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01-10-2019 Media Monitoring per Rassegna stampa del 01-10-2019

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01-10-2019

Media Monitoring per

Rassegna stampa del 01-10-2019

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AOU San Giovanni di Dio e Ruggi d'Aragona 1 ................................................................................ 01/10/2019 - CRONACHE DI SALERNO

Cinquantenne ha vissuto per anni con una garza nell' addome 1 ............................................. 01/10/2019 - CRONACHE DI SALERNO

Salvato dall' eliambulanza viene trasportato al "Ruggi" con un infarto in corso 3 .................... 30/09/2019 - WWW.ILVESCOVADO.IT

Principio d'infarto, 60enne di Maiori soccorso in eliambulanza 4 ............................................. Sanità Salerno e provincia 5 ..............................................................................................................

01/10/2019 - IL MATTINO (ED. SALERNO)Lavori in autostrada, il 118 raddoppia due ambulanze pronte all' emergenza 5 .......................

01/10/2019 - CRONACHE DI SALERNOPediatria verso la chiusura: l' allarme lanciato dal Primario Stoduto 7 .....................................

01/10/2019 - LA CITTÀ DI SALERNOPronto soccorso, la lotta per l'emergenza 9 ..............................................................................

01/10/2019 - IL MATTINO (ED. SALERNO)Ripartono gli esami in convenzione assalto ai laboratori 11 .....................................................

Sanità Campania 13 ............................................................................................................................. 01/10/2019 - IL MATTINO

«Da gennaio 90 episodi, ai dottori la qualifica di pubblici ufficiali» 13 ..................................... 01/10/2019 - IL MATTINO

«Legge anti violenti subito il sì bipartisan» 14 ......................................................................... 01/10/2019 - IL MATTINO (ED. AVELLINO)

Furbetti Asl, ecco come furono scoperti 17 ............................................................................... 01/10/2019 - IL MATTINO (ED. BENEVENTO)

Il «Rummo» e la sfida dell' efficienza Florenzano al vertice amministrativo 19 ........................ 01/10/2019 - LA REPUBBLICA (ED. NAPOLI)

Loreto Mare primario aggredito 21 ........................................................................................... 01/10/2019 - IL MATTINO

Loreto, primario pestato «Tornerò per ucciderti» 23 ................................................................ 01/10/2019 - IL MATTINO (ED. CASERTA)

Rifiuta trasfusione e muore Coas: «Tuteliamo i medici» 25 ...................................................... 01/10/2019 - IL MATTINO (ED. BENEVENTO)

Screening, vaccini, reti: Asl, Volpe detta la linea 27 ................................................................. Sanità nazionale 29 .............................................................................................................................

01/10/2019 - LA REPUBBLICA"I virus in arrivo sono insidiosi più a rischio bimbi e anziani" 29 ..............................................

01/10/2019 - LA STAMPA"Longevi, per scelta e per destino" 31 ......................................................................................

01/10/2019 - LA STAMPA"Non solo chemio per il tumore al seno" Ora terapie ormonali e farmaci molecolari 34 ...........

01/10/2019 - LA REPUBBLICAAnticancro, quei farmaci costano miliardi: occhio alla spesa 36 ...............................................

01/10/2019 - LA STAMPADue spiragli contro la Sla 38 .....................................................................................................

01/10/2019 - IL SOLE 24 OREE-cig, Usa pronti alla stretta Per l' Europa pochi rischi 41 ........................................................

01/10/2019 - LA STAMPAIl calvario di malati e famiglie "Pochi i team di specialisti e assistenza insufficiente" 44 .........

01/10/2019 - LA REPUBBLICAIl cerotto che cura 46 ................................................................................................................

01/10/2019 - CORRIERE DELLA SERAIl fine vita è una questione di umanità 49 .................................................................................

01/10/2019 - AVVENIREIN OGNI PERSONA MALATA UNA DIGNITÀ CHE CI RIGUARDA 52 ................................................

01/10/2019 - LA REPUBBLICALa chemio può attendere 54 .....................................................................................................

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01/10/2019 - LA REPUBBLICALa longevità è servita 56 ...........................................................................................................

01/10/2019 - IL SOLE 24 ORESanità, no a tagli ma superticket a carico delle Regioni 59 ......................................................

01/10/2019 - ITALIA OGGISul fine vita è stata equilibrata la Consulta 60 .........................................................................

01/10/2019 - IL SOLE 24 ORETelemedicina con vincoli ridotti 62 ...........................................................................................

01/10/2019 - IL GIORNALETolto il rene sano: «Voglio giustizia» 63 ...................................................................................

01/10/2019 - LA REPUBBLICAVade retro influenza la difesa è il vaccino 65 ............................................................................

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01/10/2019

Argomento: AOU San Giovanni di Dio e Ruggi d'Aragona

Pagina 5 EAV: € 1.060Lettori: 29.750

Cinquantenne ha vissuto per anni con una garza nell'addome

di Pina Ferro

Nessuna denuncia è stata presentata.Nel corso del tempo la donna è statacostretta a convivere con doloriaddominali Per anni è stata costretta aconvivere con dei dolori all'addomesenza mai capirne l'origine. Eco ed esamivari a cui la donna, F.F., 50annisalernitana, si è sottoposta non hannomai evidenziato acuna patologia oanomali. A mettere la parola fine a queidolori accusati dalla donna, sono stati imedici della chirurgia d'urgenzadell'ospedale San Giovanni di Dio eRuggi d'Aragona di Salerno. I camicibianchi hanno sottoposto la 50enne adun intervento chirurgico per la rimozionedi una piccola garza che era posizionatanella parte alta dell'addome, quasi sotto lo stomaco. Ora F.F. sta affrontando ildecorso post operatorio ed è in ripresa. Passati i dolori restano gli interrogativi sullacausa degli stessi: come si trovava quella garza nella pancia? Come ci è finita? Comeè possibile che nessuno se ne sia mai accorto? Prima dell'intervento di rimozione delcorpo estraneo dal corpo la donna, negli anni addietro era stata sottoposta ad altridue interventi chirurgici. Il primo all'età di 14 anni presso una nota clinica privatasalernitana ed il secondo in età adulta.Il secodo intervento, eseguito al Ruggi era perfar venire alla luce un bimbo (taglio cesareo). Sembra quasi impossibile stabilire inquale dei due interventi i medici abbiano potuto dimenticare la garza nell'addome.Da alcune indiscrezioni, sembra che presso il reparto di ginecologia del Ruggi nonvengano, da sempre, utilizzate il tipo di garza rimosso dal corpo della donna. Presso

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il Ruggi non vengono utilizzate garze iodate (quella estratta dall'addome delladonna) bensì garze radio opache e soprattutto pare che durante il parto cesareo nonvengano proprio utilizzate garze di piccola dimensione. Le garze iodate non vengonorilevate nel corso di esami diagnostici e per questo nel corso degli anni nessunoavrebbe mai notato la presenza del corpo estraneo nell'addome della 50enne checontinuava a lamentare costanti dolori senza alcuna soluzione. Al momento lapaziente e la sua famiglia non hanno sporto alcuna denuncia a carico di nessuno manon è da escludere che questi possano farlo nei prossimi giorni, quando saràterminato il decorso post operatorio e la paziente sarà tornata a casacompletamente guarita. Non è la prima volta a Salerno che a delle pazienti venganorimossi corpi esterni dal corpo. Nel caso specifico sembra impossibile stabilire inquale dei due intgerventi sia stata lasciata la garza nell'addome.

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01/10/2019

Argomento: AOU San Giovanni di Dio e Ruggi d'Aragona

Pagina 16 EAV: € 497Lettori: 29.750

Salvato dall' eliambulanza viene trasportato al "Ruggi" conun infarto in corso

Salvato dall' eliambulanza, trasferito alRuggi d' Aragona. Fortunatamentenessuna tragica conseguenza per unsessantenne del luogo. L' intervento dell'eliambulanza intorno alle 10.00 dellapassata mattina al Porto turistico diMaiori per il soccorso a un residente dicirca sessant' anni che aveva accusatoun improvviso malore mentre era nellasua abitazione. Assistito dai medici e dalpersonale del 118, per l' uomointeressato da un chiaro principio d'infarto, dopo la somministrazione dellaterapia farmaclogica d' urgenza, si èritenuto opportuno il trasferimentodiretto alla torre cardiologica dell'ospedale "Ruggi d' Aragona" di Salernosenza necessariamente passare per l' ospedale di Castiglione.

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30/09/2019 ilvescovado.it

Argomento: AOU San Giovanni di Dio e Ruggi d'Aragona

EAV: € 346Lettori: 1.933

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Principio d'infarto, 60enne di Maiori soccorso ineliambulanza

Cronaca Ultimo aggiornamento lunedì 30settembre 2019 10:10:26 Interventodell'eliambulanza intorno alle 10 diquesta mattina al Porto turistico diMaiori per il soccorso a un residente dicirca sessant'anni che stamani avevaaccusato un improvviso malore.Assistitodai medici e dal personale del 118, perl'uomo interessato da un chiaro principiod'infarto, dopo la somministrazione della terapia farmaclogica d'urgenza, si èritenuto opportuno il trasferimento diretto alla torre cardiologica dell'ospedale"Ruggi d'Aragona" di Salerno senza necessariamente passare per l'ospedale diCastiglione.

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01/10/2019 Il Mattino (ed. Salerno)

Argomento: Sanità Salerno e provincia

Pagina 27 EAV: € 4.170Lettori: 107.296

Lavori in autostrada, il 118 raddoppia due ambulanzepronte all' emergenza

CAVA DE' TIRRENI Simona ChiarielloLavori in autostrada: il 118 raddoppia.Da ieri, fino all' 11 novembre 2019, incittà la postazione del 118 sarà dotata diuna seconda ambulanza di tipo B dellaCroce Bianca, con autista e infermiere abordo, per evitare ritardi negli interventi,causati da ingorghi e intoppi per lachiusura di una corsia del tratto CavaSalerno. «È una decisione maturata inqueste ore - spiegano i sanitari - larestrizione del tratto autostradale perlavori in corso ha ripercussioni sultraffico. Per evitare ritardi, che per il 118possono essere fatali, si è deciso diutilizzare una seconda ambulanzamedicalizzata con autista e infermiere.C' è da tener presente che l' ambulanzadella postazione di Cava è attiva ancheper i pazienti cardiopatici che devono essere accompagnati presso l' ematologia delSan Leonardo». È uno sforzo maggiore dell' Asl per offrire un servizio di qualità. Manon basta. Il periodo di emergenza, questa volta stradale, dovrà essere gestito almeglio anche dalla polizia municipale che si troverà a fare conti con ingorghi e code.Si auspica, come sempre, una fattiva collaborazione per mantenere lo standard deiservizi sanitari e non solo. Per migliorare le prestazioni del 118 e assicurare unintervento nei tempi previsti dal protocollo, gli stessi operatori raccomandano diformulare il 118 solo nei casi di vere emergenze per evitare interventi per patologienon urgenti. «Se siamo chiamati ad intervenire per casi che si rivelano banali

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influenze di stagione - spiegano i sanitari - rischiamo di non essere operativi se siverifica un incidente o un' altra emergenza. In tal caso deve essere attivata lapostazione di un comune vicino e, ovviamente, si allungano i tempi di intervento».LE CHIAMATE I sanitari ricordano che nei casi di febbre o altre patologie non dacodice rosso, bisogna rivolgersi al medico di base o, dopo le 20 e nei giorni festivi,alla guardia medica al numero 0819368176. «La scorsa notte siamo intervenuti 4volte per casi di febbre - se si fosse verificata un' emergenza sarebbe stata attivatal' ambulanza di un comune vicino ed i tempi di intervento sarebbe stati più lunghi».L' invito è a chiedere l' intervento del 118 solo se necessario, utilizzando nei casinon urgenti, gli altri presidi sanitari. L' ultimo tassello si riferisce alla strade, inparticolare ai numeri civici. In alcuni casi sono sbagliati, in altri addirittura errati.Una confusione che rende difficoltoso individuare il luogo dell' intervento. «Pochiminuti possono essere fatali - spiegano gli operatori- le indicazioni devono essereprecise per poter intervenire tempestivamente». © RIPRODUZIONE RISERVATA.

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01/10/2019

Argomento: Sanità Salerno e provincia

Pagina 19 EAV: € 1.329Lettori: 29.750

Pediatria verso la chiusura: l' allarme lanciato dal PrimarioStoduto

POLLA Un reparto che nel 2018 haregistrato 937 ricoveri, 3.200 bambinicurati in pronto soccorso Richiesto unincontro urgente al direttore dell' AslSalerno Due soli medici, per un repartoche ogni anno offre circa 4milaprestazioni. È così che il reparto diPediatria di Polla è in forte affanno eritorna lo spettro della chiusura con tuttala serie di conseguenze nefaste per ilVallo di Diano. Il primario Stoduto oltre aessere impegnato nel lavoro quotidianodi medico, occupa il suo tempo anchenel cercare medici e pediatri,convenzioni e soluzioni affinché l'emergenza medica non porti allachiusura pratica del reparto. Un repartoche nel 2018 ha registrato 937 ricoveri, oltre 3.200 bambini curati in prontosoccorso, supportato gli oltre 300 nati nel punto nascita e portato avanti una serie diazioni importanti per il territorio. Un reparto cardine del nosocomio pollese che habisogno vitale di medici. L' eventuale blocco del reparto comporterebbe la cadutaanche di Punto nascita. La situazione è complessa e occorre un interventoimmediato. Ancora un grido d' allarme viene lanciato per le sorti del reparto dipediatria ed il punto nascita dell' ospedale "Luigi Curto" di Polla. A farlo questa voltaè il personale ed il primario del reparto Teodoro Stoduto, il quale ha richiesto unincontro urgente al direttore dell' Asl Salerno. L' ennesima denuncia a seguito deltrasferimento di un medico in forze presso tale reparto già in perenne carenza dipersonale. "Il punto nascita non si chiude dalla porta ma si butta dalla fi nestra.

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Manca meno di 24 ore al trasferimento del medico in pediatra, a garantire lacontinuità terapeutica sarà solo il primario Stoduto. Al momento, fino ad oggi, ilreparto di pediatria è garantito da tre medici, di cui uno è in convalescenza e l' altroda oggi prenderà servizio a Battipaglia. Ringraziamo chi firma certi trasferimenti,senza la presenza fisica di un sostituto, minando alla già precaria situazione deimedici in ospedale. Va detto anche che è stata fatta una convenzione con dei"pediatri di famiglia", sicuramente è un supporto ma non possono essere unasostituzione ai medici di ruolo: possono garantire un supporto per le notti e i festivi,ma non la continuità terapeutica. Il comitato spontaneo di cittadini "Curo", insiemeal Primario Stoduto, ha chiesto un incontro urgente al direttore sanitario dell' Asl!".Uno dei tre pediatri del reparto di Polla, Guercio Nunzio, viene trasferito a Battipagliasenza che arrivi il sostituto. Il primario Stoduto e il dottor Filpo resteranno in due,con quest' ultimo non ancora nella possibilità di coprire la turnazione completa. Ilsurrogato dei pediatri di base non copre le necessità di un reparto fondamentale e ilrischio chiusura è grave e fondato. Siamo di nuovo al punto di partenza. Dopo labeffa della mancata chiusura ora il danno della quasi certezza di tale evento. Ilcomitato Curo: "chi firma certi trasferimenti dovrebbe prima preoccuparsi diindividuare il sostituto. Senza la reale presenza fisica di tale figura si mina alla giàprecaria situazione dei medici in ospedale. La convenzione con alcuni pediatri difamiglia non risolve nulla, si perde sono tempo e soldi e si inganna la popolazione.

