getta a terra, cal-candogli il capo con il piede, eprega. Una luce immensa e im-provvisa pervade la prigione,mentre una croce si staglia dalcielo fino a Marina. Sulla croce,una colomba annuncia alla mar-tire che la corona della vittoria eil paradiso sono preparati perlei, non appena avrà sconfitto ildemonio.

La vittoria non tarda a giun-gere: dopo averlo legato e inter-rogato sulla sua origine e il suonome, Marina abbandona il de-monio nella prigione. Il giornodel martirio, spogliata, i carnefi-ci bruciano il suo corpo conlampade accese, poi provano adannegarla. Marina prega il Si-gnore di trasformare i supplizinella luce della salvezza enell’acqua del battesimo: un ter-

di SY LV I E BA R N AY

Lytta Basset è docente di teolo-gia protestante all’universitàdi Neuchâtel in Svizzera. Per

diciassette anni è stata pastore pro-testante a Ginevra. È autrice di nu-merose opere che hanno segnato ilpanorama del pensiero cristiano de-gli ultimi dieci anni e rinnovatol’approccio ai Vangeli.

In particolare è l’autrice di Guérirdu malheur (1999), Le pouvoir dep a rd o n n e r (1999), Moi, je ne juge per-sonne. L’Évangile au-delà de la mora-le (2003), La joie imprenable (2003),Le pardon originel. De l’abîme du malau pouvoir de pardonner (2005),Sainte colère. Jacob, Job, Jésus(2006), Ce lien qui ne meurt jamais(2007), Aimer sans dévorer (2010).

Anche le sue numerose conferen-ze e i suoi seminari, che rivisitano ifondamenti della cultura ebraico-cri-stiana, l’hanno fatta conoscere algrande pubblico alla ricerca di unalettura viva della Bibbia. È la fon-datrice e l’attuale direttrice della ri-vista «La Chair et le Souffle» checerca di trovare nuove vie, e unosguardo più profondo nell’a f f ro n t a rele grandi questioni teologiche e spi-rituali odierne, con un’attenzionecostante alla chiarezza e all’esigenza

critica. Il suo ultimo libro (colletti-vo), S’ouvrir à la compassion, è statoda poco tradotto in italiano. Unadelle ultime prospettive aperte daLytta Basset si articola attorno allatematica dell’accompagnamento spi-rituale. Nel nostro cammino diumanità come “fare un percorso in-sieme”, per incontrare l’altro e aprir-si all’ospite di passaggio?

Recentemente ha pubblicato Ai-mer sans dévorer, che nel 2011 ha ot-

donne, dal soffio santo che attraver-sa anche loro».

Più precisamente, lei invita a ri-trovare un nuovo soffio? «Preferiscoparlare di “soffio d’a m o re ” piuttostoche di “Spirito santo” p erchél’espressione è più comprensibile epiù accessibile. Nella narrazione bi-blica, il soffio d’amore è un soffioche “d i f f e re n z i a ”, che “distingue”,ossia “rende santi”, secondo l’etimo-logia ebraica della parola “santo”.

mobilita: spetta a noi acconsentiredi aprirci a esso».

È un soffio universale? «Questosoffio, questo processo di differen-ziazione e di santificazione, è ingrado di mobilitare tutti gli esseriumani, e non solo i cristiani. Si si-tua anche agli antipodi dell’esoteri-smo: simile a una “fiamma di un lu-mino” o a un “fuoco di incendio”, èsempre all’opera per unificare ciòche è diviso all’interno dell’e s s e reumano. È proprio questo soffio cheGesù ha voluto far conoscere ai suoicontemporanei e a tutti coloro cheerano pronti ad ascoltarlo: “Tu t t ociò che ho udito dal Padre l’ho fattoconoscere a voi” (Giovanni, 15, 15)».

Questo soffio può ricaricare il cri-stianesimo, il cui “disincanto” (comedice Max Weber) deriva da unafrattura del senso universale? «Sì,nella misura in cui ci lasciamo tra-sportare. E quali barriere potrebbe-ro impedire al soffio d’amore, che ènecessariamente un soffio di verità,di attraversare anche la persona piùermetica o più refrattaria? Esso nonesclude nessuno. Ritorniamo quiall’universalità del messaggio evan-gelico».

Lei insiste molto sulla creazionedi un nuovo linguaggio per dire ilcristianesimo attraverso le parole del

XXI secolo. «Questa creazione si di-mostrerà cruciale. Con un linguag-gio diverso, il senso viene compresoda tutti. Per esempio, come si puòchiamare Dio con parole nuove? Ilpopolo dei credenti ha un potenzia-le di creatività che esige di essere ri-svegliato».

