01.06.Marta Sordi

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Marta Sordi: «L'attendibilità degli apocrifi? Quella delle favole» La professoressa Marta Sordi stronca l'Inchiesta su Gesù di Augias e Pesce e afferma: «I quattro vangeli canonici sono fonti certamente contemporanee agli eventi che narrano e la loro storicità è fuori discussione»... «È la solita storia, cercano il verosimile e scordano il probabile. Ma il probabile è il linguaggio della ricerca storica, mentre il verosimile è quello del romanzo storico. Ai tempi di Cristo si sarebbe detto: il linguaggio dell'epos». La stronca così Marta Sordi l'Inchiesta su Gesù di Augias e Pesce. La studiosa del mondo romano e del cristianesimo non ha dubbi sulla coincidenza tra il Gesù della fede e il Gesù della storia e sul riconoscimento fin dall'inizio della sua divinità da parte dei discepoli. Professoressa Sordi, la ricerca storica deve necessariamente prescindere dalla fede? «No. Il problema dello storico è vedere quali sono le fonti su cui ricostruire il personaggio o l'evento. Molti mettono in dubbio il contenuto dei Vangeli canonici, ma la loro storicità, a mio avviso, è fuori discussione: sono fonti contemporanee agli eventi che narrano; il fatto che siano fonti cristiane non compromette la loro veridicità». Come lo prova? «Ad esempio con il fatto che esistono fonti giudaiche e pagane, coeve, che riportano le stesse notizie. La morte di Cristo è descritta in modo analogo ai Vangeli dal Testimonium flavianum , di cui oggi si ammette da molte parti la sostanziale autenticità, e Mara Bar Serapion, nell'anno 73, afferma che la distruzione di Gerusalemme è la punizione dei giudei per aver ucciso il loro "saggio re", ossia Gesù. Il Cristo dei Vangeli cristiani non è un personaggio del mito neppure per i pagani». È possibile che la divinità di Gesù sia una costruzione a posteriori dei cristiani? «Distinguere il Cristo storico dal Cristo della fede è una sciocchezza. Anche dai Vangeli sinottici si evince che i cristiani contemporanei di Gesù lo consideravano il Figlio di Dio. Né si dimentichi il ruolo dei pagani. Il cosiddetto Editto di Nazareth, forse opera di Nerone, stabilisce la pena di morte, con effetto retroattivo, per coloro che abbiano spostato una pietra tombale, in quanto considera empia nei confronti degli dei la pratica di adorare un uomo. Decisione che si spiega con la necessità di fermare il culto cristiano sul nascere. Poi c'è Plinio, che scrivendo a Traiano riferisce che i cristiani processati in Bitinia cantavano un inno a Gesù "tamquam deo". Come Dio». Il libro fa grande uso dei Vangeli apocrifi: qual è la loro attendibilità? «Quella delle favole. Anche quando non sono documenti chiaramente gnostici o eretici, rappresentano dei testi fantasiosi, che parlano di palme che si piegano al passaggio di Maria per offrirle i loro frutti e riferiscono altre vicende favolose. I Vangeli canonici derivano la loro sobrietà dalla loro storicità: nascono in un'epoca in cui si scrive molto e si ha un forte senso critico. Prima ancora di redigerli, gli Apostoli si preoccupano di cercare un nuovo "dodicesimo" dopo la defezione di Giuda e la loro preoccupazione è quella di poter rendere una perfetta "testimonianza" degli avvenimenti tra il battesimo di Gesù e la sua Resurrezione. Il prologo di Luca si attiene scrupolosamente alle regole della storiografia scientifica greca, anche nel linguaggio, con uno stile tucidideo. C'è un abisso rispetto ai Vangeli apocrifi». Resta sullo sfondo la tesi, sostenuta da Norelli su «Repubblica», della divaricazione tra la storicità e la divinità di Gesù. È davvero così "necessaria"? «Il compito della storia è l'accertamento del fatto attraverso le testimonianze. I Vangeli ci pongono di fronte a fatti miracolosi e rifiutare i miracoli a priori nasce da un'ideologia che cerca il verosimile e non il probabile. Non è un atteggiamento scientifico. Non spetta allo storico negare il paradoxon, l'evento che contrasta con l'opinione corrente: gli tocca, invece, verificare che sia attestato da testimonianze corrette. E abbiamo visto come sia debole la scelta di escludere i Vangeli canonici per scegliere gli apocrifi».

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Marta Sordi: «L'attendibilità degli apocrifi? Quella delle favole»

La professoressa Marta Sordi stronca l'Inchiesta su Gesù di Augias e Pesce e afferma: «I quattro vangeli canonici sono fonti certamente contemporanee agli eventi che narrano e la loro storicità è fuori discussione»...