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01/10/2019 La Città di Salerno

Argomento: Sanità Salerno e provincia

Pagina 21

Pronto soccorso, la lotta per l'emergenzaAntonio Vuolo

AGROPOLI Sono state tempestività eprofessionalità dei sanitari del Prontosoccorso di Agropoli a salvare la vita diun turista 45enne, in arresto cardiaco. Illoro intervento, a cui ha fatto seguitoquello dell'eliambulanza, ha consentitodi salvare la vita del turista, ma haacceso di nuovo i riflettori sullaquestione sanità a sud della provincia diSalerno, dopo il declassamentodell'ospedale di Agropoli. A tirare fuori ilcaso è stato il presidentedell'associazione Camelot, da sempre acapo del comitato cittadino nato a difesadell'ospedale di Agropoli, GiovanniBasile. «L'ospedale di Agropoli ha unnotevole capitale umano. Lavoriamo tuttiassieme per pretendere un miglioramento della struttura», dice Basile. Sulla vicendainterviene anche il primo cittadino di Agropoli, Adamo Coppola. «Si sta lavorando datempo per chiedere che il Pronto soccorso di Agropoli possa rientrare nella retedell'emergenza-urgenza. I contatti con l'Asl sono costanti. Avremo modo di discuteredello status attuale e dei passi da fare in un consiglio comunale monotematico,domani (oggi) fisseremo la data». Chiedono la riapertura anche i sindacati. «Non sipuò immaginare di avere l'ospedale di Agropoli, tra l'altro in una posizione cosìstrategica, fuori dalla rete di emergenza spiega Biagio Tomasco, segretarioterritoriale del NurSind - perché Agropoli può essere un baluardo per la rete diemergenza territoriale ma anche per ricoprire ruoli che attualmente nell'Asl Salernosono scoperti, come per la camera iperbarica. Ma non solo. Essendo ormai un unicoDea con Vallo della Lucania, si può immaginare una dislocazione nel fine settimane

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con la week-surgery: le sale operatorie sono nuove ed è un peccato vederle così».

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01/10/2019 Il Mattino (ed. Salerno)

Argomento: Sanità Salerno e provincia

Pagina 25 EAV: € 5.325Lettori: 107.296

Ripartono gli esami in convenzione assalto ai laboratoriSabino Russo

Riprendono oggi, dopo quasi un mese emezzo di stop, le prestazioni dispecialistica ambulatoriale inconvenzione con la sanità privataaccreditata. Prevista una nuova presa d'assalto ai laboratori e ai centridiagnostici della provincia, così come giàcapitato il primo luglio scorso, quando inun solo giorno raddoppiò la domanda dianalisi del sangue, visite ambulatorialied esami strumentali, soprattutto daparte di anziani ed esenti. Dietro l'angolo, il rischio di un nuovo stopanticipato anche per questo trimestre.Quello appena volto a termine è stato unmese particolarmente duro per tantiutenti salernitani, soprattutto per quelliappartenenti alle fasce più deboli,impossibilitati a pagare l' intero importodelle prestazioni necessarie. Parliamo di anziani ed esenti, un esercito di oltre100mila over 65enni, che vivono con una pensione al di sotto di 800 euro al mese.Per queste persone l' esaurimento dei tetti di spesa per le prestazioni sanitarie inregime convenzionato diventa un vero problema. A dimostrarlo anche i diversiproblemi registratisi in alcuni ambulatori pubblici, non pronti a soddisfare l' aumentodella richiesta. Per questo motivo, anche il Tribunale del malato, ad agosto, hachiesto il potenziamento (strutturale) delle prestazioni pubbliche, con lavalorizzazione di alcune strutture che hanno presidi laboratoristici e radiologici dieccellenza sottoutilizzati. Alla riapertura delle convenzioni, il primo luglio scorso, icentri sanitari accreditati registrarono un incremento rispetto alla settimana

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precedente all' alt del 100 per 100. Risulta evidente quindi, che i cittadini esentiavevano atteso che fossero spendibili le impegnative. Sempre a patto che fosseronelle condizioni di poter aspettare. In tanti infatti, scelgono di rimandare gli esami ele visite quando sono esauriti i tetti di spesa. IL MONITORAGGIO A complicare lasituazione, quest' anno poi, è arrivato il monitoraggio trimestrale della spesa,bypassato lo scorso anno a Salerno. Una novità che almeno nelle intenzioni, dovevafinalmente evitare il consueto blocco estivo agli esami e alle visite in convenzione,mantenendo sotto controllo la spesa, ma che per ora ha solo contribuito adanticipare le criticità. Un continuo stop and go che ha bisogno di interventistrutturali e organizzativi. E le previsioni anche per questo trimestre non sono certorosee. Il timore è di un nuovo alt a novembre. Lo scorso trimestre, attraverso unamail inviata ai laboratori accreditati, che indicava la ridefinizione della data dipresunto sforamento del tetto di spesa assegnato, l' Asl comunicò la sospensioneanticipata al 17 agosto, rispetto a quella prevista la settimana precedentemente del23 agosto. La branca dei laboratori di analisi andò così a unirsi a quelle per le qualigli esami diagnostici e le visite specialistiche erano già sold out, come cardiologia eradiologia (9 agosto), oltre medicina nucleare (20 luglio) e radioterapia (23 agosto).Nel secondo trimestre, invece, l' alt per la cardiologia, medicina nucleare,radioterapia e radiologia è giunto come un fulmine a ciel sereno il 28 maggio, con gliinevitabili problemi per gli utenti che avevano effettuato le prenotazioni e chedovettero, così, pagare l' intero importo della prestazione o inserirsi nelle liste d'attesa delle strutture pubbliche. Il giorno successivo, poi, si fermarono quasi tutte lealtre branche, ad eccezione dei laboratori di analisi che goderono di qualche altrogiorno di tregua. Il 30, infine, giunse lo stop alle visite specialistiche e ladiabetologia. Nel primo trimestre, invece, lo stop arrivò per la cardiologia il 26febbraio, per diabetologia l' 8 marzo, per gli esami di sangue e urine il 9 marzo e gliesami radiologici il 4 marzo. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

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01/10/2019

Argomento: Sanità Campania

Pagina 22 EAV: € 2.349Lettori: 107.296

«Da gennaio 90 episodi, ai dottori la qualifica di pubbliciufficiali»

«L' aggressione e le minacce rivolte daun utente al primario del ProntoSoccorso dell' ospedale Loreto Mare,Alfredo Pietrolongo, al quale va la miapiena solidarietà, sono un fattogravissimo per il quale chiedo che siaadottata la massima severità nel punirel' autore. Sono oltre novanta dall' iniziodell' anno le aggressioni rilevate negliospedali campani ai danni del personalemedico, infermieristico e delle guardiegiurate». Lo ha dichiarato lavicepresidente della Commissione Affarisociali della Camera, Michela Rostan.«Un numero inaccettabile per un Paesecivile. Un campanello d' allarme per ilquale non basta l' inasprimento dellepene, come previsto dal disegno di legge867 appena approvato in Senato. Il testodeve essere integrato, nella discussione alla Camera, con la previsione delriconoscimento della qualifica di pubblico ufficiale al personale sanitario in servizio.Solo così potremo sottrarre le vittime dall' essere ulteriormente vessate dai loroaggressori grazie alla procedibilità automatica della denuncia». «Mi auguro -prosegue la deputata di Liberi e Uguali - che il problema della tutela del personalesanitario in servizio sia messo al centro dell' agenda politica del governo».

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01/10/2019

Argomento: Sanità Campania

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«Legge anti violenti subito il sì bipartisan»Ettore Mautone

L' ex ministro: dopo il via libera alSenato non sono ammessi ritardi GiuliaGrillo, medico, parlamentare delMovimento 5 Stelle, ministro della Salutedal giugno 2018 al 5 settembre 2019 nelprimo Governo Conte è stata laprincipale artefice del disegno di leggeche inasprisce le pene per chi aggredisceun operatore sanitario durante il lavorodi assistenza. Una norma confluita in unauna sintesi delle diverse proposteparlamentari che, da anni, viaggiavano avuoto tra le Commissioni e i rami delparlamento, approvata all' unanimità inCommissione Salute alla vigilia della finedel governo gialloverde e riportata inpista dall' attuale esecutivo che l' haapprovata, sempre all' unanimità con237 sì, nell' Aula del Senato. OnorevoleGrillo, aggressioni violenze e minacce ai medici hanno subito un' impressionanteescalation: cosa manca all' approvazione definitiva della norma? «Il disegno di leggedeve andare al vaglio della Camera. Bisogna attendere la calendarizzazione in Aulama ci sono tutte le premesse per un cammino in discesa e un' approvazione rapida.Tra l' altro la norma non prevede oneri per il bilancio dello Stato e dunque nondovrebbe trovare alcun ostacolo dal punto di vista finanziario». Per le prossimesettimane ce la farete? «Lavoriamo per questo obiettivo e siamo tutti concordi. Ognilentezza a questo punto sarebbe inaccettabile. Si tratta di due o tre articoli. Anchese la norma non risolve tutti i problemi dei pronto soccorso certamente dà unarisposta di rigore contro chi chi si macchia dell' odioso e grave reato di aggressione

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a un medico o un camice bianco che ci sta curando. I cittadini sanno che da qui aqualche mese chi mette le mani addosso a un camice bianco rischia pene moltodure». Anche il carcere? «Certo, in circostanze aggravanti e nei casi in cui l'aggressione avviene con violenza o minacce e se si provocano lesioni, laprocedibilità avverrà d' ufficio senza bisogno di querela da parte della personaaggredita aggirando così l' attuale ostacolo rappresentato dalla paura di denunciareper timore di ritorsioni». Il provvedimento è stato a lungo sollecitato da medici esindacati tenendo conto dei numeri di un fenomeno in crescita. La repressione dasola è sufficiente ad arginarlo? «Da uno studio dell' Anaao circa il 70% dei medici èincorso in un' aggressione nel corso della sua vita professionale con schiaffi, pugni,calci, insulti, minacce, coltelli, tentativi di strangolamento fino agli stupri alle donneimpegnate in guardia medica o spedizioni punitive a chi resiste. Di fronte a questinumeri la norma è un segnale importante da parte dello Stato e un deterrente pertanti facinorosi e incivili o delinquenti che sono anche la spia di un disagio sociale eculturale profondo che occorre contrastare e risolvere, certo, anche su altri piani. Ioero anche orientata ad utilizzare anche le dotazioni dell' esercito nel progetto stradesicure negli ospedali più a rischio. Il messaggio deve essere chiaro: un ospedale è unluogo dove si va per essere citati e non per usare violenza». I medici però non eranoparticolarmente favorevoli alla militarizzazione dei pronto soccorso. Perché nonaggiornare invece le regole di ingaggio delle guardie giurate che attualmente,sebbene armati, non hanno facoltà di fermo, identificazione e arresto? «Questa èuna competenza del ministero dell' Interno e della sicurezza pubblica. Da ministro hochiamato a molti incontri sui territori anche i funzionari dell' Interno». Il tema delsovraffollamento del pronto soccorso è un dato reale e la maggior parte delleaggressioni si verifica soprattutto al Sud. Contano le diseguaglianze sociali? «Dadonna catanese sono ben consapevole delle disuguaglianze tra Nord e Sud. E qui sipone il problema dell' integrazione delle fasce della marginalità sociale più propensea utilizzare la violenza come mezzo regressivo di espressione delle proprierivendicazioni sociali ed economiche Lo Stato ha finora fallito nel garantire questacultura della convivenza civile anche se guardiamo alla marginalità degli immigrati oalla arroganza della delinquenza». Cosa risponde ai sindacati delle professionimediche e sanitarie che rivendicano una partecipazione attiva al livello delle scelteche li riguardano in quanto principale bersaglio delle aggressioni? «Io da ministro hoascoltato e incontrato tutti. Forse si riferiscono al livello aziendale e regionale». E sulfronte della sicurezza sul lavoro? «I direttori generali si devono porre il problema diessere anche datori di lavoro ed hanno precise responsabilità in merito». Il problema

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della sicurezza riguarda anche le guardie mediche soprattutto di zone disagiate.Come affrontare questa vulnerabilità? «Questo ramo dell' assistenza pubblica deveessere rivisto e riorganizzato in base al tasso di utilizzo. In molti luoghi disagiati laguardia medica assolve a funzioni essenziali e preziose e deve essere potenziata incondizioni di sicurezza. La contiguità dell' ubicazione di tali servizi con le stazioni deicarabinieri sarebbe utile. Nelle città una quota di questi medici va chiamata agestire nei pronto soccorso i codici a bassa urgenza». È così malmesso il nostrosistema Salute? «Con tutti i difetti e le carenze dà tutto a tutti e quasi sempre ad unbuon livello con ottimi risultati anche al Sud». Sul fenomeno violenza incidono i tonieccessivamente aggressivi dei media e dei social? «Il Servizio sanitario italiano è unbene prezioso e va difeso. In altri paesi anche europei in ospedale si è ricevuti dasegretarie e info point che prima di prestare cure si informano sulle possibilità dipagare la prestazione da parte del paziente. Anche l' uso del linguaggio conta.Quando si parla di Salute bisogna che tutti siano consapevoli che si maneggia unamateria delicata che attiene ad una parte fondamentale dei nostri bisogni». ©RIPRODUZIONE RISERVATA.