Lei “milita” per una teologia poe-tica? «Credo sia molto importanteriscoprire il linguaggio simbolico,che è onnipresente nella Bibbia.Contrariamente alle dichiarazioniassertive e ai catechismi tradizionali,questo linguaggio ha la capacità dicreare un nuovo legame, di “p a r l a real cuore” di ogni essere umano».

Il cristianesimo si avvicinerebbeallora alla psicanalisi? «Mi sembrache l’atteggiamento di Gesù a taleproposito sia esemplare. Come unterapeuta, Gesù mostra una benevo-lenza incondizionata, per esempionel suo incontro con Zaccheo (Luca,19, 1-27). È il suo modo di accoglie-re Zaccheo, senza un giudizio che locaricherebbe di responsabilità. Cri-sto stesso esprime il suo bisogno ur-gente di entrare in contatto con lui,di fermarsi “a casa sua”».

Cosa può dirci della compassio-ne? «I Vangeli utilizzano un verbogreco molto preciso: “essere com-mosso fino alle viscere”, sempre usa-

to nella forma passiva. All’i m p ro v v i -so si ha come un “nodo allo stoma-co”. L’espressione è molto forte: lacompassione si produce nella carne.Gesù è andato fino in fondo alla vi-cinanza totale con la sofferenza vis-suta dagli uomini e dalle donne cheha incontrato, perché era in contat-to profondo con se stesso: egli erapienamente umano, abitato e attra-versato dal soffio d’amore che lo fa-ceva “v i b r a re ” di fronte alla dispera-zione altrui, e diceva che tutti nesiamo capaci».

E anche rispetto al termine pecca-to «quanto sarebbe necessario rin-novare il linguaggio! Il termine pec-cato è incomprensibile oggi: la real-tà che designa deve essere detta inaltre parole. In tutta la Bibbia ilpeccato è il non-rapporto, la rotturadel rapporto con Dio. Adamo edEva che si nascondono nel giardinodell’Eden, non hanno più bisognodi Dio. Il loro rifiuto dell’alterità licondanna a una ripiegamento. Si ri-chiudono in se stessi».

In Aimer sans dévorer, lei dice chel’obiettivo è una “collaborazione cheha qualcosa del soffio”. «In un lin-guaggio simbolico, il libro della Ge-nesi in effetti racconta come Eva,per esempio, cerchi di colmare lasua solitudine, il suo vuoto, “consu-mando” suo marito. Con il fruttoproibito, Eva in realtà divora l’alte-rità dell’altro, che si è annessa. An-che Adamo divora l’alterità. In se-guito dirà a Dio: “Ho udito il tuopasso nel giardino: ho avuto paura,perché sono nudo, e mi sono nasco-sto” (Genesi, 1, 10), come se sua mo-glie non esistesse più. Non c’è piùrispetto per l’altro, umano o divino,nella sua alterità».

In questa ricerca del rapportos’iscrive l’accompagnamento spiri-tuale? «L’accompagnamento spiri-tuale ha senso solo in una benevo-lenza incondizionata per aiutare lapersona ad avvicinarsi al mistero diun Dio completamente vivo, che di-mora nel suo intimo e desidera con-dividere la sua vita. Implica il rice-vere da un Altro la sua parte di fuo-co, quel “soffio d’a m o re ” donato aPentecoste. Con la riscoperta e lapratica della benevolenza divina checi attraversa, credo che possiamo ri-trovare tutta la freschezza del cri-stianesimo».

perché? «Il rapporto affettivo è inprimo luogo un’esperienza offerta aognuno in un mondo in cui prevaleterribilmente l’utilitarismo. Esso è alcentro dell’incontro tra le persone.È anche al centro dell’incontro tral’umano e il divino. Ebbene, su que-sto punto, le donne devono prende-re la parola. Una grande parte dellatradizione cristiana è stata fatta da-gli uomini. La Chiesa ha un urgentebisogno di lasciarsi rivivificare dalle

“Il vento soffia dove vuole e ne sen-ti la voce, ma non sai di dove vienee dove va” (Giovanni, 3, 8), affermaGesù. Questa espressione del “soffiod’a m o re ” si trova nel Targum al po-sto di “lo spirito di Dio aleggiavasulle acque” (Genesi, 1, 2). Evoca an-che un amore umano che può trova-re un soffio nuovo e non lasciarsiinghiottire. È una forza venutadall’Invisibile, un dinamismo che

conservare la serenità devi costruirtiun oggetto mentale, su cui gettaretutti i sentimenti negativi. Una sortadi capro espiatorio. E allora io hocostruito il mio oggetto mentale,contro cui dirigere i miei sentimentidi collera e di rivolta. Passavo il miotempo ogni giorno a insultarlo. An-che perché — dice con un pizzico diironia — non potevo certo mettermia insultare i khmer rossi!».