«È la solita storia, cercano il verosimile e scordano il probabile. Ma il probabile è il linguaggio della ricerca storica, mentre il verosimile è quello del romanzo storico. Ai tempi di Cristo si sarebbe detto: il linguaggio dell'epos». La stronca così Marta Sordi l'Inchiesta su Gesù di Augias e Pesce. La studiosa del mondo romano e del cristianesimo non ha dubbi sulla coincidenza tra il Gesù della fede e il Gesù della storia e sul riconoscimento fin dall'inizio della sua divinità da parte dei discepoli.Professoressa Sordi, la ricerca storica deve necessariamente prescindere dalla fede?«No. Il problema dello storico è vedere quali sono le fonti su cui ricostruire il personaggio o l'evento. Molti mettono in dubbio il contenuto dei Vangeli canonici, ma la loro storicità, a mio avviso, è fuori discussione: sono fonti contemporanee agli eventi che narrano; il fatto che siano fonti cristiane non compromette la loro veridicità».Come lo prova?«Ad esempio con il fatto che esistono fonti giudaiche e pagane, coeve, che riportano le stesse notizie. La morte di Cristo è descritta in modo analogo ai Vangeli dal Testimonium flavianum , di cui oggi si ammette da molte parti la sostanziale autenticità, e Mara Bar Serapion, nell'anno 73, afferma che la distruzione di Gerusalemme è la punizione dei giudei per aver ucciso il loro "saggio re", ossia Gesù. Il Cristo dei Vangeli cristiani non è un personaggio del mito neppure per i pagani».È possibile che la divinità di Gesù sia una costruzione a posteriori dei cristiani?«Distinguere il Cristo storico dal Cristo della fede è una sciocchezza. Anche dai Vangeli sinottici si evince che i cristiani contemporanei di Gesù lo consideravano il Figlio di Dio. Né si dimentichi il ruolo dei pagani. Il cosiddetto Editto di Nazareth, forse opera di Nerone, stabilisce la pena di morte, con effetto retroattivo, per coloro che abbiano spostato una pietra tombale, in quanto considera empia nei confronti degli dei la pratica di adorare un uomo. Decisione che si spiega con la necessità di fermare il culto cristiano sul nascere. Poi c'è Plinio, che scrivendo a Traiano riferisce che i cristiani processati in Bitinia cantavano un inno a Gesù "tamquam deo". Come Dio».Il libro fa grande uso dei Vangeli apocrifi: qual è la loro attendibilità?«Quella delle favole. Anche quando non sono documenti chiaramente gnostici o eretici, rappresentano dei testi fantasiosi, che parlano di palme che si piegano al passaggio di Maria per offrirle i loro frutti e riferiscono altre vicende favolose. I Vangeli canonici derivano la loro sobrietà dalla loro storicità: nascono in un'epoca in cui si scrive molto e si ha un forte senso critico. Prima ancora di redigerli, gli Apostoli si preoccupano di cercare un nuovo "dodicesimo" dopo la defezione di Giuda e la loro preoccupazione è quella di poter rendere una perfetta "testimonianza" degli avvenimenti tra il battesimo di Gesù e la sua Resurrezione. Il prologo di Luca si attiene scrupolosamente alle regole della storiografia scientifica greca, anche nel linguaggio, con uno stile tucidideo. C'è un abisso rispetto ai Vangeli apocrifi». Resta sullo sfondo la tesi, sostenuta da Norelli su «Repubblica», della divaricazione tra la storicità e la divinità di Gesù. È davvero così "necessaria"?«Il compito della storia è l'accertamento del fatto attraverso le testimonianze. I Vangeli ci pongono di fronte a fatti miracolosi e rifiutare i miracoli a priori nasce da un'ideologia che cerca il verosimile e non il probabile. Non è un atteggiamento scientifico. Non spetta allo storico negare il paradoxon, l'evento che contrasta con l'opinione corrente: gli tocca, invece, verificare che sia attestato da testimonianze corrette. E abbiamo visto come sia debole la scelta di escludere i Vangeli canonici per scegliere gli apocrifi».

di Paolo Viana AVVENIRE 06 gennaio 2007

MARTA SORDI, nata a Livorno nel 1925, è professore emerito di Storia greca e romana dall’Università Cattolica di Milano. Membro dell’Accademia di Scienze e Lettere dell’Istituto Lombardo e dell’Istituto di Studi Etruschi, ha pubblicato molti volumi tra cui: La lega tessala, Roma 1958; Il Cristianesimo e Roma, Bologna 1965; I Cristiani e l’impero romano, Milano 1984; Il mito troiano e l’eredità etrusca di Roma, Milano 1989; La dynasteia in Occidente: studi su Dionigi I, Padova 1992; Prospettive di storia etrusca, Como 1995; Il mondo greco dall’età arcaica ad Alessandro , Milano 2004. Nel 2002 sono usciti a Milano due volumi di raccolta dei suoi scritti minori: Scritti di Storia Greca e Scritti di Storia Romana. Nel 1997 ha ricevuto la Medaille de la Ville de Paris, nel 1999 la medaglia d’oro per i benemeriti della cultura e nel 2002 la Rosa Camuna per la Regione Lombardia.