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01/10/2019

Argomento: Sanità Campania

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Furbetti Asl, ecco come furono scoperti

L' UDIENZA Alessandra MontalbettiFurbetti del cartellino, acquisite in aulale dichiarazioni, rese ad inizio inchiesta,dell' ex commissario straordinario dell'Asl, Mario Ferrante e di due dipendenti.Ieri mattina dinanzi al giudicemonocratico del tribunale di Avellino,Pierpaolo Calabrese, sono stato trasferitenel fascicolo del dibattimento, con ilconsenso dei legali degli imputati, le«sommarie informazioni» rese dall' excommissario, oggi manager dell'ospedale di Benevento, e di duefunzionari dell' Azienda sanitaria, nelcorso delle indagini. Tra i passaggifondamentali della dichiarazione resadall' ex commissario Ferrante, il ruoloricoperto dallo stesso negli uffici di viadegli Imbimbo e le eventualiinadempienze riscontrate nel periodo oggetto di indagine. Al centro dell' udienza diieri, inoltre, anche le modalità di acquisizione delle presenze sul luogo di lavoro deidipendenti. A chiarirlo proprio la testimonianza resa dal dipendente Alifano, il qualeha precisato che la rilevazione delle presenze dei medici specialisti avvenivaattraverso modelli cartacei, in particolare il modello 415. Solo successivamente fuintrodotto il badge marcatempo. L' inchiesta che ha portato al processo,, coordinatadal sostituto procuratore, Fabio Massimo Del Mauro e condotta dagli agenti dellasquadra Mobile di Avellino, si basa su un mese di indagine in cui furono evidenziatedelle anomalie nella timbratura di cartellini marcatempo, con una sottrazione mediadi 20-25 ore mensili. A documentare le condotte addebitate agli imputati, le riprese

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effettuate dal 27 febbraio al 28 marzo 2015, realizzate con l' installazione di tretelecamere attive h24, una posizionata sul badge e le altre sugli ingressi e le uscite,sia dal lato di via Degli Imbimbo che da quello di via Capozzi. Nell' inchiesta finìanche l' ex l' assessore ai Fondi Europei del comune di Avellino, Arturo Iannaccone,anche lui rinviato a giudizio, che subito dopo il suo coinvolgimento nell' indaginepresentò le dimissioni dagli incarichi pubblici ricoperti. Nel corso del processo, in suadifesa, è emerso che Iannaccone, per i suoi impegni istituzionali, non avrebbecomunque sfruttato adeguatamente le assenze previste per gli impegni politici.Questo a riprova così come sostenuto in aula dal suo avvocato Alberico Villani dellabuona fede dell' ex assessore, che se avesse voluto allontanarsi avrebbe potutosfruttare a pieno le ore di assenze previste per l' incarico istituzionale. La prossimaudienza è stata fissata per il 16 novembre per il processo che vede coinvolti 33imputati (21 indagati iniziali, colpiti dalla misura interdittiva della sospensione daipubblici uffici e altri 13 che avrebbero timbrato il cartellino per coloro che siassentavano). A seguito dell' inchiesta l' allora commissario dell' Asl, Mario Ferranteadottò provvedimenti amministrativi drastici nei confronti di alcuni dei soggettiinquisiti, disponendone il licenziamento. Nel corso della prossima udienza verràascoltato un consulente informatico e si darà il via agli esami degli imputati. ©RIPRODUZIONE RISERVATA.

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01/10/2019 Il Mattino (ed. Benevento)

Argomento: Sanità Campania

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Il «Rummo» e la sfida dell' efficienza Florenzano al verticeamministrativo

L' OSPEDALE Si è completata ieri mattinala triade manageriale dell' ospedale«Rummo», con l' insediamento del nuovodirettore amministrativo, OresteFlorenzano, nominato il 27 settembre daldirettore generale Mario Ferrante, giàaffiancato alla direzione sanitaria daGiovanni Di Santo. Florenzano, classe1969, ha ricoperto la carica di direttoreamministrativo presso l' aziendaospedaliera «San Giovanni di Dio e Ruggid' Aragona» di Salerno, oltre all' incaricodi direttore dell' unità complessa diGestione e Risorse umane, presso lafondazione Pascale di Napoli. È laureatoin giurisprudenza ed è abilitato all'esercizio della professione forense, conspecializzazione in economia e dirittodell' amministrazione pubblica, oltre adaver conseguito un master di II livello in economia e management della Sanitàpresso l' Università degli studi di Roma. LE PRIORITÀ «Sono molto contento diceFlorenzano - di essere stato scelto dal direttore generale per ricoprire questo ruolo,anche perché sono intenzionato a continuare a lavorare nel solco da lui tracciato inquesto mese e mezzo di attività. Sicuramente c' è molta strada da fare, ma miimpegnerò per dare un valido contributo per risolvere le criticità del Rummo, acominciare dalla carenza di personale. Il primo impatto, sia sotto il profilo generale,che amministrativo è stato decisamente positivo, in quanto ho trovato una strutturasolida. Ho incontrato subito i direttori di struttura e mi sono calato immediatamente

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nel lavoro. In questa fase, è necessario evitare di entrare nei labirinti burocratici erimboccarsi le maniche per fare e ottenere risultati significativi per l' azienda. È miaintenzione mettere a frutto l' esperienza maturata a Salerno, soprattutto facendotesoro degli errori commessi, che potranno essermi di aiuto per migliorare». DunqueFlorenzano si è messo subito al lavoro, per entrare nel merito del compito che loattende, in linea con l' indirizzo del direttore Ferrante, che sta effettuando unmonitoraggio accurato sull' azienda ospedaliera, calandosi direttamente nellaquotidianità del pronto soccorso e dei reparti, non solo attraverso le relazioni deiprimari e del personale, ma preoccupandosi di osservare personalmente, dacittadino comune, cosa accade di mattina presto e di sera tardi, materializzandosi inmodo del tutto imprevedibile e inatteso. Sulla nomina di Florenzano Ferrante dice:«Si è sentito subito parte integrante di una famiglia, che opererà per elaborare unsignificativo piano di efficientamento, mirato a incrementare il livello di produttivitàa supporto della qualità dell' assistenza sanitaria da erogare agli utenti». Insomma, l'impegno è finalizzato a migliorare l' offerta ospedaliera su tutti i fronti, reclutandopersonale medico, infermieristico e amministrativo, per circa 600 unità, da destinareal «Rummo» e al «Sant' Alfonso», intervenendo per migliorare l' aspetto esteticodella struttura e investendo nella tecnologia, a partire dal robot «Da Vinci», checosta 3 milioni di euro e permette una visione immersiva, in grado di moltiplicarefino a 10 volte la normale visione dell' occhio umano e di facilitare l' accesso alleanatomie più complesse con una maggiore precisione, riducendo i tempi di degenzae gli effetti collaterali degli interventi chirurgici. lu.dec. © RIPRODUZIONERISERVATA.

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01/10/2019

Argomento: Sanità Campania

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Loreto Mare primario aggredito

Nuovo raid in ospedale Vittima ildirettore del pronto soccorsoPietroluongo: " Situazione insostenibile"di Irene de Arcangelis « Denunciare?Negli ultimi anni, di denunce ne ho fattealmeno dieci. Ci sono stati processi eanche condanne. Certo che denuncio,ma la situazione è insostenibile. Ipoliziotti del drappello sono sempreintrovabili, le guardie giurate nonintervengono e le telecamere nonfunzionano. Insomma, qui abbiamo tuttoma non funziona niente. E stavolta nonpotrò accusare chi mi ha aggredito eminacciato perché ha avuto il tempo difuggire e non ha un nome. Mi viene losconforto...». Parole esasperate, quelledi chi ne ha viste troppe. Sono di Alfredo Pietroluongo, direttore del pronto soccorsodell' ospedale Loreto Mare aggredito ieri mentre era al lavoro tra mille emergenze,preso a spintoni da un utente violento e minacciato di morte. « Ti aspetto fuori, tidevo dare ventotto coltellate » , si è sentito dire. E nonostante tutto è rimasto al suoposto a curare i pazienti. Stesso pronto soccorso dove, lo scorso 12 settembre, avenire aggredito era stato il chirurgo Michele Porcini, insultato, schiaffeggiato, presoa pugni in un occhio dal genitore di un ragazzo arrivato in codice verde che nonvoleva aspettare. Ora tocca al primario vivere - ancora una volta - la bruttaesperienza e diventare il " caso" numero 84 quanto ad aggressioni a personalesanitario a Napoli dall' inizio dell' anno, come denunciano l' associazione " Nessunotocchi Ippocrate" e il consigliere regionale dei Verdi Francesco Emilio Borrelli.Intanto il direttore generale della Asl Napoli Uno Ciro Verdoliva non ha ancora

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ricevuto risposta dalla prefettura in merito alla richiesta di una riunione urgente sull'emergenza violenze negli ospedali napoletani. I fatti. Arriva l' energumeno al prontosoccorso. Ha alcuni punti di sutura in seguito a un precedente incidente stradale epretende che gli vengano subito tolti senza neanche registrarsi. Si scoccia diaspettare e aggredisce verbalmente un medico. Lo insulta. Esplode la lite, siparalizza il pronto soccorso. Le guardie giurate guardano ma non intervengono.Dunque interviene il direttore Pietroluongo. Che succede? « Ma tu chi sei?», grida indialetto il violento al primario, mentre quest' ultimo cerca di mantenere la situazionesotto controllo nella speranza che intanto arrivi l' agente del drappello di polizia. Manulla. E ancora: « Stai attento a quello che fai, io sono un ex detenuto » , dice quasia mostrare una medaglia. Mette le mani al petto del dottore, lo spinge una, duevolte. A quel punto si avvicinano le guardie giurate e gli altri presenti, l' energumenocapisce che deve scappare ma prima avverte il direttore: « Appena esci dall'ospedale ti do ventotto coltellate » . Quindi fugge. Nessun nome, nessuno lo ferma,le telecamere non registrano l' episodio. « Sulla carta saremmo fortunati perchéabbiamo tutto - commenta Pietroluongo - ma non funziona niente. Eppurebasterebbe chiedere un documento all' ingresso. Gli ospedali non devono essere piùzona franca » . Dice il direttore generale della Asl Verdoliva: «Oggi sarò al LoretoMare per risolvere immediatamente il problema delle telecamere non funzionanti».In attesa di una risposta dalla prefettura. © RIPRODUZIONE RISERVATA k L' ospealeIl Loreto Mare.

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01/10/2019

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Loreto, primario pestato «Tornerò per ucciderti»

L' ASSALTO Melina Chiapparino «Hagiurato di uccidermi con 28 coltellateperché sa chi sono e dove venirmi aprendere». Nel pronunciare questeparole con lucidità, Alfredo Pietroluongo,primario del pronto soccorso del LoretoMare, indossa ancora il camice bianco. Ilsuo aggressore è entrato in azione versole 11 del mattino ed è riuscito a fuggire,prima dell' arrivo della polizia. In 40 annidi carriera, di cui gli ultimi 7 comeprimario nel presidio di via Vespucci, il68enne napoletano ha dovutofronteggiare aggressioni e prepotenzema stavolta gli è sembrato di vivere unepisodio di Gomorra. «Un uomo che avràavuto all' incirca 30 anni ha minacciato einsultato il chirurgo che stava assistendoaltri ammalati - si sfoga Pietroluongo - gliho imposto di allontanarsi e, per tutta risposta, ha cominciato a colpirmi sul petto, aspintonarmi e minacciarmi pesantemente promettendomi di accoltellarmi fuori l'ospedale». Stavolta non sono stati schiaffi e pugni a far male ma le modalità: proprioin quel pronto soccorso, 5 anni fa, un 34enne napoletano con la stessa arroganzadisse a una guardia giurata che sarebbe tornato per sparargli e così fu. ILRACCONTO «Mi sono accorto della presenza dell' uomo dalle sue grida, continuava ainsistere con il chirurgo pretendendo che gli levasse i punti di sutura che aveva sulbraccio, in seguito alla medicazione per un incidente stradale» racconta il primario.L' uomo era entrato nelle aree mediche del pronto soccorso senza attendere ilproprio turno nell' accettazione. «Il personale sanitario gli aveva comunicato di

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attendere dal momento che non si trattava di alcuna emergenza, anzi in questo casoera una prestazione ambulatoriale» spiega Pietroluongo che, dopo un inizialetentativo per calmare l' aggressore, è passato alle maniere forti. «Non ho aspettatoche prendesse a schiaffi i miei colleghi e gli ho detto di allontanarsi immediatamente- spiega il dottore - mi ha scaricato addosso parolacce e insulti ma soprattuttopesanti minacce». Quando Pietroluongo non ha mostrato cedimenti di fronte laguapparia dell' uomo che gli ripeteva di essere stato in carcere e di non aver pauradi niente, si è sentito dire: «Io ti uccido e ti prendo a coltellate, ti infilzo 28 volteperché so dove trovarti e ti aspetterò fuori all' ospedale». «Nonostante il nostropresidio sia dotato di un drappello interno di polizia aperto dalle 8 alle 20 non hotrovato nessuno». «Ho cercato il poliziotto per 25 minuti su tutto il piano del prontosoccorso - continua il primario - a quel punto ho chiamato il 113 ma all' arrivo dellavolante, l' uomo si era dileguato ed è questa la cosa che mi fa più male».Pietroluongo punta il dito anche «sulla videosorveglianza guasta» e sulla «necessitàche le guardie giurate identifichino chiunque acceda al pronto soccorso». ILMANAGER ASL «Dalle aggressioni siamo passati alle minacce, e visto il soggettopossiamo solo immaginare lo stato d' animo nel quale il nostro medico è statocostretto a lavorare, purtroppo non possiamo ignorare il fatto che molti dei nostripresidi sono inseriti in contesti sociali estremamente degradati e la violenza, fisica emorale, che si vive all' esterno giocoforza tenta di penetrare anche oltre le muradell' ospedale». Con queste parole, Ciro Verdoliva, manager dell' Asl Napoli 1 Centro,commenta l' episodio del Loreto Mare ritenendolo «ancor più grave perché di stampochiaramente malavitoso». «Se già un' aggressione è espressione di violenza, laminaccia va oltre e qui si vuole intimidire il medico, farlo vivere nella paura di poteressere aggredito e persino ucciso - continua Verdoliva - inoltre questa paura puòesporre un medico anche al rischio di commettere errori che possono condizionare lasalute dei nostri pazienti perciò continueremo a insistere sulle pene più aspre, leprocedure d' ufficio senza querela di parte, il riconoscimento dello status di pubblicoufficiale e la presenza di drappelli di polizia negli ospedali». © RIPRODUZIONERISERVATA.