Dopo due anni in compagnia di questo“oggetto mentale” Claire comincia a viverlocome qualcosa di familiare. «È diventato co-me un bastone indispensabile — ricorda —come un storpio che trova un ramo a cui ap-poggiarsi, io non potevo più fare a meno diquel Dio per camminare. Questo mi ha evita-to di cadere nella vera follia».

Ormai è il suo compagno di viaggio inquella lunga attraversata del male. Ma c’è bi-sogno di un’altra frattura perché diventiqualcosa di più. La frattura che è insitanell’esperienza dell’emigrazione, in quel nuo-

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Un ricordo della kenyota Wangari Maathai

Indomabiledi MARIA DULCE ARAÚJO ÉVORA

Indomabile. Questo il titolo che Wangari Maathai ha sceltoper la sua autobiografia, pubblicata sei anni prima dellamorte, avvenuta in Kenya il 25 settembre 2011. Prima don-na africana a ricevere il premio Nobel della Pace nel 2004,

Wangari era nata nel 1940 nella pianura verdeggiante del Kenya.Sensibile sin da piccola alle bellezze dell’ambiente, dopo aver

studiato in patria dalle suore benedettine (dove abbraccia la reli-gione cattolica), essersi formata in biologia negli Stati Uniti e inGermania e aver ottenuto il dottorato dall’università del Kenya,Wangari nota il progressivo degrado ambientale provocato dallapolitica coloniale e post-coloniale di deforestazione, attuata perfar posto a piantagioni di caffè, tè e alberi esotici per il legno.

A questa constatazione si aggiungono diversi altri fattori checonvergono nella sua decisione di piantare alberi in tutto il Pae-se. Tra di essi, la preoccupazione del Ncwk (il Consiglio Nazio-nale delle Donne del Kenya di cui fu presidente dal 1981 al 1987),per le donne povere delle aree rurali. In uno spirito di H a ra m b e(“fare insieme”), riesce a coinvolgere le reti del Ncwk sparse peril Paese, chiese, scuole, agricoltori, nella piantagione di alberi.Donne e alberi: sono state queste le linee di azione e le prioritàche ispirarono la sua vita.

Il Gbm — il movimento Green Belt da lei lanciato nel 1977 perrendere più consapevoli non solo i kenioti della situazione ecolo-gica, della carenza di democrazia e di rispetto dei diritti umani —rimarrà legato al Ncwk fino al 1987, quando diventa una ong. Leautorità del Paese in un primo tempo collaborarono, ma le cosecambiarono quando Wangari cominciò a parlare, nei suoi semi-nari e incontri con donne e giovani, di democrazia, di diritti, deiproblemi del Paese e della responsabilità del Governo e deglistessi cittadini.

La lotta tra lei e il Governo diventa ancora più ardua quando,nel 1989, si oppone al progetto di costruzione, nel cuore del Par-co Uhuru, di un complesso di sessanta piani che avrebbe forte-mente danneggiato l’equilibrio ecologico del suo Paese. Riuscì afar arrivare la sua voce dentro e fuori i confini nazionali, coinvol-gendo la stampa che in genere si è sempre schierata dalla suaparte, così come l’allora arcivescovo di Nairobi e la CommissioneEpiscopale Giustizia e Pace. Riuscì a bloccare il progetto, succes-so incredibile in un Paese dove la popolazione era abituata asopportare in silenzio il regime.

Di lì a poco Wangari era già coinvolta in un’altra battaglia:salvare la Foresta di Karura. Vincerà anche questa volta, ma i co-sti che ha pagato nella vita per la tenacia delle sue posizioni so-no stati alti. Più volte incarcerata, Wangari Maathai ha perso ilposto di docente universitario ed è stata giudicata colpevole inun divorzio subìto, in cui ebbe il coraggio di definire corrotto eincompetente il giudice. Per il marito che l’aveva lasciata con trefigli piccoli, era una donna troppo istruita, con troppo successo e

Rosa uscita indenne dalla fiammaLa santa del mese raccontata da Rosa Matteucci

Nel 1233 a Viterbo, roccafortecatara sulla via di Roma,nacque Rosa, bambina intra-prendente ma sempre cagio-nevole di salute, quasi il

temperamento portato a cose più alte del-la sua natura trovasse contrasto nella ca-ducità del corpo.