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01/10/2019

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Rifiuta trasfusione e muore Coas: «Tuteliamo i medici»

IL CASO Marilù Musto Rispettare lavolontà del paziente o salvare la vita aogni costo? È su questo che siinterrogano in molti, dopo il caso delladonna di 65 anni che ha rifiutato latrasfusione e poi è morta perchéTestimone di Geova, nell' ospedale diPiedimonte Matese. I medici hannosostenuto la battaglia del primario diPiedimonte, Gianfausto Iarrobino.«Quanto accaduto in provincia diCaserta, con la donna che ha rifiutato latrasfusione, rappresenta l' ennesimocaso di un medico lasciato da solo aprendere decisioni difficili, senza lagiusta tutela: viene da chiedersi cosapossa fare un medico costretto da unlato dal dettato dell' etica professionaledi salvare delle vite, e dall' altra partedalla volontà della paziente espressa chiaramente ma basata su opinioni religiose.Anche queste forme di mancata tutela sono uno dei motivi capaci di spingere icamici bianchi a fuggire dal sistema sanitario». A sostenerlo è Alessandro Garau delCoas medici dirigenti, commentando la notizia della morte di una donna in unasituazione di emorragia acuta profusa. «Da quanto si apprende dai media - osservaGarau - pare che i parenti della paziente abbiano già denunciato il chirurgo per nonaver praticato alla paziente l' eritropoietina, che non ha indicazione nei casi acuti -ha continuato Garau - per questo motivo esprimiamo la piena solidarietà al collegache, peraltro, rischia ora un processo. Nei medici rimane quindi la sensazione chenon possa esserci soluzione: la denuncia arriverà sia che il medico accetti di

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sottostare alle richieste del paziente, sia che agisca come gli detterebbe la suaetica». Iarrobino, preso dallo sconforto, aveva raccontato la vicenda sul socialFacebook. Da quel momento in poi si è scatenato il dibattito. «Se è giusto che unpaziente sia libero di rifiutare delle cure, allora è altrettanto doveroso che il medicosia tutelato da questi rischi», commenta Garau. «Sono troppi i casi in cui i medicivengono sottoposti a lunghi procedimenti giudiziari - ricorda - tutta la narrativa sullasanità di questi ultimi anni rende sempre più difficile il loro lavoro, e i giovani mediciaccettano sempre più l' idea di emigrare. Non è un caso che i medici italiani sianodefiniti come i più stressati d' Europa». Sulla stessa lunghezza d' onda il presidentedell' Ordine dei Medici di Caserta, Erminia Bottiglieri. «Assurdo quanto successo alcollega Gianfausto Iarrobino. Condivido il suo pensiero e dico che come i pazientipossono rifiutare le cure accampando motivazioni religiose che richiamano lacoscienza personale, anche noi medici dobbiamo avere il diritto di obiettare. Speroche il legislatore tenga conto di queste cose». Intanto, i familiari della pazientehanno avanzato l' ipotesi di denunciare il medico. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

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01/10/2019 Il Mattino (ed. Benevento)

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Screening, vaccini, reti: Asl, Volpe detta la linea

LA STAFFETTA Luella De Ciampis Si èinsediato ieri intorno alle 13 il nuovodirettore generale dell' Asl, GennaroVolpe che, dopo il passaggio delleconsegne, effettuato dal direttoregenerale uscente, Franklin Picker, hadato inizio alla sua giornata lavorativa.Volpe, nato a Napoli nel 1963, prima diarrivare a Benevento ha ricoperto il ruolodi direttore del dipartimento diassistenza primaria dell' Asl Napoli 1,oltre a essere presidente nazionale dellaconfederazione delle associazioni didistretto. «Sono contentissimo di esserearrivato a Benevento dice Volpe - perchéposso lavorare e operare liberamente inun campo che è di mia competenza,avendo ricoperto il ruolo di direttore didipartimento di struttura primaria dal2001. Ma comunque sarà di fondamentale importanza il supporto della comunità, deisindaci e della Provincia, per creare una rete sociale solida e per responsabilizzaregli utenti sugli screening, sull' importanza imprescindibile dei vaccini, mettendo incampo una serie di iniziative mirate a migliorare lo stato di salute dell' interacomunità, e ad applicare tutte le regole necessarie per raggiungere questo obiettivo,a cominciare da quelle legate all' alimentazione e all' adozione di un corretto stile divita«. L' AGENDA Nelle prossime settimane, ha annunciato Volpe, «mi organizzeròper rendermi conto dello stato di salute dell' azienda, visitando i distretti sanitari e ipresidi Asl dell' intero territori. È una tappa prioritaria e indispensabile, che servirà adarmi le indicazioni necessarie per poter intervenire sulle effettive criticità. Investirò

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molto sui distretti, per renderli forti, in modo che possano garantire la dovutaassistenza anche nelle zone lontane dal centro cittadino, dove non sono presentipresidi ospedalieri. E infatti, verificherò di persona quanto è accaduto fino a questomomento, sia in linea generale, che in riferimento alla complessità della questionedei medici base in alcuni ambiti territoriali, difficili per la morfologia geografica e perla vastità del territorio. Vicende che mi sono state già rappresentate, ma checomunque necessitano di essere approfondite, affrontate e risolte, anche inconsiderazione del fatto che molti medici di Medicina generale sono prossimi allapensione». «Inoltre continua il digì - è mia volontà redigere un nuovo atto aziendale:studierò quello attuale per individuare i punti in cui bisogna modificarlo. È un lavoroche sicuramente richiederà tempo, ma mi impegnerò per farlo più rapidamentepossibile. Un altro punto cruciale da affrontare riguarda l' assistenza, che io credodebba essere erogata a domicilio, laddove se ne dovesse ravvisare la necessità,senza creare ulteriori motivi di stress ai pazienti, e bisogna farlo, avvalendosi dell'ausilio di tecnologie innovative. E anche sulle tecnologie in dotazione agli ambulatorie ai presidi del territorio sarà necessario effettuare verifiche approfondite ecircostanziate, per capire cosa ci serve realmente. Insomma, girerò molto perpotenziare al massimo le sedi distrettuali, attraverso strutture polifunzionali,hospice, e Rsa (residenze sanitarie assistenziali), alcune delle quali sono statechiuse. Ci sarà un' integrazione tra ospedale e territorio, nell' ottica di distribuire icompiti per competenze, com' è giusto che sia, in quanto l' assistenza territoriale èdeputata a eseguire le indagini diagnostiche di primo livello, mentre l' aziendaospedaliera dovrà subentrare nella fase successiva, in caso di necessità. Anche perfare questo, è necessario rendersi conto di quali mezzi disponiamo realmente e dicosa invece abbiamo bisogno». Dunque, Volpe, che ha cominciato subito a lavorareper rendersi conto delle necessità aziendali, nei prossimi mesi sarà impegnato su piùfronti e dovrà moltiplicare le forze per portare avanti i progetti che ha ben chiarinella mente, e per riuscire a sciogliere i nodi irrisolti, che sicuramente gli sarannoillustrati in modo esaustivo dai direttori dei distretti, dalle organizzazioni sindacali edai direttori di dipartimento. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

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01/10/2019

Argomento: Sanità nazionale

Pagina 8 EAV: € 21.121Lettori: 546.032

"I virus in arrivo sono insidiosi più a rischio bimbi e anziani"

L' intervista/ F. Pregliasco Prevedere l'epidemia influenzale? Impossibile. Sirischia di trasformarsi in profeti disventura o di sottostimare il pericolo. Maqualche ipotesi sull' epidemia delprossimo inverno è possibile, comericorda Fabrizio Pregliasco, virologo,ricercatore del Dipartimento di ScienzeBiomediche per la Salute dell' Universitàdegli Studi di Milano e Direttore sanitarioI. R. C. C. S. Istituto Ortopedico GaleazziChe virus ci aspettano? «Non possiamodare stime certe, ma si pensa che i casidi influenza potrebbero essere circa seimilioni. Per il prossimo inverno i virusinfluenzali saranno più "insidiosi", perchési sono diffuse due nuove varianti deivirus, H3N2 - H1N1, che oltre ad avere una maggior capacità diffusiva, perché -soprattutto l' H1N1 nei piccoli e l' H3N2 nei più anziani e fragili - possono provocaremaggiori severità e un più alto rischio di complicanze. Oltre a questi, sarannopresenti anche i virus B/Colorado e A/Kansas che sono varianti già conosciute dalleprecedenti stagioni». Si parla tanto di vaccino, ma funziona sempre? «Bisognapuntare su comportamenti corretti: igiene sanitaria, come lavarsi spesso le mani,corretta alimentazione, ma anche evitare gli sbalzi di temperatura . Sono tutti utiliper prevenire il contagio. Oltre a questi, i probiotici sono un' opzione per l' aumentodelle difese immunitarie, perché se si ha una flora intestinale sana il sistemaimmunitario può concentrarsi nel combattere le infezioni delle vie respiratorie e ivirus dell' influenza. Se invece c' è un intestino dalla flora intestinale debole, ilsistema immunitario deve dividersi su più fronti, riducendo la sua efficacia contro i

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virus. Per il resto, anche se la vaccinazione non garantisce protezione totale daivirus dell' influenza, ne riduce notevolmente la probabilità di contagio o di uncontagio in modo pesante: i dati testimoniano infatti che il vaccino riduce lamortalità legata all' influenza nei soggetti a rischio. L' obiettivo principale delvaccino è proprio dare copertura ai soggetti fragili e ridurre la mortalità associataall' infezione». Cosa fare e cosa non fare in caso d' influenza? «Se si è colpiti dall'infezione occorre evitare ad esempio di fare sforzi fisici e, con i farmaci, non sidovrebbero azzerare completamente i sintomi dell' influenza: ad esempio se siabbassa troppo la temperatura, si fa il gioco del virus, rischiando che l' influenza nonpassi e aumentando il rischio di eventuali complicanze respiratorie. Per il resto, nonintasate il pronto soccorso, tra l' altro infettando gli altri, e riposate molto. Ultimaregola: non autoprescrivetevi gli antibiotici. Vanno usati solo su richiesta delmedico». (f.m.) © RIPRODUZIONE RISERVATA.

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01/10/2019

Argomento: Sanità nazionale

Pagina 29 EAV: € 29.223Lettori: 418.324

"Longevi, per scelta e per destino"MARCO CAMBIAGHI

Alla scoperta delle proteine che ciriparano MARCO CAMBIAGHI università diverona Se dovessimo pensare al modo incui il nostro corpo invecchia, potremmoimmaginare che a 20 anni siamo comeun' orchestra sinfonica in cui tuttisuonano all' unisono. Con il tempo -anche all' orecchio meno attento - nonsfuggirà tuttavia un numero sempremaggiore di stonature. Di chi la colpa?Dei suonatori, vale a dire dei nostri geni,o degli strumenti che via via perdono dismalto e quindi dell' ambiente? Lericerche genetiche avevano suggeritoche fossimo tutti con lo sguardo incollatoal nostro libretto di istruzioni, seguendole indicazioni degli oltre 3 miliardi dilettere del Dna. Poi è arrivata lacontromossa: l' epigenetica. È l' ambiente - rivelano gli studi più recenti - il grande«giudice». Chilometri di corse e tonnellate di cibo «healthy», fino allo sfinimento. Maadesso gli equilibri stanno di nuovo cambiando: tra geni e habitat chi tende aprevalere? «È una combinazione di fattori, probabilmente 50 e 50», risponde RichardMorimoto, biologo molecolare alla Northwestern University, negli Usa, uno deimassimi esperti di meccanismi cellulari dell' invecchiamento, ospite, sabatoprossimo, al festival BergamoScienza. «Pensiamo a 30 mila anni fa - continua -quando l' aspettativa di vita era di 35 anni, mentre in epoca vittoriana era di soli 40.Le città non facevano altro che concentrare tante persone in poco spazio,aumentando la possibilità di contrarre patologie infettive, finché ci si rese conto chela separazione dei sistemi idrici diminuiva le morti da colera. Fu, però, la scoperta

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degli antibiotici la rivoluzione». Contemporaneamente è emersa una nuovadefinizione di anziano, con un' aspettativa di vita via via maggiore. «Se pensiamo all'invecchiamento solo associandolo alle patologie - continua - diventa una realtàmorbosa. Dobbiamo invece pensare che alcune persone vivono una vita sana e sonoin grado di evitare le maggiori patologie». Ora Morimoto è alla guida di un team checomprende alcune tra le università al top, come Harvard e Stanford, finanziato con12 milioni di dollari dal National Institute of Health: lo scopo è rispondere a unadomanda-chiave: perché l' invecchiamento rappresenta uno dei principali fattori dirischio per l' insorgenza di patologie neurodegenerative? «Dal momento chebambini, teenager e giovani adulti non sono a rischio per Alzheimer, Parkinson odemenza, che cosa accade a livello molecolare e cellulare alla funzionalità dellecellule nel corso dell' invecchiamento, predisponendole al rischio di dannicrescenti?». Il concetto base - risponde Morimoto - è quello del «controllo qualità»:«Quando le cellule sono giovani e sane, nel periodo riproduttivo, il controllo qualità èmolto efficiente. Con l' età il sistema inizia però a degradarsi e a fallire e le partidanneggiate non possono essere più sostituite. Ecco perché ci si può considerarefortunati se si arriva a 90 anni e si è sani». Sul sistema di controllo qualità Morimotoha dedicato la carriera. «Nell' essere umano così come in molti altri esseri viventi -spiega - esiste un gruppo di geni estremamente interessante e in grado di rilevarediversi tipi di stress cellulare, inclusi gli eccessi termici e la presenza di metallicontaminanti. Questi geni attivano un gruppo di proteine, denominate "Hsp", "Heatshock proteins"». Sono una task-force. «La buona notizia è che proteggono le cellulee i tessuti da possibili danni, legati a una serie di cambiamenti nelle strutture e nellefunzioni». Il solo innalzarsi della temperatura corporea di un grado - per esempiodopo una corsa di una mezz' ora - fa attivare le «Hsp», come la «Hsp72», riducendola probabilità che si formino pericolosi aggregati proteici. Questi accumuli anomalisono legati a patologie neurodegenerative come Alzheimer e Parkinson. «Il controlloqualità, però, diventa scarso in molti anziani, anche se, per fortuna, non in tutti». Dache cosa dipenda questa variabilità è una delle sfide che la ricerca sta affrontando.«Quando si studiano gli individui che vivono fino a 116 anni si scopre che sonopersone normali che fanno cose normali, ma che spesso hanno la fortuna diappartenere a famiglie longeve. C' è, quindi, una predisposizione genetica. Anche senon fai esercizio fisico, paradossalmente, vivrai a lungo. D' altra parte, moltiamericani esagerano: non si limitano ad allenarsi, ma corrono chilometri ogni giorno,pensando che tutto questo li salverà. Gli italiani, invece, conducono uno stile di vitatendenzialmente sano, mangiando porzioni di cibo non esagerate e camminando un

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po' ogni giorno. Se osserviamo poi i vostri ultracentenari, notiamo che si tratta dipersone che hanno trascorso l' intera vita sempre nello stesso posto». E' così che sicrea un equilibrio stabile tra genetica e ambiente e il Dna non viene stressato daimprovvisi cambiamenti nell' habitat stesso. Dell' ambiente fa parte anche l' aspettoculturale. Spiega Morimoto: «In Europa e Giappone non si consumano molti snackfuori pasto. È noto che, se mangi continuamente, interferisci con il sistema dell'insulina, il quale si può bloccare. Ecco perché nelle nazioni in cui ci sono molti obesici sono molti diabetici. Questo meccanismo attiva anche le "Hsp". Tutto, perciò, ècorrelato. Se fai colazione e aspetti le 13 per fare pranzo, non mangiando nulla nelmezzo, e poi di nuovo fino a cena, dai al corpo, a livello cellulare, abbastanza tempoper attivare i meccanismi protettivi che permettono alle cellule di riposarsi e poi direcuperare». - c BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI Richard Morimoto biologomolecolare, è professore alla Northwestern University di chicago (Usa)

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01/10/2019

Argomento: Sanità nazionale

Pagina 32 EAV: € 24.652Lettori: 418.324

"Non solo chemio per il tumore al seno" Ora terapieormonali e farmaci molecolari

FABIO DI TODARO

LE ULTIME FRONTIERE DELLA CURA PERLA NEOPLASIA FEMMINILE PIU' DIFFUSAfabio di todARO Ci sono donne ammalatedi tumore al seno che non virinuncerebbero mai, convinte che lechance di sopravvivenza passino da lì. Ealtre che, invece, si informano echiedono se esista un' alternativa allachemioterapia, senza che si riducano leprobabilità di superare la malattia. L'evoluzione è il frutto di un ricorso«razionalizzato» agli antitumoraliimpiegati a partire dagli Anni 70 - inabbinamento alla chirurgia - nella curadella più diffusa neoplasia femminile. Aconquistare spazio sono state le terapieormonali e i farmaci in grado di colpirealcuni processi chiave della crescitacellulare. «Ma non vuol dire che la chemioterapia sia considerata inutile o obsoleta»,dice Michelino De Laurentiis, direttore del dipartimento di oncologia senologica etoracopolmonare dell' Istituto Nazionale dei Tumori-Fondazione Pascale di Napoli.«Indipendentemente dai farmaci utilizzati l' obiettivo è migliorare la prognosi dellepazienti che non riescono a superare la malattia». Se quasi il 90% delle donne conun tumore al seno è vivo dopo cinque anni, è vero che una su 10 non ce l' ha fatta.Ed è a queste vittime che guarda la ricerca. Quando rinunciare. Il ricorso alla chemiodopo l' intervento chirurgico si riduce nei tumori al seno cosiddetti «Luminal».Ovvero quelli sensibili agli ormoni, purché scoperti in fase precoce. Questo passo inavanti è possibile anche grazie ai test in grado di valutare - al momento della

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diagnosi - l' espressione di alcuni geni nel tessuto tumorale. Il loro impiego, abbinatoall' esame istologico, quantifica il rischio di recidiva metastatica. E, di conseguenza,valuta l' utilità della chemio. Test che però, a eccezione della Lombardia (OncotypeDx), non sono al momento rimborsati dal servizio sanitario, ma offerti da alcunicentri che affiancano la ricerca alla cura. Una maggiore accessibilità, secondo DeLaurentiis, «potrebbe interessare quel 20-30% di pazienti di fronte a cui c' èincertezza sull' impiego della chemio». Soluzione che è ancora indispensabile se si èalle prese con altri sottotipi di tumore al seno: il «triplo negativo» e l'«Her2-positivo». Fasi avanzate. La chemio, per decenni, è stata l' unica arma anche neiconfronti del tumore metastatico, che dal seno si diffonde ad altri organi. In Italia,ogni anno, sono 12mila le donne che si ritrovano alle prese con questa malattiaavanzata. Un insieme di neoplasie responsabile delle prognosi più infauste. Anche inquesto caso, però, lo scenario è in evoluzione. A confermarlo è una revisione di 140studi pubblicata su «The Lancet Oncology»: la chemio può essere inizialmenteevitata nei tumori metastatici con recettori ormonali, i «Luminal». Anzi, deve, perchéla combinazione della terapia ormonale e di un farmaco a bersaglio molecolare(ribociclib, palpociclib o abemaciclib) è più efficace sia della sola terapia ormonalesia della chemio. «L' analisi ha riguardato donne colpite dal più diffuso sottotipo dimalattia metastatica: quella in cui si rilevano i recettori ormonali e manca invece ilrecettore 2 del fattore umano di crescita epidermica - dice Lucia Del Mastro,responsabile della "Breast unit" dell' Irccs Policlinico San Martino di Genova, assiemea De Laurentiis tra gli autori della ricerca -. I risultati confermano che la chemio nondeve rappresentare la prima opzione per queste pazienti». La cronicizzazione. L'associazione dei due farmaci permetterà a molte più donne con tumore metastaticodi ricevere in fase iniziale un trattamento efficace e con ridotta tossicità,posticipando la chemio. L' obiettivo è rendere la malattia - al momento inguaribile -controllabile. Una sfida che alcune donne stanno vincendo ormai da 20 anni. Ilricorso alle combinazioni - terapia ormonale più «target» - sta dando i risultatisperati sia nelle donne in età fertile sia in quelle in menopausa. Per arrivare allacronicizzazione, secondo De Laurentiis, «solo il 5% di queste pazienti dovrebbeessere trattato subito con la chemio». Si tratta di chi è già colpito da una crisiviscerale, «in cui si rischia la vita». Per le altre la chemio deve rappresentare l'ultima opzione, «inevitabile nel momento in cui si sviluppa una resistenza alleterapie ormonali». - c BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI.

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01/10/2019

Argomento: Sanità nazionale

Pagina 10 EAV: € 18.475Lettori: 546.032

Anticancro, quei farmaci costano miliardi: occhio alla spesa

Periscopio Sanità e salute oltre la notiziadi Daniela Minerva C inque miliardi e 659milioni spesi nel 2018 sono una cifraimportante. Che la fiscalità generale ècontenta di pagare per permettere all'Italia di essere il paese europeo in cui sisopravvive di più perché tutti riescono aessere curati con le terapie migliori. Ilfatto però è che tra il 2013 eil 2017 nelmondo sono stati commercializzati 54nuovi trattamenti anticancro, 35 giàdisponibili in Italia. E questa sarebbe unagrande notizia se al congresso annualedella Società europea di oncologiamedica (Esmo), che si chiude oggi aBarcellona, due studi non avesserodimostrato che molte di queste medicineintrodotte negli ultimi 10-15 anni non servono a granché, costano molto e il lorovalore clinico non vale la spesa. Una bomba. Che oscura in una nebbia confondente imolti farmaci utilissimi che, insieme a diagnosi precoce, chirurgia e radioterapia,garantiscono agli italiani di sopravvivere al tumore. Dunque? Che si fa? Frenare laregistrazione dei nuovi anticancro? Diminuire indiscriminatamente i prezzi? Com' èovvio non è una soluzione raffazzonata e massimalista che aiuta. Bisogna, e subito,discriminare tra i farmaci che servono e quelli pressoché inutili. Bisogna registraresolo quelli che servono. Perciò serve trasparenza assoluta sui dati clinici e il pugnoduro dell' organismo regolatore, l' europea Ema per quanto ci riguarda. E bisognacalibrare il prezzo all' efficacia: gli strumenti nelle mani dell' agenzia italianapreposta, l' Aifa, ci sono. Uno tra tutti il cosiddetto "payment by result", cheaddebita al Ssn solo le terapie che hanno realmente funzionato: ma non è il solo. Sia

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Ema che Aifa, però, sembrano rispondere più alle pressioni per rendere i farmacidisponibili che non alla necessità di discriminare con la forza della scienza il granodal loglio. Tutti coloro che spingono ché gli anticancro arrivino subito ai malati aqualunque costo, e lo fanno con la forza etica del bisogno terapeutico, dovrebberoperò fermarsi: l' opinione pubblica non può dubitare dell' efficacia di quello che pagaa così caro prezzo. Sennò si aprono praterie per coloro che dicono,immotivatamente, che i nuovi farmaci non servono. Contrapporre il massimalismodel "tutto a tutti a prescindere" al massimalismo disinformato fa male a tutti. ©RIPRODUZIONE RISERVATA.

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01/10/2019

Argomento: Sanità nazionale

Pagina 30 EAV: € 24.461Lettori: 418.324

Due spiragli contro la SlaVALENTINA ARCOVIO

Si testano terapie genetiche mirate"Sono per alcuni tipi di malati" ValentinaArcovio «A quando la cura?». E' ladomanda a cui il neurologo MarioSabatelli, direttore del Centro ClinicoNeMO Adulti del Policlinico Gemelli diRoma e presidente della commissionemedico scientifica dell' AssociazioneItaliana Sclerosi Laterale Amiotrofica(Aisla), deve rispondere molto più spessodi quanto vorrebbe. Non perché non sialecita. Ma, da quando ha iniziato aoccuparsi dei malati di Sla, la Sclerosilaterale amiotrofica, la risposta è semprela stessa: «Ancora niente, ma non ciarrendiamo». In realtà sono all' incirca150 anni che i malati aspettano una curacontro questo male che imprigionamente e anima. La Sla è una patologia degenerativa che colpisce le cellule cerebralipreposte al controllo dei muscoli, compromettendo progressivamente i movimentidella muscolatura volontaria. In Italia convivono con questa patologia 6mila persone.In genere si manifesta in persone con età superiore ai 40 anni, a volte anche meno.Le conseguenze sono devastanti. Si perde progressivamente il controllo del propriocorpo e si arriva addirittura a non poter deglutire, parlare o anche solo respiraresenza l' aiuto delle macchine. Anche se oggi una cura definitiva non l' abbiamo,questo secolo e mezzo ci è servito a crearne le basi e a raccogliere qualche primorisultato promettente. «Non è esagerato parlare di svolta epocale da quandoabbiamo scoperto alcune specifiche mutazioni genetiche legate ad alcune forme diSla - sottolinea Sabatelli -. Gli studi di genetica ci hanno consentito di individuare 25

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geni sicuramente responsabili della malattia e altre decine che possiamoconsiderare come fattori predisponenti». Lo studio di queste mutazioni - su topolini,vermi, moscerini della frutta e anche pesci zebra - hanno poi portato alla scoperta dialcuni fondamentali meccanismi. «Nel frattempo, studi condotti su cervelli umanipost-mortem ci hanno permesso di individuare una comune caratteristica tra quasitutti i malati di Sla: un accumulo anomalo della proteina Tdp-43. Tutte questeinformazioni hanno aperto nuove possibili strade di cura. «La terapia genica è una diqueste - dice Sabatelli -. Ora che conosciamo i geni responsabili possiamo interferirecon il loro funzionamento». Per riuscirci abbiamo molecole e «navicelle» con cuimodificare la funzione dei geni difettosi. «Attualmente - aggiunge Adriano Chiò,responsabile del Centro Sla del dipartimento di Neuroscienze dell' Università degliStudi di Torino e Azienda Ospedaliero Universitaria Città della Salute e della Scienza,oltre che membro della Società di neurologia - sono in corso due sperimentazionifarmacologiche rivolte al trattamento dei pazienti portatori delle due più comunimutazioni genetiche: Sod1 e C9orf72. In entrambi i casi si tratta di «oligonucleotidiantisenso», vale a dire brevi molecole a singolo filamento di Dna complementari auna specifica sequenza. Legandosi a una specifica molecola di mRNA, ne bloccano latraduzione, impedendo la sintesi della proteina mutata». Si tratta di un trattamentopotenzialmente valido solo per un piccolo gruppo di pazienti. «Basta pensare che lamutazione Sod1 si riscontra nel 2% dei casi di Sla, mentre la mutazione C9orf72 nel15% - precisa Sabatelli -. E tuttavia rimane comunque una possibilità eccezionale,considerando che prima non avevamo nulla». Inoltre - prosegue Chiò - sono in fasedi sperimentazione preclinica, ma prossime a giungere all' uomo, anche terapiegeniche basate su vettori virali: queste permetteranno di intervenire a livello genicocon la sostituzione del gene alterato». Per gli altri casi di Sla, non legatispecificatamente a un singolo gene, si sta invece studiando il probabilecoinvolgimento di altre mutazioni. In attesa che la ricerca ottenga risultaticonvincenti i pazienti si chiedono anche se mai ci sarà una cura che consenta nonsolo di bloccare la distruzione dei motoneuroni, e quindi la progressione dellamalattia, ma anche di recuperare i motoneuroni persi e perciò di riparare ai dannigià subiti. Qui le cose si fanno ben più complicate. «Diversi tentativi sono stati fatticon l' uso delle cellule staminali negli Usa, ma i risultati sono stati deludenti», diceSabatelli. Impegnato su questo filone è Angelo Vescovi, direttore scientifico dellaCasa Sollievo della Sofferenza di San Pio (San Giovanni Rotondo). Lo scienziato è allaguida di una sperimentazione clinica che consiste nel trapiantare le cellule staminalicerebrali adulte direttamente nel midollo dei malati. La sperimentazione clinica di

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Fase I, volta a verificare la sicurezza del trattamento, si è conclusa con successo nelgiugno del 2015. Il passo successivo sarà quello di verificarne l' efficacia. - c BY NCND ALCUNI DIRITTI RISERVATI 123rf.

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01/10/2019

Argomento: Sanità nazionale

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E-cig, Usa pronti alla stretta Per l' Europa pochi rischiPagina a cura diFrancesca Cerati

Regole. In attesa di studi scientifici alungo termine, le autorità europeeconsiderano le sigarette elettronichemeno dannose e un valido metodo persmettere di fumare Dopo settimane diricerca della causa di un misteriosofocolaio di malattie polmonari legate allosvapo, che ha causato 12 decessi e oltre800 ricoveri negli Stati Uniti i funzionarisanitari confermano che "i prodotti Thc(tetracannabinoidi) svolgono un ruolonell' epidemia". Il rapporto del Cdc(Centers for disease control andprevention) ha analizzato le informazionidi 514 pazienti, il 77% dei quali avevausato prodotti contenenti Thc, il 36%aveva usato esclusivamente vapori diThc e il 16% aveva usato solo vapori di nicotina. Inoltre, la maggior parte deipazienti ha riferito di aver ottenuto i prodotti di svapo da fonti informali. Precedentirapporti avevano segnalato la presenza di vitamina E acetato, un olio derivato dallavitamina E , in alcuni campioni di prodotto prelevati da pazienti. Inoltre, un' analisicommissionata da Nbc News ha rilevato un' altra sostanza, un pesticida chiamatomiclobutanil, in 10 cartucce di svapo Thc ottenute da rivenditori non autorizzati.Questo pesticida può convertirsi in acido cianidrico chimico quando viene bruciato.«Stiamo perdendo di vista il principio di base che resta sconfiggere il fumo disigaretta convenzionale e demonizzando l' utilizzo delle elettroniche rischiamo solodi allontanare i fumatori dalla possibilità concreta di smettere e ridurre i danni sullasalute - commenta Riccardo Polosa, ordinario di Medicina interna all' Università diCatania e direttore del CoEhar - Centro di ricerca per la Riduzione del danno da fumo