Afflitta da una malattia che l’aveva pri-vata dello sterno fin dalla nascita, portavain sé una minima speranza di vita, non ol-tre i tre anni e quindi la prima infanzia.Piccola come erano le femmine a queltempo, nella complessione già modesta efiaccata dalla menomazione, vestita pove-ramente, Rosa trovò nella preghiera la suaragione di vita, il suo modo di essere erendere grazie per quel che era stata volu-ta. Precocemente rapita dall’ascetismo,diafana e minuscola, Rosa voleva addirit-tura parlare con l’imperatore, Federico II,velenosamente propenso a sottomettere ilPapa, contestando in nome della fede lesue pretese di asservimento del soglio diPietro. Intanto Rosa difendeva la fede e ilSanto Padre dalla deriva catara, che semi-nava il nichilismo rifiutando i doni di Dioal pari di quelli del demonio, forte delletesi dei sapienti bizantini che parlavanod’opposizione netta e feroce tra purezzadello spirito e caducità della carne, con ipochi mezzi a sua disposizione.

Poco più che adolescente, Rosa avrebbevoluto essere accolta nel convento delleclarisse, che reputava il domicilio più ido-neo al suo desiderio di assoluto, al suoanelito che la vocava alla perfezione divi-na, solo possibile rimedio alle umanemanchevolezze. Si offrì loro con sponta-neità e cuore limpido, senza immaginareche la sua fragilità fisica, unita alla man-canza di un adeguato censo, mai le avreb-be aperto le porte del convento di SanD amiano.

In tempi difficili come quelli, i poveritali restavano, senza speranza di affranca-mento, emarginati e ignorati, costretti ascegliere di sopravvivere piuttosto che avivere una vita degna di questo nome.Quindi per quanto la giovane fosse since-ra, le clarisse la tennero alla larga, incon-sapevoli artefici di una difficoltà cheavrebbe affinato la purezza d’animo e ladeterminazione della persona che decide-vano di non accogliere.

Ma Rosa non si diede per vinta, chiesee ottenne di predicare come terziaria fuoridalle mura del convento che l’aveva tantodolorosamente respinta. Cosicché inaugu-rò la sua spontanea predicazione per levie di Viterbo, popolata da catari spalleg-giati dal potentissimo imperatore che maicome allora pretendeva la radicale ridefini-zione dei rapporti gerarchici rispetto al vi-cario di Cristo, nel segno di una sottomis-sione dell’altare al mestiere delle armi.

La sua quotidiana, ardente predicazio-ne, la dichiarata insofferenza contro i cata-ri, le fecero guadagnare un fendente dispada, durante l’assedio che l’imp eratorepose contro Viterbo. In seguito a questifatti il podestà emanò per la giovane pre-dicatrice e la sua famiglia, il padre e lamadre, un bando con il quale li si scaccia-va dalla città. Così la piccola Rosa daimagnetici occhi blu, poveramente vestitariparò — si era nel cuore dell’inverno —con la sua famiglia a Soriano del Cimino,quindi a Vitorchiano.

Seguitò a lottare contro lo strapotereimperiale in condizioni sempre più misere,assediata dal freddo e dalla carestia, fortesolo di un’arma apparentemente inane, in-vece potentissima. L’unico suo strumentoera infatti la preghiera offerta in dono allaChiesa cattolica, attività che pure mai levarrà il premio dell’ingresso nel carmelo.La giovane resta sola a condurre la suaguerra contro la deriva eretica lungo gliacciottolati e le mura spazzate dai venti.Con la morte dell’imperatore, da lei profe-tizzata, le si riaprono le porte della città.Sembrerebbe una vittoria, ma il suo carat-tere estraneo alle cose del mondo la porta-va a ragionare e argomentare in terminidiversi da quelli delle vittorie e delle scon-fitte: categorie terrene, perciò viziate dallacaducità. La sua battaglia era invece perqualcosa che non poteva misurarsi con ilmetro delle cose mondane.

Nella città, che era stata e non era statala sua, muore nel 1251. Il suo corpo è sep-pellito fuori dalla chiesa di Santa Maria inPoggio.