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- I comuni prodotti da svapo utilizzati dai fumatori per smettere di fumare non hannonulla a che vedere con i prodotti presenti sul mercato nero statunitense che stannocausando un serio problema di salute pubblica. È necessario ora più che mai uncontrollo attento sui prodotti da vaporizzazione a base di cannabis, non di certo suquello delle sigarette elettroniche che, per legge, in Europa è già monitorato e inquesti ultimi 10 anni non ha mai fatto nessuna vittima». «Il problema è il mercatonero statunitense. Serve un controllo serrato - continua Polosa -. Quello che sembrastrano dai dati dei casi americani è l' insieme di patologie e sintomi correlati. Comepuò un solo prodotto, in questo caso la sigaretta elettronica, produrre una così largavarietà di patologie e sintomi? Dobbiamo provare il nesso di causalità e servedavvero un' indagine in merito». Già, perchè dopo 10 anni di utilizzo di e-cig, ci sonoancora molti dubbi sugli effetti dei liquidi sulla salute, specialmente a lungo termine.Un recente studio del Baylor College of Medicine suggerisce che i vapori delle e-cigpossano compromettere la funzione polmonare nei topi. Poi, è da chiarire la loroefficacia nello smettere di fumare. Anche in questo caso ci sono studi contrastanti:alcuni dicono che le e-cig siano un primo passo contro il vizio del fumo, altri invecesostengono che con le sigarette elettroniche si passi da un vizio all' altro. In tutti icasi le indagini indipendenti sono pochissime così come i pazienti reclutati. Non solo,molti partecipanti sono ex fumatori, è quindi complesso attribuire "la colpa" suglieventuali danni futuri. Di conseguenza i risultati ottenuti fino a oggi sono pocoattendibili, sia quelli a favore sia quelli contrari. «Due anni fa abbiamo pubblicatouno studio su Nature - sottolinea Polosa - condotto su una rara popolazione disvapatori che non avevano mai fumato e li abbiamo seguiti nel tempo per circa 4anni (iniziato nel 2012, erano 12, ndr) al termine del controllo le tac ad altarisoluzione non hanno mostrato segni precoci di danno al polmone». Uno studiopiccolo che arriva a conclusioni forti... «Lo considero uno studio pilota - rispondePolosa - Ora stiamo reclutando la più grande coorte mondiale (circa mille)disvapatori che non ha mai fumato, al fine di valutare la capacità funzionalepolmonare, i sintomi, come e quanto usano i prodotti, e attarverso una tac ad altarisoluzione, stabilire se ci sono danni ai polmoni». In questa poca certezza, va da sèche sulle due sponde dell' Oceano, le norme e le avvertenze in tema di sigaretteelettroniche come risposta alla "crisi dello svapo" sottolinea una differenza piùprofonda nell' approccio alle alternative al fumo. Gli enti sanitari del Regno Unitostanno spingendo per l' accettazione di svapo come mezzo per indurre le persone asmettere di fumare, che è legato al cancro, alle malattie cardiache e ad altri disturbi.Viceversa negli Stati Uniti, che negli ultimi decenni ha visto innumerevoli azioni

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legali sul tabacco, si teme che le alternative alle sigarette possano essere unapossibile via d' accesso al fumo. Ciò che allinea entrambe le regioni è che i tassi difumatori sono diminuiti, mentre i numeri di vaporizzazione sono aumentati. Ilbusiness globale delle e-cig vale 6 miliardi di dollari, una goccia rispetto ai 770miliardi del tabacco globale, ma il segmento è in crescita: più 34% nel 2016. E lestime di Research and market, parlano di un fatturato da 50 miliardi di dollari nel2025. L' unica controindicazione allo sviluppo sembra quindi essere legata allasalute, da qui la necessità di avviare studi scientifici seri e indipendenti. ©RIPRODUZIONE RISERVATA.

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01/10/2019

Argomento: Sanità nazionale

Pagina 31 EAV: € 17.634Lettori: 418.324

Il calvario di malati e famiglie "Pochi i team di specialisti eassistenza insufficiente"

Di fronte a malattie come la Sla c' è unelemento fondamentale: rendere la vitadi chi soffre più semplice e menodolorosa. «Una missione che in Italia èdifficile da realizzare», ammette PinaEsposito, vicepresidente dell' Aisla, l'Associazione italiana sclerosi lateraleamiotrofica, all' indomani della giornatadedicata ai malati e ai loro familiari.«Dopo la diagnosi, un "proiettile" chearriva al cuore, troppo spesso i pazientie le famiglie si ritrovano da soli e allosbando - spiega Esposito -. Perché unsolo medico non basta, ma occorre unteam multidisciplinare, composto daspecialisti ed esperti. Dal neurologo allopsicologo, dal fisiatra al medico prepostoalle cure palliative, ogni figura dovrebbeseguire il malato passo dopo passo». Per fare in modo che questo accada Aislasostiene da anni la necessità che ogni Asl adotti un percorso diagnostico terapeuticoassistenziale (il cosiddetto «Pdta») per ogni paziente e in modo omogeneo sulterritorio. «Il "Pdta" è necessario per definire esattamente gli elementi necessari perla presa in carico del paziente». Altro punto, e altrettanto dolente, è l' assistenzadomiciliare. La Sla è una malattia che, pezzo dopo pezzo, lascia il paziente privo diogni autonomia: dal movimento alla capacità di comunicare, fino a quella dialimentarsi e addirittura di respirare. Per i «caregiver» occuparsi di un malatosignifica impegnarsi 24 ore su 24. «In verità le famiglie ricevono un supporto dalleAsl attraverso l' Assistenza domiciliare integrata, ma per un' assistenza "h24"

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devono attingere a risorse proprie - dice Esposito -. Così spesso si deve lasciare illavoro e rivolgersi a una badante». Eppure la figura del «caregiver» non ha ottenutoun pieno riconoscimento giuridico e le tutele previdenziali. La legge che dovrebberimediare è ferma in Parlamento. Un aiuto arriva dal Fondo Nazionale per la NonAutosufficienza (Fna), stanziato ogni anno dal governo e distribuito alle Regioni chelo fanno avere alle famiglie con assegni mensili: l' ultimo stanziato del 2018 è di 450milioni, ma è destinato a tutti i disabili e agli anziani non autosufficienti.Tra questi,anche i malati di Sla che nel nostro Paese ammontano a 6 milioni. «E' evidente che l'Fna non può coprire tutte le costose necessità assistenziali di una persona con Sla»,evidenzia Esposito. Ci sono, infine, le maglie della burocrazia. Con conseguenzedrammatiche. «Pensiamo ai dispositivi che permettono ai malati di comunicare: unritardo di sei mesi, come spesso succede, impedisce al malato e ai suoi familiari diinteragire per quello che a loro sembrerà un' infinità di tempo», conclude Esposito.Una gravissima ingiustizia, per certi versi più grave di quella che il destino ha giàriservato ai malati e ai loro cari.v. arc. - c BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI.

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01/10/2019

Argomento: Sanità nazionale

Pagina 6 EAV: € 31.698Lettori: 546.032

Il cerotto che cura

La tecnologia al servizio della salute Nonpiù solo una soluzione per coprire leferite, ma utile per la somministrazionedi farmaci o vaccini Un dispositivosempre più hi tech, capace di controllaredalla postura all' ovulazione E anche ingrado di dialogare con lo smartphone peril controllo delle nostre condizioni diSandro Iannaccone Preparatevi a direaddio a termometro, ghiaccio spray,farmaci anti emicrania, pasticche perdormire. Nella cassetta di primosoccorso del prossimo futuro,probabilmente, troverete soltantocerotti. Di varia foggia, colore edimensione e tutti ad alto contenutotecnologico: non più soltanto pecette pergraffi e ferite, ma dispositivi medici complessi, in grado di monitorare diversiparametri di salute, somministrare farmaci, controllare la postura e persinodialogare con lo smartphone. L' ultima novità è quella appena presentata alconvegno autunnale della American Chemical Society: un cerotto per la pelle adazione rapida per attaccare le cellule del melanoma, una delle forme più insidiose dicancro della pelle, esattamente dove necessario. A svilupparlo un' équipe discienziati del Massachusetts Institute of Technology: si tratta di un dispositivo dotatodi micro-aghi che rilasciano il farmaco al momento opportuno. I ricercatori hannotestato anche un possibile utilizzo del cerotto per somministrare i vaccini,applicandolo su topi da laboratorio e usando l' ovalbumina di pollo come antigenemodello. Il trattamento è stato un successo: i topi con il cerotto hanno prodotto novevolte il livello di anticorpi rispetto alle iniezioni intramuscolari e 160 volte il livello di

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anticorpi rispetto alle iniezioni sottocutanee. Il cerotto sviluppato non è che l' ultimodi una lunga lista di dispositivi analoghi, alcuni dei quali sono addirittura già statiapprovati dagli enti regolatori e disponibili in commercio. Ecco i più interessanti:Somministrazione di vaccini e farmaci Restando in tema di vaccini, uno deidispositivi più promettenti è quello appena presentato da un' équipe di scienziatidella University of Rochester Medical Center sulle pagine del Journal of InvestigativeDermatology: si tratta di un cerotto in grado di somministrare il vaccinoantinfluenzale con sicurezza e senza alcun effetto collaterale. Ciò che lo rendeparticolarmente interessante è il fatto che funziona senza micro- aghi: è infatticoperto di un peptide che penetra chimicamente al di sotto della pelle e "apre" lastrada al principio attivo. Per quanto riguarda farmaci e trattamenti, poi, l' offerta èdavvero sterminata: tra le proposte più interessanti è degna di nota Cefaly, uncerotto dotato di un elettrodo adesivo da attaccare al centro della fronte, chestimola il nervo trigemino per combattere gli attacchi di emicrania; Sleep ZPatch diKlova, che aiuta a combattere l' insonnia da jet- lag rilasciando melatonina,magnesio e altri principi attivi; Period Cram Relief Patch, un cerotto che rilasciamentolo ed eucalipto per alleviare i dolori da ciclo mestruale. Da controllare con losmartphone Un capitolo a parte meritano tutti i cerotti smart, quelli cioè in grado dimonitorare uno o più parametri di salute e inviare a smartphone, tablet o computer idati rilevati. Anche in questo caso non c' è che l' imbarazzo della scelta: si va daTemp Traq, un cerotto- termometro che monitora la febbre e trasmette i dati ad appiOs o Android, a Upright, un ibrido tra cerotto e wearable, che si applica sullaschiena e invia allo smartphone informazioni sulla postura, vibrando per ricordare achi lo indossa che è il caso di stare più diritto. Insomma in questo caso le tecnologiepiù avanzate sono a servizio del paziente. Per benessere e bellezza Sportivi e atletifaranno bene a tener d' occhio lo Skin Patch Hydration, cerotto sviluppato dagliscienziati della Purdue University (per ora ancora allo stato di prototipo) in grado dimonitorare lo stato di idratazione corporea, cambiando colore con l' aumento dellasudorazione per segnalare la perdita di acqua. I fan del mare e delle passeggiatesotto il sole, invece, possono servirsi di UV Sense, cerottino elettronico senzabatteria che si applica sull' unghia, rileva i livelli di esposizione ai raggi ultraviolettidel sole ( sia UVA che UVB) e li comunica allo smartphone, avvisando chi lo indossaquando si superano le soglie di sicurezza. Sotto le lenzuola Ultimi ma non menoimportanti, i cerotti dedicati alla sessualità. Si va dai "classici" dispositivicontraccettivi che rilasciano ormoni sottopelle per prevenire gravidanze indesideratea prodotti più particolari come iFertracker, un cerotto che si applica sotto l' ascella e

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monitora i dati di temperatura per prevenire il più accuratamente possibile il periododa ovulazione e aiutare così le coppie che vogliono iniziare una gravidanza. ©RIPRODUZIONE RISERVATA.

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01/10/2019

Argomento: Sanità nazionale

Pagina 1 EAV: € 60.294Lettori: 725.830

Il fine vita è una questione di umanitàCARLO ROVELLI

la riflessione Sono contento si ricomincia parlare di suicidio assistito, e accolgo l'invito del Presidente della Camera aldibattito su questo argomento. L' hotoccato su questo giornale alcuni mesifa, raccontando il suicidio assistito di un'amica, in Belgio. C hiedevo perché nonpossiamo avere in Italia la stessapossibilità che esiste in altri Paesi civilidi scegliere serenamente il modo in cuimorire quando la sofferenza è grave eirrimediabile. Mi rispose allora l'Osservatore Romano , presentandoargomenti contrari. Ritengo che ilrispetto delle opinioni diverse sia ilfondamento della democrazia, e siaparticolarmente importante su un temadelicato come questo, e vorreipresentare qui, serenamente, alcune considerazioni in questo spirito. La primariguarda le dichiarazioni recenti di alcuni rappresentanti del mondo medico, chechiedono di non essere obbligati ad assistere una persona che vuole terminare lasua vita. Mi ha colpito la frase di un medico, riportata su questo giornale, che diceva«si parla della libertà del paziente, ma che ne è della libertà del medico?». Misembra chiaro che la libertà del medico possa e debba essere rispettata. In Belgio, lamia amica aveva una malattia incurabile e soffriva. Ha chiesto aiuto al propriomedico curante per terminare la sua vita. Il medico curante ha risposto che permotivi legati alle sue convinzioni morali non l' avrebbe fatto. Seguendo la legge delPaese, ha quindi semplicemente diretto la sua paziente verso un collega che nonaveva simili impedimenti, che ha aiutato lui il suicidio. Questo prevede la legge del

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Belgio, salvaguardando la libertà tanto del paziente che del medico. Mi sembra unasoluzione civile. Non dobbiamo imporre l' uno all' altro le nostre convinzioni religioseo morali; dobbiamo rispettare le convinzioni di ciascuno, e avere leggi chepermettano questo, e limitino la nostra libertà solo se la nostra libertà può nuoceread altri. Nel rispondere al mio articolo, l' Osservatore Romano presentava l'alternativa fra una morte «in un freddo letto di ospedale», «oscura, tremebonda epiena di tabù», oppure una morte in casa propria, scelta e vissuta serenamente.Sono d' accordo. Il suicidio assistito della mia amica è avvenuto in casa,serenamente. Era attorniata dai suoi cari. Era mattina, e ha voluto passare l' ultimomomento della sua vita con la finestra aperta, ascoltando il canto degli uccelli, fra l'affetto dei suoi. Noi tutti dovremo affrontare l' ultimo giorno della nostra vita. Iospero intensamente che il mio possa essere in una situazione di serenità e affettocome è stato il suo. I medici sanno che ci sono condizioni che portano a sofferenzeestreme e senza rimedio, e a un degrado e un abbrutimento senza ritorno. Alcuni franoi vogliono affrontare questo degrado comunque. Li rispetto. Altri preferiscono nonfarlo. Ritengo meritino eguale rispetto. L' Osservatore Romano mi obietta che se laragione della scelta di morire è una sofferenza estrema e incurabile, la risposta èche oggi ci sono «cure palliative» che risolvono il problema. Sarebbe bello se talicure fossero sufficienti, ma purtroppo non lo sono. Esiste la morfina e farmaci simili,che alleviano il dolore, ma non bastano. Questo porta a una considerazione delicata.Aumentare fortemente la dose di farmaci come la morfina è talvolta possibile, maequivale in molte situazioni a un' eutanasia, perché accelera la fine della vita.Questo lascia una zona grigia, ben conosciuta dai medici, in cui si gioca fraambiguità e ipocrisia, a fin di bene, per fare senza dire. Non è un modo onesto digestire qualcosa di sacro e importante come la morte, secondo me. Dopo la nascita,la morte è il passo più importante della vita. Trattiamolo con il rispetto che merita,con il viso scoperto e la fronte alta, non con non-detti e mezze parole oscure. Difronte a sofferenze irrimediabili e terribili, che purtroppo esistono, di fronte a undegrado fisico e sopratutto spirituale senza ritorno, quando il paziente non chiedealtro che smettere di soffrire, e la famiglia ne è consapevole, credo che pochi mediciche abbiano un poco di cuore neghino davvero la pace a chi la vuole con tutta l'anima. Non lasciamo che questo avvenga in un oscuro limbo di semi-illegalità, chepuò poi portare a degenerazioni che arrivano fino alla cronaca nera. I primibeneficiari di una legge su questo argomento sono i medici, che non siano piùobbligati a dover far fronte non solo a difficili scelte umane, ma anche ad assurdirischi legali. Il problema del suicidio assistito non è, e non deve essere, una

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questione fra laici e religiosi. Il Belgio è un Paese con un forte sentimento cattolico,conosco medici cattolici praticanti che non esitano ad aiutare una persona a fare l'ultimo passo, e laici che sono contrari a permettere che questo avvenga. La leggedel Belgio stabilisce con precisione i modi e le condizioni in cui un medico può, se loritiene giusto, se la sua coscienza lo permette, e se tante condizioni sono verificate,accettare la richiesta di un paziente di aiutarlo a morire. Una di queste condizioni èche la sofferenza sia grave e irrimediabile. Un' altra, ovvia, è che il desiderio dimorire sia forte, sincero, motivato e genuino. Forse non sarà una legge perfetta. Èsolo una delle soluzioni che Paesi diversi hanno adottato. A me sembra comunquemolto migliore della situazione italiana, che mette i medici nella posizione dolorosadi dover scegliere se violare la propria umanità oppure violare la legge. Perché lavera questione qui non è la libertà. È l' umanità. Permettere, a chi lo desiderafortemente, di evitare la sofferenza. Questa è umanità. Quella stessa umanità cheanima chi si adopera ad alleviare le sofferenze in tanti altri ambiti, e che animatantissime persone, tanto nel mondo religioso che in quello delle persone che nonsono religiose. La morte, fa notare l' Osservatore Romano , è sempre difficile. La siaffronta con timori e lascia in chi resta le emozioni più dure. Ciascuno di noi èdiverso. Arriviamo con sentimenti diversi alla morte dei propri cari e alla propria. Iodi certo non pretendo di dire agli altri come dovrebbero avvicinarsi alla morte. Mapenso che questo rispetto dovrebbe essere reciproco. Da grandi istituzioni moralicome la Chiesa mi aspetto parole di saggezza che ci suggeriscano come affrontare ipassaggi difficili, non appelli a divieti che rendano tutto più difficile a tutti. Se unapersona, i suoi medici, i suoi familiari, convergono tutti nel ritenere giusto e serenoun modo di morire, penso dobbiamo interrogarci tutti se non sia meglio accettare lapossibilità che di fronte al dolore irrimediabile qualcuno preferisca scegliere luistesso il momento, che viene comunque, in cui sentirsi, come Abramo nella Genesi,«sazio di giorni».

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01/10/2019

Argomento: Sanità nazionale

Pagina 3 EAV: € 18.301Lettori: 352.765

IN OGNI PERSONA MALATA UNA DIGNITÀ CHE CI RIGUARDAANTONELLA GOISIS

Un medico palliativista interviene neldibattito sul suicidio assistito arodirettore, com' è noto il 25 settembre ClaCorte costituzionale ha fatto sapere diaver ritenuto non punibile ai sensi dell'articolo 580 del Codice penale, adeterminate condizioni, chi agevola l'esecuzione del proposito di suicidio di unpaziente tenuto in vita da trattamenti disostegno vitale e affetto da unapatologia irreversibile, fonte disofferenze fisiche e psicologiche chereputa intollerabili ma capace diprendere decisioni libere e consapevoli.Conosciamo tutti il dibattito che ne èscaturito, e che continua. Cosa diredavanti al dolore di una vita che non è più quella di prima, che sembra non esserepiù nemmeno la tua perché una malattia devastante e inguaribile te l' hairrimediabilmente modificata? Cosa dire davanti a ore, giorni, settimane, mesi, avolte anni che non precedono una guarigione ma un declino più o meno lento, e lamorte? Cosa dire davanti a un corpo, il tuo, che progressivamente non è più in gradodi reagire, si irrigidisce, si paralizza, col respiro non più spontaneo, mentre la tuamente vorrebbe schizzare lontano, sopra le nuvole, al di là delle montagne, nell'infinito, perché è viva come non mai? Cosa dire quando un cancro devastante non tiuccide subito ma ti distrugge giorno per giorno, ti sbeffeggia mandandoti in necrosiora un dito, ora un piede, ora una mano, ora qualcosa all' interno di te, regalandotiun odore acre, che invade la tua stanza, il respiro tuo, dei tuoi familiari, dei tuoicuranti? L' odore della morte, seduta sul tuo letto, che ti guarda, tranquilla. Non hafretta, sa che sarai suo, comunque. Ma soprattutto cosa posso dire io? Non sono un

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giudice, un filosofo, un politico... Sono un medico che si occupa di malati inguaribiliin un hospice dove, negli ultimi 18 anni, ho visto morire più di 3.600 persone. Ladimestichezza quotidiana con la morte può cambiare tante cose. All' inizio del miolavoro in hospice certe parole - eutanasia, suicidio assistito - non volevo neppuresentirle nominare. Ora, anche se non potrò mai eseguire una richiesta eutanasica,non fuggo dal paziente che mi pone il problema. Cerco di capire cosa si nascondedietro dietro le lacrime, dietro il silenzio del paziente che ho di fronte. Alcunesettimane fa una mia giovane ammalata mi disse: «Aiutami a morire!». Sedetti sulsuo letto, la presi tra le braccia e la strinsi forte, a lungo, e le sussurrai: «Non possofarti morire, ma posso tenerti stretta finché questo momento non è passato. E senon passa, ti aiuterò a riposare un poco». Morì dopo tre giorni, senza chiedereancora. Quello che va bene per un ammalato però può non essere adeguato per unaltro. Dobbiamo personalizzare le terapie sui bisogni e i desideri di chi abbiamo difronte, cosa non semplice da quando la Sanità è stata aziendalizzata, quando inveceche di corsie si parla di 'filiere', termine orrendo. E allora? Mi viene in mente il branodel Vangelo di Matteo 25,31-46: «(...) Venite, benedetti del Padre mio, ricevete ineredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avutofame e mi avete dato da mangiare...». Queste parole danno una dignità enorme all'uomo malato, che diventa l' artefice non solo del suo ma anche del nostro destino,perché la sua malattia diventa una straordinaria occasione d' amore, per lui, per lei,per ciascuno di noi. Un Amore infinito, che aiuta il malato e aiuta noi, un Amore cheredime, che ci redime e ci lancia nell' eternità, dove non c' è più paura, dolore,disperazione, rabbia, lacrime. Forse dovremmo concentrarci su questo.Personalmente cerco di farlo e mi aiuta ad andare avanti, con serenità e fiducia,nonostante tutto e tutti. Scoprendomi un giorno dopo l' altro povero medico maperdutamente innamorato dei suoi ammalati, e del suo lavoro. Specialista inOncologia e in Medicina interna Dirigente medico Unità operativa Cure palliativeHospice Casa di Cura 'Beato Palazzolo', Bergamo RIPRODUZIONE RISERVATA.

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01/10/2019

Argomento: Sanità nazionale

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La chemio può attendere

Colpite alcune proteine importanti per lareplicazione delle cellule Studio italianosu 50.000 donne: un mix di farmaci (vecchi e nuovi) ha dimostrato di esserepiù efficace nel tenere sotto controllo lamalattia. Senza i temuti effetti collateraliLE NUOVE TERAPIE PER I L TUMORE ALSENO CON METASTASI di TizianaMoriconi Non è sempre la chemioterapiala via da percorrere per migliaia didonne con il tumore al seno metastatico.Al suo posto ci sono altri farmaci, vecchie nuovissimi combinati insieme, chefunzionano meglio nel tenere a bada lamalattia e che non danno i suoi noti etemuti effetti collaterali. A decretarlo èuno studio a firma italiana, pubblicatosulla rivista Lancet Oncology: una analisi di 140 studi su 50 mila pazienti. Per laprima volta ha confrontato l' efficacia di tutti i tipi di chemioterapia con quella delletre terapie target (o mirate) messe a punto negli ultimi anni (palbociclib, ribociclib eabernaciclib) e con quella dei classici farmaci ormonali che bloccano l' azione degliestrogeni, " carburante" del tumore in circa il 65% dei casi. « I risultati confermanoquello che le diverse sperimentazioni avevano già dimostrato: che per la maggiorparte delle pazienti con tumore al seno metastatico, i trattamenti più indicati sono lenuove terapie target combinate con le terapie ormonali », dice Mario Giuliano dell'Università Federico II di Napoli, coordinatore della ricerca insieme a Daniele Generalidell' ateneo di Trieste. «Le terapie target - aggiunge Giuliano - colpiscono alcuneproteine chiamate chinasi ciclina- dipendenti ( CDK 4 e 6), che sono importanti per lareplicazione delle cellule tumorali. In questo modo è possibile fermare l'

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avanzamento della malattia per un intervallo di tempo spesso molto lungo, duranteil quale si può avere una buona qualità di vita, per via della bassa tossicità. Nonsignifica che si eviterà per sempre la chemio, ma che si può rimandare». Già, i datidicono che i farmaci target e ormonali, insieme, raddoppiano il tempo in cui lamalattia è controllata rispetto alla sola terapia ormonale. Inoltre, nessun tipo dichemio, neanche la più aggressiva, è risultata più efficace della terapia combinata. Ei recentissimi studi presentati a Barcellona, al congresso europeo di oncologia (Esmo2019) che si chiude oggi, mostrano che la combinazione assunta fin dalla primacomparsa delle metastasi fa aumentare anche la sopravvivenza generale. In Italia,due dei farmaci anti- CDK 4 e 6 sono già disponibili ( palbociclib e ribociclib), mentreabemaciclib è approvato nell' Unione europea. Lo studio non ha rilevato differenze intermini di efficacia fra i tre farmaci. « Le linee guida nazionali e internazionali - diceSabino De Placido, del Dipartimento di Oncologia medica dell' Università Federico II -già prevedono l' utilizzo delle terapie target anti-CDK insieme alla terapia ormonaleper le pazienti con tumore "sensibile" agli ormoni femminili, oltre 24 mila in Italia.Nonostante questo ancora molte donne vengono trattate impropriamente con lachemio. Con questo studio speriamo quindi che ci sia un cambio di passo ». ©RIPRODUZIONE RISERVATA _ ___ __ __ _____ ________ / ____________.

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01/10/2019

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La longevità è servita

La dieta per vivere cent' anni A Okinawabevono tè verde ogni giorno E anche unbicchiere di vino aiuta Vanno bene ancheyogurt e pecorino Ma poi bisognasmaltirli lavorando Oltre aicomportamenti dei sardi, da imitareanche le abitudini dei giapponesi, chehanno un metodo efficace. E che daquando hanno scoperto le proteineanimali vivono ancora di più di GiuliaMasoero Regis Con 14.456 centenari l'Italia è uno degli stati più longevi d'Europa. Mentre la persona più anzianadel mondo, 116 anni, è la giapponeseKane Tanaka. Che in Giappone e in Italiasi viva a lungo non è una novità: l' isoladi Okinawa e la Sardegna insieme aNicoya ( Costa Rica), Ikaria (Grecia) e Loma Linda (California), fanno parte dellecosiddette " blue zones", aree del pianeta in cui la speranza di vita è più alta rispettoalla media. E nel 2015, con il report globale su " Invecchiamento e salute", l'Organizzazione mondiale per la sanità ha marchiato Giappone e Italia come primo esecondo Paese in cui si vive più a lungo. Per scoprire il segreto della longevità,diversi studiosi hanno sbirciato nel piatto di queste popolazioni centenarie. Ilrisultato? Che in fondo un pastore sardo e un abitante di Okinawa non avevano unostile di vita tanto diverso: erano magri, mangiavano poco e si muovevano tanto. «Oggi mangiamo troppo e spesso più di quello che consumiamo. Un tempo invece c'era più povertà - spiega Andrea Ghiselli, presidente della Società italiana di scienzedell' alimentazione - che costringeva a consumare di meno, più vegetali, qualchelatticino, ma altri alimenti erano un lusso. In tutti i regimi alimentari cosiddetti della

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longevità circa l' 80- 90% delle calorie deriva da fonti vegetali e questo influenzaanche la quantità di ciò che si mangia perché cereali, legumi, frutta e verdura sonoricchi di fibre, che riempiono e aumentano la sazietà». Vegetali e cibi integrali Moltedelle abitudini alimentari dei centenari sardi e di quelli di Okinawa, dopotutto, sirifanno alla dieta mediterranea e giapponese: due regimi alimentari riconosciuti dall'Unesco come patrimonio immateriale dell' umanità e da studi scientifici comepreventivi di malattie croniche proprio perché ricchi di fonti vegetali. Nelmediterraneo si consumano da sempre frutta, verdura, pane, pasta, lenticchie, ceci,fagioli e olio extravergine di oliva, così come la dieta giapponese si basa su riso,verdure, tra cui anche alghe e radici, soia e spezie. Il pesce C' è poi il fattore pesce,perché non è un caso che tutte le " blue zones" siano isole oppure vicine al mare:negli studi condotti dal giornalista Dan Buettner sugli stili alimentari di questepopolazioni è risultato che le persone che seguivano una dieta a base vegetale conuna piccola porzione di pesce ogni giorno erano quelle che vivevano più a lungo.Condivisa sia dalla tradizione mediterranea che da quella giapponese, poi, anche l'abitudine a bere bevande ricche di polifenoli: si dice che a Okinawa si bevesse tèverde ogni giorno e che a un bicchiere di vino rosso non abbia rinunciato nessunodei nostri centenari. Il trucco, dicono gli esperti, è la moderazione, senza fissarsi susingoli alimenti da considerare elisir di lunga vita oppure nemici. Un concetto cheserve anche a spiegare il consumo di carne. Anche un poco di carne Nel suo libro " Ilsegreto della longevità. Il metodo giapponese per vivere 100 anni", la giornalistaJunko Takahashi spiega che la dieta giapponese all' inizio mancava di proteineanimali a causa dell' influenza buddista e che i giapponesi avrebbero imparato amangiare la carne dagli occidentali negli anni Sessanta, quando Tokyo si riempì dituristi per le Olimpiadi. Da lì in poi, scrive la giornalista, l' aspettativa di vitagiapponese aumentò sempre di più. «Rispetto al passato oggi abbiamo una dieta piùricca di proteine, quindi non abbiamo la necessità di assumere grandi quantità dicarne. Senza toglierla completamente dalla dieta, perché possiede nutrientiimportanti, dobbiamo ridurne il consumo, soprattutto se rossa e conservata, avantaggio di altre fonti: frutta secca, semi oleosi, legumi tra le fonti vegetali,prodotti della pesca e lattiero- caseari tra quelle animali», suggerisce Ghiselli.Yogurt e pecorino Anche i prodotti derivati da capre e pecore, infatti, sono comuninelle diete dei longevi: basti pensare allo yogurt in Grecia e al pecorino che i pastorisardi mangiavano quasi tutti i giorni. Però poco e poi faticavano nei campi. Ilconcetto di pasto frugale come segreto della longevità viene confermato anche daMauro Serafini, professore di Scienze dell' Alimentazione all' Università di Teramo,

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dove sta conducendo uno studio sui centenari abruzzesi. Questa popolazione erasolita fare un pasto leggero al tramonto, una colazione piccola ( ma energetica) almattino presto e poi un pranzo abbondante dopo il lavoro, il cosiddetto "sdijuno".Mai troppe calorie « Dopo ogni pasto nell' organismo si verifica uno stress postprandiale, che aumenta se facciamo pasti abbondanti e ricchi di alimenti animali -spiega Serafini - se limitiamo l' apporto calorico serale avremo un duplice vantaggio:ridurremo lo stress post prandiale facilitando il lavoro del metabolismo, che la serarallenta, e affronteremo un periodo di semi- digiuno che, come evidenziano moltericerche scientifiche, fa bene all' organismo migliorando le funzionalità cellulare ». ©RIPRODUZIONE RISERVATA _________ _ _____ ____ _ / ____ _ _ ___.