Nell’immediato si susseguono i prodigi,quasi che la vera vita di Rosa fossecominciata dopo quella che ci si ostina achiamare vita. Guarigioni dalla perdita

della vista e da ogni altro male, fenomeniche chiamano e aumentano la devozionepopolare di chi comincia ad appellare co-me santa la piccola e sperduta predicatri-ce, latrice di un messaggio che non è sol-tanto il suo.

me è qualcosa di più di un simbolo, cometale capace di uscire indenne anche dallafiamma, retaggio dell’incendio che nel 1357divora tutto tranne il corpo incorrotto del-la santa. C’era nel suo passaggio qualcosache avrebbe illuminato il mondo.

Rosa Matteucci,nata a Orvieto, vivea Genova.Ha pubblicato conAdelphi L o u rd e s(1998; PremioBagutta e PremioGrinzane Cavour),Libera la Kareninache è in te (2003),Cuore di mamma(2007; PremioGrinzane Cavour).Per Rizzoli Indiaper signorine (2008).Per Bompiani Tu t t amio padre (2010;Premio Brancati).Per Giunti Le donneperdonano tuttotranne il silenzio(2012). Le sueopere sono tradottein diverse lingue.Collabora con «ilSecolo XIX» e «IlFo g l i o » .

Bartolomé EstebanMurillo, «Santa Rosa

da Viterbo» (XVII secolo)

Lottò da sola con l’unica armadella preghieraLa sua battaglia era per qualcosache non poteva misurarsicon il metro delle cose mondane

Inasp ettatamenteInnocenzo I V, impe-gnato nella lotta fu-rente contro i ghi-bellini indistinguibi-li dai catari, con ilrispetto che si devea un’anima pia e al-le sue spoglie mor-tali, ordina che ilcorpo di Rosa ven-ga traslato dallacampagna nel con-vento di San Da-miano. Cosicché illuogo ove non ave-va potuto accedereda viva, diventò lasua dimora eterna,il convento delleclarisse. Qui il cor-po di Rosa miraco-losamente intatto,custodito in un’ur-na, ebbe l’onore diessere lasciato allavenerazione dei fe-deli. La persistenzadelle sue sembianzeterrene è considera-to il segno della po-tenza insita nellasua parola: una pre-dicazione capace diimporsi sia sulla de-bolezza del corpo,sia sulla transitorie-tà di ogni cosa.

Il fiore che Rosaha portato nel no-

Donne e alberiSono state queste le priorità e le linee di azioneche hanno ispirato la vitadella prima africanaad aver vinto il premio Nobel per la pace

troppo difficile da controllare; un cattivo esempio per le donnedel Paese che, secondo il Presidente Moi, dovevano rispettare gliuomini e stare zitte. Ma Wangari, prima donna a ottenere undottorato nell’Africa orientale, continuò a lottare per una societàpiù giusta e moderna, ma che avesse però le radici affondate nel-la tradizione. Esattamente come gli alberi, che hanno le radici interra e crescono verso il cielo.

Questo è lo spirito che cercò di infondere attraverso il movi-mento Green Belt, che fu attivo per diversi anni anche se relega-to nella sua piccola casa. Con l’ausilio di Care-Austria e di altriorganismi, l’associazione riuscì successivamente ad avere una se-de propria, tutt’oggi funzionante.

Nelle sue lotte Wangari ricevette l’appoggio di diversi organi-smi esterni, specialmente dal nord Europa e dall’Onu, fondi cheseppe gestire con trasparenza e onestà, e che permisero al movi-mento di crescere e maturare. Il suo metodo di azione, cioè pian-tare alberi in cerchi — da qui Green Belt, “cintura verde” — fuadottato anche da altri Paesi, compresi gli Stati Uniti. Grazie alei si prese sempre più coscienza del legame tra ecologia, svilup-po sostenibile, trasformazione sociale e pace. Festeggiò il premioNobel piantando un albero, uno dei più di cinquanta milioni dialberi piantati fino a oggi dal movimento.

Grazie al cambiamento democratico nel Paese a cui aveva for-temente contribuito, nel Governo del nuovo presidente keniotaKibaki, Wangari Maathai fu nominata vice ministro per l’Am-biente. Era il nel 2003: si dimetterà due anni dopo.

Oltre al movimento Green Belt— di cui sua figlia Wanjira èl’attuale vice presidente — Wangari lascia in eredità anche l’Isti-tuto per gli studi sull’ambiente e la pace, legato all’università diNairobi, che prosegue seguendo il suo approccio multi-discipli-n a re .