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01/10/2019

Argomento: Sanità nazionale

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Sanità, no a tagli ma superticket a carico delle RegioniMarzio Bartoloni

l' accordo nel patto per la salute «È finitala stagione dei tagli alla sanità» e«stiamo lavorando per togliere ilsuperticket». Gira attorno a questi dueannunci di ieri del ministro della Salute,Roberto Speranza, il piatto forte dellalegge di bilancio nella Sanità, con leprime tracce nella Nadef. Speranza hadalla sua parte il collega all' Economia, ilministro Roberto Gualtieri, che haassicurato che non ci saranno tagli per laSanità. E così dovrebbe essere. Alministero si sta lavorando per far tornarei conti anche sull' altra priorità delministro, quella dell' addio al superticket- il balzello da 10 euro su visite ed esami- che vale circa 350-400 milioni. E chepotrebbe far tornare in pista il meccanismo a cui aveva già lavorato il precedenteGoverno per il Patto per la salute 2019-2021: alle Regioni la garanzia di avere i fondiaggiuntivi al Fondo sanitario nazionale previsti dalla manovra dell' anno scorso - sulpiatto 2 miliardi per il 2020 e 1,5 per il 2021 - a prescindere da clausole e paletti(nella bozza precedente il Mef aveva inserito la possibilità di togliere i fondi in casodi bassa crescita del Pil). Dal canto loro le Regioni potranno accedere ai fondi in piùdopo aver abolito il superticket (in realtà in alcune Regioni è già avvenuto). Oggi ilministro Speranza avrà un primo incontro con l' assessore del Piemonte ecoordinatore delle Regioni per la Sanità, Luigi Icardi. Sul tavolo manovra, Patto perla salute, ma anche l' allarme carenza medici (le Regioni chiedono un pianostraortdinario triennale) e gli aumenti dei contratti della Sanità privata che pesano150 milioni. © RIPRODUZIONE RISERVATA.

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01/10/2019

Argomento: Sanità nazionale

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Sul fine vita è stata equilibrata la ConsultaCARLO VALENTINI

L' analisi La sentenza della Cortecostituzionale sul fine vita (o suicidioassistito) è stata variamentecommentata anche se, in definitiva,butta la palla nell' area della politica einvita il parlamento a legiferare. Inattesa, sembra aprire una breccia (non siconosce ancora l' intera sentenza) suldiritto di scegliere, in determinati casi, diporre fine alla propria vita. Su un temacosì delicato qualsiasi conclusione deigiudici sarebbe stata oggetto di asprevalutazioni. In questo caso la Chiesa hacommentato che non si è tenuto contodella sacralità della vita, mentre i piùaccesi sostenitori dell'autodeterminazione criticano che essasia stata coartata a regole troppo rigide.Queste opposte valutazioni confermano l' equilibrio mediano scelto dalla Consulta.Da un lato sono stati giustamente considerati i progressi della medicina conseguitinegli ultimi decenni che hanno determinato l' allungamento della vita seppure, avolte, in condizioni poco edificanti, dall' altro lato, introducendo ferrei paletti, si èprestata attenzione ai sentimenti religiosi, e non solo. Infatti la difesa della vita nonè limitata all' ambito religioso. Anche i princìpi del laicismo la perseguono poichésenza difesa della vita non vi è ordine sociale. Favorevoli e contrari al fine vitadovrebbero considerare in senso positivo lo sforzo dei giudici di rispondere allenuove esigenze determinate dai mutamenti della società senza prevaricare lecoscienze. La sentenza merita considerazioni pacate e proprio per questo apparepoco appropriata la richiesta di prevedere per i medici l' obiezione di coscienza

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(anche se il presidente del consiglio si è espresso a favore). In uno stato di diritto lesentenze e le leggi vanno applicate da chi è preposto a determinate prestazioniprofessionali. Già sono state introdotte in passato deroghe su cui sarebbe giusto fareuna riflessione. Inoltre com' è possibile concedere l' obiezione a un medico cattolicoe non, per un' altra ragione, al medico di una diversa religione? Il pronunciamentodei giudici costituzionali dà rispettabilità sia alla scelta di chi non vuole prolungareuna dolorosa esistenza senza futuro sia alla decisione di chi ritiene di portare fino infondo il proprio vissuto al di là delle condizioni fisiche in cui si trova. C' è dignità inchi vuole andarsene e c' è in chi vuole rimanere. È giusto che sia l' individuo,sottostando alle regole poste dallo stato, a decidere. © Riproduzione riservata.

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01/10/2019

Argomento: Sanità nazionale

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Telemedicina con vincoli ridottiAlessandro Longo

SANITÀ L' autorizzazione non serve se l'attività è solo di raccolta di dati relativial paziente È possibile fare telemedicinasenza autorizzazione, sempre se non siaattività sanitaria ma mera raccolta didati del paziente. La Corte di cassazione(Terza penale, sentenza 38485/2019) haannullato un' ordinanza di sequestro diapparecchiature poste in una strutturanon autorizzata per prestazioni sanitarie.La società aveva posizionato nell' estatedel 2018 una decina di station ditelemedicina nei centri commerciali divarie città: un infermiere aiutava ilpaziente e poi inviava i dati a un centromedico (autorizzato) per l' analisi. Nelgennaio scorso i Nas avevano peròdisposto il sequestro degli apparecchi per mancata autorizzazione, tesi poiconfermata dai giudici. La Cassazione rileva invece che il requisito dell'autorizzazione richiede «che all' interno della detta struttura siano compiuti attiaventi una rilevanza medica (...) Non potendo invece qualificarsi tali né gli atti il cuisvolgimento è scevro da una qualsivoglia attività organizzativa, né gli atti nei quali èlo stesso paziente ad acquisire i dati anamnestici che, eventualmente, eglisuccessivamente trasferirà al personale sanitario». Questo è il caso delle stationcontestate dove - rileva la Cassazione - l' acquisizione dei dati anamnestici potrebbeessere svolta anche in autonomia dal paziente e la presenza dell' infermiere non ènecessaria, «consistendo in un mero supporto logistico e pratico». © RIPRODUZIONERISERVATA.

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01/10/2019

Argomento: Sanità nazionale

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Tolto il rene sano: «Voglio giustizia»Cristina Bassi

DUE CHIRURGHI A PROCESSO L' anzianovittima di un errore medico: «Sono quiperché non succeda ad altri» CristinaBassi Provato e gravemente malato, havoluto essere presente in Tribunale perfar sentire la voce di un paziente vittimadi un assurdo errore medico. Perché, haspiegato, ce ne sono molti come lui. IeriGiuseppe Calabrò, 87 anni, ha assistitoalla prima udienza del processo a caricodei due chirurghi che per sbaglio glihanno asportato il rene sano invece diquello malato. «Sono qui - ha detto fuoridall' aula Calabrò -, perché spero chequesto mio caso possa essere di monitoe possa salvare altri. Oggi si fannomoltissimi interventi, si pensa solo ainumeri, senza neppure badare alleconseguenze. Il mio è stato solo un caso eclatante fra tanti altri casi». L' anziano èstato operato al Fatebenefratelli il 5 dicembre 2017. Era venuto a Milano da ReggioCalabria, dove vive, perché era affetto da una neoplasia al rene destro. I medicihanno proceduto all' asportazione, sbagliando però organo. Così il pensionato si èritrovato senza un rene e con ancora quello colpito dal tumore. I due medicirispondono di lesioni colpose aggravate. Nella cartella clinica era statocontrassegnato l' organo sbagliato. Le difese ammettono l' errore e spiegano che illoro obiettivo è risarcire il danno. Il dibattimento è stato rinviato al 9 dicembre, perpermettere ai medici di presentare una nuova offerta risarcitoria dopo che nei mesiscorsi la cifra proposta non era stata ritenuta congrua dalla vittima. L' 87enne, exinsegnante, era accompagnato dai due figli e assistito dall' avvocato Renato

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Fortunato Russo. La richiesta avanzata dalla parte offesa e dalla famiglia è di unmilione e mezzo di euro. «Per me questa vicenda è stata una grande delusione - hacontinuato l' anziano -, ero venuto a Milano perché le strutture presenti qui midavano più garanzie e invece... È impensabile che ci possa essere un caso delgenere e che ci siano questi errori così impressionanti». Il giorno dopo l' operazioneera stato lo stesso paziente a far notare al medico che lo controllava che gli erastato asportato il rene sano. Da qui la denuncia ai due chirurghi e il processo natodal decreto di citazione diretta a giudizio emesso dal procuratore aggiunto TizianaSiciliano. Per l' avvocato dell' 87enne, l' assicurazione dell' ospedale «dovrà fare un'offerta risarcitoria che soddisfi anche il danno morale subito da un anziano che si èripiegato in se stesso e a cui è stata tolta la gioia di vivere».

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01/10/2019

Argomento: Sanità nazionale

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Vade retro influenza la difesa è il vaccino

l primo caso di influenza è statoidentificato nei giorni scorsi a Parma, suuna bambina di sei anni. Il virus, di tipoB, è stato isolato da un tamponefaringeo della ragazzina ricoverata nelreparto di pediatria generale e d'urgenza dell' Azienda ospedaliero-universitaria della città. Quest' anno,secondo stime dei virologi, l' influenzacolpirà 6 milioni di italiani, con viruspotenzialmente più insidiosi degli anniscorsi. Oltre a due nuove varianti, A/H3N2 e A/H1N1, saranno presenti anchei virus B/ Colorado e B/ Phuket. A questisi aggiungono almeno 8 milioni di casi disimil-influenza, dovuti a 262 altri tipi divirus più blandi, molto fastidiosi ma chenon necessariamente costringono a letto. Ma questo "male di stagione" non vasottovalutato. L' anno scorso i casi gravi ufficiali sono stati 809 e in 601 è statanecessaria la terapia intensiva. Le cifre del Sistema nazionale di sorveglianzaInflunet- Iss, offrono il polso della gravità della passata stagione e degli effetti direttidell' infezione sull' organismo. I numeri dicono solo che l' influenza di per sé puòessere mortale e non raccontano delle migliaia di persone - in particolare anziani emalati cronici - in cui l' attacco del virus ha fatto rompere un equilibrio già instabile.L' infezione, che lo scorso anno ha interessato circa 5 milioni di individui, in molticasi ha indebolito un sistema difensivo non proprio efficace, aprendo la strada adinfezioni batteriche che, spesso, hanno prolungato la permanenza a letto, spessocon ricovero. Difendersi, magari anche solo per limitare l' impatto del quadro quandola prevenzione non risulta protettiva al cento per cento, significa vaccinarsi. Lo

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scorso anno ha fatto questa scelta circa il 14 per cento degli italiani, e poco più del50 tra gli over-65 e tra i malati cronici. Queste percentuali vanno migliorate. L'obiettivo minimo, in base alle indicazioni dell' Oms), è arrivare al 75 per cento divaccinati negli anziani e nelle popolazioni a rischio. I vaccini autorizzati sono diversi:ogni Regione potrà offrire ai cittadini la prevenzione più indicata. « Si può davveropensare ad una prevenzione mirata in base all' età. In generale i virus B - spiegaPaolo Bonanni, docente di Igiene all' Università di Firenze - tendono a colpiresoprattutto i bimbi, quelli del ceppo A/ H1N1 si osservano soprattutto nei giovani enegli adulti mentre negli anziani le infezioni sono frequentemente correlate al virusA/ H3N2. Per questo dobbiamo scegliere la protezione con appropriatezza, facendoin modo che ogni persona riceva il vaccino più indicato». A differenza di quantoaccadeva qualche anno fa, quando i vaccini disponibili erano soprattutto trivalenti,cioè in grado di proteggere contro tre ceppi virali, oggi ci sono i vacciniquadrivalenti, che proteggono non solo dai due ceppi A potenzialmente circolanti inuna determinata stagione ma anche da due ceppi B. Con questa protezione si riduceil rischio che si verifichi sul campo un "errore" rispetto alle previsioni dell' Oms chedà indicazioni sulla preparazione del vaccino e che il virus B circolante sia diverso daquello verso il quale il vaccino protegge. « Questo vaccino è oggi - spiega l' esperto -lo standard. Tuttavia nell' anziano si può anche puntare ad un "rafforzamento" dellarisposta nei confronti dei virus che più possono attaccare la terza età, con unvaccino trivalente " adiuvato", che stimola di più la reazione difensiva, perché ilceppo A/H3N2 è quello che maggiormente crea problemi in questa popolazione». « Ivaccini quadrivalenti, con la protezione estesa ad un ulteriore ceppo influenzale ditipo B, sono da preferirsi in particolare nei bambini - ricorda Daniel Fiacchini,Coordinatore Gruppo Tecnico Vaccini e Strategie di Vaccinazione delle Marche - maanche negli operatori sanitari, negli addetti all' assistenza e negli adulti con malattiacronica. In Italia la vaccinazione antinfluenzale viene offerta gratis in primo luogoalle persone che per le loro condizioni personali corrono un maggior rischio dicomplicanze qualora contraggano l' influenza, ad esempio l' età. È infatti gratuitaper tutti i soggetti sopra i 65 anni, o per chiunque, sopra i 6 mesi di età, abbia unamalattia particolare, patologie croniche dell' apparato respiratorio, diabete mellito,tumori, patologie epatiche. L' inserimento dei bimbi e adolescenti sani nellecategorie da immunizzare prioritariamente contro l' influenza è in corso divalutazione e quindi i più giovani non saranno oggetto di una campagna vaccinalespecifica». L' importante è che le persone recepiscano l' importanza di questemisura. «Per gli anziani la necessità primaria è tutelare la propria salute - dice

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Fiacchini - che potrebbe essere a rischio a seguito di un' infezione da virusinfluenzale, e per le donne incinte ( da quest' anno il vaccino è offerto gratis inqualsiasi trimestre di gravidanza) è determinante per la propria salute e quella delnascituro. Particolare attenzione, infine, va prestata agli operatori sanitari. Devonoproteggersi dalla possibilità di essere inavvertitamente contagiati e i propri pazienti,evitando di essere causa di contagio per persone ammalate e fragili, oltre che pergarantire le cure, perché un operatore sanitario ammalato abbandona il turnolavorativo rischiando che la struttura rimanga sguarnita».